0. 0. CORRIERE DELLA SERA.it 0. Salute Corriere della Sera > Salute > Dislessici, esercito di fantasmi 0. 0. Salute Dislessici, esercito di fantasmi I bambini in età scolare che hanno problemi di dislessia sono il 4-5% del totale. Non c'è una legge che li tuteli . NOTIZIE CORRELATE 0. La diagnosi e le cure 0. Francesco Facchinetti: «Quelle patrole nemiche da sempre» Non sa leggere, la tabellina non gli sta in testa, scrive male e sbaglia la sequenza delle sillabe. Inverte le lettere, confonde la b con la p, non si accorge delle doppie, la poesia o la filastrocca sono un rompicapo, impossibile ricordarle a memoria per quanti sforzi si facciano. Un tempo di fronte ad un bambino così il verdetto era inappellabile: «È svogliato». «È pigro». «La scuola non fa per lui, mandatelo a imparare un mestiere». Oggi si sa che quel bambino potrebbe essere dislessico. Fino a poco tempo fa in Italia il problema della dislessia non era abbastanza studiato e conosciuto. L'Associazione italiana dislessia è nata soltanto nel 1997, appena 11 anni fa. Oggi finalmente se ne parla di più e si moltiplicano studi e ricerche. Eppure certi pregiudizi sono difficili da scardinare, la scuola non è sempre preparata, le famiglie a volte non sanno a chi rivolgersi e come muoversi. In genere, ci vogliono almeno tre anni perché si arrivi alla diagnosi e si possa cominciare la terapia. Una cosa deve dunque essere subito detta: il bambino dislessico non è pigro. E non è meno intelligente degli altri. Per lui, più semplicemente, scrivere o fare i calcoli non è facile e automatico come lo è per i compagni «normolettori». La dislessia evolutiva è un disturbo specifico dell'apprendimento, spesso di origine genetica che riguarda la difficoltà di lettura. In Italia ne soffre almeno un milione e mezzo di persone, circa il 3 per cento della popolazione, ma sono stime prudenti. Gran parte dei dislessici ha avuto una carriera scolastica costellata di insuccessi, con abbandoni precoci e con conseguenze sociali a volte molto pesanti. In età scolastica la percentuale sale al 4-5 per cento, su 7 milioni e 760 mila studenti, sono dislessici tra i 350 e i 400 mila (ma c'è chi pensa che siano cifre in difetto e che i bambini dislessici arrivino almeno a mezzo milione). In pratica un bambino o ragazzo per ogni classe (di 25 alunni). Ogni anno ci sono 25 mila nuovi casi e 6 volte su 10 alla dislessia si associa la difficoltà di scrittura (disgrafia e disortografia) e di calcolo (discalculia), anche se questi ultimi disturbi possono presentarsi da soli. «La dislessia è un disturbo neurobiologico determinato da un insieme di fattori, che si manifesta nel bambino in età scolare — spiega Stefano Vicari, primario di neuropsichiatria infantile del Bambin Gesù, che da anni se ne occupa —. Un fattore di rischio è il ritardo o il disturbo del linguaggio in età prescolare. Quello è un primo campanello d'allarme ». In uno studio specifico Vicari, con la sua équipe, ha messo in evidenza come «nell'indagare le aree del cervello del bambino dislessico che funzionano in maniera diversa da quelle dei normolettori, abbiamo studiato il ruolo svolto dal cervelletto nel determinare la mancata automazione della lettura». In sostanza si tratta di una «abilità diversa», che va curata attraverso una terapia riabilitativa che insegna al cervello ad acquisire nuove abilità. «La diagnosi — continua il primario — la fa il neuropsichiatra assieme allo psicologo e al logopedista perché è necessario poter escludere altre patologie, la sordità, un problema alla vista, un ritardo mentale ». Solo dal 2006, tuttavia, dopo una Consensus Conference ci si è accordati su linee guida condivise per la diagnosi di dislessia. «Siamo ultimi in Europa — spiega il vicepresidente dell'Aid, Enrico Ghidoni, neurologo dell'Arcispedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia, che ha un figlio dislessico —. Soprattutto la scuola ha accumulato un ritardo enorme, gli insegnanti spesso non ne sanno nulla oppure pensano di sapere che cos'è ma hanno convinzioni sbagliate. Naturalmente il problema sta a monte, il ministero della Pubblica istruzione soltanto nel 2005 ha avviato un primo programma di informazione presso gli insegnanti provando a formarne uno per istituto». Altro aspetto importantissimo: non esiste ancora in Italia una legge sulla dislessia. «Proprio in questi giorni, dopo sei anni di battaglie — continua il neurologo — , è in via di approvazione in commissione Salute al Senato il testo della prima legge sulla dislessia. Naturalmente dovrà poi passare alla Camera ma