Il ciclo di Produzione della calzatura in una logica di sostenibilità Aurora Magni 1. Sostenibilità non è solo rispetto delle regole Nel mondo occidentale -e per quanto ci riguarda più direttamente, in Italia- ogni processo di trasformazione produttiva/industriale è inquadrato in un sistema legislativo e normativo complesso1 che comprende anche regole relative alla sicurezza dei processi e del prodotto e alla difesa dell’ambiente. Questa premessa ci consente di dare una chiara definizione di “processo produttivo sostenibile” che non va limitato al rispetto dei dettami legislativi del paese in cui ‘azienda opera o vende, ma che si identifica in uno sforzo di continuo miglioramento che la stessa compie con l’obiettivo di ridurre il costo ambientale dei processi e delle attività di trasformazione. Il “miglioramento continuo” presuppone una conoscenza preliminare dei problemi e delle criticità riscontrabili nelle varie fasi delle lavorazioni: dal consumo energetico alle emissioni inquinanti, dall’impronta idrica alla generazione di rifiuti, dal grado di biodegradabilità/riciclabilità ai costi ambientali della logistica. Un approccio che richiede un’ indagine preliminare e una valutazione oggettiva dei fattori che concorrono alla produzione di CO2 al fine di pianificarne il superamento con interventi tecnici ed organizzativi e che si inserisce a pieno titolo nella strategia internazionale indicata dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico o dal Protocollo di Kyoto. Letta da questa angolazione la cultura della sostenibilità applicata ai processi industriali è inseparabile dalla ricerca di processi e materiali innovativi che concorrono a determinare il prodotto finale. Non ci può essere sostenibilità senza innovazione e ricerca: sarebbe come scambiare per un risultato ecologico l’interruzione delle attività produttive (e i conseguenti costi ambientai) nei periodi di crisi. Chiarito che essere sostenibili significa innovare per lavorare gravando il meno possibile sull’ambiente, possiamo estendere la definizione ad altri ambiti valoriali fondamentali: all’idea stessa cioè di lavoro e sviluppo. La sostenibilità infatti, non equivale solo ad una visione ecologica dello sviluppo industriale ma chiama infatti in causa l’equità sociale, il rispetto delle persone, delle comunità, dei consumatori, la difesa delle biodiversità e degli animali. E’ a questo punto possiamo chiederci: l’industria della calzatura può partecipare al processo di faticoso riequilibrio ambientale e sociale che le dichiarazioni internazionali auspicano e pretendono dai singoli governi? Sicuramente. E’ quanto proveremo a dimostrare in questo capitolo. Il settore calzaturiero non è tra le tipologie industriali maggiormente inquinanti essendo i processi produttivi che lo caratterizzano sostanzialmente descrivibili come azioni di adattamento ed assemblaggio di materiali ed elementi strutturali, ma è certamente un complesso insieme di attività non prive di criticità che richiedono attenzione. Il settore calzaturiero partecipa inoltre con autorevolezza al fashion system gobale, fenomeno culturale, produttivo, distributivo e di consumo per sua natura “non ecologico” essendo basato sulla realizzazione e vendita di beni dotati di un ciclo di vita brevissimo, condizione indispensabile all’essenza stessa della moda ma destinata a consegnare alla discarica abnormi volumi di materiali spesso non biodegradabili. Della non sostenibilità della moda si è parlato molto in questi ultimi tempi soprattutto grazie a campagne di grande impatto mediatico2 e alla maggior sensibilità dei consumatori che si interrogano sulla storia del prodotto che stanno acquistando e sul costo richiesto all’ambiente per la sua produzione. La 1 Cioè non impedisce che a fianco di un’economia responsabile ve ne sia un’altra illegale o che sviluppa comportamenti socialmente scorretti come fenomeni come la contraffazione e il lavoro nero testimoniano. 