Mute subacquee e scambio termico
Presentazione
Il subacqueo in immersione si trova esposto ad una forte dispersione di calore, sia per la temperatura
dell’acqua, più bassa di quella del suo corpo, sia per le caratteristiche termiche-fisiche di questo
liquido. L’organismo reagisce al raffreddamento con processi di compensazione: aumentando l’attività
muscolare e l’attività metabolica degli organi interni, ed operando una vasocostrizione periferica che
abbassa la temperatura esterna del corpo, tuttavia, una lunga permanenza in acqua fredda, porta ad
alcuni disturbi da ipotermia che si possono evitare solo indossando vestiti specifici, le mute subacquee.
Questi vestiti si definiscono umidi, o stagni, se all’interno restano bagnanti a contatto con il corpo, o
completamente asciutti.
Cos’è uno scambio termico:
Lo scambio di calore è una trasmissione d’energia tra una zona a temperatura più alta ad un’altra a
temperatura più bassa. Questo passaggio energetico azionato da una differenza di potenziale termico,
non è regolato da un’unica relazione, ma da una combinazione di diverse leggi fisiche, in relazione ai
tre modelli distinti nei quali si può realizzare lo scambio: conduzione, irraggiamento, convezione.
La dispersione di calore dal corpo di un subacqueo:
Il flusso di calore dal corpo di un subacqueo verso l’esterno, a differenza di quanto accade nell’aria,
avviene su tutta la superficie cutanea e si trasmette, principalmente, secondo tre modelli: per
conduzione attraverso lo strato di neoprene della muta, per convezione verso l’acqua del mare, sulla
superficie esterna della muta, per convezione sulla superficie cutanea a causa delle infiltrazioni
d’acqua.
Tra il corpo del sub e la muta non avviene alcuno scambio di calore per irraggiamento!
Gli schemi della conduzione e della convezione sono retti da leggi particolari, che illustrerò
separatamente, in modo da offrire al lettore l’opportunità di condividere le ragioni di certe soluzioni e
d’alcuni rimedi che proporrò nei paragrafi successivi, per un miglior isolamento termico in
immersione.
Va rilevato, però, come la trasmissione di calore si svolga, contemporaneamente, secondo i tre modelli
che contribuiranno alla dispersione termica complessiva del corpo del subacqueo verso l’esterno.
CONDUZIONE:
E’ il passaggio di calore dal corpo del subacqueo (a temperatura più alta), ai materiali più freddi che si
trovano in intimo contatto. Nella conduzione, l’energia si trasmette per contatto diretto tra le molecole
senza che vi siano spostamenti relativi, macroscopici, tra i corpi in contatto. L’effetto della conduzione
è il livellamento della temperatura dei corpi a contatto.
LA CONDUZIONE
La quantità di calore Q scambiata dal corpo del sub, attraverso una superficie S di un foglio di
neoprene di spessore s, è determinata dalla legge di Fourier:
Q = k T ( t2 – t1) S/s (Kcal) (1)
Dove:
t1 (°C) temperatura dell’acqua, t2 (°C)
temperatura del corpo, k (Kcal/m °C h)
la conduttività termica del neoprene, T
(h) l’intervallo di tempo nel quale
avviene lo scambio di calore. Sono
buoni conduttori: i metalli. Sono cattivi
conduttori: gli aeriformi.
Valori di k per alcune sostanze:
Acqua
0,54
Aria
0,02
Gomma 0,1
All’interno del foglio di neoprene,
assimilato ad una parete piana, la
temperatura varia con legge lineare tra
la superficie a contatto col corpo t2 e la
superficie a contatto con l’acqua t1.
L’analisi della relazione (1) che regola lo scambio di calore per conduzione tra il corpo del subacqueo
e l’acqua porta ad alcune considerazioni:
a) Più bassa è la temperatura dell’acqua t1, maggiore è lo scambio di calore e più rapidamente si raffredda
il corpo del subacqueo.
b) Più lungo è il tempo T di permanenza in acqua maggiore è la dispersione di calore del corpo.
c) La quantità di calore scambiata è inversamente proporzionale allo spessore del foglio di neoprene s,
quindi, una muta più spessa offre un miglior isolamento termico al subacqueo.
d) La superficie corporea S non è una variabile essendo determinata da statura e peso del subacqueo, ma a
parità d’altezza disperdono meno calore le persone magre, anche se per la resistenza al freddo
intervengono altre valutazioni di tipo metabolico e di composizione degli strati corporei sottocutanei
che non è il caso di approfondire in questa sede.
e) Vernici riflettenti spalmate sulla superficie del neoprene, a contatto col corpo, non producono alcun
effetto nel ridurre lo scambio termico che non avviene per irraggiamento!
