sito diretto da fabrizio bottini -1/9 - http://mall.lampnet.org CPRE, Campaign to Protect Rural England, Reti alimentari – Rapporto sui sistemi alimentari locali nell’East Suffolk che dimostra l’importanza dei negozi e servizi locali per le comunità rurali, 2002 (1998) – Titolo originale: Food Webs – Traduzione per eddyburg_Mall di Fabrizio Bottini Introduzione Questo rapporto rivela l’importanza di negozi e servizi per le comunità rurali e dimostra quanto una azione locale possa contribuire alla salvaguardia della vitalità e visibilità delle zone rurali. É stato predisposto per la CPRE da Caroline Cranbrook nell’ambito delle attività dell’associazione sui servizi rurali. Le preoccupazioni di Caroline sugli impatti potenziali di un progetto di insediamento di supermarket su posti di lavoro e servizi, l’hanno spinta a intraprendere uno studio particolareggiato sui probabili effetti. Il metodo di indagine utilizzato è stato poi replicato in altre parti del paese ed è disponibile come documentazione di metodo autonoma: Mapping local food webs: food webs metholodgy and survey form. Sono disponibili copie fra le pubblicazioni CPRE. L’indagine rivela importanti legami, nelle zone rurali, fra negozi alimentari, fornitori, la comunità locale che servono (Cranbrook, 1997). Principale obiettivo è quello di mostrare come I risultati di una ricerca semplice ma rigorosa possano offrire un importante strumento a livello locale o nazionale per le campagne di tutela dell’ambiente rurale. Il rapporto si articola in tre sezioni. La prima espone le premesse dell’indagine. La seconda si concentra sui risultati principali, utilizzando casi studio per indagare questioni relative a: ● sostegno alla produzione alimentare locale; ● sostegno alla comunità rurale; infine ● sostegno all’ambiente rurale. Il rapporto si conclude con la terza e ultima sezione, che esamina il probabile impatto del supermarket sull’economia alimentare di questa parte dell’East Suffolk rurale. Premesse L’indagine comincia quando la Tesco presenta un progetto di costruzione per un superstore ai margini dell’abitato, nei pressi del piccolo centro di scambi di Saxmundham, al centro di un’area rurale ricca di negozi locali sulle strade, nei villaggi, e di produttori alimentari. Ci sono due questioni principali. La prima è che se il superstore si insediasse, i piccoli negozi chiuderebbero, con perdita di posti di lavoro e ruolo sociale. La seconda è che questa cessazione di attività potrebbe avere significativi impatti sulla sito diretto da fabrizio bottini -1/9 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -2/9 - http://mall.lampnet.org vitalità della produzione locale alimentare e del commercio all’ingrosso che si basa sullo sbocco presso questi piccoli esercizi. L’obiettivo è di preparare e condurre un’indagine dettagliata sui negozi che vendono alimentari entro quello che la Tesco ha definito come proprio bacino di impatto (Figura 1). Quest’area è già ben servita da superstores: tutti i piccoli centri hanno uno o più supermercati, ed esistono parecchi grossi superstores facilmente raggiungibili in auto. Viene predisposto un semplice questionario, che da allora è stato sviluppato in metodo di indagine generalizzato. Caroline Cranbrook, con la documentazio ne della campagna, nel villaggio di Westleton, Suffolk. Volontaria locale della CPRE, abita vicino alla piccola cittadina di Saxmundham. Vengono studiati 81 negozi nei sette centri di scambio e diciannove villaggi circostanti. La parte principale del questionario riguarda il lavoro e le fonti locali di approvvigionamento prodotti alimentari. L’indagine rivela che i negozi hanno un ruolo inaspettatamente ampio, di nodo principale entro una intricata rete di rapporti sociali ed economici. Gli intervistati sono anche invitati ad esprimere una valutazione sui probabili effetti sulla propria attività di un nuovo superstore nell’area. Risultati dell’indagine Le cifre emerse dall’indagine e le conversazioni coi negozianti forniscono una ricca messe di informazioni. La quantità di prodotti locali a cui si attinge è sorprendentemente elevata, sia in termini di materie prime (come miele, frutta, uova, carne e verdure) che prodotti lavorati (come pane, marmellate, bevande, salse, torte e carni cotte). Complessivamente, gli 81 negozi alimentari attingono da 195 produttori locali e regionali