L`incerto confine diagnostico tra Disturbo Psicotico ed Ossessivo

Caso clinico
L’incerto confine diagnostico tra Disturbo Psicotico ed Ossessivo
Compulsivo nell’esame di quattro casi clinici
The uncertain units between Psychotic and Obsessive Compulsive
Disorder in the examination of four clinical case reports
VALERIO ORLANDI, SIMONA GHERARDELLI, GIUSEPPE BERSANI
III Clinica Psichiatrica, Università di Roma, La Sapienza
RIASSUNTO. Numerose evidenze suggeriscono l’esistenza di possibili sovrapposizioni sintomatologiche tra Schizofrenia e
Disturbo Ossessivo Compulsivo e la sempre maggior esigenza di distinguere un particolare sottotipo di DOC, spesso di gravità maggiore per evoluzione e prognosi, caratterizzato dalla coesistenza con sintomi psicotici.
La descrizione di quattro casi clinici di “DOC atipico” con aspetti psicotici è proposta in questo lavoro nel tentativo di apportare un contributo alla definizione dei rapporti reciproci tra le due sindromi, per meglio spiegare situazioni al confine tra
delirio ed ossessione in cui l’egodistonia non è presente, ma il giudizio di realtà è, almeno in parte, conservato.
PAROLE CHIAVE: Disturbo Ossessivo Compulsivo, schizofrenia, insight.
SUMMARY. Many evidences suggest the possible existence of a symptomathological overlap between Schizophrenia and Obsessive Compulsive Disorder and the necessity to distinguish a particular subtype of OCD, often of remarkable gravity for
both evolution and prognosis, characterized by coexistence of psychotic symptoms.
The description of four clinical cases of “atypical OCD” with psychotic features, has been proposed in this article, in the attempt at briging a contribution to the definition of the mutual relationship that may occur between the two syndromes.
KEY WORDS: Obsessive Compulsive Disorder, schizophrenia, insight.
La presenza di sintomi ossessivo-compulsivi all’interno di quadri clinici di Schizofrenia, così come il riscontro di sintomi psicotici in un Disturbo Ossessivo
Compulsivo (DOC), è stata identificata da diversi Autori fin dal secolo scorso (1).
Spesso è difficile nella pratica clinica differenziare le
ossessioni e le compulsioni dai deliri di un processo
psicotico ed alcuni elementi, come la compromissione
del senso di realtà e della critica, precorsi dalla definizione di Insel ed Akiskal “DOC con caratteristiche psicotiche”, sembrano suggerire l’esistenza di manifestazioni cliniche eterogenee e di sintomi non propriamente specifici del DOC. Di qui l’importanza e l’esigenza di distinguere un particolare sottotipo di DOC,
spesso di gravità maggiore per evoluzione e prognosi,
caratterizzato dalla coesistenza di sintomi psicotici e
coincidente con il sottotipo “con scarso insight” considerato dal DSM IV (2).
Recentemente, il riscontro di sintomi ossessivo-compulsivi in soggetti psicotici trattati con neurolettici atipici (3, 4), ha contribuito a rinnovare l’interesse dei clinici nei confronti della possibile comorbidità in Asse I
di DOC e Schizofrenia nel tentativo di spiegarne il
rapporto patogenetico (5, 6).
