il cantico delle creature di san francesco? un vero

IL CANTICO DELLE CREATURE DI SAN FRANCESCO? UN VERO MANIFESTO
ANTI-GNOSTICO E CONTRO I CATARI
di Franco Cardini
Che Francesco fosse vicino al catarismo, o simpatizzasse per i catari, o
fosse addirittura cataro egli stesso, sono temi che ogni tanto riemergono in
una letteratura che – senz’ombra di disprezzo – non solo non è specialistica
(vale a dire non ha alcun connotato di specializzazione scientifica relativa
ai temi che affronta), ma che in genere parte da una tesi: quella del
«mistero», della «parola perduta», o semplicemente dell’«inganno» messo
in atto dalla Chiesa per appropriarsi di qualcuno o di qualcosa. Che poi tale
letteratura possa annoverare tra i suoi esempi anche casi di libri ben scritti,
frutto della fatica e dell’impegno di persone appassionate e dotate di buon
livello di cultura generale, è abbastanza raro: ma può capitare.
Solo che non aggiunge nulla al fatto che si tratta di voci scientificamente
irrilevanti. Davanti a un libro di storia di un personaggio del primo Duecento
importante sotto il profilo religioso, chi si trova tra le mani un nuovo libro
deve anzitutto controllare se l’autore conosce tre cose: le fonti specifiche dell’argomento, la letteratura scientifica relativa, il contesto storico in
cui collocare personaggio e vicenda di cui si parla. Tali competenze non risultano dall’esame de L’albero del Bene, recente libro di Giuseppe A.
Spadaro che azzarda nel sottotitolo addirittura la definizione di «san Francesco teologo cataro» (Arkeios, pp. 292, euro 24,90). In realtà, al di là
dell’impostazione esoterica della presentazione del cristianesimo, si tratta di un elenco di rilievi estrapolati senza ordine alcuno dalle fonti e
dalla bibliografia francescane e riordinate arbitrariamente in modo da consentire all’autore dell’escamotage di rispondere affermativamente
alla questione se Francesco fosse cataro o se la sua dottrina avesse punti di contatto con quella catara (il che, palesemente, non è la stessa
cosa). Il tutto alla luce d’una conoscenza erudita piuttosto generica e schematica del catarismo e di pochissimi dati su Francesco, la sua
personalità, il suo tempo, il contesto storico nel quale egli si mosse.
Oggi sappiamo bene – e su ciò v’è un’ampia concordia degli specialisti – che il catarismo fu il complesso risultato dell’incontro tra movimenti
religiosi a carattere evangelico e sette cristiane d’origine balcanica (i «bogomili»), a loro volta eredi di una tradizione che attraverso il
paulicianesimo anatomico si riallacciava al manicheismo. I predicatori catari, che verso la metà del XII secolo ebbero un grande successo in
un’ampia area tra Provenza, Renania, Lombardia e Toscana, si presentavano come buoni cristiani che proponevano una riforma morale della
Chiesa e giungesse a rifondare la pura comunità delle origini.
Il catarismo corrispondeva però a una setta iniziatica, fondamentalmente basata su due livelli: al primo, quello dei «credenti», s’insegnava la
«pura dottrina cristiana» soprattutto attraverso il Vangelo di Giovanni; al secondo, quello dei «perfetti», si riceveva una sorta di rito di
iniziazione, il consolamentum (un «battesimo spirituale»). Gli eretici «consolati» o «perfetti» erano obbligati a mostrarsi in pubblico
austeramente vestiti di nero, a non assumere cibi carnei o derivanti dall’accoppiamento animale (uova, latte, eccetera) e – quando lo
ritenevano opportuno – si suicidavano lasciandosi morire di fame («endura»).
Data la durezza della dottrina nella sua fase più alta, la maggior parte dei «credenti» riceveva il consolamentum solo in punto di morte. La
teologia catara, che ci è nota attraverso testi recentemente ripubblicati anche in Italia dal filologo Francesco Zambon, sosteneva che l’universo
assiste a una lotta eterna tra Bene e Male, che Dio è sostanza spirituale purissima dal quale emanano il Cristo e gli angeli, che la materia è
totale dominio del Male ed è stata creata da un Demiurgo corrotto che si può identificare con il satana dei cristiani.