individuati, e altri 100 non individuati. In molti casi, ci sono prodotti alimentari di alta qualità che vengono venduti a pochi sito diretto da fabrizio bottini -2/9 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -3/9 - http://mall.lampnet.org chilometri dall’origine degli ingredienti. Appare chiaro, come questi legami di scambio siano molto complessi. Per fare un esempio, una macelleria all’ingrosso a gestione familiare (due fratelli) compra bestiame da 30 allevatori locali. Gli animali vanno al macello del posto, e le carcasse tornano all’origine. Questa attività all’ingrosso produce carne fresca, pancetta salata e affumicata, salsicce e carni cotte, oltre a confezioni surgelate. I prodotti vengono consegnati a 21 piccoli negozi. Inoltre, la famiglia gestisce due macellerie, che si servono per altri generi come uova, verdure, succhi di frutta, torte e conserve, da 24 produttori locali. Questo è solo uno dei molti esempi emersi dall’indagine, di una vivace economia locale che comprende una densa rete di produttori interdipendenti, grossisti e dettaglianti. Alla domanda su quale sia la minaccia rappresentata dai superstores che si insediano al centro di questa economia locale, fra gli 81 dettaglianti intervistati 67 giudicano che la convenienza della propria attività sarebbe messa in forse o distrutta, nel breve o lungo termine; 7 pensano che potrebbe avere effetti negativi; 5 ritengono che forse non ci saranno conseguenze; infine 2 non si preoccupano. Alcuni credono che gli effetti sul loro esercizio sarebbero immediati, obbligandoli a chiudere in qualche settimana. Altri che sarebbe un processo più graduale, ma inevitabile: i clienti sarebbero sempre più attratti verso il superstore, a fare tutta la spesa, e i piccoli esercizi dovrebbero iniziare alcune economie (orari di apertura ridotti, meno addetti, gamma più ristretta di prodotti in vendita). Così si perderebbero altri clienti, e altri profitti: una spirale discendente. Significativo che anche i grossisti locali, da cui dipendono i piccoli negozi per i prodotti freschi, ritengano che anche loro uscirebbero dal mercato. Alcuni allevatori e produttori di frutta e verdura, medi e piccoli, si troverebbero così privi del canale di distribuzione, e troverebbero molto difficile vendere altrove. I pochi negozi rimasti perderebbero la propria fonte di prodotti freschi – che sono spesso l’attrazione principale – e ancora altri chiuderebbero. Quindi l’indagine contribuisce a una comprensione generale di come opera il settore alimentare locale nell’area rurale, e fornisce un’immagine dell’apprensione dei proprietari di attività rispetto al superstore. Completato lo studio, è possibile guardare con maggior dettaglio ai dati raccolti. Questo processo di analisi aiuta a individuare tre aree di interesse e preoccupazione. Sostenere il settore alimentare locale L’indagine rivela che i negozi al dettaglio dipendono dai produttori, e i grossisti dagli sbocchi locali nei centri di mercato e villaggi. Uno dei risultati più importanti è che gli esercizi locali vendono alimenti prodotti sul posto. Inoltre, quasi tutti i produttori intervistati erano partiti dalla piccola dimensione e non avrebbero potuto farlo senza la rete di distribuzione sito diretto da fabrizio bottini -3/9 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -4/9 - http://mall.lampnet.org offerta dai piccoli esercizi. Molti continuano a dipendere dai negozi locali per vendere i propri prodotti: un rapporto che consente loro di acquisire le nuove competenze necessarie a sviluppare nuove tecniche e ampliarsi verso mercati più vasti. Caso Studio 1 – Allevamento di maiali a Brundish Marito e moglie proprietari di un piccolo allevamento di maiali e altri lavori a tempo parziale decidono di rafforzare l’attività con un prodotto a maggior valore aggiunto. Con l’aiuto del gruppo regionale per l’alimentare Tastes of Anglia, e prestiti del Fondo Strutturale Europeo, Ian e Sue Whitehead riescono ad avviare un’attività che ora li occupa a tempo pieno, insieme a due altri dipendenti pure a tempo pieno e due a tempo parziale. É stata aumentata la quantità di maiali. Inizialmente, l’azienda vendeva prosciutti di alta qualità, pancetta e altri prodotti a un paio di vicini negozi di villaggio. Ora il numero di negozi locali è cresciuto sino a 35, e si vende anche al di fuori della regione. Nell’intervista, i