INTRODUZIONE La conoscenza delle affezioni oculari ad eziologia batterica del Bufalo Mediterraneo assume una notevole importanza nella tutela della sanità animale e dell’uomo, in quanto i microrganismi che si rendono responsabili di queste patologie possono provocare alterazioni del latte e della carne nell’animale affetto e, al tempo stesso, essere potenzialmente trasmessi agli uomini che sono a diretto contatto coi bufali (Sachindra et al., 2005; Han et al., 2007; Anderson et al., 2008). Questi animali, inoltre, assumono un ruolo di potenziali vettori di disseminazione di batteri resistenti ai farmaci antimicrobici (Oliveira et al., 2009). Benché il Bufalo Mediterraneo rappresenti una specie di animale domestico di estrema importanza nell’economia di alcune regioni in Italia, a nostra conoscenza non esistono, ad oggi, lavori che descrivino le caratteristiche anatomiche dell’occhio di questi animali e/o l’incidenza e le caratteristiche delle affezioni oculari che lo contraddistinguono. La superficie esterna dell’occhio del bufalo, per la sua conformazione, risulta essere particolarmente esposta all’azione irritante e traumatica di numerosi fattori esterni come corpi vegetali, granelli di sabbia, piccole pietre che possono colpire l’occhio. Alcuni danni, anche molto seri, possono essere causati accidentalmente da alcune sostanze chimiche particolarmente irritanti, usate nella clinica per la loro azione rubefacente. Qualunque fattore traumatico, anche minimo, che agisca sull’occhio, può accrescere la virulenza dei 1 microrganismi che normalmente sono presenti sulla superficie della congiuntiva del bufalo. Da quanto detto, si desume l’importanza di intraprendere un trattamento farmacologico immediato, in seguito ad una lesione oculare esterna, prima ancora di avere i risultati colturali e l’antibiogramma. A tale scopo è indispensabile conoscere la flora microbica normalmente presente sulla congiuntiva e sulla cornea del bufalo, per impiegare farmaci attivi sui batteri e/o miceti potenzialmente patogeni, che possono rendersi responsabili della infezione sul focolaio traumatico. È giusto sottolineare, per l’abitudine del proprietario e/o del personale di iniziare una terapia in modo empirico, che le prime cure, se non mirate, possono aggravare la situazione. Dai vari studi effettuati da diversi autori sul bovino, è risultato che la normale flora congiuntivale varia in dipendenza sia della diversa area geografica presa in considerazione che delle diverse stagioni in cui sono stati effettuati i prelievi. Lo Streptococcus sp. è risultato il microrganismo più comune isolato da bovini in buone condizioni di salute in Turchia (Okumus, 2005); lo Staphylococcus sp. risulta il microrganismo di maggiore isolamento in bovini sani in USA (Hare, 2008); In Iran invece il microrganismo più frequentemente rilevato nei bovini sani è risultato essere il Bacillus sp. (Kojouri, 2007). In uno studio effettuato invece su bisonti sani negli USA il microrganismo più frequentemente rilevato è stato il Bacillus sp. (Davidson, 1999). Studi analoghi sono stati realizzati, prevalentemente nel continente americano, nel bovino, per la ricerca 2 Organi di senso. In L’ esame clinico del bovino 2^ edizione. Editrice Essegivi Piacenza, 1979: 471482. Samuelson DA, Andresen TL, Gwin RM: Conjunctival fungal flora in horses, cattle, dogs and cats. J Am Vet Med Assoc 184: 1240-1242, 1984 Sgorbini M, Barsotti G, Nardoni S, Brombin M, Sbrana A, Mancianti F, Corazza M: Seasonal prevalence of fungi in the conjunctival fornix of healthy cows during a 2-year study. Veterinary Ophthalmology (2010) 13, 4, 227-234. 102 dei miceti. I miceti più comunemente isolati sono risultati: Cladosporidium spp., Pennicillum spp., Aspergillus spp., Alternaria spp., Rhizopus spp., Mucor spp.. Da quanto esposto può apparire utile, nella scelta della terapia di approccio ad una lesione oculare esterna del bufalo, la conoscenza della flora microbica di più frequente isolamento in una specifica area geografica. Dopo un’accurata disamina degli studi riportati in letteratura relativi ai germi più frequentemente isolati dal sacco congiuntivale di bovini e bisonti sani, nonché degli aspetti più comunemente evidenziati all’esame citologico di scarificati congiuntivo – corneali in condizioni di normalità, e dopo aver notato la totale assenza di lavori di tal genere effettuati su bufali sani, abbiamo riportato i risultati di uno studio preliminare, realizzato su 60 soggetti. Per ciascun soggetto è stato realizzato un tampone congiuntivale, da sottoporre ad esame colturale ed eventuale antibiogramma ed una scarificato congiuntivo – corneale da sottoporre ad esame citologico. Riteniamo che i risultati di questo studio preliminare potranno essere utili nella scelta della terapia di approccio ad una lesione oculare esterna del bufalo, consentendo di conoscere la flora microbica di più frequente isolamento in un campione di soggetti esaminati provenienti dalla regione Campania. Il nostro studio, inoltre, prendendo spunto da alcuni lavori realizzati su bovini sani in Egitto (ElMaghraby, 1994) ed in Gran Bretagna (Potter, 2008) ha effettuato una valutazione ecografica dei globi oculari di bufali sani allo scopo di valutarne la 3 biometria e le caratteristiche intraoculari. Il materiale oggetto dello studio è stato ottenuto da 12 soggetti, di sesso ed età variabile, provenienti dalla regione Campania. A ciascun soggetto dello studio sono stati enucleati gli occhi, dopo la macellazione ed in poche ore è stato effettuato l’esame ecografico del globo oculare attraverso una tecnica ad immersione in sodio cloruro 0,9%. Riteniamo che i risultati di questo studio preliminare, unico ad oggi per questa specie, similmente a quanto dimostrato in altre specie animali, possano essere di grande importanza per la diagnosi di numerose anomalie oculari. Lippincott Williams & Wilkins, Philadelphia, 9971052, 1999. Kealy JK, McAllister H: Occhio. In Radiologia & ecografia diagnostiche del cane e del gatto. Masson, 416-418, 2006. Kojouri GA, Ebrahimi A, Nikookhan F: Systemic Dexamethasone and its Effect on Normal Aerobic Bacterial Flora oh Cows. Pakista Journal of Biological Sciences 10 (12): 2095-2097, 2007. Misk NA, Semieka MA, Fathy A: Heteochromia iridis in water buffaloes (Bubalus bubalis). Veterinary Ophthalmology (1998) 1, 195201. Okumus Z, Kirecci E, Ki sa F, Kaya M: Screening Conjunctival Bacterial Flora and Antibiogram Tests in Cattle. Journal of Animal and Veterinary Advances 4 (10): 845-847, 2005. Pelagalli GV, Botte V: L’organo della vista. In Anatomia Veterinaria stistematica e comparata 3^ edizione, Vol. 2. Ediermes, 301-318, 1999. Potter TJ, Hallowell GD, Bowen IM: Ultrasonographic anatomy oh the bovine eye. Veterinary Radiology & Ultrasound, Vol. 49, No. 2, 2008, pp. 172-175. Rosenberger G: 4 101 Cap. 1 BIBLIOGRAFIA CENNI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL GLOBO OCULARE DEL BOVINO Bauer J, Spiess BM, Lutzh: Exfoliative cytology of conjunctiva and cornea in domestic animals: a comparison of four collecting techniques. Vet Comp Ophtalmol 6: 181-186, 1996. Davidson HJ, Vestweber JG, Brightman AH, Van Slyke TH, Cox LK, Chengappa MM: Ophtalmic examination and conjunctival bacteriologic culture results from a herd of North American bison. J Am Vet Med Assoc 1999, 215:1142-1144 Diesem C: Gross anatomic structure of equine and bovine orbit and its contents. Am J vet Res 1968, 29:1769-1781 El-Maghraby HM, Nyland TG, Bellhorn RW: Ultrasonographic and Biometric evaluation of sheep and cattle eyes. Veterinary Radiology & Ultrasound, Vol. 36, No, 2, 1995, pp 148-151. Getty R: Organi di senso e comume tegumento dei Ruminanti. In Anatomia degli animali domestici. Piccin Editore, 1235-1258, 1982 Glaze MB, Gelatt KN: Feline ophthalmology. Ophthalmology 3rd edition 100 In (ed Veterinary Gelatt KN), 1.1 L’ORBITA Il globo oculare è situato in una regione denominata orbita. L’orbita dei bovini è delimitata da tessuto osseo ed ha una copertura ossea più completa rispetto a quella di altri mammiferi,come ad esempio il cavallo. L’orbita ha un diametro di circa 62-64 mm ed un’altezza di 70-75 mm. Nel bovino la distanza tra le orbite è di circa 160 mm (Martin, 1915), mentre la sua profondità è di circa 100 mm. L’occhio protrude oltre il margine dell’orbita e, probabilmente con l’ausilio dei movimenti oculari, il bovino raggiunge un campo visivo che si avvicina a un circolo completo di 360° (Prince et al., 1960). La partecipazione delle diverse ossa alla formazione dell’orbita è peculiare nei ruminanti, essendo più esteso l’osso frontale; questo osso dà sostegno alle corna e forma la faccia dorsale del cranio, dal margine rostrale delle orbite alla cresta nucale. Altra caratteristica dell’orbita del bovino è costituita dal fatto che la bolla lacrimale si proietta nella parte rostroventrale del pavimento orbitale. La bolla contiene un diverticolo del seno mascellare. La copertura ossea dovuta all’osso lacrimale è 5 piuttosto sottile, ma forma un setto fra il seno mascellare e l’orbita. L’osso frontale costituisce la volta dell’orbita e si estende ventralmente sulla sua parete mediale. Approssimativamente a metà distanza fra il margine rostrale e quello caudale dell’osso frontale se ne distacca il processo zigomatico che forma una eminenza dorsale ed una laterale; il processo zigomatico si articola con il processo frontale dell’osso zigomatico, costituendo il margine laterale dell’orbita. Medialmente alla base del processo è visibile il foro sopraorbitale; corrispondente all’orifizio esterno del canale sopraorbitale che inizia entro l’orbita e prosegue fino alla superficie dorsale del cranio. Sulla faccia orbitale dell’osso frontale si trova anche il foro (o i fori) etmoidale. L’osso frontale forma il margine sopraorbitale che costituisce almeno un terzo del margine orbitale. Sulla superficie orbitale l’osso frontale presenta una fovea trochlearis (fossetta trocleare) in cui si adatta la cartilagine trocleare, intorno alla quale passa il tendine del muscolo obliquo dorsale prima di inserirsi sulla superficie dorsale del bulbo. L’osso lacrimale forma i margini rostrale e dorsale dell’orbita; in questo osso si ravvisano anche una faccia orbitale e una facciale. Nel bovino il lacrimale è più grande che negli altri animali domestici giacché presenta una propaggine caudoventrale che prende rapporto con lo zigomatico, il palatino e la mascella, includendo il diverticolo caudale del seno mascellare e formando la bolla lacrimale. Dalla superficie rostrale dell’orbita prendono origine il foro lacrimale e la 6 1% 1% 5% 7% 2% Staphylococcus lentus 32% Staphylococcus capitis Staphylococcus xylosus Staphylococcus hyicus Enterococcus faecium Streptococcus uberis Globicatella sanguinis Aerococcus viridans Enterococcus durans 34% Micrococcus spp 9% 8% 1% Grafico 2: Incidenza dei batteri Gram+ 31% 39% Clostr. Acetobutylicum Clost. Beijerinckii/butylicum Vellonella spp B. ureolyticum 15% 15% Grafico 3: Incidenza dei batteri Anaerobi 99 59 E. coli, Staph. lentus, Enterococcus faecium alcune cellule sfaldamento 60 Staph. lentus, Enterococcus faecium detriti e cellule di sfaldamento Tabella 1: esaminati schema 2% 7% riassuntivo dei di soggetti 2% 2% 3% 2% E.coli Enterobacter cloacae Enterobacter sakazakii Pantoea spp 4 Citrobacter baumanii Citrob. koseri/amalanaticus Serratia odorigera Raoutella ornithinolytica 17% 65% Grafico 1: Incidenza dei batteri Gram- 98 fossa per il sacco lacrimale, situati medialmente al margine orbitale. Il foro lacrimale si apre nella fossa lacrimale e attraverso di esso passa il condotto naso lacrimale. Ove prende origine il muscolo obliquo ventrale si può riscontrare, sulla faccia orbitale di quest’osso, un’altra fossetta. L’arcata zigomatica del bovino è leggermente modificata in conseguenza della notevole estensione del processo frontale dell’osso zigomatico, formando insieme al processo zigomatico dell’osso frontale il margine laterale dell’orbita. Lo zigomatico forma il margine sotto orbitale e una porzione del margine caudale dell’orbita. La porzione perpendicolare dell’osso palatino costituisce una notevole porzione della parete ventromediale dell’orbita. Questo osso è provvisto di una estesa incisura (incisura sfonopalatina) che, insieme alla mascella forma il foro palatino caudale, in prossimità della giunzione della lamina perpendicolare con la lamina orizzontale di questo osso. Il foro mascellare si trova anch’esso nella stessa area, ma è compreso nella mascella. La mascella è collocata tra l’osso palatino e lo zigomatico e, insieme all’osso lacrimale, concorre alla formazione della parete rostro ventrale dell’orbita e costituisce l’ingresso caudale del canale sotto orbitale. Nel bovino l’osso temporale non concorre alla formazione dell’orbita, a meno che non si consideri il processo zigomatico della squama del temporale come una protezione del contenuto orbitale. Questo processo costituisce la parte caudale dell’arcata 7 zigomatica, ma, in effetti, non prende contatto con le strutture dell’orbita. L’osso presfenoide forma la porzione caudomediale dell’orbita. Contiene molti dei fori che assicurano il passaggio ai vasi sanguiferi ed ai nervi dell’orbita. L’ala dell’osso basisfenoide si articola con la lamina perpendicolare dell’osso palatino formando la parete ventromediale dell’orbita. 49 50 51 Enterobacter cloacae, Staph. lentus, Enterococcus faecium Enterobacter sakazakii, Staph. lentus, Strep. uberis Strep. uberis 52 53 E. coli, Enterococcus faecium 54 E. coli, Enterococcus faecium 55 Staph.xylosus, Strep. uberis 56 8 57 Serratia odorigera 58 Raoutella ornithinolytica, Staph. lentus, Enterococcus faecium 97 diversi granulociti neutrofili e cellule di sfaldamento presenza di numerosi granulociti neutrofili anche degenerati associati alla presenza di cellule di sfaldamento numerosi batteri e diversi neutrofili anche degenerati solo cellule di sfaldamento cellule epiteliali di sfaldamento non si evidenziano batteri diversi granulociti neutrofili e cellule epiteliali di sfaldamento fondo proteinaceo diverse cellule epiteliali di sfaldamento diversi granulociti neutrofili e linfociti e presenza di cocchi presenza di alcuni neutrofili e linfociti e cellule di sfaldamento cellule di sfaldamento e rari granulociti neutrofili presenza di batteri sul fondo e granulociti neutrofili degenerati 38 39 40 41 42 E. coli, Staph. Enterococcus faecium E. coli, Staph. Enterococcus faecium E. coli, Staph. Enterococcus faecium E. coli, Staph. Enterococcus faecium Staph. Enterococcus faecium lentus, lentus, lentus, lentus, lentus, 43 Strep. uberis 44 E. coli, Enterococcus faecium 45 Enterobacter cloacae, Enterococcus faecium, Staph.xylosus E. coli, Enterococcus faecium, Staph. capitis E. coli, Staph. lentus, Enterococcus faecium 46 47 48 materiale amorfo non cellulare Staph. lentus, Strep. uberis 96 presenza di muco e batteri sul fondo e granulociti neutrofili presenza di alcuni granulociti neutrofili diversi granulociti neutrofili degenerati e batteri sul fondo e nel citoplasma delle cellule epiteliali presenza di molti batteri e rari granulociti neutrofili presenza di batteri e cellule di sfaldamento alcuni granulociti neutrofili anche degenerati e presenza di batteri cellule basali e parabasali Fig. 1: Cranio di bovino. molti batteri sul fondo diversi granulociti neutrofili degenerati e cellule basali e parabasali diversi gran neutrofili degenerati con cellule basali e parabasali 9 1.2 PALPEBRE 27 Le palpebre sono sottili pliche muscolo-cutanee disposte innanzi al globo oculare costituendo un mezzo di protezione e detersione, in quanto provvedono con il loro movimento alla distribuzione del film lacrimale sulla cornea. I margini liberi delle palpebre si uniscono a formare il canto mediale ed il canto laterale. L’apertura delimitata dai margini liberi viene definita Fessura (o Apertura) Palpebrale, a cui i legamenti palpebrali mediale (di dimensioni maggiori) e laterale (di dimensioni inferiori), del muscolo orbicolare, impediscono di assumere forma circolare connettendo il canto mediale e laterale alla parete orbitale . Gli elementi costitutivi della Palpebra sono: La muscolatura: • Muscolo orbicolare, innervato dalla branca auricolo - palpebrale del nervo facciale (VII paio di nervi cranici), che consente i movimenti di apertura e chiusura delle palpebre. • Muscolo Malare, innervato dal nervo facciale, che abbassa la palpebra inferiore. • Muscolo elevatore della palpebra superiore, che alza la palpebra superiore, innervato dal nervo Oculomotore (III paio di nervi cranici). • Nota: non è presente il muscolo elevatore dell’angolo mediale dell’occhio. 