IL RUMORE NEI LUOGHI DI LAVORO
SOMMARIO
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1. PREMESSA ....................................................................................................................................... 2
2. CONCETTI GENERALI SUL RUMORE ........................................................................................ 2
2.1. IL DECIBEL ............................................................................................................................... 2
2.2. LA FREQUENZA ....................................................................................................................... 2
2.3. LA DURATA .............................................................................................................................. 4
3. EFFETTI DEL RUMORE SULL'ORGANISMO ............................................................................. 5
3.1. L'ORECCHIO UMANO ............................................................................................................. 5
3.2. GLI EFFETTI UDITIVI.............................................................................................................. 5
3.3. EFFETTI EXTRAUDITIVI ........................................................................................................ 7
4. L'INDAGINE SUI RUMORE............................................................................................................ 8
4.1. GLI STRUMENTI ...................................................................................................................... 8
4.2. LA METODOLOGIA ................................................................................................................. 8
4.3. L'INDAGINE AUDIOMETRICA .............................................................................................. 9
5. LE MISURE DI PROTEZIONE E PREVENZIONE ........................................................................ 9
5.1. INTERVENTI TECNICI ED ORGANIZZATIVI ...................................................................... 9
5.2. MEZZI PROTETTIVI PERSONALI........................................................................................ 11
6. NORME DI LEGGE E RACCOMANDAZIONI ............................................................................ 12
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1. PREMESSA
Il rumore può essere definito come un suono indesiderabile, a livello fisiologico e psicologico, che
interferisce con le diverse attività individuali o di gruppo. Sono attualmente sempre maggiori le
situazioni che espongono l'uomo agli effetti nocivi del rumore, sia nella sua vita privata sia
nell'attività lavorativa. Si può asserire che in tutte le aziende si trovano posti di lavoro con presenza
di rumore più o meno intenso. Non c'è quindi dubbio che la sordità professionale da rumore
costituisce una malattia in continuo aumento.
In questo capitolo si forniscono alcune nozioni di base, che possono essere utili ai preposti,
lasciando ad altri testi l'approfondimento dei singoli aspetti che possono interessare gli esperti del
settore chiamati ad intervenire per il risanamento degli ambienti di lavoro.
2. CONCETTI GENERALI SUL RUMORE
Il suono è originato da onde di pressione provocate da un oggetto in vibrazione. Tali onde viaggiano
attraverso un mezzo elastico (aria, acqua, ecc.) come onde successive di compressione e
d'espansione.
Il suono è fondamentalmente caratterizzato da tre grandezze:
- intensità (o pressione sonora)
- frequenza
- durata
Quanto più è elevata la sensazione di rumore, tanto maggiore è l'intensità; nello stesso tempo i
rumori d'alta frequenza sono più nocivi all'udito di quelli di bassa frequenza e quanto più prolungata
è l'esposizione al rumore più pronunciato è l'effetto sull'apparato uditivo.
2.1. IL DECIBEL
L'udito dell'uomo è sensibile a pressioni sonore variabili da 20 Pa fino a 100.000.000 Pa (1 Pa =
1 N/mq)
Per evitare di dover lavorare con troppe cifre, nel valutare l'intensità del rumore si usa una scala
logaritmica espressa in decibel; tale scala arbitraria fa riferimento alla soglia d'udibilità (20 Pa)
come punto di partenza (pressione di riferimento).
A questa pressione corrisponde 0 dB. Perciò, ogni volta che si moltiplica la pressione sonora in Pa
per dieci, non si fa altro che aggiungere 20 dB.
Ad esempio 200 Pa corrispondono a 20 dB, 2000 Pa a 40 dB e cosi via. A titolo orientativo
notiamo come una pressione di1N/mq corrisponde ad un livello di pressione sonora (LPS) di 94 dB
e 1 atmosfera a 194,1 dB di LPS. Va detto che la scala di misura del livello sonoro è tale per cui ad
ogni aumento di 3 dB si raddoppia il livello d'intensità sonora.
Nella fig. 1 sono indicati i livelli di pressione sonora, espressi sia in dB sia in Pa, d'alcune situazioni
tipiche. Per effettuare la somma o la differenza di due suoni espressi in decibel bisogna perciò
tenere conto della definizione Iogaritmica di cui sopra: pertanto se consideriamo una macchina la
cui intensità sonora sia di 80 dB se a questa affianchiamo un'altra macchina di 86 dB d'intensità, il
livello risultante complessivo non sarà di 166 dB bensì di 87 dB. Nelle fig. 2 e 3 sono riportate le
curve che consentono rispettivamente di ottenere la somma di due suoni espressi in dB e di
ricavare il valore del rumore proveniente da una sorgente, depurandolo dal rumore di fondo.
2.2. LA FREQUENZA
Per frequenza s'intende il numero delle variazioni di pressione del suono per unità di tempo. Si usa
esprimere questa frequenza in Hz (o in cicli/sec). I suoni abituali nell'industria hanno differenti
frequenze a seconda del lavoro e del tipo di sorgente. Ogni suono può essere caratterizzato da più
frequenze ciascuna delle quali contribuisce al livello di pressione sonora complessivo.
La gamma di frequenze percepibili dall'apparato uditivo dell'uomo è compreso tra 20 Hz e 20.000
Hz circa.
L'orecchio umano non è ugualmente sensibile a tutte le frequenze, ma è più sensibile nel campo
compreso fra 2 KHz e 5 KHz, ed è molto meno sensibile alle frequenze estremamente elevate o
estremamente basse. I rumori o suoni acuti hanno alte frequenze comprese tre 2000 e 4000 Hertz
(Hz), mentre quelli gravi hanno basse frequenze inferiori a 250 Hz.
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Fig. 1 - Livelli di pressione sonora (dB) e pressione sonora
( Pa) in alcune situazioni tipiche
Fig. 2 - Somma di livelli di pressione sonora in dB.
