Cap. IV La dinamica dei fluidi newtoniani 43 CAPITOLO IV La dinamica dei fluidi newtoniani §1. - I princı́pi della dinamica. I principi della dinamica sono il frutto dell’evoluzione del pensiero umano durante l’arco di piú di due secoli. Galileo per primo attraverso un metodo che viene chiamato oggi esperimento ideale, cioè attraverso il ragionamento sulle osservazioni effettuate, enunció il primo principio: Un corpo mantiene il suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se non interviene una causa a perturbare tale stato. Galileo inoltre afferma che un cavaliere al galoppo con in mano una palla, nel lasciarla, non puó che imprimerle la stessa velocitá della mano. Questa intuizione é probabilmente servita a Newton per gettare le basi della sua dinamica enunciando le seguenti definizioni: Definizione I - La quantitá di materia (massa) contenuta in un corpo é uguale al prodotto della sua densitá per la grandezza (volume). Definizione II - La quantitá di moto é misurata dal prodotto della velocitá per la quantitá di materia (massa). Ritornando all’osservazione di Galileo, notiamo che é diverso lanciare una palla di legno da una di piombo, anche la massa ha la sua importanza quindi la quantitá di moto q = mv é la grandezza giusta per rappresentare tutti i parametri in gioco. Proviamo adesso a giustificare il II principio della dinamica per mezzo del principio generale di conservazione dell’energia. Infatti il lavoro, in greco εργoν, necessario per variare la velocitá da v a v + dv in un corpo di massa m, risulta essere: dL = mvdv. (1) 44 E. Buffoni Idrodinamica Esso ha le dimensioni [M L2 T −2 ] e dal greco é sinonimo di energia. Ora se vogliamo portare il corpo dalla quiete alla velocitá v sará necessario il lavoro: L= Z v o 1 mvdv = mv 2 2 (2) detta anche energia cinetica. Per il principio di conservazione dell’energia notiamo che per un corpo isolato, cioé che non interagisce con nessun altro sistema, conserva la sua energia cinetica. Pertanto dato che la sua massa é costante, deve rimanere costante anche la sua velocitá, non solo in modulo, ma anche in direzione e verso, non essendovi alcuna causa che la possa deviare, in accordo con il I principio. Inoltre dalla (1) una volta definito il lavoro anche come forza per lo spostamento, possiamo derivare il II principio della dinamica, in una direzione generica x abbiamo infatti: dL = F dx = m dx dv dt da cui: F =m dv . dt Ma la forza é una grandezza vettoriale, pertanto dobbiamo introdurre le tre componenti della forza e dell’accelerazione (i = 1, 2, 3): dvi (3) dt che esprime il II principio o seconda legge del moto enunciata da Newton nel Philosophiae naturalis principia matheamtica pubblicato nel 1687: Fi = m Il mutamento del moto (accelerazione) é proporzionale alla forza motrice impressa e segue la retta secondo cui tale forza é stata impressa. Cap. IV La dinamica dei fluidi newtoniani 45 Come si puó notare dall’enunciato, le forze e le accelerazioni sono appunto delle grandezze vettoriali. Infine Newton, per completare il quadro, dovette enunciare la III legge del moto: L’azione é sempre uguale e contraria alla reazione, cioé le mutue azioni di due corpi sono sempre uguali e dirette in senso opposto. Cioé si estendono qui le nozioni di equilibrio conosciute nella statica e si enuncia l’esistenza dell’equilibrio dinamico. Le forze espresse nella (3) possono essere considerate come risultati di forze agenti sul corpo che hanno diversa natura, per esempio forze superficiali, forze centrifughe ecc. D’Alembert ha posto in evidenza questo fatto in un principio che porta il suo nome secondo cui la somma di tutte le forze agenti su di un corpo deve uguagliare la forza d’inerzia. É evidentemente un altro modo di enunciare il II principio. Queste leggi le applicheremo, nei prossimi paragrafi, allo schema di Euler per determinare le equazioni indefinite del moto in un fluido newtoniano, cioé un fluido che segue la legge di Newton sulla viscositá. §2. - Le equazioni indefinite dell’equilibrio