EDUCAZIONE ALIMENTARE Introduzione di Roberto Biella L’alimentazione è un fattore che concorre al mantenimento della salute e dunque interviene a pieno titolo nell’argomento Educazione alla salute e stili di vita. Possiamo infatti parlare di Stile Alimentare, intendendo con tale termine il modo con cui uno soggetto si alimenta cioè i suoi usi e costumi relativi alla sua nutrizione (cibi solitamente ingeriti, modi di cucinarli, modalità di assunzione ecc). Ad esempio se consuma o meno carne, che tipo di carne (pesce, rosse, selvaggina, grasse o magre), se consuma o meno vegetali (crudi, cotti, frutta piuttosto che ortaggi), uso di fritture o cottura al vapore o con intingoli, varietà nel singolo pasto o monopiatto, la velocità di assunzione (di fretta o con tempi lunghi), la presenza di liquidi e del loro tipo (acqua semplice o bevande gasate piuttosto che alcolici), il numero di pasti (2 principali + una piccola colazione, oppure tanti piccoli spuntini oppure 2 principali + 3 spuntini ecc), finanche la posizione che si assume nel pasteggiare (assise, in piedi, in movimento, supino). Bilancio energetico e salute Gli alimenti costituiscono il nostro carburante, il mezzo attraverso cui l'uomo introduce ed assimila, oltre ai nutrienti, anche l'energia di cui ha bisogno. Ma la funzione energetica non è la sola funzione della nutrizione. Il cibo assolve anche alla funzione plastica (costruzione della materia vivente – acqua, proteine, calcio ad esempio), di trasporto di altre sostanze (acqua, grassi) e regolatrice (per il funzionamento dell’organismo come le vitamine ed alcuni sali minerali). Uno dei concetti principali dell’educazione alimentare è il BILANCIO ENERGETICO (o calorico) ossia l’ equilibrio tra il cibo che viene assimilato e l’ energia che viene consumata; è la differenza tra le entrate (rappresentate dall'ingestione dei cibi energetici ) e le uscite rappresentate dal dispendio energetico che varia a seconda della costituzione (fenotipo), del sesso, dell'età e delle abitudini di vita del soggetto tra cui l’attività fisica. ENTRATE USCITE ATTIVITA’ FISICA METABOLISMO BASALE ANABOLISMO CATABOLISMO CALORE Il Bilancio Calorico è uno dei fattori primari per mantenere una buona salute, mangiando in relazione al proprio dispendio energetico. Se si è delle persone attive e sempre in movimento si spenderà più energia e quindi bisognerà fornirne al nostro corpo e ai nostri muscoli un'adeguata quantità di nutrimento; se invece si è pigri, il dispendio giornaliero diminuirà e di conseguenza anche il cibo che ingeriamo dovrà essere più misurato e contenuto altrimenti si rischia il soprappeso cioè un peso eccessivo del corpo (solitamente rapportato alla propria altezza). Un indice piuttosto generico per sapere se si è in sovrappeso è il Body Mass Index (BMI) espresso dalla formula: peso(kg) statura(mt ) 2 per un giovane a fine sviluppo (18-19 anni per i maschi, 17-18 anni per le femmine) esso dovrebbe essere compreso tra i 22 e i 23 per il maschio e tra i 19.5 e 23 per le femmine. L’obesità comincia per BMI superiori a 30. BMI Tabella di magrezza dell'OMS (1998) per gli adulti Valutazione Sottopeso Normale Sovrappeso Obeso BMI (kg/m2) < 18,5 Da 18,5 a 24,9 Da 25 a 29,9 Da 30 in su Dall’intersezione tra altezza e peso del grafico sottostante si può facilmente individuare la propria classe di appartenenza (es. peso 70kg, altezza 180 cm). Il pericolo del soprappeso è connesso a due possibili rischi per la salute: 1. l’eccesso di grasso corporeo (sino all’obesità) che si riflette sulla salute delle arterie e delle coronarie1 in quanto queste si intasano e possono provocare trombosi, aterosclerosi, infarto, ictus che sono malattie molto frequenti nella società industrializzata e benestante indotta solitamente a uno stile di vita sedentario. 