Sbobinature a.a. 2012/13 integrate con libro

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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
Sez. I: Diagnostica per apparati
Cap. 1: Scheletro
Par. I: Caratteristiche generali
Istologia dell’osso
L’osso è un tessuto connettivo specializzato, formato da elementi cellulari immersi in una matrice organica
(collagene) ed in una inorganica (minerali):
• Funzioni fondamentali
o Sostegno e protezione degli organi parenchimatosi
o Immagazzinamento del 97% del calcio dell’organismo e dell’85% del fosforo
o Custodia del midollo rosso emopoietico
• Metabolismo: il rapporto tra azione di osteoblasti, che formano nuovo tessuto, e di osteoclasti, che
riassorbono tessuto, determina il turnover osseo, che si esplica tramite:
o Crescita: formazione > distruzione
o Rimodellamento: formazione = distruzione
o Invecchiamento fisiologica dell’osso (o processi patologici): distruzione > formazione
• Anatomia radiologica (AR): è più o meno radiopaco a seconda del contenuto calcifico; alterazioni
della radiopacità costituiscono il vero segno di patologia. Lo studio diagnostico delle affezioni
scheletriche si basa su:
o Esame diretto radiografico (del quale si prospettano, in situazioni definite, insostituibili
complementi e, talora, alternative di prima istanza, quali TC e/o RM)
o Diagnostica radioisotopica (scintigrafia statica e dinamica)
o Altro
ƒ Mineralometria ossea: nelle sindromi osteopeniche
ƒ Morfometria vertebrale:
“
ƒ Angiografia: nella stadiazione dei tumori o quale supporto a procedure
interventistiche
• Istologia: il tessuto osseo può considerarsi un connettivo specializzato adatto ad un’intensa
mineralizzazione, la quale conferisce all’osso caratteristiche di solidità e resistenza.
o Cellule: cellule endostali, osteoclasti, cellule intermedie, osteoblasti, osteociti
o Razionale: il tessuto risulta un’entità dinamica assoggettata ad un continuo rimaneggiamento
strutturale, necessario per adattare i singoli segmenti ossei a mutate esigenze meccaniche
(rimodellamento; vedi anche sopra) e per contribuire al mantenimento della calcemia
o Rimodellamento osseo: ha luogo per azione di un complesso transitorio di cellule, l’unità
multicellulare di base (UMB), che svolge le seguenti funzioni:
ƒ Diastasi delle cellule endostali di rivestimento
ƒ Reclutamento degli osteoclasti e richiamo sulla superficie ossea
ƒ Riassorbimento osseo ad opera degli osteoclasti ed immissione in circolo di calcio e
fosforo liberati dall’idrossiapatite ossea
ƒ Progressiva sostituzione degli osteoclasti da parte di cellule intermedie e
successivamente di osteoblasti
ƒ Riparazione delle lacune di Howship ad opera degli osteoblasti
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ƒ
o
NB: l’alterazione di una qualunque delle fasi conduce al disaccoppiamento
funzionale tra osteoclasti ed osteoblasti, con possibile conseguente malattia
metabolica dell’osso
Markers di ricambio osseo (BTM, bone turnover markers): consentono di individuare, in
maniera aspecifica, alterazioni del metabolismo scheletrico
ƒ Di riassorbimento osseo: fosfatasi acida, idrossiprolina, etc.
ƒ Di formazione ossea: osteocalcina, isoenzima osseo della fosfatasi alcalina, etc.
Esame diretto RX
Metodica fondamentale in grado di assolvere alla quasi totalità delle esigenze di rilievo semeiologico, viene
effettuata di norma nelle due proiezioni ortogonali di base (PA, LL) ed eventualmente in altre
complementari. Consente, grazie al contrasto naturale dell’osso, di valutare la sua morfologia; può valutare –
in maniera indiretta – le capsule articolari (se si inietta mdc > artrografia dell’atmosfera perischeletrica). Non
valuta, invece, muscoli e tendini. Comunque, l’esame RX diretto è il primo esame nelle lesioni
morfologiche.
Considerazioni importanti riguardano:
• Altre tecniche
o Radiografia digitale: è utile per la contemporanea rappresentazione delle parti molli
perischeletriche e per una più agevole dimostrazione di taluni segmenti ossei esplorabili con
difficoltà con la radiografia convenzionale, quale il tratto di passaggio cervico-dorsale
ƒ NB (da Wikipedia): In medicina con radiografia digitale si indica la modalità
digitale di acquisizione dall'immagine RX che, a differenza della meno recente
tecnica analogica, permette di sfruttare software e hardware abili all'archiviazione di
immagini e alla loro modificazione post-acquisizione.
A confronto con la radiografia convenzionale, la tecnica digitale perde in risoluzione
spaziale, poiché il punto (l'elemento più piccolo) analogico ha diametro di 2 µm (il
bromuro d'argento utilizzato nella pellicola radiografica), mentre il punto digitale è
il pixel, un quadrato di spazio enormemente più grande, che può andare da 30 µm a
200 µm.
Questo comporta una certa perdita di informazioni spaziali, sebbene l'occhio umano
in genere non sia in grado di apprezzare tale differenza in condizioni normali di
osservazione. D'altro canto, i sistemi digitali posseggono un grande intervallo
dinamico e la loro curva caratteristica è praticamente lineare, per cui eventuali errori
di esposizione, sempre possibili in radiologia, portano comunque ad un'immagine
utilizzabile per la diagnosi, mentre per i sistemi convenzionali un errore significa
ripetizione dell'esposizione, con conseguente doppia esposizione del paziente.
o Radiografia con ingrandimento diretto d’immagine: consente un’analisi più fine delle
strutture ossee primarie ingrandite di 2-3 volte
o Radioscopia: può esser utile come guida a manovre ortopedico-traumatologiche
• AR: l’elevato contenuto in Sali di calcio conferisce all’osso una spiccata radiopacità rispetto agli
altri tessuti dell’organismo.
o La disposizione delle lamelle ossee in sistemi trabecolari (osso spugnoso) e sistemi lamellari
(osso compatto) genera sostanziali differenze di contrasto radiologico all’interno del singolo
osso; quindi, le strutture primari dell’osso, costituite da compatta e spugnosa, sono ben
individuabili:
ƒ Compatta: tipicamente rappresentata nelle diafisi delle ossa lunghe, si presenta come
una striscia periferica longitudinale, più o meno spessa, di osso uniformemente
radiopaco, delimitante il canale midollare radiotrasparente. Essa si assottiglia a
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livello metafisario fino ad assumere nell’epifisi l’aspetto di una sottile linea opaca
che circonda l’osso spugnoso (corticale)
ƒ Spugnosa: si presenta come un intreccio di trabecole radiopache. Le trabecole più
spesse sono orientate secondo vettori condizionati dalle esigenze di resistenza alla
pressione ed alla trazione (linee di forza: particolarmente evidenti nel collo o nei
condili femorali, nell’epifi prossimale tibiale, nell’astragalo e nel calcagno
Altre strutture
ƒ Periostio ed endostio: non sono visibili in condizioni normali, ma lo divengono
quando si ispessiscono o calcificano
ƒ Cartilagine di accrescimento (o disco epifisario): è visibile sotto forma di banda
trasversale radiotrasparente, che sembra interrompere la continuità fra metafisi ed
epifisi, fino alla completa ossificazione al termine dell’accrescimento scheletrico.
Spesso rimane apprezzabile nell’adulto sotto forma di stria radiopaca trasversale nel
tratto di passaggio metafiso-epifisario
ƒ Cartilagine articolare, capsula articolare, dischi fibrocartilaginei e legamenti: non
sono visibili direttamente con la radiografia, ma possono esser evidenziati dopo
introduzione nell’articolazione di mdc (artrografia). TC, RM ed ecografia possono
dare, invece, una valida dimostrazione diretta
ƒ Canale nutritizio: può essere talora apprezzato, nella diafisi delle ossa lunghe, sotto
forma di sottile immagine longitudinale “a binario”, che all’ingresso nell’osso
sembra interrompere la continuità della compatta
Tipi di ossa:
ƒ Ossa corte: sono costituite da spugnosa rivestita da un sottile strato di corticale. Il
disegno trabecolare è analizzabile in maniera molto favorevole nel calcagno
ƒ Ossa piatte: sono costituite da una diploe spugnosa a trabecole spesse e maglie
larghe ed irregolari, rivestita all’esterno ed all’interno da tavolati di osso compatto
Come stabilire l’età ossea (vedi anche dopo)
ƒ Valutazione del numero totale di centri di ossificazione presenti (non più in uso per
la necessità di troppe RX)
ƒ Epoca di comparsa (5 anni) o di fusione (12 anni) dei centri di ossificazione in
rapporto a tabelle di riferimento
ƒ Morfologia di specifici centri di ossificazione in relazione all’età (test di Risser per
le creste iliache) e rapporti con l’indice di maturazione (tabelle)
TC
Consente uno studio molto accurato dell’osso per quanto concerne sia le strutture primarie sia la forma e le
sue alterazioni; è del tutto indispensabile in alcuni distretti anatomicamente difficili (rocca petrosa, atlante,
epistrofeo, corpi vertebrali, spalla, anca, articolazioni sacroiliache, piede):
• Strutture:
o Compatta, corticale e spugnosa: sempre ben dimostrate
o Periostio ed endostio: ben visibili in caso di ispessimento e calcificazione
o Strutture cartilaginee e capsulo-legamentose: sufficientemente delineate (soprattutto
mediante artro-TC)
o Muscoli e tendini: direttamente apprezzabili
• Esame
o Densitometrico
o Morfologico (importante – come detto – per le aree difficili)
• Indicazioni
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Patologie traumatiche
Osteomieliti
Spondiliti
Sindromi dolorose lombari
Tumori ossei e delle parti molli adiacenti
Individuazione di lesioni metastatiche insospettate
Determinazione del contenuto minerale dell’osso: tramite misurazione del valore di
attenuazione in opportuni segmenti scheletrici
RM
Dà buona dimostrazione, sia pure in forma indiretta, delle strutture ossee primarie:
• Strutture
o Compatta e corticale: non danno segnale per la bassa intensità (ipointense) e sono ben
differenziate dalla spugnosa, della quale si ha immagine attraverso visualizzazione diretta
del midollo osseo contenuto nelle areole intertrabecolari
o Muscoli e cartilagini ialine: danno segnale intermedio
o Tendini e legamenti: danno segnale molto basso
• Indicazioni
o Stadiazione dei tumori ossei: risulta più accurata della TC nella valutazione dei rapporti tra
tumore, tessuti peritumorali e strutture vascolari e nella definizione dell’interessamento
epifisario ed articolare
o Studio della diffusione metastatica al midollo osseo: può rivelarsi positiva quando la
scintigrafia è ancora negativa
o Fratture ossee occulte: traumatismi della spongiosa (ematoma od edema spongiosa con
iperintensità in T2): sono fratture senza lesioni di continuo
o Studio dell’osteonecrosi della testa del femore: consente l’individuazione precoce della
compromissione delle strutture ossee subcondrali radiologicamente ancora normali (stadio I
e II)
o Osteomieliti: consente l’individuazione precoce dell’aumento del contenuto acquoso
(essudato infiammatorio)
o Valutazione dell’andamento nel tempo di lesioni tendinee e legamentose
Ecografia
È l’indagine elettiva dello studio dei muscoli e dei tendini, dei quali consente anche una valutazione
dinamica, dimostrandosi sotto questo aspetto più vantaggiosa rispetto a TC e RM.
La rappresentazione ecografica delle strutture ossee primarie è assai scarsa, soprattutto per le ossa lunghe
superficiali dello scheletro appendicolare:
• Strutture
o Nelle scansioni longitudinali il segmento osseo appare delineato da uno strato iperecogeno
più o meno spesso (compatta), al di sotto del quale la mancata riflessione e l’attenuazione
subita dal fascio US inducono una larga banda ipo-anecogena che non consente la
valutazione delle strutture ossee presenti
o A livello epifiso-apofisario l’aspetto iperecogeno della corticale consente una valida
differenziazione tra questa e le strutture extraossee (tendini, componente meniscolegamentosa e cavità sinoviali)
o Il periostio non risulta differenziabile in condizioni normali per la marcata eterogeneità del
tutto sovrapposta a quella della corticale
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Maggiori informazioni sono ottenibili nell’osso in fase di sviluppo, nel quale è agevole
l’identificazione del nucleo di ossificazione cartilagineo caratterizzato da una omogenea
ecogenicità di tipo solido, a contorni netti, che riproduce la morfologia del capo articolare
Indicazioni
o Displasia dell’anca del neonato
o Controllo evolutivo del collo osseo in formazione
o Studio di muscoli e tendini
o
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Metodiche radiologiche contrastografiche
• Arteriografia: è utilizzata nello studio dei tumori ossei con la finalità di visualizzare i rapporti che la
massa neoplastica assume con i grossi vasi sanguigni (stadiazione) e come guida a procedure
interventistiche (embolizzazione)
• Fistolografia ossea: consente lo studio di tramiti fistolosi coinvolgenti l’osso (osteomieliti)
• Artrografia (vedi dietro)
Diagnostica radioisotopica
La scintigrafia assume notevole importanza nello studio della patologia ossea; sono utilizzati composti
fosfatici marcatici con Tc (99m-Tc-Difosfonato). La captazione del radiofarmaco da parte del tessuto avviene
mediante chemioadsorbimento sulla superficie dei cristalli di idrossiapatite di nuova formazione: la
deposizione riflette, dunque, l’entità dei fenomeni osteoblastici (in condizioni normali il tessuto spongioso
capta di più!)..
I radiofarmaci, inoltre, somministrati ev, si depositano nelle strutture rapidamente (entro 1 ora) ed in
notevole quantità (30-40%): l’acquisizione scintigrafica viene, però, ritardata fino a circa 3 ore dopo
l’iniezione, sì da attendere la riduzione, a seguito dell’escrezione urinaria, della radioattività di fondo dai
tessuti molli ed il legame del tracciante al tessuto bersaglio.
Comunque, il radiofarmaco si deposita nel tessuto osseo in maniera direttamente proporzionale al flusso
ematico ed all’attività osteoblastica ed inversamente proporzionale al tono simpatico locale.
In caso di necrosi avascolare, ad esempio, la scintigrafia ossea mostrerà, nella fase precoce, un ridotto flusso
ematico e, nella fase tardiva, una ipercaptazione per la presenza di attività osteoblastica.
Si distinguono:
• Scintigrafia statica: nella ricerca di metastasi ossee presenta elevate sensibilità e precocità di
individuazione rispetto all’esame radiografico. La precocità è attribuibile al fatto che il fenomeno
patologico viene rilevato subito dopo il suo insorgere, senza necessità di una riduzione distrettuale
del contenuto minerale dell’osso, ossia del parametro morfologico. Infatti, l’evidenza radiologica di
una lesione osteolitica metastatica si manifesta almeno 3-6 mesi più tardivamente rispetto alla
scintigrafia. I fenomeni biologici alla base dell’ipercaptazione, peraltro, conferiscono alla scintigrafia
ossea una bassa specificità.
Le aree di ipercaptazione corrispondono sempre ad un aumento distrettuale dei fenomeni
osteoblastici: poiché i fenomeni di osteolisi metastatica si accompagnano quasi sempre ad una
reazione osteoblastica, è divenuto paradigmatico identificare la presenza di aree di ipercaptazione dei
composti fosfatici con lesioni osteolitiche.
Tuttavia, l’ipercaptazione è rilevabile anche in condizioni di osteoblastosi con assenza di osteolisi,
come nella riparazione delle fratture ossee, nell’osteoartrosi, nella malattia di Paget.
Lesioni osteolitiche senza reazione osteoblastica (come quelle determinate dal mieloma) sono
scintigraficamente mute.
Quindi, nella stadiazione e nel monitoraggio di pazienti con neoplasie ad elevata incidenza di
metastasi scheletriche (carcinoma della mammella, della prostata, della tiroide, del polmone, del
rene), il rilievo scintigrafico positivo deve essere sempre verificato, sia alla luce di una accurata
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anamnesi volta ad escludere traumi pregressi o cause non neoplastiche di ipercaptazione, sia
mediante uno studio complementare per immagini (RX, TC, RM)
Scintigrafia dinamica: condotta con tecnica trifasica, assume importanza in presenza di fenomeni
flogisticoinfettivi (osteomielite, infezione locale dopo impianto di artroprotesi),
nell’algoneurodistrofia, nella necrosi avascolare, in alcune neoplasie benigne (osteoma osteoide,
fibroma osseo).
o Fasi: si svolge nelle seguenti fasi:
ƒ Prima fase: fase vascolare: viene acquisita una sequenza iniziale di immagini nei 2-3
minuti seguenti l’iniezione del radiofarmaco> valutazione del flusso ematico
ƒ Seconda fase: fase del blood pool: viene acquisita un’immagine statica a circa 10-20
minuti di distanza utile per quantificare l’aumento del volume ematico locale>
valutazione del volume ematico
ƒ Terza fase: fase tardiva: viene acquisita un’immagine a circa 3 ore di distanza, sì da
evidenziare eventuali fenomeni di rimaneggiamento osteoblastico> valutazione della
risposta osteoblastica
o Interpretazione
ƒ Aumento in tutte e 3 le fasi: tumori e metastasi
ƒ Aumento nella fase del blood pool: osteomielite
Scintigrafia ossea con leucociti marcati: trova indicazione specifica nella ricerca di focolai
infiammatori dell’osso e dei tessuti molli. È utilizzata soprattutto in presenza di artroprotesi infette,
nel piede diabetico e nell’osteomielite. La marcatura dei leucociti può avvenire in vivo od in vitro
PET e PET/TC con 18FDG
Mineralometria ossea
Le misure quantitative della massa ossea assumono importanza nello studio delle sindromi osteopeniche, ed
in particolare dell’osteoporosi, della quale consentono individuazione precoce, controllo evolutivo e
valutazione della risposta alla terapia.
Possono esser effettuate a livello assiale (corpi vertebrali lombari) o periferico (su polso o collo del femore).
Tecniche utilizzate sono:
• Mineralometria a raggi X in doppia energia (DXA: Dual-energy X-ray Absoptiometry): tecnica di
riferimento a livello assile e femorale, utilizza un tubo da raggi X, che emette un fascio a pennello di
fotoni, misurato da un rilevatore a scintillazione; il paziente è supino e viene studiato in proiezione
AP. La conversione analogico/digitale del fascio rende possibile l’elaborazione dei dati da parte del
computer e, attraverso il confronto dei valori di attenuazione osservati alle due diverse energie, la
determinazione del contenuto minerale osso incontrato nell’intera superficie del singolo corpo
vertebrale (BMC, Bone Mineral Content) od in opportuni segmenti del collo femorale. Viene quindi
calcolato il rapporto BMC/superficie, così da ottenere un valore di densità minerale ossea per unità
di superficie (BMD, Bone Mineral Density), che consente di confrontare i risultati di soggetti con
dimensioni corporee differenti (vedi osteoporosi).
La dose di radiazioni erogata al paziente è molto bassa.
Inoltre, le più moderne apparecchiature associano alle misure della densità ossea la riproduzione con
qualità similtrasparente della colonna vertebrale dorsolombare in proiezione LL, sì da poter fornire
simultaneamente i migliori indici di valutazione nei pazienti con osteoporosi: densità minerale
dell’osso ed eventuale presenza di fratture vertebrali
• Tomodensitometria quantitativa (QCT: Quantitative Computed Tomography): è una tecnica TC, la
quale, tramite l’utilizzo di appositi programmi di calcolo, consente di determinare, a differenza della
DXA, una vera e propria densità minerale ossea volumetrica
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•
Ultrasonorografia quantitativa (QUS: Quantitative UltraSound): consente di ottenere informazioni
complementari a quelle sulla densità ossea, quali distribuzione della matrice mineralizzata all’interno
dell’osso e la diversa resistenza al carico del tessuto osseo in funzione dell’orientamento trabecolare.
Il loro utilizzo, nello screening dell’osteoporosi e soprattutto a livello delle falangi della mano non
dominante, risulta importante per l’assenza di impiego di radiazioni
Età scheletrica(vedi anche dietro)
• Valutazione di
o Numero totale di centri di ossificazione presenti o fusi: il gran numero di radiogrammi
necessari rende questi metodi poco utilizzati
o Epoca di comparsa o di fusione dei centri di ossificazione: il confronto con opportune tabelle
consente un orientamento sullo sviluppo scheletrico
o Morfologia di opportuni centri di ossificazione in rapporto all’età (ad esempio del nucleo di
ossificazione secondario della cresta iliaca) e dell’indice di maturazione
• NB: qualunque sia il metodo utilizzato, è sempre necessario un giusto compromesso tra precisione
della determinazione e dose di radiazione: aumentando il numero di segmenti ossei studiati, aumenta
la precisione, ma nel contempo si espongono quantitativi di midollo osseo spesso troppo grandi
(soprattutto in considerazione della giovane età del paziente)
Par. II: Alterazioni fondamentali dell’osso
Caratteristiche generali
La diagnostica radiologica delle affezioni scheletriche è basata sul rilievo semeiologico e sull’analisi di 3 tipi
di alterazioni: della densità, della struttura e della forma. Un’alterazione della densità costituisce anche
un’alterazione della struttura e viceversa; alterazioni di densità e struttura inducono, spesso, alterazioni della
forma.
Alterazioni della densità dell’osso
• Osteopenia: comprende ogni situazione nella quale è diminuita la densità fisica dell’osso (e quindi la
radiopacità!)
o Malattie metaboliche dell’osso in cui si osserva
ƒ Osteoporosi: è ridotta la massa ossea
ƒ Rachitismo-osteomalacia: è ridotta la mineralizzazione della matrice ossea di nuova
formazione
ƒ Iperparatiroidismo: è aumentato il riassorbimento osteoclastico dell’osso
o Finalità dello studio radiologico
ƒ Individuare e caratterizzare qualitativamente il tipo di osteopenia
ƒ Quantificare la perdita dell’osso
ƒ NB: è opportuno considerare separatamente il contenuto corticale (75-80%
dell’osso) e compartimento spugnoso (20-25%). In quest’ultimo, infatti, il ricambio
osseo è circa 8 volte più intenso e la superficie di scambio osso/tessuti molli
maggiore: di conseguenza, la perdita di massa ossea è più precoce ed intensa
o Osteoporosi:
ƒ Caratteristiche
• Riduzione della massa ossea (diminuita produzione di sostanza osteoide) sia
nei sistemi trabecolari della spugnosa, sia nei sistemi lamellari della
compatta
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8 Conservazione del contenuto minerale della matrice ossea residua (normale
mineralizzazione)
• Riduzione del volume osseo
Patogenesi:
• Ipodisponibilità di proteine e mucopolisaccaridi
• Depressa attività osteoblatica > produzione di sostanza fondamentale
quantitativamente insufficiente alle esigenze del normale rimaneggiamento
ossea
Classificazione
• Osteoporosi pura da causa sconosciuta> idiopatica
• Disordini ereditari del tessuto connettivo> familiare
• Osteoporosi associata ad altre malattie> secondaria
Forme
• I: osteoporosi post-menopausale: la perdita di tessuto trabecolare ha luogo
prevalentemente a livello assiale, con cinetica rapida e con conseguenti
fratture vertebrali frequenti
• II: osteoporosi senile (in entrambi i sessi): la perdita di osso trabecolare e
corticale è più equilibrata, la cinetica più lenta, e prevalgono fratture di
anca, polso ed omero
Topografia
• Osteoporosi localizzata: artriti, forme meccanocircolatorie
• Osteoporosi generalizzata
Aspetto RX: l’osso presenta alterazioni della spugnosa e della compatta:
• Assottigliamento della compatta e, nei casi più avanzati, spongiosizzazione:
nelle ossa lunghe l’endostio perde progressivamente la sua netta
demarcazione ed assume un aspetto festonato
• Ampliamento del canale midollare
• Bardatura periferica dell’osso
• “Disegno troppo bello”: la spugnosa è più nitida del normale per la miglior
apprezzabilità delle trabecole residue
• Strie radiopache trasversali: veri ponti ossei di consolidamento, conseguono
a microfratture della spugnosa
• Deformazioni ossee: corpi vertebrali ad aspetto “a lento biconcava” od “a
vertebra di pesce”
• Fratture patologiche
o O. I: corpi vertebrali
o O. II: polso, omero, colli femorali
DXA: la misura della densità minerale dell’osso per unità di superficie, il BMD,
praticata con la DXA nella colonna lombare e nel collo del femore, è ritenuta
essenziale per la diagnosi di osteopenia/osteoporosi, per la valutazione del rischio di
frattura e della risposta a farmaci dotati di specifico effetto sul ricambio osseo.
I suoi valori sono confrontati con valori di riferimento e la differenza è espressa in
forma di un opportuno punteggio (T-score e Z-score).
I valori di BMD ottenuti nel soggetto in studio sono confrontati con i valori di
riferimento prescelti: la densità media rilevata in giovani sani di 30 anni d’età
(densità minerale massimale o di picco) o la densità media rilevata in un campione
di soggetti della stessa classe d’età, conformazione e sesso.
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o
9 La differenza tra i valori del soggetto e quelli di riferimento, espresso in multipli di
DS del campione di riferimento prescelto, fornisce nel primo caso il T-score, nel
secondo lo Z-score; maggiori sono le DS in senso negativo, minore è la massa ossea
e maggiore il rischio di frattura. Risultati sono:
• T-score > -1: normale
• T-score: -1/-2,5: osteopenia
• T-score: < -2,5: osteoporosi
• T-score < -2,5 e fratture: osteoporosi conclamata
ƒ Studio delle fratture vertebrali osteoporotiche
• Morfologia
o A cuneo: riduzione di altezza del corpo vertebrale nel suo tratto
anteriore
o A lente biconcava: nel suo tratto medio
o Collasso vertebrale: nel suo tratto posteriore
• Diagnosi:
o Valutazione visiva semiologica dei radiogrammi del rachide dorsale
e lombare: per escludere affezioni di altra natura
o Morfometria vertebrale: misura dell’altezza dei corpi vertebrali da
D4 ad L4 nei loro tratti anteriore, medio e posteriore
ƒ Esame densitometrico DXA con applicazioni di ultima
generazione
ƒ Analisi RX (morfoexpress)
o NB: la deformità della vertebra è significativa per frattura quando
almeno una delle misurazioni è inferiore alle altre di almeno 4 mm o
del 10%
ƒ TC: è sensibile ed accurata sia nell’individuazione dei rilievi semeiologici in sede
delicate, come la colonna vertebrale, sia nella determinazione della massa ossea
ƒ Scintigrafia ossea: consente di differenziare l’osteoporosi, nella quale la ridotta
attività osteoblastica induce una diminuzione di captazione del farmaco, dalle forme
osteomalaciche, nelle quali l’abbondante produzione di matrice osteoide induce
un’ipercaptazione diffusa
Rachitismo-osteomalacia:
ƒ Caratteristiche
• Diminuita mineralizzazione della matrice ossea di nuova formazione
• Massa ossea ridotta, normale od aumentata
ƒ Tipi
• Rachitismo: il difetto metabolico insorge prima della saldatura delle
cartilagini di coniugazione
• Osteomalacia: il difetto insorge nell’adulto
ƒ Patogenesi
• Ipodisponibilità di calcio a livello osseo per insufficiente apporto
alimentare, assorbimento, assimilazione, eccessiva escrezione urinaria
• Incompleta mineralizzazione della matrice proteica
• Ipocalcemia
• Iperparatiroidismo secondario
• Attivazione osteoclastica
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10 Mobilizzazione del calcio scheletrico con aggravamento della situazione
ossea
• Elaborazione compensatoria da parte dell’endostio, molto attivo, di una
matrice proteica, che non può superare, per difetto di minerali, la fase
osteoide
Classificazione
• Congenite
• Acquisite
o Carenziali primarie: insufficiente apporto alimentare di calcio,
fosforo e vit. D
o Carenziali secondarie
ƒ Malassorbimento di calcio
ƒ Ipovitaminosi D secondaria con insufficiente assorbimento
intestinale di calcio
ƒ Nefropatia glomerulare
Clinica
• Dolore osseo
• Fratture da durata
• Deformazioni: legate alla maggior plasticità dell’osso, sono rare nell’adulto,
frequenti nel bambino, in cui sono accompagante da tipiche alterazioni della
cartilagine di accrescimento:
o Assottigliamento delle ossa della volta cranica a livello delle
fontanelle
o Torace “a campana” con slargamento “a cupola” dell’estremità
anteriore delle coste
o Cifoscoliosi dorsale secondaria allo schiacciamento di corpi
vertebrali
o Bacino ovale “a cuore di carta da gioco”
o Coxa vara
o Femore “a pastorale”
Quadro RX
• Osteomalacia dell’adulto: le alterazioni delle strutture ossee sono
importanti:
o Spugnosa: rarefatta, presenta un disegno sfumato per la minore
nettezza delle trabecole (orletti di tessuto osteoide)
o Compatta: nelle forme di recente insorgenza è normale; nelle forme
più avanzate si assottiglia e si sfrangia sia sul versante endostale che
su quello periostale. Questa sfrangiatura, “a carboncino”, è un
elemento diagnostico differenziale molto importante con le
osteoporosi
o Fratture da durata (linee di Loosen): si presentano come linee
radiotrasparenti, rettilinee o sinuose, orientate perpendicolarmente
alle linee di forza principali; vanno ricercate a livello di ileo,
branche ileo- ed ischiopubiche, femori, coste, clavicole, scapole. Se
le linee di Loosen sono numerose, si definisce la sindrome di
Milkman, tipica espressione dell’osteomalacia conclamata
dell’adulto
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Deformazioni secondarie: interessano soprattutto colonna vertebrale
e bacino
• Rachitismo del bambino: clinicamente presente nella forma avitaminosica
ed in quella renale, radiologicamente si presentano in maniera simile,
essendo in ogni caso la risultante del fatto anatomico dominante, ossia della
formazione di tessuto osteoide in eccesso in sostituzione del normale tessuto
osseo mineralizzato. La regione metafisio-epifisaria, soprattutto nel polso e
nel ginocchio, presenta segni radiologici caratteristici:
o Linea di calcificazione provvisoria sfumata ed irregolare (piuttosto
che netta e regolare): segno della frangia
o Ispessimento della zona radiotrasparente corrispondente alla
cartilagine di accrescimento
o Estremità delle metafisi slargate “a tromba”
o Ritardo della comparsa dei nuclei epifisari, mal delimitati e
decalcificati
o Listesi del nucleo epifisario verso l’interno
o NB: a livello diafisario si osservano tipiche apposizioni ossee
sottoperiostali
Iperparatiroidismo: l’aumentata increzione, primitiva o secondaria, di ormone paratiroideo
induce nell’osso aumento del riassorbimento osteoclastico (e verosimilmente anche
periosteocitario) in entità quantitativamente prevalente sulla produzione di nuovo osso, con
conseguente riduzione della massa ossea
ƒ Forme
• Iperparatiroidismo primario: adenoma (80%), iperplasia (15%) o carcinoma
(5%) delle paratiroidi
• Iperparatiroidismo secondario: più frequente, si instaura come risposta di
adattamento in situazioni di diminuzione della calcemia (IRC, sindromi da
malassorbimento intestinale)
• Iperparatiroidismo terziario: si manifesta come iperincrezione ormonale
autonoma da parte di paratiroidi iperplastiche allorquando persiste nel
tempo un iperparatiroidismo secondario
ƒ Aspetto
• “Segmenti spia”: queste alterazioni, nonostante il coinvolgimento osseo
diffuso ed aspecifico, sono più precoci e producono quadri radiologici
caratteristici.
o Erosioni multiple sul versante radiale delle falangi intermedie delle
dita della mano: conseguono al riassorbimento periostale
o Riassorbimento del terzo esterno della clavicola
o Scomparsa della lamina dura dentaria
• Quadro a livello delle ossa lunghe
o Assottigliamento della compatta e della corticale: per
riassorbimento endostale
o Aumento delle strie intracorticali: per abnorme ampliamento dei
canali di Havers
o Zone iuxtacorticali riassorbite con margini maldefiniti: per fibrosi
subcorticale
o
o
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Tumori bruni: piuttosto rari, assumono l’aspetto di osteolisi con
rigonfiamento dell’osso localizzate soprattutto nelle coste, nelle
ossa lunghe della mano e del piede
Osteosclerosi: comprende ogni situazione nella quale è aumentata la densità fisica dell’osso (e quindi
la radiopacità!)
o Quadri: lo “stipamento” spaziale dell’osso può interessare:
ƒ Spugnosa: spongiosclerosi
ƒ Endostio: endostosi
ƒ Periostio: periostosi
o Forme
ƒ Eziologiche
• Pura
• Associata ad altre alterazioni
ƒ Topografiche
• Generalizzata (soprattutto di origine congenita)
• Poliostatica
• Monostatica
ƒ Per sedi
• Diafisaria
• Metafisaria
• Nei nuclei epifisari
o Aspetto RX: l’area osteosclerotica, quando circoscritta, è facilmente differenziabile dall’osso
normale circostante per la sua iperopacità o perché ne altera la disposizione abituale. Nelle
forme generalizzate l’aumento diffuso dell’opacità ossea può rendere impossibile la
distinzione delle strutture primarie. Comunque, si distinguono:
ƒ Spongiosclerosi: area di iperopacità ossea di forma quanto mai variabile, ma in
genere rotondeggiante
ƒ Endostosi: di forma a placca, deforma e restringe il canale midollare
ƒ Periostosi: si presenta con colate ossee paradiafisarie a striscia longitudinale ed a
contorni regolari, talora sovrapposte “a bulbo di cipolla”, con tipico alternarsi di
strisce opache e trasparenti (come nel tumore di Ewing)
ƒ NB: nella localizzazione vertebrale l’osteosclerosi configura il caratteristico quadro
della vertebra d’avorio
ƒ NB: l’osso osteosclerotico va incontro con facilità a fratture da trauma istantaneo
che consolidano rapidamente e completamente
o
•
Alterazioni della struttura dell’osso
• Osteonecrosi: è la morte di porzioni più o meno estese di osso
o Cause
ƒ Traumi
ƒ Intossicazioni
ƒ Fattori vascolari acuti
ƒ Agenti fisici
ƒ Processi infiammatori
o Classificazione
ƒ Settica
ƒ Asettica
• Idiopatica
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Giovanile: può interesse epifisi, apofisi, metafisi, ossa corte
Dell’adulto: caratteristica è la necrosi asettica dell’epifisi prossimale
femorale dell’adulto (malattia di Chandler). In questo caso, per
evitare complicanze quali schiacciamento della testa femorale e
l’artropatia secondaria, è importante la diagnosi precoce
Da cause note (vedi sopra)
o
o
•
o
13 Diagnostica
ƒ Fasi RX generali
• Non individuabilità radiologica
• Addensamento
• Frammentazione
• Riassorbimento
ƒ Diagnosi della necrosi asettica dell’epifisi prossimale del femorale
• RX
o I: il reperto è normale, per assenza di modifiche della struttura ossea
o II: ad esso segue la formazione di aree similcistiche di rarefazione
ossea espressione del riassorbimento dell’area necrotica ed aree di
osteoscleorsi espressive di fenomeni di osteogenesi riparativa
o III: si sviluppa una linea di minor radiopacità subcondrale (segno
della falce)
o IV: schiacciamento della testa femorale
o V: restringimento articolare
• TC: consente di individuare l’osteonecrosi più precocemente, di valutare
accuratamente le fratture subcondrali ed i collassi anche sfumati
• Scintigrafia ossea: può dimostrare il quadro di anca fredda, conseguente alla
riduzione dell’apporto ematico quando la testa del femore appare ancora
radiologicamente normale. Successivamente, in fase di riparazione, si
manifesta un quadro di anca calda ipervascolarizzata
• RM: indagine elettiva per la diagnosi precoce, è in grado di etichettare
l’osteonecrosi nei suoi diversi stadi evolutivi:
o Fase iniziale simil-adiposa: è caratterizzata dalla necrosi delle
componenti cellulari meno resistenti con risparmio delle cellule
adipose e della matrice mineralizzata; il focolaio appare iperintenso
nelle sequenze T-1 e T-2 pesate (tessuto adiposo) ed è circondato da
un doppio orletto, il più interno ipointenso (fenomeni riparativi) ed
il più esterno iperintenso (edema)
o Fase simil-fluida: è caratterizzata dalla comparsa di una reazione
infiammatoria con ingorgo vascolare ed aumento della componente
liquida; il focolaio appare ipointenso nelle sequenze T-1 ed
iperintenso nelle sequenze T-2
o Fase simil-emorragica: è caratterizzata da intensa iperemia attiva,
formazione di tessuto fibroso, marcata attività osteoblastica nella
porzione periferica e progressivo riassorbimento dell’osso
spugnoso; il focolaio va incontro a significative variazioni del
segnale RM, iperintenso nelle sequenze sia T-1 che T-2
o Fase simil-fibrosa: il marcato riassorbimento osseo e la sostituzione
dell’area necrotica da parte di tessuto fibroso determina un’elevata
ipointensità in tutte le sequenze
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ƒ
•
•
14 Osteocondrite dissecante di König: è una necrosi epifisaria asettica, che interessa
preferenzialmente anca e ginocchio. È caratterizzata dal distacco di frammenti
osteocartilaginei dall’epifisi prossimale o distale, i quali possono cadere nella cavità
articolare e persistervi come corpo libero (topo articolare); nel capo articolare, poi, si
apprezza sotto forma di incisura ad unghiata il letto residuo (nido articolare).
L’intervento operatorio è spesso necessario, specie quando il topo tende a bloccare
la motilità articolare
Osteolisi: è la distruzione od il riassorbimento di porzioni più o meno grandi di un osso
o Cause
ƒ Sostituzione da parte di tessuto flogistico, distrofico, granulomatoso o tumorale
ƒ Formazione di cisti vere o pseudocisti
ƒ Compromissione estrinseca
o Aspetto RX: il focolaio osteolitico si presenta come un’area radiotrasparente, più o meno
definita, nella quale non è più apprezzabile il disegno osseo. Le caratteristiche della forma,
delle dimensioni, dei margini, del focolaio stesso, l’unicità e la molteplicità, il
comportamento dell’osso circostante, consentono il più delle volte un valido orientamento
diagnostico
Osteodistrofia: è una lesione strutturale comportante l’alterazione del normale processo di
rimaneggiamento dell’osso. Appartengono a questo gruppo:
o Osteofibrosi: è la sostituzione di tessuto osseo con tessuto fibroso proveniente da
un’alterazione del normale meccanismo di rimaneggiamento dell’osso o dalla proliferazione
del midollo osseo. Il primo meccanismo, più frequente, è caratterizzato dal fatto che
all’azione degli osteoclasti non segue la produzione di sostanza osteoide da parte degli
osteoblasti, ma la produzione di tessuto fibroso
ƒ Aspetto RX: le localizzazioni ossee si presentano come aree di osteolisi più o meno
estese e delimitate
ƒ Affezioni con alla base un quadro di osteodistrofia fibrosa
• Malattia di Jaffé-Lichtenstein: osteodistrofia fibrosa giovanile localizzata
• Malattia di Recklinghausen: osteodistrofia fibrosocistica dell’adulto
generalizzata in rapporto ad iperparatiroidismo primario
o Malattia di Paget: è un’affezione caratterizzata dalla progressiva sostituzione di osso
normale con osso più o meno marcatamente alterato (osso pagetico), nel quale si
confondono tessuto osseo ad architettura anomala, tessuto osteoide e tessuto fibroso.
Coesiste, di norma, un aumento di spessore più o meno marcato del segmento osseo
interessato (quindi alterazione della forma ossea)
ƒ Aspetto RX
• Iperostosi più o meno intensa
• Ipertrofia dei fasci trabecolari
• Ampi spazi radiotrasparenti di tessuto osteoide: aspetto sfumato delle
trabecole
• Aree osteosclerotiche
ƒ Altre caratteristiche
• Diffusione poliostotica (ma possibili anche forme monostotiche)
• Segmenti più colpiti: colonna vertebrale, bacino, cranio
• Complicanze: fratture patologiche, trasformazione sarcomatosa ad
evoluzione assai rapida
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Alterazioni della forma ossea
• Ipoplasia: osso più corto
• Iperplasia: osso più lungo
• Ipostosi: osso più sottile
• Iperostosi: osso più spesso
• Disostosi: osso deformato
• Frattura: osso interrotto nella sua continuità
• Distacco epifisario: osso distaccato dal nucleo epifisario
• Lussazione: osso spostato nell’articolazione
Par. III: Malformazioni scheletriche
Malformazioni complesse
• Osteogenesi imperfetta congenita: è un’affezione ereditaria a trasmissione AD con espressione
variabile. Il difetto genotipico determina carenza di matrice ossea e di collagene con gravi alterazioni
secondarie scheletriche (osteoporosi intensa generalizzata, abnorme fragilità ossea, conseguenti
deformazioni e fratture molteplici), sclere blu, ipoacusia. L’aspetto RX si caratterizza per.
o Osteoporosi generalizzata intensa
o Aspetti topografici:
ƒ Ossa lunghe: compatta molto assottigliata, numerosi incurvamenti, fratture recenti
od esiti di esse (spesso con callo esuberante)
ƒ Cranio: notevole ritardo di ossificazione, invaginazione della base
ƒ Rachide: curvature cifotiche e scoliotiche accentuate, corpi vertebrali deformati “a
lente biconcava”
ƒ Bacino: evidente protrusione dell’acetabolo
• Osteopetrosi (o malattia delle ossa di marmo): affezione ereditaria rara, caratterizzata da un difetto
dei processi di riassorbimento osseo, determina ispessimento delle compatte, conseguente
restringimento dei canali midollari ed ipercalcificazione della spugnosa:
o Forme
ƒ Generalizzata: AR
ƒ Localizzata a singoli segmenti ossei: AD
o Aspetto RX
ƒ Diffuso aumento della densità ossea con perdita della distinzione tra compatta e
midollare
ƒ Slargamenti metafisari “a mazza da golf” per alterato modellamento e spesso
mineralizzazione difettosa
ƒ Fratture patologiche frequenti
ƒ Immagini iperdense di “osso nell’osso”
ƒ Densità ossea cranica uguale o superiore a quella dei denti
• Acondroplasia (o malattia di Parrot): è un’affezione a trasmissione AD, per lo più già evidente dalla
nascita. Il difetto genotipico dà luogo ad insufficiente formazione di osso encondrale: ne consegue
un quadro peculiare di nanismo rizomelico, con statura media in età adulta di 120 cm, cranio
voluminoso, bozze frontali prominenti (con necessità di taglio cesareo), appiattimento della radice
del naso, cifosi e lordosi fisiologiche accentuate, mani e piedi corti e tozzi (mano “a tridente”).
L’esame RX mostra normale struttura ossea, ma alterata forma ossea
• Esostosi multiple: possono comparire come malattia ereditaria (malattia di Léri), ad esordio
nell’adolescenza ed arresto a sviluppo scheletrico completato, soprattutto a livello iuxtametafisario
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•
•
delle ossa lunghe. Le estroflessioni, inizialmente cartilaginee, vanno incontro ad ossificazione,
suturandosi in osso spugnoso rivestito da corticale in continuità con quella del segmento interessato.
Hanno aspetto “a clava” e si estrinsecano “fuggendo” l’articolazione. Coesistono, inoltre,
deformazioni dell’osso interessato.
Complicanze importanti sono compressioni nervose e midollari e la possibile trasformazione
neoplastica maligna (condrosarcoma). Pertanto, un’esostosi che aumenta di volume dopo la pubertà
va considerata con grande sospetto.
Meloreostosi: malattia ereditaria, rara ed asintomatica, è caratterizzata dalla comparsa di numerose
aree osteosclerotiche nodulari “a travata” od “a stria” nella spugnosa ossea, ubiquitarie, ma con
predilezione per le regioni metafisio-epifisarie delle ossa lunghe
Morbo di Cooley: è caratterizzato da ipertrofia del midollo osseo (in particolare di zigomi ed ossa
del cranio)
Malformazioni isolate di singoli segmenti scheletrici
• Colonna vertebrale: possono osservarsi variazioni di numero e di forma delle vertebre ed anomalie di
differenziazione nei tratti di passaggio (soprattutto a livello lombosacrale):
o Malattia di Klippel e Feil: caratterizzata da collo abnormemente corto con mobilità ridotta ed
impianto basso dei capelli, ha alla sua base la fusione più o meno completa (sinostosi) di due
o più corpi vertebrali cervicali e talora anche degli archi posteriori. L’esame RX del rachide
cervicale dimostrerà:
ƒ Fusione somatica con scomparsa totale degli spazi intervertebrali corrispondenti
ƒ Riduzione del diametro AP
ƒ Eventuale schisi degli archi posteriori
o Emispondilia: è la mancata funzione di uno dei nuclei primari di ossificazione, con sviluppo
di una sola metà del corpo vertebrale, deformazione “a triangolo” e scoliosi congenita
secondaria a piccolo raggio
o Spina bifida anteriore: è la mancata saldatura dei due nuclei con segmentazione verticale del
corpo vertebrale. Le due metà risulteranno separate da una soluzione di continuo più o meno
ampia
o Spina bifida posteriore occulta: spesso reperto occasionale in radiogrammi della colonna
lombosacrale effettuati per motivi disparati, è costituita da un ponte fibroso o
fibrocartilagineo che sostituisce un tratto più o meno ampio dell’arco posteriore vertebrale.
Molto frequentemente la cute sovrastante la lesione è iperpigmentata e con ciuffi di peli.
Eventuali malformazioni midollari associate (meningocele, mielomeningocele) possono
essere individuate con ecografia e RM.
Il reperto radiografico di schisi, comunque, assume importanza solo dopo i 17 anni, epoca in
cui la saldatura dell’arco posteriore a livello lombosacrale dovrebbe esser completata
o Spina bifida posteriore propriamente detta: assai più rara della precedente ed anch’essa
localizzata per lo più a livello lombosacrale, costituisce oggetto di interesse
neuroradiologico (per le complicanze meningee e midollari). Il reperto radiografico è di una
schisi ampia ed estesa a più corpi vertebrali con aumento della distanza interpeduncolare. Il
contenuto della tumefazione posteriore può esser analizzato mediante RM
o Spondilolisi: è l’interruzione uni- o bilaterale della colonna tra corpo ed arco vertebrale a
livello del tratto di congiunzione tra apofisi articolare superiore ed inferiore (istmo). Se
l’interruzione è bilaterale, risulteranno due componenti: una anteriore, costituita dal corpo
vertebrale e dalle apofisi articolari superiori, ed una posteriore, costituita dall’arco e dalle
apofisi articolari inferiori. La soluzione di continuo istmica può esser dimostrata con
opportuni radiogrammi in proiezione obliqua, con evidenza del “segno della decapitazione
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•
•
17 del cagnolino”: l’interruzione istmica appare propria come un’area radiotrasparente che
“decapita” il cagnolino, rappresentato da apofisi articolari, superiore ed inferiore, ed arco.
Quando, in presenza di una spondilolisi, il corpo vertebrale slitta in avanti, si ha la
spondilolistesi, evidenziabile nel radiogramma in proiezione LL e nelle prove di flessoestensione del rachide (bending).
La spondilolistesi, inoltre, può manifestarsi anche in assenza di spondilolisi
(pseudospondilolistesi), quale conseguenza di alterazioni degenerative del complesso
articolare compreso in due vertebre
o Sacralizzazione della quinta vertebra lombare (uni- o bilaterale): nei casi più vistosi si ha
completa fusione bilaterale della quinta vertebra lombare con il sacro. Lo spazio
intervertebrale è ridotto fino alla completa scomparsa
o Presenza di costa sovrannumeraria, di solito articolata con la settima vertebra cervicale
o Ipertrofia delle apofisi trasverse della settima vertebra cervicale: la radiografia consente la
DD con la sindrome dello scaleno (ipertrofia, sclerosi ed anomala inserzione dello scaleno
anteriore)
Dita: anomalie di una certa frequenza delle dita di mani e piedi sono:
o Polidattilia: aumento di numero delle dita
o Ectrodattilia: assenza parziale o totale di una o più dita
o Sindattilia: fusione più o meno completa di una o più dita
o Brachidattilia: ipoplasia
o Macrodattilia: gigantismo
o Aracnodattilia: in alcune affezioni (sindrome di Marfan, omocistinuria), le ossa tubulari di
mani e piedi si allungano abnormemente e si assottigliano assumendo un aspetto “a zampa di
ragno”
Anca: displasia congenita dell’anca: caratterizzata, nella forma più avanzata, dalla perdita dei
normali rapporti articolari tra epifisi femorale ed acetabolo, se non trattata, può determinare
un’artrosi secondaria entro la terza decade di vita.
Sotto il termine “displasia evolutiva congenita” vengono comprese non solo la dislocazione
completa della testa del femore (lussazione propriamente detta), ma anche le sue fasi evolutive con i
diversi gradi di spostamento (anca instabile, prelussazione, sublussazione).
La diagnosi, che deve esser il più precoce possibile, si avvale di:
o Ecografia: tecnica fondamentale nelle fasi precoci, consente rilievi diretti sulle strutture
cartilaginee (labbro cotiloideo, nuclei di accrescimento) ed è, pertanto, indicata già nei primi
giorni di vita e fino al quarto mese. La diagnosi si fonda sulla valutazione di determinati
angoli, che esprimono i rapporti tra nucleo epifisario femorale e cavità acetabolari (metodo
di Graf)Per il giudizio quantitativo (misura dell'anca) devono essere considerate tre linee e
gli angoli che formano tra loro:
ƒ Linee
• Prima linea: va dal punto di inserzione della capsula fino al margine
cotiloideo ("linea di base");
• Seconda linea: è la tangente al margine ileale inferiore e al margine
cotiloideo ("linea acetabolare");
• Terza linea: è quella tra il margine cotiloideo ed il centro degli echi del
labbro acetabolare ("linea dell'asse cartilagineo").
ƒ Angoli
• Angolo osseo alfa: è quello compreso tra linea di base e linea acetabolare: i
suoi valori rispecchiano la situazione dell'acetabolo osseo, cioè il grado di
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o
•
•
18 maturazione scheletrica dell'anca.In base all'angolo alfa si possono definire
quattro gruppi principali:
o anche normali: con angolo alfa maggiore di 60°;
o anche displasiche: con angolo alfa tra 50° e 60°;
o anche critiche: con angolo alfa tra 43° e 49°;
o anche decentrate: con angolo alfa minore di 43
• Angolo cartilagineo beta: è compreso tra la linea di base e la linea dell'asse
cartilagineo e dà un'idea quantitativa della situazione dell'acetabolo
cartilagineo, che, nel processo displasico, presenta delle variazioni di
spessore, per compensare l'eventuale difetto di maturazione scheletrica
dell'anca
RX diretta AP del bacino e delle anche: è in grado di valutare alcuni importanti parametri
della morfologia del cotile e della posizione della testa del femore.
ƒ Traide di Putti
• Sfuggenza o marcata obliquità del tetto cotiloideo
• Ritardata comparsa (cioè dopo il sesto mese) od ipoplasia del nucleo
cefalico femorale
• Ipoplasia del bacino dal lato interessato
ƒ Conseguenze dell’azione del carico su di un’anca prelussata.
• Sublussazione: il nucleo cefalico femorale è ancora parzialmente in rapporto
con l’acetabolo
• Lussazione: il nucleo cefalico femorale si lateralizza e risale subito al di
sopra del ciglio cotiloideo o ancor più prossimalmente fino a produrre un
neocotile iliaco. Altri reperti sono:
o Testa femorale più o meno schiacciata ed irregolare
o Cavità acetabolare progressivamente obliterata
o Accentuazione dell’ipoplasia del bacino
Femore
o Morbo di Perthes: malattia degenerativa della testa del femore (probabilmente di natura
vascolare), si manifesta con dolore e zoppia
o Epifiolisi: distacco dell’epifisi femorale prossimale per interrotta continuità tra testa e collo
femorale
Piede:
o Piede torto congenito: si tratta di un piede equino-cavo-varo-supinato, cioè iperesteso,
addotto nel piano orizzontale (punta del piede rivolta medialmente) e ruotato secondo l’asse
AP (faccia plantare rivolta medialmente)
o Piede piatto: la riduzione, di solito bilaterale, della concavità della volta plantare è di solito
associata ad un certo grado di valgismo del calcagno e del retropiede. L’alluce e le altre dita
si atteggiano “ad artiglio”. Per una corretta analisi andranno assunti radiogrammi sotto
carico di stazione eretta in posizione LL con tubo orizzontale e radiogrammi convenzionali
nelle due proiezioni ortogonali in assenza di carico
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Scoliosi
Consiste in una deviazione laterale della colonna vertebrale, con conseguente rotazione assiale dei corpi
vertebrali.
Negli atteggiamenti scoliotici la deviazione del rachide è completamente riducibile nelle prove funzionali
(come nel test di flessione in avanti); nella scoliosi strutturale, invece, la deviazione non è riducibile o lo è
solo parzialmente ed è presente una deformazione dei corpi vertebrali:
• Forme di scoliosi strutturale
o Congenite
ƒ Emispondilia
ƒ Anomalie del tratto di passaggio lombosacrale
o Acquisite
ƒ Osteocondriti vertebrali
ƒ Lesioni ossee sistemiche o distrettuali
ƒ Fibrotorace
ƒ Poliomielite
o Idiopatiche (85%)
• Esame RX
o Informazioni su:
ƒ Sede e fulcro della curvatura primaria e di quelle secondarie compensatorie
ƒ Entità della curvatura: la deviazione angolare può esser agevolmente misurata con il
metodo di Cobb (vedi avanti)
ƒ Grado di rotazione dei corpi vertebrali; è direttamente dimostrato dallo spostamento
delle apofisi spinose controlateralmente rispetto alla convessità della curvatura
scoliotica
ƒ Alterazioni della forma dei corpi vertebrali: l’aspetto trapezoidale si accentua con
l’avvicinarsi al fulcro della curvatura
ƒ Entità della deformazione secondaria della gabbia toracica
ƒ Correggibilità della curvatura scoliotica: tramite confronto tra radiogrammi effettuati
in massima flessione laterale a destra ed a sinistra
ƒ Età del rachide: poiché la prognosi evolutiva è funzione dell’attività residua delle
cartilagini di accrescimento dei corpi vertebrali, è opportuno il ricorso a test di
riferimento attendibili; il più utilizzato è il test di Risser, basato sulla determinazione
del grado di evoluzione del nucleo secondario di ossificazione della cresta iliaca
ƒ Individuazione di eventuali alterazioni congenite od acquisite
ƒ Evoluzione della scoliosi con particolare riferimento ai risultati della terapia
o Metodo
ƒ Esame RX
• Dapprima: in stazione eretta in proiezione AP e LL
• In seguito: singoli radiogrammi nei diversi tratti in decubito supino,
proiezione AP normale ed in massima flessione destra e sinistra
ƒ Metodo di Cobb: si individuano le vertebre poste all’estremità prossimale e distale
della curvatura scoliotica; si tracciano due linee passanti rispettivamente per la
marginale superiore della vertebra prossimale e per quella inferiore della distale; si
abbassano le perpendicolari a queste linee, dalla cui inserzione risulteranno due
coppie di angoli supplementari. Il valore dell’angolo più acuto è utilizzato quale
misura angolare dell’entità della curvatura scoliotica, identificando 4 classi a gravità
progressivamente crescente:
• < 30°
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•
•
•
30-50°
50-70°
> 70°
Par. IV: Altre patologie ossee
Fratture
L’interruzione della continuità dell’osso può aver luogo con modalità diverse:
• In un osso strutturalmente normale, per azione di una forza superiore alla sua resistenza: fratture
traumatiche
• In un osso strutturalmente alterato da un processo patologico (distrofico, flogistico, granulomatoso,
neoplastico), per azione di forze anche di minima entità: fratture patologiche
• In un osso strutturalmente normale sottoposto a sollecitazioni straordinariamente minime ma
continuate nel tempo: fratture da durata
Dunque, si hanno:
• Fratture traumatiche: l’esame radiografico, nelle due proiezioni ortogonali di base, ha lo scopo, in
prima istanza, di caratterizzare le fratture e, successivamente, di controllare l’evoluzione dei
fenomeni di riparazione
o Quesiti principali
ƒ Frattura mono- o poliostotica?
ƒ Uni- o plurifocale?
ƒ Interessamento a tutto spessore o frattura incompleta?
ƒ Decorso della rima di frattura: trasversale, obliquo, spiroide, longitudinale,
complesso?
ƒ Sede?
ƒ Spostamenti dei frammenti: ad latus, ad longitudinem, ad axim, ad peripheriam?
ƒ Frammenti dislocati nelle parti molli?
ƒ Stato delle parti molli adiacenti?
ƒ Enfisema post-traumatico?
ƒ NB: in aggiunta può effettuarsi una TC
o Evoluzione della frattura
ƒ Frattura e formazione dell’ematoma
ƒ Callo fibroso (2°-3° giorno)
ƒ Callo osseo primario (4°-5° giorno)
ƒ Callo osseo secondario (3°-4° mese)
ƒ Ripristino completo strutturale (1-2 anni)
o Condizioni che richiedono una particolare attenzione diagnostica
ƒ Ritardo di formazione del callo osseo
ƒ Callo ipertrofico e deforme
ƒ Pseudoartrosi o non unione fibrosa
ƒ Algoneurodistrofia simpatica riflessa post-traumatica di Sudeck: una lieve
osteopenia è praticamente la norma come conseguenza della prolungata
immobilizzazione del segmento scheletrico fratturato. Quando questa è intensa e si
associa a dolori simil-causalgici, disturbi vasomotori, rigidità articolare,
modificazioni trofiche dei tessuti molli, si configura questa sindrome. L’esame
diagnostico si avvale di:
• RX:
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Fasi precoci: normale
Fase avanzate: osteopenia tipicamente localizzata ad un solo
segmento osseo od a parte di esso
TC: poco più sensibile
Ecografia: consente di evidenziare edema dei tessuti periarticolari e
versamento articolare
RM: è la metodica d’elezione nello studio dell’affezione già in fasi molto
precoci consente di evidenziare l’edema della spongiosa, di localizzarlo con
precisione e di evidenziare le alterazioni correlate (edema dei tessuti
periarticolari, modica sinovite)
o
o
•
•
•
Complicanze
ƒ Artrosi post-traumatica
• RX
• TC
ƒ Osteonecrosi: temibile complicanza delle fratture che interessano ossa a
vascolarizzazione di tipo terminale (collo del femore, astragalo), si avvale, oltre che
di RX e TC, di RM, che consente il riconoscimento precoce, o, in alternativa, della
scintigrafia ossea
Fratture patologiche: cause sono:
o Osteiti (soprattutto tubercolari)
o Tumori primitivi e metastatici
o Osteopatie sistemiche rarefacenti: osteoporosi, osteomalacia
o Malattie del SN che interessano il trofismo osseo: lesioni midollari, tabe, siringomielia,
paralisi periferiche
o Diabete
o Cachessia
Fratture da durata: insorgono in soggetti che subiscono sollecitazioni staticodinamiche minime, ma
sollecitate nel tempo sullo stesso segmento scheletrico. Si instaurano, di conseguenza, microfratture
interessanti dapprima compatta o corticale e successivamente la spugnosa sottostante; seguono
riassorbimento dell’osso necrotico, stravaso ematico e produzione del callo, che per la persistenza
delle sollecitazioni non supera la fase fibrosa. Esempi sono:
o Frattura di 2°, 3° e 4° metatarso delle reclute
o Frattura del terzo prossimale della diafisi tibiale dei marciatori
o Frattura dell’epifisi distale radiale nei lavoratori con martello pneumatico
o Frattura della prima costa degli scaricatori
o
•
•
Distacchi epifisari
Sono vere e proprie separazioni, con o senza dislocazione, tra epifisi e metafisi, che hanno luogo in età nelle
quali non è ancora avvenuta la scomparsa della cartilagine di accrescimento (infanzia, adolescenza):
• Tipi
o Puri: la soluzione di continuo interessa solo la cartilagine di accrescimento
o Misti: la soluzione di continuo interessa anche l’estremità diafisaria
• Sedi: spalla, polso, ginocchio, anca
• Aspetto RX: la linea radiotrasparente tra epifisi e metafisi è slargata (praticamente sempre d’obbligo
il confronto con la regione simmetrica controlaterale); nei distacchi misti possono apprezzarsi
irregolarità della superficie diafisaria
• Guarigione: ha luogo con formazione del callo osseo, controproducente per il conseguente arresto
dell’accrescimento
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Osteomielite
• Acuta: sostenuta nell’80% dei casi da S. aureus, raggiunge la massima frequenza nell’adolescenza
(per il più intenso accrescimento osseo) e colpisce soprattutto ossa lunghe (femore, tibia, omero),
con netta predilezione per le regioni metafisarie (iperemia e stasi sanguigna fisiologica in rapporto
all’accrescimento osseo)
o Fasi
ƒ Iniziale: nessun reperto radiologico nelle prime 2 settimane
ƒ Osteitica pura: osteopenia ed osteolisi multipla “a tarlato”
ƒ Di osteonecrosi
ƒ Di sequestrazione: i tratti necrotici risultano ben delimitati dall’osso circostante
rarefatto (sequestro)
ƒ Di regressione: si ha il progressivo ripristino di forma e struttura ossea (mai
completo nei sequestri)
o Approccio diagnostico
ƒ RX: è positivo alquanto tardivamente in riferimento all’insorgenza dei segni clinici
ƒ Scintigrafia ossea con composti fosfati marcati con Tc, preferibilmente condotta con
tecnica dinamica trifasica, o con leucociti autologhi marcati: consente già 24-72 ore
dall’inizio dell’infezione il riscontro di iperafflusso ed iperaccumulo del
radiofarmaco
ƒ RM: consente di individuare, con assoluta precocità (ad esame RX negativo)
l’infiltrazione infiammatoria de midollo osseo, del canale midollare e dell’osso
spugnoso
• Cronica: un trattamento terapeutico non radicale o la presenza di sequestri abnormemente estesi
possono indurre la cronicizzazione persistente del processo osteomielitico acuto. In questi casi
dominano il quadro i fenomeni di produzione di nuovo osso su base irritativa; la compatta perde la
sua individualità sia verso l’interno (endostosi), sia verso l’esterno (periostosi); il canale midollare
scompare. Nel contesto dell’osso iperostosico, inoltre, persistono cavità con sequestri fistolizzate,
talora mascherate dall’intensa eburneizzazione
Altre forme infettive
• Osteoartrite tubercolare: la localizzazione elettiva è nella spongiosa ricca di midollo delle ossa corte
(corpi vertebrali, carpo, tarso) e delle epifisi delle ossa lunghe. L’iniziale medullite si propaga
rapidamente all’osso lungo nei canali haversiani; il tessuto granulomatoso induce intensi fenomeni
distruttivi ai quali l’osso risponde in maniera caratteristicamente passiva senza fenomeni
neoproduttivi. La caseificazione del tessuto granulomatoso e la marcata fluidificazione determinano
la sua facile propagazione alla corticale, che risulta così erosa. Ne consegue, da un lato, l’invasione
articolare e, dall’altro, la formazione di caratteristici ascessi ossifluenti che migrano lungo le vie di
minor resistenza (guaine vascolari e fasci muscolari).
L’indagine radiologica consente un corretto accostamento diagnostico, l’individuazione di eventuali
complicanze (sublussazioni, lussazioni e fratture patologiche), il controllo della lesione e degli esiti
post-terapeutici. Il quadro RX riflette le suddette alterazioni AP:
o Fasi iniziali: osteopenia intensa
o Fasi successive: aree osteolitiche multiple, circoscritte
o Possibili aree osteonecrotiche
o Erosioni superficiali: spia del vuotamento post-colliquativo di focolai caseosi
o Rima articolare: dapprima slargata, tende poi a restringersi
o Cavità articolare tumefatta per l’invasione della capsula e della sinoviale
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Ascesso ossifluente: ben evidenziabile tramite TC, si presenta sotto forma di tumefazione di
densità delle parti molle, con aspetto “a colata” od “a bisaccia”
Spondilite tubercolare (o malattia di Pott): con grande frequenza sono interessati 2-3 corpi vertebrali
nel tratto di passaggio dorso-lombare. Caverna osteolitiche ed ascessi ossifluenti sono dimostrabili
tramite TC. Se c’è caseosi massiva, il corpo vertebrale assume aspetto eburneo (“vertebra d’avorio”).
Se l’affezione evolve, la progressiva distruzione del corpo vertebrale ed il suo schiacciamento a
cuneo anteriore conducono alla formazione del gibbo
Osteite luetica:
o Sifilide congenita precoce
ƒ Manifestazioni periostotiche aspecifiche
ƒ Aree osteolitiche
ƒ Alterazioni a carattere osteocondritico
o Sifilide congenita tardiva ed acquisita terziaria: si determinano, soprattutto a livello di tibia,
omero e cranio, aree osteolitiche rotondeggianti multiple, dovute al tessuto granulomatoso
ed alle gomme luetiche, con orletto osteosclerotico (tibia “a sciabola”
o Sifilide acquisita secondaria: periostosi aspecifica
o
•
•
Par. V: Pseudotumori e tumori ossei
Cisti ossee
• Cisti ossea semplice (o giovanile o solitaria): a contenuto sieroso, interessa soprattutto i primi 2
decenni di vitae sarebbe dovuta ad alterazioni vascolari con stasi venosa e accumulo di liquidi
extracellulari
o Sedi: metafisi prossimali di omero e femore: origina al di sotto della cartilagine di
coniugazione nelle metafisi di ossa in accrescimento
o Aspetto RX
ƒ Area osteolitica centrale uniforme: interessa progressivamente, a pieno spessore, la
metafisi colpita, assottiglia la compatta fino a dar luogo a fratture patologiche,
spesso caratterizzate dalla presenza di un frammento osseo all’interno della cavità
cistica (segno del frammento caduto)
ƒ Possibili pluriconcamerazioni
ƒ Sottile strato di osso “a guscio d’uovo”
ƒ Sconfinamento nella diafisi
ƒ NB: la presenza della cartilagine di coniugazione impedisce l’invasione dell’epifisi
• Cisti ossea aneurismatica: lesione simil-tumorale benigna, è un amartoma osseo che consiste in
tessuto emorragico reattivo che cresce all’interno dell’osso. Interessa prevalentemente il 2° decennio
e si localizza preferenzialmente nelle metafisi e nelle diafisi delle ossa lunghe (tibia, femore, omero)
e negli archi posteriori vertebrali:
o RX
ƒ Forma eccentrica: più frequente, la lesione osteolitica, radiotrasparente o
pseudosempimentata, origina in sede sottoperiostica, espandendo il periostio,
erodendo la compatta sottostante ed invadendo il canale midollare.