è stata votata la procedura d'urgenza ». La legge è indispensabile se si vuole evitare che un figlio dislessico sia «cancellato » dal sistema scolastico e abbia invece l'opportunità come tutti di studiare e di apprendere. «Sembra banale ma per un dislessico può essere impossibile prendere la patente o partecipare ad un concorso pubblico — continua Ghidoni —. Una normativa può aiutarlo, permettendo nello studio l'uso di strumenti tecnologici, intendo il computer con il correttore automatico, la calcolatrice, l'audiolibro, il libro digitale con il sintetizzatore vocale, ma anche l'esenzione dallo studio della lingua straniera in forma scritta, la possibilità di fare i compiti scritti con tempi più lunghi o di sostenere colloqui orali». Aiutare un bambino dislessico subito, fin dalle prime classi delle elementari e anche prima, è molto utile. Anche perché l'insuccesso scolastico provoca scarsa stima di sé, insicurezza, senso di colpa, timidezza o bullismo, comportamenti sociali alterati fino ad arrivare a forme di devianza. «Dalla dislessia non si guarisce mai completamente ma se trattata in tempo il disturbo si può compensare», aggiunge la dottoressa Alessandra Luci, psicologa e logopedista, che da dieci anni segue i bambini dislessici. E infatti, tra tutti i diagno-sticati, che purtroppo sono solo l'1 per cento, due bambini su dieci riescono a superare il disturbo quasi completamente, cinque su dieci ci riescono in parte, e solo tre non ce la fanno nel corso della vita. «La dislessia non è causata da un deficit di intelligenza — chiarisce la Luci —. Al contrario, l'intelligenza di un bambino dislessico è nella media o, spesso, superiore alla media. E' fondamentale quindi che la scuola sappia riconoscere il disturbo e aiutare i genitori a capire se il proprio figlio è dislessico, pena un senso di frustrazione che non si cancella più». La tecnologia Serve l'uso in classe di strumenti tecnologici, ma anche l'esenzione dallo studio della lingua straniera in forma scritta, tempi più lunghi per i compiti, colloqui solo orali Mariolina Iossa 24 ottobre 2008(ultima modifica: 30 ottobre 2008) Ilsecoloxix.it Voti più alti ai dislessici già da quest’anno . 0. 0. 0. 0. 0. 0. 28 ottobre 2008 HOME > ITALIA E MONDO CONDIVIDI STAMPA INVIA COMMENTA javascript:setFontSize(1); javascript:setFontSize(2); javascript:setFontSize(3); Nel dare i voti a uno studente presto si dovrà tener conto di eventuali disturbi dell’apprendimento. «Nel comma 5 dell’articolo 3 del decreto si dice infatti che gli studenti italiani dovranno essere valutati già da quest’anno tenendo conto delle difficoltà di apprendimento, come la dislessia». Lo sottolinea Franco Asciutti, capogruppo Pdl della settima commissione Cultura del Senato, intervenendo oggi a Roma alla presentazione dell’undicesimo Congresso nazionale sulla dislessia. «Un primo passo significativo - aggiunge Asciutti - che sarà realtà non appena il testo avrà l’ok del Senato e il ministero dell’Istruzione emanerà una circolare in questo senso. Mi auguro, poi, che al più presto veda la luce la legge sulla dislessia tanto attesa da genitori e bambini dislessici. Spero - conclude il senatore - già nella prossima primavera». IL DISTURBO Non riuscire a leggere e scrivere in modo fluente. Avere difficoltà di apprendimento. Non eseguire semplici operazioni di calcolo. Eppure essere di intelligenza normale, se non addirittura superiore. La dislessia è un dramma silenzioso, che colpisce 350.000 ragazzi italiani in età scolare, uno ogni venti studenti. In pratica, uno per classe. Discriminati e bollati come svogliati (se non addirittura un pò «grulli») dai compagni e spesso dai docenti, i ragazzi dislessici non sanno di essere in buona compagnia. Soffrono dello stesso problema Tom Cruise, Keira Knightley, Orlando Bloom, Cher e persino Henry Winkler, il popolare `Fonzie’. Oltre a personaggi storici come Einstein, Churchill, Picasso e Leonardo Da Vinci. Alla base delle difficoltà del dislessico c’è una disfunzione neurobiologica costituzionale che interessa le funzioni connesse con il processo di lettura, scrittura e calcolo senza interessare le funzioni cognitive globali. In pratica il ragazzo dislessico ha un’intelligenza assolutamente nella media o superiore ma, a causa di queste particolari disfunzioni, può commettere gravi errori ortografici, avere una calligrafia poco comprensibile, difficoltà nella lettura fluente dei testi, invertire lettere e numeri. Una serie di ausili elementari (come ad esempio più tempo nei compiti scritti, facoltà di usare computer, registratore, calcolatrice