titolari dichiarano che non sarebbe stato possibile iniziare a mantenere l’attività se non ci fossero stati i negozi di villaggio. Gli effetti dell’insediamento di un nuovo superstore nell’area sono molto negative per le attività locali del settore alimentare. Il primo è che molti piccoli esercizi chiuderanno: già di per sé una grande perdita. In più, si indebolisce gravemente la vitalità di numerose attività attuali, e potenziali future. I superstores si rivolgono sempre di più a un sistema di grandi produttori, importatori, grossisti, confezionatori. É poco probabile che lavorino con le fonti alimentari dei produttori locali sostenuti dall’area. Alcuni vendono piccole quantità di prodotto locale, mentre altri finanziano i negozi di villaggio. Ma si tratta di eccezioni isolate, che non possono sostituire la complessa ragnatela di produzione e distribuzione alimentare interdipendente che alimenta il settore in sede locale. Anche i grossisti locali sono vulnerabili. Coi loro corrispondenti maggiori a sito diretto da fabrizio bottini -4/9 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -5/9 - http://mall.lampnet.org rilevare la distribuzione di alimenti freschi, essi sono spinti fuori mercato, e i produttori locali privi di rete all’ingrosso e al dettaglio non sanno come vendere la propria merce. Alcuni, è vero, sono grandi a sufficienza per trattare direttamente coi superstores e le imprese di confezionamento, ma sono pochi, e non tutti in grado di farlo. Sostenere le comunità rurali É ampiamente riconosciuto che, per alcuni gruppi di persone nelle zone rurali, stanno aumentando i problemi economici e sociali. La stessa organizzazione dei superstores – il National Retail Planning Forum – nel 1998 ha pubblicato un’indagine su 93 punti vendita extraurbani concludendo che, in ciascun caso, entro un raggio di 15 chilometri si verificava una perdita netta di 270 posti di lavoro nel commercio locale, e che si poteva anche di una valutazione minima (Porter & Raistrick, 1998). Inoltre, come sostiene il rapporto CPRE, Rural Roulette, molte recenti iniziative pensate per promuovere nuove attività nelle aree rurali offrono pochi posti di lavoro agli abitanti. In tale contesto, sono negozi e fornitori ad offrire la tanto richiesta occupazione. Gli 81 dettaglianti intervistati davano impiego a 548 persone, 317 con lavoro a tempo parziale. Oltre all’ovvio valore di offrire impiego, l’indagine ha rilevato molti altri vantaggi. I negozi sono molto flessibili e possono adeguarsi a orari irregolari da parte del personale. Quasi tutti gli addetti si recano sul posto di lavoro a piedi, oppure compiono brevi spostamenti in bicicletta o macchina. Altro fatto importante è che la maggioranza degli addetti sono donne, spesso con impegni familiari e figli piccoli. In altra situazione per loro sarebbe impossibile trovarsi un lavoro pagato. É anche importante notare che queste reti di produttori, grossisti e dettaglianti contribuiscono a sostenere molte altre attività locali. Per esempio, danno lavoro a artigiani come elettricisti, muratori, idraulici. Altri, che lavorano nel settore bancario, amministrativo, legale, assicurativo e così via, e che offrono la base per la vitalità dei centri di mercato, traggono parte del proprio lavoro dal settore alimentare locale esistente. Sostenere le comunità rurali non significa soltanto difendere posti di lavoro. L’indagine mostra che i negozi svolgono altre funzioni sociali aggiuntive, per gli abitanti e i frequentatori occasionali. Esse comprendono: offrire servizi di ufficio postale; consegna a domicilio (spesso gratuita), di latte e giornali; offerta di servizio fax e fotocopie, tabellone annunci per pubblicità locale, orari degli autobus e altre informazioni utili; terminale della Lotteria Nazionale; ruolo di punto di raccolta per lavanderia, lavasecco, riparazione scarpe; noleggio video ecc. Quello che è più importante, è riconoscere e valutare i vantaggi meno tangibili offerti dai piccoli negozi alimentari. Dall’indagine, risulta chiaro che in molti casi il negozio locale è il riferimento per la comunità, i sito diretto da fabrizio bottini -5/9 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -6/9 - http://mall.lampnet.org commercianti si tengono in stretto contatto con gli anziani e i malati, e offrono un servizio a chi per vari motivi non può guidare. In