Esempio:
1 Macchina 1 = 85 dB
Macchina 2 = 82 dB
2 Differenza = 3 dB
3 Correzione (dal grafico) = 1,7 dB
4 Rumore totale = 85 + 1,7 = 86,7 dB
Fig. - 3 Differenza tra livello totale di rumorosità ed il rumore
di fondo (differenza di livelli di pressione sonora in dB).
1 Rumore totale = 60 dB
2 Rumore di fondo = 53 dB
3 Differenza = 7 dB
4 Correzione (dal grafico) = 1 dB
5 Rumore della macchina = 60 - 1 = 59 dB
Questo fenomeno è molto più pronunciato ai livelli bassi di pressione sonora che non agli alti livelli.
Ad esempio un segnale a 50 Hz deve avere un livello di 15 dB più elevato per dar luogo alla stessa
sensazione di un segnale di 70 dB a 100 Hz (v.fig.4).
In funzione di questi risultati sperimentali sono state determinate delle curve di ponderazione tali da
simulare il più fedelmente possibile la risposta al rumore dell'orecchio umano, normalmente
impiegate nei misuratori di livello sonoro (fonometri).
Sono state così determinate tre curve normalizzate in campo internazionale denominate A, B e O
che danno, in funzione della frequenza, l'andamento "pesato" dell'intensità sonora espressa in dB.
In effetti, oggi è utilizzata solamente la curva A in quanto le altre curve non danno una buona
correlazione con le prove soggettive. Per le misure del rumore degli aerei è stato recentemente
normalizzato il circuito D con caratteristiche particolari come da figura 5.
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Fig. 4 - Curve di eguale sensazione sonora (secondo ISO/R 226/91).
Valori medi relativi a persone con udito normale, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, per suoni puri
nel campo sonoro libero (secondo Robinson e Dadson).
Fig. 5 - Curve di ponderazione A, B, C
Per questi motivi nelle rivelazioni di rumore è comodo utilizzare strumenti tarati sulla curva di
ponderazione A in modo da poter ottenere dati di uscita che corrispondano effettivamente alle
risposte dell'apparato uditivo. In questo caso la misura è espressa in dB(A) (decibel A). Per misure
più dettagliate, a proposito di un segnale complesso, si può suddividere il campo di frequenza in
bande aventi un'ampiezza di un'ottava, di terzi d'ottava o a bande strette. Così facendo sono
eliminati dalla misura tutti i suoni esterni alla banda di frequenza interessata ed il rumore può essere
scomposto nelle sue componenti atte diverse frequenze.
2.3. LA DURATA
Per quanto riguarda la durata il rumore può essere distinto in continuo, intermittente, impulsivo.
Il rumore continuo è, ad esempio, quello uniforme prodotto da una pompa. Se il rumore si produce
in determinati periodi se ne terrà conto nel calcolo dell'esposizione. Altre macchine possono
produrre anche rumori impulsivi (p. es. urti di masse metalliche, colpi di martello, scarichi rapidi
d'aria compressa, ecc.).
Si definisce impulsivo un innalzamento rapido, di breve durata, del livello sonoro che si ripete ad
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intervalli maggiori di un secondo. Tale tipo di rumore presenta un altro problema nella valutazione
della rumorosità, poiché quanto più breve è la durata del suono, tanto meno l'orecchio è sensibile
nel percepirlo; tuttavia il rischio di danno non è necessariamente ridotto, anzi può essere molto più
dannoso. Per questo motivo i misuratori di livello sonoro comprendono un circuito per la
misurazione dei valori di picco indipendentemente dalla durata del segnale stesso.
3. EFFETTI DEL RUMORE SULL'ORGANISMO
3.1. L'ORECCHIO UMANO
I suoni e i rumori, ossia le onde sonore, attraversano il condotto uditivo esterno e vanno a colpire la
membrana del timpano facendola vibrare. I movimenti vibratori, trasmessi meccanicamente dalla
catena degli ossicini e dalla finestra ovale al liquido speciale (l'endolinfa) dell'orecchio interno, si
propagano lungo le spirali della coclea (o chiocciola) dell'orecchio interno e stimolano le cellule
sensorie dell'organo di Corti e le terminazioni del nervo uditivo. Questo è il modo in cui si svolge
fisiologicamente la ricezione, ossia il fenomeno di percezione nell'organo sensoriale periferico.
Possiamo paragonare quest'organo di ricezione a un microfono sulla cui membrana esistono
determinate aree che reagiscono a certe frequenze. Dall'organo ricettore l'eccitazione è trasmessa
per via nervosa ai centri uditivi inferiori, dove si ha la percezione, vale a dire le percezioni semplici
che generano i riflessi acustici (sensazione sonora). In seguito, per mezzo della percezione, è
possibile percepire coscientemente e apprezzare le impressioni sensoriali acustiche. Al riguardo,
l'apparato uditivo è in grado di riconoscere suoni singoli anche se misti ad altri o di distinguere
qualitativamente combinazioni di suoni, rumori, voci e simili (v. fig. 6).
Fig. 6- Sezione schematica dell'apparato
uditivo.
1 membrana del timpano
2 ossicini
3 coclea o chiocciola
4 nervo acustico
lì campo uditivo dell'orecchio sano di una persona giovane comprende le frequenze sonore da 20
fino a 20.000 Hz. Come indicato in figura 4 la sensibilità dell'orecchio non è uguale su tutta questa
scala acustica. Il suono puro di 4.000 Hz è quello che è percepito con il minimo di pressione sonora.
I toni di poco superiori e specie quelli più bassi devono avere una pressione sonora molto più forte,
per essere percepiti nella medesima maniera. La linea tratteggiata in figura 4 rappresenta la soglia
uditiva di un orecchio sano. Per un tono di circa 1.000 Hz è necessaria una pressione sonora di
circa 2 x 10-5 Nm2, perché l'orecchio cominci a sentire.
Aumentando la pressione sonora fino a circa 20 Nm2 si giunge alla "soglia del dolore", che è il limite
massimo di sollecitazione dell'apparato uditivo, oltre al quale si riceve una vera e propria
sensazione di disagio fisico. La pressione sonora alla soglia del dolore è pressappoco i milione di
volte più intensa di quella alla soglia uditiva.
