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27 AGOSTO 2012 ACLI BERGAMO
Pe ricominciare …sulle strade del Concilio Vaticano II.
Testimoni di Dio nella storia degli uomini
IL CONCILO DAVANTI A NOI
Da laici nella Chiesa e nella Storia
Luigi Bobba, deputato PD,
già Presidente ACLI
Schema del mio intervento:
1. Il senso di quell’avverbio :”davanti”
2. Due modi diversi di ricordare il Concilio:
a) L’Anno della fede
b) La memoria dei movimenti di base
3. Il “laico”, il laicato cattolico, come scoperta più grande ( ma forse anche “piede di argilla”) del
Concilio.
4. Le tappe italiane di una lunga “traversata” ( Bartolomeo Sorge): Roma ’76; Loreto ’85; Palermo ’96;
Verona 2006
5. Che fare oggi?
a) Definire chiaramente l’identità, l’autonomia e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo
b) Voltare pagina: dalla secolarizzazione alla società post-secolare . Il laicato cattolico e la
questione antropologica
1. IL SENSO DI QUELL’AVVERBIO : DAVANTI
Il gruppo che ha ideato questo nostro incontro ha già operato, legittimamente, importanti scelte
interpretative. Ad esempio collocando il Concilio non alle nostre spalle, come un fatto già concluso, ma
all’orizzonte del nostro sguardo, come una prospettiva, un faro, una stella polare, una forza trainate che
spinge in avanti.
Chi siamo noi oggi dinanzi al Concilio: siamo eredi di un evento o anche artefici e parte in causa di un
compimento? Siamo collocati nell’ambito di un GIA’ (concluso) o siamo anche parte di un NON- ANCORA
(tutt’ora in corso) ?
E’ questa una questione non nuova, relativa al Concilio, che si presenta come un segno di contraddizione e
un autentico spartiacque:
Esistono due ben note interpretazioni contrapposte del Concilio che il Papa attuale, Benedetto XVI , ha
chiamato “ermeneutica della discontinuità e della rottura” ed “ermeneutica della riforma”,cioè del
rinnovamento nella continuità. “L’una ha causato confusione, l’altra, silenziosamente, ma sempre più
visibilmente, ha portato frutti”( Discorso alla Curia romana, 22 dicembre 2005).
Io naturalmente non sono tra i sostenitori dell’ermeneutica della discontinuità e della rottura, cioè tra
quelli che vanno oltre i testi, considerati frutto di compromessi, per cavalcare il cosiddetto “spirito del
concilio”, per spingere verso una quasi rifondazione della Chiesa. Sono tra quelli, certamente la
maggioranza, che hanno creduto all’ “ermeneutica della riforma” e che fin dall’inizio hanno preso sul serio
l’intenzione di papa Giovanni XXIII dichiarata nel discorso d’apertura del concilio, l’11 ottobre 1962, in cui
affermava che il concilio voleva “trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o
travisamenti”, ma che questa doveva essere ”approfondita e presentata in modo che corrisponda alle
esigenze del nostro tempo”.
In quasi mezzo secolo, la società è cambiata in modo molto rapido, ma non sempre le speranze suscitate
dal Concilio, sono diventate elemento ordinario della vita della Chiesa.
Il discernimento sui famosi “segni dei tempi” si è piuttosto appannato. Certamente non su tutto il
bilancio è negativo. C’è stato l’incontro interreligioso di Assisi I ( 27 0ttobre 1986) e Assisi II (27 ottobre
2011) , il Papa in Sinagoga e il Papa in Moschea; abbiamo avuto anche la Mulierisdignitatem e il documento
Erga Migrantes Caritas Christi(2004). Importante poi la Caritas in Veritate per le sue coraggiose aperture.
Ovviamente bisogna comprendere le ragioni storiche di questa grande prudenza della gerarchia: da una
parte la forza d’urto del dissenso cattolico (si pensi alle Comunità di base) e dall’altra il fenomeno
dell’integralismo alla maniera di Marcel Lefebvre, fino all’ affaire Williamson(negazionista della Shoà), uno
dei 4 vescovi lefebvriani ai quali Benedetto XVI ha ritirato la scomunica.