ƒ Forma centrale: l’osteolisi interessa prevalentemente la spugnosa e la lesione può
confondersi con la cisti ossea semplice> lesione osteolitica policentrica con
distruzione cartilaginea
o Scintigrafia ossea: mostra un’ipercaptazione del radiofarmaco nella parte periferica della
lesione, meno intensa nella parte centrale
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TC: evidenzia le minute calcificazioni a guscio presenti nei contorni ed i livelli fluido-fluido
indotti dalla presenza di una componente corpuscolata ad alta densità
o RM
Cisti epidermoide (o epiteliale): rara lesione cistica rivestita da tessuto epiteliale ed a contenuto
cheratinosebaceo, interessa l’età giovane ed adulta e si localizza preferenzialmente nelle falangi
distali delle mani e nella regione fronto-parietale del cranio. Radiologicamente assume l’aspetto di
un’osteolisi superficiale “a scodella” o espansiva, uniforme e ben delimitata
o
•
Tumori primitivi dell’osso
• Classificazione
o Ossei
ƒ Benigni
• Osteoma
• Osteoma osteoide
• Osteoblastoma
ƒ Maligni
• Sarcoma osteogenico (osteosarcoma)
• Sarcoma parostale o iuxtacorticale
o Cartilaginei
ƒ Benigni
• Osteocondroma
• Condroma
• Condroblastoma
• Fibroma condromixoide
ƒ Maligni
• Condrosarcoma
o Fibro-istiocitari
ƒ Beingni
• Fibroma
• Tumore a cellule giganti
ƒ Maligni
• Fibrosarcoma
• Istiocitoma maligno
o NET: sarcoma di Ewing
o Vascolari: angioma ed angiosarcoma
o Muscolari: leiomioma e leiomiosarcoma
o Adiposi: lipoma e liposarcoma
• Caratteristiche generali dello studio diagnostico per immagini
o Quando sospettare un tumore osseo: in caso di dolore e di fratture ossee indeterminate (per
invasione delle strutture vascolo-nervose): il dolore osseo spontaneo è indice di
neoformazione maligna!
ƒ Tumori maligni quasi sempre dolorosi
ƒ Dolori notturni: osteoblastoma, osteoma, osteoma osteoide
ƒ Dolore con il freddo: tumore glomici
ƒ Fratture patologiche
ƒ NB: una lesione tumorale dolorosa deve essere sempre studiata con una biopsia
o Finalità (dopo aver distinto tra tumore primitivo e metastatico!)
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ƒ
ƒ
25 Riconoscimento della presenza della lesione
• RX: pur essendo l’esame di prima istanza, il riconoscimento radiografico
non sempre è precoce, potendosi spesso osservare un periodo “muto”, ossia
il periodo in cui la distruzione ossea raggiunge un valore soglia del 50%. La
durata di questo periodo, inoltre, è maggiore se il tumore si trova nella
spugnosa: la configurazione anatomica dell’osso spongioso “a maglie
larghe” non facilita, infatti, il riconoscimento di osteolisi piccole. Quindi,
allorquando l’RX non evidenzia una lesione ossea clinicamente sospetta, si
rende necessario il ricorso a tecniche più sensibili, quali scintigrafia, TC e
RM
• Scintigrafia ossea pancorporea: contribuisce, spesso in maniera decisiva,
all’individuazione di lesioni situate in sedi di difficile studio radiografico
(ad esempio, osteoma osteoide localizzato in un peduncolo vertebrale), alla
dimostrazione della plurifocalità, all’individuazione di metastasi ed alla
valutazione del grado di captazione
• TC:
o Caratteristiche generali: il suo utilizzo è di particolare rilievo
nell’individuazione di lesioni pelviche e rachidee; altre finalità
sono:
ƒ Riconoscimento di calcificazioni intralesionali
ƒ Stabilire l’origine: osso o tessuti molli
ƒ Differenziare un’esostosi da un condrosarcoma periferico in
base allo spessore del cappuccio cartilagineo
o Utilizzo
ƒ Localizzazione topografica della lesione ossea ed invasione
dei tessuti molli adiacenti
ƒ Stadiazione a distanza
ƒ Ricerca di metastasi
• NB: il 20% degli osteosarcomi presenta metastasi
polmonari al momento della diagnosi
• RM: dà informazioni importanti soprattutto in fase di bilancio prechirurgico (stadiazione locale!):
o Estensione intramidollare della lesione
o Rapporti con cartilagine di accrescimento, strutture articolari e
periarticolari, fasci muscolari e formazioni vascolari maggiori
o Individuazione di noduli neoplastici intramidollari ben distinti dalla
massa tumorale principale
o Skip metastasi
Caratterizzazione della sua natura: riguardo una lesione tumorale ossea (solitamente
osteolitica), alcuni rilievi semiologici sono correlati a caratteristiche di crescita,
grado di attività biologica e, dunque, alla natura benigna o maligna della lesione:
• Caratteristiche morfologiche della distruzione ossea
o Tipo I: “a carta geografica”: tipica delle lesioni benigne: contorni
regolari, ritagliati, netti, con possibile orletto sclerotico
o Tipo II: “a tarlatura”: tipica delle lesioni maligne: aree irregolari,
piccole o grandi, di osteolisi
o Tipo III: infiltrativa: piccoli fori corticali non ben visibii; corticale e
spongiosi quasi cancellate > osteolisi microscopica
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•
•
•
•
26 Evoluzione
o Latente: ad esempio, il fibrolipoma
o Molto lenta: ad esempio, il fibroma non ossificante
o Veloce
o Aggressiva
Aspetto dell’osso circostante
o Studio della zona di confine
ƒ Stretta: ben definita, tipica di tumori poco aggressivi
ƒ Ampia: mal definita, tipica di tumori molto aggressivi
o Presenza di osteosclerosi reattiva: è tanto più pronunciata, quanto
più è lenta la crescita della lesione, cosicché la sua assenza indirizza
la diagnosi verso la malignità
Altri rilievi semeiologici importanti
o Struttura della matrice tumorale
o Reazione periostale
ƒ Tumori benigni
• A pilastro: reazione periostale solida
ƒ Tumori maligni
• A singolo strato
• A bulbo di cipolla: neoapposizione di osso paralleli
alla corticale
• Triangolo di Codman: distacco e distruzione di
corticale > triangolo formato da osso e periostio: è
una reazione tipica di processi altamente aggressivi
in cui la distruzione ossea neoplastica supera
l’apposizione periostea
• A sole raggiante: è il più eclatante segno di
aggressività!
• A denti di pettine: deposizione di Sali di calcio
sulle fibre dello Sharpey
o Interessamento della corticale
o Invasione delle parti molli
o Localizzazioni nel contesto osseo
o Segmenti ossei interessati ed il loro numero
o Età del soggetto
Criteri generali
o Tumori benigni
ƒ Dimensioni < 3 cm
ƒ Margini netti e regolari
ƒ Orletto sclerotico
ƒ Comportamento: assottigliano e rigonfiano la compatta, ma
non la distruggono, non inducono reazioni periostali, non
invadono le parti molli, ma possono comunque causare
fratture patologiche
o Tumori maligni
ƒ Dimensioni > 6 cm
ƒ Margini mal definiti ed irregolari (assenza di contorni
netti!): pattern infiltrativo (aspetto sfumato)
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ƒ
ƒ
ƒ
Assenza di orletto sclerotico
Vasta osteolisi
Comportamento: usurano la compatta (erosione corticale!),
inducono reazioni periostali, invadono le parti molli e sono
causa frequente di frattura patologica
Bilancio di estensione (stadiazione): impiega RM, TC, scintigrafia, angiografia
•
27 ƒ
Tumori benigni
o Osteoma: costituito da tessuto osseo ben differenziato, si osserva tipicamente in età adulta e
nei seni frontali e mascellari, ma anche nel tavolato esterno della volta cranica (il
meningioma, invece, interessa il tavolato interno). Presenta:
ƒ Forma compatta: è caratterizzata da un’area di osteosclerosi omogenea, a larga base
d’impianto, nettamente delimitata dall’osso sano circostante
ƒ Forma spugnosa: l’osteosclerosi è strutturata
o Osteoma osteoide: costituito da tessuto osteoide e tessuto osseo immatura, si localizza
preferenzialmente a livello di metafisi e diafisi di femore, tibia ed omero, ma anche nella
spugnosa delle ossa corte e nell’arco posteriore delle vertebre. La diagnosi si avvle di.:
ƒ Informazioni generali
• Tipico di 2°-3° decade
• Anamnesi:
o Reazione ai salicilati
o Dolore notturno: esacerbato dall’alcol, regredisce con l’assunzione
di ASA
o Sede (vedi sopra)
ƒ RX:
• Nidus centrale radiotrasparente
• Area circostante di osteosclerosi reattiva:
o Localizzazione nella spugnosa: scarsa
o Localizzazione nella compatta: intensa
• Possibili calcificazioni all’interno del nidus
ƒ TC: è la metodica d’elezione per evidenziare il nidus, sia quando localizzato in zone
difficilmente accessibili (pelvi, rachide, piede) sia in presenza di una sclerosi
esuberante che può mascherarlo
o Osteoblastoma: costituito da osteoblasti producenti tessuto osteoide ed osso maturo, si
differenzia dall’osteoma osteoide per l’aspetto AP e le maggiori dimensioni:
ƒ Caratteristiche generali
• Lesione tipicamente giovanile (15-20 anni)
• Predilezione per ossa lunghe
• Benignità biologica, ma aggressività locale durante lo sviluppo
ƒ Radiologicamente presenta:
• Negli stadi iniziali: aspetto di area osteolitica “a carta geografica”, spesso
voluminosa, a delimitazione netta
• Negli stadi più evoluti: per la più intensa attività osteoblastica, l’area
osteolitica presenta nel suo contesto zone calcificate ed ossificate ed è
circondata da un’osteosclerosi reattiva
• Caratteristiche distintive:
o Aspetto polilobulato (“a bolle di sapone”)
o Presenza di calcificazioni puntiformi
o Reazione periostale esuberante
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Osteocondroma (o esostosi osteocartilaginea o esostosi solitaria): trae origine da elementi
della serie cartilaginea ed è costituito da cartilagine che maturando (ossificazione
encondrale) diventa osso. Lo si osserva già in età infantile, soprattutto nella metafisi distale
del femore e prossimale dell’omero. Radiologicamente assume il tipico aspetto di
un’escrescenza ossea peduncolata o sessile, a struttura interna spugnosa, con un orletto
periferico di compatta in diretta continuità con quello della metafisi dell’osso ospite
o Condroma: trae origine da elementi della serie cartilaginea, è costituito da cartilagine ben
differenziata e si localizza preferenzialmente nelle ossa tubulari della mano:
ƒ RX
• Forma centrale (encondroma): area osteolitica di tipo cistico ben delimitata
e spesso con zone calcifiche nel suo contesto: l’osso è rigonfiato e la
compatta assottigliata
• Forma periferica (eccondroma): osteolisi “a scodella”
ƒ TC: è la metodica di elezione per evidenziare le fini matrici di mineralizzazione
localizzate nel contesto dell’encondroma e l’integrità della corticale
ƒ RM: è in grado di dimostrare l’elevato contenuto di cartilagine ialina
dell’encondroma (95%)
ƒ Scintigrafia: accumulo aspecifico del radiofarmaco
o Condroblastoma: trae origine da elementi della serie cartilaginea, è costituito da condroblasti
e si localizza nelle epifisi fertili (lontano dal gomito e vicino al ginocchio).
Radiologicamente appare come un’area di osteolisi eccentrica, ovalare, a delimitazione
netta, contenente calcificazioni, talora accompagnate da reazione periostale e da tumefazione
parostale
o Fibroma condromixoide: trae origine da elementi della serie connettivale precartilaginea ed è
costituito da cellule condroidi, mixoidi e fibrose. Si localizza nelle metafisi prossimali della
tibia e del perone ed in quelle distali del femore. Radiologicamente si presenta come area
osteolitica ovalare, eccentrica, espandente la compatta fino alla sua scomparsa, delimitata
dalla spugnosa normale da un orletto sclerotico
o Fibroma istiocitico: trae origine da istiofibroblasti, è costituito da tessuto fibroso compatto
con scarse cellule giganti e si localizza “vicino al ginocchio”. Radiologicamente induce
un’area osteolitica superficiale, delimitata da un orletto sclerotico, che espande la compatta.
Regredisce spontaneamente prima dei 30 anni ed è asintomatico
o Tumore a cellule giganti od osteoclastoma: trae origine da istiofibroblasti midollari, è
altamente vascolarizzato e costituito da un tappeto di cellule mononucleate nel contesto del
quale sono uniformemente distribuite cellule giganti plurinucleate. Ha aggresività locale e va
incontro a degenerazione sarcomatosa. Si localizza “vicino al ginocchio”. Radiologicamente
induce un’area osteolitica ovalare, eccentrica, a margini non perfettamente definiti, con
orletto sclerotico e periostosi scarsi
Tumori maligni
o Osteosarcoma (o sarcoma osteogenetico): trae origine da uno degli elementi della serie
cambiale (osteoblasto, condroblasto, fibroblasto) e si localizza nel tratto metafisario o
metafiso-diafisario “vicino al ginocchio”:
ƒ Forme osteogenetiche
• Osteolitica pura (la più rara)
• Addensante pura
• Mista (la più frequente): si osserva l’associazione di lesioni osteosclerotiche
a margini irregolari e di lesioni osteolitiche confluenti
ƒ Varietà
o
•
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o
29 • Classica
• Periostale
• A piccole cellule
• Multifocale
• Di superficie
• Teleangectasica
• A basso grado di malignità
• Secondaria
ƒ Classificazione per sede:
• A: trabecolare
• B: con lesione corticale
• C: con reazione periostale
ƒ Altri aspetti RX
• Facile invasione del canale midollare
• Ostacolo della cartilagine di accrescimento alla diffusione all’epifisi
• Compatta rapidamente distrutta con conseguente invasione delle parti molli
parostali
• Comparsa di tipiche travate calcifiche lineari “a peli di spazzola” o “a raggi
di sole”
• Periostosi “a bulbo di cipolla”: è più intensa agli estremi prossimali e distali
della massa tumorale, ove compare una spicula triangolare (triangolo di
Codman)
ƒ Iter diagnostico
• RX
• TC: consente di individuare piccole aree osteolitiche della compatta ed
alterazioni della trabecolatura spugnosa, ma soprattutto di dimostrare fini
calcificazioni tumorali
• RM: è molto accurata nella valutazione del grado di estensione del tumore
nel canale midollare e, nelle parti molli parostali, della presenza di piccole
metastasi ossee a distanza dalla lesione primitiva
• Scintigrafia ossea: è molto sensibile
• Angiografia: può esser d’ausilio in procedure interventistiche
(chemioembolizzazione)
Condrosarcoma: trae origine da cellule cartilaginee (talora a seguito di trasformazione
maligna di osteocondroma o encondroma) e si localizza in bacino, coste, femore ed omero
ƒ Forme
• Centrale: area osteolitica ovalare con:
o Calcificazioni diffuse
o Compatta erosa in più punti
o Osso rigonfiato
o Reazione periostale modesta
o Invasione delle parti molle nelle fasi avanzate
• Periferica: tumefazione delle parti molli irregolare, con grossolane
caratteristiche calcificazioni nel suo contesto
ƒ Diagnosi
• RX
• TC e RM: per stadiazione
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o
o
o
Istiocitoma fibroso maligno: trae origine da istiofibroblasti midollari e si localizza “vicino al
ginocchio”. Radiologicamente induce un’area osteolitica a margini sfumati ed irregolari
Sarcoma di Ewing: trae origine da cellule neuroendocrine e può interessare diafisi, metafisi,
ossa piatte ed ossa corte; è tipico dell’età infantile:
ƒ RX
• Aree osteolitiche multiple a piccoli focolai non confluenti
• Osso “cancellato (“osso fantasma”) nelle fasi finali
• Osteosclerosi reattiva dovuta alla produzione di osso non tumorale
• Reazione periostale “a bulbo di cipolla” con possibili triangoli di Codman
• Invasione delle parti molli
ƒ TC e RM: studio dell’estensione locale ed a distanza
Mieloma multiplo: trae origine dai plasmociti midollari ed interessa soprattutto vertebre,
coste, cranio e bacino; caratteristiche radiologiche sono:
ƒ Aree osteolitiche multiple rotondeggianti di dimensioni variabili, a limiti netti ma
non accompagnate da orletto osteosclerotico, con aspetto “a tarlatura” diffuso
ƒ Compatta soffiata e distrutta
ƒ Invasione delle parti molli
ƒ Quadro, soprattutto nel rachide e nel bacino, similosteoporomalacico
Metastasi ossee
• Tipi
o Osteolitiche
ƒ Possibile aspetto osteolitico “soffiante”: l’area osteolitica, centrale od eccentrica,
rigonfia l’osso ed assottiglia fortemente la corticale
o Osteoblastiche
o Miste
• Sedi più frequenti
o Colonna dorsolombare
o Cranio
o Coste
o Bacino
o Terzo prossimale femorale
• Esami
o Primari
ƒ Scintigrafia ossea
ƒ RX
o Secondari
ƒ TC
ƒ RM
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CAP. 2: APPARATO CARDIOVASCOLARE
Par. I: Cuore
Caratteristiche generali
La diagnostica per immagini assume notevole rilevanza nella valutazione morfologica e funzionale delle
patologie cardiache:
• Tecniche tradizionali
o RX torace: consente di valutare l’ombra cardiaca, i grossi vasi ed eventuali alterazioni
polmonari associate
o Ecocardiografia: consente lo studio della funzione ventricolare e delle valvole cardiache
o Angiografia coronarica: rappresenta il gold standard per la valutazione delle arterie
coronarie
• Nuove metodiche non invasive
o RMN: valuta funzione regionale e globale
o SPECT: valuta la perfusione miocardica
o PET: valuta il metabolismo miocardico e la perfusione
o Angiografia coronarica mediante TC multistrato
Buona parte di questo moderno imaging si avvale di indagini eseguite in condizioni di stress
cardiocircolatorio attraverso esercizio fisico od agenti farmacologici (vasodilatatori od inotropi).
Il principio sottostante tali test da sforzo è quello di evidenziare una anormale riserva di flusso od una
risposta ischemica in pazienti con stenosi significative delle arterie coronariche.
La risposta ischemica può esser identificata come un difetto di perfusione, un anormale ispessimento
sistolico zonale, ipo-acinesie di parete od un anormale metabolismo di settore miocardico.
La PET, in particolare, valuta allo stesso tempo i difetti di perfusione ed il metabolismo, fornendo preziose
indicazioni allo studio della vitalità miocardica nella cardiopatia ischemica.
Altre tecniche forniscono precise indicazioni sulla vitalità miocardica, quali l’ecocardiografia o la RMN con
dobutamina, l’ecocardiografia con mdc, la scintigrafia miocardica e la RMN con delayed enhancement.
Generalità sulle tecniche
• RX torace:
o Considerazioni tecniche: si utilizzano le due proiezioni convenzionali, PA e LL (dal lato
sinistro del paziente)
o Interpretazione: è difficoltosa per le molteplici informazioni in essa raccolte e per le
numerose variabili intercorrenti:
ƒ Dimensioni: in proiezione PA, il diametro del cuore è normalmente meno della
metà del diametro trasverso del torace; se supera queste dimensioni, si tratta di un
quadro di franca cardiomegalia (globale, dilatazione di una o più camere, presenza
di versamento pericardico)
ƒ Mediastino superiore: è occupato dall’aorta discendente: normalmente definita
dall’arco al diaframma di sinistra, tende a dilatarsi ed ad assumere decorso tortuoso
con l’età
ƒ Arteria polmonare sinistra: sul radiogramma LL si dispone superiormente e
posteriormente alla destra.
ƒ Radice aortica ed aorta ascendente: in entrambe le proiezioni sono nascoste
dall’arteria polmonare comune e dagli atri
ƒ Camere cardiache:non è possibile definirle singolarmente, ma è necessario
determinarne posizione e dimensione
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ƒ
•
32 In proiezione PA, il contorno destro del mediastino comprende:
• Arco superiore destro: vena cava superiore ed aorta ascendente
• Arco inferiore destro:atrio destro. Il ventricolo destro, invece, si sovrappone
parzialmente al ventricolo sinistro
ƒ A sinistra si rilevano:
• Arco superiore sinistro: arco aortico
• Arco medio sinistro: arteria polmonare sinistra, camera di efflusso del
ventricolo destro
• Arco inferiore sinistro: marcata convessità del profilo del ventricolo sinistro
sino all’apice: a questo livello vi è anche una concavità, l’orecchietta
dell’atrio sinistro. L’atrio sinistro non può esser distinto dal ventricolo
sinistro disposto inferiormente
ƒ Pericardio: non può esser riconosciuto, a meno che non sussistano condizioni
patologiche (calcificazioni, versamento pericardico)
ƒ Profili cardiaci: non sono nitidi a causa del movimento; solo in caso di acinesia
(come per aneurisma ventricolare) i profili diventano nitidi
ƒ Parenchima polmonare: varia in rapporto ad atti inspiratori, età, habitus corporeo ed
eventuali processi patologici; lo scompenso cardiaco sinistro, ad esempio, riduce
l’espansione polmonare. Inoltre, in pazienti con BPCO i polmoni appaiono più
areati ed espansi con formazione di bolle ed enfisema
ƒ Ili (arterie polmonari): congesti per ipertensione polmonare
ƒ Valutazione anche di diaframma, pleura e strutture ossee (anche vertebrali)
o Indicazioni
ƒ In urgenza o come profilo d’ingresso in paziente con sintomatologia toracica per
DD iniziale
ƒ Quesiti pratici: posizionamento corretto di pacemaker, cannule endotracheali, etc.
Ecocardiografia: comprende un insieme di applicazioni di US (ecotomografia bidimensionale, TMmode, tecniche Doppler, imaging armonico ed ecocardiografia con mdc) volte alla valutazione non
invasiva morfologica e funzionale delle cavità cardiache. Quindi, tecniche utilizzate sono:
o Ecotomografia transtoracica: rappresenta la tecnica di base e consente una valutazione in
tempo reale delle sezioni del cuore, con riferimento ai piani fondamentali di scansione
(apicale a quattro camere, asse lungo parasternale, asse corto a due camere)
ƒ Monodimensionale: consente di rappresentare il movimento delle valvole e delle
pareti cardiache
ƒ Bidimensionale:
• Sezioni del cuore
o Apicale a 4 camere
o Long-axis parasternale
o Short-axis a 2 camere
• Informazioni
o Morfologiche: dimensioni delle camere cardiache, spessore delle
pareti, aspetto delle valvole cardiache
o Funzionali: cinetica delle pareti ventricolari e delle valvole, flussi
transvalvolari, frazione di eiezione del ventricolo sinistro
(equazione di Simpson)
• Utilizzo
o Ricerca di aree ischemiche: ipo-acinesie ed ispessimenti parietali
o Cardiomiopatie
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•
•
33 o Patologie valvolari
o Patologie pericardiche
o Cardiopatie congenite
ƒ Test sotto sforzo o stress farmacologico (dobutamina o dipiridamolo): valutazione
della vitalità miocardica, soprattutto nella cardiopatia ischemica
ƒ Ecocardiografia transesofagea: consente una visione più diretta e dettagliata del
cuore (soprattutto del ventricolo destro) e dei grossi vasi; indicazioni alla sua
esecuzione sono:
• Sospetto di endocardite, ma assenza di trombi all’ecocardiogramma
transtoracico
• Trombosi atriale (soprattutto prima di intervento di cardioversione)
• Dissecazione aortica
• Patologie del bulbo aortico
• Forame ovale pervio
• Difetto interatriale
ƒ Ecografia intravascolare: con sonde miniaturizzate introdotte nelle arterie coronarie
in corso di angiografia coronarica convenzionale, è una tecnica invasiva, che
consente di valutare le caratteristiche di parete dei vasi, soprattutto dopo
angioplastica (vedi anche sotto)
o Tecniche Doppler: sono utili per la valutazione dei flussi intracavitari
Angiografia convenzionale: l’introduzione di mdc iodato mediante cateterismo venoso od arterioso
consente la valutazione delle cavità cardiache, dei grossi vasi e delle arterie coronariche:
o Angiocardiografia: il mdc è iniettato nella vena cava superiore mediante accesso venoso
dalla vena femorale destra (nella cardioangiografia il mdc è iniettato selettivamente
nell’atrio destro). Questo studio, fondamentale nella valutazione delle cardiopatie congenite,
consente di evidenziare:
ƒ Cavità di destra: destrocardiogramma
ƒ Circolo polmonare: angiopneumogramma
ƒ Camere di sinistra: levocardiogramma
ƒ Aorta: aortogramma
o Aortografia: prevede il cateterismo arterioso transfemorale per lo studio della patologia
dell’aorta toracica e dei tronchi sovraortici. Se il catetere venoso supera la valvola aortica,
giungendo al ventricolo sinistro, si effettua una ventricolografia: questa viene solitamente
eseguita durante la coronarografia
o Angiografia coronarica o coronarografia: è il gold standard per la valutazione delle arterie
coronarie e delle stenosi determinate dalla coronaropatia aterosclerotica. La coronarografia,
comunque, è una tecnica biplanare e non consente la valutazione delle pareti vascolari.
o Ecografia intravascolare: effettuata durante coronarografia, consente:
ƒ Caratterizzazione tissutale delle pareti dei vasi: placche AS lipidiche, fibrose e
calcifiche; rimodellamento vascolare
ƒ Estensione dell’AS
RM: come le tecniche successive, deve essere ECG-gated (-sincronizzata), fatto che consente di
acquisire le immagini durante la telediastole, quando il cuore è fermo, per ridurre gli artefatti e
migliorare la risoluzione
o Principi tecnici
ƒ Vantaggi
• Multiplanarità
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•
o
o
34 Elevata risoluzione temporale (fondamentale per l’analisi dinamica del
movimento cardiaco)
• multiparametricità
ƒ Piani di scansione (simili all’ecocardiografia)
• Vista a due camere: secondo l’asse lungo del cuore, parallelamente al setto
interventricolare
• Vista a quattro camere: secondo l’asse lungo con scansione perpendicolare
al setto
• Vista trasversale delle cavità atriali e ventricolari: secondo l’asse corto
ƒ Angio-RM: consente la valutazione dei grossi vasi e la visualizzazione delle arterie
coronarie nei tratti prossimali. Tuttavia, risulta tecnicamente difficile a causa della
ridotta dimensione e della tortuosità dei vasi e dei movimenti respiratori
Piani di studio
ƒ Studio morfologico
ƒ Studio funzionale (sistole/diastole, valvole)
ƒ Studio vascolare
• Macrocircolo
• Microcircolo
Applicazioni cliniche:
ƒ Studio morfologico (RM senza mdc)
• Localizzazione del cuore
o Acquisizione di immagini in sezioni trasversale, coronale, sagittale
o Individuazione dell’asse cardiaco
o Acquisizioni orientate (short axis, long axis a 4 camere): i diametri
risultano perfettamente evidenziabili
• Analisi dettagliata delle strutture interessate
o Valutazione di volume e massa ventricolari, spessore parietale delle
camere cardiache (soprattutto per cardiomiopatie), dinamica dei
flussi intracavitari e la funzione contrattile (anche sotto stress
farmacologico)
o Caratterizzazione di neoplasie cardiache, masse paracardiache e
trombi intracardiaci
o Valutazione pre- e post-chirurgica
ƒ Studio della cinetica
• Metodica di studio
o Imaging iltrafast (in 10-15 secondi: tempo di apnea espiratoria)
o Numerosi acquisizioni, sincrone alle fasi del ciclo, orientate
secondo i diversi assi
• Applicazioni: ottima valutazione di diametri cavitari e spessori parietali
o Calcolo del volume cavitario (accuratissimo) + calcolo frazione
d’eiezione
o Calcolo della massa ventricolare (bordo pericardico ed
endocardico)
o Calcolo dello spessore miocardico con rappresentazione della
variazione in corso di sistole-diastole: individua con precisione
ƒ Discinesie: si ricorda che il ventricolo sinistro è diviso in
17 settori e la RM individua esattamente la sede di
discinesia
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ƒ
ƒ
35 ƒ Aneurismi
ƒ Fibrosi post-infartuale
Studio delle patologie valvolari: analisi flussimetriche acquisite in contrasto di fase:
algoritmi complessi ricostruiscono dinamiche di flusso con misurazione accurate:
• Fase E (early): riempimento ventricolare
• Fase A (atrial): sistole atriale
• Fase S: sistole ventricolare
• Fase L (late): telesistole
Studio della perfusione miocardica mediante iniezione di mdc paramagnetico
• Acquisizioni: sono 4 per ogni ciclo cardiaco
o 3 in short axis a livello di base, medio ed apice
o 1 in long axis a 4 camere (per l’apice)
• Metodiche di studio
o A riposo
o Dopo stress farmacologico con inotropi
• Livelli di studio
o Entità di perfusione: il mdc è assunto in relazione alla perfusione
miocardica ed eliminato con meccanismi attivi (richiede dunque
vitalità)
ƒ Cellule
• Sane: eliminazione rapida del mdc
• Ischemiche: eliminazione lenta
ƒ Perfusione
• Miocardio sano: captazione normale del mdc
• Miocardico non vitale (ischemico od infartuato):
ipocaptazione del mdc
o Vitalità (wash out)
ƒ Miocardio ischemico
• Stordito (stunned): si ha un deficit acuto di
ossigeno, ma un supporto parziale da collaterali; il
miocardio è comunque non contrattile
o Funzione depressa
o Perfusione conservata
o Metabolismo conservato
• Ibernato: si ha una riduzione del metabolismo per
ipoperfusione cronica; il miocardio non è
contrattile
o Funzione depressa
o Perfusione diminuita
o Metabolismo ridotto
• Necrotico (infartuato): si ha un deficit di ossgigeno
non sorretto da collaterali; non si ha né la
contrazione né il metabolismo basale, con
conseguente morte cellulare
o Funzione depressa
o Perfusione diminuita
o Metabolismo ridotto
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ƒ
ƒ
36 Come valutare la vitalità: il delayed enhancement
rappresenta la presenza tardiva di mdc nel miocardio
ischemico
• < 10 minuti
o Miocardio sano (1-2 minuti)
o Miocardio ischemico con possibilità di
recupero (stordito o ibernato)
• > 10 minuti
o Miocardio necrotico senza possibilità di
recupero
ƒ Quadro: se si incrociano i dati con quelli di cinesi parietale
si avrà una zona ischemica con
• Area acinetica con wash-out > 10’: necrosi
• Area ipo-acinetica con wash-out < 10’: ischemia
reversibile
o Contrattilità
• Ricostruzione delle acquisizioni
o Sequenze cinematografiche panoramiche (ottima visione
d’insieme)
o Costruzione di curve oggettive e riproducibili di intensità legata al
mdc (analisi semi-quantitativa)
• Utilità dello studio
o CAD cronica e SCA-NSTEMI
ƒ Valutazione prima delle procedure di rivascolarizzazione
• Zone ischemiche sotto stress che beneficiano di
terapia
• Zone necrotiche che non ne risentono
ƒ Valutazione di ischemia
• Subendocardica
• Transmurale
o SCA-STEMI e SCA-NSTEMI
ƒ Differenziazione di aree necrotiche ed aree ischemiche:
stratificazione precoce
ƒ Differenziazione di infarto transmurale e subendocardico
o Evoluzione post-IMA
ƒ I settimana: edema intramiocardico
ƒ II settimana: cicatrizzazione e formazione di circoli
collaterali
ƒ III settimana: graduale ripresa dell’attività
o Complicanze chirurgiche
ƒ Infarto transmurale: diminuzione dell’elasticità con
dilatazione, aneurisma ventricolare e possibile rottura
ƒ Infarto subendocardico: alterazioni della trasmissione
dell’impulso (aritmie)
Valutazione della cardiopatie congenite: vantaggi sono:
• Visione tridimensionale anatomica
• Contemporanea valutazione funzionale
• Minor dipendenza della tecnica dall’operatore rispetto all’ecografia
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•
•
37 • Follow-up: indagine ripetibile, riproducibile e non invasiva
• NB: i pazienti pediatrici, tuttavia, necessitano di anestesia o sedazione
TC: numerose e recenti sono le applicazioni della TC in ambito cardiaco, specialmente dopo
l’introduzione della TC multistrato (TCMS), dotata di elevata risoluzione spaziale e temporale. La
principale applicazione è la quantificazione del calcio coronarico (calcium score). La TC del cuore
può essere effettuata con:
o Tecnica diretta: è orientata alla visualizzazione delle strutture calcifiche (calcificazioni
pericardiche, valvolari e coronariche), da correlare soprattutto ad AS
o Tecnica angiografica: le acquisizioni angiografiche con mdc iodato sono volte allo studio
delle camere cardiache, delle valvole, dei grossi vasi (aneurismi e dissezioni dell’aorta
toracica, endoleak periprotesici, embolia polmonare), delle arterie coronarie (AS
coronarica), delle vene cardiache e delle vene polmonari
o Coronaro-TC: è caratterizzata da un dose aumentata ed è indicata in pazienti con:
ƒ Controindicazioni alla RM
ƒ Bassa probabilità pre-test di stenosi significativa
o NB: la TCMS permette anche uno studio dettagliato della funzione ventricolare sinistra ed il
calcolo della frazione di eiezione
o NB: “triple rule out”
ƒ Sindrome coronarica acuta
ƒ Dissecazione aortica
ƒ Tromboembolia polmonare
Tecniche di MN: il loro utilizzo si basa sull’identificazione delle conseguenze funzionali delle
stenosi coronariche:
o SPECT (con 99mTc-Sesta-MIBI o Tc-Tetrafosmina): indagine di MN più eseguita in
cardiologia, si esegue mediante sincronizzazione con ECG, consentendo una contemporanea
valutazione della perfusione miocardica e della funzione ventricolare sinistra. Ricerca
l’ischemia miocardica attraverso l’induzione di anomalie della perfusione miocardica o
della funzione contrattile del ventricolo sinistro con uno stress test fisico o farmacologico
(“cascata ischemica”): manifestazioni iniziali della cascata ischemica sono anomalie della
perfusione miocardica, manifestazioni successive sono anomalie delle funzione diastolica e
poi anche sistolica del ventricolo sinistro. Alterazioni elettriche e dolore anginoso sono
manifestazioni ancora più tardive.
In sostanza, la gated-SPECT è la tecnica d’imaging non invasiva maggiormente utilizzata
per la stratificazione del rischio della cardiopatia ischemica, grazie alla valutazione di
importanti fattori prognostici quali estensione del tessuto miocardico necrotico, estensione e
severità dell’ischemia inducibile e la misurazione della funzione e dei volumi del ventricolo
sinistro. La frazione d’eiezione post-stress è il miglior indice predittivo di morte cardiaca,
mentre l’estensione dei difetti di perfusione è il più potente indice predittivo di infarto
miocardico non fatale
o PET: consente lo studio della perfusione e del metabolismo miocardici
ƒ Vantaggi rispetto alla SPECT
• Utilizzo sistematico della correzione per l’attuazione
• Capacità di ottenere quantificazioni assolute della perfusione
ƒ Utilizzo: con N13H3; Rb o H2O15, è la tecnica ideale per la valutazione della
fisiologia cardiaca, in quanto possiede un’elevata risoluzione spaziale e temporale
ed un’eccellente sensibilità ed accuratezza diagnostica. Inoltre, la PET è l’unica
tecnica che consente la quantificazione del flusso coronarico in condizioni di riposo
e della riserva coronarica durante ischemia: essa può, quindi, esser utilizzata per
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misurare l’AS precoce, consentendo di individuare pazienti con rischio elevato di
danno coronarico. Peraltro, la valutazione della riserva coronarica con la PET è in
grado di identificare quelle aree di miocardio a rischio, che possono non esser
diagnosticate alla SPECT.
La PET con 18FDG consente, poi, di caratterizzare il miocardio necrotico e quello
non funzionale ma vitale: infatti, questo tracciante rimane intrappolato all’interno
delle cellule e consente una valida visualizzazione dell’attività metabolica del
miocardio
Cardiopatia ischemica
• Ischemia miocardica inducibile: l’ischemia, come detto, può esser indotta da stress ergometrico o
farmacologico
o Ecocardiografia (dobutamina): consente di definire le alterazioni della cinetica parietale
o Scintigrafia (dobutamina, adenosina, dipiridamolo): è in grado di identificare le aree di
miocardio ipoperfuso (difetti di perfusione reversibili a riposo) con ridotta riserva coronarica
o RM: consente di evidenziare discinesie contrattili e deficit di perfusione delle pareti del
ventricolo sinistro
o Angiografia coronarica convenzionale: valuta il grado di severità di una stenosi coronarica:
una stenosi è considerata emodinamicamente significativa se interessa il 50% della sezione
del tronco comune sinistro od il 70% di una delle coronarie principali. La coronarografia,
dunque, indirizza verso il trattamento più idoneo
o Angiografia coronarica mediante TCMS: è utile in caso di probabilità intermedia di malattia
AS coronarica
• Infarto miocardico acuto (IMA):
o RX AP: per conoscere il grado di congestione polmonare
o Ecocardiografia: per identificare le ipo-acinesie di parete e le complicanze dell’infarto, quali
la rottura del setto o della parete libera, l’insufficienza mitralica secondaria alla rottura dei
muscoli papillari, la presenza di trombi endocavitari, aneurismi ventricolari e versamenti
pericardici
o TCMS: consente la valutazione precisa di aneurismi e trombi endocavitari
o Scintigrafia: assume particolare rilievo quando si intendano valutare l’estensione dell’area
necrotica o, nel follow-up, l’eventuale presenza di aree miocardiche ibernate (scintigrafia
con dipiridamolo)
o RM con Gd: è in grado di identificare anche piccole aree di infarto miocardico. Il Gd è un
mdc extracellulare: pertanto, si accumula tardivamente, dopo 10-15 minuti (delayed
enhancement) nelle aree infartuate (iperintense) che presentano un maggior comparto
extracellulare a causa della rottura delle giunzioni intercellulari
o Coronarografia selettiva: risulta indispensabile per valutare la possibilità di ricanalizzazione
• Vitalità miocardica:
o PET: metodica d’elezione, valuta perfusione ed attività metabolica
o Ecocardiografia con dobutamina: rileva lo spessore delle pareti ventricolari e la cinetica
parietale, per discriminare in condizioni di riposo e di stress le aree vitali con riserva
contrattile da quelle non vitali o con ischemia residua
o Scintigrafia con Tl o Tc: rappresenta una valida alternativa alla PET. Si ricorda che regioni
normalmente perfuse a riposo con difetto di perfusione indotto da stress sono definite vitali
con difetto di perfusione a ridotta riserva coronarica. Le regioni con difetto di perfusione
irreversibile, ovvero senza variazioni tra condizioni di riposo e stress, rappresentano aree di
infarto non vitale. Dunque, miocardio vitale e necrotico coesistono nel caso in cui la
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•
ridistribuzione del Tl o la reversibilità del Tc siano parziali. Inoltre, il miocardio possiede
due meccanismi di protezione dall’ischemia:
ƒ Stunning: un miocardio stunned è più comunemente osservato dopo un periodo di
ischemia transitoria seguita da riperfusione (funzione depressa a riposo, perfusione
preservata)
ƒ Ibernazione: un miocardio ibernato si riferisce, invece, ad una risposta adattiva del
miocardio ad una prolungata ipoperfusione a riposo (depresse funzione e perfusione)
o RM eseguita durante infusione di dobutamina: valuta le alterazioni di parete e dello stato di
perfusione regionale
o RM con delayed enhancement: non necessita dell’induzione di stress e fornisce informazioni
tessutali dirette sull’estensione del tessuto infartuato
Rivascolarizzazione:
o Coronarografia selettiva: è indispensabile nel follow-up di angioplastiche coronariche,
introduzione di stent o di by-pass aorto-coronarici
o TCMS
Diagnosi di alcune patologie cardiache
• Cardiopatie congenite:
o Tipi
ƒ Malformazioni congenite del cuore: stenosi valvolare aortica e/o polmonare,
comunicazione interventricolare e/o interatriale, anomalie di origine e decorso delle
arterie coronarie
ƒ Malformazioni congenite dei grossi vasi: coartazione aortica, trasposizione dei
grossi vasi, dotto arterioso pervio
ƒ Quadri malformativi complessi: tetralogia di Fallot, anomalia di Ebstein
ƒ Anomalie di rotazione: destrocardia
o Approccio diagnostico
ƒ RX torace: momento di ausilio diagnostico iniziale, consente spesso il corretto
riconoscimento del tipo di malformazione
ƒ Ecocardiografia: è la metodica di prima linea, grazie al non utilizzo di radiazioni
ionizzanti
ƒ RM: consente uno studio più preciso nelle patologie congenite scoperte in età adulta,
nel quale è più difficile reperire un’adeguata finestra acustica, ed ha il vantaggio
ulteriore di fornire indicazioni funzionali
ƒ TC: ha lo svantaggio dell’utilizzo di radiazioni ionizzanti e della somministrazione
di mdc; consente, comunque, un’analisi morfologica ad elevata risoluzione
ƒ Angiografia: è utile in situazioni più complesse
• Valvulopatie:
o Ecocardiografia: evidenzia la dilatazione delle camere ed il loro spessore parietale,
l’ispessimento o la fusione dei lembi valvolari: tramite color-Doppler analizza anche
pressioni polmonari, velocità di flusso e gradienti pressori transvalvolari
o RM: consente di valutare dimensioni delle camere cardiache, volumi ventricolari, frazione di
rigurgito, turbolenze di flusso ed eventuali formazioni trombotiche atriali
o TC: utile nella valutazione di eventuali calcificazioni
o Cateterismo cardiaco: viene eseguito per confermare i dati non invasivi o per accertare
l’eventuale presenza di patologia coronarica, soprattutto qualora la patologia valvolare
presenti indicazione alla correzione chirurgica
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•
•
•
Cardiomiopatie
o Tipi: sono malattie idiopatiche che si accompagnano a disfunzione ventricolare e possono
essere:
ƒ Dilatativa: difetto della pompa sistolica
ƒ Ipertrofica: difetto della compliance diastolica
ƒ Restrittiva: alterata distensibilità del ventricolo
ƒ Displasia aritmogena del ventricolo destro: trasformazione parziale o totale del
ventricolo destro in tessuto fibrolipomatoso
o Approccio diagnostico
ƒ Ecocardiografia: valuta dimensione e spessore delle cavità cardiache
ƒ RM: è più accurata nelle valutazioni funzionali (specie nella displasia aritmogena
del ventricolo destro)
ƒ TC: utilizzata praticamente solo in casi di controindicazioni alla RM
Pericarditi:
o RX: fornisce indicazioni utili nella diagnosi di:
ƒ Pericarditi acute essudative:
• Configurazione a fiasca
• Slargamento del peduncolo vasale
• Difficoltà nella delimitazione degli archi cardiaci
ƒ Pericarditi croniche costrittive
• Calcificazioni
• Morfologia cardiaca immutata nel passaggio dalla posizione eretta al
decubito supino
o Ecocardiografia: ha un’eccellente sensibilità nella valutazione dei versamenti pericardici
anche di piccole dimensioni e rappresenta, dunque, la tecnica d’elezione per lo studio del
pericardio. Dà informazioni anche su ispessimenti e calcificazioni
o TC: identifica ispessimenti parietali, calcificazioni e versamenti. L’angolo cardio-frenico
destro è la sede di riscontro delle cisti pericardiche, occasionalmente calcifiche
Neoplasie
o Ecocardiografia transtoracica o transesofagea: indagine di primo livello
o TC e RM: di secondo livello, danno informazioni circa la natura delle lesioni
Par. II: Arterie
Tecniche diagnostiche
• Ecografia: lo studio ecografico delle arterie prevede l’impiego della tecnica B-mode, che consente la
valutazione delle pareti e del calibro, integrata dall’Eco-Doppler e dall’Eco-Color-Doppler.
Quest’ultima tecnica consiste nel campionamento del segnale Doppler indotto dai globuli rossi in
movimento all’interno di un box giustapposto all’immagine B-mode: il flusso viene codificato in una
scala cromatica che ne rappresenta la direzione (rosso: flusso in avvicinamento; blu: flusso in
allontanamento) e la velocità.
Si può utilizzare anche un’ecografia con mdc, che consente una migliore visualizzazione della
morfologia del lume vascolare (soprattutto per aneurismi dell’aorta addominale ed arteriti).
• Angio-TC: è la metodica di imaging più utilizzata come indagine di secondo livello nello studio
dell’aorta e dei suoi rami, del circolo intracranico e delle arterie periferiche; trova larga applicazione
anche in urgenza
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•
•
•
•
RM:
o
o
o
“Black-blood” imagimg
“Phase-contrast” imaging
Angio-RM
ƒ “Time of flight”
ƒ Con mdc: la più utilizzata, prevede l’acquisizione di sequenze 3D dopo
somministrazione di mdc. Viene eseguita preliminarmente una sequenza basale, poi
sottratta dalla sequenza contrastografica al fine di eliminare il segnale dai tessuti
stazionari
• Vantaggi
o Maggior risoluzione spaziale
o Riduzione dei tempi di acquisizione dell’immagine
o Minori artefatti
o Mdc meno nefrotossici ed assenza di radiazioni ionizzanti rispetto
all’angio-TC
• Indicazioni: è una metodica di secondo livello per lo studio delle arterie; le
sole sequenze angio-RM producono immagini esclusivamente
“luminografiche” dei vasi arteriosi e non forniscono informazioni sulle loro
pareti
Angiografia digitale sottrattiva (DSA): la tecnica digitale sottrattiva consiste nella sottrazione di
un’immagine pre-contrastografica (maschera) dalle immagini acquisite durante l’iniezione di mdc, in
modo da cancellare segmenti ossei e tessuti molli e valorizzare la visualizzazione dei vasi opacizzati.
Oggi, comunque, è nella maggior parte dei casi riservata a procedure interventistiche: riguardo lo
diagnosi, metodiche non invasive quali angio-TC ed angio-RM sono, generalmente, sufficienti.
Inoltre, la DSA fornisce immagini luminografiche (quindi non dà informazioni sulle pareti) e
bidimensionali, necessitando dunque di proiezioni multiple per lo studio di lesioni che non
interessano in modo concentrico il lume vascolare; tuttavia, macchina più moderne danno
informazioni tridimensionali
Ecografia intravascolare: metodica invasiva, prevede l’introduzione di un catetere contenente una
sonda ecografica nel vaso di interesse, così da ottenere immagini ad elevata risoluzione della parete
ed, in particolare, delle placche AS
Tomografia a coerenza ottica: nuova tecnica di imaging vascolare invasivo, si basa sull’utilizzo di un
fascio di luce e sulla riflessione della stessa da parte della parete vascolare. Necessita del cateterismo
del vaso di interesse e produce immagini con risoluzione spaziale più elevata rispetto alla
precedente. Attualmente, ha impiego sperimentale a livello coronarico
Malattie delle arterie
• Aneurismi: l’aneurisma è la dilatazione permanente di un’arteria pari ad 1,5 volte il diametro del
vaso a monte ed a valle:
o Tipi AP
ƒ Veri: le 3 tonache vascolari sono continue
• Fusiformi: il processo interessa tutta la parete del vaso
• Sacciformi: si sviluppa in una parte limitata della circonferenza
ƒ Falsi: presentano un’interruzione della parete vasale
o Eziologia
ƒ AS: la più frequente
ƒ Congenita
ƒ Traumatica
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ƒ Infiammatoria
Approccio diagnostico
ƒ Ecografia: metodica di prima istanza nel sospetto di aneurisma, ne consente anche
un riscontro occasionale:
• Studio B-mode: evidenzia la dilatazione del vaso e l’eventuale trombo
parietale (a struttura omogenea o disomogenea in caso di fissurazione)
• Eco-Color-Doppler (ECD): consente la caratterizzazione del flusso tipico
dell’aneurisma. La codifica in colore fa assumere al lume residuo
dell’aneurisma un aspetto “a bandiera coreana”, in relazione alla presenza
nella sacca di un flusso vorticoso, contemporaneamente in avvicinamento ed
in allungamento
ƒ Angio-TC: esame di secondo istanza, ma di scelta in urgenza, consente l’analisi
accurata della sede, della morfologia e delle dimensioni della sacca, del suo colletto,
dei vasi afferenti ed efferenti. Lo studio dell’aneurisma richiede una scansione in
fase arteriosa (angio-TC), preceduta da una scansione basale senza mdc per la
valutazione della parete e del trombo parietale e per la ricerca del cosiddetto
“crescent sign”: si tratta di un’iperdensità di forma semilunare a livello della parete
dell’aneurisma o del trombo, espressione dell’iniziale penetrazione di sangue nella
parete o nel trombo e segno imminente di rottura. Altri segni di rottura sono
ematoma perivasale e stravaso extra-luminale
ƒ Magnetic Proton Recoil (MPR) neutron spectrometer: è utile per misurazioni dei
diametri delle arterie
ƒ Angio-RM con mdc: può essere un’alternativa all’angio-TC in pazienti giovani o
con compromessa funzionalità renale
Malattia dissecante: la dissezione consiste nello scollamento dell’intima dalla tonaca media
conseguente ad una lacerazione intimale, attraverso la quale penetra sangue; il flap intimale scollato
determina la suddivisione del lume vascolare in vero e falso lume. Nel tempo il falso lume può
dilatarsi, determinando la formazione di un aneurisma dissecante
o Tipi più frequenti
ƒ Dissecazione dell’aorta toracica: tipi di Stanford:
• A: il flap coinvolge l’aorta ascendente
• B: non la coinvolge
ƒ Ematoma intramurale: emorragia spontanea dei vasa vasorum della tonaca media
ƒ Ulcera penetrante: ulcerazione di una placca ateromasica con erosione della lamina
elastica interna, penetrazione di sangue nella media ed estroflessione della parete
vascolare indebolita
o Approccio diagnostico
ƒ Ecografia (anche transesofagea, soprattutto per dissecazioni dell’aorta toracica)
• B-mode: visualizzazione del flap di dissezione
• ECD: ricerca del flusso ematico nel vero e nel falso lume
ƒ Angio-TC ed angio-RM con mdc: sono considerate metodiche di scelta per lo studio
del flap di dissezione, del vero e del falso lume, nonché del coinvolgimento dei rami
collaterali e dell’eventuale ischemia degli organi irrorati da questi ultimi
• Angio-TC
o Studio preliminare senza mdc: può dimostrare la medializzazione
delle calcificazioni intimali e l’ematoma intramurale (ispessimento
iperdenso, semilunare o circonferenziale della parete aortica)
o
•
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Fase arteriosa: dimostra il flap intimale e l’opacizzazione del vero e
del falso lume. Il vero lume può esser distinto dal falso
individuandone la continuità con una porzione di vaso non
dissecata, oppure valutandone la morfologia: il lume vero, infatti, ha
solitamente dimensioni minori del lume falso, il quale, inoltre,
presenta angoli di raccordo acuti tra flap di dissezione e parete
aortica (“break sign”)
• Angio-RM: dispone, per la distinzione tra vero e falso lume, anche di reperti
legati al flusso
Malattia steno-occlusiva:
o Ecografia
ƒ ECD: metodica di primo livello, fornisce, oltre ad informazioni morfologiche, anche
informazioni flussimetriche
• Tipi di placche
o Calcifiche
o Fibro-lipidiche
• Segni considerati
o Diretti: a livello delle lesioni
o Indiretti: a monte ed a valle delle lesioni
• Analisi del rapporto tra velocità di picco sistolico a livello della stenosi ed a
monte della stesa: si definisce una stenosi emodinamicamente significativa
quando il rapporto è maggiore di 2.
• Flusso post-stenotico “tardus-parvus” (a valle)
ƒ B-mode: analizza la parete vascolare, evidenziando l’ispessimento dell’intima e le
placche AS
o Angio-TC: insieme all’angio-RM è utilizzata come metodica di secondo livello ed ha
sostituito la DSA con finalità diagnostiche in pressoché tutti i distretti
ƒ Grading della stenosi tramite analisi del diametro del lume vascolare opacizzato
ƒ Effetto “blooming” delle estese calcificazioni nei vasi piccoli: inficiano la
visualizzazione del lume o determinano una sovrastima delle lesioni stenotiche
o Angio-RM con mdc: può esser utilizzata come alternativa all’angio-TC. Ha il vantaggio
della mancata visualizzazione delle calcificazione, che consente di valutare con maggior
accuratezza la pervietà dei vasi di piccolo calibro diffusamente calcifici
o NB: angio-TC ed angio-RM sono state proposte, negli ultimi anni, come alternativa
all’ecografia intravasale per la caratterizzazione della placca AS, al fine di identificare le
placche instabili o vulnerabili ad elevato contenuto lipidico
Malformazioni vascolari: sono più frequenti a livello del circolo intracranico, polmonare e periferico
o ECD: indagine di prima istanza, consente l’analisi del tipo di flusso (arterioso o venoso) e
della sua velocità
o RM: metodica di secondo livello più utilizzata, oltre allo studio morfologico delle lesioni e
dei loro rapporti con le strutture adiacenti, può distinguere le malformazioni venose a basso
flusso (iperintense in T-2) da quelle AV (prive di segnale in tutte le sequenze)
o DSA: risulta spesso necessaria per la complessità morfologica delle malformazioni
(soprattutto MAV)
Lesioni traumatiche
o Tipi
ƒ Spasmo: lesione reversibile, si manifesta con stenosi concentriche, spesso multiple
o
•
•
•
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ƒ
•
Contusione con ematoma parietale: determina l’occlusione del vaso e l’ischemia del
territorio corrispondente
ƒ Dissecazione: come sopra
ƒ Pseudoaneurisma: si evidenzia con una raccolta di mdc perivascolare, tamponata dai
tessuti circostanti
ƒ Lacerazione: si osserva il sanguinamento attivo, caratterizzato da un irregolare
stravaso di mdc con perdita della continuità del vaso
ƒ Fistola AV
o Approccio diagnostico
ƒ Ecografia: trova indicazione soltanto nelle lesioni vascolari degli arti; in particolare,
nella fistola AV, l’ECD evidenzia un flusso tipico a basse resistenze con brusca
accelerazione a livello della fistola ed un flusso arterializzato in corrispondenza
della vena efferente
ƒ Angio-TC: metodica di scelta in caso di sospetto interessamento aorto-iliaco o dei
vasi viscerali ed in tutti i pazienti politraumatizzati. Dovrebbe esser preceduto da
una scansione pre-contrastografica per la ricerca di ematomi e versamenti ematici
(iperdensi); la fase arteriosa deve esser seguita da una fase venosa e/o tardiva allo
scopo di evidenziare l’eventuale sanguinamento di vasi di piccolissimo calibro, lento
soprattutto nei pazienti in shock ipovolemico
Controllo dei trattamenti
o ECD: metodica di scelta per il follow-up post-interventi a livello delle arterie periferiche,
specie degli arti inferiori
o Angio-TC ed angio-RM: soprattutto per la valutazione del distretto aorto-iliaco
ƒ NB: attenzione, nella RM, ad eventuale materiale metallico
o NB: nel follow-up degli stent ricoperti, utilizzati nel trattamento di aneurismi e lesioni
traumatiche, oltre alla valutazione della pervietà, è necessario ricercare l’eventuale presenza
di flusso ematico residuo all’interno del device (endoleak), indicativo di persistente
perfusione della sacca aneurismatica o pseudoaneurismatica
ƒ Tipi di endoleak
• I: deriva da estremità dello stent non aderenti alle pareti vasali
• II: da rami collaterali pervi
• III: da rottura del materiale protesico
ƒ Ricerca dell’endoleak
• ECD
• Dimostrazione della presenza del mdc periprotesico mediante EG, angio-TC
od angio-RM
Par. III: Vene
Arto superiore
• Sistemi venosi
o Vene profonde: satelliti delle rispettive arterie
o Vene superficiali: decorrono nel sottocute
• Ecografia: metodica di scelta per le vene dell’arto superiore, mostra, in condizioni normali, le vene
come strutture anecogene, delimitate da una parete sottile e comprimibile.
o Valvole venose: si riescono a valutare nel loro movimento ed appaiono come strutture
iperdense
o ECD: valuta il flusso
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•
•
Trombosi venosa: patologia più frequente del sistema venoso
o Cause
ƒ Intrinseche: presenza di cateteri endoluminali
ƒ Estrinseche: di natura compressiva, come per lesioni espansive, specie per
compressione dei linfonodi o nella sindrome dello stretto toracico (compressione di
distretto vascolare e nervoso)
o Fisiopatologia: si apprezza un incremento della pressione venosa a monte della vena stessa
e, specie se l’evento è acuto, si presentano edema dolente ed arrossamento cutaneo
o Ecografia: valuta la presenza di un contenuto endoluminale con variabile ecogenicità, in
base anche all’età del trombo, della non comprimibilità delle pareti associata ad un aumento
del calibro del vaso ed all’assenza del segnale di flusso al color-Doppler ed al Doppler
pulsato. È possibile schematizzare la datazione del trombo in 4 fasi evolutive:
ƒ I fase (1-8 giorni): trombo diffusamente iperecogeno
ƒ II fase (9-14 giorni): trombo anecogeno per la modificazione strutturale delle emazie
del trombo; la vena è dilatata ed incomprimibile, priva di flusso
ƒ III fase (dopo il 14 giorno): trombo iperecogeno, con aree scure alternate ad aree
biancastre; in questa fase possono apprezzarsi canali vascolari comunicanti con la
parete del vaso nel contesto del trombo (primo segno di ricanalizzazione)
ƒ IV: lume del vaso anecogeno, diminuito di calibro; le pareti sono fibrotiche,
ispessite e poco comprimibili. Possono, comunque, osservarsi residui ipoecogeni
dovuti ad eventuali residui trombotici
o Angiografia: ha ruolo terapeutico, permettendo, tramite l’utilizzo di cateteri a palloncino e
stent metallici, il ripristino della regolare pervietà del vaso
Fistole AV per emodialisi: permettono il trattamento emodialitico; sono confezionate
chirurgicamente a livello dell’avambraccio, in particolare a livello della tabacchiera anatomica o
della fossetta antecubitale.
o ECD: metodica di prima istanza per il controllo della fistola
o Angiografia: di seconda istanza, per casi più complessi
o Flebografia:
ƒ Vantaggi
• Visualizzazione panoramica dell’intera fistola
• Valutazione, previo arresto del flusso mediante gonfiaggio di apposito
bracciale, anche del versante arterioso della FAV
ƒ Utilizzo terapeutico: per lesioni ostruttive o trombotiche
Arto inferiore
• Ecografia: metodica di primo livello per lo studio del sistema venoso profondo degli arti inferiori, ne
consente una valutazione morfologica e funzionale non invasiva
• Varici
o Tipologie
ƒ Primitive
ƒ Secondarie: sindrome post-flebitica, FAV, compressioni venose pelviche,
angiodisplasie
o Causa: quella più frequente è l’incontinenza della vena grande safena. Ne consegue un
reflusso, per valutare il quale occorre eseguire delle manovre come la compressione a monte
od a valle o la manovra di Valsalva, al fine di visualizzare con l’ECD la sede e l’entità del
reflusso stesso
o ECD
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ƒ
•
Metodo
• Posizione supina: per lo studio delle vene della coscia
• Posizione ortostatica od a paziente seduto: per lo studio dell’asse venoso
femoro-popliteo
ƒ Tecnica d’esame: consiste nel valutare, seguendone il decorso ed applicando una
leggera pressione con la sonda stessa, gli assi venosi della gamba. In condizioni
normali la parete della vena collabisce, mentre la presenza di un trombo determina
incomprimibilità del vaso
ƒ Altri criteri ECD
• Aumento di dimensioni del vaso
• Assenza di flusso
• Non fasicità del flusso con gli atti respiratori
Trmboflebite venosa profonda (TVP) ed embolia polmonare (EP):
o TC: ha sostituito la scintigrafia polmonare associata ad ECD degli arti inferiori. Consente,
durante lo stesso esame, lo studio sia dell’eventuale presenza di trombi nei rami principali,
segmentari e subsegmentari dell’arteria polmonare, sia della presenza di TVP a livello degli
arti inferiori.
ƒ TC dell’EP: eseguita mediante utilizzo di mdc, documenta l’embolo nel circolo
arterioso polmonare come un’immagine ipodensa, con possibile aspetto “a binario”
dovuto alla presenza di emboli fluttuanti nel lume del vaso
ƒ TC della TVP: si pone come indagine di secondo livello, specie quando la trombosi
si estende in sede sovrainguinale o l’esplorazione ecografica risulta difficoltosa
o Radiologia interventistica: svolge un ruolo importante nel trattamento dell’EP causata da
TVP, grazie al posizionamento di filtri cavali che, utilizzati in associazione alla terapia
fibrinolitica, hanno la funzione di intrappolare fra le loro maglie gli eventuali emboli
trombotici provenienti dal circolo venoso profondo. Si ricorda che i filtri cavali possono
essere:
ƒ Definitivi: non più recuperabili
ƒ Temporanei: removibili
Vena cava
• Studio della vena cava superiore
o TC: è importante nello studio della sindrome della vena cava superiore, consentendi du
valutare l’entità del restringimento o dell’ostruzione e le strutture toraciche adiacenti. È
importante anche nello studio della trombosi cavale, le cui caratteristiche sono:
ƒ Ingrandimento del lume
ƒ Ipodensità centrale (trombo)
ƒ Presenza dei circoli collaterali ipertrofici: vene azygos, vene vertebrali, vene
mammarie interne, vene toraciche laterali e posteriori
o Ecografia (vedi dopo)
o Flebografia: ha maggior valenza terapeutica; è, infatti, possibile trattare con tecnica
endovascolare le ostruzioni neoplastiche mediante il posizionamento di stent metallici e
l’eventuale trombosi con terapia fibrinolitica transcatetere
• Studio della vena cava inferiore
o TC: consente di ben evidenziare la trombosi e di chiarire i rapporti anatomici che la cava
contrae con le strutture adiacenti
o Ecografia: l’emodinamica della cava è influenzata dalla respirazione e dall’attività cardiaca;
con l’inspirazione, infatti, si ha una diminuzione della pressione nella vena cava inferiore,
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mentre aumenterà nelle vene epatiche. La misurazione con modulo Dopller della velocità del
flusso, eseguita con paziente in apnea, in soggetto normale, mostra un flusso trifasico:
ƒ Onda A di reflusso: contrazione atriale
ƒ Onda S negativa: rilasciamento atriale ed abbassamento del piano della valvola
tricuspide
ƒ Onda D negativa: svuotamento dell’atrio e riempimento del ventricolo
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CAP. 3: APPARATO RESPIRATORIO
Par. I: Approccio diagnostico generale
Anatomia polmonare
• Vie
o Di conduzione: trachea e bronchi
o Di diffusione: bronchioli respiratori, dotti alveolari, alveoli
• Unità funzionali
o Lobulo secondario: ha un diametro di 15-20 mm, con base verso la pleura ed apice verso
l’ilo. Vi sono strutture aeree, vasali, linfatiche, nervose e connettivali che fanno capo al
bronchiolo corrispondente (13° ramificazione)
o Acino: è la struttura a capo di bronchioli terminali (16° diramazione), con diametro di 5-7
mm (unità di base radiologica)
o Lobulo primario: del diametro di 1-1,5 mm, è la struttura a capo dei bronchioli respiratori
(19° diramazione):
ƒ Bronchiolo respiratorio
ƒ Dotti alveolari: comunicazione tramite i canali di Lambert
ƒ Sacchi alveolari: comunicazione tramite i pori di Kohn
• Scissure e lobi
o A destra: la scissura obliqua divide il polmone in lobo inferiore e lobo superiore, diviso a sua
volta dalla scissura orizzontale in lobo superiore e lobo medio (3 lobi a destra)
o A sinistra: solo scissura obliqua (2 lobi a sinistra)
• Circolazioni
o Funzionale
ƒ Arterie polmonari: seguono le ramificazioni bronchiali fino al bronchiolo
respiratorio, di fianco alle vie aeree
ƒ Vene polmonari: hanno decorso periferico nel lobulo secondario e nei setti
interlobulari
o Trofica
ƒ Arterie bronchiali
• A sinistra: 2 dall’aorta
• A destra: 1 da arterie intercostali
ƒ Vene bronchiali
• 2/3 in vene polmonari (shunt)
• 1/3 in azygos ed emiazygos
o Linfatica
ƒ Intrapolmonare: attorno al peduncolo bronco-arterioso fino ai dotti alveolari
ƒ Sottopleurica: reticolo periferico prossimo alle vene
• Mediastino: è lo spazio compreso tra i 2 polmoni; è formato da un tessuto connettivo lasso che
contiene numerose strutture
o Limiti
ƒ Anteriore: sterno ed archi costali
ƒ Posteriore: colonna vertebrale
ƒ Inferiore: diaframma
ƒ Superiore: continua col collo
o Spazi
ƒ Mediastino anteriore: tra sterno e cuore e grossi vasi
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o
• Superiore: dietro il manubrio
• Medio: fino al ventricolo destro
• Inferiore: fino al diaframma
ƒ Mediastino medio: contiene cuore e grossi vasi, trachea e bronchi e linfonodi
mediastinici
• Spazio paratracheale (destro e sinistro)
• Spazio sottocarenale: tra carena ed atrio sinistro
• Finestra aorto-polmonare: tra arco superiore dell’aorta ed arteria polmonare
sinistra
ƒ Mediastino posteriore: tra parete posteriore di trachea e cuore e rachide, contiene
esofago, dotto toracico, aorta discendente, vene azygos ed emiazygos, catena del
simpatico
Linfonodi mediastinici
ƒ Catena paratracheale destra e sinistra + catena carenale
ƒ Catena aorto-polmonare + catena anteriore
ƒ Catena paraesofagea
ƒ Catena tracheobronchiale (LN broncopolmonari o ilari)
RX torace
Quest’indagine offre informazioni utili nella valutazione delle vie aeree superiori, degli spazi aerei periferici,
dei vasi polmonari, del mediastino, del cuore, della pleura e della parete toracica.
