TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI Programma per la classe V - I.T.G. Modulo n.0 Titolo: Igiene ambientale Contenuti del modulo: U.D. 1 L’aria; U.D. 2 L’acqua; U.D. 3 Il suolo; U.D. 4 I rifiuti solidi; U.D. 5 L’uomo e l’ambiente. Modulo n.1 Titolo: Storia dell’architettura Contenuti del modulo: U.D. 1 Architettura e rivoluzione industriale; U.D. 2 L’Art Nouveau; U.D. 3 Gli esordi della nuova architettura in Europa e negli Stati Uniti (Wright - Le Corbusier); U.D. 4 Le nuove frontiere dell’architettura contemporanea. Modulo n. 2 Titolo: Tipi edilizi Contenuti del modulo: U.D. 1 La casa di abitazione: tipologia in linea, a schiera, a ballatoio, a torre; U.D. 2 Edifici di interesse pubblico; U.D. 3 Esecuzioni di semplici elaborati grafici con l’ausilio di strumenti informatici quali: “Autocad” Modulo n. 3 Titolo: Storia e tecnica dell’urbanistica Contenuti del modulo: U.D. 1 Elementi di storia dell’urbanistica; U.D. 2 Elementi di tecnica urbanistica: gli strumenti urbanistici; U.D. 3 Standard urbanistici e disciplina dell’attività edilizia. Modulo n. 4 Titolo: Normative tecniche Contenuto del modulo: U.D. 1 Barriere architettoniche; U.D. 2 Norme di prevenzione sugli infortuni riguardanti i cantieri edili (cenni). “Igiene ambientale” Anno 2009-2010 Tecnologia delle costruzioni CLASSE: 5ª Igiene ambientale Disciplina che si occupa di salvaguardare le grandi risorse ambientali ARIA ACQUA SUOLO ritenute un tempo inesauribili e che oggi si stanno inquinando. Si occupa anche dei problemi relativi a RAPPORTO UOMO-AMBIENTE SMALTIMENTO RIFIUTI ARIA ATMOSFERA TERRESTRE Involucro di gas che avvolge il pianeta, senza la quale la temperatura oscillerebbe da valori altissimi a valori bassissimi non sopportabili dall’uomo Composizione dell’aria: varia in base alla distanza dalla superficie terrestre: Strato che interessa l’attività dell’uomo Caratteristiche dell’aria •UMIDITA’ (Insalubrità dei luoghi) -Rugiada -Brina -Galaverna -Nubi e pioggia •TEMPERATURA -Durata insolazione INVERSIONE TERMICA: l’aumento della temperatura per effetto di strati di nubi che trattengono il calore; -Obliquità dei raggi -Spessore dello strato atmosferico -Presenza di nubi -Latitudine e altitudine Livello del mare: •PRESSIONE ATMOSFERICA 760 mm di mercurio della colonna barometrica DELL’ARIA Variazioni quantitative dei normali componenti dell’aria Prodotti estranei Impianti di riscaldamento (60%) INQUINAMENTO Attività industriale (20%) Motorizzazione (20%) Ministero dell’ambiente, D.L. 15 Aprile 1994 CLASSIFICAZIONE DEGLI INQUINAMENTI Prodotti pulviscolari •Fumi Eolica •Polveri Carboniosa Prodotti gassosi •Anidride carbonica •Anidride solforosa •Ossido di carbonio •Idrocarburi •Biossido di azoto Prodotti biologici •Pollini •Spore EFFETTO SERRA PROTOCOLLO DI KYOTO 16 febbraio 2005. Trattato che impegna i paesi che vi aderiscono a diminuire l’emissione di sostanze inquinanti per l’aria. INCENTIVI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI •Pannelli solari •Pannelli fotovoltaici 1. Pannello solare 3. Modulo fotovoltaico in silicio monocristallino VALVOLA SERBATOIO DI ACCUMULO CONDOTTO DI INSERIMENTO PANNELLO DI ASSORBIMENTO CONDOTTO INSERIMENTO ACQUA FREDDA 2. Schema di un pannello solare 4. Schema di impianto fotovoltaico PROVVEDIMENTI CONTRO L’INQUINAMENTO DELL’ARIA •Riduzione fonti di inquinamento (benzina, oli minerali pesanti) •Controllo assetto urbanistico del territorio •Dispersione aria •Adozione di tecniche di abbattimento Depuratore a ciclone Depuratore a secco Depuratore elettrostatico Depuratore a filtro Depuratore a umido ACQUA “CARTA DELL’ACQUA”- Strasburgo 1968 Ha una funzione biologica fondamentale, è l’elemento principale della maggior parte dei tessuti e degli organismi. Formula chimica: H² O Solidifica a 0 °C Va in ebollizione a 100 °C Si distinguono diversi tipi di acqua Meteoriche Superficiali Telluriche o sorgive Sotterranee Fluviali o lacustri Marine Caratteristiche dell’acqua Acque leggere o dolci •CHIMICHE -durezza Acque medie Acque dure •FISICHE -temperatura -limpidezza e torbidità -colore -conducibilità elettrica •BIOLOGICHE Determinazione del tasso microbico Acqua -purissima o pura -mediocre -impura -molto impura Determinazione degli indicatori fecali -bacterium coli -streptococco fecale -bacillus perfrigens REQUISITI DI POTABILITA’ •D.P.R. n° 236 •C.E.E. n° 80/788 APPROVVIGIONAMENTO IDRICO Impianti a serbatoio Vasche di decantazione Impianti ad acqua fluente pozzi sorgenti Serbatoi cittadini Condotte idriche Distribuzione Contatore Bocca tarata POTABILIZZAZIONE DELL’ACQUA Processi di correzione (Acqua non inquinata) Caratteri fisici Caratteri chimici •Regolazione temperatura •Ebollizione •Eliminazione torbidità •Deferrizzazione Processi di depurazione (Acqua inquinata) •Mezzi fisici Ebollizione Potabilizzatori Raggi U.V. •Calce-soda •Mezzi meccanici Filtri •Demineralizzazione Clorazione 1. Sedimentazione 2. Flocculazione 3. Flottazione •Mezzi chimici Ozonizzazione INQUINAMENTO DELL’ACQUA Scarichi urbani Scarichi industriali Agricoltura •Acque bianche meteoriche •Acque bianche saponose •Acque nere •Acque con sostanze organiche •Acque con sostanze inorganiche •Pesticidi •Diderbanti FOGNATURA Mista Separata TRATTAMENTO DELLE ACQUE LURIDE PRIMA DELLA LORO IMMISSIONE IN CORSI D’ACQUA O IN MARE BOD: ossigeno biochimico richiesto SUOLO Il concetto di suolo non va limitato alle sole caratteristiche fisiche dello strato superficiale (terreno e humus), ma anche alle proprietà biologiche che consentono la mineralizzazione ed il riutilizzo della sostanza organica. Microbi saprofiti Ciclo dell’azoto Ciclo del carbonio Caratteristiche fisiche del suolo : concorrono a rendere i terreni salubri, fertili e idonei alla costruzione degli edifici. •POROSITA’ •PERMEABILITA’ •TEMPERATURA •CAPILLARITA’ •ADSORBIMENTO INQUINAMENTO DEL SUOLO •Utilizzo indiscriminato di pesticidi (fitofarmaci, atrazina) •Eccessi di concimazione chimica (nitrati, fosfati) •Discariche per rifiuti urbani (materiali plastici) •Discariche per rifiuti industriali (tossici,radioattivi) INTERVENTI CONTRO L’INQUINAMENTO DEL SUOLO •Bonifica •Concimazioni razionali •Limitazione impiego di fitofarmaci e diserbanti •Interventi per le discariche Controllo del territorio per evitare discariche abusive Strumenti urbanistici •impatto ambientale Tecniche di trattamento dei rifiuti urbani e industriali SMALTIMENTO DEI RIFIUTI Economico Esalazioni Discariche di 1ª, 2ª, 3ª categoria - Scarico all’aperto con incenerimento - Scarico controllato Aerobica naturale - Fermentazioni dei rifiuti Microcolture idonee Costo elevato - Forni inceneritori Sostanze tossiche: diossina •Prodotti per colture agricole •RACCOLTA DIFFERENZIATA Prevista dall’art. 39 del D.L. n°22 del 1997 (Decreto Ronchi), obbliga la pubblica amministrazione ad organizzare sistemi adeguati per consentire al consumatore la selezione dei rifiuti domestici. Risparmio di energia RICICLAGGIO Vantaggio economico L’UOMO E L’AMBIENTE L’ambiente ideale è quello in cui l’uomo può vivere in uno stato di benessere. Lo stato di benessere dipende dalle condizioni climatiche di uno spazio confinato ossia dal microclima ideale che dipende da diversi fattori rilevabili e misurabili: •Temperatura •Umidità •Ventilazione •Illuminazione •Rumorosità •Qualità dei materiali C A R T A D E L B E N E S S E R E Temperatura ottimale •Temperatura esterna Differenza max 5-6 °C •Temperatura media corpo umano 37 °C Dispersione di calore dal corpo umano per un totale di 100 calorie all’ora •Impianti di riscaldamento o raffreddamento (elettrici) Centralizzati Autonomi •Soleggiamento Orientamento dell’ambiente Valore eliotermico Soleggiamento x temperatura media Camera d’aria •Coibenza termica Materiale isolante 25% conduzione 25% convezione 50% irraggiamento Umidità relativa ottimale Cause 40%- 60% Clima della zona Impianti di ventilazione-deumidificazione Infiltrazioni, capillarità Vespai, impermeabilizzazioni, scolo Ventilazione ottimale •0,20 metri al secondo •Ventilazione naturale o artificiale Ricambi d’aria Illuminazione Condizione di illuminazione ideale negli ambienti chiusi è quella di avere la stessa luminosità in ogni punto punto. Illuminazione naturale Illuminazione artificiale •Superfici vetrate (1/8 pavimento) •Lampade a incandescenza •Colore pareti •Lampade a fluorescenza LUX Sistema di illuminazione diretto e indiretto Rumore L’inquinamento da rumore è prodotto da: •Fenomeni naturali (vento, tuoni) •Traffico veicolare e aereo •Industrie, macchinari, elettrodomestici Interventi per l’eliminazione o la riduzione dei rumori sono: •Utilizzo di apparecchiature meno rumorose •Coibentazione acustica Decreto del Presidente del Consiglio del 1°marzo 1991 DECIBEL Qualità dei materiali da costruzione La scelta dei materiali da costruzione deve essere fatta tenendo presenti tutti i parametri che concorrono al raggiungimento del benessere fisiologico della persona. VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE ARIA, ACQUA, SUOLO, sono elementi essenziali della progettazione dei grandi interventi dell’uomo sul proprio habitat. La V.I.A. ha lo scopo di analizzare, prevenire e valutare anche sul piano economico le conseguenze negative o positive sull’ambiente di opere da realizzare sul territorio: •Raffinerie, acciaierie •Centrali termiche,nucleari •Impianti eliminazione rifiuti •Autostrade, ferrovie •Aeroporti, porti •Dighe •Pianificazione territoriale Direttiva C.E.E. 8 Luglio 1985 Legge n° 349 del 1986: Ministero dell’Ambiente “Storia dell’Architettura” Anno 2009-2010 Tecnologia delle costruzioni CLASSE: 5ª ARCHITETTURA E RIVOLUZIONE INDUSTRIALE 1. Le conseguenze della rivoluzione industriale sulla città: la città moderna La nascita dell’architettura e dell’urbanistica moderna deve essere ricercata nel clima che caratterizzò la situazione storica negli anni della prima rivoluzione industriale, termine con cui si indica quel vasto fenomeno di trasformazione dei sistemi produttivi che ebbe la sua origine nell’Inghilterra della seconda metà del Settecento e di lì si diffuse, a distanza di tempo, talvolta anche notevole, nei Paesi dell’Europa continentale e negli Stati Uniti. La rivoluzione industriale, dagli inizi dell’ottocento, ebbe dei riflessi notevoli sulle città europee. La concentrazione di attività manifatturiere nelle città, ebbe la conseguenza di svuotare le campagne e di incrementare improvvisamente le popolazioni urbane (fenomeno definito urbanesimo). La maggior parte delle città non era attrezzata per assorbire questo massiccio esodo di persone. Le condizioni di vita che si crearono, sia nei centri storici sia nelle periferie, furono decisamente precarie. L’affollamento delle abitazioni creò problemi sia di igiene, sia di ordine pubblico, per le condizioni di povertà in cui versavano gli strati sociali più bassi. Le città divennero man mano degli organismi sempre più congestionati. L’Inghilterra, dove prima ebbe inizio la rivoluzione industriale e il fenomeno dell’urbanesimo, fu anche la prima nazione che cercò di affrontare il problema dell’igiene nelle città. Gli