10 E. coli, Globicatella sanguinis rari granulociti neutrofili 28 29 E. coli, Enterococcus faecium 30 Staph.xylosus 31 Staph. lentus 32 E. coli, Staph. Lentus, Enterococcus faecium 33 Staph. lentus, Strep. uberis 34 E. coli, Staph. lentus, Strep. uberis 35 36 37 rari granulociti neutrofili E. coli, Enterococcus faecium, Staph. capitis E. coli, Enterococcus faecium, Staph. capitis 95 poco materiale amorfo e alcuni granulociti neutrofili degenerati forte presenza di batteri e rari granulociti neutrofili batteri sul fondo alcuni granulociti neutrofili degenerati diversi granulociti neutrofili anche degenerati ed alcuni batteri nel citoplasma delle cellule di desquamazione pochi batteri sul fondo e materiale amorfo poco cellulare rari granulociti neutrofili e poche cellule di desquamazione granulociti neutrofili rari materiale amorfo scarsamente cellulare presenza di alcuni granulociti neutrofili degenerati Enterobacter sakazakii, Staph. capitis Enterococcus faecium Assenza di cellule infiammatorie E. coli, Enterococcus faecium, Staph. capitis Diversi granulociti neutrofili non degenerati Diversi granulociti neutrofili degenerati 22sn E. coli Diversi granulociti neutrofili degenerati 23dx E. coli, Enterococcus faecium, Staph. capitis E. coli, Enterococcus faecium, Staph. capitis E. coli Alcuni granulociti neutrofili E. coli, Staph. lentus, Aerococcus viridans Numerosi granulociti neutrofili 20sn 21dx 21sn 22dx 23sn 24dx 24sn 25dx 25sn E. coli, Staph. lentus 26 Enterobacter cloacae, Staph.Lentus, Enterococcus faecium 94 Diversi granulociti neutrofili non degenerati Numerosi granulociti neutrofili degenerati Molti granulociti neutrofili degenerati e non e diversi linfociti >10 x 20HPF (Flogosi) Molti gran neutrofili degenerati e non e diversi linfociti >10 x 20HPF (Flogosi) rari granulociti neutrofili e cellule di sfaldamento La componente ghiandolare • Ghiandole di Zeis: sebacee, sono in stretta relazione con le radici delle ciglia. • Ghiandole di Moll: sudoripare modificate, presentano struttura e localizzazione simile in tutte le specie domestiche ma la loro funzione resta ignota. Sono collocate nella stessa zona delle ghiandole di Zeis (associate alla radice delle ciglia). • Ghiandole di Meibomio (o Tarsali): poste lungo il margine palpebrale (in numero di 35 nella palpebra sup. e 25 in quella inferiore nel bovino), contribuiscono alla formazione della componente lipidica del film lacrimale. • Ghiandole caliciformi mucipare: a secrezione muco-proteica, con posizione intraparietale, disseminate soprattutto lungo il fornice congiuntivale. Rapporti con l’apparato lacrimale I punti lacrimali sono situati vicino all’angolo mediale dell’occhio, in prossimità della superficie posteriore delle palpebre ove prende origine la congiuntiva palpebrale. Tali orifizi drenano le lacrime nei canali lacrimali che convergono nel Dotto Naso-Lacrimale. La distribuzione del film lacrimale è assicurato dai movimenti palpebrali. Nel bovino questi orifizi non sono ben visibili come in altri animali. 11 I movimenti delle palpebre • Ammiccamento: spinge le lacrime verso il canto mediale dell’occhio, dove sono localizzati i punti lacrimali. Si verifica da 5 a 25 volte al minuto circa. • Riflessi: le palpebre sono coinvolte in due riflessi, palpebrale e corneale (trigemino – facciale) e nel riflesso di minaccia (ottico – facciale). 14dx Enterobacter cloacae, Staph. lentus Rari neutrofili non degenerati 14sn Enterobacter cloacae, Enterococcus faecium, Staph.xylosus E. coli, Staph. Lentus, Enterococcus faecium E. coli, Staph. Lentus, Enterococcus faecium Staph. Lentus, Strep. uberis Rari neutrofili non degenerati Enterobacter cloacae, Globicatella sanguinis, Staph.xylosus Enterococcus faecium, Staph. capitis E. coli, Staph. Lentus, Enterococcus faecium E. coli Diversi granulociti neutrofili degenerati 18sn Citrobacter baumanii, Staph. capitis Molti granulociti neutrofili degenerati 19dx Staph. capitis Presenza di linfociti e plasmacellule 19sn Pantoea spp Enterococcus faecium Staph. capitis 15dx 15sn 16dx Alcune particolarità • Ciglia : si ritrovano sul margine libero delle palpebre. Le palpebre inferiori sono provviste di ciglia, tuttavia più corte e non altrettanto spesse di quelle della palpebra superiore. Le ciglia sono più lunghe in corrispondenza delle porzioni laterale e mediale della palpebra superiore, mentre nella palpebra inferiore le ciglia più lunghe si trovano nel suo terzo mediale. • Vibrisse : peli tattili presenti al di sopra ed al di sotto della fessura palpebrale, con funzione tattile. • Lamina tarsale : più sviluppata nella palpebra superiore, è costituita da tessuto connettivo fibroso che conferisce rigidità alla palpebre. 16sn 17dx 17sn 18dx 20dx 12 93 4, Assenza di cellule infiammatorie Assenza di cellule infiammatorie Molti granulociti neutrofili degenerati Rari granulociti neutrofili Rari granulociti neutrofili Molti granulociti neutrofili degenerati Assenza di cellule infiammatorie 9dx faecium, Staph.xylosus 1.3 Citrob. koseri, Staph. lentus, Globicatella sanguinis La Terza Palpebra, definita anche Nittitante, è una larga piega della congiuntiva con funzione protettiva, localizzata tra la cornea e la palpebra inferiore, nella porzione nasale del sacco congiuntivale inferiore, e che protrude dal canto mediale sulla superficie anteriore del globo oculare. Questa piega maschera la sottostante cartilagine a forma di “T”, la cui porzione trasversale è più vicina al margine libero mentre l’asta si proietta ventro - medialmente. La congiuntiva della terza palpebra consiste di un epitelio esterno, squamoso stratificato, e di uno stroma di tessuto connettivo fibroso, ricco in vasi e tessuto linfoide. La cartilagine, ed in particolare il suo ramo verticale, è circondata dal tessuto ghiandolare della Ghiandola della terza Palpebra (o Ghiandola della Nittitante). Il tessuto ghiandolare superficiale è disposto a formare una porzione lobulare rotondeggiante e una porzione appiattita che sembra ricoprire la superficie palpebrale del ramo verticale della cartilagine. Secondo Martin (1915) la porzione rotondeggiante della ghiandola sarebbe prevalentemente sierosa mentre quella appiattita sarebbe mista. Sul lato bulbare della cartilagine il tessuto ghiandolare profondo ha dimensioni variabili ed è costituito da una porzione anteriore aderente alla ghiandola della terza palpebra e di natura sierosa. Sul lato bulbare della cartilagine la parte posteriore del tessuto ghiandolare all’esame istologico risulta essere di natura mucosa. Il muscolo obliquo ventrale può passare sopra il tessuto ghiandolare 9sn 10dx 10sn E. coli, Staph. Lentus, Enterococcus faecium Pantoea spp 3, Staph. Lentus, Enterococcus faecium 11dx Numerosi Linfociti e diversi neutrofili non degenerati >20 x 20 HPF (Flogosi) >20 PMN x 20 HPF (Flogosi) Assenza di cellule Molti granulociti neutrofili degenerati e non >10 x 20HPF (Flogosi); alcuni linfociti e cellule della congiuntiva basali e parabasali Numerose cellule basali e parabasali; pochi gran. neutrofili non degenerati Cellule basali e parabasali; cellule cheratinizzate e rari granulociti Alcuni granulociti neutrofili degenerati 11sn E. coli, Enterococcus faecium 12dx Staph. Lentus, Enterococcus faecium 12sn E. coli, Staph. capitis 13dx Enterobacter cloacae, Staph.xylosus Rari neutrofili non degenerati 13sn Staph.xylosus, Micrococcus spp Rari granulociti neutrofili 92 LA TERZA PALPEBRA 13 della terza palpebra e produrvi una doccia. Il tessuto ghiandolare, sia sulla superficie palpebrale che su quella bulbare, è circondato da grasso e da tessuto connettivo che ancora il tessuto ghiandolare all’asta della cartilagine della terza palpebra. La terza palpebra si muove in direzione dorsolaterale sopra la cornea dell’occhio. Il tessuto ghiandolare associato a questa struttura emette il secreto mediante numerosi condotti che si aprono sulla superficie bulbare della piega semilunare della congiuntiva (membrana nittitante). Il secreto della ghiandola della terza palpebra è simile a quello della ghiandola lacrimale e viene drenato tramite il dotto naso-lacrimale. Il margine libero della membrana nittitante può essere pigmentato e la membrana può essere provvista di follicoli linfatici sparsi sulla sua superficie palpebrale, ma, di norma, non su quella bulbare. E. coli, Staph. Lentus, Enterococcus faecium Enterobacter cloacae, Staph. Lentus, Enterococcus faecium Enterobacter cloacae, Aerococcus viridans 5 PMN x 20 HPF Staph. lentus, Globicatella sanguinis Staph. Lentus, Enterococcus faecium Enterobacter cloacae, Staph. Lentus, Enterococcus faecium Enterococcus faecium, Staph.xylosus Staph.hyicus, Enterococcus durans Assenza di cellule 7dx Enterobacter sakazakii, Staph. Lentus, Enterococcus faecium Assenza di cellule 7sn E. coli, Staph. lentus, Globicatella sanguinis 8dx E. coli, Enterococcus faecium, Staph.xylosus Enterobacter sakazakii, Enterococcus >20 PMN x 20 HPF (Flogosi). Trovato un fungo riferibile a Malassezia 3 PMN x 20 HPF 3dx 3sn 4dx 4sn 5dx 5sn 6dx 6sn 8sn 14 91 >10 PMN x 20 HPF 2 PMN x 20 HPF Assenza di cellule 3 PMN x 20 HPF Assenza di cellule 2 PMN x 20 HPF 2 PMN x 20 HPF campione di soggetti esaminati appartenente alla regione Campania. Riteniamo inoltre che i risultati di biometria oculare ottenuti attraverso lo studio ecografico degli occhi di bufali non affetti da patologie potranno essere utili la diagnosi di numerose anomalie oculari. Tale studio, inoltre, ha consentito di effettuare una valutazione di tecniche diagnostiche di facile applicabilità sul campo e di facile lettura, come l’allestimento di strisci congiuntivali e corneali per l’esame citologico, che possano fornire informazioni sull’eziopatogenesi delle lesioni riscontrate nella pratica clinica bufalina, effettuando, nel contempo, una valutazione della correlazione esistente tra esame citologico ed esame colturale. N° campione 1dx 1sn 2dx 2sn batteriologico citologico E. coli, Staph. Lentus, Enterococcus faecium E. coli, Staph. Lentus, Globicatella sanguinis E. coli, Staph. lentus, Globicatella sanguinis E. coli, Staph. Lentus, Enterococcus faecium Diversi granulociti neutrofili non degenerati 3-4 PMN (Polimorfonucleati) x 20 HPF Assenza di cellule 90 Fig. 2: schema dell’occhio. in sezione dell’anatomia Fig. 3: Sezione istologica della terza palpebra. 2 PMN x 20 HPF 15 1.4 APPARATO LACRIMALE L’apparato lacrimale è deputato alla produzione di lacrime per la lubrificazione dell’occhio. Esso consta di una parte secretoria e di un sistema di drenaggio. La componente secretoria produce il film lacrimale precorneale, caratterizzato da una struttura trilaminare; questi tre strati, dall’interno all’esterno, sono: Strato mucoso. Aderisce alla superficie dell’epitelio corneale. Esso consente alla componente sierosa del film lacrimale di formare una protezione persistente. Di circa 0,03 µm di spessore, è prodotto dalle cellule caliciformi congiuntivali e dalle ghiandole accessorie mucose, e svolge il ruolo di collante tra i microvilli idrofobi dell’epitelio corneale e la porzione sierosa del film lacrimale. La mucina, inoltre, va a colmare le eventuali irregolarità della superficie corneale, rendendo la superficie oculare otticamente liscia. Essa contiene anche immunoglobulina A e lisozima e contribuisce alla fluidificazione e idratazione di congiuntiva e cornea. Si ritiene che le mucoproteine di questo strato abbiano una struttura bipolare, con un’estremità lipofila (associata all’epitelio corneale) e una estremità idrofila (associata allo strato sieroso). Qualora lo strato lipidico risulti alterato, si verificano gravi lesioni a carico della cornea. Strato sieroso intermedio. Costituisce la porzione principale del film lacrimale (spessore di circa 7 µm). Esso è prodotto dalle ghiandole lacrimali principali ed è costituito da acqua, elettroliti, glucosio, urea, polimeri, glicoproteine e proteine quali lattoferrina, globuline, albumina e lisozima. Le immunoglobuline, il lisozima e la lattoferrina corpo vitreo, 30 – 32,4 per la lunghezza dell’asse del bulbo; mentre dalle misurazioni provenienti dal Regno Unito (Potter, 2008) le misurazioni effettuate su 2 razze di bovini (Holstein Friesians e Jersey) sono risultate: 2 e 1,7 per lo spessore corneale, 3,3 e 3,6 per la profondità dell’umore acqueo, 17,8 e 19,2 per lo spessore del cristallino, 14,6 e 16,2 per la profondità del corpo vitreo, 34,6 e 32,7 per la lunghezza dell’asse del bulbo. Il globo oculare del bufalo campano, pertanto, risulta nel complesso di dimensioni maggiori rispetto al globo oculare dei bovini. Elemento importante che è stato possibile evidenziare nel nostro studio sul bufalo campano, e che si discosta dagli altri studi presenti in letteratura sul bovino, riguarda i corpora nigra. Nel nostro studio è stato possibile evidenziare ecograficamente con facilità i corpora nigra a livello del margine dorsale dell’iride, sia in scansione verticale che orizzontale, in tutti i globi oculari. I corpora nigra si presentavano in scansione verticale come delle strutture localizzate, di forma globoide, sul margine dorsale dell’iride, mentre in scansione orizzontale i corpora nigra apparivano come strutture con una forma simile a quella di una “corona a 3 punte”. Negli studi presenti in letteratura sul bovino (El.Maghraby, 1995; Potter, 2008) è stato evidenziato che i corpora nigra non sono ecograficamente visibili. Riteniamo che i risultati di questo studio preliminare potranno essere utili nella scelta della terapia di approccio ad una lesione oculare esterna del bufalo, consentendo di conoscere la flora microbica di più frequente isolamento in un 16 89 possono virulentare dando origine alla patologia oculare, può evidentemente indirizzare il clinico verso l’approccio terapeutico più opportuno prima ancora di aver ottenuto i risultati del tampone congiuntivale. Per quanto riguarda la differente flora funginea da noi riscontrata, rispetto a