Marketing strategico e innovazione nel retail real estate

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numero 11 - anno III
di
Marketing
strategico
e innovazione
nel retail
real estate
Ottobre 2011
Marketing strategico e innovazione nel retail real estate
1 - Ottobre 2011
Urbanistica ❖ Real Estate ❖ Centri Commerciali
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Sommario
n.11 - ottobre 2011 www.markup.it
Editoriale
Marketing futuro: si rovescerà
la piramide? 5
Produrre innovazione per anticipare il mercato 6
L’agenzia integra le competenze e stimola
la creatività 7
Marketing e innovazione: un binomio inscindibile 10
Innovare significa... tornare ai fondamentali
11
Il marketing dinamizza l’ambiente
dei centri commerciali 12
Il futuro del design è integrare la tecnologia
alla vita quotidiana 13
The Moon, il potenziamento
dei centri polivalenti integrati
14
Arcoretail-Agorà, una nuova retail
management company
15
Agrivillage promuove commercio
e tradizioni locali
16
Il fashion village di Agira internazionalizza
i siciliani
17
Il marketing è strategico se promuove
servizi al territorio 18
Parco Leonardo, la città del futuro
con la forza dei numeri
19
Al centro devono ritornare
le esigenze delle persone
20
Vedi a pagina 22
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Marketing del futuro:
si rovescerà la piramide?
C
on lo speciale dedicato al marketing strategico e all’innovazione nei centri commerciali
siamo giunti all’undicesimo appuntamento con I Report di Mark Up (il secondo del 2011, dopo lo Speciale Eire di maggio). Ritorna al centro un tema cruciale negli ultimi due anni. Sul
quale vorremmo fare una riflessione
partendo dal riferimento alla piramide di Abraham Maslow, cui accenna
Rachele Vigilante nel suo intervento, ricco di spunti e particolarmente istruttivo per rendersi conto della
direzione verso la quale deve andare il marketing, soprattutto il marketing dei centri commerciali, nei prossimi anni.
La piramide di Maslow è solo un punto di abbrivo per prendere il largo dalla “banalità del quotidiano” (a volte peggiore della “banalità del male”)
che fa a pugni con i continui e pur legittimi appelli all’innovazione. La piramide di Maslow visualizza un’evoluzione dei bisogni della società, che diventano sempre più complessi a mano a mano che si sale verso il vertice
della piramide, rappresentato dall’autorealizzazione.
I livelli del bisogno identificati da Maslow nel 1954 sono 5:
1) fisiologici (fame, sete, sessualità);
2) di salvezza (sicurezza e protezione);
3) di appartenenza (affetto, identificazione);
4) di stima, prestigio, di successo;
5) di realizzazione del sé.
Dal punto di vista sociologico il mar-
keting dei beni di consumo soprattutto non alimentari tende idealmente
a concentrarsi sui target che costitui­
scono i vertici della piramide (livelli
4-5). In parole più semplici, il valore
aggiunto del marketing e della comunicazione è direttamente proporzionale al livello di progresso e benessere di una società. La precarietà e il decadimento delle condizioni storiche
ed economiche di un paese determinano, a medio-lungo termine, un ribaltamento della piramide. È un feno-
meno che non è ancora preso sul serio
dai mercati e dalle funzioni marketing
delle aziende: l’inversione della piramide di Maslow visualizza un ritorno
al clima post bellico (anni Cinquanta)
nel quale i bisogni basilari ed elementari (alimentazione, abitazione, lavoro, relazioni sessuali e sentimentali,
ecc.) diventano in realtà essenziali e
prioritari. Una delle implicazioni più
immediate sul marketing e sulla comunicazione rimanda al cambiamento valoriale: non si ha più a che fare
con bisogni voluttuari e/o sofisticati,
ma con esigenze sostanziali che impongono un focus contenutistico diverso e differenti codici in fatto di stili e linguaggio. Ciò non toglie la validità delle considerazioni fatte nell’editoriale pubblicato sul Report di Mark
Up di novembre 2010, sintetizzabili
nella metafora dei gemelli: l’omologazione e il conformismo sono la tomba del marketing, qualora divengano principi pigramente osservati, giusto per non far muovere più di tanto i neuroni troppo stanchi per fare
un piano di scale a livello di pensiero
(l’Italia è messa così).
Il problema non è dunque formale e
di comunicazione, ma di orientazione esistenziale e valoriale: compresa e
metabolizzata questa “orientazione”,
il marketing può muoversi in una direzione più consapevole dei cambiamenti radicali cui stiamo andando incontro. Quando i bisogni della categoria “basic” diventano lusso, usare un
linguaggio sintonizzato sui livelli alti
della piramide di Maslow può dare un
effetto anacronistico.
Roberto Pacifico
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5 - Ottobre 2011
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Produrre innovazione
per anticipare il mercato
“I
l processo di evoluzione dei centri commerciali è I brani succitati, tratti da un’intervista di Pietro Malastato lento ma continuo, dalla loro apparizione in spina per Eire Forum, rappresentano un’icastica sinosItalia all’inizio degli anni ’70 a oggi, e non è certo si circa alcuni aspetti quintessenziali dello stato dell’arterminato. Molto sinteticamente, un centro commerciale te. Guardando avanti, secondo il presidente del Cncc, “la
può essere definito come un’aggregazione di diverse atti- sfida dei prossimi anni sarà quella di anticipare le futuvità commerciali, ricreative e di servizio, concepita, pro- re mutazioni, perché - come tutte le strutture complesgettata, realizzata e gestita unitariamente, per creare un se - i centri commerciali hanno poca flessibilità, una volluogo di facile accessibilità e di piacevole frequentazio- ta realizzati: solo i progetti che siano - per quanto possine, nel quale si realizzino le migliori condizioni per un bile - una perfetta interfaccia tra i frequentatori attesi e
incontro soddisfacente tra domangli operatori presenti potranno aveda e offerta. Questi contenuti erano
re un successo duraturo”. In nuce, è
presenti sin dall’inizio: quello che è
perciò indispensabile “produrre incambiato, dagli anni ’70 a oggi, è la
novazione”: un’esigenza che accodiversa rilevanza che hanno assunmuna tutti gli attori della filiera.
to le varie componenti di questa ‘forA proposito di competitività, vomula’, in parallelo con l’evoluzione
gliamo qui ribadire quanto espresdel mercato verso la experience ecoso nell’introduzione a I Report di
nomy. In questo contesto il frequenMark Up del novembre scorso:
tatore di un centro commerciale non
“all’interno di tale campo di forze,
è tale in funzione dell’acquisto di beil marketing è destinato comunque
ni e servizi come soddisfazione delle
ad assurgere a fattore sempre più
proprie necessità o aspirazioni, ma si
determinante (…). È dunque prioaspetta che il ‘luogo centro commerritario ripensarne i piani e i prociale’ generi una ‘esperienza’ gratifigrammi, valorizzare le funzioni
cante principalmente come attività
specifiche, migliorarne la relazione
di socializzazione, di cui l’acquisto è
con le vendite, aggiungere la comsolo una componente non obbligatoponente emotiva alla creazione di
Enrico Biasi
ria. Quindi, se inizialmente l’accento
una brand community, raggiungeera sull’efficienza degli scambi comre i propri clienti grazie a una commerciali, oggi è sulla rispondenza
binazione di vecchi e nuovi media
del centro commerciale al ruolo di luogo di frequentazio- (Philip Kotler docet)”.
ne. Questa evoluzione concettuale ha generato in paral- La sperimentalità della disciplina si associa infatti a un
lelo un’evoluzione nei contenuti dei centri - aggiungen- formidabile reticolo di strumenti di propagazione dalle
do alle componenti strettamente commerciali anche im- potenzialità ancora largamente inesplorate.
portanti presenze di attività di ristorazione, ricreative e Ne discende che le competenze specialistiche non sodi servizio - e nella loro struttura fisica, con una partico- no quantité négligeable, bensì l’architrave della pars conlare attenzione alla qualità architettonica complessiva e struens: denegarlo significa esporsi al rischio di avere un
in particolare alla qualità e ampiezza degli spazi destina- grande avvenire dietro le spalle. Del resto, l’innovazione
ti alla circolazione e alla sosta dei frequentatori. Oggi il non è un pranzo di gala ed è inevitabile che i soggetti recentro commerciale - anche in tutte le sue diverse decli- frattari al cambiamento paghino uno scotto. C’è insomnazioni, come i factory outlet, i parchi commerciali e i li- ma un insopprimibile bisogno di discontinuità e far finta
Enrico Biasi
festyle centre - è prima di tutto un luogo esperienziale.”
di essere sani non aiuta…
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L’agenzia integra le competenze
e stimola la creatività
P
residente di Canali & C., una delle più note agenzie di consulenza strategica e di servizi ad ampio spettro in materia di marketing e di
comunicazione integrata, sempre più
radicata nell’industria tricolore degli
shopping centre, Ermanno Canali ha
già avuto modo di esprimere a uso dei
nostri lettori un punto di vista alieno
dagli stereotipi, che riflette una pragmatica vocazione alla virtuosa applicazione delle feconde risorse del pensiero laterale (si veda in particolare l’intervista proposta ne I Report di Mark Up
di novembre 2010, alle pagg. 6-8, alla
quale rimandiamo per ulteriori approfondimenti metodologico-operativi).
