0. Salute - Dislessia.org

annuncio pubblicitario
0.
0. CORRIERE DELLA SERA.it
0. Salute
Corriere della Sera > Salute > Dislessici, esercito di fantasmi
0.
0. Salute
Dislessici, esercito di fantasmi
I bambini in età scolare che hanno problemi
di dislessia sono il 4-5% del totale. Non c'è
una legge che li tuteli
.
NOTIZIE CORRELATE
0. La diagnosi e le cure
0. Francesco Facchinetti: «Quelle patrole nemiche da sempre»
Non sa leggere, la tabellina non gli sta in testa, scrive male e sbaglia la
sequenza delle sillabe. Inverte le lettere, confonde la b con la p, non si accorge
delle doppie, la poesia o la filastrocca sono un rompicapo, impossibile
ricordarle a memoria per quanti sforzi si facciano. Un tempo di fronte ad un
bambino così il verdetto era inappellabile: «È svogliato». «È pigro». «La
scuola non fa per lui, mandatelo a imparare un mestiere». Oggi si sa che quel
bambino potrebbe essere dislessico. Fino a poco tempo fa in Italia il problema
della dislessia non era abbastanza studiato e conosciuto. L'Associazione
italiana dislessia è nata soltanto nel 1997, appena 11 anni fa. Oggi finalmente
se ne parla di più e si moltiplicano studi e ricerche. Eppure certi pregiudizi
sono difficili da scardinare, la scuola non è sempre preparata, le famiglie a
volte non sanno a chi rivolgersi e come muoversi. In genere, ci vogliono
almeno tre anni perché si arrivi alla diagnosi e si possa cominciare la terapia.
Una cosa deve dunque essere subito detta: il bambino dislessico non è pigro.
E non è meno intelligente degli altri. Per lui, più semplicemente, scrivere o
fare i calcoli non è facile e automatico come lo è per i compagni
«normolettori».
La dislessia evolutiva è un disturbo specifico dell'apprendimento,
spesso di origine genetica che riguarda la difficoltà di lettura. In Italia ne
soffre almeno un milione e mezzo di persone, circa il 3 per cento della
popolazione, ma sono stime prudenti. Gran parte dei dislessici ha avuto una
carriera scolastica costellata di insuccessi, con abbandoni precoci e con
conseguenze sociali a volte molto pesanti. In età scolastica la percentuale sale
al 4-5 per cento, su 7 milioni e 760 mila studenti, sono dislessici tra i 350 e i
400 mila (ma c'è chi pensa che siano cifre in difetto e che i bambini dislessici
arrivino almeno a mezzo milione). In pratica un bambino o ragazzo per ogni
classe (di 25 alunni). Ogni anno ci sono 25 mila nuovi casi e 6 volte su 10 alla
dislessia si associa la difficoltà di scrittura (disgrafia e disortografia) e di
calcolo (discalculia), anche se questi ultimi disturbi possono presentarsi da
soli. «La dislessia è un disturbo neurobiologico determinato da un insieme di
fattori, che si manifesta nel bambino in età scolare — spiega Stefano Vicari,
primario di neuropsichiatria infantile del Bambin Gesù, che da anni se ne
occupa —. Un fattore di rischio è il ritardo o il disturbo del linguaggio in età
prescolare. Quello è un primo campanello d'allarme ». In uno studio specifico
Vicari, con la sua équipe, ha messo in evidenza come «nell'indagare le aree
del cervello del bambino dislessico che funzionano in maniera diversa da
quelle dei normolettori, abbiamo studiato il ruolo svolto dal cervelletto nel
determinare la mancata automazione della lettura».
In sostanza si tratta di una «abilità diversa», che va curata attraverso
una terapia riabilitativa che insegna al cervello ad acquisire nuove abilità. «La
diagnosi — continua il primario — la fa il neuropsichiatra assieme allo
psicologo e al logopedista perché è necessario poter escludere altre patologie,
la sordità, un problema alla vista, un ritardo mentale ». Solo dal 2006,
tuttavia, dopo una Consensus Conference ci si è accordati su linee guida
condivise per la diagnosi di dislessia. «Siamo ultimi in Europa — spiega il
vicepresidente dell'Aid, Enrico Ghidoni, neurologo dell'Arcispedale S. Maria
Nuova di Reggio Emilia, che ha un figlio dislessico —. Soprattutto la scuola ha
accumulato un ritardo enorme, gli insegnanti spesso non ne sanno nulla
oppure pensano di sapere che cos'è ma hanno convinzioni sbagliate.
Naturalmente il problema sta a monte, il ministero della Pubblica istruzione
soltanto nel 2005 ha avviato un primo programma di informazione presso gli
insegnanti provando a formarne uno per istituto». Altro aspetto
importantissimo: non esiste ancora in Italia una legge sulla dislessia.
