TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI
Programma per la classe V - I.T.G.
Modulo n.0
Titolo: Igiene ambientale
Contenuti del modulo:
U.D. 1 L’aria;
U.D. 2 L’acqua;
U.D. 3 Il suolo;
U.D. 4 I rifiuti solidi;
U.D. 5 L’uomo e l’ambiente.
Modulo n.1
Titolo: Storia dell’architettura
Contenuti del modulo:
U.D. 1 Architettura e rivoluzione industriale;
U.D. 2 L’Art Nouveau;
U.D. 3 Gli esordi della nuova architettura in Europa e negli Stati Uniti (Wright - Le Corbusier);
U.D. 4 Le nuove frontiere dell’architettura contemporanea.
Modulo n. 2
Titolo: Tipi edilizi
Contenuti del modulo:
U.D. 1 La casa di abitazione: tipologia in linea, a schiera, a ballatoio, a torre;
U.D. 2 Edifici di interesse pubblico;
U.D. 3 Esecuzioni di semplici elaborati grafici con l’ausilio di strumenti informatici quali: “Autocad”
Modulo n. 3
Titolo: Storia e tecnica dell’urbanistica
Contenuti del modulo:
U.D. 1 Elementi di storia dell’urbanistica;
U.D. 2 Elementi di tecnica urbanistica: gli strumenti urbanistici;
U.D. 3 Standard urbanistici e disciplina dell’attività edilizia.
Modulo n. 4
Titolo: Normative tecniche
Contenuto del modulo:
U.D. 1 Barriere architettoniche;
U.D. 2 Norme di prevenzione sugli infortuni riguardanti i cantieri edili (cenni).
“Igiene ambientale”
Anno 2009-2010
Tecnologia delle costruzioni
CLASSE: 5ª
Igiene ambientale
Disciplina che si occupa di salvaguardare le grandi risorse
ambientali
ARIA
ACQUA
SUOLO
ritenute un tempo inesauribili e che oggi si stanno inquinando.
Si occupa anche dei problemi relativi a
RAPPORTO UOMO-AMBIENTE
SMALTIMENTO RIFIUTI
ARIA
ATMOSFERA TERRESTRE
Involucro di gas che avvolge il pianeta, senza la quale la
temperatura oscillerebbe da valori altissimi a valori bassissimi
non sopportabili dall’uomo
Composizione dell’aria:
varia in base alla distanza
dalla superficie terrestre:
Strato che interessa
l’attività dell’uomo
Caratteristiche dell’aria
•UMIDITA’ (Insalubrità dei luoghi)
-Rugiada
-Brina
-Galaverna
-Nubi e pioggia
•TEMPERATURA
-Durata insolazione
INVERSIONE TERMICA: l’aumento della temperatura per
effetto di strati di nubi che trattengono il calore;
-Obliquità dei raggi
-Spessore dello strato atmosferico
-Presenza di nubi
-Latitudine e altitudine
Livello del mare:
•PRESSIONE ATMOSFERICA
760 mm di mercurio della
colonna barometrica
DELL’ARIA
Variazioni quantitative dei
normali componenti dell’aria
Prodotti estranei
Impianti di riscaldamento (60%)
INQUINAMENTO
Attività industriale (20%)
Motorizzazione (20%)
Ministero dell’ambiente, D.L. 15 Aprile 1994
CLASSIFICAZIONE DEGLI INQUINAMENTI
Prodotti pulviscolari
•Fumi
Eolica
•Polveri
Carboniosa
Prodotti gassosi
•Anidride carbonica
•Anidride solforosa
•Ossido di carbonio
•Idrocarburi
•Biossido di azoto
Prodotti biologici
•Pollini
•Spore
EFFETTO SERRA
PROTOCOLLO DI KYOTO
16 febbraio 2005. Trattato che impegna i paesi
che vi aderiscono a diminuire l’emissione di
sostanze inquinanti per l’aria.
INCENTIVI PER LA
PRODUZIONE DI ENERGIA
DA FONTI RINNOVABILI
•Pannelli solari
•Pannelli fotovoltaici
1. Pannello solare
3. Modulo fotovoltaico in silicio monocristallino
VALVOLA
SERBATOIO DI ACCUMULO
CONDOTTO DI
INSERIMENTO
PANNELLO DI
ASSORBIMENTO
CONDOTTO INSERIMENTO
ACQUA FREDDA
2. Schema di un pannello solare
4. Schema di impianto fotovoltaico
PROVVEDIMENTI CONTRO L’INQUINAMENTO DELL’ARIA
•Riduzione fonti di inquinamento (benzina, oli minerali pesanti)
•Controllo assetto urbanistico del territorio
•Dispersione aria
•Adozione di tecniche di abbattimento
Depuratore a ciclone
Depuratore a secco
Depuratore elettrostatico
Depuratore a filtro
Depuratore a umido
ACQUA
“CARTA DELL’ACQUA”- Strasburgo 1968
Ha una funzione biologica fondamentale, è l’elemento
principale della maggior parte dei tessuti e degli organismi.
Formula chimica: H² O
Solidifica a 0 °C
Va in ebollizione a 100 °C
Si distinguono diversi
tipi di acqua
Meteoriche
Superficiali
Telluriche o sorgive
Sotterranee
Fluviali o lacustri
Marine
Caratteristiche dell’acqua
Acque leggere o dolci
•CHIMICHE
-durezza
Acque medie
Acque dure
•FISICHE
-temperatura
-limpidezza e torbidità
-colore
-conducibilità elettrica
•BIOLOGICHE
Determinazione del tasso microbico
Acqua -purissima o pura
-mediocre
-impura
-molto impura
Determinazione degli indicatori fecali
-bacterium coli
-streptococco fecale
-bacillus perfrigens
REQUISITI DI POTABILITA’
•D.P.R. n° 236
•C.E.E. n° 80/788
APPROVVIGIONAMENTO IDRICO
Impianti a serbatoio
Vasche di decantazione
Impianti ad acqua fluente
pozzi
sorgenti
Serbatoi cittadini
Condotte idriche
Distribuzione
Contatore
Bocca tarata
POTABILIZZAZIONE DELL’ACQUA
Processi di correzione
(Acqua non inquinata)
Caratteri fisici
Caratteri chimici
•Regolazione
temperatura
•Ebollizione
•Eliminazione
torbidità
•Deferrizzazione
Processi di depurazione
(Acqua inquinata)
•Mezzi fisici
Ebollizione
Potabilizzatori
Raggi U.V.
•Calce-soda
•Mezzi meccanici
Filtri
•Demineralizzazione
Clorazione
1. Sedimentazione
2. Flocculazione
3. Flottazione
•Mezzi chimici
Ozonizzazione
INQUINAMENTO DELL’ACQUA
Scarichi urbani
Scarichi industriali
Agricoltura
•Acque bianche
meteoriche
•Acque bianche
saponose
•Acque nere
•Acque con sostanze
organiche
•Acque con sostanze
inorganiche
•Pesticidi
•Diderbanti
FOGNATURA
Mista
Separata
TRATTAMENTO DELLE ACQUE LURIDE PRIMA DELLA
LORO IMMISSIONE IN CORSI D’ACQUA O IN MARE
BOD:
ossigeno biochimico richiesto
SUOLO
Il concetto di suolo non va limitato alle sole caratteristiche
fisiche dello strato superficiale (terreno e humus), ma anche
alle proprietà biologiche che consentono la mineralizzazione ed
il riutilizzo della sostanza organica.
Microbi saprofiti
Ciclo dell’azoto
Ciclo del carbonio
Caratteristiche fisiche del suolo :
concorrono a rendere i terreni salubri, fertili e idonei alla
costruzione degli edifici.
•POROSITA’
•PERMEABILITA’
•TEMPERATURA
•CAPILLARITA’
•ADSORBIMENTO
INQUINAMENTO DEL SUOLO
•Utilizzo indiscriminato di pesticidi (fitofarmaci, atrazina)
•Eccessi di concimazione chimica (nitrati, fosfati)
•Discariche per rifiuti urbani (materiali plastici)
•Discariche per rifiuti industriali (tossici,radioattivi)
INTERVENTI CONTRO L’INQUINAMENTO DEL SUOLO
•Bonifica
•Concimazioni razionali
•Limitazione impiego di fitofarmaci e diserbanti
•Interventi per le discariche
Controllo del territorio
per evitare discariche
abusive
Strumenti urbanistici
•impatto ambientale
Tecniche di
trattamento dei rifiuti
urbani e industriali
SMALTIMENTO DEI RIFIUTI
Economico
Esalazioni
Discariche di 1ª, 2ª, 3ª categoria
- Scarico all’aperto con incenerimento
- Scarico controllato
Aerobica naturale
- Fermentazioni dei rifiuti
Microcolture idonee
Costo elevato
- Forni inceneritori
Sostanze tossiche: diossina
•Prodotti per
colture agricole
•RACCOLTA DIFFERENZIATA
Prevista dall’art. 39 del D.L. n°22 del 1997 (Decreto Ronchi),
obbliga la pubblica amministrazione ad organizzare sistemi adeguati
per consentire al consumatore la selezione dei rifiuti domestici.
Risparmio di energia
RICICLAGGIO
Vantaggio economico
L’UOMO E L’AMBIENTE
L’ambiente ideale è quello in cui l’uomo può vivere in uno stato di
benessere.
Lo stato di benessere dipende dalle condizioni climatiche di uno
spazio confinato ossia dal microclima ideale che dipende da diversi
fattori rilevabili e misurabili:
•Temperatura
•Umidità
•Ventilazione
•Illuminazione
•Rumorosità
•Qualità dei materiali
C
A
R
T
A
D
E
L
B
E
N
E
S
S
E
R
E
Temperatura ottimale
•Temperatura esterna
Differenza max 5-6 °C
•Temperatura media corpo umano 37 °C
Dispersione di calore dal corpo umano
per un totale di 100 calorie all’ora
•Impianti di riscaldamento
o raffreddamento (elettrici)
Centralizzati
Autonomi
•Soleggiamento
Orientamento dell’ambiente
Valore eliotermico
Soleggiamento x temperatura media
Camera d’aria
•Coibenza termica
Materiale isolante
25% conduzione
25% convezione
50% irraggiamento
Umidità relativa ottimale
Cause
40%- 60%
Clima della zona
Impianti di ventilazione-deumidificazione
Infiltrazioni, capillarità
Vespai, impermeabilizzazioni, scolo
Ventilazione ottimale
•0,20 metri al secondo
•Ventilazione naturale o artificiale
Ricambi d’aria
Illuminazione
Condizione di illuminazione ideale negli ambienti chiusi è quella di
avere la stessa luminosità in ogni punto
punto.
Illuminazione naturale
Illuminazione artificiale
•Superfici vetrate (1/8 pavimento)
•Lampade a incandescenza
•Colore pareti
•Lampade a fluorescenza
LUX
Sistema di illuminazione diretto e indiretto
Rumore
L’inquinamento da rumore è prodotto da:
•Fenomeni naturali (vento, tuoni)
•Traffico veicolare e aereo
•Industrie, macchinari, elettrodomestici
Interventi per l’eliminazione o la riduzione dei rumori sono:
•Utilizzo di apparecchiature meno rumorose
•Coibentazione acustica
Decreto del Presidente del Consiglio del 1°marzo 1991
DECIBEL
Qualità dei materiali da costruzione
La scelta dei materiali da costruzione deve essere fatta tenendo
presenti tutti i parametri che concorrono al raggiungimento del
benessere fisiologico della persona.
VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE
ARIA, ACQUA, SUOLO, sono elementi essenziali della
progettazione dei grandi interventi dell’uomo sul proprio habitat.
La V.I.A. ha lo scopo di analizzare, prevenire e valutare anche sul
piano economico le conseguenze negative o positive sull’ambiente di
opere da realizzare sul territorio:
•Raffinerie, acciaierie
•Centrali termiche,nucleari
•Impianti eliminazione rifiuti
•Autostrade, ferrovie
•Aeroporti, porti
•Dighe
•Pianificazione territoriale
Direttiva C.E.E.