Il tempo ha una qualità che esula dal
mero computo quantitativo: lo abbiamo dunque incontrato nuovamente per verificare come le dinamiche di
un’altra annata in chiaroscuro abbiano
impattato sulle linee di tendenza del
mercato e quali siano gli aspetti salienti della fase attuale.
La valenza delle argomentazioni svolte trascende l’ambito precipuo della
disciplina d’elezione: che pure costitui­
sce, secondo una pregnante definizione di Philip Kotler, “lo strumento per
comprendere, creare, comunicare e distribuire valore”. Stiamo insomma parlando di una leva competitiva trasversale, che ha già dimostrato di fare la
differenza nell’arco dell’intero ciclo di
vita del prodotto-centro commerciale:
dando nel contempo un fattivo contributo alla diffusione delle migliori pratiche settoriali, nonché alla progressione del retail real estate del Belpaese,
giunto a uno snodo decisivo.
In ultima analisi, per tutte le artico-
Ermanno Canali, presidente di Canali & C.
lazioni della filiera mettersi in gioco rifuggendo dalla routine non è più
un’opzione, bensì un imperativo categorico, pena la marginalizzazione. Ed è
proprio il concetto di novità il fil rouge
della visione di Ermanno Canali: intesa
come la capacità di concepire e di tradurre in atto “idee fresche che partono dalla conoscenza del mercato e delle sue regole e che crescono grazie alla voglia di innovare e percorrere nuove strade”.
Heri dicebamus: l’industria dei centri commerciali pare denotare incoraggianti segnali di ripresa. A distanza di quasi un anno dalla precedente intervista, qual è lo stato
dell’arte e come si prospettano gli
scenari futuribili?
Il primo semestre del 2011 è stato contrassegnato da un’accresciuta fiducia
circa le prospettive di ripresa del real
estate e segnatamente del segmento
retail. Nonostante i condizionamenti di una situazione fluida ed esposta
a rinnovate turbolenze d’ordine finanziario, che non contribuiscono certo a
rasserenare gli animi, il sentiment della maggior parte degli operatori non
sembra essersi deteriorato.
Quanto al comparto dei centri commerciali, l’interesse degli investitori per le opportunità disponibili non
è scemato, sebbene si registri una rigorosa selezione tipologica, che privilegia gli asset prime con un robusto
track record. La tendenza a posticipare le aperture a causa dei perduranti strascichi della crisi e delle difficoltà di finanziamento da parte degli sviluppatori resta un elemento cardinale,
mentre i piani d’espansione dei retailer continuano a essere improntati alla massima cautela.
Per inciso, di fronte a taluni indicatori congiunturali, è comprensibile che il
pessimismo della ragione rischi talvolta di prevalere sull’ottimismo della volontà. Direi comunque che siamo prossimi alla conclusione delle prove tecniche di stabilizzazione, sia pure sulla base di parametri ben diversi rispetto a
quelli insostenibili del recente passato:
si tratta di un percorso, che seguiterà a
essere influenzato da molteplici fattori, in condizione di incidere sulla sua
durata e portata, destinato però a condurre il mercato nel suo insieme verso
equilibri più avanzati.
Sul fronte dei consumi, i dati Istat di
fine luglio sono impietosi. A fare le
spese del calo delle vendite è soprattutto il canale degli ipermercati, che
su base annua (maggio su maggio)
ha visto una contrazione del 6,1%...
Niente di nuovo sotto il sole: si tratta
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della definitiva certificazione dell’accelerazione di un processo in corso ormai
da parecchio tempo. L’ipermercato
tradizionale ha via via mostrato segni
di crescente logoramento sotto la pressione congiunta dei formati food concorrenti (discount, supermercati e superstore) e dei category killer non-food: gli effetti sono stati poi acuiti dalla
sfavorevole congiuntura economica e
dalla conseguente accentuazione della
mobilità dei consumatori. Non a caso è
oggi oggetto di significativi tentativi di
rivitalizzazione da parte dei protagonisti della grande distribuzione alimentare, che puntano a una sua focalizzazione in termini di ampiezza e profondità dell’assortimento, riducendo le superfici dedicate.
Non c’è alcun dubbio che la sua stessa funzione di locomotiva degli shopping centre domestici ne sia uscita
fortemente ridimensionata. L’epoca
dell’ipercentrismo pervasivo è volta al
tramonto, determinando la vitale necessità di declinare nuovi concept, che
siano in grado di contemperare esigenze plurime, in un quadro che permetta di massimizzare il potenziale legato all’interazione delle singole entità costitutive, nella prospettiva dell’ottimizzazione sinergica della dimensione dello shopping: che, come non mi
stancherò di ripetere, esula dal mero
atto d’acquisto, ricomprendendo svariati aspetti ludico-ricreativi ed esperienziali e investendo pure la sfera della socialità.
Repetita iuvant: dall’angolo visuale di Canali & C., alla luce delle considerazioni sopra esposte, qual è il
ruolo che il marketing dovrebbe ricoprire e il suo effettivo contributo
ai fini della creazione di autentico
valore?
In estrema sintesi: la leva competitiva
del marketing nella sua accezione più
ampia può esprimere appieno il suo
potenziale soltanto attraverso una coerente regia unitaria. L’agenzia, in virtù
del suo specifico know-how, non può
che essere un portatore sano di valore
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Carta d’identità di Canali & C
Ragione sociale
Canali & C. srl, via Tacito 6, Milano
Altre sedi o filiali
viale Isonzo 13/a, Reggio Emilia
Dipendenti e collaboratori fissi
37
Staff dirigenziale
Ermanno Canali (presidente), Michele Neri (vice
presidente), Elisa Rocchi (amministratore delegato)
Core business
Attività di consulenza strategica, marketing
e comunicazione per centri commerciali
Specializzazioni
Consulenza strategica, creatività, pianificazione e
gestione media, concorsi a premio e relativa analisi dati
Servizi
• Comunicazione above the line su stampa, radio, tv, esterna, internet e new media
•C
omunicazione below the line: immagine coordinata, materiali pop, direct marketing, packaging
• Analisi, pianificazione e gestione media
• Pr e ufficio stampa
• Eventi speciali, fiere e convegni
• Ideazioni siti internet e strumenti multimediali
Fonte: Canali & C.
aggiunto, beneficiando tutti gli attori
coinvolti. Solamente un approccio olistico, imperniato su una visione davvero organica, che ispiri l’adozione di piani d’azione strutturati, sulla scorta della piena comprensione della peculiare
identità di ciascun centro e delle priorità che esprime in rapporto al territorio e alle comunità di riferimento, può
determinarne il successo. Al contrario,
ogni iniziativa estemporanea, che non
si associ a una rigorosa pianificazione e
gestione, lascia il tempo che trova.
Voglio sottolinearlo ancora una volta:
non è più il momento dell’improvvisazione dilettantesca e delle attività fini a
se stesse e replicate in serie. Procedere
a tentoni non porta da nessuna parte:
come ben sanno parecchie proprietà e
alcuni protagonisti evoluti del retail asset management, che vivono l’eventualità di avvalersi di competenze specialistiche esterne come un’opportunità
a tutto tondo per gli stakeholder piuttosto che come una minaccia alle proprie prerogative. Valorizzare ogni singolo progetto mediante l’armonica interazione di professionalità qualificate
dovrebbe costituire un obiettivo condiviso da tutti gli attori, nei limiti dei
rispettivi ruoli: per essere chiari, quello del property management è imprescindibile in relazione alle sue preci-
pue articolazioni operative, che ricomprendono anche elementi di marketing di prodotto, pure in chiave di customer care, ma non devono estendersi alla dimensione strategica: che non
può che essere appannaggio dell’agenzia, stante la premessa. Naturalmente, la cartina di tornasole della bontà
di tale impostazione è la misurazione
del rapporto investimenti/ritorni. E rifiutare la pigra omologazione, uscendo
dalle piste battute, nella nostra esperienza paga grossi dividendi.
