Lezione 6. Livello e finanziamento del capitale produttivo Il fabbisogno di fondi delle imprese corrisponde all’eccesso della spesa per investimenti rispetto all’autofinanziamento, integrato dall’accumulo di nuove attività finanziarie. Vincolo di bilancio lega la spesa per investimenti lordi al flusso di fondi, interni ed esterni, che la finanziano: condizione cui è soggetta l’impresa nelle scelte di finanziamento dell’accumulazione reale e finanziaria. Sono decisioni integrate ma articolabili in 3 fasi distinte: 1. decisioni di investimento dato il costo del capitale; 2. costo del capitale data la struttura del passivo; 3. struttura desiderata del passivo e (quindi) offerta di indebitamento. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 1 Il tasso di rendimento interno Perché investire? Necessità di disporre di una maggior capacità produttiva per soddisfare la maggiore domanda futura attesa (principio di accelerazione). L’investimento è costituito da beni capitali che: (i) sostituiscono quelli deprezzati; (ii) incrementano lo stock esistente. Progetto di investimento Ik nel bene capitale k, il cui costo corrente è pkIk, prospetta all’impresa a un flusso di maggiori redditi futuri ∆Rkae(t+1) per n periodi; garantisce un tasso di rendimento interno (rka), o efficienza marginale del capitale, dato dal tasso di sconto che eguaglia il valore attuale dei flussi di reddito futuri attesi al costo del progetto. n Valore investimento: pk I k = ∑ ∆Rkae (t + 1) t =0 G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 (1 + r ) a t k (Memo: lezione 2) Pagina 2 Il flusso di maggiori redditi futuri attesi permette di ammortizzare, su n periodi, la spesa per l’investimento e fornire un rendimento interno atteso rka. rka tanto maggiore quanto maggiore è il flusso dei redditi attesi e quanto minore è pkIk. L’impresa ordina gli rka di diversi progetti dal più al meno redditizio; realizza quelli che prospettano rka maggiori del tasso di interesse di mercato (costo del capitale a prestito, o costo-opportunità dei fondi propri). Se questo cresce, alcuni progetti diventano non profittevoli: minore spesa per investimenti. Funzione di investimento: relazione decrescente tra investimento e tasso di interesse (a parità del prezzo di acquisto e delle aspettative sui flussi di reddito futuri). Grado di incertezza sui flussi di reddito futuri: rka deve tener conto dei flussi di reddito attesi nelle diverse situazioni future. Ad ogni progetto si associano tanti rka quanti sono i possibili stati del mondo. Ogni progetto presenta un rischio (σka), dovuto alla variabilità del rendimento in ognuno di questi. Il termine di confronto con il tasso di mercato è il tasso di rendimento interno depurato dal premio per il rischio. Al variare delle condizioni future un progetto cambia classe di rischio. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 3 Composizione dell’attivo Attivo e passivo di un’impresa sono costituiti da attività finanziarie eterogenee. Time to build: necessità di trattenere in forma liquida fondi non ancora utilizzati per acquistare beni capitali (finance motive). Altri motivi per ritardare l’investimento e detenere attività finanziarie: • incertezza e irreversibilità dell’investimento: in attesa di nuove informazioni sulle prospettive future, mantenere i fondi disponibili in moneta o altre attività liquide. Confronto tra costo-opportunità di intraprendere subito l’investimento e l’opzione di rinviarlo (o non farlo): mantenersi liquidi tiene aperte le opzioni sul futuro (aumento dell’incertezza sul futuro produttivo riduce il vantaggio dei beni reali rispetto alle attività finanziarie); • l’impresa valuta conveniente acquisire titoli rappresentativi della capacità produttiva di altre imprese (partecipazioni al capitale), o concedere finanziamenti a medio-lungo termine a fornitori e clienti, per stabilizzare relazioni o sostenere sbocchi di mercato. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 4 Il costo del capitale: la q di Tobin Data la domanda di investimenti l’impresa investe in tutti i progetti per i quali il tasso di rendimento interno rka è maggiore del suo costo del capitale rFa . Al crescere della spesa per investimento il rendimento interno del progetto marginale è via via minore. Condizione di equilibrio: rka = rFa: l’ultimo progetto di investimento in beni reali o attività finanziarie ha un tasso di rendimento atteso uguale al suo costo del capitale. Dimostriamolo. In equilibrio, il rendimento ottenuto su ogni attività patrimoniale è uguale: l’impresa (che ha fondi) è indifferente tra acquisire nuovi beni capitali o nuove attività finanziarie. Emissione di passività finanziarie (titoli di proprietà o titoli di debito) necessarie per finanziare l’investimento effettuata alle condizioni di mercato: l’impresa deve garantire ai suoi finanziatori lo stesso rendimento di equilibrio che essi potrebbero ottenere da qualunque altra attività finanziaria. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 5 Deve dunque valere: rkpkIk = rFpF∆F (i) dove ∆F è il nuovo indebitamento, e pF è il suo prezzo corrente. La (i) vale anche a livello patrimoniale se: (a) attivo e passivo dell’impresa costituiti da attività al loro interno omogenee; (b) attivo costituito solo da beni capitali. Ciò permette di sommare tutti i beni capitali e moltiplicarli per lo stesso prezzo e lo stesso tasso di rendimento, e tutti i titoli e moltiplicarli per lo stesso prezzo e lo stesso tasso di rendimento: rk pk ∑ I k = rF pF ∑ ∆F => rk p k K = rF p F F In equilibrio, l’impresa deve ottenere dal proprio capitale produttivo (il cui valore corrente di rimpiazzo è pkK) un flusso di reddito che consente di soddisfare gli impegni assunti nei confronti dei finanziatori (il cui valore di mercato è pFF). Deve valere: rk = rF . G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 6 Se il tasso di rendimento richiesto dai finanziatori sui titoli sottoscritti è rF*, il flusso di reddito R* che l’impresa deve generare sarà pari a: rF* pF F = R* Il tasso di rendimento atteso dall’impresa sul suo capitale, rK*, in grado di soddisfare le richieste dei possessori dei titoli (flusso di profitti per unità di * * r p K = R * = r capitale valutato al costo di rimpiazzo pk) deve soddisfare k k F pF F : R* rk* = K = (rF* p F F ) pk pk K = r * ⎛⎜ p F F ⎞⎟ = r * q F F ⎜ ⎟ ⎝ pk K ⎠ (ii) o anche rF* = rK*/q (iii) q di Tobin: ⎛ q = ⎜⎜ ⎝ pF F ⎞ ⎟⎟ : pk K ⎠ rapporto tra valore di mercato del capitale e costo di riproduzione del capitale fisico; permette di analizzare l’influenza delle relazioni finanziarie sull’accumulazione del capitale. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 7 Se le attese di profitto (il tasso di rendimento del capitale) dell’impresa diminuiscono all’aumentare dello stock di capitale rk = rk(K): l’uguaglianza di * * r = r equilibrio k F q implica che l’impresa è indotta ad accumulare capitale fino al livello che garantisce il flusso di reddito richiesto dai finanziatori. L’investimento è orientato dalle “richieste” del mercato finanziario. ¾ q > 1. Il sistema finanziario valuta i titoli al disopra del valore di * * rimpiazzo del capitale; data la relazione rk = rF q , ciò significa che il costo del capitale rF* è inferiore a quello che le imprese si attendono dal capitale (rK*); si accresce il finanziamento esterno; le imprese hanno investito meno (si sono indebitate meno) di quanto era possibile alle condizioni vigenti. ¾ q < 1. Le imprese hanno sovrainvestito. ¾ q = 1. Posizione di equilibrio: nessun vantaggio per l’impresa ad aumentare o a ridurre lo stock di capitale. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 8 Struttura del passivo e costo del capitale Valore del passivo di un’impresa indebitata sul mercato (pFF) scomposto in: capitale azionario (valore dei titoli di proprietà pVV); capitale di debito (valore dei titoli di debito emessi pBB): p F F = p B B + p VV (iv) Il flusso di redditi da distribuire agli azionisti (RVe) è la parte dei redditi complessivi (Re) che residua dopo aver soddisfatto i creditori dell’impresa (RBe): Re – RBe = RVe (v) Tassi di rendimento: 1. rB = RBe /pBB costo del capitale di debito (tasso di rendimento dei titoli di debito): rapporto tra flusso di interessi ai creditori e valore di mercato del debito; 2. rV = ReV /pVV costo del capitale azionario (tasso di rendimento dei titoli di proprietà): rapporto tra redditi distribuiti agli azionisti e valore dei titoli azionari; 3. rF = Re /pFF costo complessivo del capitale (tasso di rendimento del debito totale): rapporto tra flusso di profitti e valore complessivo dell’impresa. