Semestrale di Informazione Medica Tratto dal portale web www.cristinaselvi.it Psichiatria . Psicoterapia . Omotossicologia #2 | Giugno 2014 Dottoressa Cristina Selvi Medico Chirurgo, Psichiatra, Psicoterapeuta, Omotossicologa Laurea del 1990 presso l’Università Domicilio Professionale . www.cristinaselvi.it Statale di Milano. Studio Psichiatria Integrata . www.psichiatriaintegrata.it Ordine Medici Milano n° 30878. Piazza Gorini, 6 - Milano . facebook.com/studiopsichiatriaintegrata Elenco Psicoterapeuti n° 1000. P.IVA n° 11435290157 . twitter.com/cristinaselvi . linkedin.com/cristinaselvi realizzato da DOTT.SSA CRISTINA SELVI Medico Chirurgo . Psichiatra . Psicoterapeuta . Omotossicologa Ordine Medici Milano n. 30878 Elenco Psicoterapeuti n. 1000 © Copyright 2012-2014 . dott.ssa cristina selvi . Tutti i diritti sono riservati STUDIO PSICHIATRIA INTEGRATA Milano - Piazza Paolo Gorini 6 http://www.cristinaselvi.it http://www.psichiatriaintegrata.it Tel 02. 97699214 SEMESTRALE DI INFORMAZIONE MEDICA TRATTO DAL PORTALE WEB WWW.CRISTINASELVI.IT STUDIO PSICHIATRIA INTEGRATA - GIUGNO 2014 ARGOMENTI: PSICHIATRIA . PSICOTERAPIA . MEDICINA OMOTOSSICOLOGICA Consulenze Web e Progettazione Portale . SEO Medico . Social Networks . Newsletter. . Ebook Strategie e Strumenti sul Web per Medici e Professioni Sanitarie Servizi Web secondo la più recente Normativa per l’Informazione Sanitaria E-book realizzato da SitiMedici.com http://www.sitimedici.com [email protected] http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | 2 DOTT.SSA CRISTINA SELVI Psichiatra, Psicoterapeuta e Omotossicologa formazione H o scelto di occuparmi di psichiatria abbastanza avanti nel mio corso di studi, anche grazie all’incontro con una persona speciale che mi ha preso per mano e mi ha portato verso questo mondo. Ho iniziato la mia professione occupandomi di ragazzi tossicodipendenti e lavorando presso strutture di ricovero, strutture residenziali e comunità terapeutiche per pazienti affetti da gravi patologie . Nel corso degli anni ho poi scelto di specializzarmi nella cura della Depressione e dei Disturbi d’Ansia perché ho potuto constatare come in queste situazioni si possa davvero aiutare il paziente a superare una situazione di grande sofferenza e ritornare allo stato di benessere. Nel corso della mia formazione e della mia professione ho sempre sentito la necessità personale e la curiosità di andare a conoscere diversi paradigmi per la comprensione della sofferenza psichica e psicologica e per le possibili strategie di terapia. Questo mi ha portato a considerare la cura della persona che soffre come un percorso di comprensione a vari livelli del disagio del singolo paziente in un modello di Psichiatria Integrata che mi permetta di utilizzare e modulare gli interventi di cura in modo più flessibile e quindi più efficace. dove svolgo la mia professione S volgo attività libero professionale a Milano presso il mio studio in Piazzale Gorini 6, come medico psichiatra per quanto concerne la terapia farmacologica dei Disturbi d’Ansia e della Depressione integrando, dove è possibile, l’approccio tradizionale con quello acquisito nell’ambito della Medicina non Convenzionale, e come psicoterapeuta ad orientamento analitico, modulando la mia pratica clinica con le conoscenze acquisite all’estero riguardanti le tecniche cognitivo-comportamentali. Lavoro inoltre come medico psichiatra presso la Comunità Terapeutica Teseo del Crest di Milano. Questa struttura residenziale si occupa della cura e della riabilitazione di pazienti inviati dai servizi e affetti da disturbi psichici quali Schizofrenia, Disturbo Schizoaffettivo e Disturbo Bipolare. © Copyright 2014 3 dott.ssa Cristina Selvi Milano - Piazza Gorini 6 Disclaimer • Questo periodico, in formato digitale e cartaceo, contiene una raccolta degli articoli informativi tratti dal sito web www.cristinaselvi.it | www.psichiatriaintegrata.it. Tali articoli sono da intendersi come puramente informativi e NON intendono fornire consigli medici né promuovere prodotti o servizi di aziende farmaceutiche e/o soggetti terzi nè avere qualsivoglia intento pubblicitario. 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Ulteriori permessi possono essere richiesti all’autrice via e-mail. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | 4 a Giancristoforo Trogu 5 dott.ssa Cristina Selvi Milano - Piazza Gorini 6 http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | 6 Contenuti Presentazione9 Introduzione11 Psichiatria14 Il Disturbo d’Ansia Generalizzato (GAD) 16 Gli Psicofarmaci nella terapia dell’ansia 20 I farmaci antidepressivi 24 Gli Psicofarmaci in Gravidanza 29 La Depressione nell’anziano 33 Psicoterapia37 Psicologo o Psichiatra, chi può aiutarmi? 39 Il Disturbo Ossessivo Compulsivo 44 Il malato immaginario 48 Il Disturbo Evitante di Personalità 52 Omotossicologia56 L’Ignatia amara contro l’ansia 59 Vitamina D e Depressione 63 Un caso di depressione 67 7 dott.ssa Cristina Selvi Milano - Piazza Gorini 6 http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | 8 Presentazione Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sul web all’indirizzo http://www.cristinaselvi.it Sul Portale Web sono presenti sezioni infromative in materia di Psichiatria, Psicoterapia e Medicina Omotossicologica. Lo Studio di Psichiatria Integrata si prefigge lo scopo di proporre un modello efficace e completo d’intervento per il disagio sia psicologico che psichico. Nell’incontro con il paziente ciò che conta è riconoscere l’origine della sua sofferenza. Il malessere scaturisce da un insieme di fattori BIO-PSICO-SOCIALI e su tutti questi versanti deve indirizzarsi l’attenzione e la competenza dello psichiatra, al fine di poter scegliere la corretta impostazione terapeutica. 9 dott.ssa Cristina Selvi Milano - Piazza Gorini 6 La dott.ssa Cristina Selvi, Psichiatra e Psicoterapeuta, integra l’approccio psicologico a quello farmacologico, e all’interno di questo propone sia l’utilizzo della terapia tradizionale allopatica che un’impostazione innovativa secondo il paradigma della Medicina non Convenzionale applicata alla psichiatria, sempre comunque tenendo presenti le corrette indicazioni terapeutiche e le inclinazioni personali del paziente. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Presentazione 10 La dott.ssa Cristina Selvi scrive settimanalmente articoli informativi sul portale online. E’ possibile ricevere gli articoli dello Studio Psichiatria Integrata comodamente nella tua casella e-mail, il giorno stesso in cui vengono pubblicati. Puoi cancellarti dal servizio quando vuoi. Introduzione Ho desiderato un portale che rispecchi la caratteristica della mia preparazione professionale, che ha spaziato nel tempo dalla psichiatria medica alla psicoterapia anaLa dottoressa Cristina Selvi, Medico Chirurgo, si occupa di Psichiatria, Psicoterapia e Medicina Omotossicologica a Milano, in Piazza Paolo Gorini 6. Tiene aggiornata settimanalmente una Sezione di Articoli Informativi sul Portale Web dello Studio Psichatria Integrata. litica, all’approccio cognitivo fino a, più recentemente, l’omotossicologia, anche questa applicata alla cura del disagio psichico o psicologico. Potrebbe sembrare una formazione un po’ eclettica e in effetti lo è, sebbene nell’accezione più positiva del termine. In realtà anch’io cercando le parole giuste per presentarmi ho riflettuto su come abbia sempre soddisfatto il mio bisogno di apprendere più modelli di cura che mi permettesse- http://www.cristinaselvi.it 11 dott.ssa Cristina Selvi Milano - Piazza Gorini 6 ro di declinare al meglio la mia professione e poter fornire una risposta terapeutica più ampia e più adattabile alla soggettività delle persone che portano i loro problemi alla mia attenzione. Non ritengo necessario sapere applicare tutte le cure e le terapie, è però essenziale essere in grado di fare una diagnosi corretta e sapere consigliare al paziente il professionista che si possa occupare al meglio del suo problema. Questo è quello che io mi prefiggo di fare quotidianamente e vorrei che Psichiatriaintegrata diventasse un raccoglitore d’informazioni fornite da me, ma anche da altri colleghi che si occupano del disagio psicologico e che offrono altri tipi di intervento, i quali possono essere combinati e integrati, quando è necessario, con gli interventi più noti e tradizionali. Gli articoli che ho scritto nelle tre sezioni del sito web in questi mesi scaturiscono in parte da interesse personale e in parte da richieste che mi sono pervenute dai miei pa- http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Introduzione 12 zienti, oltre che dall’osservazione delle più frequenti patologie che incontro nella mia pratica clinica quotidiana. Vorrei nel tempo sempre più affinare questo modello d’intervento integrato che valorizzi una conoscenza globale della persona, del suo malessere e della cura, senza scivolare in approcci superficiali e non scientificamente fondati che spesso e giustamente sono causa di un giudizio svalutativo su ogni approccio di terapia che non sia accademicamente ortodosso. DOTTORESSA CRISTINA SELVI http://www.cristinaselvi.it http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Introduzione 13 Il sito internet www.psichiatriaintegrata.it ha deciso di aderire a Zero Impact Web e fare la sua parte per contrastare il riscaldamento globale. Le emissioni derivanti dalle vostre visite verranno compensate attraverso la creazione e tutela di foreste in crescita. É una piccola azione che se fatta da molti aiuta a creare consapevolezza e fare del bene all’ambiente. E soprattutto vi permette di navigare tra le pagine in piena tranquillità! SEZIONE I Psichiatria La Depressione, gli Attacchi di Panico e alcune forme di Disturbo d’Ansia sono situazioni cliniche che richiedono la prescrizione di una terapia farmacologica adeguata che risolva o comunque permetta di attenuare in modo significativo i sintomi che disturbano il paziente. I farmaci disponibili oggi sono molto più sofisticati di quelli di una volta i quali erano altrettanto efficaci ma presentavano un maggior numero di effetti collaterali e di controindicazioni. 14 dott.ssa Cristina Selvi Milano - Piazza Gorini 6 La terapia medica dell’ansia e della depressione oggi si basa su molecole molto evolute e selettive che risolvono, nella maggioranza dei casi, la patologia. Una terapia prescritta nei modi e nei tempi corretti non da e non deve dare alcun disturbo al paziente ma deve limitarsi a risol- E’ possibile rimanere aggiornati riguardo agli ultimi articoli scritti dalla dottoressa Cristina Selvi sull’argomento Psichiatria tramite il Portale Web http://cristinaselvi.it vere la sintomatologia. Purtroppo ancora troppo spesso la terapia farmacologica dei disturbi psichiatrici subisce l’influenza negativa di antichi pregiudizi e soprattutto dell’assenza di una corretta informazione. Per questo il medico deve essere competente nel differenziare e diagnosticare correttamente quelle situazioni cliniche che, interferendo gravemente con la vita lavorativa e personale del paziente, possono essere trattate con successo con i farmaci, associati eventualmente a seconda del singolo caso, con una terapia di supporto psicologico. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 15 E’ inoltre possibile iscriversi gratuitamente, al servizio di Newsletter, per ricevere gli articoli dello Studio Psichiatria Integrata comodamente nella propria casella e-mail, il giorno stesso in cui vengono pubblicati. Il Disturbo d'Ansia Generalizzato (GAD) Il termine ansia è solitamente utilizzato per descrivere un’emozione negativa, uno stato d’animo spesso reattivo a situazioni ambientali che ci spaventano o preoccupano. Quando l’ansia si aggrava può diventare un sintomo ed anche un vero e proprio disturbo psichiatrico. L’ansia può quindi essere fisiologica e avere una funzione protettiva, di allarme ma può diventare tanto intensa da configurare una patologia. Definiamo ansia fisiologica quella diretta verso un oggetto o una situazione reale e potenzialmente difficile, sconosciuta o pericolosa, è un campanello di allarme che ha lo scopo di attivare le risorse e le capacità dell’individuo al fine di superare la difficoltà contingente. Quando l’ansia diventa troppo intensa, o è diretta verso stimoli immaginari o irrazionali, riduce le capacità personali di fare fronte alla situazione, tende a paralizzare l’azione e riduce la prestazione, diventa quindi patologica e va curata. Cosa è il Disturbo d’Ansia Generalizzato (GAD) La diagnosi di Disturbo d’Ansia Generalizzato si fa quando le preoccupazioni e lo stato ansioso sono presenti tutti i giorni, per la maggior parte del giorno e possono http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 16 La dottoressa Cristina Selvi scrive articoli con tema Psichiatria, Psicoterapia e Medicina Omotossicologica anche su Medicitalia. E’ possibile leggere tali articoli all’indirizzo: medicitalia.it/ cristinaselvi riguardare qualsiasi situazione, attività o evento che abbiano a che fare con la quotidianità della persona. A differenza di ciò che accade nei disturbi fobici, la paura non è rivolta verso uno specifico oggetto o una particolare situazione ma il soggetto vive uno stato di preoccupazione continua, la sensazione di un pericolo imminente o che qualcosa di negativo possa accadere nella propria vita o in quella dei propri cari. E’ quindi un’ansia meno intensa di quella che è sperimentata durante un attacco di panico ma è cronica nel tempo, rendendo impossibile per il soggetto rilassarsi ed essere sereno. Lo stato di ansia continuo causa nella maggior parte delle persone un costante nervosismo con irritabilità, tensione muscolare, stanchezza fisica, difficoltà di concentrazione e memoria e disturbi del sonno. Non sono rari i casi in cui viene riferita sensazione di camminare in modo incerto e con un equilibrio poco stabile. Più frequentemente le preoccupazioni riguardano fatti e abitudini