Il fenomeno fisico della conduzione:
La teoria cinetica ipotizza che la temperatura di un elemento materiale sia proporzionale all’energia
cinetica media delle sue molecole, definita: Energia Interna.
La velocità di movimento (le vibrazioni) delle molecole determina la temperatura dell’elemento
materiale, grandezza fisica facilmente misurabile che indica il valore medio della sua Energia Interna.
Il fenomeno della conduzione termica è intimamente connesso a quello della conduzione elettrica
perché dipende dal numero d’elettroni di conduzione presenti nell’elemento materiale, sede del flusso
di calore.
La similitudine tra fenomeno termico e quello elettrico si esplicita anche nella rassomiglianza tra legge
di Ohm e quella di Fourier.
La legge di Fourier si può riscrivere introducendo il concetto del flusso di calore nell’ unità di tempo:
Φ = Q/T,
la resistenza termica: l’inverso della conduttività
ρ = 1/k
Δt = ρ . Φ . S (1)
del tutto simile alla legge di Ohm
ΔV = R.I
Dove Δt è il gradiente termico (equivalente alla differenza di potenziale elettrico ΔV) ρ è la resistenza
termica (equivalente. alla resistenza elettrica R) Φ . S è l’intensità di flusso di calore che attraversa la
superficie S (equivalente alla intensità di
corrente I)
La resistenza termica ρ, perciò, segue le stesse leggi che regolano la resistenza elettrica R : più
resistenze in serie si sommano!
In pratica se un flusso di calore attraversa diversi strati di materiale, la resistenza termica complessiva
del sandwich sede del flusso di calore è la somma delle resistenze termiche incontrate in ogni strato.
Questa considerazione è interessante, nello specifico dell’isolamento del subacqueo, perché ogni
materiale, o fluido che s’interpone tra la superficie cutanea e l’acqua ha una resistenza termica che può
migliorare o peggiorare l’effetto coibente: ad esempio, se non entra alcun’infiltrazione d’acqua sotto la
muta, a contatto con la pelle si forma un sottile film d’aria (fluido dall’alta resistenza termica) che
produce un ottimo isolamento. Si produrrebbe lo stesso effetto, spalmando il corpo di grasso: anche
questo materiale ha un’alta resistenza termica.
Si produce l’effetto contrario, invece, se sotto la muta s’infiltra uno strato d’acqua che, abbiamo
visto, non è un isolante termico.
CONVEZIONE:
film d’acqua nella quale
avviene la maggior parte dello
scambio termico
Neoprene
Q
t2
flusso
d’acqua
t1
Andamento
della
E’ la cessione di calore dalla superficie esterna della muta dovuto ai movimenti macroscopici di un
flusso d’acqua che lambisce il neoprene.
Le variabili coinvolte in questo modello di trasmissione del calore sono rette dalla legge di Newton:
Q = αc S (t* -t ) T
1
(Kcal)
Dove
Q quantità di calore scambiata
αc
coefficiente di convezione, o quantità di calore scambiata dalla superficie unitaria, in
2
corrispondenza di una temperatura unitaria, nell’unità di tempo (Kcal/m °C h).
2
S superficie dove si manifesta lo scambio di calore (m ) t* temperatura esterna del foglio di neoprene
(°C) ( vedi lo schizzo della conduzione). t temperatura dell’acqua (°C)
1
T intervallo nel quale avviene lo scambio termico (h)
Valori di αc per alcune sostanze
Condizione
Aria, convezione libera…………………………………….
Vapore d’acqua surriscaldato o aria convenzione forzata…
Olio, convenzione forzata………………………………….
Acqua, convenzione forzata……………………………….
Acqua ebollizione………………………………………….
Vapore d’acqua, condensazione…………………………...
Kcal/h m2°C
3 - 25
20 - 250
60 - 1.500
250 - 10.000
2.500 - 50.000
5.000 - 100.000
Il fenomeno fisico della convezione:
Lo scambio di calore per convezione tra la muta e l’acqua del mare è provocato dal moto relativo
dell’acqua rispetto la superficie di neoprene e può verificarsi sia per il nuoto del sub, sia per una
corrente che lambisca la muta.
