2.1 Alfabeto, pronuncia, divisione in sillabe 2.2 Confronti lessicali

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2.1 Alfabeto, pronuncia, divisione in sillabe
Alcune lettere dell’alfabeto si pronunciano in modo molto diverso nelle varie lingue europee sia per
quanto riguarda le consonanti, sia per quanto riguarda le vocali e i dittonghi.
Le lingue moderne comprendono altre due lettere: j (“i lunga”) e w (“doppia vu”). Anche la pronuncia
di queste lettere cambia sensibilmente nelle varie lingue, in particolare in francese, spagnolo, inglese
e tedesco.
Il tedesco ha anche un segno per indicare la doppia “s”, che può essere scritta “ß”.
I suoni latini sono entrati nelle lingue europee con varianti più o meno sensibili. Ad esempio, l’inglese
ha dodici vocali e nove dittonghi diversi, per un totale di ventuno fonemi vocalici.
Le altre lingue europee hanno delle diversità tra la scrittura e la pronuncia più o meno marcate rispetto
all’italiano; in particolare, la lingua francese, inglese e tedesca (e per alcuni aspetti anche spagnola) si
leggono in modo molto diverso da come sono scritte.
La divisione in sillabe in italiano talvolta si discosta dal latino; nelle altre lingue viene fatta in modo
simile all’italiano, ma con norme meno vincolanti. In tedesco, ad esempio, ci si regola secondo le
sillabe parlate: He-li-kop-ter; Wes-te.
2.2 Confronti lessicali
Ecco un breve elenco di parole latine, che hanno conservato la forma pressoché uguale in italiano,
francese, spagnolo, inglese e tedesco; si consiglia di rilevare, anche con l’aiuto degli insegnanti, altre
corrispondenze analoghe fra il latino, l’italiano e la lingua straniera studiata.
LATINO
ITALIANO
FRANCESE
SPAGNOLO
INGLESE
TEDESCO
accentus
accento
accent
acento
accent
Akzent
auctor
autore
auteur
autor
author
Autor
auctoritas
autorità
autorité
autoridad
authority
Autorität
centralis
centrale
central
central
central
zentral
centrum
centro
centre
centro
centre
Zentrum
cithăra
chitarra
guitare
guitarra
guitar
Gitarre
concentus
concerto
concert
concierto
concert
Konzert
consul
console
consul
cònsul
consul
Konsul
costare
costare
coûter
costar
cost
kosten
dialogus
dialogo
dialogue
diàlogo
dialogue
Dialog
dictator
dittatore
dictateur
dictador
dictator
Diktator
echo
eco
écho
eco
echo
Echo
elegans
elegante
élégant
elegante
elegant
elegant
febris
febbre
fièvre
fiebre
fever
Fieber
Februarius,
febbraio,
février,
febrero,
february,
Februar,
Martius,
Aprilis…
marzo,
aprile…
mars,
avril...
marzo,
abril...
march,
april...
März,
April...
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festum
festa
fête
fiesta
feast
Fest
integritas
integrità
intègrité
ìntegridad
integrity
Integrität
legalis
legale
légal
legal
legal
legal
medicina
medicina
médecine
medicina
medicine
Medizin
militaris
militare
militaire
militar
military
Militär
minister
ministro
ministre
ministro
minister
Minister
momentum
momento
moment
momento
moment
Moment
monarchia
monarchia
monarchie
monarquìa
monarchy
Monarchie
motor
motore
moteur
motor
motor
Motor
musica
musica
musique
música
music
Musik
natura
natura
nature
natura
nature
Natur
nervosus
nervoso
nerveux
nervioso
nervous
nervös
normalis
normale
normal
normale
normal
normal
originalis
originale
original
original
original
original
pensio
pensione
pension
pensiòn
pension
Pension
perfectus
perfetto
parfait
perfecto
perfect
perfekt
politica
politica
politique
politica
politics
Politik
professor
professore
professeur
profesor
professor
Professor
respublica
repubblica
république
repùblica
republic
Republik
rosa
rosa
rose
rosa
rose
Rose
senator
senatore
sénateur
senador
senator
Senator
statua
statua
statue
estatua
statue
Statue
studens
studente
étudiant
estudiante
student
Student
studere
studiare
étudier
estudiar
study
studieren
studium
studio
étude
estudio
study
Studium
sympathia
simpatia
sympathie
simpatìa
sympathy
Sympathie
symphonia
sinfonia
symphonie
sinfonìa
symphony
Sinfonie
theatrum
teatro
théâtre
teatro
theatre
Theater
turbulentus
turbolento
turbulent
turbulento
turbulent
turbulent
typicus
tipico
typique
tìpico
typical
typisch
universitas
università
université
universidad
university
Universität
universum
universo
univers
universo
universe
Universum
vinum
vino
vin
vino
wine
Wein
vipera
vipera
vipère
vìbora
viper
Viper
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2.3 Ci diamo del tu o del lei?
Tra giovani ci si dà normalmente del “tu”, poi crescendo è bene passare al “lei”, specialmente quando
ci si rivolge a persone di riguardo o con cui non si è legati da vincoli di parentela o di amicizia: ché
se il solo fatto di esser coetanei giustificasse l’uso del “tu”, quando si incontrano due novantenni
dovrebbero come minimo abbracciarsi. È innegabile che l’uso del “tu” accorci le distanze e aiuti a
superare certe barriere, tuttavia un oculato uso del “lei” parrebbe ancora indice di buona educazione
e segno di rispetto: del resto dalle nostre parti in tempi non remotissimi la stessa moglie si rivolgeva
al marito con il “voi”; del “voi” si dà pure in francese, mentre in tedesco si usa il “loro”, e del “loro”
dà anche un oratore compìto, rivolgendosi a un pubblico qualificato.