8 Luglio 1985
Legge n° 349 del 1986:
Ministero dell’Ambiente
“Storia dell’Architettura”
Anno 2009-2010
Tecnologia delle costruzioni
CLASSE: 5ª
ARCHITETTURA E RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
1. Le conseguenze della rivoluzione industriale sulla città: la città moderna
La nascita dell’architettura e dell’urbanistica moderna deve essere ricercata nel clima
che caratterizzò la situazione storica negli anni della prima rivoluzione industriale,
termine con cui si indica quel vasto fenomeno di trasformazione dei sistemi
produttivi che ebbe la sua origine nell’Inghilterra della seconda metà del Settecento e
di lì si diffuse, a distanza di tempo, talvolta anche notevole, nei Paesi dell’Europa
continentale e negli Stati Uniti.
La rivoluzione industriale, dagli inizi dell’ottocento, ebbe dei riflessi notevoli sulle
città europee. La concentrazione di attività manifatturiere nelle città, ebbe la
conseguenza di svuotare le campagne e di incrementare improvvisamente le
popolazioni urbane (fenomeno definito urbanesimo). La maggior parte delle città
non era attrezzata per assorbire questo massiccio esodo di persone. Le condizioni di
vita che si crearono, sia nei centri storici sia nelle periferie, furono decisamente
precarie. L’affollamento delle abitazioni creò problemi sia di igiene, sia di ordine
pubblico, per le condizioni di povertà in cui versavano gli strati sociali più bassi. Le
città divennero man mano degli organismi sempre più congestionati.
L’Inghilterra, dove prima ebbe inizio la rivoluzione industriale e il fenomeno
dell’urbanesimo, fu anche la prima nazione che cercò di affrontare il problema
dell’igiene nelle città. Gli interventi ebbero un carattere più legislativo che
urbanistico, ma servirono a porre all’attenzione della cultura e della politica il
problema delle città e della classe operaia e proletaria. Il problema di dare una casa
a tutti, era un tema ancora al di là da venire.
Tuttavia, la gran richiesta di abitazioni che si creò, da questo momento in poi,
portò ad un atteggiamento completamente diverso nei confronti dell’edilizia e delle
città. Sorsero le prime imprese immobiliari, che cercarono di sfruttare le rendite
urbane attraverso investimenti in caseggiati d’affitto. Le città iniziarono ad
espandersi a macchia d’olio, anche perché dall’ottocento vennero meno i problemi
difensivi delle città, e queste poterono agevolmente superare il perimetro della
propria cinta muraria.
L’amministrazione civica non poteva restare inerme, subendo l’iniziativa privata
che tendeva a trasformare il volto delle città. L’intervento pubblico, sul privato,
divenne per la prima volta avvertito ed applicato, grazie a due nuovi istituti
giuridici: il piano regolatore e l’esproprio per pubblica utilità.
Da quel momento sorse un rapporto di intensa dialettica, non sempre trasparente,
tra interesse pubblico e interesse privato nel campo delle pianificazioni
urbanistiche. Le città divennero terreno di conquista per interventi speculativi; di
contro le amministrazioni cercano di rendere questi interessi non lesivi della
pubblica utilità. E la storia di tutte le città europee, da quel momento, è ruotata
intorno a questo conflitto di interessi.
La cultura ottocentesca, in campo urbano, sperimentò un altro tipo di intervento,
che ebbe sostanziali applicazioni nei decenni successivi: gli sventramenti urbani.
Con tale operazione si tagliava il tessuto urbano esistente, fatto di caseggiati divisi
da stradine piccole e tortuose, con nuove ed ampie strade rettilinee. La
giustificazione di tali interventi era una risposta a quei mali della città che abbiamo
già visto: l’igiene e l’ordine pubblico. Con ciò, infatti, si potevano costruire, ai lati
delle nuove strade, case migliori, e si dava la possibilità, alle forze pubbliche di
controllare quartieri che, altrimenti, erano per loro inaccessibili, con conseguenze di
disordine sociale ed anarchia criminale.
Inoltre, con queste nuove strade si favoriva il transito veicolare di carri e carrozze.
La prima città a sperimentare tali tagli era già stata la Roma di papa Sisto V, alla
metà del Cinquecento. Egli, infatti, intendeva unire le sette principali basiliche di
Roma con strade rettilinee, creando così un circuito di fede, per i pellegrini che
affluivano nella città eterna. Il suo fu un progetto solo parzialmente realizzato.
Alla fine dell’Ottocento, la città che, invece, realizzò in grande stile operazioni del
genere fu Parigi, grazie al suo prefetto Haussmann.
In seguito, la pratica degli sventramenti ha coinvolto moltissime città europee, con
demolizioni tanto estese da rappresentare, in molti casi, un danno enorme per la
perdita o lo sconvolgimento di ambiti urbani fortemente significativi dal punto di
vista sia storico sia ambientale.
Da questa pratica degli sventramenti non sono state esenti le città italiane, sia alla
fine dell’Ottocento — Corso Umberto I a Napoli — sia nella prima metà del
Novecento — via dei Fori Imperiali o via della Conciliazione a Roma.
2. I protagonisti
Verso la metà dell’Ottocento il campo di sperimentazione dell’ architettura si arricchì
di una nuova tipologia: il padiglione per le esposizioni universali, cioè per quelle
mastodontiche fiere, organizzate quasi annualmente dai Paesi all’avanguardia
in campo industriale, nelle quali venivano messi in mostra i prodotti più significativi
di tutte le nazioni.
I principali rappresentanti di questo particolare settore della progettazione furono
l’inglese Joseph Paxton e il francese Victor Contamin.
Paxton (1803-1856), ingegnere e costruttore di serre, realizzò nel 1851 a Londra, in
occasione della prima Grande Esposizione,il Palazzo di Cristallo che è senz’altro da
considerare il prototipo delle grandi opere realizzate con impiego di elementi
prefabbricati (segmenti di ghisa e lastre di vetro) prodotti in serie in officina
e montati in cantiere.
Si tratta di un edificio che, nonostante fosse stato ideato con la precisa volontà di
ottenere il massimo risparmio di tempo e di denaro (tra l’altro, una volta terminata
l’esposizione, si doveva poter recuperare completamente il materiale usato, in modo
che fosse possibile una sua riutilizzazione), contribuì in maniera determinante, con il
suo enorme volume trasparente e con la quasi totale assenza dell’ornamentazione
(intesa come elemento sovrapposto alla struttura e non direttamente collegato ad
essa) a creare l’estetica dell’architettura moderna.
Un’estetica che si basava, già in quell’occasione, soprattutto sulla chiara prevalenza
dei vuoti (le lastre di vetro) sui pieni (gli elementi metallici), e sull’intenzione,
chiaramente espressa nell’opera cli Paxton, di intendere lo spazio esterno e lo
spazio interno come una sola cosa. Purtroppo la strada che l’ingegnere inglese (sia
pure, forse, inconsciamente e soltanto per i motivi pratico-economici che si sono
detti) aveva indicato fu per lungo tempo ignorata. Basta pensare che
all’Esposizione di Parigi del 1889 un’opera ingegneresca ancor più interessante e
rivoluzionaria di quella di Paxton, la Galleria delle Macchine, una grandiosa
struttura in ferro costituita da una serie di enormi archi a tre cerniere —115 metri di
luce per una lunghezza di 420 — progettata da Contamin (1845-1906), venne
coperta da una pessima architettura, inutilmente ricolma di orpelli e decorazioni,
ma perfettamente in accordo col gusto eclettico dell’epoca. È importante tuttavia
notare che in quella stessa esposizione fu eretta, contro il parere della maggior
parte degli uomini di cultura e nonostante le incessanti polemiche, la torre in ferro
alta 300 metri, progettata dal più geniale fra gli ingegneri del XIX secolo, Gustave
Eiffel (1832-1923), autore, tra l’altro, di alcuni dei più audaci viadotti ferroviari che
siano mai stati realizzati, quali, ad esempio, quello di Garabit nel Massiccio
Centrale in Francia, con un’arcata di 165 metri, e quello sul fiume Duero, in
Portogallo, con una luce di poco inferiore. Come per i viadotti, anche nella
realizzazione della torre, Eiffel applicò un identico principio: l’uso di elementi
portanti costituiti dall’unione di profilati standardizzati di piccole dimensioni, in
modo che si potessero ottenere, col minimo peso, i massimi risultati statici.
J. Paxton e V. Contamin
Palazzo di Cristallo
Londra
Galerie de machines
G. Eiffel
Tour Eiffel
Parigi
L’ART NOUVEAU
1. Il primo stile industriale
Con lo sviluppo dell’industria, che comporta un radicale cambiamento nei sistemi di
produzione, prende piede uno stile più libero dagli schemi del passato. Ciò porta come
più immediata conseguenza a un ripudio delle forme tradizionali e storicistiche in
particolare per rivolgere invece una viva attenzione alla reinterpretazione di forme
floreali o comunque naturalistiche. Un uso abbondante del colore, un uso delle linee
curve e di elementi di forte plasticità possono essere considerati come le caratteristiche
più evidenti. Questo nuovo stile, che spesso andò a confondersi con un gusto e un
fenomeno di moda, interessò in particolare i nuovi tipi edilizi realizzati in genere in
ferro e vetro, come le stazioni ferroviarie e della metropolitana, i grandi magazzini, le
gallerie, i padiglioni e i chioschi. Si deve dire comunque che non furono certo le arti
“maggiori” ad essere maggiormente interessate da questa rivoluzione ma quelle che
per lungo tempo furono chiamate arti “applicate” o “minori” (oreficeria, ebanisteria,
tessitura ecc.)
Esso nacque in ambito architettonico, grazie al belga Victor Horta. Negando tutto
quell’apparato decorativo di colonne, capitelli o murature medievali, l’Art Nouveau si
basava sulla linea «a colpo di frusta». Dal Belgio, dove fu chiamato «Art Nouveau»,
questo nuovo stile si diffuse in tutta Europa, prendendo vari nomi, che ne
sottolineavano il carattere di novità: “Liberty” in Italia, “Arts and Craft” in Inghilterra;
“Jugendstil” in Germania; “Secessione” in Austria; “Modernismo” in Spagna.
Liberty
Facciata Vienna
Casa fenoglio Torino
Balcone Milano
2. Il Liberty
L’art nouveau italiana, il liberty o “stile floreale”, si manifesta con un certo ritardo
rispetto agli altri Paesi europei. Questo fatto è dovuto all’arretratezza sia culturale
che sociale nel quale si dibatte il nostro Paese alla fine del XIX secolo. Gli architetti
italiani che progettano opere art nouveau si ispirano per lo più alla scuola viennese
di Otto Wagner e di Joseph Olbrich. Seguendo questo esempio, nel 1901, Giuseppe
Sommaruga (1867-1917) costruisce a Milano il palazzo Castiglioni e Ernesto Basile
(1857- 1932) gli edifici per l’Esposizione Agricola di Palermo.
Ma l’architetto più interessante del periodo liberty è senz’altro Raimondo D’Aronco
(1857-1932), di cui l’opera più importante fu il Padiglione della Esposizione
Internazionale di Torino.
3. L’opera di Antoni Gaudì
Il più importante esponente dell’art nouveau spagnola fu l’architetto catalano
Antoni Gaudi (1852- 1926) il quale unì ad una fantasia ricca di spunti simbolisti e di
espressioni allucinanti una profonda inventiva ingegneresca che lo portò a
realizzare complesse forme paraboliche e incredibili giochi di natura statica.