Le particelle fluide che si trovano a contatto con il neoprene, tendono a porsi in equilibrio termico con
la sua superficie, più calda, asportando calore.
L’aumento della velocità relativa tra il flusso d’acqua e la muta porta ad una
intensificazione dello scambio termico, il gradiente termico è massimo in prossimità della superficie
esterna della muta.
La caduta della temperatura, perciò, è concentrata in prevalenza nello strato sottile della massa d’acqua
che lambisce il vestito subacqueo ed il fenomeno termico è intimamente collegato a quello
idrodinamico.
Nel fenomeno della conduzione (il sub immobile in assenza di corrente), l’acqua più fredda tende
all’uguaglianza termica con la superficie esterna della muta più calda, quindi, col tempo la temperatura
dell’acqua a diretto contatto con il vestito subacqueo tende ad alzarsi.
Nella convezione ciò non avviene perché il fluido che si è scaldato si sposta per il moto relativo, altro
fluido a temperatura più bassa lo sostituisce, quindi, il gradiente termico tra il corpo e l’acqua è sempre
il massimo possibile.
Lo scambio termico nella convezione è influenzato dalle dimensioni e dalla forma del corpo del sub
perché con queste due variabili cambia la velocità della corrente lambente, ma è ancor più importante
il regime del moto dell’acqua sul corpo immerso, tale regime si distingue in laminare, quando i filetti
fluidi scorrono paralleli gli uni sugli altri, mentre diventa turbolento se durante il moto si formano dei
vortici.
Nel moto laminare, lo scambio può ritenersi, quasi, un fenomeno di conduzione limitato al piccolo
strato d’acqua a contatto con il neoprene, mentre nel moto turbolento il flusso di calore è maggiore e
fortemente influenzato dalla velocità dell’acqua.
La legge di Newton tiene conto del regime di moto dell’acqua, attraverso il coefficiente di conduzione
αc che, nel moto turbolento è molto più alto, rispetto a quello del moto laminare.
La convezione laminare si può verificare, ad esempio, quando il subacqueo si trova appostato sopra un
cappello di roccia esposto alla corrente, o quando nuota lentamente nel mare calmo, mentre la
convezione turbolenta si determina, ad esempio, quando il pescatore subacqueo pratica l’aspetto nel
basso fondo con il mare mosso.
In definitiva, si può concludere che con le condizioni di mare mosso la dispersione termica per
convezione sia maggiore rispetto ad un’immersione con mare calmo.
Per offrire, però, una valutazione quantitativa di questi scambi termici senza dover risolvere le
equazioni di trasmissione del calore, nel caso reale di un pescatore subacqueo che svolga la sua battuta
di pesca in condizioni standard (assenza di forti correnti e mare calmo), si può sostenere che la
dispersione di calore avvenga, nella maggior parte, per conduzione, attraverso lo strato di neoprene.
Solo una quantità modesta si disperde all’esterno della muta per convezione.
Alcuni rilievi sperimentali dell’ing Errondosoro sulla muta di un sub immerso nell’acqua a 11.3 °C,
dopo un intenso e prolungato lavoro muscolare, hanno fornito sulla superficie esterna della muta una
temperatura di 21 °C, che a regime di riposo, dopo 10 min. si è ridotta a 12.5 °C.
Dall’analisi di questi dati si può dedurre come, con attività muscolare normale, il gradiente termico tra
la sup. esterna della muta e l’acqua sia moderato (12.5°C---11.3°C). Una modesta differenza di
potenziale termico provocherà anche una ridotta dispersione termica.
In effetti, anche nella verifica pratica e personale di ciascuno di noi, non si riesce ad apprezzare la
differenza tra il raffreddamento in condizioni d’immobilità e quello durante il nuoto, mentre si avverte
distintamente la differenza tra la temperatura dell’acqua sul fondo del mare e quella in superficie, al
punto che nel passare il termoclino, possiamo percepire nello stesso istante la sensazione di avere la
testa fredda e i piedi caldi!
Le infiltrazioni:
Un fenomeno convettivo che, invece, provoca una gran dispersione di calore è quella dovuta alle
infiltrazioni d’acqua che agiscono direttamente a contatto con il corpo, con un gradiente termico molto
alto tra la temperatura dello strato cutaneo e quello dell’acqua infiltrata.