2. danni alle articolazioni che supportano tale eccesso di peso, solitamente le ginocchia e la schiena. Alimentarsi bene significa anche mangiare in modo equilibrato, stando quindi attenti a consumare tutti quei nutrienti indispensabili al buon funzionamento dell'organismo come proteine, sali minerali, vitamine, fibre e acqua. Le cattive abitudini condizionano il nostro benessere psicofisico e sono alla base di tante patologie moderne. Per vivere meglio invece bisognerebbe curare di più la propria alimentazione che, come è stato scientificamente dimostrato, è una delle condizioni essenziali per aumentare la qualità della vita e per raggiungere un generale benessere a tal punto che la stessa organizzazione mondiale della sanità la indica come uno dei fattori primari per la conservazione della salute. Coronarie = arterie del cuore. Quando una coronaria si ostruisce si ha l’infarto; la parte del muscolo cardiaco che non viene irrorata di sangue da quella coronaria, non si contrae più e si ha una ridotta efficienza della pompa cardiaca con conseguente riduzione della pressione e del flusso sanguigno in circolo. Se il cervello non riceve sangue a sufficienza si ha un danno irreversibile (paresi, coma sino alla morte). Se si sopravvive il danno del cuore/cervello è proporzionale alla quantità di zona cardiaca/cervello che non è stata irrorata di sangue. 1 Le malattie cardiovascolari connesse con l’alimentazione Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo (soprattutto occidentale): 40% del totale. L’aterosclerosi è una malattia infiammatoria cronica delle arterie di grande e medio calibro che si instaura a causa dei fattori di rischio cardiovascolare: fumo, ipercolesterolemia, diabete mellito, ipertensione, obesità, omocisteina. Anatomicamente, la lesione caratteristica dell'aterosclerosi è l’ateroma o placca aterosclerotica, ossia un ispessimento dello strato più interno delle arterie che è in diretto contatto con il sangue, dovuto principalmente all’accumulo di materiale lipidico (grasso) e a proliferazione del tessuto connettivo. Nelle fasi avanzate le placche aterosclerotiche possono restringere (stenosi) il lume arterioso oppure ulcerarsi e complicarsi con una trombosi sovrapposta, che può portare ad una occlusione dell'arteria. Clinicamente l’aterosclerosi può essere asintomatica oppure manifestarsi, di solito dai 40-50 anni in su, con fenomeni ischemici (mancanza di sangue e ossigeno) acuti o cronici, che colpiscono principalmente cuore, encefalo, arti inferiori e intestino. Per arteriosclerosi si intende invece un indurimento (sclerosi) della parete arteriosa che compare con il progredire dell'età. Questo indurimento arterioso è la conseguenza dell'accumulo di tessuto connettivale fibroso a scapito della componente elastica. La minore elasticità delle arterie, influenzata anche da una alimentazione eccessiva di sale, porta ad un aumento della pressione sanguigna con conseguente maggior affaticamento del cuore e possibili danni del tessuto nervoso cerebrale (molto sensibile agli sbalzi di pressione). L' obesità è una malattia tipica, anche se non esclusiva, delle società dette "del benessere". Si definisce obeso un individuo la cui massa di tessuto adiposo sia eccessiva e sia in grado di essere causa o forte aggravante di malattie. Tra queste sono le disfunzioni cardiocircolatorie, il diabete, problemi alle articolazioni e la sindrome da apnea notturna. Dieta ipocalorica e movimento fisico possono aiutare nei casi meno gravi, ma per quelli più problematici si interviene anche con terapie farmacologiche o chirurgiche. L'obesità è legata: a condizioni genetiche, a disfunzionamenti ormonali e alla condizioni psichiche (es.bulimia) e abitudinarie del paziente. L'obesità è meno letale del sottopeso, ma va tenuta sotto controllo. L'obesità nei bambini è molto diffusa nei paesi sviluppati in gruppi di popolazione povera. I dati sono allarmanti: infatti per i bambini dai 6 ai 12 anni dal 1976 al 1980 il tasso di obesità era del 7% mentre (nella stessa fascia d'età) dal 1988 al 1994 era del 12% per poi passare alla punta del 15% nel 2000. È molto cresciuto negli ultimi anni anche il tasso di obesità nei teenager (13-19), infatti dal 1976 al 1980 la popolazione adolescente obesa raggiungeva il 6%. Per ipercolesterolemia si intende un eccesso di colesterolo nel sangue; più precisamente ci si riferisce ad un aumento del colesterolo trasportato dalle lipoproteine (grassi legati a proteine) a bassa densità o LDL (low density lipoproteins), volgarmente chiamato "colesterolo cattivo". Infatti il colesterolo, come tutti i grassi (lipidi), non è solubile in acqua, per cui per il suo trasporto nel sangue viene veicolato da proteine sotto forma di particelle relativamente voluminose che circolano nel sangue allo scopo di trasportare i grassi verso tutti i tessuti. In condizioni di digiuno (cioè quando si effettuano le analisi), il colesterolo presente nel sangue è per