THE BONAPARTES – LUIGI, il fratello minore L’olandese pedante Fu l’oggetto di attenzioni e premure di Napoleone. Ma Luigi, fratello minore del Gran Còrso, restò marchiato nel carattere dalla sifilide e per tutta la vita fu ossessivo, ansioso e idiosincratico. Tanto da costringere l’Imperatore a togliergli il trono d’Olanda con cui tanto si baloccava. E tormentato dalle nevrosi finì i suoi giorni in Italia fingendo d’essere ancora un sovrano, mentre i suoi due figli si davano alla Carboneria di Armando Russo Sul finire del gennaio 1791, dopo una licenza di tre mesi in Corsica, il sottotenente Napoleone Bonaparte fece ritorno al suo reggimento di appartenenza, de La Fère, di stanza a Valence, allora nel Dauphiné (Delfinato). Portava con sé in Francia il fratello Luigi, quasi dodicenne, essendo nato ad Ajaccio il 2 settembre 1778. L’alloggio assegnato era una misera stanza nella casa di mademoiselle Bou, una zitella di circa quarant’anni, al numero 4 della Grand-Rue. Luigi aveva trovato posto sulla soffitta. Narra la leggenda napoleonica che la mattina, di buon’ora, Napoleone dava il buongiorno al fratello picchiando il soffitto con un bastone. Un giorno, dopo essere stato svegliato nel solito modo, Luigi scese e si presentò alla consueta lezione di matematica che il maggiore gli impartiva, con particolare svogliatezza. “Ebbene, che succede stamattina? Che cos’è questa pigrizia?”. Il ragazzo, stiracchiandosi, si giustificò con il fatto che stava facendo un sogno particolarmente bello: stava sognando di essere re. Sarcastico, Napoleone avrebbe risposto: “E io allora? Che cos’ero io, imperatore?”. L’aneddoto, benché fantasioso, tuttavia non mente sul sentimento paterno che Napoleone nutrì sempre nei confronti di questo fratello minore. Il padre Carlo era venuto a mancare nel 1785 e il futuro Imperatore, conscio del ruolo di guida del clan Bonaparte che le proprie doti e un non comune senso dell’autorità gli avevano conferito, si sentì in dovere di assumere la funzione di surrogato, manifestando nei confronti di Luigi una particolare intimità, resa più forte dalle privazioni e dalla povertà. Nel periodo della gloria, questo fratello avrebbe costantemente ricevuto particolari attenzioni, ma purtroppo tanta considerazione avrebbe riscosso in cambio ingratitudine e delusione. La formazione di Luigi fu a carattere militare. Nel 1796 lo troviamo in Italia come capitano degli ussari accanto al fratello comandante in capo. Un ragazzo piacente, a parte gli occhi un po’ sporgenti. In quel periodo, probabilmente a causa di un rapporto incauto con una bella italiana, contrasse una sifilide che, mal curata, causò conseguenze nefaste alla sua persona, trasformandolo in un individuo dal carattere stizzoso, paranoico e preda di nevrosi, di cui i sintomi più appariscenti furono un complesso di persecuzione e una gelosia esasperante. In più, la malattia lo lasciò minorato fisicamente, affetto da una atassia locomotoria, ossia una degenerazione dei nervi spinali tipica della sifilide, che gli impedì l’uso integrale della mano, tanto da essere costretto, per poter scrivere, ad usare un guanto rigido nel quale la penna era stata fissata. Divenuto Primo Console, uno dei crucci di Napoleone era quello di non aver avuto figli dalla moglie Giuseppina: “Non avere figli è il tormento della mia vita. Comprendo perfettamente che, sino a quando non ne avrò uno, il mio potere sarà precario… Tutto ha avuto inizio, niente è stato portato a termine. Dio solo sa cosa ci aspetta”. Madame Bonaparte era più vecchia del marito di se anni e la sua sterilità probabilmente frutto di una menopausa precoce. Per allontanare i rischi di un divorzio, la creola mise a punto il piano di far adottare al marito il figlio di un fratello, sacrificando all’uopo la figlia che aveva avuto dal suo precedente matrimonio (con il generale Alexandre de Beauharnais, ghigliottinato nel 1794), la dolce e graziosa Ortensia. Esclusi il vedovo Luciano (troppo ostile e furbo per non fiutare la trappola) e Gerolamo (troppo giovane e scapestrato), la sua attenzione si concentrò su Luigi. Del tutto indifferente al fatto che la figlia possedesse un temperamento romantico e ambisse a sposarsi per amore, Giuseppina tessé la sua tela, riuscendo ad ottenere il consenso del Console. Se dall’asse