L’acqua che riesce ad entrare e occupare lo spazio tra la muta e la pelle raggiunge, rapidamente, una
temperatura vicina quella corporea perché spostandosi sulla superficie cutanea asporta grandi quantità
di calore: ad ogni capovolta, questa massa liquida, per gravità scivola verso la testa del subacqueo ed
in risalita verso i piedi, intensificando lo scambio calorico per convezione.
Le eventuali infiltrazioni in una muta nuova sono da attribuire esclusivamente alla qualità del
“taglio”, quindi, ad una caratteristica sartoriale del vestito subacqueo che va assolutamente
tenuto in gran considerazione ai fini dell’isolamento termico.
Una muta “su misura” dal taglio perfetto lascia la pelle appena umida e nel caso d’impiego di
borotalco per indossarla, dopo l’immersione, si può anche portare alla sorpresa di avere sulla pelle un
velo di polvere bianca, ancora asciutta!
Un’abitudine da perdere:
Nella stagione invernale, è abitudine di molti pescatori subacquei orinare nella muta. Indossare
pantaloni con bretelle, o un sottomuta, completo di pantaloncini, non consente al sub di svestirsi per
espletare questa esigenza fisiologica, stimolata oltre i normali ritmi fisiologici da cause esterne, sia
dalla bassa temperatura, sia dalla pressione idrostatica.
L’urea inizialmente esce a temperatura più alta rispetto a quella quella cutanea, ma si raffredda subito
a contatto con la muta per l’alta conducibilità termica dei liquidi (k=0.54) e per i fenomeni convettivi
appena descritti, quindi, col tempo produce gli stessi effetti negativi di un’infiltrazione d’acqua
dall’esterno.
Non potendo trattenersi dall’urinare consiglio, allora, di salire su uno scoglio, o sul mezzo nautico
d’appoggio e fare uscire il liquido dal bordo inferiore del pantalone, prima che si raffreddi, avendo
l’accortezza di svuotare anche i calzari (di solito l’urina si raccoglie in questi accessori contribuendo a
raggelare i piedi).
Si risolve in maniera più pratica ed igienica questo problema fisiologico con una protesi per
incontinenti, provvista di un tubicino che si può portare, in parte, all’esterno della muta attraverso un
piccolo foro nel pantalone.
Altra soluzione, è di munire il pantalone di una proboscide di neoprene, di diametro e lunghezza
adeguati, nel quale inserire il pene, l’accessorio, poi si tiene sotto la coda di castoro della giacca.
In entrambe le soluzioni, il subacqueo, urina fuori della muta e si hanno modeste infiltrazioni d’acqua
dall’esterno.
Il neoprene (N):
Il N. è stato il primo elastomero di sintesi, in pratica, la prima gomma sintetica.
La denominazione chimica è: Policloroprene.
E’ un prodotto, gommoso/ spugnoso, nel quale sono rimaste imprigionate, in celle chiuse, delle
bollicine di un gas (in commercio si trova anche un neoprene industriale, più rigido, impiegato per
scopi diversi: come materiale coibente, ammortizzante).
Il N. è un composto, sufficientemente omogeneo, di due sostanze dalla bassa conduttività termica,
costituisce, perciò, un buon isolante per il calore, ed offre un valore complessivo di conduttività
termica, piuttosto basso.
E’ opportuno, però, rilevare come la sostanza aeriforme, è quella che svolge la principale funzione
coibente.
In commercio si trovano differenti tipi di N. per mute, con bollicine gassose di diverso diametro,
tecnicamente, i produttori lo suddividono in tre categorie, in funzione della grandezza delle bollicine,
in ordine decrescente:
N. Macrocellulare, N. Mediocellulare e N. Microcellulare.
Il N. Macrocellulare è il più isolante ed offre al subacqueo la gradevole sensazione di conservare il
suo calore corporeo, avendo un maggior volume di gas racchiuso nel composto, però, ha
l’inconveniente di ridurre molto il suo spessore per effetto della pressione idrostatica, (aumentando la
quota d’immersione, le bollicine di gas si comprimono, occupano un minor volume e la muta si
schiaccia!).
