E poi l’inferno
Il perché del libro
Alcuni anni fa un giocatore piuttosto importante, dovette lasciare il calcio a
seguito di un incidente di gioco.
Non importa chi fosse, era un ragazzo ancora giovane a cui tutti i sogni
andarono in frantumi.
Dopo qualche tempo, “smanettando” su internet, mi capitò di rileggere quella
notizia e mi resi conto che, dopo il primo battage, il suo nome era uscito di
scena e nessuno ne aveva più parlato.
Fu lì che mi venne l’idea di scrivere il libro. Cercai di approfondire l’argomento
e, con disappunto, mi resi conto che di disgrazie del genere ne capitavano
molte di più di quante potessi immaginare e non solo nel calcio; quasi in tutti
gli sport.
Tanti ragazzi che avevano dedicato la loro vita ad un sogno di cui se n’era persa
ogni traccia.
Ma che fine avranno fatto? Mi chiesi.
Debbo premettere che il protagonista del romanzo “E poi l’inferno”, non è un
personaggio reale e che non lo sono neppure tutti gli altri, come società
sportive eccetera.
È tutto puro frutto della fantasia ma potrebbe accadere a qualunque altro dei
nostri ragazzi che praticano lo sport. Io ho cercato solo di entrare nella loro
testa e mi sono chiesto, migliaia di volte, come mi comporterei al loro posto o
a quello dei loro genitori…
Ne è venuta fuori una trama che spero possa far riflettere, tanto i ragazzi
quanto gli adulti.
Voglio precisare anche, a scanso di equivoci, che tutti gli sport sono splendidi,
che nella maggioranza dei casi aiutano i nostri ragazzi a crescere e a soffrire,
ma voglio anche aggiungere che, loro, debbono mettere sul piatto della
bilancia tali eventualità. Come? preparandosi il cosiddetto “Piano B”. Studio o
lavoro alternativo.
Ma in questo, un grosso aiuto può venire soltanto dai preparatori sportivi e dai
genitori.
Buona lettura.
Romano Lenzi