realtà, molte persone che vivono in campagna sono socialmente isolate, e incontrare qualcuno che lavora o fa spesa nei piccolo negozi offre preziosi contatti umani. Caso Studio 2 – Negozio di villaggio a Campsea Ashe Questo piccolo negozio di villaggio, e ufficio postale, è stato rinnovato dai proprietari nel 1996. Il lavoro ha comportato opere di carpenteria, pittura di insegne, rifacimento degli impianti elettrico e idraulico, delle vetrine, riorganizzazione interna e installazione di un nuovo congelatore. Per l’esecuzione ci sono voluti 8 artigiani locali, ciascuno con una specializzazione diversa, 5 dei quali all’epoca erano senza lavoro. Fra coloro che non erano più attivi, dopo questa occasione di riprendere il lavoro, nessuno ha più smesso. Come discusso sopra, la localizzazione di un superstore in quest’area rurale inevitabilmente si tradurrebbe nella chiusura di una quantità significativa di consolidate attività del settore alimentare. Un impatto immediato sarebbe la probabile perdita di centinaia di posti di lavoro. Inoltre, si assisterebbe al declino anche dell’occupazione nel settore non alimentare, per esempio edicole, fioristi, ferramenta. Potenzialmente ci sarebbero anche cadute devastanti fra le occupazioni parallele artigiane e altri fornitori di servizi che contano sul settore del commercio alimentare locale per la propria attività. Si perderebbero anche le funzioni meno tangibili di tipo sociale che contribuiscono a sostenere la comunità rurale. Il tentativo di sostituire questi ruoli, occupazionale e sociale, spesso incontra dei limiti. Come già accennato sopra, l’evidenza suggerisce che in molti casi i tentativi di creare nuove attività nelle zone rurali hanno scarso successo dal punto di vista dei posti di lavoro per la popolazione indigena. Anche se i superstores offrono qualche posto di lavoro agli abitanti del posto, la loro disponibilità spesso non coincide con le aree dove essi sono più necessari, come nei villaggi remoti. Inoltre, anche se i superstores possono certamente dare lavoro a tempo parziale, non possiedono la flessibilità dei piccolo esercizi per i propri dipendenti. Sostenere l’ambiente locale Si possono ottenere notevoli vantaggi ambientali, sostenendo le economie diversificate e in molti sensi autosufficienti di questa zona dell’East Suffolk. Le brevi distanze tra aziende agricole, macelli e punti di vendita, non solo riducono lo stress per gli animali ma anche la strada da percorrere, rendendo l’intera catena di produzione più ambientalmente sito diretto da fabrizio bottini -6/9 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -7/9 - http://mall.lampnet.org sostenibile. Il medesimo principio si applica a altri prodotti alimentari locali come uova, torte, frutta e verdura. É importante anche il fatto che i veicoli per le consegne siano piccolo, quindi più adeguati per le strade di campagna dei camion articolati che alimentano le grandi unità di produzione e confezionamento usate dai superstores. Una seconda e strettamente correlata questione, è il fatto che questa rete geograficamente densa di produttori, grossisti e dettaglianti locali contribuisce a mantenere un ricco paesaggio rurale. I negozi acquistano prodotti da coltivatori piccoli e medi, i quali sono quindi in grado di mantenere una diversificazione fra campi arati e spazi destinati all’allevamento. É questa varietà di usi agricoli che crea il paesaggio unico ma differenziato della campagna inglese. Dall’indagine, è apparso anche chiaro che molti piccoli negozi probabilmente venderanno un’ampia varietà di frutta e verdure di stagione, offrendo così un mercato a prodotti di alta qualità, ma che non sempre possono rispettare i rigidi criteri estetici e di dimensione su cui insistono i superstores. Ciò riduce gli sprechi. Caso Studio 3 – Un panino a Aldeburgh Un fornaio di Aldeburgh offre panini imbottiti. La lattuga viene da un fruttivendolo vicino che si serve da un grossista locale. Il grossista compra gran parte della frutta e verdura da produttori del posto. Le carni usate vengono da tre diverse macellerie, compreso l’ultimo macellaio suino del Suffolk (Leiston). Queste macellerie a loro volta acquistano la carne da almeno cinque diversi allevatori e grossisti locali (che pure comprano sul posto). Eccetera! Ci sono casi studio recenti disponibili che esaminano gli impatti ambientali