recalcati - l`ora di lezione da Repubblica.docx

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“ L'ora di lezione “ di Massimo Recalcati (Einaudi, pagg. 162, euro 14)
Quello strano erotismo del sapere che lega il maestro all'allievo –
di Simonetta Fiori – Repubblica – 2 – 9- 2014
"Da bambino ero considerato un idiota, uno lento E ora mi rimproverano di andare troppo veloce"
La tesi è che l'alunno sviluppi un vero transfert verso il docente. Come accade nella psicoanalisi
«ALLORA è giusto quello che ho sentito dire di te», gli disse una volta un vecchio professore di
filosofia al termine di una conferenza. «Potresti spiegare Lacan anche ai sassi!». Sì, è vero, pensò
allora Massimo Recalcati, mi piace ripetere, sminuzzare, ridurre fino all'osso. Pensieri lungamente
corteggiati e fatti danzare dalla psicoanalisi alla letteratura, dalla dimensione più intima a quella
pubblica, sciogliendo la noia dei tecnicismi nel vortice della vita. Un rituale che si ripresenta
integro nei libri e negli articoli dello studioso. Ma dietro questa pervicace ostinazione si nasconde
un piccolo segreto, racchiuso in una nota a pie' di pagina del nuovo saggio L'ora di lezione. Per
un'erotica dell'insegnamento.
«Ero stato un bambino considerato idiota. Fui bocciato in seconda elementare perché giudicato
incapace di apprendere. Quando cerco di insegnare qualcosa, è a lui che mi rivolgo».
Una "vite storta", così era considerato Recalcati, «andavo lento e ora mi rimproverano di andare fin
troppo veloce». Una vite che della stortura fa oggi un vanto, perché progredire nella conoscenza
non significa raddrizzarsi piuttosto capire quale sia la strada. Inseguire la stella filante del desiderio
e nutrirsi del suo riflesso di luce. Ma nel cielo perturbato dell'adolescenza quella stella qualcuno
deve pur accenderla. È questo il destino del maestro. Ed è questo il cuore pulsante di un libro
originale e bellissimo, che sin dalla titolazione include una parola inedita per la didattica. La parola
"erotismo". «Non esiste insegnamento senza amore. Ogni maestro che sia degno di questo nome sa
muovere l'amore, è profondamente erotico, è in grado di generare quel trasporto che in psicoanalisi
chiamiamo transfert». La scuola come "sentinella dell'erotismo del sapere", della possibilità del
risveglio. Il luogo che ti conduce altrove, «di fronte al nuovo, all'inaudito, all'imprevisto ». L'urto
che ti costringe a pensare.
Un miracolo che può compiersi solo se non c'è sudditanza. Non vi può essere, insiste Recalcati. Ed
è questo l'errore in cui precipita l'attuale scuola delle competenze, quella dell'efficienza e della
prestazione, che riduce l'apprendimento a plagio, alla pura ripetizione, al calco acritico di un sapere
costituito. La metafora dell'amore, spiega lo studioso, consiste nel trasformare chi ascolta in
soggetto attivo, da "eromenos" in "erastes", dallo statuto inerte dell'amato a quello partecipe
dell'amante, di colui che cerca. In questo non c'è differenza tra professore e psicoanalista, «che non
domanda nulla al paziente se non che diventi un analizzante». All'origine è il gesto scandaloso di
Socrate nella scena di apertura del Simposio. Agatone lo vuole vicino a sé per essere "riempito"
della sua sapienza, ma il maestro rifiuta il ruolo. Senza ricerca non ci può essere conoscenza. Il
sapere si alimenta di vuoti, non di pieni. «E il sapere del maestro non è mai ciò che colma la
mancanza quanto ciò che la preserva». Questo in sostanza dice il gesto spiazzante di Socrate. Ed è
anche il gesto dirompente di Emilio Vedova, che per liberare gli allievi sporca la tela con un colpo
di spazzolone: perché il bianco non è mai un vuoto, ma un carico fin troppo ingombrante di storia e
tradizione. Gesti dimenticati, quelli di Socrate e di Vedova. Liquidati come vecchi attrezzi
antieconomici, sia a scuola che all'università.