«Proprio in questi giorni, dopo sei anni di battaglie — continua il neurologo —
, è in via di approvazione in commissione Salute al Senato il testo della prima
legge sulla dislessia. Naturalmente dovrà poi passare alla Camera ma è stata
votata la procedura d'urgenza ». La legge è indispensabile se si vuole evitare
che un figlio dislessico sia «cancellato » dal sistema scolastico e abbia invece
l'opportunità come tutti di studiare e di apprendere. «Sembra banale ma per
un dislessico può essere impossibile prendere la patente o partecipare ad un
concorso pubblico — continua Ghidoni —. Una normativa può aiutarlo,
permettendo nello studio l'uso di strumenti tecnologici, intendo il computer
con il correttore automatico, la calcolatrice, l'audiolibro, il libro digitale con il
sintetizzatore vocale, ma anche l'esenzione dallo studio della lingua straniera
in forma scritta, la possibilità di fare i compiti scritti con tempi più lunghi o di
sostenere colloqui orali».
Aiutare un bambino dislessico subito, fin dalle prime classi delle
elementari e anche prima, è molto utile. Anche perché l'insuccesso
scolastico provoca scarsa stima di sé, insicurezza, senso di colpa, timidezza o
bullismo, comportamenti sociali alterati fino ad arrivare a forme di devianza.
«Dalla dislessia non si guarisce mai completamente ma se trattata in tempo il
disturbo si può compensare», aggiunge la dottoressa Alessandra Luci,
psicologa e logopedista, che da dieci anni segue i bambini dislessici. E infatti,
tra tutti i diagno-sticati, che purtroppo sono solo l'1 per cento, due bambini su
dieci riescono a superare il disturbo quasi completamente, cinque su dieci ci
riescono in parte, e solo tre non ce la fanno nel corso della vita. «La dislessia
non è causata da un deficit di intelligenza — chiarisce la Luci —. Al contrario,
l'intelligenza di un bambino dislessico è nella media o, spesso, superiore alla
media. E' fondamentale quindi che la scuola sappia riconoscere il disturbo e
aiutare i genitori a capire se il proprio figlio è dislessico, pena un senso di
frustrazione che non si cancella più». La tecnologia Serve l'uso in classe di
strumenti tecnologici, ma anche l'esenzione dallo studio della lingua straniera
in forma scritta, tempi più lunghi per i compiti, colloqui solo orali
Mariolina Iossa 24 ottobre 2008(ultima modifica: 30 ottobre
2008)
Ilsecoloxix.it
Voti più alti ai dislessici già da
quest’anno
.
0.
0.
0.
0.
0.
0.
28 ottobre 2008
HOME > ITALIA E MONDO
CONDIVIDI
STAMPA
INVIA
COMMENTA
javascript:setFontSize(1);
javascript:setFontSize(2);
javascript:setFontSize(3);
Nel dare i voti a uno studente presto si dovrà tener conto di eventuali
disturbi dell’apprendimento. «Nel comma 5 dell’articolo 3 del decreto
si dice infatti che gli studenti italiani dovranno essere valutati già da
quest’anno tenendo conto delle difficoltà di apprendimento, come la
dislessia». Lo sottolinea Franco Asciutti, capogruppo Pdl della
settima commissione Cultura del Senato, intervenendo oggi a Roma
alla presentazione dell’undicesimo Congresso nazionale sulla
dislessia. «Un primo passo significativo - aggiunge Asciutti - che sarà
realtà non appena il testo avrà l’ok del Senato e il ministero
dell’Istruzione emanerà una circolare in questo senso. Mi auguro, poi,
che al più presto veda la luce la legge sulla dislessia tanto attesa da
genitori e bambini dislessici. Spero - conclude il senatore - già nella
prossima primavera».
IL DISTURBO Non riuscire a leggere e scrivere in modo fluente.
Avere difficoltà di apprendimento. Non eseguire semplici operazioni
di calcolo. Eppure essere di intelligenza normale, se non addirittura
superiore. La dislessia è un dramma silenzioso, che colpisce
350.000 ragazzi italiani in età scolare, uno ogni venti studenti. In
pratica, uno per classe. Discriminati e bollati come svogliati (se non
addirittura un pò «grulli») dai compagni e spesso dai docenti, i
ragazzi dislessici non sanno di essere in buona compagnia. Soffrono
dello stesso problema Tom Cruise, Keira Knightley, Orlando Bloom,
Cher e persino Henry Winkler, il popolare `Fonzie’. Oltre a personaggi
storici come Einstein, Churchill, Picasso e Leonardo Da Vinci. Alla
base delle difficoltà del dislessico c’è una disfunzione neurobiologica
costituzionale che interessa le funzioni connesse con il processo di
lettura, scrittura e calcolo senza interessare le funzioni cognitive
globali.
In pratica il ragazzo dislessico ha un’intelligenza assolutamente nella
media o superiore ma, a causa di queste particolari disfunzioni, può
commettere gravi errori ortografici, avere una calligrafia poco
comprensibile, difficoltà nella lettura fluente dei testi, invertire lettere e
numeri.