2 Citiamo a titolo esemplificativo la campagna Detox di Greenpeace www.greenapeace.org 1 consapevolezza della presenza di una prassi di sfruttamento di manodopera a basso costo nelle aree povere del mondo e di concorrere al depauperamento delle risorse ambientali si è ormai fatta strada in molti consumatori stanchi di essere identificati come irresponsabili fashion victimes. La diffusione di questi nuovi valori ha generato due importanti risultati: - La moda deve assumersi le sue responsabilità (ambientali e sociali) e dichiarare la storia e le caratteristiche di ciò che vende - Non è più attuale la distinzione tra articolo sostenibile ed esteticamente modesto e articolo fashion bello ma non sostenibile. Il sistema della moda deve garantire, insieme ai contenuti fashion, la correttezza dei suoi processi produttivi. Un effetto importante di questo nuovo approccio al tema, si è registrato all’interno della filiera della moda coinvolgendo soggetti che nei diversi step concorrono a produrre ed offrire al mercato il prodotto finito. E’ maturato cioè il convincimento che solo da progetti condivisi che intervengano sul grado di sostenibilità delle materie prime, degli accessori, della logistica, dei processi produttivi e distributivi, del packaging, fino alla vita post consumo del prodotto.. possa nascere una moda più sostenibile. Letto da questa angolatura il processo di realizzazione e consumo della calzatura chiama in causa ambiti e soggetti diversi e attribuisce un importante ruolo anche ad aree progettuali esterni alla filiera in senso stretto. Industria meccanica Produzione suole, tacchi, accessori Elettronica informatica Terziario avanzato Industria chimica e polimeri Industria calzaturiera distribuzione consumatore concia Industria tessile Industria energetica Logistica/ Packaging Industria agroalimentare Industria del riciclo rifiuti Grafico 1: Il sistema produttivo integrato della calzatura Rappresentata nella sua complessità, la filiera presenta aree produttive specificatamente dedicate alla fabbricazione degli elementi costitutivi della calzatura (pelli conciate, cuoio, materiali polimerici, tessuti, accessori), altre sono fornitrici di servizi e attrezzature finalizzate alle attività produttive. Un ruolo importante, specie dal punto di vista della sostenibilità, è riservato alla fase iniziale del processo che nelle calzature in pelle e cuoio corrisponde con l’industria agroalimentare, all’industria tessile e dei polimeri nelle altre tipologie di calzature e alle fasi conclusive come la distribuzione, importante interfaccia con il 2 mercato. Nella visione integrata del prodotto e della sua presunta sostenibilità, altri fattori entrano in campo: il comportamento dell’articolo durante il suo uso (il grado di manutenzione necessaria) e il suo destino a esaurimento del ciclo di vita. La pianificazione già in fase ideativa, del post vita della calzatura dismessa è entrata a pieno titolo nelle strategie di molte imprese del settore ed aumenta così l’offerta di prodotti originati (almeno in parte) materiali second life e/o riciclabili. Analizzando la filiera integrata della calzatura dal punto di vista della sostenibilità possiamo così rappresentare alcune della problematiche più critiche: Settore considerato Settore agroindustriale Industria chimica, tessile e dei polimeri Industria meccanica/elettronica Produzione tacchi, suole, accessori Terziario/logistica/packaging Concia Industria calzaturiera Distribuzione Uso e dismissione Criticità Impatto ambientale degli allevamenti intensivi Impronta idrica Problematiche animaliste Consumi materie prime Consumi energetici e acqua Emissioni Scarti industriali Consumi materie prime, consumi energetici Emissioni Scarti industriali Consumi materie prime Consumi energetici Emissioni Scarti industriali Costi ambientali del web Consumi di materia prima, energia/carburanti, produzione scarti tipici dell’economia degli eventi Consumi energetici / acqua Emissioni Uso di sostanze chimiche Scarti industriali Consumi energetici Emissioni Uso di sostanze chimiche Scarti industriali Consumi energetici Produzione scarti Consumo detergenti e acqua Bassa/nulla biodegradabilità dei manufatti polimerici o trattati Tabella 1: Principali criticità ambientali nella filiera integrata della calzatura Naturalmente non è questa la sede per analizzare ogni singolo settore indicato. Ci limiteremo quindi ad considerare gli elementi di maggior interesse ai fini di una analisi del ciclo di vita del prodotto (LCA) nella fase identificabile con la concia e la produzione di calzature. 