In definitiva, competenze specialistiche e propensione all’innovazione sono i capisaldi di ogni modus
operandi all’altezza delle sfide poste dal presente e da un futuro che
“non è più quello di una volta” (Yogi
Berra docet)…
È il nocciolo della questione: ci troviamo in un momento di svolta per le sorti dell’industria italiana dei centri commerciali e la posta in palio è la realizzazione di un vero e proprio salto di
qualità complessivo. Il processo di selezione cui abbiamo assistito negli ultimi anni ha dato luogo a una forte segmentazione. In generale, è innegabile che, nel processo di ritorno ai fondamentali, le competenze specialistiche abbiano preso quota. Nello scena-
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rio odierno, i player più attrezzati e lungimiranti hanno ben presente l’importanza di porre in essere strategie mirate di ampio respiro, a dispetto delle difficoltà contingenti.
Al riguardo, la funzione del marketing
è cruciale per la riuscita di qualsivoglia
iniziativa. Ecco perché l’apporto di specialisti ispirati da una visione innovativa è sempre più richiesto: al netto delle battaglie di retroguardia di soggetti
abbarbicati a rendite di posizione che
non hanno più alcuna plausibile ragione d’essere. Come ho notato in precedenza, se una volta le attività di marketing avevano un peso marginale nel determinare il successo di una struttura
commerciale, oggi sono tra i principali
fattori critici di successo: ostinarsi a non
trarne le conclusioni significa candidarsi alla marginalità. Gli esempi non mancano: il coefficiente di difficoltà si è innalzato per tutti e il mercato non perdona più gli errori, a nessun livello di competenza (e d’incompetenza).
Nelle strategie di comunicazione
delle strutture organizzate, armonizzare i divaricati afflati degli stakeholder non è sempre agevole. Come si possono conciliare incremento dei fatturati e potenziamento della brand identity?
La comunicazione di marketing è essenziale ai fini dei risultati commer-
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ciali e competitivi, a partire dall’individuazione di un posizionamento e di
una proposta distintivi: a maggior ragione quando deve occuparsi di organismi assai compositi quali i luoghi dello shopping. In realtà, sono convinto
che non ci sia una dicotomia tra i due
obiettivi. La campagna “Lo Shopping
che unisce l’Italia”, che abbiamo ideato
per Gallerie Commerciali Italia, braccio
immobiliare del Gruppo Auchan, costituisce un esempio calzante di come
si possano coronare entrambi mediante un’iniziativa che ha cambiato i parametri della promotica settoriale. In soldoni: dal 18 marzo al 17 aprile 2011, i
clienti di 41 Gallerie Auchan disseminate su tutto il territorio nazionale hanno avuto la possibilità di aggiudicarsi
migliaia di buoni acquisto per un totale
di 700.000 euro e 15 nuove Nissan Micra: il montepremi più ricco mai messo in palio nel Belpaese. E già questo è
degno di nota. Per mezzo di un’attività
consolidata come quella promozionale, articolata però in maniera innovativa e condotta su scala nazionale, abbiamo perseguito l’incremento delle visite e del fatturato dei centri, valorizzando nel contempo la brand identity delle gallerie del Gruppo Auchan. I risultati ci hanno dato ragione, travalicando
le più rosee aspettative. Sembra l’uovo
di Colombo? E allora diciamo che altri
avrebbero potuto farlo, noi invece l’ab-
Fattori critici di successo per un centro commerciale
(valori in %)
80
70
60
50
Ieri
Oggi
40
30
20
10
0
Prodotto
Governo
Marketing
Fonte: Canali & C.
biamo fatto! Una differenza di non poco conto…
Come dissentire? Del resto, tra il dire
e il fare c’è di mezzo e il, riprendendo Elio. Lo scollamento tra dicta et
facta è anzi una delle malattie infantili della nostra industria. E i proclami tonitruanti si rivelano spesso flatus vocis…
Come negarlo? Oggi tutti cercano di accreditarsi come innovatori, ma non basta l’autocertificazione. Nel contesto degli shopping center tricolori la distanza
da percorrere per colmare il divario con
le realtà internazionali all’avanguardia
sotto il profilo delle best practice è ancora lungo e irto di ostacoli. Ma qualcosa si sta muovendo, sotto molteplici
profili: non ci dobbiamo illudere che le
novità possano prendere all’improvviso
il sopravvento, ma c’è un notevole fermento. Ciò premesso, se è camminando
che si fa il cammino, direzione e ritmo
di marcia sono fattori basilari: chi soffre
di problemi d’orientamento o non riesce più a reggere il passo non può che
essere relegato ai margini. E non è detto
che sia un male, indulgendo all’eufemismo. Senza una chiara percezione delle implicazioni del cambiamento in atto, nessuna funzione può rivelarsi foriera di reale valore. Nella fattispecie,
ribadisco quindi che l’individuazione
dei tratti distintivi delle singole strutture in rapporto alle caratteristiche del/i
bacino/i d’utenza (categoria assai complessa, rifuggendo dalle semplificazioni
invalse) deve costituire la pietra angolare di qualunque analisi propedeutica alla definizione di iniziative finalizzate alla valorizzazione degli effettivi elementi
d’attrazione di ogni singolo centro. Dati alla mano (e torniamo a bomba), capirlo e agire di conseguenza consente di
godere di un vantaggio competitivo oggettivo e misurabile.
In conclusione, parafrasando Palmiro Cangini: fatti, non pratiche autoreferenziali…
Sottoscrivo, senza se e senza ma…
Enrico Biasi
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Marketing e innovazione:
un binomio inscindibile
M
arketing e innovazione sono
termini strettamente correlati, che improntano in misura crescente il processo evolutivo
del retail real estate. Chi si occupa di
una disciplina così ricca di potenzialità in materia di creazione del valore deve pertanto essere incline a porre in discussione gli approcci tradizionali e le impostazioni di routine, per
metterle a frutto appieno.
In uno scenario contrassegnato da
un aumento crescente di difficoltà, la
propensione a innovare non può che
discendere da una capacità analitica ad ampio spettro, che trascenda la
sfera dell’ovvio, all’insegna di una visione organica del mutevole campo di
forze: sostanziandosi in un modo non
convenzionale di intendere i ruoli, i
compiti, gli ambiti e le responsabilità.
L’importanza di definire strategie di
marketing che partano da lontano,
attivando processi efficienti ed efficaci nei confronti di tutti gli stakeholder coinvolti nelle diverse fasi di
un’iniziativa immobiliare (progettazione, realizzazione e gestione), è
ormai assodata. E la centralità delle
competenze specialistiche è stata evidenziata a più riprese da molteplici
osservatori.
Al riguardo, lungi dal dissentire (come potremmo?), vogliamo precisare
che i depositari delle stesse non sono
però da considerarsi come tuttologi
onniscienti, ai quali rivolgersi come
a un oracolo. Nell’ottica dell’ottimizzazione e della massimizzazione dei
risultati commerciali e competitivi,
gli attori settoriali possono (e dovrebbero) piuttosto svolgere, in virtù del
Michele Neri,
vice presidente Canali & C.
proprio know how, una funzione di
fattiva sintesi, ponendosi al servizio
di piani d’azione strategicamente definiti e univocamente condivisi, a tutti i livelli di pertinenza: a ciascuno dei
quali i vari player specializzati all’uopo designati (su basi oggettive, si auspica, ma questa è un’altra storia) sono chiamati a concorrere al raggiungimento dei target stabiliti.
Integrazione di competenze
L’integrazione delle diverse competenze è un fattore chiave e le leve a
disposizione sono molteplici, sebbene
troppo spesso trascurate, in chiave sia
strategica sia operativa. Nell’analizzare un bacino d’utenza, a titolo esemplificativo, perché non abbinare la
cornucopia della statistica a indagini
che ricomprendano aspetti di natura
qualitativa, consentendo una lettura
meno asettica? Perché non aprire le
porte a una collaborazione tra gli specialisti dei numeri e chi invece, dialogando con le persone, può attribuire
al dato quantitativo diverse e nuove
sfumature interpretative?
Rispetto al marketing operativo, possiamo distinguere tra promozione e
advertising, da un lato, e marketing di
prodotto, volto in sintesi a definirne e
mantenerne le caratteristiche intrinseche che ne rappresentano l’essenza quotidiana, dall’altro. È lapalissiano che le prime siano appannaggio di
chi padroneggia il linguaggio della comunicazione e dei media, avendo comunque alla base solidi fondamentali
di marketing: ci riferiamo all’agenzia.