Una tra le sue opere più famose, la casa Milà, è “tutta concepita su un tema di
carnosi ritmi ondulati che si frastagliano in mille episodi scultorei e cromatici e
modellano la struttura insieme col crespo e ferrigno muro, in cui [...] tutto è
laboriosamente plasmato”
Antoni Gaudì
Casa Milà
Barcellona
Antoni Gaudì
Casa Batllò - Barcellona
Sagrada Familia - Barcellona
Antoni Gaudì
Parco Guell
Barcellona
GLI ESORDI DELLA NUOVA ARCHITETTURA: STATI UNITI ED EUROPA
1. Tecniche costruttive e concezione spaziale in America
Intorno ai primi decenni dell’Ottocento in America prese avvio una nuova tendenza
architettonica, che si basava su l’uso dell’acciaio per la costruzione di edifici
multipiano, i grattacieli. Nel 1871, un incendio distrusse quasi completamente
Chicago. Nei decenni successivi, l’opera di ricostruzione permise la sperimentazione
su grande scala delle nuove tecnologie architettoniche. Una visione comune
accompagnò i professionisti coinvolti nell’impresa, facendoli identificare nella
cosiddetta «scuola di Chicago». Lo spirito che informava questa nuova tendenza
univa due caratteristiche della cultura americana: il pionierismo, nello sperimentare
nuove frontiere, e il pragmatismo utilitaristico, che li portava a soluzioni pratiche,
meno vincolate a formalismi inutili. In questa cultura si formò anche Louis Sullivan,
al quale viene attribuita la celebre frase: “form follows function” cioè la forma segue
la funzione. Ossia, la forma di un edificio deve essere la diretta conseguenza della
funzione che esso deve svolgere.
Da qui prese l’avvio anche il maggior architetto americano di tutti i tempi, Frank
Lloyd Wright, la cui opera architettonica, improntata a quella visione
successivamente definita architettura “organica”, doveva profondamente influenzare
la moderna cultura architettonica.
2. Frank Lloyd Wright
Dato il lungo arco di tempo in cui si è svolta l’opera di Frank Lloyd Wright (1869-1959),
appare necessario, in questa nostra esposizione, trattarne in due momenti distinti, il
primo dei quali arriva fino al 1910.
Nonostante la sua formazione professionale sia avvenuta nel pieno del fervore che
animava gli architetti di Chicago durante la ricostruzione della città, Wrjght, non seguì
l’impostazione architettonica propria della Scuola di Chicago. Addirittura non si dedicò
alla progettazione di grandi edifici commerciali in ferro e vetro, ma rivolse tutta la sua
attenzione al rinnovamento dell’edilizia domestica.
Nelle piante delle sue case, proprio per il rifarsi alla tradizione sei-settecentesca del suo
Paese, Wright colloca il grande camino in pietra o in mattoni al centro dell’abitazione e
individua in esso il punto di partenza dell’intera progettazione, cosicché i vari ambienti
trovano la loro naturale disposizione attorno al nucleo centrale massiccio.
Tutte le stanze, partendo questo punto di riferimento si stendono verso l’esterno “come
le pale di un mulino a vento”. Si tratta della tipica pianta cruciforme dall’incontro di
due assi ortogonali (Casa Willitts del 1901, Casa Roberts del 1908, Casa Robie del 1909).
Tutta la prima parte della attività di Wright è dedicata, salvo rarissime eccezioni, alla
progettazione di quelle case di abitazione unifamiliari che sono passate alla storia col
nome di case della prateria.
Riassumendo quanto scrive Wright in uno dei suoi numerosi libri, possiamo descrivere
il programma delle case della prateria attraverso questi punti principali:
1) L’interno della casa deve essere inteso come uno spazio unico;
2) Deve esistere una perfetta armonia tra l’edificio e l’ambiente esterno;
3) L’abitazione deve essere progettata tenendo conto delle proporzioni umane;
4) Il basamento della casa deve essere portato al di sopra del livello del terreno;
5) Tutte le aperture della casa - porte e finestre - devono essere distribuite lungo le
pareti in maniera non casuale ma perfettamente aderente alle necessità degli
abitanti;
6) Evitare la combinazione di materiali diversi e l’ornamentazione deve nascere dalla
natura stessa dei materiali;
7) Integrazione tra la struttura dell’edificio e l’insieme degli impianti tecnici di ogni
tipo;
8) Il mobilio deve diventare un tutt’uno con l’architettura.
Nel 1936 dopo un periodo di stasi Wright torna alla ribalta con la realizzazione della
«Falling Water», la Casa Kaufmann; realizzata a BearRun, la casa si inseriva con una
naturalità poetica, in un ambiente decisamente singolare. Le due ampie terrazze, a
sbalzo sulla cascata, creavano un effetto quanto mai suggestivo, dando l’idea che
l’acqua sgorgasse direttamente dalla casa, o da una grotta, per metà naturale e per
metà costruita dall’uomo.
Da quel momento l’architetto americano non ebbe più un momento di sosta progettuale
fino alla morte che lo colse nel 1959 mentre stava realizzando il suo ultimo
capolavoro: il Museo Guggenheim di New York.
Frank Lloyd Wright
Casa Robie
Frank Lloyd Wright
Casa Kaufmann
(Falling Water)
Frank Lloyd Wright
Gugghenheim Museum
3. L’architettura europea tra le due guerre : il razionalismo
Frank Lloyd Wright, agli inizi di questo secolo, aveva già creato un’architettura
totalmente nuova rispetto al passato. Ad un analogo risultato giunse, dopo qualche
anno, anche la cultura europea. Il liberty, espressione di una borghesia ricca e
proiettata verso una modernità più viva rispetto al passato, aveva già creato una
discontinuità, ma solo in senso decorativo.
La prima vera rottura avvenne con Adolf Loos, architetto viennese degli inizi del
secolo, autore della celebre frase: «ornamento è delitto». Egli, infatti, sosteneva che la
bellezza degli edifici era nella loro forma strutturale e volumetrica, non nelle
decorazioni che vi si applicavano. Pertanto i suoi edifici, si presentarono, per la prima
volta, con prospetti totalmente spogli, il cui piano era disegnato unicamente dalle
bucature delle finestre. La svolta decisiva avvenne dopo gli anni ‘20,
contemporaneamente in Francia ed in Germania, grazie a due grandi personalità di
questo secolo: Walter Gropius e Le Corbusier.
L’opera più importante di Walter Gropius è la sede della scuola Bauhaus, di cui egli
ne era direttore. In questa scuola Gropius chiamò ad insegnare alcuni degli artisti più
significativi del panorama europeo: Mies van der Rohe, Kandisky, Klee, ed altri. La
Bauhaus non era solo una scuola d’architettura, ma anche una scuola d’arte applicata.
In essa si cercava un metodo che consentisse di arrivare al progetto e al design,
tramite una rigorosa analisi funzionale degli oggetti e degli edifici: la scuola affermava
di non avere affatto uno stile, ma di basarsi solo su scelte motivate razionalmente.
«Dal cucchiaio alla città» divenne il nuovo slogan,
ad indicare come il metodo era comune sia alla
progettazione di piccoli oggetti, sia alla
progettazione di intere città. Non a caso, questa
architettura prese il nome di «funzionale» o di
«razionale», in quanto esprimeva l’intento di
progettare unicamente in base a considerazioni di
carattere funzionale e non estetico.
Dopo aver abbandonato l’attività didattica Gropius
si dedicò alla progettazione di alcuni grossi
quartieri popolari (Dammerstock e Siemensstadt).
La cultura tedesca tra le due guerre, quindi,
affrontò da un punto di vista architettonico, per la
prima volta, anche il problema delle abitazioni popolari od operaie. A questo tema furono
dedicati numerosi studi e realizzazioni, che costituirono la base per la quasi totalità dei
quartieri popolari che in seguito sorsero in Europa, in particolare nella Russia comunista,
ma anche in Italia. Tuttavia, furono proprio i regimi totalitari degli anni Trenta a
costituire il maggior ostacolo alla diffusione della nuova architettura. La Russia di Stalin,
l’Italia di Mussolini, la Germania di Hitler, bandirono questi fermenti innovativi,
preferendo affidarsi ad un’architettura neoclassica, pomposa, magniloquente, che si
basava su pretestuose continuità di tradizioni. La Bauhaus fu chiusa dai nazisti, e la
maggior parte degli insegnanti ed allievi emigrò negli Stati Uniti, portando li il frutto delle
esperienze europee maturate in un ventennio quanto mai intenso e rivoluzionario per
l’architettura.
4. Le Corbusier
Jean-Paul Jenneret, più noto con lo pseudonimo di Le Corbusier, facendo tesoro delle
esperienze innovative che si andavano svolgendo agli inizi del secolo, grazie all’utilizzo
dei nuovi materiali, ed in particolare del cemento armato, propose un’ architettura del
tutto innovativa rispetto al passato. Di spirito ordinato e preciso, egli sintetizzò la nuova
architettura in cinque punti: 1) i “pilotis”; 2) i tetti-giardino; 3) la pianta libera; 4) le
finestre continue; 5) la facciata libera.
Secondo Le Corbusier, gli edifici non dovevano più appoggiarsi direttamente a terra,
ma essere innalzati, rispetto al suolo, da pilastri, che egli chiamava «pilotis». In tal
modo lo spazio sotto gli edifici poteva essere utilizzato per spazi verdi, ed inoltre le
case, non avendo un contatto diretto con il suolo, ricevevano minor problemi
dall’umidità sottostante. Allo stesso modo, i giardini dovevano estendersi anche sui tetti
delle case, da realizzarsi con coperture piane e non più a spioventi, come nei tetti
tradizionali. Gli altri tre punti del suo programma, erano resi possibili dalle nuove
possibilità compositive offerte dal cemento armato. Con questo materiale, infatti, la
parte resistente di un edificio si concentra in pochi punti, i pilastri, pertanto le piante
delle case erano meno vincolate da muri portanti, che dovevano sottostare a rigide
logiche costruttive. E, quindi, le piante degli edifici potevano articolare spazi e
ambienti con maggior libertà, senza vincoli eccessivi di strutture. Inoltre, i pilastri
portanti potevano situarsi in posizione arretrata, rispetto al muro esterno. La facciata,
quindi, era solo un muro di chiusura dello spazio, ed era portato e non portante.
Poteva, allora, avere un disegno del tutto svincolato da esigenze statiche, ma
improntarsi solo a ragioni artistiche o utilitaristiche. Una di queste era la possibilità di
avere finestre in lunghezza - il quarto punto -, che permettevano agli ambienti interni
di ricevere molta più luce.
La suggestione ed il fascino di questa nuova visione architettonica ebbe immediato
successo. L’architettura che proponeva Le Corbusier era lontana anni luce da qualsiasi
tradizione accademica: i suoi erano edifici erano fatti di luce e muri bianchi.
L’edificio in cui egli applica per la prima volta in maniera globale i cinque punti
pubblicati nel documento del 1926 è la villa Savoye costruita a Poissy, non lontano da
Parigi (1929). Si tratta di un perallelepipedo a base quadrata sostenuto da esili pilastri
con quattro facciate perfettamente uguali. Con questa casa Le Corbusier ha dimostrato
tra l’altro, come la possibilità di concentrare il peso su poche colonne porti come
conseguenza principale una completa libertà della pianta. Addirittura l’edificio è come
svuotato nel suo interno e i tre piani sono collegati tra loro da una lunga rampa a lieve
pendenza che sale dal pianterreno al tetto-giardino.
Con la cappella di Notre Dame du Haut a Ronchamp del 1954, Le Corbusier realizzò
un’opera che destò grande interesse, tra i critici e gli architetti in quanto, con essa,
sembra che l’architetto svizzero avesse abbandonato il suo rigido razionalismo a favore
di un accentuata tensione fantastica e di una inventiva assai meno inquadrabile nel
rigoroso metodo progettuale fino ad allora applicato. Ciò è vero solo in parte. È
piuttosto il particolare tema (una chiesa) a spingere Le Corbusier al di là dei canoni
da lui stesso stabiliti.