la maggior parte (60-75%) quello trasportato dalle LDL, per cui il dosaggio del colesterolo plasmatico totale è un indice, anche se approssimativo, del colesterolo LDL. Tuttavia, poiché una buona percentuale di colesterolo è trasportato anche da altre lipoproteine (VLDL – very low density lipoproteins - e HDL - Hight Density Lipoproteins), per una più esatta valutazione della colesterolemia è preferibile dosare le LDL. Questa modalità permette di distinguere il colesterolo LDL (colesterolo cattivo) da quello HDL (colesterolo buono). Le LDL (che sono un prodotto del metabolismo delle VLDL di sintesi epatica) trasportano il colesterolo dal fegato ai tessuti, dove viene utilizzato per una varietà di processi; quando però le LDL sono presenti in concentrazioni eccessive, il loro accumulo nella parete arteriosa promuove lo sviluppo dell'aterosclerosi. Di conseguenza l'ipercolesterolemia da LDL rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Al contrario, le HDL sono responsabili del "trasporto inverso" del colesterolo dai tessuti al fegato, rimuovendo così il colesterolo in eccesso dai tessuti e trasportandolo al fegato, dal quale viene eliminato nel lume intestinale in parte come sali biliari e in parte come colesterolo libero. Le HDL svolgono quindi una funzione protettiva sullo sviluppo delle malattie cardiovascolari. Un eccesso di colesterolo HDL è pertanto un fattore favorevole. L' angina pectoris è una sindrome provocata dall'insufficiente ossigenazione del muscolo cardiaco a causa di una transitoria diminuzione del flusso sanguigno attraverso le arterie coronariche. Rientrando pienamente nel quadro delle ischemie, la motivazione principale di questo fenomeno è da rinvenire nell'ostruzione di un vaso ad opera di una placca aterosclerotica. Per infarto si intende la necrosi di un tessuto per ischemia, cioè per grave deficit di flusso sanguigno. Clinicamente l'infarto è una sindrome acuta provocata da una insufficiente irrorazione sanguigna (ischemia) ad un organo o a parte di esso, per una occlusione improvvisa o per una stenosi (restringimento) critica delle arterie che portano il sangue in quel distretto dell'organismo. La causa è costituita nella quasi totalità dei casi dall'aterosclerosi. L'infarto miocardiaco, dove l'organo interessato è il cuore (occlusione delle coronarie), e l'infarto cerebrale (responsabile dell'80% dei casi di ictus) sono le più frequenti cause di morte nei paesi occidentali. La regione colpita da infarto diviene necrotica (morta): se il malato sopravvive alla fase acuta dell'infarto, l'organismo riassorbe i tessuti morti senza rigenerare la parte persa (cosa impossibile senza afflusso di sangue), ma forma in quella zona una cicatrice di tessuto connettivo fibroso, e l'organo interessato perde definitivamente una parte della sua funzionalità. L’ictus ischemico è una condizione caratterizzata dall’occlusione di un vaso (ischemia) a causa di una trombosi o di un’embolia o, meno frequentemente, da un’improvvisa e grave riduzione della pressione sanguigna al cervello. L’ictus emorragico è una condizione determinata dalla presenza di un’emorragia cerebrale non traumatica. La trombosi è una condizione patologica caratterizzata dalla formazione di un coagulo di sangue all'interno di un vaso sanguigno che ne ostruisce il lume; tra le cause: stasi del circolo, lesione dei vasi (tra cui placche aterosclerotiche) e alterazioni della coagulazione. Esistono trombosi venose ed arteriose, le prime sono più frequenti e si localizzano maggiormente negli arti inferiori. Si definisce embolia la situazione in cui un trombo si stacca dalla parete del vaso che la contiene e migra in altra regione del circolo potendo ostruire altri vasi in distretti più importanti. Le più frequenti embolie venose sono le embolie polmonari; quelle arteriose sono caratteristiche dell'ictus cerebrale. L’embolia può anche essere gassosa (es. bolla di azoto che si forma nel circolo sanguigno per una salita troppo rapida dopo una immersione con bombole). L'ipertensione arteriosa è l'aumento di pressione sanguigna superiore a 140/90 mmHg. Condizione necessaria e sufficiente per parlare di ipertensione è che la pressione massima sia maggiore di 140 e quella minima maggiore di 90. Alcuni medici seguono un'altro metodo di calcolo per il quale la pressione è regolare se la massima è pari a 100+ l'età del paziente. I