1 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile 2 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile Pietro Giaquinto Fondamenti di DIRITTO CANONICO Facile Facile ( Prima Edizione - 2015) _______________________ Collana Manuali Giuridici STUDIOPIGI 3 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile 4 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile CAPO I LE RAGIONI DEL DIRITTO CANONICO 1. LA CHIESA E IL DIRITTO Abituati come siamo ad immaginare la Chiesa come un'organizzzione di tipo spirituale ed astratta, potremmo, a primo impatto, faticare non poco a pensare ad un suo ordinamento di tipo giuridico. Ma ci basterà riflettere sulla sua duplice natura, al tempo stesso divina ed umana, per renderci conto che, pur nella sua dimensione tendente al celeste, la Chiesa, nel tempo, ha sviluppato le proprie istituzioni dinamicamente, al pari di quelle dell'umanità laica. "L’opera redentrice di Cristo, che ha come fine la salvezza degli uomini, riguarda anche la instaurazione dell’ordine temporale. La missione della Chiesa perciò non consiste soltanto nel portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche nel permeare e perfezionare l’ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico" (AA 5). Una duplice natura dicevamo, quindi, un "doppio binario", che soddisfi in pieno il fine di salvezza perseguito dalla Chiesa, che, adempiendo alle prescrizioni del suo Fondatore, si pone Stato tra gli Stati nella sua dimensione terrena; e si organizza giuridicamente per meglio strutturare la gerarchia dei suoi uffici ed i rapporti con il potere temporale e politico, in quello che durante l'ultimo Concilio è stato definito "dualismo cristiano", e che "distingue, non separa né confonde il temporale dal religioso, e ne stabilisce i rapporti". E se, nel corso dei secoli, alcuni hanno interpretato la codificazione 5 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile canonistica come ostacolo allo sviluppo dei carismi o pericoloso strumento di oppressione, questi non hanno evidentemente saputo cogliere la perfetta fusione delle due anime della Chiesa, ed il continuo sviluppo simbiotico delle istituzioni divine e terrene, così come aveva voluto il Fondatore, considerato il primo legislatore del popolo dei credenti. Stato e Chiesa appaiono quindi come società diverse e autonome ciascuna nel proprio ordine, guidate dalle rispettive autorità. Ma poiché la Chiesa ha una missione più eccelsa e trascendente di quella dello Stato, la sua giurisdizione non si limita agli affari prettamente ecclesiastici, ma si estende anche su quelle cose temporali che, pure indirettamente, riguardano il bene delle anime, affinché le istituzioni civili non solo non impediscano ma favoriscano il compito spirituale della Chiesa. Il diritto, dunque, entra a pieno titolo nell'economia della Chiesa come strumento di realizzazione della giustizia sociale, in equilibrio con l'altra e più alta forma di giustizia spirituale che è la Santità; e studiare il diritto canonico, ci impone il costante sforzo di non dimenticare mai la doppia anima della Chiesa, poiché esso è riflesso e espressione di tale natura. Le stesse istituzioni ecclesiastiche, pur nella loro concretezza storica, di cui sono figlie e di cui spesso soffrono i limiti, vanno colte e lette nel costante connubio della loro duplice dimensione storico-divina. L'origine di tali istituzioni è da ricercarsi in tre elementi fondamentali: - In Cristo, che con la sua parola ed opera, con la sua morte e risurrezione e con l'investitura dello Spirito, ha inserito il seme fecondo della Chiesa nella storia degli uomini. - Negli Apostoli, che hanno accolto il seme divino e lo hanno fatto fecondare, rilanciandolo con la loro predicazione e la loro opera. - Nelle prime comunità cristiane, che hanno lasciato in eredità alle 6 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile generazioni future e all'intera umanità il dono della fede, ricevuto dall'annuncio apostolico. Ora, ciò che esprime l'Istituzione ecclesiale con la codifica è proprio il diritto che, come la duplice natura della Chiesa, è anch'esso da distinguere in "divino" e "ecclesiastico". Si parla di "diritto divino" quando ciò che è istituito nella Chiesa è espressione