Lezione 6. Livello e finanziamento del capitale produttivo

Lezione 6. Livello e finanziamento del capitale produttivo
Il fabbisogno di fondi delle imprese corrisponde all’eccesso della spesa per
investimenti rispetto all’autofinanziamento, integrato dall’accumulo di nuove
attività finanziarie.
Vincolo di bilancio lega la spesa per investimenti lordi al flusso di fondi, interni
ed esterni, che la finanziano: condizione cui è soggetta l’impresa nelle scelte di
finanziamento dell’accumulazione reale e finanziaria.
Sono decisioni integrate ma articolabili in 3 fasi distinte:
1. decisioni di investimento dato il costo del capitale;
2. costo del capitale data la struttura del passivo;
3. struttura desiderata del passivo e (quindi) offerta di indebitamento.
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Il tasso di rendimento interno
Perché investire? Necessità di disporre di una maggior capacità produttiva per
soddisfare la maggiore domanda futura attesa (principio di accelerazione).
L’investimento è costituito da beni capitali che:
(i) sostituiscono quelli deprezzati;
(ii) incrementano lo stock esistente.
Progetto di investimento Ik nel bene capitale k, il cui costo corrente è pkIk,
prospetta all’impresa a un flusso di maggiori redditi futuri Rkae(t+1) per n
periodi; garantisce un tasso di rendimento interno (rka), o efficienza marginale
del capitale, dato dal tasso di sconto che eguaglia il valore attuale dei flussi di
reddito futuri attesi al costo del progetto.
n
Valore investimento:
pk I k  
t 0
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Rkae t  1
1  r 
a t
k
(Memo: lezione 2)
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Il flusso di maggiori redditi futuri attesi permette di ammortizzare, su n periodi, la
spesa per l’investimento e fornire un rendimento interno atteso rka. rka tanto
maggiore quanto maggiore è il flusso dei redditi attesi e quanto minore è pkIk.
L’impresa ordina gli rka di diversi progetti dal più al meno redditizio; realizza
quelli che prospettano rka maggiori del tasso di interesse di mercato (costo del
capitale a prestito, o costo-opportunità dei fondi propri). Se questo cresce, alcuni
progetti diventano non profittevoli: minore spesa per investimenti. Funzione di
investimento: relazione decrescente tra investimento e tasso di interesse (a parità
del prezzo di acquisto e delle aspettative sui flussi di reddito futuri).
Grado di incertezza sui flussi di reddito futuri: rka deve tener conto dei flussi di
reddito attesi nelle diverse situazioni future. Ad ogni progetto si associano tanti rka
quanti sono i possibili stati del mondo. Ogni progetto presenta un rischio (ka),
dovuto alla variabilità del rendimento in ognuno di questi.
Il termine di confronto con il tasso di mercato è il tasso di rendimento interno
depurato dal premio per il rischio. Al variare delle condizioni future un progetto
cambia classe di rischio.
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Composizione dell’attivo
Attivo e passivo di un’impresa sono costituiti da attività finanziarie eterogenee.
Time to build: necessità di trattenere in forma liquida fondi non ancora utilizzati
per acquistare beni capitali (finance motive).
Altri motivi per ritardare l’investimento e detenere attività finanziarie:
 incertezza e irreversibilità dell’investimento: in attesa di nuove informazioni
sulle prospettive future, mantenere i fondi disponibili in moneta o altre attività
liquide. Confronto tra costo-opportunità di intraprendere subito l’investimento
e l’opzione di rinviarlo (o non farlo): mantenersi liquidi tiene aperte le
opzioni sul futuro (aumento dell’incertezza sul futuro produttivo riduce il
vantaggio dei beni reali rispetto alle attività finanziarie);
 l’impresa valuta conveniente acquisire titoli rappresentativi della capacità
produttiva di altre imprese (partecipazioni al capitale), o concedere
finanziamenti a medio-lungo termine a fornitori e clienti, per stabilizzare
relazioni o sostenere sbocchi di mercato.
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Il costo del capitale: la q di Tobin
Data la domanda di investimenti l’impresa investe in tutti i progetti per i quali il
tasso di rendimento interno rka è maggiore del suo costo del capitale rFa .
Al crescere della spesa per investimento il rendimento interno del progetto
marginale è via via minore. Condizione di equilibrio: rka = rFa: l’ultimo progetto di
investimento in beni reali o attività finanziarie ha un tasso di rendimento atteso
uguale al suo costo del capitale. Dimostriamolo.
In equilibrio, il rendimento ottenuto su ogni attività patrimoniale è uguale:
l’impresa (che ha fondi) è indifferente tra acquisire nuovi beni capitali o nuove
attività finanziarie.
Emissione di passività finanziarie (titoli di proprietà o titoli di debito) necessarie
per finanziare l’investimento effettuata alle condizioni di mercato: l’impresa deve
garantire ai suoi finanziatori lo stesso rendimento di equilibrio che essi potrebbero
ottenere da qualunque altra attività finanziaria.
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Deve dunque valere:
rkpkIk = rFpFF
(i)
dove F è il nuovo indebitamento, e pF è il suo prezzo corrente.
La (i) vale anche a livello patrimoniale se:
(a) attivo e passivo dell’impresa costituiti da attività al loro interno omogenee;
(b) attivo costituito solo da beni capitali.
Ciò permette di sommare tutti i beni capitali e moltiplicarli per lo stesso prezzo e
lo stesso tasso di rendimento, e tutti i titoli e moltiplicarli per lo stesso prezzo e lo
stesso tasso di rendimento:
rk pk  I k  rF pF  F
=>
rk pk K  rF p F F
In equilibrio, l’impresa deve ottenere dal proprio capitale produttivo (il cui valore
corrente di rimpiazzo è pkK) un flusso di reddito che consente di soddisfare gli
impegni assunti nei confronti dei finanziatori (il cui valore di mercato è pFF).
Deve valere: rk = rF .
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Se il tasso di rendimento richiesto dai finanziatori sui titoli sottoscritti è rF*, il
flusso di reddito R* che l’impresa deve generare sarà pari a:
rF* pF F = R*
Il tasso di rendimento atteso dall’impresa sul suo capitale, rK*, in grado di
soddisfare le richieste dei possessori dei titoli (flusso di profitti per unità di
*
*
r
p
K