quella riportata nel bovino in studi precedenti, è opportuno considerare che i nostri prelievi sono stati effettuati in condizioni climatiche ed ambientali differenti rispetto a quelle in cui sono stati effettuati i prelievi nel bovino negli altri studi, e che sicuramente hanno influenzato la flora funginea residente sulla congiuntiva del bufalo campano. Ulteriori studi effettuati su occhi di bufali in Regioni differenti si rendono necessari per meglio definire le peculiarità correlate alla specie e all’habitat. Per quel che riguarda lo studio ecografico da noi effettuato si notano alcune differenze rispetto al bovino per quel che riguarda la biometria oculare. Dalle nostre misurazioni risulta: lo spessore corneale è compreso tra 0,9 e 1,4 mm; La profondità dell’umore acqueo è compreso tra 4,2 e 6,6 mm; lo spessore del cristallino è compreso tra 9,1 e 14,4 mm; la profondità del corpo vitreo è compresa tra 14,8 e 22,1 mm; la lunghezza dell’asse del bulbo è compresa tra 30,6 e 40,9. Dalle misurazione effettuate su bovini provenienti dall’Egitto (El-Maghraby, 1994) le misurazioni sono risultate: 1.2 – 1.6 mm per lo spessore corneale, 5,6 – 7,5 mm per la profondità dell’umore acqueo, 10,9 – 12 mm per lo spessore del cristallino, 11,7 – 16,5 mm per la profondità del contribuiscono alle proprietà antibatteriche delle lacrime. Il film lacrimale sieroso, inoltre, provvede alla maggior parte del fabbisogno metabolico della cornea che è avascolare, fornendo glucosio, ossigeno e acqua. Il fluido sieroso, provvede anche alla lubrificazione della cornea, della congiuntiva e della membrana nittitante. Esso, infine, rimuove i metaboliti quali diossido di carbonio e acido lattico ed inoltre rimuove meccanicamente piccoli corpi estranei e batteri della superficie oculare. Strato lipidico. Molto sottile, di circa 0,1 µm, è destinato a ridurre l’evaporazione degli strati sottostanti ed a permettere lo scorrimento senza frizione delle palpebre sulla cornea e sulla congiuntiva. La secrezione oleosa, inoltre, impedisce che il film lacrimale protruda all’esterno delle palpebre. Tale strato lipidico è prodotto prevalentemente dalle ghiandole sebacee di Meibomio e di Zeis. Le secrezioni di tali ghiandole sono costituite prevalentemente da colesterolo e lipidi caratterizzati da peso molecolare maggiore e una polarità minore rispetto al sebo. Tali lipidi alla temperatura corporea presentano una struttura fluida. Nei casi in cui una componente risulti alterata, si attiva un meccanismo di compensazione con maggiore produzione di lacrime che, tuttavia, va incontro per la maggior parte ad evaporazione. Il film lacrimale precorneale viene distribuito dal movimento delle palpebre e della membrana nittitante. Esso svolge molte funzioni: lubrifica e consente la chiusura delle palpebre senza irritare congiuntiva e cornea; apporta ossigeno alla cornea, asportandone i cataboliti; protegge l’epitelio non 88 17 cheratinizzato della cornea; allontana impurità, batteri e corpi estranei dal fornice congiuntivale e dalla cornea; trasporta elementi figurati del sangue utili per eventuali riparazioni; difende la cornea grazie alla presenza di immunoglobuline, lisozima e lattoferrina. Il film lacrimale viene prodotto da diverse ghiandole: la componente mucoproteica è prodotta per la maggior parte dalle cellule caliciformi mucipare localizzate soprattutto a livello del fornice; la componente sierosa, invece, è prodotta dalla ghiandola lacrimale principale (innervata dalle fibre del parasimpatico, che derivano dal nervo facciale) e dalla ghiandola della terza palpebra (innervata dalle fibre parasimpatiche provenienti dal nervo craniale glossofaringeo); la componente lipidica, infine, è prodotta dalle ghiandole di Meibomio e di Zeis. La ghiandola lacrimale ha aspetto lobulato, ma in essa si distinguono due regioni. La porzione dorsale è spessa, quella ventrale sottile. La ghiandola può ricoprire le superfici dorsale e laterale del globo ed essere provvista di numerosi condotti, dei quali 7 o 8 più grandi e numerosi altri più piccoli, che sboccano vicino al fornice della congiuntiva della palpebra superiore. Il margine anteriore della ghiandola è situato circa 2 cm caudalmente al margine della palpebra superiore. Di norma la ghiandola lacrimale è coperta da tessuto adiposo ed è alquanto appiattita giacché risulta compressa fra la parete orbitale e il bulbo oculare. Setti di tessuto connettivo passano tra le cellule secernenti dei condotti della ghiandola. I setti contengono capillari, macrofagi, plasmacellule e alcune cellule ottenere quantitativi maggiori di materiale per l’esame citologico rispetto a quanto consentito dalla spatola di Kimura. Negli strisci da noi esaminati si è riscontrata la presenza di: cellule epiteliali appartenenti ai 3 diversi strati congiuntivali (100%), granulociti neutrofili non degenerati (34%), granulociti neutrofili degenerati (25,5%), polimorfonucleati in numero limitato (<10 x 20 HPF) (17% dei casi) ed in numero elevato (>10 x HPF) (14%), linfociti (10%), plasmacellule (2%), miceti (2%). In alcuni di questi soggetti l’esame citologico era caratterizzato da un quadro nettamente infiammatorio; è stato possibile ipotizzare che in tali soggetti la presenza di batteri abbia stimolato una reazione infiammatoria oculare pur in assenza di segni clinici evidenti. Da quanto sopra esposto si evidenzia che tra i dati da noi riscontrati e quelli riferiti in letteratura relativi ai Bovini ed ai Bisonti , in diverse aree geografiche, sussistono alcune differenze dal punto di vista microbiologico. È possibile ipotizzare che queste notevoli differenze, possano essere giustificate dalla diversa allocazione dei soggetti oltre che alla differenza di specie del nostro studio rispetto a quella degli studi precedenti. Ciò acquista un’importanza rilevante, e deve essere tenuto in considerazione in qualsiasi valutazione clinico epidemiologica, eziopatogenetica e nella scelta della terapia quando ci si trova di fronte a soggetti con patologie oculari. La conoscenza dei germi che normalmente albergano sulla congiuntiva del bufalo della nostra regione che, anche in seguito a traumi di lieve entità 18 87 comunemente isolati da bovini in buone condizioni di salute sono risultati Bacillus cereus e Corynebacterium pseudotubercolosis.I n America, infine, in bisonti in buone condizioni di salute è stata riscontrata una prevalenza di Bacillus spp. e Micrococcus spp.. In generale, in letteratura viene riferito un riscontro di batteri sia Gram+ che Gram- nel sacco congiuntivale di bovini e bufali non affetti da patologie oculari. Il lavoro da noi effettuato è quindi in sintonia con i lavori precedenti, avendo noi riscontrato nel sacco congiuntivale di bufali campani senza patologie oculare la presenza di microrganismi Gram+ e Gram-. Per quanto riguarda la flora funginea, dai nostri dati emerge che i miceti maggiormente rilevati nel bufalo campano sono: Alternaria spp. (3,7%) e Candida spp. (2,5%). Negli altri studi, condotti su bovini, i miceti più comunemente isolati sono risultati: Cladosporium spp, Pennicillum spp, Aspergillus spp. in bovini in Florida (Samuelson, 1984) e Penicillium spp., Cladosporidium spp., Aspergillus spp. in Italia Centrale (Sgorbini, 2010). Dagli studi citologici riportati in letteratura, di raschiati corneali e congiuntivali effettuati su bovini sani, sono state evidenziate: cellule epiteliali dei 3 differenti strati (basale, intermedio, e superficiale); granuli melaninici intracitoplasmatici; microrganismi; occasionali eritrociti, linfociti, plasmacellule e neutrofili; pseudoinclusioni nel citoplasma cellulare. Nel nostro studio gli strisci congiuntivali sono stati effettuati sul bufalo campano con lo scovolino (tecnica brush) in quanto questo metodo permette di pigmentate. Nell’angolo mediale dell’occhio è visibile la Caruncola Lacrimale. Può avere un colorito giallo o marrone scuro a secondo del grado di pigmentazione dei singoli animali. Dalla caruncola possono protrudere alcuni peli; la caruncola può avere un diametro di circa 5-7 mm. Secondo Martin (1915) la caruncola potrebbe essere in comunicazione con una rete venosa per cui muterebbe dimensioni, protrudendo più o meno nello spazio palpebrale, a seconda del grado di ripienezza dei vasi sanguigni. Il drenaggio delle lacrime avviene, invece, mediante un sistema formato da più strutture. Tale sistema trae origine dai punti lacrimali, che sono i fori di entrata delle vie lacrimali. Tali fori, costituiti da fessure sottili, sono disposti nella congiuntiva palpebrale, adiacenti al bordo e paralleli ad esso, e possono avere un diametro di 2-5 mm. Le lacrime devono essere drenate nel sacco lacrimale attraverso i canalicoli lacrimali; il sacco lacrimale, che riceve le lacrime dai canalicoli, è situato nella depressione dell’osso lacrimale ed è ben sviluppato nei bovini, raggiungendo un diametro di 5-8 mm. I canali lacrimali hanno una lunghezza di circa 1-1,5 cm e seguono un decorso arcuato dai punti lacrimali al sacco lacrimale. Le lacrime devono essere poi drenate all’esterno mediante il dotto nasolacrimale, che si estende dal sacco lacrimale al punto di giunzione muco cutaneo delle narici. Questo dotto è lungo approssimativamente 12-15 cm e, di norma, ha un decorso rettilineo. La parte caudale del canale percorre l’osso lacrimale; la parete della porzione caudale del canale è spessa, ma si possono riscontrare dei difetti nella parete, nella quale 86 19 possono aprirsi anche delle soluzioni di continuità simili a quelle del condotto naso lacrimale del cane; la porzione rostrale del condotto ha pareti sottili. Le parti distali del condotto decorrono sotto la mucosa. La porzione terminale è larga 3-4 mm ed è ubicata fra due lamine cartilaginee, l’una pertinente alla cartilagine alare e l’altra alla estensione rostrale della cartilagine parietale; si apre vicino alla parete laterale della narice; tuttavia è difficilmente visibile perché giace sulla superficie mediale della piega alare del cornetto nasale ventrale. Per valutare la pervietà delle vie lacrimali si esegue il cateterismo di tali vie con una apposita sonda in cui verrà introdotta soluzione fisiologica di cui si potrà valutare la fuoriuscita dalle narici. Altro sistema per la valutazione della pervietà del canale consiste nell’instillare fluoresceina nel sacco congiuntivale che nell’ambito di massimo 5 minuti verrà drenata dal condotto e quindi uscirà dalle narici. 6.3 CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 1.5 LA CONGIUNTIVA La congiuntiva è una membrana mucosa trasparente che può essere suddivisa in varie porzioni: palpebrale (riveste la superficie interna delle palpebre aderendovi strettamente), della nittitante (la riveste anteriormente e posteriormente contraendo rapporti con la cartilagine), bulbare (riveste la parte anteriore del globo oculare fino al limbo). È adesa al setto dell’orbita a livello dei fornici, dove si ripiega. A livello del limbo si fonde con la Capsula di Tenone. La superficie congiuntivale è una superficie epiteliale continua: Dai risultati dello studio da noi svolto sono emerse alcune differenze rispetto ai lavori effettuati precedentemente in altre specie. Dai nostri dati è emerso che il 3,5% dei soggetti è risultato negativo all’esame colturale. In uno studio effettuato precedentemente, nel Bovino, si trovano analogie con tale percentuale (3%: Okumus, 2005) mentre, nel Bisonte Americano, tale percentuale si annulla(0%: Davidson, 1999). Nel nostro studio i microrganismi più comunemente isolati sono stati: Enterococcus faecium (55,5%), Staphylococcus lentus (50,6%), E. coli (46,9%), Staphylococcus capitis (14,8%), Enterobacter cloacae, Staphylococcus xylosus (12,3%), Streptococcus uberis (11,1%), Globicatella sanguinis (8,6%), Enterobacter sakazakii (4,9%), Pantoea spp 4, Aerococcus viridans (2,5%), Citrobacter baumanii, Citrob. koseri/amalanaticus, Serratia odorigera, Raoutella ornithinolytica, Staphylococcus hyicus, Enterococcus durans, Micrococcus spp (1,2%). Dai dati riferiti in letteratura nel Bovino e nel Bisonte, invece, è emerso che: mentre Streptococcus spp. è risultato il microrganismo più comunemente isolato, seguito da Staphylococcus spp, da bovini in buone condizioni di salute in Turchia (Okumus, 2005), negli USA (Hare, 2008), è stata riscontrata una prevalenza di Staphylococcus crocelyticus, Staphylococcus sciuri e Enterobacteriaceae spp.; in Iran (Kojouri, 2007), invece, i microrganismi più 20 85 Foto 8: Immagine ecografica dell’ occhio. Foto 9: Visualizzazione ecografica del corpora nigra. 84 l’epitelio congiuntivale si fonde con l’epitelio corneale a livello del limbo e con la cute a livello del margine muco – cutaneo dell’occhio. La congiuntiva è una struttura scarsamente pigmentata, tranne che a livello di membrana nittitante, dove risulta essere più esposta alle radiazioni luminose; è provvista di una rete capillare e linfatica molto sviluppata, ma scarsamente innervata da fibre nervose per la sensibilità dolorifica. Risulta costituita da un epitelio pluristratificato e dallo stroma; nella congiuntiva palpebrale superiore vi sono cellule epiteliali cubiche a secrezione apocrina, indispensabili per la produzione del film lacrimale. Lo stroma è costituito da uno strato superficiale, ricco di tessuto linfatico, e da uno strato profondo con vasi e nervi. La superficie della congiuntiva è ricoperta dal film lacrimale che ha funzione protettiva, la cui carenza può provocare danni all’epitelio congiuntivale con cheratinizzazione delle cellule dello strato superficiale. La congiuntiva è caratterizzata da notevoli capacità rigenerative ed è in grado di sopportare gravissimi insulti senza perdere la capacità di recuperare le normali funzioni; possiede inoltre un ulteriore meccanismo di protezione rappresentato dalle lacrime che contengono lisozima, beta lisina ed immunoglobuline che inibiscono la crescita batterica. Altri mezzi che contribuiscono alla difesa della congiuntiva sono gli elementi linfoidi, l’esfoliazione epiteliale, l’attività fagocitaria delle cellule epiteliali ed il meccanismo di inglobamento dei batteri nel muco congiuntivale. 