Nella cappella di Ronchamp la vasta copertura, realizzata con due membrane di
cemento armato, è l’elemento principale sia dal punto di vista estetico che
strutturale. Essa è sostenuta da una serie di appoggi in cemento armato ed è separata
per mezzo di una sottile fessura dai larghi muri esterni grossolanamente intonacati.
La luce che filtra tra copertura e muri crea un particolare effetto per cui la copertura
stessa sembra essere quasi priva di peso, come se fosse una semplice tenda
appoggiata lungo il perimetro dell’edificio.
Nel 1950 Le Corbusier aveva intanto ottenuto l’incarico che aveva atteso per tutta la
vita: quello di progettare cx novo una città.
La realizzazione di Chandigarh, la nuova capitale del Punjab, gli permise di
concretizzare tutte le concezioni urbanistiche ipotizzate in tanti anni. A Chandigarh
Le Corbusier applica la teoria delle sette vie e ripartisce la città in settori di circa
cento ettari ciascuno. Ogni settore è a sua volta suddiviso in zone diverse
corrispondenti alle tredici classi che costituiscono l’ordinamento sociale indiano. Pur
dovendo accettare questa mancanza di integrazione fra la popolazione, e dovendo
perciò ideare tredici diverse categorie di abitazione, Le Corbusier propone
comunque la creazione per tutti gli appartamenti di servizi comuni alle diverse
categorie sociali.
Per Chandigarh, oltre al piano urbanistico generale, Le Corbusier progetta anche gli
edifici rappresentativi -il Palazzo del Governatore, il Parlamento, il Segretariato e la
Corte di Giustizia - creando alcune tra le più suggestive realizzazioni architettoniche
che mai siano state immaginate.
Le Corbusier
La scelta del Modulor ha
consentito di spiegare lo
studio delle proporzioni del
corpo umano in relazione
all’architettura e la sua
importanza nello studio
razionalista
delle
unità
d’abitazione
Le Modulor
Le Corbusier
Villa Savoye
Poissy
Le Corbusier
Chandigarh
Cappella di Ronchamp
5. Hans Scharoun
Il massimo rappresentante del cosiddetto espressionismo organico tedesco è Hans
Scharoun (1893-1972).
Già nel 1927, all’esposizione, organizzata dal Werkbund (associazione di artisti critici
e industriali tedeschi) a Stoccarda, egli presentò una casa unifamiliare con la quale,
pur tenendo presenti i concetti del razionalismo, rompeva la rigida stereometria degli
edifici esposti in quella stessa occasione dai maestri del razionalismo europeo: Walter
Gropius, Mies van deh Rohe, Le Corbusier e altri.
La genialità di Scharoun esplode, comunque, nel secondo dopoguerra e si esprime
soprattutto attraverso la progettazione di due particolari tipi edilizi: la scuola ed il
teatro.
È una genialità tutta rivolta alla risoluzione dei problemi spaziali, ma profondamente
indifferente nei confronti dell’aspetto formale dell’architettura. Ne risulta una
progettazione che può apparire, all’esterno, talvolta arbitraria e non sufficientemente
curata. Ed è un’impressione rispondente alla realtà in quanto, come si è detto, la
massima preoccupazione di Scharoun è quella di creare nuovi spazi per soddisfare
nuove esigenze e non, piuttosto, quello di fare della bella architettura. Non v’è dubbio
che i due il risultati più significativi del vasto impegno progettuale che ha occupato
Hans Scharoun negli ultimi anni sono, nel settore scuole il liceo di Lunen e, per
quanto riguarda la tipologia dei teatri, la Philharmonia di Berlino.
La Philarmonia di Berlino fu realizzata da
Scharoun tra il 1956 e il 1963. Si tratta di un
ampio invaso di forma irregolare, capace di
2500 posti, il cui centro è occupato
dall’orchestra. I critici ne parlano dicendo: «La
sensazione, dovuta all’invaso, di essere non
solo spettatori, ma anche attori dello
spettacolo, è piacevole in sommo grado; e
sommando a questa l’acustica perfetta, il
godimento si raddoppia. L’aspirazione
costante dei grandi architetti - la pianta
centrale - trova qui la sua trionfale
affermazione, realizzabile, senza dar di cozzo
ai vincoli funzionali, solo nella sala da
concerto, dove, a differenza del teatro, il fatto
sonoro predomina su quello visivo».
La grande conchiglia è fasciata tutt’intorno da
un ampio spazio percorribile, il foyer, che
permette agli spettatori, durante gli intervalli,
di spostarsi tra i diversi livelli e, perfino, di
uscire all’aperto, grazie a un complesso di
rampe e di scale.
Hans Sharoun
Philarmonie
Berlino
LE NUOVE FRONTIERE DELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA
1. Le ricerche tra espressione e rigore
Cercare di restituire un panorama il più possibile fedele di quella che è l’architettura
contemporanea, risulta essere un compito davvero arduo. E questo per una serie di
motivi, il primo dei quali è la mancanza di quella che viene chiamata prospettiva storica e
che pone l’osservatore in un contatto troppo diretto, tanto da porlo in una situazione di
scarsa oggettività, con quanto deve analizzare. A questa difficoltà, comune agli storici di
tutte le epoche nel momento in cui hanno tentato di valutare gli avvenimenti artistici di
un periodo a loro vicino, se ne aggiungono altre di natura diversa e proprie di questa fase
culturale. Abbiamo visto come fino alla metà del ventesimo secolo le ricerche degli
architetti, almeno relativamente al mondo occidentale, potessero essere abbastanza
facilmente definibili come appartenenti ad una tendenza comune; anche se,
naturalmente, i vari progettisti, soprattutto quelli di maggior qualità, davano il loro
contributo artistico aggiungendo ciascuno i caratteri della propria personalità.
Oggi, a quella sorta di patrimonio comune, costituito, pur nella sua complessiva
unitarietà, dai due grandi filoni del funzionalismo e dell’organicismo, che aveva portato
ad una maniera progettuale facilmente riconoscibile, i progettisti tendono a sovrapporre,
se non a sostituire, espressioni formali e di contenuto che hanno soprattutto l’intento di
valorizzare quelli che sono i contributi specifici delle culture locali. Se da un lato, quindi,
la facilità di movimento, sia delle informazioni che degli uomini, ha posto le condizioni
per lo sviluppo di una cultura omogenea quasi in ogni parte del globo, dall’altro lato le
esperienze riferite a realtà locali anche molto circoscritte hanno cominciato ad avere
un’attenzione sempre maggiore da parte dei progettisti soprattutto per quanto riguarda
gli aspetti relativi alle problematiche tecniche.
Infatti, mentre fino a poco tempo fa, l’uso e più in generale l’attenzione ai materiali
tradizionali trovava spazio in special modo nei lavori di restauro, oggi importanti ricerche
sono rivolte proprio all’impiego di materiali tradizionali sia nella forma, nella tecnica
d’uso e di assemblaggio, che nella lavorazione.
A questi motivi si aggiunge sicuramente il fatto che all’arte del costruire vengono richieste
sempre nuove prestazioni; gli obiettivi e di conseguenza i risultati dei progettisti si
possono differenziare notevolmente: chi ha come obiettivo il risparmio energetico
trascurerà elementi che sono invece fondamentali per chi, magari, sceglie di confrontarsi
con tecniche di tipo tradizionale usando materiali da costruzione del luogo. Orientarsi
quindi, tra i numerosi indirizzi è davvero arduo, anche perché ogni progettista oggi,
tranne alcune eccezioni, non fa più riferimento ad una scuola o ad un gruppo, ma
rappresenta se stesso.
La caotica situazione attuale può aver favorito un ripensamento sul ruolo dell’architettura
nella cultura: architettura che sempre più spesso sembra avere un valore come immagine
piuttosto che come fatto concreto. E se le immagini sono, come si può facilmente intuire,
effimere, sempre più spesso assistiamo alla costruzione di architetture a vita
programmata. Se ci pensiamo bene questa è stata una delle novità dell’architettura
contemporanea, dalla realizzazione del Christal Palace in poi.
Di conseguenza l’architetto non costruirà più per eternità, bensì per un periodo di tempo
ben determinato, e, se pur espresso sotto varie forme, questo concetto è sicuramente
frutto di una cultura funzionalista che vedeva la casa come una macchina per abitare.
2. Tecniche costruttive e concezione spaziale
Come accennato, le tecniche del montaggio a secco sembrano avere ripreso un vigore e
un interesse nuovo presso gli architetti contemporanei.
Originariamente la tecnica della muratura a secco riguardava i muri composti
generalmente da elementi grossi al punto tale da non richiedere malta per
la loro connessione, dal momento che il loro peso garantiva la coesione tra
gli elementi. In tempi molto più recenti il montaggio a secco ha invece interessato le
tecniche di prefabbricazione . Nell’edilizia industrializzata, infatti, le operazioni di
muratura allungano in modo significativo i tempi di costruzione e per questo si preferisce
escluderle.
Dallo studio di queste due diversissime concezioni provengono le esperienze più recenti
del montaggio a secco riguardanti materiali tradizionali come la pietra o il mattone.
Lo stesso Renzo Piano ha studiato, negli ultimi anni, dei pannelli di facciata composti da
elementi in laterizio montati a secco. Gli elementi in laterizio sono forati in modo da poter
essere semplicemente infilati in tondini di ferro quasi come perle in una collana, e vanno
a costituire i pannelli che vengono montati sulla facciata esterna. Sempre
più spesso a seguito di questa e di esperienze simili anche i diversi produttori di laterizi
studiano soluzioni adatte a questi nuovi impieghi rinnovando così le possibilità di uso di
questo materiale. In molte occasioni l’architettura ha saputo interpretare tecniche
provenienti da settori produttivi affini ma non identici come quello del design. Quella che
viene chiamata generalmente chiusura esterna difficilmente risulta essere formalmente e
funzionalmente indipendente dallo spazio interno.
Renzo Piano
Pompidou Centre
Parigi
Renzo Piano
Chiesa di San Giovanni Rotondo
Centro Paul Klee
Auditorium Olimpico di Torino
3. Zaha Hadid
L’architetto iracheno Zaha Hadid si impose all’attenzione dei critici quando, a soli
trentadue due anni (è nata nel 1950), si aggiudicò il primo premio nel concorso
indetto da una società di Hong Kong che intendeva realizzare sul Victoria Peak - un
grande parco di sua proprietà, uno dei più bei luoghi della città- un organismo a
carattere plurifunzionale, ma sostanzialmente dedicato agli appartenenti ad un club
elitario.
Le architetture di Zaba Hadid erano state, sino ad allora, conosciute in una ristretta
cerchia di critici e progettisti, dato che alcune di esse erano state pubblicate su riviste
d’avanguardia; tuttavia, nessuno di questi progetti era stato poi realizzato. E anche
se, con il successo ottenuto nel concorso di Hong Kong, l’architetto iracheno divenne
assai nota, pur tuttavia ella non riuscì a veder realizzata la sua opera, in quanto il
concorso non andò oltre la fase progettuale.
Da allora, comunque, Zaha Hadid ha realizzato numerose opere in gran parte del
mondo; e tutte almeno fino a ora, appaiono come sviluppi successivi delle prime
idee. Hadid fu infatti, tra i primi architetti che si avviarono lungo quel percorso
progettuale a cui è stato dato il nome di decostruttivismo, rappresentato
eloquentemente nelle opere che Eisenman (altro importante architetto
contemporaneo) comincia a realizzare intorno alla metà degli anni ottanta, quando
egli porta, a conclusione il processo di accettazione-critica-superamento del
razionalismo di marca lecorbusieriana.
Se, infatti, i razionalisti, pensavano ad
architetture aventi la solidità e la fermezza delle
figure prismatiche, con Eisenman l’inversione di
tendenza è tale che l’architettura viene, invece,
ad assumere un carattere visivo che predilige il
senso dell’ instabilità.