3 2. La concia ha un lato green Un tempo considerata l’anima nera del processo di produzione di articoli in pelle e cuoio per i suoi alti costi ambientali, la concia è stata al centro di una paziente ed intensa opera di rinnovamento che ne ha abbassato significativamente il grado di pericolosità ambientale. Il settore, come scritto nel rapporto GreenItaly 2013 “ sta investendo sempre di più sulla riduzione a monte dell’impatto ambientale. In nove anni, dal 2002 a 2011, il consumo di acqua si è ridotto del 23,5%: si è passati dai 136 litri usati nel 2002 per ogni metro quadro di prodotto, ai 108 del 2011. La filiera della concia è particolarmente virtuosa anche per quanto concerne la gestione dei rifiuti: le percentuali di raccolta differenziata, dal 2002, non sono mai scese al di sotto del 91% dei rifiuti prodotti, fino a toccare il 98% nel 2010 e nel 2011, valore massimo assoluto. Ma non solo. Una volta raccolta, la maggior parte di questi rifiuti viene riciclata, con una percentuale di recupero che, nel 2011, è stata del 71%”3. Queste buone notizie non devono far perdere di vista gli ampi margini di miglioramento che il comparto della concia presenta, specie nelle piccole imprese, spesso non dotate di attrezzature di ultima generazioni. L’alto consumo idrico, l’impiego di sostanze chimiche spesso pericolose, la produzione di emissioni nell’ambiente di lavoro, gli scarti di lavorazione maleodoranti e di difficile gestione rendono la lavorazione della pelle un processo particolarmente impattante anche a causa della concentrazione di aziende in aree distrettuali specializzate. Costruite da secoli lungo i corsi di fiumi e torrenti, le concerie necessitano di enormi quantitativi di acqua per lavare le pelli,le macchine e gli ambienti di lavoro, attivare i prodotti chimici utilizzati durante i processi produttivi delle diverse fasi di lavorazione. Gli approvvigionamenti idrici e il disinquinamento delle acque di scarico rappresentano gli aspetti ambientali più rilevanti per l’industria conciaria, sia dal punto di vista fisico che economico. La riduzione dei consumi idrici è stata ottenuta grazie all’utilizzo di tecnologie in grado di ottimizzare i quantitativi d’acqua necessari e all’adozione di modalità di riutilizzo dell’acqua di processo. A questo importante risultato ambientale non ha corrisposto però un risultato economico altrettanto soddisfacente: l’incidenza media dei costi delle acque sul fatturato ha registrato un forte incremento rispetto al passato. Il valore 2011 si attesta infatti al 2,96% del fatturato, con un incremento rispetto al 2002 del 107% circa.4 Ma il problema dell’utilizzo di acque per la lavorazione della pelle e del cuoio non è limitabile al consumo della risorsa prima e chiama in causa il problema degli inquinanti risultanti dalle attività produttive. Contrariamente a quanto avveniva in passato con gravi danni per la flora, la fauna ma anche per la qualità della vita delle comunità residenti nelle aree prossime ai siti produttivi e ai corsi d’acqua coinvolti, oggi i processi di innovazione e ricerca hanno portato la depurazione conciaria a risultati importanti di ottimizzazione delle linee di trattamento acque e fanghi che nei distretti produttivi sono svolte in impianti di depurazione consortili. Rilevante anche la problematica “rifiuti di produzione” vale a dire quell’insieme di prodotti di rasature, ritagli e carniccio che rappresentano oltre il 49% del totale a cui si aggiungono i fanghi di depurazione ( 26%); i liquidi di concia il (15,4%). I liquidi di concia contenenti Cromo rientrano 3 Symbola, Unioncamere “Rapporto GreenItaly 2012” pag. …. 