21 1.6 LA CORNEA La cornea si presenta come una calotta trasparente estesa sul quinto anteriore del globo oculare; le dimensioni di tale struttura variano in rapporto ad età, razza e statura del soggetto. Le funzioni della cornea includono il “supporto” al “contenuto intraoculare”, rifrazione della luce grazie alla sua curvatura e trasmissione della luce stessa grazie alla sua trasparenza. Come il cristallino la cornea è normalmente trasparente, avascolarizzata, e riflette la luce. La cornea è in relazione con le palpebre e la nittitante per la protezione dagli agenti esterni. Il diametro trasversale è maggiore di quello verticale, per cui la cornea ha la forma di un uovo. In prossimità della faccia laterale del bulbo il diametro verticale può raggiungere i 10 mm; aumenta fino a 22 – 25 mm vicino al centro dell’occhio e quindi scende a 15 mm in corrispondenza della faccia mediale del bulbo. Il rapporto fra altezza e larghezza è di 1:1,3 (Martin, 1915). Il raggio di curvatura orizzontale si avvicina a 16,8 mm, e il raggio di curvatura verticale si avvicina a 14,7 mm. Lo spessore della cornea non varia così come in altre specie di animali domestici; alla periferia misura 1,5 - 1,8 mm; al centro ha pressappoco lo stesso spessore (1,5 – 2,0 mm). Sul piano orizzontale la cornea raggiunge al massimo 30 mm e su quello verticale 25 mm (Prince et al., 1960). La cornea ha rapporti con: sclera e congiuntiva, il punto di transizione tra cornea e sclera è il limbo, dove si ha una modificazione delle cellule ed accumulo di pigmento; film lacrimale, la cui presenza è indispensabile per preservare la cornea 22 Foto 6: Fase di enucleazione del globo oculare Foto 7: Preparazione all’esame ecografico 83 • • • • • • Profondità dell’umore acqueo compreso in un range nel primo gruppo tra 4,2 e 6,6 mm (media 5.7656 ± 0,5046 mm) e nel secondo gruppo tra 4,6 e 5,1 mm (media 4.8687 ± 0,1537 mm). Spessore del cristallino compreso in un range nel primo gruppo tra 9,3 e 14,4 mm (media 11.4531 ± 0,7552 mm) e nel secondo gruppo tra 9.1 e 10.1 mm (media ± 0,2769 9.525 mm). Profondità dell’umore vitreo compreso in un range nel primo gruppo tra 14,8 e 22,1 mm (media 18.0066 ± 1,918 mm) e nel secondo gruppo tra 15.1 e 17 mm (media 15.8065 ± 0,5422 mm). Lunghezza asse polare dell’occhio compreso in un range nel primo gruppo tra 32,6 e 40,9 mm (media 36.4724 ± 2,0429 mm) e nel secondo gruppo tra 30.6 e 32.2 mm (media 31.2437 ± 0,4289 mm). Lunghezza iride compresa in un range nel primo gruppo tra 6,9 e 10,5 mm (media 8.5090 ± 1,1574 mm) e nel secondo gruppo tra 6.7 e 8 mm (media 7.6 ± 0,4243 mm). Al margine dell’iride dorsale è stato possibile osservare nel 100% i corpora nigra, che sono apparsi come una struttura globoide della stessa ecogenicità dell’iride. 82 da fenomeni di essiccamento; umor acqueo, che è a contatto con la superficie interna della cornea. Come in altri animali la cornea è composta da cinque strati: 1. Epitelio corneale basale, è un epitelio squamoso stratificato, non cheratinizzato e di spessore maggiore a livello del limbo. Mano a mano che si procede verso l’esterno le cellule si presentano più appiattite; i vari strati cellulari sono in continua rigenerazione, in circa sette giorni le cellule dello strato basale migrano verso l’esterno e vengono eliminate. Per tale motivo su tutta la superficie si osserva un’alternanza di cellule giovani (con più microvilli e chiare) e di cellule più mature (con meno microvilli e scure). Sulla superficie corneale è sempre presente un film lacrimale di 7 – 8 µm, la cui presenza è fondamentale per evitare la cheratinizzazione degli strati cellulari più esterni. 2. La membrana basale, è in continuità con quella dell’epitelio congiuntivale. La sua funzione principale è quella di mantenere l’epitelio adeso alla cornea. Se dovesse essere lesa occorrerebbero mesi per la riparazione e la restituito ad integrum. 3. Stroma o sostanza propria, costituisce circa il 90% dello spessore corneale. È formato da fibre collagene, fibroblasti e sostanza cementante; le fibre collagene vengono mantenute in posizione dalla sostanza cementante costituita da mucopolisaccaridi. Tra le varie lamelle si 23 possono rinvenire fibroblasti detti cheratociti. 4. Membrana di Descemet, è la membrana basale dell’endotelio corneale da cui è prodotta per tutta la vita, per tale motivo è più spessa nel bovino adulto. È capace di distendersi anche se non contiene tessuto elastico. 5. Endotelio, è un monostrato di cellule disposte l’una accanto all’altra, non dotate di attività mitotica e quindi non in grado di riprodursi. Nei casi in cui si verifica una lesione di dimensioni limitate, la guarigione avviene per migrazione e dilatazione di cellule contigue; lo strato cellulare ha attività metabolica sviluppata e tra le cellule che lo compongono esistono stretti rapporti giunzionali. L’innervazione della cornea è data da terminazioni sensitive che si concentrano nel terzo anteriore e sono mielinizzate solo nel punto in cui penetrano dalla sclera alla cornea. La trasparenza della cornea è essenziale per la funzione visiva e dipende dalla sua normale struttura anatomica ed in particolare: dalla presenza del film lacrimale, dalla assenza di cellule epiteliali cheratinizzate, dalla regolare disposizione delle cellule di endotelio ed epitelio, dall’assenza di vasi e di pigmento, dalla particolare disposizione delle fibre collagene. La trasparenza della cornea può ridursi in seguito a traumi od a malattie batteriche, virali, micotiche, ecc. Il liquido che umetta la cornea deve avere una pressione osmotica identica a quella del liquido interstiziale perché se il liquido RISULTATI L’esame ecografico ha mostrato i seguenti risultati: • Possibilità di visualizzare chiaramente le strutture intraoculari nel 100% dei casi. • Correlazione diretta tra il peso della carcassa e le dimensioni delle strutture intraoculari. • Distanza tra i 2 canti mediali degli occhi in un range compreso nel primo gruppo tra 18 e 25 cm (media 20,5714 cm) e nel secondo gruppo tra 13 e 15 cm (media14) . • Apertura palpebrale (distanza tra canto mediale e laterale dell’occhio) in un range compreso nel primo gruppo tra 5 e 6 cm (media5.6857 cm) e nel secondo gruppo tra 4 e 4.5 cm (media 4.375 cm) . • La cornea appare come una doppia stria ecoica con al centro una banda anecoica. • La camera anteriore e posteriore apparivano anecoiche. • L’iride ed i corpi ciliati apparivano come strutture lineari ad ecogenicità moderata. • Il cristallino si visualizzava subito posteriormente all’iride come due strie curvilinee rappresentanti le capsule anteriori e posteriori del cristallino stesso, mentre internamente appariva anecoico. • L’umore vitreo appariva come una struttura anecoica. • Spessore corneale compreso in un range nel primo gruppo tra 1 ed 1,4 mm (media 1,1593 ± 0,1266 mm) e nel secondo gruppo tra 0,9 e 1,3 mm (media 1.0437 ± 0,1031 mm). 24 81 compresa tra i 6 mesi ed i 13 anni, dopo la macellazione effettuata presso un macello situato in provincia di Salerno. Di tutti i soggetti è stata registrata: l’età, il sesso, la provenienza, la distanza tra i due canti mediali degli occhi, la distanza tra canto mediale ed il canto laterale di un occhio, il peso della carcassa. Nessuno dei soggetti facenti parte della nostra casistica mostrava segni di patologia oculare. Una volta enucleati i globi oculari sono stati immersi in una soluzione di cloruro di sodio 0,9% e trasportati a temperatura ambiente presso il Centro Interdipartimentale di Radiologia Veterinaria della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Napoli Federico II, per effettuare lo studio ecografico. Per effettuare lo studio ecografico i globi sono stati mantenuti sul fondo di un contenitore contenente sodio cloruro 0,9% al fine di poter effettuare uno studio per immersione. I globi sono stato esaminati su un piano sagittale sia orizzontalmente che verticalmente. Le varie scansioni effettuate lungo l’asse ottico centrale hanno permesso la visualizzazione di cornea, umore acqueo, iride (e pupilla), cristallino, umore vitreo e fondo dell’occhio, inoltre è stato possibile effettuare la misurazione dello spessore corneale, della profondità dell’umore acqueo, spessore del cristallino, profondità dell’umore vitreo, lunghezza assiale del globo. I soggetti appartenenti allo studio sono stati divisi in 2 gruppi in base all’età. Al primo gruppo appartenevano soggetti con età superiore ad un anno, mentre al secondo gruppo appartenevano soggetti con età inferiore ad un anno. esterno fosse ipotonico, la cornea diventerebbe edematosa ed apparirebbe azzurra. Le reazioni che si verificano a livello corneale avvengono a temperature inferiori rispetto a quelle del sangue. Essendo la cornea priva di vasi, gli scambi metabolici avvengono attraverso tre vie: a livello di limbo con vasi congiuntivali e sclerali; attraverso l’endotelio con l’umor acqueo; attraverso l’epitelio con il film precorneale. L’endotelio riceve gran parte del suo ossigeno dall’acqueo, anche se l’ossigeno atmosferico è la fonte maggiore per la porzione corneale anteriore. Il contenuto in acqua dello stroma corneale è mantenuto in condizioni di relativa “disidratazione” grazie alla presenza di pompe attive del sodio, che espellono i fluidi che tendono a penetrare all’interno dello stroma corneale. La rimozione dei fluidi dall’epitelio e dall’endotelio è bilanciata dalla tendenza del collagene e dei mucopolisaccaridi ad attrarre fluidi nello stroma. Se si verifica un’alterazione di queste pompe, può aumentare l’idratazione della cornea con conseguente edema corneale. Un’eventuale ulcerazione della cornea è in grado di cicatrizzare in 24 – 48 ore, se però l’ulcera è profonda o complicata dalla presenza di batteri, virus o miceti, la guarigione completa richiede diverse settimane. La velocità di riparazione dipende da vari fattori quali: la sede anatomica, la dimensione della ferita, la profondità della ferita, la presenza di infezioni, la somministrazione di farmaci ricordando, ad esempio, che i cortisonici rallentano la cicatrizzazione. 80 25 1.7 LA SCLERA La sclera è lo strato bianco ed opaco dell’occhio. Essa si estende per circa i 4/5 della superficie esterna dell’occhio. La sclera è formata da tessuto connettivo fibroso nel quale sono accolte anche poche cellule pigmentate e fibre elastiche. Al suo esterno è connessa, attraverso uno strato di connettivo lasso (espisclera), alla fascia del bulbo. Sul suo polo posteriore presenta vari orifizi destinati al passaggio del nervo ottico e di vasi sanguiferi (area cribrosa della sclera). Lungo un meridiano, retrostante all’equatore, presenta quattro fori per le vene vorticose, uno per ciascun quadrante. In un meridiano anteriore all’equatore, riceve le terminazioni dei muscoli estrinseci dell’occhio e, più avanti, quelle della fascia del bulbo. In prossimità del limbo, la superficie interna della sclera fa rilievo nella camera anteriore formando l’anello sclerale, dietro il quale si sviluppa il plesso venoso della sclera. La sua parte anteriore, infine, è ricoperta da congiuntiva che passa poi sulla cornea. 1.8 IRIDE L’iride è un diaframma verticale posto, all’interno del globo oculare, appena davanti al cristallino. Presenta al centro il “forame pupillare” o “pupilla” il cui diametro può essere modificato in modo da regolare la quantità di luce che penetra nelle parti posteriori dell’occhio. L’iride divide l’occhio in due porzioni, anteriore e posteriore, definite “camere”. La camera anteriore, delimitata dalla cornea e 26 6.2 ESPERIENZE PRATICHE ASPETTI ECOGRAFICI DELL’OCCHIO SANO DEL BUFALO CAMPANO. La biometria oculare è stata uno dei primi utilizzi degli ultrasuoni nella oftalmologia nell’uomo. Questa applicazione dell’ecografia deriva dall’abilita della stessa di misurare la dimensione assiale dell’occhio e di determinare la posizione precisa dei componenti intraoculari senza incorrere in artefatti. Queste possibilità che offre l’ecografia non sono offerte da altre tecniche utilizzate in oftalmologia. Grazie a queste sue importanti caratteristiche, oltre che alla sua facilità di esecuzione ed atraumaticità, l’ecografia ha assunto anche in Medicina Veterinaria un importante ruolo quale mezzo diagnostico complementare per la valutazione dell’occhio, ad esempio per una valutazione certa di anomalie oculari quali tisi bulbare, microftalmia, pseudoesoftalmia, ectasia sclerale o glaucoma congenito. La valutazione ecografica dell’occhio può essere effettuata attraverso 2 tecniche: la tecnica ad immersione e la tecnica per contatto. Abbiamo ritenuto opportuno, pertanto, effettuare una valutazione ecografica dell’occhio del bufalo per valutarne le caratteristiche strutturali e biometriche in soggetti proveniente dalla regione Campania non affetti da lesioni oculari. MATERIALI E METODI I campioni sono stati prelevati da 12 bufali (8 di sesso femminile e 4 di sesso maschile) di età 79 Foto 5: Immagine dell’esame citologico 78 dall’iride, è tappezzata da endotelio. Attraverso la pupilla essa comunica con la camera posteriore, piccolo spazio posto tra iride e cristallino. Le due camere sono ripiene di umor acqueo, liquido acquoso contenente sali, glucosio e piccole quantità di proteine. Questo fluido è prodotto dai corpi ciliari maggiormente ed è riassorbito a livello di plesso venoso della sclera. Nel bovino l’iride appare di colore scuro e in essa si riscontrano numerosissime pieghe delicate. La pupilla ha un contorno ovale trasversalmente, e sul margine pupillare superiore vi si ravvisano granuli iridei (cd, corpora nigra) che ne costituiscono un componente normale. Le strutture simili, visibili sul margine pupillare ventrale, sono più piccole. Nell’occhio del bovino i corpora nigra sono più piccoli rispetto a quelli del cavallo. Si tratta di proiezioni dell’iride sostenute dallo sfintere della pupilla. Queste strutture contengono tessuto connettivo, vasi sanguiferi ed epitelio e sono simili alla parte iridica della retina. I vasi sanguiferi hanno parete sottile e secondo Martin (1915), i capillari contenuti in queste strutture sono relativamente grandi. Il contorno della pupilla assume forma ovale, quando la pupilla è chiusa, e una forma rotonda quando la pupilla è fortemente dilatata. Se la pupilla è parzialmente dilatata il suo diametro trasversale è maggiore di quello verticale. Nel bovino la pupilla è mantenuta relativamente immobile da fibre muscolari disposte radialmente in corrispondenza della posizione assunta dalle lancette di un orologio alle 3 ed alle 9; perciò quando la pupilla si chiude la presenza delle fibre è 27 resa manifesta dal fatto che il margine pupillare assume un contorno ovale. Il grande circolo arterioso alla periferia dell’iride è ben sviluppato. L’iride può presentare pieghe sulla sua superficie anteriore. Lo spessore dell’iride è variabile. Secondo Prince et al. (1960) il margine libero misura 0,1 mm; la parte centrale circa 2 mm; la radice dell’iride 0,45 mm. La circostanza che la porzione pigmentata della retina prosegua sull’iride fa si che, sulla superficie posteriore, l’iride del bovino sia pigmentata fino a una profondità si 20– 80 µm. Siffatta pigmentazione impartisce il colore scuro che caratterizza l’iride del bovino. 1.9 LA RETINA La retina è la membrana più interna del globo oculare. La retina del bovino contiene lo stesso numero di strati visibili al microscopio ottico nella retina degli altri animali domestici. Ha uno spessore di circa 0,20 mm; tuttavia piccoli vasi del suo strato interno possono invadere il vitreo penetrando per 0,10-0,16 mm oltre il margine dei componenti cellulari della retina. Questi vasi sanguiferi si trovano nello strato fibroso della retina e, in conseguenza, determinano, più vicino alla periferia della retina (Prince et al., 1960), una maggiore compressione dello strato delle cellule gangliari contro gli altri strati di recettori. Alla periferia lo strato delle cellule gangliari non è cospicuo; può avere lo spessore di una sola cellula, ma contiene alcune cellule gigantesche. Come nel caso della maggior parte dei mammiferi, si possono ravvisare tre classi di grandezza tra le cellule gangliari. Le cellule più voluminose talvolta possono misurare 40 28 Foto 3: Immagine dell’esame citologico. Foto 4: Immagine dell’esame citologico 77 Foto 1: Esecuzione di un tampone colturale Foto 2: Esecuzione di uno scarificato congiuntivo corneale mediante scovolino. 