Marta Carnovali, 5se, Liceo Virgilio Mail: [email protected] Docente di scienze sociali: Prof.ssa Filoni SONO CIO’ CHE HO Il disagio dell’uomo moderno nella società dei consumi. La società moderna è una società dominata dal denaro, vuota, intrappolata nel suo affanno e nel dolore nascosto dietro ad un benessere illusorio. Questa dimensione svaluta la persona e non ne riconosce i fondamentali bisogni esistenziali. Si passa così da quella che Fromm chiama “la società dell’essere alla società dell’avere”, in cui le potenzialità umane sono sottovalutate e i bisogni vengono socialmente indotti dal mercato. Le persone non sono più protagoniste della loro vita, ma “vittime” solitarie e spaesate poiché vivono nella “società liquida” presentata da Bauman in “Vite di corsa”. In questa società i rapporti si disgregano, non vi sono più contatti e anche il tempo diviene puntillistico, frammentato in particelle separate, in cui tutto è affidato alla pura e semplice esperienza del momento. Negli ultimi decenni l’economia mondiale ha cambiato volto e, come sostiene Giddens nel suo saggio “Consequence of modernity”, si è passati ad una fase chiamata tarda modernità dove le forze sociali hanno portato ad uno svincolamento dalla realtà sociale nel tempo e nello spazio. L’affanno spesso è una condizione permanente dell’uomo moderno, troppo occupato a soddisfare bisogni illusori che lo allontanano dai veri valori. La necessità del’uomo di non stare solo viene svalutata dal sistema capitalistico attuale in cui l’oggetto d’amore non è più l’Altro, ma l’oggetto di consumo stesso. I legami devono essere ricercati nell’Altro, come nei figli e nella preghiera intesa non solo in senso religioso, ma in una dimensione simbolica di ricongiungimento con il proprio Io, come viene efficacemente espresso da Massimo Recalcati in “Cosa resta del padre”. La preghiera diviene un efficace strumento di trasmissione di valori e di sapere. Nella società ipermoderna il denaro perde l’antico valore originario e si svuota di significato. Secondo Marcel Mauss, la base della vita sociale si fonda su un triplice obbligo: dare, ricevere e ricambiare. Il denaro, oggi, ha perso il valore simbolico che svolgeva nei riti quali il Potlac e il Kula descritti da Malinowski, diventando puro strumento di consumo. Nel capitalismo lo scopo della produzione non si limita a fornire beni e servizi, ma ad aumentare la quantità di denaro per ricavare un profitto e accumulare capitale. Questa ottica crea povertà che non è data solo dalla disparità di reddito, ma anche dalla disuguaglianza di opportunità, di possibilità di scelta, di libertà individuale. Bisogna quindi ricercare quella moralità che l’uomo moderno, assimilabile all’homo oeconomicus distaccato e razionale presentato dalla scuola classica, ha perduto. Questa moralità è riscontrabile nella filosofia di Benedetto Croce che, pur riprendendo le tesi di Marx, sostiene la fondamentale importanza di valori come il bello e il vero. Questi valori, inseriti nella nostra società, possono portare ad un’economia in cui il denaro genera ricchezza senza tuttavia creare forti disuguaglianze. Inoltre la piramide dei valori di Maslow ci propone autorealizzazione, appartenenza e sicurezza come principi necessari al benessere individuale e collettivo. Così io credo che sia necessario ricercare quell’unità che la società dei consumi tende a smaterializzare. Camus sostiene :”La bellezza senza dubbio non fa le rivoluzioni, ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza”. E’ per questo che la società contemporanea necessità di bellezza, di dialogo, di unità per rigenerarsi fermando il proprio affanno e dando all’individuo la possibilità di scegliere realmente. Bibliografia: Zygmunt Bauman , Vite di corsa, Il Mulino, Bologna 2008. Massimo Recalcati, Cosa resta del padre, Cortina Raffaello, 2011. Abbagnano, Fornero, Fare filosofia. Autori,tomo 3, Paravia, 2001. Marvin Harris, Lineamenti di antropologia culturale, Zanichelli, 2009.