4 Fonte: http://www.unic.it/public/UNIC/documenti/Documenti_542_rapporto_socio_ambientale_unic_2012_new.pdf 4 nella normativa nazionale di gestione dei rifiuti e sono invece inviati tramite autobotti a impianti centralizzati di recupero. Il Cromo recuperato viene miscelato con altro “fresco” e riutilizzato nel processo produttivo. In conceria, dove viene applicata attenzione, la pratica della raccolta differenziata permette di preservare, evitando miscelazioni, le caratteristiche tecniche dei diversi materiali, rendendo gli stessi utilizzabili da processi di recupero/riciclaggio effettuati da aziende specializzate. Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera il rapporto ci informa : “in conceria, i principali parametri che influenzano la qualità dell’aria sono rappresentati da Composti Organici Volatili (COV), Polveri e Idrogeno Solforato. Per la produzione di calore sono inoltre utilizzate centrali termiche che, durante la combustione, emettono Ossidi di Azoto (NOx) e di Zolfo (SOx), oltre naturalmente all’Anidride Carbonica (CO2)”. Anche in questo caso la riduzione dell’ inquinamento atmosferico trae origine dall’innovazione tecnologica e in particolare dall’uso di prodotti meno inquinanti, dalla selezione e acquisto di macchinari ad elevata efficienza, dalla gestione e dalla manutenzione degli abbattitori, dal monitoraggio sulle emissioni. Rilevante è certamente anche l’uso che le concerie fanno di sostanze chimiche: per la produzione di un m2 di pelle finita si calcola siano necessari oltre 2 kg di prodotti chimici, una quota rilevante dei quali (ca 30%) rientra nella categoria dei preparati pericolosi stabilita dalla normativa europea (DIR 67/548 CEE), recepita a livello nazionale. Anche i terreni, specie in prossimità del depuratore e a seguito di eventuali scarichi diretti di acque reflue e fanghi, possono risultare contaminati da Cromo. Mentre il Cromo III è poco solubile anche a pH acido e, dunque non crea problemi per la disposizione in discarica o direttamente sul terreno ed è mutagenicamente inattivo, il Cromo VI, invece, è mutageno, teratogeno e induce tumore ai polmoni. E’ infine bene tenere presente che si sta parlando di un comparto importante che a fine 2011 risultava essere composto da 1.309 imprese, in lieve calo rispetto all’anno precedente (-1,6%) e con un’occupazione di 17.996 addetti. La caratterizzazione più o meno eco compatibile di un paio di scarpe o di stivale parte da qui: nel 2011 i volumi di produzione sono stati pari a 133 milioni di mq e quasi 40 mila tonnellate di cuoio da suola, per un valore complessivo di circa 4,9 miliardi di euro.5 In una logica di LCA è bene quindi ripercorrere la fasi del ciclo di lavorazione in grado di rendere la pelle utile alla fabbricazione della calzatura. Il ciclo di lavorazione delle pelli Il processo produttivo conciario è complesso e presenta passaggi delicati dal punto di vista dell’impatto ambientale sia per la tipologia degli scarti e delle emissioni che per l’ampio uso di sostanze chimiche. Ecco in sintesi le fasi principali e le relative criticità. 5 Unione Nazionale Conciaria, Rapporto Socio Ambientale 2012 5 predisporre la pelle nelle condizioni opportune per ricevere le sostanze concianti rende la pelle imputrescibile e resistente all'attacco di svariate sostanze chimiche Concia Fase di riviera Fase produttiva Rinverdimento Asportazione sporcizia, albumine,globuline solubili, sale (NaCl) con cui le pelli sono state conservate Calcinazione/Depilazione depilazione, apertura delle fibre di collagene e parziale saponificazione dei grassi Scarnatura asportazione dello strato sottocutaneo del derma Rifilatura e spaccatura Divisione del fiore dalla crosta, eliminazioni contorni superflui Decalcinazione / Macerazione Eliminazione depilante alcalino , riduzione gonfiamento, aumento del rilassamento del collagene Sgrassaggio asportazione dello strato sottocutaneo del derma Piclaggio eliminazione residui di calce preparazione del derma alla penetrazione dell'agente conciante. Concia al cromo impregnazione della pelle con sostanze chimiche che ne impediscono la putrefazione Concia al naturale impregnazione della pelle con sostanze naturale che ne impediscono la putrefazione Tecnologia Criticità ambientale Ripetuti lavaggi in acqua tiepida in bottale o in aspo con