interventi ebbero un carattere più legislativo che urbanistico, ma servirono a porre all’attenzione della cultura e della politica il problema delle città e della classe operaia e proletaria. Il problema di dare una casa a tutti, era un tema ancora al di là da venire. Tuttavia, la gran richiesta di abitazioni che si creò, da questo momento in poi, portò ad un atteggiamento completamente diverso nei confronti dell’edilizia e delle città. Sorsero le prime imprese immobiliari, che cercarono di sfruttare le rendite urbane attraverso investimenti in caseggiati d’affitto. Le città iniziarono ad espandersi a macchia d’olio, anche perché dall’ottocento vennero meno i problemi difensivi delle città, e queste poterono agevolmente superare il perimetro della propria cinta muraria. L’amministrazione civica non poteva restare inerme, subendo l’iniziativa privata che tendeva a trasformare il volto delle città. L’intervento pubblico, sul privato, divenne per la prima volta avvertito ed applicato, grazie a due nuovi istituti giuridici: il piano regolatore e l’esproprio per pubblica utilità. Da quel momento sorse un rapporto di intensa dialettica, non sempre trasparente, tra interesse pubblico e interesse privato nel campo delle pianificazioni urbanistiche. Le città divennero terreno di conquista per interventi speculativi; di contro le amministrazioni cercano di rendere questi interessi non lesivi della pubblica utilità. E la storia di tutte le città europee, da quel momento, è ruotata intorno a questo conflitto di interessi. La cultura ottocentesca, in campo urbano, sperimentò un altro tipo di intervento, che ebbe sostanziali applicazioni nei decenni successivi: gli sventramenti urbani. Con tale operazione si tagliava il tessuto urbano esistente, fatto di caseggiati divisi da stradine piccole e tortuose, con nuove ed ampie strade rettilinee. La giustificazione di tali interventi era una risposta a quei mali della città che abbiamo già visto: l’igiene e l’ordine pubblico. Con ciò, infatti, si potevano costruire, ai lati delle nuove strade, case migliori, e si dava la possibilità, alle forze pubbliche di controllare quartieri che, altrimenti, erano per loro inaccessibili, con conseguenze di disordine sociale ed anarchia criminale. Inoltre, con queste nuove strade si favoriva il transito veicolare di carri e carrozze. La prima città a sperimentare tali tagli era già stata la Roma di papa Sisto V, alla metà del Cinquecento. Egli, infatti, intendeva unire le sette principali basiliche di Roma con strade rettilinee, creando così un circuito di fede, per i pellegrini che affluivano nella città eterna. Il suo fu un progetto solo parzialmente realizzato. Alla fine dell’Ottocento, la città che, invece, realizzò in grande stile operazioni del genere fu Parigi, grazie al suo prefetto Haussmann. In seguito, la pratica degli sventramenti ha coinvolto moltissime città europee, con demolizioni tanto estese da rappresentare, in molti casi, un danno enorme per la perdita o lo sconvolgimento di ambiti urbani fortemente significativi dal punto di vista sia storico sia ambientale. Da questa pratica degli sventramenti non sono state esenti le città italiane, sia alla fine dell’Ottocento — Corso Umberto I a Napoli — sia nella prima metà del Novecento — via dei Fori Imperiali o via della Conciliazione a Roma. 2. I protagonisti Verso la metà dell’Ottocento il campo di sperimentazione dell’ architettura si arricchì di una nuova tipologia: il padiglione per le esposizioni universali, cioè per quelle mastodontiche fiere, organizzate quasi annualmente dai Paesi all’avanguardia in campo industriale, nelle quali venivano messi in mostra i prodotti più significativi di tutte le nazioni. I principali rappresentanti di questo particolare settore della progettazione furono l’inglese Joseph Paxton e il francese Victor Contamin. Paxton (1803-1856), ingegnere e costruttore di serre, realizzò nel 1851 a Londra, in occasione della prima Grande Esposizione,il Palazzo di Cristallo che è senz’altro da considerare il prototipo delle grandi opere realizzate con impiego di elementi prefabbricati (segmenti di ghisa e lastre di vetro) prodotti in serie in officina e montati in cantiere. Si tratta di un edificio che, nonostante fosse stato ideato con la precisa volontà di ottenere il massimo risparmio di tempo e di denaro (tra l’altro, una volta terminata l’esposizione, si doveva poter recuperare completamente il materiale usato, in modo che fosse possibile una sua riutilizzazione), contribuì in maniera determinante, con il suo enorme volume trasparente e con la quasi totale assenza dell’ornamentazione (intesa come elemento sovrapposto alla struttura e non direttamente collegato ad essa) a creare l’estetica dell’architettura moderna. Un’estetica che si basava, già in quell’occasione, soprattutto sulla chiara prevalenza dei vuoti (le lastre di vetro) sui pieni (gli elementi metallici), e sull’intenzione, chiaramente espressa nell’opera cli Paxton, di intendere lo spazio esterno e lo spazio interno come una sola cosa. Purtroppo la strada che l’ingegnere inglese (sia pure, forse, inconsciamente e soltanto per i motivi pratico-economici che si sono detti) aveva indicato fu per lungo tempo ignorata. Basta pensare che all’Esposizione di Parigi del 1889 un’opera ingegneresca ancor più interessante e rivoluzionaria di quella di Paxton, la Galleria delle Macchine, una grandiosa struttura in ferro costituita da una serie di enormi archi a tre cerniere —115 metri di luce per una lunghezza di 420 — progettata da Contamin (1845-1906), venne coperta da una pessima architettura, inutilmente ricolma di orpelli e decorazioni, ma perfettamente in accordo col gusto eclettico dell’epoca. È importante tuttavia notare che in quella stessa esposizione fu eretta, contro il parere della maggior parte degli uomini di cultura e nonostante le incessanti polemiche, la torre in ferro alta 300 metri, progettata dal più geniale fra gli ingegneri del XIX secolo, Gustave Eiffel (1832-1923), autore, tra l’altro, di alcuni dei più audaci viadotti ferroviari che siano mai stati realizzati, quali, ad esempio, quello di Garabit nel Massiccio Centrale in Francia, con un’arcata di 165 metri, e quello sul fiume Duero, in Portogallo, con una luce di poco inferiore. Come per i viadotti, anche nella realizzazione della torre, Eiffel applicò un identico principio: l’uso di elementi portanti costituiti dall’unione di profilati standardizzati di piccole dimensioni, in modo che si potessero ottenere, col minimo peso, i massimi risultati statici. J. Paxton e V. Contamin Palazzo di Cristallo Londra Galerie de machines G. Eiffel Tour Eiffel Parigi L’ART NOUVEAU 1. Il primo stile industriale Con lo sviluppo dell’industria, che comporta un radicale cambiamento nei sistemi di produzione, prende piede uno stile più libero dagli schemi del passato. Ciò porta come più immediata conseguenza a un ripudio delle forme tradizionali e storicistiche in particolare per rivolgere invece una viva attenzione alla reinterpretazione di forme floreali o comunque naturalistiche. Un uso abbondante del colore, un uso delle linee curve e di elementi di forte plasticità possono essere considerati come le caratteristiche più evidenti. Questo nuovo stile, che spesso andò a confondersi con un gusto e un fenomeno di moda, interessò in particolare i nuovi tipi edilizi realizzati in genere in ferro e vetro, come le stazioni ferroviarie e della metropolitana, i grandi magazzini, le gallerie, i padiglioni e i chioschi. Si deve dire comunque che non furono certo le arti “maggiori” ad essere maggiormente interessate da questa rivoluzione ma quelle che per lungo tempo furono chiamate arti “applicate” o “minori” (oreficeria, ebanisteria, tessitura ecc.) Esso nacque in ambito architettonico, grazie al belga Victor Horta. Negando tutto quell’apparato decorativo di colonne, capitelli o murature medievali, l’Art Nouveau si basava sulla linea «a colpo di frusta». Dal Belgio, dove fu chiamato «Art Nouveau», questo nuovo stile si diffuse in tutta Europa, prendendo vari nomi, che ne sottolineavano il carattere di novità: “Liberty” in Italia, “Arts and Craft” in Inghilterra; “Jugendstil” in Germania; “Secessione” in Austria; “Modernismo” in Spagna. Liberty Facciata Vienna Casa fenoglio Torino Balcone Milano 2. Il Liberty L’art nouveau italiana, il liberty o “stile floreale”, si manifesta con un certo ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Questo fatto è dovuto all’arretratezza sia culturale che sociale nel quale si dibatte il nostro Paese alla fine del XIX secolo. Gli architetti italiani che progettano opere art nouveau si ispirano per lo più alla scuola viennese di Otto Wagner e di Joseph Olbrich. Seguendo questo esempio, nel 1901, Giuseppe Sommaruga (1867-1917) costruisce a Milano il palazzo Castiglioni e Ernesto Basile (1857- 1932) gli edifici per l’Esposizione Agricola di Palermo. Ma l’architetto più interessante del periodo liberty è senz’altro Raimondo D’Aronco (1857-1932), di cui l’opera più importante fu il Padiglione della Esposizione Internazionale di Torino. 3. L’opera di Antoni Gaudì Il più importante esponente dell’art nouveau spagnola fu l’architetto catalano Antoni Gaudi (1852- 1926) il quale unì ad una fantasia ricca di spunti simbolisti e di espressioni allucinanti una profonda inventiva ingegneresca che lo portò a realizzare complesse forme paraboliche e incredibili giochi di natura statica. Una tra le sue opere più famose, la casa Milà, è “tutta concepita su un tema di carnosi ritmi ondulati che si frastagliano in mille episodi scultorei e cromatici e modellano la struttura insieme col crespo e ferrigno muro, in cui [...] tutto è laboriosamente plasmato” Antoni Gaudì Casa Milà Barcellona Antoni Gaudì Casa Batllò - Barcellona Sagrada Familia - Barcellona Antoni Gaudì Parco Guell Barcellona GLI ESORDI DELLA NUOVA ARCHITETTURA: STATI UNITI ED EUROPA 1. Tecniche costruttive e concezione spaziale in America Intorno ai primi decenni dell’Ottocento in America prese avvio una nuova tendenza architettonica, che si basava su l’uso dell’acciaio per la costruzione di edifici multipiano, i grattacieli. Nel 1871, un incendio distrusse quasi completamente Chicago. Nei decenni successivi, l’opera di ricostruzione permise la sperimentazione su grande scala delle nuove tecnologie architettoniche. Una visione comune accompagnò i professionisti coinvolti nell’impresa, facendoli identificare nella cosiddetta «scuola di Chicago». Lo spirito che informava questa nuova tendenza univa due caratteristiche della cultura americana: il pionierismo, nello sperimentare nuove frontiere, e il pragmatismo utilitaristico, che li portava a soluzioni pratiche, meno vincolate a formalismi inutili. In questa cultura si formò anche Louis Sullivan, al quale viene attribuita la celebre frase: “form follows function” cioè la forma segue la funzione. Ossia, la forma di un edificio deve essere la diretta conseguenza della funzione che esso deve svolgere. Da qui prese l’avvio anche il maggior architetto americano di tutti i tempi, Frank Lloyd Wright, la cui opera architettonica, improntata a quella visione successivamente definita architettura “organica”, doveva profondamente influenzare la moderna cultura architettonica. 