LE LINGUE E IL LINGUAGGIO fabio

annuncio pubblicitario
LE LINGUE E IL LINGUAGGIO
G. Graffi, S. Scalise
CAPITOLO I
CHE COS’E’ IL LINGUAGGIO?
1. Linguistica, linguaggio e linguaggi
Tutti i tipi di linguaggi sono dei sistemi di comunicazione, servono cioè a trasmettere
un’informazione da un emittente ad un destinatario. Quindi tutti i linguaggi sono uguali nella loro
funzione (comunicazione) ma possono essere diversi nella loro struttura. La linguistica è lo
studio scientifico del linguaggio umano.
2. Caratteristiche proprie del linguaggio umano
Le caratteristiche del linguaggio sono:
Discretezza: il linguaggio umano è un tipo di linguaggio discreto mentre gli altri tipi di
linguaggi sono detti continui; questo significa che gli elementi del linguaggio umano si
distinguono gli uni dagli altri per l’esistenza di limiti ben definiti, mentre nei tipi continui il
segnale viene specializzato (modificazione del ritmo, orientamento...). Una delle caratteristiche
del linguaggio umano è di poter formare un numero altissimo di segni (significante/significato)
tramite un numero limitato di elementi (fonemi) che non hanno significato ma la capacità di
distinguere significati.
Ricorsività: mentre la comunicazione animale è caratterizzata da un numero finito di
segni, nella comunicazione umana si creano parole sempre nuove. Il numero delle frasi
possibili in qualunque linguaggio naturale è infinito: si può sempre costruire una frase
nuova aggiungendo alla frase data un’altra frase semplice. Sembra che solo gli esseri
umani siano in grado di acquisire un sistema di comunicazione caratterizzato dalla
caratteristica della ricorsività.
Competenza: senso intuitivo di buona o cattiva formazione ossia grammaticalità o
agrammaticalità delle espressioni di una determinata lingua.
Dipendenza dalla struttura: le relazioni tra parole non sono determinate dalla loro
successione ma esse sono dipendenti dalla struttura.
3. Il linguaggio e le lingue
Con il termine “linguaggio” si intende la capacità comune a tutti gli esseri umani di sviluppare
un sistema di comunicazione dotato delle tre caratteristiche sopra elencate. Con il termine
“lingua” si intende la specifica forma che il sistema di comunicazione assume nelle varie
comunità. Parliamo di linguaggio al singolare perché questa capacità è propria della specie
umana, e di lingua tanto al singolare che al plurale perché tante sono le lingue del mondo.
Esistono elementi comuni a tutte le lingue e si chiamano universali linguistici; una caratteristica
che invece caratterizza le diverse lingue è l’ordine delle parole, in italiano SVO.
CAPITOLO II
CHE COS’E’ UNA LINGUA?
Intro
Una lingua è un sistema articolato su più livelli: è un sistema di sistemi.
1. Parlato e scritto
Una lingua è sia scritta che parlata, ma la linguistica privilegia la lingua come espressione orale
per diversi motivi:
esistono lingue che sono solo lingue parlate e non scritte;
un bambino quando impara una lingua, impara prima a parlare e poi a scrivere;
le lingue cambiano nel corso del tempo, ma ciò che cambia è la lingua parlata e solo in
ritardo quella scritta.
2. Astratto e concreto
Ogni atto linguistico è un fatto a sé ed irripetibile e si divide su due livelli, uno astratto e uno
concreto:
Livello astratto: ciò che conta è l’opposizione dei diversi elementi che distinguono le
parole (mano/meno).
Livello concreto: dipende da come in quel momento sono atteggiati gli organi della
fonazione, cioè ripetendo per quattro volte la parola mano la pronuncia sarà sempre diversa.
2.1 Langue e parole
1
Saussure pose una serie di distinzioni indispensabile per la definizione di lingua: sincronia e
diacronia, rapporti associativi e rapporti sintagmatici, significante e significato, langue e parole.
La parole è un’esecuzione linguistica realizzata da un individuo, è un atto individuale:
producendo dei suoni concreti si produce un atto di parole. La langue invece è la lingua della
collettività, sociale e astratta. La lingua esiste nella collettività, preesiste agli individui, ed è
necessaria perché gli atti di parole siano intelligibili, ma anche gli atti di parole sono necessari
perché la lingua si “stabilisca” e perché funzioni.
2.2 Codice e messaggio
Jakobson fece invece una distinzione tra codice e messaggio: il codice è un insieme di
potenzialità ed è astratto; il messaggio invece viene costruito sulla base delle unità fornite dal
codice ed è un atto concreto.
2.3 Competenza ed esecuzione
Una terza distinzione tra livello astratto e concreto è stata fatta da Chomsky tra competenza ed
esecuzione: la competenza è tutto ciò che un individuo sa della propria lingua; l’esecuzione è
tutto ciò che l’individuo fa.
Livello astratto
Livello concreto
Saussure
Jakobson
Chomsky
langue
parole
codice
messaggio
competenza
esecuzione
3. Conoscenze linguistiche di un parlante
Esistono quattro competenze linguistiche:
1) Competenza fonologica. Un parlante conosce i suoni della sua lingua e sa come si
combinano, ad esempio sa che se una parola comincia con tre consonanti la prima è una
“s”.
2) Competenza morfologica. Riguarda la conoscenza delle parole, ad esempio che di norma
in italiano le parole finiscono con una vocale. Un parlante conosce le parole della sua
lingua e le sa distinguere da parole di lingue straniere, sa formare parole complesse a
partire da quelle semplici.
3) Competenza sintattica. I parlanti conoscono le regole della sintassi, cioè sanno che
possono formare vari tipi di frasi.
4) Competenza semantica. I parlanti di una lingua sanno riconoscere il significato delle
parole e delle frasi e sanno istituire molti tipi di relazioni semantiche tra parole, come ad
esempio rapporti di sinonimia e antonimia; inoltre riescono a disambiguare frasi
potenzialmente ambigue.
3.1 La grammatica dei parlanti
Tutti i tipi di competenze elencati nei paragrafi precedenti fanno parte della grammatica dei
parlanti; esistono dei dati linguistici primari che sono quelli dai quali il bambino costruisce una
grammatica.