in classe, essere esentati dal copiare dalla lavagna e dal leggere ad alta voce) potrebbero rendere la vita scolastica di questi ragazzi più fruibile e meno faticosa. Ed è proprio questo l’obiettivo principale per il quale si batte da anni l’Associazione Italiana Dislessia, di cui si svolgerà l’XI Congresso nazionale il 31 ottobre e il 1 novembre prossimi, presso il Policlinico Gemelli di Roma. Si parlerà di proposte legislative: attualmente sono in discussione in Parlamento cinque disegni di legge similari per iniziativa di parlamentari della maggioranza e dell’opposizione. In occasione del Congresso è stato inoltre predisposto il primo Libro Bianco sulla dislessia in Italia dove sono state raccolte 52 testimonianze di ragazzi dislessici di varie età e di loro familiari, per poter offrire una testimonianza delle discriminazioni subite nella scuola e nella vita. «La dislessia si caratterizza per disturbi di origine neurobiologica, da tempo riconosciuti e classificati dalle scienze mediche: nonostante questo - spiega Roberta Penge, neuropsichiatra e presidente dell’Associazione Italiana Dislessia - c’è ancora chi li confonde con le situazioni di svantaggio sociale, con le conseguenze di una didattica inadeguata o poco attenta, con un atteggiamento di scarso investimento sulla scuola con cause educative o psicologiche. Queste convinzioni ledono i diritti dei dislessici riducendo il loro riconoscimento e la loro segnalazione ai servizi specialistici: per ogni bambino/ragazzo con disturbi specifici di apprendimento riconosciuto, ce ne sono altri tre, con le stesse difficoltà, che devono affrontare la scuola senza nessun aiuto mirato». «Per questo - sottolinea Roberta Penge - chiediamo una legge perché crediamo che in un paese civile come il nostro, i diritti dei soggetti con DSA non debbano essere auspicati, ma garantiti. In assenza di una legge la situazione in Italia è del resto spesso così drammatica da aver spinto l’Associazione Italiana Dislessia a inviare un esposto alla Magistratura e al Commissario europeo per i diritti umani Thomas Hammarberg per denunciare che a migliaia di bambini dislessici non viene garantito il diritto all’istruzione. L’integrazione che può diventare realtà grazie a pochi ma significativi interventi: dalla personalizzazione dell’insegnamento, tra l’altro già prevista dagli attuali ordinamenti didattici, alla dotazione di strumenti informatici, fino all’adozione di diversi sistemi di valutazione. Il tutto senza pregiudicare in alcun modo l’andamento degli studi e l’apprendimento della classe. «Queste misure compensative e dispensative, ai sensi della legge sull’autonomia scolastica, sono previste in diverse circolari ministeriali, che però vengono regolarmente disattese in molte scuole italiane», denuncia Rosa Bianca Leo, presidente della sezione Aid di Taranto e Membro del Comitato Problematiche Sociali Nazionale, che ha steso l’esposto. Inoltre, secondo l’esposto, alcuni docenti non permettono di usare il registratore adducendo il problema della privacy, non importa che questo impedisca a un dislessico di ricordare la lezione. «La verità è che nel nostro Paese c’è ancora grande ignoranza nei confronti della dislessia», aggiunge Rosa Bianca Leo. «Molti insegnanti non conoscono il disturbo, accusano i ragazzi di scarso impegno, li umiliano in classe, colpevolizzano le famiglie. Il risultato è che tanti alunni dislessici ogni anno vengono ingiustamente bocciati, abbandonano gli studi e da adulti svolgeranno lavori al di sotto delle proprie capacità». LE TESTIMONIANZE Cinquantadue storie sulla dislessia. Testimonianze dirette, scritte di proprio pugno da chi, per anni, si è sentito definire «asino» o «tonto» solo perché a leggere, a scrivere o far di conto non è bravo come i suoi compagni. Testimonianze raccolte dall’Associazione Italiana Dislessia e lasciate nello stile e nell’ortografia originali degli autori, per «spiegare la drammatica necessità di una legge». Ma anche per «far capire agli insegnanti, ai politici, all’opinione pubblica, che la dislessia non è solo un disturbo dell’apprendimento ma, se non compresa, può essere motivo di immensa sofferenza, senso d’inadeguatezza, rinuncia ad esprimere se stessi». Il primo Libro Bianco sulla dislessia sarà presentato nel corso dell’XI Congresso nazionale dell’Associazione Italiana Dislessia il 31 ottobre e il 1 novembre prossimi, presso il Policlinico Gemelli di Roma. Al dislessico basterebbero interventi semplici dalla scuola, come scrive Lorenzo rivolgendosi al Ministro per la Pubblica