76 µm. Price et al (1960) danno, per gli altri strati, i seguenti spessori: strato dei recettori 26 µm (un singolo recettore 2 µm); strato dei nuclei esterni 36 µm; strato dei nuclei interni 20 µm. Il tappeto è ricoperto da epitelio pigmentato molto scarso – come in tutti gli animali provvisti di tappeto. Nell’occhio di bovino la retina contiene epitelio pigmentato, ad eccezione dell’area in cui essa sovrasta il tappeto. Il disco ottico del fondo è, nel bovino, un poco più piccolo che nel cavallo, ma ha un contorno circolare. Può darsi che i margini del disco non siano chiaramente delineati e che dal disco si estendano entro il fondo dell’occhio alcune strie radiali. Il disco ottico è il punto in cui convergono le fibre del nervo ottico prima di attraversare gli strati esterni del bulbo. Il disco è situato a circa 2 mm ventralmente al meridiano orizzontale. Dorsalmente e lateralmente o medialmente al disco ottico si nota una netta depressione avente un diametro di 1,5 – 2 mm. Il tessuto del tappeto forma intorno a questa depressione un anello di color blu verdastro brillante nei campioni conservati. È probabile che la demarcazione di quest’area da parte del tessuto del tappeto sia dovuto alla riduzione del numero delle cellule retiniche, per cui la parte periferica del tappeto spicca più brillantemente. La posizione di questa depressione è variabile, ma, di norma, è situata 4-9 mm dorsalmente al disco ottico e 2 – 6 mm lateralmente ad esso. In alcuni casi è contenuta nell’area del fondo in cui è situato il tappeto; in altri esemplari esaminando una sezione del fondo dell’occhio, può apparire ubicata vicino al tappeto, di forma 29 triangolare. Secondo la maggior parte degli anatomici, il bovino non possiede una fovea: invece, non è difficile individuare la fovea, anche ad occhio nudo nel fondo dell’occhio fissato. Nell’occhio del bovino vi sono tre o quattro vene e arterie che si irradiano dal disco ottico. La vena e l’arteria mediale dorsale e la vene e l’arteria mediale ventrale sono ben sviluppate; piccole, invece, l’arteria e la vena dorsolaterale. Le arterie sono più piccole delle vene. Intorno al disco dai vasi principali si distaccano dei rami, formando un angolo minore di 90°. Molti dei vasi intorno all’area del disco del fondo prendono origine dai vasi papillari; tuttavia alcuni derivare dei vasi dello strato corio capillare. Le vene che nascono dall’area papillare ventrale si dirigono verso l’area dell’ora ciliaris retinae, descrivendo un arco che circonda una parte della periferia retinica. La vena nasale ventrale forma l’arco più grande che può abbracciare metà della periferia del fondo (Martin, 1915). Martin ricorda che, talvolta nell’embrione persiste l’arteria ialoidea che invade il vitreo per 2 – 2,5 cm e può contenere del sangue. Secondo Martin (1915) i vasi del fondo sono assenti nell’area centrale che si estende orizzontalmente a partire dal disco ed è ubicata nell’area compresa fra i vasi dorsali e ventrali del fondo. Zurn (1902), citato da Martin (1915), ha segnalato, nel bovino, la presenza di una seconda macula situata 15 – 18 mm dorsalmente al disco ottico. La seconda macula avrebbe una larghezza di 2,0 – 2,5 mm e un’altezza di 1,5 mm (Martin, 1915). Nei preparati istologici le arterie si distinguono dalle vene in quanto hanno un colore e una struttura CFP30=Cefoperazone; DXT30=Doxiciclina; ENR=Enrofloxacina; EFT30=Ceftiofur; KF30=Cephalothin; N30=Neomicina; SXT=Sulfametazolo-Trimetrophin; TE30=Tetraciclina; TOB30=Tobramicina 30 75 • • • • CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30 ma resistente ad AMC30. Clostridium acetobutilycum è risultato sensibile a DXT30; SXT; TE30 mentre è risultato moderatamente resistente a AMC30; AK30; C30; CN10; CD2; ENR; EFT30 e resistente a CAZ30; CRO30; CXM30; CFP30; KF30. Velonella spp. è risultata sensibile a AK30; CN10; CD2; DXT30; ENR; EFT30; SXT; TE30 mentre è risultata moderatamente resistente a AMC30; C30 e resistente a CAZ30; CRO30; CXM30; CFP30; KF30. Bacterioides ureolitycum è risultato sensibile a AK30; CN10; DXT30; ENR; EFT30; SXT; TE30 mentre è risultata moderatamente resistente a AMC30; C30; CD2 e resistente a CAZ30; CRO30; CXM30; CFP30; KF30. Clostridium beijerinckii/butylicum è risultato sensibile a AMC30; AK30; C30; CN10; CD2; DXT30; ENR; EFT30; SXT; TE30 e resistente a CAZ30; CRO30; CXM30; CFP30; KF30. Leggenda antibiotici: AMC30=Agumentin; BA10=Bacitracina; CN10=Gentamicina; CAZ30=Ceftazidime; CRO30=Ceftriaxone; cellulare diversa. Assumono un colore più scuro delle vene con il metodo PAS-ematossilina-eosina. Gli elementi cellulari dei capillari sono rappresentati da cellule endoteliali e murali (indifferenziate). Nei capillari del bovino, le cellule endoteliali contengono numerose passerelle di cromatina spesse e scure. 1.10 CRISTALLINO Nel bovino il cristallino non differisce troppo da quello descritto in altre specie. Il diametro verticale può essere più piccolo di quello trasversale, pari a 17,75 – 18,70 mm; il raggio di curvatura della superficie anteriore è di 11,3 mm e sulla superficie posteriore di 9,7 mm (Martin, 1915). La distanza fra la cornea e la superficie anteriore del cristallino è di circa 4,5 mm, mentre quella fra la cornea e la superficie posteriore è di 13 – 13,5 mm. La lunghezza fra l’asse anteriore e quello posteriore del cristallino è di 12 mm. Il volume del cristallino è di circa 2 – 2,75 ml. AK30=Akanamicina; C30=Cloranfenicolo; CIP5=Ciclofloxacina; CD2=Clindamicina; CXM30=Cefuroxime; 74 31 • • • • • Fig. 4: struttura del cristallino in sezione. • • 32 Staphylococcus hyicus è risultato sensibile a AMC30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30 mentre è risultato resistente a AK30; ENR; TOB30. Enterococcus feacium è risultato sensibile a AMC30; AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30. Streptococcus uberis è risultato sensibile a AMC30; AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30. Glabicatella sanguinis è risultato sensibile a AMC30; AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30 ma moderatamente resistente a CD2. Aerococcus viridans è risultato sensibile a BA10; C30; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; DXT30; ENR; N30; SXT; TE30 mentre è risultato moderatamente resistente a AK30; CN10; CXM30; CFP30; EFT30; KF30; TOB30 e resistente a AMC30. Enterococcus durans è risultato sensibile a AMC30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; N30; SXT; TE30 mentre è risultato resistente a AD30; KF30; TOB30. Micrococcus spp. è risultato sensibile a AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; 73 • • • • • • TE30; TOB30 mentre è risultata resistente a BA10; CRO30; CXM30; CFP30; EFT30. Pantoea spp3 è risultato sensibile a AMC30; AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30. Citrobacter baumanii è risultato sensibile a AK30; BA10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; DXT30; EBR; N30; SXT; TE30; TOB30 mentre è risultato resistente a AMC30; C30; CN10; CXM30; CFP30; EFT30; KF30. Citrobacter koseri/amalanaticus è risultato sensibile a AK30; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CRO30; DXT30; ENR; EFT30; SXT; TE30 TOB30 mentre è risultato resistente a AMC30; BA10; CD2; CXM30; CFP30; KF30; N30. Staphylococcus lentus è risultato sensibile a AMC30; AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30. Staphylococcus capitis è risultato sensibile a AMC30; AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30. Staphylococcus xylosus è risultato sensibile a AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30 mentre è risultato moderatamente sensibile a AMC30 e resistente a CAZ30. 72 1.11 CORPO VITREO Nel bovino il corpo vitreo è più compatto di quello del cavallo. Il suo volume totale è di 20 – 21 ml; il rapporto fra il volume del corpo vitreo e il volume totale dell’occhio è di 1:1,5. Il corpo vitreo può essere invaso dall’arteria ialoidea che, in alcuni casi, può contenere un po’ di sangue. Una situazione siffatta non è stata osservata nel bovino adulto. NOTE COMPARATIVE CON IL BUFALO In uno studio effettuato presso l’università di Assiut (Egitto), sono state valutate le caratteristiche dell’iride in bufali appartenenti alla specie Bubalus bubalis (Misk, 1998). In questo studio sono stati valutati in totale 7782 bufali di cui 593 (pari al 7,62% del totale) con eterocromia dell’iride. È stato evidenziato che dei 593 soggetti con eterocromia 385 (64,92%) ne erano affetti bilateralmente mentre 208 (35,08%) ne erano affetti monolateralmente; inoltre 542 occhi (55%) erano affetti in maniera completa dall’eterocromia mentre 436 occhi (45%) erano affetti in maniera parziale. Durante lo studio si è evidenziato che la morfologia della pupilla, nei bufali con occhi normali e in quelli con eterocromia dell’iride, è di forma ellittica con una lieve costrizione nella sua parte centrale dovuta alla presenza dei “granula iridica” che conferiscono alla pupilla una forma di campana di legno. Misurazioni effettuate sulle pupille di questi animali hanno fornito i seguenti risultati: nei soggetti con iride normale il diametro orizzontale andava dai 12,00 ai 16,00 (media 12,83 ±1,06) ed il diametro verticale andava dai 6,00 ai 7,10 (media 33 6,33 ± 0,34); nei soggetti con eterocromia dell’iride invece il diametro orizzontale andava dai 12,30 ai 18,70 (media 14,96 ± 2,12) ed il diametro verticale andava dai 3,47 ai 11,90 (media 7,08 ± 2,39). Negli occhi con pigmentazione normale l’iride risulta composta da una parte centrale detta zona pupillare ed una zona periferica detta zona ciliare. La demarcazione tra queste 2 zone è una appariscente cresta, il collaretto, che circonda la zona pupillare con un andamento a zig-zag. La superficie della zona ciliare è più liscia rispetto a quella della zona pupillare e quest’ultima appare più sottile della zona ciliare. La superficie anteriore dell’iride è bicolore dal marrone al grigio scuro. La zona pupillare usualmente è più scura della zona ciliare. Se il colore della zona ciliare è marrone allora quello della zona pupillare sarà marrone scuro e quando il colore della zona ciliare è grigio il colore della zona pupillare sarà grigio scuro. Nei soggetti con eterocromia dell’iride completa, l’iride è bicolore e questa avrà una zona ciliare liscia,ampia e di colore bianco mentre avrà una zona pupillare relativamente ruvida, stretta e di colore grigio azzurro. Il collaretto apparirà come una linea irregolare tra le due zone. Nei soggetti con eterocromia dell’iride parziale questi presenteranno un’iride tri- o tetra- colore. La linea di demarcazione tra i vari colori è irregolare. Quando l’eterocromia riguardava solo la zona ciliare l’iride si presentava di tre colori: bianco e marrone (o grigio) per la zona ciliare e marrone scuro (o grigio scuro) per la zona pupillare. Similmente quando l’eterocromia riguardava solo la zona pupillare l’iride si presentava di tre colori: marrone (o Nei soggetti positivi alla presenza di Enterobacter spp. l’esame citologico risultava caratterizzato da rari granulociti neutrofili. Nei soggetti che presentavano Staphylococcus all’esame colturale, il quadro citologico era catarrerizzato dalla presenza di granulociti neutrofili e polimorfonucleati. 34 71 ANTIBIOGRAMMA All’antibiogramma i vari batteri isolati hanno dato le seguenti risposte: • E. coli è risultato sensibile a AMC30; AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30. • Enterobacter cloacae è risultato sensibile a AMC30; AK30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; CXM30; CFP30; DXT30; ENR; EFT30; KF30; N30; SXT; TE30; TOB30. • Enterobacter sakazakii è risultato sensibile a AK30; C30; BA10; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; CRO30; CFP30; ENR; EFT30; N30; SXT; TE30; TOB30 mentre è risultato mediamente resistente a AMC20; CXM30; DXT30; KF30. • Pantoea spp 4 è risultata sensibile a AMC30; AK30; C30; CN10; CIP5; CAZ30; CD2; DXT30; ENR; KF30; N30; SXT; Negli stessi soggetti, l’esame citologico ha evidenziato: • Cellule epiteliali appartenenti ai vari strati congiuntivali (basale, intermedio e superficiale) nel 100% dei casi. • Granulociti neutrofili non degenerati nel 34% dei casi, in numero limitato nel 17% dei casi, in numero moderato nell’8,5% dei casi, in numero elevato nell’8,5% dei casi. • Granulociti neutrofili degenerati nel 25,5% dei casi, in numero limitato nel 4,2% dei casi, in numero moderato nel 6,3% dei casi, in numero elevato nel 14,8% dei casi. • Polimorfonucleati in numero limitato (<10 x 20 HPF) nel 17% dei casi, in numero elevato (>10 x HPF) nel 14% dei casi. • Linfociti nel 10% dei casi. • Presenza di plasmacellule nel 2% dei casi. • Presenza di un micete nel 2% dei casi. • Presenza di un quadro tipicamente infiammatorio nel 12,7% dei casi. Nei soggetti in cui era stata isolata Alternaria spp., l’esame citologico ha evidenziato un numero elevato di granulociti neutrofili in 2 casi su 3 (pari al 66,6%) ed in numero limitato in 1 caso su 3 (pari al 33%). In un caso all’esame citologico è stato possibile identificare un fungo riferibile a Malassezia spp. non risultato all’esame colturale. Nella maggior parte dei casi in cui è stato isolato Escherichia coli, il quadro citologico era caratterizzato da un numero basso/moderato di granulociti neutrofili per lo più degenerati. 70 grigio) per la zona ciliare e marrone scuro (o grigio scuro) e blu grigio per la zona pupillare. Quando l’eterocromia dell’iride coinvolgeva un intero segmento dell’iride, questa si presentava di quattro colore: marrone (o grigio) e bianco per la zona ciliare, e marrone scuro (o grigio scuro) e blu grigio per la zona pupillare. Altri dati evidenziati in questo studio hanno consentito di delineare alcune caratteristiche anatomiche dell’iride del Bufalo: La faccia posteriore dell’iride normale si presenta fortemente colorata ed appare nera o marrone scura. La zona ciliare presenta pieghe radiali mentre la zona pupillare ha superficie liscia. Lo spessore dell’iride in soggetti normali misurata a livello della zona ciliare va da 833,15 a 870,05 mm (media 853,09 ± 9,12) mentre nei soggetti con eterocromia va da 788.90 a 815,30 mm (media 803,00 ± 7,70); lo spessore a livello della zona pupillare nei soggetti normali va da 244,66 a 270,51 mm (media 261,77 ± 6,92) mentre nei soggetti con eterocromia va da 228,39 a 247,55 mm (media 238,50 ± 5,75); lo spessore stromale a livello della zona ciliare nei soggetti normali va da 825,13 a 835,10 mm (media 830,24 ± 2,88) mentre nei soggetti con eterocromia va da 758,34 a 777,20 mm (media 768,10 ± 5,16); lo spessore stromale a livello della zona pupillare nei soggetti normali va da 330,59 a 351,60 mm (media 354,83 ± 5,93) mentre nei soggetti con eterocromia va da 100,50 a 199.90 mm (media 190,46 ± 19,47). Per quello che riguarda la larghezza delle due zone queste sono: 35 1) Zona ciliare mediale: 5,20 – 8,50 mm (6,20) nei soggetti normali e 4,30 – 8,20 mm (6,00) nei soggetti con eterocromia. 2) Zona ciliare laterale: 8,00 – 12.0 mm (9,50) nei soggetti normali e 6,50 – 10,7 mm (8,44) nei soggetti con eterocromia. 3) Zona ciliare superiore: 5,10 – 9,20 mm (6,80) nei soggetti normali e 4,62 – 7,80 mm (6,14) nei soggetti con eterocromia. 4)Zona ciliare inferiore: 5,40 – 9,50 mm (7,50) nei soggetti normali e 5,00 – 8,80 mm (7,11) nei soggetti con eterocromia. 