Mentre le attività relative al prodotto
è indispensabile che siano gestite da
chi governa e dirige la struttura commerciale: solo chi ha la facoltà di determinare, attraverso la costante presenza sul terreno, il livello di servizio al cliente può davvero fare in modo che gli utenti restino soddisfatti di
tutti gli aspetti dell’esperienza vissuta
(la shopping experience è una dimensione complicata e molto soggettiva)
e diventino generatori di fatturato
con la loro fedeltà e di nuovo traffico
con il loro passaparola positivo.
E solo chi recepisce le istanze espresse dal territorio e della comunità di
riferimento può fare in modo che la
struttura se ne faccia carico o le viva
come proprie, diventando punto di
riferimento per i residenti: rinunciando magari alle attività di “intrattenimento” fini a se stesse e puntando alla costruzione di più proficue “comMichele Neri
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Innovare significa...
tornare ai fondamentali
I
nnovare: un verbo sulla bocca di
tutti, che evoca un futuro diverso
e migliore del presente. In termini pratici, come si può declinare quando si parla di centri commerciali, cioè
di strutture composite, che interagiscono con un dato territorio e il suo tessuto socio-economico, durante un ciclo di
vita che vede il coinvolgimento di molteplici soggetti? Vogliamo qui proporre qualche breve considerazione relativa ai principali attori: promotori, retailer e società di commercializzazione e
di gestione.
Innanzitutto, i promotori dovrebbero
essere più coraggiosi, accettando rischi
maggiori: l’esigenza di individuare configurazioni che si stacchino dagli stilemi che omologano larghissima parte
dello stock è sempre più chiara. Quali le strade da prendere? Bisogna pensare a centri inseriti in contesti non solo commerciali, che propongano mix
merceo­logici ad ampio spettro, diversificando le articolazioni dell’offerta. Magari evitando di limitarsi ai soliti noti:
l’epoca delle gallerie-fotocopia volge al
tramonto e parecchie insegne con track
record meno consolidati potrebbero
contribuire alla causa. La complessità
degli interventi sarà maggiore, certo,
così come le dimensioni fisiche e gli investimenti richiesti: ma l’alternativa è
la stagnazione.
Gli stessi retailer dovrebbero andare oltre il mainstream, sperimentando concept capaci di cogliere le aspettative di
nicchia che stanno emergendo: indulgendo all’autocitazione, più che di “nicchie di mercato” possiamo oggi parlare di un “mercato di nicchie”, popolato da una pluralità di “tribù” di consu-
Mario Taccini,
chairman Sincron Inova
matori. Rispetto ai format, esiste un vasto campo di possibilità, vista la modestia del panorama distributivo italiano:
spaziando dall’esercizio super-specializzato con elevato servizio di assistenza al negozio che integra più categorie
merceologiche; dal grande magazzino
(il cui potenziale è spesso sottovalutato) al drugstore di prossimità.
Valorizzare gli outsider
Le società di commercializzazione dovrebbero puntare sugli outsider, i “saranno famosi”, aiutando i player ancora al di fuori del circuito degli shopping
centre a farsi conoscere di più e meglio.
È necessario uscire dai sentieri battuti:
che sia poi una ricerca svolta in ambito
locale, nazionale o internazionale, poco importa. L’importante è fornire elementi di reale novità, tarati sulla specifica tipologia. E merita ricordare che
un centro di vicinato non è un centro di
attrazione regionale in miniatura e deve avere un differente posizionamento.
Le società di gestione dovrebbero inve-
ce monitorare continuamente il merchandising e il tenant mix, per verificarne la rispondenza alle attese dei
clienti, nel quadro più ampio dei bacini di riferimento, facendo poi ricorso a
tutte le leve di un management proattivo: implementando per esempio attività di marketing in grado di veicolare
un “messaggio” davvero funzionale alla valorizzazione dell’anima di ciascun
centro. Se puntare sulla sfera dell’emozione è la modalità prevalente, radicarsi nel territorio, interpretando le istanze dei vari portatori d’interesse nell’ottica della costruzione di durature community relations, è fondamentale.
Che cosa dire, infine, delle proprietà?
In generale, si tratta di fondi immobiliari d’investimento, che, in quanto tali, fanno (o dovrebbero fare) il loro mestiere: tutelare coloro da cui hanno ricevuto i quattrini, avendo come obiettivo principe quello di assicurare una
ragionevole redditività nel lungo periodo. La passata euforia ha originato
molte operazioni eccepibili, agevolate
da un diffuso pressappochismo: non ci
risulta infatti che nella catchment area
di centri che oggi boccheggiano vi siano stati massicci fenomeni migratori
post-apertura. Se ne evince che effettuare decenti (garbato eufemismo) studi di fattibilità e analisi delle condizioni che influenzano lo scenario competitivo è indispensabile.
In definitiva, innovare significa tornare ai fondamentali. E un principio vale
per tutti: sapere è potere e potere sapere (mettendosi nella condizione di conoscere) è il presupposto di qualunque
storia di successo.
Mario Taccini
Marketing strategico e innovazione nel retail real estate
11 - Ottobre 2011
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Il marketing dinamizza l’ambiente
dei centri commerciali
N
onostante il periodo di apparente calma nell’immobiliare
commerciale, segnali di un dinamismo che evoca cambiamenti sono avvertibili nel marketing dei centri commerciali. Nuove sfide arrivano dall’ipercompetizione dei mercati
con l’affermarsi di nuovi canali distributivi concorrenti: factory outlet centre, retail park, formule e-tail, e concetti emergenti quali click & collect,
urban centre, centri commerciali naturali. Questo quadro è complicato da
numerose variabili sempre più critiche e interdipendenti come la scelta delle marche e del merchandising
mix, il comportamento d’acquisto e
gli stili di consumo in un’epoca multicanale e digitale.
L’attuale congiuntura economica ha
enfatizzato anche nei centri commerciali la richiesta generalizzata di riduzione delle spese destinate alle attività di marketing. Il vivace dibattito
che ne è scaturito ha visto da un lato i fautori del marketing come investimento strategico capace di influire direttamente sulle prestazioni del
centro, e non mera voce di costo più
volubile quindi decurtabile, dall’altro le insegne alle prese con margini
sempre più ridotti e piani di sviluppo contenuti. All’origine di questa situazione c’è probabilmente la sottovalutazione del ruolo strategico del
marketing. In una fase d’intensa concorrenza, il marketing è stato caricato di forti responsabilità per differenziare il centro e creare valore quando forse questo obiettivo non si poteva realizzare solo attraverso azioni
promopubblicitarie.
Stefano De Robertis,
responsabile marketing di Eurocommercial
Properties
Il centro commerciale
come luogo d’interfusione
Ma qual è la strada da prendere? Quella che porta ad accettare la sfida del
cambiamento e dell’innovazione. Non
ci sono formule magiche. Nei momenti di difficoltà possono nascere nuove
idee e processi virtuosi.
Oggi il centro commerciale è un luogo
d’interfusione, contenitore di relazioni
interattive tra persone, prodotti, negozi, marche e simboli interrelati secondo canali di offerta trasversali.
Scoprire l’anima di un centro e costruire un legame efficace in sintonia con
le attese dei frequentatori, visti non
più come consumatori, ma utenti motivati, attraverso i quali un centro costruisce un posizionamento strategico
d’eccellenza per proporre esperienze
di consumo nuove, non banali.
È necessario che il centro ridefinisca
missione e asset per coniugare il mix
degli spazi, i negozi, l’offerta, i servizi,
e ripensare ad azioni che facciano leva su nuovi strumenti del marketing
mix presentando innovativi progetti
di qualità. Ritengo necessario agire su
due strategie principali:
1) rispondere ai reali e nuovi bisogni
latenti nei consumatori (e anche dei
retailer), talvolta anticipandoli e creando nuove occasioni di consumo per
dare vita a qualcosa che va oltre le esigenze basiche;
2) monitorare costantemente l’efficacia delle attività di marketing attraverso la sperimentazione di nuovi media,
incrementando l’attitudine alla misurabilità degli stessi in termini di Roi. È
opportuno ripensare il marketing mix
tra iniziative commerciali atte a generare vendite, puro intrattenimento o
branding. Proprio sul media mix vi sono opportunità legate all’online, ai social media e al marketing non convenzionale, ancora poco utilizzate e a volte
non comprese nella reale potenzialità.