Bonaparte-Beauharnais fosse arrivato un bimbo, non potendo essere madre di un erede, quantomeno ne sarebbe stata la nonna, salvaguardando la sua posizione. Il 4 gennaio 1802 Luigi Bonaparte sposò Ortensia de Beauharnais. Nel vedersi accanto quel ventitreenne malaticcio e ombroso, la sposa a stento trattenne le lacrime. E ne aveva tutte le ragioni con un marito che, preda di una gelosia ossessiva, subito dopo le nozze prese di frequente a perlustrare la sua camera a lume di candela, nel convincimento di trovarvi un amante nascosto. E non solo. Il matrimonio fu visto dal clan Bonaparte come una vittoria dell’odiata cognata (“la vecchia”, come la definiva Paolina) su di loro, che da sempre tramavano perché Napoleone divorziasse. Con tutta probabilità, furono Luciano e Carolina ad insinuare in Luigi il sospetto che tra Napoleone e Ortensia fosse corso un rapporto incestuoso, basato sul “pesante indizio” che quest’ultima aveva giocato a scacchi qualche volta di sera con il patrigno. La nevropatia congenita del giovane certo non ne beneficiò. Nonostante la nascita del primo figlio Napoleone Carlo fosse avvenuta il 15 ottobre 1802 (cioè nove mesi e dieci giorni dopo il matrimonio), Luigi non riuscì mai a liberarsi dal dubbio che quell’infame calunnia avesse un fondamento di verità. Il suo atteggiamento nei confronti della moglie divenne sempre più scontroso e diffidente. Ortensia, racconta Claire de Rémusat (prima dama di compagnia di Giuseppina) nelle proprie memorie, “era circondata da spie, le sue lettere erano aperte prima che le giungessero. Il marito se la prendeva per le sue conversazioni, anche con le dame. E se lei si lamentava di questa rigorosità oltraggiosa, lui le rispondeva: «Sei una donna, quindi un essere fatto di cattiveria e inganno. Sei la figlia di una madre amorale…». Come capita nel “Barbiere di Siviglia”, visto il clima di concordia la dolce Rosina alla fine sfuggì al tetro Bartolo concedendosi all’innamorato conte di Almaviva. Fu all’incirca nel 1804 che Ortensia conobbe Charles de Flahaut, a cui si sarebbe presto legata sentimentalmente. Un bell’ufficiale dagli occhi azzurri che cantava a meraviglia e che era stato aiutante di campo di Luigi nel 1801 e di Murat nel 1803. Un homme à femmes, che secondo gli immancabili memorialisti-pettegoli avrebbe anche ricevuto ospitalità nei letti di Carolina e Paolina Bonaparte. Dopo essere stato incoronato Imperatore, per Napoleone si pose il problema dell’Italia. Inizialmente, non aveva destinato a se stesso la corona di Teodolinda, conscio della provocazione che il titolo di Rex Totius Italiae avrebbe significato (soprattutto per l’Austria, desiderosa di tornare a Milano). Dopo aver ricevuto il rifiuto del fratello Giuseppe, il quale non voleva rinunciare al diritto di successione al trono di Francia, Napoleone ripiegò sul figlio di Luigi e Ortensia, proponendo che il nipote cingesse la corona lombarda alla maggiore età. Luigi negò il proprio consenso: mai avrebbe consentito che il figlio potesse un giorno sopravanzare il genitore. Secondo i ricordi di un contemporaneo, a questa risposta Napoleone afferrò il fratello con violenza e lo scaraventò fuori dal suo appartamento. Quel bambino, che avrebbe dovuto costituire motivo di concordia, divenne invece causa di contrasto. Peraltro inutile, in quanto Napoleone Carlo sarebbe morto di difterite nel 1807 con gran dolore di tutta la Corte. Dissidi a parte, sempre in ricordo dei giorni in cui aveva fatto da padre al piccolo Luigi, quest’ultimo il 3 giugno 1805 ricevette dal fratello la corona d’Olanda. Il primo atto regale all’arrivo nel nuovo regno fu la proibizione di far riferimento alla moglie nelle preghiere pubbliche pro rege, in quanto solo il re era degno di essere raccomandato alla divinità. È evidente che il rapporto coniugale non era affatto migliorato. L’anno precedente, Luigi aveva acquistato il possedimento di Saint-Leu. Visitando la nuova proprietà, Ortensia aveva scoperto che Luigi aveva fatto innalzare un muro di cinta intorno alla casa, alto alcuni metri, e aveva fatto costruire una garitta per una sentinella affinché sorvegliasse la camera da letto della moglie. Preso possesso del palazzo reale di Amsterdam, Luigi cominciò a fare di testa propria, attirandosi gli imperiali furori di Napoleone