In realtà, la relazione tra DOC e disturbi psicotici è
stata oggetto di discussione fin dalle prime descrizioni della malattia. Nel corso del XIX secolo, infatti, nonostante numerose descrizioni di casi clinici sottoli-
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neassero la presenza di sintomi psicotici in soggetti
con prevalenti ossessioni e compulsioni identificando
il DOC con termini come “folie raisonnante, folie lucide, folie avec coscience”, le opinioni circa una classificazione appropriata delle manifestazioni ossessive e
compulsive erano ampiamente variabili sia nello
spettro dei disturbi nevrotici che in quello dei disturbi psicotici (1). Legrand Du Saulle (1875), ad esempio, classificava il DOC tra i disturbi nevrotici pur riferendo, in alcuni pazienti, la presenza di sintomi e
comportamenti francamente psicotici. Pierre Janet, le
cui teorie psicologiche riguardo alla psicoastenia hanno contribuito all’inserimento di tale sindrome nell’ambito delle nevrosi, riferiva di pazienti che sviluppavano nel tempo sintomi psicotici, attribuibili, però,
sia a psicosi affettive che a deliri paranoidei (7). Persino Freud, che concettualizzò il DOC tra le malattie
nevrotiche, era particolarmente colpito dall’“irrazionale natura della malattia” e descrisse il decorso clinico di un paziente con ossessioni che sviluppò solo in
seguito un disturbo delirante (8, 9). Lewis (10) e Schneider (11) evidenziarono, inoltre, in alcuni casi di
DOC una riduzione della capacità di critica e resistenza nei confronti dei sintomi. La presenza o meno
di insight ha, quindi, da sempre attirato l’attenzione
dei clinici tanto che Lewis (10) e Jaspers (12) differenziavano le ossessioni dai pensieri deliranti sulla
base della presenza o assenza di insight. In seguito vari Autori hanno tentato di definire, con termini di volta in volta diversi, pazienti in cui la consapevolezza di
malattia è fortemente ridotta o del tutto assente. Alcuni hanno parlato di “psicosi ossessiva” (13-15), altri
di “DOC con idee prevalenti” (16, 17), di “DOC con
aspetti psicotici” (18-21) e, recentemente, di “DOC
con scarso insight” (2, 22, 23).
La relazione tra DOC e psicosi è stata analizzata seguendo due filoni di ricerca: valutando la frequenza
delle ossessioni e compulsioni in pazienti psicotici e ricercando sintomi psicotici in soggetti con iniziale diagnosi di DOC. Studi recenti suggeriscono l’insorgenza
di sintomi ossessivo-compulsivi in una percentuale di
soggetti con diagnosi di Schizofrenia compresa tra il 30
ed il 59% (24, 25) e la diagnosi di DOC nel 7,8% di 77
pazienti schizofrenici o schizoaffettivi (20).
Studi retrospettivi, condotti prima dell’introduzione
di criteri diagnostici standardizzati per il DOC e la
Schizofrenia, suggerivano che la presenza di sintomi
ossessivo-compulsivi clinicamente significativi in pazienti con Schizofrenia fosse associata ad una prognosi relativamente migliore (26). In realtà, studi più recenti hanno riportato che il 13% di 163 pazienti schizofrenici presentavano rilevanti sintomi ossessivocompulsivi ed una prognosi peggiore, in termine di esi-
ti a lungo termine, del funzionamento globale e dell’ambito socio-lavorativo e psicopatologico (27).
Per quanto riguarda, invece, la presenza di ossessioni e compulsioni che precedono l’esordio di sintomi
psicotici si hanno le descrizioni di Stengel (28). Studi di
follow up, condotti su campioni di pazienti con DOC
allo scopo di valutare il possibile manifestarsi di disturbi psicotici, hanno mostrato tassi d’incidenza compresi tra lo 0,7 ed il 12,3 % (29-32).
L’interesse per le relazioni intercorrenti tra DOC e
Schizofrenia è stato recentemente rinnovato dalla descrizione, frequente in letteratura, di casi di DOC con
compromissione della capacità di insight, ovvero con
alta convinzione della ragionevolezza delle ossessioni.
Insel ed Akiskal (18), ad esempio, hanno descritto
quattro pazienti con DOC, inquadrati poi in un “DOC
con caratteristiche psicotiche” che esibivano, lungo un
decorso di malattia particolarmente grave, veri e propri deliri. I soggetti descritti ritenevano realistiche e ragionevoli le proprie ossessioni, vi resistevano in modo
delirante, avevano una grave compromissione dell’insight emozionale, non riferivano stati ansiosi o tensione soggettiva e comunicavano tutti l’esistenza di relazioni familiari conflittuali. Sulla base di tale riscontro
gli Autori avanzarono l’ipotesi dell’esistenza di differenti gradi di insight e resistenza nel DOC, in cui esisterebbero pazienti in grado di riconoscere la natura
eccessiva e senza senso delle loro preoccupazioni ed
altri in cui le ossessioni sarebbero ritenute realistiche e
ragionevoli. Idee ossessive possono, inoltre, svilupparsi e trasformarsi in idee prevalenti, talvolta in veri e
propri deliri, come accade in pazienti che sviluppano
secondariamente psicosi affettive o Schizofrenia, o essere così vivide da poter essere confuse con le pseudoallucinazioni e, seppur occasionalmente, con vere e
proprie allucinazioni (10, 18, 26, 33, 34). Tuttavia il percorso che porta dalla compulsione all’allucinazione
imperativa non è stato molto descritto dalla letteratura internazionale. Casi di “DOC atipico” con aspetti
psicotici, confrontati successivamente con pazienti ossessivi tipici, sono stati proposti da Eisen e Rasmussen
(19). Lo studio ha mostrato nei soggetti con aspetti psicotici alcune caratteristiche comuni quali la giovane
età al momento del ricovero, il sesso prevalentemente
maschile, il più grave deterioramento funzionale e la
peggiore prognosi a lungo termine.