Il centro commerciale dovrebbe infine ripensare le strutture in un’ottica di
qualità e creatività, lavorando sui principi di accoglienza e comfort della permanenza del cliente/ospite. Il mondo dei centri commerciali non è statico, è liquido. Ricco di spazi, emozioni
e significati, atmosfere. l’ambiente nel
suo insieme deve essere il vero valore aggiunto che deve innovare e fare
tendenza. Del resto, come diceva Marshall Mc Luhan, quando una cosa fa
tendenza crea valore.
Stefano De Robertis
Marketing strategico e innovazione nel retail real estate
12 - Ottobre 2011
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Il futuro del design è integrare
la tecnologia alla vita quotidiana
I
fattori decisivi nella progettazione
e nello sviluppo nei prossimi cinque anni saranno influenzati dai
nuovi comportamenti d’acquisto a loro volta legati all’evoluzione degli stili di vita. Il problema è anticipare questi cambiamenti prima che si manifestino come trend: prima, cioè, che diventi troppo tardi intervenire, soprattutto per chi lavora nei settori di mercato, come il commercio, dove è fondamentale la posizione. La sfida sta tutta
nell’intuire, da deboli segnali della domanda, il profilo dei futuri trend.
A questo proposito il caso Tesco in Corea del Sud offre spunti di riflessione: la catena della grande distribuzione inglese occupava nel paese asiatico la seconda posizione, e non voleva ampliare la propria rete di punti di vendita; ma è comunque diventata leader, collocando nelle stazioni della metropolitana cartelloni pubblicitari dei propri prodotti caratterizzati dal codice a barre che permette l’acquisto online con lo smartphone.
Yoox, società italiana di web fashion
outlet, ora quotata in Borsa, sta sfruttando l’effetto della trasformazione del negozio in luogo dove si può
provare il capo che poi verrà acquistato via web: il punto di vendita diventa un luogo di ricerca e scelta.
Piacevole la provocazione di H&M,
che ha aperto un pop-up store (un
container di legno allestito internamente come un negozio) sulla spiaggia dell’Aia, in Olanda, per raccogliere
sovvenzioni a favore dei paesi poveri.
Non stupiscono più, ormai anche in
Italia, le vetrine elettroniche, che cambiano aspetto al passaggio dei clienti e
H&M ha aperto un pop-up store
(un container di legno allestito internamente
come un negozio) sulla spiaggia dell’Aia,
in Olanda
permettono di attirare e catturare la loro attenzione, trasformandosi in strumento per il marketing di prossimità.
Che la tecnologia stia modificando il
nostro modo di vivere è una certezza, e che debba entrare pesantemente e profondamente nel nostro modo di acquistare è facilmente intuibile. Interessante è capire come il retail real estate risponde a queste nuove sollecitazioni, considerando che
l’immobiliare è sempre andato incontro alle esigenze della popolazione.
L’acquisto di un bene o di un prodotto non è più solo una necessità, ma è
parte di un’esperienza più ampia e
complessa (shopping experience) nella quale la tecnologia svolge un ruolo
spesso trainante, anche in funzione attrattiva. Un esempio viene dalla catena Cache Cache, che ha installato virtual mirror, specchi che catturano l’immagine riflessa, la rendono in formato digitale a disposizione degli utenti, i quali possono trasmetterla attra-
verso il proprio cellulare ad amici, anche solo per consigliare un acquisto.
Gli esercizi commerciali, non importa
di quale tipologia o dimensione, non
hanno solo una valenza economica, ma
stanno assumendo sempre più una caratterizzazione sociale. Due esempi sono Whole Foods Market, che ha avviato un programma di Seafood Sustainability Rating, e il temporary store CocaCola realizzato a Tel Aviv, in cui vengono presentati e venduti oggetti riciclati dalle lattine e dalle bottiglie (Recycled Collection). Tutto si inquadra
in un programma (“Give it back”) volto a sensibilizzare i consumatori al riciclo dei materiali non biodegradabili.
Se il retail real estate vuole restare al passo con i tempi, deve avere
strutture flessibili, tecnologicamente adattabili alle evoluzioni del mercato, in grado di rappresentare quanto avviene all’interno ma, allo stesso tempo, con una delicatezza tale da
non invadere il messaggio dei brand.
I prodotti immobiliari devono tenere
conto della qualità in chiave di sostenibilità, con un nuovo radicamento soprattutto legato al riutilizzo dei materiali dell’economia locale. Le strutture innovative devono essere guidate
dall’utilizzatore e dal contesto sociale e
i nuovi materiali legati all’ambiente e
al contesto socio-economico.
La prossima frontiera del design e del
retail real estate sarà la creazione di
luoghi nei quali avvenga una perfetta
integrazione della tecnologia nella vita quotidiana, per fornire servizi di valore all’utente.
Paolo Facchini Presidente Lombardini22
Marketing strategico e innovazione nel retail real estate
13 - Ottobre 2011
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theMOON, il potenziamento
dei centri polivalenti integrati
D
a un po’ di anni si assiste al
proliferare di format che ampliano, con maggiore o minore successo, l’offerta di attività e servizi, con l’obiettivo di conquistare e
possibilmente mantenere il target di
riferimento. Per andare in questa direzione, alcune strutture commerciali sono state trasformate in centri “mixed-use”, con apporti di “leisure &
entertainment”. In definitiva, erano
e rimangono centri commerciali, nei
quali lo spazio è funzionale alla locazione e la grande superficie despecializzata è tuttora considerata un magnete primario.
theMOON, il parco multifunzionale
che il Gruppo Rossetto (ipermercati
Rossetto e supermercati L’Affare è, 20
punti di vendita tra Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna) sta costruendo tra i due svincoli di Angiari e Palesella, lungo la superstrada Transpolesana che collega Verona a Rovigo,
nasce da un concetto completamente diverso, come ama ripetere Roberto Rossetto: ribaltando il peso delle attività diverse dal commerciale è possibile progettare un luogo con caratteristiche uniche.
theMOON si può considerare l’evoluzione e il potenziamento dei centri polivalenti integrati con l’aggiunta
consistente e determinante di attività non commerciali che sfruttano servizi comuni, la non contemporaneità
degli spazi pubblici, e l’ottimizzazione
dei costi di gestione, sfruttando il 4050% in più l’orario di apertura.
Il fulcro del progetto - a cura di Over­
Italia, società di sviluppo, commercializzazione e realizzazione proget-
ti multifunzionali - è l’area dedicata
al divertimento, che non ha paragone sul territorio nazionale sia per la
superficie dedicata sia per le attrattive che presenta, inserite in un contesto organizzato, sicuro, dedicato a tutti, facilmente raggiungibile e ricco di
servizi e comodità. L’area leisure di
theMOON è una sorta di “centro nel
centro”, concepito per funzionare autonomamente, attivo durante il giorno ma pensato per raggiungere il momento clou durante la sera e la notte.
Primo parco acquatico
integrato indoor in Italia
Il parco multifunzionale theMOON
ospita una novità assoluta: il primo
parco acquatico indoor integrato in
Italia, una struttura trasparente costituita da piscine, saune e altri locali
per il wellness per complessivi 11.500
mq di slp.
L’edificio principale del complesso mette a disposizione di un bacino d’utenza stimato in 1,2 milioni di
persone a 60’ di percorrenza una Gla
di 44.350 mq destinata ad accogliere l’area commerciale, alimentare e
leisure. Inserito in un contesto completamente urbanizzato, si sviluppa
su tre livelli. Al piano terra, esclusivamente commerciale, sono previsti
un ipermercato Rossetto (5.600 mq),
7 ancore e 60 negozi che offrono un
equilibrato mix merceologico. Il primo piano, invece, è dedicato a food
court e leisure, un’area con ogni tipo
di intrattenimento anche con finalità
didattiche, compreso un Multiplex e
una zona per il “Disco Kart”. Una parte dei locali della food court avrà uno
sviluppo su due piani in modo che la
parte superiore acceda a una terrazza da cui è visibile la pista del Kart.
L’area scoperta a parcheggio collegherà il centro con il retail park per le attività specializzate e la Giardineria,
mentre in prossimità dello svincolo ci
sarà una stazione di servizio completa
per auto, camion. Tra il centro e il parco acquatico verrà collocato un hotel
4 stelle che sfrutterà i servizi del centro e le attività di ristorazione ma soprattutto sarà direttamente collegato
con il parco acquatico.