L’apparato respiratorio, infatti, contiene, rispetto agli altri organi, prevalentemente aria, la quale determina
un contrasto naturale in grado di evidenziare, con il semplice esame diretto, molti particolari della sua
struttura.
L’effetto radiografico che ne consegue, per cui dove c’è aria c’è trasparenze e dove non c’è aria c’è opacità,
determina un intreccio di immagini variamente combinate, che riproducono l’anatomia macroscopica
dell’apparato respiratorio con un dettaglio non raggiungibile negli altri apparati:
• Tecnica: l’esame del torace è effettuato in stazione eretta in proiezione:
o PA: il fascio incidente penetra dal dorso e fuoriesce dal petto del paziente, che poggia
direttamente sulla cassetta radiografica, sì da minimizzare l’effetto di ingrandimento del
cuore dovuto alla divergenza “a cono” del fascio radiante. Inoltre, l’esame è effettuato in
apnea moderatamente inspiratoria, la quale aumenta il contrasto naturale dell’aria e migliora
la dimostrazione del circolo polmonare
o LL
ƒ Sx: minimizza l’ingrandimento dell’ombra cardiaca
ƒ Dx: in presenza di reperti patologici in questo lato
o Obliqua o specifica per determinati distretti (apici, pleura costale, ili)
• Altre note tecniche
o Distanza dal tubo radiogeno di almeno 1,8 m: con la finalità di minimizzare l’ingrandimento
proiettivo del cuore
o Tempo di esposizione: millesimi di secondo: è molto breve, al fine di limitare la sfumatura
di movimento indotta dalle pulsazioni cardiache e vasali sulle strutture polmonari e
mediastiniche
o Tecnica ad alto chilovoltaggio
o Corretto posizionamento delle braccia del paziente per eliminare sovrapposizioni
indesiderate di parti scheletriche:
ƒ PA: pugni chiusi sui fianchi, gomiti flessi e ruotati anteriormente per far sì che le
scapole si proiettino il più lateralmente possibile al di fuori dei campi polmonari
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ƒ
•
•
50 LL: braccia alzate, parallele, facenti presa su di un sostegno, per far sì che scapole e
teste omerali si proiettino il più possibile in alto e posteriormente
o Sempre più frequente utilizzo di tecniche digitali
Indicazioni al radiogramma toracico
o Valutazione di segni e sintomi potenzialmente correlati a patologia respiratoria,
cardiovascolare, del tratto prossimale del tubo digerente e del sistema muscoloscheletrico
del torace
o Follow-up di malattie toraciche note
o Monitoraggio di soggetti con dispositivi di supporto vitale o sottoposti ad interventi
chirurgici cardiaci e toracici od a procedure interventistiche
o Valutazione radiografica preoperatoria in presenza di sintomi cardiaci o respiratori o di
rischio potenziale di patologia toracica, che possa compromettere il risultato chirurgico od
indurre aumentata morbilità o mortalità perioperatoria
o Soddisfacimento di disposizioni di salute pubblica: sorveglianza di pazienti con tbc attiva,
malattie polmonari professionali, esposizione professionale ad agenti nocivi, etc.
Rilievi anatomoradiologici (AR)
o Proiezione PA:
ƒ Strutture superiori
• Trachea: è normalmente riconoscibile in forma di ipertrasparenza
nastriforme, mediana a livello del giugulo, lievemente spostata verso destra
nel mediastino; si divide, al di sotto dell’arco aortico, nei due:
• Bronchi principali: il destro è più corto del sinistro ed il suo asse risulta
quasi in continuazione con quello della trachea. L’angolo compreso tra i due
bronchi non supera, in condizioni normali, i 90°. Agli ili, i bronchi
principali si dividono nei:
• Bronchi lobari: intuibili sul radiogramma
• Bronchi segmentari: intuibili se presi “d’infiltrata”
• Rami bronchiali periferici: rami sottosegmentari e bronchioli non sono
distinguibili, poiché la loro parete non è abbastanza spessa e densa da
determinare un’opacità radiologica sufficiente ed il loro contenuto aereo non
è distinguibile dall’aria alveolare che li circonda.
ƒ Immagine radiografica dei polmoni: è costituita da una radiotrasparenza di base,
sulla quale spiccano i vasi polmonari arteriosi e venosi: è la cosiddetta “trama” o
“disegno”, alla costituzione del quale concorre solo la componente vascolare del
polmone. In condizioni normali, infatti, non si ha alcuna rappresentazione del
parenchima polmonare e dell’interstizio più periferico, i quali si manifestano solo in
condizioni patologiche
ƒ Mediastino: è un’opacità centrale omogenea che divide i due polmoni; principali
costituenti sono cuore e grossi vasi
ƒ Ili: si trovano ai due lati dell’ombra mediastinica. L’ilo radiologico è costituito dai
grossi bronchi e dalle arterie polmonari, che gli conferiscono un caratteristico
aspetto “a grossa virgola” (più evidente a destra). La distinzione tra arterie e vene
non è facile ed alla periferia è quasi impossibile
ƒ Emidiaframmi: delimitano in basso i polmoni. Si ricorda che, in radiologia, si parla
di emidiaframma in quanto aspetto e comportamento del diaframma è diverso ai due
lati. Entrambi, comunque, sono convessi superiormente. Quello di destra,
interamente riconoscibile, si raccorda medialmente con il cuore in corrispondenza
dell’angolo cardiofrenico, lateralmente si approfondisce più del sinistro nel seno
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•
51 costofrenico laterale; a sinistra, invece, l’angolo costofrenico è mascherato dal
cuore. Inoltre, l’emidiaframma destro, sotto cui è apprezzabile la densa opacità
omogenea del fegato, è situato circa 1 cm più in alto del sinistro, al di sotto del quale
si apprezza, invece, l’ipertrasparenza del fondo gastrico.
ƒ Pleura: normalmente non si vede
ƒ Muscolatura toracica, involucro osseo costale, clavicola e scapola: costituiscono
un’opacità che circonda i polmoni
ƒ NB: reperi di normalità
• Nei pazienti normotipi ed in condizioni di profonda inspirazioni gli ili sono
situati a metà distanza fra clavicola e diaframma
• L’estremo osseo anteriore della sesta costa raggiunge la sommità della
cupola diaframmatica
o Proiezione LL: in questo caso, si ha la riproduzione sovrapposta dei due polmoni e del
mediastino: non sono quindi possibili rilievi differenziati fra i due lati. Tuttavia, è possibile
individuare reperti localizzati in zone difficilmente valutabili nella proiezione sagittale
(retrocardiaca, iuxtadiaframmatica) e, soprattutto, localizzare topograficamente rilievi
patologici, la cui sede, anteriore o posteriore, non potrebbe essere stabilita con certezza sulla
base del solo radiogramma frontale. Nella proiezione laterale, comunque, la trasparenza
polmonare è delimitata anteriormente dallo sterno e posteriormente dal tratto dorsale della
colonna vertebrale. Reperti della proiezione LL sono:
ƒ Strutture superiori
• Trachea: è sempre apprezzabile come immagine nastriforme trasparente
• Bronchi lobari superiori: si possono osservare nella porzione inferiore della
trachea come immagini trasparenti anulari (quello destro più alto)
ƒ Ombra cardiaca: assume l’aspetto di un’opacità ovalare, la cui base, in alto e
posteriormente, si proietta al davanti del 5° e 6° corpo vertebrale, ed il cui apice
raggiunge l’angolo anteroinferiore del torace
ƒ Ombra vascolare: è costituita dalle opacità di aorta, vena cava superiore ed ili
• Aorta: è apprezzabile solo a livello della porzione istmica, in quanto solo
questa sporge dal mediastino toccando il polmone e creando un contrasto
naturale
• Vena cava superiore: è riconoscibile come una banda di velatura, che
decorre davanti alla colonna aerea tracheale
• Ili: sono ben distintamente visibili
ƒ Emidiframmi: sono distintamente riconoscibili, quello di destra completamente e
quello di sinistra limitatamente alla porzione posteriore (quella anteriore è nascosta
dal cuore)
ƒ Archi costali
Anatomia topografica macroscopica dei polmoni: radiologicamente, nel polmone normale, se non si
dispone di radiogrammi ortogonali e se le scissure non sono almeno parzialmente visibili perché
prese d’infiltrata, è impossibile individuare la sede dei vari lobi. Proprio per questo motivo, nella
terminologia pratica, per esprimere la localizzazione di un reperto patologico sul radiogramma
sagittale, si fa riferimento ai termini di “campo apicale” o “apice”, di “campo polmonare superiore”
e di “campo polmonare inferiore”:
o Apice: è quella parte di polmone che si proietta sopra una linea orizzontale passante per il
punto più interno della clavicola; non vi è, dunque, un’esatta corrispondenza tra apice
radiologico ed apice anatomico o clinico
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Campo polmonare superiore: è separato dall’inferiore da una linea orizzontale tracciata dal
punto più interno dell’estremo osseo anteriore della terza costa. Il campo superiore
corrisponde, quasi del tutto, al lobo superiore ed al segmento apicale del lobo inferiore
o Campo polmonare inferiore: riproduce il lobo inferiore e medio sovrapposti (a sinistra la
lingula), con l’esclusione del segmento apicale del lobo inferioriore
Considerazioni sui rilievi dinamici: informazioni sulla dinamica respiratoria possono esser ottenute,
oltre che con la radioscopia, con una coppia di radiogrammi, uno in fase inspiratoria ed uno in fase
espiratoria. I territori che maggiormente subiscono escursioni respiratorie sono quelli basali: qui,
appunto, si vedono le maggiori differenze tra i radiogrammi assunti nelle due fasi respiratorie. Le
regioni apicali, invece, sono meno ventilate e costituiscono una sorta di territorio di riserva per
determinate eventualità patologiche.
Inoltre, mentre la pressione alveolare è identica in tutti i distretti polmonari, sul versante vascolare vi
sono dei gradienti di pressione, maggiori nelle regioni declivi (per il sommarsi alla pressione della
pompa ventricolare della pressione della colonna ematica sovrastante).
Peraltro, nella fase espiratoria, la quantità di aria si riduce più alle basi che agli apici, determinando
apparenti opacamenti basali; si riduce, inoltre, la porzione di polmone valutabile sul radiogramma.
Limiti tra normale e patologico: alcuni rilievi possono indurre a giudicare erroneamente patologico
un quadro polmonare del tutto normale:
o Immagini estrinseche all’apparato respiratorio che si proiettano su di esso:
ƒ Alterazioni dello scheletro toracico (calcificazione della parte cartilaginea delle
coste)
ƒ Ombre delle mammelle femminili: danno velature simmetriche nelle regioni
mediobasali
ƒ Immagini dei capezzoli: simulano noduli polmonari (va ricercata la bilateralità)
ƒ Ombre dei muscoli pettorali o dorsali: nei soggetti robusti possono creare velature
simili a quelle delle mammelle femminili
o Immagini pleuriche ed extrapleuriche occasionalmente visibili
o Pseudoscissure azygos
o Scissure accessorie
o Cuscinetto adiposo epipericardico
o Ombra satellite della clavicola ed ombra dello SCM
o
•
•
TC
La progressiva evoluzione delle apparecchiature TC, anche in riferimento alla sempre maggior velocità di
ricostruzione delle immagini, ha indotto un significativo aumento dell’utilizzo di questa applicazione nello
studio della patologia polmonare. Sono utilizzate scansioni dirette e contrastografiche.
Il mdc iodato, introdotto ev, agevola il riconoscimento delle strutture vasali mediastiniche ed ilari e la
discriminazione delle lesioni occupanti spazio dei vari compartimenti toracici:
• Tecniche di base
o TC convenzionale: si acquisiscono in singoli stati di apnea strati multipli di 5-10 mm di
spessore, distanziati di 1 cm, estendentisi dagli apici alle basi
o TC elicoidale: si acquisisce in singola apnea inspiratoria tutto il volume toracico
o TC ad elevata risoluzione (hrCT): si acquisiscono strati multipli di 1 mm di spessore,
distanziati in maniera variabile in relazione alle specifiche problematiche, con filtro di
convoluzione ad alta frequenza spaziale (per una migliore definizione delle strutture
dell’interstizio). Questa tecnica è utilmente impiegata per visualizzare strutture anatomiche
fini (scissure, setti interlobulari, piccoli bronchi) e le relative patologie
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TC dinamica: consente di visualizzare le modifiche respiratorie cui il paziente va incontro in
momenti respiratori diversi
Caratteristiche generali
o L’elevata risoluzione di contrasto consente di visualizzare rilievi anatomici normali e
patologici (soprattutto degli ili e del mediastino) con precisione di gran lunga superiore al
radiogramma convenzionale ed alla TC convenzionale
o La visione panoramica offerta dalla scansione trasversale consente di evidenziare lesioni
collocate in distretti anatomici mal esplorabili con il radiogramma toracico (regioni parailari,
retrocardiache e seni costodiaframmatici)
o La precisione del dettaglio anatomico ottenibile con la TC è utile per identificare e definire
semeiologicamente lesioni anche molto piccole (noduli polmonari periferici, alterazioni fini
dell’interstizio, lesioni minimali della pleura e del parenchima)
o La TC è più sensibile del radiogramma toracico nell’individuazione precoce di numerose
alterazioni patologiche ed è anche più specifica e dotata di più elevato valore predittivo
o Il radiogramma toracico ha ruolo fondamentale, di prima istanza, nel riconoscere o almeno
nel sospettare l’esistenza di numerosi tipi di patologia, ma la TC occupa un ruolo di assoluto
rilievo nel confermarla, nel precisarla sia semeiologicamente sia topograficamente, e sovente
nell’identificarla anche in presenza di un radiogramma negativo
Indicazioni
o TC convenzionale: valutazione di:
ƒ Rilievi patologici individuati nel radiogramma toracico
ƒ Patologia toracica sospettata clinicamente, ma RXƒ Follow-up e stadiazione di lesioni maligne del polmone e del torace
ƒ Manifestazioni toraciche di malattie note extratoraciche
ƒ Anomalie vascolari toraciche note o sospette, congenite od acquisite
ƒ Malformazioni congenite toraciche note o sospette
ƒ Follow-up di malattie polmonari parenchimali e delle vie aeree
ƒ Traumi toracici
ƒ Procedure interventistiche
o hrCT: valutazione di
ƒ Malattie polmonari diffuse, individuate nel radiogramma toracica o nella TC
convenzionale ed eventuale scelta del punto più appropriato per la biopsia
ƒ Parenchima polmonare in pazienti con sospetta patologia con radiogramma normale
o dubbio
ƒ Sospetta patologia delle vie aeree periferiche
ƒ Sospette bronchiectasie
ƒ Estensione di malattie polmonari diffuse ai fini di un’adeguata scelta terapeutica
Tecniche di ricostruzione dell’immagine
o MIP (maximum intensity projection): se occorre il massimo dell’intensità del torace, il pc
consente di visualizzare il torace rappresentato con mediastino pieno di mdc e con le
strutture vascolari
o MinIP (minimum intensity projection): in caso di sospetto di patologie, come pneumotorace
o bronchiectasia, si ricercano le strutture con la minima densità, ossia quelle areate
o SSD (ricostruzione di superficie): si pratica quando non interessa la densità, ma solo il
volume totale dei polmoni
o Navigazione endocavitaria: penetra nella trachea e nei bronchi
o Volume rending (ricostruzione di superficie + MIP): sottrae il parenchima polmonare e
consente di visualizzare le strutture di tipo vascolare
o
•
•
•
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Radioscopia
L’esigenza di questa tecnica emerge dalla necessità estemporanea di valutare aspetti non compiutamente
definiti sulla base dei soli rilievi statici. La radioscopia, dunque, segue (e non precede) l’esame RX standard;
inoltre, dà un’immagine labile, che non lascia traccia, fornendo reperti soggettivi.
Comunque, consente di documentare l’escursione inspiratoria ed espiratoria degli emidiaframmi, la
pulsatilità ilare e cardiaca, la presenza di calcificazioni in strutture in movimento (valvole cardiache),
presunte false immagini o sovrapposizioni di strutture anatomiche normali simulanti lesioni patologiche,
reperti necessitanti di “centraggio radiologico”.
Scintigrafia polmonare
Assume un ruolo di primaria importanza nello studio della sospetta tromboembolia polmonare, nel quale ha
particolare rilievo l’individuazione di difetti segmentari di perfusione e discrepanze tra ventilazione
eperfusione, ma può esser utile anche in altre condizioni. Si distinguono:
• Scintigrafia ventilatoria: fornisce indicazioni sulla ventilazione polmonare regionale. Il paziente
inspira gas radioattivi (133Xe), sostanze gas-mimetiche (Tecnegas) o 99mTc-DTPA in forma di aerosol
con particelle di dimensioni sufficientemente piccole da consentirne il deposito negli spazi alveolari
• Scintigrafia perfusionale: fornisce indicazioni corrispondenti in senso topografico sulla perfusione. È
realizzata con iniezione ev di macroaggregati di sieroalbumina umana marcata con 99mTc, che
embolizzano omogeneamente ciascun segmento polmonare in ragione proporzionale al flusso
ematico che lo perfonde
Ecotomografia
Trova impiego limitato nello studio della patologia toracica (con la rilevante eccezione della ricerca in fase
prenatale di malformazioni polmonari), poiché lo scheletro toracico e l’aria polmonare costituiscono un
ostacolo invalicabile alla propagazione degli US. Indicazioni utili sono costituite dallo studio dei versamenti
pleurici e dell’emitorace “opaco” (ecostruttura liquida pura nel versamento pleurico massivo, ecostruttura
solida di tipo parenchimale nell’atelettasia totale). Il suo impiego più importante, tuttavia, è la guida delle
procedure interventistiche (toracentesi, drenaggio, biopsie).
RM
Non consente una risoluzione anatomica adeguata degli spazi aerei e delle strutture broncovascolari e si
offre, al massimo, come complemento della TC nella valutazione di patologie “di confine” (infiltrazione
parietale di tumori dell’apice polmonare, coinvolgimento mediastinico e diaframmatico). Ha un notevole
ruolo nella stadiazione dei processi neoplastici.
Limiti della RM, infatti, sono:
• Segnale emesso dal parenchima polmonare troppo basso (bassa densità protonica)
• Significativi effetti di diffusione
• Artefatti indotti da moto cardiaco e respiratorio
• Effetti di suscettibilità magnetica indotti dai gradienti di campo più elevati
Angiopneumografia
È l’angiografia, con mdc iodato, dei vasi polmonari, arteriosi e venosi: è una sorta di variante “distale” della
cardioangiografia. Viene realizzata mediante puntura della vena femorale comune o di una vena antecubitale
del braccio e cateterismo del tronco polmonare (angiopneumografia simultanea bilaterale), del ramo
principale di destra o di sinistra (selettiva unilaterale) o delle loro diramazioni (superselettiva).
Le indicazioni dell’angiopneumografia, la quale attualmente costituisce, nei seguenti casi, un’alternativa ad
angio-TC ed angio-RM, sono:
• Malattie polmonari caratterizzate da vascolarizzazione anormale (agenesia di un’arteria polmonare)
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•
Malattia tromboembolica (anche in previsione di procedure interventistiche
Altre tecniche
• Aortografia toracica: effettuata mediante cateterismo retrogrado transfemorale, trova indicazione
nello studio della patologia primitiva vascolare e di talune malformazioni polmonari, come i
sequestri
• Arteriografia bronchiale: consente la dimostrazione del circolo nutritizio del polmone,
frequentemente alterato in alcune patologie croniche. Si ricorda che l’arteria bronchiale sinistra
emerge direttamente dall’aorta, quella destra da un tronco comune intercostale. È utilizzata
esclusivamente con finalità interventistiche in pazienti con emoftoe infrenabile di origine
neoplastica, flogistica o bronchiectasica
Par. II: Semeiotica generale delle malattie polmonari
Introduzione
L’esame RX costituisce di regola l’indagine di prima istanza nello studio del torace: la sua analisi attenta
consente di individuare patologie organiche (come un processo espansivo) e funzionali (come una
ridistribuzione del piccolo circolo per iniziale insufficienza ventricolare sinistra), offrendo informazioni
preliminari sulla sede delle lesioni (gabbia toracica, pleura, polmone, mediastino) unitamente ad un primo
bilancio d’estensione.
Con il solo radiogramma toracico o con l’ausilio di indagini di seconda istanza (solitamente TC), è spesso
possibile formulare una diagnosi di natura, in base ai rilievi semeiologici specifici integrati con le
informazioni anamnestiche, cliniche e laboratoristiche.
Le immagini radiologiche costituiscono, inoltre, preziosa guida di procedure strumentali, mezzo di
stadiazione delle lesioni neoplastiche e modalità elettiva di follow-up dopo terapia chirurgica, radioterapia e
chemioterapia.
Nel radiogramma toracico assume significato qualsiasi alterazione della densità e/o della morfologia delle
varie strutture; riguardo la densità, si parla di:
• Opacità: si determina per lesioni che addensano il parenchima, riducendone od annullandone la
normale radiotrasparenza. Qualsiasi processo che sostituisce l’aria contenuta negli alveoli o aumenti
lo spessore dell’interstizio è responsabile di un’opacità, sia esso costituito da trasudato, essudato,
proliferazione flogistica o neoplastica. Comunque, le opacità possono essere:
o Alveolari (o parenchimali):
ƒ Tipi in base alla riduzione del contenuto aereo
• Omogenee: riduzione omogenea
• Disomogenea: riduzione a chiazze
ƒ Cause
• Riduzione del contenuto aereo (atelettasia): associati segni di perdita di
volume, quali lo spostamento di limitanti mediastiniche, scissurali o
diaframmatiche
• Sostituzione del contenuto aereo (trasudato, essudato, cellule neoplastiche):
non vi è perdita di volume, ma anzi può esservi un aumento del volume
ƒ Distribuzione
• Lobare: atelettasia
• Segmentaria: infarto polmonare
• Non segmentaria: broncopolmoniti
ƒ Reperti caratteristici
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•
•
•
•
Opacità rotondeggianti: testimoniano un processo di crescita attorno ad un
nucleo di partenza (neoplasie, granulomi)
Possibili calcificazioni
Possibili ipertrasparenze (opacità escavate)
o Interstiziali
Ipertrasparenze: sono dovute a lesioni che si lasciano attraversare da raggi X in misura maggiore di
quella del normale parenchima (lesioni “più nere” di ciò che le circonda); si tratta di processi a
contenuto aereo, quali cisti, bolle di enfisema, cavità nel contesto di processi addensanti
Atelettasia
È una riduzione del volume polmonare conseguente alla riduzione del contenuto aereo nei bronchi e negli
spazi alveolari; pur potendo esser causata da diversi meccanismi, la forma classica è sostenuta da ostruzione
bronchiale con conseguente riassorbimento di aria (atelettasia da riassorbimento):
• Forme topografiche
o Atelettasia polmonare: di un intero polmone
o Atelettasia lobare: di un lobo
o Atelettasia segmentaria: di un segment
• Cause
o Neoplasie vegetanti che riducono il lume sino ad ostruirlo
o Masse che lo comprimono dall’esterno
o Cicatrici conseguenti a processi infiammatori
o Tappi di muco e secreti: BPCO, pazienti in terapia intensiva
o Corpi estranei inalati
• Fasi
o Iniziale: non sempre l’atelettasia si accompagna ad opacità in questa fase, cosicché i segni
indicativi della sua presenza sono quelli apportati dalla riduzione del volume polmonare
o Avanzata: riduzione di volume ed opacità a delimitazione segmentaria, lobare o totale sono
sempre presenti
• Caratteristiche delle principali forme
o Atelettasia lobare: la riduzione del volume polmonare assume aspetti semeiologici peculiari
ƒ Dislocazione delle scissure: tanto maggiore quanto più serrata è l’ostruzione
bronchiale. È un segno diretto della riduzione volumetrica polmonare
ƒ Risalita dell’emidiaframma dal lato interessato: più accentuata nelle atelettasie del
lobo inferiore che non in quelle del lobo superiore
ƒ Spostamento del mediastino verso il lato atelettasico:
• Atelettasie lobari superiori: trachea e mediastino superiore
• Atelettasie lobari inferiori: mediastino inferiore e cuore
ƒ Iperinflazione compensatoria del polmone residuo omolaterale e/o controlaterale: è
tanto più evidente quanto più grande è la porzione di parenchima atelettasico. Il
parenchima iperdisteso si presenta ipertrasparente, con disegno rarefatto per
distanziamento dei rami vascolari
ƒ Dislocazione degli ili:
• Verso l’alto nelle atelettasie superiori
• Verso il basso in quelle inferiori
ƒ Riduzione d’ampiezza degli spazi intercostali
ƒ Assenza del broncogramma aereo: uno o più bronchi contenenti aria sono di solito
identificabili nel contesto di un addensamento parenchimale non atelettasico con
l’aspetto di nastri radiotrasparenti ramificati. Al contrario, nell’atelettasia ciò non
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o
avviene, proprio perché c’è ostruzione bronchiale e le diramazioni a valle si
riempiono precocemente di secrezioni che le rendono radiopache
Atelettasia polmonare totale: il mediastino è marcatamente spostato verso il lato interessato,
cosicché il polmone controlaterale può oltrepassare la linea mediana
Collasso polmonare
È una riduzione del volume polmonare secondaria ad eventi differenti quali compressione estrinseca, ritorno
elastico polmonare, ridotta capacità di espansione del polmone (quindi non è dovuto ad ostruzione
bronchiale). L’esempio più tipico è il collasso da pneumotorace o da versamento pleurico.
A differenza dell’atelettasia, è spesso presente un broncogramma aereo (proprio per la pervietà dei bronchi);
in un emitorace opaco, inoltre, questo rilievo aiuta a differenziare la componente parenchimale (con
broncogramma) da quella pleurica (omogenea).
Tuttavia, in presenza di grosse masse pleuropolmonari o voluminose bolle, il parenchima può esser dislocato
e ridotto di volume determinandosi un’atelettasia compressiva.
Forma particolare di collasso distrettuale è quella secondaria ad alterazione del surfattante (atelettasia
adesiva): anche in questo caso è spesso presente un broncogramma aereo.
Forme minori di collasso polmonare sono le atelettasie lamellari discoidi o distelettasie o linee di Fleischner:
conseguono per lo più a scarsa espansione delle basi polmonari negli atti respiratori e sono quindi frequenti
nel radiogramma di pazienti operati al torace o all’addome, nei soggetti allettati a lungo, nei traumatizzati,
nei grandi obesi ed ogniqualvolta vi sia deficit del materiale diaframmatico.
Le distelettasie hanno aspetto di opacità lineari di 2-3 mm di spessore e di qualche cm di lunghezza, disposte
orizzontalmente sopra il diaframma.
Altra forma caratteristica è l’atelettasia rotonda, descritta in pazienti con asbestosi pleurica e con altre
malattie polmonari: si localizza in sede periferica vicino ad un ispessimento pleurico, ha forma ovalare e
margini regolari; sul suo profilo centrale convergono, con andamento curvilineo, bronchi e vasi (segno della
“coda di cometa”).
Opacità alveolari
Ogniqualvolta l’aria contenuta negli spazi aerei è sostituita in parte o totalmente da liquidi o da tessuti
patologici, si formano delle opacità alveolari:
• Forme topografiche
o Opacità acinari (6-8 mm): sono le più piccole opacità alveolari distinguibili nel radiogramma
toracico
o Opacità lobulari (10-25 mm)
o Opacità lobari
• Aspetto: è cotonoso, data la sfumatura dei margini delle opacità, nel cui contesto potrà descriversi un
broncogramma aereo, indice della conservata pervietà bronchiale
• Cause più comuni
o Acute
ƒ Edema polmonare
• Cardiogeno: gli addensamenti sono gravitazionali, bilaterali, rapidamente
confluenti (perché costituiti da trasudato libero di muoversi)
• Da aumento della permeabilità alveolo-capillare: gli addensamenti sono a
chiazze, con scarsa tendenza alla confluenza (perché costituiti da essudati
proteinacei ad elevato contenuto cellulare) e distribuiti abbastanza
omogeneamente dall’apice alla base
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•
o
Da iponchia: è abbastanza caratteristica la distribuzione delle opacità nelle
zone centrali del polmone con risparmio delle parti periferiche (aspetto “ad
ali di farfalla”)
ƒ Polmoniti: le opacità tendono a raggiungere dimensioni segmentarie o lobari,
diventano presto omogenee ed è frequente il riscontro del broncogramma aereo
ƒ Broncopolmoniti: hanno aspetto disomogeneo ed il broncogramma aereo è spesso
assente
ƒ Alveoliti: non si manifestano vere opacità, ma zone di velatura della trasparenza
polmonare, con aspetto “a vetro smerigliato”. Queste alterazioni, ben documentabili
alla hrCT, presentano caratteristiche peculiari:
• Densità minore rispetto alle usuali opacità
• Opacità dei vasi identificabili nel loro contesto
ƒ Malattia delle membrane ialine
ƒ Emorragie polmonari
ƒ NB: il riempimento dei bronchioli con muco, pus o fluido, può mettere in evidenza
le ramificazioni normalmente non visibili delle vie aeree periferiche, generando un
caratteristico aspetto “ad albero in fiore”. Alla genesi di questo aspetto
contribuiscono anche l’ispessimento delle pareti dei bronchioli e l’infiammazione
peribronchiolare
Croniche
ƒ Tbc
ƒ Micosi
ƒ Sarcoidosi
ƒ Linfomi
ƒ Carcinoma bronchioloalveolare
Opacità interstiziali
L’ispessimento dell’interstizio peribroncovasale, perilobulare e subpleurico (grosso interstizio) e
dell’interstizio parenchimale interalveolocapillare (piccolo interstizio) dà luogo alla comparsa di opacità
interstiziali, di aspetto alquanto caratteristico nonostante la varietà dei substrati AP:
• Cause più comuni
o Opacità nodulare
ƒ Metastasi
ƒ Tbc miliare
ƒ Sarcoidosi
ƒ Linfomi
ƒ Micosi
ƒ Silicosi
o Opacità reticolari/ lineari
ƒ Edema interstiziale
ƒ Collagenosi
ƒ Asbestosi
ƒ Fibrosi idiopatica
• Aspetti comuni
o Disposizione anatomica in sedi elettive dell’interstizio
o Molteplicità delle lesioni
o Piccole dimensioni (< 1 cm)
o Margini netti
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Comportamento: si stagliano su di un fondo di trasparenza caratteristicamente conservato e
di solito non presentano tendenza alla confluenza. La trasparenza di fondo, tuttavia, si riduce
allorquando l’ispessimento dell’interstizio è di entità tale da soffocare gli spazi aerei in esso
compresi, inducendo radiologicamente una velatura a vetro smerigliato
o Ruolo della TC: risolutiva in casi dubbi o negatici
Forme semeiologiche
o Opacità lineari: sono costituite da linee radiopache, per lo più sottili, visibili col
radiogramma toracico e ben definibili con la hrCT. Frequentemente corrispondono a
cicatrici parenchimali esito di processi flogistici o di infarti locali:
ƒ Interessamentodell’interstizio peribroncovasale: altera, infatti, la normale visibilità
delle strutture bronchiali. Le pareti dei grossi bronchi ed i tessuti peribronchiali si
ispessiscono e sono meglio riconoscibili, sia se colti dal fascio di raggi X secondo il
maggior asse (strie “a binario”) sia se colti d’infilata (“cuffie peribronchiali”)
ƒ Interessamento dell’interstizio perilobulare: dà luogo alla comparsa di opacità lineari
orizzontali alle basi, dette linee settali o di Kerley, che possono essere di tipo:
• A: sono intraparenchimali, centrali, continue, di circa 1 mm di spessore e 34 cm di lunghezza
• B: sono periferiche, basali, perpendicolarmente disposte rispetto alla
superficie pleurica, di circa 1 mm di spessore ed 1-2 cm di lunghezza
• C: centrali, reticolari
ƒ Coinvolgimento dell’interstizio subpleurico: è responsabile dell’aumento dello
spessore della limitante opaca marginale (con seno costofrenico, a differenza del
versamento pleurico, normale)
ƒ Interessamento dell’interstizio intralobulare: definibile solo alla hrCT
o Opacità nodulari: sono osservate in malattie che si sviluppano in forma nodulare
nell’interstizio peribroncovasale ed in quello lobulare (malattie granulomatose) o che
giungono al polmone attraverso l’albero arterioso (tbc miliare, metastasi) o bronchiale
(silicosi). Si presentano come noduli multipli, di dimensioni variabili (< 1 cm)
o Opacità reticolari: sono costituite da opacità lineari (settali e peribroncovasali) variamente
sovrapposte sì da formare un reticolo a maglie più o meno regolari
o Opacità reticolonodulari: sono costituite da opacità reticolari e nodulari sovrapposte
o Alterazioni cistiche: si manifestano a causa di fenomeni di distensione bronchiale, per
sfiancamento della parete o trazione fibrotica con distorsione delle strutture interstiziale in
corso di malattie fibrosanti come fibrosi idiopatica, asbestosi e collagenopatie. Sono
caratterizzate da un rimaneggiamento dell’architettura del lobulo, le cui strutture vengono
sostituite da piccoli spazi cistici circondati da parete più o meno spessa, talvolta rivestita da
epitelio bronchiale.
L’aspetto radiologico, meglio definibile con la hrCT, è quello di caratteristiche areole
rotondeggianti ipertrasparenti del diametro di pochi mm, circondate da un orletto iperdenso
(aspetto “a favo d’api”)
o
•
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Alterazioni diffuse del circolo polmonare
• Variazioni del flusso:
o Quantitative
ƒ Iperafflusso: è individuabile nel radiogramma toracico per la ricchezza del disegno
polmonare, conseguenza dell’aumento del calibro e del numero dei vasi polmonari,
che tuttavia mantengono le normali caratteristiche di distribuzione e morfologia
• Fisiopatologia: non coincide ad ipertensione polmonare, poiché, in caso di
iperafflusso, si ha apertura del circolo polmonare di riserva con caduta delle
resistenze
• Cause
o Condizioni parafisiologiche: sforzi fisici, gravidanza
o Condizioni patologiche sistemiche: febbre, tireotossicosi,
policitemie ipervolemiche
o Condizioni di aumento elettivo del flusso polmonare: shunt cardiaco
sinistro-destro
ƒ Ipoaffluso (od oligoemia): è individuabile nel radiogramma toracico per la povertà
del disegno polmonare e per l’aumento della trasparenza di fondo, legato alla
diminuzione del contenuto ematico nel microcircolo. Cause di ipoafflusso sono:
• Cause cardiache: stenosi dell’arteria polmonare, tetralogia di Fallot
• Cause vascolari organiche: obliterazione, occlusione o distruzione di vasi,
come nelle endoarteriti e nelle tromboembolie
• Cause vascolari funzionali: vasocostrizione da ipossia, come nelle ostruzioni
bronchiali neoplastiche
o Qualitative
ƒ Dirottamento (o redistribuzione): consiste in una deviazione compensatoria del
flusso da territori parenchimali danneggiati verso altri integri. Radiologicamente, si
presenta sotto forma di iperafflusso distrettuale. Nell’insufficienza ventricolare
sinistra e nella valvulopatia mitralica, la redistribuzione del flusso è sempre verso gli
apici poiché l’aumento della pressione venosa polmonare si manifesta precocemente
a livello basale
• Variazioni della pressione
o Ipertensione arteriosa (o precapillare): è riconoscibile nel radiogramma toracico per la
presenza di alcuni segni altamente indicativi. Il tronco dell’arteria polmonare ed i suoi rami
principali con le diramazioni maggiori (quindi gli ili) sono dilatati; a tale dilatazione fa
seguito un brusco restringimento, che detrmina un’incisura sul contorno vasale od un
caratteristico aspetto “a racchetta da tennis”. Vi è, quindi, una caratteristica discrepanza fra
dilatazione prossimale e restringimento distale delle arterie polmonari (aspetto “ad albero
potato”). Cause di ipertensione arteriosa sono:
ƒ Distruttive: enfisema, fibrosi
ƒ Costrittive: endoarteriti, sclerosi reattiva dell’intima e della media
ƒ Ostruttive: tromboembolia acuta e cronica
ƒ Funzionali: ipertono arterioso diffuso
o Ipertensione venosa (o post-capillare): è riconoscibile nel radiogramma toracico, allorquando
la pressione atriale sinistra supera i 20 mmHg, sotto forma della sequenza: dirottamento >
edema interstiziale > edema alveolare > trasudazione pleurica.
o Associazione di ipertensione arteriosa e venosa:
ƒ Contemporanea: scompenso acuto ventricolare sinistro, embolia polmonare
ƒ Successiva
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Nodulo polmonare solitario
È un’opacità intrapolmonare rotondeggiante od ovalare di diametro inferiore < 3 cm, non associata ad
ulteriori reperti nodulari, linfonodali od atelettasici. Le lesioni > 3 cm sono considerate “masse” e l’iter
diagnostico relativo è fortemente condizionato dall’elevata probabilità di malignità.
I noduli polmonari solitari, invece, sono benigni nel 60-70% dei casi:
• Obiettivi della diagnostica per immagini
o Differenziare noduli benigni da quelli maligni
o Definire l’approccio bioptico più indicato nei casi dubbi (percutaneo, transbrochiale,
chirurgico)
• Approccio
o In prima linea
ƒ RX
ƒ TC
o In seconda linea
ƒ TC con mdc: il grado di c.e. è direttamente correlato alla vascolarizzazione del
nodulo e, pertanto, in relazione alla neoangiogenesi neoplastica, aumentato nei
noduli maligni
ƒ PET: l’elevato metabolismo tumorale rende la PET con 18F-FDG molto accurata
nella diagnosi di malignità di un nodulo polmonare solitario
• Criteri per la definizione della natura del nodulo
o Velocità di accrescimento: qualunque accrescimento dimostrabile di un nodulo polmonare è
motivo sufficiente per indurre alla sua asportazione chirurgica
o Densità: è generalmente parenchimatosa nei noduli sia benigni che maligni, ma possono
esser presenti componenti adipose, calcifiche od a vetro smerigliato:
ƒ Tessuto adiposo: è indice di benignità e virtualmente diagnostico di amartoma
ƒ Calcificazioni (diffuse, centrali o lamellari): sono anch’esse indice di benignità; tipi
particolari sono:
• Calcificazioni “a pop corn”: amartoma
• Calcificazioni eccentriche: nei noduli sia benigni che maligni
ƒ Componente a vetro smerigliato (nodulo “semisolido”): può riscontrarsi in caso di
carcinomi bronchioloalveolari
o Margini:
ƒ Tipi
• Netti e regolari: solitamente, ma non sempre, benigni
• Sfumati ed irregolari: indice di malignità
• Lobulati: le lobulazioni sono indice di accrescimento disordinato di gittate
di tessuto tumorale
• Spiculati: il riscontro di spiculature sotto forma di travate di tessuto che si
irradiano dai margini di un’opacità rotondeggiante verso i tessuti
circostanti, espressivo di fenomeni desmoplastici reattivi, caratterizza nel
90% dei casi una lesione maligna
o Dimensioni: la probabilità di malignità è correlata in maniera direttamente proporzionale
alle dimensioni. Nessuno nodulo < 5 mm è ritenuto maligno
o Cavitazioni: la presenza di componenti aeree è di riscontro relativamente frequente sia nei
noduli benigni che in quelli maligni. Generalmente nei noduli benigni escavati le pareti
sono sottili ed il contorno interno regolare, mentre nei noduli maligni l’escavazione è tanto
più frequente ed estesa quanto più l’opacità è voluminosa, le pareti hanno spessore non
uniforme ed il contorno interno irregolare.
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L’aria penetra attraverso connessioni bronchiali per la discontinuità della superficie della
lesione o vi si forma seguito di processi flogistici (ascesso).
o Noduli satelliti: sono piccoli noduli associati alla lesione dominante. La loro presenza
depone per diffusione endobronchiale di alterazioni flogistiche attive, con valore predittivo
di benignità del 90% circa
Calcificazioni
Il riscontro di calcificazioni polmonari può avvenire in maniera isolata oppure nel contesto di un’alterazione
patologica diversa, ad esempio un’opacità rotondeggiante. Nel primo caso, la calcificazione costituisce
spesso l’unica spia residua di una patologia pregressa; nel secondo, essa può risultare elemento importante
nell’etichettamento del processo patologico in cui si colloca.
In linea generale, comunque, ha luogo nel contesto di tessuti degenerati e necrotici.
Si riconoscono:
• Calcificazioni parenchimali isolate: sono, in genere, l’esito di un processo granulomatoso
(soprattutto tbc). Il focolaio di Ghon del complesso primario ne è l’esempio più tipico. Calcificazioni
isolate possono trovarsi anche nel contesto di lesioni maligne
• Calcificazioni parenchimali diffuse:
o Microlitiasi polmonari
o Ipertensione atriale sinistra (come da stenosi mitralica)
o Silicosi ed asbestosi
o Polmoniti
• Calcificazioni linfonodali
o Amorfe nella tbc
o “a guscio d’uovo” nella silicosi
• Calcificazioni pleuriche (pachipleurite calcifica): solitamente esito di pregresso emotorace,
piotorace, versamento specifico od asbestosico, sono presenti per lo più a placche
• Calcificazioni delle arterie polmonari
o Nell’ipertensione precapillare
o Nei rari aneurismi del tronco polmonare, all’interno di trombi endoluminali
Par. III: Patologia respiratoria infettiva ed interstiziale
Processi infiammatori acuti
• Caratteristiche generali
o Dopo l’avvento dell’era antibiotica, è nettamente diminuita la frequenza delle polmoniti
batteriche in raffronto alle polmoniti da virus e micoplasmi
o Nel contesto delle polmoniti batteriche, il diplococco, responsabile della classica polmonite
lobare franca, interviene in ragione sempre minore rispetto ad altri Gram+ (strepto- e
stafilococchi)
o La percentuale di polmoniti da Gram- è del 20%, maggiore nei soggetti ospedalizzati
o I quadri radiologici osservabili consentono di:
ƒ Individuare la presenza del processo infiammatorio acuto
ƒ Caratterizzarne l’aspetto generale
• Opacità omogenea pneumonitica (alveolare)
• Opacità multiple lobulari broncopneumoconiotich
• Opacità interstiziali
ƒ Definire l’estensione
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ƒ NB: raramente forniscono sicure indicazioni eziologiche!
Le polmoniti batteriche determinano prevalentemente opacità alveolari e le polmoniti
atipiche prevalentemente opacità interstiziali
o Generalmente il radiogramma toracico nelle due proiezioni ortogonali è sufficiente agli
scopi e solo in casi particolari è necessario il ricorso alla TC
Finalità dello studio per immagini
o Verificare l’ipotesi clinica di processo infiammatorio polmonare, identificando
l’alterazione
o Contribuire alla definizione della prognosi, monitorandone il decorso dopo opportuna
terapia
o Identificare le possibili complicanze
Tipi più frequenti di polmonite
o Polmonite da pneumococco o polmonite franca lobare: il batterio giunge e si moltiplica a
livello alveolare, dove dà luogo alla produzione di abbondante edema con scarsa reazione
cellulare. L’essudato può così passare velocemente da un alveolo all’altro, diffondendosi
nel parenchima e traducendosi radiologicamente in un’opacità omogenea ad estensione
lobare. Nel suo contesto è sempre apprezzabile il broncogramma aereo
o Polmonite da klebsiella: frequente negli alcolisti cronici e nei pazienti ospedalizzati,
presenta, in comune con la precedente, la formazione e diffusione rapida dell’essudato
alveolare. Questo, tuttavia, è più abbondante e può provocare aumento di volume del lobo
affetto con aspetto “bombato” delle scissure. La componente cellulare abbondante è
responsabile della necrosi e della formazione di ascessi (fino alla gangrena polmonare), che
cavitano con possibile rottura nella cavità pleurica e formazione di empiema,
piopneumotorace e fistole broncopleuriche
o Broncopolmoniti: sostenute da germi la cui azione si manifesta inizialmente a livello della
mucosa bronchiale, sono apprezzabili radiologicamente come opacità alveolari multiple, a
chiazze, con simultaneo interessamento del grosso interstizio peribronchiale. Il
coinvolgimento dei bronchi induce una riduzione di volume del distretto interessato su base
ostruttiva
o Polmonite interstiziale: tipicamente da virus e micoplasmi, edema ed infiltrato cellulare
interessano prevalentemente l’interstizio oltre che gli alveoli. Queste forme, dunque,
presentano un certo polimorfismo morfologico, con opacità di aspetto reticolo-nodulare e,
soprattutto nelle fasi iniziali, opacità alveolari multiple. Varianti possono essere:
ƒ Ilifughe: si irradiano verso la periferia con manicotti di ispessimento peribronchiale
ƒ Lobitiche: all’opacamento massivo, per lo più del lobo superiore, si associa una
certa riduzione di volume a carattere atelettasico, espressiva della simultanee
compromissione bronchiale
ƒ Ad opacità omogenea: rotondeggiante, densa, simil-neoplastica
Aspetti radiologici particolari
o Bulging scissurale: aumento di volume del lobo con sporgenza delle scissure, in corso di
essudazione abbondante (pneumococco, klebsiella)
o Ascessualizzaione
o Empiema pleurico
o Sindrome acuta respiratoria severa (SARS): è una forma atipica di polmonite, a decorso
clinico grave ed esitante in decesso entro 15 giorni in circa il 10% dei soggetti colpiti
ƒ RX
• Fase iniziale: l’unico rilievo presente è un’opacità periferica subpleurica,
ad aspetto a vetro smerigliato o da riempimento alveolare
o
•
•
•
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•
ƒ
Fase avanzata: l’opacità coinvolge estesamente le parti basali di uno di
entrambi i polmoni
hrCT: è molto sensibile
Tbc polmonare
• Ciclo primario:
o Quadro caratteristico: la classica doppia localizzazione, polmonare e linfonodale,
dell’infezione tbc primaria (complesso primario o di Ghon) determina:
ƒ Opacità parenchimale circoscritta di tipo alveolare, a contorni poco sfumati
ƒ Ingrandimento e deformazione dell’ilo omolaterale per la comparsa di opacità
omogenee a contorni netti, dovute all’adenopatia consensuale: questo reperto è il
segno radiologico più tipico e costante del complesso primario
o Altri possibili reperti
ƒ In casi del tutto occasionali, sorpresi in piena fase di acuzie: strie interstiziali che
collegano la localizzazione polmonare a quella ilare (espressione di linfoangite)
ƒ Reazione perifocale primaria od epitubercolosi: reazione essudativa aspecifica
perifocale
o Evoluzione
ƒ Guarigione primaria: è la norma; possono residuare calcificazioni ilari (meno
frequentemente parenchimali)
ƒ Complicanze
• Cavitazione della localizzazione polmonare con formazione della caverna
primaria: si manifesta con la comparsa di un’immagine ipertrasparente
rotondeggiante, delimitata da un cercine sottile. Da questa caverna può
diffondere nei bronchi materiale bacillifero, con conseguente insorgenza di
broncopolmoniti multiple specifiche
• Fistolizzazione dell’adenite nelle pareti di un bronco o della trachea: dà
luogo alla disseminazione broncogena di materiale bacillifero e conseguente
insorgenza di broncopolmoniti multiple specifiche
• Stenosi bronchiale: interessa per lo più il bronco lobare medio od il bronco
lingulare, il cui lume è ristretto o per diretto coinvolgimento della parete o
per la compressione esercitata dai linfonodi circostanti. Ne consegue la
cosiddetta sindrome del lobo medio, cioè una polmonite cronica, che
radiologicamente si evidenzia con opacità disomogenea ad estensione
segmentaria o lobare, perdita di volume dei territori coinvolti, ili ingranditi e
deformati per la presenza di linfoadenopatia
• Disseminazione ematogena precoce: si manifesta con la comparsa di
numerose piccole localizzazioni nodulari interstiziali rotondeggianti, a
margini ben definiti (miliare primaria)
• Tbc post-primaria: le due diverse forme di esordio, essudativa e produttiva, costituiscono risposte
diverse dell’organismo allo stesso stimolo batterico
o Forma essudativa
ƒ Infiltrato tisiogeno precoce di Assmann-Redeker: è un’alveolite essudativa specifica
circoscritta. L’attributo “tisiogeno” ricorda la principale caratteristica evolutiva del
processo: la caseosi e l’ulcerazione. L’infiltrato tisiogeno si presenta
radiologicamente come un’opacità rotondeggiante, di qualche cm di diametro, a
contorni sfumati, non accompagnata da adenopatia ilare consensuale
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ƒ
•
•
Lobite tubercolare: interessa un intero lobo (di solito il superiore destro) ed ha
tendenza alla rapida caseosi ed alla ulcerazione, con conseguente quadro
multicavitario “a formaggio svizzero”
ƒ Broncopolmonite a localizzazioni multiple
ƒ Caverna tubercolare: manifestazione evolutiva più tipica di tutta la malattia, ha
l’aspetto di ipertrasparenza ben delimitata, a contorni diversi a seconda del
meccanismo di formazione:
• Da fusione: denso strato circostante di tessuto caseoso
• Dinamiche: cercine anche molto sottile, specie quando la caverna sia
insufflata od iperdistesa per meccanismo a valvola espiratoria del suo
bronco tributario
o Forme diffusive: a genesi linfo-ematogena e quindi ad estrinsecazione interstiziale, sono le
cosiddette miliari, caratterizzare dalla presenza di granulomi tubercolari costituiti da
tubercoli miliarici (visibili radiologicamente solo quando raggruppati in conglomerati
macroscopici)
Guarigione
o Processi di fibrosi, sclerosi e calcificazioni
o Guarigione delle caverne
ƒ Per collabimento delle pareti
ƒ Per elisione della perdita di sostanza > cicatrice stellata
ƒ Per disgregazione del cercine > ipertrasparenza irregolare, priva di contorno
ƒ Per guarigione aperta > immagine cavitaria, detersa, di aspetto regolare come una
cisti aerea
Tubercoloma: è qualsiasi localizzazione tubercolare a grosso nodulo solitario
o Tipi
ƒ Nodulo tipico della tbc produttiva cronica: ad evoluzione lenta e benigna, è
caratterizzato dalla formazione di un nucleo centrale e da successive apposizioni
stratificate di tessuto granulomatoso specifico
ƒ Nodulo derivante dalla conglomerazione di tubercoli o dall’evoluzione cicatriziale
di caverne non svuotate per la completa chiusura del bronco di drenaggio
o Aspetto RX: opacità solitaria, di densità elevata e piuttosto omogenea (ma talora con piccole
calcificazioni nel suo contesto), a contorni definiti, di aspetto simil-neoplastico, delle
dimensioni di alcuni cm
Polmoniti interstiziali idiopatiche
Costituiscono un insieme di patologie aventi in comune un infiltrato infiammatorio cellulare e/o fibrosante
ed un’eziologia sconosciuta. La manifestazione più diffusa è la fibrosi polmonare idiopatica, caratterizzata da
insufficienza respiratoria progressiva di tipo restrittivo:
• Classificazione
o Polmonite interstiziale (PI) usuale
o PI non specifica
o PI desquamativa
o PI acuta
o PI linfocitaria
o Polmonite organizzata
o Polmonite respiratoria sinciziale
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•
Aspetto AR della polmonite interstiziale usuale: caratterizzata da fibrosi a distribuzione eterogenea
spazialmente e temporalmente (aree di fibrosi iniziale e matura) con foci di proliferazione
fibroblastica
o Quadro RX: è caratterizzato da opacità reticolo-nodulare distribuite preferenzialmente alle
basi ed in sede subpleurica; in seguito, nelle fasi più evolute, il quadro è tipo “a favo d’api”
o hrCT: i rilievi sono identificabili precocemente:
ƒ opacità reticolari a favo d’api
ƒ bronchiectasie da trazione
ƒ scarso ed isolato aspetto a vetro smerigliato
Ascesso polmonare
Alcune forme pneumonitiche in cui si ha elevata componente cellulare dell’essudato e quindi necrosi
tissutale (polmonite da stafilococchi e da Gram-) hanno peculiare tendenza alla formazione di ascessi.
Quando un’opacità broncopneumotica si ascessualizza, il nucleo centrale diviene più denso ed omogeneo;
quando poi l’ascesso si apre nell’albero respiratorio, compare all’interno dell’opacità una cavità quasi
sempre centrale e molto spesso contenente un livello liquido.
Le pareti interne della cavità, inoltre, possono essere regolari o ad aspetto mammellonato per la presenza di
residui di tessuto purulento non eliminato.
L’ascesso, poi, può complicare una neoplasia periferica (cancro-ascesso).
Come tutte le manifestazioni cicatriziali, infine, anche la guarigione dell’ascesso comporta retrazioni,
deformazioni, stiramenti, lacerazioni, bronchiectasie.
Echinococcosi
Diffusa soprattutto in Sardegna, dove l’allevamento delle pecore ha un grande sviluppo, è caratterizzata dalla
crescita polmonare del parassita sotto forma di cisti: la cisti, ripiena di liquido, determina, al radiogramma,
un’opacità omogenea, rotondeggiante, a contorni netti “come tracciati col compasso” (quindi con presenza
della capsula). La cisti è, in genere, unica ed il più delle volte ha sede basale posteriore destra.
All’osservazione radiologica, inoltre, in rapporto al contenuto liquido, la forma dell’opacità si modifica con
gli atti respiratori: nell’inspirazione forzata si allunga, nell’espirazione forzata si restringe.
Elemento diagnostico importante, poi, è la tipica trasparenza falciforme dovuta alla penetrazione di aria tra
pericistio e membrana cistica (segno dello scollamento della membrana).
Se la cisti si apre in un bronco, la membrana può rimanere galleggiante sul liquido residuo, determinando il
caratteristico segno del galleggiamento della membrana (o segno della ninfea).
La parete cistica può esser sede di calcificazioni multiple arciformi. Complicanze, infine, sono
ascessualizzazione, pleurite e/o pneumotorace.
Par. IV: Patologia polmonare vascolare
Emorragie polmonari
• Emorragie polmonari post-traumatiche: danno luogo alla formazione, in corrispondenza topografica
con la sede del trauma, di opacità alveolari isolate o multiple, che regrediscono a vista d’occhio nei
controlli radiografici seriati nel tempo. Si associano con grande frequenza a fratture costali
• Emosiderosi polmonare idiopatica e sindrome di Goodpasture: sono affezioni ad eziopatogenesi
probabilmente disimmunitaria, caratterizzata da episodi emorragici endoalveolari ripetuti nel tempo
e da anemia sideropenica (con associata GN nella sindrome di Goodpasture). Interessano soggetti in
età giovanile ed hanno prognosi infausta.
I quadri RX sono del tutto identici:
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o
o
o
o
Primo episodio emorragico polmonare: sindrome da riempimento alveolare in forma similedematosa diffusa (ma con ombra cardiaca normale)
Dopo 2-3 giorni: aspetto reticolare (per la veicolazione dei prodotti di disgregamento
ematico nei tessuti interstiziali e nei linfatici
Dopo 1-2 settimane: ritorno alla norma
In caso di episodi emorragici ripetuti: fibrosi evolutiva
Vasculiti
Le vasculiti sono un insieme eterogeneo di affezioni aventi quale elemento in comune un danno
infiammatorio-necrotico della parete dei vasi di piccolo, medio e grosso calibro; quelle che colpiscono in
maniera più o meno preponderante il polmone sono:
• Granulomatosi di Wegener: vasculite polmonare più comune, è caratterizzata da:
o Triade
ƒ Lesioni di trachea, bronchi e polmoni (100%)
ƒ Lesioni di naso e seni paranasali (90%)
ƒ GN (85%)
o Quadro RX
ƒ Opacità polmonari multiple, rotondeggianti, a margini sfumati, di diametro fino a 10
cm, con spiccata tendenza alla cavitazione
ƒ Ispessimento circonferenziale della parete di trachea e bronchi
• Granulomatosi allergica (o sindrome di Churg-Strauss): caratterizzata da sintomi severi e da
interessamento vascolare importante da parte di granulomi ricchi di eosinofili, ha un quadro
radiologico simile a quello di una polmonite eosinofila, ma può assumere aspetto interstiziopatico
diffuso e, meno comunemente, di opacità rotondeggianti multiple che, a differenza della
granulomatosi di Wegener, non vanno incontro ad escavazione
Embolia ed infarto polmonare
L’occlusione improvvisa e duratura dell’arteria polmonare o di suoi rami, per embolia o per trombosi, può
produrre la classica sequenza ischemia, emorragia endoalveolare e necrosi, che esita di norma in guarigione
con fibrosi e cicatrizzazione.
L’embolia polmonare, comunque, è seguita da infarto nel 10-15% dei casi.
• Approccio clinico-diagnostico
o Valutazione del D-Dimero
ƒ < 200 ng/ml: ha VPN del 99%
ƒ > 200 ng/ml: si procede alla DPI
o RX polmonare + ecocardiogramma o ECD arti inferiori
o TC spirale: gold standard
o Scintigrafia polmonare ventilatoria/perfusoria: era il gold standard, ma oggi è
un’integrazione alla TC
o Angio-RM: in pazienti con embolia polmonare cronica
• Finalità della diagnostica per immagini
o Dimostrazione del difetto perfusorio: RX e scintigrafia polmonare
o Documentazione dell’ostruzione: TC, angiopneumografia
• Mezzi
o RX toracico:
ƒ Macroembolia senza infarto
• Marcata riduzione circoscritta del disegno polmonare nel territorio
ischemico
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•
o
o
68 Rami arteriosi rarefatti e sottili con conseguente ipertrasparenza in queste
zone (segno di Westermark)
• Abnorme dilatazione dell’arteria polmonare in sede ilare con brusco
restringimento del tratto a valle (segno della nocca)
• Esaltazione del reticolo vascolare (segno di Flischner)
• Risalita dell’emidiaframma del lato interessato (in rapporto alla diminuzione
del volume polmonare per la ridotta produzione di surfattante da ridotta
perfusione)
• Obliterazione dell’angolo costo-frenico laterale per la presenza di un tenue
versamento pleurico reattivo
• Possibile prominenza dell’arco cardiaco medio sinistro (prima espressione
dell’instaurarsi del cuore polmonare)
ƒ Microembolie multiple: quadro dell’ipertensione precapillare
ƒ Lesione infartuale (emorragica o necrotica):
• Fase iniziale: tenue opacità alveolare, a contorni sfumati
• Fase successiva: opacità più densa e definita (raramente a forma triangolare)
• NB: l’infarto situato negli angoli costo-frenici può esser differenziato da un
piccolo versamento pleurico per la convessità del contorno prossimale
(gobba di Hampton)
• NB: la differenza tra infarto emorragico e necrotico poggia solamente sul
criterio evolutivo:
o Emorragico: compare entro 24 ore dall’evento embolico e
regredisce senza lasciar traccia in circa 7 giorni
o Necrotico: compare dopo qualche giorno e regredisce in circa un
mese, lasciando opacità cicatriziali lineari residue
TC: realizzata con tecnica spirale a strato sottile durante infusione ev di mdc iodato,
consente un’analisi vascolare di elevata definizione. Trombosi acute e croniche sono
evidenziate sotto forma di difetti di opacizzazione parziale o completi di un vaso arterioso
polmonare. L’impiego della TC è sempre più frequente, soprattutto in emergenza, anche per
la possibilità di ottenere dettagliate informazioni sul parenchima polmonare e sulla pleura e
di identificare eventuali fonti emboligene nei distretti profondi
Scintigrafia polmonare
ƒ Tecniche
• Perfusionale: con microaggregati/microsfere di albumina (20-50 mm)
marcate con 99mTc: diminuzione del flusso distale all’embolo
• Ventilatoria:
o Miscele con 133Xe o 127Xe
o Aerosol con 99mTc
ƒ Quadro
• Mancata distribuzione del radiofarmaco in corrispondenza di aree uni- o
plurisegmentate
• Aree di perfusione forzata
• Alterazioni del gradiente di perfusione
ƒ Limite: pur avendo un’elevata sensibilità, la sua specificità può esser diminuita da
concomitanti alterazioni parenchimali in grado di ridurre la perfusione polmonare
distrettuale (atelettasie, bronchiectasie, bolle di enfisema); si rende, in questi casi,
utile associare una scintigrafia ventilatoria
ƒ Fasi
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•
o
Embolia polmonare recente: nelle prime ore dopo il verificarsi dell’embolia,
i segmenti interessati possiedono ancora una componente ventilatoria
normale
• Embolia polmonare in fase subacuta: poche ore dopo l’arresto della
perfusione ematica di un segmento polmonare, si attiva un meccanismo
riflesso che porta alla sua esclusione dal normale flusso ventilatorio (difetto
“accoppiato” di perfusione e di ventilazione)
Angiopneumografia: consente di definire l’esatta sede delle ostruzioni vasali
Edema polmonare
• Tipi di edema
o Da aumento della pressione microvascolare (edema emodinamico)
ƒ Cause più frequenti
• Insufficienza ventricolare sinistra
• Stenosi mitralica
ƒ Sequenza evolutiva e suo aspetto RX
• Prima fase: il liquido si raccoglie nell’interstizio e si osserveranno
o Sfumatura del disegno vasale, soprattutto in sede ilare (“ili
nebbiosi”)
o Comparsa di cuffie attorno ai bronchi
o Linee B di Kerley
o Ispessimento della stria scissurale tra lobo superiore e medio di
destra
• Seconda fase: il liquido diffonde anche negli spazi aerei alveolari, con
quadro della sindrome da riempimento alveolare e possibile versamento
pleurico
o NB: aspetto “a farfalla”: in alcuni casi il liquido edematoso si
distribuisce simmetricamente nelle parti centrali dei polmoni con
risparmio relativo delle parti periferiche. Questa caratteristiche è
causata dal fatto che il drenaggio linfatico è più efficiente nelle parti
periferiche del polmone in ragione delle loro più ampie escursione
ventilatorie
o Da aumento della permeabilità dell’endotelio capillare e dell’epitelio alveolare (edema
lesionale)
ƒ Cause più frequenti
• Inalazione di gas tossici
• Aspirazione di liquidi irritanti
• Sindrome da difficoltà respiratoria dell’adulto
ƒ Aspetto RX: sin dall’inizio v’è il quadro conclamato della sindrome da riempimento
alveolare. Mancano i segni dell’ipertensione post-capillare ed il cuore è normale.
Caratteristica è la distribuzione a chiazze multiple estese dagli apici alle basi, tra le
quali è spesso riconoscibile il broncogramma aereo (assente nell’edema idrostatico)
o Da causa mista
ƒ Causa più frequente: edema da insufficienza renale
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Par. V: Sindromi ostruttive delle vie aeree inferiori
Introduzione
Si raggruppano sotto tale definizione asma bronchiale, bronchite cronica ed enfisema, affezioni accomunate
da un aumento diffuso del contenuto aereo polmonare a seguito di fenomeni di intrappolamento espiratorio
di aria, dei quali eventi costituiscono un corrispettivo funzionale l’aumento del rapporto tra volume residuo e
capacità polmonare totale e la riduzione del rapporto tra volume espiratorio per secondo e capacità vitale.
Asma
• Finalità dello studio radiologico
o Accertare l’assenza di altre possibili cause di broncospasmo
o Individuare condizioni patologiche che fungono da concausa negli accesi asmatici: sinusiti,
polipi nasali, RGE, ernia iatale
o Dimostrare eventuali complicanze: pneumotorace, pneumomediastino, atelettasie
• Quadro RX
o Accesso asmatico acuto
ƒ Segni di iperinsufflazione polmonare
• Cupole diaframmatiche abbassate, appiattite (ma mai a concavità superiore,
a differenza dell’enfisema conclamato), ipomobili (per l’ipospansibilità
delle basi polmonari)
• Spazio chiaro retrosternale ampliato
ƒ Ombra cardiovascolare allungata e medianizzata per l’abbassamento del diaframma
ƒ Ili e disegno polmonare normali (a differenza dell’enfisema)
o Fase intervallare: normale
o Cronicizzazione: segni dell’ipertensione precapillare e del cuore polmonare
Bronchite cronica
Uno studio RX attento può consentire il sospetto (e non la diagnosi, che è clinica) di bronchite cronica e di
escludere la presenza di bronchiectasie. Nel radiogramma toracico si osservano:
• Disegno polmonare “sporco” con tratti broncovasali accentuati: i contorni vasali sono irregolari e
sfumati (endoarterite obliterante e fibrosi perivasale); l’ispessimento delle pareti bronchiali e dei
tessuti peribronchiali genera immagini “a binario” ed opacità tubulari (“manicotti peribronchiali”)
• Fascio cardiovascolare: generalmente normale, nelle forme con sovrapposto enfisema si caratterizza
per la presenza di segni di ipertensione precapillare e del cuore polmonare
• Iperinsufflazione moderata
Enfisema
L’enfisema è una condizione anatomica caratterizzata da dilatazione degli spazi aerei situati distalmente al
bronchiolo terminale, con associata distruzione delle loro pareti:
• Forme
o Panlobulare: i fenomeni distruttivi interessano acino e lobulo secondario nella loro totalità,
riducendone in maniera proporzionata le componenti ventilatoria e perfusoria (“pink
puffer”)
o Centrolobulare: dovuta alla distruzione del parenchima nella regione dei bronchioli
respiratori prossimali, si caratterizza per interessamento maggiore della componente
ventilatoria, cosicché ne derivano desaturazione arteriosa, ipercapnia ed acidosi (“blue
bloated”)
• Quadro RX: l’indagine radiologica mira ad individuare la duplice componente iperinsufflativa e
distruttiva parenchimale (cogliendo la differenza con forme non distruttive come l’asma bronchiale):
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o
o
o
o
Enfisema panlobulare (“con riduzione del disegno”): interessa soprattutto i lobi inferiori e si
caratterizza per:
ƒ Segni di iperinsufflazione
• Cupole diaframmatiche concave verso l’alto
• Sterno incurvato anteriormente
• Spazi intercostali slargati ed orizzontalizzati
ƒ Vasi arteriosi ridotti di numero e di calibro con dirottamento verso i territori indenni
ƒ Bolle multiple a contenuto aereo
ƒ Ipertensione precapillare e cuore polmonare nelle forme più progredite
ƒ NB: l’hrCT consente di individuare precocemente le alterazioni
Enfisema centrolobulare (“con accentuazione del disegno”): tipico dei fumatori, interessa
prevalentemente i due lobi superiori:
ƒ Segni di iperinsufflazione modesti
ƒ Formazione di bolle infrequente
ƒ Disegno polmonare accentuato, con vasi a contorni irregolari e sfumati (endoarterite
obliterante e fibrosi perivasale), “sporco”
ƒ Ipertensione precapillare e cuore polmonare costanti
ƒ NB: la scintigrafia polmonare può esser d’aiuto nel recare informazioni
topografiche e quantitative sullo squilibrio ventilazione/perfusione
Enfisema parasettale: interessa selettivamente dotti e sacchi alveolari nella porzione più
periferica del lobulo, in zone adiacenti alla pleura o lungo i setti interlobulari, e dà
frequentemente adito alla formazione di bolle (con possibile evoluzione in pneumotorace)
Enfisema paracicatriziale (o irregolare): si associa a zone di fibrosi (e quindi è limitato)
Par. VI: Altro
Bronchiectasia
È una situazione irreversibile di dilatazione cilindrica, varicosa o sacciforme, quasi sempre circoscritta, dei
bronchi periferici e dei bronchioli:
• Forme
o Congenite: ad estensione sopralobare
o Acquisite: ad estensione sublobare, sono spesso in chiaro rapporto di conseguenza a
polmoniti batteriche atelettasiformi, che inducono distruzione e dilatazioni della parete
bronchiale
o Sindrome di Kartagener
ƒ Bronchiectasie
ƒ Sinusiti
ƒ Destrocardia (talvolta con cardiopatie congenite più complesse)
• Indagine radiologica
o Scopi
ƒ Dimostrare la presenza di bronchiectasie
ƒ Caratterizzare il tipo morfologico della deformazione bronchiale
ƒ Definire l’entità della distruzione parenchimale
o Mezzi
ƒ RX
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•
•
ƒ
Disegno polmonare accentuato per il sovrapporsi di una componente
broncogena tubulare a contorni poco definiti (per la presenza di secreto e la
fibrosi peribronchiale)
Disegno polmonare affastellato (per la diminuzione del volume polmonare
conseguente alle manifestazioni atelettasiche periferiche)
Aree cistiche (corrispondenti a bronchi dilatati e deformati)
Aspetti a favo d’api
Iperinsufflazione compensatoria dei tratti risparmiati del polmone
•
•
•
hrCT:
• Dilatazione diffusa o focale del bronco (di calibro superiore rispetto al ramo
arterioso polmonare adiacente)
• Marcata riduzione distale di calibro
• Ispessimento della parete
• Presenza di secreto o di tappi di muco
• Insorgenza di complicanze: atelettasie periferiche, ascessi, fibrosi
Pneumoconiosi
Sono affezioni provocate dall’inalazione di polveri inorganiche capaci di accumularsi nel polmone,
comportandosi come materiale inerte (pneumoconiosi non evolutive) od inducendo una reazione fibrogenica
(pneumoconiosi evolutive).