Indossare una muta il cui spessore tende a ridursi con la profondità, rappresenta un problema,
soprattutto, nelle immersioni profonde, dove la temperatura è più bassa ed è necessario un maggiore
isolamento, inconveniente, al quale si aggiunge la necessità di indossare cinture di zavorra molto
pesanti (il N.macrocellulare è un foglio con basso peso specifico, rispetto agli altri tipi di N., immerso,
porta ad una grande spinta di galleggiamento).
Il N. Macrocellulare, perciò, trova impiego, prevalentemente, nelle mute destinate ad immersioni nel
basso fondo.
Il N. Microcellulare, invece, con la pressione idrostatica si comprime di meno, ma è ritenuto da tutti i
subacquei un “composto freddo” (meno isolante), proprio in ragione della minor percentuale
dell’elemento gassoso al suo interno. E’ più rigido in rapporto alla maggior quantità di gomma rispetto
al composto gassoso.
Il N. Microcellulare, attualmente, trova un impiego solo nel taglio di mute stagne ed, in generale, dei
vestiti destinati a subacquei che operano in profondità.
La scelta degli attuali produttori di mute per l’apnea, si sta orientando verso la scelta di un N.
Mediocellulare, con una gomma sintetica dalle caratteristiche elastiche contenute, in modo da offrire al
vestito una buona consistenza geometrica.
La muta per un apneista deve garantire una certa aderenza al corpo e non deve slabbrarsi con l’uso.
Una muta larga facilita le infiltrazioni e forma sacche d’acqua, elemento dall’alta conducibilità termica
che raffredda rapidamente il corpo.
In definitiva, i vari tipi di neoprene forniscono diversi valori di conducibilità termica k, con
differente coibenza del vestito subacqueo.
Neoprene foderato e monopelle:
Rivolgendo la mia analisi esclusivamente alle mute per la pesca in apnea, una particolare esposizione
deve riguardare il tipo di superficie esterna ed interna che può presentare il foglio di N..
La Technisub, prima tra le ditte europee del settore presentò un foglio di N. accoppiato (incollato) ad
una fodera in tessuto poliestere.
Inizialmente, fu incollata una fodera spugnosa, all’interno della muta, per migliorare il confort del
vestito subacqueo, solo in un secondo tempo si ricoprì col tessuto anche la superficie esterna della
muta.
Il foglio di N. nasce da una “placca madre”, spessa un centimetro e mezzo circa, ottenuta per colata
della gomma sintetica in uno stampo rettangolare le cui larghe piastre determinano il tipo di superficie
della “placca madre”: zigrinata o semplicemente liscia.
Le bollicine del composto gommoso, si ottengono:
1) per aver aggiunto nella mescola (soluzione liquida della gomma) particolari sostanze, additivi, che
per effetto della pressione, o della temperatura, operano un passaggio di stato diventando
aeriformi.
2) per aver soffiato dell’aria o del gas attraverso degli ugelli in una piastra dello stampo, l’aeriforme
resta imprigionato della gomma liquida prima della sua solidificazione.
La placca madre così ottenuta è tagliata, successivamente alla sua solidificazione, con un getto d’acqua
ad alta pressione in fogli sottili, di spessore differente, in funzione delle esigenze del produttore.
Il taglio d’acqua crea una superficie grezza, che chiamerò “N. nudo” nel quale si evidenzia la struttura
di questa gomma sintetica con i piccoli crateri dovuti al taglio delle bollicine di gas.
Il N. nudo solitamente è accoppiato ad un tessuto, ma, in alcuni casi, si utilizza il foglio ottenuto dal
taglio della placca madre più vicino alla superficie dello stampo che resta liscia e resistente al taglio (la
superficie zigrinata è caduta in disuso), senza alcun accoppiamento. Si è instaurato l’uso di chiamare
questo foglio Monopelle, ma, in effetti, il N. monopelle era il termine coniato per una placca di
piccolo spessore nella quale entrambe le superfici erano lisce, oggi questo foglio non è più in uso!
Che vantaggio proponeva la fodera?
Rende il vestito più facile da indossare perché non crea attrito sulla pelle.
La fodera, nata per esigenze di vestibilità, successivamente, è stata adottata anche sulla superficie
esterna del foglio di N., quello a contatto con l’acqua, per migliorare la resistenza all’abrasione:
nell’uso, infatti, le mute si tagliano facilmente raschiando sulle asperità del fondo marino.