In seguito alla dominazione spagnola si diffuse l’uso di forme allocutorie quali Vostra Signoria,
la Signoria Vostra Illustrissima, Vostra Grazia, Vostra Eccellenza e simili, forme ancora usate
specialmente nel linguaggio burocratico e nei rapporti epistolari; dalla contrazione di una di
queste forme, Vuestra Merced («Vostra Grazia»), è derivata la forma di cortesia dello spagnolo
moderno Usted, che corrisponde appunto all’italiano “lei”.
Chi parla, poi, talora invece che “io” usa dire “noi”, un pluralis maiestatis indice dell’autorità del
singolo che si pone come molteplicità di fronte all’uomo comune; ne facevano largo impiego
gli imperatori romani, e lo si sente ancora nelle comunicazioni ufficiali fatte da papi, sovrani,
politici.
Queste forme di rispetto non riguardano solo le lingue occidentali: come da noi una persona
compita, parlando della propria moglie, dirà semplicemente “mia moglie”, mentre parlando
della persona a cui si rivolge dirà “la Sua Signora”, così un cinese, dovendo nominare la propria
moglie, dice cien-nei, «quella vile là dentro» (alla faccia della cortesia!), mentre per la moglie della
persona a cui si rivolge dice lieng-ceng, «quella che comanda cose giuste».
2.4 Uso di gli e di loro
Ci è sempre stato insegnato che “gli” usato come complemento di termine plurale è un grave errore di
grammatica. Tuttavia, questo “gli” sarebbe più antico del “loro” che si giudica come forma più corretta,
e si trova usato da scrittori autorevolissimi. Lo usava Boccaccio: «Ma poi che con loro in piacevoli
ragionamenti entrata fu, essa piacevolmente donde fossero e dove andassero “gli” domandò». Lo
usava Galilei: «Alli padri Gesuiti “gli” potrà dar la copia della lettera». In tempi più recenti lo usava
Manzoni: «Chi si cura di costoro a Milano? Chi “gli” darebbe retta?», e ancora: «La legge l’hanno fatta
loro, come “gli” è piaciuto».
Né questo “gli” si riferisce solo a un maschile: poiché discende da un illi, che è anche femminile,
Carducci lo usava pure al posto di “le” singolare femminile: «Oso pregare la signora Sansoni a fare
ciò che “gli” sia meglio possibile».
Ed ecco qualche esempio di scrittori contemporanei: «Ti mando queste bozze, perché tu “gli”
dia un’occhiata» (Valgimigli); «Bisogna perdonar“gli”, diventeranno buoni sempre anche loro»
(Bontempelli); «Non hanno nessuno quei due, che “gli” scopi la stanza» (Pavese); «Anche a Silvana e
a tutte le altre, “gli” hanno detto che erano il tuo bocconcino?» (Pratolini); «Essi non possono giudicare
perché “gli” manca qualsiasi criterio di giudizio» (Devoto).
Al riguardo, il grande linguista Francesco D’Ovidio così si esprimeva: «Questo “gli” si rende poco
men che necessario dovunque “loro” ci riesce più pesante del solito»; del resto, il “gli” per “loro”
è diventato ormai di moda nei mass media, per cui il volerlo contrastare sarebbe come combattere
contro i mulini a vento.
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Il nostro debole parere è che non sarebbe male, dal punto di vista logico, se gli studenti conservassero
la sana abitudine di ragionare operando una distinzione tra “gli” singolare e “loro” plurale; in una fase
più matura, con la struttura grammaticale ben consolidata, si potrà senz’altro concedere qualche licenza
poetica anche a loro, specialmente se gli viene qualche bella frase del tenore di quelle sopra citate.
2.5 Pronomi relativi
La distinzione latina fra pronome relativo soggetto (homo qui ridet) e complemento oggetto (homo quem
video) si perde nell’italiano, e il “che” esprime entrambe le funzioni: «l’uomo che ride», «l’uomo che vedo».
Lo stesso accade in spagnolo: el hombre que ríe, el hombre que veo, e in inglese (ma in funzione di complemento
oggetto può anche essere omesso): the man who laughs, the man (who) I see; in francese e in tedesco, invece,
la distinzione rimane: l’homme qui rit, l’homme que je vois; der Mann der lacht, der Mann den ich sehe.
Accanto a “che” l’italiano conserva “chi”, però con funzione di pronome misto col significato di “colui
che”.
Oltre a “che” e “chi” l’italiano conserva anche “cui”, l’originario dativo che, specialmente in poesia, si
può trovare usato anche in funzione di complemento oggetto: «colui “cui” (= che) ella più che altra cosa
amava» (Boccaccio).
Il relativo variabile “il quale”, “la quale” ecc. fu creato in italiano soprattutto per evitare le confusioni a cui
darebbe luogo l’uso del “che”, quando si può riferire a più di un antecedente. Ad esempio, in una frase del
tipo: «Ho incontrato il cugino della signora che sta a Milano», non è chiaro se la relativa «che sta a Milano»
va riferita al cugino o alla signora; per evitare malintesi, si dirà: «il quale sta a Milano» nel primo caso, «la
quale sta a Milano» nel secondo caso.
Osserva che anche in francese il “chi” può essere sdoppiato, indicando le due funzioni logiche: celui
qui (sogg. – sogg.), celui que (sogg. – compl. ogg.); il pronome “chiunque”, invece, è reso con un solo
pronome: quiconque.