Oggi appare con evidenza che anche il Vaticano II, che su molti temi ha portato una ventata di progresso e
di apertura, sul tema della parità uomo-donna non è stato altrettanto coraggioso .
Bisogna riconoscere che al Concilio Vaticano II è mancata la scoperta e la valorizzazione delle “madri della
Chiesa”.
Eppure il mondo femminile ai tempi del Concilio parlava di emancipazione più che di
femminismo , ma i padri conciliari non capirono e non colsero neppure l’invito implicito nella Pacem in
terris dove Giovanni XXIII, con i “segni dei tempi” aveva spalancato la porta a conseguenze imprevedibili.
Con Giovanni Paolo II la Chiesa riconoscerà alle donne il “genio”, vale adire: “essenziale ricchezza”,
“originalità”, “vocazione”.
A riscoprire e comprendere la Chiesa come “ popolo di Dio” è la Lumen gentium,la costituzione dogmatica
sulla Chiesa approvata dal Concilio e promulgata da Paolo VI nel novembre del 1964. E’ la Magna Charta del
Vaticano II e in quanto tale ne raccoglie ed esprime gli elementi ecclesiologici fondamentali. Molto
importante l’affermazione del principio secondo cui la Chiesa Cattolica non è formata dalla sola gerarchia,
ma dall’intero “popolo di Dio”: i laici sono quindi, in virtù del battesimo e della fede “soggetti” ecclesiali a
pieno titolo.
La Chiesa non è solo società e Corpo mistico di Cristo, ma prima di tutto sacramento e mistero trinitario.
La Chiesa non è formata dalla sola gerarchia, ma dall’intero popolo di Dio. La ”missione” non una fase
episodica e passeggera della sua vita e attività, ma la sua stessa natura. Esistono elementi di Verità e di
salvezza anche fuori dei confini visibili della Chiesa Cattolica.
2. Due modi diversi di ricordare il Concilio:
a) L’Anno della Fede (Porta fidei) e il Sinodo mondiale sulla “nuova evangelizzazione”
Come tutti sappiamo, con il documento Porta fideiil Papa ha deciso di indire un Anno della fede. Esso avrà
inizio a partire dall’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e
terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo re dell’ universo, il 24 novembre 2013. Nella data
dell’11 ottobre 2012, ricorreranno inoltre i vent’anni dalla pubblicazione del Catechismo della
ChiesaCattolica.Sempre nel mese di ottobre si svolgerà il sinodo generale dei vescovi sul tema “la nuova
evangelizzazione e la trasmissione della fede cristiana”.
Ecco come Benedetto XVI ha motivato questa sua iniziativa: “ Ho ritenuto che far iniziare l’Anno della fede
in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II possa essere
un’occasionepropizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri Conciliari, secondo le parole
del beato Giovanni Paolo II, “ non perdono il loro valore né il loro smalto. E’ necessario che essi vengano
lettiin maniera appropriata, che vengano conosciuti e assimilati come testi qualificativi e normativi del
Magistero, all’interno della Tradizione della Chiesa. Sento più che mai il dovere di additare il Concilio,
come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola
per orientarci nel cammino del secolo che si apre”. Io pure intendo ribadire con forza quanto ebbi ad
affermare a proposito del Concilio pochi mesi dopo la mia elezione a Successore di Pietro: “ se lo leggiamo
e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre più unagrande forza
per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”.
b) La memoria dei movimenti ecclesiali e delle associazioni
Ma in questo anno non vi saranno solo le celebrazioni ufficiali: molte associazioni, movimenti
ecclesiali, parrocchie, gruppi di impegno sociale hanno in programma incontri per una
rivisitazione del Concilio, dei suoi testi. Un modo per non guardare con nostalgia al passato , ma
di proiettarsi nel futuro della Chiesa
3) Il laico, il laicato cattolico, è forse la scoperta più grande del concilio ma anche il suo “piede di argilla”
Vorrei affermare brevemente questa mia tesi : il tema del laicato è, allo stesso tempo, la punta di diamante
e il tallone di Achille del Concilio. In quegli anni il grande teologo Yves Gongar scriveva il libro “Per una
teologia del laicato” . Rileggendo a cinquanta anni d i distanza gli insegnamenti del Concilio sul Laicato,
credo che sia da segnalare come un frutto maturo la soggettività di tanti cristiani laici nella Chiesa e nel
mondo. Il Vaticano II ci appare sempre di più come un evento vivo, creativo, un dono dello spirito, una
risposta evangelica per il nostro tempo. Ma non vi è dubbio che alcune conseguenze relative all’identità,
all’autonomia e alla missione dei laici non si sono realizzate.