3.2. GLI EFFETTI UDITIVI
I rumori producono effetti dannosi sia sul sistema uditivo sia su altri organi ed apparati (effetti
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extrauditivi). Per quanto riguarda gli effetti uditivi essi sono in relazione diretta col livello sonoro e la
durata di esposizione per cui, superati certi limiti, esiste un rischio statisticamente determinabile di
danno all'apparato uditivo.
La tabella seguente (da 180 RI 1999 e UNI 9432) pur con le incertezze dovute allo scarso numero
di dati disponibili indica gli effetti sull'apparato uditivo dell'esposizione a dosi crescenti di rumore
(dati riferiti a settimana di 40 ore lavorative):
Rischio di ipoacusia dopo un'esposizione di:
Livello di
rumorosità
80 dBA
85 dBA
90 dBA
95 dBA
100 dBA
5 anni
10 anni
20 anni
30 anni
0
1%
4%
7%
12%
0
3%
10%
17%
29%
0
6%
16%
28%
42%
0
8%
18%
31%
44%
Il processo uditivo causa nelle cellule sensoriali un consumo di energia che deve essere
compensato. Questa compensazione avviene per mezzo di determinati processi metabolici che si
attuano più rapidamente presso le persone giovani che non presso quelle anziane. in condizioni
normali, esiste un equilibrio fra consumo e recupero d'energia; in altre parole, il rendimento delle
cellule acustiche, e con ciò l'acutezza uditiva, rimangono costanti.
La facoltà di recupero dell'apparato uditivo è tuttavia limitata. Quando l'orecchio è esposto a un
rumore intenso, esso si ristabilisce completamente solo dopo un periodo più o meno lungo, in taluni
casi dopo più ore. Entro tale periodo l'acutezza uditiva rimane ridotta e il deficit acustico è misurabile
con esame audiometrico. in questo caso la perdita dell'udito è reversibile, vale a dire solo
passeggera (spostamento temporaneo della soglia uditiva). Se i danni acustici si ripetono, ne risulta
allora un deficit acustico permanente (spostamento permanente della soglia uditiva). Tale deficit può
subentrare, alla presenza di un rumore intenso o presso persone ipersensibili al rumore, già dopo
pochi mesi; in altri casi, invece, solo nel corso di molti anni. Quando il rumore è particolarmente
violento, può bastare già un unico avvenimento, per esempio una detonazione o un rumore breve
ma prossimo alla soglia del dolore, per provocare danno permanente all'udito. Siccome il deficit
permanente determina una degenerazione irreparabile delle relative cellule acustiche, esso non è
più reversibile, rendendo preclusa qualsiasi possibilità di cura. I danni derivanti da trauma acustico
si manifestano prima di tutto e in modo palese nei campo della massima acuità uditiva, ossia nel
campo delle frequenze di 4000 Hz: ne è tipico il tracciato delle curve (caduta c5) sull'audiogramma
della figura 7.
Fig.. 7- Audiogramma per toni puri
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Quando la perdita uditiva interessa solo le frequenze alte, non si sentono più bene i suoni come le
sibilanti della voce parlata o lo squillo del telefono. In generale la perdita uditiva è avvertita
soggettivamente solo quando ha raggiunto una determinata gravità non unicamente nelle alte
frequenze, ma anche in quelle medie e basse. E' una volta raggiunto un tale stadio che il deficit
acustico si fa sentire, a seconda del caso, anche nella vita quotidiana. Alcuni soggetti hanno
difficoltà a percepire singoli suoni alla presenza di un determinato rumore di fondo e perciò non
intendono più a sufficienza la persona con cui parlano, i danni auditivi da rumore sono
accompagnati frequentemente da spiacevoli sensazioni soggettive (ronzii, scampanellii o fischi nelle
orecchie). Comunque la diminuzione della funzione auditiva è generalmente assai lenta e graduale.
Finché non è compromessa la capacità di comprendere il "normale parlato" il soggetto non si rende
conto che sta perdendo l'udito. Da qui l'importanza di un controllo audiometrico periodico per le
persone esposte al rumore ambientale che segnali per tempo l'insorgenza di un'ipoacusia di origine
professionale.
Non tutte le sordità dipendono però dal rumore. Esistono altre cause come:
processi degenerativi nell'orecchio interno dovuti ad una predisposizione congenita; invecchiamento
accentuato (presbiacusia), spesso prematuro dei condotto uditivo, infezioni e altri processi patologici
(p. es. otite media, otoscierosi), uso di determinati medicamenti (p. es. streptomicina) e traumi
cranici.
infine va detto che a volte l'ipoacusia si accompagna alla percezione di ronzii o fischi acuti (acufeni),
o a sensazione di orecchio pieno, lieve mal di testa senso di fatica o di intontimento.
3.3. EFFETTI EXTRAUDITIVI
Oltre i 70 dBA il rumore aziona o inibisce i sistemi neuroregolatori modificandone le funzioni e
inducendo svariati disturbi.
Gli effetti extrauditivi dei rumore sono oggetto di studi i quali tendono ad evidenziare effetti dannosi
sull'organismo, p. es. sul sistema cardiocircolatorio (ipertensione arteriosa), sui sistema digerente
(acidità di stomaco), sul sistema nervoso centrale (fatica nervosa) ed anche alterazioni sulla
frequenza della respirazione. Inoltre diminuiscono i naturali livelli di vigilanza mentale. Infine i rumori
interferiscono con i segnali acustici di pericolo presenti in fabbrica.
La definizione dei rischi extrauditivi in termini quantitativi risulta estremamente difficile anche perché
questi effetti sono legati non solo alle caratteristiche del rumore ma anche alle caratteristiche
fisiopsicologiche dei soggetto, al tipo di attività svolta e all'ambiente di lavoro nel suo complesso.
Molte ricerche sono state svolte riguardo agli effetti del rumore sull'efficienza lavorativa, giungendo
talvolta a conclusioni diverse.