Alla luce delle numerose evidenze di possibili sovrapposizioni sintomatologiche tra Schizofrenia e Disturbo Ossessivo Compulsivo, in questo lavoro si è cercato di apportare un contributo, attraverso la descrizione della storia psicopatologica di quattro pazienti,
alla definizione dei rapporti reciproci tra le due sindromi, anche considerando l’introduzione nel DSM IV
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del sottotipo “DOC con scarso insight” al fine di meglio spiegare situazioni al confine tra delirio ed ossessione, in cui l’egodistonia non è presente, ma il giudizio
di realtà è, almeno in parte, conservato.
CASO CLINICO 1
A. A. è un uomo di 30 anni. Primogenito di cinque
germani, disoccupato, vive con il padre affetto da disturbo ossessivo compulsivo grave in trattamento farmacologico da diversi anni. E’ inoltre riferita familiarità per malattia psichiatrica anche in una sorella del
paziente affetta da schizofrenia cronica in trattamento
farmacologico. Assenti relazioni sentimentali stabili, riferiti soltanto rapporti sessuali promiscui per una “notevole difficoltà ad entrare in sintonia con le donne”
che giudica “cattive e perfide, buone solo a prendermi
in giro e farmi sentire una nullità”.
Giunge all’osservazione per una sintomatologia caratterizzata da dispercezioni uditive, spunti deliranti
con tematiche di autoriferimento, blocchi del pensiero, crisi pantoclastiche e rituali compulsivi che mette
in atto come risposta alle dispercezioni uditive. Non
sembrano presenti idee ossessive.
Il paziente fa risalire l’esordio della sintomatologia
all’età di 16 anni quando sarebbero insorte, per la
prima volta, dispercezioni uditive sotto forma di “voci di angeli”, che lo incitavano ad andare a messa e
continuare gli studi e “voci maligne di sesso femminile”, che si rivolgevano a lui in maniera denigratoria
ed imperativa. In seguito, queste ultime dispercezioni uditive avrebbero preso il sopravvento sulle precedenti ed il paziente le avrebbe associate alle “voci
di due ragazze e di una bambina” che abiterebbero
nei pressi della sua casa. Le “voci” apparterrebbero
all’“esercito del male capitanato dal diavolo” e sarebbero responsabili dei blocchi del pensiero e dei rituali compulsivi che rallentano il paziente nelle normali mansioni quotidiane impedendogli, a volte, di
uscire di casa. Il paziente riferisce, infatti, di dover effettuare ogni mattina “una lotta contro le voci, gli armadi di casa ed i vestiti”, che sarebbero altri mezzi
del diavolo per “infliggermi sofferenza e ricordarmi
che sono una nullità”. Al fine di vincere questa guerra continua vengono attuati dei rituali, che impegnano il paziente a volte per più di due ore, caratterizzati dal contare i secondi che passano, lavarsi le mani
ed il viso due volte, indossare abiti il più possibile stirati. Le dispercezioni uditive sarebbero, inoltre, responsabili di crisi pantoclastiche eterorivolte durante le quali il paziente getterebbe oggetti contro le finestre di casa.
Emergono, inoltre, spunti deliranti con tematiche di
autoriferimento rispetto ai familiari che non avrebbero fiducia in lui, gli si rivolgerebbero in tono denigratorio e lo controllerebbero in ogni suo movimento, a
volte, tramite un aeroplano per non farlo sbagliare.
