LE PIEVI ROMANICHE IN CASENTINO
L'architettura romanica, non troppo verticale, non troppo orizzontale. Un giusto equilibrio tra lo
spirito ed il corpo.
Le pievi romaniche vengono edificate in Casentino nel XI e XII secolo generalmente lungo
importanti strade di comunicazione, fuori dai centri fortificati perché sono le chiese del popolo, le
chiese della gente dei campi, dei pastori, dei pellegrini in cammino. Le loro strutture, non
progettate da grandi architetti come più dardi nel rinascimento, sembrano identificarsi in questa
gente attraverso un'architettura sobria, semplice, essenziale, senza fronzoli. Edifici costruiti con
fredde pietre grigie, ma capaci di riscaldare chi vi si addentra, per turismo o devozione. Le
decorazioni proprie di queste strutture sono essenzialmente i capitelli, quasi sempre presenti. Non
furono realizzati da noti scultori, ma da manovalanza specializzata. Lavori che mi piace definire
'eseguiti con semplicità e grezza raffinatezza'. Ci illustrano elementi della natura, simboli del
cristianesimo, scene delle sacre scritture.
A volte lame di luce, entrando dalle strette monofore o bifore, tagliano in modo suggestivo
l'atmosfera quasi buia caratteristica di queste chiese, chiese che si integrano perfettamente nei
centri e nel paesaggio casentinese. Le pievi romaniche del Casentino ritenute più importanti sono:
Pieve di Montemignaio, Pieve di Stia, Pieve di Romena, Pieve di Strada e Pieve di
Socana.
1
PIEVE DI MONTEMIGNAIO
Non esiste una datazione precisa relativa all'origine della Pieve di Santa Maria Assunta a
Montemignaio, comunque da vari documenti e da certe caratteristiche architettoniche la si può
supporre agli inizi del XII secolo. La costruzione dell'edificio si protrasse sicuramente a lungo, ciò è
intuibile dai diversi stili degli elementi architettonici: colonne con capitelli vicino all'abside e pilastri
intonacati ed affrescati verso la porta d'ingresso; i quattro capitelli sulle colonne hanno stili diversi;
sono addirittura presenti certi elementi che richiamano il gotico. Altro motivo che ha determinato
questa variabilità di stili sono i numerosi interventi di consolidamento o addirittura rifacimento
quasi completo di certe parti architettoniche, questo perché la pieve sorge su un terreno
dimostratosi nel tempo cedevole verso il torrente.
Detto ciò si può comunque affermare che la Pieve di Montemignaio è da considerarsi un notevole
esempio di architettura romanica in Casentino. Le maestranze che lavorarono alla costruzione
dell'edificio furono sicuramente le stesse che edificarono le altre tre importanti pievi romaniche
dell'alto Casentino: Romena, Stia e Strada. In queste ultime troviamo concetti costruttivi ed
elementi architettonici e decorativi uguali o simili a Montemignaio, magari eseguiti in modo più
raffinato.
Nella Pieve di Santa Maria Assunta sono conservate diverse opere d'arte di buon livello.
PIEVE DI STIA
La Pieve di Santa Maria Assunta a Stia
Una pieve romanica che si mimetizza nella bella piazza Tanucci di Stia. La sua facciata fu infatti
completamente ricostruita in stile tardo barocco nel 1776 ed allineata, accorciando qualche metro
la chiesa, alle costruzioni adiacenti.
Questa pieve a tre navate, commissionata dai Conti Guidi di Porciano, fu edificata attorno alla
metà del XII secolo su un preesistente edificio religioso.
Nel corso dei secoli ha subito varie e sostanziali modifiche strutturali: le più significative la citata
facciata e, pochi anni prima, il completo rifacimento della zona absidale, trasformata in tre
cappelle.
Nonostante questo, addentrandoci in essa, ci immergiamo subito in quella atmosfera austera ed
essenziale classica delle pievi romaniche. Gli elementi architettonici di maggior fascino, e mai
minimamente modificati, sono sicuramente le colonne sormontate da eleganti capitelli. Questi
furono realizzati dalle stesse maestranze che avevano scolpito quelli della Pieve di Romena, ma qui
si presentano più raffinati ed armoniosi.
Oltre che per la sua struttura architettonica la Pieve di Santa Maria Assunta di Stia è luogo di
grande interesse per le numerose e pregevoli opere d’arte, di vario genere e di vario periodo, in
essa conservate.
PIEVE DI SAN PIETRO A ROMENA
TEMPORE FAMIS MCLII. Questa scritta è scolpita sul capitello della prima colonna di sinistra
entrando nella splendida Pieve di San Pietro a Romena ed indica la circostanza e l’anno in cui
questa pieve romanica fu edificata.