L’indagine radiologica è preziosa nel loro studio, in quanto consente di evidenziare ed obiettivare i 3 eventi
che possono conseguire: fibrosi polmonare, enfisema ostruttiva e fibrosi pleurica.
Le più frequenti sono:
• Silicosi: causata dall’inalazione di polvere di silice cristallina (biossido di silicio), si caratterizza
radiologicamente per la formazione del nodulo silicotico:
o Fase iniziale: rilievi aspecifici
o Fase conclamata (dopo 10-20 anni dall’esposizione):
ƒ Opacità multiple nodulari, a margini netti, di 1-2 mm di diametro, sparse qua e là nei
campi polmonari
ƒ Linfonodi ilari ingranditi e spesso patognomonicamente calcificati “a guscio
d’uovo”
o Fase avanzata: progressivo aumento dimensionale delle opacità polmonari che tendono a
conglomerarsi in masse più grossolane
• Asbestosi: caratteristica dell’asbesto è l’induzione dei danno sia parenchimale che pleurico:
o Fase iniziale: aspetto a vetro smerigliato, soprattutto nei campi polmonari inferiori,
espressivo di un ispessimento del piccolo interstizio
o Fase conclamata:
ƒ Reticolazione più marcata
ƒ Ispessimenti pleurici: placche lineari, bilaterali, diaframmatiche e marginocostali
o Fase avanzata
ƒ Reticolazione ancor più marcata ed estesa a tutto l’ambito polmonare
ƒ Calcificazioni degli ispessimenti pleurici
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LES
È caratterizzato radiologicamente da:
• Versamento pleurico (mono- o bilaterale)
• Ingrandimento dell’ombra cardiaca: versamento pericardico o cardiomiopatia
• Edema polmonare: insufficienza cardiaca o renale, acuta o cronica
• Paralisi diaframmatica: è di tipo miopatico, con ipoventilazione polmonare e distelettasie basali
• Addensamenti parenchimali
o Infiammatori: da terapia immunosoppressiva
o Infartuali: da vasculite
o Broncopolmonite lupica
• Interstiziopatia cronica
Sarcoidosi
Un esordio acuto con febbre, artralgie ed eritema nodoso si manifesta radiologicamente con adenopatie
ilomediastiniche bilaterali, riconoscibili nel radiogramma toracico se voluminose e sempre ben dimostrabili
alla TC. Si apprezzeranno opacità interstiziali reticolo-nodulari diffuse, ma con netta prevalenza nelle parti
distali dei campi superiori. Nei pazienti che non vanno incontro a guarigione si sviluppa, nel giro di qualche
anno, un quadro di polmonite a favo d’api, con fibrosi grossolana e bolle di enfisema paracicatriziale.
La scintigrafia con 67Ga-citrato, di seconda istanza nella diagnosi di sarcoidosi (la diagnosi definitiva è,
comunque, bioptica), offre maggior sensibilità del radiogramma toracico nell’individuare l’interessamento
dei linfonodi dell’ilo e del parenchima polmonare, ma ha bassa specificità (linfomi, malattie infettive,
interstiziopatie, intossicazioni da farmaci).
La scansione pancorporea acquisisce valore specifico allorquando l’ipercaptazione nei linfonodi mediastinici
induce un caratteristico aspetto scintigrafico a λ e l’ipercaptazione a livello delle ghiandole lacrimali e
salivari arrotonda il contorno del volto come nel panda. Consente, infine, di individuare eventuali altre sedi
extratoraciche di interessamento sarcoidosico.
Par. VII: Tumori polmonari
Caratteristiche generali
• Identificazione della lesione neoplastica
o RX
o TC: per lesioni molto piccole o situate in sedi di difficile valutazione radiografica
• Caratterizzazione della natura benigna o maligna
o RX e TC: studiano reperti:
ƒ Morfologici: dimensioni, margini, contorni
ƒ Densitometrici: zone calcifiche, necrotiche, aeree, adipose
ƒ Contrastografici: modalità del c.e.
ƒ Evolutivi: confronto con indagini precedenti, controllo a distanza
o PET (18F-FDG): un’elevata captazione del tracciante radioattivo è indice di grande
sensibilità e specificità in favore di una lesione proliferativa
• Definizione della sede in rapporto all’anatomia zonale e lobare polmonare (vedi definizione di T)
• Definizione di
o T: dimensione del tumore ed infiltrazione delle strutture pleuriche, parietali e mediastiniche
ƒ TC: elevata risoluzione spaziale
ƒ RM: risoluzione di contrasto
o N: presenza e sede di linfoadenomegalie metastatiche
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ƒ
o
TC e RM: consentono una dettagliata valutazione anatomica delle stazioni
linfonodali del mediastino, ma, basandosi prevalentemente sul criterio dimensionale,
non consentono un’identificazione certa delle metastasi
ƒ PET: ha un’accuratezza diagnostica maggiore
ƒ Biopsia
M: metastasi a distanza
ƒ Sedi più frequenti: surreni, encefalo, polmone, scheletro
ƒ Mezzi: PET (RM per encefalo)
Carcinoma broncogeno
• Forme istologiche
o Carcinoma epidermoide: origina dalle cellule pavimentose
o Adenocarcinoma: origina dagli elementi ghiandolari della mucosa bronchiale
ƒ NB: sottotipo particolare è il carcinoma bronchiolo-alveolare, che origina dalle
strutture ghiandolari più periferiche, nei sacchi e negli alveoli
o Microcitoma (o carcinoma indifferenziato a piccole cellule): origina dal tessuto
neuroendocrino localizzato nella parete bronchiale)
o Carcinoma indifferenziato a grandi cellule
• Forme topografiche
o Forma centrale: i tumori insorgono nell’area compresa tra bronco principale e bronchi
segmentari. Originano dalla trasformazione neoplastica delle cellule pavimentose e basali
della mucosa bronchiale (quindi, più frequenti sono carcinoma epidermoide e microcitoma):
ƒ Prima varietà: ha sviluppo prevalentemente endobronchiale e dà luogo alla
formazione di masse polipoidi, frequentemente necrotiche, che determinano
l’ostruzione parziale o totale del lume bronchiale. L’atelettasia, la polmonite o
l’enfisema che ne conseguono sono, spesso, le uniche spie radiologiche di una
neoplasia clinicamente ancora silente
ƒ Seconda varietà: ha sviluppo transbronchiale ed infiltra progressivamente le strutture
peribroncovasali dell’ilo. Ne conseguono ingrandimento, deformazione ed
addensamento dell’ilo, che assume spesso contorni policiclici, nel cui contesto sono
presenti anche tumefazioni linfonodali metastatiche
o Forma periferica: i tumori insorgono distalmente ai bronchi segmentari. La forma prevalente
è quella adenocarcinomatosa; morfologicamente possono presentarsi come:
ƒ Forma nodulare periferica: assume l’aspetto di opacità nodulare periferica, a
contorni di solito netti, ondulati per la presenza di lobulazioni, che testimoniano
l’attività proliferativa. Dai suoi margini si dipartono strie lineari simili alle linee B di
Kerley dovute alla diffusione linfatica del tumore
• Opacità tipica: omogenea, trattandosi di tessuto neoformato, “cancella” tutte
le strutture che invade
o Possibili aree necrotiche e livelli gassosi da escavazione nel suo
contesto
o Possibili adenopatie metastatiche (indagine elettiva di diagnosi è la
TC)
o Possibili bronchiectasie post-stenotiche
• Tumore di Pancoast: è una forma particolare di carcinoma periferico, a
localizzazione all’estremo prossimale di uno dei lobi superiori. La sua
caratteristica è quella di dare precocemente osteolisi costale e dei peduncoli
vertebrali:
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Sindrome clinica
ƒ Dolore irradiato alla spalle
ƒ Progressiva atrofia dei muscoli della mano
ƒ Rigonfiamento dell’arto superiore corrispondente per
ostacolo al flusso venoso
ƒ Sindrome di Horner: enoftalmo, miosi, ptosi palpebrale ed
anidrosi omolaterale
o RX
ƒ Ispessimento della pleura apicale: progressivamente
aumenta di dimensioni
ƒ Osteolisi dell’arco posteriore delle prime 3 coste e dei
corrispondenti peduncoli vertebrali
ƒ Possibile tumefazione che si estende in alto nelle parti molli
del collo ed in basso verso il corno ilare superiore
Forma pseudopolmonitica: è tipica del carcinoma bronchiolo-alveolare:
l’accrescimento della neoplasia avviene per progressivo riempimento degli spazi
alveolari (come per l’essudato infiammatorio) e si traduce in un’opacità
disomogenea, a margini sfumati ed irregolari, costituita da micronoduli confluenti.
Reperti radiologi sono:
• In fase iniziale: opacità nodulare solitaria a sede subpleurica
o NB: alla TC sono frequentemente rilevabili piccole componenti
aeree (bronchiologramma) od un aspetto di densità sfumata a vetro
smerigliato
• In fase più avanzata: sono apprezzabili noduli multipli di grandezza
eterogenea, con tendenza alla coalescenza in masse più o meno grosse fino
ad assumere aspetto pseudopolmonitico.
• NB: caratteristicamente il carcinoma bronchiolo-alveolare rispetta la
perfusione regionale (scintigrafia negativa) e, per motivi ancora non chiari,
risulta spesso negativo alla PET
o
ƒ
Metastasi polmonari
• Metastasi ematogene: si presentano come opacità uniche o multiple, rotondeggianti od ovalari, a
margini netti e regolari
o Dimensioni: variabili
ƒ Metastasi miliariformi: di pochi mm, sono caratteristiche delle neoplasie altamente
vascolarizzate (carcinomi renali e tiroidei, osteosarcoma, carcinoma bronchioloalveolare)
ƒ Metastasi a palla di cannone: di 10 o più cm
o Numero: variabile
ƒ Metastasi “a tempesta di neve”: sono così tante da occupare la maggior parte del
parenchima polmonare
o Necrosi, cavitazione e calcificazione: rare
• Metastasi linfatiche: assumono un aspetto di infiltrazione reticolo-nodulare a carattere interstiziale
o Cause più comuni: tumori di stomaco, mammella e pancreas
o Quadro caratteristico (“linfangite carcinomatosa”): ben individuabile alla TC, si
caratterizza per:
ƒ Adenopatia ilare
ƒ Opacità lineari interstiziali
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ƒ
Linee B di Kerley
Linfomi e leucemie
• Linfomi: le adenopatie determinano slargamenti mediastinici, spesso bilaterali, tipicamente
asimmetrici, fino al quadro del “mediastino gigante”. Le localizzazione parenchimali, non molto
frequenti, si manifestano come opacità alveolari a noduli multipli confluenti o ad aspetto reticolonodulare interstiziopatico
• Leucemia: danno interessamento polmonare di tipo reticolare diffuso a tipo linfangite carcinomatosa
Par. VIII: Pleura
Anatomia radiografica
• RX toracico: l’insieme delle strutture pleuriche è visibile nel radiogramma toracico in forma di
“limitante” tra la trasparenza del polmone e l’opacità della parete toracica, del diaframma e del
mediastino. Radiograficamente, la pleura è visibile come vera e propria linea solo a livello delle
scissure, dove assume l’aspetto di sottile linea radiopaca tra la trasparenza di due lobi adiacenti
• Ecografia: la pleura risulta visibile in sede margino-costale come una linea iperecogena situata
internamente alle coste e ritmicamente interrotta dalle loro ombre acustiche
• TC: è in grado, soprattutto se ad elevata risoluzione, di fornire una valida rappresentazione
dell’interfaccia polmone/parete toracica, quindi propriamente del complesso costituito dalla pleura
con le strutture ad essa addossate.
In corrispondenza degli spazi intercostali, tale complessa assume l’aspetto di linea o sottile
banderella della densità dei tessuti molli, dello spessore di 1-2 mm, la quale rappresenta la pleura
viscerale e parietale accollate, lo spazio pleurico, la fascia endotoracica ed il muscolo intercostale
interno.
In corrispondenza delle docce costovertebrali, il muscolo intercostale interno è assente e l’interfaccia
polmone/parete toracica è costituita solo dai foglietti pleurici e dalla fascia endotoracica: in tale sede,
pertanto, non è solitamente visibile alcuna banderella o linea sottile. Lo stesso avviene a livello del
mediastino.
La presenza di linee o bande dense in regioni dove fisiologicamente sono assenti, ha significato
patologico ed indica l’esistenza di ispessimenti pleurici o di piccoli versamenti.
Versamento pleurico
• Tipologie
o Versamento trasudatizio (contenuto proteico < 3 g/dl)
ƒ Aumento della pressione idrostatica
• Scompenso cardiaco
• Sovraccarico di fluidi
• Pericardite costrittiva
ƒ Diminuzione della pressione colloido osmotica
• Cirrosi ascitogena
• Sindrome nefrosica
• Ipoalbuminemia
o Versamento essudativo (contenuto proteico > 3 g/dl)
ƒ Alterazioni della permeabilità capillare
• Infezioni
• Tumori primitivi o secondari
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•
77 • Malattie del collagene o del sistema immunitario
• Affezioni addominali
ƒ Altre cause
• Infarto polmonare
• Trauma
• Radioterapia
o Versamento chiloso:
ƒ Rottura di un grosso vaso linfatico
ƒ Ostruzione venosa
ƒ Diffusione transdiaframmatica di ascite chilosa
o Emotorace:
ƒ Traumi con lacerazione polmonare
ƒ Rottura di grossi o piccoli vasi
Approccio diagnostico
o RX toracico:
ƒ Posizione del paziente
• Eretta: consente l’individuazione di versamenti di volume di almeno 250 ml
• Supina: il versamento pleurico si raccoglie posteriormente ed il suo
riscontro radiografico in proiezione frontale risulta meno agevole
ƒ Disposizioni del versamento
• Tipiche:
o Proiezione frontale: l’opacità indotta dal versamento è delimitata
superiormente da una linea curva disposta obliquamente dall’alto in
basso e dall’esterno verso l’interno (linea di Damoiseau-Ellis)
o Proiezione laterale: l’opacità ha disposizione concava verso l’alto
con punti più elevati anteriormente e posteriormente.
In presenza di versamento massivo, l’emitorace appare totalmente
opacato, il diaframma dislocato verso il basso, il mediastino più o
meno dislocato controlateralmente.
Ogni versamento massivo non accompaganto da dislocazione
mediastinica e diaframmatica deve far sospettare una concomitante
patologia del polmone omolaterale (atelettasia, fibrosi) o della
pleura stessa (mesotelioma)
• Atipiche: si riscontrano in caso di modificazioni dell’elasticità polmonare
o Versamento sottopolmonare: il liquido pleurico può continuare ad
accumularsi tra la superficie inferiore del polmone e
l’emidiaframma anche in cospicua quantità
o Versamento pleuro-flogistico con scarsa tendenza alla risoluzione:
si formano tralci di fibrina, che, deponendosi sulle superfici
pleuriche e creando aderenze tra di esse, bloccano il liquido. Il
versamento, quindi, non è più libero, ma organizzato e sul
radiogramma si osserverà, piuttosto che la tipica disposizione “a
menisco”, un’opacità margino-costale a banda più o meno spessa,
l’obliterazione del seno costo-diaframmatico e la rettilineizzazione
dell’emidiaframma
o Versamento saccato dell’empiema: si presenta, se colto con
opportuna tangenza, in forma di opacità omogenea, ovale o
lenticolare, con base sulla margino-costale e cupola convessa verso
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o
o
o
il parenchima. Se colto di facci, si presenta come opacità a margini
sfumati
o Versamento intrascissurale: è un versamento saccato, conseguente
ad episodi di scompenso cardiaco, con morfologia biconvessa ed
estremità rastremate prolungantesi nel contesto della scissura
Ecografia: il versamento pleurico appare caratteristicamente anecogeno e può costituire una
finestra acustica utile per lo studio delle strutture sottostanti (lesioni di parete, polmone
collassato). L’indagine può evidenziare raccolte molto piccole, non visibili nel radiogramma
toracico e fornire un’utile guida al loro drenaggio
TC: il versamento pleurico libero si dispone secondo una tipica configurazione “a menisco
posteriore”. La valutazione densitometrica, inoltre, fornisce utili informazioni sulla natura
del versamento: l’emotorace ha valore di attenuazione superiore al trasudato, il chiotorace
inferiore
RM: ha indicazione solo nella stadiazione del mesotelioma
Pneumotorace
• Tipi
o Spontaneo
ƒ Primitivo: spesso conseguente a lacerazione di bolle subpleuriche
ƒ Secondario: apertura nello spazio pleurico di bolle di enfisema, di cisti aeree, di cisti
da echinococco, etc.
o Post-traumatico: solitamente è un emopneumotorace
o Post-toracentesi: solitamente è un idropneumotorace
o Iatrogeno: lacerazione della pleura apicale durante apposizione di cateteri nella vena
succlavia
• Approccio diagnostico
o RX toracico: il riconoscimento dello pneumotorace è agevole quando il contenuto di aria
nello spazio pleurico è elevato ed il polmone vistosamente collassato. Si osserva, in questi
casi, un netto contrasto tra la trasparenza vitrea della cavità toracica (nella quale è
completamente assente il disegno polmonare) ed il polmone ipotrasparente ben delineato
dalla pleura viscerale colta tangenzialmente dal fascio di radiazione (“linea pleurica”).
ƒ Il riconoscimento dello pneumotorace è agevolato dall’assunzione di un
radiogramma in fase espiratoria, che fornirà indicazioni anche sulla situazione della
lacerazione pleurica:
• Chiusa: il polmone si ridurrà marcatamente di volume per la fuoriuscita di
aria attraverso i bronchi
• Aperta: il volume del polmone e dello pneumotorace si ridurranno in
maniera identica, trattandosi di compartimenti in equilibrio
ƒ Segni indiretti dello pneumotorace:
• Aumento della trasparenza nei quadranti superiori dell’addome
• Abbassamento e definizione “troppo bella” dell’emidiaframma
• Netta visibilità del seno costo-frenico anteriore (segno del solco profondo)
ƒ Penumotorace iperteso: si instaura per meccanismo a valvola, ossia quando l’aria
può entrare nello spazio pleurico, ma non uscirne. In questi casi il polmone è ridotto
alle dimensioni di un pugno e completamente addossato al mediastino; cuore e
mediastino sono dislocati, inoltre, controlateralmente, il diaframma è abbassato ed
appiattito, gli spazi intercostali allargati
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o
TC: può dimostrare, con grande accuratezza, la presenza di aria nello spazio pleurico; il suo
impiego può esser proposto nei casi dubbi per differenziare lo pneumotorace da altre cause
di ipertrasparenza (bolle e cavità)
Tumori della pleura: il mesotelioma
• RX torace:
o Presenza di “bozzellature” multiple: ispessiscono e deformano, a seconda della
localizzazione, la limitante margino-costale, la cupola diaframmatica ed il profilo
mediastinico
o Versamento pleurico nelle forme diffuse
• TC: consente di evidenziare:
o Aspetti tipici di ispessimenti maligni
ƒ Estensione circonferenziale con coinvolgimento della pleura mediastinica e
scissurale
ƒ Spessore maggiore di 1 cm
ƒ Presenza di nodularità
o Altri segni
ƒ Perdita di volume dell’emitorace affetto
ƒ Invasione della parete toracica
ƒ Metastasi linfonodali mediastiniche
ƒ Rare calcificazioni
• RM: può risultare più accurata della TC nell’individuare infiltrazioni della parete toracica e del
diaframma
• PET: è la metodica più sensibile nell’identificazione di ispessimenti pleurici neoplastici e consente
allo stesso tempo un’accurata valutazione dei linfonodi mediastinici
• Biopsia: eco- o TC-guidata, è la diagnosi di conferma
Par. IX: Mediastino
Tecniche utilizzate
• RX: è sempre il primo filtro
• TC: esame di riferimento
o Individuazione della natura delle lesioni (densità)
o Discriminazione dell’origine e dell’estensione delle lesioni
• RM: si utilizza a complemento della TC
o Svantaggi
ƒ Bassa risoluzione spaziale
ƒ Scarsa visibilità di osso, trachea ed aria
ƒ Artefatti da pulsazione
o Utilizzi
ƒ Valutazione del segnale adiposo in masse
ƒ Rapporti tra pleura, parete e vasi
• Ecografia: si usa solo per lesioni parietali e versamenti; l’ecotransesofagea può utilizzarsi per:
o Spazi paraesofagei
o Patologia dell’aorta
• PET-TC: si utilizza sempre più di frequente per le patologie oncologiche (linfomi, tumori polmonari
o del tubo digerente alto)
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Patologia mediastinica
• Adenopatie mediastiniche
o Cause
ƒ Linfomi
ƒ Metastasi
ƒ Reattive
o DPI
ƒ RX: si utilizza solo per adenopatie voluminose (bassa sensibilità per lesioni piccole)
e vede un’alterazione della silhouette con convessità esterne tipicamente policicliche
ƒ TC: si utilizza in ogni caso di studio mirato
• Diametro minore: se maggiore di 2 cm, ha un elevato VPP per neoplasia
• Densità
o Aumentata senza mdc
o Possibili aree necrotiche ipodense
o Possibili calcificazioni
ƒ RM: alternativa alla TC
ƒ PET-TC (con FDG): ha un’elevata sensibilità per linfonodi patologici di dimensioni
normali
• Masse e tumori mediastinici
o Approccio generale in base alla sede
ƒ Anteriore:
• Patologie di tiroide, paratiroidi o timo
• Tumori a cellule germinali
• Linfomi, lipomi, fibromi
ƒ Medio
• Linfomi
• Cisti broncogene
ƒ Posteriore
• Aneurismi
• Neuroblastomi, neurinomi, schwannomi
• Formazioni vertebrali ossifluenti
o DD
ƒ Utilizzo di TC per definizione di sede, estensione, struttura ed origine
ƒ Natura
• Cistica: teratomi cistici, cisti mediastiniche, broncogene. linfangiomi
• Solida adiposa: lipomi, teratomi maturi
• Solida parenchimatosa: linfomi, tumori germinali, NET, neuroblastomi
• Mediastiniti
o Acute
ƒ Cause
• Perforazione esofagea (spontanea, traumatica, iatrogena)
• Discendenti: da ascessi tonsillari o cervicali
• Post-sternotomia
ƒ Coinvolgimento
• Diffuso
• Saccato
ƒ TC
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•
• Aumento della densità con raccolte fluide
• Possibili bolle gassose
o Croniche: fibrosi mediastinica
ƒ Cause
• Post-RT
• Post-mediastinite acuta
ƒ Quadro
• Deformazione mediastino, pericardio e pleure mediastiniche
Patologia traumatica
o Emomediastino (soprattutto da incidenti stradali)
ƒ Approccio
• RX
• TC con mdc: può rilevare
o Flogosi intimali
o Deformità dell’aorta
o Ematoma mediastinico
o Pneumomediastino
ƒ Cause
• Lacerazione di polmoni o pleura
• Rottura dell’albero bronchiale o dell’esofago
ƒ Approccio
• RX
• TC
o Linea di radiotrasparenza netta
o Piccole bolle radiotrasparenti (enfisema sottocutaneo)
Par. X: Seni paranasali
Caratteristiche generali
Sono cavità pneumatiche nelle ossa mascellare, frontale, etmoidale e sfenoidale, che giungono a maturità
completa intorno ai 20 anni. Sono rivestite da epitelio respiratorio saldamente adeso al periostio e
comunicano con le cavità nasali.
Si dividono in un comparto anteriore (frontale e mascellare, cellule etmoidali anteriori) e posteriore
(sfenoidale e cellule etmoidali posteriori).
Tra le più importanti patologie dei seni nasali si ricordano:
• Rinosinusiti
o Acute
ƒ Diagnosi clinica ed endoscopica
ƒ RX per valutare i livelli idroaerei
ƒ TC per valutare eventuali complicanze
o Croniche
ƒ TC per valutare l’anatomia del complesso osteomeatale
• Ispessimento ed iperplasia della mucosa
• Ispessimento dell’osso (osteite proliferativa)
• Lesioni associate all’infiammazione
o Poliposi: è un’iperplasia della mucosa sinusale, che occupa gradualmente la cavità ed è
dovuta a stimoli flogistici cronici, soprattutto allergici:
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ƒ
ƒ
o
•
82 RX: “aree piene”
TC: evidenzia un tessuto con densità normale, aspetto mammellonato a margini
definiti. La compressione sull’osso può determinarne un assottigliamento
Mucocele: è l’accumulo di muco in un seno con un ostio ostruito (infezioni, allergie,
tumori). Il riempimento della cavità determina compressione e lenta espansione delle pareti
cavitarie
ƒ RX
• Opacizzazione completa ed omogenea
• Espansione delle pareti ossee
ƒ TC
• Tessuti molli solo dislocati
• Densità sopraliquida
• Assenza di captazione di mdc
ƒ RM
Tumori
o Beingni
ƒ Osteoma
ƒ Papilloma invertito, angiofibroma, emangioma capillare lobulare
o Maligni
ƒ RX
• Opacamento della cavità sinusale
• Processi di erosione della parete
ƒ TC
• Estensione e contorni irregolari
• Processi di erosione parietale
• Osteolisi
• Valutazione dei LN
ƒ RM: valuta la diffusione perineurale e l’estensione al basicranio
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CAP. 4: APPARATO DIGERENTE
Par. I: Metodo diagnostico
RX diretta dell’addome
Se il paziente è deambulante, i radiogrammi vengono assunti in ortostasi, in proiezioni PA e LL; in caso
contrario, a paziente supino, vengono eseguiti nelle due proiezioni, una in AP e l’altra con tubo in posizione
orizzontale in LL.
Il ruolo di tale indagine oggi è limitato alla ricerca di corpi estranei radiopachi, di calcificazioni ed alla
documentazione dei rilievi morfointestinali.
Indagini contrastografiche
In base all’utilizzo del solo contrasto radiopaco o dell’associazione di questo con un mdc radiotrasparente,
vengono distinte in:
• Monocontrasto: ha l’obiettivo di distendere il lume del viscere per ottenere un “calco”.
o Mdc utilizzato: solfato di bario (BaSO4): poiché lo spandimento extraluminale di solfato di
bario provoca una peritonite chimica, nei pazienti con sospetta perforazione intestinale o nei
controlli precoci di suture anastomotiche, deve esser utilizzato un mdc iodato idrosolubile
o Immagini
ƒ Minus: lesioni proliferanti (per difetto di riempimento)
ƒ Plus: lesioni ulceranti (per raccolta di bario)
o Utilizzo
ƒ Alterazioni funzionali di faringe ed esofago
ƒ Studio del transito ileo-colico
ƒ Studio dell’evacuazione rettale (defecografia): prevede il riempimento dell’ampolla
rettale con solfato di bario molto denso, introdotto tramite sonda anale ed il
posizionamento di un paziente su di un WC mobile, posizionato sulla pedana del
tavolo radiologico. Le fasi delle defecazione (riposo > contrazione > ponzamento >
evacuazione > post-evacuazione) vengono registrate su diversi radiogrammi
• Doppio contrasto: prevede l’introduzione, dapprima, di solfato di bario e, successivamente, di un
mdc radiotrasparente (come l’aria) per lo studio delle prime vie e del crasso o l’idrossimetilcellulosa
per lo studio del tenue
o Tecniche utilizzate:
ƒ Esofago-stomaco-duodeno con doppio mdc
ƒ Clisma del colon a doppio contrasto
ƒ Clisma del tenue (enteroclisi)
o Indicazioni
ƒ Studio della patologia organica: valuta la distensibilità delle pareti intestinali ed
identifica compressioni estrinseche; consente, infine, la diagnosi di fini lesioni
parietali, quali erosioni, ulcere e polipi
Ecografia
Questa tecnica, benché non biologicamente invasiva, ampiamente disponibile, ripetibile ed a basso costo, ha
i limiti di essere strettamente operatore dipendente, di avere bassa panoramicità e di essere ostacolata dalla
distensione gassosa delle anse e dall’obesità.
Comunque, consente di valutare lo spessore, la stratificazione delle pareti e le componenti anatomiche extraparietali.
L’ECD ed il power-Doppler consentono, inoltre, la valutazione della vascolarizzazione e del flusso.
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Le sonde endoluminali contribuiscono alla stadiazione di neoplasie digestive, potendo distinguere i vari strati
parietali e diagnosticando con esattezza il grado di infiltrazione locale.
L’ecografia risulta, inoltre, utile nell’integrazione diagnostica in pazienti affetti da patologie flogistiche,
quali morbo di Crohn e diverticolite, e nell’addome acuto.
TC
Tecnica dotata di ampia panoramicità (consentendo, quindi, anche uno studio ottimale delle strutture
anatomiche extraparietali) e rapidità di esecuzione, è in grado di valutare l’estensione loco-regionale ed a
distanza delle patologie GI. Svantaggi sono l’elevato costo, l’esposizione a radiazioni ionizzanti e l’utilizzo
di mdc iodati.
Per ottenere risultati ottimali, è necessario eseguire un’adeguata preparazione intestinale e distendere le
pareti con l’introduzione di mdc ipodensi (aria, acqua o metilcellulosa) od iperdensi (idrosolubili diluiti).
La TC consente di valutare lo spessore delle pareti (ma non la loro stratificazione) e, dopo iniezione di mdc
iodato ev, anche la loro vascolarizzazione.
Una recente tecnica è l’enteroclisi TC multistrato: consente lo studio del piccolo intestino e delle patologie
infiammatorie e neoplastiche e prevede 8 fasi:
• Preparazione intestinale
• Intubazione naso-digiunale
• Trasferimento in sala TC
• Esecuzione della scout-view
• Ipotonia farmacologica
• Infusione di mdc intraluminale
• Somministrazione di mdc iodato ev
• Acquisizione volumetrica
• Ricostruzione multiplanare
RM
Nonostante il vantaggio di fornire un elevato dettaglio anatomico, è una metodica di seconda istanza per
l’elevato costo e la presenza di controindicazioni quali pacemaker, claustrofobia, protesi metalliche e clips
vascolari.
Grazie allo sviluppo di bobine endorettali, è utilizzata soprattutto nella valutazione della patologa del retto.
MN
•
•
•
84 Scintigrafia con leucociti marcati con 99Tc nella valutazione del morbo di Crohn in fase attiva
Scintigrafia con emazie marcate con 99Tc: è in grado di evidenziare un sanguinamento del tratto GI
superiore od inferiore
PET: consente di studiare in vivo i processi metabolici dei tessuti grazie all’utilizzo del 18F-FDG.
Viene utilizzata nella differenziazione delle lesioni maligne da quelle benigne, nella stadiazione e nel
follow-up dei tumori dei diversi distretti corporei, per individuare precocemente recidive o metastasi
di nuova insorgenza e, quindi, per valutare l’efficacia della terapia
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Par. II: Faringe
Caratteristiche generali
La faringe è divisa in 3 porzioni (rino-, oro- ed ipofaringe): oro- ed ipofaringe sono generalmente accessibili
alla semeiotica classica ed all’endoscopia.Lo studio radiologico, peraltro, non è molto frequente: vi si ricorre
soprattutto per la ricerca di corpi estranei, per l’analisi di turbe della deglutizione e per la valutazione
dell’estensione di tumori.
La funzione della faringe è strettamente legata alla deglutizione ed alla propulsione del bolo nell’esofago
attraverso la bocca di Killian (SES), chiusa in condizioni di riposo.
La deglutizione ha luogo mediante l’azione coordinata di bocca, faringe ed esofago; l’atto deglutitorio dura
circa 1 secondo e consiste in:
• Fase I:
o Preparazione del bolo
o Controllo della rima buccale anteriore e posteriore
• Fase II:
o Inizio della deglutizione (atto volontario)
o Spinta del bolo da parte della pompa linguale
o Innalzamento del velopendulo
o Chiusura del rinofaringe
• Fase III
o Passaggio del bolo in orofaringe
o Chiusura dell’aditus laringeo da parte dell’epiglottide
• Fase IV: al passaggio del bolo alimentare la pervietà delle vie aeree viene ripristinata
Comunque, l’esame della faringe (dopo un approccio clinico e logopedistico) si avvale di:
• Esame RX diretto: si effettua in stazione eretta, proiezione LL e PA ed espirazione forzata a bocca e
naso chiusi. Consente di evidenziare corpi estranei, fistole, ascessi, perforazione o masse palpabili
latero-cervicali
• Studio con bolo baritato: realizzato in proiezione AP dapprima e LL poi, documenta la progressione
del bolo con videoregistrazione o radioscopia digitale. Dà risultati circa:
o Meccanismo malfunzionante
o Identificazione di penetrazione/aspirazione
o Tempistica di penetrazione/aspirazione
ƒ Prima di deglutizione: incontinenza posteriore> leakage ( > aspirazione)
ƒ Durante la deglutizione: alterato tilting epiglottico> aspirazione
ƒ Dopo la deglutizone: bolo rimane nelle vallecule (diverticoli, RGE)
o Alterato rilasciamento dello SES
• Videofluoroscopia (primo esame): è lo studio dinamico dell’orofaringe e dell’esofago con 12-18
fotogrammi al secondo
• Videofluoromanometria: è l’insieme dell’indagine fluoroscopia e manometrica, eseguite
contemporaneamente. Consente di studiare al meglio le alterazioni della dinamica deglutitoria. Si
posiziona il sondino (con 4-5 traduttori) per determinare la pressione a livello di cuscinetto di
Passavant, epiglottide, giunzione faringo-esofagea ed esofago. Si osserva l’onda pressoria a partire
dalla pompa linguale e faringea, poi l’apertura del SES e la peristalsi esofagea. Possibili reperti sono:
o Apertura della pompa linguale prima dell’apertura del SES: caduta pre-deglutitoria
o Apertura precoce del SES: caduta extradeglutitoria
o Doppia contrazione della pompa faringea e poi del SES: penetrazione
o Incapacità di apertura del SES: aspirazione
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•
•
TC: è eseguita in apnea con acquisizione volumetrica secondo piani trasversali paralleli al palato
duro. L’iniezione ev a bolo di mdc iodato è importante per distinguere i linfonodi dai vasi e per
valutare il c.e. delle lesioni espansive
RM
Reperti più frequenti
• Disfagia alta: innanzitutto è importante l’anamnesi per capire se è per solidi o liquidi, se per boli
piccoli o grandi. Diverse sono le condizioni patologiche associate quali morbo di Parkinson,
accidenti cerebro-vascolari, botulismo, SLA, sclerosi multipla o cause meccaniche:
o Radioscopia: deve
ƒ Identificare le anomalie della deglutizione
ƒ Identificare l’aspirazione del mdc nelle vie aeree
ƒ Determinare le condizioni nelle quali il paziente può deglutire senza rischi per la
vita (polmoniti ab ingestis)
o Studio con bolo di solfato di bario a diversa densità (pasto solido, intermedio, fluido):
condizioni di più frequente riscontro sono:
ƒ Leakage: il paziente non riesce a tenere il bolo in bocca e questo scende senza esser
deglutito
ƒ Rigurgito nasale
ƒ Aspirazione nelle vie aeree
ƒ Penetrazione: il liquido si ferma al disopra delle corde vocali
o Rapporto dei reperti con la deglutizione
ƒ Prima della deglutizione: il paziente non riesce a tenere in bocca il bolo e si ha
perdita posteriore con aspirazione (leakage)
ƒ Durante la deglutizione: si ha mancata chiusura della laringe perché l’osso ioide non
si alza per incapacità dell’epiglottide
ƒ Dopo la deglutizione
• SES aperto completamente
• Aspirazione del bolo ritenuto nelle vallecule
• Tardivo svuotamento di diverticoli o tasche
• RGE
• Rigurgito di materiale in esofago
ƒ NB: se c’è sospetto di aspirazione o penetrazione si usa il mdc baritato, perché
quello iodato idrosolubile è iperosmolare: va negli alveoli, che si riempiono di acqua
(rischio di edema alveolare), e non riesce poi a fuoriuscire; quello baritato, invece,
viene eliminato con colpi di tosse
o Adattamenti posturali e tecniche riabilitative per migliorare la deglutizione
ƒ Pressione sulle vallecule e colpo di tosse in caso di Leakage
ƒ Movimento della “gallina” (manovra di compenso): il paziente flette in avanti il
capo girato
• Corpi estranei
o Radiopachi (osso di pollo, spina di pesce, dente, etc.): esame RX diretto (faringoscopia
opaca in caso di localizzazione difficile)
o Radiotrasparenti (cappucci di penna biro, piccoli oggetti di plastica): somministrazione di
bolo baritato o TC
• Anomalie della deglutizione: il suo studio è condotto con videoregistrazione del transito orofaringeo
di bolo baritato ad alta viscosità
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•
•
•
Paralisi della faringe: l’assenza od incordinazione dei movimenti che guidano il bolo lungo la faccia
posteriore della laringe nell’esofago attraverso la bocca di Killian, ne induce il passaggio nella
laringe e nella trachea
Diverticoli: soprattutto diverticolo di Zenker
Tumori
o Benigni: deformano la trasparenza aerea della faringe all’esame diretto ed inducono difetti di
riempimento dopo bolo baritato
o Carcinomi: deformano i contorni ed alterano la distensibilità della faringe durante gli atti
deglutitori. TC e RM sono utili per la stadiazione
Par. III: Esofago
Caratteristiche generali
L’esofago è per lo più oggetto di studio radiologico di passaggio nel contesto di esami baritati più
specificamente rivolti alla valutazione dello stomaco e del duodeno: è oggetto di studio radiologico mirato
solo allorquando la sintomatologia clinica del paziente induce a rivolgergli primitivamente l’attenzione:
• Studio morfologico
o Esofagografia a doppio contrasto: il paziente, digiuno, eventualmente premedicato con
ipotinizzanti (Buscopan), inizialmente in stazione eretta, viene invitato ad ingerire, con
l’aiuto dell’acqua, una dose di polveri effervescenti; il gas distende il lume esofageo. Si
fanno quindi ingerire rapidamente 100 ml di una sospensione di solfato di bario, sì da
indurre un verniciamento a strato sottile ed uniforme della mucosa esofagea
Si assumono, quindi, radiogrammi mirati nelle proiezioni oblique (onde dissociare l’esofago
dalla colonna vertebrale e dal cuore); si passa poi, al decubito prono, particolarmente utile
per la dimostrazione di eventuali ernie iatali
o Esofagografia opaca a singolo contrasto: ottiene un “riempimento a calco” del lume
esofageo, cioè un riempimento progressivamente massimale, nel contesto del quale tutto ciò
che aggetta verrà rilevato sotto forma di riempimento (minus), tutto ciò che infiltra od ulcera
come immagine di plus. Quest’indagine ha potere risolutivo significativamente inferiore alla
precedente
• Studio funzionale: le zone più rilevanti alla manometria esofagea sono:
o Sfintere esofageo inferiore (LES): costituisce un’importante barriera in grado di opporsi al
reflusso di contenuto gastrico nell’esofago
o Anello B: salienza anulare della mucosa nella porzione sottodiaframmatica, rivestita
prossimalmente da epitelio squamoso e distalmente da epitelio colonnare, diviene
radiologicamente apprezzabile allorquando risale al di sopra del diaframma per la presenza
di un’ernia iatale
o Angolo di His: formato dall’esofago terminale con il fondo gastrico, acuto in condizioni
normali, rappresenta un importante meccanismo antireflusso
o NB: indicazioni funzionali possono ricavarsi, oltre che dalla manometria, dall’RX diretta e
dalla scintigrafia (vedi dopo)
• Altre tecniche
o TC: consente di visualizzare in condizioni normali l’esofago, nel cui lume è per lo più
presente contenuto aereo. La somministrazione per os di mdc radiopaco consente di
delineare meglio il lume esofageo e la parete.
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o
o
o
o
La distensione gassosa con polveri effervescenti previa ipotonizzazione esofagea (TCesofagografia gassosa) si va diffondendo con successo per la capacità di visualizzare in
modo soddisfacente la parete, ma non di risolverne i diversi strati
RM: non ha vantaggi rispetto alla TC, ma l’uso di bobine miniaturizzate introdotte in sede
endoluminale per via transnasale può rendere possibile una visualizzazione analitica dei
singoli strati della parete
Ecografia:
ƒ Endoluminale: consente di riconoscere le tonache parietali sotto forma di bande
alternate iper- ed ipoecogene
ƒ Transesofagea
ƒ Transcutanea (ruolo molto limitato)
PET: stadiazione del carcinoma esofageo
Scintigrafia (con Tc-colloide): permette di valutare con facilità il transito del bolo
alimentare attraverso l’esofago e di quantificare i parametri che lo caratterizzano:
ƒ Tempi medi di transito per i diversi segmenti
ƒ Detersione dell’esofago
ƒ Eventuale RGE (importante il suo utilizzo in età pediatrica!)
Diagnosi delle patologie dell’esofago
• Discinesie e distonie esofagee: in linea generale, lo studio funzionale ha luogo, per via interconnessa,
per via manometrica e radiologica
o Discinesie ipertoniche segmentarie (“peristalsi terziaria”): epifenomeno di alcuni tipi di
patologia esofagea (RGE, esofagite), sono caratterizzate, all’osservazione radiologica, dalla
comparsa, subito dopo il passaggio del bolo opaco, di incisure multiple dei contorni
dell’esofago con aspetto frastagliato e localizzate nei due terzi inferiori
o Spasmo esofageo diffuso: vero e proprio disturbo neuromuscolare della propagazione
dell’onda peristaltica, è caratterizzato dalla formazione di spasmi anulari fra i quali si
interpongono dilatazioni (“esofago a cavaturaccioli”). L’esofago è nel complesso accorciato
e la parete ispessita
o Acalasia: vi è incapacità del LES a rilasciarsi coordinatamente all’atto deglutitorio, con
conseguenti disfagia, ristagno e rigurgito di materiale:
ƒ Fase iniziale con compenso funzionale: di difficile riconoscimento radiologico, è
presente solo restringimento del tratto terminale esofageo
ƒ Fase di scompenso iniziale: dilatazione del corpo esofageo
ƒ Fase di scompenso funzionale conclamato: il corpo esofageo appare dilatato,
allungato ed alquanto tortuoso, con aspetto simil-sigmoideo (megaesofago); il tratto
terminale, invece, è stretto “a coda di topo”.
Radioscopicamente, è possibile dimostrare come il tratto terminale si apra “a scatto”
solo allorquando la colonna baritata, raccogliendosi nell’esofago, raggiunge un
livello definito (segno del livello costante)
ƒ Terapia: miotonia extramucosa secondo Heller: dopo questo intervento (che non
coinvolge la mucosa e che ha la finalità di ridurre la pressione muscolare) si può
avere un’ernia post-Heller (o di tipo Spinnaker). In tal caso, si procede all’intervento
secondo Hellen-Dor, che “mette una pezza” su questa ernia mucosa secondaria.
Inoltre, la miotonia di Heller è quasi sempre accompagnata da RGE e, pertanto,
viene pressoché costantemente accompagnata da un intervento di fundoplicatio.
o Discinesie ipotoniche diffuse: frequenti in corso di malattie del SNC o del collagene,
risultano in esofago sclerodermico:
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ƒ
•
•
89 Esofago slargato ed atonico, con rilievo mucoso appiattito e peristalsi povera od
assente
ƒ Svuotamento gastrico assente a paziente supino, normale in posizione eretta
o Disfagie esofagee prossimali: la contrazione incoordinata e persistente del muscolo cricofaringeo può stenosare e dislocare in avanti il tratto prossimale dell’esofago cervicale ed
essere quindi causa di disfagia. Il faringoesofagogramma baritato consente con facilità di
dimostrare stenosi e dislocazione
Diverticoli:
o Tipi
ƒ Veri: estroflessione di tutta la parete
ƒ Falsi: erniazione della mucosa e della sottomucosa
o Meccanismo: trazione o pulsione (i più frequenti)
o Diverticoli più frequenti
ƒ Diverticolo faringo-esofageo di Zenker: da pulsione, è un diverticolo falso, ossia
un’erniazione di mucosa e sottomucosa attraverso una diastasi esistente nel contesto
della parete posteriore della faringe fra le fibre del muscolo crico-faringeo (triangolo
di Laimer). Dopo somministrazione di pasto baritato si apprezza, nella parte
superiore del mediastino, una sacca mediana, a convessità inferiore, riempita
parzialmente di bario. Durante la deglutizione la sacca diverticolare è dislocata
bruscamente verso l’alto e si vuota parzialmente del suo contenuto
ƒ Diverticolo dell’esofago toracico: presenti in sede epibronchiale, si presentano sotto
forma di piccole taschette rotondeggianti riempite di bario, collegate all’esofago da
un colletto ampio e corto
ƒ Diverticoli epifrenici: hanno aspetto simile a quello dell’ernia iatale, da cui si
differenziano per i contorni molto regolari e per l’assenza di rilievo mucoso nel loro
contesto
Ernie iatali
o Ernie da scivolamento (75%): consistono nella risalita assiale del cardias e di parte dello
stomaco nel mediastino posteriore attraverso lo iato diaframmatico slargato. Lo studio
baritato effettuato a paziente in decubito prono con addome compresso da un cuscino in
inspirazione profonda durante il passaggio del bolo radiopaco nello stomaco potrà
evidenziare:
ƒ Slargamento dello iato esofageo del diaframma
ƒ Presenza della tasca erniaria: è differenziabile dall’ampolla epifrenica per la
presenza nel suo contesto di pliche in continuità con lo stomaco
ƒ Giunzione esofago-gastrica al di sopra del diaframma
ƒ Esofago terminale flessuoso
ƒ Anello B in sede sovradiaframmatica (certezza della presenza dell’ernia)
ƒ Riducibilità dell’ernia in stazione eretta
o Ernie paraesofagee (o da rotolamento): si differenziano dalle precedenti per:
ƒ Conservazione dell’angolo di His (quindi con assenza di reflusso)
ƒ Tasca erniaria, costituita dal fondo gastrico, situata a lato dell’esofago
ƒ Ernia non riducibile in stazione eretta
ƒ Assenza della bolla gassosa dalla sede normale e presenza di opacità in sede
retrocardiaca
o Ernie da esofago corto: l’esofago è accorciato nel complesso e ristretto nel tratto distale; la
tasca erniaria è ben apprezzabile e l’ernia non è riducibile
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•
90 Ernie transdiaframmatiche
o Rapporti tra raccolte aeree e diaframma
ƒ Bolla gastrica: è visibile in condizioni normali a distanza di 1-2 cm
dall’emidiaframma sinistro; la distanza può aumentare per
• Epato-splenomegalia
• Ascite o ascesso subfrenico
• Processi neoplastici retroperitoneali
ƒ Sindrome di Chilaiditi: è l’interposizione del colon tra fegato e diaframma,
visualizzabile in RX (in TC e clisma del colon a DC in seconda istanza)
o Classificazione delle ernie diaframmatiche
ƒ Congenite
• Ernia di Morgagni-Larrey (parasternale paramediana): è la mancata fusione
tra elementi fibrotendinei sternali e costali del diaframma (nel 90% dei casi
a destra). L’ernia è avvolta da pleura e peritoneo ed ha contenuto variabile
(omento, colon trasverso, stomaco, tenue, etc.)
o RX in prima linea
o TC e clisma del colon a DC in seconda linea
• Ernia di Bachdolek (postero-laterale): è la persistenza del canale pleuroparietale, con formazione di un triangolo con base su coste posteriori (a
sinistra molto più frequentemente che a destra, dove c’è il fegato che limita
lo spostamento). Il contenuto è variabile (grasso retroperitoneale, intestino,
milza, rene, fegato)
• Ernia iatale congenita (tipicamente da brachiesofago)
ƒ Acquisite
• Spontanee
• Post-traumatiche: un trauma diaframmatico si accompagna spesso a traumi
maggiori e, di conseguenza, viene spesso misconosciuto, esitando poi –
dopo 2, 4 mesi – in necrosi per viscere erniato nel diaframma lesionato:
o Punti di rottura del diaframma
ƒ Centro tendineo (50%)
ƒ Giunzione muscolo-tendinea
ƒ Compagine muscolare
o Iter diagnostico
ƒ RX diretta del torace (screening in pazienti traumatizzati)
ƒ RMN: è la metodica di scelta per l’imaging del diaframma:
• No in fase acuta
• Visualizzazione diretta del diaframma in T1
ƒ TC
• Segni diretti di lesione
o Erniazione di visceri nel torace
o Interruzione del profilo del diaframma
o Segno del collare (buco del diaframma
attorno a ciò che ernia)
o Disinserzione del profilo periferico
• Cosa non si vede
o Centro frenico
o Giunzione muscolo-aponeurotica
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•
•
91 RGE: se dopo 2 settimane di terapia con IPP la situazione non migliora, bisogna avviare un
procedimento diagnostico mirato:
o Studio della fase oro-faringea
ƒ Videofluoroscopia in AP e LL
• Caduta bolo: penetrazione/aspirazione
• Risalita: reflusso in alto
o Studio della superficie mucosa
ƒ Esofago a DC
• Valutazione precisa del calibro
• Ricerca di masse ab estrinseco o sottomucose
• Studio della giunzione GE
ƒ Esofagoscopia: esame complementare, è tuttavia fondamentale in pazienti con FR
per cancro
• Valutazione precisa della parete
• Possibilità di biopsia
o Studio della peristalsi esofageo
ƒ Esofago baritato: consente una valutazione ottimale dei disordini funzionali dello
SEI
• Peristalsi I: propulsiva, attivata dalla deglutizione
• Peristalsi II: propulsiva, attivata da distensione parietale
• Peristalsi III: non propulsiva, ma segmentaria, connessa all’emissione di
bolo
• NB: la clearance esofagea è ritardata se il bolo permane per più di 20’’
o Studio della giunzione GE
ƒ Esofago baritato: valuta il cardias
• Sede rispetto al diaframma
• Rapporti con i meccanismi di protezione
• Ricerca e valutazione dell’ernia iatale
• Studio dell’evolutività del RGE
• Riscontro anatomico e funzionale
ƒ Mezzi di integrazione
• pH-metria monitorata: tipi di reflusso e tempo
• manometria: competenza dello SEI
• gastroscopia: danno mucoso
Varici esofagee: si ricorda che le vene della metà distale dell’esofago drenano nel sistema portale,
mentre quelle della metà prossimale drenano nel sistema azygos; di conseguenza, un’ipertensione
portale può causare la formazione di varici esofagee. L’approccio diagnostico si avvale di:
o Endoscopia: indagine di prima scelta, valuta:
ƒ Dimensioni e colore delle varici
ƒ Presenza di strie longitudinali “a colpo di frusta”
ƒ Eventuali esofagite o varici gastriche associate
o Esofagografia a DC: può evidenziare:
ƒ Varicosi iniziale: piccoli cordoni serpiginosi e moniliformi
ƒ Varicosi conclamata: difetti di riempimento nodulari multipli ravvicinati con quadro
risultante “a legno tarlato”
ƒ Altri segni
• Esofago dilatato per l’ipotonia
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•
•
•
•
92 Persistente verniciamento della mucosa per l’insufficiente “lavaggio” data la
condizione di ipocinesia
o TC con scansione contrastografica: strutture dilatate periesofagee
o Ecografia endocavitaria eventualmente associata a tecniche Doppler
o Angiografia: dà una valutazione panoramica del sistema portale
Corpi estranei
o Radiopachi: esame RX diretto
o Radiotrasparenti: TC (indagine di prima scelta, anche per la valutazione di eventuali
complicanze) e RX dopo somministrazione di bolo baritato
Lesioni traumatiche
o Cause
ƒ Traumi toracici chiusi o penetranti
ƒ Sindrome di Mallory-Weiss: lacerazione longitudinale della mucosa durante vomito
o distensione acuta gastrica
ƒ Sindrome di Boerhaave: rottura a tutto spessore della parete esofagea causata da
elevata pressione intraesofagea e favorita da un danno cronico della mucosa
dell’esofago
o Approccio diagnostico
ƒ RX diretto del torace e della regione cervicale (prima scelta, senza mdc)
• Dislocazione trachea e dilatazione dello spazio retrofaringeo
• Pneumomediastino (bolle, raccolte aeree)
• Versamento pleurico ed idropneumotorace (con mdc idrosolubile)
• Corpi estranei
ƒ Studio del transito esofageo con mdc idrosolubile (per identificare sede ed entità
della perforazione)
ƒ TC: essenziale per valutare l’estensione dell’infiammazione mediastinica, eventuali
ascessi e la presenza di corpi estranei, e per pianificare la terapia
Tumori
o Benigni (della mucosa o della sottomucosa)
ƒ Esofagografia
ƒ TC
o Carcinoma esofageo: i tipi più frequenti sono quello squamoso e l’adenocarcinoma
ƒ Esofagografia a DC: distingue
• Forme infiltranti: l’interessamento circonferenziale del lume è pressoché
completo, sì da risultarne un restringimento concentrico; il tratto a monte è
per lo più marcatamente dilatato ed il passaggio tra parete esofagea indenne
e parete interessata ha luogo con una tipica rientranza “a scalino”
• Forme polipoidi:
o Formazioni aggettanti irregolari
o Interessamento circonferenziale incompleto
o Restringimento eccentrico del lume con dilatazione a monte
modesta ed incostante
• Forme ulcerative: grossa massa profondamente ulcerata, con aspetto “a
menisco” e margini irregolari
• Forme variciformi: estesi e tortuosi difetti di riempimento associati a stenosi
modesta del lume, non facilmente differenziabili dalle varici esofagee
ƒ TC-esofagografia gassosa:
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•
ƒ
ƒ
ƒ
Valutazione dell’ispessimento della parete del lume: più o meno marcato,
focale o circonferenziale
• Definizione dell’estensione longitudinale e trasversale
• Stadiazione: tramite valutazione di:
o Profondità di estensione parietale del tumore
o Coinvolgimento delle strutture mediastiniche circostanti
o Diffusione secondaria linfonodale locoregionale e metastatica
RM: non offre sostanziali vantaggi
Ecografia perendoscopica e transesofagea: sono importanti per la possibilità di
analizzare l’estensione in profondità (intra- ed extra-parietale) del tumore e di
localizzare linfonodi locoregionali
PET: assume grande rilievo nella stadiazione, soprattutto per la capacità di
individuare linfonodi mediastinici positivi ipercaptanti anche di piccole dimensioni
Par. IV: Stomaco
Caratteristiche generali
• Studio morfologico:
o Esame radiologico di superficie (o esame a DC): si effettua tramite l’utilizzo di sospensioni
baritate in grado di indurre un verniciamento a strato sottile della mucosa gastrica. Il lume è
preliminarmente disteso con gas e tono e cinesi sono depressi farmacologicamente. Si
ottiene così una rappresentazione della superficie gastrica, nella quale sono messi in
evidenza rilievo plicare ed areole.
A verniciamento gastrico realizzato, si procede all’assunzione di una sequenza
standardizzata di radiogrammi dello stomaco e del duodeno, ad elevata definizione, a
paziente inizialmente in decubito dorsale, poi in decubito ventrale, infine in stazione eretta.
o Esame radiologico con pasto baritato (o a contrasto singolo): alternativo al precedente,
realizza una riproduzione “a calco” del lume gastrico con dimostrazione della morfologia
cavitaria in condizioni più fisiologiche di tono e di cinesi
o NB: l’uso del solfato di bario può presentare rischi in caso di sospetta perforazione
(peritoniti per spandimento in cavità peritoneale) e di sospetta occlusione (peggiorata dalla
formazione di aggregati compatti di bario, i baritomi). In questi casi, come pure nel controllo
precoce dello stomaco operato, si utilizzano mdc iodati idrosolubili disponibili in apposite
preparazioni addizionate di agenti viscosizzanti, edulcoranti ed aromatizzanti
• Studio funzionale: ha per oggetto la valutazione delle attività di rimescolamento, di triturazione e di
svuotamento del contenuto:
o Radiogrammi ad intervalli di tempo predefiniti dopo somministrazione di pasti fisiologici o
parafisiologici (ai quali sono aggiunte piccole quantità di solfato di bario)
o Ecografia: consente di seguire in tempo reale, senza rischio biologico, le attività di
rimescolamento e triturazione, e di determinare con semplicità il tempo di svuotamento
gastrico
o Scintigrafia: è necessaria per uno studio analitico:
ƒ Scintigrafia statica
ƒ Scintigrafia sequenziale
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Diagnosi delle patologie più frequenti
• Ipertrofia del piloro: produce un’impronta “ad ombrello aperto” sia sul versante bulbare che su
quello antrale (con aspetto di “piloro tra parentesi”). Lo stomaco è dilatato ed ipercinetico, ha
svuotamento ritardato, contiene residui alimentari a digiuno (con rischio di gastriti ed ulcere
peptiche).
o NB: in età pediatrica lo studio del piloro è elettivamente condotto per via ecografica:
ƒ Osservabile come formazione “ad oliva” nelle scansioni paramediane destre
ƒ “Segno del bersaglio” rilevabile al suo interno: anello ipoecogeno periferico
muscolare con nucleo centrale iperecogeno costituito dal lume, dalla mucosa e dalla
sottomucosa
• Gastriti: l’esame radiologico di superficie, consentendo l’analisi del rilievo plicare e delle areole, è la
metodica più indicata, ma nella pratica molti rilievi radiologici sono espressione di atteggiamenti
funzionali transitori e sono quindi insoddisfacentemente correlati con i rilievi AP
o Rilievi generali
ƒ Ispessimento e tortuosità delle pliche (segni molto frequenti, ma poco specifici)
ƒ Assenza di pliche lungo la grande curvatura ed ingrandimento ed irregolarità della
areole: sono fortemente indicativi di gastrite atrofica, ma la loro mancanza non
esclude la diagnosi (poco sensibili)
o Caratteristiche particolari di alcune gastriti:
ƒ Gastriti erosive: l’esame a DC evidenzia la presenza di piccole e multiple lacune
vacuolari del velo baritato (rilevatezze pomfoidi della mucosa) al centro delle quali
sono apprezzabili raccolte baritate puntiformi, lineari od a chiazza (erosioni). Talora,
le lacune sono mascherate nel contesto di pliche ispessite e tortuose
ƒ Malattia di Menetrier: l’ipertrofia e l’iperplasia delle pliche fanno loro assumere un
caratteristico aspetto “cerebroide”, ben visibile nel fondo e nel corpo gastrico lungo
la grande curvatura. Il verniciamento mucoso è alterato dal secreto ristagnante e qua
e là sono presenti formazioni polipoidi.
ƒ Gastrite da HP: il quadro radiologico è aspecifico e costituito da slargamento
plicare, talora con erosioni e nodularità dell’antro e del corpo gastrico
• Ulcera gastrica: l’ulcera è una perdita di sostanza della parete gastrica, che raggiunge la tonaca
muscolare (nelle erosioni, invece, la perdita di sostanza è limitata alla mucosa ed alla sottomucosa):
o Endoscopia: è la metodica di prima istanza nel sospetto di ulcera gastrica, sia per la grande
sensibilità nell’individuazione di lesioni millimetriche, sia per la possibilità di biopsia mirata
o Esame a DC: oltre al rilevamento di ulcere di piccole dimensioni (5 o più mm di diametro),
permette una buona visualizzazione del rilievo mucoso circostante, molto importante per
differenziare ulcere benigne e maligne. L’aspetto dell’ulcera gastrica varia in funzione
dell’angolo secondo il quale è vista dal fascio di radiazione e della sua ubicazione sulla
parete sotto- o soprastante in riferimento al decubito del paziente:
ƒ Visualizzazione di faccia:
• Ulcera situata sulla parete sottostante: assume l’aspetto di “raccolta
radiopaca”, rotondeggiante od ovalare
• Ulcera situata sulla parete sovrastante: assume un aspetto “a cerchiello”,
poiché il bario ne delinea solamente i margini. Invertendo il decubito,
tuttavia, la penetrazione della sospensione baritata nel catetere riproduce
l’aspetto di raccolta radiopaca
ƒ Visualizzazione di profilo: la nicchia assume il classico aspetto di immagine di plus
“a cupola”, “a bottone di camicia” od “a semiluna”
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ƒ
•
95 NB: l’esame a DC è, inoltre, in grado di fornire informazioni particolarmente
analitiche sul rilievo mucoso circostante la lesione e sulla regolarità dei margini del
cratere ulceroso:
• Ulcera recente florida: ha margini netti a stampo e cratere occupato da
stratificazioni di fibrina
• Ulcera acuta: ha margini più sfumati per l’edema circostante
• Ulcera callosa: è un’ulcera di vecchia data, nella quale i margini del cratere
sono irregolari e sfrangiati
o Esame baritato a calco (o a singolo contrasto):
ƒ Segno diretto
• Dimostrazione della nicchia ulcerosa:
o Di profilo: salienza improvvisa nel contorno gastrico nella quale
penetra il mdc (immagine di plus)
o Di faccia: zona circoscritta ripiena di bario (immagine di raccolta)
ƒ Segni indiretti (morfofunzionali):
• Rientranza del profilo gastrico a monte ed a valle della nicchia per l’edema
periulceroso
• Convergenza delle pliche mucose “a stella” verso i margini dell’ulcera
• Spasmo sulla curvatura contrapposta a quella sede della lesione (segno
dell’indice)
• Deformazione cicatriziale dello stomaco “a clessidra”, “a chiocciola” od “ a
borsa di tabacco”
• Ipersecrezione gastrica a digiuno
Tumori maligni: il più comune è l’adenocarcinoma gastrico:
o Esame a DC: consente di distinguere:
ƒ Forme vegetanti:
• Irregolarità di superficie e marginali della massa aggettante
• Pliche bruscamente interrotte in prossimità della lesione
• Peristalsi assente nel tratto gastrico corrispondente alla base di impianto
ƒ Forme infiltranti: la stenosi tubulare, spesso concentrica, riduce d’ampiezza la cavità
gastrica fino a conferirle un aspetto “a clessidra” rigida
ƒ Forme ulcerative
o Ecoendoscopia: è la metodica di scelta per la determinazione preoperatoria del T. L’indagine
fornisce una rappresentazione sufficientemente risolutiva dei diversi strati della parete
gastrica in forma di bande alternate ipo- ed iperecogene. Punto di repere è il secondo strato
ipoecogeno, costituito dalla tonaca muscolare propria: la penetrazione di questo strato
consente di distinguere T1 e T2; l’infiltrazione del terzo strato iperecogeno (sierosa)
consente di distinguere il T3. Essa, infine, consente di visualizzare solo i linfonodi regionali
(perigastrici)
o TC, RM, PET: per la stadiazione
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Par. V: Tenue
Caratteristiche generali di diagnosi
La recente disponibilità di videocapsule endoscopiche ha aperto nuove prospettive, inducendo ad una
revisione degli iter diagnostici di studio dell’intestino tenue. Fondamentalmente, dunque, lo studio
radiologico della patologia del tenue va assumendo ruolo più mirato ed in alcuni casi di seconda istanza.