Gli studi più recenti concordano sui fatto che il rumore regolare e continuo non influisce
sull'efficienza lavorativa anche per livelli sonori elevati. Al contrario forti suoni improvvisi,
specialmente se non immediatamente identificati, riducono l'efficienza lavorativa.
Nei caso di attività di controllo si è verificato che il livello di attenzione diminuisce notevolmente in
ambiente molto rumoroso. in linea generale il rumore provoca un allentamento sensibile delle
capacità decisionali fino a veri e propri "blocchi" temporanei, particolarmente pericolosi quando
occorra fronteggiare situazioni di emergenza.
E' anche importante tenere conto della necessità di comunicare verbalmente per il corretto e sicuro
svolgimento del lavoro. il rumore può essere causa di incomprensioni tra gli operatori e
conseguentemente portare ad incidenti.
Rumorosità ambientali elevate possono anche rendere difficile l'accertamento immediato di
anomalie di funzionamento, di macchine o impianti, coprendo eventuali segnalazioni acustiche di
avvertimento o di allarme.
Negli ambienti rumorosi occorre valutare attentamente i problemi di comunicazione e rendere
efficiente il passaggio di informazioni.
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4. L'INDAGINE SUI RUMORE
Per valutare l'entità dei rumore in connessione con gli effetti sull'uomo si misura il Livello Sonoro
Equivalente Continuo (LeqdBA), che è una specie di valore medio della rumorosità che tiene conto
della diversa sensibilità dell'orecchio alle varie frequenze.
4.1. GLI STRUMENTI
Nelle fabbriche si riscontra prevalentemente un rumore intermittente. In conseguenza di ciò occorre
accertare i cambiamenti dei livelli di pressione sonora e degli spettri di frequenza in funzione dei
luogo e dei tempo, onde ottenere un rilevamento preciso dei rumore.
Le misure del livello di pressione sonora sono effettuate con fonometri i quali, a seconda delle
esigenze, possono essere equipaggiati con accessori che consentono di determinare la frequenza
dei rumore (analizzatori di frequenza a spettro in ottave, terzi d'ottava, a spettro continuo), la
variabilità nei tempo (registratori), la distribuzione statistica dei livello di pressione sonora
(analizzatori statistici di livello), ecc.
Per il rilevamento delle condizioni di rumore sul lavoro, si procede alla misurazione dei livello di
pressione sonora nei posti e nei locali (zone) di lavoro e specialmente in presenza di forti
oscillazioni dei livelli - alla registrazione, in funzione dei tempo, nei cosiddetti diagrammi tempo livelli di pressione sonora. Per mezzo dell'annesso analizzatore di distribuzione statistica, atto a
classificare in gruppi le oscillazioni dei livelli, è facile calcolare l'equivalente livello continuo della
pressione sonora.
I rilievi fonometrici per i posti con rumore intermittente sono ripetuti e prolungati fino a ottenere
risultati che possono essere considerati come valori medi rappresentativi.
Si procede nell'analisi spettrale dei fenomeni sonori quando occorre isolare e valutare specifici
rumori di macchine, alfine di prendere misure antirumore selettive per quanto riguarda le frequenze.
E' difficile valutare la sollecitazione uditiva individuale (equivalente livello continuo della pressione
sonora: durata d'esposizione) di persone esposte, per un tempo indeterminato, a differenti
condizioni di rumore.
Questa sollecitazione uditiva può essere rilevata in modo attendibile solo con i dosimetri di rumore
personali, come avviene per esempio con i dosimetri speciali impiegati da coloro che sono esposti a
radiazioni ionizzanti.
4.2. LA METODOLOGIA
L'esecuzione di corrette indagini di rumorosità richiede sia la conoscenza dei ciclo di lavorazione e
delle modalità reali di operare da parte dei lavoratori del reparto, sia una preparazione tecnica sul
metodo di rilevamento.
Tale duplice campo di conoscenze ed esperienze richiede che la programmazione e l'esecuzione
dell'indagine siano svolte in collaborazione tra diverse funzioni aziendali e talvolta col contributo di
specialisti esterni.
Anche la partecipazione dei lavoratori contribuisce a far sì che anche i risultati dell'indagine siano
reali e corrispondenti all'effettiva condizione in cui lavorano gli addetti alle varie mansioni. Solo un
metodo che preveda l'intervento del reparto, dei servizio di sicurezza, dei servizio sanitario e dei
lavoratori stessi, può portare ai migliori risultati.
in concreto si dovrà tendere ad ottenere, per ogni gruppo di lavoratori, una precisa definizione del
rischio concreto all'esposizione dei rumore.
i rilevamenti dovranno essere preceduti da una riunione tra tutte le componenti che partecipano
all'indagine in modo che: tutti siano a conoscenza delle modalità secondo le quali saranno eseguite
le misure; siano definite le condizioni operative dell'impianto durante il quale misurare la rumorosità,
siano
chiariti significato e limiti di impiego dei TLV cui si farà riferimento per definire il rischio.
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Fig. 9 - Misuratore della dose (dosimetro).
Fig. 8 - Fonometro integratore di precisione.
4.3. L'INDAGINE AUDIOMETRICA
Per mezzo dell'audiometro a toni puri si può, oggi, controllare l'acutezza uditiva con un esame
relativamente breve. Si tratta di un apparecchio generatore di suoni che produce, a determinate
frequenze, toni puri la cui intensità può essere variata a volontà dell'esaminatore. Gli apparecchi
sono tarati in modo che, in posizione zero, ogni tono d'esame ha un'energia sonora che collima con
la soglia uditiva di un orecchio normale e sano. Per controllare la conduzione aerea, i toni sono
trasmessi all'orecchio mediante apposite cuffie. Per il controllo della conduzione ossea sono
impiegati vibratori elettrodinamici da sistemare aderenti alle ossa craniche (mastoidi).