In origine questa colonna non era la prima, ma la terza. Infatti la facciata e le prime due arcate
dell’edificio crollarono nel 1678. Nonostante questa mutilazione, la Pieve di Romena è, dal punto di
vista architettonico, la chiesa più importante del Casentino.
Qui lo stile romanico si esalta ed anche il profano non può non rimanerne affascinato. Al mattino
lame di luce entrano dalle bifore e trifore dell’abside ed illuminano i grezzi ma eleganti capitelli
realizzati sicuramente da maestranze lombarde, le stesse che eseguono più o meno nello stesso
periodo i capitelli della Pieve di Stia, quella di Strada in Casentino e La Pieve di Montemignaio.
2
Questa pieve romanica a tre navate fu costruita su un preesistente edificio religioso, probabilmente
del secolo VIII, i cui resti e certi frammenti sono visibili scendendo nel sotto chiesa attraverso una
scala, sulla destra, all’interno dell’edificio.
Fino a qualche anno fa in questa pieve si trovavano importanti opere d’arte medievali. Queste sono
oggi conservate nella vicina propositura di Pratovecchio.
Esternamente la parte di maggior fascino della Pieve di Romena, oggi dichiarata Monumento
Nazionale, è sicuramente l’abside. Al visitatore che giunge da Pratovecchio o dal Castello di
Romena appare come una scultura perfettamente incastonata in un classico paesaggio toscano,
anzi, nel tipico e splendido paesaggio Casentinese.
Dal 1991 questa Pieve è anche sede della Fraternità di Romena, luogo di fede e amicizia.
PIEVE DI STRADA
La Pieve di San Martino a Vado a Strada in Casentino
Come le altre importanti pievi romaniche dell’alto Casentino in Toscana (Romena, Montemignaio,
Stia), la Pieve di San Martino a Vado a Strada in Casentino venne edificata, nella forma e
dimensioni attuali, nel XII secolo, ma posteriormente alle altre, probabilmente nella seconda metà.
Questo edificio è il rifacimento di una preesistente pieve di difficile datazione: San Martino in
Terdinula.
La chiesa fu voluta e finanziata dai Conti Guidi proprietari del sovrastante Castello di San Niccolò.
Nel corso dei secoli ha subito veri e propri sconvolgimenti architettonici, fortunatamente negli anni
sessanta la Sovrintendenza d’Arezzo, dopo una profonda opera di restauro, ha riportato la pieve a
quello che poteva essere, grosso modo, il suo aspetto originario.
L’edificio è distaccato dal centro abitato di Strada in Casentino. Entrandovi c’immergiamo subito
nella sobria ed austera atmosfera dell’architettura romanica. Tre sono le navate ognuna composta
dalle classiche sette campate sostenute da sei colonne. E’ presente una sola abside centrale.
La luce all’interno è poca, ma sufficiente per far subito notare gli elementi decorativi ed
architettonici più belli ed importanti della chiesa: i capitelli romanici posti sulle colonne. Questi,
integri nelle loro forme originali, hanno decorazioni vegetali, zoomorfiche, umane. Simili nello stile
a quelli della Pieve di Romena, presentano una fattura meno grezza, meno “tagliente”, ci appaiono
più plasmati. Come quelli di Romena furono probabilmente realizzati da artigiani scultori lombardi,
ma 20/30 anni dopo. Questo certamente il motivo delle forme più armoniose.
PIEVE DI SANT’ANTONIO A SOCANA
Socana, nel Comune di Castel Focognano, era in antichità (dall’età romana a tutto il medioevo) un
importante nodo viario. Qui s’incrociavano strade che conducevano ad Arezzo, in Casentino, in
Valdarno. Questo giustificava la presenza di una chiesa: punto di preghiera ed ospitalità per
pellegrini e viaggiatori.
Mentre le importanti pievi romaniche dell’alto Casentino (Romena, Montemignaio, Stia, Strada) si
possono in qualche modo accomunare per certi aspetti architettonici, storici e politici, la Pieve di
Socana, nel basso Casentino, ha una storia tutta sua, meno chiara e documentata, ma certamente
molto importante, lunghissima, che parte con gli etruschi.