Comunque, tecniche utilizzate sono:
• Esame RX diretto: in ortostasi ed in decubito supino, è l’indagine di prima istanza nel sospetto di
occlusione intestinale, che mira ad individuare e caratterizzare nella natura meccanica o paralitica
attraverso l’analisi della distribuzione spontanea di gas e feci
• Esame baritato: in genere realizzato previa intubazione digiunale (clisma del tenue), offre importanti
prospettive di individuazione di molti tipi di patologia
o Tecniche
ƒ Prosecuzione dell’esame dello stomaco e del duodeno: è il sistema più semplice, ma
di minor affidabilità
ƒ Con tecnica “dedicata”: il paziente è premedicato con metoclopramide, antagonista
della dopamina, in grado di incrementare la motilità GI, 30 minuti prima della
somministrazione di 400 ml di pasto baritato. Si procede poi alla documentazione
radiografica mirata sia in forma panoramica, sia con immagini di dettaglio
dell’ultima ansa e di eventuali reperti patologici
o Tipologie
ƒ Con enteroclisi opaca: usa esclusivamente una sospensione baritata, fatta scendere
per gravità. Questa tecnica conserva oggi un’unica indicazione, ossia si esegue
prima di un’indagine con videocapsula: infatti, dato l’elevato costo della video
capsula, bisogna prima accertarsi che il lume sia pervio
ƒ Con enetroclisi a DC: metodica più sensibile, richiede una preparazione intestinale
accurata identica a quella utilizzata per il clisma a DC del crasso, sì che il tenue
risulti libero ad ogni residuo alimentare ed il colon ben pulito. La progressione lascia
adeso alla mucosa intestinale un velo di particelle baritate e nel contempo distende il
lume, rendendolo radiotrasparente. Il doppio contrasto indotto rende possibile
individuare, per trasparenza, reperti patologici fini anche in anse sovrapposte e non
dissociabili. In alternativa all’aria, si può utilizzare la metil-cellulosa:
• Con bario e metil-cellulosa l’ansa appare un po’ più opaca; la metil-celluosa
mantiene un po’ più distese le anse
• Con bario ed aria, invece, l’ansa si vede meglio in trasparenza; l’aria induce
più rapidamente i fenomeni di contrazione
o Quadro: all’esame a DC il tenue presenta un aspetto di nastro ampiamente flessuoso, più o
meno intensamente verniciato dal bario e disteso dal mdc radiotrasparente, di calibro
lentamente decrescente dal digiuno verso l’ileo, a contorni più o meno regolarmente lisci
ƒ NB: di rilievo risulta l’ultima ansa ileale: vista di profilo, essa si dilata subito prima
di affilarsi bruscamente nella valvola ileocecale; ne risulta un’immagine “a testa
d’uccello”, il cui becco è rivolto verso il cieco. Al di sopra ed al di sotto del becco, il
versante mediale del cieco presenta una duplice impronta arciforme dovuta al
protrudere rispettivamente del labbro superiore ed inferiore del “muso di tinca
ileale”. Quest’ultimo, visto di faccia, si presenta come un difetto di riempimento
endocecale, rotondeggiante, nel cui contesto si apre l’orifizio valvolare
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•
TC:
Tecniche
ƒ Scansione diretta
ƒ Dopo somministrazione per os di opportuno mdc
ƒ Enteroclisi-TC (o enteroclisi mutlislice): si posiziona un sondino naso-gastrico e si
inietta il mdc nel sondino; poiché, dunque, il mdc non si dà per os e quindi l’analisi
non è condizionata dallo svuotamento gastrico, quest’analisi è più sensibile della
precedente. Associa i vantaggi dell’enteroclisi convenzionale a quelli dell’esame TC
volumetrico
• Vantaggi
o Tecnica standardizzata
o Digitale
o Elevata risoluzione spaziale
• Svantaggi
o Utilizzo di RX
o Mancata visualizzazione delle afte (importante reperto precoce nel
morbo di Crohn)
o Utilizzo:
ƒ Determinazione di sede e natura dell’ostacolo nelle occlusioni meccaniche
ƒ Definizione di masse addominali
ƒ Valutazione della componente endo- ed esoluminale di tumori, processi
infiammatori ed ischemici
RM: ha un ruolo complementare alle altre indagini
o Enteroclisi-RM: proposta di recente, presenta:
ƒ Vantaggi
• Immagini in tempo reale (fluoroscopia a RM)
• Favorevole contrasto dei tessuti molli
• Capacità multiplanari dirette
• Assenza di radiazioni ionizzanti
ƒ Svantaggi
• Complessità di comportamenti del segnale di rilassamento
• Elevato costo
ƒ Indicazioni: diagnosi e stadiazione del morbo di Crohn
Ecografia: consente utili rilievi nello studio delle sospette occlusioni e della malattia di Crohn.
Requisiti essenziali sono un’adeguata distensione del lume e l’allontanamento del contenuto gassoso
(la cui iperecogenicità riduce l’accuratezza dell’immagine). Entrambi sono ottenuti con semplicità
mediante ingestione di fluidi anecogeni capaci di progredire lungo l’intestino tenue senza essere
significativamente riassorbiti
Diagnostica radioisotopica:
o Individuazione dei diverticoli di Meckel (mucosa gastrica in grado di captare il 99mTc
pertecnetato)
o Individuazione di emorragie intestinali, di processi infiammatori attivi e di alcuni tumori
intestinali e, talora, nello studio delle sindromi da malassorbimento
Angiografia: interviene in seconda istanza nello studio delle sindromi da insufficienza acuta e
cronica mesenterica, nella definizione del punto di origine di emorragie digestive e nelle relative
procedure interventistiche
o
•
•
•
•
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Diagnostica di alcune patologie intestinali
• Diverticoli: trattasi in genere di erniazioni acquisite della mucosa e della sottomucosa attraverso i
punti di ingresso dei vasi nella tonaca muscolare; quindi, di norma emergono dal versante
mesenterico
o Diverticolo di Meckel: diverticolo congenito, vero, trae origine dalla mancata obliterazione
del dotto onfalomesenterico; con riempimento e svuotamento attivo, è impiantato sul
versante antimesenterico e reperibile per lo più a 30-90 cm dalla valvola ileo-cecale. La
diagnosi si avvale di:
ƒ Esame baritato ed enteroclisi: possono evidenziarlo sotto forma di estroflessione
piriforme riempita agevolmente dal bario date le ampie dimensioni del colletto, nel
cui contesto è dimostrabile la presenza di plicatura di tipo gastrico in un terzo dei
casi (in questi casi è patognomonica!). Tuttavia, il più delle volte la sua presenza
passa inavvertita, venendo confuso con una sovrapposizione di anse
ƒ Scintigrafia: il riconoscimento può essere facile quando in esso è presente mucosa
gastrica eterotopa, che concentra attivamente il 99mTc pertecnetato
• La valutazione radioisotopica del diverticolo (come pure di altre forme di
eterotopia della mucosa gastrica, come nell’esofago di Barrett) è basata sulla
proprietà della mucosa gastrica di trasferire attivamente anioni dal sangue
circolante all’ambiente gastrico. Questa proprietà, ben dimostrata per lo ione
ioduro, è esercitata anche per lo ione pertecnetato, il che consente di
identificare e localizzare il diverticolo di Meckel in quei casi nei quali è
sede di mucosa gastrica eterotopa
• La presenza del diverticolo è dimostrata dalla comparsa di un’area di
marcato accumulo della radioattività situata di norma nel quadrante
addominale inferiore destro
• La ricerca di sanguinamento con eritrociti marcati integra utilmente la
scintigrafia con pertecnetato
• Sindromi da malassorbimento
o Studio radiologico generale: mira ad evidenziare le alterazioni morfologiche coesistenti e le
eventuali complicanze
ƒ Enteroclisi a DC: offre un quadro solo genericamente indicativo
ƒ TC: è importante complemento in grado di dimostrare lo stato della parete e del
mesentere e la presenza di linfoadenopatie, di lesioni del fegato e della milza
ƒ Scintigrafia: consente valutazioni mirate e di alta specificità:
• Misurazione del 14C nell’aria espirata dopo ingestione di trigliceridi o di Dxilosio marcati
• Quantificazione dei fenomeni di iperproliferazione batterica (14C-glicolato),
della deficienza di lattasi (14C-lattosio) e del tempo di transito digiunale
(14C-lattulosio)
• Misurazione della radioattività eliminata con le feci e simultanea
localizzazione visiva scintigrafica dei segmenti interessati coinvolti nei
fenomeni di dispersione proteica (99mTc-albumina)
o Studio radiologico di sindromi specifiche
ƒ Malattia celiaca dell’adulto
• Esame baritato “a calco”: consente di rilevare rilievi generici:
o Dilatazione più o meno evidente delle anse del digiuno
o Alternarsi di segmenti dilatati “a salsicciotto” a segmenti ristretti
o Ipersecrezione che diluisce la sospensione baritata
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Aspetto liscio della mucosa
Aspetto “a spirale metallica” legato ad invaginazioni transitorie
ileo-cecali
• Enteroclisi a DC: è in grado di dimostrare rilievi più specifici
o Distanziamento delle valvole conniventi digiunali
o Aumento numerico e di spessore delle valvole conniventi ileali:
quadro di “digiunalizzazione” dell’ileo
o Aspetto a mosaico del rilievo mucoso generato dall’intersezione di
solchi nei quali si deposita bario, espressivo dell’atrofia dei villi
ƒ Sindrome dell’intestino corto: si manifesta dopo importanti resezioni segmentarie
dell’intestino tenue (soprattutto nella malattia di Crohn); lo studio radiologica
valuta:
• Lunghezza dell’intestino residuo
• Entità della digiunalizzazione dell’ileo
• Presenza di complicanze ischemiche
Iperplasia dei follicoli linfatici:
o Reperto RX: multipli e piccoli difetti di riempimento rotondeggianti a margini sfumati ed
irregolari, di 3-4 mm di diametro, elettivamente localizzati nell’ultima ansa ileale
o Insorgenza
ƒ Reperto occasionale e transitorio nell’infanzia e nell’adolescenza
ƒ Espressione di flogosi distrettuale (ileiti da yersinia)
ƒ In rapporto a particolari fasi evolutive della tbc e della malattia di Crohn
ƒ Espressione radiologica di sindromi da immunodeficit
ƒ Espressione di linfomi
• Aspetto più francamente macronodulare
• Ispessimento delle pliche della parete
Tumori
o Benigni: leiomiomi, polipi adenomatosi, lipomi, emangiomi: radiologicamente (enteroclisi a
DC ed enteroclisi-TC) si caratterizzano per:
ƒ Leiomiomi: aspetto di difetto di riempimento a margini sfumati
ƒ Adenomi: sessili o peduncolati, danno luogo a difetti di riempimento di piccole
dimensioni, che sfuggono spesso ad un’indagine non attenta
ƒ Lipomi: assumono l’aspetto di difetti di riempimento ovalari, a margini regolari
ƒ Emangiomi: capillari o cavernosi, singoli o multipli, assumono aspetto polipoide
o Maligni:
ƒ Iter diagnostico
• Enteroclisi-TC: indagine di prima scelta
• Enteroclisi a DC: in alternativa
• Scintigrafia: assume grande rilievo nei NET
ƒ Tipi
• Adenocarcinomi: si presentano in forma anulare stenosante
o TC: consente di
ƒ Evidenziare l’estensione trans-parietale ed agli organi
circostanti
ƒ Individuare la presenza di linfoadenomegalie secondarie
all’ilo epatico, alla confluenza mesenterico-portale ed
all’origine dell’arteria mesenterica superiore
o
o
•
•
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ƒ
•
Dimostrare la presenza di lesioni metastatiche epatiche e
peritoneali
Carcinoidi:
o Caratteristiche generali
ƒ Localizzazione elettiva nell’ultima ansa ileale e
nell’appendice (segmenti ricchi di cellule cromaffini)
ƒ Malignità potenziale (con frequente metastatizzazione,
soprattutto epatica)
ƒ Possibile sindrome da carcinoide (iperserotoninemia)
ƒ Difetti di riempimento di piccole dimensioni di difficile
individuazione
o Iter diagnostico
ƒ Enteroclisi a DC o TC
ƒ Scintigrafia con MIBG (metaiodio-benzilguanidina): questa
è un analogo della guanetidina che si accumula in elevate
quantità nelle terminazioni adrenergiche, strutture di cui
sono ricchi, in ambito addominale, il carcinoide, il
feocromocitoma ed il neuroblastoma. La positività
dell’indagine costituisce il presupposto indispensabile per
indirizzare il paziente verso la radioterapia metabolica con
131
I-MIBG (l’effetto cancerida è dovuto all’emissione β
dello iodio)
ƒ Scintigrafia con pentetreotide: l’espressione di recettori per
la somatostatina sulla superficie cellulare dei carcinoidi
permette di utilizzare per la loro rilevazione scintigrafica
questo analogo della somatostatina marcato con 111In.
Questa tecnica diagnostica è importante non solo per la
diagnosi (specie in fase di stadiazione), ma soprattutto per
la prognosi, individuando eventuali casi potenzialmente
responsivi alla terapia con analoghi della somatostatina a
lunga emivita
Par. VI: Crasso
Caratteristiche diagnostiche generali
• Esame RX diretto: è uno studio della distribuzione spontanea di gas e feci, che può consentire
o Individuazione di stati occlusivi o preocclusivi
o Riconoscimento di alcune fasi evolutive della colite ulcerosa idiopatica e della colite
pseudomembranosa
o Conferma della diagnosi clinica sospetta di megacolon tossico
• Metodiche di studio della superficie mucosa e del lume
o Clisma a DC: dimostra direttamente la mucosa colica, verniciandolo con un sottile strato di
mdc opaco (solfato di bario), reso appropriamente capace di aderirvi in maniera omogenea e
regolare; cancella il lume intestinale distendendolo con un mdc gassoso (aria). Ciò consente
la dimostrazione analitica della mucosa e delle formazioni patologiche che da esse originano
ƒ Fasi
• Preparazione del paziente: preparazione del lume e della mucosa colica
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•
o
101 Realizzazione del doppio contrasto in due tempi:
o Verniciamento uniforme a strato sottile baritato della mucosa
o Distensione gassosa del lume colico
• Documentazione radiologica
ƒ Razionale: il clisma a DC prospetta esigenze complesse di preparazione intestinale,
non solo per la necessità di eliminazione radicale del contenuto fecale, ma anche per
la simultanea esigenza di un opportuno controllo del grado di idratazione nel quale è
lasciata, al momento di esecuzione dell’indagine, la mucosa colica.
A ciò sembra aver ovviato un metodo personale puramente farmacologico, basato
sull’associazione di un primo purgante ad azione prolungata ma parafisiologica sul
colon (sennosidi A e B) ed un secondo ad azione rapida sul tenue (solfato di
magnesio). Per contrastare la disidratazione legata all’effetto del purgante salino, il
paziente berrà, nel pomeriggio precedente l’indagine, un abbondante quantitativo di
liquidi.
Una sua variante prevede l’utilizzo, in sostituzione del purgante ad azione rapida sul
tenue, di una soluzione isotonica contenente polietilenglicole e solfato di magnesio,
assunta per os in quantità di 2 l nel pomeriggio precedente l’indagine.
ƒ Quadro
• Pliche semicircolari: si presentano per lo più con l’aspetto in doppia linea “a
binario”, netta e regolare, separante due concamerazioni australi adiacenti
• Mucosa del colon: ha superficie fondamentalmente liscia e ciò agevola il
rilievo dei più fini reperti patologici mm
• Retto:
o Pliche: di Houston, di Kohlrausch, semilunare di Strauss
o Colonne
o Seni di Morgagni
Clisma opaco convenzionale: mira a realizzare un calco del lume del crasso zaffandolo con
una sospensione baritata ad opportuna concentrazione
ƒ Metodo: il crasso è preliminarmente liberato dal contenuto fecale (tramite l’utilizzo
di soluzioni isotoniche contenenti polietilenglicole, fatte ingerire al paziente nel
pomeriggio che precede l’indagine). La sospensione baritata vien fatta scendere
sotto osservazione radioscopica fino a riempimento totale del crasso. Verranno
assunti radiogrammi mirati del retto, del colon, delle flessure e del sigma retto. Il
paziente viene quindi invitato ad evacuare e si procede all’assunzione di un
radiogramma panoramico, che documenta i residui baritati e mette in luce
parzialmente ed incostantemente il rilievo mucoso.
La semeiotica radiologica si basa sul rilievo di immagini di plus e di minus. Infine,
le concamerazioni australi sono visibili, ma non le pliche semicircolari
ƒ Indicazioni:
• Età pediatrica: per sospetto di malattia di Hirschsprung
• Presunta scarsa collaborazione del paziente (età avanzata, condizioni
generali gravi)
• Controllo di alcune condizioni patologiche: stenosi neoplastiche, grosse
masse vegetanti
• Studio della diverticolosi e della malattia diverticolare
• Ricerca di anomalie di sede, forma e decorso del colon
• Localizzazione di punti dolorosi
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•
•
102 NB: indicazione obbligatoria al clisma opaco (per il rischio dovuto
all’utilizzo di clisma a DC) la si ha nella colite acuta
o Clisma con mdc iodato: l’uso di mdc organoiodato idrosolubile in sostituzione del solfato di
bario è d’obbligo per:
ƒ Controllo di situazioni chirurgiche nell’immediato periodo post-operatorio
ƒ Sospetta ostruzione del colon
ƒ Sospetta perforazione
o Clisma istantaneo: consiste in un clisma opaco effettuato senza preliminare preparazione
intestinale al fine di uno studio rapido ed innocuo delle coliti in fase attiva. Le aree
infiammate del colon sono, di regola, prive di contenuto fecale, al punto che la presenza di
questo è usualmente indice di mucosa normale
Metodiche di studio della parete: le tecniche riportate in basso consentono la valutazione
dell’estensione intra- od esoparietale di processi infiammatori e neoplastici del crasso e
l’individuazione di patologia pericolica
o Ecografia transaddominale: può consentire di per sé l’individuazione di masse tumorali e
linfomatose. Nelle sezioni trasversali, in particolare, la massa parietale (ipoecogena)
restringe il lume (iperecogeno per la presenza di gas), generando un caratteristico aspetto “ad
occhio di toro”. L’uso di trasduttori endocavitari, come nello studio del retto, rende
l’ecografia molto accurata nella valutazione dell’interessamento parietale e perirettale
tumorale e le conferisce buona sensibilità nella ricerca di linfonodi metastatici locoregionali
o TC:
ƒ Indicazioni
• Controllo evolutivo della diverticolite: ha grande accuratezza nella
valutazione dei tessuti pericolici
• Inquadramento delle malattie infiammatorie: complicanze delle malattia di
Crohn (fistole ed ascessi) e colite ischemica
• Stadiazione preoperatoria e follow-up dei tumori
ƒ Clisma-TC: la realizzazione di un clisma-TC con introduzione rettale, previa
accurata preparazione intestinale del paziente, di 1,5-2 l di acqua o di metilcellulosa
ed iniezione di mdc iodato, consente di ottenere importanti risultati nella valutazione
delle alterazioni parietali.
Il clisma-TC è indagine alternativa al clisma a DC in quelle situazioni, come il
morbo di Crohn, nelle quali sussiste la necessità di analizzare non tanto la superficie
mucosa quanto la parete del crasso ed i tessuti adiacenti
ƒ TC-colonscopia virtuale: se eseguita da radiologi esperti e con tecniche avanzate
(endonavigazione virtuale del colon), è una valida alternativa di screening per i
tumori del colon-retto nei pazienti non tolleranti la colonscopia convenzionale
o RM: fornisce risultati equivalenti alla TC, rispetto alla quale, soprattutto nello studio del
retto, offre il vantaggio di una migliore rappresentazione della parete nei suoi diversi strati
(bobine endorettali)
ƒ Clisma-RM: è reso possibile dalla preliminare distensione del lume del colon con
mdc bifasici e dall’uso di sequenze che consentono l’acquisizione delle immagini in
singola apnea
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•
Metodiche “dedicate”
o Diagnostica radioisotopica:
ƒ Individuazione di emorragie GI: la tecnica più comunemente utilizzata si basa sulla
reiniezione ev di globuli rossi autologhi marcati con 99mTc-pirofosfato: in caso di
positività dell’indagine, si ha accumulo di radioattività inizialmente localizzata nelle
sede dell’emorragia, con successiva migrazione nel senso della peristalsi intestinale
ƒ Uso di leucociti autologhi marcati: nelle coliti
ƒ PET con FDG: nella stadiazione e nella ricerca di eventuali recidive del carcinoma
o Angiografia: sue indicazioni principali sono:
ƒ Ricerca di angiodisplasie sottomucose, possibile causa di sanguinamento
ƒ Studio dell’ischemia acuta occlusiva e non del colon
ƒ Precisazione preoperatoria della mappa vascolare
Principali patologie del colon
• Malattia di Hirshsprung: è la risultante del mancato sviluppo di cellule gangliari nel plesso
mienterico del colon distale: la peristalsi viene meno nel segmento agangliare e diviene iperattiva nei
segmenti normali a monte (che si ipertrofizzano e si dilatano per il ristagno fecale)
o Varianti morfologiche
ƒ A segmento breve sigmoidorettale
ƒ A segmento lungo colico sinistro sovrarettale
ƒ Pancolica
o Approccio diagnostico
ƒ Esame radiografico diretto dell’addome:
• Nelle varianti segmentarie: mostra le anse del colon prossimale dilatate e
contenenti aria e materiale fecale malformato; il retto è sempre vuoto
• Nella variante pancolica: quadro di ileo meccanico distale del tenue
ƒ Clisma opaco: effettuato senza alcuna preparazione intestinale, è in grado di
dimostrare la zona di transizione tra il segmento agangliare (non dilatato ed
aperistaltico) ed il segmento a monte normale (dilatato ed iperperistaltico). Il bario si
disperde nel contesto del materiale fecale ristagnante, creando un vistoso aspetto
“marezzato”; i radiogrammi di controllo a 24 e 48 ore ne dimostreranno la
progressione pressoché nulla
Nella variante pancolica, invece, il colon è accorciato ma di calibro normale; si ha,
inoltre, abbondante reflusso baritato nell’ileo dilatato, persistente anche nei
radiogrammi di controllo a distanza
• Ostruzioni acquisite del colon:
o Cause
ƒ Stenosi tumorale od infiammatoria
ƒ Volvolo
ƒ Cause meno comuni: fecalomi, ernie incarcerate, compressioni estrinseche
o Approccio
ƒ Esame diretto in ortostasi: colon a monte dilatato e con vistosi livelli idroaerei
ƒ Clisma opaco con mdc iodato: consente di dimostrare l’ostruzione e la sua sede
ƒ TC: è spesso determinante per l’individuazione della causa
o Megacolon tossico: la dilatazione paretica del colon è una complicanza grave della colite
ulcerosa idiopatica, meno frequentemente della malattia di Crohn, della colite ischemica e
della colite pseudomembranosa. La paralisi motoria del colon ne induce una progressiva
distensione gassosa e la dilatazione del colon risulta massima in corrispondenza del
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•
•
104 trasverso a paziente in decubito supino. Il diametro di 7 cm è il limite oltre il quale la
diagnosi radiologica trova conferma nell’evoluzione clinica
Malattia diverticolare: nel colon i diverticoli sono costituiti da estroflessioni della mucosa attraverso
i punti di ingresso dei vasi nella tonaca muscolare; trattasi, dunque, di diverticoli falsi acquisiti,
impiantati nei segmenti parietali compresi tra la tenia mesocolica e le tenie omentale e libera, di
norma multipli, particolarmente frequenti nel sigma (legge di Laplace: per il calibro ristretto, i livelli
pressori sono più elevati)
o Approccio diagnostico
ƒ Clisma a DC: è la metodica d’elezione nello studio della malattia diverticolare nelle
sue fasi prediverticolosi e diverticolosi
ƒ TC (come tale o come clisma-TC): studio della fase di peridiverticolite
o Fasi
ƒ Prediverticolosi: l’ipertrofia della muscolatura circolare produce un aspetto
frastagliato dei margini colici, “a dente di sega” od “a cresta di gallo”
ƒ Diverticolosi: sono ben dimostrate le singole formazioni diverticolari, che, viste di
profilo, sporgono caratteristicamente oltre i margini del lume colico e, viste di
faccia, hanno aspetto di “anelli” a margini netti. Si distinguono:
• Diverticoli in via di sviluppo: intramurali
o Visti di profilo: aspetto “a bitta”: il colletto è impiantato
otogonalmente rispetto all’asse principale del colon, ma la sacca,
incompletamente formata, è orientata parallelamente all’asse colico
o Visti di faccia: aspetto di raccolte baritate puntiformi
• Diverticoli completi: hanno dimensioni inferiori al cm, colletto ben visibile
e piccoli difetti di riempimento generati da residui fecali
ƒ Peridiverticolite: la vulnerabilità della sacca diverticolare da parte di microtraumi
locali (materiale fecale ristagnante per l’assenza di muscolatura) può indurre
infiammazione, microperforazione apicale e successiva flogosi localizzata
peridiverticolare
• Evoluzione
o Reazione infiammatoria diffusa
o Indurimento ed edema dei tessuti pericolici
o Necrosi
o Formazione di ascesso
o Tragitti fistolosi verso vagina, vescica, colo-colici
o Perforazione coperta o libera
• Approccio diagnostico al quadro evolutivo
o Ecografia
o TC: tecnica d’elezione per la stadiazione della diverticolite,
definisce
ƒ Ispessimento della parete del colon
ƒ Infiammazione del grasso pericolico
ƒ Dimensioni degli ascessi pericolici o a distanza
ƒ Presenza o meno di gas e materiale fecale extraluminale
Polipi: sono escrescenze di membrana a partenza mucosa
o Tipi
ƒ Tubulari
ƒ Villosi
ƒ Tubulo-villosi
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•
105 o Diagnosi: istologica
Carcinoma del crasso:
o Localizzazioni più frequenti: retto, sigma, cieco
o Forma più frequente: adenocarcinoma
o Tecniche di screening e di diagnosi precoce:
ƒ Ricerca del sangue occulto nelle feci
ƒ Esplorazione digitale rettale
ƒ Clisma a DC o pancolonscopia ogni 3 o 5 anni
o Aspetti macroscopici radiologici
ƒ Polipoide: ha l’aspetto di una formazione aggettante, sessile, con base più o meno
retratta, con superficie irregolare. Sarebbe un pregresso adenoma, oggetto di
trasformazione adenocarcinomatosa totale
ƒ Piatto: difficilmente individuabile nelle fasi iniziali, crea poi, progressivamente, un
caratteristico aspetto di rientranza “ad insellatura” del contorno, come se si
adagiasse sulla parete colica (“come la sella sul dorso del cavallo”: carcinoma “a
sella”). Nella fasi più avanzate si trasforma nella variante anulare
ƒ Anulare: infiltra estensivamente la parete intestinale e restringe marcatamente il
lume del colon, come se questo fosse “costretto da un anello o da un
portatovagliolo”. Il passaggio dai tratti normali al tratto interessato avviene
bruscamente, “a scalino”
ƒ Scirroso: è una variante rara di carcinoma anulare, nella quale l’intensa reazione
desmoplastica suscitata induce stenosi estese a lunghi tratti del colon, con aspetto di
“linite plastica”
o Tecniche diagnostiche:
ƒ Nella stadiazione
• Dei carcinomi del colon: TC e clisma-TC: individuano:
o Sconfinamento del tumore oltre la sierosa
o Linfoadenomegalie locoregionali secondarie
o Invasione di organi adiacenti
o Metastasi epatiche e peritoneali
• Dei tumori del retto
o RM: si lascia preferire alla TC per la più favorevole dimostrazione
del superamento della fascia rettale e dell’invasione delle strutture
adiacenti
o Ecografia endorettale: consente di distinguere le tonache parietali e,
quindi, di valutare l’estensione del tumore
ƒ Nelle recidive tumorali
• Clisma a DC: è la metodica d’elezione per recidive locali ed anastomotiche,
come pure per lesioni metacrone
• TC: per recidive lontane dall’anastomosi e per quelle prevalentemente
esoparietali
• RM: scarsi vantaggi rispetto alla TC
• PET con 18F-FDG: ha grande accuratezza nella distinzione tra fibrosi e
recidiva
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Emorragie GI
• Clinica ed eziologia
o Ematemesi: vomito ematico
ƒ Cause
• Lesioni esofagee
• Imponente sanguinamento
ƒ Diagnosi
• RX diretta
• Endoscopia
o Melena: emissione di feci picee (posa di caffè)
ƒ Origine
• Gastro-duodenale
• Intestino tenue
• Colon destro
ƒ Diagnosi
• EGDS: ricerca di cause alte: ulcera peptica, malformazioni vascolari,
tumori, varici esofagee, coagulopatie, vomito protratto
• Pancolonscopia: tumori, malformazioni vascolari, diverticoli
o Enterorragia/ematochezia (colon): pancolonscopia
o Rettorragia (da colon destro in avanti): pancolonscopia
• Ruolo della DPI: lesioni poco sanguinanti possono restare misconosciute all’endoscopia ed all’esame
con DC
o TC con mdc con acquisizioni tardive: spandimento mdc in lume intestinale
o Angiografia
o Scintigrafia con emazie marcate con 99mTc: ha un’elevata sensibilità, ma una bassa
specificità, soprattutto per stillicidi cronici
Perforazione gastro-intestinale
• Sedi più frequenti
o Gastro-duodenale: 60%
o Appendice: 13%
o Sigma-retto: 10%
o Tenue: 7%
o Colon: 3%
• Cause
o Ulcera (gastroduodenale nei 2/3 dei casi): 60%
o Flogosi (appendicite, diverticolite, morbo di Crohn): 23%
o Trauma: 10%
o Neoplasie: 3%
o Stenosi esofagea
• Diagnosi
o Anamnesi: bisogna, ad esempio, ricercare un’eventuale assunzione di caustici od episodi di
vomito (sindrome di Boerhave e di Mallory-Weiss). Inoltre, occorre tener presente che una
perforazione può anche non causare pneumoperitoneo, perché il viscere perforato non
contiene gas, il gas è stato completamente riassorbito, il gas libero si è saccato o la
perforazione si è subito tamponata. Peraltro, uno pneumoperitoneo non sempre indica
un’avvenuta perforazione, come in caso di interventi chirurgici, paracentesi, esercizi postpartum, coloscopia, laparoscopia, estrazione dentaria, etc.
106 Scaricato da www.sunhope.it
o
o
107 Esame diretto RX: sono indispensabili 2 RX dirette dell’addome ed una RX integrata diretta
del torace. Le RX dell’addome possono farsi in PA e LL; se, invece, il paziente è poco
collaborante, si possono fare in decubito sinistro ed in posizione prona
Segni di pneumoperitoneo (aria libera in cavità peritoneale): può essere sintomatico o meno
(pneumoperitoneo senza peritonite)
ƒ Perforazioni senza pneumoperitoneo (vedi anche sopra): non sempre una
perforazione causa pneumoperitoneo
• Perforazione del digiuno
• Aria saccata o perforazione tamponante
• Riassorbimento dell’aria
• Scarsa quantità di aria
ƒ Disposizione dell’aria a seconda della posizione del paziente
• In ortostasi: segno della cupola diaframmatica: falci radiotrasparenti sotto il
diaframma: normalmente il diaframma non si vede per la presenza di cuore,
fegato e stomaco; se c’è aria, tuttavia, si vede
• In decubito supino con incidenza LL: gas raccolto sotto il peritoneo
anteriore (tra le ossa e la parete anteriore)
ƒ I 13 segni di pneumoperitoneo
• Segno del cappello del Doge: l’aria si raccoglie nello spazio di Morrison (o
epato-renale) tra la 10° e l’11-12° costa
• Segno del triangolo: ha per base la parete addominale anteriore e per lati le
due anse vicine
• Segno di Riegler (o del bassorilievo): per la presenza di aria all’interno ed
all’esterno dell’ansa
• Gas nel recesso sottoepatico anteriore
• Segno del fegato luminoso: attenuazione della densità dell’ombra epatica
per la presenza di gas tra fegato e parete addominale
• Segno della bolla anormale
• Gas nella retro cavità degli epiploon
• Segno del bordo cardiaco inferiore: l’aria dietro al cuore si vede solo se c’è
ernia iatale
• Segno del legamento falciforme: aria tra fegato e diaframma
• Segno della V invertita: ampie riflessioni peritoneali che si vedono solo se
c’è aria libera: visualizzazione dei legamenti ombelicali laterali e delle
arterie epigastriche inferiori
• Segno del pallone da football americano (nei bamibini)
• Segno dell’uraco
• Segno del legamento rotondo
ƒ Reperti TC di pneumoperitoneo: si può visualizzare aria in:
• Sede periepatica e perisplenica
• Sede sottoepatica
• Legamento falciforme
• Pieghe mesenteriche ed omentali
• Linea mediana e recessi medio- e pararettali
• Discontinuità e stravaso di mdc
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o
o
o
Retropneumoperitoneo
ƒ Sezioni del retro peritoneo
• Perirenale
• Pararenale anteriore
• Pararenale posteriore
• Perivasale mediano
• Iliaco inferiore: si continua nello scavo pelvico e si forma dalla
continuazione di pararenale anteriore e posteriore sotto al rene
ƒ Reperti RX topografici
• Spazi perirenali: contengono reni, surreni, vasi dell’ilo renale, pelvi renale
ed uretere prossimale. L’aria presente non può che derivare da patologie a
carico dei reni
• Spazio pararenale anteriore: l’aria si apprezza come “molliche di pane”; il
quadro può esser dovuto a perforazione di duodeno, cieco e colon
ascendente o discendente
• Spazio pararenale posteriore: si vede come una banda radiotrasparente
• Spazio periva sale mediano: è compreso tra fascia inter-anale e
congiungimento mediano delle fasce renali posteriori
• Spazio iliaco inferiore: contiene cieco e colon discendente
Ecografia addominale: aiuta nell’orientamento e nella definizione; è un esame non sensibile
per l’aria (solo reperto indiretto), ma specifico per versamento liquido (è utilissimo per
screening in PS)
ƒ Liquido intraperitoneale: in assenza di ascite il reperto di liquido tra le anse è un
ottimo indicatore di perforazione
ƒ Shifting phenomenon: sfrutta la DD delle cause di assenza di trasmissione di echi
nell’ecografia del fegato
• Interposizione del colon: se il paziente si dispone in decubito laterale, il
colon si sposta ed il fegato risulta esplorabile
• Interposizione di aria: è indipendente da decubito
ƒ Artefatti da riverberazione o ring-down: l’aria causa il blocco del fascio US in
maniera irregolare
Esame TC addome-pelvi con mdc: è l’esame di gran lunga più sensibile, ma va proposta
solo ai pazienti per i quali RX ed ecografia non sono stati dirimenti. Il mdc ev consente la
valutazione del circolo
Stipsi
Quando un paziente riferisce di avere una stipsi, bisogna innanzitutto stabilire se è vera o falsa, perché molte
persone pensano di essere stitiche, ma in realtà hanno altri tipi di problemi (spesso di natura funzionale).
Pertanto, la prima cosa da fare è un’attenta anamnesi, ricercando frequenza di evacuazione, consistenza delle
feci, abitudini alimentari, eventuali viaggi, possibilità di accedere ad un bagno.
Dopo l’anamnesi, accertata l’effettiva presenza di una stipsi, occorre uno studio per immagini, basato su:
• Tempo di transito totale intestinale (TTTI): si utilizzano 6 capsule, che contengono 10 markers
radiopachi, sicché occorre far assumere al paziente una capsula al giorno per 6 giorni alla settimana,
alle 9 circa durante la prima colazione e nelle sequenza e nei tempi indicati. Il 7° giorno, alla stessa
ora, si può eseguire una radiografia dell’addome:
o Markers: sono costituiti da sostanze inerti con le seguenti forme:
ƒ 1° giorno: bastoncini
ƒ 2° giorno: sfere
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•
•
109 ƒ 3° giorno: anelli
ƒ 4° giorno: cubi
ƒ 5° giorno: anelli piccoli
ƒ 6° giorno: bastoncini
o Razionale: con il radiogramma si va a vedere dove si trovano i markers (che sono quindi 60
in totale) per stabilire se il paziente è stitico o meno:
ƒ Elevato numero di bastoncini nel retto: il paziente non è stitico, ma ha solo
difficoltà ad evacuare (dischezia) ed il TTTI non è rallentato
ƒ Presenza di un elevato numero di bastoncini tra tenue e colon: il paziente è stitico ed
il TTTI rallentato
Indagini statiche
o Ecografia transperineale: è praticata dai ginecologi per disturbi pubo-uretrali
o Ecografia endocavitaria
ƒ Endovaginale
ƒ Endoanale: viene usata per valutare l’incontinenza
• Obiettivi: consente di
o Studiare gli sfinteri anali interni ed esterni, gli spazi sopra- ed
intrasfinteriali, lunghezza e spessore
o Ricercare ascessi, fistole, traumi, tumori
o NB: molte donne dopo il parto hanno incontinenza per una lesione
dell’apparato sfinteriale
• Indicazioni e reperti
o Traumi: scompaginamento dell’architettura
o Lesioni neoplastiche ed esiti di RT
o Ascessi: occorre valutare
ƒ Localizzazioni: tramiti e rapporti
ƒ Dimensioni
o Fistole
ƒ Localizzazione dell’orifizio intestinale
ƒ Percorso e rapporti
• Tecnica 3D: consente un’acquisizione volumetrica nei 3 piani con sonda
rotante ed in movimento
o Fistole
ƒ Intersfinteriche (85%)
ƒ Transfinteriche (10%)
ƒ Extrasfinteriche (5%)
o Neoplasia
o Emorroidi
ƒ Endorettale
Esami funzionali
ƒ Defecografia: praticata solo nei maschi, con solfato di bario, consente di valutare:
• Posizione della giunzione ano-rettale
• Modifiche della morfologia rettale
• Presenza di ernie perianali
• Residuo post-defecatorio
ƒ Entero-cisto-colpo-defecografia (o defecografia a 4 contrasti, ballon proctography,
defeco grafia statica, digitalizzata, interposta con videoregistrazione): opacizza
tenue mesenteriale, vescica, vagina e retto; vien fatta con paziente a decubito prono
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ƒ
ed a paziente seduto (RX a riposo, in massima contrazione, in evacuazione e postevacuazione). Consente una valutazione morfo-dinamica
Defeco-RM: consente una valutazione simultanea e multiplanare di tutte le strutture
pelviche; dura circa 20 minuti e non c’è bisognodi preparare l’intestino e la vescica,
perché con sequenze T2 l’acqua appare iperintensa. Valuta:
• Organi pelvici: distanza tra linea pubo-coccigea e base vescicale
• Ambiente endo-pelvico
o Fionda pubo-rettale
o Recessi pelvico-peritoneli
• GAR e distanza ostio-perineo con fornice
Patologia pelvica
Il pavimento pelvico può esser diviso in 3 compartimenti: anteriore od urinario (contenente vescica ed
uretra), medio o genitale (contenente utero e vagina), posteriore od intestinale (contenente sigma, retto e
canale anale).
Sia con defecografia che con defeco-RM vengono presi alcuni punti di repere:
• Linea pubo-coccigea: tracciata dal margine inferiore della sinfisi pubica fino all’ultima articolazione
del coccige. Il grado di prolasso è classificato in base alla discesa del viscere al di sotto di tale linea:
o Lieve: esteso per meno di 3 cm
o Moderato: 3-6 cm
o Grave: > 6 cm
• Linea tangente la parete anteriore del canale anale: in base a questa il rettocele è classificato come:
o Lieve: viscere protruso per meno di 2 cm
o Moderato: 2-4 cm
o Grave: > 4 cm
• Altri
o Diametro dell’ampolla rettale (6,5 cm)
o Diametro del canale anale
o Giunzione retto-anale
o Angolo retto-anale
Tra le patologie che si possono rilevare si ricordano:
• Rettocele anteriore: è una deformazione della parete anteriore del retto, che si gonfia perché il
paziente non riesce ad evacuare e preme sulla parete posteriore della vagina, potendo determinare un
colpocele posteriore. Con una defecografia si può evidenziare la dinamica del retto durante
l’evacuazione: durante il ponzamento l’ampolla rettale scende al di sotto della linea pubo-coccigea,
ma – poiché l’angolo rettale non è in posizione, nonostante l’azione sui muscoli addominali – il retto
non si svuota, ma continua a scivolare e ad abbassarsi. Ecco perché bisogna chiedere alla paziente di
mettere un dito in vagina mentre evacua: così, infatti, si spinge il rettocele e la paziente può
evacuare. Ovviamente i maschi, per la presenza della prostata al davanti del retto, non vanno
incontro a questa patologia
• Intussuscezione retto-rettale (o invaginazione): si ha quando la giunzione prossimale del retto
collabisce nel lume stesso ed il paziente ha lo stimolo di evacuare. Può peggiorare, divenendo
invaginazione media e poi distale fino ad essere retto-anale, giungendo – in questi casi – al prolasso
rettale completo esterno. Il paziente sarà convinto, durante la defecazione, di dover continuare ad
evacuare
• Prolasso tricompartimentale: è la presenza di cistocele, colpocele e rettocele. Un altro problema è
quello riguardante l’enterocele, definito come l’erniazione del piccolo intestino nel cavo del Douglas
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•
•
(cavo retto-vaginale nella donna e retto-vescicale nel maschio). Oggi questa condizione è più
propriamente definita come un’erniazione mediana del pavimento pelvico (se contiene solo grasso, si
parla di omentocele). Si ricorda che lo spazio del Douglas è uno spazio virtuale, che si materializza
solo durante la defecazione. Se contiene anse del sigma, invece, si parla di sigmoidocele.
L’enterocele, comunque, può essere riducibile, se è possibile riportarlo in sede (quindi compare
durante l’evacuazione), o non riducibile.
Altri quadri
o Se le anse intestinali finiscono, piuttosto che nel cavo del Douglas, posteriormente sulla
parete anteriore del retto, spingono e fuoriescono attraverso l’orifizio anale, si ha l’edrocele.
o Inoltre, soprattutto nelle persone anziane, la parete del retto può assottigliarsi, perforarsi e
causare una evisceratio, ossia la fuoriuscita delle anse del tenue dall’orifizio anale.
o Ancora, le anse intestinali possono portarsi anteriormente, spingere contro la parete
posteriore della vagina, facendole assumere una sorta di forma a “C” (elitrocele): le anse
evertono la vagina e, negli anziani, può aversi una perforazione della parete con evisceratio
o Possono esserci ernie nello spazio pre-vescicale, con svuotamento della vescica e grasso che
va ad occuparlo (omentocele nello spazio del Retzus)
Ricapitolazione sulla classificazione delle ernie
o In base al contenuto
ƒ Omentocele
ƒ Enterocele
ƒ Sigmoidocele
o In base alla sede
ƒ Retrorettali: nel retto
ƒ Edroceli:
• Posteriori: nello spazio del Douglas (edroceli propriamente detti)
• Anteriori: nella vagina (elitrocele)
• Nello spazio del Retzius (omentocele)
ƒ Paramediane: il pavimento pelvico è costituito da fasci muscolari che presentano dei
punti di minore resistenza; di conseguenza, se il paziente spinge, il retto può
affondarsi ed il paziente non evacua
Emorroidi
Si definiscono emorroidi le dilatazioni delle vene del plesso emorroidario inferiore (solitamente da
ipertensione portale).
In realtà, le emorroidi sono dovute al fatto che il retto deve collabire e dilatarsi, fungendo da serbatoio; man
mano che il retto si svuota, la mucosa inizia a rilasciarsi. Ma se spinge nel momento e nel modo sbagliato, la
mucosa si infila nel canale anale, questo si stringe e la mucosa va fuori. A questo punto si ha la congestione
venosa.
Inoltre, dal momento che la mucosa eversa è delicata (non abituata a stare all’esterno), va incontro a rottura
durante il passaggio delle feci ed a sanguinamento.
I chirurghi intervengono con un apposito strumento nell’ano: prendono la mucosa ridondante, formano una
struttura anulare e tolgono la mucosa ridondante.
Tuttavia, la percentuale di recidive è molto elevata.
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Ileo
Per occlusione intestinale od ileo si intende un arresto della progressione del contenuto dell’intestino:
• Classificazione e cause
o Ileo dinamico: paralisi su base irritativa della muscolare propria intestinale
ƒ Infarto intestinale
ƒ Peritonite
ƒ Pancreatite
ƒ Appendicite
ƒ Tossicosi
ƒ Secondario ad ileo meccanico prolungato
o Ileo meccanico: da ostacolo fisico al transito
ƒ Otturazione: tricobezoato (bolo di capelli, come per tricotillomania con ingestione di
capelli) nel lume
ƒ Restringimento: ernia
ƒ Compressione: tumore
ƒ Sbarramento: briglia
ƒ Invaginazione: polipo che tira il lume con conseguente invaginazione ileo-ileale od
ileo-cecale
ƒ Strangolamento: volvolo
ƒ Occlusione del colon: tumore del colon stenosante
ƒ Laparocele
ƒ Ileo biliare: si crea una fistola tra colecisti ed ansa intestinale, con la triade:
• Aerobilia
• Ileo meccanico
• Calcolo in sede ectopica (soprattutto valvola ileo-cecale)
• Considerazioni fisiopatologiche: i livelli idroaerei non sono da considerarsi segni di ileo, ma sono
solo segni di una peristalsi inefficace, che determina una stasi idrogassosa
• Approccio
o Documentare ed interpretare il quadro determinato dalla noxa patogena: appendicite,
colecistite e perforazione gastro-intestinale costituiscono più del 50% dei casi
o Provvedere all’inquadramento clinico
o Definire l’iter diagnostico radiologico
o Studiare ed interpretare i segni dei malattia
o Determinare insorgenza ed evoluzione clinica
• Caratteristiche generali delle tecniche diagnostiche utilizzate
o RX diretto addome: esame di primo livello, individua la fase clinica
o Ecografia addome: documenta l’evoluzione del quadro e la necessità di cominciare terapia
medica o chirurgica
o TC addome-pelvi con mdc: di secondo livello, individua la causa precisa, quando questa
sfugge ai primi 2 esami
• Tipi di ileo: sono 4 – spastico, ipotonico, meccanico e paraltico – ed evolvono in maniera
cronologicamente determinata. L’approccio diagnostico generale si base su esame RX diretti
dell’addome, ecografia e TC:
o Ileo riflesso spastico: è espressione di un quadro clinico di addome acuto di recentissimo
esordio (3-4 ore), con dolore addominale crampi forme, dovuto ad un’intensa crisi spastica
dell’intestino; può essere diffuso o circoscritto ad un gruppo di anse:
ƒ Caratteristiche RX
• Spasmo delle anse (maggiormente visibile alla TC)
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•
•
o
o
113 Assenza, totale o distrettuale, di gas intestinale (silenzio intestinale)
Regolare od accentuata visibilità degli aspetti AR dell’addome, specie retro
peritoneali
• NB: questo comportamento intestinale, di tipo ipertonico-spastico, a causa
di precocità, transitorietà e fugacità (durata di qualche ora) può sfuggire alla
documentazione radiologica
ƒ Altre condizioni che causano silenzio intestinale (gasless abdomen)
• Paziente defedato che non riesce a deglutire
• Anse completamente ripiene e distese da liquido enterico
• Vomito ripetuto
• Occlusione digiunale molto alta, con povertà di meteorismo nei segmenti a
valle
• Assenza di livelli aerei
Ileo riflesso ipotonico: impropriamente definito “ileo localizzato”, segue l’ileo spastico ed è,
quindi, sostenuto dalla stessa causa di questo (la noxa persiste e diviene tale da superare la
normale reazione irritativa, facendo sopravvenire l’ipotono). Seconda una fortunata
definizione, “è la rivincita dell’aria all’interno dell’ansa, la cui parete – non avendo più forza
– la distende finché può”
ƒ Caratteristiche RX
• Stipamento delle anse “a disegno geometrico”: anse poligonali a forma di
quadrilatero, di lavagna, accostate a mosaico
• Stasi esclusivamente gassosa: normalmente nel lume viene secreto del
liquido enterico, spinto in avanti dalla peristalsi. In questa fase, l’ansa è
bloccata, ma è dilatata cosicché quel poco liquido che c’è si distribuisce su
di una superficie maggiore e non si vede
• Aspetto regolare e sottile delle pareti delle anse
• Valvole conniventi scarse od assenti
• Caduta del tono delle anse con aumento modesto del calibro
ƒ Quadro: coinvolge in genere tutto l’intestino tenue, ma può coinvolgere anche un
solo gruppo di anse od un singolo segmento (ansa sentinella)
Ileo meccanico: segue, dopo circa un giorno, i precedenti:
ƒ Esame RX:
• Stasi liquida (livelli idroaerei): documenta il passare delle ore dall’inizio
dell’azione della noxa. I livelli idroaerei sono disposti a diversa altezza ed a
prevalente componente liquida: a livello dell’occlusione l’acqua sostituisce
l’aria (con progressiva riduzione di feci e gas a valle)
• Anse dilatate a pareti sottili
• Valvole conniventi numerose, sottili, ad elegante disegno circolare
completo, ben orientato
• Anse ventricolizzate
ƒ Evoluzione: si verifica
• Graduale ispessimento delle pareti e delle pliche, che divengono rarefatte,
meno numerose ed incomplete
• Perdita progressiva di tono delle anse, che descrivono dapprima volte con
archi molto stretti e poi tendono a slargarsi, con progressivo accumulo di
liquido all’interno delle anse, fino al
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•
•
114 Confino di piccole bolle d’aria fra le pliche, con aspetto “a corona di
rosario”
o Ileo paralitico: segue un ileo riflesso ipotonico quando la noxa non è di tipo occlusivo ed
esprime un’evoluzione peggiorativa di un ileo meccanico. È espressione di un addome acuto
determinato dalla caduta della cinesi intestinale (con pervietà del lume intestinale
conservata) ed è sostenuto da diverse condizioni patologiche endoaddominali (intra- ed
extraperitoneali), extraaddominali, dismetaboliche e tossiche
ƒ Esame RX
• Aumento del calibro delle anse
• Aspetto addensato ed ispessito delle pareti
• Livelli idroaerei
• Estensione prevalentemente digiuno-ileale
• Anse orizzontalizzate
• Assenza del disegno plicale dalle valvole conniventi: in presenza di una
causa flogistica, non ha più la capacità di contrarsi, ma si distende
completamente
Altri esami
o Ecografia: integra l’RX e documenta l’evoluzione dell’ileo meccanico
• Valutazione di:
o Motilità intestinale: presente nell’ileo meccanico, non in quello
paralitico
o Diametro delle anse: dilatato in entrambi i casi
o Aspetto dei rilievo parieto-valvolari: pliche presenti nell’ileo
meccanico, non in quello paralitico
o Caratteristiche del contenuto endoluminale
o Presenza di liquido extraluminale
• Distinzione dell’ileo meccanico in:
o Semplice:
ƒ Anse dilatate e pareti sottili
ƒ Assenza di liquido nella sierosa
ƒ Terapia medica
o Scompensato:
ƒ Anse dilatate e pareti sottili
ƒ Liquido fuori dalle anse: schiacciamento di vasi da
dilatazione eccessiva delle anse
ƒ Terapia chirurgica
o Complicato:
ƒ Anse sovradistese e pareti ispessite (congeste)
ƒ Liquido fuori dalle anse
ƒ Terapia chirurgica d’urgenza
o TC: dà informazioni sulle anse, sul peritoneo, sul mesentere, sulla presenza di complicanze
quali perforazione, ischemia e necrosi. Informa circa:
• Dilatazione del lume
• Stasi idroaerea o liquida
• Accumulo di feci
• Tono dell’ansa
• Sede delle anse
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Presenza di un volvolo
Spessore della parte
C.e. con mdc ev
Spessore delle pliche
Sede del liquido
Reperti vascolari: in caso di volvolo, ad esempio, l’arteria mesenterica
superiore non sta a destra della vena, ma a sinistra
Ingorgo venoso del mesentere
Spasmo arterioso
Pneumatosi parietale
NB: la TC fatta ad un’ora dall’azione della noxa può non mostrare alcuni di
questi reperti. In linea di massima, la TC si fa se RX ed ecografia non sono
dirimenti
Malattie infiammatorie croniche intestinali
Il morbo di Crohn è una malattia evolutiva che inizia con un interessamento dei follicoli linfatici sottomucosi
da parte del tessuto granulomatoso (iperplasia e protrusione della mucosa) evidenziati come difetti di
riempimento multipli nodulari, soprattutto a livello dell’ultima ansa ileale.
Inoltre, si ha infarcimento flogistico dei vasi linfatici sottomucosi (linfangite sclerosante). Questi quadri, con
l’erosione superficiale dei follicoli ingranditi, portano alle lesioni trofiche della mucosa, dapprima con ulcere
aftoidi – piccola chiazza di bario circondata da un alone radiotrasparente rappresentato dall’edema
periulceroso.
In seguito, la malattia va avanti e possono comparire le ulcere profonde con un aspetto lineare e serpiginoso,
che sembrano duplicare il contorno dell’ansa, fino alle lesioni a tutto spessore come le fistole.
La cicatrizzazione di queste lesioni, inoltre, può provocare una progressiva fibrosi, con ispessimento della
parete delle anse e stenosi, che si possono alternare a tratti normali o dilatati (lesioni “a salto”) e che possono
condurre ad occlusione intestinale.
I tramiti fistolosi possono interessare anche il mesentere, che può andare incontro ad involuzione
fibroadiposa, ispessimento e conseguente aumento della distanza tra le anse interessate e quelle sane.
Aspetto caratteristico è quello della discontinuità delle lesioni, che provoca un aspetto della mucosa a
selciato, in quanto possono aversi zone ulcerate alternate a zone indenni; altre zone, inoltre, vanno a formare
pseudo-polipi infiammatori, come risposta reattiva agli stimoli flogistici.
• Differenze tra morbo di Crohn e retto colite ulcerosa
o Sedi delle lesioni
ƒ MC: in qualsiasi tratto del tubo digerente
ƒ RCU: soprattutto a livello del retto-sigma
o Tipo di lesioni
ƒ MC: a tutto spessore, segmentarie ed asincrone
ƒ RCU: superficiali, continue e sincrone
• Obiettivi della DPInel morbo di Crohn (per le singole tecnica si veda il paragrafo sul tenue)
o Individuare la malattia
ƒ Diagnosi
• RX-enteroclisi a DC del tenue
• TC- enteroclisi multislice (MSCT-C)
• Ecografia
• MN con leucociti marcati
• RM
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ƒ
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116 Follow-up
• Ecografia
ƒ Complicanze: si utilizzano indagini panesploranti
• RM
• MSCT-C
ƒ Recidive
• RX
• Ecografia
• MSCT-C
• RM
• MN
o Determinare l’estensione della malattia ed il coinvolgimento delle anse intestinali
o Stabilire l’attività della malattia
ƒ Grado di attività
• Attivazione bianca: la malattia è in stato attivo e la mucosa appare bianca
perché iperdensa
• Attivazione grigia: la malattia è in stato quiescente
ƒ Segni
• Dell’anello dell’acqua: descrive la fase attiva ed è dovuto ad una
stratificazione della parete dell’ansa intestinale colpita
• Dell’anello del grasso: si ha, con il tempo, una sorta di ipodensità, come se
fosse adipe evolvente in fibrosi
Diagnosi della RCU
o Pancolonscopia (primo approccio)
ƒ Mucosa edematosa, iperemica, granulosa
ƒ Friabile, con tendenza al sanguinamento
ƒ Frequenti lesioni ulcerative (contigue alle aree iperemiche) poco estese
ƒ Frequente pseudopoliposi infiammatoria iperplastica ai margini delle aree ulcerate
ƒ NB: la biopsia consente una diagnosi agevole solo in fase acuta
o Clisma colon DC
ƒ Fase acuta
• Mucosa a “buccia d’arancia” (ascessi miliariformi criptici)
• Mucosa a “zucchero a velo” con pareti lisce
ƒ Fase ulcerosa
• Aree sottominate di ristagno del bario “a bottone di camicia”
• Pseudopolipi (aree di minus) talora “a ponte”
ƒ Fase cronica avanzata
• Atrofia parietale con
• Lume ridotto per lo più uniformemente
• Diminuzione delle austrature
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Infarto intestinale
È un’emergenza intestinale causata da ostruzione venosa od arteriosa o da ipoafflusso mesenterico, che può
evolvere dall’ischemia alla necrosi di una parte più o meno estesa dell’intestino: ha il 60-90% di mortalità
(per diagnosi tardiva e terapia impropria):
• Presupposti anatomici
o Arteria mesenterica superiore: irrora tutto l’intestino mesenteriale, il colon destro e parte del
trasverso. Origina 2 cm sotto il tripode e dà origine a:
ƒ Arteria pancreatico-duodenale inferiore: si anastomizza con la superiore
(proveniente dall’arteria epatica) ed irrora duodeno e testa pancreatica
ƒ Arteria ileo-colica
ƒ Arteria colica destra
ƒ Arteria colica media
ƒ Arterie intestinali terminali
o Arteria mesenterica inferiore: irrora trasverso e discendente, sigma e retto; dà origine a:
ƒ Arteria colica sinistra
ƒ Arteria sigmoidea: come la precedente, dà luogo ad ampie anastomosi (arcate di
Riolano): questo è molto importante, in quanto consente – in caso di infarto
intestinale – una sopravvivenza nettamente migliore
ƒ Arteria rettale superiore (o emorroidaria superiore): è un ramo terminale
o Ritorno venoso: vene mesenteriche > sistema portale
• Classificazione
o Infarto dell’arteria mesenterica inferiore (IC o infarto colico): 50-60% del totale
o Infarto del tenue: 40-50%
ƒ Infarto arterioso della mesenterica superiore (AAMI o infarto necrotico):
rappresenta il 60-70% degli infarti ed è dovuto a cause occlusiva quali trombi od
emboli
ƒ Infarto venoso della mesenterica superiore (VMI o infarto emorragico): rappresenta
il 10-20% dei casi ed è il più facile da diagnosticare
ƒ Infarto da ipoafflusso (NOMI ischemia mesenterica non occlusiva): rappresenta il
15-30% dei casi ed è dovuto – ad esempio – a shock od a collasso cardiocircolatorio
ƒ Infarto dopo la riperfusione (I/R): a seguito di un infarto occlusivo dell’arteria
mesenterica superiore o di un infarto da ipoafflusso, al ripristino – rispettivamente –
della pervietà del vaso o della volemia, ritorna sangue ai tessuti
• Reperti radiologici
o Aspecifici (non correlati alla causa)
ƒ Ostruzione mesenterica (arteriosa o venosa)
ƒ Ispessimento parietale con pneumomatosi parietale e portale
ƒ Dilatazione delle anse
ƒ Diminuzione dell’enhancement con mdc ev
ƒ Edema mesenterico o ascite
ƒ Pneumoperitoneo e pneumoretroperitoneo
o Correlazione della causa con i reperti
ƒ Infarto vascolare puro o secondario
ƒ Tipologia dell’infarto: arterioso o venoso
ƒ Grado di diminuzione del flusso con possibili circoli collaterali
ƒ Estensione
ƒ Tempo trascorso dall’eventuale terapia
• Chirurgia: esplorazione con rivascolarizzazione
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•
•
118 Fibrinolisi sistemica o percutanea
Infarti
o Del tenue
ƒ Valutazione delle 3 T
• Tipologia di infarto
• Tratto coinvolto
o Mesotelio: da parete a tubo digestivo
o Legamenti: da parete a viscere non cavo
o Epiploon/omento: tra 2 parti del tubo digestivo o viscere non cavo
• Tempo trascorso
ƒ Approccio radiologico (dopo anamnesi ed EO)
• RX diretta addome AP e LL (ricordando che il paziente è in barrella)
• Ecografia: valuta
o Peristalsi
o Distensione anse e spessore della parete
o Liquidi dentro o fuori dalle anse nei recessi
ƒ Di Douglas: in ortostasi
ƒ Di Morrison (o epato-renale): in clinostatismo
• TC con mdc ev
ƒ Reperti radiologici
• NOMI
o Vaso (V): normale
o Mesotelio (M): assenza di ingorgo
o Ansa (A): parete assottigliata
o Cavità peritoneale (P): liquido libero
ƒ NB: in questi casi la diagnosi è difficile perché è di
esclusione (collasso CC, IMA, scompenso marcato, etc.)
• AAMI
o V: embolo o trombo
o M: sangue
o A: parete assottigliata (“a foglio di carta”)
o P: liquido libero
• AVMI
o V: trombo
o M: ingorgato
o A: parete ispessita da subito
o P: liquido libero
• I/R
o V: apparentemente pulito
o M: normale o lieve ingorgo
o A: parete ispessita
o P: possibile liquido libero
ƒ Fasi radiologiche
• 1: allarme: paziente con infarto recente (sopravvivenza del 90-100%)
o EO: addome poco palpabile
o RX: ileo riflesso spastico
ƒ Anse spastiche e collabite
ƒ Assenza di meteorismo intestinale
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Ecografia: anse spastiche
TC:
ƒ Anse spastiche
ƒ Trombo o embolo
• 2: sospetto: entro 12 ore (90-100%)
o EO: addome non trattabile
o RX: ileo ipotonico
ƒ Anse dilatate
ƒ Immagini a mosaico
o Ecografia:
ƒ Distensione
ƒ Diminuzione della peristalsi
o TC: consente di discriminare cause arteriose (angiografia >
fibrinolisi) e venose
• 3: conclamato: > 12 ore (55%)
o EO: paziente sintomatico e sofferente, con addome non trattabile e
reperti di ileo paralitico propriamente detto
o RX: anse ventricolizzate
o Ecografia: paralisi delle anse
o TC: pareti con segni di necrosi e pneumomatosi (quadri avanzati)
• 4: tardivo (o critico): fino ad 1 settimana (morte nel 100% dei casi)
o RX
ƒ Livelli idroaerei
ƒ Segni di perforazione
o Ecografia: come il precedente
o TC
ƒ Segni avanzati di necrosi
ƒ Pneumo(retro)peritoneo
Di colon sinistro e sigma
ƒ Regola delle 3 C
• Circoli collaterali: riperfusione possibile
• Coinvolgimento: colon sinistro +/- sigma
• Cronologia
o Acuto
o Subacuto
o Cronico
ƒ Clinica ed eziologia: è la patologia ischemica più frequente del tubo GI, seconda
causa di emorragia bassa GI. Può essere occlusivo o non occlusivo; in ogni caso,
l’infarto arterioso non colpisce arterie terminali. Segue più frequentemente il pattern
I/R: inizialmente arterioso (parete sottile) diviene rapidamente venoso (ispessimento
della parete, ingorgo del mesotelio, liquido libero)
ƒ Fasi clinico-radiologiche
• Acuta (RX e TC)
o Non occlusivo
ƒ Parete uniformemente assottigliata
ƒ Lume dilatato
ƒ Fluido presente
o
o
o
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ƒ
•
•
NB: le alterazioni sono uniformi perché il flusso diminuisce
su tutto il territorio
o Occlusivo
ƒ Parete uniformemente ispessita
ƒ Lume obliterato
ƒ Fluido presente
ƒ NB: la RM dà una definizione migliore
Subacuta (fino a 7 giorni): il quadro è uniforme
o Pareti ispessite
o Lume dilatato
o Fluido in corso di riassorbimento
Cronica: subentra la fibrosi
o Pareti irregolarmente ispessite
o Lume beante
o Fluido ormai assente
Appendicite
È un processo infiammatorio dell’appendice vermiforme (parete postero-mediale del cieco, nel punto di
confluenza delle 3 tenie); l’ostruzione del lume determina secrezione mucosa ed aumento della pressione
endoluminale, con flogosi parietale, che causa edema, ulcerazione della mucosa e diapedesi.
Il quadro clinico insorge con irritazione del peritoneo parietale (punti di McBurney e di Blumberg).
L’approccio diagnostico è il seguente:
• Anamnesi, EO e di laboratori: possono essere sufficienti
• Ecografia
o Appendice tubulare incomprimibile, aperistaltica
o Dolente alla pressione
o Lume dilatato e parete ispessita
o Appendicoliti (coproliti)
• TC: negli obesi e negli anziani
o Segni di forme complicate
o Visualizzazione diretta con valutazione di natura e gravità
o Valutazione dell’estensione: regione periappendicolare, addome
Par. VII: Fegato
Introduzione
Nello studio della patologia epatica, assumono ruolo fondamentale ecografia, TC e RM, corredate, quando
necessario, dalla biopsia percutanea guidata. Diagnostica radioisotopica ed angiografia assumono rilievo in
situazioni definite:
• Finalità dello studio diagnostico
o Individuazione di lesioni focali e diffuse
o Diagnosi di natura delle lesioni focali
o Loro localizzazione segmentaria
o Studio della patologia vascolare e dell’ipertensione portale
o Studio delle complicanze del trapianto di fegato
• Osservazione macroscopica superficiale del fegato
o Lobi
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•
ƒ Destro
ƒ Sinistro
ƒ Quadrato
ƒ Caudato
o Varianti anatomiche
ƒ Processo lingulare (lobo sinistro)
ƒ Processo papillare (lobo caudato)
ƒ Lobi accessori
Anatomia segmentaria: la conoscenza della vascolarizzazione del fegato e della distribuzione del
sistema portale e sovraepatico consente di suddividere il parenchima epatico in segmenti
vascolarizzati da un peduncolo glissoniano terminale, contenente un ramo dell’arteria epatica, della
vena porta e della via biliare. La suddivisione segmentaria è alla base della moderna chirurgia
epatica, che mira a realizzare resezioni parziali “regolate”, con preservazione dell’integrità
morfologica e funzionale del parenchima residuo.