2. Frank Lloyd Wright Dato il lungo arco di tempo in cui si è svolta l’opera di Frank Lloyd Wright (1869-1959), appare necessario, in questa nostra esposizione, trattarne in due momenti distinti, il primo dei quali arriva fino al 1910. Nonostante la sua formazione professionale sia avvenuta nel pieno del fervore che animava gli architetti di Chicago durante la ricostruzione della città, Wrjght, non seguì l’impostazione architettonica propria della Scuola di Chicago. Addirittura non si dedicò alla progettazione di grandi edifici commerciali in ferro e vetro, ma rivolse tutta la sua attenzione al rinnovamento dell’edilizia domestica. Nelle piante delle sue case, proprio per il rifarsi alla tradizione sei-settecentesca del suo Paese, Wright colloca il grande camino in pietra o in mattoni al centro dell’abitazione e individua in esso il punto di partenza dell’intera progettazione, cosicché i vari ambienti trovano la loro naturale disposizione attorno al nucleo centrale massiccio. Tutte le stanze, partendo questo punto di riferimento si stendono verso l’esterno “come le pale di un mulino a vento”. Si tratta della tipica pianta cruciforme dall’incontro di due assi ortogonali (Casa Willitts del 1901, Casa Roberts del 1908, Casa Robie del 1909). Tutta la prima parte della attività di Wright è dedicata, salvo rarissime eccezioni, alla progettazione di quelle case di abitazione unifamiliari che sono passate alla storia col nome di case della prateria. Riassumendo quanto scrive Wright in uno dei suoi numerosi libri, possiamo descrivere il programma delle case della prateria attraverso questi punti principali: 1) L’interno della casa deve essere inteso come uno spazio unico; 2) Deve esistere una perfetta armonia tra l’edificio e l’ambiente esterno; 3) L’abitazione deve essere progettata tenendo conto delle proporzioni umane; 4) Il basamento della casa deve essere portato al di sopra del livello del terreno; 5) Tutte le aperture della casa - porte e finestre - devono essere distribuite lungo le pareti in maniera non casuale ma perfettamente aderente alle necessità degli abitanti; 6) Evitare la combinazione di materiali diversi e l’ornamentazione deve nascere dalla natura stessa dei materiali; 7) Integrazione tra la struttura dell’edificio e l’insieme degli impianti tecnici di ogni tipo; 8) Il mobilio deve diventare un tutt’uno con l’architettura. Nel 1936 dopo un periodo di stasi Wright torna alla ribalta con la realizzazione della «Falling Water», la Casa Kaufmann; realizzata a BearRun, la casa si inseriva con una naturalità poetica, in un ambiente decisamente singolare. Le due ampie terrazze, a sbalzo sulla cascata, creavano un effetto quanto mai suggestivo, dando l’idea che l’acqua sgorgasse direttamente dalla casa, o da una grotta, per metà naturale e per metà costruita dall’uomo. Da quel momento l’architetto americano non ebbe più un momento di sosta progettuale fino alla morte che lo colse nel 1959 mentre stava realizzando il suo ultimo capolavoro: il Museo Guggenheim di New York. Frank Lloyd Wright Casa Robie Frank Lloyd Wright Casa Kaufmann (Falling Water) Frank Lloyd Wright Gugghenheim Museum 3. L’architettura europea tra le due guerre : il razionalismo Frank Lloyd Wright, agli inizi di questo secolo, aveva già creato un’architettura totalmente nuova rispetto al passato. Ad un analogo risultato giunse, dopo qualche anno, anche la cultura europea. Il liberty, espressione di una borghesia ricca e proiettata verso una modernità più viva rispetto al passato, aveva già creato una discontinuità, ma solo in senso decorativo. La prima vera rottura avvenne con Adolf Loos, architetto viennese degli inizi del secolo, autore della celebre frase: «ornamento è delitto». Egli, infatti, sosteneva che la bellezza degli edifici era nella loro forma strutturale e volumetrica, non nelle decorazioni che vi si applicavano. Pertanto i suoi edifici, si presentarono, per la prima volta, con prospetti totalmente spogli, il cui piano era disegnato unicamente dalle bucature delle finestre. La svolta decisiva avvenne dopo gli anni ‘20, contemporaneamente in Francia ed in Germania, grazie a due grandi personalità di questo secolo: Walter Gropius e Le Corbusier. L’opera più importante di Walter Gropius è la sede della scuola Bauhaus, di cui egli ne era direttore. In questa scuola Gropius chiamò ad insegnare alcuni degli artisti più significativi del panorama europeo: Mies van der Rohe, Kandisky, Klee, ed altri. La Bauhaus non era solo una scuola d’architettura, ma anche una scuola d’arte applicata. In essa si cercava un metodo che consentisse di arrivare al progetto e al design, tramite una rigorosa analisi funzionale degli oggetti e degli edifici: la scuola affermava di non avere affatto uno stile, ma di basarsi solo su scelte motivate razionalmente. «Dal cucchiaio alla città» divenne il nuovo slogan, ad indicare come il metodo era comune sia alla progettazione di piccoli oggetti, sia alla progettazione di intere città. Non a caso, questa architettura prese il nome di «funzionale» o di «razionale», in quanto esprimeva l’intento di progettare unicamente in base a considerazioni di carattere funzionale e non estetico. Dopo aver abbandonato l’attività didattica Gropius si dedicò alla progettazione di alcuni grossi quartieri popolari (Dammerstock e Siemensstadt). La cultura tedesca tra le due guerre, quindi, affrontò da un punto di vista architettonico, per la prima volta, anche il problema delle abitazioni popolari od operaie. A questo tema furono dedicati numerosi studi e realizzazioni, che costituirono la base per la quasi totalità dei quartieri popolari che in seguito sorsero in Europa, in particolare nella Russia comunista, ma anche in Italia. Tuttavia, furono proprio i regimi totalitari degli anni Trenta a costituire il maggior ostacolo alla diffusione della nuova architettura. La Russia di Stalin, l’Italia di Mussolini, la Germania di Hitler, bandirono questi fermenti innovativi, preferendo affidarsi ad un’architettura neoclassica, pomposa, magniloquente, che si basava su pretestuose continuità di tradizioni. La Bauhaus fu chiusa dai nazisti, e la maggior parte degli insegnanti ed allievi emigrò negli Stati Uniti, portando li il frutto delle esperienze europee maturate in un ventennio quanto mai intenso e rivoluzionario per l’architettura. 4. Le Corbusier Jean-Paul Jenneret, più noto con lo pseudonimo di Le Corbusier, facendo tesoro delle esperienze innovative che si andavano svolgendo agli inizi del secolo, grazie all’utilizzo dei nuovi materiali, ed in particolare del cemento armato, propose un’ architettura del tutto innovativa rispetto al passato. Di spirito ordinato e preciso, egli sintetizzò la nuova architettura in cinque punti: 1) i “pilotis”; 2) i tetti-giardino; 3) la pianta libera; 4) le finestre continue; 5) la facciata libera. Secondo Le Corbusier, gli edifici non dovevano più appoggiarsi direttamente a terra, ma essere innalzati, rispetto al suolo, da pilastri, che egli chiamava «pilotis». In tal modo lo spazio sotto gli edifici poteva essere utilizzato per spazi verdi, ed inoltre le case, non avendo un contatto diretto con il suolo, ricevevano minor problemi dall’umidità sottostante. Allo stesso modo, i giardini dovevano estendersi anche sui tetti delle case, da realizzarsi con coperture piane e non più a spioventi, come nei tetti tradizionali. Gli altri tre punti del suo programma, erano resi possibili dalle nuove possibilità compositive offerte dal cemento armato. Con questo materiale, infatti, la parte resistente di un edificio si concentra in pochi punti, i pilastri, pertanto le piante delle case erano meno vincolate da muri portanti, che dovevano sottostare a rigide logiche costruttive. E, quindi, le piante degli edifici potevano articolare spazi e ambienti con maggior libertà, senza vincoli eccessivi di strutture. Inoltre, i pilastri portanti potevano situarsi in posizione arretrata, rispetto al muro esterno. La facciata, quindi, era solo un muro di chiusura dello spazio, ed era portato e non portante. Poteva, allora, avere un disegno del tutto svincolato da esigenze statiche, ma improntarsi solo a ragioni artistiche o utilitaristiche. Una di queste era la possibilità di avere finestre in lunghezza - il quarto punto -, che permettevano agli ambienti interni di ricevere molta più luce. La suggestione ed il fascino di questa nuova visione architettonica ebbe immediato successo. L’architettura che proponeva Le Corbusier era lontana anni luce da qualsiasi tradizione accademica: i suoi erano edifici erano fatti di luce e muri bianchi. L’edificio in cui egli applica per la prima volta in maniera globale i cinque punti pubblicati nel documento del 1926 è la villa Savoye costruita a Poissy, non lontano da Parigi (1929). Si tratta di un perallelepipedo a base quadrata sostenuto da esili pilastri con quattro facciate perfettamente uguali. Con questa casa Le Corbusier ha dimostrato tra l’altro, come la possibilità di concentrare il peso su poche colonne porti come conseguenza principale una completa libertà della pianta. Addirittura l’edificio è come svuotato nel suo interno e i tre piani sono collegati tra loro da una lunga rampa a lieve pendenza che sale dal pianterreno al tetto-giardino. Con la cappella di Notre Dame du Haut a Ronchamp del 1954, Le Corbusier realizzò un’opera che destò grande interesse, tra i critici e gli architetti in quanto, con essa, sembra che l’architetto svizzero avesse abbandonato il suo rigido razionalismo a favore di un accentuata tensione fantastica e di una inventiva assai meno inquadrabile nel rigoroso metodo progettuale fino ad allora applicato. Ciò è vero solo in parte. È piuttosto il particolare tema (una chiesa) a spingere Le Corbusier al di là dei canoni da lui stesso stabiliti. Nella cappella di Ronchamp la vasta copertura, realizzata con due membrane di cemento armato, è l’elemento principale sia dal punto di vista estetico che strutturale. Essa è sostenuta da una serie di appoggi in cemento armato ed è separata per mezzo di una sottile fessura dai larghi muri esterni grossolanamente intonacati. La luce che filtra tra copertura e muri crea un particolare effetto per cui la copertura stessa sembra essere quasi priva di peso, come se fosse una semplice tenda appoggiata lungo il perimetro dell’edificio. Nel 1950 Le Corbusier aveva intanto ottenuto l’incarico che aveva atteso per tutta la vita: quello di progettare cx novo una città. La realizzazione di Chandigarh, la nuova capitale del Punjab, gli permise di concretizzare tutte le concezioni urbanistiche ipotizzate in tanti anni. A Chandigarh Le Corbusier applica la teoria delle sette vie e ripartisce la città in settori di circa cento ettari ciascuno. Ogni settore è a sua volta suddiviso in zone diverse corrispondenti alle tredici classi che costituiscono l’ordinamento sociale indiano. Pur dovendo accettare questa mancanza di