2.6 Pronomi correlativi
Talis pater, talis filius, sentenziavano i latini («tale padre, tale figlio»; o anche qualis pater, talis filius,
«quale il padre, tale il figlio»), per dire che il secondo ha ripreso le caratteristiche del primo; così in
francese tel père, tel fils, in inglese like father, like son, in tedesco wie der Vater, so der Sohn; in spagnolo
invece al femminile: cual la madre, tal la hija, «quale la madre, tale la figlia» o, con immagine diversa:
de tal palo tal astilla, «da tale palo tale scheggia».
In francese abbiamo anche: tel maître, tel valet, «tale padrone, tale servo»; tel qui rit vendredi, dimanche
pleurera, «chi ride venerdì, domenica piangerà».
I latini dicevano pure: quot / tot capita, tot sententiae, «tante teste, tanti pareri», a indicare la relatività
delle opinioni; fra i corrispondenti nelle altre lingue citamo il francese autant de têtes, autant d’avis, e
l’inglese as many men, so many minds («tanti corpi, tanti cervelli»); meno espressivo il tedesco: jeder hat
seine eigene Meinung, «ciascuno ha la propria opinione».
2.7 Formule di cortesia e di saluto
Le espressioni di cortesia sono spesso istruttive per la loro origine, o per il significato, o per tutti
e due. In latino, ad esempio, «ringraziare» si dice gratias agere, e questo sostantivo vive nel nostro
“grazie” e nello spagnolo gracias, entrambi imparentati anche con gratis, che voleva dire «per un
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grazie» e niente più. Il francese merci, invece, deriva da merces, «mercede», «ricompensa», il che rivela
un atteggiamento più materiale e interessato. In inglese e in tedesco i verbi che rendono «ringraziare»
(rispettivamente thank e danken sono connessi col verbo «pensare» (rispettivamente think e denken): si
assicura la persona da ringraziare, cioè, che serbiamo nella mente un grato ricordo del suo beneficio.
In russo ci sono due espressioni per «grazie»: spasibo, da spasi Bog, «Dio salvi» e blagodarju Vas, «vi
benedico».
Il «grazie» giapponese, arigato, letteralmente significa «è difficile», per indicare la difficoltà che si
prova nell’esprimere un adeguato ringraziamento; ma i nipponici hanno anche un’espressione più
involuta, makoto ni go shinsetsu de gozaimas, che letteralmente significa «in verità un’augusta, speciale,
signorile amicizia è qui onorevolmente posta».
quaeso e quaesumus propriamente sono delle forme verbali che significano «prego», «preghiamo»;
si usano però come formule di cortesia, col significato di «per favore», «di grazia»; analogamente,
abbiamo in francese s’il vous plaît (dal verbo plaire), in spagnolo por favor (verbo favorecer), in inglese
please (verbo please), in tedesco bitte (verbo bitten).
ave e salve si usano anche in italiano come formule augurali di saluto; “un’ave” è sinonimo di “un’Ave
Maria”, dal saluto dell’arcangelo Gabriele alla Vergine; troviamo avé, salut e Salvé Regina in francese,
ave e salve in inglese, Ave-Maria in tedesco.
2.8 La preposizione
La preposizione (da prae-pono, «porre davanti») è una parte invariabile del discorso che si “pone
davanti” a un nome per indicare il rapporto che lo lega all’idea espressa dal verbo; oltre che davanti
a un nome, però, può essere posta anche davanti a un pronome o ad un verbo di modo infinito, con
cui forma un complemento.
In origine le preposizioni erano avverbi, usati per precisare il significato del verbo con cui entravano
in composizione a formare i verbi composti: che avessero tale funzione, lo prova anche il fatto che
alcune di esse sono tuttora usate sia come avverbi sia come preposizioni. Alla praepositio con specifica
funzione grammaticale, invece, si richiamava già Quintiliano nel primo secolo d.C.
Alcune preposizioni nei composti possono assumere un valore particolare. Ad esempio:
in può esprimere un valore negativo, come negli aggettivi iniustus, infelix, infirmus, invalidus, insanus
ecc.;
per può essere prefisso intensivo, come in: perutilis, perbrĕvis, perbĕne, peracutus ecc.;
prae può essere prefisso intensivo, come in praedives, praealtus, praeclarus; ma può indicare anche
precedenza o superiorità, come in praecedere, praecurrere, praedicere, praemonēre, praeponere, praeesse,
praecellere («eccellere») ecc.;
ad indica fondamentalmente avvicinamento, direzione, tendenza, come in adcedere («avvicinarsi»),
adcurrere, adducere, admovēre, adaptare, o vicinanza, come in adesse («essere vicino»), adiacēre
(«giacere vicino, presso»), oppure esprime valore rafforzativo, come in admirari, adamare («amare
profondamente»), adaperire («aprire completamente»).
2.9 Il complemento di vocazione
Anche nelle lingue comunitarie il complemento di vocazione viene separato dal resto della frase
mediante la virgola; può inoltre essere introdotto:
– in francese con ô, hé:
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O mon Dieu, «O mio Dio»; Hé, la jeune fille, «O ragazza!»;
– in spagnolo con oh:
¿Oh, padre, por qué me haces esto? «O padre, perché mi fai questo?;
– in inglese con hey:
Hey you, out there!. «O voi, laggiù!».
Nella lingua tedesca, che ha i casi della declinazione come il latino, non c’è una forma propria per
il vocativo; per rivolgersi a una persona si usa il nominativo, pure separato dalla virgola, ma si usa
anche richiamare l’attenzione dell’interlocutore con du («tu», «ehi tu»). Es.: Du, Paul, ich muss dir wass
sagen. «Tu / Ehi tu / Senti un po’, Paolo, devo dirti una cosa».
