r v s 6 4 ( 2 0 1 0 ) 5 2 3 - 5 3 0 n ot e Per un’etica della lettura Lucio Coco «Leggere per sospirare» I l Rosetum exercitiorum spiritualium di Jan Mombaer (1460-1501) chiude la parabola della ricerca spirituale della devotio moderna. La diffusione della riforma protestante rappresenta infatti per questo movimento il limite cronologico superiore e ne segna di fatto la fine. Opera terminale, questo libro si presenta perciò come un lavoro maturo e di capitale importanza per la conoscenza dell’ispirazione e dell’elaborazione della scuola stessa. Nell’analisi del religioso belga prevale l’attenzione al dato interiore e di coscienza attraverso cui costruire una forma più piena e autentica di vita spirituale e un posto importante in questa indagine è assegnato all’esperienza della lettura che già aveva assunto, proprio per il tipo n ot e 523-530 524 di approccio psicologico che la caratterizza, un rilievo importante nell’area della devotio moderna. Colpiscono ancora oggi per la loro semplicità e incisività le parole dell’Imitatio Christi, un testo intriso della spiritualità di questo movimento, che invitano a leggere i libri nello stesso spirito con cui sono stati scritti senza lasciarsi influenzare dal nome dello scrittore perché quello che deve indurre alla lettura deve essere la ricerca della verità non la bellezza della forma («Veritas est [...] quærenda, non eloquenda»: De imitatione Christi, I,5,1). In tal senso Gerhard Zerbolt (1367-1398), discepolo di Geert Groote (1340-1384), il fondatore della scuola, aveva sottolineato che nella lettura ciò che più conta è la finalità [intentio] con cui si affronta un testo, scrivendo a tal proposito che «la principale intenzione deve essere la purità di cuore e non la vanità, non conoscere e tanto meno essere conosciuti ma, in base al proprio metro, trarre profitto per sé e per gli altri» (De spiritualibus ascensionibus, cap. XLIV, ed. Michaelis Chevalier, Lugduni, 1623, 114). La lettura si presenta in questo modo come un esercizio spirituale autonomo, l’attenzione è tesa a cogliere le intime risonanze del testo in chi lo legge e a farne quasi uno strumento d’esame per la coscienza. Lo scrittore olandese completa il suo pensiero sottolineando che tutto ciò deve avvenire ricavandone diletto e la lettura deve servire come uno strumento che permetta di superare il taedium mentis del solitario, perciò egli scrive: «Puoi cercare altri frutti nella lettura… come l’opportunità di sfuggire al tedio della mente» (De spiritualibus ascensionibus, cit., 114). Jean Gerson (1363-1429), in linea con la devotio moderna, è forse l’autore che più appassionatamente trasmette questo amore per la lettura. La via affettiva, che consente al devoto di fare esperienza di Dio, deve espandersi in qualsiasi attività umana. «Ogni tipo di studio – egli annota – deve avvenire per passione [affectus]… per cui nulla si studi, nulla si legga, nulla si canti, niente si mediti che non abbia lo scopo immediato o mediato di Per un’etica della lettura Lucio Coco accendere la passione [affectus]; infatti in una tale fiamma consiste l’apice supremo della teologia mistica» (Duodecim considerationes,10 in Œuvres complètes, t. IX, par P. Glorieux, Desclée et C.ie, Paris 1973, 610-611). Questo principio ispiratore ha immediati riflessi pratici anche in chi legge che è messo nella condizione di scegliere liberamente ciò che lo stimola di più e sente più vicino a sé. Cade così anche il dogma di una lettura sempre identica. È lecito, sostiene Gerson, variare un testo, perché neppure noi siamo sempre gli stessi: «È ben vero che la nostra natura è portata a provare fastidio in corrispondenza della nostra mutevolezza» (De libris legendis a monacho, in Œuvres complètes, t. IX, op.cit., 612). Un simile approccio «passionale» al testo permette di modellare la lettura al proprio sentire e alla propria interiorità. Al di là di ogni studio e ricerca intellettuale diventa per questi autori più importante concentrarsi sui riflessi emozionali che essa provoca nell’animo di chi legge, marcando in questo modo una distanza tra fini, quali attività conoscitiva e affettività, sapere e progresso spirituale che restavano indistinti nella tradizionale pratica del leggere. La spontaneità, la semplicità, la naturalezza, a cui accennano gli scritti dell’anonimo del De imitatione Christi, di Zerbolt e di Gerson risultano essere, per così dire, dei marcatori di un diverso modo di avvertire il testo e di leggerlo che, svincolandosi da ogni precisa regola e indicazione, privilegia la dimensione affettiva più che quella cognitiva, la libertà e la sensibilità del lettore più che un metodo già prestabilito e fissato. Anche Mombaer, quando parla del «bisogno di sospirare» che deve derivare dalla lettura («suspiria de lectionis serie haurire», Rosetum exercitiorum spiritualium, XIII, Bordoni, Milano 1603, 110) esprime un analogo punto di vista e, mettendo in evidenza la necessità di leggere il libro in un modo diverso, egli ben rappresenta il vincolo di un passaggio attraverso l’interiorità e il sentimento per mezzo del quale è possibile realizzare una forma più compiuta di vita spirituale. 