4. Una lingua non realizza tutte le possibilità
Una lingua è un codice ed è costituita sostanzialmente da due livelli: le unità di base e le regole
che combinano tali unità. Le lingue del mondo non sfruttano mai tutte le possibilità né a livello di
unità né a livello di regole. Ad esempio, in italiano non esiste una distinzione tra dita delle mani e
dei piedi mentre in inglese sì (fingers/toes), ma l’inglese non ha il suono “gn” di “gnomo”.
5. Sintagmatico e paradigmatico
In un atto linguistico i suoni vengono disposti in una sequenza lineare cioè uno dopo l’altro; in
questa operazione succede che i suoni si influenzino l’un l’altro. Esistono rapporti sintagmatici
che si stabiliscono tra elementi in presentia, ovvero co-presenti: ad esempio amico/amici: la
prima parola ha un suono velare mentre la seconda un suono palatale. Esistono poi dei rapporti
paradigmatici che si stabiliscono tra suoni che possono comparire in un certo contesto, sono
rapporti in absentia, cioè la presenza di un determinato suono esclude tutti gli altri: ad esempio
si consideri la parola “stolto”: tra la “s” e la “o” compare la lettera “t”, la sua posizione è il suo
contesto; tra la “s” e la “o” possono comparire altri elementi “c”, “g”, “p”, “b”, “d”; scegliendo una
combinazione si escludono le altre.
stolto
“sto”
sdoganare
“sdo”
scorta “sco”
sgombro
“sgo”
sporta “spo”
sbobinare
“sbo”
2
Rapporti sintagmatici e paradigmatici non esistono solo tra suoni ma anche tra espressioni.
Nell’espressione <Questo mio amico.>, esiste una relazione sintagmatica tra la “o” di “questo”, di
“mio” e di “amico”; nelle espressioni <Questo amico.> e <Quel amico.> esiste una relazione
paradigmatica tra “questo”e “quel”.
6. Sincronia e diacronia
Nel corso del tempo le lingue possono andare incontro a dei cambiamenti. Lo studio di un
cambiamento linguistico è detto “diacronico”, è lo studio di un fenomeno nel tempo. Un fenomeno
“sincronico” è un rapporto tra elementi simultanei con l’esclusione dell’elemento tempo.
7. Il segno linguistico
Una parola è un segno, un segno è un’unione tra significante (rappresentazione sonora) e
significato (rappresentazione mentale). Il segno ha varie proprietà tra cui:
Distintività: ogni segno si distingue da un altro (notte/botte).
Linearità: il segno si estende nel tempo se è orale e nello spazio se è scritto.
Arbitrarietà: non esistono regole che associano al significante il significato, esistono delle
eccezioni che riguardano le forme onomatopeiche.
I segni possono essere linguistici o no: la disciplina che studia i segni linguistici è la linguistica,
quella che studia i segni in generale è la semiologia o semiotica.
8. Le funzioni della lingua
Secondo Jakobson le componenti necessarie per un atto linguistico sono sei:
1) parlante;
2) referente (ciò di cui si parla, ciò cui l’atto linguistico rimanda, realtà extralinguistica);
3) messaggio;
4) canale (attraverso cui passa la comunicazione);
5) codice;
6) ascoltatore.
A ciascuna di queste componenti Jakobson associa una funzione linguistica:
1) funzione emotiva: si realizza quando il parlante esprime stati d’animo;
2) funzione referenziale: è informativa, neutra;
3) funzione poetica: si realizza quando il messaggio inviato fa si che l’ascoltatore ritorni sul
messaggio stesso per apprezzarne il modo in cui è formulato;
4) funzione fatica: quando si vuole controllare se il canale è aperto è funziona regolarmente;
5) funzione metalinguistica: quando il codice viene usato per parlare del codice stesso;
6) funzione conativa: si realizza sotto forma di comando o di esortazione rivolti
all’ascoltatore perché modifichi il suo comportamento.
9. Lingue e dialetti
Un parlante denuncia sempre la sua provenienza: si dice che esistono italiani regionali che
corrispondono approssimativamente alle tre principali aree geografiche dell’Italia.
1^ divisione:
italiano standard;
italiano regionale;
italiano locale.
Attraverso l’italiano regionale passano all’italiano molte forme “locali”, ogni lingua è stratificata.
2^ divisione:
italiano scritto (forma più austera della lingua);
italiano parlato formale;
italiano parlato informale;
italiano regionale;
dialetto di koinè (regione dialettale);
dialetto del capoluogo di provincia;
dialetto locale.
Dato che anche il dialetto è costituito da suoni, parole, frasi e significati, la differenza tra questo e
una lingua non è linguistica, ma semmai socio-culturale.
10. Pregiudizi linguistici
1- idea che vi siano lingue primitive  evolutesi poi in lingue complesse  impossibile perché
tutte le lingue hanno sistemi fonologici, morfologici e sintattici complessi.
2- lingue per eccellenza logiche  non esistono lingue logiche e lingue illogiche, tutte le lingue
hanno una loro logica interna.
3
3- distinzione lingua/dialetto  la lingua sarebbe un sistema più evoluto dei dialetti  ma ogni
dialetto ha sistemi fonologici e sintattici complessi esattamente come quello di ogni altra lingua.
4- certe lingue sono belle altre brutte  sono giudizi soggettivi non ci sono parametri oggettivi
per definire se una lingua è bella o brutta.
5- lingue facili o difficili.
CAPITOLO III
LE LINGUE DEL MONDO
Intro
La Linguasphere è un’organizzazione dedita allo studio delle lingue del mondo, che propone una
classificazione che conta 10 ordini di grandezza che vanno da 9 (più di un miliardo di parlanti) a 0
(lingue estinte). Questa classificazione pecca però di imprecisione: molte lingue pur essendo
diverse sono considerate la stessa lingua, perché i parlanti si comprendono a vicenda. Il numero
dei parlanti si basa fondamentalmente sul numero dei cittadini di una nazione.