2.10 Funzioni dell’accusativo
Presentiamo alcuni confronti tra modi di esprimersi in latino con quelli corrispondenti delle lingue
straniere.
Il confronto rispetto al latino risalta meglio con la lingua tedesca, che presenta la categoria dei casi.
Per quanto riguarda l’accusativo, mentre in latino può stare in qualsiasi posizione della frase, in
tedesco invece con i sostantivi va posto dopo il complemento di termine (dativo), al contrario dell’uso
italiano: Ich sende meinem Freund ein Geschenk. «(Io) spedisco un regalo al mio amico»; quando invece
ci sono un pronome e un sostantivo, il pronome ha precedenza sul sostantivo, indipendentemente
dal caso: Ich sende ihm das Geschenk, «(Io) gli spedisco un regalo»; Ich sende es meinem Freund, «(Io) lo
spedisco al mio amico»; se infine entrambi i complementi sono rappresentati da pronomi, l’accusativo
ha precedenza assoluta: Ich sende es ihm. «(Io) lo spedisco a lui», «(Io) glielo spedisco».
Vanno in accusativo anche in tedesco molti complementi, come quello di misura, che può essere retto
da un verbo, o seguito da aggettivi che indicano misure, come breit («largo»), groß, hoch («alto»), lang
(«lungo»): Die Mauer misst einen Meter. «Il muro misura un metro». Die Mauer ist einen Meter hoch.
«Il muro è alto un metro».
2.11 Il complemento di età
Il complemento di età può essere espresso col numerale cardinale seguito in inglese da old e in tedesco
da alt («vecchio»), una forma corrispondente a quella del latino con natus. Perciò una frase del tipo:
«Ho sedici anni», in latino Sedecim annos natus (nata) sum, è resa in inglese: I am sixteen years old, e
in tedesco Ich bin sechzehn Jahre alt (in questa espressione non si nota il caso, perché il termine Jahr è
neutro e l’accusativo è uguale al nominativo); invece in spagnolo: Tengo dieciséis años; analogamente,
la domanda: «Quanti anni hai?», in inglese si rende: How old are you?, e in tedesco: Wie alt bist du?
(invece in francese: Quel âge avez-vous?; si osservi âge, «età», in francese maschile).
Un’altra forma per rendere il complemento di età in tedesco è mit + dativo. Es.: mit sechzehn Jahren,
«a sedici anni».
2.12 Il complemento partitivo
Il complemento partitivo viene usato molto spesso nella lingua francese, quando manca l’articolo
determinativo, come nei seguenti casi:
– in frasi del tipo: «Hanno denaro», Ils ont de l’argent; «Scrive versi», Il écrit des vers;
– in frasi negative: «Non ho pane», Je n’ai pas de pain;
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– in frasi con l’aggettivo qualificativo: «Abbiamo pane eccellente», nous avons d’excellent pain;
– in dipendenza da avverbi o aggettivi di quantità: «Mangi troppo pane», Tu manges trop de pain;
«Mangio poca carne», Je mange peu de viande;
– per rendere le espressioni con l’aggettivo possessivo del tipo: «un vostro compagno», un de vos
camarades; «è un nostro amico», c’est un de nos amis; «ti presterò un mio libro», je te prêterai un de mes
libres.
2.13 Funzioni dell’ablativo
Le funzioni dell’ablativo sono rese in vari modi nelle lingue comunitarie. Osserviamo, ad esempio,
come sono rese nella lingua tedesca.
In tedesco non c’è il caso ablativo; le sue funzioni sono svolte dagli altri casi, mediante preposizioni.
Ecco come vengono resi in tedesco alcuni complementi che in latino sono tipici dell’ablativo.
agente
von + dativo
argomento
über + accusativo
causa efficiente
durch + accusativo
compagnia
mit + dativo
materia
aus + dativo
mezzo
mit + dativo, durch + accusativo
modo
mit + dativo
origine e provenienza
aus / von + dativo
2.14 Determinazioni di tempo
Ecco alcune determinazioni di tempo in uso nelle lingue straniere:
– in francese: il y a huit jours, «otto giorni fa»; dans huit jours, «fra otto giorni»; tous les huit jours, «ogni
otto giorni»; le surlendemain, «due giorni dopo»; une heure après, «un’ora dopo»; avant quelques jours,
«fra pochi giorni»; quelques jours avant, «pochi giorni prima»; l’année prochaine, «l’anno prossimo»;
– in spagnolo: dentro de un año, de aquí a un año, «fra un anno»; el año que viene, «il prossimo anno»;
hace veinte años, «vent’anni fa»; hace una hora, «un’ora fa»; una vez por año, «una volta all’anno»; dentro
de poco, dentro de un rato, de aquí a poco, «fra poco»; cada dos por tres, «ogni cinque minuti», «molto
spesso»;
– in inglese: in two hours, «fra due ore»; every two hours, «ogni due ore»; every day, month, year, «ogni
giorno, mese, anno»; twice daily, «due volte al giorno»; three years ago, «tre anni fa»; for three years, «da
tre anni»; in tree years, «fra tre anni»; within three years, «entro tre anni»;
– in tedesco si trovano il genitivo, il dativo o l’accusativo, da soli o con preposizione, a seconda della
determinazione di tempo: vorigen Monat, «il mese scorso»; in diesem Monat, «questo mese»; in der
letzten Woche, «la settimana scorsa»; nächste Woche, «la settimana prossima»; heute vor acht Tagen («una
settimana fa»); heute in einer Woche («fra una settimana»); letztes Jahr, «l’anno scorso»; nächstes Jahr,
«l’anno prossimo»; vor drei Jahren, «tre anni fa»; in drei Jahren, «fra tre anni»; alle drei Jahre, «ogni tre
anni»; dreimal im Jahr, «tre volte all’anno»; jeden Tag, «ogni giorno»; in einer Stunde, «fra un’ora»; in
acht Tagen, «fra otto giorni».