R
*

r
capitale valutato al costo di rimpiazzo pk) deve soddisfare k k
F pF F :
R*
rk* 
K 
(rF* pF F )
pk
pk
K  r *  pF F   r * q
F 
F

 pk K 
(ii)
o anche
rF* = rK*/q
(iii)
q di Tobin:

q  

pF F 
 :
pk K 
rapporto tra valore di mercato del capitale e costo di
riproduzione del capitale fisico; permette di analizzare l’influenza delle relazioni
finanziarie sull’accumulazione del capitale.
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Se le attese di profitto (il tasso di rendimento del capitale) dell’impresa
diminuiscono all’aumentare dello stock di capitale rk = rk(K): l’uguaglianza di
*
*
r

r
equilibrio k F q implica che l’impresa è indotta ad accumulare capitale fino al
livello che garantisce il flusso di reddito richiesto dai finanziatori. L’investimento
è orientato dalle “richieste” del mercato finanziario.

q > 1. Il sistema finanziario valuta i titoli al disopra del valore di
*
*
rimpiazzo del capitale; data la relazione rk  rF q , ciò significa che il costo
del capitale rF* è inferiore a quello che le imprese si attendono dal capitale
(rK*); si accresce il finanziamento esterno; le imprese hanno investito
meno (si sono indebitate meno) di quanto era possibile alle condizioni
vigenti.

q < 1. Le imprese hanno sovrainvestito.

q = 1. Posizione di equilibrio: nessun vantaggio per l’impresa ad
aumentare o a ridurre lo stock di capitale.
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Struttura del passivo e costo del capitale
Valore del passivo di un’impresa indebitata sul mercato (pFF) scomposto in:
capitale azionario (valore dei titoli di proprietà pVV); capitale di debito (valore
dei titoli di debito emessi pBB):
p F F = p B B + p VV
(iv)
Il flusso di redditi da distribuire agli azionisti (RVe) è la parte dei redditi
complessivi (Re) che residua dopo aver soddisfatto i creditori dell’impresa (RBe):
Re – RBe = RVe
(v)
Tassi di rendimento:
1. rB = RBe /pBB costo del capitale di debito (tasso di rendimento dei titoli di
debito): rapporto tra flusso di interessi ai creditori e valore di mercato del debito;
2. rV = ReV /pVV costo del capitale azionario (tasso di rendimento dei titoli di
proprietà): rapporto tra redditi distribuiti agli azionisti e valore dei titoli azionari;
3. rF = Re /pFF costo complessivo del capitale (tasso di rendimento del debito
totale): rapporto tra flusso di profitti e valore complessivo dell’impresa.
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Sostituendo le definizioni di rendimento nella (v), Re – RBe = RVe, si ottiene il
vincolo che lega tali costi tra loro: rF  pF F   rB  pB B  rV  pVV  , o anche:
pV V
pB B
rF  rB
 rV
pF F
pF F
(vi)
Sostituendo la (iv), pF F − pB B = pVV, nella (vi):
rF  rB
pB B
p F
p B
p B
p B
 rV F  rV B  rV  rB B  rV B
pF F
pF F
pF F
pF F
pF F
(vii)
L’equazione (vii) può essere rielaborata in due modi (hp: il costo del capitale
azionario è superiore a quello del capitale di debito)
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rF  rV  rB
a)
rF  rV  rV  rB 
pB B
p B
 rV B
pF F
pF F
pB B
p F F : il costo del capitale complessivo decresce al crescere
della quota di debito sul finanziamento totale;
b)
rV  rF  rF  rB 
pB B
pvV : il costo del capitale azionario corrisponde al costo del
capitale complessivo aumentato del differenziale tra lo stesso costo
complessivo e il costo del debito pesato dalla leva finanziaria, o leverage,
(pBB /pVV) dell’impresa.
[Per ottenere la b), riscriviamo
 p B