La notorietà e l’interesse per la Pieve di Socana, infatti, si deve anche alla presenza di un’ara
sacrificale etrusca posta di fronte all’unica abside della chiesa e risalente al V secolo a.C. Questa,
insieme ad altri reperti scoperti durante scavi effettuati nel 1972, ci svelano la presenza di un
tempio etrusco le cui testimonianze archeologiche si trovano in gran parte sotto il pavimento
dell’attuale chiesa. Socana, quindi, è un luogo che può raccontarci più di 2500 anni di culto
ininterrotto che schematicamente si può così riassumere: dal VI al II secolo a.C. insediamento
etrusco con importante tempio ed ara sacrificale; dal II secolo a.C. al V secolo d.C. insediamento
romano come punto di controllo del territorio (è di questo periodo la parte bassa cilindrica
3
dell’attuale campanile della pieve che serviva probabilmente come torre di guardia) con annesso
luogo di culto; VI secolo costruzione della prima piccola chiesa cristiana corrispondente all’incirca
alla navata di destra dell’attuale chiesa; VIII secolo costruzione della grande chiesa cristiana, a tre
navate, tre absidi, larga come l’attuale, lunga pressoché il doppio (alcuni basamenti delle colonne
di questo edificio sono oggi ben visibili);X/XI secolo edificazione dell’attuale pieve romanica con le
stesse dimensioni della chiesa precedente, grandi pilastri al posto delle colonne che sorreggevano
quattro grandi campate a tutto sesto e una più piccola all’altezza del presbiterio. Un solo abside
centrale.
La pieve romanica di Socana in questo suo maestoso aspetto ebbe vita breve. Infatti, si dice ad
inizio XV secolo, le prime due campate furono distrutte. La facciata fu poi ricostruita in linea con la
fine della terza campata. Adesso la pianta della chiesa è praticamente quadrata, l’interno è a tre
navate. I capitelli sulla sommità dei pilastri sono di forma schiacciata e le semplici raffigurazioni
che vi sono scolpite risultano ormai indecifrabili ad eccezione di una dove si distinguono delle
foglie. Molto particolare è l’architettura della torre campanaria già in parte descritta nella sua parte
inferiore, quella superiore è a pianta esagonale e risale all’edificazione della chiesa dell’VIII secolo.
La Pieve di Socana, rispetto alle pievi dell’alto Casentino, potremmo definirla “artisticamente
povera”: forse paga l’essere stata realizzata più di 100 anni prima, le maestranze erano
sicuramente locali e non quelle specializzate lombarde, non ebbe nobili e potenti famiglie che la
finanziarono. Ma se ci poniamo tra l’abside e l’ara etrusca e lasciamo libera la nostra
immaginazione vedremo accanto a noi architetture inconsuete quanto affascinanti, il tutto avvolto
in un grande alone di mistero. Un tipo di sensazioni ed emozioni che forse, nell’intero Casentino,
solo la Pieve di Socana può darci.
PIEVE DI SIETINA, un tesoro nascosto
Nei pressi di Castelluccio, lungo la strada che da questo paese conduce a Capolona, un paio di
indicazioni segnalano la presenza di una chiesa: Pieve a Sietina. Viaggiando se ne incontrano tante
di queste segnalazioni che normalmente ignoriamo, in questo caso poniamoci attenzione perché a
poche centinaia di metri da questi due incroci si trova un monumento che vale veramente la pena
visitare.
Dedicata a Santa Maria Maddalena, la cui immagine risalta in trasparenza sulla piccola vetrata
posta nell’abside centrale della chiesa, la Pieve di Sietina presenta un architettura romanica a tre
navate divise da tozzi pinastri a sezione rettangolare (l’edificio è piuttosto schiacciato in
proporzione alla larghezza) che, oltre alla loro funzione strutturale fungono anche da "supporto"
per pregevoli affreschi databili dalla seconda metà del secolo XIV alla fine del quindicesimo.
Queste raffinate opere pittoriche, un’Annunciazione e un Battesimo di Cristo si trovano anche sulle
pareti, testimoniano una storia importante per questa chiesa che al contempo doveva essere stata
"sponsorizzata", per traferire un termine molto moderno in epoca medievale, da un ricco contesto
circostante. Tutto questo può sembrare strano visto in contesto agricolo dove è ubicata Pieve a
Sietina, con solo qualche casa attorno, lontana da cose che possano sembrare importanti da un
punto di vista storico.
Per capire questo è necessario fare un salto indietro di novecento mille anni. In quel periodo
questa zona era detta "Campus Leonis" (Campo del Leone) e già questo termine, da cui è poi
derivato il nome Capolona, era sinonimo di potenza e ricchezza. A poca distanza da Pieve a Sietina
sorsero prima del Mille il Castello e la potente Abbazia di Campoleone poi distrutti nel 1527.
Nel Settecento la nobile e ricca Famiglia Bacci costruì sulle rovine dell’abbazia la propria sontuosa
residenza, ma questa famiglia era dominate su questa zona già da qualche secolo e furono i
membri di questa casata i maggiori "sponsor" della Pieve di Sietina. Il nome Bacci figura più volte
accanto agli affreschi della chiesa e il loro stemma, con la testa di un ruggente leone, è posto
sopra la porta d’ingresso.