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2.15 Espressioni del tempo continuato
Ecco alcune espressioni di tempo continuato nelle lingue comunitarie:
– in francese: pendant deux mois, «per due mesi»;
– in inglese: for three years (o solo three years), «per tre anni».
Anche in tedesco il complemento di tempo continuato va reso con l’accusativo, come in latino, da solo
o accompagnato delle preposizioni für, über e hindurch (le ultime due posposte): die ganze Nacht, «(per)
tutta la notte»; für fünfzehn Tage, «(per) quindici giorni»; den ganzen Tag (über), «(per) tutto il giorno»;
den Dezember hindurch, «per tutto dicembre»; das ganze Jahr (hindurch), «(per) tutto l’anno».
Ed ecco come sono passati nelle lingue comunitarie alcuni termini relativi al tempo:
LATINO
ITALIANO
FRANCESE
SPAGNOLO
INGLESE
TEDESCO
tempus
tempo
temps
tiempo
tempo
Tempo
(minutum)
minuto
minute (f.)
minuto
minute
Minute (f.)
momentum
momento
moment
momento
moment
Moment
heure
hora
hour
Uhr
jour, journée
día, jornada
day (journal)
(Journal)
mois
mes
month
Monat
horam
ora
d i e m
dì, giorno
(diurnum)
mensem
mese
annum
anno
an, année
año
(annual)
anno (letter.)
saeculum
secolo
siècle
siglo (secular)
(secular)
(säkular)
Il termine “minuto” deriva da minutus, che propriamente è il participio perfetto di minuĕre, «diminuire»,
nel senso di «suddiviso», «spezzettato»; si suol distinguere il “minuto primo”, la sessantesima parte
dell’ora, e il “minuto secondo”, la sessantesima parte del minuto primo. Il “secondo” in francese
si dice seconde, in spagnolo segundo, in inglese second, in tedesco Sekunde; in francese e in tedesco il
termine è femminile.
Il dies latino sopravvive direttamente nel lessico italiano solo nella forma tronca “dì”, usato soprattutto
nei composti (lunedì, martedì, mezzodì ecc.), in espressioni colloquiali e proverbiali (“buondì”, “addì”) e
come termine specifico in geografia astronomica per indicare, in contrapposizione a “notte”, la parte del
giorno compresa tra il sorgere e il tramontare del sole; il tema di dies continua in numerosi termini delle
lingue comunitarie, in particolare in italiano “odierno”, “quotidiano”, “diurno”, “meridiano”, “triduo”;
il sostantivo italiano “giorno” (come i corrispondenti nelle altre lingue) deriva dall’aggettivo diurnus.
2.16 L’idea di sproporzione
Ecco alcune espressioni nelle lingue straniere che indicano sproporzione:
– in francese: Il est trop malin pour qu’on puisse l’entortiller. «È troppo astuto perché lo si possa
imbrogliare»; C’est trop beau pour être vrai! «È troppo bello per essere vero!»;
– in spagnolo: Gana mucho para lo que hace, «Guadagna troppo rispetto a quel che fa»;
– in inglese: He’s too smart to be taken in, «È troppo furbo perché lo si possa imbrogliare»; The news was
too good to be true, «La notizia era troppo bella per essere vera»;
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– in tedesco: Es ist zu schwierig, als dass es alle verstehen könnten. «È troppo difficile perché tutti lo
possano capire». Ich habe ihn zu sehr ins Herz geschlossen, um ihn zu vergessen, «Mi sono affezionato
troppo per dimenticarlo».
2.17 L’aggettivo possessivo
L’aggettivo possessivo non è mai accompagnto dall’articolo, tranne che in italiano; perciò si osservi:
in spagnolo: mi trabajo, «il mio lavoro»; tu abrigo, «il tuo cappotto»; in inglese: my colleagues, «i miei
colleghi»; my old house, «la mia vecchia casa»; in tedesco: mein Herz, «il mio cuore»; dein Haus, «la tua
casa».
Anche in francese l’aggettivo possessivo non è mai accompagnto dall’articolo; quando indica possesso
inoltre va sempre espresso, mentre in italiano (come in latino) può mancare: bander son arc, «tendere
l’arco»; prends ton parapluie, «prendi l’ombrello»; donnez-moi mes gants, «datemi i guanti».
2.18 Il non pleonastico
Il “non” con valore pleonastico è una caratteristica dell’italiano, in latino e nelle altre lingue comunitarie
non va espresso; ecco alcune locuzioni ed espressioni:
– in francese: dès que, à peine, sitôt que, «non appena»; à peine arrivé, «non appena giunto»;
– in spagnolo: he llamado hasta que me he cansado, «ho chiamato finché non mi sono stancato»;
– in inglese: as soon as he saw me, he ran to meet me, «non appena mi vide, mi corse incontro»;
– in tedesco: er ist schlauer als man glaubt, «è più furbo di quanto non si creda».
2.19 Formazione del verbo passivo
In latino il verbo passivo si forma sostituendo le desinenze attive con quelle passive nei tempi semplici
(laudo > laudor, laudabam > laudabar, laudabo > laudabor, laudare > laudari), col participio perfetto e
l’ausiliare sum nei tempi composti (laudatus sum, laudatus eram, laudatus ero).