L’uomo, in cui Spirito e Materia coabitano, deve liberare in sé il primo dalla seconda. Questa dottrina, di evidente origine manichea, ha difatti
rapporti strettissimi con il mazdaismo persiano e con lo stesso buddismo, ma non ha nulla a che vedere con il cristianesimo. D’altronde, dal
momento che i catari avevano conquistato la Provenza, fu necessaria per sradicarli una vera e propria crociata (la «crociata degli albigesi»,
1209-44), che fu episodio d’inaudita violenza.
Francesco visse appunto in questo periodo e fu pellegrino a Santiago de Compostela proprio negli anni in cui la crociata era in atto,
attraversandone i luoghi. Non ci dice nulla di ciò. Egli non era certo un cataro «perfetto», in quanto sappiamo che mangiava tutto quel che gli
veniva posto dinanzi, come recita anche la sua regola. Poteva essere cataro «credente», o simpatizzante per i catari? No, in quanto sappiamo
che tratto comune al catarismo era l’avversione al sacerdozio e alla Chiesa «corrotta»: Francesco, al contrario, raccomanda di rispettare i preti
anche quando si sa che sono peccatori.
Tutta la sua predicazione è imperniata su temi che appaiono anche di propaganda anti-catara: non che lo facesse espressamente, ma quello
era il suo tempo e quelli gli interlocutori che doveva contrastare. Il Cantico delle creature è un vero e proprio manifesto anti-cataro, in
cui la potenza e la misericordia di Dio si manifestano nel creato e tutte le creature tendono a Dio: se per Francesco è insensata l’accusa di
«panteismo», ancora più lo è il sospetto di «catarismo».
Da dove risulta che Francesco ritenesse il creato un male, e vedesse in Satana il creatore dell’universo? Parimenti ridicole le altre
argomentazioni. «Disprezzo del corpo», detto «frate asino»? Siamo nella più semplice tradizione mistico-ascetica cristiana, e del resto
Francesco disprezzava tanto poco il suo corpo che il suo ultimo pensiero, in punto di morte, fu di mangiare dei dolci... Preferenza per la
preghiera del Pater? Ma è la preghiera più comune di tutti i cristiani. Predilezione per la vita eremitica e la tradizione itinerante: siamo nella più
assoluta ortodossia! Scelta di non farsi sacerdote? Un atto di umiltà, che in ogni modo non gl’impedì di essere diacono, quindi inserito nella
gerarchia ecclesiastica. Assoluto rifiuto della ricchezza? Siamo ancora nella tradizione ascetico-mistica cristiana, con il fatto nuovo che
Francesco non impedì mai a chi non appartenesse al suo ordine di arricchirsi e non parlò mai della ricchezza come di un male assoluto. E così
via. I punti di contatto, se ci sono, sono tra catarismo e cristianesimo, non tra catarismo e Francesco.
Anche per l’immagine «serafica» del Cristo delle stimmate, portata come prova di adesione alla dottrina catara per cui Cristo era in realtà un
angelo, anzitutto le fonti presentano l’episodio in vario modo e in secondo luogo il rapporto tra il Cristo e le forme angeliche ha una lunga
tradizione nell’angelologia cristiana. E quanto all’uso francescano dei vangeli apocrifi, come nell’episodio del presepio di Greccio, l’iconografia
cristiana del medioevo è largamente ispirata agli apocrifi, mentre sono semmai proprio i catari che usano il solo Vangelo di Giovanni. Ultimi e
decisivi punti. Primo: l’autore ignora quasi tutti gli scritti di Francesco, escluso il Cantico, e in particolare le sue preghiere e i piccoli trattati che
rispettano la più rigorosa ortodossia latina. Secondo: Francesco non ha mai disobbedito alla Chiesa; e questo è il suo tratto decisamente e
definitivamente anti-cataro. Non basta insomma conoscere qualche elemento di teologia e di filosofia per affrontare un tema come quello
proposto da questo libro, l’assunto del quale è improponibile. Si tratta di un lavoro senza fondamento scientifico e senza valore.
da
«gliscritti.it»