La descrizione di tali episodi procede con un certo
distacco affettivo, un’espressione del volto marcatamente fatua e con sorrisi incongrui ai contenuti del discorso. Il paziente, tuttavia, si definisce “frustrato e afflitto per questa situazione”.
Nel corso della storia psicopatologica ha effettuato
quattro ricoveri presso la nostra struttura ricevendo
inizialmente diagnosi di Disturbo del Controllo degli
Impulsi e Disturbo di Personalità NAS, modificata in
seguito in Schizofrenia Indifferenziata. Trattato per
molti anni con psicofarmaci, soprattutto clomipramina
e carbamazepina, con scarsi risultati, l’introduzione di
un neurolettico atipico (olanzapina) ha portato ad un
miglioramento della sintomatologia riferita.
CASO CLINICO 2
F.M. è un uomo di 33 anni, primogenito di tre germani, vive con la moglie e due figli di 16 ed 11 anni. Attualmente disoccupato, ha lavorato in precedenza come manovale. Presente familiarità psichiatrica in uno
zio paterno con riferiti deliri di persecuzione.
Giunge all’osservazione con una sintomatologia caratterizzata da idee ossessive, rituali compulsivi di controllo, disforia, irritabilità, dispercezioni uditive, spunti
deliranti, flessione del tono dell’umore in senso depressivo ed insonnia. L’esordio dell’attuale sintomatologia è riconducibile all’età di 10 anni, quando il paziente avrebbe iniziato ad avere un impulso ossessivo,
incoercibile ed egodistonico, a fissare i genitali propri
e delle persone che incontrava. Per tale motivo avrebbe attuato dei comportamenti di evitamento progressivo: dapprima evitando di indossare occhiali da sole,
quindi evitando il più possibile i contatti con gli altri, i
luoghi affollati ed i mezzi pubblici. Parallelamente aumentava l’attività lavorativa “per non pensare” fino a
quando, per l’ingravescente persistere della sintomatologia, ha smesso di lavorare.
Il paziente fa, inoltre, risalire l’insorgenza di idee ossessive di simmetria ed ordine, associate a rituali di
controllo, crisi di agitazione con riferita difficoltà nel
controllare gli impulsi e facile irritabilità che talora
sfocia in aggressività prevalentemente verbale, all’età
di venti anni quando, iniziato un trattamento farmacologico imprecisato, prestava il servizio di leva.
Con la nascita dei figli la sintomatologia sarebbe
peggiorata ulteriormente ed il paziente avrebbe inizia-
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to a presentare la preoccupazione che potesse accadere “qualcosa di brutto” alla sua famiglia, aumentando
per questo motivo, in frequenza ed intensità, i rituali
compulsivi. Successivamente, per limitare il più possibile l’impulso a guardare i propri genitali, avrebbe iniziato ad indossare le mutande dei figli ed a cambiarle
4 o 5 volte almeno nell’arco della giornata.
Presenti, inoltre, fin dall’esordio pseudoallucinazioni
uditive sotto forma di “voci di Gesù e Satana” che, localizzate nella mente, gli impartirebbero ordini di comportamento. La voce di Satana avrebbe preso, nel tempo, il sopravvento e sarebbero comparse ideazioni di
riferimento in base alle quali il paziente sarebbe in grado di capire tramite sguardi ed ammiccamenti che la
gente parla di lui e lo considera “scemo od omosessuale”.
Trattato nel corso degli anni con antidepressivi, sia
triciclici (clomipramina ed imipramina), che serotoninergici (fluvoxamina), e con diversi neurolettici sia tipici (aloperidolo, pimozide, promazina trifluoperazina) che atipici (risperidone e clozapina) senza obiettivabili miglioramenti, il paziente è attualmente in trattamento con olanzapina, fluvoxamina ed acido valproico. La diagnosi è di Disturbo Ossessivo Compulsivo e Disturbo Borderline di Personalità.
solo quando il paziente riesce a riordinare le linee secondo un modello prestabilito che non riesce a verbalizzare interamente. Tali immagini, con annessi rituali
compulsivi di ordine e simmetria, sarebbero evidenti
durante tutto il corso della giornata ma soprattutto durante i pasti principali.