5)Zona pupillare mediale: 2,20 – 4,20 mm (3,15) nei soggetti normali e 1,90 – 4,80 mm (2,76) nei soggetti con eterocromia. 6)Zona pupillare laterale: 2,20 – 4,50 mm (2,85) nei soggetti normali e 2,00 – 4,20 mm (2,80) nei soggetti con eterocromia. 7)Zona pupillare superiore: 3,50 – 6.00 mm (4,40) nei soggetti normali e 3,30 – 5,40 mm (4,40) nei soggetti con eterocromia. 8) Zona pupillare inferiore: 3,50 – 6,50 mm (4,50) nei soggetti normali e 2,90 – 5,20 mm (4,35) nei soggetti con eterocromia. Negli occhi normali i granula iridica appaiono come masse nere sul margine dorsale della pupilla ed occupano in media 9,75 mm del margine pupillare dorsale. Questi granula iridica hanno uno spessore di 0,5 – 1,5 mm e rappresentano un’unica massa. Nel 30% dei soggetti normali questi elementi sono presenti anche a livello del margine ventrale della pupilla ma hanno dimensioni inferiori, occupando infatti solo 3,51 mm del margine dorsale della pupilla. Negli occhi con 36 • • • • • • • • • • • • • • Enterobacter cloacae (Gram-), Staphylococcus xylosus (Gram+) in 10 occhi sugli 81 totali (pari al 12,3%). Streptococcus uberis (Gram+) in 9 occhi sugli 81 totali (pari al 11,1%). Globicatella sanguinis (Gram+) in 7 occhi sugli 81 totali (pari all’8,6%). Enterobacter sakazakii (Gram-) in 4 occhi sugli 81 totali (pari al 4,9%). Pantoea spp 4 (Gram-), Aerococcus viridans (Gram+) in 2 occhi su 81 (pari al 2,5%). Citrobacter baumanii, Citrob. koseri/amalanaticus, Serratia odorigera, Raoutella ornithinolytica ( appartenenti ai Gram-), Staphylococcus hyicus, Enterococcus durans, Micrococcus spp (appartenenti ai Gram+) in 1 soggetto (pari al 1,2%). Esame micologico positivo in 5 soggetti sui 57 dello studio (pari all’8,8%). Alternaria spp. presente in 3 occhi sugli 81 totali (pari al 3,7%). Candida spp. presente in 2 occhi sugli 81 totali (pari al 2,5%). Esami colturali per i batteri anaerobi positivi in 7 casi sui 10 effettuati (pari al 70%). Clostridium acetobutylicum in 5 casi sulle 10 colture anaerobie (pari al 50%). Bacteroides ureolyticum in 4 casi sulle 10 colture anaerobie (pari al 40%). Vellonella spp in 3 casi sulle 10 colture anaerobie (pari al 30%). Clostridium beijerinckii/butylicum in 2 casi sulle 10 colture anaerobie (pari al 20%). 69 batteri e dei miceti eventualmente presenti, con relativo antibiogramma. Sono stati effettuati, immediatamente dopo, scarificati congiuntivo-corneali di almeno un occhio utilizzando uno scovolino (brush). E’ stato allestito un vetrino per ogni prelievo, fissato all’aria, e recapitato per l’osservazione al microscopio presso il Dipartimento di Patologia e Sanità Animale, Sezione di Patologia Generale ed Anatomia Patologica, della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Napoli Federico II. RISULTATI Nei soggetti esaminati, l’esame colturale batteriologico e micologico con tipizzazione ed antibiogramma ha messo in evidenza: • Esito negativo in 2 soggetti (pari al 3,5% del totale). • Presenza di batteri Gram- in 58 occhi sugli 81 occhi totali dello studio (pari al 71,6%). • Presenza di batteri Gram+ in 77 occhi sugli 81 occhi totali dello studio (pari al 95,1%). • Presenza sia di batteri Gram- che di batteri Gram+ in 56 occhi sugli 81 occhi totali dello studio (pari al 69,1%). • Enterococcus faecium (Gram+) in 45 occhi sugli 81 totali (pari al 55,5%). • Staphylococcus lentus (Gram+) in 41 occhi sugli 81 totali (pari al 50,6%). • E. coli (Gram-) in 38 occhi sugli 81 totali (pari al 46,9%). • Staphylococcus capitis (Gram+) in 12 occhi sugli 81 totali (pari al 14,8%). 68 eterocromia i granuli iridica sono presente in tutti gli occhi a livello del margine dorsale della pupilla ed occupano 9.1 mm del margine pupillare stesso. Questi hanno uno spessore di 0,5 – 1,5 mme rappresentano una unica massa. Nel 30% degli animali è possibile evidenziare anche sul margine ventrale questi elementi ma di dimensioni inferiori rispetto ai dorsali, occupando infatti solo 3,02 mm del margine ventrale della pupilla. NOTE COMPARATIVE CON IL BISONTE In uno studio effettuato presso la Kansas State University (Manhattan, USA) sono state prese in considerazione le caratteristiche dell’occhio del bisonte (Bison bison) (Davidson, 1999). Dallo studio è emerso che l’occhio del bisonte è simile a quello dei bovini, tuttavia nei bisonti gli occhi sono posizionati sulla porzione laterale della testa. La lunghezza orizzontale della fessura palpebrale è risultata essere approssimativamente di 42 mm. I punti lacrimali erano posizionati a circa 5 mm dal canto mediale della palpebra superiore ed inferiore. La media della lunghezza orizzontale da limbo a limbo è risultata di 25 mm. La maggioranza della slera era di colore bianco ma era pigmentata nella zona circostante il limbo. L’iride risultava essere di colore marrone scuro. La pupilla aveva forma ovale sul piano orizzontale con piccoli e rotondi granula iridica (corpora nigra) sul margine dorsale. Piccoli e rudimentali corpora nigra vennero osservati anche sul margine ventrale di alcuni occhi. La pupilla era abbastanza larga da permettere l’esame del disco ottico e del fondo ad esso circostante senza bisogno di un farmaco midriatico. Il disco ottico è risultato 37 all’osservazione della stessa forma e dimensione di quello dei bovini, ma non sono state effettuate misurazioni a tale riguardo. La zona tappetale del fondo presentava colorazione blu – verde, mentre la zona non tappetale del fondo era fortemente pigmentata. L’estensione corneale dell’occhio del bisonte è risultata essere approssimativamente di 33mm sul piano orizzontale e 25mm sul piano verticale. L’unica generale differenza rispetto all’occhio dei bovini è risultato essere il livello di pigmentazione che risulta essere maggiore in tutte le strutture pigmentate del bisonte. Le misurazioni dell’occhio del bisonte emerse in questo studio devono essere interpretate con cautela a causa della scarsità dei campioni (solo 10 soggetti) dovuta al temperamento nevrile di questi animali che non permettono la manipolazione. Nel contempo, abbiamo verificato le possibilità diagnostiche offerte dall’esame citologico degli scarificati congiuntivo-corneali, sottolineando la corrispondenza tra i risultati dell’esame colturale e quelli dell’esame citologico. 38 67 MATERIALI E METODI Lo studio è stato realizzato su 60 bufali (59 di sesso femminile ed 1 di sesso maschile), che si trovavano in un allevamento di bufali e bovini, situato in provincia di Salerno. Di tutti i soggetti esaminati è stata annotato: l’anno di nascita, il sesso, il periodo del ciclo produttivo, i risultati dell’esame clinico e della visita oftalmologica. Dei 60 soggetti facenti parte della nostra casistica, 58 non mostravano alcun segno di patologia oculare, mentre 2 soggetti presentavano esiti cicatriziali di pregresse ulcere corneali in assenza di sintomatologia algica e scolo oculare. Per le valutazioni diagnostiche non è stato effettuato alcun trattamento farmacologico, ma solo un contenimento in travaglia. Sono stati effettuati su 57 soggetti campioni per la coltura batterica dal sacco congiuntivale inferiore di almeno un occhio (su 22 soggetti da entrambi gli occhi), inoltre su 10 soggetti a caso sono stati utilizzati anche tamponi per i batteri anaerobi. I tamponi, utilizzando un terreno di trasporto, sono stati recapitati in poche ore presso il Dipartimento di Patologia e Sanità Animale, Sezione di Malattie Infettive e Microbiologia, della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Napoli Federico II, per essere sottoposti a isolamento e tipizzazione dei Le patologie oculari, nel bufalo, si sviluppano con notevole frequenza a causa della naturale esposizione dell’occhio ad un gran numero di agenti lesivi di vario genere. Qualsiasi fattore traumatico, anche minimo, che agisca sull’occhio, può accrescere la virulenza dei microrganismi che normalmente sono presenti sulla superficie oculare. Le patologie oculari nell’industria degli alimenti di origine bufalina sono estremamente importanti a causa delle grosse perdite economiche che queste patologie determinano. In presenza di una lesione oculare esterna, per poter risalire all’eziologia, il più delle volte non è sufficiente la sola visita clinica e bisogna fare ricorso a opportune metodiche di supporto diagnostico. Bisogna, tuttavia, considerare che in molti casi si rende necessario un intervento immediato; occorre, pertanto, sviluppare una metodica che ci consenta di formulare in tempi brevi, una diagnosi presuntiva sufficientemente attendibile, in modo da poter iniziare il trattamento prima dell’esito dell’esame colturale e del relativo antibiogramma (che richiedono qualche giorno). La metodica che meglio soddisfa questa esigenza è la citologia. E’ di fondamentale importanza, inoltre, nella scelta della terapia di approccio ad una lesione oculare esterna, la conoscenza della flora microbica di più frequente isolamento nella specifica area geografica in cui tale lesione è stata riscontrata. Abbiamo ritenuto utile, pertanto, effettuare una valutazione microbiologica (batteri e miceti) per ottenere uno screening della flora microbica congiuntivale prevalente in soggetti della regione Campania non affetti da lesioni oculari. 2.1 TECNICHE DI PRELIEVO PER L'ESAME CITOLOGICO DI CONGIUNTIVA E CORNEA Per un'accurata diagnosi è essenziale una metodologia corretta per ottenere campioni da esaminare. E' da tener presente che in soggetti sani le tecniche di prelievo per l'esame citologico non causano dolore al soggetto. I metodi di raccolta citologica per il comparto anteriore dell'occhio comprendono: impressione, tecniche di strofinio e raschiato. L'impressione, in oftalmologia, è molto usata nello studio delle cellule caliciformi e delle cellule epiteliali corneali e congiuntivali. 66 39 CAP. 2 TECNICHE DIAGNOSTICHE COMPLEMENTARI PER L’ESAME DEL COMPARTO ANTERIORE DELL’OCCHIO La valutazione citologica del materiale cellulare prelevato dal comparto anteriore dell’occhio e degli annessi oculari del bovino è un valido mezzo diagnostico che può fornire utili indicazioni per il trattamento di alcune patologie oftalmiche del bovino. Il prelievo e l’esame citologico sono facili da realizzare, poco costosi e screvi da rischi. La citologia, se associata a biopsia e ad esame colturale, può, nella maggior parte dei casi, offrire una diagnosi esatta e rendere possibile il corretto trattamento. Lo strofinio di congiuntiva e cornea non produce cellule idonee allo studio e quindi è sconsigliata come tecnica citologica per l'occhio. Il raschiato è una comune tecnica citologica per la raccolta di cellule oculari superficiali. Vari strumenti sono usati per questa tecnica, il più diffuso e apprezzato è rappresentato dalla spazzola di Kimura, che si compone di un manico e di un'estremità atta alla scarificazione, con punta in platino facilmente sterilizzabile. Di recente è stata riportata una tecnica citologica esfoliativa di congiuntiva e cornea (Bauer, 1996), che prevede l'utilizzo di uno spazzolino (tecnica con brush). E' stato evidenziato che con questo metodo si ottiene un numero sufficiente di cellule per l’interpretazione citologica e può essere prodotto un consistente monostrato di cellule epiteliali. Se una spatola viene usata per la raccolta di campioni oftalmici, occorre sterilizzare ripetutamente la punta con alcol infiammato e raffreddamento rapido per un pronto reimpiego. Con la spatola di Kimura si deve raschiare a lungo e in una sola direzione lungo la superficie; la pressione da usare deve essere tale da non contaminare il campione con sangue, dopo di che trasferire subito il materiale raccolto su un vetrino e strisciarlo. Se il materiale prelevato è particolarmente abbondante, è possibile aggiungere una goccia di soluzione sterile prima di strisciare il campione, in modo da ottenere uno striscio sottile che, idealmente, contenga un solo strato di cellule. Per la tecnica con brush, la parte attiva dello strumento (formato da uno “spazzolino” a sezione tronco-conica) viene fatta roteare sulla superficie 40 CAP. 6 NOSTRE ESPERIENZE PRATICHE SUGLI ASPETTI COLTURALE, CITOLOGICI ED ECOGRAFICI DELL’OCCHIO SANO NEL BUFALO CAMPANO. La conoscenza delle affezioni oculari ad eziologia batterica del Bufalo Mediterraneo assume una notevole importanza nella tutela della sanità animale e dell’uomo, in quanto i microrganismi che si rendono responsabili di queste patologie possono provocare alterazioni del latte e della carne nell’animale affetto e, al tempo stesso, essere potenzialmente trasmessi agli uomini che sono a diretto contatto coi bufali (Sachindra et al., 2005; Han et al., 2007; Anderson et al., 2008). Questi animali, inoltre, assumono un ruolo di potenziali vettori di disseminazione di batteri resistenti ai farmaci antimicrobici (Oliveira et al., 2009). Benché il Bufalo Mediterraneo rappresenti una specie di animale domestico di estrema importanza nell’economia di alcune regioni in Italia, a nostra conoscenza non esistono, ad oggi, lavori che descrivino le caratteristiche anatomiche dell’occhio di questi animali e/o l’incidenza e le caratteristiche delle affezioni oculari che lo contraddistinguono. 6.1 ASPETTI COLTURALI E CITOLOGICI DELL’OCCHIO SANO NEL BUFALO CAMPANO 65 cristallino 17,8 per le H. F. e 19,2 per le J.; Diametro lateromediale del cristallino 13,5 per le H. F. e 12,4 per le J.; Diametro del nervo ottico 13,4 per le H. F. e 13,6 per le J. Da questi studi si evidenza facilmente l’utilità che lo studio ecografico può rivestire nello studio delle strutture oculari nei vari animali e nella valutazione di eventuali patologie che riguardano ognuno dei suoi elementi costitutivi, in maniera del tutto atraumatica per gli animali stessi. oculare così da effettuare un prelievo di cellule superficiali. Successivamente al prelievo il materiale raccolto verrà trasferito su un vetrino attraverso un duplice movimento di roteazione ed avanzamento, dello strumento, sul vetrino stesso. 2.2 TECNICHE DI PRELIEVO PER L’ESAME COLTURALE DELLA FLORA MICROBICA E MICOTICA CONGIUNTIVO – CORNEALE L’esame culturale si esegue effettuando un prelievo, attraverso l’utilizzo di tamponi colturali, sulla superficie del globo oculare. Successivamente il tampone verrà posto nell’apposito terreno di trasporto, dove rimarrà fino all’arrivo al laboratorio. In laboratorio avverrà poi la “semina” su terreni colturali specifici. Risulta utile includere i campioni colturali in agar sangue (che è il miglior terreno colturale per molti batteri aerobi); l’agar Sabourad per sospette infezioni fungine; mentre l’agar cioccolato potrebbe essere usato in aggiunta all’agar sangue per i batteri più selettivi. Varie specie di batteri e funghi possono essere isolati da tamponi oculari e congiuntivali in bovini sani. 2.3 TECNICHE DI PRELIEVO PER L’ESAME BIOPTICO CONGIUNTIVO CORNEALE Per dimostrare la presenza di elementi fungini può essere necessaria una cheratectomia parziale o una biopsia corneale. La tecnica dell’impressione della porzione di cornea biopsata, può essere usata per l’esame citologico. Il tessuto viene prima fissato in 64 41 formalina per l’esame istologico e poi colorato con colorazioni speciali per la ricerca di elementi fungini. La biopsia congiuntivale o corneale è una tecnica diagnostica usuale, in modo speciale per scoprire neoplasie, parassiti o funghi. Due gocce di anestetico locale, qualche minuto prima del prelievo, sono sufficienti per anestetizzare tessuto corneale o congiuntivale per la biopsia. Questa tecnica è prevalentemente utilizzata in caso di globi oculari già affetti da patologie oculari. 