diretta della stessa volontà di Cristo; si parla, invece, di "diritto ecclesiastico" riguardo alle istituzioni della Chiesa che vengono fatte risalire agli Apostoli o alle comunità cristiane. Va detto subito che il diritto ecclesiastico discende da quello divino e, per certi aspetti, lo incarna e lo attua nella storia. Fanno parte del diritto divino: - La Parola, da cui discendono e dipendono le seguenti istituzioni ecclesiastiche: - la dottrina della fede con le sue regole - gli organismi di controllo dottrinale - le scuole di teologia - I Sacramenti, da cui discendono e dipendono le seguenti istituzioni ecclesiastiche: - le regole per il culto - l'anno liturgico - i rituali - Il Ministero pastorale, da cui discendono le seguenti istituzioni ecclesiastiche: - i ministeri non ordinati (lettorato e accolitato) - le organizzazioni per la formazione dei ministri - il celibato ecclesiastico - l'organizzazione del governo della Chiesa - Le Chiese particolari, da cui discendono le seguenti istituzioni ecclesiastiche: - diversi raggruppamenti di fedeli 7 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile - le parrocchie - le diocesi - l'amministrazione pontificia. La Chiesa dunque, una volta istituita, è diventata, sulla terra, generatrice di istituzioni, la cui finalità è quella di dare attuazione concreta al diritto divino, quale espressione della volontà prima di Cristo o, comunque, a lui riconducibile. Pertanto, il rapporto che si attua tra il diritto divino e il diritto ecclesiastico è molto intenso, nel senso che l'uno (diritto ecclesiastico) è l'attuazione storica, l'umanizzazione e la sacramentalizzazione, per così dire, del diritto divino, che diventa, proprio grazie al diritto ecclesiastico, realtà storica normante e, per questo, vincolante. Il diritto divino ci indica quel che è giusto nella Chiesa nei suoi tratti fondamentali, ma non scioglie esplicitamente e direttamente tutti gli interrogativi su cosa sia giusto in ogni caso singolo; è necessario formularlo, svilupparlo, interpretarlo e applicarlo tenendo anche conto delle circostanze particolari. Sono sorte così risposte su quel che è giusto che sono frutto dello sforzo umano, e talvolta mutuate dalla cultura giuridica civile. Così nel diritto canonico ci sono anche elementi di diritto umano i quali interpretano e applicano quello divino in ogni momento storico. Ad esempio il dovere di santificare le feste è di diritto divino, un comandamento della Legge di Dio; l’autorità ecclesiastica ha poi precisato questo comandamento nel precetto di ascoltare la Messa, un comandamento della Chiesa di diritto umano, applicabile in concreto nella comunità dei battezzati. Il diritto umano è mutabile e sempre perfettibile: quello che la ragione umana giudica oggi come giusto, domani può diventare ingiusto per un mutamento delle circostanze. Ma il diritto umano non può andare contro quello divino, in tal caso sarebbe certamente ingiusto. Al contrario deve cercare di interpretare sempre meglio le 8 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile esigenze della legge divina ed estrarne tutte le conseguenze. Dunque il diritto divino è principio ispiratore e limite del diritto umano. 2. GENESI ED EVOLUZIONE DELLA CODIFICAZIONE IL "DIRITTO" Com'è noto, la parola diritto (ius) ha due significati diversi a seconda che si riferisca ad una realtà oppure alla scienza che la studia. Come realtà, diritto è l’oggetto della giustizia. La giustizia è la virtù che impone di dare a ciascuno quel che è suo (unicuique suum tribuere). Questo suo dovuto in giustizia ad un soggetto (che può consistere in cose molto svariate, spirituali o materiali), si chiama diritto: bisogna dare a ciascuno il suo diritto (unicuique ius suum tribuere). Lo ius o diritto è in realtà la cosa giusta, il suo che la giustizia comanda di dare a ciascuno, quel che gli è dovuto, mentre il giurista è l’uomo che sa o studia quel che è giusto allo scopo che si compia la giustizia; il suo mestiere è, quindi dire il diritto (ius dicere). I QUATTRO PERIODI Precisata l'idea di diritto, andiamo a vedere quando e come nasce la codificazione del diritto canonico. Questa è tradizionalmente distinta in quattro periodi con caratteristiche proprie: il primo millennio, il periodo classico (11401325), l’epoca moderna che arriva fino al Concilio Vaticano I e quella contemporanea definita soprattutto dalla codificazione del diritto canonico, e più di recente dal Concilio Vaticano II, le cui direttrici di ordine giuridico sono state recepite nella vigente legislazione canonica specie nei due Codici che attualmente reggono la Chiesa latina e le Chiese orientali. 