Giorgio Dal Betto,
responsabile commerciale OverItalia srl
In costruzione il parco
multifunzionale di Gruppo
Rossetto (Verona)
promosso da OverItalia
(Vicenza). Il fronte
principale è caratterizzato
da una grande parete
interattiva
tecnologicamente avanzata
e multifunzionale,
comandata da software
in sala regia
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14 - Ottobre 2011
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Arcoretail-Agorà, una nuova
retail management company
L
a valorizzazione degli
asset commerciali è un
tema sempre più oggetto di riflessione da parte
di tutti quei soggetti naturalmente interessati al mantenimento, se non addirittura
all’incremento, del valore patrimoniale dei cespiti. In un
mercato sempre più selettivo, non basta confinare la valorizzazione immobiliare nel
ristretto ambito delle attività
amministrative e tecniche del
property management tradizionale. Le esigenze delle proprietà
sono di conseguenza sempre più complesse e coinvolgono competenze e
funzioni molto più articolate della gestione ordinaria. Occorre una visione
a 360° del mercato, conoscenza delle
caratteristiche di ogni singolo centro
e capacità di mettere a sistema competenze specialistiche per essere un
interlocutore in grado di comprendere meccanismi di sviluppo e gestione
in cui la redditività da entrate locative
è solo uno dei fattori critici. Da queste esigenze nasce la consapevolezza
che il mercato ricerca soggetti capaci
di esprimere innovazione e creatività
e con solidità garantita da assetti indipendenti che permettano di lavorare
senza condizionamenti.
La costituzione di Arcoretail-Agorà va
in questa direzione: offrire al mercato un partner che unisca alle competenze dell’asset management quelle
del property management, con un approccio globale che valorizzi i potenziali di ogni struttura.
Con un portafoglio di oltre 20 centri
Luca Bastagli Ferrari (a destra)
e Carlo Romagnoli (a sin.), amministratori
delegati di Arcoretail-Agorà
commerciali e retail park entrati in
dote con l’acquisizione di Agorà srl,
in precedenza di proprietà di Aedes,
Arcoretail diventa Arcoretail-Agorà
e aggiunge servizi integrati di gestione e sviluppo innovativi e completi a
Gruppo Arcotecnica che può così consolidare la sua presenza sul mercato
real estate italiano. La nuova struttura è una retail management company,
costituita da Gruppo Arcotecnica e da
Global RE Sol di Luca Bastagli Ferrari
mediante conferimento di risorse specialistiche nel settore. Svolge la sua
attività con criteri innovativi nella gestione integrale di asset commerciali, nella loro valorizzazione, e in progetti di sviluppo retail. La scelta di acquisire Agorà rappresenta un importante passaggio nel piano di sviluppo
verticale di Arcoretail, per ampliare la
gamma di servizi offerti da un team
con competenze specialistiche nel retail real estate, che
consentono di valorizzare
più format commerciali: dagli shopping center ai factory
outlet village, dai retail park
agli entertainment center. I
modelli gestionali sviluppati
da Arcoretail-Agorà includono concept innovativi e orientati a un approccio multicanale, che include elementi progettuali, commerciali, di marketing, legali e contabili.
Dagli studi preliminari di
mercato alla locazione diretta o indiretta dell’immobile commerciale, Arcoretail-Agorà vuole essere un partner di riferimento per tutte le fasi di
pre-apertura, apertura e gestione di
asset retail in Italia. In ogni fase del
ciclo di vita di un asset commerciale,
ritiene possibile valorizzare i punti di
forza di centri diversi per localizzazione, dimensioni, bacino d’utenza, offerta merceologica. La chiave è individuare servizi moderni e flessibili per
soddisfare le esigenze di proprietà, sviluppatori, promotori e fondi d’investimento attivi nel segmento retail. Considerando Gruppo Arcotecnica nel suo
complesso, questa operazione si inserisce nella strategia di rafforzamento del gruppo, protagonista di acquisizioni eccellenti come Europrogetti
& Finanza, Rio Nuovo (Gruppo RREEF), Icade Italia (ora Pryma RE). Queste strutture sono state gradualmente
integrate e interconnesse alle altre già
presenti, andando a costituire un network di competenze indipendenti e sin
nergiche unico in Italia. Marketing strategico e innovazione nel retail real estate
15 - Ottobre 2011
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Agrivillage promuove
commercio e tradizioni locali
L’
Italia è il paese europeo con il
maggior numero di prodotti tipici riconosciuti, la più ampia
gamma di specialità agroalimentari ed
enogastronomiche di qualità e con una
tradizione di manifattura artigianale
eccellente simboleggiata dal brand made in Italy. Questo patrimonio straor­
dinario ha ampi potenziali di crescita attraverso sinergie di sistema tra
commercio, turismo, intrattenimento e cultura. Da queste considerazioni nasce Agrivillage, un progetto integrato sviluppato da Global RE Sol mutuando esperienze di successo a livello
internazionale e individuando le aree
più promettenti del territorio italiano
in cui insediare un format innovativo.
Agrivillage è un villaggio dove prodotto agroalimentare e artigianato sono
protagonisti di un nuovo approccio alla filiera produzione-distribuzione locale in cui convivono promozione del
territorio, formazione, ospitalità e recupero della cultura del made in Italy.
Agrivillage offre alle aree in cui si insedia l’opportunità di preservare, diffondere e rilanciare il prodotto tipico
e quello artigianale favorendo l’incontro tra domanda e offerta e instaurando rapporti più efficaci tra produttori,
distributori e consumatori. Ha quindi
una forte funzione commerciale, una
vocazione culturale e didattica e una
predisposizione allo sviluppo del turismo locale.
Ai produttori locali Agrivillage mette
a disposizione un luogo ideale in cui
la produzione a chilometro zero beneficia dei vantaggi logistici e delle economie di scala delle grandi superfici e
si avvale delle tecniche di commercio
Giorgio Ghiselli,
partner e responsabile progetto Agrivillage Global RE Sol
e di marketing più avanzate.
Agrivillage offre al consumatore un
sistema di piccola distribuzione organizzata, fatto di borghi tematizzati architettonicamente e in sintonia con
il territorio, e di piccole botteghe artigianali. In un villaggio Agrivillage
si conoscono e riscoprono eccellenze locali altrimenti di difficile individuazione. Le valenze commerciali sono esaltate da un concept in cui ciascun villaggio è una nuova meta turistica dotata di capacità ricettiva, numerosi spazi dedicati ai bambini e alle ristorazioni, strutture di formazione hobbistica e professionale e uffici
di promozione del territorio.
Progetto modulabile
in rapporto al territorio
Il progetto è modulabile in base alle peculiarità del territorio, delle istituzioni e
degli operatori locali. In quanto espressione del territorio che lo ospita, Agri-
village trasmette la sua storia, le sue
tradizioni e la sua cultura e risponde alle sue esigenze attraverso le sue molteplici funzioni. Dialoga con il consumatore finale attraverso il controllo diretto della filiera produzione-distribuzione, coniugando i plus commerciali della distribuzione organizzata con quelli dei mercati rionali e offrendo tutti i
vantaggi di una destinazione turistica.
In Agrivillage trovano spazio i consorzi
di tutela, le associazioni di consumatori
e tutto ciò che ruota intorno al prodotto tipico locale.
In Italia sono state identificate quattro location idonee allo sviluppo degli Agrivillage: Asti, Narni (Umbria),
Napoli, Melilli (Sicilia). Una quinta è
in definizione in Triveneto. Altrettante aree sono state individuate in Francia. Agrivillage rappresenta un elemento strategico di posizionamento di Global RE Sol, società leader in Italia nella creazione di format commerciali, le
cui competenze spaziano dalla progettazione architettonica e ingegneristica
al design commerciale, alla commercializzazione e sviluppo con particolare
attenzione alla sostenibilità ambientale, alla mobilità e alla qualità della vita.
Premiato ai RE Awards 2008 con il
“Mattone d’oro” (Premio Speciale Innovazione nella Tradizione) quale nuovo e innovativo format per lo sviluppo
economico e commerciale del made in
Italy basato sul prodotto tipico e artigianale, nel 2011 è risultato vincitore
nella categoria Investment del prestigioso Hospitality Award per la capacità di armonizzare i potenziali di attrattiva di commercio, turismo e leisure.
Giorgio Ghiselli
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16 - Ottobre 2011
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Il fashion village di Agira
internazionalizza i siciliani
A
perto nel novembre 2011, Sicilia
Fashion Village è il primo outlet village in Sicilia e ha portato sull’isola notevoli elementi di novità
non solo sotto il profilo dell’offerta commerciale, ma anche in termini di marketing e relazioni con il territorio. Una
sfida importante nel nome dell’innovazione: dal design ai servizi, la volontà è
stata quella di creare qualcosa di assolutamente unico.