La persona sottoposta all'esame deve trovarsi in un locale silente o in una cabina fonoisolata. Con
un segnale luminoso essa può annunciare all'esaminatore se sente o no i suoni emessi. Quando
per udire un tono puro si ha bisogno di una pressione sonora superiore alla soglia uditiva, il valore
minimo necessario è segnato in un diagramma quale deficit acustico. L'unione dei punti cosi ottenuti
per le varie frequenze dà le curve audiometriche per la conduzione aerea e ossea. in questo modo,
ogni orecchio è esaminato singolarmente. Secondo l'andamento delle curve, il medico può trarre
conclusioni circa l'entità, il tipo e le cause del deficit acustico ed anche valide indicazioni sull'entità
dei rischio presente nell'ambiente di lavoro.
in ogni caso l'esame medico approfondito di un danno acustico esige ancora ulteriori controlli. Nel
caso di deficit uditivo l'audiogramma presenta un andamento del tipo rappresentato in figura 7, cioè
con dei minimi alle frequenze di 4000 e 8000 Hz. L'audiogramma di una persona con udito normale
darebbe a tutte le frequenze valori attorno allo zero (soglia uditiva).
5. LE MISURE DI PROTEZIONE E PREVENZIONE
Per prevenire i danni occorre contenere l'esposizione dei lavoratori al rumore ai di sotto degli 85 dB
5.1. INTERVENTI TECNICI ED ORGANIZZATIVI
A parte l'impiego dei mezzi protettivi dei quali si dirà in seguito, gli interventi tendenti alla riduzione
della esposizione al rumore possono essere di tipo tecnico ed organizzativo. Gli interventi
organizzativi diminuiscono l'esposizione complessiva riducendo i tempi di permanenza nelle
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posizioni rumorose, attuando una rotazione di mansioni o facendo effettuare lo stesso lavoro in
ambiente diverso, spostando - se necessario - gli strumenti di lavoro.
Lo spostamento dei quadri di controllo entro cabine e l'effettuazione delle manutenzioni in locale
apposito anziché in loco, ad esempio, rientrano tra gli interventi di questo tipo.
Gli interventi propriamente tecnici invece si propongono di ridurre il livello di pressione sonora nei
posti di lavoro e sono essenzialmente di tre tipi:
- interventi attivi (abbassano il livello di pressione sonora riducendo alla sorgente l'emissione
rumorosa, p. es. applicazione di ugelli silenziati agli scarichi d'aria compressa);
- interventi passivi (abbassano il livello di pressione sonora isolando acusticamente dall'ambiente la
sorgente; p. es. il fonoisolamento di macchine entro adatti box),
- interventi ambientali (consistono in un trattamento fonoassorbente delle pareti che riduce le
riflessioni delle onde sonore e conseguentemente il livello di pressione sonora risultante).
A seconda del problema posto, vanno ricercate soluzioni nell'ambito ditali campi. Gli interventi
tecnici attivi sono certamente i preferibili, ma spesso non sono tecnicamente attuabili; pertanto le
soluzioni vanno cercate in altri campi, non dando comunque mai per inattuabile l'intervento attivo.
D'altra parte va posto il problema di acquistare macchine a basso livello di rumorosità e di inserire,
tra gli obiettivi delle manutenzioni ordinarie e straordinarie, il controllo della rumorosità. i risultati
ottenibili sono di gran lunga migliori e meno costosi degli interventi sporadici a posteriori.
In tal senso si consiglia una manutenzione costante delle macchine, una riduzione di ritmi e velocità
di lavorazione, l'impiego di silenziatori sugli scarichi d'aria di meccanismi pneumatici e sulle pistole
ad aria compressa, l'utilizzo di utensili silenziosi con tempestive sostituzioni o affilature, l'uso di
avvitatori elettrici o oleopneumatici, la modifica degli stampi delle presse e degli scivoli delle cesoie
ecc.
Per quel che riguarda la propagazione del rumore, oltre che disporre le macchine su appoggi
antivibranti, si può operare con cabine e cofanature isolanti.
L'adozione delle cabine silenti per gli operatori è un metodo largamente impiegato nell'industria.
Presenta il vantaggio di ridurre l'esposizione al rumore dei lavoratori, ma anche svantaggi non
trascurabili in quanto isola in un ambiente spesso angusto il lavoratore.
Le cabine devono essere di adeguate dimensioni e utilizzabili per tempi di lavoro abbastanza lunghi:
è frequente il caso di cabine inutilizzate perché gli organi di comando e di controllo dell'impianto si
trovano all'esterno. Si dovrà in definitiva, prima di installare cabine per gli operatori, verificare per
quanto tempo le cabine sono concretamente utilizzabili.
Le indicazioni che si possono trarre durante l'indagine vanno approfondite caso per caso dagli uffici
tecnici competenti con l'ausilio, ove necessario, di ditte specializzate.
Talvolta è utile consultare il produttore delle macchine che su modelli recenti può aver attuato
interventi di silenziamento efficaci. E' indispensabile, nella fase di studio degli interventi l'impegno
dei preposti che, grazie alla loro esperienza del lavoro, possono fornire validi suggerimenti e
valutare preventivamente l'applicabilità pratica delle soluzioni proposte dagli specialisti.
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5.2. MEZZI PROTETTIVI PERSONALI
A completamento di quanto già esposto nel capitolo: "Mezzi personali di protezione" si riportano qui
le caratteristiche dei mezzi individuali più usati per la protezione dal rumore dell'apparato uditivo:
"lana piuma" e cuffie anti rumore.
i batuffoli di ovatta hanno scarsa efficacia ed i tamponi in gomma elastica, anche se più efficienti
della lanapiuma, pongono problemi igienici. Nonostante abbia il vantaggio di essere monouso,
anche l'impiego della lanapiuma richiede un'accurata igiene personale del condotto uditivo.
Fig. 10 - Curve di attenuazione acustica di quattro
protettori auricolari.
Fig. 11 - Rumore di una sega circolare
per profilati di metallo leggero durante
il taglio a secco.
La zona tratteggiata rappresenta
l'attenuazione teorica da una cuffia antirumore.