elettroliti, tensioattivi, enzimi proteolitici e sostanze antibatteriche Consumo energetico Consumo acqua Consumo di sostanze chimiche In bottale o in aspo, impiegando il 300-400% di acqua rispetto al peso delle pelli e addizionando Ca(OH)2 e Na2S o NaSH, a 28°C. Scarichi idrici con Sali e sostanze chimiche Emissioni in atmosfera Macchina scarnatrice macchine rifilatrici e spaccatrici bagno di acqua a 30-37°C per eliminare residui e i solfuri e i solfidrati usati come depilanti nel calcinaio e che si trovano assorbiti sulle pelli trattate: l'idrogeno solforato (H2S) che si libera viene captato mediante cappe di aspirazione poste sopra i bottali Bagno con emulsionanti in fase acquosa o con solventi organici clorurati. acidificazione fino a pH=2,5-3 in soluzione salina mediante soluzioni di NaCl e H2SO4. In questa fase si libera H2S proveniente dal Na2S ancora presente sulla pelle Bagno in solfato basico di Cromo Consumo energetico Consumo acqua Consumo di sostanze chimiche Scarichi idrici con Sali e sostanze chimiche Bagno in tannini naturali (o sintetici?) Emissioni in atmosfera Inquinamento terreni in prossimità dei depuratori 6 Migliorare l'aspetto del pellame, conferendogli le caratteristiche desiderate Fase di rifinizione Pressatura e rasatura eliminazione eccesso di acqua e resa uniforme dello spessore della pelle. Pressa rotativa a feltri Smerigliatura Resa uniforme della superficie della pelle Cilindri con superficie abrasiva lama di aria generata da una testa di spazzolatura e sistema di aspirazione Neutralizzazione innalzamento del PH per permettere la successiva tintura. Si usa generalmente una Soluzione di NaHCO3 (0,7-2%) a 2030°C o di NH4(HCO3) e NH4(HCO3), formiato di calcio, acetato di sodio. Riconcia ulteriore trattamento per migliorare la qualità del prodotto finale. Sali di Cr, tannini, sali di Al, resine ureiche, glutaraldeide. Tintura applicazione di sostanze coloranti sulla pelle Bagni con coloranti azoici e i derivati dell'anilina. Il colorante viene pesato e sciolto in acqua calda (60-70°C), e quindi addizionato al bagno in macchine automatiche che lavorano a ciclo chiuso. A livello artigianale la tintura è svolta manualmente Ingrasso attribuzione alla pelle di morbidezza e impermeabilizzazione. Oli e grassi di origine animale, vegetale o sintetica, in emulsione acquosa con l'ausilio di tensioattivi 7 Consumi energetici Consumi idrici Consumo di sostanze chimiche Emissioni in atmosfera Emissioni inquinanti in acqua di processo Perdita/riduzione grado di biodegradabilità del prodotto finito Asciugatura Palissonatura e folonaggio Resa di maggior morbidezza alla pelle Per sospensione o appenditura (consiste nello spremere le pelli con apposite macchine e appenderle poi in essiccatoi ad aria calda). "Pasting": si incollano le pelli su delle lastre di materiale vario e si fanno asciugare in essiccatoi continui a galleria o piastre di acciaio (essiccamento alla termoplacca o secoterm) a cui può essere aggiunta una depressione prodotta da una pompa a vuoto (essiccamento sotto vuoto). Sollecitazioni meccaniche ottenute dalla macchina di palissonatura che produce molto rumore e notevoli vibrazioni. Nel folonaggio, le pelli vengono fatte ruotare in bottale con o senza acqua oppure segatura. Rifinizione Funzionalizzazione e resa estetica della pelle Spalmatura di pigmenti di tipo organico o inorganico (ad es: coloranti di anilina, ossidi di Ti, di Fe), leganti di varia natura (caseina, nitrocellulosa, resine sintetiche), sostanze ausiliari (lucidi, plastificanti, coloranti di avvivaggio, addensanti, reticolanti, solventi e diluenti) . La rifinizione alla nitrocellulosa richiede la presenza nelle miscele coprenti di plastificanti (ftalato di butile e olio di ricino), di vernici a base di poliuretani e di solventi e diluenti, tra cui acetati, glicoleteri, alcoli, chetoni. Gli strati coprenti vengono poi fissati con una soluzione di formaldeide al 10-15%. Le tecniche adottate per l'applicazione delle miscele coprenti sono la rifinitura a spruzzo, a tampone e a velo. Tabella 2: Processo e criticità della concia 8 3. Il processo di produzione della calzatura sostenibile La tabella seguente ricostruisce le principali fasi del ciclo produttivo in senso stretto e individua alcune delle problematiche ambientali sollecitate dalla trasformazione dei materiali in prodotto. 