Ecco invece come si forma il passivo nelle altre lingue:
– in italiano con gli ausiliari “essere”, “venire”, “andare” e il participio passato, concordato col
soggetto come un aggettivo: la casa fu distrutta, venne distrutta, andò distrutta dall’incendio;
– in francese con l’ausiliare être («essere»): il est aimé de tout le monde, «è amato da tutti»;
– in spagnolo con ser («essere»): nos fue dicho que entraramos, «ci venne detto di entrare»;
– in inglese con to be («essere») e to get (con vari significati, nelle frasi passive «essere», «venire»): he
was elected last year, «fu, venne eletto l’anno scorso»; he is respected by everyone, «viene rispettato da
tutti»; it’s likely to get lost, «rischia di andare perduto»;
– in tedesco con werden («diventare», nelle frasi passive «essere», «venire»): die Wolchen werden durch
den Wind getrieben, «le nuvole vengono spinte dal vento»; der Soldat wurde verletzt, «il soldato fu ferito»;
das Rezept wird vom Arzt geschrieben, «la ricetta viene scritta dal medico».
2.20 L’ausiliare dei riflessivi
Se è corretto dire: «ti “ho” lavato», «li “abbiamo” lavati», parrebbe logico potersi dire correttamente
anche: «mi “ho” lavato», «ci “abbiamo” lavati». Effettivamente, il riflessivo con l’ausiliare “avere” è
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molto diffuso in Italia, ed affonda le radici nei classici. Nel Novellino troviamo: «Questi due cavalieri
s’aveano lungamente amato»; nel Boccaccio: «m’ho posto in cuore»; nel Pulci: «s’ha sgretolato». Col
tempo si è venuta imponendo la costruzione del verbo riflessivo con “essere”, il che si spiega da un
incrocio di «mi “ho” lavato» (riflessivo) con «sono lavato» (passivo). La costruzione del riflessivo
con l’ausiliare “avere” però è ancora viva in alcune regioni, sia del nord che del sud. Ecco alcuni
esempi significativi: in dialetto veronese: me l’avea immaginà, «me l’ero immaginato»; in veneziano:
el se gà stracà, «si è stancato»; no se gà reclamà, «non si è reclamato»; in campano: t’a scordato, «ti sei
scordato»; in calabrese: m’aiu fattu male, «mi sono fatto male»; in siciliano: lu curru s’a firmatu, «il carro
si è fermato» ecc.
Il riflessivo con l’ausiliare “essere” si usa anche in francese: je me suis lavé, «mi sono lavato»; elles
se sont repenties, «esse si sono pentite»; in spagnolo, in inglese e in tedesco, invece, si usa l’ausiliare
«avere» (haber in spagnolo, to have in inglese, haben in tedesco); perciò in spagnolo troviamo: yo me he
peinado, «mi sono pettinato»; yo me he cansado, «mi sono stancato»; todo hombre se ha enamorado por lo
menos una vez, «ogni uomo si è innamorato almeno una volta»; in inglese: I had just woken up, «mi ero
appena svegliato»; we had met before, «ci eravamo già incontrati»; e in tedesco: du hast dich gut frisiert,
«ti sei pettinata bene».
2.21 I tempi dei verbi
Nel passaggio dal latino alle lingue comunitarie non vi è sempre corrispondenza nei tempi dei verbi.
Prendendo come riferimento il verbo italiano, limitandoci all’indicativo, si può osservare:
– in francese: il passato remoto si dice passé simple, il passato prossimo passé composé, il trapassato
remoto passé antérieur;
– in inglese: ci sono due tipi di presente (il presente semplice e il presente progressivo) e due tipi di
futuro semplice (il futuro puro e il futuro volitivo o intenzionale); l’imperfetto e il passato remoto
confluiscono nel Past Tense; ci sono inoltre i tempi corrispondenti al passato prossimo, al trapassato
prossimo (che vale anche per il trapassato remoto) e al futuro anteriore; si osserva rigorosamente,
infine, la differenza fra il passato prossimo e il passato remoto, che invece in italiano (ma anche in
altre lingue) spesso non va rilevata;
– in tedesco: il Präteritum rende i significati di imperfetto e di passato remoto; il Perfekt corrisponde al
passato prossimo, il Plusquamperfekt rende i significati di trapassato prossimo e di trapassato remoto.
2.22 L’imperativo
Per quanto riguarda l’imperativo nelle lingue comunitarie, si osservi:
– in inglese ci sono tutte le persone, per lo più con valore esortativo, compresa la prima persona
singolare (let me be);
– in italiano e in spagnolo ci sono tutte le persone, tranne la prima singolare;
– in francese ci sono la seconda persona singolare, la prima e seconda plurale;
– in tedesco ci sono soltanto la seconda persona singolare e la seconda plurale, come in latino.
Per rendere l’imperativo proibitivo:
– in italiano si usa l’infinito preceduto da negazione per la seconda persona singolare (“non parlare!”),
l’imperativo positivo con negazione per le altre persone;
– in francese e in inglese si usano le stesse forme dell’imperativo positivo con la negazione;
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– in spagnolo si usano le forme del congiuntivo precedute da negazione (ama, no ames);
– in tedesco si usano le stesse forme del positivo seguite da negazione.
2.23 Evoluzione dell’accusativo con l’infinito
Una frase del tipo: Puto te esse bonum doveva originariamente essere resa: «Penso te essere buono».
Questo tipo sintattico è rimasto attestato nell’italiano antico: «Maravigliossi Alessandro udendo la
moglie essere figliuola del re d’Inghilterra» (Boccaccio). Un simile costrutto fu comune fino a tutto
il Cinquecento, ma accanto a questo si era già affermato l’uso del “che” dichiarativo, derivato dal
quod dichiarativo usato nel latino parlato.