Da un punto di vista linguistico esistono tre modalità di classificazione:
1) Genealogica: due lingue fanno parte della stessa famiglia genealogica quando derivano
dalla stessa lingua originaria. La famiglia genealogica è l’unità massima, le unità inferiori
sono dette gruppi.
2) Tipologica: si dice che due lingue sono tipologicamente correlate se manifestano una o più
caratteristiche comuni.
3) Areale: lingue che hanno sviluppato caratteristiche strutturali comuni perché
appartengono alla stessa area geografica. Le lingue in questione formano una lega
linguistica
1. Classificazione genealogica: le famiglie linguistiche
Due lingue sono genealogicamente parenti quando derivano dalla stessa lingua originaria o lingua
madre. Famiglie linguistiche:
Indoeuropea: Europa. Latino, greco.
Afro-asiatica (camito-semitica): Africa settentrionale, Medio Oriente e parte dell’Africa
orientale. Egiziano antico, arabo e ebraico.
Uralica: Europa orientale e Asia centrale e settentrionale. Finlandese, estone e ungherese.
Sino-tibetana: Asia occidentale. Cinese mandarino, tibetano e lolo-birmano.
Nigerkordofaniana: nazioni africane poste al Sud del Sahara. Swahili.
Altaica: Asia centrale. Mongolo, turco.
Dravidica: India meridionale. Tamil, brahui.
Austro-asiatica: Asia meridionale. Khmer e vietnamita.
Austronesiana. Oceania. Giavanese, hawaiiano.
Esistono anche delle lingue che sono isolate, cioè di cui non si può dimostrare la parentela con
altre lingue: in Europa il basco, in Asia il giapponese e il coreano.
2. La famiglia linguistica indoeuropea
Nei primi decenni dell’Ottocento vi fu la scoperta che un’antica lingua dell’India, il sanscrito, ed
alcune lingue europee, latino e greco, erano genealogicamente apparentate tra loro. Per
identificare questa famiglia nel 1830 venne coniato il termine “Indoeuropeo” (asieuropeo,
indogermanico); la famiglia indoeuropea si divide nei seguenti gruppi e sottogruppi:
Indo-iranco: diviso nei sottogruppi indiano e iranico; il sottogruppo iranico a sua volta si
divide in lingue iraniche occidentali e orientali.
Tocario: formato da lingue estinte.
Anatolico ittita, lingue diffuse nel 1-2° millennio a. c..
Armeno: rappresentato dalla sola lingua armena.
Albanese rappresentato dalla sola lingua albanese.
Slavo: diviso in tre sottogruppi: slavo orientale (russo, bielorusso, ucraino), lo slavo
occidentale (polacco, ceco, slovacco) slavo meridionale (bulgaro, macedone, serbo-croato,
sloveno).
Baltico: comprende lituano e lettone.
Ellenico: rappresentato dalla sola lingua greca.
Italico: si divide nei sottogruppi italico orientale (lingue dell’Italia antica come osco,
umbro, sannita) e occidentale. Quest’ultimo sottogruppo comprende il latino che ha dato
origine alle lingue neolatine e romanze: portoghese, spagnolo, francese, italiano e romeno.
Lingue a livello regionale: gallico, catalano, ladino e provenzale.
4
Germanico: si divide in tre sottogruppi: orientale (gotico), settentrionale (svedese, danese,
norvegese, islandese) e occidentale che si divide in due rami: anglo-frisone e neerlandotedesco.
Celtico: si divide nei sottogruppi gaelico (irlandese e gaelico di Scozia) e britannico
(gallese, cornico e bretone).
3. Classificazione tipologica
Due lingue sono tipologicamente correlate se manifestano una o più caratteristiche comuni e
possono essere classificate in due modi: per tipologia morfologica o per tipologia sintattica.
3.1 Tipologia morfologica
I tipi morfologici tradizionalmente riconosciuti sono i seguenti:
Isolante: è caratterizzato dalla mancanza totale di morfologia: nei nomi non vi è
distinzione per caso, numero, genere... Per indicare le varie relazioni tra le parole, una lingua
isolante fa uso in modo cruciale dell’ordine delle parole stesse e di alcune particelle.
Agglutinante: ogni parola contiene tanti affissi quante sono le relazioni grammaticali che
devono essere indicate. Es. lonely + ness =lonelyness
Flessivo: tutte le relazioni che devono essere indicate sono contenute in un solo suffisso;
un’altra caratteristica delle lingue flessive è la flessione interna che consiste nel poter indicare
le diverse funzioni grammaticali mediante la variazione della vocale radicale della parola. Le
lingue flessive si dividono in analitiche (si possono realizzare relazioni grammaticali mediante
più parole) e sintetiche (le relazioni grammaticali sono espresse in un’unica parola).
Polisintetico (o incorporante): una sola parola può esprimere tutte le relazioni che in
italiano si esprimerebbero con una frase. Es horseriding
3.2 Tipologia sintattica
La tipologia sintattica si basa sull’osservazione che esistono delle correlazioni sistematiche, in
tutte le lingue, tra l’ordine delle parole in una frase e in altre combinazioni sintattiche, e per
questo viene anche chiamata tipologia dell’ordine delle parole. Le combinazioni sintattiche più
analizzate sono:
1) la presenza in una data lingua di preposizioni (Pr) oppure di posposizioni (Po);
2) la posizione del verbo (V) rispetto al soggetto (S) e all’oggetto (O);
3) l’ordine dell’aggettivo (A) rispetto al nome (N);
4) l’ordine del complemento di specificazione o genitivo (G).
In generale queste correlazioni sistematiche possono essere riassunte come segue:
a. VSO/Pr/NG/NA
b. SVO/Pr/NG/NA
c. SOV/Po/GN/AN
d. SOV/Po/GN/NA
Queste formule sono chiamate “universali implicazioni”.
4. Sistemi di scrittura
I primi sistemi di scrittura sono del tipo cosiddetto “ideografico” o per meglio dire “logografico”.
Un tipo di scrittura ideografico è utilizzato tuttora in diverse lingue tra le quali il cinese. Gli altri
tipi di scrittura sono il tipo sillabico e il tipo alfabetico.
Tipo ideografico: ogni simbolo (ideogramma) corrisponde ad un concetto. L’utilizzazione
fonetica del simbolo determinò l passaggio da un sistema di scrittura ideografico ad un
sistema sillabico.