9 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile a) Il primo millennio In questo periodo, le aggregazioni di cristiani presero le regole della loro vita sociale sia dalla Sacra Scrittura (in particolare dal Nuovo Testamento) sia dagli insegnamenti degli Apostoli tramandati oralmente. Insieme a questi, gli stessi Vescovi emanavano norme e decisioni valide per le loro comunità, dalle quali potevano nascere delle consuetudini e tradizioni particolari. Notizie di questo embrionale diritto canonico si trovano nei documenti di quel tempo, negli scritti dei Padri apostolici (la prima generazione di autori cristiani dopo gli Apostoli), e quelli dei Padri della Chiesa (dal sec. IIº all’VIIIº); essi riflettono differenti modi di capire la vita cristiana, specie tra Oriente e Occidente. D’altro canto non poche istituzioni giuridiche ebree e romane furono accolte dalla Chiesa e cristianizzate. Una prima unificazione del diritto delle comunità fu data dai concili, nei quali i Vescovi radunati fissavano delle regole comuni o canoni (dal greco kanones termine contrapposto a nòmoi che stava ad indicare invece il complesso di leggi emanate dall'imperatore; da qui il termine "diritto canonico"). Anche se i sinodi erano di ambito regionale, i loro canoni venivano spesso accettati da altre chiese locali, e talvolta anche dal Vescovo di Roma, il Papa, il quale li approvava per tutta la Chiesa considerando ecumenico il concilio che li aveva emanati. Da parte loro i Romani Pontefici, sia motu proprio sia per rispondere a quesiti concreti, si rivolgevano alle varie comunità cristiane attraverso lettere chiamate decretali; venivano così stabiliti precedenti che servivano a risolvere casi simili anche in altre comunità. In ogni Chiesa si facevano raccolte dei canoni e delle decretali che si ritenevano in vigore; le collezioni passavano talvolta ad altre Chiese. Le molte collezioni antiche di cui oggi si ha notizia sono oggetto di 10 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile studi che riguardano la loro data, l’autore, la provenienza dei loro elementi, l’ambito del loro influsso, ecc. In principio queste raccolte seguivano semplicemente il criterio cronologico, ma già nel VII sec. appaiono alcune di ordine sistematico. Man mano che cresce il prestigio del papato, anche di fronte al potere secolare, si afferma una tendenza centralizzante che comporta l’affermazione delle collezioni fatte sotto l’auspicio dei Papi su quelle particolari. Momento importante di questo processo sarà la riforma gregoriana (sec. XII). b) Il diritto canonico classico Proprio verso la metà del sec. XII inizia il periodo classico, nel quale avviene una vera e propria elaborazione sistematica del diritto canonico, auspicata in parte dai Romani Pontefici e fatta dai maestri delle prime università; frutto di essa è il Corpus iuris canonici, che costituirà la principale fonte scritta del diritto della Chiesa fino al primo Codice di diritto canonico (1917). Pietra basilare di questo processo è il Decreto di Graziano (1140 circa): un’ampia compilazione portata a termine dal maestro bolognese Graziano, nella quale egli volle esporre in maniera coerente e unitaria una grande mole di testi canonici, spesso contrari fra loro, sulla base dei commenti dottrinali dell’autore, il quale appunto mise alla sua opera il titolo Concordantia canonum discordantium (Concordanza dei canoni discordanti). Pur trattandosi di un’opera privata, essa ebbe un’ampia diffusione, la sua universalità fece sì che fosse considerata come il superamento delle compilazioni precedenti, le quali rimasero operative soltanto nella misura in cui furono riassunte nel Decreto. Le collezioni susseguenti al Decreto raccolgono ormai soltanto lo ius novum, il diritto posteriore ad esso; riportiamo quelle che insieme al Decreto di Graziano finirono per formare il Corpus