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LE INTOLLERANZE ALIMENTARI
Giorgio Pitzalis
Specialista in Pediatria e Scienza dell'Alimentazione
Sezione di valutazione nutrizionale e dietoterapia del bambino sovrappeso
BIOSdue Roma
Le intolleranze alimentari, o pseudo allergie, comprendono una serie di
manifestazioni cliniche (febbre, eruzioni esantematiche, orticaria, angioedema,
oculorinite, asina bronchiale, diarrea, coliche addominali, nausea, vomito), del
tutto sovrapponibili alle stesse di natura immunologica. L'European Academy of
Allergy and Clinical Immunology, al fine di stabilire un linguaggio comune
riguardo le reazioni avverse, agli alimenti, oltre dieci anni fa ha proposto una
classificazione basata esclusivamente sul meccanismi patogenetici (Allergy
1995; 50: 623-635).
Una prima distinzione fondamentale è quella tra reazioni tossiche causate da
sostanze, nocive contenute negli alimenti (esempi tipici sono l’intossicazione da
funghi e la gastroenterite causata da tossine batteriche contenute in cibi
avariati) e reazioni non tossiche, dipendenti da un'abnorme risposta individuale
ad alcuni componenti di alimenti igienicamente sani e tossicologicamente non
nocivi. Queste ultime reazioni, poi, si suddividono in allergie IgE - mediate e
non IgE - mediate (Tabella 1).
Tabella 1 - Forme di allergie alimentari
Allergia alimentare IgE - mediata
- Documentata
Shock anafilattico, sindrome allergica orale, orticaria,
rinite, congiuntivite, asma bronchiale, dermatite atopica
- Probabile
Gastrite, vomito, diarrea, dolore addominale, sinusite,
otite media sierosa, prurito, reazioni eritematose
Allergia alimentare non IgE - mediata o
intolleranza alimentare
- Enzimatica
Intolleranza al lattosio, aminoacidi, ecc
- Metabolica
Favismo, ecc.
- Farmacologica
reazioni da salicilati e Fans
- Idiosincrasia
sindrome del ristorante cinese (da glutammato di sodio),
reazioni da additivi alimentari, ecc.
- Da altri meccanismi
morbo celiaco, dermatite erpetiforme, ecc.
Le allergie alimentari compaiono più frequentemente, in età infantile che in età
adulta e di solito tendono a scomparire con il passare degli anni, anche se
possono manifestarsi per la prima volta in età adulta (J Allergy Clin Immunol
2006; 117, 2 Suppl.: S470-S475). La prevalenza delle allergie alimentari
sembra inoltre dipendere dalle abitudini alimentari individuali e tipiche dei
diversi Paesi: allergia a crostacei e molluschi nei Paesi mediterranei; allergia al
pesce in quelli scandinavi; allergia alle arachidi negli Usa e così via.
In genere, gli alimenti che determinano con maggior frequenza manifestazioni
cliniche di allergia alimentare sono uova, latte, pesce, crostacei, arachidi,
nocciole, soia, frumento; seguiti da vegetali come mela, noce, sedano,
pomodoro, banana, kiwi, pesca, carota, pera.
Un'appropriata eliminazione dalla dieta degli alimenti responsabili di solito
comporta una regressione delle manifestazioni cliniche, sebbene la
sintomatologia acuta richieda spesso il ricorso alla terapia farmacologica (Annu
Rev Nutr 2006; 26: July 17).
L'impiego dei test epicutanei (prick test) e della ricerca nel siero di IgE
specifiche, con il metodo Rast o Elisa ha l’obiettivo di ricercare le allergie,
propriamente dette (IgE mediate). Il problema sussiste quando non è possibile
attribuire a un dato sintomo una sicura patogenesi o natura allergica.
Per questo oltre la metà del pazienti deve far ricorso a test alternativi per la
diagnosi delle intolleranze alimentari. A queste ultime vengono attribuiti i
disturbi più vari, così da "raggiungere" la maggior parte dei pazienti. I sintomi
possono essere i più sfuma (stanchezza, insonnia, cefalea, palpitazioni, gonfiori
addominali postprandiali, afte, infezioni ricorrenti, dolori articolari), o legati a
modificazioni cutanee (pelle secca, eczemi, orticaria, acne).