525 n ot e 523-530 526 «Studium lectionis» Da queste testimonianze risulta evidente la modernità e la novità della riflessione che gli scrittori della devotio moderna, oppure ad essa contigui, propongono e sviluppano sul tema della lettura. All’interno di questo spazio Jan Mombaer compie tuttavia un ulteriore approfondimento relativo alle problematiche culturali legate all’atto del leggere considerando esigenze di contesto tanto ambientali che personali. A tal fine nella sua indagine egli prende in esame l’attività del soggetto leggente e le modalità di lettura che deve adottare. In questo senso chi legge dovrà seguire un ordine, stabilire una misura, cercare la correttezza del testo, fissare un tempo, preoccuparsi di essere perseverante e attento (Rosetum, op.cit., 112). Mentre la lettura che svolge deve essere certa e ordinata, attenta, devota, sonora e misurata (Rosetum, op.cit., 112). Stando al lessico con cui si indicano le funzioni del lettore e gli attributi della lettura sembra che ci siano delle sovrapposizioni e delle ripetizioni – per esempio l’ordine e la misura ritornano due volte – ma Mombaer opera una opportuna e chiara distinzione. Da un punto di vista soggettivo, infatti, l’ordine sta a significare un procedimento che va dal semplice al complesso, da un punto di vista oggettivo invece esso indica la regolarità con cui si procede nella lettura: «Bisogna applicarsi – scrive – a tutto il libro dall’inizio alla fine, integralmente e ordinatamente con adeguata dedizione, debita reverenza e somma diligenza» (Rosetum, op.cit., 112). La misura indica che il soggetto non deve leggere né poco né troppo e che deve farlo in un tempo determinato, per l’oggetto equivale all’essere definita e centrata su un argomento «senza bisogno di leggere tante cose insieme invece di una sola» (Rosetum, op.cit., 113). Al di là di queste precisazioni, funzioni e qualità specificano e chiariscono la relazione che deve intercorrere tra il lettore e la lettura. Si deve perciò pretendere la correttezza del codice Per un’etica della lettura Lucio Coco – e questo in linea con quell’umanesimo cristiano che sia Mombaer che Erasmo (suo compagno di scuola) rappresentano così autorevolmente – perché dalla capacità di apportare delle correzioni a un codice «si sviluppa in primo luogo la solerzia di chi legge» (Rosetum, op.cit., 112). Inoltre sono richieste perseveranza, che equivale a dire che «ci vuole cioè assiduità e continuità», e attenzione, cioè che «la ricerca sia scrupolosa» (Rosetum, op.cit., 112). In sé la lettura, oltre che essere certa e misurata, deve essere attenta nel senso che sia capace di ricercare e cogliere «la verità» del testo, devota, cioè capace di stimolare la riflessione su Dio, sonora cioè capace di vibrare e far vibrare l’anima di chi legge (Rosetum, op.cit., 112). Al di là di queste analisi, tuttavia, ciò che a Mombaer preme segnalare è che il rapporto lettore/lettura deve essere costruito all’interno di un’altra relazione che egli chiama «studio». Senza banalizzare questo termine, appiattendolo sul suo significato corrente e comune di lavoro intellettuale e di applicazione in una disciplina, a lui preme indicare le condizioni che rendono possibile lo «studium lectionis» (Rosetum, op.cit., 111) e che costituiscono, come se si trattasse di un rapporto del tutto con la parte, anche le condizioni che rendono possibile la lettura. Nel tracciare «la strada d’accesso [viam qua ad studium est accedendum]» a questa attività (Rosetum, op.cit., 111) egli individua alcuni comportamenti virtuosi: l’intenzione e la partecipazione emotiva con cui ci si avvicina ad un testo, la motivazione, la buona disposizione che si sostanzia nella prontezza, nel distacco, nella rettitudine, nell’equità e nell’attenzione (Rosetum, op.cit., 111). A tali atteggiamenti corrispondono altrettante qualità morali che vanno dalla consapevolezza dello sforzo che viene richiesto al riconoscimento che il sapere non è qualcosa fine a se stesso