Tornando a parlare di Zaha Hadid, l’edificio che
sembra rappresentare una sorta di elemento
spurio nell’iter progettuale dell’architetto
iracheno è il museo d’arte contemporanea
costruito a Cincinnati. Con esso, appunto, in
maniera abbastanza contrastante con le ipotesi
precedentemente
esposte
parlando
di
decostruttivismo, Zaha Hadid da’ vita ad un
organismo ben solido che per nulla vuol
suggerire un carattere di precarietà strutturale.
Ciò è la conseguenza di un doppio ordine di
fattori: uno, di carattere contingente, che
consiste nella relativa limitatezza del lotto a
disposizione; l’altro, più concettuale, appare
derivare dal desiderio dell’architetto di voler
consolidare esteticamente, con quell’edificio,
un’area banale della città americana.
Centro arti contemporanee,
Cincinnati
Zaha Hadid
Vitra Fire Station
Zaha Hadid
Bar Moonsoon
Sapporo, Giappone
4. Frank O. Gehry
Negli spazi che Frank O. Gehry progetta e realizza, e dei quali il museo Guggenheim di
Bilbao è sicuramente il più noto, l’architetto ha proceduto plasmando le forme esterne in
modo non molto diverso dall’esecuzione di alcune monumentali strutture scultoree,
come ad esempio la Statua della Libertà che domina l’ingresso nel porto di New York.
Sopra una struttura reticolare metallica (nel caso della statua americana l’intelaiatura di
sostegno fu progettata da Gustave Eiffel) sono state fissate delle lastre in titanio
modellate a formare una gigantesca rosa metallica.
Nel 1991 viene firmato un accordo tra il governo basco e la fondazione Guggenheim per
la costruzione di un museo di arte contemporanea. Viene così indetto un concorso e
Frank O. Gehry risulterà essere il vincitore. Nel 1993 prendono il via i lavori e nel 1997 si
inaugura il nuovo museo.
Situato nei pressi dell’estuario del fiume Nerviòn, su un terreno destinato in precedenza
agli impianti industriali legati all’attività portuale della città, il museo occupa un’area di
24.290 metri quadrati. Di questo particolare progetto dobbiamo mettere in evidenza, oltre
alla forma suggestiva e l’aspetto quasi immateriale, il rapporto stabilito con la città. La
città storica e il fiume si trovano a quote differenti, e Gehry si è dato l’obiettivo di ricucire
quei livelli e di integrarli con la struttura museale in cui sono presenti due bacini l’acqua
definiti come giardini l’acqua. Da un punto di vista spaziale il fulcro del progetto è la
grande hall centrale, che si sviluppa in un volume a tutta altezza, e dal quale si accede
alle numerose gallerie che si dipartono, quasi a raggiera, e dove sono concentrati tutti i
collegamenti verticali: sia quelli meccanizzati (ascensori in cristallo) che le scale.
Le nuove tecniche per la rappresentazione
architettonica sono state fondamentali per
la restituzione di questo progetto in quel
delicato passaggio che avviene dal plastico
ai
disegni
bidimensionali,
alla
realizzazione.
Per quanto riguarda la tecnica di
realizzazione, la struttura portante è mista
e vede l’impiego di calcestruzzo armato
per i pilastri e le scale, e il metallo per la
struttura reticolare che da la forma
dell’edificio. A questa è fissata una
seconda struttura reticolare con maglie
molto più fitte alla quale si ancora il
rivestimento esterno. Le lastre sono in
acciaio galvanizzato dello spessore di 2
millimetri su cui è stata stesa una
membrana
impermeabile
continua
ricoperta poi da pannelli di titanio spessi
0,38 millimetri.
Frank O. Gehry
Guggenheim Museum
Bilbao
Frank O. Gehry
Guggenheim Museum
Bilbao
Frank O. Gehry
Dancing House
Praga
Frank O. Gehry
DG Bank
Berlino
Frank O. Gehry
Walt Disney Concert Hall
Los Angeles
Frank O. Gehry
Weisman Art Museum
Frank O. Gehry
Porta d’Acqua di Venezia
Frank O. Gehry
Wfm Stata Center
SOMMARIO
ARCHITETTURA E RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
1. Le conseguenze della rivoluzione industriale sulla città: la città moderna
2. I protagonisti
L’ART NOUVEAU
1. Il primo stile industriale
2. Il Liberty
3. L’opera di Antoni Gaudì
GLI ESORDI DELLA NUOVA ARCHITETTURA: STATI UNITI ED EUROPA
1. Tecniche costruttive e concezione spaziale in America
2. Frank Lloyd Wright
3. L’architettura europea tra le due guerre : il razionalismo
4. Le Corbusier
5. Hans Scharoun
LE NUOVE FRONTIERE DELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA
1. Le ricerche tra espressione e rigore
2. Tecniche costruttive e concezione spaziale
3. Zaha Hadid
4. Frank O. Gehry
TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI
CLASSE: 5ª
“TIPI EDILIZI”
MODULO 2
INDICE
1
1. LA CASA DI ABITAZIONE:
TIPOLOGIA IN LINEA, A SCHIERA, A BALLATOIO, A TORRE
1.1. CASE UNIFAMILIARI
2
1.2. CASE PLURIFAMILIARI
5
1.3. ESEMPI DI TIPI EDILIZI
1.3.1. Walter Gropius: Casa Doppia a Dessau
1.3.2. M. Campi e F. Pessina: Case a Schiera a Massagno-Lugano
1.3.3. Mecanoo Arkitecten: Torri per abitazioni a Stoccarda
7
7
8
10
1.4. GLI SPAZI DELLA CASA
11
2. EDIFICI DI INTERESSE PUBBLICO
2.1. EDILIZIA PER LA CULTURA
2.1.1. Biblioteche
2.1.2. Musei
2.1.3. Vittorio De Feo: Biblioteca a Nocera Inferiore
2.1.4. Massimo Pica Ciamarra: Museo della Scienza a Bagnoli
15
15
16
18
19
2.2. EDILIZIA PER IL CULTO
2.2.1. Chiese cattoliche
2.2.2. Sinagoghe ebraiche
2.2.3. Moschee musulmane
2.2.4. Aldo Van Eyck: La Chiesa Blu a Deventer in Olanda
2.2.5. Paolo Portoghesi e Sami Mousawi: La Moschea di Roma
20
20
22
22
23
24
2.3. EDILIZIA PER L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA
25
2.3.1. Palazzo Comunale
25
2.3.2. Guido Canella e collaboratori: il Centro Civico a Segrate, Milano 26
1
TIPI EDILIZI
1.
LA CASA DI ABITAZIONE:
TIPOLOGIA IN LINEA, A SCHIERA, A BALLATOIO, A TORRE.
Si può stilare sommaria classificazione per “tipi” della casa d’abitazione; questo
consente di raggruppare questi edifici in due grandi categorie: le case unifamiliari e le
case plurifamiliari. Le prime si possono ulteriormente suddividere in case unifamiliari
singole e case unifamiliari associate, analogamente, le seconde si dividono in case
isolate e case contigue.
1.1.
CASE UNIFAMILIARI
Le case unifamiliari singole sono edifici isolati, liberi da ogni lato e destinati ad
ospitare un solo nucleo familiare per il soggiorno temporaneo oppure permanente (fig.
1). Le case unifamiliari associate, invece, sono edifici che pur essendo composti da
più alloggi (abbinati, raggruppati, sovrapposti e a schiera) destinati a diversi nuclei
familiari,
prevedono
per
ciascuno
di
questi
un
ingresso
indipendente.
Le case associate con alloggi abbinati (fig. 2), hanno in comune tra loro soltanto un
muro perimetrale, mentre gli altri tre lati sono completamente liberi. In questo caso, i
due alloggi abbinati sono per lo più disposti in modo simmetrico rispetto al muro che
essi hanno in comune. Questo non è dovuto unicamente a motivi di carattere estetico,
ma a un insieme di esigenze funzionali ed estetiche (sistemazione giustapposta dei
Fig.1
Fig.2
2
bagni, cucine e altri locali di servizio con conseguente alloggiamento delle tubazioni e
delle canne fumarie nella zona comune, concentrazione delle scale e dei locali che non
hanno necessità di particolare illuminazione nella parte interna, in modo da permettere
agli ambienti di soggiorno e alle camere da letto una sistemazione per quanto possibile
rivolta verso l’esterno).
Le case associate con alloggi raggruppati sono in genere costituite dall’unione di quattro
appartamenti accostati tra loro in modo tale che ciascuno di essi presenti due muri
perimetrali in comune e due liberi (fig. 3). Ovviamente questa a soluzione, assai più di
quella degli alloggi abbinati, presenta notevoli inconvenienti relativi ai problemi di
orientamento e della ventilazione.
Le case associate con alloggi sovrapposti, presentano, nei casi generici, un
appartamento posto al piano terra e comunicante con l’esterno direttamente al livello
stradale e un altro, al primo piano a cui si accede sempre direttamente dall’esterno per
mezzo di una scala privata (fig. 4). Per lo più la pianta dei due alloggi coincide: in
questo caso, i due ingressi non sono situati sullo stesso lato; spesso, invece la pianta
dell’alloggio posto al piano superiore è uguale a quella dell’appartamento del piano
terra.
La casa a schiera (fig. 5) è forse l’elemento edilizio che ha maggiormente caratterizzato
le espansioni delle città per tutto il Medioevo. Rappresenta quindi il tessuto embrionale
degli antichi centri italiani.
I caratteri principali del tipo edilizio a schiera sono essenzialmente: lo sviluppo su di un
lotto rettangolare molto allungato prospiciente e ortogonale a una strada che presenta,
Fig.3
Fig.4
3
Fig.5
sul fronte, un’ampiezza di circa 5-6 m; la presenza, sul lato opposto alla strada stessa, di
un’area di pertinenza sulla quale sono possibili ulteriori accrescimenti della cellula
abitativa; comunanza dei muri perimetrali (quelli sul lato lungo) con le schiere adiacenti
e, di conseguenza, l’affaccio limitato ai due soli lati corti. L’altezza della casa a schiera
era, generalmente, limitata a tre piani fuori terra, dei quali il pian terreno era
esclusivamente adibito ad attività lavorative o commerciali, mentre il primo e il secondo
piano costituivano l’abitazione vera e propria (fig. 6). La serialità e la rigidezza solo
apparente di tale procedimento insediativo ne garantirono il successo e la larga
diffusione, che proseguì per molti secoli e non pare tutt’ora, seppure con caratteri
diversi, assolutamente esaurita.
Fig.6
4
1.2.
CASE PLURIFAMILIARI
Le case plurifamiliari isolate (per esempio, la casa torre, quando il numero dei piani
diventa elevato) sono fabbricati liberi da ogni lato, nei quali i singoli alloggi sono
disimpegnati dalla stessa zona di ingresso che, nei casi di strutture pluripiano accoglie
anche il corpo scala-ascensore (fig. 7). A differenza di quelle isolate, le case
plurifamiliari contigue hanno in comune i muri perimetrali (fig. 8). Quest’ultimo tipo
edilizio può suddividersi in due sottogruppi: case plurifamiliari contigue a blocco chiuso
e a blocco aperto (fig. 9).
Fig.7
Fig.8
Fig.9
5
La casa torre (fig. 10), è considerata da alcuni studiosi dei tessuti urbani come il
risultato del processo di sviluppo in altezza della cellula abitativa di base (ambiente di
forma quadrata). Questa, comunque, si qualifica proprio nel Medioevo, come residenza
gentilizia, parzialmente fortificata, inserita entro i centri abitati. La sua dimensione in
altezza, teoricamente indefinita e incentrata sulla ripetizione seriale di un unico
ambiente, stava spesso a simboleggiare la ricchezza e la potenza della famiglia che la
occupava.
La casa in linea (figg. 11 e 12), ha iniziato a svilupparsi in età tardo medievale. La casa
a schiera perde qui la sua singolarità, accorpandosi ogni due o quattro alloggi per piano;
l’abitazione si distende orizzontalmente su un unico livello e si ripete in cellule uguali,
dal piano terra all’ultimo piano, abbandonando così il concetto di unitarietà abitativa in
verticale dalla terra al tetto.