Tipo sillabico: in questi sistemi determinati segni passarono ad indicare determinati
gruppi di suoni. L’adozione di un sistema sillabico riduce il numero dei simboli rispetto al
sistema ideografico.
Tipo alfabetico: si basano sul principio che ad ogni suono corrisponde un segno,
restringendo ancora di più il numero dei simboli.
CAPITOLO IV
I SUONI DELLE LINGUE: FONETICA E FONOLOGIA
1. Fonetica
La disciplina che studia la produzione dei suoni è la fonetica articolatoria, vi è poi la fonetica
acustica che si occupa della natura fisica del suono e sulla sua propagazione, infine esiste una
fonetica uditiva che studia gli aspetti della ricezione del suono da parte dell’ascoltatore.
1.1 L’apparato fonatorio
5
Un suono è prodotto normalmente dall’aria che viene emessa dai polmoni, sale lungo la trachea,
attraversa la laringe, sede delle corde vocali e dopo aver superato la faringe, l’aria giunge alla
cavità orale e fuoriesce dalla bocca. La cavità nasale può essere esclusa tramite l’innalzamento del
velo palatino distinguendo tra suoni orali e nasali.
Apparato fonatorio
1.2 Classificazione dei suoni
Per la classificazione di un suono sono necessari tre parametri:
1) Modo di articolazione: riguarda i vari assetti che gli organi assumono nella produzione
del suono.
2) Punto di articolazione: è costituito dal punto dell’apparato vocale in cui viene modificato
il suono.
3) Sonorità: e data dalle vibrazioni delle corde vocali: se vibrano si otterrà un suono sonoro
altrimenti un suono sordo.
6
Simboli dell'IPA
1.3 Classi di suoni
I suoni possono essere classificati in tre maggiori categorie: consonanti, vocali e
semiconsonanti. Per produrre una consonante l’aria o viene momentaneamente bloccata o deve
attraversare una fessura molto stretta, possono essere sorde o sonore. Nella produzione di una
vocale l’aria che fuoriesce non incontra ostacoli. Le semiconsonanti condividono sia proprietà delle
vocali che delle consonanti. Vocali, semiconsonanti, liquide e nasali sono sonoranti, tutti i suoni
che non sono sonoranti sono ostruenti.
2. I suoni dell’italiano
P occlusiva,bilabiale, sorda
Pane, taPPo, stoP
B occlusiva, bilabiale, sonora Bene, aBBastanza
T occlusiva, dentale,sorda
 Tana, oTTo, alT
D occlusiva, dentale, sonora
 Dente, aDorare
K occlusiva, velare, sorda
Caro, Che, aCCanto
G occlusiva, velare, sonora
 Gara, Ghiro, alGHe
M nasale, bilabiale (sonora)
Mano, aMare, uhM
 nasale, labiodentale (sonora)  aNfora, iNvidia, iNverno
N nasale, alveolare (sonora)
 Naso, laNa, daNNo
nasale, palatale (sonora)
Gnocco, oGNi
nasale, velare (sonora)
 aNcora, aNguria
Llaterale, alveolare (sonora)
Lana, paLLa
laterale, palatale (sonora)
 aGLio, eGLi
Rpolivibrante, alveolare (sonora) Rana, caRRO, peR
Ffricativa, labiodentale sorda
Fame, aFa
Vfricativa, labiodentale sonora  Vento, aVViso, VoV
S fricativa, alveolare sorda
 Sano, caSSa,
Z fricativa, alveolare, sonora
Smodato, caSa
fricativa, palato-alveolare sorda Scemo, aSCesa, slaSH
fricativa, palato-alveolare sonora garaGe, abat-Jour
TSaffricata,alveolare, sorda
staZione, paZZo
DZaffricata, alveolare, sonora
Zero, aZZimato
affricata,palato-alveolare sorda Cenare, aCido, aCCento
affricata,palato-alveolare sonora Gente, aGire, aGGiornare
Jsemiconsonante palatale sonora
 Ieri, pIede
W semiconsonante, velare, (sonora) Uovo, dUomo
2.1 Consonanti dell’italiano
Esistono vari tipi di consonanti:
Occlusive: occlusione momentanea dell’aria cui fa seguito un esplosione [p, b,t, d, k, g].
Fricative: l’aria passa attraverso una fessura stretta producendo una frizione, si possono
prolungare nel tempo [f, v, s, z,
Affricate: suoni che iniziano con un’articolazione di tipo occlusivo e terminano con
Nasali: il velo palatino si posiziona in modo da lasciar passare l’aria attraverso la cavità
nasale [m, n, ŋ].
Laterali: per produrre il suono la lingua si posiziona contro i denti e l’aria fuoriesce
lateralmente [l].
Vibranti: i suoni vengono prodotti mediante la vibrazione dell’ugola o dell’apice della
lingua [r].
Approssimanti: gli organi articolatori vengono approssimati senza mai toccarsi [j, w].
L’italiano utilizza sette punti di articolazione:
1) Bilabiali: chiusura di entrambe le labbra.
2) Labiodentali: l’aria esce da una fessura che si crea appoggiando gli incisivi superiori al
labbro inferiore.
3) Dentali: la parte anteriore della lingua tocca la parte interna degli incisivi.
4) Alveolari: la lamina della lingua tocca o si avvicina agli alveoli.
5) Palato-alveolari: la lamina della lingua si avvicina agli alveoli ed ha il corpo arcuato.
6) Palatali o anteriori: la lingua si avvicina al palato.
7) Velari o posteriori: la lingua tocca il velo palatino.
2.2 Vocali dell’italiano
7
Se la lingua assume una posizione alta si produrranno suoni come [i] o [u], se assume una
posizione bassa suoni come [a]. Se la lingua è in posizione avanzata si produrrà una [i] o una [o],
se è in posizione arretrata [u] o [o]. Se le labbra sono arrotondate si produrranno vocali come [u] o
[o], se non sono arrotondate vocali come [i] o [e]. es.