Secondo il modello segmentario, il fegato risulta suddiviso in 8 segmenti:
o I: lobo caudato
o II e III: lobo sinistro
o IV: lobo quadrato
o V, VI, VII, VIII: lobo destro
Metodiche diagnostiche generali
• Esame RX diretto: può apprezzare alterazioni di volume del fegato, calcificazioni e trasparenze
patologiche nel suo contenuto.
o Aspetto: il fegato è direttamente apprezzabile, in quanto la sua tenue opacità omogenea di
tipo parenchimatoso è contrastata lungo il contorno da:
ƒ In alto: base polmonare destra
ƒ In basso: meteorismo fisiologico colico e dal tessuto adiposo perirenale destro
o Alterazioni
ƒ Epatomegalia: è caratterizzata da:
• Innalzamento della cupola epatica
• Abbassamento della flessura colica destra
• Dislocazione verso sinistra ed in avanti della bolla gassosa gastrica
• Deformazione distrettuale del contorno epatico prossimale o distale
ƒ Calcificazioni
• Litiasiche: a disposizione “impilata” quando interessano dotti biliari
intraepatici
• Cisti da echinococco: orletto opaco più o meno completo ed opacità a
chiazze
• Post-traumatiche
• Post-ascessuali: irregolari e disomogenee, a placche
• Vasali:
o A chiazze negli aneurismi
o A binario nelle pileflebiti e nelle arteriopatie degenerative
o A bersaglio negli angiomi
• Tumorali
• Tbc miliarica: piccole opacità nodulari
ƒ Trasparenze
• Interpositio colica o malattia di Chilaiditi
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•
122 • Aerobilia (disegno delle ramificazioni biliari)
• Ascesso sottodiaframmatico ed intraepatico (livello idroaereo)
• Suppurazione di cisti da echinococco
Ecografia: tecnica di prima istanza nello studio di molti tipi di patologia del fegato, viene eseguita a
paziente supino od in decubito obliquo laterale sinistro. L’accesso ha luogo per via sottocostale ed
intercostale destra, fino ad esplorazione accurata di tutto l’organo:
o Ostacoli all’esplorazione ecografica del fegato
ƒ Meteorismo: occorre una preliminare pulizia intestinale
ƒ Steatosi marcata: difficoltosa visualizzazione dei segmenti profondi del lobo destro
o Limite della tecnica: analisi del parenchima sottocapsulare
o Quadro
ƒ Aspetto triangolare
• Nelle scansioni longitudinali: la base corrisponde alla faccia diaframmatica
dell’organo e l’apice al margine antero-inferiore
• Nelle scansioni trasversali ed oblique: la base corrisponde alla faccia laterale
e l’apice all’estremità mediale del lobo sinistro
ƒ Struttura ecografica del parenchima epatico: tappeto di echi di piccole dimensioni e
media intensità fittamente stipati e distribuiti omogeneamente
ƒ Vasi portali e vene sovraepatiche: appaiono come strutture tubulari ecoprive, che
solcano il parenchima epatico con modalità pressoché costanti e sono differenziabili
tra loro in quanto i vasi portali sono delineati da forti echi di parete dovuti al tessuto
adiposo che li circonda
ƒ Dotti biliari segmentari ed arteria epatica: in condizioni normali non si apprezzano
per il calibro troppo esiguo per consentirne l’individuazione nel tessuto adiposo
degli spazi portali
ƒ Vasi portali segmentari: sono sempre ben individuabili, rendendo agevole la
segmentazione del fegato su base ecotomografica
ƒ Formazioni legamentose (legamento falciforme e rotondo, fessura del legamento
venoso): sempre ben riconoscibili, sotto forma di immagini lineari iperecogene
ƒ Colecisti e strutture dell’ilo epatico: ben riconoscibili
o ECD: ha grande importanza e consente di:
ƒ Determinare la presenza di flusso nei singoli vasi
• Trombosi
• Ittero ostruttivo
• Differenziazione dei rami portali dai dotti biliari dilatati
ƒ Caratterizzare il flusso: spettro
• Monofasico nei rami portali
• Bifasico nelle diramazioni dell’arteria epatica
• Trifasico nelle vene sovarepatiche
ƒ Effettuare misurazioni quantitative di velocità e portata ematica
ƒ Caratterizzare le lesioni focali: flussi intranodulari ad elevata velocità rilevabili
• Nell’epatocarcinoma per l’esistenza di shunt artero-venosi tumorali
• Nell’iperplasia nodulare focale
• NB: non rilevabili negli angiomi
o Ecografia come sistema di guida a:
ƒ Biopsia epatica
• Conferma citoistologica della diagnosi posta su lesioni focali
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•
•
•
123 • Quantificazione del danno epatico nelle epatopatie diffuse
ƒ Tecniche di ablazione percutanea dei tumori
• Alcoolizzazione
• Ipertermia
• Laserterapia
TC: tecnica di grande importanza e di uso frequente, talora di prima istanza, fornisce informazioni,
in genere, complementari all’ecografia.
o Scansione contrastografica con mdc uroangiografico: evidenzia 3 fasi:
ƒ Fase vascolare: l’aorta e l’arteria epatica sono massimamente opacizzate, ma il c.e.
del fegato è relativamente scarso
ƒ Fase di redistribuzione: il mdc diffonde nel parenchima epatico, che raggiunge
progressivamente i massimi valori di c.e.
ƒ Fase di equilibrio: i valori densitometrici dell’aorta e del fegato diminuiscono
progressivamente
o Apporto sanguigno: lesioni tumorali, iper- od anche ipovascolarizzate, hanno apporto
prevalentemente arterioso:
ƒ Lesioni ipervascolarizzate: meglio evidenziate nella fase vascolare (aree iperdense)
ƒ Lesioni ipovascolarizzate: nella fase di redistribuzione (aree ipodense rispetto al
parenchima normale in fase di massimo c.e.)
o Tipi di iniezione con mdc
ƒ Arterio-TC: mdc iniettato attraverso un catetere posizionato nell’arteria epatica, con
acquisizione immediata delle immagini TC
ƒ Porto-TC: catetere posizionato nell’arteria mesenterica superiore, con acquisizione
durante la fase di ritorno venoso mesenterico portale
o Quadro della TC epatica
ƒ Parenchima epatico: omogeneo
ƒ Rami portali e sovraepatici: visibili qua e là, per la minor densità del sangue, dopo
iniezione ev di mdc
ƒ Dotti biliari segmentari:
• Nel 40% dei soggetti normali: visibili come strutture canalari ipodense
adiacenti ai rami portali
• In caso di aerobilia o quando dilatati: soprattutto dopo iniezione ev di mdc,
che incrementando la densità del parenchima li rende relativamente ipodensi
ƒ Colecisti (vedi avanti)
RM: può esser utile per la caratterizzazione delle lesioni focali e di alcuni tipi di epatopatia:
o Parenchima epatico: segnale omogeneo
o Vasi portali e vene sovraepatiche: ben apprezzabili come strutture tubulari prive di segnale
in T-1
o Arteria epatica e vie biliari: la loro visualizzazione è incostante
o Colecisti: sempre ben apprezzabile, presenta un segnale di tipo liquido in T-1
o Grasso degli spazi portali e legamenti: segnale di elevata intensità in T-1
Diagnostica radioisotopica:
o Indicazioni
ƒ Studio della funzione epatocitaria
ƒ Caratterizzazione dell’iperplasia nodulare focale
ƒ Identificazione degli angiomi
o Tracciante utilizzato: varia a seconda del sistema cellulare da esplorare:
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ƒ
ƒ
ƒ
•
Macrofagi epatici perisinusoidali: radiocolloidi marcati con 99mTc (solfuro,
albumina). Questi, infatti, somministrati ev, sono rimossi dal circolo mediante
fagocitosi da parte delle cellule di Kuppfer. Poiché queste sono diffuse in maniera
uniforme in rapporto al sistema epatocitario, la loro valutazione scintigrafica diviene
espressiva della distribuzione spaziale del parenchima epatico normale. Inoltre, la
scintigrafia epatica con radiocolloidi risulta una scintigrafia epatosplenomidollare,
nella quale però la visualizzazione del fegato e della milza è dominante
nell’immagine
Epatociti: la valutazione diretta del sistema epatocitario è possibile con i derivati
dell’acido imminodiacetico marcati con 99mTc, ad elettiva captazione epatocitaria,
coniugati ed escreti nella bile.
Cellule tumorali: in linea generale, le lesioni focali assumono l’aspetto di aree
fredde; fa eccezione l’iperplasia nodulare, la quale contiene cellule
reticoloendoteliali e quindi capta il radiocolloide.
L’uso di globuli rossi autologhi marcati con 99mTc permette di differenziare
l’angioma (elevata attività a causa della ricca vascolarizzazione) da altre lesioni
focali.
La PET, infine, rende possibile l’identificazione di lesioni neoplastiche a
metabolismo elevato: il suo uso assume rilievo non solo in fase di stadiazione, ma
anche nella valutazione dei risultati della chemioterapia e nel follow-up
Angiografia:
o Finalità
ƒ Fornire al chirurgo la mappa vascolare necessaria per pianificare l’intervento di
resezione epatica
ƒ Definire l’operabilità di una lesione focale
ƒ Studio emodinamico del circolo portale
ƒ Interventi terapeutici altamente selettivi
• Chemioembolizzazione
• Embolizzazione di fistole AV, aneurismi e pseudoaneurismi
• Sclerotizzazione od embolizzazione di varici
• Creazione di shunt porto-sistemici intraepatici per via transgiugulare
o Arteriografia epatica: è realizzata con tecnica digitale mediante cateterismo selettivo del
tripode celiaco e dell’arteria mesenteria superiore (in caso dubbio mediante cateterismo
superselettivo dell’arteria epatica). Essa fornisce informazioni dettagliate sull’anatomia
vascolare del fegato
Lesioni focali
• Epatocarcinoma:
o TC:
ƒ Aspetto: massa primitiva, talora con una o più lesioni secondarie di piccole
dimensioni (noduli satelliti), ipo- od isodensi, con alone periferico di densità più
bassa
ƒ C.e: rapido, intenso e disomogeneo, è seguito da una fase di redistribuzione iso- od
ipodensa. La disomogeneità dipende dalle dimensioni della massa, dalla presenza di
trombosi vascolari e di shunt AV intranodulari
ƒ Variante fibrolamellare: di riscontro più frequente nei soggetti giovani, non
associata a cirrosi ed a decorso clinico meno aggressivo, si differenzia per la
presenza di:
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•
125 • Calcificazioni
• Margini lobulati
• Aree fibrotiche centrali
o Ecografia: l’aspetto è meno specifico: lesione solida ad ecostruttura disomogenea,
ipoecogena allorquano ha piccole dimensioni, altrimenti iso- od iperecogena
o ECD: consente di rilevare, nella maggior parte dei casi, segnali di flusso ad elevata velocità
all’interno delle lesioni e di individuare con grande accuratezza la trombosi di rami portali
intraepatici e delle vene sovraepatichhe
o RM: l’epatocarcinoma presenta segnale variabile nelle sequenze T-1, in rapporto al
contenuto di tessuto fibroso ed all’involuzione steatosica, e segnale lievemente iperintenso
nelle sequenze T-2. La RM è superiore alla TC riguardo:
ƒ Identificazione della pseudocapsula
ƒ Definizione della struttura interna della lesione
o Cenni terapeutici
ƒ Chemioembolizzazione sotto guida arteriografica epatica
ƒ Procedure percutanee ablative
Metastasi: lesioni focali epatiche più frequenti dopo cisti ed angiomi, per lo più multiple, non
pongono problemi diagnostici allorquando è nota la lesione primitiva; non è quasi mai possibile,
invece, risalire con certezza dal loro aspetto morfostrutturale alla neoplasia primitiva:
o Ecografia: sono possibili aspetti variabili:
ƒ Noduli solidi:
• Anecogeni
• Ipoecogeni
• Isoecogeni
• Iperecogeni (caratteristicamente di origine colorettale)
• “a bersaglio”: centro iperecogeno ed orletto ipoecogeno per la presenza di
edema perinodulare
ƒ Ecostruttura mista: componenti solide e liquide commiste in varia proporzione
ƒ Lacune cistiche centronodulari a margini marcatamente irregolari: riferibili ad aree
di necrosi colliquativa
o TC: le metastasi epatiche assumono, nella maggior parte dei casi, l’aspetto di lesioni
ipodense disomogenee (il c.e. è meno marcato di quello del parenchima). Alcuni tumori
tendono a dare metastasi ipervascolarizzate, meglio evidenziabili nelle scansioni in fase
arteriosa. L’accuratezza diagnostica è più elevata che nella ecografia
o RM: le metastasi epatiche appaiono come aree spesso disomogenee a segnale ipointenso in
T-1 ed iperintenso in T-2
o Agobiopsia: può favorire la differenziazione tra metastasi e lesioni primitive epatiche
o Scintigrafia: poco frequente
o PET: è più frequente, soprattutto per la sua capacità di consentire, in un’unica indagine, la
stadiazione estesa in pratica a tutti i segmenti corporei
o Altre tecniche ad elevata sensibilità
ƒ Porto-TC
ƒ RM con mdc epatico
ƒ Ecografia intraoperatoria
ƒ Ecografia con mc ev
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•
•
•
126 Angioma: più frequente tumore epatico, può presentarsi in forme capillari e cavernose, entrambe con
carattere benigno:
o Ecografia: evidenzia aspetti caratteristici
ƒ Nel 95% dei casi
• Lesione nodulare a margini regolari ed ecostruttura solida iperecogena
• Localizzazione preferenziale lungo il decorso delle vene sovraepatiche ed in
sede sottocapsulare
ƒ Nel 5% dei casi
• Lesione ad ecostruttura mista, solida e cistica (forme cavernose)
• Nodulo solitario ipoecogeno
o ECD: a causa del flusso molto lento, non evidenzia segnale nel contesto degli angiomi
o TC: gli angiomi assumono l’aspetto di lesioni ipodense omogenee, le quali vanno incontro
precocemente a c.e. periferico: l’enhancement si estende poi caratteristicamente verso il
centro e persiste per alcuni minuti
o Scintigrafia con globuli rossi marcati con 99mTc: utile nelle lesioni più voluminose (per la
DD con lesioni metastatiche)
o RM: l’angioma presenta comportamento caratteristico: il segnale è ipointenso in T-1 e
diviene progressivamente iperintenso in T-2
Adenoma ed iperplasia nodulare focale: sono lesioni di aspetto simile, la cui differenziazione,
tuttavia, è importante in quanto l’adenoma (tipico in donne in trattamento con anticoncezionali) in
più della metà dei casi va incontro a sanguinamenti spontanei massivi, mentre l’iperplasia nodulare
focale è pressoché asintomatica e priva di evolutività clinica
o Ecografia: si presentano entrambe come lesioni rotondeggianti, singole e voluminose, ad
ecostruttura solida ipo-isoecogena. Unico carattere distintivo, ma incostante, è la presenza, al
centro del nodulo iperplastico, di un’area stellata iperecogena, che accoglie strutture stromali
e presenta segnali arteriosi irradiantisi verso la periferia “a ruota di carro”
o TC:
ƒ Iperplasia nodulare focale: è per lo più isodensa nelle scansioni dirette e nella fase di
redistribuzione, ma è sempre riconoscibile nella fase vascolare per l’elevato c.e.
ƒ Adenoma: è spesso disomogeneo per la presenza di grasso, necrosi od emorragia
recente
o RM:
ƒ Nodulo iperplastico: è omogeneo e pressoché isointenso rispetto al parenchima
epatico: l’individuazione dell’area stellata centrale, rispettivamente ipo- ed iperintensa in T-1 e T-2, può agevolare la diagnosi
ƒ Adenoma: è variabilmente iperintenso in T-1 e disomogeneamente iso- od
iperintenso in T-2
o Diagnostica radioisotopica (solfuro colloidale di 99mTc): offre la possibilità concreta di
differenziar adenoma ed iperplasia nodulare focale, dimostrando nel primo la mancata
captazione del radiofarmaco per l’assenza di cellule reticoloendoteliali
Cisti:
o Ecografia: hanno aspetto rotondeggiante a margini netti ed ecostruttura liquida pura. Le cisti
da echinococco, tuttavia, hanno questo aspetto solo se insorte da poco: durante la loro
crescita si sviluppano, infatti, molteplici cisti figlie, che ne determinano spesse
sepimentazioni. La dimostrazione delle calcificazioni in questi casi, inoltre, è importante
segno di morte della cisti
o TC: è importante quando l’ecografia è inadeguata (obesità, meteorismo) e per le cisti da
echinococco in fase preoperatoria
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RM: raramente utilizzata in prima istanza, dà segnale, rispettivamente, ipo- ed iperintenso in
T-1 e T-2
Ascessi: possono essere piogenici, amebici e fungini:
o TC: indagine d’elezione per il loro studio (in quanto l’ecografia talora non è in grado di
individuare piccoli ascessi con ecostruttura intensamente corpuscolare), mostra un’area
ipodensa, di forma e margini irregolari, con alone periferico (capsulare) iperdenso dopo c.e.
Nel suo contesto possono evidenziarsi sepimentazioni o vegetazioni semisolide, contenuto
grasso (anerobi), livelli fluidi e gassosi. Consente, infine, il posizionamento di un drenaggio
o
•
Lesioni diffuse
• Epatopatie acute:
o Cause
ƒ Epatite virale
ƒ Colangite
ƒ Sindrome da shock tossico
ƒ Brucellosi
o Quadro
ƒ Ecografia:
• Dimensioni normali o lievemente aumentate
• Ecostruttura normale
• In caso di atrofia gialloacuta: dimensioni ridotte ed ecostruttura ipoecogena
disomogenea
ƒ TC e RM: non hanno indicazioni diagnostiche
• Steatosi:
o Ecografia: evidenzia caratteristicamente una tessitura omogenea di echi parenchimali ad
elevata intensità (“fegato brillante”), che determinano cospicua attenuazione del fascio US
in profondità rendendo mal esplorabili i segmenti profondi del lobo destro.
Questa attenuazione induce una drastica riduzione dell’ecogenicità del rene destro, rende
meno evidente il diaframma e tende a “cancellare” l’iperecogenecità degli spazi portali.
La steatosi è quasi sempre accompagnata da aumento di volume del fegato e può presentarsi
anche in forma focale (steatosi “a zolle”), con localizzazione variabile e spesso bizzarra
(fegato “a carta geografica”)
o Scintigrafia: evidenzia l’irregolare distribuzione intraepatica del radiofarmaco (per
alterazioni della funzione e della struttura del fegato indotte dalla presenza sostitutiva di
tessuto fibroso
o RM: è utile per lo studio delle aree sospette (steatosi “a zolle”)
o TC: dimostra la diminuzione del valore di attenuazione del parenchima
• Cirrosi: è caratterizzata da fibrosi diffusa dei sinusoidi portali e rigenerazione epatocitaria nodulare.
Finalità dello studio per immagini non è l’effettuare la diagnosi di cirrosi (che è clinica ed
istologica), ma determinare il volume del fegato, valutarne la vascolarizzazione e lo stato ipertensivo
portale, individuare precocemente l’epatocarcinoma:
o Ecografia: consente di rilevare:
ƒ Alterazioni volumetriche
• Ridotte dimensioni del lobo destro
• Ipertrofia compensatoria, talora marcata, dei segmenti II e III e del lobo
caudato
ƒ Alterazioni morfostrutturali
• Ecostruttura disomogenea
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o
o
o
o
• Margini epatici bozzoluti nei casi di cirrosi macronodulare
ƒ Alterazioni vascolari
ƒ Lesioni nodulari
ƒ NB: nelle forme micronodulari l’ecografia può risultare assolutamente normale
ECD: consente uno studio accurato dell’ipertensione portale
Scintigrafia: evidenzia la ridotta captazione epatica ed importanti irregolarità di distribuzione
del radiofarmaco associate a splenomegalia e ad aumentata captazione nella milza e nel
midollo osseo (attivazione macrofagica variante)
TC: consente una migliore valutazione del volume epatico e dei circoli porto-sistemici
RM: è utile per studiare l’accumulo di ferro nei noduli di rigenerazione
Altre patologie epatiche
• Patologie vascolari
o Sindrome di Budd-Chiari:
ƒ Cause: affezioni che determinano ostruzione delle vene sovraepatiche
• Tumori epatici, renali, surrenalici
• Policitemia vera
• Emoglobinuria parossistica notturna
• LES
• Post-partum
• Uso di contraccetivi orali
ƒ Quadro: si manifesta con ipertensione portale, ascite ed insufficienza epatica. Il
lobo caudato, dotato di efferenze venose autonome, è abitualmente risparmiato e va
incontro generalmente ad ipertrofia compensatoria
ƒ Approccio diagnostico
• Ecografia: evidenza di trombosi delle vene sovraepatiche e della cava
inferiore
• ECD
o Flusso assente
o Determinazione dell’estensione della trombosi
o Ricanalizzazione del trombo
• TC
o Aumento di volume del fegato
o Presenza di aree ipodense e disomogeneità parenchimali diffuse
• RM ed angio-RM: consentono di valutare compiutamente il quadro clinico
o Trombosi portale
ƒ Cause
• Rallentamento del flusso portale dei cirrotici
• Ostruzione della vena porta da parte di linfoadenomegalie ilari epatiche e
pancreaticoduodenali
• Invasione da parte di neoplasie
ƒ Approccio diagnostico
• Ecografia
o Aumento di volume della vena porta
o Echi di strutture intraluminali
• ECD:
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Trombi di recente insorgenza: trombo anecogeno non
differenziabile dal vaso pervio
o Ricanalizzazioni interne del trombo e circoli collaterali: cavernoma
portale
TC: dimostra la mancata opacizzazione da parte del mdc della vena porta
trombizzata
RM: ha una buona accuratezza diagnostica
o
•
•
•
129 Ipertensione portale
o Finalità dello studio per immagini
ƒ Valutazione delle alterazioni emodinamiche: circoli collaterali porto-sistemici,
trombosi, varici
ƒ Studio delle alterazioni anatomiche volumetriche e morfostrutturali del fegato e
della milza
ƒ Ricerca della sede dell’ostacolo: pre-, intra- o post-epatico
ƒ Determinazione della natura dell’ostacolo
• Trombosi nelle forme pre-epatiche
• Cirrosi e processi espansivi epatici nelle forme intra-epatiche
• Trombosi delle vene sovraepatiche, lesioni della vena cava inferiore,
insufficienza cardiaca congestizia nelle forme post-epatiche
ƒ Controllo della situazione post-operatoria: derivazione porto-sistemica
ƒ Terapia d’urgenza di complicanze emorragiche
o Approccio diagnostico
ƒ Ecografia ed ECD: consentono
• Analisi dimensionale e strutturale del fegato e della milza
• Studio dell’asse venoso spleno-mesenterico-portale
• Ricerca di eventuali ostruzioni
• Dimostrazione di circoli collaterali e varici
• Individuazione di ascite anche di minima entità (100 ml)
• Analisi quantitativa del flusso portale
• Controllo delle anastomosi porto-sistemiche
ƒ TC: consente di ottenere i suddetti rilievi in forma panoramica, ma non l’analisi
direzionale e quantitativa del flusso portale
ƒ RM: permette di ottenere, oltre ad informazioni morfologiche, anche informazioni
flussimetriche
ƒ Angiografia: l’arteriografia del tripode celiaco, dell’arteria mesenterica superiore ed
eventualmente dell’arteria mesenterica inferiore dimostrano in maniera panoramica
e completa il sistema portale, individuando con precisione la sede dell’ostacolo e
l’entità dei circoli collaterali porto-sistemici.
L’angiografia, inoltre, assume un ruolo importante nel trattamento dell’emorragia
da rottura di varici:
• Embolizzazione o sclerotizzazione diretta delle varici
• Creazione di uno shunt porto-sistemico intraepatico per via transgiugulare
ƒ Esame per os del tubo digerente: consente la dimostrazione di varici
esofagogastriche
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Par. VIII: Colecisti e vie biliari
Introduzione
• Studio della colecisti
o Ecografia: metodica di scelta
o Colecistografia per os: di seconda istanza
• Studio delle vie biliari
o Ecografia: molto importante, presenta, tuttavia, limiti nella valutazione del tratto terminale
del coledoco e della papilla di Vater (gas duodenale e colico)
o Colangio-RM diretta senza uso di mdc
o Colangio-RM con mdc paramagnetico ad escrezione biliare
o Colangiografie strumentai (per via retrograda endoscopica o percutanea transepatica):
metodiche invasive, ma di grande accuratezza diagnostica, sono quasi sempre finalizzate alla
realizzazione di procedure interventistiche
o Colescintigrafia, TC, RM, angiografia: per la stadiazione dei tumori
Caratteristiche generali di diagnosi
• Esame diretto RX: in condizioni normali non fornisce alcune evidenza diretta della colecisti e delle
vie biliari; in condizioni patologiche, invece, può dimostrare molteplici reperti:
o Bile calcica
o Idrope ed empiema della colecisti
o Colecisti “a porcellana”
o Calcoli totalmente o parzialmente radiopachi
o Calcificazioni linfonodali
o Calcificazioni epatiche
o Calcificazioni vasali
o Aerobilia:
ƒ Incontinenza dello sfintere di Oddi
ƒ Papillosfinterotomia
ƒ Pregressa anastomosi chirurgica o fistola bilioenterica
ƒ Colangiti da anaerobi
o Gas all’interno di un calcolo: segno della Mercedes-Benz: il gas ha disposizione ad Y
invertita nel contesto di un’immagine di calcolo non direttamente apprezzabile
o Pneumatosi colecistica
• Ecografia: quasi sempre di prima istanza:
o Indicazioni: offre risultati di grande accuratezza in:
ƒ Litiasi biliare
ƒ Colecistiti
ƒ Colecistosi
ƒ Tumori
ƒ Itteri ostruttivi
ƒ Contrazione colecistica
o Fasi dello studio del distretto biliare
ƒ Valutazione delle vie biliari intraepatiche:
• Dotti biliari segmentari:
o In casi normali: collassati, hanno calibro di circa 1 mm e non sono
visualizzabili
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In caso di ectasia lieve: divengono apprezzabili negli spazi portali
accanto ai relativi rami venosi di cui duplicano il profilo (immagine
“a canne di fucile”)
o In caso di ectasia marcata: si ha interessamento anche dei rami
subsegmentari. Questi, spesso molto voluminosi, tendono a
convergere verso l’ilo (“caput medusae”) con decorso tortuoso
• Dotti epatici e dotto cistico: sono riconoscibili anche se non dilatati
ƒ Valutazione della colecisti: ha lume anecogeno delimitati da una sottile parete
ecogena continua e regolare. In fase post-prandiale ha dimensioni ridotte e pareti
contratte, ispessite e pluristratificate
ƒ Valutazione della via biliare principale: apprezzabile nella maggior parte dei casi,
può esser seguita lungo tutto il suo decorso ad eccezione del tratto retropancreatico e
duodenale, visualizzati incostantemente (gas intestinali). La bile, come il sangue, ha
ecostruttura liquida pura, sì che è talora difficoltosa la differenziazione dei dotti
biliari ectasici dai vasi sanguigni
Colecistografia orale: è una metodica radiologica contrastografica utilizzata in seconda istanza nello
studio per immagini della colecisti, con poche ma specifiche indicazioni volte ad integrare i datti
ottenuti con l’ecografia
o Mdc utilizzati: sono l’acido iopanoico (cistobil) e l’acido iocetamico (colebrin). Il mdc,
liposolubile, viene assorbito nell’intestino tenue, penetra in circlo ove si lega all’albumina ed
alle α2-globuline plasmatiche e perviene, quindi, attraverso il circolo portale, al fegato, dove
è coniugato con acido glucuronico ed acquisisce una netta idrosolubilità. La bile, tenuemente
iodata, progredisce lungo i dotti e penetra nella colecisti attraverso il dotto cistico dopo aver
riempito la via biliare principale. Nel contesto della colecisti ha luogo un importante
riassorbimento idrico, con conseguente concentrazione di circa 10 volte del mdc
o Quadro del colecistogramma normale: è di norma evidente la sola colecisti
o Indicazioni alla colecistografia per os
ƒ Valutazione delle malformazioni colecistiche
ƒ Analisi fine della parete colecistica nella colecistosi
ƒ Valutazione della natura colesterinica dei calcoli e del contenuto calcico
(radiopacità) come fase preliminare all’effettuazione di una terapia litolitica con Sali
biliari
ƒ Studio funzionale della colecisti mediante prove di contrazione
TC:
o Indicazioni
ƒ Come complemento all’ecografia
• Studio degli itteri ostruttivi neoplastici
• Migliore definizione dell’estensione locale delle masse intra- ed extraepatiche
ƒ Indicazioni a sé
• Dimostrazione di perforazioni subacute della colecisti
• Valutazione combinata del pancreas:
o Pancreatiti acute biliari
o Stenosi biliari da pancreatite cronica
o Quadro
ƒ Dotti biliari segmentari: sono visualizzati in circa il 40% dei soggetti normali in
forma di strutture ipodense rotondeggianti o lineari adiacenti ai rami portali e, dato il
calibro ridotto, sono meglio evidenziati nella fase di redistribuzione epatica del mdc
o
•
•
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ƒ
•
•
•
132 Dotti epatici propri, dotto epatico comune e coledoco: sono visualizzati nella
maggior parte dei soggetti
ƒ Colecisti: è apprezzabile come struttura ovalare di densità liquida con pareti sottili,
ma la giunzione tra dotto biliare cistico, spesso tortuoso, e coledoco non è sempre
definibile
RM e colangiografia a RM:
o Indicazioni
ƒ Itteri ostruttivi: come complemento all’ecografia
ƒ Migliore definizione dell’estensione locale di masse intra- ed extraepatiche
ƒ Malformazioni delle vie biliari
o Utilizzo di mdc: l’introduzione di mdc ad escrezione biliare produce, oltre ad un enhancment
epatico utilizzabile a scopo diagnostico, una significativa iperintensità della bile in T-1 e
quindi una vera e propria colangiografia a RM, utile per la valutazione morfologica
dell’albero biliare. Le sequenze T-2 consentono, invece, di annullare il segnale dei tessuti
parenchimatosi e di porre, quindi, in risalto il segnale iperintenso dei fluidi (bile, liquor,
urina)
o Quadro
ƒ Dotti biliari segmentari: dimostrabili incostantemente
ƒ Via biliare principale: sempre dimostrabile
ƒ Duodeno: punto di repere fondamentale per lo studio del tratto terminale del
coledoco e della papilla, in caso di dilatazione di tutto l’albero biliare è di norma
evidenziato, almeno fino a livello dell’ostruzione
ƒ Colecisti: sempre ben dimostrabile, con caratteristico segnale di tipo liquido
Diagnostica radioisotopica: si utilizzano derivati dell’acido imminodiacetico marcati con 99mTc,
elettivamente captati dagli epatociti ed escreti con la bile (colecistoscintigrafia). Questa metodica
fornisce informazioni importanti sullo stato morfofunzionale del parenchima epatico, sulle vie biliari
e sulla colecisti. È particolarmente utile nella valutazione post-operatoria di papillosfinterotomia,
papillosfinteroplastica, anastomosi bilio-digestive e nell’identificazione del reflusso duodenogastrico
Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (CPRE): è una metodica di accesso diretto
retrogrado all’albero biliare (ed al sistema duttale pancreatico), invasiva, caratterizzata da lunghi
tempi di esecuzione e dalla necessità di una stretta collaborazione tra endoscopista e radiologo
o Tecnica: a paziente sedato con sedativi ed anticolinergici, si introduce per via orofaringea un
apposito endoscopio a visione laterale, la cui estremità viene posizionata nella seconda
porzione duodenale al davanti della papilla di Vater. Questa è incannulata e si inietta un mdc
uroangiografico diluito, prima nel dotto pancreatico principali e poi nel coledoco. Si
assumono, infine, radiogrammi mirati, a paziente supino e prono, nelle posizioni più idonee
per documentare il sistema duttale pancreatico ed i dotti biliari
o Complicanze: colangiti, lesioni strumentali, reazioni da farmaci
o Quadro
ƒ Papilla di Vater: è possibile definire forma, dimensioni, anomalie di sbocco dei dotti
escretori biliare e pancreatico, eventuali lesioni mucose e neoformazioni
ƒ Via biliare principale: si dirige verso il duodeno, descrivendo un flusso a concavità
sinistra
ƒ Colecisti: non viene opacizzata
ƒ Dotto cistico: solitamente ben apprezzabile
ƒ Dotti epatici propri e dotti biliari intraepatici: sono visualizzati se l’iniezione di mdc
nell’albero biliare viene prolungata. L’analisi colangiografica dei dotti biliari
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•
•
•
•
intraepatici, comunque, è condotta preferenzialmente con la colangiografia
transepatica
o Indicazioni
ƒ Dislocazioni dei dotti biliari
ƒ Compressioni estrinseche
ƒ Difetti di riempimento
ƒ Stenosi ed occlusioni
Colangiografia percutanea transepatica: è una metodica di accesso diretto anterogrado all’albero
biliare, alternativa alla CPRE. Utilizzata quasi esclusivamente per procedure interventistiche,
consente di:
o Dimostrare la sede dell’ostruzione biliare, la sua estensione (specie nelle forme
intraepatiche) e la natura
o Individuare e localizzare con precisione calcoli intraepatici
o Ottenere una mappa dettagliata dell’albero biliare intraepatico fino a livello subsegmentario
utile nella stadiazione prechirurgica delle neoplasie
Colangiografia intraoperatoria: trova indicazione nella chirurgia laparotomica e laparoscopica della
litiasi, avendo lo scopo di:
o Individuare eventuali calcoli presenti nelle vie biliari
o Individuare e valutare eventuali alterazioni morfologiche delle vie biliari e del coledoco
o Valutare la funzionalità dello sfintere di Oddi
Colangiografia post-operatoria trans-Kehr: è effettuata dalla seconda settimana dall’intervento,
iniettando attraverso il tubo a T di Kehr un mdc uroangiografico diluito con soluzione fisiologica. Vi
si ricorre allo scopo di dimostrare il ripristino della situazione di normalità prima della rimozione del
tubo di drenaggio; può consentire, inoltre, l’individuazione di calcoli residui e di stenosi
Angiografia (vedi fegato)
Principali patologie della colecisti e delle vie biliari
• Malformazioni
o Della colecisti:
ƒ Frequenti
• Anomalie di forma: colecisti “ad uncino”, “a berretto frigio”
• Presenza di setti e subsetti
ƒ Meno frequenti
• Colecisti “pendula”: presenza di un vero e proprio meso che sospende la
colecisti, rendendola mobile e passabile di torsioni acute
ƒ Rare
• Agenesia
• Duplicazione
• Sinistroposizione
• Localizzazione intraepatica
o Del dotto cistico
ƒ Anomalie di sbocco
ƒ Anomalie di lunghezza
ƒ Anomalie di decorso
ƒ Adesione all’epatico
o Classificazione di Todari: 5 classi
ƒ I: dilatazione coledocica
• A: cistica
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•
134 • B: segmemtaria
• C: fusiforme
ƒ II: diverticolo in via biliare sovraduodenale
ƒ III: dilatazione della porzione intramurale del coledoco (coledococele)
ƒ IV: dilatazioni multiple
• A: intraepatiche
• B: extraepatiche
ƒ V: cisti intraepatiche multiple
• Forma semplice: malattia di Carali
o Ectasie cavernose da dilatazioni sacciformi comunicanti, senza
coinvolgimento dei dotti interlobari piccoli né ipertensione portale
o Calcolosi e colangite
o Rischio di ascessi
• Forma complessa: sindrome di Carali
o Anche coinvolgimento dei dotti piccoli con ipertensione portale
o Fibrosi portale compensatoria
o Approccio diagnostico
ƒ Ecografia e colecistografia per os: per malformazioni della colecisti
ƒ Colangio-RM e colangiografie strumentali: per malformazioni del dotto cistico e
della via biliare principale
Calcolosi biliare
o Finalità dello studio per immagini
ƒ In prima istanza
• Individuazione e localizzazione dei calcoli
• Riconoscimento di eventuali complicanze
o Colecistite acuta e cronica
o Empiema
o Perforazione della colecisti
o Ostruzione biliare
ƒ In seconda istanza (ossia in fase di programmazione terapeutica)
• Caratterizzazione morfostrutturale dei calcoli
• Valutazione di morfologia e funzione colecistica
o Ipotonia
o Sclerosi parietale
• Individuazione di patologia associata
o Tipi di calcoli biliari
ƒ Colesterinici puri: rotondeggianti od ovalari, per lo più solitari e di dimensioni
superiori ad 1 cm, sono radiotrasparenti
ƒ Puri di bilirubinato di calcio: rotondeggianti, multipli, piccoli, sono intensamente
radiopachi
ƒ Puri bilirubino-terrosi: simili ai precedenti, sono radiotrasparenti e si ritrovano in
genere in sede intraepatica e nella via biliare principale
ƒ Misti: poliedrici, più numerosi e di dimensioni inferiori al cm, hanno radiopacità
variabile
ƒ Combinati:
• I tipo di Aschoff: nucleo colesterinico puro radiotrasparente e mantello
misto tenuemente radiopaco
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•
•
135 II tipo di Aschoff: nucleo misto tenuemente radiopaco e mantello di
bilirubinato di calcio più intensamente radiopaco
o Approccio diagnostico
ƒ Ecografia: consente di individuare calcoli nella colecisti e nei dotti biliari
intraepatici con elevata accuratezza (la dimostrazione o l’esclusione di calcoli nella
via biliare principale è meno accurata e richiede spesso il ricorso alla colangio-RM
ed alle colangiografie strumentali):
• Calcoli colecistici: appaiono come formazioni endoluminali iperecogene,
con cono d’ombra posteriore e mobili con il cambiamento di decubito.
Possibili reperti associati sono:
o Bile densa
o Corpuscolato flogistico
o Fango biliare: bile di ecogenecità paragonabile a quella del
parenchima epatico (“epatizzazione della colecisti”)
• Calcoli dei dotti biliari intraepatici: simili ai precedenti, hanno spesso
disposizione “impilata” e determinano ostruzione del dotto e stasi biliare a
monte
• Calcoli della via biliare principale: non sono sempre apprezzabili,
soprattutto se localizzati distalmente (gas duodenale e colico)
ƒ Colangio-RM: consente di ben apprezzare, indipendentemente dalla sede, i calcoli
come aree rotondeggianti od ovalari prive di segnale nel contesto della bile
marcatamente iperintensa. La morfologia della via biliare e del difetto di
riempimento rendono possibile differenziare con elevata accuratezza l’ostruzione
biliare litiasica da quella neoplastica
ƒ Altre indagini per precisare la composizione chimica del calcolo
• Esame diretto RX: consente di dimostrare la radiopacità o la
radiotrasparenza
• TC: può evidenziare l’architettura del calcolo e consente, attraverso
misurazioni densitometriche, l’individuazione di quantitativi di calcio che di
per sé non creano radiopacità
• Colecistografia orale: assume importanza per la dimostrazione della
normalità funzionale della colecisti, elemento indispensabile per
l’instaurazione di un trattamento litolitico con acidi biliari
Colecistosi iperplastiche: sono un insieme di affezioni della parete colecistica a carattere
degenerativo-iperplastico; se ne distinguono diversi tipi, i più importanti dei quali sono:
o Colesterolosi: la mucosa colecistica va incontro ad iperplasia ed aggetta nel lume, sia sotto
forma di salienze puntiformi diffuse (colecisti “a fragola”), sia in forma discreta
multipolipoide (“polipi colesterinici”):
ƒ Ecografia:
• Ispessimento diffuso della parete colecistica
• Diminuzione dell’ecogenecità
• Possibili formazioni polipoidi fisse al variare del decubito
ƒ Colecistografia orale: triade di Jutras
• Opacizzazione
• Risposta contrattile
• Evacuazione dopo stimolo colecistocinetico
o Adenomiomatosi:
ƒ Aspetti caratteristici
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•
•
•
Ispessimento della parete muscolare
Iperplasia della mucosa
Formazione di estroflessioni della mucosa nel contesto della parete
(diverticoli intramurali o seni di Rokitansky-Aschoff)
ƒ
•
•
•
136 Forme
• Diffusa: i diverticoli si dispongono lungo tutto il contorno della colecisti con
aspetto “a vezzo di perle”; il contorno colecistico è alterato da incisure “ad
unghiata” corrispondenti alla mucosa iperplastica
• Localizzata: l’iperplasia induce inizialmente un’intaccatura del contorno “a
semiluna”, nel cui contesto può comparire un’immagine di plus
“pinnacolare”
Tumori della colecisti
o Benigni (papilloma, adenoma non papillare): sono per lo più localizzati nel fondo
o Carcinoma della colecisti: tumore alquanto raro, ad elevata malignità, è pressoché
costantemente associato a colelitiasi:
ƒ Ecografia: ne consente diagnosi e stadiazione locale
• Forma papillare vegetante: la colecisti risulta occupata da una massa solida
ipoecogena disomogenea, nel cui contesto sono spesso apprezzabili una o
più immagini litiasiche con il caratteristico cono d’ombra posteriore
• Forma infiltrante scirrosa: le pareti colecistiche sono marcatamente ed
irregolarmente ispessite
ƒ TC: assume importanza per il bilancio accurato della stadiazione extracolecistica
Discinesie della colecisti e disfunzioni delle vie biliari: sono in grado di produrre una sintomatologia
dispeptico-dolorosa di tipo biliare in assenza di calcoli e di patologia extra-biliare. Ecografia,
colescintigrafia e colecistografia orale, associate a prove di contrazione colecistica (con pasto
grasso), sono le indagini di elezione nello studio delle discinesie colecistiche; la colescintigrafia e la
CPRE possono fornire informazioni utili nello studio delle disfunzioni delle vie biliari
o Contrazione colecistica: è seguita
ƒ Per via colecistografica orale: con seriogrammi opportunamente distanziati nel
tempo
ƒ Per via ecografica: con misurazioni successive dei diametri colecistici e
determinazione del volume
ƒ Per via colescintigrafica: con determinazione della frazione d’elezione
o Studio funzionale del coledoco
ƒ Manometria endoscopica
ƒ Colescintigrafia (calcolo del tempo di transito coledocico)
o Quadri più comuni
ƒ Discinesie colecistiche: ridotta risposta contrattile
ƒ Disfunzione dello sfintere di Oddi
• Colescintigrafia: persistenza del tracciante nelle vie biliari
• Manometria endoscopica
Ittero colestatico: si ricorre allo studio per immagini al fine di definire presenza, sede e natura della
lesione ostruente e l’estensione locale in caso di ittero neoplastico:
o Ecografia: consente quasi sempre il riconoscimento degli itteri ostruttivi e della sede
d’ostruzione
o TC e RM: consentono una migliore stadiazione locale
o Colangio-RM: è preziosa per la caratterizzazione degli itteri da calcolo incuneato nel tratto
distale del coledoco
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Ecoendoscopia
Colangiografie strumentali: è legato alla necessità di procedure interventistiche (drenaggio,
asportazione di calcoli) o di biopsia
ƒ CPT: nei casi di ostruzione alta
ƒ CPRE: nei casi di ostruzione coledocica o per analisi simultanea della situazione
pancreatica
Colecistiti
o Colecistite acuta:
ƒ Ecografia: viene utilizzata come metodica di prima istanza per la non invasività, il
basso costo e l’ampia disponibilità. Segni ecografici di colecistite acuta sono:
• Sovradistensione del lume (diametro trasverso massimo maggiore di 4 cm)
• Ispessimento parietale > 3 mm per edema ed infiltrazione cellulare della
sottomucosa
• Tendenza all’ipervascolarizzazione all’ECD
• Presenza di fango biliare
• Segno di Murphy ecografico: dolore intenso provocato dalla compressione
della parete addominale al di sopra della colecisti mediante sonda ecografica
ƒ TC: viene utilizzata come metodica di seconda istanza a complemento di esami
ecografici non dirimenti o dubbi e nel rilievo di eventuali complicanze. Segni TC
più comuni sono:
• Presenza di calcoli nel lume della colecisti, più spesso iperdensi in fase precontrastografica
• Ispessimento focale o diffuso della parete colecistica
• Raccolta fluida pericolecistica-periepatica, ipodensa
• Sovradistensione idropica della colecisti
• Iperdensità biliare per formazione di fango biliare e presenza di pus o
sangue all’interno del lume
o Colecistite gangrenosa o necrotizzante: complicanza più frequente, rappresenta l’evoluzione
della necrosi parietale ischemica e deve essere sospettata in presenza di ispessimento
parietale irregolare (microascessi pericolecistici) e di riscontro di membrane da
slaminamento della mucosa nel lume dell’organo
o Colecistite enfisematosa: più rara, dovuta a batteri anaerobi (E. coli, Klebsiella, Clostridium
perfrigens), è caratterizzata dalla presenza di gas (visibile sotto forma di spots iperecogeni in
ecografia o come microbolle a densità negativa in TC)
o Colecistite cronica: può far seguito ad episodi ripetuti di colecistite acuta, si associa quasi
sempre a calcoli ed è caratterizzata da dolore persistente o di tipo colico. L’ecografia
dimostra:
ƒ Diminuzione del volume colecistico fino al quadro di colecistite atrofica
ƒ Aumento di spessore della parete per sclerosi dello sottomucosa e della sottosierosa
ƒ Presenza di calcificazioni parietali con quadro di colecisti “a porcellana”
Colangite acuta: si verifica come risultato di un’infezione batterica, sovrapposta ad un’ostruzione
delle vie biliari. L’ostruzione delle vie biliari riduce le difese antibatteriche e causa un’alterazione
del sistema immunitario locale, favorendo la colonizzazione della bile da parte di batteri intestinali,
che possono invadere le vie biliari per risalita dal duodeno, disseminazione ematogena portale o
diffusione linfatica. La diagnosi si avvale di:
o CPRE: è altamente accurata nella determinazione della causa dell’ostruzione biliare;
tuttavia, vista l’invasività ed il rischio di complicanze, dovrebbe esser utilizzata ai soli fini
terapeutici
o
o
•
•
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Ecografia, RM e TC: mostrano, come segni aspecifici di colangite acuta:
ƒ Dilatazione delle vie biliari
ƒ Irregolare ispessimento delle pareti duttali
ƒ Ascessi parenchimali
Colangite sclerosante primitiva (CSP): è una patologia colestatica cronica dell’albero biliare,
caratterizzata da fibrosi infiammatoria obliterante. Interessa prevalentemente i dotti intra- ed
extraepatici:
o RM: metodica d’elezione, reperta:
ƒ Dilatazioni e stenosi duttali con aspetto:
• “ad albero potato” per obliterazione dei rami biliari più periferici
• “a corona di rosario” per alternanza di segmenti stenotici ed ectasie
diverticolari
ƒ Ispessimento irregolare delle pareti duttali
ƒ Litiasi intraepatica
o TC: utile nell’evidenziare eventuale neoplasia sovrapposta
Colangiocarcinoma: neoplasia più frequente delle vie biliari, ha prognosi pessima. Obiettivo dello
studio per immagini è la determinazione dell’estensione di malattia ai fini della discriminazione
dell’eventuale resecabilità chirurgica. La maggior parte dei colangiocarcinomi è costituita da
adenocarcinomi duttali originanti dall’epitelio del sistema biliare
o Tipi macroscopici
ƒ Massa esofitica: tipica delle forme intraepatiche periferiche
ƒ Lesione infiltrante e stenosante i dotti di maggior calibro: principale pattern di
crescita delle forme ilari ed epatiche
ƒ Lesione duttale polipoide a crescita endofitica luminale
o Classificazione chirurgica
ƒ Tumori intraepatici
• Periferici: distali alla seconda ramificazione dei dotti epatici destro e sinistro
• Ilari: tumore di Klatskin, ad origine da uno dei due dotti epatici o dalla
biforcazione dell’epatico comune
ƒ Tumori extraepatici
o Classificazione di Bismuth-Corlette
ƒ I: steno-ostruzione all’epatico comune
ƒ II: steno-ostruzione di epatico comune e della confluenza con separazione dei 2
emisistemi (destro e sinistro)
ƒ III: steno-ostruzione di confluenza e dotto epatico destro (a) o sinistro (b)
ƒ IV: steno-ostruzione di epatico comune, confluenza, dotti sinistro e destro,
diramazioni secondarie
o Approccio diagnostico
ƒ Ecografia: metodica di primo livello, è molto accurata nel definire il livello della
stenosi neoplastica grazie alla documentazione della distensione delle vie biliari
prossimalmente alla stenosi stessa (segno del canale parallelo per appaiamento di
due strutture tubulari anecogene che rappresentano ramo portale e dotto biliare
dilatato)
• Forme intraepatiche periferiche: lesioni nodulari
• Tumore di Klatskin: difficilmente evidenziabile
• Tumore extraepatico:
o Steno-ostruzione della via biliare
o Ispessimento parietale
o
•
•
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ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
o Massa iperecogena endoluminale priva di cono d’ombra posteriore
TC: metodica di seconda scelta, è utile soprattutto nella definizione dell’estensione
di malattia e nella determinazione della resecabilità chirurgica della stessa. Oltre,
comunque, a caratterizzare le lesione, consente di evidenziare ulteriori segni
patologici:
• Ostruzione venosa portale
• Lesioni satelliti parenchimali
• Linfoadenopatie patologiche
RM: utile soprattutto per la stadiazione
Colangio-RM
CPRE
Par. IX: Pancreas
Introduzione
• Ecografia, TC e RM ne consentono un valido studio morfologico
• Pancreatografia retrograda endoscopica: ne mette in luce il sistema duttale
• Diagnostica radioisotopica (PET, scintigrafia recettoriale): ha grande studio nei tumori del pancreas
• Angiografia e prelievo di sangue venoso lungo l’asse spleno-portale: assumono rilievo particolare
nello studio dei tumori endocrini secrenenti
Caratteristiche generali di diagnosi
• Esame diretto dell’addome: non dà dimostrazione diretta del pancreas, ma i rilievi possibili
(distensione gassosa di anse intestinali, opacamento dello spazio pararenale anteriore, calcificazioni
e calcoli duttali) possono assumere rilievo per il riconoscimento della presenza di patologia
pancreatica
• Ecografia: insieme alla TC tecnica di prima istanza nello studio della patologia pancreatica, richiede
un’accurata preparazione intestinale (eliminazione dei gas intestinali, colon trasverso vuoto)
o Quadro:
ƒ Parenchima: il pancreas normale presenta eco struttura solida omogenea con
ecogenicità che aumenta dopo la terza decade in rapporto alla fisiologica
involuzione fibroadiposa
ƒ Dotto di Wirsung: è apprezzabile nella maggior parte dei soggetti normali come
sottile immagine a decorso rettilineo con pareti iperriflettenti “a binario”, a livello
del corpo e della porzione più mediale della coda. Si considera normale un dotto di
calibro di 2-3 mm misurato a digiuno
o ECD: rende possibile lo studio del flusso nei vasi arteriosi e venosi peripancreatici, alterato
in caso di loro coinvolgimento infiammatorio o neoplastico
o Ecografia endoscopica (biopsia sotto guida ecografica): permette la valutazione con elevata
definizione del parenchima ghiandolare (piccoli tumori endocrini) e della zona periampollare
(tumori della papilla)
• TC: tecnica di prima istanza, panoramica, è di importanza fondamentale nello studio delle pancreatiti
e dei tumori del pancreas
o Tipi di scansione
ƒ Scansione diretta: eseguita in apnea con acquisizione volumetrica a strato sottile,
consente lo studio della morfologia del pancreas e l’individuazione di calcificazioni
(pancreatite cronica)
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ƒ
•
•
140 Scansione contrasto grafica diretta: è eseguita durante le fasi vascolare precoce
(tumori ipervascolarizzati) e portale (vena splenica e vena mesenterica superiore)
o Informazioni fornite dalla TC su
ƒ Morfologia generale
ƒ Topografia del pancreas
ƒ Contorni
ƒ Piani adiposi
ƒ Struttura del parenchima
o Quadro:
ƒ Parenchima: densometricamente omogeneo in condizioni normali
ƒ Dotto di Wirsung: visualizzabile meno frequentemente che con l’ecografia
o Utilizzo di mdc: mette in evidenza importanti reperti vascolari
ƒ Vena splenica
ƒ Arteria e vena mesenterica superiore
ƒ Confluenza mesenterico-portale
RM: consente lo studio morfologico del parenchima ghiandolare e, con tecniche opportune, la
visualizzazione del sistema duttale bilio-pancreatico (pancreatico-RM) e delle strutture vasali locoregionali (angio-RM)
o Contrasto: il tessuto adiposo peripancreatico offre un valido contrasto con il parenchima e le
lesioni tumorali (sequenze T-1 pesate). Il contrasto tra parenchima e lesioni tumorali
aumenta nelle sequenze con soppressione del segnale del grasso, ma diminuisce nelle
sequenze T-2 pesate (utili per delineare eventuali raccolte fluide peripancreatiche)
o Pancreatico-RM: consente la visualizzazione diretta del dotto di Wirsung mediante
acquisizioni di singole sezioni di spessore elevato o di strati multipli di spessore sottile.
L’elevata accuratezza diagnostica della pancreatico-RM ha limitato il ruolo della CPRE;
tuttavia, essa ha significativi limiti:
ƒ Artefatti da movimento in pazienti non collaboranti
ƒ Minore risoluzione spaziale rispetto alla CPRE
ƒ Sovrastima delle stenosi
ƒ Visualizzazione del dotto di Wirsung in condizioni di base, senza cioè la
vantaggiosa distensione forzata possibile con la CPRE
o Angio-RM: consente lo studio delle strutture vasali (aorta, vena cava inferiore, vena porta e
vasi mesenterici superiori). Le principali indicazioni cliniche della RM sono:
ƒ Esclusione o conferma della presenza di reperti patologici in pazienti con
ingrandimento focale o diffuso della ghiandola all’ecografia od alla TC
ƒ Valutazione di pancreatiti ricorrenti di cui non si identifica la causa
ƒ Stadi azione del carcinoma pancreatico
ƒ Individuazione di NET
ƒ Riconoscimento dell’accumulo di ferro nell’emocromatosi
o Colangio-Wirsung-RM
Diagnostica radio isotopica:
o PET: nella stadi azione e nel monitoraggio dell’adenocarcinoma del pancreas
ƒ Presenza di tumore residuo o recidivante
ƒ Esiti fibrocicatriziali
o Scintigrafia recettoriale: impiegata nello studio dei NET, utilizza per lo più un analogo della
somatostatina, il pentetreotide, marcato con 111In, o il VIP marcato con 123I
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•
•
•
•
CPRE: consente la dimostrazione diretta dei dotti pancreatici, dei rami dei duttuli e dei canalicoli ad
essi afferenti, riempiti in senso retrogrado con mdc iodato iniettato attraverso la papilla di Vater.
Oltre a consentire importanti procedure terapeutiche, può assumere grande importanza, per lo più
come complemento allo colangiopancreatico-RM, in caso di:
o Papilliti stenosanti
o Tumori della papilla
o Pancreatiti croniche iniziali
o Individuazione di neoplasie intraduttali solide o mucinose in caso di TC e RM non risolutive
Ecoendoscopia (EGDS con sonda endoscopica ecografica)
Angiografia: si ricorre ad essa, in seconda istanza, in caso di:
o Studio dei tumori secernenti del pancreas endocrino: assumono rilievo
ƒ Indagine arteriografia
ƒ Cateterismo selettivo venoso dell’asse spleno-portale
o Interventi chirurgici: consente la definizione precisa della mappa vascolare pancreatica
o Complicanze emorragiche pancreatiche
Studio delle vie biliari nelle pancreatopatie: gli stretti rapporti che il coledoco assume con la faccia
posteriore della testa del pancreas spiegano la frequenza del suo interessamento secondario
(compressione, infiltrazione, ostruzione) nei diversi tipi di patologia del pancreas. Lo studio
moderno di queste alterazioni richiede ecografia, TC e colangio-RM. In caso di ittero colo statico
assumono un ruolo determinante la CPT e la CPRE
Diagnosi delle principali patologie pancreatiche
• Anomalie congenite del pancreas
o Pancreas divisum: predisponente alla pancreatite ricorrente idiopatica, si ha mancata
formazione del segmento di connessione fra i dotti delle gemme primitive dorsale e ventrale
pancreatiche. La dimostrazione dell’anomalia ha luogo solo raramente mediante ecografia e
TC: la diagnosi compiuta è possibile solo con la CPRE
o Pancreas anulare: si ha incompleta rotazione della parte apicale della gemma ventrale con
successivo sviluppo di un anello di tessuto pancreatico che circonda la seconda porzione del
duodeno, inducendo su di essa gradi diversi di compressione fino all’ostruzione:
ƒ Esame diretto dell’addome: livello idroaereo nello stomaco e nel duodeno (segno
della “doppia bolla”)
ƒ TC e RM: parenchima pancreatico che circonda la seconda porzione duodenale
ƒ CPRE: esame decisivo grazie alla dimostrazione diretta del dotto anulare e del suo
sbocco nel dotto pancreatico principale
• Pancreatite acuta: le informazioni fornite da ecografia e TC, combinate con parametri clinicolaboratoristici, consentono un accurato inquadramento diagnostico e prognostico
o Forme AP
ƒ Forma edematosa: più frequente, caratterizzata da aumento di volume del pancreas
per fenomeni congestizi, edema ed essudazione interstiziale, senza alterazioni a
carico delle strutture acinose e duttali
ƒ Forma necrotico-emorragica: caratterizzata da fenomeni più o meno estesi di necrosi
della componente ghiandolare ed interstiziale, associate a raccolte ematiche che
diffondono dal pancreas alle zone adiacenti
o Complicanze
ƒ Pseudo cisti
ƒ Necrosi pancreatica
ƒ Ascessi
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o
o
142 ƒ Compressione della via biliare nel tratto intrapancreatico
ƒ Effetti sistemici
Finalità dello studio per immagini
ƒ Valutare casi dubbi
ƒ Definire la stadi azione AP
ƒ Individuare complicanze
ƒ Identificare lesioni suscettibili di procedure interventistiche o di trattamento
chirurgico
ƒ Contribuire alla definizione della prognosi
Mezzi diagnostici
ƒ Esame diretto dell’addome: evidenzia, talora, segni con diverso grado di specificità:
• Distensione gassosa isolata di un’ansa centro addominale, in genere una
delle prime anse digiunali (ansa sentinella)
• Opacamento uniforme dei quadranti addominali superiori per la comparsa di
fluido infiammatorio nello spazio pararenale anteriore: lo spazio perirenale,
non coinvolto, genera il caratteristico segno dell’alone renale
radiotrasparente
• Distensione gassosa del colon trasverso con brusca interruzione a livello
della flessura sinistra (segno del taglio del colon): questo è segno di ileo
paralitico, conseguente alla diffusione di liquido infiammatorio nel
mesocolon trasverso
ƒ Ecografia: spesso ostacolata dalla distensione gassosa delle anse intestinali, non
evidenzia alterazioni del pancreas in circa 1/3 dei pazienti con diagnosi clinica di
pancreatite acuta
• Pancreatite edematosa: aumento di volume del pancreas accompagnato da
diminuzione dell’ecogenicità
• Pancreatite necrotico-emorragica:
o Nelle prime 24 ore: aree emorragica iperecogena
o Successivamente: ipoecogena con struttura complessa
o NB: il riscontro di marcate disomogeneità focali o diffuse
dell’ecostruttura (espressione di necrosi ed emorragia),
specialmente se associate ad aree circoscritte ipoecogene liquide
corpuscolate, rende pressoché certa la diagnosi di pancreatite
necrotico-emorragica
• Riscontro di complicanze
o Pseudocisti pancreatica: raccolte fluide di tessuti necrotici ed
emorragici
o Focolai di necrosi infetta
o Ascessi e flemmone pancreatico
o Dilatazione della via biliare principale
o Interessamento vascolare
ƒ TC: analogamente all’ecografia, non evidenzia alterazioni in circa 1/3 dei casi:
• Pancreatite edematosa: ingrandimento diffuso del pancreas, spesso con
diminuzione della densità parenchimale e scarsa definizione dei contorni (in
caso di edema periparenchimale)
• Pancreatite necrotico-emorragica: si osservano nelle prime 24-48 ore aree di
diminuita densità parenchimale (edema e necrosi), fra le quali residuano
zone di parenchima vascolarizzato assoggettate a valido c.e.
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•
•
143 Complicanze
o Raccolte fluide: la pancreatite si definisce complicata allorquando la
raccolta fluida, inizialmente localizzata nello spazio pararenale
anteriore, supera la barriera peritoneale, coinvolgendo la retro cavità
degli epipoloon e successivamente la cavità peritoneale
o Pseudocisti
o Flemmone pancreatico
o Ascesso
• Valutazione della prognosi tramite i criteri di Balthazar
o Livelli di coinvolgimento infiammatorio del pancreas (punteggi da 0
a 4)
ƒ A: pancreas apparentemente normale
ƒ B: edema diffuso
ƒ C: aderenze peripancreatiche
ƒ D: una sola raccolta fluida
ƒ E: due o più raccolte fluide e/o presenza di gas
intrapancreatico
o Percentuale di parenchima pancreatico sede di necrosi
ƒ 0: necrosi non apprezzabile
ƒ 2: < 33%
ƒ 4: 33-50%
ƒ 6: > 50%
o Punteggio complessivo
ƒ 0-2: mortalità nulla e scarsa probabilità di complicanze
ƒ 3-6: valori intermedi di mortalità e di complicanze
ƒ 7-10: mortalità del 17% e probabilità di complicanze del
92%
ƒ RM: assume importanza per l’elevata risoluzione anatomica, che consente di
differenziare:
• Forme edematose
o Lieve incremento volumetrico
o Segnale basso nelle sequenze T1 ed elevato in T2
o C.e. omogeneo
• Forme necrotico-emorragiche
o Segnale ipointenso in T1 ed elevato in T2
o Margini irregolari della ghiandola pancreatica
o C.e. assente nelle aree necrotiche
Pancreatite cronica: è caratterizzata da un processo infiammatorio che interessa inizialmente il
sistema duttale pancreatico e successivamente il parenchima acinoso ed insulare
o Aspetti morfologici
ƒ Pancreatite cronica calcifica: più frequente, è dovuta soprattutto ad abuso di alcool
ƒ Pancreatite cronica ostruttiva: meno frequente, è causata da lesioni ostruenti il dotto
pancreatico
o Finalità dello studio per immagini: dimostrare
ƒ Atrofia del parenchima ghiandolare
ƒ Presenza di calcificazioni
ƒ Dilatazione del dotto di Wirsung
ƒ Coinvolgimento delle strutture vascolari circostanti
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Mezzi diagnostici
ƒ Esame diretto dell’addome: consente di dimostrare, nel 30% dei casi, la presenza di
calcificazioni o calcoli multipli
ƒ Ecografia: dimostra, talora, la diminuzione di volume del pancreas per atrofia
parenchimale (soprattutto in concomitanza con l’ostruzione e l’ectasia del dotto di
Wirsung); in aggiunta, rivela:
• Ecogenicità aumentata in rapporto alla presenza di fibrosi
• Disomogeneità strutturale della ghiandola aumentata dalla presenza di
calcificazioni e calcoli
ƒ TC: consente di evidenziare
• Variazioni volumetriche del pancreas (talora completamente sostituito da
tessuto adiposo) e della dilatazione duttale
• Calcificazioni e calcoli
• Pseudocisti (anche di piccole dimensioni)
• Dilatazione duttale biliare
• Alterazioni delle strutture peripancreatiche
ƒ RM e pancreatico-RM: consentono di evidenziare alterazioni morfostrutturali del
pancreas:
• Diffusa riduzione di volume del parenchima con infiltrazione adiposa e
fibrosi, più marcata nel corpo e nella coda
• Iperintensità del segnale, che si riduce nelle sequenze con soppressione del
grasso
• C.e. scarso e disomogeneo (sostituzione del parenchima ghiandolare con
tessuto fibrotico)
• Dilatazione dei dotti a monte del tessuto ghiandolare fibrotico
ƒ CPRE:
• Forme iniziali: è fondamentale in questi casi, nei quali il dotto di Wirsung
può presentare solo modeste variazioni di calibro e le principali alterazioni
si apprezzano a carico dei dotti secondari, solitamente dilatati, tortuosi ed
infiltrati
• Forme conclamate: si evidenziano grossolane alterazioni del dotto
principale, che appare aumentato di calibro e presenta difetti di riempimento
sino a quadri di ostruzione completa di tipo simil-neoplastico
Tumori del pancres esocrino:
o Forme
ƒ Adenocarcinoma originato dall’epitelio dei dotti (90%)
ƒ Adenoma microcistico
ƒ Adenoma macrocistico
ƒ Carcinomi solidi e papillari
ƒ Carcinoma pleomorfo fulminante
ƒ Tumore mucinoproducente endoduttale
ƒ Linfomi primitivi
ƒ Metastasi
o Topografia
ƒ Tumori della testa
ƒ Tumori di collo e coda
o Diagnosi dell’adenocarcinoma: questo è un tumore di tipo scirroso, con struttura omogenea
ed andamento infiltrante, localizzato nel 60% dei casi alla testa:
o
•
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ƒ
•
145 Ecografia:
• Quadro: formazione nodulare solida ipoecogena, omogenea o disomogenea
(aree di necrosi nelle lesioni di maggiori dimensioni), accompagnata
frequentemente da stenosi infiltrativa del dotto di Wirsung con ectasia anche
marcata del dotto a monte
• Possibile infiltrazione di coledoco e vasi peripancreatici (ECD)
• Ricerca di metastasi linfonodali ed epatiche
ƒ TC: assume ruolo determinante nella diagnosi, nella stadi azione e nella valutazione
della resecabilità dell’adenocarcinoma pancreatico
• Scansione diretta: l’adenocarcinoma ha valore di attenuazione pressoché
uguale a quello del parenchima normale e presenta calcificazioni solo
raramente; quindi, essa consente l’individuazione solo delle lesioni che
causano deformazione dei contorni del pancreas o dilatazione del dotto di
Wirsung e del coledoco
• Scansione contrasto grafica: evidenzia un c.e. tumorale inferiore a quello del
parenchima normale e rende possibile studiare in modo ottimale le principali
strutture arteriose e venose (se invase, il tumore non è resecabile)
• NB: nella stadiazione del carcinoma pancreatico criteri importanti sono
o Coinvolgimento dell’arteria e della vena mesenterica superiore
o Invasione degli organi contigui
ƒ RM: ha elevata sensibilità nell’individuazione delle piccole lesioni tumorali, che
nelle sequenze T1 pesate appaiono ipointense (elevata cellularità, riduzione dei
secreti ghiandolari) e vanno incontro a c.e. modesto (ipovascolarizzazione)
• La possibilità di studio simultaneo delle vie biliari, dei dotti pancreatici e dei
vasi conferisce alla RM un ruolo di grande importanza: in caso di ittero
ostruttivo la dimostrazione della dilatazione delle vie biliari (colangio-RM)
e dell’interessamento del dotto di Wirsung (pancreatico-RM) consente di
individuare la sede e la causa dell’ostruzione
• Il coinvolgimento vascolare può essere validamente documentato
dall’angio-RM
ƒ Diagnostica radioisotopica (vedi dietro)
ƒ CPRE: molto utile nelle lesioni iniziali, rileva segni fortemente indicativi:
• Stenosi solitaria, irregolare, con o senza dilatazione a monte del dotto di
Wirsung
• Occlusione brusca e completa
• Stenosi irregolare od occlusione brusca del coledoco
• NB: la CPRE rende, inoltre, possibili prelievi citologici mirati a livello della
papilla ed all’interno del dotto pancreatico principale
Tumori del pancreas endocrino
o Tipi principali
ƒ Insulinoma
ƒ Gastronoma
ƒ Glucagonoma
ƒ VIPoma
ƒ Somatostinoma
o Funzionalità
ƒ Tumori funzionalmente attivi
ƒ Tumori quiescenti
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o
Diagnosi: si ricorre allo studio per immagini per confermare la presenza del tumore,
localizzarlo e valutarne la diffusione, nonché in fase di follow-up:
ƒ Ecografia: consente solo talvolta di individuare il tumore sotto forma di formazione
nodulare ipoecogena a margini netti. Sensibilità più elevata hanno l’ecografia per
endoscopica (trans grafica o trans duodenale) od intraoperatoria
ƒ TC: indagine elettiva, si dimostra abbastanza sensibile nell’individuare piccoli
tumori funzionalmente attivi, dotati – per la ricca vascolarizzazione – di c. e. intenso
ƒ RM: alternativa alla TC
ƒ Diagnostica radio isotopica: di grande importanza
ƒ Angiografia: ut ilizzata nei casi di dubbio persistente, potrà evidenziare la lesione
per il marcato effetto parenchimografico e la caratteristica dislocazione dell’arteria
afferente “a coppa di champagne”. Il cateterismo selettivo venoso dell’asse splenoportale con prelievi ematici mirati raggiunge accuratezza diagnostica vicina al 100%
e consente di localizzare la sede dell’iperincrezione ormonale
Par. X: Milza
Introduzione
La diagnostica per immagini della milza è basata fondamentalmente su ecografia, TC e RM, che hanno
completamente sostituito le tecniche radiologiche convenzionali e limitato il ruolo dell’angiografia alla
procedure terapeutiche di tipo interventistico.