iuris canonici, 11 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile ovvero: a) le Decretali di Gregorio IX (1234), chiamate anche Liber Extra, che sono una compilazione in cinque libri fatta da S. Raimondo di Penyafort; b) il Liber Sextus (1298) promulgato da Bonifacio VIII a complemento delle Decretali; e c) le Decretales Clementinas, una raccolta cominciata sotto Clemente V, ma promulgata da Giovanni XXII nel 1317. Queste collezioni, specie il Decreto di Graziano e le Decretali di Gregorio IX, furono glossate e commentate da diversi giuristi e maestri di università; nascono così una letteratura e un metodo scientifico che sopravvivono anche dopo la codificazione del diritto canonico. c) L’età moderna Durante questo periodo il Corpus continua ad essere il nucleo centrale del diritto vigente; ad esso si aggiungono poi altri blocchi normativi e commenti dottrinali che lo sviluppano e adattano alle nuove circostanze. Tra questi ampliamenti vanno annoverati in primo luogo i Decreti del Concilio di Trento (1545-1565) dai quali parte una profonda riforma della disciplina ecclesiastica. Si raccolgono inoltre gli atti dei Pontefici in serie cronologiche dette Bollari; ai quali si aggiungono le sempre più numerose disposizioni e decisioni dei dicasteri della Curia romana, organizzata da Sisto V nel 1588. Tra queste raccolte si possono menzionare le Decisioni del Sacro Tribunale della Rota Romana e le Risoluzioni della Sacra Congregazione del Concilio. Si sviluppa così una crescente mole di norme scritte poco sistematica e difficile da adoperare. D’altro canto la fine del medioevo segna la frammentazione politica e religiosa della Cristianità, e l’affermazione degli Stati nazionali cattolici e protestanti sotto il governo dei monarchi assoluti, i quali si considerano, per ragioni sia teologiche (i protestanti) che 12 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile semplicemente storiche (i cattolici), competenti ad intervenire nell’organizzazione e vita della Chiesa nazionale. Per fare fronte a questo interventismo statale la Santa Sede ricorre spesso agli accordi bilaterali o concordati, che vengono a creare un diritto canonico particolare in ogni nazione. L’epoca rivoluzionaria che inizia alla fine del sec. XVIII porterà all’abolizione dell’assolutismo monarchico e al trionfo del liberalismo illuminista. La commozione che i misfatti rivoluzionari e le nuove idee producono nella vita della Chiesa è grande: i liberali rifiutano la presenza della religione e della Chiesa nella vita sociale, considerandole ostacoli alla liberazione dell’uomo e alla sovranità statale. I Papi condannano più volte gli errori del liberalismo e gli eccessi rivoluzionari, che peraltro minacciavano anche la sovranità temporale del Romano Pontefice negli stati pontifici. Nel campo giuridico il razionalismo e l’ugualitarismo danno origine al fenomeno del costituzionalismo e alla codificazione del diritto civile, come espressione della supremazia della legge, nei paesi europei continentali e in quelli dell’America latina, che in questo periodo acquistano la loro indipendenza. Nel Concilio Vaticano I, convocato da Pio IX, viene definito il dogma dell’infallibilità pontificia. Questo fatto insieme alla debolezza delle chiese nazionali nei confronti dello Stato liberale giurisdizionalista, determina un rinforzarsi dell’unità della Chiesa attorno al Papa. Già nello stesso Concilio, interrotto poi in maniera brusca dall’assedio posto a Roma dalle truppe italiane nel 1870, furono avanzate proposte per una codificazione del diritto canonico, sostenute da buon numero di Padri conciliari. d) L’età contemporanea 13 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile IL CODICE DEL 1917 La situazione delle fonti legislative ecclesiastiche alla fine del XIX secolo era talmente caotica che il Card. Gasparri, che sarà il principale artefice del Codice del 1917, diceva che le leggi della Chiesa, alla pari di quelle del Diritto Romano Antico, si erano, nel corso del tempo, talmente complicate e aggrovigliate da costituire "un immenso cumulo di svariate leggi ammassate su altre ancora" (citando Tito Livio). Fu il coraggio di Pio X (1902-1914) a sbloccare una situazione ormai insostenibile. I lavori ebbero