ORA DI RELIGIONE LA SVIZZERA È UN ESEMPIO

ORA DI RELIGIONE LA SVIZZERA È UN ESEMPIO – C.Battistoni – L’Ordine – 6-02-11
Nella realtà elvetica molto frammentata ogni Cantone sceglie la propria strada. In Ticino si insegna la
storia delle religioni
Quando qualche giorno fa lessi sulle nostre pagine l’articolo di Adria Bartolich “Perché la vera laicità sta
nell’ora di religione”, apprezzandone le argomentazioni e le indicazione pratiche che da esse scaturivano,
mi ricordai di quanto avevo ascoltato lo scorso giugno a Berna, mentre in occasione di una camminata
con amici, mi fu raccontato dell’imminente sperimentazione in Canton Ticino di un corso di “Storia delle
religioni” destinato alle scuole medie superiori. Lì per lì mi limitai ad ascoltare, lasciando
l’approfondimento ad altre occasioni; un recente comunicato stampa del Cantone però ha risvegliato
la mia curiosità.
A fine gennaio, infatti, è stata istituita la commissione di verifica e accompagnamento della
sperimentazione, destinata a seguire l’iniziativa nelle scuole scelte e a sviluppare, al termine di ogni anno
scolastico (ne sono previsti tre a partire da quest’anno), un rapporto intermedio.
In Svizzera non è affatto una sorpresa che ci siano commissioni tanto in fase di elaborazione del progetto
che ancor più in fase di implementazione; probabilmente lo è invece per noi italiani, certo meno avvezzi
ad affrontare questioni sensibili come le scelte confessionali con il rigore metodologico tipico
dell’approccio scientifico, fatto di verifiche, controlli e progressiva correzione degli errori. Eppure in una
società che fa delle specificità il proprio punto di forza questo approccio è il cuore del sistema, ciò che
permette ai diversi di incontrarsi perfino su temi tanto delicati come le scelte e le appartenenze
confessionali.
Ciò che il Ticino ha scelto di fare nei prossimi tre anni potrebbe essere di grande utilità a molti altri paesi
europei che si trovano a vivere situazioni analoghe; è ancora più stimolante perché propone il confronto
diretto tra la situazione attuale (ora di religione dalle scuole elementari alle superiori, con opzione di
scelta tra i corsi ammessi proposti rispettivamente dalla Chiesa Cattolica e da quella Evangelica
riformata) e la sperimentazione triennale. Fermo restando che la “scuola pubblica ticinese non può essere
un luogo di diffusione della religione ma deve rimanere una piattaforma per la diffusione del sapere,
compreso quell’aspetto storico e antropologico del fenomeno religioso, garantendola salvaguardia dei
principi di laicità e di neutralità dello Stato e della scuola pubblica” (le parole sono del Consigliere
di Stato Gabriele Gendotti, pronunciate nel maggio 2010 in occasione della presentazione della
sperimentazione), l’approccio seguito dal Cantone è il frutto della consapevolezza di quanto pesi nella
crescita del cittadino responsabile l’educazione ai principi religiosi che, in senso lato, diventa educazione
all’umanità.
Il Ticino ci lavora dal 2004, quando fu istituita una commissione di studio; la sperimentazione varata con
l’anno scolastico2010-2011 è un primo, importante passo (sempre per usare le parole di Gendotti) nel
“processo di maturazione culturale che vede nel fatto religioso una componente della nostra società
pluralista e multiculturale, una componente con cui dobbiamo convivere in modo sereno, basando i nostri
atteggiamenti sulla conoscenza piuttosto che sull’ignoranza e sul pregiudizio, sulla volontà di capirsi – nel
rispetto delle differenze – piuttosto che nella tentazione di escludersi a vicenda.”
La storia della Confederazione con la guerra tra i Cantoni cattolici e quelli riformati è il patrimonio
genetico di questo federalismo che sa essere disciplina del buonsenso anche di fronte a temi che in altre
parti del mondo scatenano tuttora conflitti violenti. Finora l’insegnamento della religione è stata specchio
fedele di questa struttura composita così tipica degli ordinamenti federali; di fatto ogni Cantone è
autonomo e sceglie il percorso che, nel rispetto della Costituzione federale, offre le soluzioni più adatte
alla propria realtà.
Nella Svizzera tedesca, per esempio, sono nove i Cantoni che erogano insegnamento religioso nelle
scuole pubbliche, senza però il riconoscimento pubblico e legale della comunità religiosa di riferimento;
altri sette ne prevedono invece il coinvolgimento diretto. Nella Confederazione tutta, invece, sono sette i
Cantoni che non erogano alcun tipo di insegnamento religioso (tra questi i Grigioni), diciotto che hanno
inserito l’insegnamento confessionale in locali messi a disposizione delle diverse confessioni all’interno
delle scuole pubbliche e cinque che lo hanno invece escluso dagli spazi delle scuole pubbliche ma non
dalle attività curriculari. Come si osserva, le legislazioni e le storie cantonali plasmano il quadro
dell’insegnamento religioso in Svizzera; per questo la sperimentazione in atto in Canton Ticino potrebbe
offrire a tutti spunti davvero utili, orientando verso scelte pragmatiche capaci di adattarsi al mutare dei
tempi.
Mettendo a confronto due modelli organizzativi, i ragazzi delle classi terza e quarta delle scuole medie
possono scegliere tra il corso di religione gestito dalle Chiese riconosciute di diritto pubblico, cioè la
Cattolica e l’Evangelica (in base ai disposti della Legge della scuola del 1990) e il nuovo corso di “Storia
delle religioni”. Un approccio responsabile ed equilibrato perché, come ha osservato il filosofo, teologo e
sacerdote svizzero Hans Kùng in“Ciò che credo”, “di fronte ai problemi della politica, dell’economia e del
sistema finanziario mondiali è necessaria un’etica mondiale che possa essere condivisa dalle religioni del
mondo, ma anche dai non credenti, dagli umanisti, dai laici. Il mondo contemporaneo ha bisogno tanto
della dimensione secolare che di quella religiosa. Ma soprattutto non ha bisogno di una cosa: il fanatismo.
E i laicisti fanatici sono in errore tanto quanto i fondamentalisti religiosi fanatici.”