o un modo per esercitare una propria superiorità. Mombaer elenca e descrive ancora altre virtù come l’umiltà con la quale si deve affrontare un testo e anche il timore che deve accompagnare uno studio. Operando in questo modo, 527 n ot e 523-530 al di là dell’elencazione di qualità e di virtù, si comprende che l’obiettivo di Mombaer è quello di inserire la lettura in un contesto etico che la rende possibile. Bisogna essere distaccati dal mondo («vacui a curis mundi», ib.) – egli afferma – per non coltivare la lettura di cose vane; la rettitudine ci farà evitare la curiosità; la prontezza ci farà impegnare nello sforzo, ci insegnerà la continuità, la diligenza; l’attenzione, che coincide quasi con l’ostinazione, ci permetterà di trovare, di arrivare alla soluzione. La lettura si alimenta così del tessuto morale in cui cresce e si sviluppa e a sua volta nutre altre importanti qualità spirituali. Le passioni, i vizi – sostiene Mombaer – corrompono l’attività del lettore. Perché una lettura sia efficace è necessario formare la coscienza, è necessaria cioè una educazione. «De modo legendi» Esigenze di contesto morale, quindi, impongono un ampliamento dell’orizzonte interpretativo attraverso il quale la lettura non è più vista come un atto a sé stante, come una mera astrazione, ma è collocata in un soggetto che per realizzare una buona qualità di lettura deve lasciare decantare le sue passioni: il vizio, la distrazione, la noia determineranno altrettanti disturbi sulle frequenze di chi legge e al limite finiranno per impedire la lettura stessa. Non riesce a leggere, è questo il pensiero di Mombaer, chi non sa controllare la propria vanità, la propria curiosità, l’accidia che ci fa andare o troppo piano o troppo veloce. Non si riesce a leggere se non si riesce a trovare il tempo, da intendersi quasi come il ritmo più che come una manciata di minuti, se non si sa ascoltare se stessi. Per leggere – nel sistema di Mombaer – è necessaria una educazione quasi, starei per dire, sentimentale; viene richiesta un’etica, diversamente la lettura sarà disturbata, sarà distorta o non ci sarà affatto. Per esercitare la lettura è necessario ricostruire un «ecosistema» di valori nei quali inserire questa atti528 Per un’etica della lettura Lucio Coco vità. Essi rappresentano per così dire i prerequisiti perché si possa tornare autenticamente a leggere: un animo soggetto alle passioni, vittima della insofferenza e della noia, non potrà mai leggere, perché leggere, come indica Mombaer, vuol dire accogliere quanto si legge, vuol dire accettare di farsi medicare da quello che si legge, vuol dire farsi soccorrere da quello che si legge, vuol dire andare in risonanza con quello che si legge, diversamente la lettura risulterebbe stonata e strozzata o, per esprimerci con il suo lessico, non sarebbe sonora (Rosetum, op.cit., 113). Oggi si legge poco probabilmente anche perché manca questa educazione, perché fa difetto questa preparazione sentimentale necessaria per accostarsi a un testo, manca l’umiltà di ascoltare quello che dice l’altro o che l’altro può insegnarti. Oggi si legge male perché si preferisce sottacere questa dimensione etica, neppure darla per scontata, ma quasi ignorare la sua necessità e la sua urgenza. Non è vero, secondo Mombaer, che si può iniziare un libro da un qualsiasi punto, ci vuole preparazione (Rosetum, op.cit., 112). Nessuno oserebbe iniziare a suonare il pianoforte partendo da un qualsiasi spartito… La lettura può ingannare perché sembra che sia alla portata di tutti, ma all’alfabetismo della società scolarizzata corrisponde, in quest’epoca forse più che in altre, un analfabetismo etico della società secolarizzata che spiega il paradosso del basso numero di lettori in un contesto per altro verso altamente alfabetizzato. Non è possibile leggere senza una educazione – la parola formazione tanto usata oggi dai pedagogisti, dimenticando la questione etica, sembra voler contribuire alla rimozione del problema –, una educazione che insegni a liberarsi di ciò che è vano, a vincere la curiosità, a non seguire le novità, a non alimentare la chiacchiera, che renda consapevoli delle capacità di ognuno, che ci parli del limite, che parli dal limite della nostra umanità e che su questa sia capace di trovare e fondare motivazioni, spunti per tornare al libro e a leggere: in questi tempi di povertà sarebbe troppo sperare altro dalla lettura, quello per esempio che si au- 529 n ot e 523-530 530 gurava Mombaer dalla lettura, che fosse capace di «elevare con la mente a Dio» (Rosetum, op.cit., 113).