il quale non ammetteva che i re parenti assumessero iniziative personali. “Governate questa nazione come un frate cappuccino. La bontà di un re non deve essere quella di un monaco… pensate solo a voi stesso… lo scopo delle vostre azioni è di cercare gli applausi dei bottegai”. Luigi si sentiva un sovrano indipendente e giocare a fare il re gli piaceva immensamente: “Avete creato dei marescialli che non hanno fatto quello che hanno fatto i miei generali di brigata: non rendetevi grottesco, per Dio…”. Ancora, convinto di aver gettato le basi di una dinastia imperitura, Luigi arrivò addirittura a sfidare la marina francese, provocando pericolosamente l’Imperatore: “…Avete deluso le mie speranze. Vostra Maestà, salendo al trono, si è dimenticata di essere francese. Al primo insulto che farete alla mia bandiera farò prigioniero a mano armata e appendere all’albero maestro l’ufficiale olandese che si permetterà d’insultare la mia aquila… non vi nascondo che è mia intenzione di riunire l’Olanda alla Francia…”. La maggior parte di queste lettere conteneva toni tanto aggressivi che fu esclusa dalla “Correspondance” pubblicata sotto il secondo impero, essendo Napoleone III (il terzogenito Carlo Luigi Napoleone, nato nel 1808) figlio proprio dell’ex re di Olanda. Nel 1810 la situazione precipitò, avendo il Sire alla fine deciso per l’annessione. Ma la vicenda ebbe uno strascico tragicomico, in quanto Luigi, prima ancora di essere detronizzato, sul finire del giugno 1810 prima abdicò a favore del figlio Napoleone Luigi (il secondo, nato l’11 ottobre 1804), che tra l’abdicazione e l’arrivo delle truppe francesi fu re per dieci giorni, poi scomparve. Così, mentre il Napoleone Imperatore imperterrito trasformava l’Olanda in una provincia francese, il Napoleone fratello maggiore si inquietava per la sorte del minore. A Ortensia, che ormai viveva separata dal marito scrisse: “Non so dove sia il re. State certa che la sua condotta non mi ispira altro sentimento che la pietà”. A nulla servì sguinzagliare i segugi, Luigi si era volatilizzato. Alla fine, fu individuato dalla polizia sassone mentre si dirigeva alle terme di Toeplitz in Boemia. Tutta l’Europa ridacchiò. Nel 1813 l’Impero napoleonico cominciò a sgretolarsi. Luigi, ritiratosi in Svizzera, proseguiva a fare l’offeso, tempestando continuamente il fratello a suon di lettere in cui gli chiedeva la restituzione del trono (che era già perso), come un bambino capriccioso a cui è stato tolto un giocattolo. La convinzione di essere l’idolo del popolo olandese non lo avrebbe mai abbandonato in tutta la sua vita. Ma il Còrso aveva altro a cui pensare e non gli prestò alcuna attenzione. Conclusasi l’epopea a Waterloo, l’ex re d’Olanda chiese e ottenne dal benevolo Pio VII il permesso di poter risiedere a Roma, come già era stato concesso ai molti familiari che ne avevano fatto richiesta. L’Italia attirava questi italiani, perché in fin dei conti era il loro paese di origine. La sede prescelta fu il palazzo Mancini in via del Corso, oggi sede di un istituto di credito. Qui Luigi visse anni malinconici, intorno a una piccola corte di domestici che si prestava a rispettare un ridicolo protocollo regale e a chiamarlo “Sire”. Gli unici passatempi erano rappresentati dall’interminabile causa di divorzio da Ortensia (che non riuscì mai ad ottenere) e dalla redazione delle sue “Réflextion sul le gouvernement de La Hollande”, un’apologia della sua opera di monarca e una velenosa critica del fratello Napoleone. Tre ponderosi volumi che avrebbero provocato questo giudizio da parte di Jean Tulard nel suo dizionario sull’Impero: mediocre sovrano e ancor peggiore scrittore. Dei due figli, s’interessava solo a Napoleone Luigi, che era stato re per pochi giorni. Di questa spiccata preferenza ci resta il quadro di Jean-Baptiste Wicar, al Museo Napoleonico di Roma. Luigi appare con la sua adorata uniforme dei dragoni olandesi bianca e vermiglio. Accanto a lui il figlio, piccolo ussaro che visse il periodo romano in reclusione, prigioniero di un padre tanto austero e pedante da trascrivere nel 1817 un apposito regolamento per le sue giornate, di cui la sintesi che segue è un saggio sufficiente: “Alle 6 e mezzo alzarsi dal letto; più tardi, alle 7, preghiera e colazione. Lavoro alle 7 e mezzo. Dalle 7 e