inizio il 19 marzo 1904 e venne promulgato da Benedetto XV il 27 maggio 1917 (da qui il nome di codice "piano-benedettino"). Il testo doveva essere in lingua latina e contenere leggi disciplinari esposte in modo breve, conciso e chiaro., il cui compito era di assorbire e riordinare tutta la legislazione ecclesiastica precedente, senza voler introdurre una nuova disciplin; applicabile solo alla Chiesa latina, si componeva di 2414 canoni distribuiti in cinque libri secondo l'antico modello giustinianeo: persone, cose e azioni. - Il primo libro, sotto il titolo di "Normae Generales", trattava delle fonti del diritto e del computo del tempo. - Il secondo libro, sotto il titolo "De personis", conteneva la disciplina riguardante i Chierici, Religiosi e Laici. - Il terzo libro, sotto il titolo "De rebus", disciplinava i sacramenti, il culto, il magistero e il patrimonio. - Il quarto libro, sotto il titolo "De processibus", conteneva la disciplina riguardante i giudici, le cause di beatificazione e canonizzazione, del modo di procedere nei confronti di situazioni particolari di parroci e chierici in genere. - Il quinto libro, sotto il titolo "De delictis et poenis", disciplinava circa i delitti, le pene e delle pene per i singoli delitti. 14 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile IL CODICE DEL 1983 Dopo le radicali innovazioni inaugurate dal Concilio Vaticano II, il Codice del 1917 risultava di fatto decisamente superato e non più adeguato alla nuova situazione venutasi a creare. Già nel 1959 Giovanni XXIII manifestava l'intenzione di procedere ad una radicale revisione del Codice Pio-Benedettino, ed ecco che, esattamente 24 anni dopo, Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983 firmava la costituzione di promulgazione del nuovo Codice, "Sacrae disciplinae leges", illuminato e profondamente permeato dallo spirito del Vaticano II. Il nuovo Codice, che può essere definito un "corpus... contenente le norme della legislazione canonica", o, più brevemente, "il corpus delle leggi canoniche", è composto di soli 1752 canoni, contro i 2414 di quello precedente, distribuiti in sette libri: - Il primo libro, sotto il titolo "Norme Generali" (can. 1-203), tratta delle leggi, della consuetudine, dei decreti generali e delle istruzioni, di atti amministrativi, ecc. - Il secondo libro, sotto il titolo "Il popolo di Dio" (can. 204-746), detta norme sui fedeli in generale, laici e chierici. Disciplina la costituzione gerarchica della Chiesa, le Chiese particolari e le loro strutture interne, nonché gli istituti di vita consacrata. - Il libro terzo, sotto il titolo "La funzione dell'insegnare della Chiesa" (can. 747-833), disciplina il ministero della parola, l'azione missionaria, l'educazione cattolica, i mezzi di comunicazione sociale e la professione di fede. - Il libro quarto, sotto il titolo "La funzione di santificare della Chiesa" (can. 834-1253), contiene le norme sulla liturgia, i sacramenti, su altri atti del culto divino, nonché luoghi e tempi sacri. - Il libro quinto, sotto il titolo "I beni temporali della Chiesa" (can. 1254-1310), tratta dell'acquisizione, amministrazione e alienazione 15 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile dei beni ecclesiastici in genere. - Il libro sesto, sotto il titolo "Le sanzioni nella Chiesa" (can. 13111399), è diviso in due parti riguardanti i delitti e le pene e le pene per i singoli delitti. - Il settimo libro, sotto il titolo "I processi" (can.1400-1752) Caratteristica fondamentale del Codice di diritto canonico è di costituire un corpo organico con valore normativo. È diretto a regolare in forma vincolante un vasto campo di relazioni ecclesiali. Tra tutte le leggi della Chiesa cattolica latina il Codice riveste certamente una particolare importanza. La lingua ufficiale del Codice è il latino. Esistono versioni in tutte le principali lingue correnti. Circa il valore da attribuire alle traduzioni, che richiedono sempre l'autorizzazione della Conferenza episcopale nazionale, si tengano presenti i seguenti due criteri: 1) il testo base con valore giuridico è sempre e solo quello latino; 2) la traduzione ha il solo scopo di aiutare la comprensione del testo originario latino. Non ha quindi valore ufficiale. In