Istruzione: «L’impatto con le medie è stato disastroso e la prof di matematica mi diceva che non ci arrivavo e quella italiano mi diceva che avevo la scrittura illeggibile! Per i voti la penso come don Lorenzo Milani. Per me le verifiche o comunque i voti servono a rinforzare i forti e indebolire i deboli e io che speravo di diventare ministro della pubblica istruzione! Come faccio?. La mia domanda è se può abolire i voti e le verifiche che ci giudicano, oppure lasciare le verifiche solo per vedere a che punto siamo ma senza voti». La vita di questi ragazzi può essere segnata per sempre, come scrive Caterina, dislessica, oggi pittrice e mamma quarantunenne: «Ricordo che la mia difficoltà a leggere, a ricordare le tabelline, le poesie, le date ecc. mi hanno distrutto la vita perché facevo il doppio del lavoro e dovevo sempre dimostrare a tutti che non ero tonta». O come testimonia la madre di Tommaso, un ragazzo dislessico oggi ventenne: «Tra mille problemi finiscono le elementari durante le quali una maestra lo apostrofa spesso e volentieri con «stupido» e inizia il secondo calvario: le medie! Sono molto arrabbiata con la scuola perché non solo ho trovato persone incompetenti in 13 anni di frequentazione, ma non ho trovato neppure un briciolo di curiosità professionale da parte del corpo docente». Purtroppo il calvario non è solo a scuola. È Andrea, universitario di 22 anni, dislessico, a ricordarcelo: «Le discriminazioni più umilianti le ho vissute all’esterno della scuola quando ho dovuto chiedere di sostenere il test in forma orale per ottenere la licenza di guida». Sei mesi di attesa da parte della Commissione medica solo «per stabilire che potevo guidare con una patente normale, quando invece doveva darmi solo l’ok per fare il test orale e non scritto». LA LEGGE ATTESA In Italia non c’è ancora, come avviene in moltissimi Paesi europei, una legge che tuteli le persone con Disturbo specifico di apprendimento (Dsa). Nella scorsa legislatura si era giunti a un passo dalla ratifica di un apposito disegno di legge che non è poi riuscito a terminare il suo iter a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. Una legge è l’obiettivo principale per il quale si batte da anni l’Associazione Italiana Dislessia, di cui si svolgerà l’XI Congresso nazionale il 31 ottobre e il 1 novembre prossimi, presso il Policlinico Gemelli di Roma. Per iniziativa di diversi parlamentari di maggioranza e opposizione sono stati presentati cinque disegni di legge con i quali si mira a riconoscere la dislessia, la disgrafia e la discalculia, prevedendo che il ministero della Pubblica Istruzione individui con proprio decreto una serie di misure educative e didattiche per garantire i necessari supporti agli alunni con tali difficoltà. Lo scopo è quello di ottenere una formazione adeguata e prevenire l’insuccesso scolastico. Le proposte di legge, di cui due sono già in fase avanzata di discussione al Senato, prevedono il pieno riconoscimento di questo disturbo, la sua preventiva diagnosi a cura delle strutture del Servizio sanitario nazionale in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione e appositi corsi di formazione per il personale docente. Per facilitare l’apprendimento sono poi contemplati diversi strumenti di supporto didattico nonchè l’adozione di specifici provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei diversi cicli di istruzione. In particolare si dovrà favorire l’uso della didattica personalizzata, favorendo il successo scolastico, anche ricorrendo a tecniche compensative che possono prevedere l’uso del computer, di altri strumenti informatici e non come le calcolatrici, il registratore, la videoscrittura, il correttore ortografico, la tavola delle tabelline,il lettore ottico o il sintetizzatore vocale. Ma anche usufruendo di misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere oppure garantendo tempi più lunghi di esecuzione di quelli ordinari. Gli studenti con Dsa, per esempio, potranno essere dispensati da prestazioni non essenziali ma che li mettono certamente in imbarazzo, come scrivere alla lavagna davanti alla classe, leggere ad alta voce in pubblico o stare nei tempi standard di dettatura. Facilitazioni sono previste anche per i ragazzi con Dsa bilingui e nel caso dell’insegnamento di una lingua straniera, assicurando tempi e ritmi graduali di apprendimento, fino all’eventuale esonero dell’insegnamento della seconda lingua straniera qualora obbligatoria. «Nuove», infine, anche le tecniche di valutazione che saranno finalizzate ad evitare condizioni di