-i alta anteriore non arrotondata  Italiano , vIno, solI
-e medio-alta anteriore non arrotondata Eroico, saporE
- medio-bassa anteriore non arrotondata Elle, lacchE’
-a bassa centrale non arrotondata  Amo, sAno
- medio bassa posteriore arrotondata Otto, perO’ ,botte (percosse)
-o medio alta posteriore arrotondata Obesità,amicO , botte vino
-u alta posteriore arrotondataUnico, lUna
2.3 Combinazioni di suoni
Le consonanti possono combinarsi insieme formando dei nessi consonantici. Le combinazioni di
consonanti non sono libere ma soggette a restrizioni; vi è inoltre una differenza tra le
combinazioni possibili in posizione iniziale e quelle in posizione interna. Le combinazioni di vocali
in una medesima sillaba danno luogo a dittonghi, che possono essere ascendenti
(approssimante seguita da vocale accentata) o discendenti (vocale accentata seguita da un
approssimante). Esistono anche dei trittonghi. La combinazione di due vocali appartenenti a due
sillabe diverse da luogo ad uno iato.
3.suoni e grafia
Un sistema è coerente quando ad un suono corrisponde un segno e viceversa. In italiano si
incontrano le seguenti incoerenze del sistema grafico:
-due simboli diversi per un suono solo : Cuore, Quando [K]
-due suoni diversi scritti con lo stesso simbolo : Sera, roSa [s] [z]
-due simboli per un solo suono e tre simboli per un solo suono : maGHe [g] SCIocco [
]
4. Trascrizione fonetica
I suoni possono essere semplici o geminati. Il simbolo per l’accento [‘] si colloca prima della
sillaba accentata.
A partire dai simboli IPA si può trascrivere qsi enunciato di qsi lingua.
4.1 Confini
Il morfema è l’unità più piccola dotata di significato, quindi parole come “veloce-mente“ o “barista“sono composte da due morfemi. Il confine di sillaba viene normalmente rappresentato da un
punto (.)es. ve.lo.ce.men.te, il confine di morfema con il simbolo (+)es. veloce+mente, mentre il
confine di parola con il simbolo (#)#velocemente#.
5. Fonetica e fonologia
La fonetica si occupa dell’aspetto fisico dei suoni (la sua unità è il fono) mentre la fonologia si
occupa della funzione linguistica dei suoni (la sua unità è il fonema). Nella linguistica innanzitutto
si cerca di scoprire:
quali sono i fonemi di una data lingua; si ricorre alla nozione di distribuzione e di coppie
minime
come i suoni si combinano insieme; vengono descritte dalle regole fonologiche
come i suoni si modificano in combinazione; vengono descritte dalle regole fonologiche
5.1 Il contesto
Ogni suono ha una sua distribuzione, ovvero contesti o posizioni in cui può comparire, è la
posizione della parola.
5.2 Foni o fonemi
I “foni” sono suoni/rumori del linguaggio articolato e hanno valore linguistico quando sono
distintivi, cioè contribuiscono a differenziare dei significati. Le “coppie minime” sono coppie di
parole che si differenziano solo per un suono nella stessa posizione. Due foni che hanno valore
distintivo sono detti “fonemi”.
Un fonema è un segmento fonico che ha:
una funzione distintiva;
non può essere scomposto in una successione di segmenti che abbiano valore distintivo;
è definito solo da caratteri che abbiano valore distintivo.
Il fonema è l’unità che si colloca a livello astratto, e dunque a livello di langue; i foni invece si
collocano a livello concreto e dunque di parole.
5.3 Le regole di Trubeckoj
8
Trubeckoj enunciò tre regole per stabilire se due foni hanno valore distintivo o meno:
1) Quando due suoni ricorrono nella stessa posizione e non possono essere scambiati fra loro
senza che si modifichi il significato delle parole, sono realizzazioni fonetiche di due
diversi fonemi;es varo, faro
2) quando due suoni della stessa lingua si trovano nelle medesime posizioni e possono essere
scambiati senza modificare il significato delle parole, sono varianti fonetiche facoltative di
un unico fonema; es renna-Renna – VALORE INDIVIDUALE
3) quando due suoni di una lingua, simili dal punto di vista articolatorio, non ricorrono mai
nelle stesse posizioni, sono due varianti combinatorie dello stesso fonema. Es. naso
[nazo], ancora [a kora] – VALORE COMBINATORIO
La linguistica statunitense usa invece le nozioni di:
Distribuzione contrastiva: quando due foni possono comparire nello stesso contesto e si
ottengono così due significati diversi, allora i due foni sono in distribuzione contrastiva e sono
realizzazioni di due fonemi diversi;
Distribuzione complementare: quando due foni non possono ricorrere nello stesso
contesto si tratta di “allofoni” dello stesso fonema.
Si può fare inventario dei fonemi in una lingua, in italiano sono circa 30.
5.4 allofoni
sono la variante di un fonema
5.5 varianti libere
Se due suoni foneticamente simili si possono trovare nello stesso contesto ci sono due possibilità:
o sono fonemi diversi (cambia il significato) o sono varianti libere (il significato non cambia).
7.1 parentesi
serve a unificare fatti formalmente diversi tra loro
quelle tonde indicano la facoltività
8 fenomeni fonologici e tipi di regole
una regola fonologica è un meccanismo che connette una rappresentazione fonologica ad una
rappresentazione fonetica ed opera una serie di cambiamenti,
9. La sillaba
è il mattone minimo dell’enunciato, l’unità di combinazione di fonemi funzionanti come unità
pronunciabile
In italiano la sillaba minima è costituita da una vocale, il nucleo sillabico. Il nucleo può essere
preceduto da un attacco o seguito da una coda; nucleo più coda costituiscono la rima.
L’aplologia è la cancellazione della sillaba finale di parola in composizione.
11. Fatti soprasegmentali
La fonologia basata sui segmenti è detta “segmentale”; esistono però fenomeni che non possono
essere attribuiti ad un segmento e che sono detti “soprasegmentali”:
Lunghezza: riguarda la durata temporale dei suoni e può avere caratteristiche distintive o
meno. Es. pena/penna
Accento: è una proprietà delle sillabe e non dei singoli segmenti. Una sillaba tonica è
realizzata con maggiore intensità rispetto ad una sillaba atona; solo nelle lingue ad accento
non fisso questo può avere valore distintivo. Es. ‘ancora/an’kora
Intonazione: esistono dei picchi e degli avvallamenti che producono un effetto percettivo
di tipo melodico che prende il nome di “intonazione”. Le dichiarative hanno una curva
melodica con andamento finale discendente, mentre le interrogative hanno una andamento
finale ascendente.