Per quali ragioni?
E’ un fatto inequivocabile che almeno in Italia i Vescovi abbiano svolto un ruolo di supplenza che ha finito
per occupare lo spazio e le responsabilità che appartengono “all’indole secolare” dei laici.
Nell’ottica del Concilio compete al laicato e non all’episcopato prendersi cura direttamente dei valori della
cultura del nostro tempo, quali i diritti fondamentali dell’uomo, la solidarietà, la democrazia, le conoscenze
scientifiche, lo sviluppo tecnologico, i sistemi di comunicazione , la difesa della natura, mostrandone
gradualmente la corrispondenza con i valori evangelici.
Venendo poi alle questioni dell’identità, dell’autonomia e della missione dei laici nella Chiesa e nel mondo,
affermerò che il Concilio ha descritto il laico come un fedele unito a Cristo (“incorporato a Cristo”) con il
battesimo, e costituito membro del popolo di Dio, che compie nella Chiesa e nel mondo la missione propria
di tutto il popolo cristiano (L. G., 31). Il laico è un vero cristiano perché è battezzato: il battesimo è la radice
dell’appartenenza e della dignità cristiana, in forza della quale ognuno è chiamato a vivere e testimoniare
Gesù Cristo nelle condizioni di vita personale, familiare , professionale , culturale e sociale. Il fatto di non
essere sacerdote o religioso non vuol dire che il laico sia un cristiano di seconda categoria o che sia
estromesso dall’essere attivo nella comunità ecclesiale. Significa soltanto che , vivendo come tutti i cristiani
la doppia appartenenza alla citta dell’Uomo e alla città di Dio, ha come compito specifico di impegnarsi
nell’infondere lo spirito cristiano nella Città dell’uomo”, cioè nelle realtà del mondo.
Sentire come il Concilio, nella Lumen gentium parla delle relazioni tra laici e sacerdoti: “ i laici, come tutti i
fedeli, hanno il diritto ed il dovere di ricevere dai sacri pastori i beni spirituali della Chiesa, soprattutto gli
aiuti della parola di Dio e dei sacramenti.
Nella misura della scienza, della competenza e del prestigio di cui godono, essi hanno il diritto di far
conoscere su ciò che riguarda il bene della chiesa. D’altra parte i sacri pastori riconosconoe promuovono
la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa” ( L.G. 37).
A questo punto possiamo domandarci : la dottrina conciliare sui laici è diventata veramente concreta prassi
ecclesiale?
Negli anni del post-concilio, quali sono state le responsabilità che effettivamente hanno assunto i laici?
E’ questa la vera cartina di tornasole.
Ciò che è mancato ai laici, fino ad oggi, è soprattutto uno spazio di autonomia per dibattere e compiere
scelte sui problemi di etica pubblicai. In questo senso, io sono convinto che dopo quanto ha insegnato il
Concilio, non sia più possibile formare i cristiani soltanto con il catechismo per i sacramenti: si richiedono
itinerari formativi nuovi, che partendo da motivazioni forti giungano a mostrare la bellezza della vita laicale
vissuta in autonomia e comunione con i Vescovi, secondo il Vangelo, sulle strade del mondo.
4) Le tappe italiane di una lunga “ traversata” ( B. Sorge) sulla questione del laicato e della laicità
La tesi sostenuta in questo libro è che grazie al Concilio la Chiesa ha compiuto un epocale balzo innanzi,
svincolandosi dai legami con l’impalcatura tridentina. Ma in particolare su una questione non è riuscita a
liberarsi: quella del laicato. Il problema dei laici, infatti si ribadisce più volte nel volume , è rimasto un
problema non risolto soprattutto nella Chiesa italiana, come viene dimostrato in maniera dettagliata. La
denuncia di questa mancata attuazione acquista un peso di non poco rilievo nel bilancio complessivo che
viene fatto a 50 anni di distanza, poiché diventa “vulnus” che compromette una delle innovazioni – e forse
la più consistente- operata dal Concilio.