Spettro 1 - Rumore agente sull'orecchio indifeso.
Spettro 2 - Rumore agente sulla membrana
timpanica di un orecchio protetto con una cuffia antirumore.
Qualora sia ben inserita nel condotto uditivo esterno la lanapiuma produce un'attenuazione di 15 dB
a 250 Hz e di oltre 20 dB a frequenze superiori.
Le cuffie consentono, a seconda del tipo1 attenuazioni fino a 45 dB.
Anche la cuffie devono essere indossate correttamente, facendole aderire bene alla cute attorno al
padiglione dell'orecchio.
Per questo motivo è opportuno adottare cuffie di misura regolabile direttamente dall'utilizzatore.
Cuffie e lanapiuma (in particolare le prime) hanno il difetto, in particolare per chi non è abituato, di
essere talvolta fastidiose, specie se la sudorazione è sensibile, come avviene con i lavori pesanti ed
in ambiente caldo.
D'altra parte producono senso di isolamento e difficoltà di
ascolto dei segnali di pericolo e nelle comunicazioni verbali.
Se ne conclude che il loro impiego deve essere limitato ai casi
di effettiva necessità e per il tempo strettamente necessario.
Tempi di impiego dell'ordine della mezz'ora, anche se
ripetutamente nel corso del turno di lavoro, non dovrebbero
creare problemi.
L'impiego del mezzo protettivo, per essere appropriato ed
efficace, richiede la sensibilizzazione dei lavoratori, con una
chiara indicazione delle aree e delle circostanze in cui deve
essere impiegato.
Il mezzo individuale non deve essere ritenuto una soluzione definitiva, ma un efficace sistema per
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non rischiare danni all'organo uditivo mentre si realizzano gli interventi migliorativi (utilizzo di
macchine e strumenti' più silenziosi ecc.).
L'impiego della cuffia potrà risultare definitivo solo per brevi interventi di controllo o manovre in locali
rumorosi o dove si rivelino non fattibili interventi migliorativi veri e propri.
L'impiego dei mezzi protettivi finalizzato e concordato entro i limiti di cui sopra, può essere attuato
quale immediata prevenzione dei rischi da rumore.
Eventuali esenzioni o estensioni dell'impiego ditali mezzi per alcuni lavoratori potranno essere
suggeriti dagli esiti delle visite audiometriche periodiche.
6. NORME DI LEGGE E RACCOMANDAZIONI
Fino al 1991 il legislatore italiano non fissava esplicitamente i limiti di rumorosità negli ambienti di
lavoro.
Infatti I'art. 24 del D.P.R. n. 30311956 (abrogato dall'art. 59 del Decreto Legislativo n. 277 del 15
agosto 1991) imponeva genericamente: "Nelle lavorazioni che producono scuotimenti, vibrazioni o
rumori dannosi ai lavoratori, devono adottarsi i provvedimenti consigliati dalla tecnica per diminuirne
l'intensità".
Va però detto che nella pratica tale norma, coordinata con l'art. 2087 C.C., ha permesso
l'elaborazione di un'articolata giurisprudenza di merito la quale, in molte occasioni, ha rappresentato
un significativo fattore deterrente verso la tolleranza imprenditoriale per le lavorazioni rumorose e
dannose.
Lo stesso D.P.R. indica le seguenti attività che espongono a rumore e per le quali è prescritta la
visita medica annuale di controllo: lavoro dei calderai, ribaditura dei bulloni, battitura e foratura delle
lamiere con punzoni, prove motori a scoppio ed a reazione, produzione di polveri metalliche con
macchine e pestelli, fabbricazione di chiodi, lavoro ai telai meccanici di tessitura.
Ma in base alle recenti sentenze della Corte Costituzionale precedentemente citate anche altre
lavorazioni non tabellate possono richiedere un adeguato controllo medico. Controllo che
dev'essere efficace, dunque preventivo, e perciò: visita medica integrata da esame audiometrico
(utilizzabile anche a fini cIinici e assicurativi) ogni 3 anni per livelli di esposizione compresi tra 80 e
85 dBA e ogni due anni per livelli superiori a 85 dBA.
lì D.P.R. n. 112411965 ed il D.P.R. 482/1975 individuano le attività per le quali è previsto
l'indennizzo da parte dell'INAIL in caso di sordità professionale.
Col D.M. del 18 aprile 1973 è stata resa obbligatoria la denuncia all'Ispettorato del Lavoro della
ipoacusia da rumore, comunque essa sia contratta dal lavoratore nell'ambito della propria attività
lavorativa.
lì DPR 9.6.1975 contiene la tabella delle malattie professionali nell'industria, e al punto 44 vi è
l'elenco relativo alle attività che causano ipoacusia da rumore, tuttavia tale elenco non è chiuso, ma
si può fornire la prova della causa professionale dell'ipoacusia derivante da altre lavorazioni (Corte
Cost. sentenze n. 179/88 del 18.2.1988 e 206/88 del 25.2.1988).La legge n. 833/1978 lascia a
successive norme di legge la fissazione e periodica revisione dei limiti massimi di accettabilità e di
esposizione al rumore. Fino al 1991 erano utilizzati parametri tecnici extralegislativi di riferimento
per la valutazione dell'esposizione professionale al rumore. Tra i parametri più usati sono stati quelli
dell'ACGIH (American Conference of Govemmental Industrial Hygienists), che fissano i seguenti
rapporti tra livello sonoro e tempo di esposizione (per 5 giorni alla settimana):
Livello di pressione sonora
80 dB (A)
85 dB (A)
90 dB (A)
95 dB (A)
100 dB (A)
105 dB (A)
110 dB (A)
115 dB (A)
Esposizione giornaliera
16 ore
8 ore
4 ore
2 ore
1 ora
1/2 ora
1/4 ora
1/8 ora
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Non sono consentite esposizioni continue o intermittenti a livelli di pressione sonora superiori a 115
dB (A).
Quindi il valore limite per 8 ore lavorative è di 85 dBA.
