Donne nell`arte presente - Il Bollettino

ISSN 2284-0354
periodico di cultura dell’Università del Salento
giugno|luglio
periodico di cultura dell’Università del Salento
ISSN 2284-0354
giugno | luglio
www.ilbollettino.unisalento.it
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Donne nell’arte presente
MARIA VALENTINA DARIO
Nata a Mesagne nel 1982, maturità artistica presso il L. Artistico “E. Simone” di Brindisi, diploma di Pittura presso l’Accademia di BB.AA di
Lecce. Dopo gli esordi nel genere della ritrattistica, perviene all’attuale serie dei “ritratti interiori su misura”.
VALENTINA D’ANDREA
Nata a Lecce nel 1966, si è formata all’Accademia di Belle Arti di Lecce. Scenografa, designer e illustratrice, ha dato vita dal 1999 a un
laboratorio di arte, moda, e design “Officina di Fantadesign”. Vive e opera a Lecce.
ANNAMARIA DI TERLIZZI
Nata a Bari nel 1944, dove vive e lavora come docente presso l’Istituto Statale d’Arte. Ha realizzato numerose opere bronzee per committenze
religiose e pubbliche. È presente in collezioni pubbliche e private, italiane e straniere.
SEMIRA FORTE
Nata a Brindisi nel 1975, si è formata al Liceo Artistico “Simone” di Brindisi e all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ha ottenuto il premio
Pagine Bianche Puglia (2007) e la selezione al premio Terna (2008).
IOANNA KAZAKI
Nata a Salonicco nel 1960, ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Roma. Vive e opera in Grecia. Oltre alle numerose esposizioni nella sua
città natia, ha esposto nella Galleria Internazionale di Roma (1985), all’Art Concept Festival di San Pietroburgo (1995). Una sua opera è nella
collezione dell’Istituto Nazionale d’Arte Contemporanea di Roma.
MARGHERITA SERRA
Nata a Brescia nel 1943, architetto dedicatasi totalmente all’arte divenendo scultrice di fama internazionale, fa parte del direttivo del gruppo
degli architetti artisti Ligne et Couleur di Parigi e dell’associazione Sculptors Guild di New York. Vive e lavora tra Brescia, Carrara e Matera.
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I
l vestito è in tessuto fantasy
“old style”, con orli/bordature
piatte, cucite e rifinite a mano,
taschine “a toppa” a forma di aiuola
geometrica,
inserti
patchwork
a forma di macchine, semaforo
e strisce pedonali, che rendono
l’indumento
principale,
una
oggettualizzazione metaforica di un
personale sistema viario con ideali
incroci psico-emozionali. Evidente
l’atteggiamento mentale ludico che
è alla base del “ritratto interiore
su misura” dell’artista, frutto della
trasformazione in chiave neodada di un capo d’abbigliamento
della propria infanzia, divenuto
ideale meta-strumento per questa
proiezione immaginifica di sé. Il
vestito, segno della sua assenza,
è diventato il mezzo attraverso
il quale lei guarda ed esprime
il proprio mondo, rispondendo
così, come sostiene la stessa
artista, all’«esigenza di superare
il limite imposto dalla tela, per
concludersi nella tridimensionalità
dell’istallazione».
Jenne Marasco
L
uce liquida è un esempio
delle
peculiarità
dell’arte
di
Valentina
D’Andrea:
sperimentazione, immaginazione e
creatività. In profonda sintonia con
il linguaggio ludico dei bambini,
l’artista, ricordandosi di Duchamp,
ha trasformato l’objet trouvè, una
tanica di benzina, nel contenitore di
una fantasiosa luce liquida. L’angelo
riprodotto su una faccia del suo
esterno, è un omaggio alla Chiesa di
San Michele Arcangelo di Brindisi,
e “si accende” - come sostiene la
stessa artista - rigenerato da una
cangiante illuminazione filtrata dal
materiale di questa lampada insolita.
Altri due elementi completano il
senso dell’operazione, l’iscrizione
“iononsonounangelo”, coerente e
chiaro rimando a Magritte, e la foglia,
riferimento alla natura, che nell’arte
della D’Andrea è tema costante.