Le patologie della milza non presentano quasi mai un quadro clinico-sintomatologico caratteristico ed anzi
molto spesso l’unica evidenza clinica della presenza di interessamento splenico è rappresentata dalla
splenomegalia.
Tecniche diagnostiche
• Ecografia: è oggi prevalentemente basata sull’imaging ecografico di base (B-mode) e sul colorDoppler (ECD); in alcuni casi, si può far ricorso all’utilizzo di mdc ecografici
o Caratteristiche generali
ƒ Valutazione dimensionale della milza e dei diametri splenici: si misurano il
diametro longitudinale, misurato dal polo superiore al polo inferiore, considerato
normale fino ad 1 cm, ed il diametro ilo-capsulare, misurato dall’ilo fino all’apice
della grande curvatura splenica, considerato normale fino a 5 cm
ƒ ECD: consente di ottenere informazioni sulle strutture vascolari e sull’eventuale
vascolarizzazione delle lesioni focali
o Finalità dello studio ECD della milza
ƒ Accertare se una certa formazione, identificata all’ecografia, di aspetto ipoecogeno
sia di pertinenza vascolare o meno
ƒ Identificare in maniera più agevole le strutture vascolari dell’ilo splenico, e cioè
l’arteria e la vena splenica
ƒ Riconoscere i circoli collaterali di derivazione porto-sistemica legati
all’ipertensione portale, in particolare quelli del fondo gastrico e quelli splenorenali, con valutazione della direzione e dell’entità del flusso
ƒ Studiare la pervietà delle suddette strutture vascolari, e soprattutto della vena
splenica, che in alcune patologie può andar incontro a trombosi
ƒ Valutare i rapporti delle strutture vascolari con patologie neoplastiche infiltranti
o Utilizzo di mdc: ha come unico scopo la caratterizzazione delle lesioni focali, consentendo
in particolare di differenziare la lesione del parenchima splenico indenne e di studiare la
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•
•
•
cinetica di enhancment contrasto grafico delle lesioni, elemento spesso utile nella DD delle
patologie neoplastiche
TC: l’esame TC viene attuato con l’acquisizione di scansioni eseguite senza e con somministrazione
ev di mdc iodato.
o Acquisizioni precontrastografiche: consentono di riconoscere agevolmente eventuali
calcificazioni, capsulari od intra-parenchimali, oppure zone di ipodensità
o Acquisizioni eseguite durante e dopo contrasto: permettono:
ƒ Riconoscimento e caratterizzazione delle lesioni focali
ƒ Studio delle strutture vascolari, determinante per esempio nella valutazione dei
circoli collaterali porto-sistemici in caso di splenomegalia da ipertensione portale,
soprattutto gastro-esofagei e spleno-renali
ƒ Valutazione delle alterazioni spleniche di tipo post-traumatico, con il
riconoscimento di eventuali focolai di sanguinamento attivo o di ematomi
(sottocapsulari, intraparenchimali od extrasplenici)
RM: nello studio della milza vengono utilizzate sequenze di acquisizione principalmente sui piani
assiali, completate da acquisizioni sui piani coronali, in modo da ottenere immagini T1 e T2:
o T1: forniscono un ottimo dettaglio anatomico
o T2: sono utili nel riconoscimento e nella caratterizzazione delle lesioni focali
Angiografia: viene effettuata mediante puntura dell’arteria femorale ed introduzione di un catetere
portato nel tripode celiaco per uno studio generale della distribuzione dei suoi rami con iniezione di
mdc iodato idrosolubile, seguito dal cateterismo selettivo dell’arteria splenica. Principali indicazioni
sono:
o Embolizzazione prechirurgica di voluminose lesioni etero plastiche primitive della milza,
molto vascolarizzata
o Embolizzazione terapeutica di rami splenici sanguinanti, di solito importanti eventi
traumatici, di aneurismi e pseudo aneurismi dell’arteria splenica
Principali alterazioni
• Splenomegalia: è l’aumento volumetrico della milza, determinato da cause diverse
o Approccio diagnostico generale
ƒ Ecografia: fornisce una valutazione delle dimensioni e della morfo-volumetria della
milza, garantendo informazioni spesso determinanti circa la natura della
splenomegalia (in particolare, la presenza/assenza di alterazioni parenchimali di
natura focale e lo studio del sistema portale)
ƒ TC: indispensabile nell’inquadramento definitivo
o Forme
ƒ Splenomegalia da ipertensione portale: la diagnostica per immagini consente di
individuare la sede dell’ostacolo che genera l’aumento pressorio (ecografia, TC), di
studiare la direzione e la velocità del flusso ematico portale (ECD) e di riconoscere i
circoli collaterali di scarico porto-sistemici (ECD, TC dopo contrasto)
ƒ Splenomegalie infiltrative (linfomi, leucemia, mononucleosi infettiva, AIDS): TC e
RM presentano sensibilità più elevata rispetto all’ecografia nell’individuazione delle
lesioni focali
ƒ Splenomegalie infiammatorie croniche (malaria, sarcoidosi, tbc):
• Ecografia: evidenzia un’ecostruttura splenica disomogenea, con irregolarità
strutturale proporzionata all’entità della fibrosclerosi parenchimale
• TC: consente di effettuare una valutazione del parenchima splenico
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•
•
148 Lesioni focali benigne
o Infarto splenico: più frequente lesione focale della milza, spesso insorge complicando il
decorso di una splenomegalia
ƒ ECD: consente di riconoscere l’area infartuale sotto forma di area focale
ipoecogena, a margini sfumati se l’infarto è recente e più netti se invece antico, e
forma rotondeggiante o triangolare con apice all’ilo splenico e base a livello
capsulare
ƒ TC: l’infarto è ipodenso e si evidenzia più nettamente dopo contrasto, poiché nel
contesto del parenchima splenico riccamente vascolarizzato, il focolaio infartuale
spicca come zona di assente c.e.
o Cisti spleniche congenite: a contenuto idrico, si presentano come formazioni rotondeggianti
ipoecogene all’ecografia ed ipodense alla TC e non si modificano dopo contrasto. Sono ben
riconoscibili anche alla RM
o Cisti da echinococco: possono presentare dimensioni variabili e frequenti calcificazioni
parietali
o Pseudocisti: generalmente ben individuabili con ecografia, TC e RM, non sempre sono ben
distinguibili dalle cisti
o Ascessi splenici:
ƒ Ecografia: mostra la presenza di una lesione focale intrapaenchimale ad eco struttura
mista, liquida e solida
ƒ TC: mostra la presenza di una formazione ipodensa circondata da un cercine
isodenso, che diviene ipodenso dopo contrasto. Inoltre, può dimostrare le differenti
componenti dell’ascesso, che presentano differenti coefficienti sensitometrici e
l’eventuale presenza di componenti gassose (da infezioni da anaerobi), con
formazione di livelli idro-aerei
ƒ Esame diretto RX: può dimostrare un vero e proprio livello idro-aereo intrasplenico
con associata ipomobilità diaframmatica sinistra e tenue versamento pleurico
ƒ NB: ecografia e TC possono essere utilizzate per il posizionamento di un drenaggio
percutaneo all’ascesso
o Tumori benigni: rari, il più frequente è l’angioma (con caratteristiche simili a quello epatico)
Lesioni focali maligne
o Tumori maligni: tra quelli primitivi prevalgono i sarcomi, e soprattutto l’angiosarcoma,
collegato all’uso di un mdc contenente torio (Thorotrast)
ƒ Ecografia: formazione disomogenea, con zone solida di media ecogenicità e
componenti ipoecogene da riferire a focolai di necrosi colliquativa
ƒ ECD: dimostra l’apporto ematico nelle forme a più elevata vascolarizzazione
ƒ TC: evidenzia una formazione solida disomogenea, caratterizzata da disomogeneo
incremento post- contrasto grafico, più significativo nelle forme più vascolarizzate
con aspetto ipodenso delle zone di necrosi
o Linfoma: lesione maligna più comune della milza, ha aspetto aspecifico
ƒ Ecografia: le lesioni presentano aspetto ipoecogeno all’ecografia con scarsi segni di
vascolarizzazione al color-Doppler
ƒ TC e RM: fondamentali nello studio delle stazioni linfonodali addominali
o Metastasi: ecografia, TC e RM le identificano come formazioni nodulari solide, di
dimensioni variabili, scarsamente vascolarizzate
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•
149 Traumi splenici: le rotture della milza possono essere spontanee (rottura patologica) o, più spesso,
secondarie ad un trauma, penetrante o non penetrante (causa più frequente)
o Ecografia: è l’esame di prima istanza in caso di sospetta rottura splenica e nella conseguente
valutazione del liquido libero in addome
o TC: molto accurata nel rilievo delle alterazioni spleniche post-traumatiche, è d’obbligo in
caso di quadro instabile (cioè con liquido in addome). È indispensabile ricorrere all’esame
dopo perfusione endovenosa di mdc
o Esame RX: può dimostrare la presenza di alcuni segni di rottura splenica
ƒ Velatura diffusa dell’addome con presenza di liquido in stazione eretta e scomparsa
dell’ombra dello psoas sinistro
ƒ Versamento pleurico
ƒ Segni di ileo dinamico
ƒ Eventuale presenza di fratture costali a sinistra
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CAP. 5: SENOLOGIA
Par. I: Caratteristiche generali
Introduzione
La senologia si è sviluppata particolarmente negli ultimi decenni, con lo scopo di ridurre mortalità e
morbilità per cancro della mammella (prima causa di morte per tumore maligno nella popolazione
femminile).
La mammografia, esame cardine della diagnostica senologica, è stata, dunque, inserita nei programmi di
screening per la diagnosi precoce del carcinoma mammario.
Infatti, per il carcinoma mammario l’unica arma di cui si dispone – per ridurre mortalità e morbilità – è la
diagnosi precoce, in stadio pre-clinico (“minimal” od early breast cancer), ottenuta solo integrando esame
obiettivo, tecniche diagnostiche di imaging senologico (mammografia, ecografia e RM) e, se necessario – per
una definizione di natura citoistologica – le procedure interventistiche (prelievi citologici con ago sottile in
guida ecografica o stereotassica e/o prelievi microistologici con aghi di calibro maggiore).
Infine, anche la MN ha compiuto notevoli progressi nell’imaging senologico, sia acquisendo un ruolo
centrale nella fase pre- ed intra-operatoria con la ROLL (radioguided occult lesion localization) ed il
linfonodo sentinella, che presentando ottime prospettive per la stadi azione ed il follow-up dopo chirurgia,
radioterapia e chemioterapia.
Mammografia
La mammografia, sia essa analogica o digitale, è realizzata con apparecchiatura dedicata, il mammografo,
che consente corretto posizionamento ed adeguata compressione della mammella con accurata delimitazione
del fascio radiante, atto a produrre immagini ad elevata risoluzione spaziale e di contrasto:
• Componenti del mammografo
o Tubo radiogeno (al molibdeno o tungsteno)
o Braccio di supporto al tubo radiogeno
o Piano di appoggio per la mammella
o Sistema di compressione della mammella: è molto importante, in quanto consente di
ƒ Avere uno spessore minore ed uniforme del’organo con maggior uniformità del
fascio di RX che arriva al film
ƒ Aumentare il contrasto delle immagini
ƒ Evitare la sovrapposizione delle varie strutture interne
• Tecniche
o Sistema analogico: uno schermo al fosforo, all’interno della cassetta, assorbe una frazione di
raggi X incidente e converte l’energia in luce. Il segnale viene poi registrato in forma di
immagine fotografica latente su film e sviluppato mediante procedimento chimico
o Sistema digitale: con questa tecnica acquisizione e visualizzazione sono due tecniche
separate: l’immagine è acquisita da un detettore, che converte il segnale del fascio X in
forma elettronica e digitalizzata in livelli di intensità di grigio
o NB: attualmente la tecnica analogica è ancora preferita a quella digitale, in quanto
quest’ultima – pur avendo una maggiore risoluzione di contrasto – ha una bassa risoluzione
spaziale e non consente una buona visualizzazione delle micro calcificazioni
• Modalità di esecuzione dell’esame: sono necessari adeguata compressione e corretto posizionamento
della mammella. L’esame mammografico standard si pratica in 3 proiezioni: cranio-caudale, mediolaterale ed obliqua
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•
151 Semeiotica mammografica: definisce i segni elementari che consentono lettura ed interpretazione
dell’esame mammografico, necessari per esprimere un giudizio diagnostico e stilare un referto:
o Tessuti
ƒ Adiposo: immagini di trasparenza
ƒ Connettivo ed epiteliale: immagini di radiopacità
ƒ NB: è, tuttavia, impossibile riferirsi ad un quadro APstandard di normalità per la
ghiandola mammaria, in quanto ne esistono molteplici e differenti architetture
parenchimo-stromali
o Principali pattern
ƒ Struttura fibro-adiposa: tipica della donna anziana, è caratterizzata dall’assenza
totale di parenchima, con residuo solo di una rete stromale più o meno rappresentata
ƒ Struttura fibro-ghiandolare: tipica disposizione parenchimale triangolare con apice
retroareolare e spazi adiposi perimammari ben rappresentati
ƒ Struttura micro-nodulare e parvi-nodulare: il tessuto adiposo inizia ad essere meno
rappresentato; la componente fibro-ghiandolare è abbondante, frammista a piccole
radiopacità nodulari
ƒ Struttura irregolarmente nodulare: a prevalente componente fibro-ghiandolare, che
assume aspetto a chiazze disomogeneo, in cui si alternano nodulazioni di vario
diametro, isolate o conglomerate
ƒ Struttura densa: ricca componente parenchimo-stromale, che conferisce intensa ed
uniforme radiopacità a gran parte della mammella, rendendola difficilmente
studiabile
o Segni mammografici di patologia: possono essere focali e diffusi e distinguibili in:
ƒ Opacità: è una lesione occupante spazio ben visibile in entrambe le proiezioni
(cranio-caudale ed obliqua):
• Cosa analizzare
o Forma e margini
o Densità
o Diametro
o Sede e posizioni
o Micro calcificazioni associate
o Molteplicità e bilateralità
• Tipologie
o Circoscritta: la più frequente, si presenta morfologicamente ben
definita (rotondeggiante, ovalare, polilobata od irregolare), con
margini che possono essere netti o mal definiti, a densità più o meno
omogenea.
Esempi di opacità omogenee, ben definite, rotondeggianti od
ovalari, a contorni regolari e limiti netti, sono le cisti ed i
fibroadenomi, le più frequenti lesioni benigne della mammella:
• Cisti: orientate con l’asse maggiore verso il capezzolo
• Fibroadenomi: a disposizione trasversale
o Stellata: è costituita da lesioni a contorni irregolari, con aspetto
stellato e margini spiculati, tozzi e brevi, marcatamente asimmetrici
(aspetto “a coccarda”). Si presentano con nucleo centrale
omogeneamente iperdenso rispetto al parenchima circostante o, più
raramente, disomogeneo.
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ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
152 Rappresenta l’opacità caratteristica di lesione maligna e si possono
associare calcificazioni, linfoadenomegalie ascellari e reperti
clinici-strumentali di ispessimento e retrazione cutanea, stasi
linfatica ed ulcerazione.
Presente raramente come pattern di lesioni benigni, è comunque
tipico dell’adenosi sclerosante.
o Diffusa: è un’opacità più o meno omogenea, da sovvertimento
strutturale, estesa a gran parte del parenchima mammario; può
essere associata a segni di flogosi, come ispessimento cutaneo e
stasi linfatica. Una DD tra mastite infiammatoria e neoplastica non è
agevole
Distorsione parenchimale: è l’espressione dell’alterazione del normale orientamento
di una zona mammaria rispetto al capezzolo:
• Sede
o Marginale: in corrispondenza del margine anteriore della mammella
o Intraparenchimale
• Significato: è un reperto mammografico di incerta interpretazione
diagnostica, correlabile a trauma o sospetto per lesione neoplastica
Calcificazioni: sono entità radiopache, amorfe, acellulari, dovute ai depositi di
calcio, di densità, forma e grandezza variabili, espressione di processi secretori o
degenerativi dei tessuti mammari. Rappresentano uno dei reperti mammografici più
frequenti e di difficile interpretazione diagnostica:
• Natura
o Benigna: a distribuzione diffusa e bilaterale, con forme tipiche di
benignità (“a guscio d’uovo”, sferiche, bastoncellari o tubulari)
o Maligna: multiple, irregolari, granulari, sfaccettate con distribuzione
a stampo nel dotto
• Significato: possono essere associate ad opacità isolate e rappresentare,
quindi, l’unico segno di neoplasia allo stato iniziale (iperplasia atipica,
carcinoma duttale in situ)
Ipertrasparenza:è un’area iperdiafana ovalare o rotondeggiante, delimitata da un
sottile cercine radiopaco, di varie dimensioni; può essere rappresentativa di lipoma o
di liponecrosi
Asimmetria: è la presenza di tessuto ghiandolare distribuito in maniera asimmetrica
rispetto alla mammella contro laterale. Può assumere aspetto focale quando interessa
un’area circoscritta di tessuto mammario. Generalmente, è dovuta a semplici
diversità della struttura di una mammella rispetto alla contro laterale, ma –
soprattutto nelle forme focali – richiede un più attento esame, ecografico ed
istologico
Ispessimento e retrazione cutanea: il piano cutaneo può essere interessato
direttamente dalla lesione, ed apparire quindi ispessito ed a volte ulcerato, od
indirettamente attraverso i legamenti di Cooper, che appaiono a loro volta ispessiti e
retratti. Tali alterazioni possono essere causate da molteplici processi, quali
neoplasie, flogosi, liponecrosi, etc.
Edema: è caratterizzato da ispessimento diffuso della trama stromale di sostegno e
dei vasi linfatici, che determina una velatura diffusa dell’architettura parenchimostromale. È tipico di alcune patologie quali mastite (infiammatoria o neoplastica),
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o
modificazioni post-terapia radiante ed insufficienza cardiaca da compromissione
renale
ƒ Dilatazione asimmetrica dei dotti: sono opacità allungate, tubulari o ramificate, in
sede retroareolare e decorso parallelo o radiante. Sono espressione, più
frequentemente, di ectasia duttale e, meno frequentemente, di papilloma
Interpretazione: delle lesioni individuate all’esame mammografico ne va definita la sede ed
ipotizzata la natura benigno-maligna, sulla base delle caratteristiche morfo-dimensionali,
suggerendone il follow-up ed il trattamento
Galattografia
Consiste nell’esecuzione di una mammografia dopo introduzione nel dotto galattoforo di mdc radiopaco
liposolubile. Consente di evidenziare difetti di riempimento del dotto per vegetazioni intraduttali senza, però,
permettere sicura DD tra lesioni benigne e maligne:
• Modalità di esecuzione dell’esame: si procede alla dilatazione dell’orifizio secernente e
all’incannulamento del dotto; successivamente viene introdotto l’ago raccordato con una siringa
contenente mdc iodato idrosolubile e si inizia l’iniezione. Si eseguono, poi, due radiogrammi tra loro
ortogonali (CC e LL), che offrono la visualizzazione dell’albero duttale e permettono di evidenziare
l’eventuale lesione
• Indicazioni: in tutti i casi di secrezione ematica, siero ematica o trasparente monorifiziale, in assenza
di un’obiettività mammografica che possa giustificare tale sintomo
Ecografia
L’ecografia consente una buona visualizzazione della mammella e della sua patologia; inoltre, l’impiego del
color-Doppler, del power-Doppler e dei mdc hanno reso possibile uno studio più dettagliato della
vascolarizzazione.
Di facile e rapida esecuzione risulta, poi, l’elastosonorografia, metodica di recente introduzione, che
consente di valutare l’elasticità delle lesioni (elastiche quelle benigne, rigide quelle maligne),
rappresentandola con una scala colorimetrica, sovrapposta all’immagine B-mode.
L’esame contrasto grafico va sempre eseguito a completamento di altra indagine fondamentale (esame
clinico e mammografico) e per l’approfondimento diagnostico di lesioni mammarie dubbie:
• Metodica di esecuzione: l’esame si esegue a paziente supina, con le braccia in alto, ruotate verso il
lato opposto al seno da esaminare, in modo da ottenere il minor e più uniforme spessore mammario
• Semeiotica: l’aspetto ecografico della ghiandola mammaria è di difficile codificazione, in quanto
risulta diversa nei singoli soggetti e nello stesso soggetto in rapporto ad età ed altri fattori:
o Tessuti
ƒ Adiposo: disomogeneamente iporiflettente
ƒ Collegene di sostegno: aspetti iperecogeni lineari od a placca
ƒ Ghiandolare: presenta diversa ecogenicità in rapporto alle quote di tessuto adiposo
intraparenchimale ed al grado di idratazione del tessuto fibroso intralobare
o Strati
ƒ Cute: linea iperecogena con spessore inferiore ai 2 mm
ƒ Tessuto adiposo sottocutaneo: zona ipoecogena di spessore variabile, in cui si
evidenziano immagini iperecogene generate dai legamenti di Cooper
ƒ Ghiandola mammaria vera e propria: è rappresentata da una zona di aspetto
triangolare, disomogeneamente strutturata, in cui si evidenziano i dotti galattofori
come aree nastriformi ipo-anecogene che si dipartono dal capezzolo
ƒ Tessuto adiposo retro ghiandolare: zona ipoecogena
ƒ Muscolo pettorale: banda ecogena continua
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o
154 Patologia mammaria
ƒ Diffusa:
• Benigna: è dovuta ad un’iperplasia della componente epiteliale associata o
meno ad un aumento della quota connettivale, con conseguente esteso
polimorfismo ecografico caratterizzato da
o Riduzione della componente adiposa
o Presenza di numerose lacune ipo-anecogene
o Immagini anecogene tubulari che si dipartono a ventaglio dal
capezzolo (dotti galattofori ectasici)
o Diffusa iperecogenicità con stasi linfatica
• Maligna: si presenta come diffusa alterazione ecostrutturale caratterizzata
da strie anecogene e da diffusa stasi linfatica
ƒ Focale
• Liquida: cisti: lesione più frequente
o Non complicate
ƒ Dimensioni variabili
ƒ Contenuto liquido citrino/colorato e limpido/corpus colato
ƒ Molteplicità e bilateralità
ƒ Forma: rotondeggiante, ovalare o polimorfa
ƒ Contenuto anecogeno
ƒ Margini netti e regolari, con regolarità dei tessuti
circostanti
o Complicate
ƒ Contorni sfumati ed irregolari con pareti ispessite
ƒ Perdita della normale anecogenicità
ƒ Irregolarità dei tessuti circostanti
• Solida: noduli: sono lesioni a struttura solida ed eco struttura più o meno
omogenea
o Benigna: immagine nodulare ovalare con
ƒ Margini regolari e limiti netti
ƒ Ecostruttura
• Ipoecogena: lipoma
• Iperecogena: fibroadenoma
• Disomogenea: adenofibrolipoma
ƒ Scarsa vascolarizzazione
o Maligna: immagine nodulare con
ƒ Morfologia stellata o circoscritta
ƒ Contorni finemente irregolari
ƒ Eco struttura disomogeneamente ipoecognea, nel cui
contesto possono evidenziarsi spot iperecogeni, spia di
micro calcificazioni
ƒ Infiltrazione ed alterazione eco strutturale del tessuto
adiposo circostante
ƒ Anarchica vascolarizzazione
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RM
Il carcinoma della mammella è caratterizzato da una spiccata neoangiogenesi: la RM, pertanto, attraverso
l’uso del mdc, che si distribuisce negli spazi vascolari ed interstiziali, modificando il segnale RM dai tessuti
mammari, è in grado di dimostrare aree a maggior angiogenesi, riuscendo ad identificare lesioni di 2-3 mm
di diametro:
• Reperti:
o Forme benigne
ƒ Morfologia ovalare
ƒ Contorni regolari
ƒ Densità omogenea
ƒ C.e. lento e tardivo
o Forme maligne
ƒ Forma irregolare, lobulata
ƒ Densità disomogenea
ƒ C.e. marcato e rapido seguito da un wash-out lento
• Indicazioni
o Primarie
ƒ Stadiazione
ƒ Valutazione post-chirurgica
ƒ Studio delle protesi (diagnosi di complicanze)
ƒ Follow-up dei pazienti in chemioterapia
ƒ Screening di donne ad elevato rischio (BRCA1 e BRCA2+)
o Secondarie: cup syndrome (metastasi linfonodali ascellari con primitivo occulto): occorre
dimostrare la neoplasia non identificata con l’imaging tradizionale
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CAP. 6: APPARATO URO-GENITALE
Par. I: Reni e vie urinari
Caratteristiche generali delle tecniche diagnostiche
• RX addome: ha indicazioni limitate, in quanto non riesce a mettere in evidenza i vari organi
addominali, poiché non esiste un contrasto accettabile sia con la funzione escretrice, sia con la
funzione vascolare, sia con le strutture parenchimatose, che poi sono strettamente collegate fra loro.
Con la diretta addome senza mdc si possono solo immaginare le ombre renali nell’ambito della
radiotrasparenza del grasso retro-peritoneale e la radiopacità degli ileo-psoas e delle ali iliache.
Un’applicazione della RX addominale per lo studio delle vie urinarie è l’urografia con mdc
endovenoso, discendente ed ascendente (vedi dopo)
• Ecografia: metodica di prima istanza nello studio dell’apparato urinario, si basa sull’esame
ecografico di base (B-mode) ed, eventualmente, sull’ECD. Principali indicazioni sono:
o Valutazione di morfologia, dimensioni, volume ed ecogenicità del parenchima renale:
l’ecografia studia bene anche la vescica, consentendo di distinguere una parete normale
sottile ed iperecogena da alterazioni patologiche e, quindi, di fare una DD tra calcoli,
coaguli, processi espansivi, etc. Non studia bene, invece, gli ureteri, fatta eccezione per le
parti prossimali e distali
o Identificazione di lesioni occupanti spazio renali, con particolare riguardo alla capacità di
differenziare le lesioni solide dalle formazioni cistiche (e, tra queste, cisti semplici e cisti
complesse)
o Valutazione della pervietà dei vasi arteriosi e venosi, con possibilità di analisi di tipo
semiquantitativo del flusso ematico renale sia nei reni nativi che in quelli trapiantati: con
l’ECD, quindi, si può fare diagnosi di ipertensione nefrovascolare evidenziando una stenosi
dell’arteria renale, su base aterosclerotica (nell’adulto-anziano) o dovuta ad iperplasia della
tonaca media (tipo Goldblatt, tipico dei giovani, causata da un’iperplasia della tonaca media
dell’arteria renale). Inoltre, è possibile studiare le arterie arciformi ed avere ulteriori
informazioni per di una possibile INV ostiale o delle arterie intrarenali
o Identificazione della presenza e del grado della dilatazione delle vie escretrici renali, calicipelvi e terzo prossimale dell’uretere, nell’uropatia ostruttiva, con un’elevata sensibilità e
specificità nell’identificazione della calcolosi renale quale causa principale
o Guida di numerose procedure interventistiche: nefrostomia percutanea, biopsia renale,
drenaggio percutaneo di ascessi renali, trattamento di piccoli carcinomi renali mediante
crioablazione o radiofrequenze
o Identificazione di lesioni uroteliali della vescica e di ipertrofie vescicali di tipo colonnare
“da sforzo” (secondarie ad iperplasie prostatiche o ad altre cause). Gli US, inoltre,
consentono di differenziare il contenuto della vescica (liquido vs solido)
o NB: è un esame solo morfologico!
• Urografia endovenosa:
o Tecnica: l’indagine urografica discendente si realizza attraverso un iniziale radiogramma
diretto dell’addome in proiezione PA ed in decubito supino, con successiva iniezione di 100
ml di mdc organo-iodato idrosolubile uro-angiografico a bassa osmolarità, cui fa seguito una
serie di acquisizioni mirate ai reni ed a tutto l’albero escretorio renale nella fase di
eliminazione del mdc (5-15 minuti dopo l’infusione dello stesso). Lo studio della vescica
costituisce, poi, la fase finale dell’indagine urografica ed è, invece, la prima fase
dell’indagine ascendente (nella quale si introduce un catetere in vescica che immette un
mdc: cistografia diretta)
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Esame diagnostico pre-contrastografico: suo obiettivo diagnostico sono le concrezioni
minerali a contenuto calcico, ossia i calcoli radiopachi, nei reni e lungo il presumibile
decorso degli ureteri sino alla vescica. Esso, inoltre, si pone il fine di identificare e
differenziare per morfologia e sede anatomica altre concrezioni minerali radiopache, come
calcoli radiopachi nel lume della colecisti, calcificazioni intrapancreatiche, o di pertinenza
vascolare, surrenalica, prostatica o nei deferenti
o Indicazioni: è un esame morfofunzionale
ƒ Valutazione di ordine morfologico e funzionale, con particolare riguardo all’asse
escretore renale, nei pazienti da sottoporre a litotrissia extracorporea per una
calcolosi reno-ureterale
ƒ Follow-up dei pazienti trattati con resezione (TUR) endoscopica per una neoplasia
vescicale
ƒ Valutazione di eventuali complicanze – come stenosi infiammatorie in sede di
anastomosi, fistole o stravasi urinari – in pazienti operati di cistectomia radicale
o Controindicazioni ai mdc
ƒ Generali: epatopatie, malattie cardiovascolari
ƒ Specifiche
• Malattia di Waldestrom: l’ipersecrezione di IgM determina un aumento
della viscosità ematica, proteinuria ed insufficienza renale. Su quest’humus
l’utilizzo di mdc può determinare una necrosi tubulare acuta
• Mieloma multiplo: come sopra
ƒ Insufficienza renale cronica: il “trucco” è quello di iperidratare il paziente!
TC: metodica di elezione per la maggior parte delle affezioni dell’apparato urinario, viene espletata
con un’iniziale acquisizione di immagini a vuoto, seguita dall’iniezione di una dose standard di
contrasto organo-iodato idrosolubile uro-angiografico a bassa osmolarità, lo stesso utilizzato in
urografia ev, con acquisizioni seriate nel tempo:
o Fasi
ƒ Arteriosa: è la base dell’angio-TC
ƒ Differenziazione cortico-midollare (fase 1 a 20’’ e fase 2 a 70’’)
ƒ Nefrografia parenchimale (fase 3)
ƒ Riempimento pielo-caliceale (fase 4)
ƒ Ureterale
ƒ Di escrezione: urografia-TC (inizia dopo 2’): è in grado di fornire una
rappresentazione dell’intero asse escretore renale in maniera analoga a quanto
ottenuto con l’urografia convenzionale, ma con il notevole vantaggio di poter
esaminare non solo l’interno delle vie escretrici ma anche la parete, i tessuti ed i
parenchimi extraluminali
o Caratteristiche
ƒ Elevata risoluzione spaziale
ƒ Elevata risoluzione di contrasto
ƒ Multiplanarità indiretta
ƒ Possibilità di ricostruzioni multiplanari in colonne sagittali
ƒ Immaging contrastografica
o Indicazioni
ƒ Traumi del rene e delle vie escretrici
ƒ Patologia dei vasi renali
ƒ Caratterizzazione e stadiazione delle lesioni solide renali
ƒ Diagnostica delle cisti complesse del rene
o
•
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ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
•
•
158 Infezioni renali
Individuazione di neoplasie dell’urotelio escretore
Valutazione dell’idronefrosi
Studio della colica renale
NB: la TC presenta, rispetto all’ecografia, che comunque rimane l’indagine di prima
istanza, il vantaggio di studiare bene le vie escretrici
RM: come la TC, è resa favorevole dal fatto che i reni, retroperitoneali, sono immersi in
un’atmosfera adiposa, che rende favorevole lo studio sia TC che RM
o Scansioni
ƒ T1: fornisce una buona rappresentazione anatomica del rene, della sua morfologia,
dimensioni e contorni, in virtù dell’elevato contrasto che si genere tra l’iperintensità
del segnale del grasso perirenale ed il tessuto parenchimatoso. Tali immagini,
inoltre, sono fondamentali per identificare piccole componenti adipose nel contesto
di una focalità renale, elemento chiave ai fini della caratterizzazione di una lesione
occupante spazio renale
ƒ T2: provvista di una maggior risoluzione di contrasto, è di estrema utilità nella
caratterizzazione del processo patologico in esame
o Tecnica: anche nella RM è fondamentale il ricorso ad uno studio contrastografico
multifasico, mediante l’impiego di un mdc paramagnetico intravascolare-interstiziale
(Gadolinio), con assunzione di immagini in fase arteriosa (angio-RM), di differenziazione
cortico-midollare ed in diverse fasi di impregnazione del parenchima renale (nefrografia
parenchimale)
ƒ Angio-RM: consente un’ottimale visualizzazione dei vasi arteriosi renali
ƒ Altre fasi: sono utili al fine di valutare l’impregnazione del parenchima renale con
l’obiettivo di identificare eventuali processi occupanti spazio renali e dotati di
diversa presa di contrasto
o Urografia-RM: è, in realtà, composta da due differenti tecniche diagnostiche, entrambe in
grado di fornire una rappresentazione delle vie escretrici renali:
ƒ Urografia-RM dei fluidi statici ( o idrografica o pielografia-RM): si avvale di
sequenze T2 capaci di fornire un’immagine a calco dei fluidi statici o
semistazionari, come l’urina nell’albero escretore e nella vescica, con consensuale
riduzione sino all’annullamento completo del segnale dei tessuti e dei parenchimi
circostanti
• Indicazione: studio dell’uropatia ostruttiva con dilatazione di grado variabile
dell’albero escretore renale
ƒ Urografia-RM escretoria: la visualizzazione delle vie escretrici renali è resa
possibile dall’escrezione del gadolinio, in stretta analogia a quanto avviene
nell’urografia convenzionale e nell’urografia-TC
• Indicazione: alternativa alle suddette tecniche urografiche
Angiografia digitale: ampiamente utilizzata in passato, a complemento dell’esame urografico, con
l’obiettivo di caratterizzare un’eventuale lesione espansiva renale, viene oggi impiegata
esclusivamente a fini terapeutici, in quanto le medesime informazioni diagnostiche possono essere
ottenute da TC e RM senza la necessità di un cateterismo selettivo dei vasi renali per punture diretta
dell’arteria femorale. Indicazioni, dunque, sono:
o Angioplastica in caso di stenosi dell’arteria renale che causa ipertensione reno-vascolare
o Embolizzazione di aneurismi intrarenali e/o lesioni renali ipervascolarizzate
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•
MN
o
o
o
Scintigrafia renale sequenziale: si utilizzano traccianti eliminati per via renale (wash-out) per
filtrazione glomerulare (FG) e secrezione tubulare (ST). Per la FG si utilizza il 99mTc-DTPA
eliminato per via glomerulare; traccianti quali 131I-Hippnan (eliminazione glomerulare e
tubulare) o il 99mTc-MAG3(secrezione tubulare) vengono eliminati sia per via glomerulare
che per via tubulare e sono utili per studiare il flusso plasmatico renale
ƒ Fasi di acquisizione
• Angioscintigrafica
• Parenchimale
• Di eliminazione dell’urina radiomarcata
ƒ Significato: con queste metodiche si ottengono importanti informazioni quantitative
e qualitative della funzione renale globale, ma soprattutto della differente
funzionalità tra i 2 reni. Comunque, vengono valutati:
• Flusso ematico
• Capacità filtrante (numero di nefroni)
• Pervietà delle vie urinarie
ƒ Principali indicazioni
• Ipertensione nefrovascolare> test al captopril: dopo la somministrazione di
captopril si ha diminuzione della VFG in un rene > 30%
• Nefrouropatia ostruttiva> test alla furosemide: consente, già in utero, di
vedere la dilatazione calico-pielica e distinguere:
o Ostruzione funzionale: aumentato scarico lungo le vie urinarie
o Ostruzione organica: assenza di scarico
Scintigrafia renale statica: le immagini si acquisiscono 2 ore dopo la somministrazione del
tracciante 99mTc-DTPA, che si concentra in maniera elettiva e stabile nella corticale renale e
trova indicazione nella valutazione della massa renale residua funzionante in condizioni
quali pielonefrite, traumi, anomalie congenite, etc.
Cistoscintigrafia: è l’ultima fase della scintigrafia renale; può essere anche ascendente
mediante cateterismo vescicale
Diagnosi delle principali patologie renali
• Lesioni espansive renali: i tumori delle vie urinarie si dividono grossolanamente in tumori
parenchimali e tumori delle vie escretrici. I primi si sviluppano verso l’esterno e causano solo
raramente ematuria, i secondi invece si sviluppano verso l’interno e causano più frequentemente
ematuria. La diagnosi di un tumore renale è generalmente occasionale ed i tumori si riconoscono già
a partire dal cm di grandezza
o Obiettivo della DPI: è quello di poter consentire una DD tra forme maligne, chirurgiche, e
forme benigne, non chirurgiche. Le cisti complesse, invece, hanno caratteristiche
all’imaging, che vanno dalla franca benignità fino alla franca malignità
o AP
ƒ Forme microscopiche
• Adenocarcinoma ad origine dall’epitelio dei tubuli prossimali (85-90%)
o Forma a cellule chiare (la più frequente)
o Forma papillare o cromofila
o Forma cromofoba
• Tumori dei dotti collettori
• Carcino-sarcoma
ƒ Forme macroscopiche
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o
160 • Nodulari
• Infiltranti
• Pseudo-cistiche
ƒ Forme particolari
• Tumore di Wilms
• Carcinoma ereditario papillare familiare della malattia di Von HippelLindau
ƒ Forme benigne
• Oncocitoma
• Angiomiolipoma renale
• Nefroma cistico multiloculare
Approccio diagnostico: come detto, si ricorda che la maggior parte delle volte il riscontro di
una massa solida renale avviene casualmente nel corso di ecografie renali
ƒ Prova dei 3 bicchieri (o prova di Guyon): quando si abbia presenza di sangue nelle
urine (ematuria), consente spesso di individuarne l’origine.Il paziente viene invitato
a raccogliere in tre recipienti diversi le urine emesse nel corso di una minzione: se
l’origine dell’ematuria è a livello dell’uretra il sangue si raccoglierà nel primo
recipiente (per il lavaggio delle ultime vie urinarie esercitato dal flusso di urina).
Se la sede d’origine dell’ematuria è a livello della vescica, poiché i globuli rossi
tendono a sedimentare sul fondo della vescica stessa, essi compaiono alla fine della
minzione (quando la contrazione della vescica raggiunge il suo massimo,
determinando lo svuotamento anche della parte più declive).
Se l’origine dell’ematuria è a livello renale i globuli rossi si mescolano all’urina e
compaiono ugualmente distribuiti in tutti i recipienti.
ƒ Ecografia: consente di diagnosticare, in maniera del tutto semplice e con elevata
specificità, una formazione cistica semplice del rene. In caso di rilievo di una lesione
solida, utili complementi possono essere l’ECD e l’utilizzo di mdc, con l’obiettivo
di dimostrare il ricco apporto vascolare.
L’ecografia, inoltre, permette di caratterizzare una cisti complessa, con lo scopo di
dimostrare l’eventuale impregnazione di componenti solide intracistiche – setti,
ispessimenti focali o diffusi di parete, noduli endocistici – alla base di una DD tra
cisti complicata benigna e carcinoma cistico.
Infine, è utile nel sospetti diagnostico di angiomiolipoma e di tumore di Wilms nel
bambino
ƒ TC: metodica di seconda istanza al fine di caratterizzare e stadiare una lesione solida
renale od una cisti complesse, consente di valutare il grado di impregnazione del
nodulo, espressione di neoangiogenesi tumorale e di identificare quantità anche
modeste di grasso macroscopico intralesionale.
Queste considerazioni sono importanti per la DD tra lesioni benigne come
l’angiomiolipoma – ipodenso in TC ed iperintenso in RM per l’elevato contenuto
adiposo (ma attenzione a quelli atipici con scarsa componente adiposa!) e carcinomi
riccamente vascolarizzati.
La TC, inoltre, è indagine ideale per valutare sede e dimensioni della lesione
espansiva e l’eventuale coinvolgimento delle strutture limitrofe, quali grasso peri- e
pararenale, le fasce renali, il grasso del seno renale e le strutture escretorie, i vasi
arteriosi e venosi. Infatti, va ricordato la particolare capacità del carcinoma renale a
diffondere per via venosa con possibile trombosi neoplastica della vena renale e
della vena cava inferiore sino all’atrio sinistro.
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•
•
161 La TC, poi, va utilizzata nella ricerca di metastasi e nel follow-up del paziente
operato.
In conclusione, nell’ambito delle lesioni cistiche complesse, la capacità di rilevare
l’impregnazione contrastografica di setti, noduli ed ispessimenti di parete, insieme al
riscontro di calcificazioni ed all’analisi densitometrica del contenuto di una cisti
complessa, fanno della TC un test diagnostico fondamentale ai fini della DD tra cisti
benigna e cisti maligna.
ƒ RM: indagine di terzo livello, è alternativa alla TC, in particolare nei pazienti con
allergia al mdc organo-iodato. Comunque, la maggior risoluzione di contrasto
nell’ambito dei tessuti molli consente alla RM di identificare minime quantità di
grasso intralesionali tipiche dell’angiolipoma
ƒ Angiografia digitale: trova attualmente solo sporadiche indicazione, tra le quali la
più importante è l’embolizzazione di masse renali sanguinanti, come
l’angiomiolipoma renale, sede di aneurismi sacculari intralesionali.
Nell’ambito delle grosse masse neoplastiche solide ipervascolarizzate,
l’embolizzazione ha lo scopo di ottenere una riduzione delle dimensioni della massa
ed un controllo dell’emostasi in previsione del successivo intervento chirurgico
Tumori uroteliali: nell’ambito delle neoplasie ad origine dal rivestimento dell’asse escretore renale,
la vescica costituisce la sede più frequente; calici, pelvi ed uretere costituiscono sedi più rare.
Caratteristica delle neoplasie uroteliali è la loro tendenza a sviluppare lesioni sincrone o metacrone
lungo l’asse escretore di entrambi i reni, quale verosimile espressione di una instabilità dell’urotelio
di rivestimento e/o per l’azione irritante di agenti chimici o fisici
o Forme
ƒ Carcinomi a cellule transizionali
• Forme papillari superficiali a basso grado
• Forme infiltranti invasive ad elevato grado di malignità
ƒ Carcinomi non a cellule transizionali (rari)
• Carcinoma squamoso
• Adenocarcinoma
o Approccio diagnostico (in un paziente con ematuria, primo sintomo)
ƒ Ecografia di reni, vie urinarie e vescica
• Ecografia sovrapubica con vescica piena: consente di valutare eventuali
alterazioni di parete (sessili o peduncolate) e la valutazione del lume
vescicale
ƒ Urografia convenzionale (in passato), uro-TC o –RM (soprattutto nello staging): in
alternativa, si utilizza un approccio endoscopico con cistouretroscopia, con
visualizzazione diretta della lesione evidenziata
ƒ NB: parametro fondamentale della stadiazione è l’infiltrazione della muscolatura
vescicale
Calcolosi: è fondamentale valutare se l’episodio calcolotico è espressione di un disturbo metabolico
generale o di un processo locale:
o Forme
ƒ Calcolosi d’organo (meta-renale): è la diretta conseguenza di una stasi urinaria, che,
facilitando la sovrapposizione flogistica, è alla base della precipitazione con
formazione locale di calcoli
ƒ Calcolosi d’organismo (pre-renale): è legata a cause generali, solitamente di natura
metabolica
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Approccio diagnostico (in passato RX diretta + urografia): è variabile in base alle condizioni
cliniche d’esordio della calcolosi:
ƒ Colica renale
• TC senza mdc: gold standard
o Segni diretti
ƒ Diretta visualizzazione del o dei calcoli
ƒ Ricerca di loro sede e dimensioni
o Segni indiretti
ƒ Idronefrosi od ureteroidronefrosi
ƒ Presenza di fluido perirenale o periureterale
ƒ Aumento di volume del rene con edema del parenchima
ƒ Cancellazione del grasso parietale
ƒ Idroureteronefrosi
• Ecografia: è la metodica primaria, in virtù dell’elevata sensibilità degli US
nell’identificare gradi anche minimali di dilatazione delle vie escretrici
urinarie. Tuttavia, ha una specificità ridotta ed a questo inconveniente si
cerca di rispondere con:
• Uro-RM e -TC
ƒ Ematuria
• Ecografia + TC senza mdc: primo step diagnostico
• Uro-TC: ha il compito di stabilire l’eventuale causa alternativa alla calcolosi
responsabile dell’ematuria
Uropatia ostruttiva: con tale termine si definiscono quelle alterazioni di ordine morfologico
funzionale che derivano da un’ostruzione – acuta o cronica – al deflusso di urina nelle vie escretrici
reanli. Da tale ostacolo deriva un aumento della pressione all’interno dell’albero urinario, con
conseguente dilatazione a monte di variabile entità (ureteroidronefrosi) ed eventuale atrofia del
parenchima renale. Il primo segno clinico è l’ematuria
o Cause
ƒ Intrinseche
• Calcoli reno-ureterali
• Neoplasie uroteliali
ƒ Estrinseche
• Benigne
• Maligne
o Obiettivi della DPI
ƒ Rilevare presenza, grado, sede e natura dell’evento ostruttivo
ƒ Definire l’entità della compromissione della capacità escretoria renale
o Approccio diagnostico
ƒ Ecografia: metodica di prima istanza, possiede elevata accuratezza nel definire la
presenza ed il grado della dilatazione delle vie escretrici; tuttavia, è meno affidabile
nell’identificare la natura dell’evento ostruttivo
ƒ Uro-RM e –TC: sono indagini di elezione utili a definire l’inquadramento
dell’uropatia ostruttiva. Tali indagini, infatti, consentono, oltre che di confermare la
presenza e l’entità della dilatazione, di identificare sede e natura dell’evento
ostruttivo
ƒ Uro- TC e – RM escretorie + MN: informazioni funzionali
Reflusso vescico-ureterale (RVU)
o Causa: difettosa chiusura della giunzione VU
o
•
•
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Clinica: assenza di sintomi primari, ma sintomi legati allo sviluppo di pielonefrite (per
invasione batterica)
o Diagnosi
ƒ Cistografia minzionale: instillazione in vescica di mdc ( > valutazione anche in
minzione)
ƒ Cistoscopia: per conferma
ƒ Urografia ev: può evidenziare segni di idroureteronefrosi o di pielonefrite
ƒ Scintigrafia vescicale
Pielonefrite
o Acuta
ƒ AP: microascessi, forte infiltrato infiammatorio “a chiazze” nella midollare
ƒ Complicanze: necrosi delle papille, rene grinzo pielonefritico
ƒ Diagnosi
• Clinico-laboratoristica
• TC: gold standard nell’adulto
• Ecografia: gold standard nel bambino
o Cronica
ƒ AP: tiroidizzazione dei tubuli (struttura colloidale)
ƒ Evoluzione: glomerulosclerosi
ƒ Variante xantogranulomatosa: cellule schiumose, noduli giallo-arancio
ƒ Diagnosi
• RX: per l’individuazione di calcoli
• Cistografia: per l’eventuale reflusso VU
• Urografia
• Ecografia
• TC
TBC renale: la diagnosi si avvale di:
o Clinica:
ƒ Minzione frequente e dolorosa
ƒ Ematuria
o Ricerca del bacillo nell’urina
o Urografia ev
o Cistoscopia in caso di coinvolgimento vescicale
o
•
•
Par. II: Surreni
Caratteristiche generali di diagnosi
• TC: consente la visualizzazione delle ghiandole nella quasi totalità dei casi ed è in grado di
dimostrare elementi patologici di diametro inferiore a 5 mm. Quasi sempre è necessario utilizzare il
mdc, poiché l’analisi delle caratteristiche di impregnazione e di dismissione è spesso utile per la
caratterizzazione delle masse, in particolare per la DD fra adenomi non iperfunzionanti e metastasi
• RM: la multiparametricità della metodica può esser utilizzata per la DD fra neoformazioni benigne e
maligne, valutando il differente comportamento dell’intensità del segnale in T1 e T2
• MN: viene utilizzata soprattutto per lo studio delle alterazioni della funzione endocrina della
ghiandola e vengono utilizzati radiofarmaci differenti a seconda della parte di surrene studiata:
o Corticale: viene utilizzato il colesterolo marcato con radioisotopi dello Iodio o del Selenio,
che si inserisce nella sintesi dei CS e quindi viene ipercaptato nel caso di patologie corticali
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o
o
iperfunzionanti. Il radiocolesterolo, somministrato ev, vede bloccata la sua captazione nella
tiroide tramite soluzione di Lugol e nel surrene normale tramite desametasone
Midollare (o per localizzazioni extrasurrenaliche di patologie del tessuto cromaffine): si
utilizza la metaiodobenzilguanidina (MIBG), analogo della guanetidina affine alla NA,
marcata con 131I o 123I, o l’octreotide, analogo della somatostatina. L’indicazione principale
per questa tecnica è la ricerca di feocromocitomi surrenalici ed extrasurrenalici
PET: viene utilizzata per la ricerca di metastasi, tramite l’utilizzo di 18F-FDG
Diagnosi delle principali patologie surrenaliche
• Disendocrinopatie
o Da ipofunzione: i pazienti con insufficienza surrenalica non vengono, in genere, sottoposti a
studio radiologico dei surreni: nelle forme acute, infatti, il decesso avviene prima della
possibilità di un approccio diagnostico; nelle forme croniche, invece, il quadro clinico si
manifesta quando il 90% della ghiandola è distrutto e si rilevano surreni di dimesnioni
ridotte alla TC
o Da iperfunzione:
ƒ Corticale
• Ipercotisolismo (sindrome di Cushing)
o Adenoma ipofisario ACTH-dipendente: la TC e la RM, oltre a
rilevare l’adenoma ipofisario, rilevano l’iperplasia bilaterale dei
surreni
o Adenoma surrenalico ACTH-indipendente: il quadro è quello di una
masserella a livello di una delle due ghiandole, con possibile
riduzione – per feedback negativo sulla secrezione di ACTH
ipofisario – del parenchima adiacente e del surrene controlaterale
o Carcinoma surrenalico: è più grande dell’adenoma (3-4 cm)
o NB: DD tra adenoma e carcinoma surrenalico
ƒ TC:
• Densità
o Adenoma: isodenso od ipodenso a causa
della presenza di contenuto adiposo
o Carcinoma: disomogeneo per la presenza di
aree di necrosi
• Somministrazione di mdc
o A: c.e. non significativo e wash-out più
veloce
o C: c.e. marcato per aree di
ipervascolarizzazione e wah-out più lento
ƒ RM
• Adenoma: iso- od ipointenso rispetto al parenchima
normale in tutte le sequenze, con possibili aree di
iperdensità dovute all’adipe
• Carcinoma: iso- od ipointensi in T1, ma iperintensi
in T2
ƒ Scintigrafia
• Adenoma: ipercaptante (con ipocaptazione del
surrene controlaterale)
• Carcinoma: variabile
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•
•
•
165 Iperandrogenismo: l’aspetto radiologico è simile a quanto detto per
l’ipercortisolismo
• Iperaldosteronismo: dovuto nel 75% dei casi ad un adenoma sviluppatosi
nella glomerulare del surrene, è visualizzato da TC e RM
o TC: adenoma ipodenso per il prevalente contenuto lipidico, con
scarso c.e. dopo somministrazione di mdc
o RM: adenoma iperintenso in tutte le sequenze
o Scintigrafia: ipercaptazione monolaterale dell’adenoma
ƒ Della midollare: feocromocitoma:
• TC: neoformazione ovalare o rotondeggiante
o Diametro:
ƒ < 5 cm: densità parenchimatosa omogenea
ƒ > 5 cm: disomogeneità dovuta alla presenza di aree di
necrosi
o Somministrazione di mdc: rapido ed intenso c.e.
• Scintigrafia con MIBG marcata con radioiodio: è l’indagine più sensibile
• RM
o T1: lesioni ipointense
o T2: lesioni notevolmente iperintense
Metastasi surrenaliche: quando sono piccole, sono confondibili con adenomi non funzionanti; in
questi casi, esame dirimente è la RM. infatti, gli adenomi presentano segnale RM basso in tutte le
sequenze, mentre le metastasi sono in genere iperintense in T2
Incidentalomi: sono masse surrenaliche rilevate come reperti occasionali in corso di ecografie, TC o
RM
o Cisti
o Lipomi
o Mielolipomi
o Carcinomi non funzionanti (sintomatici per effetto massa): sono caratterizzati da crescita
rapida ed aree di necrosi e di emorragia
ƒ Ecografia: massa disomogenea ed a margini irregolari
ƒ TC con mdc: valuta
• Estensione della neoplasia
• Presenza di eventuali iperplasie linfonodali
• Infiltrazione delle vene renali o della vena cava
• Metastasi a distanza
ƒ RM: è più sensibile nel rilievo di eventuali metastasi epatiche
o Neuroblastoma: è il più comune tumore pediatrico ad insorgenza extracefalica: è
caratterizzato da elevata malignità ed origina dalla midollare del surrene (o da altre sedi di
cellule cromaffini)
ƒ Ecografia: neoformazione a margini mal definibili ed ecostruttura disomogenea con
possibili aree di necrosi e calcificazione
ƒ TC
• Visualizzazione di una massa di densità parenchimatosa, vascolarizzata, con
aree ipodense di necrosi, zone emorragiche e possibili calcificazioni
• Valutazione dell’estensione del processo
ƒ RM: presenta il vantaggio – molto rilevante in età pediatrica – dell’assenza di
radiazioni ionizzanti
ƒ Scintigrafia: MIBG
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Par. III: Apparato genitale femminile
Tecniche generali di diagnosi
• Isterosalpingografia: utilizza radiazioni ionizzanti e mdc per visualizzare la cavità uterina e le tube.
L’unica indicazione è lo studio dell’infertilità ed è assolutamente controindicata in caso di PID e di
gravidanza. L’esame andrebbe condotto tra 7° e 12° giorno del ciclo (in cui la donna sicuramente
non è gravida, non vi è mestruo e lo sfaldamento è terminato): si inserisce lo speculum in vagina, si
posiziona poi il catetere di Faley nella portio e si inietta il mdc uro-angiografico radiologico nel
canale cervicale. All’inizio, si osserva la distensione della parete esterna, poi il passaggio nelle tube
e – da qui – la fuoriuscita nel peritoneo. Con questa metodica possono documentarsi:
o Anomalie congenite
o Difetti di riempimento endoluminale
o Ipoplasie
o Utero settato o comunicante (didelfo, bicorne)
o Patologie tubariche (ad esempio, salpingite tubercolare)
• Ecografia: metodica di prima istanza, si effettua per via sovrapubica o transvaginale:
o Tecniche
ƒ Studio sovrapubico: richiede la replezione, mediante ingestione di acqua, della
vescica, sfruttata quale finestra acustica per agevolare il passaggio degli US e,
contemporaneamente, per spostare cranialmente le anse intestinali (fonte di artefatti
a causa del loro contenuto intestinale)
ƒ Studio transvaginale: si avvale di appositi transduttori endocavitari, ha una
risoluzione più elevata, ma visualizza una regione anatomica più limitata (piccola
pelvi)
ƒ Studio transrettale: ha indicazioni limitate (età pediatrica), ma un elevato dettaglio
anatomico
ƒ Istero-sonografia: si inietta il mdc ecografico nell’utero e nelle tube e si documenta
il suo passaggio con sonda US. Presenta lo svantaggio di non indagare l’aspetto
morfologico!
o Quadro
ƒ Utero: ha un aspetto globoso, a forma di pera, con una stratificazione ben
apprezzabile nella donna fertile, che dall’esterno verso l’interno include
• Perimetrio iperecogeno
• Miometrio ipoecogeno
• Endometrio e canale cervicale iperecogeni
ƒ Ovaie: di forma ovalare, sono più ecogene del miometrio nella midollare; nella
corticale, invece, si rilevano i follicoli anecogeni e con diametro fino ad 1 cm
o ECD: può utilizzarsi per valutare il flusso dei vasi genitali o la vascolarizzazione lesionale
• TC:
o Metodo: è opportuno che la paziente assuma, almeno 30 minuti prima dell’esame, 4-6
bicchieri d’acqua per distendere le anse intestinali e riempire la vescica
o Quadro
ƒ Utero: ha forma globosa e densità parenchimatosa omogenea (con miometrio che
aumenta di densità per somministrazione di mdc)
ƒ Vagina: ha forma ovale e densità parenchimatosa (con aumento di densità della
mucosa dopo somministrazione di mdc)
ƒ Ovaie: hanno forma ovalare e densità parenchimatosa (con possibili follicoli
ipodensi)
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•
RM:
o
o
Metodo: è opportuno che la paziente stia a digiuno da almeno 6 ore, per ridurre la peristalsi
intestinale (possibile fonte di artefatti) e che beva almeno 2 bicchieri d’acqua 15-20 minuti
prima dell’esame
Sequenze: la T2 è la più utilizzata
ƒ Utero: essa, infatti, consente di distinguere le diverse componenti del fondo e del
corpo uterino nella donna fertile, secondo una tripla stratificazione:
• Endometrio iperintenso
• Terzo interno del miometrio (o zona giunzionale) ipointensi
• Due terzi esterni del miometrio di intensità intermedia
ƒ Cervice: è anch’essa costituita da 3 strati:
• Mucosa iperintensa
• Stroma ipointenso
• Strato esterno di densità intermedia
ƒ Vagina: molto più sottile dell’utero, ha pareti di densità intermedia e presenta una
sottile stria di intensità elevata corrispondente a mucosa e secreti
ƒ Ovaie
• Corticale ipointensa con follicoli iperintensi
• Midollare medio-iperintensa
Diagnosi delle principali patologie dell’apparato genitale femminile
• Patologia utero-annessiale
o Principi diagnostici di base
ƒ Ecografia: indagine di prima istanza
ƒ RM: si preferisce alla TC come tecnica di seconda istanza per
• Superiore risoluzione di contrasto
• Assenza di radiazioni ionizzanti
ƒ RX: non è utilizzata
• NB: radiografie fatte per altre cause (ad esempio, coxartrosi) possono
evidenziare reperti patologici, come fibromi con calcificazioni “ad uovo di
colombo”, di vecchia data. Calcificazioni “a spruzzo”, invece, sono dovute a
processi neoplastici o degenerativi di utero o dell’ovaio
ƒ TC: viene utilizzata soprattutto nella stadiazione dei tumori maligni, grazie alla
possibilità di assumere, con un’unica soluzione, immagini del corpo intero, con
valutazione anche di addome e torace
o Principi di screening di base
ƒ Donna asintomatica
• Esocervice:
o PAP test: se positivo:
o Colposcopia: se positiva:
o Biopsia
• Endocervice: endocyte
ƒ Donna sintomatica: sanguinamento intermestruale > visita ginecologica con
colposcopia > conferma del sospetto
o Principali patologie
ƒ Benigne
• Malformazioni
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•
168 o Ecografia: di prima istanza
o RM: di seconda istanza
• Adenomiosi
o RM: consente di rilevare in T2 l’ispessimento della zona
giunzionale, in cui si possono individuare iperintensità focali,
corrispondenti a nidi di cellule endometriali
• Leiofibromiomi: lesioni uterine benigne più frequenti, hanno aspetto di nidi
di dimensionali variabili:
o Ecografia: sono ipo- od isoecogeni rispetto al miometrio normale,
con iperecogenicità focali in caso di calcificazioni
o TC: hanno densità variabile, con possibili aree iperdense di
calcificazioni od ipodense di degenerazione
o RM: hanno intensità bassa in T1 e, soprattutto, in T2 (disomogenea
in presenza di degenerazione)
ƒ Maligne
• Carcinoma endometriale: può essere individuato con l’ecografia
transvaginale se la rima endometriale ha ecogenicità disomogenea
• Carcinoma della cervice: viene correttamente stadiato mediante RM.
l’aspetto RM è quello di una lesione con intensità intermedia in T2, che
assume omogeneamente il mdc
Patologia ovarica:
o Finalità della DPI
ƒ Definire l’origine della lesione: elementi diagnostici di base sono:
• Identificazione di tessuto ovarico residuo intorno alla lesione
• Spostamento laterale dei vasi iliaci
• Individuazione del peduncolo vascolare ovarico o del legamento sospensore
dell’ovaio
ƒ Differenziare lesioni benigne e maligne: si basa su criteri relativi alle caratteristiche
morfologiche della lesione
• Dimensioni (fino a 4 cm: benigne): tanto maggiori sono le dimensioni tanto
maggiore ed irregolare è la componente solida vascolarizzata e tanto
maggiore è la probabilità che la lesione sia maligna
• Spessore della parete e di eventuali setti interni (fino a 3 mm: benigne)
• Presenza di vegetazioni o componenti vascolari interne
• Elementi indicativi di malignità
o Ascite
o Metastasi peritoneali e linfonodali
ƒ Fornire elementi utili al chirurgo per l’eventuale terapia
o Principali patologie ovariche
ƒ Benigne
• Teratomi:
o Ecografia: iperecogeni per la componente adiposa
o TC: densità adiposa
o RM: elevata intensità in T1
• Cisti endometriosiche
o Ecografia: si riconoscono per il contenuto costituito da echi di basso
livello disposti in modo diffuso e privo di flusso all’ECD e per
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ƒ
169 l’aspetto multiloculato della lesione cistica con foci iperecogeni
parietali
o RM: il contenuto ematico ha intensità elevata in T1 e decrescente in
T2
o TC: densità liquida od analoga al sangue
• Cisti ovariche: di comune riscontro in età fertile, ad origine follicolare o
luteinica, si caratterizzano per:
o Ecografia: contenuto anecogeno
o RM: intensità bassa in T1 ed elevata in T2, senza variazioni dopo
mdc
o TC: densità liquida
• Ovaio policistico: le ovaie sono modicamente ingrandite (fino a 5 cm di
diametro), con
o Ipertrofia della parte centrale stromale
ƒ Ecografia: iperecogena
ƒ TC: densità parenchimatosa
ƒ RM: bassa intensità
o Multipli follicoli corticali
ƒ Ecografia: anecogeni
ƒ TC: densità liquida
ƒ RM: densità bassa in T1 ed elevata in T2
• Tumori stromali e dei cordoni sessuali
o Tumori a cellule della granulosa: hanno aspetto “a spugna”, cioè
multiloculare cistico:
ƒ Ecografia: componenti parenchimatose ecogene
ƒ TC: densità parenchimatosa
ƒ RM: intensità bassa in T1 e medio-elevata in T2
o Tumori del gruppo fibroma-tecoma: si distinguono per la presenza
di
ƒ Componente di tessuto fibroso:
• Ecografia: ecogena
• TC: densità parenchimatosa
• RM: intensità medio-bassa in T1 e bassa in T2
ƒ Aree cistiche
o Tumori a cellule di Sertoli-Leydig
ƒ Ecografia: ecogeni
ƒ TC: densità parenchimatosa con assunzione significativa di
mdc
ƒ RM: intensità bassa in T1 ed elevata in T2
Maligne
• Tumori maligni epiteliali:
o Cistoadenocarcinomi sierosi e mucinosi, che si distinguono dai
corrispettivi benigni per la presenza di una parete o di componenti
solide vascolarizzate interne
o Carcinoma endometriode
o Carcinoma a cellule chiare
• Metastasi ovariche: sono, in genere, tumori con struttura anarchica,
prevalentemente parenchimatosi e vascolarizzati:
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o
170 o Ecografia: ecogeni
o TC: densità parenchimatosa più o meno disomogenea
o RM: intensità bassa in T1 e medio-elevata in T2
DD delle patologie ovariche: massa:
ƒ Cistica: cisti pura
• Uniloculata
o Cisti paraovariche
o Idrosalpinge
o Cisti funzionali
o Cistoadenoma sieroso
• Multiloculata
o Cisti endometriosiche
o Cisti funzionali
o Ascesso tubo-ovarico
o Cisto-adenoma mucinoso
o Tumori borderline
ƒ Solida
• Fibrotecoma
• Tumore di Brenner
• Tumore a cellule della granulosa
• Disgerminoma
• Carcinoma epiteliale
• Tumori metastatici
ƒ Complessa
• Lesioni benigne
o Teratoma cistico
o Teratoma maturo o cisti dermoide
• Lesioni maligne
o Cistoadenocarcinoma sieroso
o Cistoadenocarcinoma mucinoso endometriale
o Tumore a cellule chiare
o Metastasi
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Par. IV: Apparato genitale maschile
Prostata
• Valutazione del PSA (vedi dopo): è il primo esame da effettuare per la DD tra carcinoma prostatico
ed IPB (principale scopo della diagnostica della prostata)
• Esplorazione rettale: va effettuata dopo la valutazione del PSA in quanto il massaggio prostatico può
alterarne i valori! Può consentire la DD tra:
o Carcinoma prostatico: nodulo prostatico periferico duro non dolente
o IPB: aumento generalizzato di tutta la prostata
• Ecografia:
o Approccio
ƒ Sovrapubico: previo riempimento vescicale, consente di valutare la morfologia della
ghiandola ed eventuali lesioni; è utile nell’ipertrofia prostatica benigna (IPB), meno
nel carcinoma prostatico
ƒ Transrettale: previa toilette intestinale, consente una miglior caratterizzazione della
lesione (anche se solo di quelle della zona periferica). Inoltre, è molto utile come
guida per la biopsia trans-rettale del carcinoma prostatico
o Quadro
ƒ Capsula fibrosa e zona periferica iperecogene
ƒ Zona di transizione e centrale ipoecogene
ƒ Vescichette seminali ipo-anecogene con setti iperecogeni
• TC: ha scarso utilizzo, limitato alla valutazione dell’estensione della neoplasia negli stadi avanzati
(ad esempio, interessamento delle vescichette seminali). La TC, infatti, non discrimina bene la
capsula, non riuscendo a distinguere patologia intra- ed extraprostatica
• RM: consente uno studio molto accurato della prostata
o Scansioni
ƒ T1: intensità omogenea senza distribuzione zonale
ƒ T2: consente di valutare l’anatomia zonale e di delimitare l’organo:
• Capsula ipointensa
• Zona periferica iperintensa
• Zona centrale e di transizione ipointense
• Vescichette iperintense (ipointense in T1)
• Radiografia: consente, tramite l’uroflussimetria e l’uretroscintigrafia, di studiare anche il mitto, cioè
la quantità di urina che passa attraverso l’uretra prostatica
• Diagnosi delle principali patologie prostatiche
o Carcinoma prostatico: ricordando che il carcinoma prostatico interessa nel 75% dei casi la
parte periferica della ghiandola, la prima manifestazione clinica è riferibile ad una metastasi
– generalmente ossea – rivelatrice. Al contrario, l’ipertrofia prostatica benigna (vedi dopo),
interessando la parte centrale della ghiandola, si manifesta con sintomi urinari quali
pollachiuria, disuria, nicturia e stranguria
ƒ Esami ematochimici: valutazione del PSA: il PSA è una callicreina che serve a
fluidificare la secrezione. Questa valutazione è il primo esame nello studio di una
patologia prostatica (DD carcinoma prostatico ed IPB)! Comunque, questa proteasi è
prodotta da cellule prostatiche sia normali che iperplastiche che neoplastiche: questo
concetto è molto importante, in quanto il PSA può risultare aumentato in situazioni
non neoplastiche. Per tal motivo, alla misurazione del PSA libero (vedi sotto per i
valori) si sono aggiunte diverse misurazioni: tra queste la più utilizzata è la PSA
velocity, ossia l’incremento di valore del PSA libero nel giro di qualche mese
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•
•
•
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
172 VN: < 1 ng/ml
Valori di “allerta: 2-4 ng/dl
Valori alterati: > 4 ng/dl: è importante notare come, dal momento che valori
maggiori di 10 ng/dl di PSA correlano con manifestazioni sintomatiche,
neoplasie possono presentarsi con valori aumentati (8-10 ng/dl) ma
asintomatiche. È per questo motivo che ogni paziente con valori di PSA
maggiori di 4 ng/dl (cut-off!) va indagato ulteriormente, in sospetto di
lesione neoplastica.