svantaggio oggettivo degli alunni con Dsa nei confronti degli altri alunni. PAGINA 4 N. 11 - 10 NOVEMBRE 2008 RASSEGNA STAMPA In arrivo nuove regole Numeri Libera professione. Si cambia Sembrerebbe questa l’intenzione di Ferruccio Fazio che in un colloquio con la stampa ha anticipato le sue idee per una nuovo rivoluzione nell’annosa questione della libera professione medica Pubblico e privato Tagli alla Sanità: la lezione americana di Giuseppe Rotelli Spendiamo per la sanità meno di qualunque altro Paese d’Europa (di quelli industrializzati), ma i soldi non bastano. I piani del Governo per risparmiare prevedono di chiudere i piccoli Ospedali per sostituirli con servizi territoriali e, in secondo luogo, di finanziare gli ospedali con il contributo dei privati. “Negli ospedali pubblici ci saranno delle Unità gestite da privati”, avrebbe detto Ferruccio Fazio al Festival della Salute di Viareggio. Chiudere i piccoli ospedali è giustissimo e lo si sarebbe dovuto fare da tempo. (…) E se lo si facesse davvero in tutta Italia i soldi che il Governo oggi ha a disposizione per la sanità basterebbero e non ci sarebbe bisogno di ricorrere a fondi privati per finanziare i grandi ospedali. Ma il ministro Tremonti ha fatto sapere che ci sono grandi opere da realizzare e per farlo l’unica strada sembra proprio quella di ricorrere a fondi privati. Si comincerà dal “project financing” e, da quello che si capisce, da appalti esterni per attività anche mediche, laboratorio e radiologia per esempio. Poi ci saranno “unità private” negli Ospedali e si arriverà a pagare l’assistenza sanitaria con assicurazioni private. Negli Stati Uniti una scelta così è stata fatta più di 90 anni fa. “Project financing” prima, poi unità private negli ospedali fino ad arrivare a grandi catene di ospedali del tutto privati. E nel ‘54 il presidente Dwight Eisenhower aprì quello che è davvero un libero mercato della salute alle assicurazioni private. Prima di decidere di intraprendere anche noi quella strada forse vale la pena di chiedersi cosa è successo là in tutti questi anni. Negli Stati Uniti c’era l’idea che privato in sanità equivale a buone cure ed efficienza. È successo tutto il contrario. I costi – paragonati a quelli del Canada per esempio – sono altissimi e la qualità delle cure è peggiorata. Nel 2009 la spesa per la sanità arriverà a 2,5 milioni di dollari (14% del Pil, l’Italia spende il 7.7%). E chi paga? Per quasi 180 milioni di americani è l’assicurazione stipulata dal datore di lavoro. Quasi 20 milioni hanno un’assicurazione privata. Il governo paga per i poveri e i disabili, ma almeno 40 milioni non sono assicurati “abbastanza”, altri 50 milioni, inclusi 9 milioni di bambini, non hanno accesso alle cure, incluse quelle più necessarie. Ci sono catene di Ospedali privati che promettono efficienza e qualità. Ma se si vanno a vedere i risultati è un disastro. (...) Così 8.000 medici hanno chiesto al nuovo Presidente di adoperarsi per cambiare completamente il sistema. (…) Chissà se i dottori americani ce la faranno. Probabilmente no, la posta in gioco è troppo alta, gli interessi da capogiro. In Italia un Sistema sanitario nazionale è stato istituto nel ’78 e riformato nel ’92 e ’93, ed è proprio come lo vorrebbero oggi i dottori americani. (...) Correggere i difetti si può. Cambiare per ripercorrere la strada che adesso tanti negli Stati Uniti vorrebbero abbandonare forse non conviene. (da Corriere della Sera, 26 ottobre 2008) Sì a quella privata dei medici pubblici, a patto che il numero di prestazioni di attività pubblica siano uguali o superiori a quelle private. È una delle proposte avanzate dal sottosegretario alla Salute, Ferruccio Fazio, che ha annunciato la volontà del governo di rimettere mano alla materia, prevedendo come authority di vigilanza l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari (Agenas). L’annuncio arriva a poche settimane dal termine del 30 novembre entro il quale i medici devono esprimere la scelta tra intra o extra moenia, percependo o rinunciando alla indennità di esclusività (sempre che il Governo, come si è fatto capire da più parti, non dia una proroga). E arriva a pochi mesi dal 31 gennaio, quando scatterà un’altra scadenza: quella entro la quale le Regioni dovranno adeguarsi alla legge 120/2007 per la creazione di spazi organizzati per permettere ai medici di svolgere la libera professionale all’interno dell’ospedale o in strutture vigilate, ponendo fine alla cosiddetta “intramoenia allargata”. “Stiamo trasformando l’Agenas in ente terzo per la valutazione delle