Spesso sono correlati ad alterazioni del peso corporeo, sia in eccesso che in
difetto. Vengono anche inclusi disturbi intestinali (gonfiori, stipsi o diarrea,
colite, meteorismi, crampi intestinali), della sfera urogenitale (cistite, dolori
premestruali e alterazioni del ciclo mestruale), disturbi dell'umore
(depressione, irritabilità, ansia), e relativi all'apparato respiratorio (rinite,
faringite, bronchite. asma). Anche i bambini vengono “arruolati" tra gli
intolleranti, spesso in corso di dermatiti, infezioni respiratorie recidivanti,
irrequietezza e scarsa concentrazione.
In genere i cibi che più frequentemente causano intolleranza alimentare (simili
a quelli rilevati nel le allergie IgE - mediate) sono latte e latticini, lieviti,
frumento, oli vegetali, olio di oliva. Le cause delle intolleranze o pseudo allergie
possono anche essere rappresentate da farmaci (ac. acetilsalicilico, Fans,
psicofarmaci, ipotensivi, alcuni antibiotici e così via), fumo, stress emotivi.
Altri componenti naturali dei cibi, potenzialmente capaci di provocare reazioni
avverse con meccanismo farmacologico, sono xantine e metilxantine
(contenute ad esempio in caffè, tè, cioccolato, cola e numerose altre bibite
analcoliche) e amine biogene quali dopamina, tiramina e serotonina (contenute
ad esempio in formaggi, vino, banane, ananas).
Reazioni avverse vengono anche da alimenti ricchi di istamina (insaccati, pesci,
carni, vegetali, formaggi stagionati ed erborinati, tonno in scatola, crostacei,
pomodori, spinaci, funghi, crauti, vino e birra) o da alimenti istamino-liberatori
(albume d'uovo, carne di maiale, cioccolata, fragole, molluschi, frutta secca,
avocado, ananas).
Devono inoltre essere ricordati come cause di pseudo allergie gli additivi
alimentari (coloranti e conservanti).
Alcuni studi hanno dimostrato che mangiando normalmente, si introducono
ogni anno, e il più delle volte in modo inconsapevole, dai 5 ai 12 kg di additivi
chimici e coloranti. Spesso, infatti, anche cibi ritenuti sani contengono additivi,
anche se in misura minima. Gli additivi sono sostanze, naturali o sintetiche,
che vengono aggiunte intenzionalmente al prodotti alimentari per “fini
tecnologici": in altre parole, per migliorarne l'aspetto, il colore, l'odore e,
talvolta, il sapore.
Spesso gli additivi e i coloranti sono indicati in etichetta non con il nome
proprio, ma con una sigla formata da una "E" (Europa) e da un numero. Si
tratta di un codice stabilito dall'Unione Europea per rendere uniforme in tutti i
paesi europei la designazione degli additivi e dei coloranti.
Gli additivi sono divisi in varie categorie e hanno funzioni diverse.
Conservanti: servono per impedire lo sviluppo di sostanze che alterano
il prodotto e che possono nuocere alla salute (E 200-299).
Antiossidanti: hanno soprattutto la funzione di evitare che, il colore del
prodotto subisca variazioni (E 300-321).
Emulsionanti: servono per legare bene i grassi e l'acqua.
Addensanti e gelificanti: rendono il prodotto spalmabile e pastoso (E
400-495).
Stabilizzanti: trattengono l'umidità del prodotto e lo amalgamano
meglio.
Antiagglomeranti: impediscono che nel prodotto si formino grumi.
Acidificanti: danno il gusto acidulo.
Esaltatori di sapidità: rinforzano il sapore.
Sali di fusione: facilitano la fusione di diversi formaggi.
Coloranti: servono, ovviamente, per colorare (E 100-199).
Correttori di acidità (E 325-385).
Il consiglio è di diffidare dei colori molto intensi, anche quando si acquistano
prodotti, quali frutta o verdura, apparentemente ritenuti sani; in caso di
dubbio, preferire prodotti biologici, nei quali la presenza di coloranti e additivi
dovrebbe essere scongiurata.
Inoltre, prima di acquistare qualsiasi alimento, è sempre bene leggere
attentamente l'etichetta riportata sulla confezione, che dovrebbe indicare, oltre
alla presenza di sostanze chimiche, tutti gli ingredienti a partire da quello
presento in maggiore quantità, la data di confezionamento e quella di
scadenza, la provenienza del prodotto e il modo più corretto per conservarlo.