Sin dall’esordio sarebbero presenti, inoltre, dispercezioni uditive in forma di “voci” della madre e del paziente stesso, che tenterebbero di aiutarlo a vincere la
condizione di marcata ansia e disagio che le ideazioni
ossessive determinerebbero.
Inquadrato inizialmente con diagnosi di Schizofrenia
Indifferenziata, la diagnosi attuale è di Disturbo Ossessivo Compulsivo e Disturbo Schizoide di Personalità.
Trattato fin dall’età di 22 anni con triciclici (clomipramina), benzodiazepine, un ciclo di ECT, SSRI (fluvoxamina) e neurolettici sia tradizionali (aloperidolo,
pipamperone, trifluoperazina) che atipici (clozapina,
risperidone) senza risultati apprezzabili, ha riportato
un miglioramento della sintomatologia con la seguente terapia: clomipramina, paroxetina, olanzapina ed
acido valproico.
CASO CLINICO 4
CASO CLINICO 3
D.S. è un uomo di 33 anni. Secondogenito di tre germani, viene riferita familiarità psichiatrica per disturbi
d’ansia nel padre e nel fratello maggiore. Attualmente
disoccupato, ha lavorato in precedenza soltanto come
posteggiatore.
Giunge all’osservazione per una sintomatologia caratterizzata da dispercezioni uditive, ritiro sociale, disforia, irritabilità ed idee ed immagini ossessive con rituali compulsivi associati. Tale sintomatologia sarebbe
insorta all’incirca intorno ai 14 anni quando, in concomitanza con difficoltà scolastiche, avrebbe iniziato ad
avere delle “fissazioni” consistenti nel toccarsi frequentemente parti del corpo, aggiustarsi i vestiti, guardare più volte l’orologio, accompagnate a progressivo
ritiro sociale. Da allora non avrebbe più presentato intervalli liberi, pur con un lieve miglioramento della sintomatologia che, comunque, non avrebbe consentito al
paziente di ultimare gli studi. La sintomatologia si è
poi progressivamente trasformata per il sempre più
frequente comparire, nel campo visivo del paziente,
nella sua mente e, talora, sugli arti, di linee rette o curve o di “elementi di densità”. La presenza di queste figure geometriche renderebbe impossibile l’esecuzione
di qualsiasi movimento ed attività che riprenderebbe
S.M. è un uomo di 33 anni, secondogenito di due germani, con riferita familiarità per malattia psichiatrica,
non specificata, nel ramo materno. Si evidenziano rapporti conflittuali in famiglia con svalutazione della figura materna e figura paterna vissuta in termini di forte rigidità. Attualmente disoccupato, ha lavorato come
programmatore informatico.
L’esordio dell’attuale sintomatologia risale all’età di
26 anni quando comparvero, per la prima volta, rituali
ossessivi progressivamente più lesivi ed autoinferti.
Vengono riferiti episodi in cui il paziente era obbligato a fermarsi per strada e stendersi sul marciapiede
“per riposarsi un po’”, ad accendere e spegnere continuamente il televisore restando in apnea per vari secondi e, sempre in apnea, a contare i secondi che passavano davanti al semaforo rosso, a camminare, a restare in equilibrio su una gamba sola ed a passare sulle strisce pedonali. In seguito viene riferito ritiro sociale e comparsa di comportamenti bizzarri (il paziente
inizia ad avvicinare una lampada accesa ad un occhio
ed a puntarsi l’asciugacapelli acceso sul naso). Col passare del tempo i rituali si fanno sempre più pericolosi,
attuati allo scopo di eliminare l’ansia ed associati alla
compulsione di attuarli ed alla paura di morire. Inizia
ad accendere di seguito sigarette, che spegne sistematicamente sul palmo della mano sinistra, a passare l’ac-
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cendino acceso sulle dita delle mani fino a bruciarsele
e ad immergere in olio ed acqua bollente le stesse riportando di frequente estese e gravi ustioni.
Durante il ricovero il paziente inizia a parlare della
presenza “reale e costante” nella sua vita di un “bambino piccolo che vive dentro di me, è bello e soffre
moltissimo perché torturato se non compio i rituali”.