prestazioni ospedaliere - ha detto Fazio - quindi ricoveri, prestazioni ambulatoriali, diagnostica e anche valutazione dei medici. Saremo in grado in tempi brevi di fare la valutazione del numero delle prestazioni dei medici e della loro qualità. Questo ci consente di disegnare il nuovo sistema della libera professione”. L’idea non è ancora formalizzata, ma – ha detto il sottosegretario – “la metteremo giù nei prossimi giorni e siamo aperti ai suggerimenti del mondo politico e professionale. Da un lato vogliamo ridare la professionalità al medico e togliere quella figura del medico ‘pedina della politica’ della struttura ospedaliera. Ma dall’altro vogliamo garantire ai cittadini che il medico che prende l’impegno di lavorare in una struttura, pubblica o privata, lavori per i cittadini, senza abusare della libera professione”. La proposta prevede che il medico possa, alla fine dell’orario di lavoro, svolgere attività professionale dentro o anche fuori dall’ospedale, a sua scelta ma senza particolari vincoli di opzione. Secondo Fazio, poi, anche i primari devono poter esercitare la libera professione. “Ovviamente – ha osservato Fazio – sono cose che vanno regolamentate. Il punto cruciale è che il medico non dovrà fare più prestazioni private di quelle che fa all’interno dell’ospedale durante l’orario di lavoro. Se vorrà fare molta attività libera professionale, dovrà fare ancora più attività pubblica”. Nota a margine. Se queste sono le proposte, onestamente, non ravvisiamo grandi novità rispetto a quanto già oggi previsto. Il vincolo di non superare la quantità di prestazioni in libera professione rispetto a quelle erogate in regime pubblico è già contemplato dalla legge 120 dell’agosto 2007, promossa dall’ex ministro Livia Turco. Mentre la possibilità, anche per i primari, di esercitare la libera professione, sia dentro che fuori l’ospedale, è stata sancita dal decreto legge 81 del 2004, voluto da un altro ex ministro, Girolamo Sirchia. E, infine, Fazio ha anche accennato alla possibilità di estendere a tutti l’attuale indennità di esclusività, oggi riservata ai medici che optano per l’intramoenia. I medici applaudiranno certamente, ma è indubbio che un’indennità di esclusività senza rapporto di lavoro esclusivo lascia alquanto perplessi. Non resta che attendere nuovi sviluppi. XI Congresso nazionale Associazione italiana dislessia Dislessia: “Vogliamo una legge per i diritti negati” Tra il 4 e il 5% della popolazione scolastica italiana è dislessica. Per aiutare questi ragazzi l’Aid chiede una legge che riconosca questo disturbo e favorisca gli interventi di integrazione didattica È una strada tutta in salita quella dei 350mila alunni dai 6 ai 18 anni colpiti da dislessia. A causa di una disfunzione neurobiologica costituzionale, azioni semplici (come leggere, scrivere senza commettere gravi errori ortografici e persino fare semplici operazioni di calcolo) possono diventare per loro un’impresa. Eppure con dei semplici accorgimenti (come avere più tempo a disposizione per i compiti scritti, poter usare computer, registratore e calcolatrice in classe, non dover copiare dalla lavagna o leggere ad alta voce) tutto diventerebbe meno faticoso. Ed è proprio questo l’obiettivo principale per il quale si batte da anni l’Associazione italiana dislessia (Aid), che si è riunità per l’XI Congresso nazionale dal 31 ottobre al 1 novembre prossimi, presso il Policlinico Gemelli di Roma. Un appuntamento importante anche perché cade in coincidenza con l’avvio del dibattito parlamentare per l’approvazione di una legge bipartisan che riconosca la dislessia e favorisca gli interventi di integrazione didattica degli studenti affetti da disturbi dell’apprendimento. Ma anche un’occasione per presentare il primo Libro Bianco sulla dislessia in Italia dove sono state raccolte 52 testimonianze di ragazzi dislessici di varie età e dei loro familiari, per poter offrire una foto- grafia delle discriminazioni subite nella scuola e nella vita. “La dislessia si caratterizza per disturbi di origine neurobiologica, da tempo riconosciuti e classificati dalle scienze mediche: nonostante questo – spiega Roberta Penge, neuropsichiatra e presidente dell’Aid – c’è ancora chi li confonde con le situazioni di svantaggio sociale, con le conseguenze di una didattica inadeguata o poco attenta, con un atteggiamento di scarso investimento sulla scuola con cause educative o psicologiche. Queste convinzioni ledono i diritti dei dislessici riducendo il loro riconoscimento e la loro segnalazione ai servizi specialistici: per ogni