accordo con i postulati giuridici sottostanti, il Codice pretendeva di essere, perlomeno tendenzialmente, l’unica fonte del diritto, capace di fornire risposte concrete sul giusto e l’ingiusto nei singoli casi: il progresso legislativo doveva procedere mediante successive riforme dello stesso Codice; l’insegnamento del diritto canonico doveva seguire, come prima, il metodo esegetico (glossa e commento), centrato adesso sui canoni del Codice. Anche se la realtà ha disatteso queste pretese, è tuttavia certo che il CIC ha segnato una svolta nel diritto della Chiesa, facendo diventare diritto vecchio il Corpus e la legislazione successiva nella misura in cui non fossero stati recepiti nel Codice. Questo Codice vige, come già detto, nella Chiesa latina. 16 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile DIFFERENZE CON IL CODICE DEL 1917 Lo schema del Codice del 1983 non si discosta molto da quello del 1917. Ambedue i Codici iniziano con il libro dedicato alle norme generali, poi in entrambi segue la trattazione sulla struttura organica della Chiesa: "del popolo di Dio", titola il Codice del 1983, "delle persone", titolava il Codice del 1917. I libri VI e VII del Codice del 1983 corrispondono ai libri IV e V del Codice del 1917 (sanzioni o pene e processi). I libri III, IV, V del Codice del 1983 contengono la normativa del libro III del precedente Codice intitolato "le cose" (De rebus). Dal punto di vista dello schema è questa la novità più significativa. Però, le novità maggiori più che nello schema vanno ricercate nei contenuti del Codice del 1983. Mentre infatti il precedente Codice aveva come indicazione programmatica quella di conservare la disciplina allora in vigore presentandola in maniera moderna e coerente, il Codice del 1983 va inteso "come un grande sforzo di tradurre in linguaggio canonistico l'ecclesiologia conciliare". Giovanni Paolo Il rileva che dal Concilio il Codice deriva i criteri fondamentali che lo strutturano,come pure il linguaggio che usa. Le novità fondamentali del Concilio, aggiunge il Papa, sono le novità del Codice. Nel Codice troviamo, o dovremmo trovare, i grandi temi conciliari: la Chiesa popolo di Dio, l'ecclesiologia di comunione, la Chiesa particolare e il suo rapporto con la Chiesa universale, la collegialità, l'accoglienza del principio di uguaglianza tra tutti i christifideles e la loro partecipazione agli uffici di Cristo sacerdote, profeta e re, l'impegno per 17 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile l'ecumenismo. Sarà compito della ricerca verificare la corrispondenza tra il Codice e il Concilio. Nel compiere un tale esame sarà tenuto presente il principio formulato da Giovanni Paolo Il, che vale come principio interpretativo dell'intero Codice: "Se poi è impossibile tradurre perfettamente in linguaggio canonistico l'immagine della Chiesa (quella del Concilio Vaticano Il: n.d.r), tuttavia a questa immagine il Codice deve sempre riferirsi, come a esempio primario, i cui lineamenti esso deve esprimere in se stesso, per quanto è possibile, per sua natura". IL CODICE DELLE CHIESE ORIENTALI (CCEO) Le 21 Chiese cattoliche orientali hanno da sempre goduto di un diritto particolare che rispecchia le tradizioni liturgiche e disciplinari di ciascuna di esse. La codificazione del loro diritto si vide conveniente poco dopo la promulgazione del CIC del 1917. Infatti, i lavori per l’elaborazione di un Codice comune a tutte queste Chiese ebbero inizio nel 1929; frutto di essi furono 4 testi parziali promulgati da Pio XII tra il 1949 e il 1957, ma non si riuscì a completare un Codice. Il Concilio Vaticano II ha ribadito la legittimità della disciplina propria delle Chiese orientali, facendo anche riferimento nel Decreto Orietalium Ecclesiarum a diverse istituzioni tipiche di esse, "di modo che la varietà nella Chiesa non solo non nuoce alla sua unità, ma anzi la manifesta" (OE 2). Nel 1972 Paolo VI istituì una Commissione alla quale affidò l’elaborazione del Codice di diritto canonico orientale, anche questo alla luce del Concilio. Come per il Codice latino nei lavori è intervenuta la gerarchia delle Chiese orientali, i dicasteri interessati e i centri di studi specializzati in teologia e diritto orientale. 