Fig.10
Fig.11
Fig.12
6
1.3.
ESEMPI DI TIPI EDILIZI
1.3.1.
Walter Gropius: Casa Doppia a Dessau
Queste due case unifamiliari (fig. 13) abbinate fanno parte di un gruppo di abitazioni
che l’architetto tedesco costruì a Dessau, nel 1925, per alcuni insegnanti della scuola di
cui egli era direttore: la Bauhaus.
Si tratta di case gemelle, le quali presentano l’accostamento di due piante simili ruotate
tra loro di 180°. Tale rotazione ha come scopo quello di evitare la monotona simmetria
generata
dall’adozione
di
piante
identiche
e
ugualmente
disposte.
A proposito dell’utilizzo di elementi identici (anche standardizzati) e del diverso modo
di assemblarli tra loro al fine di ottenere una flessibilità di pianta e una varietà
dell’aspetto esterno, scrive lo stesso Gropius: «Un prototipo di base può essere variato
all’infinito grazie all’unione o alla sovrapposizione di elementi di costruzione identici.
L’idea fondamentale consiste nel conciliare la più grande standardizzazione con la più
grande diversità possibile.
Tornando alle case gemelle di Dessau, è interessante notare, tra l’altro, come in esse il
primo piano sia per metà occupato da un grande spazio indiviso, lo studio: un ambiente
indispensabile, dal momento che gli abitanti di queste case erano tutti artisti. Anzi, in
questo caso si può senz’altro parlare di vere e proprie case-studio.
Fig.13
7
1.3.2.
Mario Campi e Franco Pessina: Case a Schiera a Massagno-Lugano
Il tipo edilizio impiegato per questo progetto, quello della casa a schiera, è uno di quelli
che negli ultimi tempi viene più frequentemente adottato. Spesso chi affronta questo
tipo di progettazione, si lascia suggestionare dall’architettura «tradizionale» non tanto
per quanto riguarda il sistema costruttivo, ma soprattutto per il linguaggio formale.
Gli autori di questo progetto, che già altre volte si erano impegnati nel tema della casa a
schiera, hanno invece adottato un linguaggio interessante che, senza comunque cercare
un rapporto mimetico col paesaggio, riesce a inserirsi nell’ambiente in modo corretto.
Si tratta di cinque case individuali rispondenti a standard abitativi molto elevati, poste
su un lotto di terreno triangolare che presenta un notevole dislivello. I progettisti hanno
posto il lato nord della costruzione a ridosso della strada, in modo da lasciare unito lo
spazio destinato al verde. Ai due lati principali è stato così attribuito un preciso
carattere: a nord, una fronte compatta che si presenta come una quinta stradale con un
carattere fortemente urbano; a sud, invece, la parte rivolta verso i giardini si presenta più
articolata e capace di instaurare un rapporto tra interno ed esterno.
La costruzione si sviluppa su quattro livelli: il piano interrato che ospita le autorimesse,
i locali di servizio e le cantine, il piano terra con due camere poste a nord e un
soggiorno che si affaccia sul giardino pensile la cui quota di calpestio è stata rialzata per
colmare, almeno in parte, il forte dislivello naturale del lotto, il primo piano, dove si
trovano i locali della zona giorno, posto alla stessa quota della strada e, infine, il
secondo piano riservato alle quattro camere (figg. 14, 15, 16).
Fig.14
8
Fig.15
Fig.16
9
1.3.3.
Mecanoo Arkitecten: Torri per abitazioni a Stoccarda
Si tratta di tre torri situate nell’insediamento sperimentale Garten Austellug (fig. 17).
La scelta di frammentare l’intervento in tre blocchi, anche se economicamente più
gravosa, è stata preferita per un motivo «compositivo», nel senso che si è cercata una
soluzione d’angolo articolata. Per quanto riguarda, invece, la posizione dei corpi
all’interno del lotto, questo intervento sembra essere in linea con i dettami del
movimento moderno relativamente al fatto di non seguire gli allineamenti stradali. Gli
architetti progettano le fronti rivolte verso la strada e quelle che guardano verso la corte
alberata interna cercando di raggiungere due obiettivi: alle prime, quelle rivolte a sudovest si conferisce un carattere tendenzialmente urbano con un utilizzo quasi esclusivo
del vetro mentre alle seconde si è attribuito un carattere di astrattezza facendole poi
apparire anche con minor importanza. Il punto fondamentale è rappresentato dallo
studio dei collegamenti verticali: esternamente, la torre dell’ascensore completamente
vetrata e le passerelle, che da questa permettono l’accesso ai vari livelli, svolgono la
funzione di collegamento tra l’esterno e le singole unità abitative. Le scale a chiocciola
interne, ben visibili dal prospetto, sulla strada, sono state studiate sia per un utilizzo
privato, cioè per il collegamento tra i diversi livelli di una stessa unità abitativa, sia per
quello pubblico.
Fig.17
10
1.4.
GLI SPAZI DELLA CASA
Gli spazi interni di ogni tipo di abitazione possono dividersi in due categorie, che
chiameremo spazi serventi e spazi serviti. Gli spazi serventi sono gli ingressi, i corridoi
e i disimpegni. Gli spazi serviti possono ancora suddividersi in due sottoclassi: spazi
serviti principali, che sono i soggiorni, le stanze da pranzo e le camere da letto, e spazi
serviti di sevizio che sono le cucine, i bagni, i gabinetti e i ripostigli.
La possibilità di sfruttare altri spazi non direttamente collegati all’abitazione come le
cantine, gli stenditoi e le autorirnesse, aumenta la funzionalità dell’abitazione; al pari
degli spazi inter-esterni, come i loggiati e le terrazze.
In condizioni climatiche favorevoli, l’utilizzo di questi spazi inter-esterni, proprio della
tradizione abitativa italiana, consente di diminuire, se non addirittura eliminare, quel
senso di costrizione che spesso deriva dalla necessità di muoversi in uno spazio
eccessivamente angusto.
Passiamo ora in rassegna, uno per uno, i principali spazi serviti e serventi
dell’abitazione, ricordando che le altezze minime previste dalla normativa sono di 2,70
m per i primi e di 2,40 m per i secondi.
L’ingresso e i disimpegni
Nelle case d’abitazione più economiche è presente un solo ingresso; tuttavia, quando è
previsto personale di servizio che vive permanentemente nell’abitazione, è consigliabile
avere un secondo ingresso, detto di servizio, che comunica direttamente con la cucina.
La distribuzione dei vari ambienti della casa è tradizionalmente affidata ai corridoi sui
quali si affacciano le porte d’ingresso alle varie stanze. Gli orientamenti più attuali
tendono invece a concepire organismi planimetrici diversi:
1) o si tende a trasformare questi spazi serventi indifferenziati in organismi più
articolati, suddivisi in varie sezioni di differente larghezza e altezza, in modo da
divenire vere e proprie appendici del soggiorno o luoghi di lavoro domestico;
2) o si predispone un grande soggiorno centrale, sfruttandolo anche per smistare gli
accessi alle varie stanze.
11
Il soggiorno
È lo spazio interno principale dell’abitazione.
L’elenco delle funzioni che si svolgono in un soggiorno è piuttosto vario, in ogni
soggiorno si possono quindi enucleare vari gruppi:
1) gruppo di conversazione principale, al quale sono dedicati i divani e le poltrone;
2) gruppo di conversazione secondario, per il quale, in genere, possono bastare le sedie;
3) gruppo di lettura, al quale occorre un tavolino;
4) gruppo di scrittura o di studio, che può utilizzare gli spazi del gruppo precedente;
5) gruppo per il gioco degli adulti, il quale utilizza un tavolino di minori dimensioni, se
disponibile;
6) gruppo di ascolto e di visione.
La superficie minima del soggiorno è di 14 mq.
La stanza da pranzo
Nella casa borghese, la sala da pranzo era quasi sempre uno spazio a se stante, ma è
stata giustamente la prima a essere sacrificata a causa della carenza di spazio e della
mancanza di personale di servizio. Anche quando esiste lo spazio necessario al pranzo si
assiste al curioso fenomeno della sala da pranzo coincidente con il salotto.
Nelle case di abitazione in cui l’economia spaziale è un elemento dominante, al pranzo
possono essere adibiti due ambienti:
a) un prolungamento dello spazio-cucina detto tinello; questo semplifica notevolmente
le operazioni di apparecchiatura e sparecchiatura della tavola, nonché la fatica del servizio;
b) una parte del soggiorno, convenientemente dimensionata. In questo caso, il tavolo da
pranzo, utilizzato come tale solo durante i pasti, può essere adibito durante il giorno ad
altre funzioni.
Le dimensioni del tavolo da pranzo per N persone sono:
12
— per un tavolo rettangolare, 75-85 cm in larghezza, 60-70 x (n-2)/2 in lunghezza;
— per un tavolo rotondo, diametro 60-70N/3,14.
La cucina
Le operazioni che si svolgono in cucina sono: conservazione dei cibi, preparazione dei
pasti, cottura e preparazione finale, lavaggio delle stoviglie e loro asciugatura. A
ciascuna di queste quattro operazioni corrisponde un centro di lavoro. A. Klein, nel
1928 accertò con indagini ergonomiche che la buona disposizione di questi centri
consente risparmiare alla fine dell’anno varie decine di chilometri, corrispondenti a ore
e ore di cammino inutile.
I tipi fondamentali di spazio-cucina derivano dai posizionamenti reciproci degli
elementi necessari per le quattro operazioni suddette e sono:
a) cucina in linea;
b) cucina a L;
c) cucina a due elementi in pallelo;
d) cucina a U.
La normativa impone che la cucina sia dotata di una finestra o che sia munita di un
impianto di aspirazione forzata, per un’adeguata aspirazione dei fumi e dei vapori.
La camera da letto
La funzione svolta dalle camere da letto è quasi sempre una costante universale; tant’è
vero che anche per gli architetti che più si sono battuti per la continuità spaziale
all’interno dell’abitazione, essa si è arrestata di fronte alla funzione del dormire. La
stanza da letto è sempre restata isolata dal resto dell’abitazione, salvo i casi, piuttosto
rari, della casa concepita per un’unica persona. Oltre all’ovvia suddivisione tra camera e
camera, è egualmente necessaria una divisione netta tra la zona-notte e la parte restante
dell’abitazione, in modo da garantire la necessaria intimità a quest’area dell’abitazione.
Nelle camere per i giovani, ciascuno dei quali dovrebbe avere la propria stanza, deve
13
essere previsto lo spazio per lo studio, con un tavolinetto e una libreria; si tratta quindi
di spazi misti, che assommano le funzioni di zona notte con quelle di soggiorno. La
normativa italiana impone che le camere da letto doppie non abbiano dimensioni
inferiori a 14 mq e 9 mq quelle singole.
La stanza da bagno
Lo sviluppo tecnico degli apparecchi igienico-sanitari ha portato alla riduzione degli
spazi occorrenti per i locali da bagno, come è avvenuto per le moderne cucine.
Analogamente, anche il tempo di permanenza giornaliera nel bagno è stato
notevolmente ridotto. L’abitudine di chiudersi per lungo tempo nel bagno, magari per
leggere, derivava dal fatto che spesso questo era l’unico luogo della casa che garantiva
una privacy assoluta, specie per i figli; questa abitudine è tuttavia scomparsa quando è
stato possibile disporre di spazi ugualmente privati e più consoni alle attività di lettura,
scrittura o studio. La comparsa sul mercato di nuovi apparecchi igienico-sanitari
poilfunzionali ha scarsamente influenzato l’adozione degli apparecchi tradizionali che
sono:
— il lavabo;
— la vasca da bagno;
— il water-closet;
— il bidet;
— la doccia.