disturbi provocati dall'ipertensione gravano sugli organi vitali: cervello, cuore, occhi e rene. La malattia pare aver carattere ereditario, ma sono accertate particolari condizioni responsabili di una sua possibile insorgenza (come ad esempio, stress, alimentazione ricca di sale e grassi che rendono meno elastiche le pareti delle arterie). Infatti la pressione del sangue esercitata dalla contrazione cardiaca (sistole) si eleva tantissimo se le arterie sono rigide perché ricoperte internamente di depositi di grasso. Energia e metabolismo L’energia introdotta con gli alimenti viene misurata in calorie. La caloria (o piccola caloria, simbolo cal) viene definita come la quantità di calore necessaria ad elevare da 14,5 a 15,5 °C la massa di un grammo di acqua distillata a livello del mare (pressione di 1 atm). La grande caloria (Cal o kcal), equivalente a 1000 cal, indica l'apporto energetico di un alimento. Recentemente si sta introducendo nelle etichette dei prodotti un’altra unità di misura energetica degli alimenti: il joule. 1Kcal= 4,1855 kJ. 1kj=0,23892 Kcal. Il cibo che noi assumiamo mediante gli alimenti ha tre destinazioni principali: 1. Produzione di Energia meccanica (attività fisica) 2. Produzione di Calore (sempre prodotto durante l’attività fisica e derivante anche dal metabolismo basale) 3. Attività metabolica = anabolica + catabolica2 (crescita e/o ricambio dei nostri tessuti). Il vantaggio della compresenza costante di anabolismo e catabolismo dei tessuti sta nella adattabilità dei tessuti stessi alle condizioni di stress fisico ambientale. II Metabolismo Basale, regolato da ormoni prodotti dall’organismo e dalla tiroide, rappresenta l'attività metabolica vegetativa ossia l'energia utilizzata da un individuo necessaria per sopravvivere semplicemente respirando e svolgendo le attività vegetative (battito cardiaco, secrezioni, produzione d calore ecc.) come ad esempio quando si dorme o si è in coma. Il metabolismo basale è derivabile dal costo energetico dell'attività anabolica e catabolica + il calore prodotto dal corpo. La continua attività anabolica e catabolica dà l'opportunità ai nostri organi/apparati di adattarsi ai cambiamenti rafforzandosi o risparmiando. Ne è un esempio l'ipertrofia muscolare da esercizio fisico. Un altro esempio riguarda le ossa che possono cambiare di forma e di densità dei sali di calcio a seconda delle sollecitazioni meccaniche a cui sono sottoposte; con il movimento infatti la mineralizzazione dei depositi di calcio aumenta conferendo una maggiore resistenza meccanica delle ossa sollecitate. Per le donne in menopausa che soffrono di osteoporosi (fragilità delle ossa) è consigliata una attività fisica regolare perché sollecita la mineralizzazione delle ossa. L’energia-carburante che introduciamo col cibo è energia di tipo chimico perché deriva da legami chimici tra catene di atomi di carbonio degli alimenti; tali catene possono essere sia di tipo lineare che ad anello e la rottura dei legami fra gli atomi di carbonio libera energia. Esempio di catena carboniosa lineare (glucosio forma lineare) Esempio di catena carboniosa ad anello Tale processo è principalmente un processo di combustione/ossidazione in cui interviene anche il comburente: l’ossigeno (O2), respirato dai nostri polmoni trasportato dal sangue, che a sua volta è spinto dalla pompa cardiaca per giungere ai tessuti e alle cellule. I prodotti finali di tale processo sono anidride carbonica (CO2) – che permette l’eliminazione del carbonio derivante dalla scissione delle catene che costituiscono gi alimenti - , che ripercorre a ritroso il percorso dell’ossigeno venendo espulsa con il respiro, e acqua (H2O). L’attività anabolica del metabolismo è quella di “costruzione” delle strutture che compongono i tessuti o i substrati dell’organismo. Si differenzia da quella catabolica che è invece l’attività opposta, cioè di “disfacimento”. Ne è un esempio il rimaneggiamento osseo in cui i cristalli di calcio del tessuto osseo vengono continuamente smontati dagli osteoclasti e rimontati dagli osteoblasti, adeguandosi alle sollecitazioni meccaniche. Lo scheletro viene così rinnovato completamente in 10 anni. Nell’osteoporosi, fenomeno tipico della menopausa femminile, si ha un prevalere dei processi catabolici su quelli anabolici con conseguente fragilità ossea. Nella crescita invece prevalgono i secondi sui primi. Anche il tessuto muscolare subisce questo duplice fenomeno determinando il prevalere dello sviluppo della massa muscolare con l’esercizio fisico di potenza (o assumendo sostanze doping come gli steroidi anabolizzanti) o la perdita di massa muscolare in caso di sedentarietà. 