integrazione fra la popolazione, e dovendo perciò ideare tredici diverse categorie di abitazione, Le Corbusier propone comunque la creazione per tutti gli appartamenti di servizi comuni alle diverse categorie sociali. Per Chandigarh, oltre al piano urbanistico generale, Le Corbusier progetta anche gli edifici rappresentativi -il Palazzo del Governatore, il Parlamento, il Segretariato e la Corte di Giustizia - creando alcune tra le più suggestive realizzazioni architettoniche che mai siano state immaginate. Le Corbusier La scelta del Modulor ha consentito di spiegare lo studio delle proporzioni del corpo umano in relazione all’architettura e la sua importanza nello studio razionalista delle unità d’abitazione Le Modulor Le Corbusier Villa Savoye Poissy Le Corbusier Chandigarh Cappella di Ronchamp 5. Hans Scharoun Il massimo rappresentante del cosiddetto espressionismo organico tedesco è Hans Scharoun (1893-1972). Già nel 1927, all’esposizione, organizzata dal Werkbund (associazione di artisti critici e industriali tedeschi) a Stoccarda, egli presentò una casa unifamiliare con la quale, pur tenendo presenti i concetti del razionalismo, rompeva la rigida stereometria degli edifici esposti in quella stessa occasione dai maestri del razionalismo europeo: Walter Gropius, Mies van deh Rohe, Le Corbusier e altri. La genialità di Scharoun esplode, comunque, nel secondo dopoguerra e si esprime soprattutto attraverso la progettazione di due particolari tipi edilizi: la scuola ed il teatro. È una genialità tutta rivolta alla risoluzione dei problemi spaziali, ma profondamente indifferente nei confronti dell’aspetto formale dell’architettura. Ne risulta una progettazione che può apparire, all’esterno, talvolta arbitraria e non sufficientemente curata. Ed è un’impressione rispondente alla realtà in quanto, come si è detto, la massima preoccupazione di Scharoun è quella di creare nuovi spazi per soddisfare nuove esigenze e non, piuttosto, quello di fare della bella architettura. Non v’è dubbio che i due il risultati più significativi del vasto impegno progettuale che ha occupato Hans Scharoun negli ultimi anni sono, nel settore scuole il liceo di Lunen e, per quanto riguarda la tipologia dei teatri, la Philharmonia di Berlino. La Philarmonia di Berlino fu realizzata da Scharoun tra il 1956 e il 1963. Si tratta di un ampio invaso di forma irregolare, capace di 2500 posti, il cui centro è occupato dall’orchestra. I critici ne parlano dicendo: «La sensazione, dovuta all’invaso, di essere non solo spettatori, ma anche attori dello spettacolo, è piacevole in sommo grado; e sommando a questa l’acustica perfetta, il godimento si raddoppia. L’aspirazione costante dei grandi architetti - la pianta centrale - trova qui la sua trionfale affermazione, realizzabile, senza dar di cozzo ai vincoli funzionali, solo nella sala da concerto, dove, a differenza del teatro, il fatto sonoro predomina su quello visivo». La grande conchiglia è fasciata tutt’intorno da un ampio spazio percorribile, il foyer, che permette agli spettatori, durante gli intervalli, di spostarsi tra i diversi livelli e, perfino, di uscire all’aperto, grazie a un complesso di rampe e di scale. Hans Sharoun Philarmonie Berlino LE NUOVE FRONTIERE DELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA 1. Le ricerche tra espressione e rigore Cercare di restituire un panorama il più possibile fedele di quella che è l’architettura contemporanea, risulta essere un compito davvero arduo. E questo per una serie di motivi, il primo dei quali è la mancanza di quella che viene chiamata prospettiva storica e che pone l’osservatore in un contatto troppo diretto, tanto da porlo in una situazione di scarsa oggettività, con quanto deve analizzare. A questa difficoltà, comune agli storici di tutte le epoche nel momento in cui hanno tentato di valutare gli avvenimenti artistici di un periodo a loro vicino, se ne aggiungono altre di natura diversa e proprie di questa fase culturale. Abbiamo visto come fino alla metà del ventesimo secolo le ricerche degli architetti, almeno relativamente al mondo occidentale, potessero essere abbastanza facilmente definibili come appartenenti ad una tendenza comune; anche se, naturalmente, i vari progettisti, soprattutto quelli di maggior qualità, davano il loro contributo artistico aggiungendo ciascuno i caratteri della propria personalità. Oggi, a quella sorta di patrimonio comune, costituito, pur nella sua complessiva unitarietà, dai due grandi filoni del funzionalismo e dell’organicismo, che aveva portato ad una maniera progettuale facilmente riconoscibile, i progettisti tendono a sovrapporre, se non a sostituire, espressioni formali e di contenuto che hanno soprattutto l’intento di valorizzare quelli che sono i contributi specifici delle culture locali. Se da un lato, quindi, la facilità di movimento, sia delle informazioni che degli uomini, ha posto le condizioni per lo sviluppo di una cultura omogenea quasi in ogni parte del globo, dall’altro lato le esperienze riferite a realtà locali anche molto circoscritte hanno cominciato ad avere un’attenzione sempre maggiore da parte dei progettisti soprattutto per quanto riguarda gli aspetti relativi alle problematiche tecniche. Infatti, mentre fino a poco tempo fa, l’uso e più in generale l’attenzione ai materiali tradizionali trovava spazio in special modo nei lavori di restauro, oggi importanti ricerche sono rivolte proprio all’impiego di materiali tradizionali sia nella forma, nella tecnica d’uso e di assemblaggio, che nella lavorazione. A questi motivi si aggiunge sicuramente il fatto che all’arte del costruire vengono richieste sempre nuove prestazioni; gli obiettivi e di conseguenza i risultati dei progettisti si possono differenziare notevolmente: chi ha come obiettivo il risparmio energetico trascurerà elementi che sono invece fondamentali per chi, magari, sceglie di confrontarsi con tecniche di tipo tradizionale usando materiali da costruzione del luogo. Orientarsi quindi, tra i numerosi indirizzi è davvero arduo, anche perché ogni progettista oggi, tranne alcune eccezioni, non fa più riferimento ad una scuola o ad un gruppo, ma rappresenta se stesso. La caotica situazione attuale può aver favorito un ripensamento sul ruolo dell’architettura nella cultura: architettura che sempre più spesso sembra avere un valore come immagine piuttosto che come fatto concreto. E se le immagini sono, come si può facilmente intuire, effimere, sempre più spesso assistiamo alla costruzione di architetture a vita programmata. Se ci pensiamo bene questa è stata una delle novità dell’architettura contemporanea, dalla realizzazione del Christal Palace in poi. Di conseguenza l’architetto non costruirà più per eternità, bensì per un periodo di tempo ben determinato, e, se pur espresso sotto varie forme, questo concetto è sicuramente frutto di una cultura funzionalista che vedeva la casa come una macchina per abitare. 2. Tecniche costruttive e concezione spaziale Come accennato, le tecniche del montaggio a secco sembrano avere ripreso un vigore e un interesse nuovo presso gli architetti contemporanei. Originariamente la tecnica della muratura a secco riguardava i muri composti generalmente da elementi grossi al punto tale da non richiedere malta per la loro connessione, dal momento che il loro peso garantiva la coesione tra gli elementi. In tempi molto più recenti il montaggio a secco ha invece interessato le tecniche di prefabbricazione . Nell’edilizia industrializzata, infatti, le operazioni di muratura allungano in modo significativo i tempi di costruzione e per questo si preferisce escluderle. Dallo studio di queste due diversissime concezioni provengono le esperienze più recenti del montaggio a secco riguardanti materiali tradizionali come la pietra o il mattone. Lo stesso Renzo Piano ha studiato, negli ultimi anni, dei pannelli di facciata composti da elementi in laterizio montati a secco. Gli elementi in laterizio sono forati in modo da poter essere semplicemente infilati in tondini di ferro quasi come perle in una collana, e vanno a costituire i pannelli che vengono montati sulla facciata esterna. Sempre più spesso a seguito di questa e di esperienze simili anche i diversi produttori di laterizi studiano soluzioni adatte a questi nuovi impieghi rinnovando così le possibilità di uso di questo materiale. In molte occasioni l’architettura ha saputo interpretare tecniche provenienti da settori produttivi affini ma non identici come quello del design. Quella che viene chiamata generalmente chiusura esterna difficilmente risulta essere formalmente e funzionalmente indipendente dallo spazio interno. Renzo Piano Pompidou Centre Parigi Renzo Piano Chiesa di San Giovanni Rotondo Centro Paul Klee Auditorium Olimpico di Torino 3. Zaha Hadid L’architetto iracheno Zaha Hadid si impose all’attenzione dei critici quando, a soli trentadue due anni (è nata nel 1950), si aggiudicò il primo premio nel concorso indetto da una società di Hong Kong che intendeva realizzare sul Victoria Peak - un grande parco di sua proprietà, uno dei più bei luoghi della città- un organismo a carattere plurifunzionale, ma sostanzialmente dedicato agli appartenenti ad un club elitario. Le architetture di Zaba Hadid erano state, sino ad allora, conosciute in una ristretta cerchia di critici e progettisti, dato che alcune di esse erano state pubblicate su riviste d’avanguardia; tuttavia, nessuno di questi progetti era stato poi realizzato. E anche se, con il successo ottenuto nel concorso di Hong Kong, l’architetto iracheno divenne assai nota, pur tuttavia ella non riuscì a veder realizzata la sua opera, in quanto il concorso non andò oltre la fase progettuale. Da allora, comunque, Zaha Hadid ha realizzato numerose opere in gran parte del mondo; e tutte almeno fino a ora, appaiono come sviluppi successivi delle prime idee. Hadid fu infatti, tra i primi architetti che si avviarono lungo quel percorso progettuale a cui è stato dato il nome di decostruttivismo, rappresentato eloquentemente nelle opere che Eisenman (altro importante architetto contemporaneo) comincia a realizzare intorno alla metà degli anni ottanta, quando egli porta, a conclusione il processo di accettazione-critica-superamento del razionalismo di marca lecorbusieriana. Se, infatti, i razionalisti, pensavano ad architetture aventi la solidità e la fermezza delle figure prismatiche, con Eisenman l’inversione di tendenza è tale che l’architettura viene, invece, ad assumere un carattere visivo che predilige il senso dell’ instabilità. Tornando a parlare di Zaha Hadid, l’edificio che sembra rappresentare una sorta di elemento spurio nell’iter progettuale dell’architetto iracheno è il museo d’arte contemporanea costruito a Cincinnati. Con esso, appunto, in maniera abbastanza contrastante con le ipotesi precedentemente esposte parlando di decostruttivismo, Zaha Hadid da’ vita ad un organismo ben solido che per nulla vuol suggerire un carattere di precarietà strutturale. Ciò è la conseguenza di un doppio ordine di fattori: uno, di carattere contingente, che consiste