dinamico. Nel continuo possono essere scritte le equazioni che esprimono l’equilibrio dinamico secondo il principio di D’Alembert o la seconda legge del moto di Newton. Prendendo in considerazione al solito il cubetto elementare di lato infinitesimo dx possiamo scrivere le tensioni superficiali σij che insistono sulle sue facce. Dei due indici il primo indica la direzione normale alla faccia considerata ed il secondo la direzione. Per esempio σ11 significa: tensione che agisce sulla faccia normale alla direzione 1 e diretta sempre nella stessa direzione, si tratta quindi di una tensione normale. Se invece gli indici sono diversi abbiamo una tensione tangenziale. Possiamo quindi scrivere il tensore triplo: 46 E. Buffoni Idrodinamica σ11 σ12 σ13 σij = σ21 σ22 σ23 σ31 σ32 σ33 Che per ragioni di equilibrio alla rotazione é simmetrico rispetto alla diagonale principale, cioé σij = σji . Se consideriamo l’equilibrio nella direzione generica abbiamo su una faccia la σij e sulla faccia opposta un valore diverso, che al solito possiamo ottenere approssimativamente mediante uno sviluppo in serie di Taylor: σij = σij + 1 ∂ 2 σij 2 ∂σij dx + dx + · · · . ∂xj 2! ∂x2j Arrestiamo lo sviluppo al termine lineare, cioé trascuriamo gli infinitesimi di ordine superiore, per cui abbiamo: σij = σij + ∂σij dx. ∂xj Consideriamo ora l’equilibrio delle forze nella generica direzione i che saranno date dal prodotto della tensione per l’area della faccia del cubetto. Nella prima faccia, passante per l’origine, abbiamo: σij dxj dx, per esempio della direzione 1 abbiamo: σ11 dx1 dx + σ12 dx2 dx + σ13 dx3 dx, mentre sulla faccia opposta avremo: −σij dxj dx − ∂σij dxdxdx. ∂xj quindi, dato che dxj = dx, la forza nella generica direzione i sará: Cap. IV La dinamica dei fluidi newtoniani − 47 ∂σij 3 dx . ∂xj Questo per le forze superficiali, ma nel baricentro del cubetto possono agire delle forze di altra natura (gravitazionali, centrifughe ecc.) espresse in genere dal prodotto di un’accelerazione Xi per la massa: ρXi dx3 . Infine avremo le forze d’inerzia: ρ dui 3 dx , dt pertanto, per il II principio della dinamica tutte le forze in gioco devono equilibrare le forze d’inerzia, quindi le tre equazioni indefinite dell’equilibrio dinamico saranno in definitiva (i, j = 1, 2, 3): à ! ∂σij dui = ρ Xi − . ∂xj dt (4) §3. - Il legame costitutivo. Ciascun tipo di continuo ha un legame costitutivo che lega le tensioni a qualche altra grandezza significativa. Per esempio per il solido elastico le tensioni sono legate alle deformazioni dalla legge di Hooke. Per un fluido newtoniano che segue la legge sperimentale di Newton sulla viscositá abbiamo delle tensioni tangenziali che si oppongono al moto e sono date da τ = −µ∂u/∂y; dove y é la direzione normale al moto e µ la viscositá dinamica del fluido, il segno - indica appunto che le tensioni si oppongono al moto. Prendendo in considerazione due direzioni ortogonali tra loro i e j, avremo due modi di deformazione del cubetto per effetto dei gradienti di velocitá. Infatti possiamo pensare al cubetto soggetto prima al gradiente ∂ui /∂xj e successivamente a ∂uj /∂xi . 48 E. Buffoni Idrodinamica Ma per la sovrapposizione degli effetti otteniamo quindi l’espressione delle generiche tensioni tangenziali (i 6= j): à ∂ui ∂uj σij = −µ + ∂xj ∂xi ! . (5) Le tensioni normali (i = j) si ricavano formalmente dalla precedente aggiungendo peró la pressione idrostatica p : σii = p − 2µ ∂ui . ∂xi (6) Per esprimere il legame costitutivo con un’unica relazione usiamo l’operatore di Kroneker δij che vale 1 per i = j e zero per i 6= j. Pertanto abbiamo in definitiva il legame costitutivo di un fluido newtoniano: à ∂ui ∂uj σij = pδij − µ + ∂xj ∂xi ! . (7) §3. - Le equazioni di Navier-Stokes. Se introduciamo il legame costitutivo (7) nelle equazioni di equilibrio (4) ricaviamo le equazioni differenziali ottenute indipendentemente da Navier e da Stokes. Infatti derivando formalmente la (7) rispetto a xj , possiamo scrivere: ∂p ∂ δij −µ ∂xj ∂xj à ∂ui ∂xj ! ∂ −µ ∂xj à ∂uj ∂xi ! . Ora la p fa parte della diagonale principale con i = j, pertanto possiamo cambiare i con j, inoltre esistono le condizioni matematiche per l’invertibilitá dell’ordine di derivazione, quindi nell’ultimo termine si possono invertire gli indici: ∂ ∂p −µ ∂xi ∂xj à ∂ui ∂xj ! ∂ −µ ∂xi à ∂uj ∂xj ! . Cap. IV La dinamica dei fluidi newtoniani 49 Ricordando l’equazione di continuitá {(11) cap. III}, il terzo termine risulta nullo, pertanto la precedente si riduce alla: ∂p ∂ 2 ui −µ , ∂xi ∂xj ∂xj dove l’indice j viene ripetuto sempre per la convenzione di sommatoria. L’equazione di equilibrio (4) assume quindi la forma: µ ∂ 2 ui dui 1 ∂p − = Xi − . ρ ∂xi ρ ∂xj ∂xj dt Ricordando l’espansione euleriana delle accelerazioni, {(10) cap. III} otteniamo in definitiva le equazioni di Navier-Stokes: 1 ∂p ∂ui ∂ui ∂ 2 ui + uj + =ν + Xi . ρ ∂xi ∂xj ∂t ∂xj ∂xj (8) Il primo termine al secondo membro indica il laplaciano in coordinate cartesiane: ∆2 u = ∂ 2u ∂ 2u ∂2u + + , ∂x21 ∂x22 ∂x23 pertanto le (8) possono essere scritte nella forma piú generale: 1 ∂p ∂ui ∂ui + uj + = ν∆2 ui + Xi . ρ ∂xi ∂xj ∂t (9) Infatti il laplaciano puó essere espresso anche in coordinate cilindriche o sferiche oltre che cartesiane. Le precedenti non esprimono altro che l’equilibrio hic et nunc, cioé in un punto generico ed in un istante, tra tutte le forze in gioco secondo il II principio della dinamica. Le tre equazioni (9), insieme alla quarta, quella di continuitá, consentono, in teoria, una volta integrate, di risolvere qualsiasi problema, cioé di determinare le quattro funzioni incognite: le tre componenti di velocitá e la pressione. 50 E. Buffoni Idrodinamica Peró, come si puó notare, sono non lineari e quindi difficili da trattare. Le soluzioni analitiche esatte sono poche, riguardano casi molto semplici, come il moto di Couette, il flusso tra lastre parallele ecc. Qui vengono riportate in sintesi, per i dettagli rimandiamo ai trattati di fluidodinamica e di idraulica. Le principali soluzioni esatte 1 - Il moto di Couette. Il moto di Couette é praticamente uguale all’esperienza di Newton. Abbiamo una lastra fissa, un’altra mobile alla velocitá U , tra le due uno spessore s riempito di liquido viscoso. Il moto é stazionario, cioé indipendente dal tempo, inoltre ponendo per semplicitá: x1 = x, x2 = y u1 = u, u2 = v = 0, abbiamo che ∂u/∂x = 0. Anche il gradiente di pressione risulta nullo, pertanto la prima delle (8) si riduce all’unica derivata seconda del laplaciano: ∂2u =0 ∂y 2 ossia: ∂u = costante, ∂y cioé abbiamo un profilo di velocitá lineare. Integrando la precedente con le condizioni di aderenza tra pareti e fluido: u(0) = 0 e u(s) = U , otteniamo la soluzione di Couette: U y. (10) s = τ , che si oppone al moto, la deriviamo dal legame u(y) = la tensione tangenziale σ12 costitutivo (7): τ = −µ ∂u U = −µ , ∂y s non poteva essere altrimenti dato che le equazioni di Navier sono state ottenute ricorrendo all’esperienza di Newton. 2. - Flusso tra due lastre pianparallele. Per un flusso tra due lastre piane e parallele distanti 2h, le (8) si riducono alla seguente equazione differenziale ordinaria: Cap. IV La dinamica dei fluidi newtoniani 1 dp d2 u = ν 2, ρ dx dy 51 (11) dove abbiamo usato i simboli del caso precedente e l’origine delle coordinate al centro tra le due lastre. Le condizioni al contorno sono: u(±h) = 0, che esprimono la condizione di aderenza del fluido alle pareti. Integrando la (11) otteniamo: 1 dp 2 (h − y 2 ). 