2 È nei mitocondri (organelli della cellula che rappresentano una vera e propria fornace), dove si realizza l’ultima tappa del metabolismo (via ultima ossidativa = ciclo di Krebs). Semplificando le innumerevoli reazioni chimiche che intervengono dalla masticazione sino alla completa ossidazione: Cibo+O2= ENERGIA + CO2+H2O Da notare che i vegetali, mediante la fotosintesi, eseguono esattamente la reazione inversa e cioè dall'anidride carbonica dell'aria, dall'acqua del terreno e dall'energia solare producono catene carboniose (zucchero/amido) che costituiscono il cibo per gli erbivori che a loro volta con il loro corpo costituiscono cibo per i carnivori. Quindi in ultima analisi dall'energia solare deriva l'energia tra gli atomi di carbonio da cui noi traiamo sostentamento nutrendoci. L’energia che si rende disponibile nelle varie fasi del metabolismo energetico non viene immediatamente utilizzata dalla cellula ma immagazzinata e trasportata da una molecola organica che funge da batteria ricaricabile. Tale sostanza è l’ADENOSINTRIFOSFATO (ATP), sostanza composta da una parte proteica (adenosina) e tre atomi di fosforo inorganico. È nei legami col fosforo che è immagazzinata una notevole quantità di energia chimica. La scissione di un tale legame rende disponibile l’energia che da chimica si trasforma in lavoro che compie ciascuna cellula deputata specificamente ad un determinato compito (ad es. secrezione, contrazione, costruzione, conduzione elettrica ecc). ATP = batteria carica ADP = batteria scarica Ad esempio la cellula muscolare, scindendo l’ATP in ADP, trasforma l’energia chimica del primo legame col fosforo in energia meccanica (accorciamento muscolare=>lavoro meccanico) + calore3. Più precisamente nel fenomeno della contrazione muscolare, che genera forza per far spostare le leve ossee e quindi lavoro meccanico, l’energia derivante dalla scissione dell’ATP crea una modificazione della disposizione spaziale dei filamenti proteici di actina e miosina che costituiscono il tessuto muscolare che si traduce in un accorciamento della cellula muscolare. L’accorciamento è temporaneo ed è seguito dal ritorno alla condizione di riposo (rilasciamento). La cellula nervosa invece trasforma l’energia chimica dell’ATP in corrente elettrica per la trasmissione degli impulsi nervosi. Le cellule delle ghiandole utilizzano l’energia dell’ATP per produrre sostanze da secernere. Gli osteoclasti (cellule dell’osso) utilizzano l’energia dell’ATP per “smontare” il tessuto osseo. Gli osteoblasti viceversa lo ricostruiscono. Prendendo in considerazione il lavoro muscolare definiamo più in dettaglio questo compito. La molecola che entra nella fornace, e quindi nella via ultima ossidativa (ciclo di Krebs), è sempre la stessa, l’acetil coenzima A (AcetilCoA), e può derivare dal metabolismo dei grassi (beta ossidazione o ciclo dell'acido grasso), delle proteine o degli zuccheri (detti anche glucidi o carboidrati). Questi tre gruppi di sostanze vengono anche indicati come substrato. La decisione di metabolizzare grassi, proteine o zuccheri è presa dalla cellula muscolare in base al tipo di attività fisica e alla disponibilità di substrato. Ad esempio, nell’esercizio di resistenza blando (corsa lenta, passeggiata in montagna), le cellule muscolari scelgono come substrato principale i grassi. Viceversa, Il calore è sempre presente in qualsiasi utilizzo dell’energia liberata dalla scissione dell’ATP. Rappresenta una sorta di dispersione di energia che abbassa notevolmente il rendimento della macchina biologica. Nel lavoro muscolare solo circa il 40% dell’energia liberata dalla scissione dell’ATP viene trasformata in lavoro meccanico mentre il resto si disperde in calore. Per questo si dice che il muscolo ha un rendimento (rapporto tra energia utilizzata e lavoro meccanico prodotto) del 40%. 