VALE IL DISCORSO ORALE Simposio Maffeis Network - L’oro blu e il benessere Le Alpi, serbatoio d’Europa Lugano, 25 maggio 2009 Sono lieto di partecipare a questo incontro volto ad approfondire un tema fra i più rilevanti – se non il più rilevante – per il futuro del nostro pianeta. Le Alpi svizzere - depositarie di preziose sorgenti - saranno il mio punto di partenza. Le regioni di montagna custodiscono la maggior parte dell’acqua dolce, e la Svizzera - con i suoi 262 miliardi di m3 immagazzinati nei ghiacciai, nei laghi e nelle falde - può a buona ragione fregiarsi del titolo di “serbatoio d’Europa”. Nel nostro Paese si situa circa il 6% delle riserve idriche dell’intero continente. Per rendere l’idea, se versassimo questa quantità di acqua sulla superficie della Svizzera, saremmo ricoperti da una massa liquida alta oltre 6 metri. Un’altra componente che confluisce nel serbatoio alpino elvetico sono le piogge che, dopo essere penetrate nel suolo, per i due terzi sono incanalate nel Reno, nel Rodano, nel Po e nel Danubio, prima di sfociare nei mari. Da qui l’importanza di - proteggere le nostre falde, per esempio dagli effetti dei fertilizzanti utilizzati nell’agricoltura; - dotarci di leggi adeguate per evitare contaminazioni causate dalla presenza di attività industriali; - adeguare gli impianti di depurazione allo sviluppo urbano e alle nuove sostanze di scarto presenti nelle reti delle canalizzazioni. L’impegno a tutela della purezza delle nostre acque è determinante, poiché abbiamo la responsabilità di garantirne una buona qualità, oltre che nei confronti della popolazione, anche verso i Paesi che ci circondano. E’ una responsabilità cui non ci vogliamo sottrarre, in quanto riconosciamo che l’acqua è un bene che appartiene alla collettività: di conseguenza tutti siamo chiamati a preservarne la qualità. Questa risorsa va difesa e valorizzata partendo da due prospettive fondamentali e distinte. In primo luogo, l’approvvigionamento idrico deve essere assicurato anche alle popolazioni che abitano nelle regioni più aride della Terra, i Paesi in via di sviluppo o le aree minacciate dai cambiamenti climatici. Qui, la costruzione di un pozzo o la semplice concezione di una rete di distribuzione d’acqua potabile rappresentano ancora una grande sfida. Poi, e qui tutti possiamo dare il nostro contributo, l’acqua va preservata dagli abusi, dagli sprechi e dalle diverse e svariate forme di inquinamento e contaminazione. Adeguare i metodi di depurazione, coinvolgere le industrie, l'artigianato e l'agricoltura, proteggere le falde, contrastare l'effetto delle piogge acide sui laghetti di alta quota, non lasciare scorrere l’acqua del rubinetto inutilmente – tutto ciò significa interagire e collaborare con i settori più diversi in maniera puntuale e mirata. 2 In Ticino, la protezione delle acque impegna tecnici, legislatori e politici su tre fronti: lo sfruttamento idrico e la regolazione dei deflussi minimi; gli impianti di depurazione; l'inquinamento dei laghetti alpini. Per proteggere le acque, infatti, oltre a realizzare opere destinate al miglioramento qualitativo delle nostre risorse, occorre preservare (o ripristinare) il ciclo naturale dei corsi d’acqua. Come? Tramite la tutela e la valorizzazione degli ecosistemi e delle zone umide presenti sul territorio, in maniera tale da favorire uno sviluppo sostenibile dell’ambiente. Ruscelli, fiumi e laghi sono una caratteristica del territorio del nostro Cantone, che è coperto per 27 km2 dal Lago Ceresio, per 44 km2 dal Verbano, per 970 km2 da laghetti alpini e bacini - e sul quale si ramifica una rete di ben 5.000 km di corsi d’acqua. L'acqua è un bene prezioso anche dal punto di vista economico. Lo sa bene il Ticino, che è al terzo posto tra i Cantoni maggiori produttori di energia idroelettrica. Le acque del nostro Cantone assicurano il 10% della produzione nazionale di energia elettrica. Dei 52 sbarramenti di oltre 30 m di altezza presenti in Svizzera, 12 si trovano sul nostro territorio. E con i suoi 225 m di altezza, la diga del Luzzone è la terza più alta del Paese. Questa situazione, se da un lato ha portato benessere, d’altra parte comporta non pochi sacrifici sul piano ambientale. Tra gli aspetti più evidenti vi è quello dei deflussi minimi. I limiti di prosciugamento relativi alla produzione idroelettrica sono al centro 3 del recente dibattito avviato sul piano nazionale dall’iniziativa popolare “Acqua Viva”, lanciata da WWF, Pro Natura, Federazione Svizzera di Pesca e Fondazione della Greina. Il testo presentato a Berna pone a confronto gli interessi dei pescatori e i principi degli ecologisti – da anni impegnati contro il deturpamento dei fiumi – con le necessità dell’approvvigionamento energetico. La raccolta di firme è stata sottoscritta da 160mila persone, a dimostrazione del forte legame della popolazione svizzera con i suoi fiumi. In gioco ci sono i flussi e i reflussi di 