nella relativa limitatezza del lotto a disposizione; l’altro, più concettuale, appare derivare dal desiderio dell’architetto di voler consolidare esteticamente, con quell’edificio, un’area banale della città americana. Centro arti contemporanee, Cincinnati Zaha Hadid Vitra Fire Station Zaha Hadid Bar Moonsoon Sapporo, Giappone 4. Frank O. Gehry Negli spazi che Frank O. Gehry progetta e realizza, e dei quali il museo Guggenheim di Bilbao è sicuramente il più noto, l’architetto ha proceduto plasmando le forme esterne in modo non molto diverso dall’esecuzione di alcune monumentali strutture scultoree, come ad esempio la Statua della Libertà che domina l’ingresso nel porto di New York. Sopra una struttura reticolare metallica (nel caso della statua americana l’intelaiatura di sostegno fu progettata da Gustave Eiffel) sono state fissate delle lastre in titanio modellate a formare una gigantesca rosa metallica. Nel 1991 viene firmato un accordo tra il governo basco e la fondazione Guggenheim per la costruzione di un museo di arte contemporanea. Viene così indetto un concorso e Frank O. Gehry risulterà essere il vincitore. Nel 1993 prendono il via i lavori e nel 1997 si inaugura il nuovo museo. Situato nei pressi dell’estuario del fiume Nerviòn, su un terreno destinato in precedenza agli impianti industriali legati all’attività portuale della città, il museo occupa un’area di 24.290 metri quadrati. Di questo particolare progetto dobbiamo mettere in evidenza, oltre alla forma suggestiva e l’aspetto quasi immateriale, il rapporto stabilito con la città. La città storica e il fiume si trovano a quote differenti, e Gehry si è dato l’obiettivo di ricucire quei livelli e di integrarli con la struttura museale in cui sono presenti due bacini l’acqua definiti come giardini l’acqua. Da un punto di vista spaziale il fulcro del progetto è la grande hall centrale, che si sviluppa in un volume a tutta altezza, e dal quale si accede alle numerose gallerie che si dipartono, quasi a raggiera, e dove sono concentrati tutti i collegamenti verticali: sia quelli meccanizzati (ascensori in cristallo) che le scale. Le nuove tecniche per la rappresentazione architettonica sono state fondamentali per la restituzione di questo progetto in quel delicato passaggio che avviene dal plastico ai disegni bidimensionali, alla realizzazione. Per quanto riguarda la tecnica di realizzazione, la struttura portante è mista e vede l’impiego di calcestruzzo armato per i pilastri e le scale, e il metallo per la struttura reticolare che da la forma dell’edificio. A questa è fissata una seconda struttura reticolare con maglie molto più fitte alla quale si ancora il rivestimento esterno. Le lastre sono in acciaio galvanizzato dello spessore di 2 millimetri su cui è stata stesa una membrana impermeabile continua ricoperta poi da pannelli di titanio spessi 0,38 millimetri. Frank O. Gehry Guggenheim Museum Bilbao Frank O. Gehry Guggenheim Museum Bilbao Frank O. Gehry Dancing House Praga Frank O. Gehry DG Bank Berlino Frank O. Gehry Walt Disney Concert Hall Los Angeles Frank O. Gehry Weisman Art Museum Frank O. Gehry Porta d’Acqua di Venezia Frank O. Gehry Wfm Stata Center SOMMARIO ARCHITETTURA E RIVOLUZIONE INDUSTRIALE 1. Le conseguenze della rivoluzione industriale sulla città: la città moderna 2. I protagonisti L’ART NOUVEAU 1. Il primo stile industriale 2. Il Liberty 3. L’opera di Antoni Gaudì GLI ESORDI DELLA NUOVA ARCHITETTURA: STATI UNITI ED EUROPA 1. Tecniche costruttive e concezione spaziale in America 2. Frank Lloyd Wright 3. L’architettura europea tra le due guerre : il razionalismo 4. Le Corbusier 5. Hans Scharoun LE NUOVE FRONTIERE DELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA 1. Le ricerche tra espressione e rigore 2. Tecniche costruttive e concezione spaziale 3. Zaha Hadid 4. Frank O. Gehry TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI CLASSE: 5ª “TIPI EDILIZI” MODULO 2 INDICE 1 1. LA CASA DI ABITAZIONE: TIPOLOGIA IN LINEA, A SCHIERA, A BALLATOIO, A TORRE 1.1. CASE UNIFAMILIARI 2 1.2. CASE PLURIFAMILIARI 5 1.3. ESEMPI DI TIPI EDILIZI 1.3.1. Walter Gropius: Casa Doppia a Dessau 1.3.2. M. Campi e F. Pessina: Case a Schiera a Massagno-Lugano 1.3.3. Mecanoo Arkitecten: Torri per abitazioni a Stoccarda 7 7 8 10 1.4. GLI SPAZI DELLA CASA 11 2. EDIFICI DI INTERESSE PUBBLICO 2.1. EDILIZIA PER LA CULTURA 2.1.1. Biblioteche 2.1.2. Musei 2.1.3. Vittorio De Feo: Biblioteca a Nocera Inferiore 2.1.4. Massimo Pica Ciamarra: Museo della Scienza a Bagnoli 15 15 16 18 19 2.2. EDILIZIA PER IL CULTO 2.2.1. Chiese cattoliche 2.2.2. Sinagoghe ebraiche 2.2.3. Moschee musulmane 2.2.4. Aldo Van Eyck: La Chiesa Blu a Deventer in Olanda 2.2.5. Paolo Portoghesi e Sami Mousawi: La Moschea di Roma 20 20 22 22 23 24 2.3. EDILIZIA PER L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 25 2.3.1. Palazzo Comunale 25 2.3.2. Guido Canella e collaboratori: il Centro Civico a Segrate, Milano 26 1 TIPI EDILIZI 1. LA CASA DI ABITAZIONE: TIPOLOGIA IN LINEA, A SCHIERA, A BALLATOIO, A TORRE. Si può stilare sommaria classificazione per “tipi” della casa d’abitazione; questo consente di raggruppare questi edifici in due grandi categorie: le case unifamiliari e le case plurifamiliari. Le prime si possono ulteriormente suddividere in case unifamiliari singole e case unifamiliari associate, analogamente, le seconde si dividono in case isolate e case contigue. 1.1. CASE UNIFAMILIARI Le case unifamiliari singole sono edifici isolati, liberi da ogni lato e destinati ad ospitare un solo nucleo familiare per il soggiorno temporaneo oppure permanente (fig. 1). Le case unifamiliari associate, invece, sono edifici che pur essendo composti da più alloggi (abbinati, raggruppati, sovrapposti e a schiera) destinati a diversi nuclei familiari, prevedono per ciascuno di questi un ingresso indipendente. Le case associate con alloggi abbinati (fig. 2), hanno in comune tra loro soltanto un muro perimetrale, mentre gli altri tre lati sono completamente liberi. In questo caso, i due alloggi abbinati sono per lo più disposti in modo simmetrico rispetto al muro che essi hanno in comune. Questo non è dovuto unicamente a motivi di carattere estetico, ma a un insieme di esigenze funzionali ed estetiche (sistemazione giustapposta dei Fig.1 Fig.2 2 bagni, cucine e altri locali di servizio con conseguente alloggiamento delle tubazioni e delle canne fumarie nella zona comune, concentrazione delle scale e dei locali che non hanno necessità di particolare illuminazione nella parte interna, in modo da permettere agli ambienti di soggiorno e alle camere da letto una sistemazione per quanto possibile rivolta verso l’esterno). Le case associate con alloggi raggruppati sono in genere costituite dall’unione di quattro appartamenti accostati tra loro in modo tale che ciascuno di essi presenti due muri perimetrali in comune e due liberi (fig. 3). Ovviamente questa a soluzione, assai più di quella degli alloggi abbinati, presenta notevoli inconvenienti relativi ai problemi di orientamento e della ventilazione. Le case associate con alloggi sovrapposti, presentano, nei casi generici, un appartamento posto al piano terra e comunicante con l’esterno direttamente al livello stradale e un altro, al primo piano a cui si accede sempre direttamente dall’esterno per mezzo di una scala privata (fig. 4). Per lo più la pianta dei due alloggi coincide: in questo caso, i due ingressi non sono situati sullo stesso lato; spesso, invece la pianta dell’alloggio posto al piano superiore è uguale a quella dell’appartamento del piano terra. La casa a schiera (fig. 5) è forse l’elemento edilizio che ha maggiormente caratterizzato le espansioni delle città per tutto il Medioevo. Rappresenta quindi il tessuto embrionale degli antichi centri italiani. I caratteri principali del tipo edilizio a schiera sono essenzialmente: lo sviluppo su di un lotto rettangolare molto allungato prospiciente e ortogonale a una strada che presenta, Fig.3 Fig.4 3 Fig.5 sul fronte, un’ampiezza di circa 5-6 m; la presenza, sul lato opposto alla strada stessa, di un’area di pertinenza sulla quale sono possibili ulteriori accrescimenti della cellula abitativa; comunanza dei muri perimetrali (quelli sul lato lungo) con le schiere adiacenti e, di conseguenza, l’affaccio limitato ai due soli lati corti. L’altezza della casa a schiera era, generalmente, limitata a tre piani fuori terra, dei quali il pian terreno era esclusivamente adibito ad attività lavorative o commerciali, mentre il primo e il secondo piano costituivano l’abitazione vera e propria (fig. 6). La serialità e la rigidezza solo apparente di tale procedimento insediativo ne garantirono il successo e la larga diffusione, che proseguì per molti secoli e non pare tutt’ora, seppure con caratteri diversi, assolutamente esaurita. Fig.6 4 1.2. CASE PLURIFAMILIARI Le case plurifamiliari isolate (per esempio, la casa torre, quando il numero dei piani diventa elevato) sono fabbricati liberi da ogni lato, nei quali i singoli alloggi sono disimpegnati dalla stessa zona di ingresso che, nei casi di strutture pluripiano accoglie anche il corpo scala-ascensore (fig. 7). A differenza di quelle isolate, le case plurifamiliari contigue hanno in comune i muri perimetrali (fig. 8). Quest’ultimo tipo edilizio può suddividersi in due sottogruppi: case plurifamiliari contigue a blocco chiuso e a blocco aperto (fig. 9). Fig.7 Fig.8 Fig.9 5 La casa torre (fig. 10), è considerata da alcuni studiosi dei tessuti urbani come il risultato del processo di sviluppo in altezza della cellula abitativa di base (ambiente di forma quadrata). Questa, comunque, si qualifica proprio nel Medioevo, come residenza gentilizia, parzialmente fortificata, inserita entro i centri abitati. La sua dimensione in altezza, teoricamente indefinita e incentrata sulla ripetizione seriale di un unico ambiente, stava spesso a simboleggiare la ricchezza e la potenza della famiglia che la occupava. La casa in linea (figg. 11 e 12), ha iniziato a svilupparsi in età tardo medievale. La casa a schiera perde qui la sua singolarità, accorpandosi ogni due o quattro alloggi per piano; l’abitazione si distende orizzontalmente su un unico livello e si ripete in cellule uguali, dal piano terra all’ultimo piano, abbandonando così il concetto di unitarietà abitativa in verticale dalla terra al tetto. Fig.10 Fig.11 Fig.12 6 1.3. ESEMPI DI TIPI EDILIZI 1.3.1. Walter Gropius: Casa Doppia a Dessau Queste due case unifamiliari (fig. 13) abbinate fanno parte di un gruppo di abitazioni che l’architetto tedesco costruì a Dessau, nel 1925, per alcuni insegnanti della scuola di cui egli era direttore: la Bauhaus. Si tratta di case gemelle, le quali presentano l’accostamento di due piante simili ruotate tra loro di 180°. Tale rotazione ha come scopo quello di evitare la monotona simmetria generata dall’adozione di piante identiche e ugualmente disposte. A proposito dell’utilizzo di elementi identici (anche standardizzati) e del diverso modo di assemblarli tra loro al fine di ottenere una flessibilità di pianta e una varietà dell’aspetto