18 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile I diversi gruppi di studio elaborarono uno Schema che fu inviato ai membri della Commissione nel 1986. Con gli emendamenti e correzioni proposti dalla Commissione si redasse lo Schema novissimum che fu presentato al Santo Padre. Egli, dopo averlo rivisto e introdotto le modifiche ritenute opportune ha promulgato il Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium (CCEO) in data 1 ottobre 1990. Il Codice orientale contiene regole di diritto (canoni) comuni alle 21 Chiese sui iuris (autonome) di rito orientale che fanno parte della Chiesa cattolica. Esso è diviso in 30 Titoli ordinati secondo l’importanza della materia con un totale di 1546 canoni. Entro questo quadro comune ogni Chiesa dovrà poi sviluppare un suo diritto particolare rispondente alle proprie tradizioni. Bisogna infine aggiungere che parallelamente ai lavori di codificazione postconciliare, si mise in opera anche l’elaborazione di una specie di Codice comune a tutte le Chiese (latina e orientali), che doveva raccogliere le norme fondamentali del diritto canonico per tutta la Chiesa. Di questa Legge Fondamentale della Chiesa si fecero due progetti successivi; ma i problemi di ordine teologico e di opportunità posti al riguardo di questa sorta di ‘Costituzione della Chiesa’, consigliarono di sospenderne l’esecuzione. Gli articoli che dovevano integrarla sono stati per lo più introdotti nei due Codici promulgati, di conseguenza nelle materie fondamentali i canoni di entrambi i Codici coincidono, spesso anche nella redazione. Ai due Codici si deve poi aggiungere la Costituzione Apostolica Pastor Bonus, che è la legge della Curia romana, promulgata da Giovanni Paolo II nel giugno 1988. In diverse occasioni il Santo Padre ha ribadito che le tre leggi (i due Codici e la Pastor Bonus) costituiscono un insieme unitario, un Corpus del diritto canonico, ed ha espresso il suo desiderio che nell’edizione di ciascuno dei codici venga sempre acclusa la legge sulla Curia romana che è l’organismo 19 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile del quale si serve il Romano Pontefice nell’esercizio del suo ministero primaziale su tutta la Chiesa. Questo Corpus costituisce il nucleo centrale della legislazione ecclesiastica, ma non è tutta la legislazione ecclesiastica: accanto ad esso ci sono molte altre leggi intente a regolare specifiche materie; ad esempio l’elezione del Romano Pontefice, i Tribunali della Rota e della Segnatura Apostolica, il Sinodo dei Vescovi, le cause di canonizzazione. E appartengono al diritto canonico tutte le leggi universali posteriori al 1983 come le Costituzioni apostoliche Spirituali militum curae (1986) o la già citata Pastor bonus (1988) di Giovanni Paolo II°, la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus (2009) di Benedetto XVI°, oppure i motu propri dei pontefici che hanno modificato i canoni del CIC, le interpretazioni autentiche, i decreti generali esecutivi e le istruzioni successive al 1983. Inoltre nell’ambito del diritto ecclesiale ci sono sempre state leggi particolari per una determinata area geografica o per certe comunità di fedeli. Il Corpus costituisce dunque il principale quadro di riferimento dell’ordinamento canonico, al quale ricorrere per chiarire le questioni non regolate da una legge specifica. Ma non si deve, dunque, confondere diritto canonico con l’insieme delle regole scritte della Chiesa, delle quali a sua volta il Corpus rappresenta soltanto il blocco centrale. 20 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile CAPO II SULLE FONTI DEL DIRITTO CANONICO 1. FONTES COGNOSCENDI E FONTES EXISTENDI Giuridicamente il termine "fonte" (= sorgente; origine, causa) viene usato in senso metaforico e l'espressione "fonti del diritto" indica sia i fatti o gli organi che producono le norme o regole di condotta (= fontes existendi), sia i documenti e le raccolte che consentono di conoscere le norme vigenti in un determinato momento storico (= fontes cognoscendi). Per parlare delle fonti dell'ordinamento della Chiesa, dobbiamo partire dalla considerazione che per poter dare a ciascuno il suo diritto, secondo giustizia, bisogna che esso possa essere determinato; il concetto di fonte giuridica fa riferimento