Molte delle patologie legate all'insonnia e al nervosismo infantile sono legate a
un consumo eccessivo di alimenti e bevande con coloranti, aromatizzanti
sintetici, glutammati. nitriti e nitrati.
Nella Tabella 2 sono riportati gli alimenti che possono causare reazioni di
intolleranza alimentare.
Tabella 2 - Additivi alimentari
Additivi
Ascorbati (F300-303)
Benzoati (E 210-219)
Lecitine (E 322)
Nitriti (E249-250) e nitrati (E251-2)
Sorbati (E 200-203)
Tartrati (E 334-337)
Solfiti (F221-226)
Alimenti
Vino, birra, liquori, bibite analcoliche, succhi di frutta, insaccati, pesce conservato,
marmellate, dolci
Bibite analcoliche, maionese semiconserve ittiche, caviale
Cioccolato, latte in polvere, dolci, gelati
Carni conservate, insaccati
Marmellate, frutta secca e candita, succhi di frutta, maionese, formaggi, semi conserve,
farinacei (polenta pasta, dolci)
Vino, bibite gassate, dolci
Vino, birra, liquori, aceto, bibite analcoliche, succhi di frutta, frutta candita, sottaceti, farina e
patate
Una curiosità: diversi alimenti vegetali contengono naturalmente quantità
variabili di salicilati (Tabella 3).
Tabella 3 - Alimenti contenenti salicilati naturali
Pomodori
Fragole
Mirtilli
Prugne
Pesche
Uva passita
Cetrioli
More
Albicocche
Arance
Ciliegie
Mandorle
Piselli
Lamponi
Mele
Mandarini
Banane
Noci
La superficie di alcuni alimenti spesso è maggiormente esposta a
contaminazioni, in particolare da additivi alimentari, per cui e raccomandabile
ad esempio lavare bene verdura e frutta, oppure consumarla sbucciata. Va
ricordata anche la possibilità di reazioni avverse al nichel contenuto, ad
esempio, in conserve in scatola, burro, margarina, pomodori, fagioli, piselli,
farina di grano integrale, aringhe, ostriche, pere, cacao, cioccolata, birra, vino
e tè.
Inoltre, additivi di usuale impiego industriale, come il balsamo del Perù
(contenente anche benzoati, cinnamati e vanillina), si riscontrano come
aromatizzanti, spesso senza essere dichiarati, in bibite analcoliche (cola,
aranciata), aperitivi, cioccolato, miele, chewing-gum, dolci da forno, gelati e
marmellate, ketchup, salsa chili, aringhe sotto sale, verdure e alimenti in
conserva (barbabietole, cetrioli, paté di fegato).
Accanto alle procedure comunemente utilizzate nella diagnosi di allergia
alimentare, esistono metodiche di cui manca un’evidenza scientifica di
attendibilità, quando addirittura non vi sono chiare dimostrazioni di
inaffidabilità.
Il test di citotossicità (o test di Bryan) consiste nell'aggiunta di un
allergene al sangue del paziente, con modificazioni delle cellule fino alla loro
rottura in caso di allergia all'alimento. L'American Academy of Allergy and
Immunology ritiene il metodo inattendibile nella diagnostica allergologica e per
il test non è prevista, negli Stati Uniti, la rimborsabilità. Diversi studi
controllati, volti a valutare la correlazione fra i risultati del test e reazioni
allergiche o indesiderate al cibi, hanno riscontrato risultati inattendibili o
quanto meno contrastanti. In particolare, non c'è correlazione tra risultati del
test e sintomatologia allergica, e nello stesso paziente test ripetuti danno
risultati diversi. Le modificazioni di forma o di dimensione dei globuli bianchi
sono verosimilmente da imputarsi a variazioni di pH, temperatura, osmolarità e
tempo di incubazione. Anche una variante automatizzata del test (Alcat) non
ha mostrato attendibilità diagnostica.