mezzo alle 10 e mezzo lavoro: matematica, storia, geografia… Giovedì e domenica vacanza, ma nessun’altra festa. Il giovedì dovrà scrivere a sua madre. Non uscirà dalla sua stanza prima di aver scritto questa lettera e di averla scritta bene… Si laverà i piedi una volta la settimana; si pulirà le unghie con il limone, le mani con la crusca, mai sapone… Gli si faranno fare le scarpe molto larghe, si che serviranno indifferentemente ai due piedi… La cioccolata si terrà in una cassetta chiusa. Un quarto di tavoletta, al massimo, al giorno”. L’educazione spartana non dovette sortire l’effetto sperato, visto che Napoleone Luigi, divenuto carbonaro, morirà a Forlì nel 1831 combattendo contro le truppe austro-pontificie. Nel dicembre del 1823 Ortensia (pure lei) venne a stabilirsi a Roma, nel palazzo Ruspoli in via del Corso. La cosa urtò assai Luigi, che mal sopportava di condividere non solo la stessa città, ma anche la medesima via con la moglie. Si trasferì infatti a Firenze nel 1825, stabilendosi a palazzo Gianfigliazzi sul Lungarno. L’agitato terzogenito di questa coppia male assortita, Luigi Napoleone, cominciava a far parlare di sé. Carbonaro come il fratello, considerandosi il degno prosecutore dell’opera del grande zio, nel 1836 tentò di appropriarsi del potere in Francia, ma l’operazione si concluse con un fiasco e il futuro Napoleone III finì in prigione. Il padre e gli zii Giuseppe, Luciano e Gerolamo lo esecrarono e disconobbero come figlio e nipote. Tuttavia il re Luigi Filippo d’Orleans, conscio dell’importanza che il movimento bonapartista andava assumendo in quegli anni tormentati, si limitò a mandarlo negli Stati Uniti dopo avergli versato una cospicua somma di denaro. Non servì a molto, perché il sovversivo rientrò in Europa nel 1838 e grazie all’eredità di Ortensia morta il 5 ottobre 1837, finanziò un altro colpo di Stato. Anche questo secondo tentativo, avvenuto nel 1840, fallì clamorosamente e nuovamente Luigi Napoleone vide le sbarre, oltre che una condanna all’ergastolo. Dopo sei anni di prigionia, fu proprio Luigi a dare lo spunto per la fuga dalla fortezza di Ham dove il figlio era rinchiuso. L’ex re d’Olanda era ormai prossimo alla fine, rattrappito e dolorante. Il figlio scrisse per ottenere il permesso di visitare il padre morente, ma gli fu negato. Allora fuggì, travestito da uomo di fatica. Nell’eventualità che il figlio sbarcasse sulla costa toscana, Luigi si trasferì a Livorno. Ma tutto fu inutile, perché il 25 luglio 1846 un’improvvisa emorragia celebrale pose fine alla sua mesta esistenza. Prossimo a diventare imperatore, Napoleone III, che il padre non aveva mai amato ritenendolo il frutto di un amore adulterino di Ortensia, fece costruire nel 1851, nel coro della chiesa di Saint-Gilles a Saint-Leu-la-Forêt un mausoleo in marmo bianco sormontato dal ritratto del padre in veste regale olandese. Luigi riposa in un sarcofago nella cripta della chiesa. Per un errore, l’anno di nascita scolpito è il 1779, anziché il 1778. Un’imprecisione che avrà irritato non poco nell’altro mondo il pignolo Luigi Bonaparte. Armando Russo [email protected] Per saperne di più - Desmond Seward: Napoleon’s family – New York Viking; - Garnier Athanase: Mémoires sur la cour de Louis Napoléon et sur la Hollande – Paris Ladvocat, digitalizzato e liberamente scaricabile presso: http://www.archive.org/details/mmoiressurlacou00louigoog; - Louis Bonaparte: Documents historiques et réflections sur le gouvernement de Hollande – Fanten Aillaud, digitalizzato e liberamente scaricabile presso: http://www.archive.org/details/documentshistor04bonagoog - A. Hilliard Atteridge: Napoleon’s brothers – London Methuen, digitalizzato e liberamente scaricabile presso: http://www.archive.org/details/napoleonsbrother00atteuoft Link di riferimento http://www.rijksmuseum.nl/aria/aria_encyclopedia/00069013?lang=en http://thepeerage.com/p11238.htm#i112379 http://napoleonbonaparte.wordpress.com/2008/01/16/la-famille-de-napoleon-hortense-de-beauharnais-17831837-reine-de-hollande/ http://www.artchive.com/web_gallery/J/Jean-Baptiste-Joseph-Wicar/Jean-Baptiste-Joseph-Wicarreproductions-1.html http://www.findagrave.com/cgi-bin/fg.cgi?page=pv&GRid=22956&PIpi=103308 http://www.napoleon.org/en/magazine/museums/files/Church_St-Leu_and_St-Gilles.asp