Per esposizioni di durata variabile a livelli acustici diversi ci si dovrà attenere alla limitazione:
D <1 ove:
D-C1/T1 +C2IT2+……… Cn/Tn
in cui Ci = tempo di esposizione reale ad un livello Li
Ti = tempo limite di esposizione ammissibile a livello acustico Li
Questa tabella non è valida per rumori impulsivi o di impatto (aventi variazioni nel livello sonoro con
valori massimi ad intervalli maggiori di un secondo).
Per i rumori impulsivi I'ACGIH raccomanda di non superare i limiti sotto esposti:
Livelli sonori dB
Impulsi giornalieri
(Peak-hold)
140
130
120
100
1000
10000
Va sottolineato che le raccomandazioni ACGIH si riferiscono a livelli di pressione sonora ed a durata
di esposizione che rappresentano le condizioni alle quali si ritiene che quasi tutti i lavoratori possono
essere esposti ripetutamente senza reazioni negative sulle loro facoltà di udire e di capire la parola
normale.
Questi valori devono essere usati come guida per il controllo della rumorosità; però, data la diversa
sensibilizzazione individuale, non possono essere considerati come una linea netta di confine tra la
zona di sicurezza e la zona di pericolosità.
E difatti sono suscettibili di critica, soprattutto alla luce di molte sentenze penali in materia di lesioni
colpose per ipoacusie determinate da un'esposizione alla fascia di rumore da 80 ad 85 decibel.
Nel 1991 però, con il Decreto Legislativo 15 agosto 1991 n. 277, sono state recepite
nell'ordinamento italiano, in modo per certi versi opinabile, alcune direttive comunitarie tra cui la
86/188/CEE relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il
lavoro che hanno modificato profondamente la regolazione giuridica del rumore sul luogo di lavoro.
Opinabile perché stabilisce soglie di rumore (85-90 decibel) capaci di imporre obblighi concreti ai
datori di lavoro troppo alte, e non prevede una tutela per il danno extrauditivo originato dal rumore, e
rappresenta un arretramento rispetto alla tutela esistente.
Le norme del Decreto Legislativo regolano diversi aspetti.
Innanzi tutto forniscono le formule per la determinazione delle esposizioni quotidiane e settimanali al
rumore (art. 39):
"a) esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore (LEP, d), l'esposizione quotidiana
personale di un lavoratore al rumore espressa in dB(A) misurata, calcolata e riferita ad 8 ore
giornaliere.
Essa si esprime con la formula:
L ,d
EP
L
Aeq , T e
10 log
T
10
T
e
o
dove
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Te
L
Aeq , T e
10 log
p
1
10
T
(l)
A
p
e
2
o
dt
o
Te = durata quotidiana dell'esposizione personale di un lavoratore al rumore, ivi compresa la quota
giornaliera di lavoro straordinario
To = 8h = 28800s;
Po = 20 PA;
pA = pressione acustica istantanea ponderata A, in Pascal, cui è esposta, nell'aria a pressione
atmosferica, una persona che potrebbe o no spostarsi da un punto ad un altro del luogo di lavoro;
tale pressione si determina basandosi su misurazioni eseguite all'altezza dell'orecchio della persona
durante il lavoro, preferibilmente in sua assenza, mediante una tecnica che minimizzi l'effetto sul
campo sonoro.
Se il microfono deve essere situato molto vicino al corpo, occorre procedere ad opportuni
adattamenti per consentire la determinazione di un campo di pressione non perturbato equivalente.
L'esposizione quotidiana personale non tiene conto degli effetti di un qualsiasi mezzo individuale di
protezione;
b) esposizione settimanale professionale di un lavoratore al rumore (LEP, w), la media settimanale
dei valori quotidiani LEP, d, valutata sui giorni lavorativi della settimana.
Essa è calcolata mediante la formula:
m
L ,w
EP
10 log
1
10
10
5
k
0 ,1
L ,d
EP
k
1
dove (L EP, d) k rappresentano i valori di LEP, d per ognuno degli m giorni di lavoro della settimana
considerata".
L'art. 40 pone a carico del datore di lavoro l'obbligo di procedere alla valutazione del rumore durante
il lavoro, al fine di identificare i lavoratori ed i luoghi di lavoro a rischio e di attuare le conseguenti
misure preventive e protettive, ivi previste.
Per le imprese già attive la valutazione deve essere latta entro 180 giorni dal 12 settembre 1991,
per le nuove imprese non prima di 90 giorni e non oltre i 180 giorni dall'inizio dell'attività (art. il
comma 6). In ogni caso nel periodo intermedio vi è l'obbligo di evitare un incremento anche
temporaneo dell'esposizione al rumore dei lavoratori (art. 56).
Quando tale valutazione permette di ritenere "fondatamente" che l'esposizione quotidiana personale
ovvero quella media settimanale, se quella quotidiana è variabile nell'arco della settimana, superi gli
80 dBA, la valutazione deve comprendere una misurazione effettuata secondo i seguenti criteri
tecnici:
ALLEGATO VI - CRITERI PER LA MISURAZIONE DEL RUMORE (ART. 40, COMMA 2)
A-1. Generalità.
1.1. Le esposizioni personali di cui all'art. 39 sono:
i) misurate direttamente con fonometri integratori, oppure:
ii) calcolate partendo da misure della pressione acustica, integrando per il tempo di esposizione.
1.2. Le misurazioni possono essere effettuate nei posti di lavoro occupati dai lavoratori o con
strumenti fissati sulla persona. La localizzazione e la durata delle misurazioni debbono essere
congrue ai fini della rappresentatività dei valori ottenuti.
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A-2. Apparecchiatura
2.1. I fonometri utilizzati devono essere conformi alle prescrizioni della norma IEC 651 gruppo 1;
essi devono essere muniti di indicatore di sovraccarico.
Tali strumenti non sono idonei al calcolo del LAeq Te e in presenza di rumore impulsivo.
Ove siano utilizzati fonometri integratori questi dovranno essere conformi alle prescrizioni della
norma 804 gruppo 1.