La fodera, attualmente, impiegata sulle due superfici del foglio di N., allunga la vita della muta
diventando facile da indossare, ma la minor elasticità del tessuto, unitamente agli adesivi impiegati per
l’incollaggio al N., lo rendono un materiale meno elastico del N. nudo, e nonostante un buon taglio
sartoriale, la muta rifoderata non resterà mai perfettamente aderente al corpo.
La minore elasticità del N. bifoderato, inoltre, non consente la facile espansione polmonare per la
ventilazione necessaria all’apnea e solo apparentemente non obbliga il subacqueo ad una
manutenzione, perché i sali contenuti nell’acqua di mare restano imprigionati nel tessuto che
asciugando diventa rigido, se non si sciacqua regolarmente, e non si provvede ciclicamente ad un
risciacquo in lavatrice con un prodotto “ammorbidente”.
La fodera, perciò, nasce per esigenze pratiche di vestibilità e di durata.
La muta in monopelle, infatti, si straccia facilmente nell’indossarla e nel toglierla dopo l’immersione,
ma con la fodera migliora l’isolamento termico?
Affatto!
La muta rifoderata non essendo molto elastica, spesso, adotta delle cerniere per facilitare l’operazione
della vestizione, accessori che creano facili vie di accesso alle infiltrazioni d’acqua, con le conseguenti
dispersioni di calore per convezione.
Il N. bifoderato, inoltre, non aderisce perfettamente al corpo ed il tessuto a contatto con la pelle, forma
una trama fatta di sottili canali che veicolano facilmente le infiltrazioni, inzuppandosi d’acqua.
La soluzione fodera esterna, N. nudo sulla pelle, invece, ha dimostrato di essere un buon
compromesso: non irrigidisce eccessivamente la muta, la superficie esterna del vestito è resistente agli
strappi, mentre il neoprene a contatto con la pelle, nelle mute “su misura”, crea un “effetto ventosa”
che chiude le possibili vie d’acqua.
Questa soluzione ha l’unico inconveniente, negli spostamenti del subacqueo fuori dell’acqua, di
prestarsi al fenomeno fisico del raffreddamento dell’acqua dentro la “borraccia”: la fodera inzuppata
sottrae al corpo il calore di vaporizzazione dell’acqua, raffreddandolo.
Si rimedia indossando sopra la muta dei vestiti impermeabili durante gli spostamenti in gommone.
La soluzione migliore, in termini d’isolamento termico per l’apneista, a mio avviso, è il N. monopelle
senza cerniere: foglio di N. nudo a contatto con la pelle, col N. liscio all’esterno; offre grand’elasticità
per la ventilazione, molta aderenza al corpo.
Elastico e facile da indossare, ha il difetto d’essere delicato, sia durante la vestizione, per la trazione
delle mani, sia all’abrasione contro le asperità del fondo del mare.
Personalmente, adotto, spesso, la soluzione del pantalone in N. monofoderato e la giacca in N.
monopelle.
Le gambe movendosi vicino alle rocce devono essere coperte da un materiale più resistente
all’abrasione, mentre il materiale della giacca deve essere più elastico possibile per facilitare la
ventilazione.
Per rendere più facile indossare la muta in N. monopelle sono stati adottati differenti sistemi atti a
rendere il neoprene più scivoloso:
a) Qualche anno fa, i subacquei usavano mettere il borotalco dentro la muta per ridurre l’attrito tra la
pelle e la gomma, questa polvere, però, aveva l’effetto, di rendere la pelle secca e, attualmente,
alcuni medici hanno avanzato dei dubbi sugli effetti salutari di quest’abitudine.
b) Più di recente si è preferita l’acqua saponata, ma anche i detersivi contengono un prodotto chimico
che produce schiuma, dichiaratamente cancerogeno, e non conviene tenerlo a lungo a contatto con
la pelle.
c) La soluzione più igienica è l’impiego di saponi privi di sostanze schiumogene, più difficili da
reperire sul mercato, anche se in farmacia…si trovano!
d) Una scelta efficace è di spalmarsi il corpo con un olio specifico per la pelle, o usare un’emulsione
d’acqua ed olio, o crema emolliente, che tuttavia, portano all’inconveniente di dover sgrassare la
superficie di neoprene quando si devono eseguire delle piccole riparazioni con gli adesivi.