esterno, scrive lo stesso Gropius: «Un prototipo di base può essere variato all’infinito grazie all’unione o alla sovrapposizione di elementi di costruzione identici. L’idea fondamentale consiste nel conciliare la più grande standardizzazione con la più grande diversità possibile. Tornando alle case gemelle di Dessau, è interessante notare, tra l’altro, come in esse il primo piano sia per metà occupato da un grande spazio indiviso, lo studio: un ambiente indispensabile, dal momento che gli abitanti di queste case erano tutti artisti. Anzi, in questo caso si può senz’altro parlare di vere e proprie case-studio. Fig.13 7 1.3.2. Mario Campi e Franco Pessina: Case a Schiera a Massagno-Lugano Il tipo edilizio impiegato per questo progetto, quello della casa a schiera, è uno di quelli che negli ultimi tempi viene più frequentemente adottato. Spesso chi affronta questo tipo di progettazione, si lascia suggestionare dall’architettura «tradizionale» non tanto per quanto riguarda il sistema costruttivo, ma soprattutto per il linguaggio formale. Gli autori di questo progetto, che già altre volte si erano impegnati nel tema della casa a schiera, hanno invece adottato un linguaggio interessante che, senza comunque cercare un rapporto mimetico col paesaggio, riesce a inserirsi nell’ambiente in modo corretto. Si tratta di cinque case individuali rispondenti a standard abitativi molto elevati, poste su un lotto di terreno triangolare che presenta un notevole dislivello. I progettisti hanno posto il lato nord della costruzione a ridosso della strada, in modo da lasciare unito lo spazio destinato al verde. Ai due lati principali è stato così attribuito un preciso carattere: a nord, una fronte compatta che si presenta come una quinta stradale con un carattere fortemente urbano; a sud, invece, la parte rivolta verso i giardini si presenta più articolata e capace di instaurare un rapporto tra interno ed esterno. La costruzione si sviluppa su quattro livelli: il piano interrato che ospita le autorimesse, i locali di servizio e le cantine, il piano terra con due camere poste a nord e un soggiorno che si affaccia sul giardino pensile la cui quota di calpestio è stata rialzata per colmare, almeno in parte, il forte dislivello naturale del lotto, il primo piano, dove si trovano i locali della zona giorno, posto alla stessa quota della strada e, infine, il secondo piano riservato alle quattro camere (figg. 14, 15, 16). Fig.14 8 Fig.15 Fig.16 9 1.3.3. Mecanoo Arkitecten: Torri per abitazioni a Stoccarda Si tratta di tre torri situate nell’insediamento sperimentale Garten Austellug (fig. 17). La scelta di frammentare l’intervento in tre blocchi, anche se economicamente più gravosa, è stata preferita per un motivo «compositivo», nel senso che si è cercata una soluzione d’angolo articolata. Per quanto riguarda, invece, la posizione dei corpi all’interno del lotto, questo intervento sembra essere in linea con i dettami del movimento moderno relativamente al fatto di non seguire gli allineamenti stradali. Gli architetti progettano le fronti rivolte verso la strada e quelle che guardano verso la corte alberata interna cercando di raggiungere due obiettivi: alle prime, quelle rivolte a sudovest si conferisce un carattere tendenzialmente urbano con un utilizzo quasi esclusivo del vetro mentre alle seconde si è attribuito un carattere di astrattezza facendole poi apparire anche con minor importanza. Il punto fondamentale è rappresentato dallo studio dei collegamenti verticali: esternamente, la torre dell’ascensore completamente vetrata e le passerelle, che da questa permettono l’accesso ai vari livelli, svolgono la funzione di collegamento tra l’esterno e le singole unità abitative. Le scale a chiocciola interne, ben visibili dal prospetto, sulla strada, sono state studiate sia per un utilizzo privato, cioè per il collegamento tra i diversi livelli di una stessa unità abitativa, sia per quello pubblico. Fig.17 10 1.4. GLI SPAZI DELLA CASA Gli spazi interni di ogni tipo di abitazione possono dividersi in due categorie, che chiameremo spazi serventi e spazi serviti. Gli spazi serventi sono gli ingressi, i corridoi e i disimpegni. Gli spazi serviti possono ancora suddividersi in due sottoclassi: spazi serviti principali, che sono i soggiorni, le stanze da pranzo e le camere da letto, e spazi serviti di sevizio che sono le cucine, i bagni, i gabinetti e i ripostigli. La possibilità di sfruttare altri spazi non direttamente collegati all’abitazione come le cantine, gli stenditoi e le autorirnesse, aumenta la funzionalità dell’abitazione; al pari degli spazi inter-esterni, come i loggiati e le terrazze. In condizioni climatiche favorevoli, l’utilizzo di questi spazi inter-esterni, proprio della tradizione abitativa italiana, consente di diminuire, se non addirittura eliminare, quel senso di costrizione che spesso deriva dalla necessità di muoversi in uno spazio eccessivamente angusto. Passiamo ora in rassegna, uno per uno, i principali spazi serviti e serventi dell’abitazione, ricordando che le altezze minime previste dalla normativa sono di 2,70 m per i primi e di 2,40 m per i secondi. L’ingresso e i disimpegni Nelle case d’abitazione più economiche è presente un solo ingresso; tuttavia, quando è previsto personale di servizio che vive permanentemente nell’abitazione, è consigliabile avere un secondo ingresso, detto di servizio, che comunica direttamente con la cucina. La distribuzione dei vari ambienti della casa è tradizionalmente affidata ai corridoi sui quali si affacciano le porte d’ingresso alle varie stanze. Gli orientamenti più attuali tendono invece a concepire organismi planimetrici diversi: 1) o si tende a trasformare questi spazi serventi indifferenziati in organismi più articolati, suddivisi in varie sezioni di differente larghezza e altezza, in modo da divenire vere e proprie appendici del soggiorno o luoghi di lavoro domestico; 2) o si predispone un grande soggiorno centrale, sfruttandolo anche per smistare gli accessi alle varie stanze. 11 Il soggiorno È lo spazio interno principale dell’abitazione. L’elenco delle funzioni che si svolgono in un soggiorno è piuttosto vario, in ogni soggiorno si possono quindi enucleare vari gruppi: 1) gruppo di conversazione principale, al quale sono dedicati i divani e le poltrone; 2) gruppo di conversazione secondario, per il quale, in genere, possono bastare le sedie; 3) gruppo di lettura, al quale occorre un tavolino; 4) gruppo di scrittura o di studio, che può utilizzare gli spazi del gruppo precedente; 5) gruppo per il gioco degli adulti, il quale utilizza un tavolino di minori dimensioni, se disponibile; 6) gruppo di ascolto e di visione. La superficie minima del soggiorno è di 14 mq. La stanza da pranzo Nella casa borghese, la sala da pranzo era quasi sempre uno spazio a se stante, ma è stata giustamente la prima a essere sacrificata a causa della carenza di spazio e della mancanza di personale di servizio. Anche quando esiste lo spazio necessario al pranzo si assiste al curioso fenomeno della sala da pranzo coincidente con il salotto. Nelle case di abitazione in cui l’economia spaziale è un elemento dominante, al pranzo possono essere adibiti due ambienti: a) un prolungamento dello spazio-cucina detto tinello; questo semplifica notevolmente le operazioni di apparecchiatura e sparecchiatura della tavola, nonché la fatica del servizio; b) una parte del soggiorno, convenientemente dimensionata. In questo caso, il tavolo da pranzo, utilizzato come tale solo durante i pasti, può essere adibito durante il giorno ad altre funzioni. Le dimensioni del tavolo da pranzo per N persone sono: 12 — per un tavolo rettangolare, 75-85 cm in larghezza, 60-70 x (n-2)/2 in lunghezza; — per un tavolo rotondo, diametro 60-70N/3,14. La cucina Le operazioni che si svolgono in cucina sono: conservazione dei cibi, preparazione dei pasti, cottura e preparazione finale, lavaggio delle stoviglie e loro asciugatura. A ciascuna di queste quattro operazioni corrisponde un centro di lavoro. A. Klein, nel 1928 accertò con indagini ergonomiche che la buona disposizione di questi centri consente risparmiare alla fine dell’anno varie decine di chilometri, corrispondenti a ore e ore di cammino inutile. I tipi fondamentali di spazio-cucina derivano dai posizionamenti reciproci degli elementi necessari per le quattro operazioni suddette e sono: a) cucina in linea; b) cucina a L; c) cucina a due elementi in pallelo; d) cucina a U. La normativa impone che la cucina sia dotata di una finestra o che sia munita di un impianto di aspirazione forzata, per un’adeguata aspirazione dei fumi e dei vapori. La camera da letto La funzione svolta dalle camere da letto è quasi sempre una costante universale; tant’è vero che anche per gli architetti che più si sono battuti per la continuità spaziale all’interno dell’abitazione, essa si è arrestata di fronte alla funzione del dormire. La stanza da letto è sempre restata isolata dal resto dell’abitazione, salvo i casi, piuttosto rari, della casa concepita per un’unica persona. Oltre all’ovvia suddivisione tra camera e camera, è egualmente necessaria una divisione netta tra la zona-notte e la parte restante dell’abitazione, in modo da garantire la necessaria intimità a quest’area dell’abitazione. Nelle camere per i giovani, ciascuno dei quali dovrebbe avere la propria stanza, deve 13 essere previsto lo spazio per lo studio, con un tavolinetto e una libreria; si tratta quindi di spazi misti, che assommano le funzioni di zona notte con quelle di soggiorno. La normativa italiana impone che le camere da letto doppie non abbiano dimensioni inferiori a 14 mq e 9 mq quelle singole. La stanza da bagno Lo sviluppo tecnico degli apparecchi igienico-sanitari ha portato alla riduzione degli spazi occorrenti per i locali da bagno, come è avvenuto per le moderne cucine. Analogamente, anche il tempo di permanenza giornaliera nel bagno è stato notevolmente ridotto. L’abitudine di chiudersi per lungo tempo nel bagno, magari per leggere, derivava dal fatto che spesso questo era l’unico luogo della casa che garantiva una privacy assoluta, specie per i figli; questa abitudine è tuttavia scomparsa quando è stato possibile disporre di spazi ugualmente privati e più consoni alle attività di lettura, scrittura o studio. La comparsa sul mercato di nuovi apparecchi igienico-sanitari poilfunzionali ha scarsamente influenzato l’adozione degli apparecchi tradizionali che sono: — il lavabo; — la vasca da bagno; — il water-closet; — il bidet; — la doccia. La distribuzione degli apparecchi suddetti nei bagni può raggiungere dimensioni minime piuttosto ristrette (3,70 x 1,45 m), anche se è sconsigliabile scendere sotto i 6 mq, dovendo il bagno ospitare la macchina lavatrice e la cassetta dei panni sporchi. La sistemazione razionale degli apparecchi è molto importante, non solo per l’economia di spazio, ma anche per quella dell’impianto e la garanzia del suo corretto funzionamento. Lo studio di queste apparecchiature è un aspetto importante degli impianti tecnici dell’abitazione. 14 2. EDIFICI DI INTERESSE PUBBLICO. 