Già in epoca classica troviamo: Legati Carteienses renuntiaverunt quod Pompeium in potestatem
haberent. (B. Hisp.) «I messaggeri di Carteia riferirono che avevano Pompeo nelle loro mani». Scis
quod epulum dedi. (Petr.) «Sai che ho dato un banchetto». Vides quod aliis lepŏrem excitavi? (Petr.)
«Vedi che ho stanato la lepre a vantaggio di altri?».
Tale costrutto si diffuse anche più rapidamente ad opera degli autori cristiani, sia perché questi
prediligevano le forme colloquiali e popolari dello stile, sia perché, nel tradurre i testi dal greco,
incontravano di continuo il costrutto légo hóti («dico che»), esattamente corrispondente al latino
dico quod. A poco a poco, poi, il quod cominciò ad alternarsi con quia e quoniam. Es.: Scimus quia hic
est filius noster. (Vulg.) «Sappiamo che questo è nostro figlio».
In origine il “che” ebbe valore di pronome neutro, equivalente a “ciò”, “questo”, e il periodo
«penso che tu sei buono» doveva essere sentito come formato da due proposizioni coordinate:
«penso questo: tu sei buono». Solo in secondo tempo assunse l’ufficio di congiunzione.
La derivazione di oggettive e soggettive da costrutti coordinativi è riscontrabile anche in inglese e
in tedesco, dove la congiunzione che introduce tali proposizioni è identica al dimostrativo neutro;
in inglese: I think that (= quello) you are good; in tedesco: ich glaube daß (= das articolo e dimostrativo
neutro) du bist gut.
Un costrutto analogo all’accusativo con l’infinito si osserva in inglese, con verbi che reggono
l’accusativo, anziché il dativo come in italiano. Es.: I ordered him to go. «Gli ordinai di andare».
He permitted me to go. «Permise che io andassi». He wants me to go for him. «Vuole che io vada per
lui».
2.24 L’infinito storico o descrittivo
L’infinito storico o descrittivo è un costrutto che ha origine dall’immediatezza della lingua parlata
e che, ritenuto espressivo, viene impiegato soprattutto nelle narrazioni e dagli storici (Cesare,
Sallustio, Livio, Tacito) per esprimere notazioni rapide e drammatiche. A partire dal XIV secolo è
documentato pure in italiano, anche se non è certo che il costrutto italiano derivi da quello latino.
L’infinito storico è presente anche nelle lingue germaniche; ad esempio, nel tedesco popolare: Er
das hören, und auf und davon laufen. «Egli ciò udire, e di qua e di là correre».
Nei tempi moderni l’infinito descrittivo diventa un elemento stilistico con cui si esprime vivacità di
azione e movimento enfatico, come nel seguente passo della traduzione dell’Iliade, fatta dal Monti:
«...e qui fuggire e sgominarsi i Teucri, a gli Argivi inseguirli, e via pe’ banchi delle navi cacciarli
in gran tumulto». E in tempi più recenti: «Poi a casa: mettere a letto i fratelli, rigovernare. E la
domenica mattina fare il bucato sulla Sieve, portarsi dietro i ragazzi per il Corso, nel pomeriggio».
(Pratolini)
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2.25 L’ablativo assoluto
L’ablativo assoluto latino è una delle forme più comuni passate direttamente nelle lingue comunitarie;
in italiano, ad esempio, usiamo abitualmente espressioni participiali del tipo: “stando così le cose”
(sic stantibus rebus), “seduta stante” («mentre dura / durava la seduta»), “nessuno escluso”, “visto
l’impegno”, “sorto il sole”, “detto ciò”, “fatto ciò” (anche “detto fatto”), “risolto il problema”, “còlta
la palla al balzo”, “vista la mala parata” ecc.
Altre volte il participio latino è diventato una preposizione; ad esempio, in italiano “durante”,
“nonostante”, “mediante”, “rasente”, “dato”, “tolto”, “eccetto” ecc., come nelle espressioni: “durante
la mia assenza” (letter.: «mentre dura la mia assenza», in latino me absente), “nonostante la pioggia”
(letter. «non ostando», cioè «non opponendosi la pioggia»), “ciò nonostante” («non ostando ciò»),
“mediante il tuo aiuto”, “rasente il muro”, “dato l’impegno”, “tolti quei due” (si osservi il plurale),
“eccetto noi”, e ancora: “salvo pochi” ecc.
Si osservi:
durante, propriamente è il participio presente di durare; l’espressione “vita natural durante” (letter.
«mentre dura la vita naturale») in francese si dice sa vie durant, in spagnolo durante toda la vida, in
inglese during one’s lifetime, in tedesco das ganze Leben lang;
mediante, propriamente è il participio presente di mediare; in francese è diventato moyennant, in
spagnolo mediante, in inglese by means of, o through, in tedesco durch + accusativo, mittels + genitivo,
mit + dativo;
nonostante è composto di non + il participio presente di “ostare”, da obstare, «opporsi»; l’espressione
“ciò nonostante” (in latino nihilo minus) in francese si dice ce nonobstant, in spagnolo no obstante, in
tedesco dessen ungeachtet; in inglese è resa con un avverbio: nonetheless, o nevertheless;
L’espressione “cogliere la palla al balzo”, in latino occasionem captare o arripere, in francese si dice
prendre la balle au bond, in spagnolo coger la ocasión por los pelos, in inglese to seize an opportunity, in
tedesco die Gelegenheit beim Schopfe ergreifen.
Si ricorda che in spagnolo non c’è il participio presente.