Una serie di ausili elementari (come ad esempio più tempo nei
compiti scritti, facoltà di usare computer, registratore, calcolatrice in
classe, essere esentati dal copiare dalla lavagna e dal leggere ad
alta voce) potrebbero rendere la vita scolastica di questi ragazzi più
fruibile e meno faticosa. Ed è proprio questo l’obiettivo principale per
il quale si batte da anni l’Associazione Italiana Dislessia, di cui si
svolgerà l’XI Congresso nazionale il 31 ottobre e il 1 novembre
prossimi, presso il Policlinico Gemelli di Roma. Si parlerà di proposte
legislative: attualmente sono in discussione in Parlamento cinque
disegni di legge similari per iniziativa di parlamentari della
maggioranza e dell’opposizione. In occasione del Congresso è stato
inoltre predisposto il primo Libro Bianco sulla dislessia in Italia dove
sono state raccolte 52 testimonianze di ragazzi dislessici di varie età
e di loro familiari, per poter offrire una testimonianza delle
discriminazioni subite nella scuola e nella vita.
«La dislessia si caratterizza per disturbi di origine neurobiologica, da
tempo riconosciuti e classificati dalle scienze mediche: nonostante
questo - spiega Roberta Penge, neuropsichiatra e presidente
dell’Associazione Italiana Dislessia - c’è ancora chi li confonde con le
situazioni di svantaggio sociale, con le conseguenze di una didattica
inadeguata o poco attenta, con un atteggiamento di scarso
investimento sulla scuola con cause educative o psicologiche. Queste
convinzioni ledono i diritti dei dislessici riducendo il loro
riconoscimento e la loro segnalazione ai servizi specialistici: per ogni
bambino/ragazzo con disturbi specifici di apprendimento
riconosciuto, ce ne sono altri tre, con le stesse difficoltà, che devono
affrontare la scuola senza nessun aiuto mirato».
«Per questo - sottolinea Roberta Penge - chiediamo una legge
perché crediamo che in un paese civile come il nostro, i diritti dei
soggetti con DSA non debbano essere auspicati, ma garantiti. In
assenza di una legge la situazione in Italia è del resto spesso così
drammatica da aver spinto l’Associazione Italiana Dislessia a inviare
un esposto alla Magistratura e al Commissario europeo per i diritti
umani Thomas Hammarberg per denunciare che a migliaia di
bambini dislessici non viene garantito il diritto all’istruzione.
L’integrazione che può diventare realtà grazie a pochi ma significativi
interventi: dalla personalizzazione dell’insegnamento, tra l’altro già
prevista dagli attuali ordinamenti didattici, alla dotazione di strumenti
informatici, fino all’adozione di diversi sistemi di valutazione. Il tutto
senza pregiudicare in alcun modo l’andamento degli studi e
l’apprendimento della classe.
«Queste misure compensative e dispensative, ai sensi della legge
sull’autonomia scolastica, sono previste in diverse circolari
ministeriali, che però vengono regolarmente disattese in molte scuole
italiane», denuncia Rosa Bianca Leo, presidente della sezione Aid di
Taranto e Membro del Comitato Problematiche Sociali Nazionale,
che ha steso l’esposto. Inoltre, secondo l’esposto, alcuni docenti non
permettono di usare il registratore adducendo il problema della
privacy, non importa che questo impedisca a un dislessico di
ricordare la lezione. «La verità è che nel nostro Paese c’è ancora
grande ignoranza nei confronti della dislessia», aggiunge Rosa
Bianca Leo. «Molti insegnanti non conoscono il disturbo, accusano i
ragazzi di scarso impegno, li umiliano in classe, colpevolizzano le
famiglie. Il risultato è che tanti alunni dislessici ogni anno vengono
ingiustamente bocciati, abbandonano gli studi e da adulti svolgeranno
lavori al di sotto delle proprie capacità».
LE TESTIMONIANZE Cinquantadue storie sulla dislessia.
Testimonianze dirette, scritte di proprio pugno da chi, per anni, si è
sentito definire «asino» o «tonto» solo perché a leggere, a scrivere o
far di conto non è bravo come i suoi compagni. Testimonianze
raccolte dall’Associazione Italiana Dislessia e lasciate nello stile e
nell’ortografia originali degli autori, per «spiegare la drammatica
necessità di una legge». Ma anche per «far capire agli insegnanti, ai
politici, all’opinione pubblica, che la dislessia non è solo un disturbo
dell’apprendimento ma, se non compresa, può essere motivo di
immensa sofferenza, senso d’inadeguatezza, rinuncia ad esprimere
se stessi». Il primo Libro Bianco sulla dislessia sarà presentato nel
corso dell’XI Congresso nazionale dell’Associazione Italiana
Dislessia il 31 ottobre e il 1 novembre prossimi, presso il Policlinico
Gemelli di Roma. Al dislessico basterebbero interventi semplici dalla
scuola, come scrive Lorenzo rivolgendosi al Ministro per la Pubblica
Istruzione: «L’impatto con le medie è stato disastroso e la prof di
matematica mi diceva che non ci arrivavo e quella italiano mi diceva
che avevo la scrittura illeggibile! Per i voti la penso come don Lorenzo
Milani. Per me le verifiche o comunque i voti servono a rinforzare i
forti e indebolire i deboli e io che speravo di diventare ministro della
pubblica istruzione! Come faccio?. La mia domanda è se può abolire
i voti e le verifiche che ci giudicano, oppure lasciare le verifiche solo
per vedere a che punto siamo ma senza voti».