Mi auguro, a questo riguardo, che da parte dei molti medici pescatori subacquei, nel futuro, sia messo
a punto un prodotto sano ed efficace.
Breve nota: come fanno i mammiferi a difendersi dal freddo?
La classe di mammiferi è composta d’animali omeotermi: la temperatura del loro corpo resta costante
e non dipende dall’ambiente esterno.
L’isolamento termico del corpo di un mammifero si realizza per la presenza di due strati coibenti:
-sotto la cute sono situati dei pannicoli adiposi caratterizzati da una bassa conduttività termica.
-la superficie cutanea è attraversata da peli che intrappolano l’aria e formano uno strato aeriforme
altamente isolante.
I peli sono coperti da uno strato di sebo e compattandosi tra loro rendono impermeabile all’acqua lo
strato cutaneo.
Nei mammiferi acquatici, quindi, in immersione resta molta aria imprigionata sotto i peli, e si forma
uno strato coibente, tecnicamente molto simile al neoprene.
Gli animali appartenenti a questa classe, quando si bagnano, hanno il riflesso di scuotere la pelliccia
con un movimento caratteristico, che ha la funzione di eliminare le gocce d’acqua rimaste intrappolata
nei peli, per due ragioni:
- Non è un isolante termico.
- L’acqua evaporando, sottrae al corpo il calore di vaporizzazione necessario per il passaggio di
stato, raffreddandolo.
Conclusioni:
Osservando come in natura i mammiferi realizzano l’isolamento termico e dalla prefazione di Fisica
Tecnica relativa allo scambio di calore, possiamo trarre alcune indicazioni su come dovrebbero essere
costruiti i vestiti subacquei.
L’adipe sottocutaneo, in parte, svolge la funzione di sostanza d’accumulo energetico, ma soprattutto
quella d’isolante termico.
La distribuzione dei pannicoli adiposi sotto la cute ad impedire la dispersione termica non è uniforme,
si concentra in alcuni punti strategici: quelli dove il corpo ha bisogno di un maggior isolamento
termico, ad esempio l’addome.
Approfondendo ulteriormente la ricerca, si può osservare che il corpo dei mammiferi si può assimilare
ad una caldaia con dei radiatori: il fluido termico è il sangue, la pompa è il cuore, i radiatori sono la
rete capillare che giunge fino alla cute.
Non tutta la superficie del corpo è ugualmente vascolarizzata.
Alcune zone, più irrorate di sangue, disperderanno la maggior parte del calore corporeo, obbligando
l’organismo (la caldaia) a reintegrarlo attraverso i complessi meccanismi metabolici.
Pochi anni fa è apparsa sulle riviste di settore una pubblicità di una ditta che reclamizzava le sue mute
costruite con un particolare neoprene giapponese: “Yamamoto 46 Bio-termic”.
Mostrava le foto ad infrarossi (chiamate sulla pubblicità “foto termiche”), di un sub vestito con mute
realizzate in tre diversi tipi di neoprene.
Il messaggio pubblicitario era scientificamente errato per due ragioni: il neoprene che doveva essere
più isolante, in effetti, metteva in evidenza una maggior dispersione termica (torace e addome di color
rosso) a differenza della “muta convenzionale” di colorazione verde/blu, (la pubblicità, ovviamente,
voleva sostenere il contrario!).
In secondo luogo reclamizzava una speciale pellicola termo-riflettente, là dove il calore non si propaga
per irraggiamento.
A parte il “granchio” pubblicitario, le foto ad infrarossi mostravano come la dispersione termica del
corpo umano non sia uniforme: è massima in corrispondenza alle ascelle, molto alta all’altezza
del plesso e dell’addome, bassa sulle spalle, la parte alta del torace e la parte esterna delle
braccia.
Attualmente le mute sono ricavate da un foglio di neoprene dello stesso spessore che offre un’uguale
capacità isolante per tutti i punti del corpo, ma la necessità d’isolamento non è la stessa in ogni punto,
perciò, le mute si dovrebbero ricavare da fogli di diverso spessore!
Verrebbe da pensare che è meglio abbondare nell’isolamento termico, piuttosto che scarseggiare, ma la
spinta di galleggiamento di una muta è proporzionale al suo spessore e al tipo di neoprene; di quanta
zavorra dovremo gravare il corpo del subacqueo per aver ecceduto nel suo isolamento?