Sono consentiti metodi di misura che prevedano la registrazione, come tappa intermedia dei segnali
su supporto magnetico
2.2. Lo strumento utilizzato per misurare direttamente il valore massimo (picco) della pressione
acustica istantanea non ponderata deve avere una costante di tempo di salita non superiore a 100
microsecondi.
2.3. Tutta la strumentazione deve essere tarata ad intervalli non superiori ad un anno e ricontrollata
prima di ogni intervento.
A-3. Misurazioni
3.1. La misurazione della pressione acustica in presenza della persona interessata deve tenere
conto delle perturbazioni causate dalla stessa al campo di pressione; si considera non perturbata la
misura se potrà essere eseguita a 0,1 metri di distanza dalla testa all'altezza dell'orecchio.
3.2. Le ponderazioni temporali "slow" e "last" sono valide se l'intervallo di misurazione risulta grande
rispetto alla costante di tempo della ponderazione prescelta ed il livello della pressione acustica non
fluttui molto rapidamente.
3.3. Di ogni misurazione deve essere indicata anche l'incertezza di cui la medesima è affetta (errore
casuale).
La valutazione del rischio da rumore deve essere ripetuta, da personale competente (sotto la
responsabilità del datore di lavoro) consultando i lavoratori e i loro rappresentanti (art. 40 commi 3 e
7) e utilizzando metodi e strumenti adeguati, periodicamente e ogni qualvolta vi sia un significativo
mutamento delle lavorazioni incidente sulle emissioni sonore.
Ditale valutazione deve essere redatto apposito rapporto da tenere a disposizione degli organi di
vigilanza.
La riduzione del rumore deve essere perseguita tenendo conto del progresso tecnico e adottando le
"misure concretamente attuabili" (art. 41): i nuovi impianti, macchine ed apparecchiature devono
rispondere a questa esigenza (art. 46 c. 1). I luoghi dove vi sia un'esposizione costante superiore a
90 dBA o una pressione acustica istantanea superiore a 140 dBA devono essere perimetrati e dotati
di idonea segnaletica (art. 41), e vanno comunicate all'organo di vigilanza le misure tecniche ed
organizzative adottate per la riduzione dell'esposizione (art. 45).
Gli utensili, macchine ed apparecchiature che espongono l'utilizzatore ad un'esposizione quotidiana
pari o superiore ad 85 dBA devono essere corredati di informazioni sul loro funzionamento e sui
rischi connessi (art. 46 c. 2). Inoltre il datore di lavoro deve privilegiare, all'atto dell'acquisto di nuovi
utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di
funzionamento, il più basso livello di rumore (art. 46 c. 3).
Per le esposizioni superiori a 80 dBA vi sono solo generici obblighi informativi (art. 42), mentre per
quelle superiori a 85 dBA è imposta anche un'adeguata formazione dei lavoratori sull'uso corretto
dei mezzi di protezione individuali e di utensili, macchine e apparecchiature.
L'art. 43 (comma 1) impone al datore di lavoro l'obbligo di fornire a tutti i lavoratori la cui esposizione
quotidiana personale può verosimilmente superare 85 dBA mezzi individuali di protezione dell'udito
adattati e sicuri (sono tali quando mantengono un livello di rischio uguale od inferiore a quello
derivante da un'esposizione quotidiana personale di 90 dBA, e i modelli vanno decisi previa
consultazione dei lavoratori o loro rappresentanti).
L'uso è obbligatorio per i lavoratori quando I' esposizione quotidiana personale supera 90 dBA (art.
43 comma 4).
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Sempre oltre gli 85 dBA di esposizione quotidiana personale al rumore i lavoratori devono essere
obbligatoriamente sottoposti a controllo sanitario comprendente (art. 44):
a) una visita medica preventiva, integrata da un esame della funzione uditiva (1. un'otoscopia ed un
controllo audiometrico con audiometria liminare totale in conduzione aerea che copra anche la
frequenza di 8000 Hz e 2. controllo audiometrico nel rispetto delle disposizioni della norma
1S06189/1983 e condotto con un livello di rumore ambientale tale da permettere di misurare un
livello di soglia di udibilità pari a 0 dB corrispondente alla norma ISO 389/1979) per accertare
l'assenza di controindicazioni al lavoro specifico ai fini della valutazione dell'idoneità dei lavoratori;
b> visite mediche periodiche, con esame della funzione uditiva, per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità (la prima non oltre un anno dopo la visita preventiva,
quelle successive ad intervalli non superiori a due anni per lavoratori la cui esposizione quotidiana
personale non supera 90 dBA e ad un anno nei casi di esposizione quotidiana personale superiore
a 90 dBA, su prescrizione del medico competente).
Solo su richiesta dei diretti interessati, e previo assenso del medico competente (che può essere
anche quello di fabbrica, vista l'ambigua formulazione dell'art. 7), il controllo sanitario è esteso ai
lavoratori la cui esposizione quotidiana personale sia compresa tra 80 dBA e 85 dBA (art. 44
comma 4).
Su parere del medico competente il datore di lavoro deve adottare misure preventive e protettive
per singoli lavoratori, per favorirne il recupero audiologico.
Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore,
conseguita mediante opportune misure organizzative (contro tali misure i lavoratori interessati
possono ricorrere all'organo di vigilanza entro trenta giorni, informandone per iscritto il datore di
lavoro).
I datori di lavoro possono richiedere rispettivamente all'organo di vigilanza e al Ministero del Lavoro
o dell'Industria (sic, non si capisce perché non sia competente il Ministero della Sanità) una deroga
all'uso di mezzi personali di protezione per particolari lavorazioni (dopo trenta giorni dalla richiesta si
forma il silenzio-assenso
- art. 47) che prevedono variazioni notevoli dell'esposizione quotidiana (purché la media settimanale
non superi i 90 dBA) e per particolari situazioni lavorative per le quali non è possibile ridurre
l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al di sotto di 90 dBA anche con l'uso dei mezzi
individuali di protezione.
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