La vita di questi ragazzi può essere segnata per sempre, come scrive
Caterina, dislessica, oggi pittrice e mamma quarantunenne: «Ricordo
che la mia difficoltà a leggere, a ricordare le tabelline, le poesie, le
date ecc. mi hanno distrutto la vita perché facevo il doppio del lavoro
e dovevo sempre dimostrare a tutti che non ero tonta». O come
testimonia la madre di Tommaso, un ragazzo dislessico oggi
ventenne: «Tra mille problemi finiscono le elementari durante le quali
una maestra lo apostrofa spesso e volentieri con «stupido» e inizia il
secondo calvario: le medie! Sono molto arrabbiata con la scuola
perché non solo ho trovato persone incompetenti in 13 anni di
frequentazione, ma non ho trovato neppure un briciolo di curiosità
professionale da parte del corpo docente».
Purtroppo il calvario non è solo a scuola. È Andrea, universitario di 22
anni, dislessico, a ricordarcelo: «Le discriminazioni più umilianti le ho
vissute all’esterno della scuola quando ho dovuto chiedere di
sostenere il test in forma orale per ottenere la licenza di guida». Sei
mesi di attesa da parte della Commissione medica solo «per
stabilire che potevo guidare con una patente normale, quando invece
doveva darmi solo l’ok per fare il test orale e non scritto».
LA LEGGE ATTESA In Italia non c’è ancora, come avviene in
moltissimi Paesi europei, una legge che tuteli le persone con
Disturbo specifico di apprendimento (Dsa). Nella scorsa legislatura si
era giunti a un passo dalla ratifica di un apposito disegno di legge
che non è poi riuscito a terminare il suo iter a causa dello
scioglimento anticipato delle Camere. Una legge è l’obiettivo
principale per il quale si batte da anni l’Associazione Italiana
Dislessia, di cui si svolgerà l’XI Congresso nazionale il 31 ottobre e il
1 novembre prossimi, presso il Policlinico Gemelli di Roma.
Per iniziativa di diversi parlamentari di maggioranza e opposizione
sono stati presentati cinque disegni di legge con i quali si mira a
riconoscere la dislessia, la disgrafia e la discalculia, prevedendo che
il ministero della Pubblica Istruzione individui con proprio decreto una
serie di misure educative e didattiche per garantire i necessari
supporti agli alunni con tali difficoltà. Lo scopo è quello di ottenere
una formazione adeguata e prevenire l’insuccesso scolastico.
Le proposte di legge, di cui due sono già in fase avanzata di
discussione al Senato, prevedono il pieno riconoscimento di questo
disturbo, la sua preventiva diagnosi a cura delle strutture del Servizio
sanitario nazionale in collaborazione con il Ministero della Pubblica
Istruzione e appositi corsi di formazione per il personale docente. Per
facilitare l’apprendimento sono poi contemplati diversi strumenti di
supporto didattico nonchè l’adozione di specifici provvedimenti
dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei
diversi cicli di istruzione. In particolare si dovrà favorire l’uso della
didattica personalizzata, favorendo il successo scolastico, anche
ricorrendo a tecniche compensative che possono prevedere l’uso del
computer, di altri strumenti informatici e non come le calcolatrici, il
registratore, la videoscrittura, il correttore ortografico, la tavola delle
tabelline,il lettore ottico o il sintetizzatore vocale. Ma anche
usufruendo di misure dispensative da alcune prestazioni non
essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere oppure
garantendo tempi più lunghi di esecuzione di quelli ordinari.
Gli studenti con Dsa, per esempio, potranno essere dispensati da
prestazioni non essenziali ma che li mettono certamente in
imbarazzo, come scrivere alla lavagna davanti alla classe, leggere ad
alta voce in pubblico o stare nei tempi standard di dettatura.
Facilitazioni sono previste anche per i ragazzi con Dsa bilingui e nel
caso dell’insegnamento di una lingua straniera, assicurando tempi e
ritmi graduali di apprendimento, fino all’eventuale esonero
dell’insegnamento della seconda lingua straniera qualora
obbligatoria.
«Nuove», infine, anche le tecniche di valutazione che saranno
finalizzate ad evitare condizioni di svantaggio oggettivo degli alunni
con Dsa nei confronti degli altri alunni.