persona con disturbi specifici di apprendimento riconosciuto, ce ne sono altri tre, con le stesse difficoltà, che devono affrontare la scuola senza nessun aiuto mirato. Per questo – aggiunge Penge – chiediamo una legge perché crediamo che in un paese civile come il nostro, i diritti dei soggetti con Disturbo specifico di apprendimento (Dsa) non debbano essere auspicati, ma garantiti”. In Italia non c’è ancora, come avviene in moltissimi Paesi europei, una legge che tuteli queste persone. “La verità è che nel nostro Paese c’è ancora grande ignoranza nei confronti della dislessia – afferma Rosa Bianca Leo, presidente della sezione Aid di Taranto e membro del Comitato problematiche sociali nazionali Aid – molti insegnanti non conoscono il disturbo, accusano i ragazzi di scarso impegno, li umiliano in classe, colpevolizzano le famiglie. Il risultato è che tanti alunni dislessici ogni anno vengono ingiustamente bocciati, abbandonano gli studi e da adulti svolgeranno lavori al di sotto delle proprie capacità”. Nella scorsa legislatura si era giunti a un passo dalla ratifica di un Ddl ad hoc che non è poi riuscito a terminare il suo iter a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. Ora, invece, per iniziativa di diversi parlamentari della Maggioranza e dell’Opposizione, sono finalmente all’esame del Senato in VII Commissione due disegni di legge. Lo scopo è quello di ottenere una formazione adeguata e prevenire l’insuccesso scolastico. Le proposte di legge vedono in anticipo il pieno riconoscimento di questo disturbo, la sua preventiva diagnosi a cura delle strutture del Ssn in collaborazione con il ministero della Pubblica Istruzione e appositi corsi di formazione per il personale docente. Per facilitare l’apprendimento sono contemplati diversi strumenti di supporto didattico nonché l’adozione di specifici provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei diversi cicli di istruzione. Lavoro e famiglia Tasso di disoccupazione in Ue (% tra i 15 e i 64 anni. Anno 2005) Paesi Uomini Donne Italia 6,3 10,1 Austria 4,9 5,5 Belgio 7,7 9,5 Cipro 4,4 6,6 Danimarca 4,5 5,3 Estonia 8,9 7,1 Finlandia 8,3 8,7 Francia 8,3 10,1 Germania 11,6 11,0 Grecia 6,2 15,4 Irlanda 4,7 4,0 Lettonia 9,2 8,9 Lituania 8,3 8,4 Lussemburgo 3,4 5,8 Malta 6,7 9,5 Paesi Bassi 4,5 5,1 Polonia 16,8 19,4 Portogallo 7,1 9,2 Regno Unito 5,2 4,3 Repubblica Ceca 6,5 9,9 Slovacchia 15,5 17,2 Slovenia 6,2 7,2 Spagna 7,1 12,2 Svezia 7,7 7,4 Ungheria 7,0 7,4 Ore di lavoro in Italia (durata media al giorno, in ore e minuti. Anno 2002-2003) Stato civile Uomini Donne Single 6:03 5:10 Con partner e figli 6:16 4:07 Con partner, senza figli 5:54 4:44 Monogenitore 6:13 4:43 Ore di attività familiare in Italia (durata media al giorno, in ore e minuti. Anno 2002-2003) Stato civile Uomini Donne Single 1:23 2:40 Con partner e figli 1:30 5:15 Con partner, senza figli 1:12 3:39 Monogenitore 1:38 1:30 (Fonte: Istat, Conciliare lavoro e famiglia, Anno 2008) lettere al bisturi Scrivi a: Redazione “Il Bisturi” Health Communication srl Via Vittore Carpaccio, 18 00147 Roma e-mail: [email protected] QUINDICINALE DI POLITICA SANITARIA DIRETTORE RESPONSABILE Eva Antoniotti REDAZIONE Arianna Alberti, Lucia Conti, Giulio Maria Corbelli, Lorena Giudici, Ester Maragò, Antonino Michienzi, Michele Musso, Mariano Rampini, Stefano Simoni COLLABORATORI Antonio Lepre, Marina Loi, Emma Martellotti, Alberto Mingardi, Silvia Procaccini,Vincino PROGETTO GRAFICO AReA Antonio Romano e Associati IMPAGINAZIONE Daniele Lucia, Barbara Rizzuti Illustrazioni tratte da: “L’Encyclopédie of Denis Diderot”, “Handbook of early advertising art, Clarence P. Hornung” ABBONAMENTI Annuo E 31,00 (L. 60.000), prezzo singolo copia E 1,55 (L. 3.000) copie arretrate E 3,00 (L. 6.000) EDITORE 00147 Roma - Via Vittore Carpaccio, 18 Tel. 06.594461 Fax 06.59446228 e-mail: [email protected] STAMPA ARTI GRAFICHE SRL Pomezia, Roma Registrazione Tribunale di Roma n. 33 del 24/01/1997 Diritto alla riservatezza: “Il Bisturi” garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati nel rispetto della legge 675/96 PERIODICO ASSOCIATO Finito di stampare: novembre 2008 sociale XI CONGRESSO NAZIONALE DELL'AID Dislessia, urge una legge La patologia colpisce un bambino su venti ma per gli insegnanti è solo svogliatezza na legge che permetta, tramite una didattica adeguata e degli ausili speciali, di far studiare serenamente i 350.000 ragazzi dislessici italiani. È questo l'appello lanciato dall'Associazione Italiana Dislessia (Aid) durante la presentazione dell'XI Congresso Nazionale