La distribuzione degli apparecchi suddetti nei bagni può raggiungere dimensioni
minime piuttosto ristrette (3,70 x 1,45 m), anche se è sconsigliabile scendere sotto i 6
mq, dovendo il bagno ospitare la macchina lavatrice e la cassetta dei panni sporchi. La
sistemazione razionale degli apparecchi è molto importante, non solo per l’economia di
spazio, ma anche per quella dell’impianto e la garanzia del suo corretto funzionamento.
Lo studio di queste apparecchiature è un aspetto importante degli impianti tecnici
dell’abitazione.
14
2.
EDIFICI DI INTERESSE PUBBLICO.
2.4.
EDILIZIA PER LA CULTURA
2.1.1.
Biblioteche
Sono edifici destinati alla raccolta di libri, quotidiani (emeroteca) e altri generi di
documenti. La loro progettazione è regolata dalla L. 765/67 e dal D. M. 1444/68. In
relazione al tessuto urbano esistente, esse possono localizzarsi indifferentemente in aree
centrali o in zone periferiche della città. In questo secondo caso, la biblioteca, in
genere,
diventa
anche
luogo
di
incontro
con
spazi
polivalenti.
Il suo dimensionamento varia quindi in funzione di numerosi fattori; infatti, oltre
all’importanza che essa deve assumere, occorre valutare il numero potenziale di lettori.
Naturalmente i suoi spazi, oltre a esser regolati dalle norme sopraddette, devono
osservare i regolamenti antincendio, che in questo caso sono estremamente rigorosi.
Sono strutture che devono garantire la massima flessibilità; per questo motivo, e
soprattutto per facilitare le eventuali trasformazioni interne, devono essere progettate
secondo criteri di modularità, sia per quanto riguarda gli «spazi» sia per gli arredi
Un
altro
elemento
da
studiare
con
attenzione
durante
la
fase
di progettazione è l’illuminazione; infatti un adeguato comfort visivo è garantito da una
corretta disposizione delle fonti illuminanti. L’illuminazione, sia naturale sia artificiale,
deve essere il più possibile uniforme, diffusa e non diretta (fig. 18 ). Per questi ambienti
sono sconsigliate grandi aperture (anche perché si riduce lo spazio per gli scaffali) e il
rapporto
aeroilluminante
consigliabile è equivalente a
1/5.
Gli
ambienti
presenti
all’interno di una biblioteca di
medie dimensioni sono: la zona
ingresso, in cui è consigliabile
posizionare il banco per le
informazioni, con altezza da
terra compresa tra 90 e 96 cm
(per consentire un appoggio
confortevole all’utente in piedi)
e larghe tra 45 e 60 cm; la zona
Fig.18
15
lettura, arredata con tavoli (con dimensioni 60 x 90 cm e altezza da terra 70-76 cm) e
scaffali a parete. Questa è la parte della biblioteca in cui è maggiore la fruizione; per
questo motivo, i percorsi di distribuzione tra i tavoli non possono essere inferiori a 90
cm, mentre quelli laterali devono essere di almeno 120 cm, per garantire il passaggio di
due persone; il deposito è un corpo fabbrica attrezzato con scaffalature di altezza non
superiore a 197 cm, profondità che varia tra 20 e 30 cm, lunghezza 90 cm e con una
distanza minima tra scaffali paralleli di 80 cm; gli uffici, per la gestione complessiva
della biblioteca; la zona fotocopie, con un’area che occupi al massimo il 15%
dell’intera superficie; per finire, i servizi igienici.
2.1.2.
Musei
Il museo è tradizionalmente il luogo che ospita oggetti di diversa natura, utili per la
conoscenza e la diffusione del sapere. Negli ultimi anni si è tuttavia affermata una nuova
tipologia di museo che, oltre alle opere vere e proprie, espone anche modelli e
riproduzioni, avvalendosi di moderne tecnologie. La progettazione di un museo richiede
anche lo studio dell’allestimento interno (fig. 19); per tale motivo, in questo campo si
raggiungono ottimi risultati unicamente quando esiste una piena e fattiva collaborazione
tra progettista, direttore e il curatore del museo. I criteri di ordinamento più diffusi sono
tre: l’ordinamento cronologico, quello topografico e quello tematico. Connesso ai criteri
sopra esposti è lo studio dei percorsi; questi possono essere liberi, consigliati, oppure
obbligati e servono a far «conoscere» il museo e le sue opere in base a determinate
successioni che sono state stabilite dall’ordinamento.
Un museo accoglie mostre a
carattere permanente ma anche temporaneo, quindi deve avere una struttura flessibile e
Fig. 19
16
adatta a ospitare oggetti di varia natura. Si studieranno quindi pannelli scorrevoli su
binari, moduli aggregabili e orientabili.
L’illuminazione è uno degli aspetti più
importanti per la progettazione di una struttura a carattere museale, poiché essa, oltre a
valorizzare l’opera esposta, può contribuire attraverso un utilizzo corretto alla sua
conservazione (che, naturalmente, è garantita anche da un rapporto ottimale tra
temperatura e umidità che avviene con l’utilizzazione di apposite teche, fig. 20). Esiste,
quindi, una normativa che fissa i valori massimi di illuminamento consentiti, rispetto al
tipo di materiale di cui l’opera è composta; questi si ottengono con strumenti che
misurano le radiazioni visibili dall’occhio umano (luxmetri). Sono tuttavia consigliabili
lampade che emettono una luce vicina a quella solare e che abbiano una resa dei colori
fedele.
Fig.20
17
2.1.3.
Vittorio De Feo: Biblioteca a Nocera Inferiore
Si tratta di un edificio (fig. 21) collocato in un giardino ottocentesco situato, a sua volta,
al limitare di un importante parco della cittadina campana. L’architetto, sfruttando i
vincoli posti dal sito e in particolar modo la presenza di una ricca alberatura, ha
progettato un interessante esempio di edificio polifunzionale, nel quale, tuttavia, è
largamente predominante l’elemento della biblioteca. Tale organismo, quindi, offre
anche importanti servizi ausiliari, essendovi collocati una sala per le audizioni, un
apposito spazio di lettura per i bambini, una sezione speciale, l’emeroteca e un
ambiente, opportunamente recintato, per la lettura all’aperto. Inoltre, in questo
complesso trovano posto alcuni servizi propri di un centro polifunzionale; vi sono,
infatti, oltre ad alcuni uffici del centro sociale, uno spazio predisposto per l’allestimento
di mostre ed è prevista la possibilità, spostando gli arredi mobili, di ricavare dalla sala
di lettura centrale un ambiente per riunioni di buone capacità ricettive.
Anche dal punto di vista distributivo la struttura appare ben organizzata. Infatti, gli
ambienti di servizio, dal deposito dei libri agli uffici della biblioteca e del centro
sociale, sono raggruppati in un corpo, a forma di rettangolo molto allungato,
parzialmente interrato, ove sono disposti anche i servizi igienici, il guardaroba e la sala
per le audizioni. Gli altri ambienti (sale di lettura, spazio per mostre ecc.) sono, dal
punto di vista architettonico, estremamente articolati e, ruotando attorno a un
interessante patio circolare sistemato a gradonate, proiettano verso l’esterno il volume
dell’edificio sull’unico prospetto che, dato il dislivello del terreno, si presenta
completamente libero.
Fig. 21
18
2.1.4.
Massimo Pica Ciamarra: Museo della Scienza a Bagnoli.
Il museo (fig. 22) inaugurato nel 2001, fa parte di un progetto molto più ampio che
prevede l’intera riqualificazione dell’area industriale di Bagnoli. Il sito dell’intervento,
molto vasto (circa 63,000 mq), è diviso al centro da una grande arteria. Per questo
motivo l’elemento fondamentale nel nuovo progetto è stato proprio il superamento di
questa «barriera». Questo è stato possibile, essenzialmente, tramite due interventi:
una dilatazione della strada stessa, la quale ha assunto il carattere di una «lunga» piazza,
e una riqualificazione degli edifici che su di essa prospettano. Nell’edificio a est
dell’area, quindi, trovano posto laboratori di ricerca e uffici, mentre nell’edificio a ovest,
cioè
quello
che
guarda
verso
il
mare,
è
collocato
il
museo.
Questa struttura, oltre al museo vero e proprio, prevede al suo interno numerosi altri
ambienti tra cui ricordiamo: uno spazio per mostre temporanee, un planetario, la «città
dei bambini», un bar-ristorante e, infine, uffici per l’amministrazione e la direzione
generale. All’interno, questi spazi si snodano e si dilatano attorno a una serie di percorsi
e di dislivelli disegnati secondo una logica che è indipendente dall’andamento
longitudinale
delle
cinque
navate
in
cui
è
suddivisa
l’intera
struttura.
Molto interessante appare la fronte nord dell’edificio: l’ultima capriata della copertura è
lasciata libera e «sospesa» nello spazio e il tamponamento della parete è stato eseguito
per mezzo di superfici in vetro, inclinate di 45°. Queste, inoltre, chiudono vasche
d’acqua ricavate tra muretti di laterizio che si distendono ortogonali all’edificio stesso.
Fig 22
19
2.2.
EDILIZIA PER IL CULTO
2.2.1. Chiese cattoliche.
È abbastanza difficile, oggi, dare una definizione tipologica della chiesa. Questo
organismo architettonico, che per secoli ha risposto ad alcuni canoni progettuali
estremamente rigorosi (a croce latina, a croce greca, a pianta centrale), è infatti stato
oggetto negli ultimi tempi una notevole evoluzione che ha generato una grande varietà di
soluzioni.
Il rinnovamento proposto, di volta in volta con iniziative individuali, dai progettisti più
ricchi di personalità e pronti a comprendere le mutate esigenze dei tempi, ha assunto in
un secondo momento valore di norma, a seguito delle direttive impartite dal Consiglio
Ecumenico Vaticano II. A questo proposito infatti, nel Dizionario Enciclopedico di
Architettura e di Urbanistica, si legge: “Nell’ambito delle grandi direttrici conciliari che
richiamano la chiesa all’ idea primigenia di domus ecclesia, il cambiamento che
maggiormente ha inciso riguarda la posizione dell’officiante, che la liturgia vuole rivolto
verso i fedeli. Ne scaturiscono una serie di necessità che condizionano la distribuzione
degli ambienti interni e degli stessi arredi [...]. Il senso di comunità dovrà ancora essere
accentuato dalla disposizione della schola, dell’organo e soprattutto dei posti per i fedeli,
studiati in modo tale da abolire ogni senso gerarchico e da permettere la partecipazione
completa allo svolgimento della sinassi. Inoltre, pur lasciando ampia libertà ai singoli
architetti, si è posto l’accento sulla chiesa come luogo che soddisfi tutte le esigenze del
cattolico; oltre agli ambienti più strettamente legati alle necessità della vita religiosa,
devono essere considerati come parti integranti e non collaterali tutti i locali adibiti alle
attività sociali, ricreative e assistenziali.” A titolo d’esempio forniamo alcune indicazioni
valide per la progettazione di un complesso di questo tipo.
-
Trattandosi di un edificio pubblico, anche la chiesa deve rispettare le norme in
merito alla protezione contro gli incendi e per l’eliminazione delle barriere
architettoniche.
-
Deve essere ubicata in un luogo «tranquillo» e baricentrico rispetto al nucleo
abitato nelle cui vicinanze dovrebbero essere disponibili zone di sosta per le
automobili e spazi da adibire a verde pubblico.
20
-
È consigliabile progettare l’edificio rialzato dal livello stradale e da esso arretrato
attraverso la costruzione di un portico (nartece).
-
All’interno il presbiterio, la cui superficie minima misura 60 mq, deve
distinguersi dall’aula dei fedeli tramite alcuni gradini. Inoltre, deve ospitare la
croce dell’altare e una tavola per sistemare il materiale liturgico.