Daniela Rucco
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La Profezia di Anna Maria Di Terlizzi
si è materializzata visivamente,
tra resine moderne e materiali più
tradizionali, come la terracotta.
Una piccola colomba, di materiale
ceramico, simbolo dello Spirito
Santo (nell’iconografia cristiana), s’è
librata in volo, trascinando con una
pesante catena, una grande sfera
apparentemente di pietra, il mondo,
che sotto l’azione del movimento
s’è quasi totalmente divisa a metà,
lasciando prevedere che solo la
metà agganciata alla catena seguirà
il volo della colomba. Il simbolismo
è più che palese. La colomba è la
forza dello spirito, le due metà del
mondo sono le ancestrali forze del
Bene e del Male, e la spirale, che si
svela all’interno è simbolo di vita
ed eternità. “È una visione del tutto
positiva delle sorti del mondo. Uno
sguardo al cielo, ad una dimensione
ultraterrena libera, fatta di tante
verità” racconta l’artista.
Chiara Romano
La light-box Kubica, una toteminsegna, come altre opere di Semira
Forte, nasce dall’unione di micro
immagini montate su telaietti per
diapositive, illuminate dall’interno.
Ogni “tassello” di Kubica ci
racconta, delle sue esperienze;
riproducono
infatti,
biglietti
di musei, scontrini, blister di
medicinali, conservati con cura, che
esaurita la loro funzione diventano
materiale eteroclito e policromo
per la realizzazione dell’oggetto
artistico. I frammenti di immagini,
sono ripassati a ricamo, quasi a voler
sottolineare e contrastare lo scorrere
veloce del tempo.
Evidente
è
la
suggestione
esercitata dalle esperienze neodada
e concettuali nel processo di
ricomposizione e conservazione
degli oggetti, che nel suo caso
raccontano, come un diario, le tracce
della propria esistenza.
Letizia Molfetta
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L
’opera
è
parte
di
una
“installazione” più articolata:
Microcosmo-Macrocosmo
20062011, composta da 20 fiori e un
commento sonoro che riproduce
il tipico vocio degli stadi durante
una partita di calcio; infatti, dice
l’artista, «osservando le immagini
dall’alto di folle riunite, come
nelle manifestazioni calcistiche,
ho trovato somiglianze tra queste
immagini e quelle dei fiori». Il titolo
fa riferimento ad una duplice realtà
visiva. Sulla superficie, da lontano,
si coglie la cromia maculata di giallo
e verde (microcosmo), da vicino si
rileva la matrice fotografica, con
la moltitudine di spettatori di un
match (macrocosmo). Al centro
del nucleo rosso, è posta una
lente d’ingrandimento, attraverso
cui l’occhio esplora l’interno del
fiore, illuminato, che presenta una
decorazione a motivi geometrici; la
visione muta ancora in una realtà
apparentemente
macroscopica
alterata dalla lente che enfatizza.
Luisa Gagliardi
L
’opera si compone di due parti:
il corsetto ricamato in marmo
bianco statuario di Carrara e la
gonna in ferro. Fa parte di un nuovo
filone di ricerca inaugurato nel 2000
nella Civica Galleria d’Arte Moderna
di Gallarate. L’intento della Serra
non è quello di evocare il senso di
costrizione a cui si sottoponevano
le donne per attenersi ad una moda,
bensì di creare un oggetto, nel quale
una parte si fa pretesto per un
esercizio di abilità tecnica, “ricamare”
il marmo come se fosse un tessuto, e
un’altra che diventa il suo sostegno,
facendolo diventare «quasi una
soave caricatura marmorea di quello,
che è l’abbigliamento femminile di
solito considerato come frivolo»
(Dorfles 2006). Come sostiene la
stessa artista, da esso affiora «la
suggestione di un corpo assente che
prende forma nell’immaginazione
dello spettatore», esaltando una
dimensione muliebre sensuale,
elegante e raffinata o, per dirla con
Caramel, «una trama intrigante e
ambigua».
Antonella Gallone