2.4. EDILIZIA PER LA CULTURA 2.1.1. Biblioteche Sono edifici destinati alla raccolta di libri, quotidiani (emeroteca) e altri generi di documenti. La loro progettazione è regolata dalla L. 765/67 e dal D. M. 1444/68. In relazione al tessuto urbano esistente, esse possono localizzarsi indifferentemente in aree centrali o in zone periferiche della città. In questo secondo caso, la biblioteca, in genere, diventa anche luogo di incontro con spazi polivalenti. Il suo dimensionamento varia quindi in funzione di numerosi fattori; infatti, oltre all’importanza che essa deve assumere, occorre valutare il numero potenziale di lettori. Naturalmente i suoi spazi, oltre a esser regolati dalle norme sopraddette, devono osservare i regolamenti antincendio, che in questo caso sono estremamente rigorosi. Sono strutture che devono garantire la massima flessibilità; per questo motivo, e soprattutto per facilitare le eventuali trasformazioni interne, devono essere progettate secondo criteri di modularità, sia per quanto riguarda gli «spazi» sia per gli arredi Un altro elemento da studiare con attenzione durante la fase di progettazione è l’illuminazione; infatti un adeguato comfort visivo è garantito da una corretta disposizione delle fonti illuminanti. L’illuminazione, sia naturale sia artificiale, deve essere il più possibile uniforme, diffusa e non diretta (fig. 18 ). Per questi ambienti sono sconsigliate grandi aperture (anche perché si riduce lo spazio per gli scaffali) e il rapporto aeroilluminante consigliabile è equivalente a 1/5. Gli ambienti presenti all’interno di una biblioteca di medie dimensioni sono: la zona ingresso, in cui è consigliabile posizionare il banco per le informazioni, con altezza da terra compresa tra 90 e 96 cm (per consentire un appoggio confortevole all’utente in piedi) e larghe tra 45 e 60 cm; la zona Fig.18 15 lettura, arredata con tavoli (con dimensioni 60 x 90 cm e altezza da terra 70-76 cm) e scaffali a parete. Questa è la parte della biblioteca in cui è maggiore la fruizione; per questo motivo, i percorsi di distribuzione tra i tavoli non possono essere inferiori a 90 cm, mentre quelli laterali devono essere di almeno 120 cm, per garantire il passaggio di due persone; il deposito è un corpo fabbrica attrezzato con scaffalature di altezza non superiore a 197 cm, profondità che varia tra 20 e 30 cm, lunghezza 90 cm e con una distanza minima tra scaffali paralleli di 80 cm; gli uffici, per la gestione complessiva della biblioteca; la zona fotocopie, con un’area che occupi al massimo il 15% dell’intera superficie; per finire, i servizi igienici. 2.1.2. Musei Il museo è tradizionalmente il luogo che ospita oggetti di diversa natura, utili per la conoscenza e la diffusione del sapere. Negli ultimi anni si è tuttavia affermata una nuova tipologia di museo che, oltre alle opere vere e proprie, espone anche modelli e riproduzioni, avvalendosi di moderne tecnologie. La progettazione di un museo richiede anche lo studio dell’allestimento interno (fig. 19); per tale motivo, in questo campo si raggiungono ottimi risultati unicamente quando esiste una piena e fattiva collaborazione tra progettista, direttore e il curatore del museo. I criteri di ordinamento più diffusi sono tre: l’ordinamento cronologico, quello topografico e quello tematico. Connesso ai criteri sopra esposti è lo studio dei percorsi; questi possono essere liberi, consigliati, oppure obbligati e servono a far «conoscere» il museo e le sue opere in base a determinate successioni che sono state stabilite dall’ordinamento. Un museo accoglie mostre a carattere permanente ma anche temporaneo, quindi deve avere una struttura flessibile e Fig. 19 16 adatta a ospitare oggetti di varia natura. Si studieranno quindi pannelli scorrevoli su binari, moduli aggregabili e orientabili. L’illuminazione è uno degli aspetti più importanti per la progettazione di una struttura a carattere museale, poiché essa, oltre a valorizzare l’opera esposta, può contribuire attraverso un utilizzo corretto alla sua conservazione (che, naturalmente, è garantita anche da un rapporto ottimale tra temperatura e umidità che avviene con l’utilizzazione di apposite teche, fig. 20). Esiste, quindi, una normativa che fissa i valori massimi di illuminamento consentiti, rispetto al tipo di materiale di cui l’opera è composta; questi si ottengono con strumenti che misurano le radiazioni visibili dall’occhio umano (luxmetri). Sono tuttavia consigliabili lampade che emettono una luce vicina a quella solare e che abbiano una resa dei colori fedele. Fig.20 17 2.1.3. Vittorio De Feo: Biblioteca a Nocera Inferiore Si tratta di un edificio (fig. 21) collocato in un giardino ottocentesco situato, a sua volta, al limitare di un importante parco della cittadina campana. L’architetto, sfruttando i vincoli posti dal sito e in particolar modo la presenza di una ricca alberatura, ha progettato un interessante esempio di edificio polifunzionale, nel quale, tuttavia, è largamente predominante l’elemento della biblioteca. Tale organismo, quindi, offre anche importanti servizi ausiliari, essendovi collocati una sala per le audizioni, un apposito spazio di lettura per i bambini, una sezione speciale, l’emeroteca e un ambiente, opportunamente recintato, per la lettura all’aperto. Inoltre, in questo complesso trovano posto alcuni servizi propri di un centro polifunzionale; vi sono, infatti, oltre ad alcuni uffici del centro sociale, uno spazio predisposto per l’allestimento di mostre ed è prevista la possibilità, spostando gli arredi mobili, di ricavare dalla sala di lettura centrale un ambiente per riunioni di buone capacità ricettive. Anche dal punto di vista distributivo la struttura appare ben organizzata. Infatti, gli ambienti di servizio, dal deposito dei libri agli uffici della biblioteca e del centro sociale, sono raggruppati in un corpo, a forma di rettangolo molto allungato, parzialmente interrato, ove sono disposti anche i servizi igienici, il guardaroba e la sala per le audizioni. Gli altri ambienti (sale di lettura, spazio per mostre ecc.) sono, dal punto di vista architettonico, estremamente articolati e, ruotando attorno a un interessante patio circolare sistemato a gradonate, proiettano verso l’esterno il volume dell’edificio sull’unico prospetto che, dato il dislivello del terreno, si presenta completamente libero. Fig. 21 18 2.1.4. Massimo Pica Ciamarra: Museo della Scienza a Bagnoli. Il museo (fig. 22) inaugurato nel 2001, fa parte di un progetto molto più ampio che prevede l’intera riqualificazione dell’area industriale di Bagnoli. Il sito dell’intervento, molto vasto (circa 63,000 mq), è diviso al centro da una grande arteria. Per questo motivo l’elemento fondamentale nel nuovo progetto è stato proprio il superamento di questa «barriera». Questo è stato possibile, essenzialmente, tramite due interventi: una dilatazione della strada stessa, la quale ha assunto il carattere di una «lunga» piazza, e una riqualificazione degli edifici che su di essa prospettano. Nell’edificio a est dell’area, quindi, trovano posto laboratori di ricerca e uffici, mentre nell’edificio a ovest, cioè quello che guarda verso il mare, è collocato il museo. Questa struttura, oltre al museo vero e proprio, prevede al suo interno numerosi altri ambienti tra cui ricordiamo: uno spazio per mostre temporanee, un planetario, la «città dei bambini», un bar-ristorante e, infine, uffici per l’amministrazione e la direzione generale. All’interno, questi spazi si snodano e si dilatano attorno a una serie di percorsi e di dislivelli disegnati secondo una logica che è indipendente dall’andamento longitudinale delle cinque navate in cui è suddivisa l’intera struttura. Molto interessante appare la fronte nord dell’edificio: l’ultima capriata della copertura è lasciata libera e «sospesa» nello spazio e il tamponamento della parete è stato eseguito per mezzo di superfici in vetro, inclinate di 45°. Queste, inoltre, chiudono vasche d’acqua ricavate tra muretti di laterizio che si distendono ortogonali all’edificio stesso. Fig 22 19 2.2. EDILIZIA PER IL CULTO 2.2.1. Chiese cattoliche. È abbastanza difficile, oggi, dare una definizione tipologica della chiesa. Questo organismo architettonico, che per secoli ha risposto ad alcuni canoni progettuali estremamente rigorosi (a croce latina, a croce greca, a pianta centrale), è infatti stato oggetto negli ultimi tempi una notevole evoluzione che ha generato una grande varietà di soluzioni. Il rinnovamento proposto, di volta in volta con iniziative individuali, dai progettisti più ricchi di personalità e pronti a comprendere le mutate esigenze dei tempi, ha assunto in un secondo momento valore di norma, a seguito delle direttive impartite dal Consiglio Ecumenico Vaticano II. A questo proposito infatti, nel Dizionario Enciclopedico di Architettura e di Urbanistica, si legge: “Nell’ambito delle grandi direttrici conciliari che richiamano la chiesa all’ idea primigenia di domus ecclesia, il cambiamento che maggiormente ha inciso riguarda la posizione dell’officiante, che la liturgia vuole rivolto verso i fedeli. Ne scaturiscono una serie di necessità che condizionano la distribuzione degli ambienti interni e degli stessi arredi [...]. Il senso di comunità dovrà ancora essere accentuato dalla disposizione della schola, dell’organo e soprattutto dei posti per i fedeli, studiati in modo tale da abolire ogni senso gerarchico e da permettere la partecipazione completa allo svolgimento della sinassi. Inoltre, pur lasciando ampia libertà ai singoli architetti, si è posto l’accento sulla chiesa come luogo che soddisfi tutte le esigenze del cattolico; oltre agli ambienti più strettamente legati alle necessità della vita religiosa, devono essere considerati come parti integranti e non collaterali tutti i locali adibiti alle attività sociali, ricreative e assistenziali.” A titolo d’esempio forniamo alcune indicazioni valide per la progettazione di un complesso di questo tipo. - Trattandosi di un edificio pubblico, anche la chiesa deve rispettare le norme in merito alla protezione contro gli incendi e per l’eliminazione delle barriere architettoniche. - Deve essere ubicata in un luogo «tranquillo» e baricentrico rispetto al nucleo abitato nelle cui vicinanze dovrebbero essere disponibili zone di sosta per le automobili e spazi da adibire a verde pubblico. 