Emerge, inoltre, l’idea delirante di essere in continuo
pericolo perché torturato dalle forze diaboliche che lo
costringono a compiere i rituali per “non far del male
ai miei genitori ed al piccolo che è in me”. Tali idee deliranti si strutturano nei giorni successivi in una sorta
di “sdoppiamento della personalità” ed inizia a parlare
di M1 e M2 che pare al momento dominante su M1.
Sono presenti idee deliranti di trasmissione del pensiero con scarsa consapevolezza di malattia. Con l’introduzione di neurolettici atipici (olanzapina e clozapina)
si assisteva ad un peggioramento della sintomatologia
ossessivo-compulsiva e dell’aggressività eterorivolta e
si decideva, quindi, di introdurre una terapia a base di
clorpromazina, acido valproico, clomipramina e benzodiazepine con miglioramento della sintomatologia delirante e dell’aggressività.
Trattato negli anni precedenti con neurolettici tipici
(aloperidolo, flufenazina decanoato, trifluoperazina,
clorpromazina), antidepressivi triciclici (clomipramina) e benzodiazepine, i risultati erano stati del tutto insoddisfacenti.
DISCUSSIONE
Nel primo caso clinico è possibile formulare l’ipotesi diagnostica di una forma di Schizofrenia cronica di
base in cui successivamente si sono instaurati, per la
presenza di voci imperative, rituali di tipo compulsivo
agiti nel tentativo di contrastare il contenuto denigratorio delle allucinazioni uditive. I rituali messi in atto
hanno, però, il contraddittorio effetto di determinare
ansia, agitazione e tensione soggettiva.
In questo caso, quindi, i rituali potrebbero essere interpretati come un tentativo del soggetto di attenuare o
far scomparire, senza peraltro riuscirvi, la sintomatologia positiva della malattia psicotica che metterebbe, invece, in evidenza una preponderante sintomatologia negativa ed affettiva. Le dispercezioni uditive si accompagnerebbero, infatti, a notevole angoscia e disagio ed i relativi rituali compulsivi, attuati come mezzo di “ribellione al maligno”, contribuirebbero ad incrementare il ritiro sociale. Quanto detto è in accordo con Lysaker et al.
(35) che riportano l’associazione di sintomi ossessivocompulsivi in pazienti schizofrenici con il peggioramento globale della sintomatologia psicotica.
Nel secondo caso clinico descritto, invece, l’inquadramento diagnostico è di DOC con scarso insight
in paziente con Disturbo di Personalità Borderline.
In questo caso le dispercezioni uditive sembrerebbero insorgere parallelamente alle idee ossessive come
tentativo di spiegare razionalmente gli impulsi intrusivi, incoercibili e senza senso che arrecano marcato
disagio. Tali dispercezioni, stabili nel tempo, non hanno mai assunto le caratteristiche dello spazio-temporalità proprie dei disturbi psicotici e sarebbero da interpretare come voci interne, vissute come “rappresentazione “ della lotta da porre in atto contro le idee
ossessive. Il caso clinico sembrerebbe in accordo con
l’ipotesi di “psicosi ossessivo-compulsiva” di Insel ed
Akiskal (18), secondo la quale un particolare sottotipo di pazienti con DOC considererebbe le proprie ossessioni come reali e ragionevoli. Tale possibilità è
stata, inoltre, rafforzata da vari clinical report secondo i quali la prevalenza di DOC con scarso insight
sarebbe stimata tra il 6% ed il 47% (15, 19, 36, 37),
con una media di 25 % secondo i più moderni field
trials (22).
Il terzo caso clinico è stato inquadrato con una doppia diagnosi di DOC e Disturbo Schizoide di Personalità. All’esordio, per il prevalere della sintomatologia
negativa caratterizzata principalmente da ritiro sociale
ed appiattimento affettivo, era stata fatta diagnosi di
Schizofrenia, trattata con neurolettici tipici ed atipici
con peggioramento del DOC. Durante l’ultimo ricovero si osservava un sostanziale miglioramento delle
condizioni psicopatologiche obiettivabili, con riduzione del tempo di latenza alle risposte, maggior velocità
nello svolgere le normali attività quotidiane, produttività verbale maggiore e ridotta intensità e frequenza
sia delle idee ossessive e dei rituali compulsivi. L’introduzione di olanzapina è stata effettuata in considerazione di alcuni studi preliminari inerenti l’aggiunta del
principio attivo in questione a farmaci serotoninergici
nel trattamento di pazienti con DOC resistente al trattamento (38).