in calendario per il 31 ottobre ed il 1° Novembre a Roma. Una malattia in espansione, la dislessia (Dsa), che colpisce in Italia il 5% dei bambini. Tradotto significa che in ogni classe potenzialmente c'è almeno un alunno che nonostante abbia un'intelligenza nella media o superiore ha difficoltà di apprendimento a causa di questa particolare disfunzione. Il percorso scolastico è così costellato da gravi errori ortografici, calligrafia poco comprensibile, difficoltà nella lettura e nel calcolo. Il vero problema, però, è la difficile riconoscibilità del disturbo che spesso viene confuso con l'indolenza o lo scarso interesse verso lo studio con conseguenze psicologiche o sociali spesso devastanti. Una disfunzione ignorata dai più, insomma che necessiterebbe di interventi mirati. E proprio la creazione di una normativa in merito sarà il tema caldo su cui discuteranno gli esperti nel convegno romano. Al congresso, sarà inoltre presentato il primo Libro Bianco sulla dislessia in Italia dove sono state raccolte 52 testimonianze di ragazzi dislessici e dei loro familiari. "La dislessia - ha detto Roberta Penge, neuropsichiatra e presidente dell'Aid - si caratterizza per disturbi di origine neurobiologica, da tempo riconosciuti ma nonostante questo - ha spiegato - c'è ancora chi attribuisce questi disturbi ad una incapacità per- U 20 ASI - n. 44 - 30 ottobre 2008 sonale". Il mancato riconoscimento della disfunzione impedisce di avviare questi ragazzi verso percorsi specialistici tanto che per ogni bambino con disturbi specifici di apprendimento riconosciuto, ce ne sono altri tre che devono affrontare la scuola senza nessun aiuto mirato. In attesa della Legge l'Aid ha intanto inviato un esposto alla Magistratura e al Commissario europeo per i diritti umani Thomas Hammarberg. Nell'esposto, trasmesso anche ai ministri della Pubblica Istruzione, del Welfare e delle Pari opportunità, si chiede alle istituzioni di prendere adeguati provvedimenti per tutelare questi ragazzi e garantire loro i diritti fondamentali della persona, anche attraverso un'integrazione piena e consapevole nella scuola. Un obiettivo, hanno sottolineato gli esperti, che potrebbe essere raggiunto grazie a pochi ma significativi interventi: dalla personalizzazione dell'insegnamento (tra l'altro già prevista dagli attuali ordinamenti didattici), alla dotazione di strumenti informatici, fino all'adozione di diversi sistemi di valutazione. Il tutto senza pregiudicare in alcun modo l'andamento degli studi e l'apprendimento della classe. "Queste misure compensative e dispensative, ai sensi della legge sull'autonomia scolastica, - ha denunciato Rosa Bianca Leo, presidente della sezione Aid di Taranto e Membro del Comitato Problematiche Sociali Nazionale, che ha steso l'esposto - sono previste in diverse circolari ministeriali, che però vengono regolarmente disattese in molte scuole italiane. La verità - ha insistito - è che nel nostro Paese c'è ancora grande ignoranza nei confronti della dislessia. Molti docenti, infatti, non conoscono il disturbo, accusano i ragazzi di scarso impegno, li umiliano in classe e colpevolizzano le famiglie." Computer a scuola e flessibilità didattica Nonostante la situazione appaia drammatica, qualcosa, nel corso degli anni, si è mosso. Nella scorsa legislatura, infatti, si era giunti a un passo dalla ratifica di un apposito disegno di legge che, però, non è riuscito a terminare il suo iter a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. Con la nuova legislatura sono stati presentati per iniziativa di diversi parlamentari della Maggioranza e dell'Opposizione, cinque disegni di legge (due già in fase avanzata di discussione al Senato) che puntano a riconoscere la dislessia come una vera patologia prevedendo una serie di misure educative e didattiche. Strumenti di supporto, dunque, ma anche l'adozione di specifici interventi didattici da parte degli insegnanti. In particolare si dovrà favorire l'uso della didattica personalizzata ricorrendo anche alle tecnologie (computer, calcolatrici, registratore, sintetizzatore vocale, ecc.). Gli studenti potranno inoltre essere dispensati da alcune prestazioni non essenziali che potrebbero creare imbarazzo (come scrivere alla lavagna davanti alla classe), e usufruire di tempi più lunghi di esecuzione di quelli ordinari. Facilitazioni sono previste, inoltre, anche nel caso dell'insegnamento di una lingua straniera. Novità anche per le tecniche di valutazione che dovranno essere finalizzate ad evitare condizioni di svantaggio nei confronti degli altri alunni.