I test elettrici come l'elettroagopuntura di Voll (EAV), il Bioscreening, il
Biostrengt test, il Sarm test, il Moratest e il Vega Test, misurano, lungo i
meridiani classici dell'agopuntura cinese o altri canali studiati successivamente,
una microcorrente elettrica. Il presupposto teorico è che sia possibile leggere i
potenziali elettrici cellulari e che dalla variazione di questi e dalla rapidità di
trasmissione dello stimolo elettrico sia possibile ricavare informazioni circa la
funzionalità dei distretti interessati. Sono divenuti popolari a causa della loro
semplicità e non invasività. Purtroppo fin dal 2001 è emersa la loro completa
inaffidabilità. Peraltro, il principio che una reazione allergica modifichi il
potenziale elettrico cutaneo non è mai stato dimostrato. Inoltre, ripetendo
l'esame più volte sullo stesso paziente, o analizzando in centri diversi il sangue
ottenuto dal medesimo prelievo, si possono ottenere risultati del tutto
differenti. Ciò vale anche per il Vega, per il quale l'esito dipende in gran parte,
oltre che dall'operatore, dal tipo di strumento usato. La scarsa ripetibilità è uno
dei motivi per i quali i test non convenzionali sono invisi alla scienza "ufficiale".
Un'altra categoria di metodiche di valutazione si avvale della misurazione della
tensione muscolare, postulando che l'assunzione o il contatto con alimenti o
sostanze disturbanti diminuisca la forza dei muscoli. Ma non è stato mai
documentato un interessamento dell'apparato scheletrico in corso di reazioni
allergiche. Il metodo kinesiologico "testa" la diminuzione della forza in modo
manuale, prendendo in esame la muscolatura della mano, delle braccia e/o
delle gambe; mentre il test Dria utilizza lo stesso principio ma le rilevazioni
sono fatte tramite un sistema computerizzato. Alcune varianti sono ancora più
bizzarre: la diagnosi in età pediatrica viene posta al genitore mentre tiene in
braccio il bambino e successivamente da solo, e ogni differenza fra i due test è
attribuita al bambino.
Esistono poi i test di provocazione/neutralizzazione, con somministrazione
per via intradermica o sublinguale della sostanza ritenuta responsabile di
allergia o intolleranza. Diversi studi in doppio cieco e con casistiche numerose
ne hanno negato validità e riproducibilità.
L'analisi del capello viene utilizzata, correttamente, per finalità
tossicologiche, ma anche per valutare un eventuale eccesso di metalli pesanti
(mercurio, cadmio) posti in relazione alla sindrome ipercinetica del bambino.
Altro “utilizzo" di questa metodica è la carenza di oligoelementi (selenio, zinco,
cromo, magnesio, manganese). In entrambi i casi, però, la metodica non è
affidabile e costituisce una perdita economica.
Iridologia. L'osservazione diretta dell'iride consentirebbe, secondo chi la
pratica, di valutare il livello di salute di un soggetto. In particolare, l'esame
iridologico sarebbe in grado di rilevare alcune tendenze patologiche prima della
comparsa della sintomatologia. Anche di questa tecnica, non invasiva, viene
negata la validità scientifica. D'altra parte l'impiego di questa, come di altre
metodiche, può condurre a un ritardo diagnostico, con grave rischio per la
salute dei soggetti.
La biorisonanza si basa sulla convinzione che un individuo possa emettere
onde elettromagnetiche, le quali, attraverso un apparecchio, possono essere
rimandate "riabilitate". Gli studi a riguardo hanno dimostrato la mancanza di
valore diagnostico e terapeutico della metodica.
Il pulse test si basa sull'ipotesi che l'allergia sia in grado di modificare la
frequenza cardiaca. Altro test privo di fondamento scientifico e razionale è,
quello del riflesso cardiaco-auricolare: l’alimento viene posto a 1 centimetro
dalla cute e la sostanza in questione dovrebbe modificare il battito cardiaco.
L'esecuzione di una corretta visita allergologica e di Prick test o Rast test può
non condurre alla definizione di allergia alimentare. Pertanto, dopo aver
escluso allergie alimentari IgE - mediate, e, in presenza di sintomi suggestivi, è
utile sottoporre il paziente per un periodo di 2-5 settimane a un regime
alimentare ipoallergenico (eliminazione degli alimenti potenzialmente più
allergizzanti).
La dieta oligoantigenica è così costituita: riso o patate, agnello o tacchino,
lattuga o carote, pera o banana, olio extravergine d'oliva, sale, zucchero di
canna, acqua minerale. Una volta risolta la sintomatologia con la dieta base,
può essere utile una dieta di provocazione, consistente nell'integrare la dieta
base risultata efficace con l'inserimento progressivo di singoli alimenti o di
gruppi di alimenti antigenicamente affini. È utile quindi seguire la Tabella 4, al
fine di evitare possibili cross-reazioni tra allergeni inalanti ed alimentari.