L’assenza di concorrenti diretti (i centri
commerciali sono realtà diverse) rappresenta un vantaggio ma anche una
grande sfida. In Sicilia, e non solo, sono
ancora in molti a pensare all’Outlet come a un negozio che vende stock di abbigliamento di seconda scelta, non come a una città della moda e dello shopping che offre grandi marchi a prezzi
scontati fino al 70%.
La nostra idea di partenza era semplice ma molto ambiziosa: creare un luogo moderno e piacevole dove vivere
un’esperienza di shopping di livello internazionale, senza tradire l’essenza del
territorio. L’elemento più innovativo è
stato proprio quello di integrare il meglio delle nuove tendenze del retail con
l’ambiente circostante. Un circolo virtuoso capace di creare benefici per tutti. E la collaborazione che abbiamo trovato a livello locale è stata straordinaria.
Vicinanza a luoghi
“cult” del turismo
La scelta di Agira si è rivelata strategica
sotto tutti i punti di vista: l’outlet è equidistante da tutti i capoluoghi di provincia, con un comodo collegamento autostradale tramite l’autostrada A19 che
collega Palermo e Catania. Un altro im-
Matteo Percassi
portantissimo vantaggio è dato dalla vicinanza a centri turistici come Piazza
Armerina e la Villa Romana del Casale, che attirano milioni di visitatori ogni
anno. Puntare sulla valorizzazione del
territorio è quindi una strada obbligata
se vogliamo raggiungere traguardi ambiziosi di store traffic e fatturato.
Ma oltre alla location e a un merchandising mix di altissimo livello, con alcuni tra i più noti top brand internazionali, per creare un progetto di respiro internazionale era necessario qualcosa
di più: così abbiamo deciso di offrire al
consumatore non un semplice insieme
di negozi, ma un luogo da vivere a 360
gradi. Prima ancora di pensare a cosa
può acquistare, il consumatore deve andare all’outlet perché lo desidera e perché lo fa stare bene.
Dalla gradevolezza dell’architettura e
dell’ambiente fino ai servizi (disponibili la navetta e i tour turistici che includono la visita all’outlet), tutto concorre a creare le premesse perché il consumatore sia invogliato alla visita e alla fidelizzazione, riconoscendosi nello stile
di vita proposto dall’outlet, inteso nella
sua globalità.
Oggi grazie a Sicilia Fashion Village
possiamo dire che i siciliani hanno più
scelta, non solo per la presenza di tanti grandi marchi. Hanno più scelta perché possono frequentare un ambiente
comodo e moderno per lo shopping e
il tempo libero, con tante possibilità di
svago per la famiglia, tante comodità di
accesso e fruizione dei negozi, spazi per
il relax e la ristorazione e aree dedicate
ai bambini. Tutto senza perdere il contatto con la sicilianità, intesa come appartenenza al territorio, alle sue tradizioni e alla sua cultura.
La nostra più grande ambizione, e speriamo di averla già in parte realizzata,
è quella di regalare ai siciliani un luogo dove sentirsi internazionali, ma senza per forza voler imitare altre realtà
europee. Il video viral uscito su internet
per accompagnare l’apertura dell’outlet
(www.siciliafashionvillage.it/video.php)
mostrava un tipico paesino siciliano i
cui abitanti venivano “trasformati” e resi in maniera ironica più chic dall’arrivo dei grandi marchi della moda. Questa immagine esprime bene la nostra visione della Sicilia: una regione con un
patrimonio storico-culturale immenso,
che non deve però essere in contrasto
con la modernizzazione e le tendenze
più evolute del retail.
Matteo Percassi
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17 - Ottobre 2011
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Il marketing è strategico
se promuove servizi al territorio
N
egli ultimi anni il mondo dei
centri commerciali si è evoluto in diverse direzioni. Alcune strutture sono divenute parte integrante del centro storico-cittadino,
altre si sono sviluppate in aree periferiche, a volte molto distanti dai nuclei urbani. Una mappatura dei centri commerciali italiani restituirebbe un diagramma a macchie, con forti densità capillari in determinate zone. Non solo: alla rete di strutture retail si aggiunge una sequela di attività che, seppure esterne allo specifico
contesto settoriale, di fatto costituiscono un’alternativa all’offerta dei centri
commerciali. È il caso, per esempio,
in cui una media superficie specializzata in arredamento ospita anche un
esercizio di ristorazione per invogliare
il visitatore a trascorrere più tempo in
quell’esercizio.
Da questa premessa è facile intuire il
contesto competitivo nel quale gli stakeholder del settore convivono e si
muovono per far sì che l’utilizzatore
ideale si interessi proprio alla loro proposta. È uno scenario complesso in cui
la leva delle attività di marketing ha un
peso rilevante, spesso decisivo. L’imperativo comune è individuare driver impattanti e certamente differenzianti. Il marketing ha recepito questa
necessità innovandosi e traendo spinta dalle nuove tendenze sociali e comportamentali del cliente. Ed è proprio
questo l’elemento su cui concentrarsi per definire un piano strategico efficace. Se non si costruisce una relazione diretta e privilegiata con il cliente, che consenta di individuarlo, comprenderne i bisogni e le abitudini co-
Sergio Brovelli,
direttore marketing e comunicazione
Altarea Italia
sì come le motivazioni che lo spingono
a muoversi in una direzione o nell’altra, diventa complesso intraprendere
azioni capaci di coinvolgerlo in maniera duratura. Certamente, la capacità
d’investimento promo-pubblicitario di
un’azienda è fattore non trascurabile,
che può permettere anche a una strategia di marketing tradizionale di raggiungere l’obiettivo. Tuttavia, in mancanza di elevati budget, percorrere la
strada dei nuovi driver innovativi aiuta di sicuro a pianificare una strategia
di marketing più efficace.
L’iniziativa “Bergamo Lavora”
L’innovazione non coincide solo con
la tecnologia avanzata ma con la capacità di esprimere un concetto di base
nuovo e diverso. Come l’evento “Bergamo Lavora” organizzato all’interno
del centro commerciale Le Due Torri a Stezzano (Bg), che aveva l’obietti-
vo di creare nuova occupazione e proporre nuovi percorsi di orientamento
nel mercato del lavoro. Il piano strategico si ispirava a un concetto secondo il quale questo centro, fin dalla sua
apertura, doveva essere percepito anche come presenza radicata sul territorio e vicino alla sua gente, un sostegno
per far fronte ai bisogni più importanti del visitatore. Il ruolo del marketing
nella definizione e gestione dell’evento è stato determinante. Oltre a creare strumenti di comunicazione diretti
e tangibili - folder, media e affissioni è stata costruita una piattaforma web
interattiva dedicata esclusivamente alla manifestazione, così da agevolare l’utente nell’assunzione di informazioni e identificare e valutare i vari
partner dell’iniziativa grazie ai banner
presenti sul sito. Innovazione, quindi, non solo per aver organizzato un
evento di simile portata all’interno di
una struttura commerciale ma anche
per aver creato un canale informativo
e interattivo nuovo, di facile fruizione,
con bassi costi organizzativi e di comunicazione. Per partecipare ai numerosi
convegni organizzati durante la manifestazione, era infatti sufficiente iscriversi online. Avere messo al centro il
visitatore, e non l’evento, è stato motivo di successo rendendo i potenziali visitatori del centro in visitatori effettivi e consapevoli. Lo dimostrano
6.000 accessi in 4 giorni con una partecipazione attiva ai seminari di almeno 600/700 persone. È facile comprendere i vantaggi che ne ha tratto il centro anche nell’ottica di distinguersi nel
contesto competitivo della zona.
Sergio Brovelli
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Parco Leonardo, la città
del futuro con la forza dei numeri
P
arco Leonardo di Gruppo Leonardo Caltagirone è il più esteso intervento urbanistico/edilizio esistente in Italia, vera e propria
città autosufficiente, integrata con il
territorio e completa di tutte le funzioni e servizi ad alto valore aggiunto. La qualità del progetto, innovativo e flessibile, lo rende adattabile a futuri cambiamenti. Esteso su 160 ettari sulla direttrice Roma-Fiumicino, include strutture residenziali, commerciali, direzionali, leisure & entertainment, ristorazione, servizi, alberghi,
centri sportivi, scuole, presidi medici e parchi pubblici. In alcuni casi sono numeri uno della loro tipologia: il
centro commerciale inaugurato nel
2005 e premiato a Mipim 2006 è tra i
più grandi d’Italia.