Per una costruzione razionale e scientifica delle mute per apneista, dal punto di vista dell’isolamento
termico, mi auguro che nel futuro: i mutai impieghino spessori di neoprene differenziati per isolare
le diverse parti del corpo, soprattutto adottino di un neoprene macrocellulare per le parti del
corpo a dove si verifica la maggior dispersone termica.
Nell’attesa di avere in commercio, mute costruite con questo criterio, si può giungere ad un buon
risultato in altra maniera, pur seguendo lo stesso indirizzo:
-Incollando uno strato supplementare di neoprene in corrispondenza dello sterno/addome che
comprenda anche le ascelle.
-Indossando una cuffia di neoprene sotto il cappuccio della muta tradizionale: la testa è la parte del
corpo più irrorata di sangue ed è anche sede di grandi dispersioni di calore, perché la scatola
cranica è solida (alta conducibilità termica) e non ricoperta da strati adiposi.
-Indossando una sottomuta molto sottile (corpetto/ pantalone- mezze gambe) che, oltre a creare un
ulteriore strato coibente (la cui resistenza termica si somma a quella della muta) frena gli
spostamenti delle eventuali infiltrazioni d’acqua, con quella che in idraulica è definita una “tenuta
a labirinto”: un percorso lungo e complesso per i fluidi, che ne rallenta il moto per le resistenze
idrodinamiche.
Altri accorgimenti tecnici per migliorare l’isolamento termico della muta:
Una muta subacquea, come molti attrezzi impiegati dentro e fuori dell’acqua, invecchia rapidamente
per l’azione degli agenti marini e atmosferici, perdendo le sue caratteristiche d’aderenza e di tenuta
contro le infiltrazioni.
Indossando ripetutamente una muta si produce, inevitabilmente, un allargamento dei fori attraverso i
quali s’introducono le parti del corpo, punti nei quali i bordi del vestito subacqueo non sono più
aderenti.
Per ridurre i fenomeni convettivi dovuti alle vie d’acqua dall’esterno si possono adottare alcuni
accorgimenti:
- E’ necessario chiudere gli ingressi che si siano eventualmente slabbrati, come ai polsi alle caviglie,
nel giro vita, nel cappuccio in corrispondenza dell’apertura per il viso.
A tal riguardo, possono risultare efficaci dei sottili elastici circolari da applicare sui polsi sulle caviglie
o intorno al giro vita, mentre per il cappuccio, si può incollare una strisciolina di neoprene da 1 mm di
spessore (ricavata da un vecchio sottomuta o richiesta ai produttori di mute su misura) lungo la parte a
contatto della pelle, nell’ovale per l’apertura del viso.
Si rivelano molto efficaci, come sistemi di chiusura, anche dei corti manicotti (ricavati tagliando le
estremità di una muta vecchia) da indossare sopra i polsi e le caviglie: questi vanno aggiustati
abbondantemente sopra i calzari ed i guanti (accessori che di solito hanno uno spessore inferiore alla
muta), fino a coprire le articolazioni del polso e della caviglia.
-Nei punti di incrocio di tre pezzi nella sesta della muta: cappuccio, alla saldatura con il busto, manica,
sotto le ascelle, pantalone, in corrispondenza del cavallo, alla lunga, per la sollecitazione di
allungamento del neoprene, si formano delle fessure nell’incollaggio che, è necessario rendere stagne,
applicando piccole toppe triangolari di neoprene da 1 mm di spessore.
Il movimento del corpo, soprattutto delle braccia e delle gambe, può aprire e chiudere queste fessure
creando un varco alle infiltrazioni. Tirando e comprimendo il tessuto elastico della muta, poi, si
esercita un’azione pompante per i moti convettivi dell’acqua infiltrata.
Tutti gli incollaggi di toppe strisce di neoprene e le varie riparazioni vanno eseguite con adesivi
bi-componenti. Da quando gli adesivi contenenti Tolluolo e Xilolo sono stati proibiti per gli effetti
cancerogeni dei loro vapori, gli adesivi mono-componenti, consentiti per legge, non resistono alle alte
temperature che le mute raggiungono quando sono esposte ai raggi del sole e le riparazioni durano
poco.
E’ buona norma spalmare uno strato di vasellina tecnica sulla superficie del N. monopelle per
preservarla dalle screpolature prodotte dagli agenti naturali esterni.