2.4 COLORAZIONI UTILIZZATE Diverse colorazioni simili alla colorazione Romanowsky (Wright, Giemsa, Wright-Giemsa modificata) vengono utilizzate per identificare cellule infiammatorie, batteri, funghi o inclusioni citoplasmatiche. Con la colorazione Romanowsky è possibile riconoscere e identificare la maggior parte dei funghi, cocchi e bastoncelli; la colorazione Gram può essere usata per tipizzare batteri Gram positivi o Gram negativi. In questo modo un trattamento immediato può essere istituito basandosi sulle proprietà di colorazione e sulle proprietà morfologiche degli organismi patogeni oculari conosciuti, benché, in molti casi, per testare anche la sensibilità agli antibiotici, per una terapia definitiva. Colorazioni speciali possono essere usate per identificare funghi, come la PAS (Periodic acidSchiff), GMS (Gomori Methenamine Silver) o Cellulofluor. 42 o di anestesia topica o tronculare. Attraverso l’ecografia oculare sono state valutate la lunghezza assiale del globo oculare, del corpo vitreo, dell’umore acqueo, spessore corneale, misure del cristallino (diametro lateromediale e anteroposteriore) e infine spessore del fondo oculare. Lo studio ha evidenziato che la cornea, la capsula anteriore e quella posteriore del cristallino ed il fondo del globo apparivano iperecoiche, mentre umore acqueo, umor vitreo e cristallino apparivano anecoiche. La cornea appariva come una doppia linea convessa ecoica. La capsula anteriore del cristallino come una linea convessa ecoica separata dalla linea concava ecoica della capsula posteriore del cristallino dalla struttura anecoica del cristallino stesso. Iride e corpi ciliari apparivano come strutture dalla ecogenicità moderata. Il fondo appariva come una struttura concava ecoica. Le tre componenti del fondo (retina, coroide e strati sclerali) non potevano essere differenziate. Le misurazioni effettuate su questi animali in vita non differivano da quelle effettuate su animali macellati, inoltre la lunghezza dell’asse dell’occhio dei soggetti di razza Holstein Fiesians era maggiore rispetto a quella dei soggetti di razza Jersey, ad esclusione del vitreo che risultava minore nelle Holstein Fiesians. Le misure risultarono infatti essere: Lunghezza assiale 34,6 per l’Holstein Friesians e 32,7 per le Jersey; Umor acqueo 3,3 per le H. F. e 3.6 per le J.; Corpo vitreo 14,6 per le H. F. e 16,2 per le J.; Spessore corneale 2,0 per le H. F. e 1,7 per le J.; Spessore del fondo del globo 1,8 per le H. F. e 2,2 per le J; Spessore anteroposteriore del 63 capsula posteriore del cristallino alla parete posteriore del globo e l’asse del bulbo). Confrontando le misurazioni con quelle dirette effettuate sul globo congelato si è dimostrato che i risultati erano molto simili. Dallo studio è risultato che la cornea appariva come un’eco a doppia parete con una zona centrale anecoica; le camere anteriore e posteriore risultavano anecoiche; l’iride e i corpi ciliati apparivano di forma lineare e con ecogenicità moderata; il cristallino si visualizzava subito posteriormente all’iride come due strie curvilinee rappresentanti le capsule anteriori e posteriori del cristallino stesso, mentre internamente appariva anecoico; il corpo vitreo appariva come una zona anecoica che si estendeva da corpi ciliati e dalla capsula posteriore del cristallino fino alla parete posteriore del globo; la parete posteriore è risultata essere la struttura con la ecogenicità maggiore ma non era possibile visualizzare singolarmente retina, coroide o gli strati sclerali. Per quel che concerne le misurazioni i risultati ottenuti sono: Cornea 1.2 – 1.6 mm; Umore acqueo 5.6 – 7,5 mm; Cristallino 10,9 – 12,0 mm; Corpo vitreo 11,7 – 15,6 mm; Asse del bulbo 30,0 – 32,4 mm. In un altro studio effettuato presso l’università di Londra (Gran Bretagna) sono state valutate le caratteristiche oculari per via ecografica (Potter, 2008). Lo studio è stato effettuato su 30 soggetti adulti di razza Holstein Fisesian (età media 5 anni) e 8 soggetti adulti di razza Jersey. Gli esami sono stati effettuati per via trans palpebrale con i soggetti contenuti in travaglia, senza l’utilizzo di sedazione L’IFA (Immunofluorescent Antibody) è stata utilizzata per evidenziare antigeni congiuntivali nelle infezioni da Clamidia. 62 43 CAP. 3 CAP. 5 ASPETTI CITOLOGICI CONGIUNITVO – CORNEALI DELL’OCCHIO BOVINO NEI SOGETTI SANI La morfologia delle cellule corneali e congiuntivali del bovino sano, è simile a quella descritta per il cane ed il gatto. Le cellule epiteliali superficiali sono appiattite con abbondante citoplasma, intorno ad un nucleo centrale, ovale basofilo. Le cellule della zona intermedia sono più poliedriche, mentre le cellule basali e parabasali, originando dallo strato più profondo della cornea e della congiuntiva, sono rotonde e cilindriche, con citoplasma meno abbondante, ma di colorazione più scura. Cellule epiteliali corneali e congiuntivali cheratinizzate sono anormali, eccetto per le cellule congiuntivali adiacenti al margine palpebrale. Le cellule cheratinizzate, hanno il citoplasma dal blu scuro al blu-verde, con un nucleo degenerato, picnotico, o assente. Molte di queste cellule, quando strisciate, assumono una forma di rettangoli allungati e appuntiti che non devono essere confusi con corpi estranei. Granuli melaninici intracitoplasmatici sono comuni in cellule epiteliali raccolte da aree pigmentate, come in prossimità del limbo, o di lesioni pigmentate; mentre non si trovano in cellule epiteliali corneali normali. I granuli di melanina appaiono verde scuro, marroni o neri, con forme differenti. ASPETTI ECOGRAFICI DELL’OCCHIO BOVINO IN SOGGETTI SANI 44 61 L’utilizzo dell’ecografia per la valutazione delle caratteristiche dell’occhio permette in maniera semplice la misurazione di elementi intraoculari e la determinazione della loro posizione senza il rischio di ricorrere in artefatti. In uno studio effettuato presso l’università di Zagazig (Egitto) è stata utilizzata l’ecografia per valutare alcune misure intraoculari, poi confrontate con quelle osservate attraverso uno studio anatomico (El-Maghraby, 1994). In questo studio sono stati valutati ecograficamente gli occhi di 60 bovini. Gli occhi erano stati prelevati al macello subito dopo la macellazione. I globi enucleati venivano immersi in Sodio Cloruro 0,9% e mantenuti a temperatura ambiente (21°C). Tutti gli occhi sono stati valutati entro 2 ore dall’espianto. Per la scansione ecografica gli occhi venivano suturati ad una garza a livello del nervo ottico con un filo da sutura 6 – 0 ed immersi in 10ml si Sodio Cloruro 0,9%. I globi venivano esaminati lungo il piano sagittale. L’esame ecografico permetteva di visualizzare e valutare tutte le componenti intraoculari. Nel corso dello studio sono stati misurati lo spessore della cornea, la profondità dell’ umor acqueo (dal centro della cornea alla capsula anteriore del cristallino), il diametro del cristallino, la profondità del corpo vitreo (distanza dalla Nei soggetti esaminati nel novembre del 1997 (38 bisonti) vennero isolati Bacillus spp. (68,4%), Micrococcus spp. (23,6%), Staphylococcus hyicus (21,0%), Lactobacillus spp. (7,8%), Pseudomonas spp. (2,6%), Moraxella spp (21,0%), Streptococcus α emolitici (2,6%), Streptococcus non emolitici (10,5%), Staphylococcus aureus (7,8%), Staphylococcus epidermidis (7,8%), Moraxella bovis (7,8%), Klebsiella pneumoniae (5,2%), Enterobacter agglomerans (2,6%), Citrobacter spp. (2,6%), Proteus vulgaris (2,6%). Nei soggetti esaminati nel Marzo 1998 (25 bisonti) vennero isolati Bacillus spp. (84,0%), Micrococcus spp. (84,0%), Staphylococcus hyicus (12,0%), Lactobacillus spp. (24,0%), Pseudomonas spp. (32,0%), Streptococcus α emolitici (24,0%), Streptococcus non emolitici (4,0%), Enterobacter agglomerans (4,0%), Pasteurella spp. (4,0%), Proteus mirabilis (4,0%). In nessuno dei 63 bisonti vennero ritrovati Mycoplasmi. Microrganismi: una popolazione di flora batterica, normalmente abita la superficie mucosa oculare e può essere trovata nei campioni citologici dei bovini sani. Cellule caliciformi e muco: le cellule caliciformi sono larghe con nucleo periferico. Il muco intracellulare può apparire come un’area pulita, o può colorarsi di rosso o blu con colorazione Romanowsky. Le cellule caliciformi tendono ad accumularsi in ammassi e vengono trovate in più alte concentrazioni nel fornice nasale inferiore. Eritrociti e cellule infiammatorie: occasionali eritrociti, linfociti, monociti, plasmacellule e neutrofili sono di solito presenti in raschiati congiuntivali del bovino sano. Se sono presenti neutrofili, monociti o plasmacellule, che arrivano con il sangue periferico, in gran numero e senza eritrociti, molto probabilmente è presente una reazione infiammatoria. La superficie bulbare della membrana nittitante contiene alcuni follicoli linfoidi, quindi i raschiati di questa zona possono contenere numerosi linfociti. Una corretta interpretazione, quindi, di un campione citologico contenente cellule infiammatorie, può essere fatta con la considerazione dei segni clinici dell’infiammazione oculare e con la considerazione del numero e del tipo di cellule presenti. Pseudo inclusioni: inclusioni di materiale nucleare possono risultare nel citoplasma in seguito alla rottura della membrana nucleare, questo artefatto potrebbe sembrare un corpo incluso. 60 45 NOTE ISTOLOGICHE E ULTRASTRUTTURALI DELL’IRIDE DEL BUFALO L’iride dei bufali è istologicamente divisa in tre strati (Misk, 1998). Nell’iride di soggetti normali lo strato stromale o strato anteriore di confine consiste di 2 tipi di cellule: fibrobrasti e melanociti. I fibrobrasti formano uno strato discontinuo rostrale e sono frequentemente separate tra di loro da degli spazi intercellulari. I melanociti contengono un rilevante numero di granuli di melanina. La maggior parte di questi granuli è di forma rotondeggiante e raramente di forma ovoidale. Nei soggetti con eterocromia dell’iride lo strato anteriore di confine consiste di soli fibroblasti dal momento che i melanociti sono completamente assenti. Nell’iride dei soggetti normali lo stroma è composto per la maggior parte da sostanza iridea e varia nel suo spessore da un punto ad un altro, ma generalmente si considera più spesso nella zona ciliare rispetto a quella pupillare. Questo consiste principalmente di fibre collagene, melanociti, fibroblasti, vasi sanguigni, nervi e cellule muscolari lisce dello sfintere pupillare a livello di zona pupillare. Nello stroma dell’iride sono distribuiti vasi sanguigni di varia grandezza. Questi sono più larghi a livello della porzione basale dell’iride rispetto a quelli della porzione libera. Lo stroma irideo contiene nervi mielinizzati e non mielinizzati. E’ evidente molto spazio intercellulare. I melanociti sono più prominenti rispetto ai fibroblasti ma in numero minore e dispersi nello stroma. La forma dei granuli di melanina citoplasmatica appare rotonda e raramente per la crescita batterica. Le differenti colonie batteriche vennero poi isolate su piastre di agar sangue. Il secondo tampone veniva posizionato direttamente in Hayflick per la coltura dei Mycoplasmi. Appena arrivati in laboratorio questi tamponi venivano seminati su piastre con agar Hayflick. I tubi contenitori e le piastre vennero incubati a 37°C in 5% di CO2 ed esaminati giornalmente per 2 settimane alla ricerca di crescita di Mycoplasmi. I cocchi Gram+ vennero testati per l’ossidasi e la catalasi. Tutti i cocchi Gram+ ossidasi e catalasi positivi venivano classificati con Micrococcus sp. e non vennero eseguiti ulteriori test. Per differenziare Staphylococcus epidermidis e S. hyicus da altri Staphylococcus non emolitici, i cocchi Gram+, ossidasi negativi e catalasi positivi vennero testati per la fermentazione di mannitolo, maltosio e trealosio. Gli emolitici vennero testati per la coagulasi. Per identificare gli Streptococchi α- e βemolitici, i cocchi Gram+ e coagulasi negativi vennero testati per la produzione acida in brodo di trealosio, sorbitolo, mannitolo, salicina, lattosio, raffinosio, inulina e esculina. L’idrolisi dell’esculina e la crescita in 6% di NaCl dimostrarono gli Streptococcus αemolitici. Bacillus spp. E Lactobacillus spp. Furono identificati in accordo con le tecniche standard. Tutti i batteri Gram- vennero caratterizzati attraverso procedure standard. Le Moraxelle identificate non vennero testate per il sierotipo. I batteri sono stati isolati da tutti e 63 i soggetti, individuandone 17 specie. 46 59 Tutti gli animali avevano una età compresa tra i 6 mesi ed i 10 anni e sono stati selezionati in base alla mancata presenza di patologie oculari. Tutti i soggetti dello studio erano sani a parte un maschio affetto da rogna demodettica che coinvolgeva la pelle della regione periorbitale. I bisonti venivano fatti passare attraverso una strettoia progettata appositamente, e grazie ad un torcinaso la testa veniva ruotata da un lato all’altro per permettere la visita oftalmologica. Entrambi gli occhi sono stati esaminati con una penlight, una lente da magnificazione e con un oftalmoscopio indiretto. La lampada a fessura è stata utilizzata solo se all’esame con penlight si presentavano aree sospette di patologia oculare. Test lacrimali, irrigazioni dei dotti lacrimali, misurazioni delle pressioni intraoculari e dilatazione pupillare farmacologicamente indotta non furono possibili a causa dei vincoli di tempo e del temperamento degli animali. Il test della fluoresceina è stato utilizzato solo in soggetti che sembravano avere anormalità corneali. Due differenti tamponi sono stati usati per campionare il sacco congiuntivale inferiore sinistro di ogni animale (è stato scelto questo occhio a causa dei vincoli fisici imposti dall’area di campionamento). Il primo tampone era un tampone commerciale per l’isolamento batterico sterile e preinumidito (Culturette, Becton – Dickinson &Co, Cockeysville, Md.). Questo tampone veniva seminato su agar sangue e agar MacConkey entro 3 ore dalla raccolta ed incubato a 37°C in 5% di CO2. Le piastre venivano controllate dopo 24 e 48 ore ovoidale o allungata. Il citoplasma di queste cellule è molto grande e ripieno di granuli di melanina. L’iride dei soggetti con eterocromia possiede la stessa struttura di quelli con occhi non eterocromici benché siano quasi completamente assenti i melanociti, anche se a volte è stata riscontrata la presenza in questi soggetti di un melanocita per campo microscopico. L’epitelio posteriore pigmentato dell’iride possiede la stessa struttura nelle iridi normali ed in quelle eterocromatiche. Esso consiste di uno strato posteriore pigmentato di cellule e uno strato anteriore di cellule pigmentate nella porzione apicale e di cellule muscolari lisce nella porzione basale. La porzione di cellule muscolari lisce dello strato anteriore forma il muscolo dilatatore della pupilla che è disposto subito anteriormente allo strato pigmentato dell’iride. Le porzioni apicali dello strato epiteliale anteriore contiene i nuclei