PAGINA 4
N. 11 - 10 NOVEMBRE 2008
RASSEGNA
STAMPA
In arrivo nuove regole
Numeri
Libera professione. Si cambia
Sembrerebbe questa l’intenzione di Ferruccio Fazio che in un colloquio con la stampa ha anticipato
le sue idee per una nuovo rivoluzione nell’annosa questione della libera professione medica
Pubblico e privato
Tagli alla Sanità: la lezione americana
di Giuseppe Rotelli
Spendiamo per la sanità meno di qualunque altro Paese d’Europa (di quelli industrializzati), ma i soldi non bastano. I piani del Governo per risparmiare prevedono di chiudere i piccoli Ospedali per sostituirli con servizi territoriali e, in secondo
luogo, di finanziare gli ospedali con il contributo dei privati. “Negli ospedali pubblici ci saranno delle Unità gestite da privati”, avrebbe detto Ferruccio Fazio al Festival della Salute di Viareggio. Chiudere i piccoli ospedali è giustissimo e lo si
sarebbe dovuto fare da tempo. (…) E se
lo si facesse davvero in tutta Italia i soldi
che il Governo oggi ha a disposizione per
la sanità basterebbero e non ci sarebbe bisogno di ricorrere a fondi privati per finanziare i grandi ospedali. Ma il ministro
Tremonti ha fatto sapere che ci sono grandi opere da realizzare e per farlo l’unica
strada sembra proprio quella di ricorrere
a fondi privati. Si comincerà dal “project
financing” e, da quello che si capisce, da
appalti esterni per attività anche mediche,
laboratorio e radiologia per esempio. Poi
ci saranno “unità private” negli Ospedali
e si arriverà a pagare l’assistenza sanitaria con assicurazioni private. Negli Stati
Uniti una scelta così è stata fatta più di 90
anni fa. “Project financing” prima, poi
unità private negli ospedali fino ad arrivare a grandi catene di ospedali del tutto
privati. E nel ‘54 il presidente Dwight Eisenhower aprì quello che è davvero un libero mercato della salute alle assicurazioni private. Prima di decidere di intraprendere anche noi quella strada forse vale la pena di chiedersi cosa è successo là
in tutti questi anni. Negli Stati Uniti c’era
l’idea che privato in sanità equivale a buone cure ed efficienza. È successo tutto il
contrario. I costi – paragonati a quelli del
Canada per esempio – sono altissimi e la
qualità delle cure è peggiorata. Nel 2009
la spesa per la sanità arriverà a 2,5 milioni di dollari (14% del Pil, l’Italia spende
il 7.7%). E chi paga? Per quasi 180 milioni di americani è l’assicurazione stipulata dal datore di lavoro. Quasi 20 milioni hanno un’assicurazione privata. Il governo paga per i poveri e i disabili, ma almeno 40 milioni non sono assicurati “abbastanza”, altri 50 milioni, inclusi 9 milioni di bambini, non hanno accesso alle
cure, incluse quelle più necessarie. Ci sono catene di Ospedali privati che promettono efficienza e qualità. Ma se si vanno a vedere i risultati è un disastro. (...)
Così 8.000 medici hanno chiesto al nuovo Presidente di adoperarsi per cambiare
completamente il sistema. (…) Chissà se
i dottori americani ce la faranno. Probabilmente no, la posta in gioco è troppo alta, gli interessi da capogiro. In Italia un
Sistema sanitario nazionale è stato istituto nel ’78 e riformato nel ’92 e ’93, ed è
proprio come lo vorrebbero oggi i dottori americani. (...) Correggere i difetti si
può. Cambiare per ripercorrere la strada
che adesso tanti negli Stati Uniti vorrebbero abbandonare forse non conviene.
(da Corriere della Sera, 26 ottobre 2008)
Sì a quella privata dei medici pubblici, a patto che il numero di prestazioni di attività pubblica siano uguali o
superiori a quelle private. È una delle
proposte avanzate dal sottosegretario
alla Salute, Ferruccio Fazio, che ha annunciato la volontà del governo di rimettere mano alla materia, prevedendo
come authority di vigilanza l’Agenzia
nazionale per i servizi sanitari (Agenas).
L’annuncio arriva a poche settimane dal
termine del 30 novembre entro il quale i
medici devono esprimere la scelta tra intra
o extra moenia, percependo o rinunciando
alla indennità di esclusività (sempre che il
Governo, come si è fatto capire da più parti, non dia una proroga). E arriva a pochi
mesi dal 31 gennaio, quando scatterà un’altra scadenza: quella entro la quale le Regioni dovranno adeguarsi alla legge
120/2007 per la creazione di spazi organizzati per permettere ai medici di svolgere la libera professionale all’interno dell’ospedale o in strutture vigilate, ponendo fine alla cosiddetta “intramoenia allargata”.
“Stiamo trasformando l’Agenas in
ente terzo per la valutazione delle prestazioni ospedaliere - ha detto Fazio -
quindi ricoveri, prestazioni ambulatoriali, diagnostica e anche valutazione dei
medici. Saremo in grado in tempi brevi
di fare la valutazione del numero delle
prestazioni dei medici e della loro qualità. Questo ci consente di disegnare il
nuovo sistema della libera professione”.