CAPITOLO V
LA STRUTTURA DELLE PAROLE: MORFOLOGIA
Intro
Lo studio delle parole e delle varie forme che possono assumere è la morfologia. Le parole
possono essere semplici o complesse; le parole complesse possono essere derivate, cioè prefissate
o suffissate, o composte. Sia le parole semplici che complesse possono essere flesse per genere,
numero...
1. La nozione di parola
Le parole sono unità della lingua e non sempre ciò che conta come parola in una lingua vale
anche per le altre. Si possono distinguere varie accezioni di parola: la parola fonologica non
9
coincide con quella morfologica o sintattica. Un criterio operativo abbastanza efficace è di
considerare parola quelle unità che non possono essere interrotte, o meglio al cui interno non si
può inserire altro materiale linguistico.
1.1 Tema, radice e forma
Si consideri il verbo “amare”; la forma “amare” è la forma di citazione che troviamo sui dizionari,
anche detta lemma; è la forma di rappresentazione di tutte le forme flesse che il verbo può avere.
La forma di citazione è la forma del verbo all’infinito. La forma di citazione del nome è il
maschile/femminile al singolare; la forma di citazione dell’aggettivo è sempre il maschile singolare.
In un testo compaiono forme flesse; il processo che porta dalle forme flesse ai lemmi è la
lemmatizzazione. Per quel che riguarda il verbo bisogna distinguere tra tema e radice: togliendo
la desinenza flessiva al verbo “amare” si otterrà “ama” che è il tema; il tema può essere analizzato
come una radice “am” più una vocale tematica.
2. Classi di parole
Le parole di un lingua sono raggruppate in “categorie lessicali” che sono: nome, verbo, pronome,
articolo, aggettivo, preposizione, avverbio, congiunzione e interiezione. Le classi di nomi che
assumono forme diverse sono dette “variabili”, mentre le altre sono dette “invariabili”. Un’altra
distinzione è quella tra parole “aperte” e “chiuse”: alle prime si possono aggiungere sempre nuovi
membri, le altre sono formate da un numero finito di membri. Le categorie lessicali cui le parole
appartengono limitano le combinazioni possibili delle parole.
3. Morfema
Un morfema è la più piccola parte della lingua dotata di significato; è un segno linguistico
costituito da significante e significato. I morfemi si dividono in lessicali e grammaticali: i primi
hanno significato che non dipende dal contrasto mentre i secondi ricevono significato dal contesto
in cui si trovano. Ad esempio la parola “libri” si divide in “libr” (morfema lessicale) e “i” (morfema
grammaticale). Un morfema può essere così piccolo da essere costituito da un solo fonema.
I morfemi possono essere liberi o legati: sono liberi quando possono ricorrere da soli in una frase
e sono legati quando per poter esistere in una frase bisogna aggiungere altre unità. Le parole
composte da un solo morfema sono “monomorfemiche”, quelle composte da due morfemi sono
“bimorfemiche”. Il termine morfema designa un’unità astratta che è rappresentata a livello
concreto dall’allomorfo. Ad esempio in inglese il plurale viene indicato con la “s” di cui si possono
avere tre realizzazioni [s], [z] e [‫ ׀‬z]: queste tre rappresentazioni del morfema sono i suoi allomorfi.
Es. rock [S] toy [z] dish [iz]
4. Flessione, derivazione e composizione
Le parole semplici possono subire diversi processi di modificazione:
Flessione: aggiunge alla parola di base informazioni riguardanti genere, numero, caso...
Derivazione: aggiunta di una forma legata (affisso) ad una forma libera e può avvenire per
prefissazione, suffissazione e infissazione.
Composizione: forma parole nuove a partire da due esistenti.
5. Morfologia come processo
Un verbo può nascere come tale o divenirlo attraverso diversi processi. La composizione e la
derivazione si distinguono perché il primo processo unisce due forme libere mentre il secondo una
forma libera e una complessa. Prefissazione e suffissazione in quanto il prima non cambia la
categoria lessicale mentre la seconda sì.
Esistono altri processi di modificazione delle parole:
Conversione: cambiamento di categoria senza che vi sia aggiunta manifesta di affissi.
Raddoppiamento: raddoppiamento di un segmento parziale.
Parasintesi: base più prefisso e suffisso senza che la sequenza prefisso/base sia una
parola dell’italiano e altrettanto non lo sia base/suffisso. Es a-bottone-are
6. Allomorfia e suppletivismo
L’allomorfia è il livello concreto dei morfemi. Si parla di suppletivismo quando in una serie
omogenea si trovano radicali diversi che intrattengono evidenti rapporti semantici ma non
altrettanto evidenti rapporti formali. Ad esempio vado/andiamo, acqua/idrico... Il suppletivismo
può essere sia “forte” che “debole”: è forte quando vi è alternanza dell’intera radice, è debole
quando tra i membri della coppia vi è una base comune.
7. Parole semplici e parole complesse
Le parole semplici sono date e costituiscono il lessico del parlante, esempio ieri, mentre quelle
complesse sono formate tramite regole morfologiche esempio capostazione = capo+ stazione.
10
8. Parole suffissate
Postino = posta+ ino
Giornalaio= giornale+ aio
9. parole prefissate
Disabile= dis+abile
Retrobottega= retro+ bottega
10. Morfologia e significato
La formazione delle parole consta di una parte formale e una parte semantica. Ad esempio:
vino+aio = vinaio (persona che vende vino);
giornale+aio= giornalaio (persona che vende giornali).
La parte fissa “aio” è la parte fissa di significato, mentre quella variabile corrisponde al nome di
base. La semantica di una parola è composizionale (o trasparente), cioè si ottiene dal significato
degli elementi componenti. Il suffisso “-bile” fornisce un significato passivo. Quando una parola
permane a lungo nel lessico può acquistare significati idiomatici, ovvero non desumibili dagli
elementi che la costituiscono.