2.26 Il gerundio
Il gerundio è passato nelle lingue comunitarie; la forma del presente in italiano e in spagnolo ha
conservato la terminazione del latino: “amando”, “temendo”, “partendo”, amando, temiendo, partiendo;
in francese, in inglese e in tedesco è reso con le forme del participio presente: in francese parlant,
«parlante» e «parlando»; in inglese working, «lavorante» e «lavorando»; in tedesco lächelnd, «sorridente»
e «sorridendo» (ma è reso anche in vari altri modi).
Del gerundivo sono rimaste numerose tracce, specialmente in italiano, ad esempio in termini
come “addendo”, “dividendo”, “esaminando”, “laureando”, “venerando” ecc.; il supino, invece, è
scomparso.
Si osservi la corrispondenza dei termini grammaticali relativi ai modi nelle lingue comunitarie.
LATINO
ITALIANO
FRANCESE
SPAGNOLO
INGLESE
TEDESCO
indicativum
indicativo
indicatif
indicativo
indicative
Indikativ
coniunctivum
congiuntivo
conjonctif,
subjonctif
subjuntivo
subjunctive
Konjunktiv
imperativum
imperativo
impératif
imperativo
imperative
Imperativ
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infinitum
infinito
infinitif
infinitivo
infinite,
infinitive
Iinfinitiv
participium
participio
participe
participio
participle
Partizip
gerundium
gerundio
gérondif
gerundio
gerund
Gerundium
(gerundium)
gerundivo
(adjectif verbal)
gerundivo
gerundive
Gerundiv
supinum
supino
supin
supino
supine
Supinum
gerundio deriva dalla locuzione modus gerundi, «modo di comportarsi»; gerundus è una forma
alternativa di gerendus, da gerere, «portare», «comportarsi»;
supino propriamente significa «disteso sulla schiena», con il volto rivolto verso l’alto; per estensione
indica chi è immobile, e anche chi è servilmente obbediente; il modo verbale è così detto perché è una
forma infinita indeclinabile, immobile, appoggiata al verbo.
2.27 Perché e quando
In latino vi sono termini diversi per rendere il “perché” interrogativo, causale e finale; in italiano
questa differenza è scomparsa, mentre si è conservata nelle altre lingue; in spagnolo la stessa locuzione
si presenta in parola unica quando ha valore causale, separata in due parole e con l’accento quando ha
valore interrogativo; perciò si osservi:
LATINO
ITALIANO FRANCESE
SPAGNOLO
INGLESE
TEDESCO
Interr.
cur?
perché?
pourquoi?
¿por qué?
why?
warum?
Causale
quod, quia
perché
parce que,
car
porque
because, as
weil, denn
Finale
ut
perché
afin que,
pour que
para que
so (that), in
order that
damit
In latino si distingue pure il “quando” interrogativo da quello con valore temporale; anche questa
differenza è scomparsa in italiano, come pure in francese e in inglese, mentre è rimasta in tedesco; in
spagnolo i due termini si distinguono per l’accento:
LATINO
ITALIANO
FRANCESE SPAGNOLO
INGLESE
TEDESCO
Interrog. quando?
quando?
quand?
¿cuándo?
when?
wann?
Tempor.
quando
quand
cuando
when
wenn
cum
Quando l’interrogativa non è introdotta da un pronome, aggettivo o avverbio interrogativo, in latino
si usano le particelle -ne, num o nonne; una forma analoga è in francese l’interrogativa introdotta dalla
locuzione: est-ce que.
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2.28 Espressioni con valore consecutivo
Ecco alcune espressioni con valore consecutivo nelle lingue straniere:
– in francese: Il se battit avec un tel courage, qu’il vainquit. «Si batté con tale coraggio, che vinse»; Ce tableau
est trop bon marché pour être authentique. «Questo quadro costa troppo poco per essere autentico»;
– in spagnolo: Es tan antipático, que nadie lo quiere. «È così antipatico, che nessuno lo vuole». Era de una
soberbia tal, que todos le odiaban. «Era di una tale superbia, che tutti lo odiavano». Hay tantas personas,
que ya no cabe nadie más. «Ci sono così tante persone, che non ci sta più nessuno»;
– in inglese: He isn’t the sort to give up easily. «Non è tipo da arrendersi facilmente». You won’t be so silly
as to refuse such an offer, will you? «Non sarai tanto sciocco da rifiutare una simile offerta!». They were
so wrapped up in their game, that they didn’t notice we were there. «Erano così assorti nel gioco, da non
accorgersi della nostra presenza»;
– in tedesco: Ich war so müde, dass ich sofort einschlief. «Ero così stanco, che mi addormentai subito». Er
war so müde, dass er nichts mehr verstand. «Era tanto stanco, da non capire più nulla». Es ist zu billig, um
echt zu sein! «Costa troppo poco per essere autentico».
2.29 Il periodo ipotetico
Il periodo ipotetico nelle lingue comunitarie segue in linea di massima la teoria del latino; in italiano,
tuttavia, non si ha distinzione tra il secondo e il terzo tipo; invece il greco moderno, come quello
classico, presenta quattro tipi di periodo ipotetico:
1° tipo, o della realtà;
2° tipo, o dell’eventualità;
3° tipo, o della possibilità;
4° tipo, o dell’irrealtà.
La congiunzione condizionale latina si è passata in italiano, francese e spagnolo anche con valore
interrogativo; perciò si osservi:
Condiz.
LATINO
ITALIANO
FRANCESE SPAGNOLO
INGLESE
TEDESCO
si
se
si
si
if
wenn,
falls
se
si
si
whether, if
ob
-ne, num,
Interr. e
nonne,
dubit.
utrum
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