In questo caso si potrebbe ipotizzare un nucleo centrale psicopatologico di tipo psicotico in soggetto con
sintomatologia ossessivo-compulsiva che, dopo l’introduzione farmacologica di clozapina, sarebbe peggiorata. E’ noto, infatti, come la clozapina possa slatentizzare od aggravare, in pazienti schizofrenici in fase iniziale di trattamento, rituali compulsivi (4, 39) in maniera
dose correlata (40), generalmente reversibile alla sospensione del trattamento (39) od all’introduzione di
SSRI, in particolare fluvoxamina (41-44).
Nel quarto caso clinico l’orientamento diagnostico
è stato di comorbidità in Asse I di Psicosi NAS e
DOC. Il paziente, infatti, dopo una prima diagnosi di
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DOC ricevuta all’età di 26 anni e trattata con scarsi
benefici con antidepressivi triciclici (amitriptilina) e
neurolettici tipici, per la violenza e la pericolosità dei
rituali compulsivi, esordiva durante il ricovero con
ideazioni deliranti autoriferite e la convinzione certa
ed assoluta che “all’interno di me stesso esistono due
M di cui uno (M1) è buono e bisognevole di cure ed
attenzione, mentre l’altro (M2) è cattivo, potente e
cerca di sopraffarmi per far del male a M1 ed alla mia
famiglia”.
Dopo un iniziale tentativo di terapia, dapprima con
olanzapina, poi con clozapina che sortiva effetti favorevoli sulle ideazioni deliranti con peggioramento della sintomatologia ossessiva, il paziente ha tratto benefici dall’introduzione terapeutica di clorpromazina,
clomipramina, acido valproico e benzodiazepine.
La comorbidità della Schizofrenia in individui con
DOC è stimata attorno al 12,2% secondo i risultati
dell’Epidemiologic Catchment Area Study (45), ed intorno all’11,4% secondo uno studio di Kolada et al.
(46). Studi più recenti suggeriscono valori di comorbidità di DOC in pazienti schizofrenici tra il 7 ed il 26%
(20, 43, 47-49). In conclusione, i casi clinici descritti
concordano con le osservazioni fornite dalla letteratura internazionale circa la presenza di sintomi ossessivi
in pazienti schizofrenici e sintomi psicotici in pazienti
con DOC. Nel tentativo di spiegare tali riscontri clinici si potrebbe prendere in considerazione la capacità di
alcuni neurolettici atipici, in particolare clozapina,
d’indurre od aggravare sintomi ossessivo-compulsivi in
pazienti schizofrenici; i sintomi ossessivo-compulsivi
potrebbero in alternativa far parte del decorso naturale di alcune sottopopolazioni di soggetti affetti da Schizofrenia, anche in considerazione del fatto che questi
disturbi psicopatologici coinvolgono diversi sistemi
neurotrasmettitoriali (per esempio DA e 5HT) mutualmente interagenti tra loro. L’insorgenza di rituali
ossessivo-compulsivi potrebbe d’altro lato avere, in
un’interpretazione di tipo psicodinamico, un effetto
protettivo sul disgregamento psicotico di pazienti schizofrenici all’esordio sintomatologico. Resta comunque
ancora difficile dirimere il dubbio diagnostico tra comorbidità o DOC con scarso insight. I casi clinici descritti sottolineano le difficoltà nel definire dal punto
di vista diagnostico pazienti con sovrapposizione di
sintomi ossessivo compulsivi e psicotici, suggerendo la
necessità di continuare la ricerca scientifica in questo
campo, allo scopo di meglio delineare le relazioni intercorrenti tra Disturbo Ossessivo Compulsivo e Schizofrenia, con studi possibilmente prospettici e che tengano in considerazione anche la neurobiologia e le alterazioni strutturali cerebrali alla base di tale sintomatologia.
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