L'introduzione dei nuovi alimenti deve avvenire a intervalli di almeno tre giorni,
per verificare con certezza la loro eventuale responsabilità anche
nell'insorgenza di reazioni ritardate. L'alimento o il gruppo di alimenti che si
dimostrano tollerati vengono mantenuti nella dieta, mentre quelli che
provocano manifestazioni cliniche vengono identificati ed esclusi, dopo aver
ripetuto il test di provocazione per verificare con certezza il rapporto causale.
Tabella 4 - Reattività crociate (cross reazioni) tra allergeni inalanti e alimentari
Betulla
Albicocca, ananas, arachidi, arancia, prugne, ciliegie, banana, carote,
finocchi, fragole, kiwi,
lamponi, limoni, mandorle, mela, noce, nocciola, patate, pera, pesche,
pomodori,
prezzemolo, prugne, sedano
Nocciolo
Carote, ciliegie, limone, mela, pesche
Parietaria
Basilico, camomilla, ciliegie, gelso, melone, piselli, pistacchi
Graminacee
Albicocche, anguria, arancia, ciliegie, frumento, kiwi, limoni, mandorle,
melanzane, melone
peperone, pesche, pomodoro, prugne
Composite
Anguria, arachidi, banana, camomilla, carote, castagne, cetriolo, cicoria,
finocchi, sedano,
mela, melone, miele, noci, noccioline, olio di semi di girasole,
prezzemolo, zucca
Ambrosie
Banana, melone
Acari
Gamberetti, lumache
Artemisia
Finocchi, prezzemolo, sedano
Poligonacee
Grano saraceno
Latice della
gomma
Ananas, avocado, banane, castagne, kiwi, melone, papaia
Esistono, poi, possibili cross-reazioni tra gli alimenti ritenuti più rilevanti, anche
se con percentuali diverse (Tabella 5).
Tabella 5 – Principali cross reazioni tra alimenti diversi clinicamente rilevanti
Alimento
Alimento cross-reattivo
Frequenza
Uovo
Latte di mucca
Latte di mucca
Carne bovina
Pesce
Arachidi
Soia
Grano
Arachidi
Noci
Carne di pollo
Carne bovina
Latte di capra
Agnello
Altre specie di pesci
Legumi (eccetto lenticchie)
Legumi
Altri cereali
Noci
Altre noci
<5%
10%
90%
50%
>50 %
<1 0 %
<5 %
25%
35%
>50%
Ad esempio, e alla luce di questa tabella, è senza fondamento scientifico
alimentare un bambino risultato allergico alle proteine del latte vaccino con
latte di capra.
In conclusione, i test adottati dalla medicina complementare e alternativa
(CAM), pur avendo decenni di vita, hanno dimostrato scarse attendibilità e
affidabilità. Nonostante ciò continuano a essere largamente impiegati e questo
è un fenomeno strano, in controtendenza rispetto alla medicina tradizionale
nella quale si privilegia, talvolta anche esasperatamente, la ricerca
dell'indagine e del protocollo più attendibile. Evidentemente il bisogno di
attribuire, a un agente "esterno" la conseguenza delle nostre azioni (per
esempio, errate abitudini e mode alimentari) continua a essere più forte della
ragione.
Un altro elemento di riflessione è dato dal fatto che spesso gli studi favorevoli
provengono da medici non specialisti, talvolta soltanto cultori della medicina
non convenzionale.
Ma l'aspetto più preoccupante è rappresentato dalle possibili conseguenze
dell'abuso di questo tipo di diagnostica. Per l'età pediatrica, infatti, è stato
documentato un deficit nella crescita tra bambini erroneamente ritenuti
allergici e che erano stati sottoposti a inutili restrizioni dietetiche.
Nell'adulto deve essere attenta mente considerata la rilevanza che i risultati di
simili test impongono nella vita di relazione e nella qualità di vita. Sovente
questi soggetti sono costretti a diete, incongrue per periodi molto lunghi, fino
al punto di rendere quasi impossibile una normale vita sociale. Altre volte il
paziente entra in un vortice ossessivo e inizia a considerare ogni alimento un
potenziale nemico. Infine, e ancora più grave, è il rischio di un ritardo
diagnostico di patologie severe.
Il messaggio finale che si può dare è che: molte volte è sufficiente imparare a
mangiare, perché le "intolleranze alimentari" scompaiano "magicamente".