FOOD COURT E TIME CITY
Aperto tutti i giorni della settimana, è
visitato ogni anno da circa 8 milioni di
clienti, che possono scegliere tra oltre
200 negozi, un ipermercato di 20.000
metri quadrati e una food court con
oltre 20 bar e ristoranti. Continuando
con i primati, l’area accoglie il Palazzo
dei Divertimenti, una struttura di oltre 30.000 metri quadrati interamente dedicata al divertimento, al relax e
al tempo libero all’interno della quale
si trova l’unico cinema d’Italia con 24
sale, in grado di ospitare oltre 6.000
persone e che proiettano 100 spettacoli l’anno.
Il piano terra della struttura è invece
occupato da Timecity, la città del divertimento con bowling a 16 piste, sala giochi e nuove video lottery, biliardi, bar e una grande sala bingo.
Edoardo Caltagirone,
Gruppo Leonardo Caltagirone
Un nuovo Outlet center
strutturato per mondi
Ma l’offerta commerciale di Parco Leonardo sta per acquisire un altro magnete: le piazze antistanti il centro
commerciale e il Palazzo dei Divertimenti accoglieranno cinque outlet tematizzati. Il progetto Parco Leonardo
Square Outlets concentrerà in un’area
totalmente pedonalizzata l’eccellenza
dei brand e la convenienza dell’outlet,
con proposte che spazieranno dalla
Moda ai Motori, dalla Casa allo Sport
ai Sapori.
Seimila posti auto interrati e collegati a comode risalite permetteranno di
accedere facilmente a quest’area ful-
cro dell’intero Parco Leonardo.
Passando alle funzioni residenziale e
direzionale, all’interno di Parco Leonardo sono presenti circa 4.000 appartamenti, con 8.000 residenti, mentre il piano di sviluppo delle strutture
business prevede di raggiungere una
superficie di 150.000 metri quadrati
destinati a direzionale per un’utenza giornaliera stimata superiore alle 10.000 persone. A raccordare la
piattaforma direzionale e quella retail composta dal centro commerciale
e da Parco Leonardo Square Outlets,
spazi verdi con due parchi pubblici
attrezzati e una pista ciclabile. Completeranno l’offerta di servizi due alberghi, centri sportivi, scuole, un presidio medico gratuito e una chiesa.
Questo mix unico per completezza,
varietà e dimensioni non potrebbe
esprimere tutto il suo potenziale se
non fosse supportato da una perfetta integrazione con la rete di trasporto pubblico e privato. Parco Leonardo è collegato direttamente all’autostrada Roma-Fiumicino con uno svincolo progettato e finanziato dal Gruppo Leonardo Caltagirone, un’opera
infrastrutturale che consente di raggiungere la cittadella da Roma in breve tempo. Nell’area sono presenti
parcheggi sotterranei e di superficie.
Altrettanto importante è la stazione della ferrovia metropolitana FR1
all’interno dell’area: residenti, utenti
business e visitatori di Parco Leonardo possono comodamente spostarsi
da e verso il capoluogo grazie al raccordo con le due linee metropolitane
di Roma.
Edoardo Caltagirone
Marketing strategico e innovazione nel retail real estate
19 - Ottobre 2011
Urbanistica ❖ Real Estate ❖ Centri Commerciali
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i
R eport
di
Al centro devono ritornare
le esigenze delle persone
U
na forte passione ci guida:
quella per i centri commerciali, un mondo in continua
evoluzione, nel quale i principi teorici della pianificazione strategica devono rispondere sempre più al requisito dell’immediatezza. L’industria dei
centri commerciali s’intreccia all’evoluzione della società e dei suoi bisogni, che oggi viaggia su tempi più vicini al concetto di real time che di
timing.
È la persona con le sue esigenze e i
suoi stili di vita che deve ispirare le
strategie, le azioni, le attività e dunque le scelte del retail in una logica se
vogliamo basilare, banale e obsoleta
nei termini, ma attuale nella sostanza, e di cui spesso ci si è dimenticati.
Da sempre indirizziamo la nostra
passione a quest’obiettivo: ritornare
all’individuo, spesso definito “cliente”, e considerato come mera cifra statistica, che con i suoi comportamenti
d’acquisto genera quei numeri tanto
amati e odiati che quantificano volumi, performance, redditività e centri
commerciali. Riteniamo questa l’unica strada per rendere le strutture che
gestiamo correttamente orientate in
ottica strategica.
La passione per l’analisi dei comportamenti e la ricerca delle novità alimentano la volontà di sperimentare
e di rispondere agli stimoli che l’individuo ci offre; una curiosità altrettanto forte ci permette di rispondere attraverso l’operatività quotidiana
al desiderio d’innovazione. Il vertice
della piramide di Maslow rappresenta un principio guida nel considerare
le esigenze più complesse dell’indivi-
Rachele Vigilante, Head of property Svicom
duo, e dunque anche del visitatore di
un centro commerciale.
Servizi di utilità sociale
e spazi per il relax
Da qui il potenziamento dei servizi
utili ai cittadini: disbrigo delle pratiche automobilistiche, punto automatico Asl per prenotazioni visite ed esami, punto automatico Questura per
denunce, scarico documentazione e
prenotazione per rilascio permessi di
soggiorno.
Ospitiamo il nostro cliente in aree
per il relax, spazi di facile accessibilità e vivibilità, percorsi per ipovedenti,
adeguate diffusioni di odori, punti allattamento e nursery.
Facciamo leva sui bisogni mutevoli e
talvolta effimeri che guidano le scelte
di merchandising, per sperimentare
merceologie nuove, aumentando per
esempio la presenza di temporary te-
nant: la temporaneità diventa opportunità e non più solo sinonimo di instabilità.
Il mezzo di comunicazione più antico
ed efficace come il passaparola diventa uno strumento per far parlare di noi
e raccontare il centro commerciale attraverso gli ospiti, rendendoli protagonisti della comunicazione: per esempio gli ospiti cantano il jingle del centro (Jingle mania), si fanno fotografare in momenti di vita del centro (Vivi il centro da protagonista), preparano e distribuiscono tonnellate di Pepata di Cozze raggiungendo un record mondiale (La Pepata di cozze più
grande del mondo), fanno gli auguri ai
loro cari attraverso il centro (Gli Angeli della Mongolfiera), cucinano il loro piatto forte per altri ospiti (Mamma che bontà). Le azioni si basano su
coinvolgimento e interazione, ma anche su raggiungibilità e velocità. Superiamo i confini del centro commerciale andando nei luoghi dove si trovano
le persone (piazze, spiagge), dove vivono la sfera sociale e il rapporto con
gli altri (concerti, raduni, feste popolari) e dove apprendono le informazioni
(internet, social network).
La velocità è nei tempi di risposta alle esigenze dei nostri ospiti. Abbandoniamo i piani marketing annuali per
orientarci su analisi continuative di
dati e feedback per orientare le attività giorno per giorno con pochi obiettivi annuali certi e raggiungibili da monitorare continuamente, restando in
contatto con le persone che ogni volta decidono sul loro “Tempo Significativo”.
Rachele Vigilante
Marketing strategico e innovazione nel retail real estate
20 - Ottobre 2011
Urbanistica ❖ Real Estate ❖ Centri Commerciali
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R eport
i
di
numero 10 - ottobre 2011
Vedi a pagina
Agrivillage
16
McLuhan Marshall
Altarea Italia
18
Neri Michele
Arcoretail-Agorà
15
OverItalia
14
Auchan
9
Parco Leonardo
19
Bastagli Ferrari Luca
15
Rossetto (Gruppo)
14
Brovelli Sergio
18
Percassi Matteo
17
Cache Cache
13
Rocchi Elisa
Caltagirone Edoardo
19
Romagnoli Carlo
15
Sicilia Fashion Village
17
Sincron Inova
11
Canali Ermanno
7
12
8, 10
8
Canali & C
7-9, 10
Coca-Cola
13
Svicom
20
De Robertis Stefano
12
Taccini Mario
11
Dal Betto Giorgio
14
Tesco
13
Eurocommercial Properties
12
Vigilante Rachele
20
Facchini Paolo
13
Whole Foods Market
13
Ghiselli Giorgio
16
Yoox
13
Global RE Sol
16
H&M
13
Kotler Philip 14
Le Due Torri
18
Lombardini22
13
Malaspina Pietro
Maslow Abraham
Ugo Stella (Caporedattore),
Gennaro Fucile (Vicecaporedattore),
Marina Bassi (Caposervizio),
Enrico Sacchi (Caposervizio),
Fiorenza De Vincenzi (Caposervizio), Gino Pagliuca
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6
5, 20
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22 - Ottobre 2011
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