Ma tornando all’XI secolo, periodo di edificazione della Pieve di Sietina, in questa zona, ossia lungo
la sponda destra dell’Arno, passava la strada che da Arezzo portava in Casentino. Tale strada era
4
detta anche via delle pievi perché lungo questa si trovavano la Pieve di San Martino Sopr’Arno
(oggi molto trasformata), quella di Socana, la Pieve di Buiano e l’Abbazia di Strumi vicine Poppi, la
Pieve di San Martino a Vado a Strada in Casentino e la nota Pieve di Romena (Monumento
Nazionale). Questa strada, da Pieve a Sietina in direzione Arezzo, dopo qualche chilometro
s’incrociava a Ponte Buriano con la romana Cassia Vetus, la via di collegamento tra Arezzo e
Fiesole. Questa strada, percorrendola verso la località fiorentina, passava vicino alla Pieve di San
Quirico (oggi rudere) nei pressi di Castiglion Fibocchi, alla Pieve di San Giustino Valdarno, a quella
di Gropina (Monumento Nazionale), alla Badia di Soffena a Castelfranco, alla Pieve di Scò, a quella
di Cascia di Reggello ed altre meno note. (Il tracciato della Cassia Vetus è oggi ricalcato, o quasi,
dalla Strada Setteponti che può riaccompagnarci nei soliti affascinati luoghi valdarnesi sopra citati).
ABBAZIA DI SAN FEDELE
Badia San Fedele a Poppi è una delle strutture più interessanti del Casentino, da un punto di vista
storico, architettonico e per le opere pittoriche qui conservate. La chiesa ha un particolare valore
devozionale per gli abitanti della zona perché legata alla figura del Beato Torello, Santo per i
poppesi e patrono del borgo casentinese, le cui spoglie sono conservate nella suggestiva cripta in
stile romanico di Badia San Fedele.
Chiaramente distinguibile nel paesaggio poppese la Badia di San Fedele, affonda le proprie radici in
un lontano passato: nucleo originario della Badia era l’Abbazia benedettina di Strumi, a circa 3 km
da Poppi, fondata sul finire del X secolo “pro remedio animae” del conte Tegrimo dei Guidi. Nell’XI
secolo l’Abbazia passò alla regola vallombrosana, sul finire del XII secolo, per volere dei Conti
Guidi, fu trasferita all’interno delle mura di Poppi. La costruzione dell’edificio si protrasse per
diversi decenni del XIII secolo, contemporaneamente all’edificazione del castello, che sarebbe
divenuto residenza principale dei Guidi in Casentino. L’Abbazia di San Fedele, già dotata di un
cospicuo patrimonio ai tempi di Strumi, fu beneficiaria nel tempo di svariate donazioni da parte dei
Guidi nonché loro luogo di sepoltura fino al 1568, anno in cui, per ordine dell’Abate Andrea III da
Gaiole in Chianti, venne fatto smantellare il suntuoso sepolcro che si trovava nel presbiterio.
L’abate applicò così il decreto di Papa Pio V che vietava le sepolture fuori terra nelle chiese. Le
ossa dei Conti vennero sepolte vicino alla sagrestia, dove una lapide ricorda il fatto. Nel 1810
l’abbazia venne soppressa dall’amministrazione napoleonica.
Il complesso abbaziale di San Fedele si colloca all’estremità nord del paese di Poppi, aderente alla
cinta muraria (da una delle cui torri è stato probabilmente ricavato il campanile, postumo alla
costruzione della chiesa) e in corrispondenza dell’omonima Porta di San Fedele. La facciata, con il
portale sovrastato da un rosone, è rivolta ad ovest ed affaccia su una piccola piazzetta, tuttavia
l’ingresso normalmente usato è quello laterale costituito da un portale aperto nel 1564, che oggi
presenta l’aspetto voluto dall’Ingegnere Giuseppe Castellucci che si occupò del restauro della Badia
tra il 1930 e il 1933. Il progetto restituì alla chiesa l’originario e severo aspetto romanico,
attraverso il ripristino delle strette monofore, rimuovendo le decorazioni barocche e tamponando le
ampie vetrate che vi erano state aperte.
L’interno della Badia ha le caratteristiche del tipico edificio vallombrosano a croce latina con
transetto diviso in tre ampie cappelle rettangolari. L’arco trionfale dell’abside e i due delle cappelle
laterali sono evidenziati da fasce bicrome bianco e nero, motivo che ricorre anche nelle tre finestre
dell’abside, negli oculi delle pareti e negli archi della cripta sottostante. L’altare maggiore è opera
di uno scultore locale su disegno del Castellucci. Fortunatamente nelle opere di restauro si sono
conservati gli altari manieristi che racchiudono pregevoli opere pittoriche la cui realizzazione spazia
tra i secoli XIII e XVII.
http://www.ilbelcasentino.it/romaniche.html
5