In fondo, il freno che ha impedito la piena maturazione del laicato ha finito per ostacolare anche le altre
fondamentali acquisizioni teologiche che si sono registrate nel Concilio , vale a dire:
l’ecclesiologia di Comunione (e dunque la comprensione della Chiesa come popolo di Dio in cammino
nella storia);
la teologia delle realtà terrestri(e dunque la concezione positiva della laicità
cristianità come concezione pre-moderna);
e l’abbandono della
la teologia biblica (e dunque la consegna della Parola di Dio nelle mani dei laici e il passaggio della Bibbia
da “libro sigillato” a libro aperto a tutti).
Secondo padre Sorge perché il problema del laicato si riflette allo stesso tempo sui rapporti tra la chiesa e
lo Stato e su quelli tra la fede e la politica. In sostanza, è un tema cruciale poiché da esso dipende se i
cristiani nel nostro Paese sono o non sono una presenza socialmente rilevante e significativa.
Come è noto, fino ad oggi, nella Chiesa Italiana abbiamo celebrato quattro convegni ecclesiali nazionali
(Roma 1976, Loreto 1985, Palermo 1996 e Verona 2006). Di essi padre Sorge esprime una valutazione
estremamente realistica. Venendo al nostro paese dice testualmente: “E’ sensazione diffusa che, dopo la
stagione profetica del primo post-concilio, la comunità ecclesiale Italia sia entrata in una fase di
“normalizzazione”.Dal problema non risolto del laicato cattolico e dal suo impegno in politica, padre Sorge
fa dipendere l’attuale smarrimento inquietante che si osserva tra agli stessi cristiani quando sono
chiamati a votare. In sostanza, ciò che non ha consentito alla Chiesa italiana di realizzare l’autonomia
laicale e la responsabilizzazione dei laici nelle cose temporali è una “ mentalità clericale dura a morire” (p.
40) , che si è manifestata ora nella mancanza di scelte coraggiosa ora in una tendenza ricorsiva alla
“normalizzazione”. La cosiddetta “ afasia del laicato” – il fatto cioè che i laici non abbiano ancora un luogo
riconosciuto o un organismo formale in cui potersi confrontare per decidere le scelte da compiere in
ambito civile- nuoce alla stessa Conferenza Episcopale perché questa si vede costretta , per così dire, a
prendere le sue risoluzione in una certa “solitudine “ ( p. 35 ) .
La lunga traversata approda infine al Convegno di Verona 2006. Osserva padre Sorge che il nuovo Pontefice
Benedetto XVI non sceglie né la posizione di Paolo VI né quella di Giovanni Paolo II, ma indica comunque un
ruolo –guida e trainante per la Chiesa anche se non insiste sull’unità politica dei cattolici e sulla Chiesa
come forza sociale, bensì sul primato della carità e sulla conseguente assunzione di responsabilità civile e
politica nella società. Ciò fa dire a Padre Sorge che “ la nuova tappa “ del cammino della Chiesa italiana che
con Benedetto XVI si è aperta a Verona, lascia sperare che finalmente si realizzi quel salto di qualità del
laicato nella vita ecclesiale e civile che il Concilio invoca ormai da cinquant’anni.
Tre sarebbero oggi in sintesi le direttrici prioritarie che starebbe percorrendo
Benedetto XVI :
la chiesa guidata da
1. Una fede adulta
2. Una Chiesa profetica
3. Un laicato maturo
Fede adulta significa che il vero problema oggi è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e con lo
spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità rischia di rimanere senza orientamento. Ecco perché è
necessario avere una fede adulta.
Chiesa profetica vuol dire che solo una Chiesa “libera” può avere il coraggio della parresiaevangelica e
della testimonianza della vita nella società plurale.
E infine laicato maturosignifica che saranno soprattutto i laici competenti e responsabili a sostenere il
dialogo interculturale alla ricerca di quell’ethos comune, di cui ha bisogno l’umanità in via di
globalizzazione, nel rispetto del pluralismo e della laicità della politica, della cultura, delle arti, della scienza
e della tecnica.
Ha ragione padre Sorge quando sollecita una nuova generazione di traghettatori per il XXI secolo.