3 nel lavoro di potenza esse scelgono gli zuccheri. Le cellule in effetti si servono di una miscela di substrati ove dominano ora i grassi ora gli zuccheri a seconda dell’intensità dell’esercizio (più intenso maggior uso di zuccheri, meno intenso maggior utilizzo di grassi). La scelta delle proteine non è primaria, essa si verifica in due casi: 1. come conseguenza del fatto che esiste notevole scarsità di zuccheri (ipoglicemia) e grassi, come i casi di inedia; in questo caso la cellula è costretta a distruggere proteine per formare zuccheri e distrugge in effetti tessuto proteico muscolare; 2. nel secondo caso la cellula metabolizza proteine che provengono dal normale ricambio proteico. Bisogna infatti ricordare che le strutture muscolari sono sottoposte a carichi e manifestano “affaticamento meccanico” analogamente a quanto si verifica per le strutture di un aereo; le cellule provvedono quindi normalmente a distruggere le molecole proteiche parzialmente degradate e a sintetizzarne di nuove. In questa operazione alcuni aminoacidi delle proteine possono essere convertiti in glucosio utilizzato quindi per produrre energia. Vie metaboliche dei substrati. Tutti i substrati di partenza (grassi, carboidrati e proteine) hanno come elemento comune la formazione di acetil CoA che viene convogliato nella via ultima ossidativa (ciclo di Krebs). I nutrienti Il nostro corpo per “funzionare”correttamente ha bisogno di sostanze nutritive che hanno diverse funzioni: energetiche, cioè forniscono il carburante per il lavoro cellulare: carboidrati, grassi; plastiche, cioè servono per costruire il tessuto organico del nostro organismo: proteine; di regolazione per far sì che il corpo funzioni bene poichè certe sostanze servono affinché avvengano certe reazioni chimiche all’interno della cellula (funzione catalizzatrice enzimatica): vitamine, oligoelementi, sali minerali; di trasporto cioè sono veicoli per altre sostanze: acqua, grassi. Le sostanze nutritive si possono raggruppare in 7 classi: 1.Carboidrati/glucidi 2.Lipidi/Grassi 3.Protidi/Proteine 4.Acqua 5.Sali minerali e Oligoelementi 6.Vitamine I Carboidrati/Glucidi I carboidrati sono formati da carbonio, idrogeno e ossigeno. Hanno una funzione energetica e sono il nostro carburante prediletto; quindi la principale funzione dei carboidrati o glucidi è quella di fornire energia all'organismo. Essi costituiscono infatti il 55-60% della razione alimentare. Negli alimenti troviamo carboidrati con diversa struttura chimica. Schematicamente possiamo distinguerli in: zuccheri semplici (monosaccaridi, disaccaridi, oligosaccaridi) carboidrati complessi (amidi e fibre) - polisaccaridi. Gli zuccheri semplici (monosaccaridi = una sola molecola quali fruttosio, glucosio, galattosio, disaccaridi = due molecole quali maltosio, lattosio e saccarosio, oligosaccaridi = poche molecole), sono presenti nello zucchero da cucina, nel latte, nel miele, nella frutta, negli ortaggi, nelle marmellate e nei dolciumi in genere. Essi vengono rapidamente assorbiti dall'organismo e la loro energia si rende disponibile in pochi minuti. L’assorbimento infatti avviene in piccola parte nello stomaco. La molecola tipo è rappresentata dal glucosio che è l’unico zucchero che circola nel sangue (tutti gli altri tipi vengono convertiti in tale forma durante l’assorbimento digestivo): C6H12O6 (formula grezza del glucosio) Nella dieta gli zuccheri non dovrebbero superare il 10-15% delle calorie totali. Lo svantaggio però del saccarosio (zucchero da cucina) è che fa aumentare la glicemia4 improvvisamente. Mantenere un tasso glicemico costante è molto utile per il mantenimento della salute e per l’efficienza fisica e nervosa. Frequenti picchi di iperglicemia (tasso glicemico sopra la norma) causati da ingestione di troppi alimenti zuccherini (da saccarosio) senza proteine (che hanno funzione di mediare l’assorbimento degli zuccheri) nello stesso pasto, possono causare il diabete (vedi riquadro sotto). Frequenti cali del tasso glicemico (ipoglicemia), come ad esempio non fare colazione al mattino o rimanendo digiuno per lunghi periodi di tempo nell’arco della giornata, influiscono sul rendimento del cervello provocando irritabilità, nervosismo (inizialmente), stanchezza mentale e riduzione dell’attenzione successivamente. Il rendimento scolastico e lo sviluppo cognitivo possono esserne influenzati negativamente a lungo andare. Le cellule nervose infatti possono consumare solo e unicamente glucosio, mentre tutti gli altri tipi di cellule (compreso quelle muscolari) possono invece usare anche grassi e proteine e quindi non risentono del calo glicemico. Ecco