9 Preparazione della giunteria Fase produttiva Taglio della pelle o dei materiali sintetici (tomaia) Taglio della fodera Tecnologia -attrezzi per taglio a mano tradizionale; - pressa per taglio con fustella -sistemi automatizzati per taglio in continuo (con supporto di Cad): a lama tagliente (semplice o doppia) a lama vibrante laser a ultrasuoni a getto d’acqua spaccatura scarnitura Garbatura bordatura macchina spaccatrice Macchina scarnitrice Dima riscaldata incollaggio /Macchina Cucitrice rinforzi Incollaggio /Macchina Cucitrice Orlatura Preparazione al montaggio/iniezione Inserimento puntale e contrafforte Montaggio o iniezione Macchina cucitrice Incollaggio termico Macchina cucitrice, sistemi vari di fissaggio Applicazione intersuola, suola, Incollaggio, inserimento soprattacco e tacco chiodi/viti, macchine cucitrici Macchina per l’iniezione di PVC o poliuretano Applicazione guardolo Macchina cucitrice, sistemi di incollaggio Finissaggio Lavaggio, lucidatura, incollaggio eventuali elementi decorativi Tabella 3: processo di costruzione della scarpa classica o da passeggio Criticità ambientale Sfridi di produzione Consumi energetici nei processi non manuali Produzioni di fumi nei tagli termici Consumi energetici Emissione nell’ambiente di agenti chimici, polvere di cuoio, sostanze inquinanti e fumi da surriscaldamento dei materiali Inquinamento acustico Quanto descritto è relativo alle azioni produttive svolte in un calzaturificio. Non bisogna però dimenticare che partecipano al processo di fabbricazione della calzatura anche le aziende specializzate nella realizzazioni di componenti fondamentali del prodotto: le suole, i tacchi e accessori quali speroni, puntali, fibbie, passamanerie, elementi decorativi. 10 Nel caso della produzione di una sneaker il processo può così essere sintetizzato: Fase produttiva Tecnologia Criticità ambientale Tabella 2: processo di costruzione delle sneakers Le differenze tra i due processi produttivi sono molteplici, a partire dalla diversa tipologia dei principali materiali di base: pelle e cuoio nel primo caso, polimeri e tessuti nel secondo. Si tratta naturalmente di un distinguo operato con criteri grossolani: sappiamo come tessuti e eco-pelli abbiano ruolo nella costruzione di modelli di sandali o stivali e come non manchino esempi di scarpe da ginnastica realizzate con componenti in pelle nella tomaia. La rappresentazione grafica che segue, pur nella sua imprecisione, ci aiuta a individuare l’interrelazione tra il ciclo produttivo della scarpa e i contesti extrasettoriali attigui consentendoci di individuare le origini delle criticità ambientali del prodotto finale. Considerati da questa angolazione, gli elementi che concorrono a costituire la filiera del valore, infatti, rimandano a settori economici diversi dal calzaturiero e portatori di contenuti qualificanti il bene realizzato ma –inevitabilmente- anche di costi ambientali significativi. a) Settore agro alimentare Produzione calzatura classica o “da passeggio” Concia b) Industria chimica Polimeri e gomma Produzione sneakers / DPI / stivali in gomma Industria tessile Da una analisi del processo produttivo relativo alla realizzazione di calzature classiche o da passeggio si può notare come il costo ambientale non sia particolarmente elevato durante il ciclo di taglio, assemblaggio e 11 finissaggio: l’alto impiego di intervento manuale nelle fasi di lavorazione concorre a ridurre sprechi di materia prima e materiali di processo e a contenere al minimo indispensabile i consumi energetici. L’attenzione va semmai posta al grado di sicurezza in cui operano i lavoratori esposti a rischio di piccoli infortuni (taglio, punture con aghi da cucitura…) e/o a contatto con collanti, solventi, sostanze lucidanti che possono creare problemi alle vie aeree o provocare dermatiti da contatto se non vengono osservate le norme di sicurezza ed adottati adeguati DPI. 12