5.Che fare oggi?
a) Definire chiaramente l’identità., l’autonomia e la missione dei laici nella Chiesa e nel Mondo
Il Concilio ci ha dato un punto fermo : la missione della Chiesa nel mondo è una missione evangelica, la
Chiesa porta il Vangelo, cioè porta Gesù Cristo. Gli Apostoli dopo la Pasqua affermano :” Non abbiamo oro,
non abbiamo niente, quello che abbiamo è Gesù Cristo e non altre cose”.
Questa è la Chiesa del Concilio!
Dentro questa comunità c’è una particolare vocazione, una particolare missione: quella dei laici, ai quali
spetta proprio costruire la comunità cristiana non a prescindere dall’esperienza storica, ma con
un’incarnazione piena e totale nelle varie realtà del mondo. La teologia del laicato è la teologia per la quale
siamo chiamati a realizzare la vocazione del battesimo, non nonostante il mondo, ma attraverso il mondo.
La missione propria dei laici non è la costruzione della comunità cristiana ( che compete ai pastori) ma il
vasto e il variegato mondo della politica, dell’educazione, della cultura, dell’economia e delle professioni.
Un laico nella Chiesa ha un valore all’interno della comunità ecclesiale in quanto porta l’esperienza del
mondo e il suo passare attraverso la realtà del mondo.
La sintesi deve essere fatta dentro di noi, non appartiene ad altri, è nostra e in particolare nostra proprio in
quanto laici. Tocca a noi vivere dentro questa doppia tensione . essere a pieno titolo membri del popolo di
Dio e a pieno titolo cittadini del nostro Paese. Cristiani componenti la comunità ecclesiale e nello stesso
tempo chiamati a rispettare l’autonomia delle realtà terrene dentro le quali siamo inseriti, nel rispetto
delle regole proprie della scienza, della cultura, della ricerca, della politica.
Noi, laici cattolici chiediamo alla Chiesa l’autonomia di decidere se quel valore, in quel momento, in quel
contesto storico è rispettato o no, e comunque se è un bene possibile, realizzabile in quel momento. I
capitoli 16-17 della Gaudium et spes sono ancora lì, nessuno li ha cancellati e in quelle parole si spende
ancora la nostra coscienza.
b) Voltare pagina: dalla secolarizzazione alla società post-secolare. Il laicato cattolico e la questione
antropologica
Negli ultimi 50 anni il mondo è cambiato e dalla centralità della secolarizzazione si è passati alla società
post-secolare dove il sacro, la religione e Dio hanno importanza e rilievo per i cittadini.
In tale contesto non è in questione la libertà di professare la propria religione in privato , quanto la libertà
di sostenere e promuovere pubblicamente nella società i propri orientamenti antropologici e chiederne
una tutela giuridica per il bene di tutti.
Qualcuno ritiene che ciò significhi opporsi alla laicità democratica dello Stato, in quanto verrebbero posti
limiti alla libertà dei cittadini a partire da convinzioni religiose soggettive che evidentemente, in quanto
tali, non dovrebbero essere imposte a nessuno.
La questione della laicità oggi si incentra sulla questione antropologica, non sul problema dei rapporti
Chiesa- Stato .
Quale il ruolo dello Stato laico e quale il ruolo dei credenti nelle questioni etiche fondamentali che toccano
la convivenza civile?
L’attuale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, parla della laicità come di un “bene comune”. Questo
significa che lo spazio della laicità viene a coincidere con il Cortile dei gentili ossia con lo spazio che si apre
davanti e fuori dal tempio, cioè con il pro- fano.
Forse il problema sta nel trasformare il pensiero, in cultura, l’intelligenza della fedeche è, certamente, un
fatto personale, ed ecclesiale, ma è chiamato a diventare un fatto “ pubblico”.
Nella lettera autografa di Giovanni Paolo II all’allora Segretario di Stato, Cardinal Agostino Casaroli, in
occasione dell’istituzione del Pontificio Consiglio della cultura ( presieduto dal 1982 dal Card. Poupard e
successivamente dal Cardinal Gianfranco Ravasi) si afferma che :
“ Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta,
non interamente pensata
non fedelmente vissuta”.
Impegnarci, da laici, a realizzare questo compito significa- a mio giudizio- ricominciare dal Concilio.
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