appunto alla determinazione di ciò che è giusto. Tra le fonti primarie sono certamente da considerare in primo luogo le persone (individui o gruppi) che, con i loro atti e comportamenti, determinano in diversi modi ciò che è giusto in una data società. In questo senso la prima Fonte del diritto è Dio stesso, ordinatore della creazione e della Redenzione (diritto divino); e poi il legislatore umano, la stessa Chiesa e le sue comunità, i giudici, e in realtà qualsiasi soggetto capace di esercitare diritti e compiere doveri. D’altra parte si chiamano fonti giuridiche gli atti tipici a mezzo dei quali viene stabilito quel che è giusto; in questo senso sono fonte del diritto una legge, un contratto, una sentenza, un decreto, ecc. Diciamo tipici perché gli atti che possono definire il diritto sono assai svariati, ma noi ci occuperemo (al § 3) soltanto dei tipi o specie 21 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile in cui possono essere classificati. Delle fonti si occupa il primo Libro del Codice. 2. LE FONTI DEL DIRITTO CANONICO Prima di elencare la gerarchia delle fonti del diritto canonico, occorre ricordare una delle peculiarità del codice del 1983, ossia la maggiore articolazione delle fonti normative, frutto, secondo la Carulli, dell'applicazione delle direttive della revisione codicistica caldeggiate già nel 1967 durante il Sinodo dei Vescovi. Tenendo presente questo concetto di fondo, possiamo duenque affermare che fonti del diritto canonico sono: - innanzitutto il Codice del 1983 (Codex iuris canonici), inteso come legge universale; nel documento pastorale "Comunione, comunità e disciplina ecclesiale" del 1988 la CEI ne sottolinea l'importanza, ricordando altresì che il primo criterio della sua esatta interpretazione è da ricercarsi nell'insegnamento del Concilio Vaticano II°; - la legislazione derivante dal Concordato lateranense del 1984, in cui alcuni articoli rimandano espressamente al codice di diritto canonico; - il poderoso corpus normativo costituente la legislazione attribuita alla competenza della CEI; - la legislazione provinciale esercitata dai Vescovi in sede di Assemblea Provinciale o Concilio Provinciale; - la legislazione diocesana che il Vescovo stabilisce o con leggi o decreti diocesani, o nel corso di Sinodo diocesano; - la consuetudine, che è una norma generale stabilita dall’usanza in una comunità. Infatti, le consuetudini e le usanze fanno parte della vita degli uomini e delle comunità, stabiliscono modelli di condotta 22 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile comunemente accettati come giusti e pertanto devono essere rispettate. Nella società ecclesiale la consuetudine è espressione normativa del senso comune dei fedeli, chiamati tutti all’edificazione della Chiesa; e può acquistare forza legale alle condizioni dei cc. 23-28. La consuetudine si chiama secondo legge (secundum legem) quando determina il modo concreto e legittimo di compiere quanto stabilito dalla legge; si chiama al di fuori della legge (praeter legem: al di là della legge) la consuetudine che aggiunge cose non comandate dalla legge, cosicché integra l’ordinamento; è infine contro la legge (contra legem) quella che stabilisce qualcosa in contrasto con quanto statuito da una legge e quindi tende a sostituirla. La consuetudine viene derogata da una legge o un’altra consuetudine che le siano contrarie; "ma, se non ne fa espressa menzione, la legge non revoca le consuetudini centenarie o immemorabili, né la legge universale revoca le consuetudini particolari" (c. 28). 3. NORME E ATTI GIURIDICI Precisata la gerarchia delle fonti, andiamo a distinguere le sue due principali espressioni : le norme e gli atti giuridici. Norma in senso generico è la regola (scritta o meno) che determina il diritto per un’insieme di casi somiglianti tra loro; atto giuridico è invece quello che definisce ciò che è giusto in un caso concreto. Si capisce bene perché abbiamo detto prima che il diritto non è costituito soltanto dalle regole poiché accanto ad esse esistono altri elementi o fattori che servono a precisare il diritto. E ancor meno è costituito dal codice che è soltanto un’insieme organico di norme scritte. 23 Pietro Giaquinto – Fondamenti di Diritto Canonico Facile Facile