Nelle fasi iniziali della cataratta, ad esempio, la vista non è ancora

Il segreto degli Impressionisti forse era solo un difetto della vista
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Attilio Abbiezzi - webattitude
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Inviato: lunedì 16 maggio 2011 16.16
Oggetto: Il segreto degli Impressionisti forse era solo un difetto della vista
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CREATIVITÀ UNA «VISIONE» NUOVA DELLA REALTÀ GRAZIE A UNA DIFFICOLTÀ OGGETTIVA LA TEORIA
FA DISCUTERE L' ORIGINALE TESI DI UN NEUROLOGO AUSTRALIANO: MONET, DEGAS E RENOIR
SAREBBERO STATI «ISPIRATI» DALLA MIOPIA
Il segreto degli Impressionisti forse era
solo un difetto della vista
Nelle fasi iniziali della cataratta, ad esempio, la vista non
è ancora compromessa, tuttavia già cambia la percezione
dei colori Senza occhiali Nell' Ottocento portare gli
occhiali era considerata una vera e propria
menomazione fisica e si sa per certo che Cezanne e Renoir
non li vollero mai usare
P rima di loro la pittura era una questione di dettagli. Il bravo artista ritraeva una scena nel suo
preciso realismo, fino al più piccolo particolare. Poi è arrivata la "rivoluzione dello sguardo" degli
impressionisti, che ha scardinato le regole dell' arte figurativa inondando i quadri di luce.
Pennellate rapide, brevi che si rincorrono sulla tela, macchie di colore a suggerire i paesaggi, tutto
che appare un po' sfocato. E forse è proprio questa la parola giusta per definire gli impressionisti,
stando alle conclusioni del neurologo australiano Noel Dan che qualche tempo fa, sulle pagine del
Journal of Clinical Neuroscience, ha sentenziato: Monet, Renoir, Degas e gli altri dipingevano così
semplicemente perché erano miopi. Anche i critici d' arte dell' 800 dicevano che gli impressionisti
avevano problemi di vista, ma per denigrarli: il giornale Le Figaro nel 1877 scrisse che le loro tele
erano invase da "un diluvio di crema al pistacchio, vaniglia e ribes", risultato di un daltonismo
evidentemente epidemico fra i nuovi pittori. Noel Dan, invece, ha tratto le sue conclusioni da un'
attenta analisi delle opere. Stando al neurologo, tutte le considerazioni filosofiche sugli sforzi degli
impressionisti di rappresentare la realtà per come viene percepita, cercando la sintesi che trascura il
dettaglio per cogliere "l' impressione" delle cose e quindi la loro più vera sostanza, sono spazzate via
da un dato di fatto: se avessero portato gli occhiali, Claude Monet e gli altri non avrebbero dipinto
in quel modo e la storia dell' arte avrebbe forse preso un' altra piega. Affermazioni, queste, che
hanno fatto saltare dalla sedia più di un esperto d' arte: John House, eminente critico del Courtald
16/05/2011
Il segreto degli Impressionisti forse era solo un difetto della vista
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Institute of Art di Londra, ha bollato come spazzatura queste interpretazioni, osservando che gli
impressionisti sapevano bene come e perché dipingevano in maniera così diversa dagli altri pittori di
allora. Fatto sta che anche all' Università di Calgary un gruppo di ricercatori ha raccolto "prove" che
sembrano testimoniare l' effettiva presenza di disturbi visivi in alcuni pittori impressionisti. P rendiamo
il più famoso di tutti, Claude Monet, e il dipinto che nel 1874 contribuì a "battezzare" l' impressionismo:
Impressions: soleil levant, che fu esposto alla prima mostra collettiva dei nuovi artisti e spinse il critico
Louis Leroy a coniare il termine impressionisti (nelle sue intenzioni, dispregiativo) per indicare questo
rivoluzionario modo di dipingere. Osservando il quadro, le idee del neurologo australiano non
sembrano tanto bislacche: contorni imprecisi, colori che sfumano uno nell' altro, linee leggere, oggetti
che diventano ombre. I quadri di Monet sono poi cambiati anche a seguito di un altro problema visivo
che per certo colpì l' artista negli ultimi anni di vita, la cataratta. Per accorgersene basta osservare un
paio di versioni di Le pont japonais, uno dei soggetti più amati da Monet che negli anni ha ritratto
innumerevoli volte questo scorcio di giardino a Giverny, in Normandia. Le prime tele hanno il tratto
tipico (da miope?) del pittore, i quadri dipinti intorno al 1920 sono tutt' altro: il ponte non si riconosce
più, i colori sono diventati scuri, i rossi predominano. Secondo i critici d' arte, tutto questo è espressione
di una "virata astratta" di Monet; Dan ribatte che proprio il rosso è il colore percepito meglio dai miopi e
la cataratta modifica la capacità di vedere i colori, oltre che i contorni delle cose. Matteo Piovella,
presidente della Società Oftalmologica Italiana, concorda con il neurologo: «Non è certo, ma è probabile
che una percezione diversa della realtà dovuta a difetti visivi abbia influenzato l' arte degli
impressionisti. Nelle fasi iniziali della cataratta, ad esempio, la vista non è ancora compromessa ma già
cambia la percezione dei colori. È come se si portassero costantemente gli occhiali da sole: il bianco è
meno nitido, il contrasto si attenua. Così è assai verosimile che Monet abbia messo su tela la sua visione
"alterata" del mondo. Del resto, nell' 800 portare gli occhiali era considerata una menomazione fisica e
si sa che Cezanne e Renoir non li vollero mai usare: Cezanne li riteneva irrimediabilmente volgari. Per
di più la correzione dei difetti visivi possibile allora era ben altra cosa da quella attuale, così non si può
certo dire che chi portava gli occhiali vedesse bene. E non è da escludere che l' aver affermato un nuovo
metodo di pittura sia stata per molti impressionisti una specie di rivalsa sul proprio difetto visivo». T
utti i ricercatori che si sono spinti a ipotizzare un' influenza preponderante dei difetti visivi sulle opere
di alcuni artisti, comunque, non escludono che certe modalità espressive siano solo il frutto di una
scelta artistico-filosofica dell' autore, a prescindere dalle diottrie. Anche perché altrimenti per spiegare
le opere di alcuni artisti contemporanei bisognerebbe invocare una (almeno momentanea) cecità.
RIPRODUZIONE RISERVATA **** Chi è Claude Monet (sopra l' autoritratto)nacque a Parigi nel 1840;
la sua vista iniziò a indebolirsi a partire dal 1908 e quando il pittore morì, a Giverny nel 1926, era ormai
quasi cieco **** Le versioni del ponte Uno dei soggetti più amati da Monet fu questa veduta del giardino
della sua casa a Giverny, in Normandia. Il confronto tra due versioni di Le pont japonais, dimostrerebbe
l' influenza dei problemi visivi sulla sua pittura: le prime tele (Monet iniziò a dipingere questo soggetto
nel 1899), come quella qui accanto, hanno il tratto tipico - da miope, secondo i ricercatori - del pittore;
la versione dipinta intorno al 1920 (a sinistra), dove il ponte è quasi irriconoscibile e i rossi
predominano, sarebbe stata «condizionata» dalla cataratta che nel frattempo aveva colpito l' artista ****
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Meli Elena
Pagina 62
(24 aprile 2011) - Corriere della Sera
16/05/2011