2µ dx u(y) = (12) Quindi abbiamo un profilo di velocitá parabolico con il massimo al centro ed il gradiente di pressione che spinge il fluido vincendo le resistenze al moto. Queste dipendono dalle tensioni tangenziali τ = −µdu/dy. Se poniamo dp/dx = −γJ, dove J indica la pendenza piezometrica, otteniamo: τ = γJy, quindi sono nulle al centro e variano linearmente con y per raggiungere il valore massimo τo alla parete: τo = γJh. 3 - Il moto nei condotti circolari. In questo caso il laplaciano delle (9) viene espresso in coordinate cilindriche r, θ, x, con origine sull’asse del tubo: ∆2 u = 1 ∂u ∂ 2 u ∂ 2 u ∂ 2 u + 2 + 2 + . r ∂r ∂r ∂θ ∂x2 Peró le derivate rispetto ad x e θ sono nulle per la simmetria del moto attorno all’asse, quindi le (9) si riducono, per un moto stazionario, all’equazione differenziale ordinaria: 1 dp 1 du d2 u + − 2 = 0. µ dx r dr dr Integrata con la condizione al contorno u(R) = 0 otteniamo in definitiva, per un condotto lungo L e con una perdita di carico Y : u(r) = γY (R2 − r2 ) 4µL (13) 52 E. Buffoni Idrodinamica cioé la velocitá é distribuita secondo un paraboloide di rivoluzione. Se integriamo la (13) su tutta la sezione abbiano la portata Q: Z R 2πrudu = Q= 0 γπY 4 R . 8µL (14) Questa esprime le leggi di Poiseuille, il grande fisiologo francese che scoprı́ sperimentalmente le tre leggi del flusso laminare nei vasi del sangue: a) la portata é proporzionale alla differenza di carico alle estremitá del vaso; b) é proporzionale alla quarta potenza del lume; c) é inversamente proporzionale alla lunghezza del vaso. In suo onore é stato introdotto, come abbiamo visto, il poise come unitá di misura della viscositá dinamica nel sistema C.G.S. Le tensioni tangenziali sono analoghe a quelle del caso precedente, cioé hanno un andamento lineare: τ = γJr, con il valor massimo alla parete: τo = γJR, Il flusso laminare nei condotti avviene per numeri di Reynolds R = U D/ν inferiori a 2000, altrimenti si instaura il regime turbolento. La soluzione approssimata di Blasius Ludwig Prandtl nel 1904 intuı́ che l’integrazione delle equazioni di NavierStokes poteva essere semplificata dividendo il fluido in due zone: a) una esterna dove i gradienti di velocitá sono nulli ed il fluido si comporta come perfetto anche se in realtá non lo é; b) un piccolo strato vicino alle pareti solide dove valgono le equazioni di Navier. Questo strato fu chiamato limite nel senso latino del termine, cioé di confine, di frontiera. Per una lastra, con bordo d’attacco a spigolo vivo, investita tangenzialmente da una velocitá U∞ e con gradiente di pressione nullo, le (8) si riducono a: u ∂u ∂2u ∂u +v = ν 2. ∂x ∂y ∂y (15) La soluzione é stata data da Blasius, nella sua tesi di dottorato, nel 1908 a Gottinghen. Egli introduce la variabile adimensionale: Cap. IV La dinamica dei fluidi newtoniani r U∞ νx η=y 53 (16) e la funzione: ψ= p νxU∞ ϕ(η) in modo che: u(y) = ϕ0 (η). U∞ Sostituendo la funzione ψ nella (15) si ottiene l’equazione differenziale: 2ϕ000 + ϕϕ00 = 0. (17) Blasius ne trovó la soluzione, che viene riportata in figura, con uno sviluppo in serie. Notiamo che per η = 5 si ottiene u/U∞ = 0.99. Da tale valore viene ricavato δ, lo spessore convenzionale dello strato limite. Cioé si considera raggiunto il confine dello strato quando siamo al 99% della velocitá esterna. Questo spessore é molto piccolo, infatti abbiamo dalla (16): r νx δ=5 . (18) U∞ Per esempio con U∞ = 0.6m/s, x = 0.3m, ν = 10−6 m2 /s abbiamo δ = 3.5mm. Al di fuori di questo strato il flusso diviene uniforme, quindi con gradienti di velocitá nulli. Le tensioni tangenziali τo che il fluido trasmette alla parete sono funzione dell’ascissa x con origine dal bordo d’attacco, esse valgono, in valore assoluto: µ ¶ ∂u τo (x) = µ ∂y y=0 da cui otteniamo facilmente: r τo (x) = 0.332 3 ρµU∞ . x Quindi√risultano infinite al bordo d’attacco per poi decrescere in ragione inversa di x. Tutto questo puó essere applicato anche ad un corpo avente una certa curvatura, per esempio un profilo alare, basta considerare l’ascissa x come curvilinea. La soluzione di Blasius ha avuto molte conferme sperimentali e risulta valida, per valori del numero di Reynolds, composto con l’ascissa x, inferiori a: 54 E. Buffoni Idrodinamica Figura 1: La soluzione di Blasius insieme ai dati sperimentali. Rx = U∞ x < 250000, ν possiamo anche formare un numero di Reynolds con lo spessore convenzionale δ: U∞ δ < 2500. ν √ Infatti é facile vedere che Rδ = 5 Rx . Al di sopra di tali valori la soluzione per il moto laminare non vale piú perchè si forma lo strato limite turbolento di Prandtl. Rδ =