L’idea non è ancora formalizzata, ma
– ha detto il sottosegretario – “la metteremo giù nei prossimi giorni e siamo aperti ai suggerimenti del mondo politico e professionale. Da un lato vogliamo
ridare la professionalità al medico e togliere quella figura del medico ‘pedina
della politica’ della struttura ospedaliera. Ma dall’altro vogliamo garantire ai
cittadini che il medico che prende l’impegno di lavorare in una struttura, pubblica o privata, lavori per i cittadini, senza abusare della libera professione”.
La proposta prevede che il medico possa, alla fine dell’orario di lavoro, svolgere attività professionale dentro o anche fuori dall’ospedale, a sua scelta ma senza particolari vincoli di opzione. Secondo Fazio,
poi, anche i primari devono poter esercitare la libera professione. “Ovviamente –
ha osservato Fazio – sono cose che vanno
regolamentate. Il punto cruciale è che il
medico non dovrà fare più prestazioni private di quelle che fa all’interno dell’ospedale durante l’orario di lavoro. Se vorrà
fare molta attività libera professionale, dovrà fare ancora più attività pubblica”.
Nota a margine. Se queste sono le proposte, onestamente, non ravvisiamo grandi novità rispetto a quanto già oggi previsto. Il vincolo di non superare la quantità
di prestazioni in libera professione rispetto a quelle erogate in regime pubblico è
già contemplato dalla legge 120 dell’agosto 2007, promossa dall’ex ministro Livia Turco. Mentre la possibilità, anche per
i primari, di esercitare la libera professione, sia dentro che fuori l’ospedale, è stata sancita dal decreto legge 81 del 2004,
voluto da un altro ex ministro, Girolamo
Sirchia. E, infine, Fazio ha anche accennato alla possibilità di estendere a tutti l’attuale indennità di esclusività, oggi riservata ai medici che optano per l’intramoenia. I medici applaudiranno certamente,
ma è indubbio che un’indennità di esclusività senza rapporto di lavoro esclusivo
lascia alquanto perplessi. Non resta che
attendere nuovi sviluppi.
XI Congresso nazionale Associazione italiana dislessia
Dislessia: “Vogliamo una legge
per i diritti negati”
Tra il 4 e il 5% della popolazione scolastica italiana è dislessica.
Per aiutare questi ragazzi l’Aid chiede una legge che riconosca questo disturbo
e favorisca gli interventi di integrazione didattica
È una strada tutta in salita quella dei
350mila alunni dai 6 ai 18 anni colpiti
da dislessia. A causa di una disfunzione
neurobiologica costituzionale, azioni
semplici (come leggere, scrivere senza
commettere gravi errori ortografici e persino fare semplici operazioni di calcolo)
possono diventare per loro un’impresa.
Eppure con dei semplici accorgimenti
(come avere più tempo a disposizione
per i compiti scritti, poter usare computer, registratore e calcolatrice in classe,
non dover copiare dalla lavagna o leggere ad alta voce) tutto diventerebbe meno faticoso.
Ed è proprio questo l’obiettivo principale per il quale si batte da anni l’Associazione italiana dislessia (Aid), che
si è riunità per l’XI Congresso nazionale dal 31 ottobre al 1 novembre prossimi, presso il Policlinico Gemelli di
Roma. Un appuntamento importante
anche perché cade in coincidenza con
l’avvio del dibattito parlamentare per
l’approvazione di una legge bipartisan
che riconosca la dislessia e favorisca
gli interventi di integrazione didattica
degli studenti affetti da disturbi dell’apprendimento. Ma anche un’occasione per presentare il primo Libro
Bianco sulla dislessia in Italia dove sono state raccolte 52 testimonianze di
ragazzi dislessici di varie età e dei loro familiari, per poter offrire una foto-
grafia delle discriminazioni subite nella scuola e nella vita.
“La dislessia si caratterizza per disturbi di origine neurobiologica, da tempo riconosciuti e classificati dalle scienze mediche: nonostante questo – spiega
Roberta Penge, neuropsichiatra e presidente dell’Aid – c’è ancora chi li
confonde con le situazioni di svantaggio
sociale, con le conseguenze di una didattica inadeguata o poco attenta, con un
atteggiamento di scarso investimento sulla scuola con cause educative o psicologiche. Queste convinzioni ledono i diritti dei dislessici riducendo il loro riconoscimento e la loro segnalazione ai servizi specialistici: per ogni persona con
disturbi specifici di apprendimento riconosciuto, ce ne sono altri tre, con le stesse difficoltà, che devono affrontare la
scuola senza nessun aiuto mirato. Per
questo – aggiunge Penge – chiediamo una legge perché crediamo che in un paese civile come il nostro, i diritti dei soggetti con Disturbo specifico di apprendimento (Dsa) non debbano essere auspicati, ma garantiti”.