dunque che la glicemia è un fattore di prestazione da tenere sotto controllo non solo negli sport di attenzione (sport di destrezza, di combattimento), ma anche negli sport di resistenza (dove si consumano più calorie) in quanto l’ipoglicemia oltre a rendere meno attivo il sistema nervoso centrale, diminuisce la volontà del soggetto, volontà determinante per contrastare la fatica che diventa un fattore che distingue il campione dallo scarso. Un esempio classico è la maratona (42 km di corsa) dove si da fondo a tutti gli zuccheri presenti nel corpo (stivati sottoforma di glicogeno5); se tale riserva viene ad esaurirsi prima del termine della gara, l’ipoglicemia conseguente (avvertibile con la sensazione netta di fame) fa sì che l’atleta non riesce a portarla a termine neanche con un notevole sforzo di volontà in quanto questa viene quasi ad annullarsi. Sono noti infatti clamorosi ritiri a pochissimi chilometri dall’arrivo. Dorando Petri alle olimpiadi di Londra del 1908 crollò a poche centinaia di metri dall’arrivo. Dunque l’esaurimento del glicogeno è uno dei fattori determinanti la prestazione di resistenza di lunga durata. Se il tasso glicemico diminuisce a causa ad esempio di digiuno o ad esercizio muscolare di resistenza protratto oltre a 30-120 minuti (conformemente al proprio stato di allenamento l’esaurimento del glicogeno muscolare può essere dilungato di molto), la glicemia può essere mantenuta costante liberando glucosio dal glicogeno epatico (non può essere messo in circolo dal glicogeno muscolare) 4 Glicemia = tasso di zucchero nel sangue. Tale valore deve essere costante per il corretto funzionamento dell’organismo e il suo valore nella norma è di circa 1gr/l di sangue. 5 Glicogeno = polimero del glucosio simile all’amido. È la forma condensata di deposito del glucosio nell’organismo umano. Il glicogeno viene stivato nel fegato – glicogeno epatico (90-150 grammi) e nei muscoli – glicogeno muscolare (300-500 grammi). oppure ingerendo zucchero o altri carboidrati (fruttosio e maltodestrine) a immediato assorbimento ma graduato in modo da evitare l’ipoglicemia di rimbalzo (vedi di seguito). Mediante allenamento allo sforzo molto prolungato nel tempo (es. 100-120 minuti di corsa per un atleta di alto livello), dove si svuotano quasi interamente i depositi di glicogeno sia epatico che muscolare, e seguente dieta iperglucidica (ricca di carboidrati sottoforma di zuccheri e amidi) è possibile stimolare l’organismo ad accumulare crescenti quantità di glicogeno muscolare al fine di risparmiare quello epatico (deputato a tenere costante la glicemia) e di aumentare la resistenza nel tempo allo sforzo. Con 3-5 allenamenti di questo tipo (110-130% del tempo di gara), e conseguente dieta, è possibile raggiungere alti tassi di glicogeno nei muscoli sufficienti per l’espletamento di una gara di lunga lena (superiore ai 40 minuti per soggetto poco allenato e ai 60-75 minuti per un atleta). Esiste inoltre l’ipoglicemia di rimbalzo (o reattiva) conseguente ad un picco iperglicemico dovuto a ingestione di zuccheri. Tale picco porta ad una superproduzione di insulina la quale induce tutte le cellule a prelevare glucosio dal sangue e a consumarlo o stivarlo sotto forma di glicogeno o grasso. Di conseguenza il tasso di glucosio nel sangue cala altrettanto bruscamente di quanto è salito in un primo momento. Questi sbalzi glicemici-insulinici portano ad altrettanti sbalzi di efficienza nervosa e fisica con fasi di eccitazione alternate a fasi di sonnolenza. La dieta a zona stabilisce una suddivisione delle calorie da introdurre più a favore delle proteine a svantaggio dei carboidrati6 (soprattutto quelli ad alto potere iperglicemizzante come pasta, pane, patate, carote, saccarosio) in modo che la glicemia rimanga costante (in “zona” appunto) e l’efficienza dell’organismo rimanga invariata nel corso della giornata. La suddivisione calorica dei pasti nella dieta a zona è infatti di 40% di carboidrati, 30% di proteine e 30% di grassi contro la suddivisione della dieta classica di 55-60%, 15% e 3025% rispettivamente per carboidrati, proteine e grassi. Un altro principio della dieta a zona è quello di consumare 6 pasti giornalieri (3 principali – mattino, mezzogiorno e sera - e tre spuntini – mezza mattina, merenda e prima di coricarsi) che favorirebbero una miglior stabilizzazione della glicemia. Per indice glicemico (IG) di un alimento si intende la capacità di un alimento di alzare la glicemia rapidamente. Più è alto l’indice glicemico e più la glicemia sale rapidamente con conseguente ipoglicemia di rimbalzo. Gli alimenti a più basso indice glicemico sono quindi da considerarsi più sani e meno predisponenti al diabete. I glucidi complessi o polisaccaridi sono rappresentati da amido e maltodestrine e si trovano soprattutto in riso, pasta, pane, legumi. Essi sono dei polimeri degli zuccheri semplici. Essi La presenza di proteine infatti rende l’assorbimento dei carboidrati più lento con conseguente minor accelerazione della glicemia. 