che appartengono alla vita di tutti i giorni. Possono quindi riguardare il lavoro, le faccende domestiche, questioni di natura economica, così come piccole incombenze o appuntamenti. Quali sono i sintomi del Disturbo d’Ansia Generalizzato (GAD) L’ansia psichica è accompagnata da sintomi dovuti all’attivazione del Sistema Neurovegetativo, cioè quella parte del Sistema Nervoso che non è sotto il nostro controllo cosciente e che innerva cute, muscoli, cuore, organi interni e le pareti dei vasi sanguigni. Ciò determina la comparsa di sintomi fisici come sensazione di freddo, bisogno frequente di urinare (pollacchiuria), sudorazione eccessiva per lo più a livello dei palmi delle mani, disturbi intestinali, “nodo alla gola” o mancanza d’aria, sensazioni strane come testa vuota e capogiri, tachicardia, palpitazioni, piccole aritmie e ipertensione. Molto frequentemente i pazienti riferiscono tensione muscolare localizzata soprattutto alle spalle e al collo, con dolori a livello cervicale anche dovuti alla tendenza, non consapevole, a serrare i denti. Questo disturbo è piuttosto comune e colpisce maggiormente il sesso femminile, circa il 60% dei malati sono, infatti, donne. Come in altri Disturbi d’Ansia è presente una predisposizione famigliare a sviluppare la malattia, più frequente nei soggetti che hanno un parente di primo grado affetto da Depressione o da Ansia. Il Disturbo d’Ansia Generalizzato è tendenzialmente cronico, ha un andamento http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 17 oscillante nel tempo con periodi di maggiore benessere e, a volte, anche periodi di remissione. Certamente la comparsa o l’aggravamento del disturbo sono più probabili in momenti di transizione particolari della vita o in momenti di crisi caratterizzati dalla necessità di fare scelte importanti. Questo disturbo non causa solitamente compromissione grave dell’attività lavorativa o delle relazioni interpersonali, quanto un disagio soggettivo che è il motivo per cui i pazienti richiedono l’aiuto del medico. La terapia del Disturbo d’Ansia Generalizzato (GAD) Il trattamento di questo disturbo dovrebbe prevedere l’integrazione di una terapia farmacologica, protratta per qualche mese, con un trattamento di tipo non farmacologico, come la psicoterapia o pratiche che favoriscano il rilassamento. E’ compito del medico psichiatra suggerire l’approccio più indicato per il singolo paziente, in relazione alla gravità e alla entità dei sintomi esposti e rilevati durante la visita. I farmaci di elezione sono i Serotoninergici o SSRI, cioè molecole che agiscono potenziando le vie nervose che usano il neuro-trasmettitore serotonina. Questi farmaci sono dotati di un’azione anti-ansia oltre al loro utilizzo come antidepressivi. Nelle prime settimane della terapia è sempre necessario associare al farmaco principale una benzodiazepina, questo perché l’effetto ansiolitico non è immediato ma richiede circa 4-6 settimane per comparire e consolidarsi e anche perché all’inizio i sintomi ansiosi possono lievemente peggiorare. La terapia a regime è solitamente ben tollerata e non dovrebbe determinare effetti collaterali disturbanti, soprattutto se si adatta bene la scelta della molecola sul singolo paziente. In alcune situazioni si possono utilizzare farmaci Beta-bloccanti che agiscono a livello periferico, quindi su quelli che sono i sintomi somatici come il tremore, la sudorazione, il rossore, le palpitazioni. La terapia non farmacologica è altrettanto importante, soprattutto allo scopo di rendere duraturi i risultati terapeutici dopo la sospensione del farmaco. Le scelte possibili sono la psicoterapia psicodinamica o cognitivo-comportamentale, di gruppo o individuale. La scelta della forma di terapia psicologica più indicata per il paziente dipenderà dal medico e da tutta una serie di valutazioni e approfondimenti che completano la conoscenza del paziente, del suo ambiente famigliare e http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 18 della sua vita presente e passata. Attraverso la psicoterapia il paziente può indagare, conoscere e correggere quegli aspetti psicologici disfunzionali che alimentano il suo sintomo ansioso. Anche le Tecniche di Rilassamento sono oggi molto usate per curare, a lungo termine, alcune forme di ansia. Sono oramai moltissimi gli studi scientifici che confermano la validità di queste pratiche nel modulare la risposta agli stimoli che provocano stress, inducendo delle vere e proprie modifiche strutturali a livello del cervello. L’ ottimo potenziale di quest’approccio sta anche nel fatto che è facile da apprendere ed è praticabile per conto proprio, a domicilio, risultando quindi anche economico. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 19 Gli Psicofarmaci nella terapia dell’ansia L’ansia è uno stato emotivo noto a tutti, chiunque può sperimentare nella sua esistenza situazioni o problemi che generano uno stato ansioso di preoccupazione mentale e di disagio fisico. Può anche essere un sintomo, spesso presente in molte forme cliniche di malattia psichiatrica o medica, ad esempio alcune forme di depressione sono accompagnate da evidenti sintomi ansiosi. Infine esiste il vasto capitolo dei Disturbi d’Ansia nei quali, ovviamente, questo sintomo caratterizza il quadro clinico, pur declinandosi in modi differenti. La Classificazione dei Disturbi d’ansia Disturbo da attacchi di panico; Agorafobia; Disturbo ossessivo-compulsivo; Fobia sociale; Disturbo post-traumatico da stress; Disturbo d’ansia generalizzato; Fobie e sindromi fobiche. | [email protected] E’ possibile rimanere in contatto tramite questi indirizzi: facebook.com/ studiopsichiatriaintegrata twitter.com/cristinaselvi linkedin.com/ cristinaselvi Si è portati a credere che l’ansia si curi esclusivamente con i calmanti, invece i http://www.cristinaselvi.it Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sui principali Social Networks. | Psichiatria 20 farmaci a disposizione del medico per curare il sintomo ansia, o un vero e proprio Disturbo d’Ansia, sono diversi: le benzodiazepine; gli antidepressivi; gli antipsicotici; gli anticonvulsivanti. Le benzodiazepine nella terapia dei Disturbi d’ansia Oggi parliamo delle Benzodiazepine. Questo è il nome scientifico di quei farmaci che sono normalmente conosciuti come ansiolitici o calmanti. Questi farmaci hanno azione ansiolitica ma anche ipnoinducente, miorilassante e anticonvulsivante e si utilizzano quindi anche in altre condizioni patologiche. E’ un gruppo composto da molte molecole diverse, che, sebbene abbiano tutte la stessa funzione, si differenziano per la durata di azione e cioè per il tempo che rimangono nell’organismo una volta assunti. La scelta tra le diverse benzodiazepine nella terapia dell’ansia Si distinguono benzodiazepine ad emivita lunga, che vengono eliminate lentamente dall’organismo, svolgendo la loro azione anche per 24 ore (ad es. En, Valium, Dalmadorm, Felison, Prazene), ad emivita intermedia (ad es. Xanax, Tavor, Lexotan) che vengono eliminate dall’organismo entro le 24 ore e ad emivita breve (ad es. Lendormin, Minias) che svolgono la loro azione soltanto per poche ore. L’emivita di un farmaco è un parametro molto importante che indica il tempo di durata di azione di un farmaco nell’organismo e varia notevolmente da molecola a molecola. Dall’emivita dipende non solo l’azione terapeutica ma anche gli eventuali effetti collaterali indesiderati. La scelta del farmaco più opportuno al singolo paziente e alla situazione clinica che presenta prevede quindi delle conoscenze specifiche, anche perché il metabolismo dei farmaci può subire importanti modifiche in alcune situazioni. Ad esempio alcuni di questi farmaci sono particolarmente controindicati negli anziani, nei quali i fenomeni di accumulo sono più frequenti a causa del metabolismo epatico rallentato fisiologicamente dall’età e anche da eventuali altre terapie assunte. Anche per i pazienti affetti da malattie epatiche o con alterata funzionalità del fegato e renale vanno scelte molecole con un’emivita media o breve. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 21 I possibili effetti indesiderati delle benzodiazepine, soprattutto quando non sono adeguatamente dosate, sono sonnolenza, astenia, disturbi della memoria e rallentamento psico-motorio. I meccanismi di azione delle benzodiazepine nella terapia dell’ansia Le benzodiazepine agiscono potenziando l’azione di un neurotrasmettitore che si chiama acido gamma-aminobutirrico o GABA e, fissandosi ai suoi recettori a livello dei neuroni, svolgono effetto sedativo. Le benzodiazepine rappresentano l’intervento sintomatico del fenomeno ansioso, controllano sia i sintomi psichici sia quelli fisici dell’ansia. Sono più adatte nelle forme di ansia acuta o anticipatoria, meno nelle forme di ansia cronica. L’utilizzo a lungo termine va valutato con attenzione dal medico curante. Il dosaggio e la durata del trattamento vanno individualizzate a seconda delle caratteristiche dell’ansia, di quelle del paziente e monitorando la risposta clinica. A scopo indicativo possiamo dire che un trattamento protratto per qualche settimana, purché monitorato, non genera problemi. L’utilizzo di questi farmaci è importante soprattutto nelle prime fasi del trattamento, quando è necessario ottenere un controllo sintomatico del disagio del paziente in attesa che altri farmaci svolgano la loro funzione. Questo perché i Disturbi d’Ansia si curano con i farmaci Serotoninergici i quali però hanno una latenza di azione di qualche settimana. Gli effetti indesiderati delle benzodiazepine nella terapia dell’ansia Molte persone a cui vengono prescritti questi farmaci temono il fenomeno della dipendenza. Come per tutti gli psicofarmaci c’è molto allarmismo, pregiudizio e mancanza di adeguata conoscenza e informazione. Va specificato che una terapia prescritta con criterio, quando è necessaria, dosata attentamente e monitorata periodicamente non può arrecare danni ma deve portare solo benefici, inoltre non causerà dipendenza, sempre se prescritta e assunta nel modo idoneo. Ad ogni modo la sospensione del farmaco deve avvenire in modo graduale e deve seguire dei criteri che dipendono dalla dose iniziale e dal tempo per il quale il farmaco è stato assunto, con queste accortezze non si avranno problemi di astinenza e il paziente sarà in grado di sospendere la terapia senza particolari difficoltà. Eventuali piccoli disagi svaniscono nel giro di pochi giorni. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 22 La sospensione brusca del farmaco, invece, può causare fenomeni di rebound come irritabilità, ansia, insonnia, tremori, sudorazioni e tachicardia. Anche questi comunque transitori e non pericolosi. Un buon utilizzo di questi psicofarmaci è di grande sollievo per il paziente che soffre di ansia e non può essere dannoso. Purtroppo capita spesso che queste medicine vengono utilizzate senza una prescrizione medica ma assunte per auto-somministrazione: in questo modo i possibili effetti indesiderati o i sintomi di astinenza e la dipendenza sono più frequenti. Le benzodiazepine possono provocare qualche lieve effetto indesiderato, più che altro all’inizio della terapia. I più frequenti sono sedazione, sonnolenza, debolezza muscolare, stanchezza fisica e diminuzione della memoria. Tutti questi effetti spariscono aggiustando la dose in base alla reattività individuale al farmaco, che è molto variabile da soggetto a soggetto. Le benzodiazepine sono farmaci molto maneggevoli e sicuri, anche l’intossicazione acuta da ingestione accidentale o volontaria non porta solitamente al decesso. L’utilizzo incongruo di questi farmaci può invece di diventare pericoloso se vi è un abuso concomitante di alcool o di altre sostanze che agiscono a livello del sistema nervoso centrale, come le sostanze stupefacenti assunte a scopo voluttuario. In questi casi di poli-abuso possono essere inibiti alcuni importanti centri cerebrali, soprattutto quelli che controllano la frequenza del respiro e ciò può portare a grave pericolo per la vita a causa della depressione respiratoria. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 23 I farmaci antidepressivi A cosa servono gli antidepressivi Questi farmaci, come indica il loro nome, sono utilizzati nella cura della depressione e della fase depressiva del disturbo bipolare. In verità sono molecole indispensabili anche nella terapia dei disturbi d’ansia. Gli attacchi di panico, il disturbo ossessivo-compulsivo, l’agorafobia e la fobia sociale sono tutte forme di ansia che devono essere curate con un farmaco antidepressivo. La regolazione del tono del neurotrasmettitore serotonina ha, infatti, in aggiunta all’effetto antidepressivo, anche un potenziale ansiolitico, anti-fobico e anti-ossessivo. Quali sono le classi più importanti di antidepressivi Gli antidepressivi più utilizzati nella pratica medica, oggigiorno, sono i Serotoninergici o SSRI (inibitori del re-uptake della serotonina). Questi sono farmaci molto maneggevoli che risolvono il più delle volte il quadro clinico. Nel caso in cui la risposta a questi non sia sufficiente, si possono utilizzare antidepressivi triciclici, ambedue queste classi di farmaci sono molto efficaci. Si predilige iniziare con i serotoninergici in quanto sono molecole di formulazione più recente che solitamente generano meno effetti collaterali e hanno poche controindicazioni. Esistono anche antidepressivi che agiscono sia sulla serotonina sia sulla noradre- http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 24 Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sui principali Social Networks. E’ possibile rimanere in contatto tramite questi indirizzi: facebook.com/ studiopsichiatriaintegrata twitter.com/cristinaselvi linkedin.com/ cristinaselvi nalina, chiamati SNRI (inibitori del re-uptake di serotonina e noradrenalina), di cui il più noto è la Venlafaxina, antidepressivo anch’esso molto valido ed efficace, se prescritto nelle giuste situazioni e al dosaggio corretto. In passato venivano usati anche altri tipi di farmaci a scopo antidepressivo ma il loro uso oggi è stato quasi completamente abbandonato, tra questi gli inibitori delle monoamino-ossidasi o IMAO, oramai in disuso per gli affetti collaterali e le possibili interazioni dannose, anche con alcuni cibi. Come funzionano gli antidepressivi Gli antidepressivi svolgono la loro azione terapeutica modulando e potenziando la disponibilità di alcuni neurotrasmettitori nello spazio inter-sinaptico, cioè in quel minuscolo spazio che divide un neurone dall’altro. Per aumentare la disponibilità di neurotrasmettitore utilizzano meccanismi differenti: possono influire sul rilascio, sul catabolismo, sulla ricaptazione e sull’attività del neurotrasmettitore. Gli SSRI, ad esempio, agiscono potenziando la trasmissione serotoninergica attraverso il blocco della ricaptazione della serotonina, lasciandone quindi una quantità maggiore a disposizione nello spazio tra una cellula nervosa e l’altra. Si intende per re-uptake il riassorbimento della molecola all’interno del neurone. I triciclici agiscono inibendo la ricaptazione di serotonina ma anche di adrenalina e dopamina.Gli IMAO, invece, agiscono inibendo l’azione degli enzimi che catabolizzano e cioè distruggono la molecola di neurotrasmettitore. I neurotrasmettitori implicati nella genesi della depressione e dei disturbi d’ansia sono diversi, modulare il tono di un neurotrasmettitore spesso influisce indirettamente sugli altri, alla fine si ottiene un buon equilibrio che porta alla risoluzione del quadro clinico. Quanto tempo è necessario per sentire l’effetto antidepressivo La caratteristica tipica di questi farmaci è di avere un tempo di latenza, cioè un certo numero di giorni necessari prima di poter avvertire l’effetto desiderato. E’ perciò molto importante informare il paziente che la terapia antidepressiva non ha un effetto immediato. Questi farmaci iniziano a dare i primi benefici in un periodo che va dalle due alle quattro settimane nella Depressione ma può essere anche più lungo nei Disturbi d’Ansia. Il paziente informato adeguatamente sarà più motivato a tollerare questo periodo di latenza senza preoccupazione. A volte può essere utile supportare il paziente, nelle prime fasi della terapia, con farmaci ad azione ansioliti- http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 25 ca o per favorire il sonno, che è spesso disturbato in queste situazioni. E’ buona regola rivedere il paziente a breve, dopo la prima prescrizione del farmaco, per valutare gli effetti collaterali e la risposta clinica e comunque fino a che il quadro clinico non sarà del tutto risolto. In seguito le visite potranno essere diradate nel tempo. Quali effetti collaterali possono causare gli antidepressivi Gli effetti collaterali più fastidiosi si manifestano solitamente all’inizio della terapia e tendono a regredire dopo il periodo di latenza necessario per avere l’effetto desiderato, quindi circa da 2 a 4 settimane. Inizialmente il paziente potrebbe riferire una leggera nausea e un lieve aumento dell’ansia. Questi effetti sono del tutto transitori e sono ben controllati se le dosi vengono aumentate con gradualità e il farmaco viene assunto a stomaco pieno. Effetti collaterali più duraturi possono essere la stipsi, l’aumento del peso corporeo, che è più frequente con alcune molecole e più raro con altre, il ritardo dell’eiaculazione. Nei soggetti con un’ipertrofia prostatica ancora non sintomatica ci può essere una maggiore difficoltà alla minzione. Altri possibili effetti sono l’ipotensione ortostatica e soprattutto con la venlafaxina un aumento della pressione arteriosa. Con i farmaci triciclici è possibile avere una riduzione della produzione di saliva e quindi secchezza a livello della mucosa della bocca. Alcuni farmaci che hanno un profilo più sedativo possono causare una sensazione di sonnolenza diurna. E’ necessario precisare che la giusta terapia non deve causare affetti collaterali disturbanti nella quotidianità del paziente, per questo motivo è importante monitorare che il singolo soggetto tolleri la terapia prescritta nelle prime fasi. Un eccesso di effetti collaterali può significare che quel paziente non sopporta quella specifica molecola e impone al medico di modificare la terapia. Questo è un’evenienza abbastanza comune, di facile riconoscimento e gestione per il medico specialista. Quanto deve durare la terapia con gli antidepressivi E’ importante che la terapia con antidepressivi venga prescritta al dosaggio corretto, non troppo alto da indurre effetti collaterali ma nemmeno troppo basso, con il rischio di non ottenere l’effetto desiderato. Inoltre la cura deve essere protratta per il giusto tempo, anche dopo la risoluzione del quadro clinico. Soltanto in que- http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 26 sto modo si possono avere risultati e mantenerli nel tempo. L’episodio depressivo si deve risolvere completamente altrimenti è più probabile una ricaduta. La terapia andrà proseguita per alcuni mesi e quindi ridotta per un periodo di mantenimento. Dopo la fase di attacco acuta e il mantenimento si potrà concludere la terapia, avendo cura di ridurre il farmaco seguendo i criteri clinici per non esporre il paziente ai sintomi da sospensione. Gli antidepressivi possono essere assunti insieme ad altri farmaci Nella pratica clinica è molto comune prescrivere antidepressivi a pazienti che stanno già assumendo terapie farmacologiche per altre patologie. Frequentemente i pazienti assumono farmaci, quotidianamente, per il controllo della pressione arteriosa o per problemi cardiaci. Altre patologie per le quali i pazienti sono spesso già in terapia sono l’ipertrofia della prostata, il glaucoma oculare, l’aumento dei livelli di glicemia o di colesterolo. Ovviamente il medico deve indagare ed essere informato adeguatamente sulla presenza di eventuali patologie o terapie già assunte dal paziente. In linea di massima le controindicazioni assolute sono molto poche. La terapia con più farmaci contemporaneamente può essere effettuata comunemente, scegliendo la molecola più adatta e monitorando attentamente i dosaggi del farmaco e gli effetti terapeutici o collaterali del singolo paziente. Eventuali terapie che dovessero rendersi necessarie durante l’assunzione dell’antidepressivo non solo solitamente controindicate, ad esempio antinfiammatori, antipiretici o antibiotici. Gli antidepressivi possono essere assunti in gravidanza Durante la gravidanza vale la regola di utilizzare il minor numero di farmaci possibile. E’ anche vero però che alcune situazioni di ansia e di depressione possono essere tanto intense da risultare a loro volta problematiche per lo svolgimento naturale della gravidanza, del parto e per la formazione di un buon legame tra la mamma e il suo bambino. Sarà quindi il medico specialista a valutare le situazioni in cui l’utilizzo del farmaco è adeguato e necessario. Gli studi più recenti segnalano che seguendo alcuni semplici criteri di sicurezza la terapia non determina danno al nascituro. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 27 Chi deve prescrivere gli antidepressivi Gli antidepressivi possono e devono essere prescritti soltanto da un medico. Se il medico di base ha una competenza in questo senso, potrà consigliare il paziente sulla terapia adatta, oppure sarà sempre il medico di base a fare da primo filtro, riconoscendo la presenza di un disturbo depressivo o ansioso e indirizzando il paziente verso lo specialista psichiatra. E’ necessario eseguire controlli prima o durante l’assunzione di antidepressivi E’ buona norma eseguire un elettrocardiogramma e la valutazione degli esami ematici di routine, in particolare la funzionalità epatica e renale, una volta all’anno. Queste precauzioni sono più che sufficienti e si rendono soprattutto necessarie nei soggetti anziani. Quando per la terapia si utilizzano antidepressivi triciclici va sempre eseguito un controllo elettrocardiografico annuale. Come si sospende la terapia con gli antidepressivi Seguendo alcuni semplici principi la sospensione di questi farmaci non deve generare problemi al paziente. La prima regola è sicuramente quella di ridurre il farmaco in modo graduale. La sospensione inoltre, non dovrebbe mai avvenire durante i cambi di stagione, specialmente in primavera e in autunno o se il paziente sta attraversando un momento complesso della propria esistenza come ad esempio un cambio di lavoro, un trasloco o difficoltà personali o relazionali. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 28 Gli Psicofarmaci in Gravidanza L’utilizzo di una terapia con farmaci antidepressivi può rendersi a volte necessaria durante la gravidanza. Questo accade soprattutto nelle donne che hanno già avuto episodi depressivi importanti nella loro vita o, più raramente, per la comparsa di depressione proprio durante la gestazione. Gli studi più recenti sono rassicuranti rispetto alla possibilità di curare la depressione farmacologicamente in questo particolare periodo della vita. Nell’ultimo decennio le conoscenze scientifiche su questo tema sono migliorate e si è passati da un atteggiamento giustamente molto cauto a una gestione più sicura della donna depressa in gravidanza e la prescrizione di farmaci per la depressione può non essere dannosa, se viene effettuata secondo precisi criteri. Queste terapie vanno comunque riservate ai casi di vera necessità e permettono una gravidanza non solo più serena ma anche più sicura e un post-partum privo di rischi. Valutazione dei rischi e dei benefici La decisione di prescrivere un antidepressivo deve basarsi su una corretta http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 29 valutazione dei rischi e dei benefici, ricordando che, se è bene non esporre il feto alla possibile azione dannosa di sostanze farmacologiche, è altrettanto accertato che una gravidanza vissuta durante un periodo di importante depressione può avere conseguenze dannose per il bambino stesso, oltre che per la madre e per la loro futura relazione, da cui deriva uno sviluppo psichico e fisico sano del bambino. Come per le altre forme depressive la causa scatenante è di tipo bio-psico-sociale, ciò significa che la depressione può scatenarsi per fattori di tipo biologico, in associazione o meno con fattori ambientali e personali, anche se solitamente nelle forme gravi che richiedono terapia farmacologica i fattori neurobiologici sono preponderanti. Il primo paramento da considerare è la gravità della depressione, cioè l’entità dei sintomi riferiti dalla paziente ma anche dei segni valutati dal medico psichiatra durante la visita. Forme di lieve o moderata entità, soprattutto se non vi è una storia pregressa di depressione, possono essere trattate con terapie di supporto psicologico. Nelle forme severe o ricorrenti, fortunatamente più rare, il trattamento farmacologico si rende necessario. Fattori da considerare nell’utilizzo degli psicofarmaci in gravidanza Se l’utilizzo del farmaco si rende indispensabile, bisogna considerare alcuni fattori importanti che avvengono nell’organismo della donna durante la gravidanza e che portano alla momentanea modifica del metabolismo dei farmaci. Durante la gestazione si raggiunge, infatti, una maggiore concentrazione di farmaco plasmatico, a parità di dosaggio assunto. Inoltre bisogna valutare la possibilità del passaggio di una sua parte nel sangue fetale attraverso il filtro placentare e le conseguenze che possono derivare al bambino. Esistono sostanzialmente due tipi di possibili effetti dannosi da considerare: il rischio di malformazioni (teratogenesi) e gli eventuali effetti tossici che possono essere indotti nel bambino. Ovviamente questi sono proporzionali al dosaggio del farmaco assunto e anche alla durata del trattamento, parametri su cui il medico dovrà vigilare con attenzione valutando la paziente e il quadro clinico con la frequenza adeguata. In linea generale i rischi di malformazione sono più probabili nei primi tre mesi di gravidanza, periodo in cui avviene la formazione degli organi e degli apparati, mentre negli ultimi mesi prevalgono i rischi legati agli effetti sul bambino, come anche i sintomi da astinenza dopo la nascita. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 30 In ultimo non va trascurata la grande importanza del monitoraggio di una donna in gravidanza che abbia avuto nella sua vita episodi di Depressione Maggiore poiché la probabilità di sviluppare una depressione post-partum è decisamente più elevata. Criteri di scelta e monitoraggio durante la terapia Nella depressione si utilizzano diverse classi di farmaci: antidepressivi triciclici, serotoninergici, benzodiazepine e stabilizzanti del tono dell’umore come i sali di litio, l’acido valproico e la carbamazepina. Alcuni sono sicuramente controindicati in gravidanza altri invece non hanno dimostrato problematiche statisticamente significative rispetto alle donne che non assumono terapia. In particolare, gli antidepressivi serotoninergici non hanno dimostrato rischi rilevanti. La somministrazione del farmaco deve avvenire solo nei casi più gravi, per il minor tempo possibile e al dosaggio minimo efficace. Possibilmente è preferibile una terapia con un solo farmaco, evitando le poli-terapie che invece si utilizzano spesso per risolvere l’Episodio Depressivo. Inoltre, l’attento e frequente monitoraggio ecografico e dei paramenti fetali e materni, può fornire informazioni importanti al medico ginecologo e allo psichiatra sull’andamento della gravidanza e sullo sviluppo del bambino, al fine di decidere rispetto alla terapia ed anche per rassicurare la mamma. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 31 http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 32 La Depressione nell’anziano La depressione nei soggetti di età superiore ai 65-70 anni è un evento piuttosto frequente ed è importante che venga diagnosticata e curata senza minimizzare il quadro clinico. Dai dati risulta, purtroppo, che solo una percentuale molto bassa di questi depressi riceve una diagnosi e un trattamento adeguati, intorno al 10%. Ciò è dovuto al fatto che la depressione nell’anziano è spesso caratterizzata da sintomi fisici più che psichici, e questo fatto limita la percentuale dei pazienti che ricevono un reale aiuto di tipo specialistico psichiatrico. Molti di loro affollano lo studio del medico di famiglia, segnalando una serie interminabile di sintomi o timori che riguardano il funzionamento del corpo. Invecchiamento e depressione L’invecchiamento è quasi invariabilmente associato dalla comparsa di patologie e alla riduzione di efficienza e di forza fisica e anche da un fisiologico indebolimento delle funzioni cognitive, tra cui soprattutto la memoria. Numerosi cambiamenti come il pensionamento, l’allontanamento dei figli dal nucleo famigliare, la vedovanza, rappresentano eventi di vita importanti e stressanti che possono causare timori di solitudine e tristezza. Ciò nonostante la Depressione Maggiore non va considerata come una normale evoluzione dell’invecchiamento, non va intesa come la fisiolo- http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 33 Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sui principali Social Networks. E’ possibile rimanere in contatto tramite questi indirizzi: facebook.com/ studiopsichiatriaintegrata twitter.com/cristinaselvi linkedin.com/ cristinaselvi gica conseguenza dei problemi fisici, relazionali e sociali che possono insorgere con il passare degli anni. La terapia farmacologica ben impostata non solo può risolvere la depressione ma è importante perché la presenza di un quadro depressivo influenza il decorso di altre possibili patologie fisiche e anche la motivazione del paziente ad assumerne i medicamenti in modo preciso e regolare. Inoltre, il rallentamento psichico, fisico e motorio che si associa normalmente alla depressione è particolarmente deleterio nell’anziano in quanto le possibilità di ripresa son ridotte e il recupero è spesso più lento e incompleto. Depressione, deterioramento cognitivo e comorbidità nell’anziano Gli anziani quasi invariabilmente soffrono di altre patologie internistiche in trattamento farmacologico, come ad esempio ipertensione, diabete, problemi cardio-vascolari, ipertrofia della prostata o malattie oculari come il glaucoma. Questo impone al medico di valutare con attenzione eventuali controindicazioni all’utilizzo del farmaco antidepressivo e di individuare quali molecole non interferiscano con quelle già assunte dal paziente. Inoltre, a volte, il paziente anziano può già presentare un certo grado di deterioramento cognitivo, legato ad alterazioni cerebrali e disturbi vascolari. Sono possibili situazioni para-fisiologiche più sfumate, fino a situazioni più francamente orientate verso un deterioramento patologico delle funzioni di memoria e concentrazione, anche per questo motivo è importante valutare il profilo del farmaco prescritto in modo da non influire ulteriormente sulle capacità cognitive già compromesse. Trattamento della depressione nell’anziano I farmaci antidepressivi di ultima generazione (SSRI o serotoninergici) sono i più indicati nel trattamento della depressione nell’anziano perché le loro proprietà li rendono maneggevoli per quanto riguarda il profilo degli effetti collaterali, delle controindicazioni e delle interazioni con gli altri farmaci eventualmente già assunti dal paziente. Soltanto in un secondo momento, se la risposta clinica non è adeguata, il medico valuterà la prescrizione di un antidepressivo di classe differente come i Triciclici. Questi sono farmaci molto noti e molto efficaci, purtroppo alcune volte non adatti http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 34 nell’anziano per la concomitanza di patologie che ne controindicano l’utilizzo. Certamente col passare degli anni l’organismo va incontro ad un rallentamento fisiologico dei processi metabolici a livello epatico e l’escrezione renale può essere anche rallentata. Per questo motivo i pazienti anziani tendono ad essere maggiormente esposti al rischio di effetti tossici e la terapia va iniziata a dosaggi bassi e aumentata con cautela, valutando il risultato terapeutico e la eventuale comparsa di effetti collaterali. Questi effetti sono dovuti al fatto che il farmaco non è attivo solo sui neurotrasmettitori e i recettori implicati nella comparsa della depressione ma anche su altri gruppi di recettori che sono responsabili degli effetti indesiderati. Gli studi stanno, infatti, cercando sempre più di creare molecole efficaci sempre più selettive sui recettori responsabili dell’effetto terapeutico. Le caratteristiche cliniche e sintomatologiche della depressione nell’anziano possono differire da quelle nel soggetto adulto, spesso il quadro clinico tende ad avere delle manifestazioni atipiche. Innanzitutto vi è una percentuale alta di forme cosiddette subcliniche o sub-sindromiche, difficili da riconoscere ma che possono purtroppo complicare anche il decorso delle malattie fisiche concomitanti, se non curate. Nell’anziano sono particolarmente frequenti i sintomi ansiosi, l’agitazione psichica con ideazione ipocondriaca e l’insonnia. A volte, anzi, rappresentano gli unici problemi lamentati dal paziente. Frequentemente sono riferiti dolori che non possono essere spiegati con alterazioni a livello anatomico. Una delle sedi più frequenti del dolore sono gli arti inferiori, a questo si associano sensazione di forte debolezza muscolare e problemi di deambulazione ed equilibrio. Altre manifestazioni tipiche sono quelli della sfera cognitiva e cioè disturbi dell’attenzione, della concentrazione e soprattutto della memoria. Frequenti le preoccupazioni fobiche per le proprie funzioni fisiche, come il ritmo sonno-veglia, i battiti cardiaci, l’evacuazione e, appunto, la deambulazione. La Pseudo-demenza Depressiva è una forma particolare di depressione dove prevalgono i deficit cognitivi che scompaiono quando l’antidepressivo risolve il disturbo dell’umore sottostante. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 35 Viceversa i sintomi depressivi possono rappresentare le prime manifestazioni all’esordio di una forma di demenza degenerativa. In questi casi, in cui la diagnosi differenziale è essenziale ai fini dell’impostazione terapeutica, è di grande importanza la collaborazione tra medico psichiatra e neurologo e la valutazione attraverso i test neuro-psicologici. La terapia della depressione nell’anziano rappresenta a volte una sfida per il clinico. Il tessuto del sistema nervoso, come tutti gli altri tessuti ed organi del corpo, va incontro con il passare degli anni a modifiche anatomiche micro e macroscopiche, ciò rende a volte il farmaco meno efficace nel risolvere la sintomatologia, mentre gli effetti avversi si possono presentare con maggiore frequenza. Concludo ribadendo che, nonostante le difficoltà nella diagnosi e nella terapia, è sempre determinante approfondire, in ambiente specialistico, se dietro agli aspetti ansiosi e psico-somatici che gli anziani spesso lamentano sia presente un quadro di depressione che andrà eventualmente sempre curato, pur con le dovute attenzioni. Se a volte non sarà possibile la completa risoluzione del quadro clinico, spesso una terapia ben condotta riduce notevolmente le sofferenze del paziente, sollevando e aiutando così anche il contesto familiare che si deve occupare di lui. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psichiatria 36 SEZIONE II Psicoterapia Il termine psicoterapia indica, in senso ampio, una modalità di cura che si basa sull’incontro tra due individui e che utilizza la parola e la comunicazione interpersonale, in un clima di alleanza terapeutica, per affrontare le difficoltà che il paziente porta alla attenzione del terapeuta. Esistono diversi modelli di psicoterapia. La Psicoterapia Psicodinamica agisce sul profondo e su aree inconsce del mondo psichico permettendo alla persona una più profonda conoscenza di sé, una maggiore consapevolezza del proprio disagio psicologico e delle sue origini. Mira a sviluppare un cambiamento stabile e 37 dott.ssa Cristina Selvi Milano - Piazza Gorini 6 strutturale che sostenga a lungo termine e risolva i conflitti psicologici alla base della sofferenza. La Psicoterapia Cognitivo – Comportamentale si indirizza maggiormente ad una modulazione dei sintomi at- E’ possibile rimanere aggiornati riguardo agli ultimi articoli scritti dalla dottoressa Cristina Selvi sull’argomento Psicoterapia tramite il Portale Web http://cristinaselvi.it traverso un approfondimento di modelli di pensiero e di comportamento che sono disfunzionali, analizza inoltre lo stile relazionale della persona e le emozioni negative che da esso derivano al fine di sviluppare migliori capacità interpersonali. Personalmente ritengo che, a parte alcuni specifici casi, debba esistere uno spazio di flessibilità tecnica che permetta di comprendere quali sono le vere esigenze del paziente in ogni momento del percorso di cura e quale tipo di approccio egli sia in grado di utilizzare con efficacia per il cambiamento verso il ben-essere. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 38 E’ inoltre possibile iscriversi gratuitamente, al servizio di Newsletter, per ricevere gli articoli dello Studio Psichiatria Integrata comodamente nella propria casella e-mail, il giorno stesso in cui vengono pubblicati. Psicologo o Psichiatra, chi può aiutarmi? Spero con questo breve articolo di potere essere di aiuto a chi si trova a vivere un momento delicato della sua vita, in cui ritiene di avere bisogno, o di desiderare, un aiuto per superare una difficoltà di ordine psicologico. Credo sia un’esperienza comune non sapere a quale dei diversi specialisti sia opportuno rivolgersi. “Meglio lo psicologo o meglio lo psichiatra? E lo psichiatra non sarà forse un po’ troppo, il medico dei matti. Forse sarebbe giusto che io mi rivolga al neurologo?”. Questi dubbi sono molto frequenti e anche legittimi perché c’è ancora poca informazione e, per le persone non addette ai lavori, non è facile conoscere i dettagli che caratterizzano gli specialisti della salute mentale. I professionisti che si occupano di aiutare le persone in queste circostanze sono diversi e ciascuno di loro ha svolto un percorso formativo con peculiarità uniche, che sono proprie della specifica professione. Essi dispongono di conoscenze tecniche diverse attraverso le quali aiutano, sostengono o curano chi vive un disagio della sfera psicologica, emotiva o psichica. Sono figure complementari, ciascuna ha cioè una sua area di competenza che può integrarsi a quella di un’altra, ma mai sostituirsi. Personalmente ritengo che ognuno di questi specialisti debba essere in grado di http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 39 Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sui principali Social Networks. E’ possibile rimanere in contatto tramite questi indirizzi: facebook.com/ studiopsichiatriaintegrata twitter.com/cristinaselvi linkedin.com/ cristinaselvi orientare la persona che si rivolge per un aiuto, cioè di ascoltarla e indirizzarla verso il professionista che utilizza il metodo di cura più adatto per quel singolo paziente. Ognuna di queste figure professionali dovrebbe essere quindi capace di riconoscere chi soffre di una problematica psichica, che va affrontata attraverso la prescrizione di una cura farmacologica o chi invece necessita di un approccio psicologico o psicoterapeutico. Innanzitutto sgombriamo il campo da alcune credenze profondamente inesatte da un punto di vista scientifico e terapeutico. Psicologo, psicoterapeuta, neurologo o psichiatra non sono professioni intercambiabili. Il procedimento di scelta del giusto professionista deve partire innanzitutto da un dato imprescindibile e importantissimo: la DIAGNOSI. Intendo, in questo contesto, il termine nel modo più ampio: può essere l’atto di rilevare la presenza di una malattia psichiatrica come la Depressione, il Disturbo da Attacchi di Panico o la Fobia Sociale, il Disturbo Bipolare o altre condizioni psicopatologiche di pertinenza medico-psichiatrica ma può essere anche inteso come il fare chiarezza e approfondire il contesto relazionale e i motivi che stanno alla base del disagio del paziente, inteso come colui che soffre, anche quando non è presente una malattia vera e propria. Dopo questa importante premessa cerchiamo di mettere in evidenza le differenze e le peculiarità di ciascuna professione. Lo Psicologo Lo Psicologo è un laureato in Psicologia che ha svolto il tirocinio pratico della durata di un anno e ha superato l’esame di stato. Solo dopo questi passaggi il laureato in psicologia è abilitato all’esercizio della professione di Psicologo. Può svolgere la sua attività nelle scuole, nelle aziende o in ambito sportivo. Si può occupare di diagnosi, sostegno e prevenzione o consulenze in situazioni di crisi o di cambiamento, quando però non sia evidente uno stato di psicopatologia. Lo psicologo svolge anche attività di ricerca o di didattica. Un successivo percorso di studi e di preparazione professionale permette a chi è psicologo di diventare Psicoterapeuta ed esercitare quindi la Psicoterapia. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 40 Lo Psichiatra Lo Psichiatra può essere esclusivamente un laureato in Medicina e Chirurgia, che ha superato l’esame di stato ed è iscritto all’Ordine dei Medici. Può essere specializzato in Psichiatria o avere acquisito la specifica di Psichiatra attraverso un percorso di attività clinica e di formazione valutato e riconosciuto dall’Ordine dei Medici. Lo psichiatra è l’unica figura professionale che ha la competenza e il titolo per prescrivere i farmaci specifici per curare i Disturbi d’Ansia, la Depressione, il Disturbo Bipolare, la Schizofrenia o altre situazioni cliniche che richiedano una terapia farmacologica. Essendo un medico, lo psichiatra, può inoltre diagnosticare quelle situazioni in cui i sintomi depressivi o ansiosi sono secondari a problemi tiroidei o di origine cardiaca o altre patologie mediche che possono generare sintomi di tipo psichico. Lo psichiatra, secondo il suo orientamento (biologico/dinamico) e dell’approccio di cura che ha scelto, potrà curare con farmaci o con la psicoterapia. Ovviamente può anche avere completato una preparazione specifica in ambedue queste discipline. Potrà inoltre avvalersi della collaborazione di un collega psicoterapeuta nel caso non eserciti lui stesso questa professione. Lo Psicoterapeuta Possono diventare Psicoterapeuti i laureati in Medicina e Chirurgia o in Psicologia che abbiano superato i rispettivi esami di stato e siano iscritti ai relativi Ordini Professionali. Ambedue devono avere anche terminato un percorso di preparazione professionale, teorica e pratica, che comprende anche l’avere terminato un periodo di terapia personale, chiamata Analisi Didattica, allo scopo di conoscere e risolvere i propri conflitti psicologici o le proprie difficoltà, facendo un’esperienza diretta del lavoro di analisi. Inoltre è previsto che, per un certo periodo, lo psicoterapeuta in formazione condivida con un collega più esperto la valutazione di alcuni casi clinici, in gergo si chiama supervisione dei casi clinici. Ovviamente le supervisioni possono poi continuare o rendersi necessarie in alcuni momenti della propria pratica clinica e questo spesso avviene nei casi in cui, durante la terapia, si creino dinamiche o difficoltà sulle quali il terapeuta desidera confrontarsi. La richiesta di supervisioni non è segno di scarsa capacità professionale ma anzi è indice di serietà ed è una prassi comune che contraddistingue un professionista attento e responsabile. Esiste presso gli Ordini professionali un Elenco degli Psicoterapeuti attraverso il quale è possibile http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 41 saper se il professionista cui ci si rivolge possiede il titolo di Psicoterapeuta. Esistono diversi orientamenti di psicoterapia che differiscono per il loro costrutto teorico e per gli aspetti tecnici della pratica clinica e ciascuno dei quali ha indicazioni precise. Lo Psicoanalista Lo Psicoanalista è a tutti gli effetti uno psicoterapeuta. La distinzione riguarda, in parte, la cornice della terapia, quella che viene definita come setting e cioè il numero di sedute settimanali e la durata della terapia, che sono solitamente maggiori nella psicoanalisi. Inoltre il paziente spesso è sdraiato sul lettino invece che seduto di fronte al terapeuta. Differisce anche per alcune modalità tecniche che sarebbe troppo complesso da spiegare in questa sede. Lo psicoanalista applica una forma più complessa di psicoterapia che indaga soprattutto i conflitti inconsci del paziente. Ciò non significa che la psicoanalisi sia più efficace di altre forme di psicoterapia ma vale il principio enunciato prima, ogni forma di terapia va valutata attentamente in base alle indicazioni per quel singolo individuo e il problema che sta vivendo. Anche lo psicoanalista deve sottoporsi alla sua Analisi personale Didattica. Il Neurologo Il Neurologo è un laureato in Medicina e Chirurgia, specializzato in Neurologia. Si occupa di patologie in cui vi è un’alterazione organica e non solo funzionale del Sistema nervoso Centrale o Periferico. Le più note patologie di pertinenza neurologica sono: le Cefalee, l’Epilessia, i Disturbi della Memoria, le Demenze senili, il Morbo di Parkinson, il Morbo di Alzheimer, la Sclerosi Multipla e patologie vascolari come ictus e la Demenza su base vascolare. Tutte quelle situazioni in cui i sintomi sono causati da alterazioni anatomiche del tessuto nervoso e dei nervi. A volte il medico neurologo può trattare anche patologie di pertinenza psichiatrica come la Depressione o i Disturbi del Sonno. Ciò è dovuto al fatto che, fino ad alcuni anni fa, esisteva la specialità di Neuropsichiatria chencomprendeva sia lo studio delle patologie oggi di pertinenza neurologica che quelle di pertinenza psichiatrica. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 42 Attualmente, invece, i due percorsi di studio sono distinti anche se qualche specialista neuropsichiatra può essere esperto nella cura dei disturbi psichiatrici. Inoltre persiste ancora una diffusa resistenza a rivolgersi al medico psichiatra che viene erroneamente considerato lo specialista che cura soltanto le situazioni più gravi di disagio psichico, come le psicosi schizofreniche. In alcuni casi, invece, può essere importante la collaborazione tra neurologo e psichiatra nella fase di diagnosi, poiché esistono patologie neurologiche che esordiscono con sintomi della sfera psichica e, al contrario, una forma particolare di depressione nota come Pseudodemenza depressiva, che pur mimando i sintomi di una demenza senile è una malattia di pertinenza psichiatrica. Basandosi sulla oramai accertata ipotesi BIO-PSICO-SOCIALE dei disturbi psicologici e psichiatrici, possiamo concludere affermando che, nella maggior parte dei casi, un intervento integrato di psicoterapia associata ad una adeguata terapia farmacologica rappresenta l’approccio di cura più efficace e risolutivo. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 43 Il Disturbo Ossessivo Compulsivo Cosa è il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla presenza di sintomi chiamati ossessioni e compulsioni. A causa della loro intensità e frequenza questi disturbi causano un importante e grave disagio soggettivo e interferiscono con lo svolgimento normale delle attività quotidiane, influenzando negativamente il funzionamento sociale, familiare e lavorativo. Le Ossessioni sono idee, pensieri o immagini che compaiono alla mente del paziente in modo improvviso e involontario, causando un profondo disagio sia per la loro intrusività sia, a volte, per il contenuto che può essere fonte di imbarazzo o paura. Alcuni esempi possono essere il timore ossessivo di essere contaminati toccando qualcosa o qualcuno, la paura di aggredire qualcuno o di non poter controllare l’impulso di dire parole oscene in pubblico, immagini o pensieri a sfondo sessuale ricorrenti e non desiderati. Le Compulsioni sono comportamenti maniacali e azioni ripetitive alle quali il paziente non può resistere se non sperimentando una forte ansia. A volte sono contenuti mentali quali ad esempio pregare, fare calcoli, ripetere mentalmente alcune parole o contenuti ritenuti imbarazzanti e sconvenienti come bestemmie o parolacce. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 44 La dott.ssa Cristina Selvi scrive settimanalmente articoli informativi sul portale online. cristinaselvi.it E’ possibile ricevere gli articoli dello Studio Psichiatria Integrata comodamente nella tua casella e-mail, il giorno stesso in cui vengono pubblicati. Puoi cancellarti dal servizio quando vuoi. Se il paziente cerca di resistere ai comportamenti compulsivi o ai pensieri ossessivi, proverà una profonda sensazione di ansia e di disagio psichico. Tra le compulsioni più frequenti vanno segnalati i rituali di pulizia associati a pensieri ossessivi di contaminazione e timori fobico-ossessivi dello sporco. Questi sintomi inducono i pazienti a lavare o disinfettare se stessi, gli oggetti o l’ambiente in cui abitano in modo eccessivo. Spesso è possibile riscontrare danni cutanei causati dall’ossessivo lavaggio e uso di detergenti aggressivi per la pelle. Il più delle volte per questi pazienti è assolutamente impossibile recarsi in bagni pubblici o lo fanno solo ricorrendo a tutta una serie di strategie per non toccare le maniglie o i rubinetti e comunque con grande preoccupazione. Altrettanto difficile è toccare denaro o stringere la mano altrui. Frequenti sono le ossessioni dubitative che riguardano l’aver chiuso i rubinetti dell’acqua, del gas o la porta di casa, cui fanno seguito rituali in cui il paziente può sentirsi obbligato a controllare numerose volte, ad intervalli precisi di tempo e a volte eseguendo sempre la stessa sequenza ripetitiva di movimenti che si devono susseguire in modo assolutamente preciso e sempre uguale. Alcuni pazienti presentano ossessioni numeriche e quindi un bisogno continuo di svolgere calcoli mentali, che devono riprendere da capo se interrotti per qualsiasi motivo. Particolarmente angosciante è la paura di commettere azioni aggressive o lesive. Si tratta di ossessioni in cui il timore è di poter fare del male a qualcuno o anche a sé stessi. Spesso questi pazienti non possono tenere in casa coltelli da cucina, temono particolarmente recarsi sul balcone di casa o vicino alle finestre per il timore di non poter controllare l’impulso a farsi del male, nei casi più gravi è persino impossibile sollevare le tapparelle. Frequenti anche i pensieri ossessivi e i rituali legati al bisogno di avere gli oggetti in un determinato ordine simmetrico e il disagio estremo provato quando questo criterio di precisione viene alterato o non può essere raggiunto. Esiste una rara forma che viene definita Lentezza Ossessiva Primaria. I pazienti affetti da questa grave condizione necessitano tempi estremamente dilatati, lunghissimi, per compiere le primarie funzioni quotidiane come alzarsi, lavarsi, vestirsi e svolgere la cura di base del proprio ambiente. Ogni azione e attività deve essere eseguita con modalità precise, ossessivamente puntigliose, tanto da occupare mentalmente e fisicamente un grande numero di ore quando non la maggior parte della giornata. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 45 Con il termine di “insight” si intende il livello di consapevolezza che il paziente ha della propria malattia e della reale interferenza che essa esercita sul suo funzionamento sociale, familiare e lavorativo. Il grado di “insight” nei pazienti ossessivo-compulsivi è variabile e nelle forme più gravi può essere nullo. Non tutti i pazienti, quindi, hanno consapevolezza della malattia, per alcuni di loro può essere particolarmente difficile riconoscere i propri rituali e le proprie idee come esagerati e irragionevoli e dovuti ad un disturbo. Spesso in questi casi sono i famigliari e le persone che vivono accanto a loro a chiedere un parere e un aiuto medico. Frequentemente il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) compare in età precoce, anche in infanzia o in adolescenza. Ha un andamento per lo più cronico, con fasi di parziale remissione o riacutizzazione, anche se sono possibili casi in cui la sintomatologia è fluttuante con periodi di totale remissione. Come si cura il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo è stato in passato considerato una malattia mentale difficile da curare e spesso non sensibile al trattamento. Negli ultimi anni la ricerca clinica ha molto migliorato la conoscenza del DOC e la conseguente terapia e oggi esistono diverse strategie di cura, spesso efficaci. Innanzitutto va precisato che il Disturbo-Ossessivo ha sempre bisogno di terapia farmacologica. Sebbene la terapia cognitivo-comportamentale sia il più delle volte indicata in associazione al farmaco, non è possibile né corretto prescindere da un periodo di cura con i farmaci. Come abbiamo in precedenza detto il DOC è un disturbo d’ansia, ciò nonostante per la sua terapia farmacologica si utilizzano molecole dotate anche di azione antidepressiva, in sostanza Depressione e Disturbi d’Ansia si curano con gli stessi farmaci. I farmaci che si usano per la terapia del Disturbo Ossessivo agiscono tutti potenziando la presenza di serotonina nello spazio inter-sinaptico, cioè tra una cellula nervosa e l’altra. Il primo farmaco che è stato riconosciuto dotato di una potente funzione anti-ossessiva è la clomipramina. Questa molecola appartiene ad una classe di antidepressivi chiamati triciclici, farmaci molto conosciuti e molto efficaci. I triciclici presentano però un profilo di effetti indesiderati collaterali a volte disturbante per il paziente, ciò può indurre alcuni a non assumere il farmaco regolarmente o addirittura a sospenderlo, soprattutto perché l’effetto anti-ossessivo si ottiene a dosaggi http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 46 tendenzialmente elevati e protratti per periodi relativamente lunghi. Più recentemente sono stati introdotti in terapia altri farmaci dotati di azione sul neurotrasmettitore serotonina, noti con il nome di serotoninergici o SSRI. Alcuni farmaci appartenenti a questa classe si sono dimostrati particolarmente efficaci nella cura del Disturbo Ossessivo-Compulsivo essendo spesso meglio tollerati rispetto alla clomipramina. Gli studi effettuati negli anni hanno evidenziato alcune differenze nell’efficacia dei farmaci appartenenti a questa categoria, la Fluvoxamina sembra il più valido tra questi nella cura del DOC. Ciò non significa che gli altri non abbiano effetto anti-ossessivo ma la percentuale di pazienti che rispondono è minore. Il dosaggio di fluvoxamina necessario per ottenere una buona risposta terapeutica è solitamente levato e comunque spesso superiore a quello necessario per curare la depressione, intorno ai 250-300mg. A volte, quando la risposta al farmaco non è sufficiente, il medico potrà valutare l’associazione con altre molecole che abbiano un’azione adiuvante, cioè che aiutino potenziando l’effetto del farmaco principale, tra queste i sali di litio e gli antipsicotici atipici o di nuova generazione. Una volta ottenuta la risoluzione dei sintomi, il paziente dovrà protrarre la terapia a dosaggio pieno per alcuni mesi e in un successivo momento si potrà passare alla terapia di mantenimento, con lo stesso farmaco a dosaggio ridotto. In questo modo si assicura l’effetto anti-ossessivo e si possono ridurre quegli effetti collaterali che non si siano risolti dopo i primi mesi di terapia. Ricordo comunque che il trattamento del disturbo ossessivo prevede e necessita una terapia integrata, dove accanto al farmaco il medico consigli un approccio di psicoterapia al fine di imparare tecniche di gestione del pensiero ossessivo e del comportamento compulsivo che ne consegue che migliorino la sintomatologia e quindi la qualità di vita del paziente. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 47 Il malato immaginario In anatomia il termine ipocondrio è utilizzato per identificare una parte dell’addome, da ciò ha origine della parola ipocondria, che ci segnala quanto frequenti siano i sintomi a carico dall’apparato gastrointestinale che hanno una genesi di tipo psicologico. Il paziente ipocondriaco è preoccupato, o convinto, di soffrire di una malattia fisica, costantemente concentrato sui messaggi che percepisce dal corpo e che interpreta in modo negativo; qualsiasi percezione, anche fisiologica e normale, genera la preoccupazione che si tratti del sintomo di una grave malattia. Questo modo di pensare al proprio corpo come malato o come potenzialmente incline ad ammalarsi, permane nonostante le numerose rassicurazioni fornite da medici specialisti, visite mediche o esami diagnostici. L’ansia persiste nonostante il paziente possa, a volte, comprendere l’infondatezza di tanta preoccupazione. Più tipicamente nell’ipocondria il paziente è non è assolutamente in grado di riconoscere che la sua preoccupazione è infondata e irragionevole. Le persone ipocondriache sono allarmate da ogni piccola sensazione fisica come un lieve “dolore”, spesso sono soltanto fisiologiche sensazioni propriocettive di cui non siamo consapevoli e che rimangono al di sotto del livello di coscienza. E’ caratteristico il bisogno ossessivo di controllare la ritmicità del proprio battito cardiaco e la funzione del cuore in genere, il paziente può essere preoccupato da un banale http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 48 Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sui principali Social Networks. E’ possibile rimanere in contatto tramite questi indirizzi: facebook.com/ studiopsichiatriaintegrata twitter.com/cristinaselvi linkedin.com/ cristinaselvi raffreddore o per disturbo intestinale. Frequente è anche una focalizzazione e un controllo esagerato delle funzioni evacuative. Un’altra manifestazione dell’ansia ipocondriaca è la paura o la convinzione di avere una parte del corpo fragile e delicata (schiena, gola, intestino, bronchi) e la conseguente paura di potersi ammalare più facilmente degli altri. Questi soggetti per esempio tendono ad evitare viaggi e spostamenti, o ad affrontarli con disagio, qualcuno può evitare di andare a mangiare al ristorante, possono essere preoccupati dalle condizioni del tempo per il timore che possa aggravare il loro stato di salute. Queste persone avranno quindi un modo di affrontare la propria ansia che va dall’eccessiva prudenza fino all’evitamento vero e proprio di tutta una serie di situazioni da loro ritenute potenzialmente pericolose e dannose. Nei casi gravi i pazienti possono spendere molto tempo (e denaro) per visite e consultazioni mediche, possono sottoporsi a diversi controlli strumentali ed esami anche invasivi, che, per quanto negativi, non sono mai risolutivi sull’ansia del paziente che difficilmente si placa ma piuttosto si sposta da una parte del corpo ad un’altra. Sono pazienti che tendono a recarsi con notevole frequenza dal proprio medico di famiglia o anche al pronto soccorso, soprattutto per preoccupazioni che riguardano la possibilità di avere un infarto. Per alcuni di loro, anche soltanto sentire parlare di malattie o di qualcuno che conoscono che si è ammalato, rappresenta fonte di angoscia. Frequentemente i pazienti che soffrono di questa forma di ansia sperimentano un certo livello di preoccupazione anche per quanto riguarda la salute delle persone a loro care. Vanno considerate come una forma d’ipocondria anche quelle situazioni in cui il timore di scoprirsi ammalato fa sì che alcune persone tendano a rifiutare o ritardare di rivolgersi al medico, evitando di eseguire gli esami necessari e consigliati. Le cause dell’ipocondria La fobia delle malattie può essere causata da esperienze traumatiche e non elaborate, come una malattia importante nella propria infanzia o la malattia di una figura di riferimento. Anche la morte di un genitore durante l’infanzia può esporre ad un maggiore probabilità di sviluppare questa forma di ansia. Importante nella genesi di questo disturbo è anche il clima familiare. Frequentemente queste persone sono cresciute con genitori a loro volta ansiosi e con un atteggiamento di eccessivo controllo e ipervigilanza, sono genitori che tendono a comunicare messaggi, verbali e non, di pericolo per la salute e di prudenza ecces- http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 49 siva, inducendo nel figlio la percezione di essere fragile e costantemente in pericolo. Come si cura l’ipocondria L’ipocondriaco presenta un deficit dei processi di mentalizzazione, cioè della capacità di pensare e di dare un nome alla suo disagio emotivo, che quindi somatizza, esprime cioè attraverso il corpo, per questo motivo può rifiutare a lungo di considerare o accettare l’ipotesi di rivolgersi ad uno psichiatra. La terapia deve prevedere sempre un approccio integrato farmacologico e una psicoterapia. Spesso il malessere del paziente è talmente radicato e marcato che la psicoterapia non può avere effetto se non si cura inizialmente questa forma di ansia con i farmaci. Solo più avanti, quando il paziente avrà stabilito una relazione terapeutica di fiducia e sostegno, si potrà iniziare a rimodulare e ridurre la terapia farmacologica. Da un punto di vista medico l’ipocondria si cura con farmaci serotoninergici, che regolano la disponibilità di questo neurotrasmettitore, potenziando la sua azione. Non tutti i serotoninergici sono ugualmente validi in questo disturbo, è preferibile scegliere una molecola con un profilo non troppo attivante ma piuttosto lievemente sedativo, come la paroxetina o la fluvoxamina. Come in tutti i disturbi d’ansia la risposta clinica è buona ma richiede un tempo di latenza di 4/6 settimane, durante le quali il paziente deve essere ben supportato dal terapeuta e, talvolta, con la prescrizione di benzodiazepine ad azione ansiolitica. Uno dei problemi più frequenti che il medico psichiatra incontra nel motivare questi pazienti ad assumere la terapia, è proprio il loro timore che anche le medicine possano nuocere al loro organismo. La psicoterapia è un’indicazione assoluta in questa patologia, soprattutto nei soggetti giovani in cui è ancora possibile un cambiamento della struttura fobico-ossessiva. L’obiettivo è di rendere il paziente consapevole dei conflitti che stanno alla base del disagio somatizzato e anche di modificare i modelli di pensiero e d’interpretazione dei messaggi corporei. Anche tecniche di gestione dell’ansia sono utili e quindi possiamo dire che la terapia migliore dovrebbe contenere sia tecniche volte al riconoscimento di conflitti inconsci e tecniche di tipo supportivo e cognitivo-comportamentale, quindi un modello di terapia non rigido ma che si adatti di seduta in seduta al bisogno e alla capacità del singolo paziente. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 50 Per questi soggetti sono molto efficaci esperienze che li portino ad usare il loro corpo in modo attivo e consapevole, come le pratiche di yoga, pilates, tecniche di rilassamento e in generale ogni sana attività fisica che permetta loro di prendere contatto con il loro corpo come generatore di benessere e non soltanto di malattia o preoccupazione. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 51 Il Disturbo Evitante di Personalità La personalità in psichiatria è definita come l’insieme dei modi con cui percepiamo e viviamo la realtà, consideriamo le altre persone e noi stessi, il nostro modo di metterci in relazione con il mondo esterno e di reagire alle difficoltà della vita, intese sia sul piano concreto sia sul piano emotivo e affettivo. E’ la risultante del temperamento, che è innato, e di ciò che accade in noi attraverso gli innumerevoli eventi con i quali ci confrontiamo dal giorno stesso in cui veniamo al mondo. A volte il processo di costruzione della personalità non avviene in modo adeguato o completo, dando luogo a tratti della personalità troppo rigidi e poco efficaci. Sebbene si confrontino con notevoli difficoltà, è impossibile per questi soggetti modificare i propri schemi di pensiero, cui fanno seguito comportamenti spesso disfunzionali e inadatti. Un soggetto con una personalità adeguatamente strutturata sarà invece capace di modificare il proprio stile affettivo, cognitivo o di comportamento in base alle difficoltà o alla situazione che incontra. Quando questo genera evidenti sofferenze soggettive e relazionali, che si ripetono simili nel tempo, si può ipotizzare l’esistenza di un Disturbo di Personalità. I Disturbi di Personalità generano difficoltà nelle relazioni con gli amici, i fami- http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 52 Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sui principali Social Networks. E’ possibile rimanere in contatto tramite questi indirizzi: facebook.com/ studiopsichiatriaintegrata twitter.com/cristinaselvi linkedin.com/ cristinaselvi gliari e con i colleghi di lavoro e queste a loro volta espongono maggiormente queste persone allo sviluppo di Depressione, Disturbi d’Ansia e Disturbi Alimentari. Questi soggetti possono anche essere inclini all’abuso di alcol, di farmaci o di sostanze stupefacenti, allo scopo di lenire le emozioni sgradevoli che si generano nella loro vita. Il Disturbo Evitante di Personalità è grave e invalidante, se non curato limita notevolmente la vita e l’autonomia della persona che ne soffre ed è spesso associato ad altri disturbi di natura psichiatrica. E’ caratterizzato dall’estremo timore del giudizio negativo, della critica e dell’esclusione e da un profondo senso d’inferiorità e disistima. Queste persone sentono di essere poco interessanti e di non avere quindi nulla da condividere con l’altro. Faticano a condurre una conversazione per la convinzione di possedere idee di scarso valore, i loro pensieri, desideri e punti di vista non possono essere condivisi ed esposti per l’estremo timore della critica. Sono soggetti che desiderano profondamente il contatto sociale ma provano una intensa ansia nell’esporsi.mStare in mezzo alle persone genera a questi soggetti uno stato di forte imbarazzo e di ansia sociale, per certi aspetti la sintomatologia è sovrapponibile a quella della Fobia Sociale. Questi pazienti sono convinti che incontreranno solo rifiuto e giudizio negativo e che ciò li esporrà a sentimenti d’imbarazzo e vergogna. In questa situazione d’isolamento le persone affette da questo disturbo tendono a sviluppare interessi che possono essere vissuti da soli, come la lettura, i lavori manuali o il collezionismo. Oggi è frequente che stabiliscano relazioni virtuali attraverso il social network, sebbene, nei casi più gravi, anche l’esposizione protetta via internet possa essere troppo ansiogena. Nonostante questi meccanismi di difesa relativamente evoluti, che consentono a questi soggetti di sperimentare sensazioni positive, il senso di deprivazione e di esclusione può determinare vissuti di vuoto, tristezza e di solitudine che sono poi l’innesco per la depressione. Le relazioni con i famigliari più intimi rimangono le uniche fonti di rassicurazione e di contatto e sono spesso improntate a dipendenza. Le cause del disturbo evitante di personalità E’ ipotizzabile un substrato genetico, un’inclinazione biologica ad essere particolarmente intimoriti dalle situazioni sconosciute, che non viene gestita in modo adeguato dal contesto famigliare durante l’infanzia e si cronicizza, invece di attenuarsi attraverso l’acquisizione di competenze sociali. Da bambini questi soggetti sono stati poco sostenuti nell’affrontare ed imparare tutte le competenze relazionali necessarie quando, crescendo, ci si deve confrontare con il mondo sociale. Spesso questi pazienti hanno avuto esperienze infantili caratterizzate da un am- http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 53 biente poco accogliente e più incline alla critica e al giudizio negativo o anche alla distanza affettiva. I genitori sono stati rigidi ed esigenti e fortemente preoccupati di dare un’immagine sociale di sé e del figlio non criticabile in alcun modo. La terapia del disturbo evitante di personalità La richiesta di trattamento si determina quando i sintomi di ansia sociale diventano troppo forti o compare la depressione da isolamento. Più raramente la richiesta scaturisce da una consapevolezza di un loro modo disfunzionale di affrontare le relazioni interpersonali. Spesso i meccanismi di difesa rispetto al dolore inducono questi pazienti a proiettare le colpe dei loro fallimenti e della loro solitudine sull’ambiente esterno: “sono gli altri che non mi capiscono, non mi interessa quello di cui parlano o come trascorrono la loro vita, mi annoio e non voglio essere obbligato a trascorrere il mio tempo con loro”. La terapia psicologica più indicata è di tipo individuale. Solo in un secondo momento può essere consigliato per questi pazienti partecipare a sedute di gruppo, ad esempio di skill-training o training di assertività, per l’acquisizione di migliori competenze sociali. La terapia dovrebbe avere lo scopo di mettere a contatto queste persone con i motivi che, nella loro storia di vita, hanno determinato il loro disturbo e deve contenere tecniche di ristrutturazione del pensiero e del comportamento. Questi pazienti devono imparare a riconoscere in modo corretto l’atteggiamento degli altri nei loro confronti, diventando consapevoli del fatto che la disapprovazione o la critica sono solo una delle possibili realtà con le quali si possono confrontare nella relazione. Sono importanti le tecniche graduali di esposizione sociale, da applicare quando il paziente è in grado di tollerare eventuali possibili frustrazioni o critiche, interpretandole con un assetto cognitivo differente. Ad ogni modo il trattamento del paziente evitante richiede lunghi periodi di psicoterapia, ipotizzabili in qualche anno di cura regolare. La terapia farmacologica può aiutare, sebbene ovviamente non abbia alcun effetto sulla personalità del paziente. Lo scopo è di ridurre i sintomi che derivano dall’ansia sociale, grazie al fatto che alcuni antidepressivi serotoninergici possono migliorare gli aspetti fobico-sociali, diminuendo la sensibilità all’imbarazzo e la vergogna. Altre volte la terapia farmacologica si rende necessaria per trattare la depressione che consegue all’isolamento e alle difficoltà nel costruirsi un contesto sociale piacevole e supportivo. In alcune circostanze questi pazienti possono essere supportati con benzodiazepine, ad esempio in momenti specifici di esposizione a situazioni solitamente evitate.Per questo obiettivo possono essere anche utilizzati i B-bloccanti http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 54 grazie loro potere sui sintomi periferici dell’ansia come il tremore, la sudorazione e il rossore. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Psicoterapia 55 SEZIONE III Omotossicologia La Medicina Omotossicologica è l’evoluzione moderna dell’Omeopatia, basata su evidenze scientifiche e sulle attuali conoscenze biochimiche e biofisiche dell’organismo umano. E’ stata di recente riconosciuta dall’Ordine dei Medici di Milano come una delle sette Medicine Non Convenzionali dotate di efficacia terapeutica comprovata da studi scientifici. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 56 Molte situazioni che presentano una sintomatologia psichica associata ad un corredo di sintomi fisici sono trattabili attraverso questa strategia che si fonda su principi di base che fanno da ponte tra la Medicina Omeopatica e la Medicina Accademica. Condizioni mediche quali la Sindrome Premestruale, la Menopausa, la Sindrome del Colon Irritabile, alcuni tipi di cefalea, stanchezza cronica non attribuibile ad alcuna causa medica, la Fibromialgia, possono essere trattate con un approccio di tipo omotossicologico. Mentre le terapie tradizionali si indirizzano maggiormente al controllo e alla soppressione del sintomo, l’ Omotossicologia mira a stimolare e a ripristinare le condizioni fisiologiche dell’organismo e la sua capacità di autoguarigione, al fine di prevenire l’insorgenza della malattia. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 57 Il sito internet www.psichiatriaintegrata.it ha deciso di aderire a Zero Impact Web e fare la sua parte per contrastare il riscaldamento globale. Le emissioni derivanti dalle vostre visite verranno compensate attraverso la creazione e tutela di foreste in crescita. É una piccola azione che se fatta da molti aiuta a creare consapevolezza e fare del bene all’ambiente. E soprattutto vi permette di navigare tra le pagine in piena tranquillità! Non tutte le situazioni di Depressione ed Ansia possono essere trattate con questa metodica e la base di una terapia efficace rimane sempre e comunque una diagnosi iniziale corretta. In psichiatria questo approccio può essere molto utile nella fase di riduzione e di sospensione della terapia allopatica, allo scopo di mantenere lo stato di benessere e ridurre l’utilizzo di terapie che, se in alcune fasi della malattia sono indubbiamente utili, dall’altra sovraccaricano gli organi deputati al metabolismo dei farmaci come il fegato e i reni. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 58 E’ possibile rimanere aggiornati riguardo agli ultimi articoli scritti dalla dottoressa Cristina Selvi sull’argomento Omotossicologiatramite il Portale Web http://cristinaselvi.it E’ inoltre possibile iscriversi gratuitamente, al servizio di Newsletter, per ricevere gli articoli dello Studio Psichiatria Integrata comodamente nella propria casella e-mail, il giorno stesso in cui vengono pubblicati. L’Ignatia amara contro l’ansia L’ansia si cura con la stricnina! L’Ignatia Amara (strychnos ignatia) è una pianta, una liana, originaria delle isole Filippine, anche nota come Fava di Sant’Ignazio. Per preparare la tintura madre si utilizzano i suoi frutti gialli, i cui semi contengono i principi attivi. I semi vengono essiccati, sminuzzati e poi macerati in alcool per ottenere la tintura madre dalla quale sono preparate le diluizioni omeopatiche. Questo è il processo attraverso il quale i principi attivi vengono via via diluiti dando luogo a preparazioni dove queste sostanze possono ancora essere presenti come molecole o, secondo il principio omeopatico, dove rimane soltanto l’acqua informata delle proprietà terapeutiche. Possono essere preparati, a partire dalla tintura madre, rimedi a concentrazioni differenti, che il medico potrà scegliere di utilizzare a seconda dei sintomi e del quadro clinico. Semplificando diciamo che i rimedi più diluiti vanno bene per il controllo dei sintomi psichici e mentali e quelli più concentrati per i sintomi fisici conseguenti al disagio emotivo. Ignatia è un rimedio dell’Omeopatia classica ma anche della Medicina Omotossicologica, particolarmente efficace in alcune forme di ansia in quanto molto attivo a livello del Sistema Nervoso. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 59 Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sui principali Social Networks. E’ possibile rimanere in contatto tramite questi indirizzi: facebook.com/ studiopsichiatriaintegrata twitter.com/cristinaselvi linkedin.com/ cristinaselvi Le sostanze farmacologicamente utili presenti nella bacca sono la stricnina e la brucina, due alcaloidi molto tossici e velenosi se assunti in dosi ponderali dotate di un effetto specifico sul Sistema Nervoso. L’avvelenamento genera, infatti, una forte agitazione psichica e difficoltà respiratorie, contratture e spasmi muscolari fino alle convulsioni. L’altra pianta da cui sono estratte queste due sostanze è Strychnos Nux-vomica (nota come albero della stricnina o noce vomica), rimedio anch’esso spesso utilizzato nelle forme di somatizzazione ansiosa a livello dell’apparato digestivo. E’ doveroso specificare che l’utilizzo di una terapia non convenzionale in stati di ansia deve essere riservata ad alcuni casi specifici, non è adatta in tutte le forme di disturbo e non è un’alternativa al trattamento con farmaci tradizionali per il controllo dell’ansia, come gli antidepressivi o le benzodiazepine. La sua efficacia si manifesta soltanto nelle situazioni che ne possono veramente beneficiare e la scelta di queste è appannaggio esclusivamente del medico che abbia una preparazione specifica in medicina non convenzionale e un’approfondita esperienza clinica psichiatrica. L’utilizzo di rimedi naturali per i disturbi ansiosi va riservato alle forme meno gravi, dove non sia già strutturato un vero e proprio Disturbo d’Ansia, ad esempio come supporto, nelle forme di ansia conseguenti ad una struttura di personalità fragile e sensibile o a situazioni ambientali difficili e momentanee. Quando è utile prescrivere preparati a base di Ignatia Amara La prescrizione di rimedi a base di Ignatia può essere utile negli stati di ansia in cui il paziente riferisce una sensazione di fame d’aria o mancanza di respiro, con il bisogno di sospirare spesso allo scopo di compiere inspirazioni profonde. Sono soggetti con un’emotività labile e malinconica che si commuovono facilmente. L’umore è instabile, il paziente è irritabile e ipersensibile a tutti gli stimoli: visivi, acustici, emotivi e può lamentare un’iperestesia algica, cioè un’aumentata sensibilità al dolore. Si tratta quindi di una condizione di ipersensibilità sia a livello mentale che fisico. In effetti, la caratteristica di questi pazienti è di sviluppare sintomi a livello somatico conseguenti ad una condizione di ansia. Ciò avviene soprattutto nei soggetti che tendono ad esprimere il disagio psichico in modo non verbale, persone http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 60 che faticano a comunicare le proprie emozioni, tendono a reprimerle e a facilitare in questo modo la comparsa di sintomi fisici. Spesso addirittura questi soggetti hanno poca consapevolezza del proprio disagio emotivo e dei motivi che stanno alla base del conflitto psicologico. Caratteristicamente durante il colloquio con il medico riescono a dare voce esclusivamente al loro problema fisico o a qualche superficiale motivazione ambientale. Ignatia Amara è il rimedio utile in tutti i casi di Distonia Neurovegetativa. La Distonia Neurovegetativa è una condizione causata da un non corretto equilibrio e funzionamento del Sistema Nervoso Autonomo o Neurovegetativo, cioè quella parte nel nostro sistema nervoso che funziona senza il controllo della nostra volontà, appunto in modo autonomo. Governa e regola diverse funzioni tra le quali il battito cardiaco, la pressione arteriosa, la dilatazione dei vasi sanguigni, la contrattura della muscolatura liscia degli organi e, di conseguenza, le funzioni digestive gastriche e intestinali, la dilatazione dei bronchi e la frequenza respiratoria. E’ costituito da due parti distinte, il sistema ortosimpatico e il sistema parasimpatico (o vagale) che hanno una azione uguale e contraria, dove uno stimola l’altro inibisce e regola. Quando il corretto equilibrio del loro funzionamento sinergico si sregola compaiono sintomi a carico di diversi organi ed apparati. Sono sintomi funzionali, cioè generati da un non corretto funzionamento di questi organi e non da un’alterazione strutturale, anatomica o del tessuto dell’organo. E’ però vero che un organo con una funzione cronicamente alterata andrà più facilmente incontro a lesioni. Ad esempio, uno stomaco che produce troppo acido cloridrico può essere suscettibile di gastrite o di ulcera, un intestino con una motilità alterata potrà nel tempo sviluppare disbiosi, intolleranze alimentari o una malattia cronica infiammatoria. Più frequentiamo tutti noi ci troviamo in uno stato di orto-simpatico-tonia, cioè una situazione in cui prevale l’attività di questa parte del sistema nervoso neurovegetativo, mentre sarebbe opportuno essere in relativa vago-tonia, cioè la situazione in cui prevale il funzionamento della parte parasimpatica. In questo caso il battito cardiaco è regolare e non accelerato, il respiro è rilassato, la pressione sanguigna normale, lo stomaco si svuota regolarmente e non vi è eccesso di produzione acida e la contrattura delle fasce muscolari della parete intestinale favorisce un adeguato http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 61 svuotamento di quest’organo. Quando siamo in una situazione di sovraccarico di stimoli e di richieste, quindi in una situazione di eccessivo stress o distress, siamo in orto-simpatico-tonia. Eustress è invece il termine con cui si indica un adeguato livello di attivazione e di stimolazione, al quale siamo ancora in grado di reagire senza esaurire o depauperare le nostre risorse di energia fisica e psichica. Questa mancata regolazione dell’equilibrio dei due componenti del Sistema Neuro-vegetativo è quindi strettamente correlata allo stato ansioso. Spesso, infatti, chi soffre di ansia presenta sintomi come la tachicardia, l’aumento della pressione sanguigna, sudorazioni eccessive, disturbi viscerali digestivi o intestinali e senso di respiro difficile. In Omotossicologia Ignatia Amara è presente in diversi prodotti, sia come rimedio unico che in associazione con altri rimedi che agiscano in modo sinergico. A differenza dell’Omeopatia classica unicista, il rimedio omotossicologico può contenere più sostanze e ciascuna di queste a diversa diluizione, in modo da poter agire sia sulla componente mentale del disturbo che sulla sua espressione fisica e somatica. Esempi di situazioni in cui si può considerare l’utilizzo di una terapia non convenzionale con farmaci omotossicologici sono le somatizzazioni dell’ansia a livello gastrico e intestinale, come alcune forme di gastrite e di reflusso gastro-esofageo, eventualmente associando, in un primo momento, anche la terapia allopatica necessaria. Anche le coliti spastiche funzionali possono trarre beneficio da una terapia omotossicologica, sempre dopo un attento ed accurato approfondimento diagnostico che escluda patologie organiche. Alcune forme di Disturbo dell’Adattamento con ansia o depressione e i sintomi psichici e fisici che possono accompagnare la menopausa sono altre situazioni cliniche che, dopo attenta valutazione della gravità dei sintomi, potrebbero trarre beneficio da un approccio di cura integrato. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 62 Vitamina D e Depressione Molti studi in tutto il mondo stanno cercando di valutare se bassi livelli di Vitamina D possono essere correlati allo sviluppo di Depressione. Sono in questo periodo in corso numerosissime ricerche scientifiche sul ruolo della Vitamina D nella salute umana, negli ultimi anni più studi sono stati fatti e pubblicati su questa vitamina che riguardo a qualsiasi altra. Al momento non vi sono ancora prove univoche e del tutto soddisfacenti ma alcuni di questi studi segnalano che, in particolare nei soggetti predisposti o vulnerabili, un basso livello di Vitamina D può essere una concausa nello sviluppo di depressione. La correlazione in questo senso è peraltro già nota per altre condizioni cliniche, non è certo il deficit di vitamina D che causa la malattia, ma in queste patologie è invariabilmente riscontrabile un basso livello serico di questa vitamina. Si sta, infatti, evidenziando sempre più una carenza di vitamina D in patologie neurologiche come la Demenza di Alzheimer, il Morbo di Parkinson e la Sclerosi Multipla, in patologie autoimmuni come l’Artrite Reumatoide, nel Diabete insulino-dipendente, nell’infarto e anche nella Depressione. Nella Sclerosi Multipla è stato dimostrato che un’insufficiente esposizione ai raggi http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 63 Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sui principali Social Networks. E’ possibile rimanere in contatto tramite questi indirizzi: facebook.com/ studiopsichiatriaintegrata twitter.com/cristinaselvi linkedin.com/ cristinaselvi solari e un’ipovitaminosi D sono direttamente correlate allo sviluppo di depressione, ansia, e deficit cognitivi, questi sintomi cioè compaiono più frequentemente nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla che presentano ipovitaminosi D. Nel morbo di Parkinson è stata accertata una correlazione tra livelli di Vitamina D e performance cognitive come la memoria verbale, e altre funzioni cerebrali. In effetti, recettori per questa sostanza sono presenti nel cervello e, in studi su animali, si è dimostrato il ruolo della vitamina D nei processi di sviluppo neurologico verosimilmente dovuto alla regolazione di fattori neurotrofici. Sgombriamo innanzitutto il campo da una semplicistica conclusione: questo non vuole assolutamente dire che queste patologie possano essere curate o prevenute attraverso la sola integrazione di Vitamina D. Essendo però la depressione una malattia multifattoriale, trovo interessante divulgare le nozioni che stanno diventano sempre più numerose ed approfondite sui molteplici aspetti che possono rappresentare un fattore di rischio e che, se corretti, possono condurre ad una salute generale migliore. Si tratta di quell’insieme di FATTORI EPIGENETICI che modulano la frequenza di comparsa di malattia, nonostante il nostro patrimonio ereditario. Sono molte le ipotesi sulla genesi della Depressione che gli studi scientifici stanno approfondendo per chiarire i molteplici fattori che determinano la comparsa della malattia, tra questi i molti approfondimenti riguardano la Vitamina D. Questo modo di vedere le cose è un po’ lontano dall’approccio classico del nostro modo di fare medicina, anche se oramai è frequente anche nelle strutture pubbliche l’utilizzo di approcci di terapia che fino a pochi anni fa venivano considerati poco ortodossi. Già in alcuni reparti di cura e studio della Depressione, ad esempio, sono prescritti gli Omega 3 in associazione ai farmaci antidepressivi, questo per il potere protettivo antiossidante e antiinfiammatorio di questi acidi grassi. La medicina tradizionale è sicuramente molto efficace nella Depressione, grazie ai serotoninergici e ad altre molecole con valenza antidepressiva questa malattia è in realtà assolutamente ben curabile e guaribile. Nulla vieta però di avere una visione più ampia e di affiancare al buon utilizzo di una terapia medica farmacologica anche un insieme di correzioni di stili di vita e di parametri che possono essere importanti al fine di migliorare lo stato di salute e di resistenza allo sviluppo di malattia. L’interesse per la Vitamina D deriva inoltre da un’osservazione oggettiva, e cioè http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 64 che una larga fascia di popolazione presenta un deficit dei valori plasmatici che non genera sintomi conclamati ma che rappresenta un’alterazione di un parametro fisiologico, e si sta cercando di valutare se ciò può essere una delle concause dello sviluppo di alcune patologie tra cui quelle psichiche. Mentre, infatti, sono noti a tutti gli effetti benefici della vitamina D sullo sviluppo dello scheletro e sul metabolismo osseo e i danni causati da una sua carenza, come il rachitismo o l’osteoporosi, è meno nota ai non addetti ai lavori l’associazione tra alcune patologie e la carenza di questo elemento. Negli ultimi decenni la depressione è aumentata in modo considerevole, questo certamente è dovuto a numerosi motivi e tra questi certo è che anche la nostra esposizione ai raggi solari è ridotta in modo considerevole rispetto al passato. Il passaggio da una vita rurale ad una vita cittadina e quindi da un lavoro all’aria aperta ad un lavoro svolto al chiuso, nonché la assoluta necessità di esporsi ai raggi solari in modo consapevole, utilizzando protezioni adeguate, è in parte responsabile dei bassi livelli di vitamina D che si riscontrano nella popolazione generale. Uno studio recente condotto in Italia, ed in particolare nella regione Campagna, ha messo in luce una percentuale di soggetti con un livello più basso del range di normalità superiore al 60%, con circa il 15% dei soggetti che presentano un deficit grave, pur in assenza di sintomi. Il dosaggio del livello nel sangue di questa sostanza è un test che viene raramente richiesto dal medico a meno di casi specifici, come nella valutazione e il trattamento dell’osteoporosi in menopausa. Sono proprio i raggi UVB che permettono di sintetizzare la forma attiva di Vitamina D, i raggi UVA sono invece i responsabili dei fenomeni di danneggiamento del DNA e stress ossidativo collegati all’invecchiamento e al danno cutaneo. E’ ovvio che di fronte ad un paziente con Depressione Maggiore, si deve ricorrere all’utilizzo del farmaco, questo però non dovrebbe rimanere l’unico consiglio terapeutico. Almeno a mio parere, lo psichiatra dovrebbe poter indicare al paziente, nelle diverse fasi della malattia e del suo decorso, altre strategie collaterali di supporto dell’organismo, che si trova in una situazione di disequilibrio e stress, strategie che da sole non possono certo risolvere e curare la patologia ma che rappresentano, nel loro insieme, un aiuto essenziale all’omeostasi del nostro corpo e alla nostra salute. L’ipovitaminosi D è molto frequente nei malati di Depressione e il grande numero di studi scientifici attualmente in corso è orientato proprio a valutare se ciò può http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 65 essere un marker biologico di vulnerabilità alla depressione. Allo stato dell’arte gli studi suggeriscono una possibilità in questa direzione che sarà quindi ulteriormente approfondita nei prossimi anni. D’altronde la supplementazione di vitamina D è già indicata per altre patologie nelle quali non rappresenta l’unico presidio terapeutico o preventivo. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 66 Un caso di depressione La paziente che incontro in studio è una donna di 51 anni, è sposata e ha due figli maschi, di 22 e 19 anni. E’ laureata in Lettere Straniere e ha insegnato inglese, dando ripetizioni private, fino a circa due anni fa. Nella sua famiglia di origine nessuno ha sofferto di Depressione o di Disturbi d’Ansia. La paziente viene da me su suggerimento del suo medico di famiglia, alla quale si è rivolta per lo stato di malessere depressivo che sta attraversando. La collega ha preferito prescrivere una terapia solo per controllare l’ansia e l’insonnia rimandando a me le successive decisioni su una cura più specifica per lo stato depressivo. Il colloquio, in psichiatria, è il momento in cui il medico “visita” il paziente. Osserva il modo in cui la persona si presenta e si relaziona con il medico, la fluidità nel parlare, la mimica e la gestualità. Rileva una serie di segni specifici che insieme ai sintomi e ai disturbi riferiti dal paziente permettono di fare la diagnosi. Questa signora presenta un quadro clinico compatibile con la diagnosi di Episodio Depressivo. Da circa un mese si sente particolarmente stanca e demotivata in tutte le attività che riguardano la sua vita, sia quelle più strettamente casalinghe sia le sue abituali occupazioni del tempo libero. Solitamente, infatti, ama praticare regolarmente attività fisica con alcune amiche e lavora come volontaria in una bottega equosolidale. Il colloquio è un po’ lento e faticoso per le modalità con cui la paziente si esprime. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 67 Lo Studio Psichiatria Integrata è presente sui principali Social Networks. E’ possibile rimanere in contatto tramite questi indirizzi: facebook.com/ studiopsichiatriaintegrata twitter.com/cristinaselvi linkedin.com/ cristinaselvi Risponde in modo breve e conciso, con un tono della voce basso e poco modulato, con una certa latenza tra la mia domanda e la risposta, come se necessitasse più tempo per concentrarsi e trovare le parole giuste. E’ un po’ rallentata non soltanto nel parlare ma anche nella gestualità del corpo che è anche molto contenuta. Non conosco bene questa donna, che incontro oggi per la prima volta, e non so quindi capire se ciò appartenga al suo solito modo di essere, al suo temperamento, o faccia parte del quadro depressivo. Il rallentamento psicomotorio è, infatti, uno dei sintomi tipici della depressione. Mi racconta di essere un soggetto molto sensibile ma di avere in questo periodo frequenti episodi di pianto che non sa a che cosa attribuire, cosa che generalmente non accade nonostante la sua sensibilità. Ciò di cui mi parla mette anche in luce una particolare preoccupazione per la propria salute fisica. Lamenta, infatti, una lunga serie di timori ansiosi sul suo stato di salute. Alcuni sono descritti in modo più preciso, altri in modo così vago da segnalare il loro aspetto fobico (“mi sento bruciare tutte le vene del corpo, come se scoppiassero”). Per questo motivo ha recentemente eseguito una serie di esami che hanno dato tutti risultati negativi. Il suo corpo è sano. Mi dice che dorme male (“…e poi non dormo….”), fa fatica a prendere sonno, anche se le medicine prescritte dalla sua dottoressa di famiglia hanno parzialmente ridotto questo disagio. Alla mattina, invece, non vorrebbe mai alzarsi dal letto, non sente di avere l’energia per affrontare la giornata e pensa al momento di coricarsi come l’unico in cui il suo disagio si attenua. Una volta alzata tende a vagare per casa indecisa su cosa fare e affrontando con fatica anche la cura del sé, cioè lavarsi, vestirsi e truccarsi, attività che solitamente fa con interesse e gioia. Negli ultimi tempi ha timore ad allontanarsi dalla propria abitazione per le normali commissioni quotidiane che quindi, da qualche tempo, preferisce fare quando il marito è disponibile, nei fine settimana. Indagando su questo aspetto mi riferisce che ha una sensazione vaga di non sentirsi sicura fuori casa, da sola, con la paura che possa non stare bene e non sapere a chi rivolgersi. Le pare di “ avere perso la memoria” e non sente più la voglia di leggere un libro o una rivista, attività che normalmente fa con piacere. Mangia con il solito appetito ma negli ultimi tempi, dopo cena, nota che ha sempre desiderio di mangiare qualcosa di dolce. Non si sente “in forma” e preferisce in questo periodo rimanere a http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 68 casa piuttosto che uscire con le amiche o con le coppie che normalmente frequenta insieme al marito. Il desiderio espresso da questa paziente è di poter curare questo situazione depressiva con una terapia Non Convenzionale, avendo saputo dal medico di base che mi occupo di Omotossicologia. Sebbene la comparsa recente dei sintomi, la famigliarità negativa e nessun episodio precedente o nel post partum, possano rappresentare dati favorevoli ad un approccio più delicato, ho ritenuto che l’entità dei sintomi fosse già piuttosto marcata per orientarmi su un trattamento esclusivamente naturale, ho preferito quindi suggerire una terapia dove venissero integrati farmaci omotossicologici con un antidepressivo serotoninergico. Nell’impostare questa terapia ho preso in considerazione anche l’età della paziente, che sebbene ancora mestruata, ha sicuramente in corso una serie di modifiche e di modulazioni neuro-ormonali della fase di Premenopausa, che potrebbero influire sul tono dell’umore e sull’ansia e che possono rispondere molto bene ad alcuni preparati omotossicologici. Come antidepressivo ho scelto il Citalopram perché si tratta, nella mia esperienza, di una molecola solitamente molto ben tollerata e pressoché priva di effetti collaterali, soprattutto a regime, dopo le prime 2/3 settimane di trattamento. Per questo primo periodo ho anche mantenuto la terapia con le benzodiazepine che le era stata prescritta dal suo medico di famiglia, alprazolam per l’ansia diurna e lormetazepam per favorire l’addormentamento. I farmaci non convenzionali che ho deciso di aggiungere, ad integrazione della terapia, sono in parte rimedi omotossicologici e in parte preparati fitoterapici. L’obiettivo era di regolare l’asse neuro-endocrino parzialmente sbilanciato dall’inevitabile calo degli estrogeni, fatto fisiologico in una donna di 51 anni. Per ottenere un buon risultato, soprattutto all’inizio, è necessario utilizzare più rimedi che agiscano in modo sinergico. A questa paziente ho prescritto della serotonina omeopatizzata, o meglio in diluizione low dose, e altri prodotti con lo scopo di controllare i disturbi del climaterio come il calo del tono dell’umore e l’ansia che alcune donne sperimentano in questo periodo. Ho prescritto anche un integratore a base di probiotici, calcio, isoflavoni http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 69 di soia e thè verde, la cui azione sinergica è di potenziare il sistema immunitario, di supporto alla prevenzione dell’osteoporosi, di modulazione del tono dell’umore. Infine ho suggerito l’assunzione di un integratore ricostituente, allo scopo di dare un effetto energizzante, riducendo le difficoltà di memoria e concentrazione, nonché la stanchezza fisica mattutina. http://www.cristinaselvi.it | [email protected] | Omotossicologia 70 DOTT.SSA CRISTINA SELVI Medico Chirurgo . Psichiatra . Psicoterapeuta . Omotossicologa Ordine Medici Milano n. 30878 Elenco Psicoterapeuti n. 1000 © Copyright 2012-2014 . dott.ssa cristina selvi . Tutti i diritti sono riservati STUDIO PSICHIATRIA INTEGRATA Milano - Piazza Paolo Gorini 6 http://www.cristinaselvi.it http://www.psichiatriaintegrata.it Tel 02. 97699214 SEMESTRALE DI INFORMAZIONE MEDICA TRATTO DAL PORTALE WEB WWW.CRISTINASELVI.IT STUDIO PSICHIATRIA INTEGRATA - GIUGNO 2014 ARGOMENTI: PSICHIATRIA . PSICOTERAPIA . MEDICINA OMOTOSSICOLOGICA Consulenze Web e Progettazione Portale . SEO Medico . Social Networks . 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