11. Composti dell’italiano
Si consideri un composto come “camposanto”, la struttura è rappresentabile come
[[campo]N+[santo]A]N. Il composto ha la stessa categoria lessicale di uno dei suoi composti.
Diremo che “campo” è la testa del composto e che la “categoria N” del composto deriva dalla testa.
Identificare la testa del composto è importante perché è da questa che derivano al composto una
serie di qualità; è dalla testa che derivano al composto a) le informazioni categoriali, b) i tratti
sintattico-semantici e c) il genere. Un composto è una parola non interrompibile, all’interno della
quale non possono essere inseriti altri elementi. Esistono vari tipi di composti:
composti neoclassici: formati da due forme legate di origine greca o latina e da una forma
libera o una legata, ad esempio “antropo+fago”, “dieta+logo”;
composti incorporati: sono formati da un sintagma costituito da un verbo seguito da un
SNO, ad esempio “horseride”;
composti sintagmatici: sono più di origine sintattica che morfologica;
composti reduplicati: formati dalla stessa parola ripetuta; hanno in genere un significato
intensivo;
composti troncati: formati per troncamento del primo costituente o di entrambi.
CAPITOLO VI
LESSICO E LESSICOLOGIA
Intro
Esistono almeno due accezioni di lessico: uno è il lessico mentale dei parlanti e l’altro prende la
forma del dizionario. Le parole di una lingua sono memorizzate, mentre le frasi sono costruite
tramite regole, ma non sono memorizzate.
1. Lessico mentale
Con “lessico mentale” si intende non solo la conoscenza delle parole, ma anche le conoscenze
relative al funzionamento delle parole e dei rapporti tra le parole. Questo significa che ogni
parlante è in grado di estrarre dal proprio lessico mentale delle liste di parole con certe
caratteristiche. I parlanti sanno anche come tradurre i suoni di una parola nella grafia del proprio
alfabeto. Per quanto riguarda l’accesso al lessico si suppone che alle parole si acceda tramite i
primi suoni delle parole stesse.
2. Dizionari
Un dizionario si pone a livello della langue nel senso che è l’insieme delle parole usate da tutta
una comunità linguistica; nei dizionari vi è anche molta diacronia, cioè vi si conservano parole che
appartengono al passato. Un dizionario è costituito da lemmi e non da forme flesse. La differenza
tra dizionario e enciclopedia è che il primo è una lista di parole che contiene informazioni sulla
natura e sull’uso delle parole, mentre la seconda contiene informazione su tutto lo scibile umano.
2.2 Lessicalizzazioni
Sono esempi di lessicalizzazioni “tagliare la corda”, “nontiscordardimé”, il cui significato non è
desumibile dalla somma dei significati delle parti. Si ha lessicalizzazione quando un gruppo di
parole si trasforma in un’unita lessicale che si comporta come una parola sola. Esiste poi un
processo di grammaticalizzazione per cui un’unità perde il suo significato lessicale per
assumerne uno grammaticale, come ad esempio il suffisso “–mente”.
11
3. Stratificazione del lessico
Il lessico di ogni lingua è stratificato; lo strato [+nativo] è quello centrale, quello [-nativo] definisce
gli strati periferici che spesso riflettono le vicende storiche. Lo strato [-nativo] dell’italiano è
costituito da prestiti e calchi. Sia prestiti che calchi riguardano interferenze tra sistemi
linguistici diversi. Si parla di calco quando vi è una riproduzione che sia di struttura morfologica,
sintattica o semantica (ad esempio “skyscraper”=”grattacielo”); se la riproduzione è più centrata
sul significante si parla di prestito. I prestiti possono essere “adattati” (parole entrate a far parte
della lingua italiana) o “non adattati” (forma estranea alle regole fonologiche dell’italiano).
4. Dizionari specialistici
I dizionari sono:
Monolingui
Bilingui
Plurilingui
Etimologici
Sinonimi e contrari
Neologismi
Elettronici
Inversi
Di frequenza e concordanze
4.1 Dizionari elettronici
Permettono una serie di funzioni importanti:
Ricerca di lemmi
Ricerca di più lemmi con certe caratteristiche comuni
Caratteri speciali
Operatori logici
Possibilità di creare dizionari personalizzati
Sillabazione dei lemmi
Ottenere le forme flesse con l’indicazione degli ausiliari per i verbi
Trovare sinonimi e contrari
Arrivare ad un lemma a partire da una forma flessa
Ascoltare la pronuncia delle parole
CAPITOLO VII
LE COMBINAZIONI DELLE PAROLE: SINTASSI
1. La valenza
I verbi, così come gli elementi chimici, hanno bisogno di essere accompagnati da un determinato
numero di altri elementi, affinché la frase risulti ben formata. Esiste quindi una valenza verbale.
Gli elementi richiesti obbligatoriamente da un verbo sono detti argomenti.
Tipologie della valenza dei verbi:
verbi avalenti: non sono accompagnati da nessun argomento. Ad esempio piovere;
verbi monovalenti: un solo argomento, sono verbi intransitivi. Ad esempio correre,
parlare, arrivare...;
verbi bivalenti: due argomenti, sono verbi transitivi. Ad esempio catturare, piantare,
lanciare...;
verbi trivalenti: tre argomenti, sono i verbi “di dire” o “di dare”. Ad esempio <Il professore
ha detto ai ragazzi di fare silenzio.>.
All’interno di una frase esistono inoltre degli elementi facoltativi detti circostanziali.
2. I gruppi di parole
Un gruppo di parole è detto “sintagma”. Esistono dei criteri che ci permettono di individuare
gruppi di parole:
Movimento: le parole che fanno parte di uno stesso gruppo si muovono insieme.
Enunciabilità in isolamento: le parole che fanno parte dello stesso gruppo possono essere
pronunciate da sole.
Coordinabilità: le parole che fanno parte dello stesso gruppo possono essere unite ad un
altro gruppo.