rF  rV  rB  B   rV 
 pF F 

 pF F  pB B 
 pB B 



r

r

r
V
F
B 
da
cui

pF F


 pF F 
p F
 p B
rV  rF  F   rB  B  , e dunque, inserendo
 pV V 
 pV V 
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 p B

p B
pB B 
 come rF  rB  B   rV 1  B  ,
pF F 
pF F 
 pF F 

=>
la (iv):

rV 

 p B
pV V 
  rF  rB  B 
pF F 
 pF F 
 p B  pV V
rV  rF  B
pV V



  rB 


=>
pB B 

pV V  .
]
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rF  rV  rV  rB 
pB B
pF F
rV  rF  rF  rB 
pB B
pvV
Per una quota crescente del debito rispetto al passivo totale (leverage crescente),
rF si riduce se è dato rV (per la a) e questo aumenta (per la b) se è invece dato rF.
L’impresa può dunque influenzare le condizioni finanziarie imposte dal mercato
modificando la struttura del suo passivo:
- fissato rB e rV, la possibilità di espandere il debito riduce rF;
- fissato rB e rF, la possibilità di espandere il debito aumenta rV e quindi il
rendimento degli azionisti.
NOTA. Relazione di causalità tra i vari costi del capitale non precisata: si devono
determinare due dei tre tassi.
Eppure …
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Teorema Modigliani – Miller (1958)
Se imprese e azionisti hanno le medesime informazioni, perseguono il medesimo
obiettivo e non sostengono costi nella gestione del loro capitale, l’impresa non
può modificare a proprio favore il costo del capitale complessivo (teorema
dell’irrilevanza della struttura finanziaria).
Due hp:
1) mercati dei capitali perfetti;
2) comportamento finanziario dell’impresa non altera il suo livello di rischio.
Dato il reddito atteso e il rischio delle attività dell’impresa, è dato anche il reddito
e il rischio dell’intero passivo, e quindi è dato anche il tasso di capitalizzazione rF
dei redditi.
Aumento del leverage: sostituzione di capitale azionario con capitale di debito;
minore base azionaria sulla quale ripartire il rischio dell’impresa; compensazione
con maggior rendimento offerto da ciascuna azione.
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Una modificazione della composizione del passivo non fa altro che trasferire
reddito e rischio tra i finanziatori, senza variare il costo del capitale complessivo:
irrilevanza per il costo del capitale del tentativo di modificare la composizione
dell’offerta dei titoli. Variazioni nei dividendi, oneri per interessi e/o guadagni in
conto capitale si compensano sempre.
Esempio. Se il finanziamento esterno sostituisce quello interno
(autofinanziamento), l’aumento dei dividendi e degli oneri per interessi bilancia la
diminuzione dei guadagni in conto capitale; oppure, se aumenta il capitale di
debito rispetto a quello azionario l’aumento del pagamento per interessi bilancia
esattamente la riduzione dei dividendi (o dei guadagni in conto capitale).
Non esistono problemi di finanziamento: tutti i canali sono fruibili ed equivalenti;
le scelte finanziarie dell’impresa sono irrilevanti (amministratori non hanno
autonomia). Sono le scelte (massimizzanti) dei detentori di titoli a dominare il
mercato: il lato della domanda determina la composizione della ricchezza.
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La rilevanza delle scelte finanziarie delle imprese
Cosa significa essere in presenza di mercati di capitali perfetti?
a)
b)
c)
d)
i mercati finanziari sono efficienti;
le imprese hanno come obiettivo l’interesse degli azionisti;
tutte informazioni su impresa sono pienamente disponibili agli azionisti;
non vi sono ostacoli all’arbitraggio sul mercato dei capitali.
Nella realtà, il funzionamento dei mercati finanziari si discosta dalle ipotesi di
Modigliani-Miller. Imprese e investitori finanziari (azionisti e creditori) non
hanno le medesime opportunità:
- strategie e obiettivi diversi;
- asimmetrie informative e divergenti valutazioni del rischio;
- condizioni di credito differenti e presenza di razionamento.
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Due classi di fattori per cui non vale l’irrilevanza:
1. fattori “oggettivi” (spesso di carattere istituzionale): determinano posizioni
asimmetriche per i diversi operatori nel mercato dei capitali, nonostante essi
perseguano razionalmente medesimi obiettivi;
2. fattori “soggettivi”: situazioni di informazione imperfetta e loro implicazioni