Ecco perché bisogna ripartire dall'ora di lezione. Solo l'incontro misterioso tra allievi e maestri può
salvare un'istituzione che rischia il naufragio. Niente può sostituirlo: né computer né slide né pillole
tecnologiche. Recalcati non ignora il carico di paradossi che grava sull'insegnante, figura sociale
mortificata eppure oggi più che mai investita di attese e responsabilità. Se nella scuola che definisce
"Edipo" — quella antica fondata sull'autorità del padre, gerarchica, assai temuta — era integro il
patto tra genitori e insegnanti, nell'attuale scuola "Narciso" quel patto s'è frantumato, travolto da
una nuova mortifera alleanza tra genitori e figli. Un'alleanza fondata sull'abolizione di ostacoli e
limiti, sul "perché no?", su una coincidenza di narcisismi paterni e filiari che non contempla
frustrazioni e ancor meno fallimenti. È questa la solitudine dell'insegnante, «costretto a supplire a
famiglie inesistenti o angosciate». Ed è anche la solitudine in cui versa la scuola che, se prima
incarnava l'istituzione sorvegliante e punitiva, oggi si trova a essere l'unico baluardo di resistenza
«all'iperedonismo acefalo», dunque uno strumento di liberazione piuttosto che di intruppamento
ideologico. È un'isola di anticonformismo, ripete giustamente Recalcati, la sola che ponga dei limiti
famiglie inesistenti o angosciate». Ed è anche la solitudine in cui versa la scuola che, se prima
incarnava l'istituzione sorvegliante e punitiva, oggi si trova a essere l'unico baluardo di resistenza
«all'iperedonismo acefalo», dunque uno strumento di liberazione piuttosto che di intruppamento
ideologico. È un'isola di anticonformismo, ripete giustamente Recalcati, la sola che ponga dei limiti
al godimento immediato. La legge della parola contro l'indisciplina del consumo sfrenato: di oggetti
tecnologici, di alcol, di fumo, di droghe. E senza legge non c'è neppure desiderio.
Ma come si fa a conciliare norma ed Eros? Come si trasforma un libro in corpo erotico, cosa che
permetterà all'allievo di «tradurre ogni corpo che incontra in un libro da leggere»? Qui l'autore non
può che evocare gli insegnanti della sua vita. La maestra delle elementari che lo sottrasse dalla
"malinconia ebete" del bambino negletto. L'incontro folgorante nel secondo anno dell'istituto
agrario, nella periferia povera di Quarto Oggiaro: fu Giulia Terzaghi a rappresentare il taglio, "la
ripartenza", «non sarei più stato l'idiota della famiglia, lo studente storto che gettava i suoi genitori
nell'angoscia». E poi i maestri dell'età adulta, nella facoltà di Filosofia di Milano: Mario dal Pra e
Riccardo Massa, Carlo Sini e Franco Fergnani, con lui «Heidegger e Sartre diventavano
incredibilmente vivi, pulsanti, straripavano dalle loro cornici stabilite per entrarci dentro».
Ogni lettore penserà ai suoi, di maestri, a quelli che hanno acceso le stelle filanti del desiderio. Ne
ricorderà la voce, quel particolare timbro, le inflessioni, la particolarità. Perché è vero quel che
scrive Recalcati, dei professori si può dimenticare la faccia o il nome ma non la voce. La voce che è
corpo, «espressione materiale e spirituale del desiderio di insegnare ». Il desiderio di insegnare,
ecco il filo comune. La voce lucida di Severino e quella metallica di Foucault. Il balbettio
appassionato di Stoner quando si libera di una filologia morta. La voce del professore di Philip Roth
che urla il suo trasporto per il sapere: «Per me non c'è nient'altro nella vita che valga l'ora di lezione
». Una voce che ci portiamo dentro anche inconsapevolmente, ed è per questo che è difficile
accettarne la scomparsa. La notizia ti può cogliere di sorpresa, anche a distanza di anni. I maestri
sono per sempre, in ciò che sei diventato, in quello che leggi e impari ogni giorno. «Sei una
presenza che insiste a vivere in me», scrive Recalcati in una lettera d'amore alla professoressa
Giulia. «Impossibile continuare senza di te, ma impossibile non continuare senza di te». Parole di
Beckett che resistono. Il potente enigma dell'ora di lezione.
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