In Italia non c’è ancora, come avviene in moltissimi Paesi europei, una legge che tuteli queste persone. “La verità
è che nel nostro Paese c’è ancora grande ignoranza nei confronti della dislessia – afferma Rosa Bianca Leo, presidente della sezione Aid di Taranto e
membro del Comitato problematiche sociali nazionali Aid – molti insegnanti non
conoscono il disturbo, accusano i ragazzi di scarso impegno, li umiliano in classe, colpevolizzano le famiglie. Il risultato è che tanti alunni dislessici ogni anno
vengono ingiustamente bocciati, abbandonano gli studi e da adulti svolgeranno
lavori al di sotto delle proprie capacità”.
Nella scorsa legislatura si era giunti
a un passo dalla ratifica di un Ddl ad hoc
che non è poi riuscito a terminare il suo
iter a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. Ora, invece, per iniziativa di diversi parlamentari della Maggioranza e dell’Opposizione, sono finalmente all’esame del Senato in VII
Commissione due disegni di legge. Lo
scopo è quello di ottenere una formazione adeguata e prevenire l’insuccesso
scolastico.
Le proposte di legge vedono in anticipo il pieno riconoscimento di questo
disturbo, la sua preventiva diagnosi a cura delle strutture del Ssn in collaborazione con il ministero della Pubblica Istruzione e appositi corsi di formazione
per il personale docente.
Per facilitare l’apprendimento sono
contemplati diversi strumenti di supporto didattico nonché l’adozione di specifici provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei diversi cicli di istruzione.
Lavoro e famiglia
Tasso di disoccupazione in Ue
(% tra i 15 e i 64 anni. Anno 2005)
Paesi
Uomini Donne
Italia
6,3
10,1
Austria
4,9
5,5
Belgio
7,7
9,5
Cipro
4,4
6,6
Danimarca
4,5
5,3
Estonia
8,9
7,1
Finlandia
8,3
8,7
Francia
8,3
10,1
Germania
11,6
11,0
Grecia
6,2
15,4
Irlanda
4,7
4,0
Lettonia
9,2
8,9
Lituania
8,3
8,4
Lussemburgo
3,4
5,8
Malta
6,7
9,5
Paesi Bassi
4,5
5,1
Polonia
16,8
19,4
Portogallo
7,1
9,2
Regno Unito
5,2
4,3
Repubblica Ceca
6,5
9,9
Slovacchia
15,5
17,2
Slovenia
6,2
7,2
Spagna
7,1
12,2
Svezia
7,7
7,4
Ungheria
7,0
7,4
Ore di lavoro in Italia
(durata media al giorno, in ore e minuti.
Anno 2002-2003)
Stato civile
Uomini Donne
Single
6:03
5:10
Con partner e figli
6:16
4:07
Con partner, senza figli 5:54
4:44
Monogenitore
6:13
4:43
Ore di attività familiare in Italia
(durata media al giorno, in ore e minuti.
Anno 2002-2003)
Stato civile
Uomini Donne
Single
1:23
2:40
Con partner e figli
1:30
5:15
Con partner, senza figli 1:12
3:39
Monogenitore
1:38
1:30
(Fonte: Istat, Conciliare lavoro e famiglia,
Anno 2008)
lettere al bisturi
Scrivi a:
Redazione “Il Bisturi”
Health Communication srl
Via Vittore Carpaccio, 18
00147 Roma
e-mail: [email protected]
QUINDICINALE DI POLITICA SANITARIA
DIRETTORE RESPONSABILE
Eva Antoniotti
REDAZIONE
Arianna Alberti, Lucia Conti, Giulio Maria Corbelli,
Lorena Giudici, Ester Maragò, Antonino Michienzi,
Michele Musso, Mariano Rampini, Stefano Simoni
COLLABORATORI
Antonio Lepre, Marina Loi, Emma Martellotti,
Alberto Mingardi, Silvia Procaccini,Vincino
PROGETTO GRAFICO
AReA Antonio Romano e Associati
IMPAGINAZIONE
Daniele Lucia, Barbara Rizzuti
Illustrazioni tratte da:
“L’Encyclopédie of Denis Diderot”,
“Handbook of early advertising art, Clarence P. Hornung”
ABBONAMENTI
Annuo E 31,00 (L. 60.000),
prezzo singolo copia E 1,55 (L. 3.000)
copie arretrate E 3,00 (L. 6.000)
EDITORE
00147 Roma - Via Vittore Carpaccio, 18
Tel. 06.594461 Fax 06.59446228
e-mail: [email protected]
STAMPA
ARTI GRAFICHE SRL
Pomezia, Roma
Registrazione Tribunale di Roma n. 33 del 24/01/1997
Diritto alla riservatezza: “Il Bisturi” garantisce
la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati
nel rispetto della legge 675/96
PERIODICO ASSOCIATO
Finito di stampare: novembre 2008
sociale
XI CONGRESSO NAZIONALE DELL'AID
Dislessia, urge una legge
La patologia colpisce un bambino su venti
ma per gli insegnanti è solo svogliatezza
na legge che permetta, tramite
una didattica adeguata e degli
ausili speciali, di far studiare
serenamente i 350.000 ragazzi dislessici italiani.