12
La parola intorno alla quale è costruito un gruppo di parole è chiamata “testa” del gruppo di
parole, gli altri elementi del gruppo sono detti “modificatori”; a seconda del tipo di parola
otterremo diversi gruppi di parole:
Sintagmi preposizionali: testa=preposizione;
Sintagmi nominali: testa=nome;
Sintagmi verbali: testa=verbo;
Sintagmi aggettivali: testa=aggettivo.
Una rappresentazione della struttura dei sintagmi è costituita di diagrammi ad albero (indicatori
sintagmatici), tramite lo “schema X-barra”, oppure tramite parentesi. I sintagmi sono i costituenti
della frase mentre le parole sono i costituenti ultimi della sintassi. I sintagmi più semplici sono
quelli costituiti dalla sola testa che è l’unico elemento la cui presenza è necessaria.
3. Le frasi
3.1 Frasi e gruppi di parole
Una frase è un gruppo di parole che esprime un senso compiuto, ma è anche vero che una sola
parola può esprimere senso compiuto: se grido: <Gianni!> questa sola parola è sufficiente ad
esprimere senso compiuto, cioè a richiamare l’attenzione di Gianni. Esiste una differenza
essenziale tra i gruppi di parole chiamate “frasi” e gli altri gruppi di parole, cioè che le frasi sono
composte di soggetto e predicato (con struttura predicativa). Il rapporto soggetto/predicato è di
“dipendenza reciproca”, ossia l’uno dei due elementi esiste solo perché esiste l’altro. Con il termine
“proposizione” si intende un frase con struttura predicativa di senso compiuto o meno. Esistono
tre tipi di entità che possono essere chiamati frasi:
1) proposizioni di senso compiuto;
2) espressioni di senso compiuto che non sono gruppi di parole (struttura non predicativa);
3) proposizioni senza senso compiuto.
3.2 Tipi di frasi
Una prima distinzione è quella tra frase semplice e complessa; la frase semplice non contiene altre
frasi mentre quella complessa è formata da più frasi. Il rapporto tra le frasi che costituiscono una
frase complessa può essere di coordinazione o di subordinazione: frasi semplici sono coordinate
quando sono sullo stesso piano, sono subordinate quando non sono sullo stesso piano e in questo
caso avremo frasi principali o dipendenti.
Modalità delle frasi:
Dichiarative.
Interrogative, che si dividono in “sì\no” e “wh-” (di specificazione).
Imperative.
Esclamative.
Dal punto di vista della polarità le frasi si distinguono in affermative e negative esempio (Gianni
è partito/ Gianni non è partito); dal punto di vista della diatesi si distinguono frasi attive da frasi
passive (Gianni ama maria/ maria è amata da Gianni), il punto di vista della segmentazione
oppone frasi segmentate a quelle non segmentate (questo libro, non lo avevo mai letto /non
avevo mai letto questo libro).
4. Soggetto e predicato
A livello sintattico si definisce “soggetto” l’argomento che ha la stessa persona e lo stesso
numero del verbo; a livello semantico il “soggetto” è colui che compie l’azione, a livello della
comunicazione il “soggetto” è ciò di cui si parla. E’ meglio però limitarsi ad usare i termini
“soggetto” e “predicato” per riferirsi alle nozioni di livello sintattico. A livello semantico si parlerà
di “agente” e “azione”, mentre a livello della comunicazione si parlerà di “tema” per indicare il
“soggetto” e di “rema” per indicare il “predicato”.
5. Categorie flessionali
Le desinenze delle parti del discorso variabili esprimono le diverse categorie flessionali: ad
esempio il genere, il numero, il caso, il tempo, la persona e il modo. Se due parole hanno le stesse
categorie flessionali si parla di “accordo”; se invece una parola ha una data categoria flessionale
perché le è assegnata da un’altra parola con categorie flessionali diverse si parla di “reggenza”.
5.1 Genere, numero e persona
In italiano esistono due generi, il maschile e il femminile; gli elementi del sintagma devono
accordarsi con il genere del nome testa del sintagma nominale, questo non succede ad esempio in
inglese in quanto l’aggettivo è invariabile. Per quanto riguarda il numero, l’italiano oppone
l’indicazione di un solo oggetto a quella di più oggetti appartenenti alla stessa classe, quindi
singolare e plurale. In lingue come il greco o il sanscrito esistono tre numeri grammaticali: il
13
singolare, il plurale e il duale; altre lingue hanno un’espressione anche per il triale. Come il
genere, anche il numero manifesta il fenomeno dell’accordo: se la testa del sintagma nominale è
singolare devono esserlo anche gli altri elementi del sintagma. Le persone grammaticali sono tre:
prima persona (colui che parla), seconda persona (a chi ci si rivolge) e terza persona (quella che
non entra nel dialogo).
5.2 Caso
Il “caso” indica la relazione che un dato elemento nominale ha con le altre parole della frase, in
cui si trova. In italiano, le relazioni tra verbo e argomenti sono espresse mediante 1) l’ordine delle
parole e 2) l’uso di un morfema grammaticale libero. In latino la diversa relazione degli
argomenti con il verbo è espressa dalla loro desinenza: nominativo, accusativo, dativo, genitivo,
vocativo e ablativo.
5.3 Tempo e modo
Una frase come <Gianni è partito.> contiene un’espressione di tempo. La frase può essere
enunciata in un determinato momento, il momento dell’enunciazione, mentre il tempo indicato
nella frase è detto momento dell’evento. In determinate frasi viene indicato anche un momento
di riferimento diverso dal momento dell’enunciazione e del momento dell’evento (ad esempio
<Gianni parte.>. Per operare invece altre distinzioni all’interno del sistema dei tempi dell’italiano
si ricorre alla categoria dell’aspetto: questa categoria ci permette di distinguere fra i tempi del
passato cioè l’imperfetto, il passato prossimo e il passato remoto. Il termine “imperfetto” rimanda
a qualcosa di non finito, si parla quindi di aspetto imperfettivo; passato prossimo e remoto sono
esempi di aspetto perfettivo, cioè compiuto. Il passato prossimo descrive un evento passato i cui
effetti sussistono ancora nel presente; il passato remoto descrive un evento che non ha più alcun
rapporto con il presente.
14
Scarica