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 9 Sostituendo le definizioni di rendimento nella (v), Re – RBe = RVe, si ottiene il vincolo che lega tali costi tra loro: rF ( pF F ) = rB ( pB B ) + rV ( pVV ) , o anche: pV V pB B + rV rF = rB pF F pF F (vi) Sostituendo la (iv), pF F − pB B = pVV, nella (vi): rF = rB p B p B p B pB B p F + rV F − rV B = rV + rB B − rV B pF F pF F pF F pF F pF F (vii) L’equazione (vii) può essere rielaborata in due modi (hp: il costo del capitale azionario è superiore a quello del capitale di debito) G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 10 rF = rV + rB a) rF = rV − (rV − rB ) pB B p B − rV B pF F pF F pB B p F F : il costo del capitale complessivo decresce al crescere della quota di debito sul finanziamento totale; b) rV = rF + (rF − rB ) pB B pvV : il costo del capitale azionario corrisponde al costo del capitale complessivo aumentato del differenziale tra lo stesso costo complessivo e il costo del debito pesato dalla leva finanziaria, o leverage, (pBB /pVV) dell’impresa. [Per ottenere la b), riscriviamo ⎛ ⎛ p B⎞ rF = rV + rB ⎜⎜ B ⎟⎟ − rV ⎜⎜ ⎝ ⎝ pF F ⎠ ⎛ pF F − pB B ⎞ ⎛ pB B ⎞ ⎜ ⎟ ⎟⎟ r r r = − V⎜ F B ⎜⎜ da cui ⎟ pF F ⎝ ⎠ ⎝ pF F ⎠ ⎛p F⎞ ⎛ p B⎞ rV = rF ⎜⎜ F ⎟⎟ − rB ⎜⎜ B ⎟⎟ , e dunque, inserendo ⎝ pV V ⎠ ⎝ pV V ⎠ G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 ⎛ p B⎞ ⎛ p B⎞ pB B ⎞ ⎟⎟ come rF − rB ⎜⎜ B ⎟⎟ = rV ⎜⎜1 − B ⎟⎟ , pF F ⎠ pF F ⎠ ⎝ pF F ⎠ ⎝ => la (iv): ⎛ rV ⎜⎜ ⎝ ⎛ p B⎞ pV V ⎞ ⎟⎟ = rF − rB ⎜⎜ B ⎟⎟ pF F ⎠ ⎝ pF F ⎠ ⎛ p B + pV V rV = rF ⎜⎜ B pV V ⎝ ⎞ ⎛ ⎟⎟ − rB ⎜⎜ ⎠ ⎝ => pB B ⎞ ⎟ pV V ⎟⎠ . ] Pagina 11 rF = rV − (rV − rB ) pB B pF F rV = rF + (rF − rB ) pB B pvV Per una quota crescente del debito rispetto al passivo totale (leverage crescente), rF si riduce se è dato rV (per la a) e questo aumenta (per la b) se è invece dato rF. L’impresa può dunque influenzare le condizioni finanziarie imposte dal mercato modificando la struttura del suo passivo: - fissato rB e rV, la possibilità di espandere il debito riduce rF; - fissato rB e rF, la possibilità di espandere il debito aumenta rV e quindi il rendimento degli azionisti. NOTA. Relazione di causalità tra i vari costi del capitale non precisata: si devono determinare due dei tre tassi. Eppure … G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 12 Teorema Modigliani – Miller (1958) Se imprese e azionisti hanno le medesime informazioni, perseguono il medesimo obiettivo e non sostengono costi nella gestione del loro capitale, l’impresa non può modificare a proprio favore il costo del capitale complessivo (teorema dell’irrilevanza della struttura finanziaria). Due hp: 1) mercati dei capitali perfetti; 2) comportamento finanziario dell’impresa non altera il suo livello di rischio. Dato il reddito atteso e il rischio delle attività dell’impresa, è dato anche il reddito e il rischio dell’intero passivo, e quindi è dato anche il tasso di capitalizzazione rF dei redditi. Aumento del leverage: sostituzione di capitale azionario con capitale di debito; minore base azionaria sulla quale ripartire il rischio dell’impresa; compensazione con maggior rendimento offerto da ciascuna azione. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 13 Una modificazione della composizione del passivo non fa altro che trasferire reddito e rischio tra i finanziatori, senza variare il costo del capitale complessivo: irrilevanza per il costo del capitale del tentativo di modificare la composizione dell’offerta dei titoli. Variazioni nei dividendi, oneri per interessi e/o guadagni in conto capitale si compensano sempre. Esempio. Se il finanziamento esterno sostituisce quello interno (autofinanziamento), l’aumento dei dividendi e degli oneri per interessi bilancia la diminuzione dei guadagni in conto capitale; oppure, se aumenta il capitale di debito rispetto a quello azionario l’aumento del pagamento per interessi bilancia esattamente la riduzione dei dividendi (o dei guadagni in conto capitale). Non esistono problemi di finanziamento: tutti i canali sono fruibili ed equivalenti; le scelte finanziarie dell’impresa sono irrilevanti (amministratori non hanno autonomia). Sono le scelte (massimizzanti) dei detentori di titoli a dominare il mercato: il lato della domanda determina la composizione della ricchezza. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 14 La rilevanza delle scelte finanziarie delle imprese Cosa significa essere in presenza di mercati di capitali perfetti? a) b) c) d) i mercati finanziari sono efficienti; le imprese hanno come obiettivo l’interesse degli azionisti; tutte informazioni su impresa sono pienamente disponibili agli azionisti; non vi sono ostacoli all’arbitraggio sul mercato dei capitali. Nella realtà, il funzionamento dei mercati finanziari si discosta dalle ipotesi di Modigliani-Miller. Imprese e investitori finanziari (azionisti e creditori) non hanno le medesime opportunità: - strategie e obiettivi diversi; - asimmetrie informative e divergenti valutazioni del rischio; - condizioni di credito differenti e presenza di razionamento. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 15 Due classi di fattori per cui non vale l’irrilevanza: 1. fattori “oggettivi” (spesso di carattere istituzionale): determinano posizioni asimmetriche per i diversi operatori nel mercato dei capitali, nonostante essi perseguano razionalmente medesimi obiettivi; 2. fattori “soggettivi”: situazioni di informazione imperfetta e loro implicazioni sulla divergenza tra gli obiettivi perseguiti da imprese, azionisti, creditori e altri soggetti portatori di interessi. Il comportamento dei manager è rilevante quando essi perseguono obiettivi propri e diversi dalla massimizzazione del valore dell’impresa, (es. elevato tasso di crescita del fatturato). Il controllo degli azionisti sulla gestione degli amministratori è un’attività costosa: aumento del costo del capitale azionario. La distribuzione delle informazioni tra i soggetti interessati non consente sempre ai “controllori” di valutare con precisione i “controllati”. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 16 Conflitto tra diversi obiettivi: • aumento dell’autofinanziamento, limitando i dividendi, accresce le risorse interne e permette ai manager di non assoggettarsi al controllo del mercato dei capitali per raccogliere fondi; • politica di elevati dividendi: a parità di fonti di finanziamento, minori investimenti e minori prospettive di sviluppo dell’impresa danneggiano i creditori e possono innestare un conflitto tra questi e gli azionisti se mette in discussione il servizio del debito; • ampliamento della base azionaria valutato sfavorevolmente dai proprietari, a meno che non serva a finanziare investimenti con un rendimento più elevato di quello richiesto dal mercato; • se proprietari favorevoli a ricorrere all’indebitamento per finanziare la crescita, i creditori, in presenza di elevati livelli di indebitamento, vedono aumentare i costi attesi di insolvenza e fallimento; • azionisti: accettare investimenti di maggiore rischiosità finanziati con debito piuttosto che con capitale azionario (perdite superiori al patrimonio a carico dei creditori; rendimenti superiori al tasso d’interesse). G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 17 Con informazione non simmetrica, la ripartizione tra fondi interni, azioni e debito rappresenta un “segnale” sulla situazione e sulle prospettive dell’impresa. La politica dei dividendi non è un segnale univoco: potrebbe essere il modo per indurre il mercato a ritenere che la profittabilità sia superiore a quella reale. Asimmetrie informative tra imprese e risparmiatori penalizzano nella raccolta di fondi soprattutto le imprese “giovani” e prive di solidi rapporti di clientela; autofinanziamento unico modo per realizzare gli investimenti desiderati. In presenza di asimmetrie informative, le imprese hanno un ordinamento di preferenze sulle fonti di finanziamento: prima l’autofinanziamento, poi il ricorso all’indebitamento ed infine l’emissione di azioni. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 18 Il finanziamento del disavanzo e la gestione del debito pubblico Il costo, presente e futuro, del debito pubblico dipende dalle condizioni contrattuali stabilite al momento della sua emissione. Contesto economico-istituzionale: liberalizzazione dei mercati finanziari internazionali e divieto imposto dal Trattato di Maastricht alle BC di finanziare il Tesoro a condizioni di favore. L’operatore pubblico deve offrire titoli appetibili, mirando ad allentare l’onere del servizio del debito attraverso una gestione efficiente. Ciò richiede: a. varietà nella tipologia dei titoli offerti; b. flessibilità nella gestione delle emissioni; c. allungamento della vita media del debito. G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 19 Una corretta definizione della tipologia dei titoli permette di combinare differenti rischi (di interesse, di valore reale, di liquidità). Flessibilità nel decidere la distribuzione temporale delle emissioni: condizione fondamentale affinché il Tesoro non sia costretto ad effettuarle in condizioni di mercato sfavorevoli; una minore flessibilità si riflette in una maggiore variabilità dei corsi e quindi in un maggior rischio di interesse. Allungamento delle scadenze e della loro distribuzione temporale evita di concentrare i rinnovi in determinati momenti e riduce il rischio che momentanei shock avversi determinino aumenti del costo reale del debito (l’incremento è tanto maggiore quanto minore è la vita media del debito; si creano crisi di fiducia e ulteriori aumenti dei tassi d’interesse). G. Ciccarone, Economia e Politica Monetaria a.a. 2011‐12; Lezione 6 Pagina 20