• NB: un altro marcatore, non aumentato in prostatiti ed IPB, è il PCA-3
Esplorazione digitale del retto
Ecografia transrettale (TRUS)
• Indicazioni
o PSA > 2,5 ng/dL (il 10% dei carcinomi prostatici si presenta con
valori tra 2,5 e 4!)
o Positività per nodulo prostatico all’esplorazione rettale
• Caratteristiche generali
o Valutazione delle sole porzioni periferiche (quelle comunque più
colpite da carcinomi)
o Segnale non uniforme: possono evidenziarsi noduli:
ƒ Ipoecogeni (60-70%)
ƒ Isoecogeni (25-40%)
ƒ Iperecogeno (1-5%)
o Guida alla biopsia
o Possibile ausilio ECD in caso di lesioni ipervascolarizzate
Biopsia: va fatta non solo sul nodulo, ma su tutta la prostata!
• Tipi
o Tecnica radiografica per via transperineale: può causare processi
infiammatori od altre complicanze (rettorragie, IVU)
o Tecnica urologica per via transrettale (TURP): ha una migliore
geometria di campionamento, non necesita di profilassi antibiotica
ed è più economica
• Indicazioni
o Come esame di I livello: nodulo palpabile + PSA > 10 ng/dL
o Come esame di II livello: lesione alla TRUS o PSA < 10 ng/dL
• Prelievi: almeno 12-16 per una mappatura completa
• Razionale: occorre prestare particolare attenzione al fatto che la biopsia, pur
mettendo in evidenzia una citologia neoplastica, non ha valore prognostico,
nel senso che non è certo che questa lesione carcinomatosa evolva in una
lesione oncologicamente attiva. Riscontri autoptici in pazienti oltre i 50 anni
morti per altra causa hanno, infatti, evidenziato come il 20-45% di questi
soggetti presentasse un tumore prostatico silente
RM: indicata prima della biopsia per ricercare la sede o dopo una prima biopsia
negativa, è la metodica d’elezione per il carcinoma prostatico – soprattutto le
sequenze T2 con soppressione del segnale del grasso con un elevato contrasto
intrinseco tra zona periferica (iperintensa) e zona centrale (ipointensa) e capsula
ipointensa. In sostanza, è fondamentale per distinguere – con l’eventuale ausilio
della TC – carcinomi endocapsulari (T1 e 2) ed extracapsulari (T3 e 4), distinzione
importante per prognosi e terapia
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•
ƒ
ƒ
ƒ
o
IPB
ƒ
ƒ
173 NB: le sequenze T1 NON consentono di differenziare le diverse componenti
della ghiandola! In T2, invece, si ottiene il massimo della differenziazione
tra porzione centrale e periferica. La RM in questa sequenza, rispetto all’US,
ha un contrasto intrinseco favorevole: infatti, nell’iperintensità periferica un
carcinoma, tipicamente ipointenso, risulterà facilmente evidenziabile.
• Macchinari utilizzati
o RM a basso, medio o elevato campo
o Antenne dellate
o Bobina settoriale: si applica nella pelvi con risoluzione di contrasto
e spaziale.
o Risonanza endorettale: utilizza bobine endorettali (endocoil) e
sfrutta la stessa tecnica della TRUS, in altre parole porta il più
vicino possibile alla lesione la fonte d’energia.
• Il ruolo delle dimensioni della prostata: poiché la capacità di evidenziare le
lesioni è legata alle dimensioni della prostata, in una prostata < 5 mm i
tumori sono poco evidenziabili. La sensibilità aumenta poi in prostate di
dimensioni maggiori al cm. Peraltro, la sensibilità dipende anche dalla sede
del tumore: l’apice, ad esempio, è la zona più difficile da studiare
• Falsi positivi
o RM post-biopsia: il sangue emorragico dà iperintensità!
o Noduli di iperplasia eterotopici
o Prostatiti
o Fibrosi
o NB: la RM non è praticata come indagine di prima scelta non solo
per la scarsa specificità, ma anche per l’elevata invasività (l’idea di
un tubo in c.. non è piacevole!!!)
• Studi spettroscopici: lo studio dello spettro della colina è un esame di terzo
livello, attuato, ad esempio, per pazienti con PSA > 10 ng/dl e biopsia
negativa. In questi casi, infatti, la RM spettroscopica può identificare la zona
con segnale alterato, consentendo così di indirizzare il successivo studio
bioptico in quella zona.
TC: si pratica per la ricerca di metastasi in pazienti con tumore localmente avanzato,
per valutare quindi la stadiazione (ricerca di metastasi linfonodali ed e ematiche)
Scintigrafia ossea: per la ricerca di metastasi ossee
Approccio terapeutico:
• T1-T2: prostatectomia radicale nerves sparing: oggi sempre più attuata con
sistemi robotizzati, presenta lo svantaggio che questi ultimi, pur con buoni
risultati terapeutici, posso causare insemenzamento secondario delle
vescicole seminali (iperintensità che vira in ipointensità)
• T3-T4: brachiterapia con radioisotopi
TRUS: mostra un’ipoecogenicità diffusa con iperecogenicità focali (calcificazioni)
RM: è utile nei casi dubbi per la DD con il carcinoma:
• T1: noduli isointensi
• T2
o Isointensi se a prevalente componente stromale
o Iperintensi se a prevalente componente ghiandolare
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o
Prostatite: patologia infettiva legata in genere a gonococchi, presenta solitamente una
sintomatologia eclatante che ne consente una pronta diagnosi (attenzione all’emospermia,
tipico sintomi neoplastico, ma che può avere anche un’origine infiammatoria!). Comunque,
lo studio per immagini si avvale di:
ƒ RM: mostra immagini iperintense in caso di formazione di ascessi prostatici
ƒ TRUS: non è consigliabile in caso di prostatite acuta, in quanto già la sola
esplorazione rettale esacerba la sintomatologia. In caso di prostatite cronica, invece,
possono evidenziarsi spot iperecogeni dovuti a calcificazioni intraghiandolari
Testicolo
• Caratteristiche generali di diagnosi del testicolo
o Ecografia: ecostruttura iperecogena
o RM
ƒ T1: intensità omogenea e bassa
ƒ T2: intensità elevata
• Varicocele: è la dilatazione del plesso pampiniforme, dovuta all’inversione di flusso nella vena
spermatica interna, che defluisce a destra nella cava inferiore ed a sinistra nella renale
o ECD: affianca l’esame obiettivo e consente di misurare con estrema precisione il calibro dei
vasi venosi del plesso pampiniforme e di valutare il flusso della vena spermatica
ƒ Diagnosi di varicocele: calibro del plesso pampiniforme maggiore o uguale a 3 mm
e reflusso venoso maggiore o uguale a 2 secondi
ƒ Classificazione ECD in 5 gradi
o Flebografia: grazie alla sua panoramicità, consente una visione completa dalla vena renale
fino al plesso pampiniforme e rappresenta il gold standard nella dimostrazione delle
frequenti anomalie anatomiche associate
o Embolizzazione transcatetere (per la terapia)
• Criptorchidismo: le tecniche radiologiche possono essere utilizzate per la ricerca del testicolo, sia
confermandone l’assenza, che identificandolo lungo il canale inguinale o nell’addome. In
quest’ultimo caso, sono preferibili TC e RM, per le problematiche correlate al meteorismo che
ostacolano l’ecografia
• Torsione del funicolo spermatico: esame fondamentale è l’ECD
• Orchiepididimite: il testicolo e l’epididimo – all’ecografia – sono di dimensioni aumentate con
ipoecogenicità diffusa o disomogeneità ecostrutturale
• Tumori
o Ecografia: aree ipoecogene mal definibili
o ECD: ipervascolarizzazione
o RM: noduli che assumono il contrasto
ƒ T1: di densità intermedia
ƒ T2: ipointensi
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CAP. 7: LINFONODI
Par. I: Caratteristiche generali
Metodiche di studio
• Ecografia: è la metodica che – per l’assenza di radiazioni ionizzanti, la ripetibilità e l’ampia
diffusione – svolge un ruolo centrale nella diagnosi delle linfadenopatie. Consente un’ottimale
rappresentazione delle dimensioni e della forma dei linfonodi, che si presentano – in condizioni
fisiologiche – come strutture ovalari, ipoecogene e con ilo vascolarizzato. La presenza di metastasi è
caratterizzata dall’aumento di dimensioni
• RX: ha un ruolo quasi limitato all’eventuale riscontro di calcificazioni (segno di adenopatia su base
flogistica o neoplastica). Comunque, la presenza di un fisiologico contrasto a livello del mediastino
migliora la capacità di riconoscere le linfoadenopatie anche in assenza di calcificazioni
• Linfografia: la sua capacità di opacizzare vasi linfatici e linfonodi consente di visualizzare i
linfonodi anche se di dimensioni aumentate. La tecnica di esame prevede l’iniezione di un mdc
iodato nei dotti linfatici periferici ed oggi ha poche indicazioni, come la presenza di fistole o di
rotture (lesioni del dotto toracico in seguito a traumi o interventi di chirurgia toracica)
• TC: è divenuta di riferimento nella definizione dello stato linfonodale, poiché fornisce una
visualizzazione total-body delle stazioni linfatiche e garantisce la contemporanea visualizzazione
della neoplasia primitiva e delle eventuali metastasi a distanza
o Razionale: la metodica si basa sul riconoscimento di linfonodi patologici in base alle
variazioni di forma e di dimensioni indotte dal processo patologico, neoplastico e non
o Limite: incapacità di localizzare un processo patologico in linfonodi di diametro < 1 cm
(micro-metastasi)
o Impiego di mdc: è in grado di aggiungere alle informazioni morfologiche quelle biologiche,
quali perfusione, permeabilità e resistenza al flusso
• RM: garantisce un ottimale contrasto dei tessuti molli e, quindi, un’efficace definizione dello stato
linfonodale. L’impiego di tecniche total-body, inoltre, incrementa la possibilità di ottenere una
completa stadiazione di patologie oncologiche. Tuttavia, il limite principale è legato alla difficoltà di
differenziare tra processi neoplastici e patologie infettive od infiammatorie. Comunque,
l’introduzione di mdc – come il gadolinio – ha migliorato l’efficacia nella DD
• MN:
o PET con FDG: il FDG si concentra nei tessuti neoplastici, in considerazione dell’aumentato
metabolismo glicidico tipico di processi con elevata replicazione cellulare; quindi, la PET
correla con l’attività metabolica, consentendo di scovare metastasi in linfonodi di dimensioni
conservate, ma ipercapatanti
o Linfoscintigrafia: trova la principale indicazione nello studio del linfedema. Si basa sulla
somministrazione di sostanze colloidali marcate con 99mTc in corrispondenza di piedi o mani,
monitorizzando con scansioni a tempi multipli la distribuzione della linfa radiomarcata
o Metodica del linfonodo sentinella: si basa sulla somministrazione di microparticelle
colloidali radiomarcate intorno alla sede neoplastica primitiva, seguendone il decorso verso
il primo linfonodo. Questo primo linfonodo – quello, quindi, “sentinella” – è prelevato ed
analizzato istologicamente, per valutarne l’eventuale positività neoplastica
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Diagnosi delle principali patologie dei linfonodi
• Linfomi: la scelta delle metodiche diagnostiche è fortemente condizionata dl distretto della sospetta
localizzazione; la scelta della metodica, infatti, deve esser volta a porre in evidenza sia la natura che
la sede della lesione (tuttavia, dirimente per la natura è la biopsia):
o Ecografia: esame di prima istanza nella valutazione delle catene linfonodali superficiali, si
caratterizza per il possibile riconoscimento di:
ƒ Linfonodi neoplastici: di dimensioni aumentate, aspetto polilobulato e marcata
ipoecogenicità
ƒ Linfadenopatie reattive: morfologia conservata, presenza dell’ilo come stria
iperecogena
o RX del torace: consente di rilevare lesioni estese di tipo “bulky”, il cui diametro trasverso è
superiore ad 1/3 del diametro trasverso del torace
o TC: è più utile dell’ecografia nello studio dei linfonodi addominali e polmonari
o PET con FDG: è fortemente indicata nella stadiazione
• Linfedema: la DPI è primariamente volta ad escludere patologie venose e si avvale di:
o Linfografia: consente una precisa rappresentazione anatomica dell’albero linfatico con
chiara localizzazione degli ostacoli al flusso linfatico
o Linfoscintigrafia
• Linfocele: è un raccolta di fluido linfatico dovuta alla rottura traumatica o chirurgica dei vasi linfatici
o TC
o Ago-aspirato
• Linfoadeniti
o Ecografia
o TC
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Sez. II: Altri aspetti specifici della DPI
CAP. 1: LA MEDICINA NUCLEARE (Prof. Mansi)
Par. I: Caratteristiche generali
Introduzione
La MN utilizza radiazioni “nucleari”, ovvero originate dal nucleo, le quali possono essere di due tipi:
elettromagnetiche (EM) e corpuscolate. Le radiazioni EM – o raggi γ – hanno la caratteristica di non avere né
massa né carica: pertanto, risultano estremamente penetranti per la probabilità di interazione con la materia
estremamente bassa, proprietà che sta a significare che, somministrando al paziente una sostanza radioattiva
che emette radiazioni γ, la maggior parte di queste esce dall’organismo senza creare alcun danno
all’organismo stesso. Di conseguenza, esse saranno utilizzate in radiodiagnostica (scintigrafia, vedi meglio
dopo).
Le radiazioni corpuscolate, invece, hanno massa e carica e possono essere α o β.Le prime sono cariche
positivamente (e praticamente corrispondono al nucleo di elio: 2 neutroni e 2 protoni) ed hanno grandi
dimensioni. Quindi, una volta uscite dal nucleo, interagiscono immediatamente con la materia, determinando
un danno locale e sono utilizzate soprattutto in radioterapia oncologica per la loro capacità di colpire
selettivamente delle cellule (tuttavia, vi è il rischio di colpire cellule non neoplastiche).
Esse non hanno potere di penetrazione (sono fermate da un foglio di carta), ma solo di contatto (e pertanto
l’ingestione risulta tossica: spia russa avvelenata col polonio).
Tuttavia, nella pratica clinica - come agenti terapeutici – sono utilizzate le radiazioni β: esse, infatti, hanno
la stessa massa dell’elettrone, ma carica negativa o positiva. Le radiazioni β-, una volta emesse dal nucleo e
prima di colpire il bersaglio, compiranno un tragitto più lungo, risultando più maneggevoli (ad esempio, 131I).
Le radiazioni β+ (o positroni), invece, risulteranno attratte dall’universo di cariche negative del nucleo e darà
luogo – subito dopo esser stata emessa – ad una produzione di energia (E=mc2): in altre parole, una volta
giunto al nucleo, il positrone darà luogo – con un elettrone – ad una reazione di annichilamento, generando
energia, ossia radiazioni γ, che hanno la stessa direzione ma verso opposto.
I positroni, quindi, pur essendo delle radiazioni corpuscolate, sono utilizzati in MN nella PET (tomografia ad
emissione di positroni).
Utilizzi della MN
• Diagnostica
o In vitro: è stata fondamentale come metodo radioimmunologico (reazione antigeneanticorpo e radioattività come elemento di individuazione> primo dosaggio dell’insulina),
che oggi ha minor importanza per la possibilità di ricorrere a metodi immunometrici senza
radioattività (metodi colorimetrici od enzimatici). Può essere utilizzata per l’analisi su
liquidi biologici della dose somministrata
o In vivo:
ƒ Con immagini
• γ-camera: trasforma le radiazioni in immagini
o Funzionamento: cristalli di NaI attivati al Tl [Tallio], di varie forme
e dimensioni, associati al collimatore Æ interazione con raggi γ Æ
scintillazione: trasformazione in fotoni luminosi Æ
fotomoltiplicazione Æ digitalizzazione
• Tomografi
o SPECT (single photon emission computed tomography): utilizza
radionuclidi che emettono radiazioni γ
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o
ƒ
•
PET (positron emission tomography): utilizza radionuclidi che
emettono positroni
Senza immagini
• Linfonodo sentinella e chirurgia radioguidata
Terapia
Tecnica
Concetto fondamentale in MN è che il segnale parte dal paziente, al quale sono stati somministrati
radionuclidi che emettono radiazioni γ o positroni (esami “ad emissione”).
Altro aspetto fondamentale della MN è stata la rivoluzione delle macchine ibride: infatti, accanto alle
metodiche morfostrutturali (RX, US, TC, RM – in condizioni basali; basata sull’anatomia patologica) ed a
quelle funzionali (urografia, ecocardiografia, MN; basata sulla biologia di un processo patologico), si è
sviluppata una tecnica di imaging integrato (o fusion imaging).
In altre parole, pur essendo la MN propriamente una metodica funzionale (di concentrazione!), essa non si
pone più come semplice metodica funzionale, ma come una tecnica di fusion imaging, in cui informazioni
morfostrutturali (MS) e funzionali vengono integrate. Grazie all’imaging digitale, infatti, si sono create
macchine ibride, che danno – allo stesso tempo – informazioni morfostrutturali e funzionali (PET-TC,
SPETC-TC, PET-RM: quest’ultima non è ancora utilizzata, ma ha importanti prospettive, soprattutto in età
pediatrica).
Quindi, le indagini MS hanno un’elevata sensibilità (anche dell’ordine di micron) ed un’elevata risoluzione
anatomica; tuttavia, le indagini funzionali, pur avendo anch’esse una buona sensibilità (ma possono esservi –
ad esempio – tumori che non captano!), sono in grado di visualizzare l’alterazione funzionale anche in
termini di alterazione molecolare (“genomica”), giungendo ad una diagnosi anche molto precoce.
L’analisi molecolare è, dunque, affidata alla MN, che ha il vantaggio di creare pochissime alterazioni e di
avere una bassa tossicità.
In conclusione, la MN si basa su differenze di concentrazione (e non di densità), è – di conseguenza –
possibile solo su vivente e può consentire una diagnosi precoce (alterazione fisiopatologica precedente quella
MS), una valutazione della funzione parenchimale ed anche applicazioni terapeutiche.
Inoltre, dà informazioni circa la fase di attività della malattia (anche con finalità prognostico-terapeutiche) e
questo è molto importante perché evita di ricorrere alla biopsia (morbo di Crohn, diverticolo di Meckel).
I traccianti
Per studiare una malattia occorre tracciare le molecole o le cellule interessate da quella malattia: questo è
importante in quanto diversi traccianti consentono studi diversi (“caratterizzazione”) di uno stesso distretto
(ad esempio, scintigrafia epatosplenica con traccianti colloidali, epatobiliare con traccianti epatotropi per lo
studio anche delle vie biliari, PET con FDG per la studio delle metastasi, traccianti vascolari per lo studio
degli angiomi, traccianti neuroendocrini per lo studio di NET); vi sono anche traccianti di perfusione.
In MN, infatti, nell’utilizzo dei radiocomposti, è importante il “composto”: ad esempio, il 99m (metastabile)Tc –
che emette radiazioni γ ed è utilizzato nel 90% delle scintigrafie – si può legare a composti diversi per lo
studio di distretti diversi.
Il più importante emettitore di positroni è, invece, il 18F ed il più importante radionuclide terapeutico è il 131I.
In sintesi, un tracciante è una molecola che segue il comportamento di molecole o cellule, seguendone i
meccanismi di concentrazione.
Inoltre, vanno differenziati indicatori negativi ed indicatori positivi. Il radiofarmaco indicatore negativo si
concentra selettivamente nel tessuto normale: le aree patologiche si evidenziano come difetti di captazione
(aree “fredde”). Il radiofarmaco indicatore positivo si concentra selettivamente nel tessuto malato: le aree
patologiche si evidenziano come aree di ipercaptazione (aree “calde“).
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I traccianti negativi hanno un limite: il loro potere di risoluzione è apparecchio-dipendente. I traccianti
positivi, hanno un utilizzo migliore e consentono di identificare la lesione ipercaptante come un “faro”.
Svantaggio degli indicatori positivi è la loro bassa specificità (ad esempio, sia tumori o metastasi ossei che
esiti di frattura sono ipercaptanti).
In sintesi, la MN, essendo una metodica di captazione, consente un’analisi quantitativa; inoltre, essa non ha
controindicazioni assolute.
Par. II: Impieghi diagnostici
Oncologia
La MN utilizza un tracciante che si accumula nel tumore, individuando così tumori e metastasi, e ne valuta la
concentrazione(tumore benigno che non concentra e tumore maligno che concentra).
La PET (con PET-scanner) è la metodica più utilizzata in oncologia: principali emettitori di positroni
utilizzati sono 11C, 13N, 15° e 18F.
La PET è fondamentale nella diagnostica oncologica – come caratterizzazione prognostica e come
valutazione della terapia –poiché con il 18F è marcabile il glucosio: come il glucosio, è marcabile anche il
FDG; tuttavia, a differenza del primo, il FDG, una volta fosfato, blocca il suo ingresso nel ciclo metabolico.
In altre parole, il FDG è un tracciante di trasporto piuttosto che di metabolismo: tuttavia, l’aumento del
trasporto è comunque collegato all’aumento del metabolismo. Inoltre, poiché il FDG non viene
metabolizzato, rimane nella cellula e consente un più lungo tempo di diagnosi (30-60 minuti): infatti, se si
volesse tracciare il glucosio, marcandolo con 11C, esso verrebbe metabolizzato troppo velocemente e sarebbe
difficilmente analizzabile.
Poiché il trasporto del glucosio è un trasporto facilitato e saturabile, la PET con FDG risente di digiuno,
glicemia ed insulina: di conseguenza, la standardizzazione dell’esame è ottenuta con pazienti a digiuno,
misurazione della glicemia prima dell’esame (glicemia < 200 mg/dl) ed indagine circa l’eventuale
assunzione di insulina da parte del paziente.
Comunque, la PET si basa sulla capacità di concentrazione rispetto al fondo: pertanto, risulta più agevole
analizzare eventuali accumuli a livello – ad esempio – del polmone piuttosto che a livello cerebrale (in cui il
consumo di glucosio è costantemente elevato): di conseguenza, metastasi cerebrali vanno studiare con TC o
RM.
Occorre, poi, considerare che il glucosio si concentra dove c’è attività: ad esempio, si correla con l’attività
muscolare, ma anche con l’età (timo, adenoidi e testicoli sono maggiormente captanti nel bambino).
Inoltre, bisogna prestare attenzione ad eventuali stenosi ureterali o reflussi delle vie urinarie ed all’eventuale
presenza di cicatrici (che sono maggiormente captanti). Peraltro, la PET non si può praticare durante
l’allattamento.
Ritornando ai tumori, essi ipercaptano glucosio per diversi motivi: aumento del numero dei trasportatori,
aumento del metabolismo, aumento della glicolisi anaerobica (parametro sfavorevole in quanto espressione
di una neo-angiogenesi molto accentuata). Quest’ultima, poi, avviene quando un tumore cresce troppo
rapidamente per fargli arrivare ossigeno ed, in tal caso, si ha un accumulo di glucosio.
Tuttavia, vi sono anche tumori che captano poco o non captano affatto il glucosio: NET, tumori differenziati
della tiroide, cancro mucinoso, cancro della prostata. In linea di massima, questi sono tutti tumori a crescita
lenta e con una prognosi favorevole.
Un limite della PET sta nella stadiazione linfonodale, poiché TC e RM – utilizzando l’aumento di dimensioni
come parametro di metastasi – danno solo due quadri (ingranditi o non ingranditi); la PET, invece, può
evidenziare 4 quadri:
• Linfonodo ingrandito che non capta FDG: è sicuramente benigno o reattivo
• Linfonodo normale che capta: è estremamente probabile che si tratti di una neoplasia (alterazione
funzionale che precede quella MS)
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•
•
•
Linfonodo normale che non capta: si tratta quasi sicuramente di un linfonodo benigno, ma potrebbe
anche essere una micro-metastasi
Linfonodo ingrandito che capta: è molto probabilmente una metastasi
NB: di conseguenza, il quadro MN va integrato con un’analisi TC. La PET con FDG è molto utile,
comunque, nei casi di FUO (febbre di origine sconosciuta), dovuta nella stragrande maggioranza dei
casi ad infiammazioni croniche o linfomi, e nei casi di indicazione topografica alla biopsia
Riguardo gli utilizzi della PET con FDG, il primo ambito di utilizzo è stata la DD di noduli polmonari
solitari inferiori di 3 cm (non discriminabili alla TC); tuttavia, va prestata attenzione a carcinoidi, che non
captano (FN), od a tubercolomi in fase attiva, che captano (FP).
In generale la PET con FDG è un indicatore prognostico, è un target di risposta alla terapia e definisce il
target biologico della radioterapia: ad esempio, in caso di carcinomi tiroidei differenziati, la PET è utile nel
follow-up, consentendo di evidenziare eventuali metastasi indifferenziate.
Inoltre, essa è utile, specie nei linfomi (anche PET con timidina), come esame “interim” dopo la terapia, per
valutare il grado di risposta.
Riguardo, invece, la risposta alla radioterapia, essa consente di valutare il target di azione della radioterapia
(ossia il campo di azione, in cui può rientrare tessuto sano): si ricorda che la radioterapia va praticata nella
zona attiva del tumore e non nella zona necrotica, che è quella più vicina ai tessuti sani.
È, inoltre, opportuno ricordare come il FDG non sia utile per la prostata, per la quale si utilizza – ma solo nel
sospetto di recidiva e nella stadiazione – la colina.
Vanno poi considerati gli analoghi della somatostatina: in linea di massima, essi potrebbero essere utilizzati
in tutti i tumori, ma la somatostatina ha una cinetica rapidissima. Pertanto, per rallentare la cinetica della
somatostatina si è sviluppato un suo analogo – l’octreotide – a cinetica più lenta.
A livello diagnostico, l’octreotide (octreoscan) è molto importante per i NET, che sono molto piccoli e si
localizzano in tutto il corpo; a livello terapeutico, viene utilizzato.
Infine, altri traccianti utili sono: F-DOPA (per il morbo di Parkinson, ma anche nell’insulinoma), estradiolo
marcato (per il cancro della mammella) e la metionina (per le recidive cerebrali).
Infiammazione ed infezione
Per studiare infiammazione ed infezione si hanno diversi approcci, alcuni non specifici (nanocolloidi,
67
Gallio) ed altri specifici: anticorpi anti-granulociti, octreotide (che si lega a macrofagi attivati), IL (poche
utilizzate), leucociti (granulociti per l’infiammazione acuta), antibiotici marcati (non ancora di routine, si
utilizza per individuare i batteri contro i quali sono diretti).
Comunque, i traccianti più utilizzati sono i leucociti marcati: nel caso di morbo di Crohn, ad esempio, il loro
utilizzo consente di definire l’attività di malattia, la sua estensione ed informazioni sul follow-up.
Importante è poi il loro utilizzo nella definizione della sede di malattia, come nella FUO: come accennato,
cause più frequenti sono linfomi ed infiammazioni croniche (ad esempio, anche un’aortite). In questo caso, la
non specificità della PET con FDG (che consente di ricercare “qualsiasi cosa”) è un vantaggio, permettendo
la ricerca della patologia in tutto il corpo. A questo punto, tuttavia, pur avendo individuato il focolaio, non si
conosce la natura della patologia: è l’utilizzo di leucociti marcati, infatti, che consente di discriminare
infiammazioni/infezioni (in cui sono la loro captazione è aumentata) da lesioni neoplastiche (in cui la loro
captazione non è aumentata). Tuttavia, esso non consente di discriminare tra infiammazioni ed infezione: per
ricercare un’infezione possono utilizzarsi granulociti marcati.
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Scintigrafia polmonare
Vi sono due possibili approcci: la scintigrafia polmonare perfusionale e la scintigrafia ventilatoria. Lo studio
della perfusione polmonare si pratica somministrando microemboli radioattivi nel sospetto di embolia
polmonare, senza danno per il paziente, perché è talmente alta la sensibilità che il numero delle molecole
utilizzate va a microembolizzare una quota minima dei capillari del letto polmonare (senza alterazione della
superficie di scambio alveolo-capillare).
Indicazione principale alla scintigrafia perfusionale polmonare è, dunque, l’embolia polmonare:
caratterizzata dal mismatch perfusione/ventilazione, viene definita dalla presenza di un territorio ventilato ma
non perfuso. Il problema è la ricerca di embolia polmonare in un paziente con enfisema polmonare: in questi
casi, infatti, la valutazione del dato è molto difficile perché c’è distruzione del territorio polmonare.
Comunque, la scintigrafia perfusionale è utile anche nella valutazione post-riperfusione.
In conclusione, le macchine ibride SPET-TC sono il migliore approccio possibile in emergenza, in quanto si
vede il trombo alla TC ed il difetto di perfusione alla SPET.
MN della tiroide
• Tecniche
o Scintigrafia tiroidea con iodomimetici:
ƒ 99mTc-pertecnetato
ƒ 123I
ƒ 131I
o Total-body con 123I o 131I
o Scintigrafia con indicatori positivi (sesta-MIBI, tetrafosmina)
o PET con FDG: per metastasi indifferenziate
• Quadri
o Patologia non nodulare: DD tra ipertiroidismo e tireotossicosi
o Patologia nodulare: non ha senso valutare attivamente noduli < 1 cm in assenza di FR per
carcinoma midollare; in tal caso, infatti, infatti occorre un attento follow-up. In caso di
noduli > 1 cm, invece, l’approccio si basa su:
ƒ Valutazione del TSH
ƒ Valutazione clinica
ƒ Ecografia +/- FNA
ƒ Scintigrafia (in presenza di noduli solidi)
• Nodulo ipercaptante (caldo): prevale sulla captazione del resto della
ghiandola
• Nodulo isocaptante: benigno, può esser slatentizzati se autonoma con test al
T3, che riduce il TSH
• Nodulo ipocaptante (freddo): le cellule non sono funzionanti e può essere
benigno e maligno; pertanto, richiede un esame citologico
• Altre indicazioni
o Ricerca di ghiandola ectopica: masse mediastiniche discendenti: si fa solo con 123I, in quanto
il pertecnetato si localizza anche in ghiandole salivari, stomaco e plessi corioidei
o Preparazione alla terapia radiometabolica: solo 123I
o Localizzazione di metastasi ben differenziate: vanno ricercate se aumenta la TG dopo
intervento chirurgico
o In caso di aumento di TG ed assenza di captazione: PET con FDG
o Traccianti di cellularità (sestaMIBI, tetrafosmina): valutano la cellularità nei noduli freddi:
ƒ Diminuita: diminuzione probabilità
ƒ Aumentata: aumento probabilità di cancro
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Studio delle altre ghiandole endocrine
Il ruolo della MN nello studio della patologia endocrina sta nella valutazione, nell’individuazione e nella
caratterizzazione della patologia iperfunzionante.
Attualmente le applicazioni più importanti sono: diagnosi di adenoma paratiroideo con traccianti di
cellularità (sesta-MIBI e tetrofosmina) e valutazione del surrene. In questo secondo caso, si hanno approcci
diversi a seconda del tipo di iperfunzione: si hanno traccianti della corticale (colesterolo marcato: in caso di
aldosteronoma si sopprime la secrezione di ACTH con desametasone) e della midollare (MIBG:
metaiodiobenzilguanidina).
Riguardo, invece, la diagnosi della patologia dell’ipofisi, si utilizzano gli analoghi della somatostatina
(soprattutto per adenomi GH-secernenti: in questo caso, si ha non solo un’informazione diagnostica, ma
anche prognostica, indicando la possibilità di un’eventuale terapia con analoghi della somatostatina).
Come detto, poi, i NET (ed in particolare i carcinoidi) non captano FDG e quindi, per la loro ricerca, occorre
utilizzare l’octreotide marcato con 111In o traccianti emettitori di positroni come quelli marcati con 68Gallio.
In questi casi, la PET con FDG sarà utile soltanto nel follow-up.
Cardiologia nucleare
• Traccianti
o Di perfusione: gated-SPECT (i più importanti)
o Vascolari: macrocircolo e cinetica (indirettamente) >13NH3-PET
o Metabolici (FDG, EFA): non hanno ruolo clinico (switch metabolico in caso di ischemia)
o Recettoriali (I-MIBG):
ƒ Diminuzione dell’innervazione adrenergica in caso di scompenso
ƒ Aumento in caso di AMS
• Studi
o Gated-SPECT: è lo strumento ottimale per valutare l’ischemia a livello dei miociti. In caso
di ischemia, infatti, si ha un diminuito apporto di glucosio (per aterosclerosi, spasmo, etc.)
ed aumento del suo consumo (per aumento di HR, ipertrofia, aumento della pressione
arteriosa, etc.)
ƒ Tappe dell’ischemia
• Alterazione della perfusione e sofferenza cellulare > SPECT o RM
• Disfunzione diastolica e poi sistolica > ecocardiogramma o RM
• Alterazioni del segmento ST > ECG
• Angina > esame obiettivo
ƒ Razionale: la gated-SPECT è una tecnica di MN collegata all’ECG, che consente
una valutazione contemporanea di perfusione e funzione ventricolare, che utilizza –
come traccianti – 99mTc-sestaMIBI o Tc-tetrafosmina
ƒ Acquisizione
• A riposo > entità del deficit perfusivo
• Dopo sforzo (ergometrico o farmacologico)
o Area ipocaptante dopo sforzo
ƒ Persiste a riposo > area necrotica
ƒ Si riduce a riposo > area ischemica (che scompare) ed area
necrotica (che permane)
ƒ Scompare > area ischemica
ƒ Curve
• % di ipoperfusione e di reversibilità
• Movimento parete/ispessimento parete
o SPECT-TC: valuta in un unico esame
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o
o
ƒ Perfusione, ischemia e vitalità del miocardio
ƒ Cinetica di parete
ƒ Macrocircolo
ƒ Differenza tra placca solida e lipidica
PET con FDG: è meno utile, in quanto il 50% delle aree necrotiche alla SPECT perfusionale
sono solo ischemiche
Angio-cardio-scintigrafia con traccianti vascolari (globuli rossi marcati con 99mTc): consente
di valutare:
ƒ Cinetica ventricolare
ƒ Volume ventricolare
ƒ Studio degli shunts intracardiaci
ƒ Sanguinamenti occulti
Scintigrafia ossea
• Presupposti
o Traccianti osteotropi: 99mTc-metil-difosfonato (Tc-MDP)
o Elevata sensibilità al rimaneggiamento osseo e bassa specificità
ƒ Aumento fisiologico in corso di crescita ossea
ƒ Precede di mesi le alterazioni densitometriche
o Aumento patologico legato a risposte osteoblatiche
ƒ Fratture (entro 6 mesi)
ƒ Flogosi (osteomielite)
ƒ Metastasi
ƒ Tumori ossei
• Utilizzo
o Metastasi ossee
ƒ Cosa vede la scintigrafia
• Metastasi osteoaddensanti
o NB: la lesione osteoblastica è visibile alla scintigrafia 6 mesi prima
che alla TC
• Metastasi osteolitiche che coinvolgono il periostio
ƒ Cosa non vede la scintigrafia
• Metastasi osteolitiche midollari per carcinoma tiroideo, mieloma multiplo e
neuroblastoma
ƒ FN: tumori con metastasi osteolitiche midollari
ƒ FP
• Artrosi
• Osteoporosi
• Fratture o traumi ossei
• Posture errate
• AR
o Traumi scheletrici
ƒ Microtraumi: localizzazione ed identificazione di fratture
ƒ In medicina legale: datazione > captazione solo se minore di 6 mesi
o Artropatie: attività di malattia in AR ed altre
o Patologie infiammatorie: scintigrafia trifasica
ƒ Iniezione Tc-MDP sotto γ-camera
• 1 minuto: flusso ematico
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ƒ
• 5-10 minuti: volume ematico
• 3 ore: attività osteoblastica
Finalità
• Localizzazione delle osteomieliti
• Valutazione di flusso e volume ematico: il flusso è aumentato nelle forme
acute e normale in quelle croniche
MN in nefrologia
• Scopi
o Diagnosi di patologia renale monolaterale e valutazione della funzione residua
o Valutazione del parenchima funzionante
o Prognosi
• Tecniche (vedi reni)
MN ed apparato GI
• Transito esofageo: colloide-Tc (tempo normale: 15 secondi)
• Svuotamento gastrico: tempo normale di 45-90 minuti
• Ricerca mucosa gastrica ectopica (come nel diverticolo di Meckel): 99mTc-pertecnetato
• Sanguinamento: eritrociti marcati con Tc-pirofosfato
• Scintigrafia epato-biliare: Tc-IDA (acido imminodiacetico): ha diverse fasi: vascolare >
parenchimale > biliare > intestinale
Linfoscintigrafia e linfonodo sentinella (vedi linfomi)
MN e SNC (by Mariano Oliva)
ƒ Ischemia cerebrale e malattie degenerative
• Traccianti:
o Perfusione:
ƒ SPECT: 99mTc-PAO, 99mTc-ECD
ƒ PET: 15H2O, 13CO2
o Legante β-amiloide: PIB (Pittsburg Compound B)
• Indicazioni: perfusione diminuita in
o Area ischemica
o Patologie degenerative:
ƒ Alzheimer, demenza fronto-temporale, demenza a corpi di
Lewy
ƒ Mild Cognitive Illness: termine che indica disturbi isolati
della memoria in soggetti che hanno elevata probabilità,
entro 4 anni, di sviluppare Alzheimer o altra demenza
ƒ Morte cerebrale: no captazione in PET-FDG
ƒ Disturbi del movimento:
• Traccianti:
o SPECT: 123DAT-scan
o PET: 18F-DOPA
• Indicazioni:
o DD tra Parkinson e parkinsonismi: DAT ↓ in putamen nel MP, in
putamen e caudato nei parkinsonismi
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DD tra Parkinson e tremore essenziale: DAT alterata in MP e non
nel tremore essenziale
o N.B. Anche lo studio del cuore con MIBG è utile (esame alterato in
parkinsonismi, ma non nel MP)
In futuro: PET-RM Æ epilessie farmaco-resistenti per localizzazione in vista di
terapia chirurgica
• ↑ captazione FDG durante la crisi
• ↓ captazione di 11C-flumazenil in focolai epilettici
o
ƒ
Chirurgia radioguidata
La MN dà informazione circa la sede e l’estensione del tessuto da togliere alla chirurgia: questo è
particolarmente importante nel melanoma e nei tumori della mammella. Nel melanoma, la metastasi
linfonodale segue dei percorsi imprevedibili, soprattutto a livello del dorso: quindi, iniettare intorno al
melanoma significa capire se le metastasi si dirigono verso l’ascella o verso l’inguine.
La ROLL (radioguided occult lesion localization), poi, è la ricerca di una lesione occulta della mammella: la
lesione non palpabile, infatti, è una lesione difficilmente evidenziabile anche al tavolo operatorio; pertanto, si
somministra – sotto guida ecografica – un colloide nel tumore non palpabile, che risulterà così evidente.
Par. III: Utilizzo terapeutico
Caratteristiche generali
• Finalità dell’imaging funzionale:
o Individuazione di sedi a maggior attività di malattia
o Individuazione della variabilità temporale (escape) di recettori bersaglio
o Individuazione delle barriere biologiche alla diffusione dei farmaci
• Radionuclidi utilizzati: ad emissione β
o Cosa colpiscono
ƒ Cellule tumorali
ƒ Cellule adiacenti (cross-fire)
ƒ Connettivo (evoluzione in fibrosi)
o Altre caratteristiche
ƒ Possibili lesioni endoteliali
ƒ Escrezione urinaria
o Radionuclidi utilizzati
ƒ 131I: radiazioni β
ƒ 211At: radiazioni α
ƒ 111In: radiazioni γ
• Terapia
o Tiroide
ƒ Ipertiroidismi: la terapia radiometabolica è di seconda linea in
• Noduli iperfunzionanti (se non è possibile l’escissione)
• Morbo di Basedow (se non risponde alla terapia medica)
ƒ Carcinoma tiroideo differenziato: rappresenta più del 90% dei tumori dei tireociti e
conservano la captazione; si utilizza il 131I nei carcinomi ad elevato rischio in
associazione alla chirurgia. Si può utilizzare anche nel post-terapia (dopo
valutazione di residui tiroidei tramite dosaggio di TG)
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Metastasi ossee: ha un ruolo palliativo, soprattutto in quelle derivate da mammella e
prostata, ed antalgico se non vi sono possibilità di radioterapia e di utilizzo di oppioidi. Si
utilizzano:
ƒ 99mTc-MDP
ƒ 153Sm-EDTMP
Altre terapie
o Radio-immunoterapia: ha un bersaglio recettoriale noto (Ab-linker emittenti): è una terapia
dei tumori solidi basata sull’impiego di anticorpi diretti contro strutture relativamente
specifiche delle cellule tumorali e coniugati con un radionuclide: con questa tecnica il
tracciante radioattivo si localizza nelle strutture neoplastiche, provocando il massimo effetto
radioterapico a livello locale. Tale forma di terapia presenta diversi vantaggi rispetto ad altre
forme convenzionali di trattamento antineoplastico, in quanto si tratta di una forma senza
importanti effetti collaterali e mirata al tessuto tumorale (fonte: enciclopedia online
Treccani)
o Radioterapia recettore-mediata: per i NET
o Radiosinoviectomia: in AR e panno sinoviale > iniezione di colloide radiomarcata nel cavo
articolare
o
•
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CAP. 2: RADIOTERAPIA (Prof. Schillirò)
Par. I: Caratteristiche generali
Introduzione
La radioterapia è quella disciplina della medicina che utilizza gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti
per curare le neoplasie:
• Finalità
o Radicale (o curativa): è il trattamento che si prefigge la guarigione del tumore e quindi il
controllo definitivo della malattia locale
ƒ Radioterapia esclusiva: tumori localizzati
ƒ Radioterapia profilattica od adiuvante: in aree con elevata probabilità di malattia
subclinica e residua (dopo chirurgia)
o Palliativa: ha come finalità quella di eliminare almeno uno dei sintomi correlati al tumore,
migliorando la qualità di vita del paziente:
ƒ Controllo del dolore in presenza di metastasi ossee o di infiltrazione dei plessi
nervosi
ƒ Riduzione dei sintomi dovuti a fenomeni compressivi esercitati da masse
neoplastiche su midollo spinale, cava superiore, etc.
• Radioterapia
o Da sola
o In associazione (terapia combinata) con:
ƒ Chirurgia
ƒ Chemioterapia
ƒ Altri agenti farmacologici: radiosensibilizzanti (chinoni, pirimidine alogenate),
radioprotettori (sostanze contenenti –SH), farmaci biologici od immunologici
• Ruolo nella cura
o Neoadiuvante (pre-operatoria): si prefigge l’obiettivo della diminuzione delle dimensioni
con down-staging (CCR, tumori esofagei, tumori di testa e collo)
o Adiuvante (post-operatorio): si attua in casi con elevata probabilità di malattia residua
subclinica (N+)
o Intraoperatoria
o RT/CT (concomitante o subsequenziale)
ƒ Effetti sovrapposti: RT locale e CT sistemica
ƒ Effetti interattivi (sinergici): la CT è radiosensibilizzante (sincronizzazione del ciclo
cellulare, inibizione della riparazione)
• Fasi dell’interazione delle radiazioni con la materia
o Fase fisica: è data da emissione, cessione, trasferimento ed assorbimento di energia dalle
radiazioni alla materia. Questa fase applicata alla biologia dà la fase biofisica (fase di
interazione della fisica con la biologia) e determina:
ƒ Ionizzazione
ƒ Eccitazione
o Fase chimico-fisica: è caratterizzata da un’interazione diretta con gli atomi e da
un’interazione indiretta con formazione di radicali liberi
o Fase chimica: si hanno
ƒ Rottura dei legami
ƒ Polimerizzazioni
ƒ Depolimerizzazioni
187 Scaricato da www.sunhope.it
Fase biochimica: è caratterizzata da alterazioni molecolari, come danni a DNA, RNA,
citoplasma, enzimi, etc.
o Fase biologica:
ƒ Caratteristiche
• Aberrazioni di componenti cellulari
• Alterazioni morfo-funzionali e metaboliche
• Lesioni del materiale genetico
ƒ Fasi
• Cellulare
• Tissutale
• Organica
ƒ NB: al termine di questa fase, si ha o la riparazione del danno o il blocco
riproduttivo con morte cellulare (effetti a breve termine); possono aversi anche
effetti a lungo termine come mutazioni
Parametri che condizionano la risposta biologica alle radiazioni
o Biologici: radiosensibilità cellulare: dipende da:
ƒ Attività proliferante
ƒ Grado di differenziazione
ƒ Espansione della cellula attiva
ƒ Età
o Fisici: sono propri delle radiazioni e sono:
ƒ Dose totale ed intensità di dose (dose/tempo)
ƒ Somministrazione: acuta, frazionata o cronica
ƒ Qualità delle radiazioni: LET (trasferimento lineare di energia)
• LET basso: fotoni (X e γ), elettroni (β)
o Elevato potere penetrante
o Bassa cessione di energia
• LET elevato: neutroni ed elio (α)
o Scarso potere penetrante
o Chimici
ƒ Effetto ossigeno: in presenza di ossigeno si ha un miglior effetto delle radiazioni a
livello cellulare, per la formazione di radicali liberi (soprattutto per quelle a basso
LET)
Effetti delle radiazioni sulla materia vivente
o Effetti deterministici: necessitano di una dose soglia per aver luogo
ƒ Tipi
• Acuti: blocco della proliferazione parziale, subtotale o totale
• Subacuti: diminuzione delle cellule nel compartimento proliferativo (con
diminuzione di cellule mature)
• Cronici: alterazione della funzione cellulare e tissutale (vasi e connettivo)
ƒ Razionale: ogni tessuto ha una sua dose soglia, per la quale manifesta
inesorabilmente lesioni irreversibili. I tessuti con dosi soglia più basse sono quelli
più radiosensibili, e cioè epitelio GI, epidermide, midollo osseo e gonadi
ƒ Sindrome da panirradiazione
• Sindrome cerebrale (> 30 Gy in un’unica seduta): morte in 48 ore
• Sindrome GI (3-30 Gy): morte in 3-8 giorni
• Sindrome midollare (3-6 Gy): morte in 14-21 giorni
o
•
•
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o
Effetti statici: hanno una probabilità di presentarsi correlata alla dose, ma lo loro gravità è
indipendente da questa. Effetti principali, di grande importanza con dosi basse, sono:
ƒ Danno genetico (ad esempio, alle gonadi)
ƒ Cancerogenesi
Presupposti di base in RT
• Radiosensibilità: è la risposta di un tessuto (regressione o scomparsa di un tumore) dopo trattamento
radioterapico
o Elevata: linfomi, tumori germinali ed embriogenetici (neuroblastoma)
o Intermedia: carcinomi
o Bassa: melanomi, sarcomi
• Radiocurabilità: è la possibilità di curare completamente un tumore con la radioterapia. Tiene conto
non solo della radiosensibilità delle cellule neoplastiche, ma anche dell’estensione e della
sensibilizzazione dei tessuti limitrofi, che limitano la dose utilizzabile
• Dose e frazionamento
o Dose
ƒ Totale: è correlata a
• Intento
o Curativo: dose letale
o Palliativo: dosi minori
• Radiosensibilità della neoplasia
• Estensione della malattia (malattia subclinica o clinica)
ƒ Tollerabile: è riferita ai tessuti sani irradiati; è tollerabile il 5/5 (5% di rischio di
danni severi a 5 anni)
ƒ Di massima tollerabilità: dà un rischio del 50% di danni severi a 5 anni
o Indice terapeutico: dose tollerabile/dose letale
o Frazionamento della dose:
ƒ Parametri: presenta 5 parametri
• Dose globale del trattamento
• Dose per frazione
• Ratio dose
• Intervallo fra le dosi
• Tempo globale di trattamento
ƒ Tipi
• Irradiazione continuativa: tipica di brachiterapia
• Frazionamento convenzionale: il più utilizzato, prevede la
somministrazione di 1,8-2 Gy al giorno per 5 giorni a settimana
• Frazionamento non convenzionale
o Ipofrazionamento: si pratica con poche sedute con dosi maggiori
(4-6 Gy) e dose totale ridotta; si utilizza in radioterapia palliativa
o Iperfrazionamento: si pratica con piccole dosi per frazione con
aumento della dose totale (1,2 Gy ma per 2-3 sedute al giorno)
o Frazionamento accelerato: si pratica soprattutto per tumori di testa
e collo e per quelli a rapido sviluppo; si basa sulla diminuzione
della durata del trattamento con dose totale uguale, il rapporto
dose/frazione è aumentato e si ripete più volte al giorno
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o
CHART (continous hyperfractionated aceelerated RT): si pratica
con più dosi al giorno, con dose totale uguale e ripetizione tutti i
giorni (e rapporto dose/frazione uguale)
Tecniche e macchinari
• Brachiterapia (Curieterapia): oggi molto poco utilizzata, sfrutta isotopi emittenti radiazioni
corpuscolate (α, neutroni)
o Isotopi più utilizzati
ƒ 192Iridio
ƒ 125Iodio
ƒ 103Palladio
ƒ 90Stronzio
o Posizionamento
ƒ All’interno di neoplasia (cavità, interstizio)
ƒ A diretto contatto
o Utilizzi
ƒ Infissione (interstiziale): tramite aghi (cavo orale, orofaringe, prostata)
ƒ Endocavitaria: tramite fili o perle (utero, vie biliari, bronchi, esofago)
ƒ Contatto: tramite calchi (cute, palato duro, cornea)
• Radioterapia a fasci esterni
o Macchinari
ƒ Roentegen-terapia convenzionale (unità di kilovoltaggio): solo lesioni superficiali
ƒ Telecobaltoterapia (unità di megavoltaggio): ha problemi di smaltimento e, come la
precedente, non è più utilizzata
ƒ Acceleratori lineari (i più utilizzati)
• Elettroni
• Particelle pesanti (ciclotroni)
• Protoni (sincrotoni)
• Ioni C (adroni > sincrotoni)
o Fasi
ƒ Selezione del paziente (valutazione multidisciplinare)
ƒ Programmazione
• Preparazione del paziente
• Simulazione del trattamento
• Compilazione del piano di trattamento
o Compiti del radioterapista
ƒ Identificazione di sede e profondità dei volumi
ƒ Identificazione degli “organi di rispetto”
ƒ Scelta di modalità e tecnica di irradiazione
ƒ Scelta di dose totale e dose bersaglio e della modalità di
frazionamento
o Compiti del fisico specialista
ƒ Curve di isodose per i volumi
ƒ Aumento dose focolai e diminuzione dose negli organi a
rischio (OAR)
ƒ Esecuzione del trattamento
• Posizionamento ed immobilizzazione del paziente
• Controllo radiografico e verifica dei campi
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•
•
•
•
•
•
191 Modalità moderne di teleradioterapia
o 3D-CRT (conformazionale)
ƒ Identificazione dei volumi con studio TC: il fascio è plasmato in relazione al volume
di interesse (istogrammi dose-volume)
ƒ Possibile grazie al collimatore multilamellare)
o IMRT (RT a modulazione di intensità)
ƒ Fasci di radiazione non uniformi ad intensità differenti
ƒ Conformazione ottimale con risparmio di tessuti sani
o IGRT (RT guidata da immagini)
ƒ Visualizzazione anatomica subito prima della somministrazione della dose
ƒ Localizzazione precisa target-volume
o Tomoterapia: si basa sull’utilizzo di un acceleratore che emette radiazioni ruotando attorno
al paziente con contemporanea acquisizione TC
IGRT 4D: valuta modifiche del volume in relazione a variazioni costituzionali e movimenti
fisiologici
Radiochirurgia:
o Irradiazione in singola dose
o Aumento di intensità con fissazione stereotassica cruenta
RT stereotassica
o Fissazione stereotassica non cruenta
o Dosi frazionate
IORT (intraoperatoria)
Adroterapia: fasci di protoni/neutroni/ioni C
o Ottimale distribuzione
o Aumento degli effetti biologici
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CAP. 3: RADIOPROTEZIONE (Prof. Schillirò)
Par. I: Caratteristiche generali
Generalità sulla radioprotezione
La radioprotezione è la disciplina che regola l’esposizione alle radiazioni per lavoratori e pazienti:
• Normativa
o DPR 125/64: radioprotezione del lavoratore
o DLgs 230/95: radioprotezione del lavoratore e del paziente
o DLgs 187/2000: radioprotezione del paziente (esposizione medica)
o DLgs 241/2000 e 247/2001: radioprotezione nel lavoratore
• Tipi di esposizione
o Occupazionale: richiede controlli periodici (3 mesi) e radioprotezione
ƒ Rischi occupazionali
• Da irraggiamento
o Esterno: RX/TC o RT
o Interno: MN
• Da contaminazione con sostante radioattivee
o Esterna: su cute e mucose
o Interna: in circolo
ƒ Figure implicate
• Datore di lavoro e dirigenti (provvedono) e preposti (vigilano)
• Esperto qualificato (un fisico): arto. 61 DLgs 230/95: prima dell’attività
deve essere acquisita una relazione scritta con valutazione ed indicazioni
scritte
• Medico addetto alla sorveglianza (qualificato)
ƒ Obblighi del datore di lavoro (DLgs 241/2000)
• Informare i lavoratori su:
o Rischi specifici
o Norme di radioprotezione
o Conseguenze dell’inosservanza delle norme
o Modalità di esecuzione del lavoro e norme interne
• Provvedere ad:
o Indicare fonti di radiazioni ionizzanti
o Effettuare dosimetria dei lavoratori
ƒ Dosimetro (irraggiamento globale)
ƒ Dosimetro parziale (braccialetto)
ƒ Presidi di radioprotezione
• Fisici (barriere)
• Mobili (schermature)
• Indumenti (grembiuli, guanti)
ƒ Classificazione di aree e lavoratori (effettuate da un esperto qualificato di
radioprotezione)
• Aree (DLgs 241/2000)
o Zona controllata: esposizione globale possibile > 6 mSv/anno
o Zona sorvegliata: esposizione 1-6 mSv/anno
o NB: le aree devono essere individuate, segnalate, delimitate,
classificate e ad accesso controllato
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•
o
193 Lavoratori
o Esposizione
ƒ Non esposti: < 1 mSv
ƒ Esposti
• Categoria A: dose efficace di 6-20 mSv/anno:
radiointerventisti, ortopedici, medici di MN
• Categoria B: dose efficace di 1-6 mSv/anno
o Rischio lavoratori massimo < 10-4
ƒ Esperti di radioprotezione
• Tecnico di radiologia/infermiere professionale (delegati dallo specialista)
• Responsabile di apparecchiature (specialista in radiodiagnostica,
radioterapia o MN)
ƒ Controlli di qualità: eseguitidal fisico specialista in fisica medica
Medica: diagnosi (o screening) e terapia
ƒ Responsabilità dell’esposizione
• Prescriventi: tutti i medici ed odonotiatri
• Utilizzatori di radiazioni ionizzanti
o Specialista in radiodiagnostica: esame + referto
o Attività complementari: specialisti che utilizzano radiazioni
ionizzanti per fini inerenti alla branca, non possono refertare
ƒ Principi di radioprotezione
• Principio di giustificazione (relazione costo/benefici clinici)
o Giustificazione globale: in base al sospetto di patologia (come si
trova meglio quello che si cerca?)
o Giustificazione individuale: esposizione in base alle circostanze del
paziente e dell’ambiente
o NB: coinvolge sia il prescrivente che il radiologo
• Principio di ottimizzazione: criterio ALARA (aslow as reasonably
achievable): la dose deve essere la minore ragionevolmente possibile
ƒ Dosimetria (ICRP: international commission on radioprotection)
• 1 Sv= 1 J/1 Kg
o 1 mSv: rischio per lavoratori
o 1 Gray: rischio per pazienti
• Dose equivalente: peso ponderale delle radiazioni (dose assorbita x fattore
ponderale) > effetti biologici (dose/peso)
• Dose efficace: somma ponderata delle dose equivalenti sui vari organi e
tessuti in relazione alla loro radiosensibilità
ƒ Livelli diagnostici di riferimento (DLgs 187/2000): livelli massimi di accettabilità di
dose erogata da apparecchiature radiologiche in un determinato esame
ƒ Protezionistica ambientale
• Pazienti volontari (screening o studi): consenso informato
• Medici (del lavoro, legali, etc.)
• Familiari che assistono
o < 60 anni: massimo 3 mSv
o > 60 anni: massimo 10 mSv
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CAP. 4: RADIOLOGIA INTERVENTISTA
Par. I: Caratteristiche generali
Introduzione
È la branca della radiologia che utilizza tecniche, diagnostiche o terapeutiche, ad approccio percutaneo;
generalmente si basa su di un problem solving con risparmio di procedure chirurgiche (ottimizzazione
rapporto costi/benefici):
• Vantaggi
o Diminuzione delle complicanze di chirurgia, del dolore e del tempo di ricovero
o Assenza di anestesia generale
o Pochi punti di sutura
• Tecniche e materiali
o Macchine guida
ƒ Tavolo angiografico (RX)
ƒ RX/TC
ƒ US
ƒ RM
o Via d’accesso sempre percutanea
ƒ Vascolare: arteriosa o venosa
ƒ Extravascolare
o Materiali
ƒ Aghi (in Gauge: G)
• Puntura vascolare
• Da biopsia
ƒ Guida: consentono l’introduzione di strumenti con minimi traumatismi
• Normali-stiff (rigidità)
• Diritti- “J” (punta)
• Idrofiliche o meno (teflon)
ƒ Stent: dispositivi tubulari metallici impiegati al fine di mantenere pervia una
struttura
• Autoespandibili-premontati
• Nudi-ricoperti
ƒ Cateteri (in French > 3F = 1 mm)
• Vascolari diagnostici o terapeutici
• Guide
• Microcateteri
• Di drenaggio
ƒ Materiali embolizzanti
• Riassorbibili
o 48-72 ore-1 settimana
o Collagene o fibrina
• Non riassorbibili
o Spirali metalliche
o Colle acriliche
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Radiologia interventistica angiografica
• Patologie arteriose
o Patologia aneurismatica: endoprotesi (dall’arteria femorale)
ƒ Aorta toracica: solo forme Stanford B, in pazienti > 65 anni in cui è controindicata
la chirurgia
ƒ Aorta addominale: aneurismi sottorenali con coinvolgimento degli assi iliaci
o Patologia steno-ostruttiva arteriosa
ƒ Tipologia
• Angioplastica
• Stenting
ƒ Sedi
• Distretto aorto-iliaco
o Stenosi infarenali isolate < 3 cm
o Stenosi dell’iliaca comune mono- o bilaterale
• Distretto femoro-popliteo
• Arterie della gamba: terapia di “salvataggio d’arto”
• Carotidi: PTA + stent con filtri di protezione cerebrali
• Coronarie
• Arterie renali
o Giovani con ipertensione nefrovascolare
o Stenosi del terzo prossimale e medio
o Fibrodisplasia
o Trombolisi locoregionale: ha un basso rischio sistemico di emorragie
o Infusione selettiva di farmaci
• Patologia venosa:
o Patologia stenosante
ƒ Cause
• Trombosi da catetere
• Compressione ab estrinseco
ƒ PTA + stent (cura temporanea)
o Trombolisi locoregionale
ƒ TVP post-partum o chirurgica
o Filtri cavali: si posizionano a livello cavale sottorenale, per via giugulare o femorale
ƒ TVP cronica con pregressa TEP
ƒ Trombi flottanti e controindicazione ad anticoagulanti
ƒ Prevenzione chirurgica in presenza di FR
o Ipertensione portale
ƒ Post-epatica: PTA
ƒ Epatica: TIPSS (shunt porto-sistemico transgiugulare intraepatico): si crea una
comunicazione diretta tra una vena sovraepatica e la porta attraverso uno stent
posizionato nel parenchima epatico
ƒ Pre-epatica: trombolisi con accesso portale transepatico percutaneo
o Varicocele: raggiungimento flebografico discendente ed iniezione di sostanze sclerosanti
• Malformazioni vascolari
o MAV: con agenti sclerosanti/colle/spirali metalliche + microparticelle > embolizzazione del
nidus
o Emangiomi: embolizzazione se
ƒ Giganti con piastrinopenia
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•
ƒ Sacciformi
Embolizzazione di patologie non vascolari
o Emorragie acute
ƒ Traumatiche: soprattutto in caso di shock
ƒ Non traumatiche: intestinale o bronchiale
o Chemioembolizzazione transarteriosa epatica: accesso femorale > raggiugimento dell’arteria
epatica > CT + lipiodol (mdc liposolubile) + embolizzazione dei rami afferenti
ƒ NB: al termine l’aria colpita è radiopaca e la terapia è solo palliativa
o Embolizzazione di altre lesioni
ƒ Fibromi uterini
ƒ Cisti aneurismatica
ƒ Aneurismi/pseudoaneurismi
o Embolizzazione parenchimale
ƒ Splenectomia medica: ipersplenismo
ƒ Nefrectomia medica: rene policistico
Radiologia interventistica extravascolare
• Utilizzi
o Diagnosi: biopsia (eco- o TC-guidata)
o Terapia
ƒ Drenaggi percutanei: derivazioni esterne
ƒ Stents: derivazioni interne
• Biliari
• Tracheali
• Esofagei-intestinali
ƒ Ablazioni percutanee
• RF
• Radiazioni
• Crioablazione
• Alcolizzazione
• HIFH
• Indicazioni
o Vie biliari
ƒ Ittero colestatico: PTC
• Quando
o Ostruzione all’ilo epatico
o Dopo fallimento di CPRE
• Tecnica: puntura di un ramo biliare transepatico > iniezione del mdc e
visualizzazione della stenosi
o Drenaggio esterno: stenosi invalicabile
o Drenaggio interno: il catetere arriva in duodeno, superando
l’ostruzione
ƒ Colecistotomia: drenaggio transepatico-colecistico in attesa di colecistectomia, per
detendere e svuotare l’organo
o Vie urinarie
ƒ Nefrostomia: drenaggio percutaneo delle vie urinarie (su calice renale)
• Risoluzione ostruzione
• Decompressione
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o
o
o
o
• Possibile uteroplastica: stent in uretere
ƒ Calcolosi
• Calcoli > 2,5 cm o a stampo
• Sede pelvica o uretere posteriore
Genitale femminile: disostruzione tube
Tubo digerente
ƒ Stenosi esofagea: stenting in endoscopia
ƒ Gastrotomia percutanea
ƒ Stenosi del colon: stenting in endoscopia
Drenaggi di raccolte ed ascessi: posizionamento di tubi o drenaggio eco- o TC-guidati
Ablazioni percutanee
ƒ Ablazioni con radiofrequenze:
• Tecnica: ago infisso nella lesione con guida ecografica o TC > rilascio RF >
aumento della temperatura > area necrotica
• Indicazioni
o Lesioni < 5 cm senza vasi vicini (HCC e metastasi epatiche,
carcinomi di reni e polmoni, osteoma osteoide)
ƒ Crioablazione (con He)
ƒ Alcolizzazione (PEI): necrosi colliquativa > blush iperecogeno
ƒ Con US: HIFH: high intensity focused ultrasound: mappatura con RM + US
focalizzati
• Fibroma uterino
• Osteomi osteoidi
• Metastasi ossee
• Tumori renali
Raffaele Vanacore
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