20 - È consigliabile progettare l’edificio rialzato dal livello stradale e da esso arretrato attraverso la costruzione di un portico (nartece). - All’interno il presbiterio, la cui superficie minima misura 60 mq, deve distinguersi dall’aula dei fedeli tramite alcuni gradini. Inoltre, deve ospitare la croce dell’altare e una tavola per sistemare il materiale liturgico. - Il fulcro verso il quale è rivolta l’attenzione dei fedeli è l’altare: esso deve essere previsto in posizione centrale su una pedana rialzata, in genere, da tre gradini e libero su tutti quattro i lati. - La sede, posizionata al centro oppure a destra guardando l’altare (lato epistola), in genere è affiancata da due sedili; la superficie che occupano può variare da un minimo di 42 mq a un massimo 59 mq. - Le cappelle devozionali, quando previste, devono avere una superficie minima di 25 mq. - Il battistero deve essere uno spazio indipendente aperto verso l’aula dei fedeli e possibilmente a un livello inferiore rispetto a quello della sala. - L’aula per i fedeli deve essere arredata con panche e banchi dotati di inginocchiatoio (lunghe massime 3 m). Le porte per accedere all’aula devono essere almeno due, larghe 1,7 m e alte 3 m (fig. 23). Fig. 23 21 - La sagrestia, posizionata vicino al presbiterio e al suo stesso livello, deve avere una superficie di 30 mq. - Gli standard minimi di superficie sono stabiliti dalla circolare della Pontificia commissione per l’arte sacra, che assegna 0,08 mq ad abitante per i quartieri di maggiori dimensioni e 0,17 mq per quelli di dimensioni minori. 2.2.2. Sinagoghe ebraiche. La loro costruzione deve essere progettata lungo l’asse ovest-est, affinché i fedeli siano rivolti verso Gerusalemme. Al loro interno, molto importanti sono la pedana (bimà), sulla quale trova posto un tavolo per le letture e un armadio (aron) che ospita i rotoli della Bibbia (dimensioni minime 80 x 160 cm). La prima, in genere posizionata al centro della sinagoga, ha una superficie che varia tra i 5 e i 7 mq; l’aron invece ha dimensioni minori (2-4 mq) ed è rialzato dal pavimento (fig. 24). 2.2.3. Moschee musulmane. Queste strutture devono essere posizionate in direzione della Mecca e devono comprendere due nuclei fondamentali: il mihrab, cioè la nicchia-sacrario, e il minbar, ovvero il pulpito. Spesso questi ambienti sono posizionati attorno ad un cortile (haram) in cui trovano posto un portico e una fontana. (fig. 25) ARON MIHRAB BIMA’ MINBAR HARAM Fig. 24 Fig. 25 22 2.2.4. Aldo Van Eyck: La Chiesa Blu a Deventer in Olanda Si tratta di una chiesa (fig. 26) realizzata nel 1985 in un quartiere di edilizia popolare. Essa è situata su un lotto quadrato delle dimensioni di circa 50 x 50 m. Il progettista ha voluto creare un contrasto tra la nuova chiesa e le costruzioni preesistenti che non presentano particolari qualificazioni da un punto di vista formale. Questo risultato è stato ottenuto dal punto di vista volumetrico (i caseggiati intorno sono alti e la nuova costruzione è bassa), nell’utilizzo dei materiali (la chiesa, diversamente dagli edifici vicini, è realizzata con materiali che cambiano il loro aspetto con il passare del tempo) e nelle aperture che negli edifici a uso abitativo sono abbondanti, mentre l’edificio religioso sembra quasi chiudersi verso l’esterno. Su un corpo rettangolare si innestano alcuni settori circolari che vanno a costituire la chiesa vera e propria; la sacrestia, divisa dalla chiesa da una fascia nella quale sono raggruppati gli ingressi, ha forma rettangolare. Realizzata in blocchi di cemento monocromatico, la chiesa ha le facciate esterne realizzate nella parte alta da pannelli di legno e, nella parte inferiore, in calcestruzzo di colore blu intenso, presenta strutture metalliche per le rose rampicanti alle quali Fig. 26 il progettista ha attribuito un ruolo estetico molto importante L’illuminazione proviene in modo prevalente dai lucernari. Le pareti interne sono tinteggiate con tre tonalità di incastonate azzurro e, nell’intonaco, si trovano conchiglie di madreperla che vanno a disegnare le linee di movimento dei pesci. Il colore blu, prevalente nella costruzione, è stato scelto in ricordo del mare delle isole Molucche dalle quali proviene la comunità alla quale è stato destinato l’edificio. 23 2.2.5. Paolo Portoghesi e Sami Mousawi: La Moschea di Roma La costruzione della grande Moschea di Roma (fig. 27), con annesso centro culturale islamico, è stata terminata nel 1994 ed è il risultato di una vicenda lunga quasi un ventennio. Essa infatti ebbe inizio quando fu bandito il concorso vinto dal gruppo di progettisti guidato da Paolo Portoghesi; un architetto, è bene ricordarlo, che, fin dagli esordi, è sempre stato molto attento ai suggerimenti della storia (non solo occidentale), divenendo uno dei maggiori protagonisti di quel movimento che intese prendere le distanze dai dogmi del cosiddetto movimento moderno. Il vastissimo impianto è situato ai piedi del Monte Antenne, in un’area che il municipio di Roma volle donare alla già numerosa comunità islamica presente nella capitale. Presentando questo edificio, il critico Mario Pisani ha scritto, tra l’altro: «La costruzione si pone più che come edificio isolato — situazione tipica del monumento — come un vero e proprio brano di città, aperto, simmetrico, articolato. Quasi un’opera non finita, che cerca un proprio rapporto con l’atmosfera, l’ambiente dell’intorno, oltre che le presenze più suggestive della capitale. L’impianto si compone infatti di un elemento geometricamente forte, di carattere simmetrico e per alcuni versi persino bloccato, mentre quando ci si allontana da questo nucleo centrale, costituito dalla sala di preghiera e dalla piazza porticata, si attenua la compattezza e l’insieme si ammorbidisce dilatandosi». Fig. 27 24 2.3. EDILIZIA PER L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA La pubblica amministrazione è divisa in vari comparti tra i quali quello degli enti locali. Esso si suddivide ulteriormente in Regioni, Province e Comuni. Tra questi enti, quello più importante, soprattutto perché maggiormente a contatto con i cittadini, è il Comune. La legge n. 142/90 detta il «nuovo ordinamento delle autonomie locali ed elenca in modo dettagliato i compiti e le funzioni che deve assolvere il Comune. A titolo d’esempio, analizziamo in questa sede le caratteristiche del luogo di governo del Comune. 2.3.1. Palazzo comunale Il palazzo comunale è diviso in tre organi istituzionali. Essi sono: il consiglio comunale, che è l’organo deliberativo e che è composto da un numero variabile di consiglieri proporzionato all’importanza stessa del Comune; la giunta municipale, che è l’organo esecutivo, anch’essa proporzionata in rapporto al numero dei cittadini residenti; infine, il sindaco capo dell’amministrazione comunale e ufficiale di governo Nella progettazione di una struttura in grado di far funzionare un organismo di questo tipo, oltre a studiare gli ambienti per gli organi istituzionali sopra menzionati, è opportuno prevederne altri destinati a uffici pubblici di vario genere come, per esempio, ufficio di stato civile, ufficio anagrafico, ragioneria, tesoreria, esattoria e commissione edilizia. Pertanto, un palazzo comunale di un piccolo centro può essere ubicato, come avveniva anche in passato, al centro dell’abitato, nella zona cioè in cui converge l’insieme degli interessi di carattere sociale della comunità; per i palazzi comunali delle grandi e medie città si presentano invece problemi di natura urbanistica, di volta in volta diversi ma sempre così complessi da portare, spesso, verso soluzioni di decentralizzazione. Tutti gli ambienti, quindi, saranno ogniqualvolta studiati in base al “tipo” di Comune. Lo spazio più importante, quello che qualifica l’intero complesso strutturale, è la sala per le riunioni del consiglio comunale. La sua disposizione all’interno dell’edificio e il suo dimensionamento devono essere studiati tenendo presente che in essa non prendono posto soltanto il sindaco, gli assessori e i consiglieri, ma anche il pubblico e i rappresentanti della stampa. Vicino alla sala del consiglio, in genere ubicata al primo piano del palazzo, sono da prevedere gli ambienti da destinare agli organi istituzionali: ufficio del Sindaco, della Giunta, degli Assessori ecc. Per quanto riguarda, invece, i 25 numerosi altri ambienti, essi saranno situati in posizioni di accesso più o meno agevole, a seconda che vi sia o meno affluenza di pubblico. Per esempio, seguendo questo criterio, il progettista collocherà preferibilmente al piano terra tutti gli uffici nei quali l’afflusso di pubblico è massimo (per esempio, tributi, anagrafe, assistenza sociale, igiene) e ai piani superiori quelli in cui il cittadino si reca raramente (per esempio, archivio, protocollo, statistica e censimento). Alcuni di questi uffici, per evitare un eccessivo affollamento, potranno essere dotati d’accesso indipendente. Inoltre, è utile la comunicazione diretta tra i vari uffici senza la necessità di passare dai disimpegni comuni. È importante, in particolar modo nei complessi di dimensioni maggiori, differenziare i percorsi dei dipendenti da quelli del pubblico: i primi tramite un accesso direttamente collegato con il parcheggio per le automobili, gli altri tramite un atrio di «smistamento». Gli uffici degli enti pubblici sono caratterizzati dal principio del plan libre, in modo da consentire un’elevata flessibilità e prevedere spazi di lavoro collettivo e/o singolo in base alle diverse esigenze. L’ufficio del Sindaco, nel quale si potranno svolgere anche piccole riunioni, avrà dimensioni maggiori rispetto a tutti gli altri. Esso sarà accessibile tramite un disimpegno che comunica con la sala di attesa. Le aperture degli uffici devono consentire un rapporto illuminante minimo di 1/8. Oltre a questi ambienti, è necessario progettare una zona da destinare ad archivio. Questa avrà una dimensione non inferiore a 300 mq; per questo motivo la sua ubicazione sarà in una parte «isolata» del complesso oppure nei sotterranei. Infine, già durante la fase di progettazione, è consigliabile prevedere aree per possibili ampliamenti, vicine e facilmente collegabili con il resto della struttura. 2.3.2. Guido Canella e collaboratori: il Centro Civico a Segrate, Milano L’ esigenza di polifunzionalità è stata avvertita come primaria dai progettisti di questo centro civico realizzato a Segrate nel 1967. L’edificio (fig. 28 e 29) sorge in una posizione intermedia tra il nucleo vecchio del paese e la nuova zona di espansione edilizia ponendosi come elemento di collegamento tra due differenti situazioni socioambientali e, di conseguenza, come polo di attrazione per l’intera comunità. Analizzando questo complesso organismo, di notevole interesse anche per la forma particolare che lo contraddistingue, scrive un critico sulla rivista L’architettura: “Il palazzo comunale racchiude già una serie di funzioni: quella amministrativa con vari uffici, quella culturale, con la biblioteca pubblica e la sala di riunione, oltre ai servizi 26 sanitari e civici più elementari. Tutti questi ambienti sono raggruppati intorno a un cuore di servizi e si sviluppano in tutte le direzioni. Ciascuna delle destinazioni è chiaramente descritta: l’articolazione volumetrica che ne consegue sottolinea i quattro settori principali: salone sportelli (anagrafe) con soprastante aula di consiglio (utilizzabile anche come sala per conferenze, concerti e proiezioni); uffici per il Sindaco e gli assessori, sale di riunione, segreterie; uffici tecnici e amministrativi, chiusi in un corpo rigido con alta elasticità interna; biblioteca comunale con soprastante ridotto dell’aula di proiezioni, da utilizzare per mostre, affacciato a semicerchio sulla campagna circostante”. Fig. 28 Fig. 29 27