sulla divergenza tra gli obiettivi perseguiti da imprese, azionisti, creditori e
altri soggetti portatori di interessi.
Il comportamento dei manager è rilevante quando essi perseguono obiettivi
propri e diversi dalla massimizzazione del valore dell’impresa, (es. elevato
tasso di crescita del fatturato). Il controllo degli azionisti sulla gestione degli
amministratori è un’attività costosa: aumento del costo del capitale azionario.
La distribuzione delle informazioni tra i soggetti interessati non consente
sempre ai “controllori” di valutare con precisione i “controllati”.
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Conflitto tra diversi obiettivi:
 aumento dell’autofinanziamento, limitando i dividendi, accresce le risorse interne e
permette ai manager di non assoggettarsi al controllo del mercato dei capitali per
raccogliere fondi;
 politica di elevati dividendi: a parità di fonti di finanziamento, minori investimenti e
minori prospettive di sviluppo dell’impresa danneggiano i creditori e possono
innestare un conflitto tra questi e gli azionisti se mette in discussione il servizio del
debito;
 ampliamento della base azionaria valutato sfavorevolmente dai proprietari, a meno
che non serva a finanziare investimenti con un rendimento più elevato di quello
richiesto dal mercato;
 se proprietari favorevoli a ricorrere all’indebitamento per finanziare la crescita, i
creditori, in presenza di elevati livelli di indebitamento, vedono aumentare i costi
attesi di insolvenza e fallimento;
 azionisti: accettare investimenti di maggiore rischiosità finanziati con debito piuttosto
che con capitale azionario (perdite superiori al patrimonio a carico dei creditori;
rendimenti superiori al tasso d’interesse).
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Con informazione non simmetrica, la ripartizione tra fondi interni, azioni e
debito rappresenta un “segnale” sulla situazione e sulle prospettive dell’impresa.
La politica dei dividendi non è un segnale univoco: potrebbe essere il modo per
indurre il mercato a ritenere che la profittabilità sia superiore a quella reale.
Asimmetrie informative tra imprese e risparmiatori penalizzano nella raccolta di
fondi soprattutto le imprese “giovani” e prive di solidi rapporti di clientela;
autofinanziamento unico modo per realizzare gli investimenti desiderati.
In presenza di asimmetrie informative, le imprese hanno un ordinamento di
preferenze sulle fonti di finanziamento: prima l’autofinanziamento, poi il ricorso
all’indebitamento ed infine l’emissione di azioni.
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Il finanziamento del disavanzo e la gestione del debito pubblico
Il costo, presente e futuro, del debito pubblico dipende dalle condizioni
contrattuali stabilite al momento della sua emissione.
Contesto economico-istituzionale: liberalizzazione dei mercati finanziari
internazionali e divieto imposto dal Trattato di Maastricht alle BC di finanziare il
Tesoro a condizioni di favore.
L’operatore pubblico deve offrire titoli appetibili, mirando ad allentare l’onere del
servizio del debito attraverso una gestione efficiente. Ciò richiede:
a.
varietà nella tipologia dei titoli offerti;
b.
flessibilità nella gestione delle emissioni;
c.
allungamento della vita media del debito.
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Una corretta definizione della tipologia dei titoli permette di combinare differenti
rischi (di interesse, di valore reale, di liquidità).
Flessibilità nel decidere la distribuzione temporale delle emissioni: condizione
fondamentale affinché il Tesoro non sia costretto ad effettuarle in condizioni di
mercato sfavorevoli; una minore flessibilità si riflette in una maggiore variabilità
dei corsi e quindi in un maggior rischio di interesse.
Allungamento delle scadenze e della loro distribuzione temporale evita di
concentrare i rinnovi in determinati momenti e riduce il rischio che momentanei
shock avversi determinino aumenti del costo reale del debito (l’incremento è tanto
maggiore quanto minore è la vita media del debito; si creano crisi di fiducia e
ulteriori aumenti dei tassi d’interesse).
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