È questo l'appello lanciato dall'Associazione Italiana Dislessia (Aid) durante la presentazione dell'XI Congresso Nazionale in calendario per il 31 ottobre ed il 1° Novembre a Roma.
Una malattia in espansione, la dislessia (Dsa), che colpisce in Italia il
5% dei bambini. Tradotto significa
che in ogni classe potenzialmente c'è
almeno un alunno che nonostante abbia un'intelligenza nella media o superiore ha difficoltà di apprendimento a causa di questa particolare disfunzione.
Il percorso scolastico è così costellato da gravi errori ortografici, calligrafia poco comprensibile, difficoltà
nella lettura e nel calcolo.
Il vero problema, però, è la difficile riconoscibilità del disturbo che
spesso viene confuso con l'indolenza o
lo scarso interesse verso lo studio con
conseguenze psicologiche o sociali
spesso devastanti. Una disfunzione
ignorata dai più, insomma che necessiterebbe di interventi mirati.
E proprio la creazione di una normativa in merito sarà il tema caldo su
cui discuteranno gli esperti nel convegno romano. Al congresso, sarà inoltre
presentato il primo Libro Bianco sulla
dislessia in Italia dove sono state raccolte 52 testimonianze di ragazzi dislessici e dei loro familiari.
"La dislessia - ha detto Roberta
Penge, neuropsichiatra e presidente
dell'Aid - si caratterizza per disturbi di
origine neurobiologica, da tempo riconosciuti ma nonostante questo - ha
spiegato - c'è ancora chi attribuisce
questi disturbi ad una incapacità per-
U
20
ASI - n. 44 - 30 ottobre 2008
sonale". Il mancato riconoscimento
della disfunzione impedisce di avviare
questi ragazzi verso percorsi specialistici tanto che per ogni bambino con
disturbi specifici di apprendimento riconosciuto, ce ne sono altri tre che devono affrontare la scuola senza nessun
aiuto mirato.
In attesa della Legge l'Aid ha intanto inviato un esposto alla Magistratura e al Commissario europeo per i
diritti umani Thomas Hammarberg.
Nell'esposto, trasmesso anche ai
ministri della Pubblica Istruzione, del
Welfare e delle Pari opportunità, si
chiede alle istituzioni di prendere adeguati provvedimenti per tutelare questi ragazzi e garantire loro i diritti fondamentali della persona, anche attraverso un'integrazione piena e consapevole nella scuola. Un obiettivo, hanno
sottolineato gli esperti, che potrebbe
essere raggiunto grazie a pochi ma significativi interventi: dalla personalizzazione dell'insegnamento (tra l'altro
già prevista dagli attuali ordinamenti
didattici), alla dotazione di strumenti
informatici, fino all'adozione di diversi sistemi di valutazione. Il tutto senza
pregiudicare in alcun modo l'andamento degli studi e l'apprendimento
della classe.
"Queste misure compensative e dispensative, ai sensi della legge sull'autonomia scolastica, - ha denunciato
Rosa Bianca Leo, presidente della sezione Aid di Taranto e Membro del
Comitato Problematiche Sociali Nazionale, che ha steso l'esposto - sono
previste in diverse circolari ministeriali, che però vengono regolarmente disattese in molte scuole italiane. La verità - ha insistito - è che nel nostro
Paese c'è ancora grande ignoranza nei
confronti della dislessia. Molti docenti, infatti, non conoscono il disturbo,
accusano i ragazzi di scarso impegno,
li umiliano in classe e colpevolizzano
le famiglie."
Computer a scuola
e flessibilità didattica
Nonostante la situazione appaia
drammatica, qualcosa, nel corso degli
anni, si è mosso.
Nella scorsa legislatura, infatti, si
era giunti a un passo dalla ratifica di
un apposito disegno di legge che,
però, non è riuscito a terminare il suo
iter a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.
Con la nuova legislatura sono stati
presentati per iniziativa di diversi parlamentari della Maggioranza e dell'Opposizione, cinque disegni di legge
(due già in fase avanzata di discussione
al Senato) che puntano a riconoscere la
dislessia come una vera patologia prevedendo una serie di misure educative
e didattiche. Strumenti di supporto,
dunque, ma anche l'adozione di specifici interventi didattici da parte degli
insegnanti. In particolare si dovrà favorire l'uso della didattica personalizzata ricorrendo anche alle tecnologie
(computer, calcolatrici, registratore,
sintetizzatore vocale, ecc.).
Gli studenti potranno inoltre essere dispensati da alcune prestazioni
non essenziali che potrebbero creare
imbarazzo (come scrivere alla lavagna
davanti alla classe), e usufruire di tempi più lunghi di esecuzione di quelli
ordinari.
Facilitazioni sono previste, inoltre,
anche nel caso dell'insegnamento di
una lingua straniera. Novità anche per
le tecniche di valutazione che dovranno essere finalizzate ad evitare condizioni di svantaggio nei confronti degli
altri alunni.
Scarica