della produzione, trasformazione e distribuzione alimentare legata ai superstore (SAFE Alliance, 1997). L’indagine sullo East Suffolk ha reso chiaro che i costi ambientali di un grande complesso commerciale che si insediasse nell’area potrebbero essere elevati. Alcuni dei probabili problemi sono stati accennati sopra. Comprendono, in primo luogo, le distanze di trasporto più lunghe connesse alla fornitura dei superstores. Allo stesso tempo, l’uso di veicoli articolati consente alle grandi catene di rifornire i propri punti vendita di prodotti freschi standardizzati. Ma questo sistema comporta un prezzo, ovvero il suo dipendere da raccolta e distribuzione quotidiana usando mezzi grossi e poco adattabili alle strade di campagna. Una seconda questione riguarda le modifiche ai modi di coltura indotte dalla domanda dei superstores di prodotti standardizzati. Come discusso sopra, spesso le grandi catene si riforniscono da grandi produttori, trasformatori e grossisti. I piccoli produttori non possono permettersi di sito diretto da fabrizio bottini -7/9 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -8/9 - http://mall.lampnet.org rispettare questi rigidi standards. Se escono dal mercato, ne risulta sempre più minacciata la diversificazione degli usi del suolo. Una terza considerazione è quella dello spreco di cibo. Nel tentare di offrire solo prodotti alimentari standardizzati, i superstores automaticamente respingono una significativa percentuale di produzione agricola in base all’aspetto estetico. Anche se le conseguenze ultime di questa tendenza devono ancora essere valutate, le ricerche condotte sinora suggeriscono come essa sia lontana dall’essere ambientalmente sostenibile (Mitchell, 1998: Pretty, 1998). Ricapitolando Questa semplice indagine rivela che in questa area dello East Suffolk esiste una vivace e diversificata economia locale, che offre in gran numero e articolazione posti di lavoro assai necessari. É ben integrata entro un sistema efficiente, dal punto di vista economico ed energetico, di valore dal punto di vista monetario. É chiaro anche come i piccoli negozi svolgano un ruolo sociale incalcolabile per la comunità, sia nei centri mercato che nei villaggi. In realtà, il paesaggio umano delllo East Suffolk si basa in modo fondamentale sulle intricate reti di relazione che legano il settore alimentare locale. L’indagine mostra anche la vulnerabilità dell’economia locale. L’ascesa dei superstores ha portato livelli di scelta, disponibilità, igiene, sempre più elevati, oltre a nuove tecnologie per la produzione alimentare. Ma è importantissimo riconoscere che questi cambiamenti esigono un alto prezzo alle persone che abitano e lavorano nelle zone rurali. Solo valutando la situazione esistente e giudicando in modo critico l’impatto complessivo dei superstores sulla vita rurale, sarà possibile sviluppare politiche che consentano all’economia globalizzata delle grandi catene, e a quelle piccole locali autosufficienti, di coesistere. Un elemento finale da sottolineare è il valore di una rigorosa ricerca locale. Chiaramente esistono molti altri tipi di commercio operanti nei centri di mercato e villaggi, il cui ruolo nell’economia locale va commisurato. Le questioni probabilmente variano anche da regione a regione geografica. Ad ogni modo, è solo attraverso questo tipo di “lavoro sul campo” che è possibile comprendere il quadro generale, e prendere decisioni informate. Riferimenti bibliografici CPRE, (2002)Mapping Local Food Webs: methodology and survey CPRE, (2002) Local Action for Local Foods CPRE, (2001) Sustainable Local Foods CPRE, (1996) Rural Roulette, CPRE Cranbrook, C. (1997) The Rural Economy and Supermarkets, Great Glemham Farms sito diretto da fabrizio bottini -8/9 - http://mall.lampnet.org sito diretto da fabrizio bottini -9/9 - http://mall.lampnet.org Mitchell, S. (1998) Checking out the Supermarkets: competition in retailing, Colin Breed, MP, House of Commons Porter, S. e Raistrick, P. (1998) The Impact of Out-of-Centre Food Superstores on Local Retail Employment, The National Retail Planning Forum, 6 Copperfield Street, London SE1 OEP Pretty, J. (1998) The Living Land, Earthscan SAFE Alliance (1997) How Green are our Strawberries? SAFE Alliance, London (ora Sustain: the alliance for better food and farming) sito diretto da fabrizio bottini -9/9 - http://mall.lampnet.org