delle cellule pigmentate che erano sparse nella pozione muscolare della cellula. Quando osservata usando un microscopio a scansione la superficie anteriore iridea dei soggetti normali ed etero cromatici è apparsa la stessa. La superficie anteriore dell’iride non è coperta da uno strato continuo di cellule ma presenta piccoli gruppi cellulari o cripte di varia grandezza. Le cripte presenti nella zona ciliare sono più piccole in dimensione di quelle della zona pupillare. Quest’ultimo ha raggruppamenti di grosse dimensioni e appaiono concentriche con la periferia dell’iride. La superficie posteriore dell’iride è uguale in soggetti normali ed eterocromici. L’epitelio pigmentato posteriore è disposto in pieghe radiali che si estendono dalla base dei 58 47 processi ciliari e terminano gradualmente alla giunzione tra zona ciliare e zona pupillare. Le cellule dell’epitelio pigmentato sono orientate con il loro asse lungo circonferenzialmente nell’iride, dando così origine a due modelli sulla superficie posteriore. Le pieghe radiali sono assenti sulla superficie posteriore della zona pupillare. I granula iridica originano dell’epitelio pigmentato posteriore dell’iride. Istologicamente sono una struttura simil – cistica circondata da un doppio strato di epitelio pigmentato. Le cisti cominciano a presentarsi sulla superficie posteriore della zona pupillare e diminuiscono in numero ma aumentano di dimensione verso la periferia dei granula iridica. Queste strutture appaiono simili sia negli occhi normali che in quelli eterocromatici. in Iran. Le specie con maggiori riscontri furono lo Streptococcus sp. in Turchia, lo Staphylococcus sp. in USA ed il Bacillus sp. in Iran. Le uniche specie microbiche presenti in tutti e 3 gli studi sono risultate essere Staphylococcus sp. e Bacillus sp., mentre maggiori sono state le analogie tra la flora microbica riscontrata in Turchia e negli USA (Staphylococcus sp., Moraxella sp., Escherichia coli, Bacillus sp., Pseudomonas sp., Klebsiella sp., Acinetobacter sp.). Confrontando invece gli studi svolti alla ricerca dei miceti si nota che il maggior numero di specie funginee è riscontrato nello studio svolto in Italia dove furono rinvenute 19 differenti specie, mentre nello studio svolto negli USA ne furono rinvenute solamente 8. La specie più rappresentata risulta essere il Pennicillum sp. in Italia e Cladosporidium sp. negli USA. E’ interessante notare che delle 8 specie riscontrate nello studio condotto negli USA la quasi totalità venne riscontrata anche nullo studio Italiano, il solo micete riscontrato negli USA e non riscontrato in Italia è rappresentata da Helminthosporium velutinum. NOTE COMPARATIVE CON IL BISONTE In uno studio effettuato presso la Kansas State University (Manhattan, USA) sono state valutate le caratteristiche oculari tipiche dei bisonti (Bison bison) e la flora batterica congiuntivale (Davidson, 1999). Per lo studio sono stati valutati 63 bisonti (45 maschi e 18 femmine). Un gruppo di 38 bisonti è stato valutato nel Dicembre 1997 ed un secondo gruppo venne esaminato nel Marzo 1998. 48 57 fumigatus, Aspergillus versicolor, Aspergillus terreus, Aspergillus glaucus, Acremonium spp., Aspergillus cervinus, Aspergillus nidulans, Aspergillus ustus, Aspergillus ornatus, Aspergillus candidus, Aspergillus wentii, Alternaria sp., Rizhopus sp., Mucor sp., Absidia sp., Mucoraceae, Fusarium sp., Scopulariopsis sp., Trichoderma sp., Candida catenulata, Mortierella sp., Actinomucor, Curvularia sp., Rhizomucor sp.; nel secondo allevamento Penicillium spp., Cladosporidium spp., Aspergillus flavus, Aspergillus niger, Aspergillus fumigatus, Aspergillus versicolor, Aspergillus terreus, Aspergillus cervinus, Aspergillus nidulans, Aspergillus glaucus, Alternaria sp., Rizhopus sp., Mucor sp., Absidia sp., Fusarium sp., Scopulariopsis sp., Morteriella, Acremonium sp., Candida catenulata, Trichosporon capitatum; nel terzo allevamento Penicillium spp., Cladosporidium spp., Aspergillus fumigatus, Aspergillus versicolor, Aspergillus niger, Aspergillus flavus, Aspergillus terreus, Aspergillus glaucus, Aspergillus cervinus, Aspergillus ornatus, Alternaria sp., Rhizopus sp., Mucor sp., Absidia sp., Fusarium sp., Scopulariopsis sp., Trichoderma sp., Acreomonium sp. Dallo studio è emersa, pertanto, una influenza sulla contaminazione dei funghi da parte della stagione di isolamento, dovuta alle variazioni di temperatura ed umidità. Confrontando gli studi batteriologici effettuati nei 3 differenti stati si può notare che la flora microbica più varia è stata riscontrata negli USA in cui sono state identificate 18 differenti specie microbiche, mentre ne furono identificate 13 in Turchia e solo 3 56 CAP. 4 MICROBIOLOGIA DELL’OCCHIO BOVINO NEI SOGGETTI SANI Diverse ricerche sono state realizzate, in varie parti del mondo, per determinare quale sia la normale microflora che popola le strutture oculari del bovino. A tale scopo sono stati effettuati dei prelievi colturali su soggetti che alla visita clinica non presentavano lesioni corneali e congiuntivali. La popolazione normale batterica e fungina può variare in base alla regione geografica dove sono stati effettuati i prelievi e in base alle condizioni ambientali. In uno degli studi, effettuato nell’università di Erzurum (Turchia), è stata valutata la microflora presente in 365 bovini divisi in 6 gruppi suddivisi in base all’età (Okumus, 2005). I gruppi erano così suddivisi: 1)Vitelli da 0 a 6 mesi: - 24 soggetti di cui 1 incrocio di sesso femminile, 16 Brown Swiss (9 maschi e 7 femmine) e 7 Holstein (4 maschi e 3 femmine). 2)Vitelli da 6 a 12 mesi: - 91 soggetti di cui 4 incroci (3 maschi e 1 femmina), 50 Brown Swiss (27 maschi e 23 femmine) e 37 Holstein (20 maschi e 17 femmine). 3)Giovenche da 12 a 24 mesi: - 49 soggetti di cui 3 incroci, 21 Brown Swiss, 22 Holstein e 3 Simmental. 4)Manzi da 12 a 24 mesi: 49 - 23 soggetti di cui 2 incroci, 10 Brown Swiss, 10 Holstein e 1 Simmental. 5)Mucche di 24 mesi e più: - 172 soggetti di cui 6 incroci, 109 Brown Swiss e 57 Holstein. 6)Tori di 24 mesi e più: - 6 soggetti di cui 3 Brown Swiss, 2 Holstein e 1 Simmental. Per effettuare i prelievi da entrambi gli occhi dei 365 campioni furono usati tamponi di cotone sterile. I prelievi vennero successivamente inseriti in provette contenenti brodo di infusione cuorecervello (BHIB) e conservati a 4°C per il trasporto. Allo scopo di determinare i microrganismi presenti nei prelievi, vennero usati vari tipi di agar come Agar Sangue, Agar Cioccolata, Agar MacConkey, Agar EMB, Sabouraud Dextrose Agar (SDA) con aggiunta del 5% di sangue di pecora. Tutti i terreni vennero poi incubati per 24 – 72 h a 37°C, in condizioni aerobiche e microaerofile. Le colonie furono poi soggette ai classici metodi di identificazione come la colorazione di Gram, la morfologia delle colonie e test biochimici. Dai 365 campioni dello studio vennero isolati microrganismi in 354 campioni (di questi 352 erano contaminati da batteri ed i restanti 2 campioni erano contaminati da funghi), così distribuiti: Streptococcus sp., 86 (24,2%); Staphylococcus sp., 54 (15,2%); Moraxella sp., 49 (14%); Escherichia coli, 40 (11,3%); Neisseria sp., 35 (10%); Bacillus sp., 26 (7,3%); Corynebacterium sp., 21 (6%); Pseudomonas sp., 17 (5%); Micrococcus sp., 8 (2,2%); Klebsiella pneumoniae, 7 (2%); Haemophilus sp., 2 (0.5%); Acinetobacter sp., 2 con “unifeed”, anche conosciuto come “total mixed ration” (TMR). Nel terzo allevamento 20 Limousin erano allevate totalmente in paddock all’aperto. Gli animali erano allevati su pascoli di giorno e alimentati con fieno la sera. Tutti i 60 soggetti erano risultati privi di patologie oculari ad un esame oftalmologico effettuato prima del primo campionamento. Le culture congiuntivali vennero eseguite ogni stagione per 2 anni consecutivi. I campioni oculari furono raccolti attraverso l’utilizzo di tamponi sterili (Cultiplast®, LP Italiana spa, Milano, Italia) strisciati lungo la superficie ventrale del fornice congiuntivale, previa retropulsione di ciascun occhio attraverso la palpebra superiore chiusa. Speciale attenzione veniva utilizzata affinché il tampone non entrasse in contatto con le vibrisse, le palpebre o le ciglia. Durante la raccolta dei campioni oculari vennero effettuati anche campionamenti dell’aria e del mangime e misurazioni della temperatura e dell’umidità attraverso termometri e igrometri (Oregon Scientific, Tualatin, OR, USA). Dallo studio emerse che la positività degli occhi alle colture per funghi era in un range tra l’85% ed il 100% nel primo allevamento, tra il 65% ed il 95% nel secondo allevamento, e tra il 55% ed il 95% nel terzo allevamento. Alla fine della ricerca vennero isolate 28 specie di funghi nel primo allevamento, 22 specie di funghi nel secondo allevamento e 18 specie di funghi nel terzo allevamento. Precisamente furono identificate: nel primo allevamento Penicillium spp., Cladosporidium spp., Aspergillus flavus, Aspergillus niger, Aspergillus 50 55 lunata, Fusarium solani e Candida albicans. Le specie non identificabili rappresentavano il 20% di tutti i funghi e i lieviti approssimativamente il 12%, di cui il 3% erano filamentosi. La percentuale di funghi è risultata quasi sovrapponibile sia per l’occhio destro che per il sinistro e la presenza di funghi isolati è risultata maggiore nei maschi. E’ stato evidenziato, inoltre, che anche la stagione influenza la presenza di funghi sull’occhio dei bovini, con una maggior numero di essi nei periodi caldi dell’anno. In un recente studio italiano effettuato presso l’università di Pisa (Italia), venne valutata la flora funginea presente sulla superficie corneale dei bovini. La durata dello studio è stata di 2 anni (Sgorbini, 2010). Il gruppo di studio era rappresentato da 40 Frisone e 20 Limousin tutte di sesso femminile e con una età che andava da 1 a 10 anni. Gli animali investigati appartenevano a 3 differenti allevamenti con differenti tecniche di allevamento. Nel primo allevamento 20 Frisone erano allevate in box individuali ed in stabulazione fissa (quindi senza la possibilità di uscire all’esterno), con un giaciglio in paglia cambiato mensilmente ed alimentate con fieno e grano. Le mucche venivano munte due volte al giorno nel locale di mungitura comunicante direttamente con i box. Nel secondo allevamento 20 Frisone erano allevate in uno stabile di 10 x 5 metri durante la notte, mentre durante il giorno erano libere di muoversi in un paddock comunicante con la stalla. Il giaciglio era costituito da paglia e gli animali erano nutriti (0.5%); Proteus vulgaris, 1 (0.2%); e Candida sp., 2 (0,5%). Inoltre fu trovato che 12 campioni infetti da S. aureus erano coagulasi positivi, mentre 42 campioni infetti da S. aureus erano coagulasi negativi. Tra i campioni infetti da Streptococcus sp., 42 erano streptococchi α-emolitici, 19 erano streptococchi β-emolitici e 25 erano streptococchi non-emolitici. In un altro studio effettuato in Maryland (USA) venne determinata la composizione della flora batterica congiuntivale in 113 bovini privi di patologie oculari attraverso 3 differenti metodi di identificazione dei microrganismi: una prima tecnica utilizzava l’amplificazione del DNA estratto dai campioni congiuntivali usando primers di 16S rRNA conservati, seguito dalla separazione degli ampliconi usando la DGGE (Denaturating gradient gel electrophoresis),ed il sequenziamento delle bande escisse dal gel; un secondo approccio utilizzava DNA prelevato dai campioni, amplificandolo con primers di 16S rRNA conservato e clonando questi set di ampliconi in Escherichia Coli per creare una “libreria della flora congiuntivale” che poteva poi essere soggetta a sequenze di analisi; un terzo approccio comprendeva la coltivazione dei batteri ricavati dai tamponi utilizzando una varietà di differenti substrati di agar cromo genetici, le cui colonie con differenti colorazioni e morfologie venivano poi selezionate per l’identificazione attraverso il sequenziamento con 16S rRNA (Hare, 2008). I soggetti comprendevano bovini da carne appartenenti alla razza Angus e bovini da latte appartenenti alla razza Holstein. L’intervallo di età 54 51 di questi soggetti andava dai 3 ai 48 mesi ed i campionamenti avvennero a intervalli periodici nel periodo che andava dal tardo Autunno 2005 a dicembre 2006. Molti di questi animali ricevevano annualmente una vaccinazione contro la BKC (Bovine Keratoconjuntivitis) attraverso un vaccino commercializzato negli USA (Pinkeye Shield XT4, Novartis Animal Health, Inc., Larchwood, IA, USA), tuttavia i soggetti campionati in Ottobre e Dicembre 2006 non avevano ricevuto vaccinazione. Tutti i soggetti vennero campionati attraverso l’utilizzo di tamponi di cotone sterile. Una volta giunti in laboratorio i tamponi destinati alla PCR (DGGE o clonazione) venivano incubati a 70°C per 10 minuti. I tamponi venivano poi scartati ed il contenuto liquido dei tubi era soggetto ad estrazione genomica del DNA utilizzando il DNA easy Tissue kit (Qiagen, La Jolle, CA, USA) seguendo le raccomandazioni del produttore. Lo studio portò ai seguenti risultati: Nel primo tipo di approccio, si evidenziarono Moraxella osloensis, Clostridium bifermentans, Streptomices tumescens. Nel secondo tipo di approccio furono evidenziati Propionibacterium acnes ed Enhydrobacter aerosaccus. Nel terzo tipo di approccio furono evidenziati Staphylococcus crocelyticus, Staphylococcus sciuri, Enterobacteriaceae sp., Erwinia cypropredii, Bacillus licheniformis, Bacillus pumilus, Citrobacter spp., Klebsiella spp., Enterococcus flavescens, Citrobacter farmeri, Pantoea spp., Pantoea agglomerans, Enterobacter cloacae, Acinetobacter lwoffi, Acinetobacter spp., Pseudomonas spp., Staphylococcus spp., Staphylococcus lugdumensis, Escherichia coli, Shigella spp.. In uno studio effettuato presso l’università di Shahrekord (Iran) venne determinata la normale flora microbica presente in bovini sani anche a livello oculare (Kojouri, 2007). Lo studio si svolse su 17 Holestein di età compresa tra 1 e 2 anni, ed era stato progettato a metà 2005.I campioni furono prelevati attraverso tamponi sterili, trasportati in tubi contenenti 3-5 ml di TSB al laboratorio e poi messi in incubatore per 18 – 24 ore a 37°C. Successivamente i tamponi venivano posti in coltura per l’identificazione dei batteri attraverso metodi microscopici e biochimici. Dallo studio vennero identificati a livello oculare Bacillius cereus (38,9%), Corynebacterium pseudotuberculosis (38,9%), Bacillus mycoides (16,7%), Staphylococcus epidermis (5,26%). Per la ricerca di funghi, sono stati realizzati studi in prevalenza nel continente americano, su campioni prelevati d’estate e d’inverno. In uno studio su 25 soggetti, della durata di un anno, condotto nella Università della Florida (Samuelson, 1984) sono stati isolati funghi nel 100% dei soggetti. In ciascuno dei 25 bovini, sono stati isolati dal sacco congiuntivale almeno 2 specie di funghi, con una media di circa 4 per animale. I miceti più comunemente isolati dal sacco congiuntivale di bovini sani, sono risultati essere: Cladosporium spp, Pennicillum spp, Aspergillus spp. Altre specie che rappresentavano una percentuale tra il 4% e il 7% di tutti i funghi isolati sono stati: Scopulariopsis brumpti, Helminthosporium velutinum, Curvalaria 52 53