15mila km di corsi d’acqua modificati dalle aziende elettriche. Anche la portata degli investimenti è notevole: nel controprogetto redatto dal Consiglio degli Stati si parla di 5 miliardi di franchi per opere di risanamento e rinaturazione da mettere in cantiere sull’arco di 80 anni. Alla fine di aprile, il Nazionale ha accettato il testo di compromesso della Camera Alta, che dice sì al recupero ambientale, ma solo lungo i tratti più gravemente compromessi dalla presenza delle centrali idroelettriche. La tematica rimane aperta e se l’iniziativa degli ambientalisti e dei pescatori non sarà ritirata, i cittadini svizzeri saranno chiamati alle urne. Il Ticino, dal canto suo, ha affrontato questo tema già a partire dagli anni ‘60/’70, riunendo al tavolo delle trattative i rappresentanti dei diversi gruppi di interesse: in primis ambientalisti e pescatori. La Legge federale sulla protezione delle acque del 1992 resta la base di riferimento per le nuove misure di risanamento, che occorrerà adottare ponderando gli interessi a 4 favore e quelli contro i prelievi delle acque, fra l’altro anche nell’ambito della tutela delle zone golenali. In Ticino, ve ne sono 18 di importanza nazionale: si tratta di pregiati ambienti naturali che dipendono intimamente dalla presenza dell'acqua. In Svizzera, quasi il 40% dell'acqua potabile proviene dalle sorgenti oppure è pompato direttamente dalla falda, senza bisogno di essere depurato. L’equilibrio di questo complesso e delicato meccanismo dipende da un’altra risorsa naturale: il bosco. Tra molte altre funzioni, le foreste svolgono anche quella di custode dell’acqua. Rispettare l’ambiente del bosco significa quindi contribuire a proteggere la qualità dell’acqua. Il suolo, grazie allo strato di humus e alle radici degli alberi, assorbe e trattiene l'acqua come una spugna, rilasciandola e filtrandola in maniera ottimale. Tanto ottimale da rendere superfluo qualsiasi ulteriore trattamento. Per avere un'idea dell'importanza del bosco in Svizzera, basti dire che ogni anno le aziende dell’acqua potabile risparmiano 80 milioni di franchi grazie a questo processo naturale. Sulle pendici dell'arco alpino, le riserve idriche dei boschi fruttano quattro volte di più rispetto alla media europea. Il nostro sottosuolo conserva, infatti, l'equivalente di quattro anni di precipitazioni. Grazie alle riserve create dall'“effetto spugna” dei boschi, queste fonti continuano ad essere alimentate anche durante i periodi di siccità. Il ciclo dell'acqua e la vita delle foreste si confondono dunque in un unico ecosistema, fondamentale per la qualità della nostra vita. 5 L'acqua, oltre ad essere stata la culla della vita sulla terra e a rappresentare lo spazio vitale per innumerevoli specie animali e vegetali, condiziona e tratteggia la mappa degli insediamenti umani. L’urbanizzazione in Ticino poggia su due classiche agglomerazioni lacustri - Locarno e Lugano - e una alpina, Bellinzona, l'antica “porta nord” del Cantone. Su più vasta scala, l'intero arco alpino centrale guarda alla pianura attraverso il filtro dei laghi Ceresio, Lario e Verbano. Quest’ultimo riceve le acque provenienti dal Sempione, dal S. Gottardo e dal S. Bernardino: un fronte di 300 km, definito a ovest dal Gran S. Bernardo e a est dal Brennero. La storia ci insegna che lungo i grandi fiumi sono nate civiltà e religioni. Anche l'alveo del fiume Ticino traccia un percorso di grande valore storico, culturale, architettonico e naturalistico. L'antica strada sull'acqua, un tempo utilizzata per trasportare dalle cave del Lago Maggiore e dell'Ossola il pregiato marmo rosa - impiegato anche nella costruzione del Duomo di Milano -, fu il perno attorno al quale non solo si svilupparono e fiorirono le vie del commercio, ma anche gli insediamenti rivolti verso le città medievali italiane a sud e verso le valli alpine a nord. Nel XIX e nel XX secolo, lo sviluppo della mobilità ha però privilegiato gli assi “non lacustri”. Con la realizzazione della direttrice del S. Gottardo i progettisti della ferrovia prima e dell'autostrada poi, considerarono i laghi e i corsi d'acqua come un elemento di disturbo, capovolgendo l’antica concezione che privilegiava i tracciati delle idrovie. Se mettiamo a confronto 6 queste due opposte visioni, possiamo comprendere i motivi che hanno inciso sulla moderna pianificazione del territorio. Oggi sappiamo che senz’acqua l’uomo e la sua biosfera non possono sopravvivere. Ogni occasione per parlarne e far crescere una cultura della consapevolezza è dunque più che benvenuta. Ringrazio quindi gli organizzatori di questo simposio per avere proposto un’ulteriore occasione di discussione e di riflessione su uno dei grandi temi che toccano da vicino il futuro del nostro pianeta. E ringrazio voi per l’attenzione, invitandovi a lasciare scorrere liberamente anche i vostri pensieri approfittando delle note della musica che seguirà il mio intervento. 7