-
Il fulcro verso il quale è rivolta l’attenzione dei fedeli è l’altare: esso deve essere
previsto in posizione centrale su una pedana rialzata, in genere, da tre gradini e
libero su tutti quattro i lati.
-
La sede, posizionata al centro oppure a destra guardando l’altare (lato epistola), in
genere è affiancata da due sedili; la superficie che occupano può variare da un
minimo di 42 mq a un massimo 59 mq.
-
Le cappelle devozionali, quando previste, devono avere una superficie minima di
25 mq.
-
Il battistero deve essere uno spazio indipendente aperto verso l’aula dei fedeli e
possibilmente a un livello inferiore rispetto a quello della sala.
-
L’aula per i fedeli deve essere arredata con panche e banchi dotati di
inginocchiatoio (lunghe massime 3 m). Le porte per accedere all’aula devono
essere almeno due, larghe 1,7 m e alte 3 m (fig. 23).
Fig. 23
21
-
La sagrestia, posizionata vicino al presbiterio e al suo stesso livello, deve avere
una superficie di 30 mq.
-
Gli standard minimi di superficie sono stabiliti dalla circolare della Pontificia
commissione per l’arte sacra, che assegna 0,08 mq ad abitante per i quartieri di
maggiori dimensioni e 0,17 mq per quelli di dimensioni minori.
2.2.2.
Sinagoghe ebraiche.
La loro costruzione deve essere progettata lungo l’asse ovest-est, affinché i fedeli siano
rivolti verso Gerusalemme. Al loro interno, molto importanti sono la pedana (bimà), sulla
quale trova posto un tavolo per le letture e un armadio (aron) che ospita i rotoli della
Bibbia (dimensioni minime 80 x 160 cm). La prima, in genere posizionata al centro della
sinagoga, ha una superficie che varia tra i 5 e i 7 mq; l’aron invece ha dimensioni minori
(2-4 mq) ed è rialzato dal pavimento (fig. 24).
2.2.3. Moschee musulmane.
Queste strutture devono essere posizionate in direzione della Mecca e devono
comprendere due nuclei fondamentali: il mihrab, cioè la nicchia-sacrario, e il minbar,
ovvero il pulpito. Spesso questi ambienti sono posizionati attorno ad un cortile (haram) in
cui trovano posto un portico e una fontana. (fig. 25)
ARON
MIHRAB
BIMA’
MINBAR
HARAM
Fig. 24
Fig. 25
22
2.2.4.
Aldo Van Eyck: La Chiesa Blu a Deventer in Olanda
Si tratta di una chiesa (fig. 26) realizzata nel 1985 in un quartiere di edilizia popolare.
Essa è situata su un lotto quadrato delle dimensioni di circa 50 x 50 m.
Il progettista ha voluto creare un contrasto tra la nuova chiesa e le costruzioni preesistenti
che non presentano particolari qualificazioni da un punto di vista formale. Questo
risultato è stato ottenuto dal punto di vista volumetrico (i caseggiati intorno sono alti e la
nuova costruzione è bassa), nell’utilizzo dei materiali (la chiesa, diversamente dagli
edifici vicini, è realizzata con materiali che cambiano il loro aspetto con il passare del
tempo) e nelle aperture che negli edifici a uso abitativo sono abbondanti, mentre
l’edificio religioso sembra quasi chiudersi verso l’esterno. Su un corpo rettangolare si
innestano alcuni settori circolari che vanno a costituire la chiesa vera e propria; la
sacrestia, divisa dalla chiesa da una fascia nella quale sono raggruppati gli ingressi, ha
forma rettangolare. Realizzata in blocchi di cemento monocromatico, la chiesa ha le
facciate esterne realizzate nella parte alta da pannelli di legno e, nella parte inferiore, in
calcestruzzo di colore blu intenso, presenta strutture metalliche per le rose rampicanti alle
quali
Fig. 26
il
progettista
ha
attribuito
un
ruolo
estetico
molto
importante
L’illuminazione
proviene
in modo prevalente dai
lucernari. Le pareti interne
sono tinteggiate con tre
tonalità
di
incastonate
azzurro
e,
nell’intonaco,
si trovano conchiglie di
madreperla che vanno a
disegnare
le
linee
di
movimento dei pesci. Il
colore blu, prevalente nella
costruzione, è stato scelto
in ricordo del mare delle
isole Molucche dalle quali
proviene la comunità alla
quale
è
stato
destinato
l’edificio.
23
2.2.5.
Paolo Portoghesi e Sami Mousawi: La Moschea di Roma
La costruzione della grande Moschea di Roma (fig. 27), con annesso centro culturale
islamico, è stata terminata nel 1994 ed è il risultato di una vicenda lunga quasi un
ventennio.
Essa infatti ebbe inizio quando fu bandito il concorso vinto dal gruppo di progettisti
guidato da Paolo Portoghesi; un architetto, è bene ricordarlo, che, fin dagli esordi, è
sempre stato molto attento ai suggerimenti della storia (non solo occidentale),
divenendo uno dei maggiori protagonisti di quel movimento che intese prendere le
distanze dai dogmi del cosiddetto movimento moderno. Il vastissimo impianto è situato
ai piedi del Monte Antenne, in un’area che il municipio di Roma volle donare alla già
numerosa comunità islamica presente nella capitale. Presentando questo edificio, il
critico Mario Pisani ha scritto, tra l’altro: «La costruzione si pone più che come edificio
isolato — situazione tipica del monumento — come un vero e proprio brano di città,
aperto, simmetrico, articolato. Quasi un’opera non finita, che cerca un proprio rapporto
con l’atmosfera, l’ambiente dell’intorno, oltre che le presenze più suggestive della
capitale. L’impianto si compone infatti di un elemento geometricamente forte, di
carattere simmetrico e per alcuni versi persino bloccato, mentre quando ci si allontana
da questo nucleo centrale, costituito dalla sala di preghiera e dalla piazza porticata, si
attenua la compattezza e l’insieme si ammorbidisce dilatandosi».
Fig. 27
24
2.3.
EDILIZIA PER L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA
La pubblica amministrazione è divisa in vari comparti tra i quali quello degli enti locali.
Esso si suddivide ulteriormente in Regioni, Province e Comuni. Tra questi enti, quello
più importante, soprattutto perché maggiormente a contatto con i cittadini, è il Comune.
La legge n. 142/90 detta il «nuovo ordinamento delle autonomie locali ed elenca in
modo dettagliato i compiti e le funzioni che deve assolvere il Comune. A titolo
d’esempio, analizziamo in questa sede le caratteristiche del luogo di governo del
Comune.
2.3.1.
Palazzo comunale
Il palazzo comunale è diviso in tre organi istituzionali. Essi sono: il consiglio
comunale, che è l’organo deliberativo e che è composto da un numero variabile di
consiglieri proporzionato all’importanza stessa del Comune; la giunta municipale, che è
l’organo esecutivo, anch’essa proporzionata in rapporto al numero dei cittadini
residenti; infine, il sindaco capo dell’amministrazione comunale e ufficiale di governo
Nella progettazione di una struttura in grado di far funzionare un organismo di questo
tipo, oltre a studiare gli ambienti per gli organi istituzionali sopra menzionati, è
opportuno prevederne altri destinati a uffici pubblici di vario genere come, per esempio,
ufficio di stato civile, ufficio anagrafico, ragioneria, tesoreria, esattoria e commissione
edilizia. Pertanto, un palazzo comunale di un piccolo centro può essere ubicato, come
avveniva anche in passato, al centro dell’abitato, nella zona cioè in cui converge
l’insieme degli interessi di carattere sociale della comunità; per i palazzi comunali delle
grandi e medie città si presentano invece problemi di natura urbanistica, di volta in
volta diversi ma sempre così complessi da portare, spesso, verso soluzioni di
decentralizzazione.
Tutti gli ambienti, quindi, saranno ogniqualvolta studiati in base al “tipo” di Comune.
Lo spazio più importante, quello che qualifica l’intero complesso strutturale, è la sala
per le riunioni del consiglio comunale. La sua disposizione all’interno dell’edificio e il
suo dimensionamento devono essere studiati tenendo presente che in essa non prendono
posto soltanto il sindaco, gli assessori e i consiglieri, ma anche il pubblico e i
rappresentanti della stampa. Vicino alla sala del consiglio, in genere ubicata al primo
piano del palazzo, sono da prevedere gli ambienti da destinare agli organi istituzionali:
ufficio del Sindaco, della Giunta, degli Assessori ecc. Per quanto riguarda, invece, i
25
numerosi altri ambienti, essi saranno situati in posizioni di accesso più o meno agevole,
a seconda che vi sia o meno affluenza di pubblico. Per esempio, seguendo questo
criterio, il progettista collocherà preferibilmente al piano terra tutti gli uffici nei quali
l’afflusso di pubblico è massimo (per esempio, tributi, anagrafe, assistenza sociale,
igiene) e ai piani superiori quelli in cui il cittadino si reca raramente (per esempio,
archivio, protocollo, statistica e censimento). Alcuni di questi uffici, per evitare un
eccessivo affollamento, potranno essere dotati d’accesso indipendente. Inoltre, è utile la
comunicazione diretta tra i vari uffici senza la necessità di passare dai disimpegni
comuni.
È importante, in particolar modo nei complessi di dimensioni maggiori, differenziare i
percorsi dei dipendenti da quelli del pubblico: i primi tramite un accesso direttamente
collegato con il parcheggio per le automobili, gli altri tramite un atrio di
«smistamento». Gli uffici degli enti pubblici sono caratterizzati dal principio del plan
libre, in modo da consentire un’elevata flessibilità e prevedere spazi di lavoro collettivo
e/o singolo in base alle diverse esigenze. L’ufficio del Sindaco, nel quale si potranno
svolgere anche piccole riunioni, avrà dimensioni maggiori rispetto a tutti gli altri. Esso
sarà accessibile tramite un disimpegno che comunica con la sala di attesa.
Le aperture degli uffici devono consentire un rapporto illuminante minimo di 1/8. Oltre
a questi ambienti, è necessario progettare una zona da destinare ad archivio. Questa
avrà una dimensione non inferiore a 300 mq; per questo motivo la sua ubicazione sarà
in una parte «isolata» del complesso oppure nei sotterranei. Infine, già durante la fase di
progettazione, è consigliabile prevedere aree per possibili ampliamenti, vicine e
facilmente collegabili con il resto della struttura.
2.3.2.
Guido Canella e collaboratori: il Centro Civico a Segrate, Milano
L’ esigenza di polifunzionalità è stata avvertita come primaria dai progettisti di questo
centro civico realizzato a Segrate nel 1967. L’edificio (fig. 28 e 29) sorge in una
posizione intermedia tra il nucleo vecchio del paese e la nuova zona di espansione
edilizia ponendosi come elemento di collegamento tra due differenti situazioni socioambientali e, di conseguenza, come polo di attrazione per l’intera comunità.
Analizzando questo complesso organismo, di notevole interesse anche per la forma
particolare che lo contraddistingue, scrive un critico sulla rivista L’architettura: “Il
palazzo comunale racchiude già una serie di funzioni: quella amministrativa con vari
uffici, quella culturale, con la biblioteca pubblica e la sala di riunione, oltre ai servizi
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sanitari e civici più elementari. Tutti questi ambienti sono raggruppati intorno a un
cuore di servizi e si sviluppano in tutte le direzioni. Ciascuna delle destinazioni è
chiaramente descritta: l’articolazione volumetrica che ne consegue sottolinea i quattro
settori principali: salone sportelli (anagrafe) con soprastante aula di consiglio
(utilizzabile anche come sala per conferenze, concerti e proiezioni); uffici per il
Sindaco e gli assessori, sale di riunione, segreterie; uffici tecnici e amministrativi,
chiusi in un corpo rigido con alta elasticità interna; biblioteca comunale con soprastante
ridotto dell’aula di proiezioni, da utilizzare per mostre, affacciato a semicerchio sulla
campagna circostante”.
Fig. 28
Fig. 29
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