6 vengono assorbiti più lentamente (basso indice glicemico) e pertanto la loro energia si rende disponibile in modo graduale. Nella tabella azzurra è riportato l’indice glicemico di alcuni alimenti in rapporto all’IG del pane (100%). Almeno il 45-50% delle calorie della dieta abituale di uno sportivo dovrebbe derivare dagli carboidrati complessi. La digestione dei carboidrati inizia nella bocca per opera della ptialina contenuta nella saliva continua e si completa nell’intestino tenue ad opera degli enzimi secreti da pancreas e dall’intestino stesso. Durante la digestione gli amidi vengono scissi in molecole più piccole sino a diventare monosaccaridi. Vengono assorbiti in massima parte nell’intestino tenue ad opera dei villi intestinali. L’ossidazione di un grammo di glucosio (potere calorico = calorie prodotte dall’ossidazione completa di un grammo di substarto) produce 4 kcal. Le fibre, che sono anch’esse carboidrati, hanno il vantaggio di non essere digeribili per l’uomo, aumentando il senso di sazietà, e con il loro volume assolvono alla funzione di pulire l’intestino. I residui della digestione infatti, se poco voluminosi, possono sostare per più tempo nell’intestino e fermentando producono aerofagia, coliche, ulcere, tumori. La peristalsi intestinale permette infatti l’avanzamento del cibo solo se questo ha un certo volume. Ecco dunque l’importanza di una dieta che sia ricca di fibre alimentari (verdure crude, alimenti integrali, crusca, frutta con buccia7 ecc). Le carni, i formaggi e le uova non contengono fibre. 7 Anche se gli alimenti integrali (con crusca) e la buccia della frutta aumenta la probabilità di introdurre pesticidi o altre sostanze chimiche dannose (fertilizzanti). Il diabete Diabete mellito - le urine contenengono grandi quantità di zucchero; ne fanno parte: il diabete tipo I: insulinodipendente il diabete tipo II: non insulinodipendente Diabete insipido - viene eliminata con le urine solo acqua, ma pochissimi soluti. Il Diabete Mellito (DM) comprende un gruppo di disturbi metabolici comuni che portano a persistente iperglicemia (elevati livelli di zucchero nel sangue). Sebbene il termine diabete si riferisca nella pratica alla condizione di diabete mellito, esiste un'altra più rara condizione denominata diabete insipido nella quale non è presente iperglicemia ma intensa diuresi, essendo causata da patologie ormonali-ipofisarie. Il DM costituisce una delle più frequenti cause di morte nel mondo occidentale, secondo l'OMS almeno 171 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di DM. La prevalenza di DM a livello globale è aumentata in maniera preoccupante negli ultimi vent'anni e si stima che questo trend non subirà modificazioni nel prossimo futuro. La percentuale di popolazione mondiale affetta viene stimata intorno al 5% (con una lieve maggiore prevalenza nel sesso femminile - m:f = 1:1,25); in Italia la percentuale di individui affetti da tale patologia è mediamente del 3% (nelle fasce di età inferiori ai 35 anni è dello 0,5%, al di sopra dei 65 supera il 10%). La regolazione del tasso glicemico (glicemia), cioè del livello del glucosio nel sangue, avviene per influenza di due ormoni: il glucagone e l’insulina, prodotti entrambi da cellule speciali (alfa e beta rispettivamente) contenute in porzioni del pancreas (isole del Langerhans). Il glucagone ha come organo bersaglio le cellule del fegato. L’azione del glucagone è quella di stimolare le cellule del fegato a scindere il glicogeno epatico liberando glucosio nel sangue facendo così aumentare la glicemia. L’insulina favorisce l’ingresso del glucosio in tutte (tranne quelle nervose) le cellule dell’organismo e quindi ha la funzione contraria del glucagone permettendo l’abbassamento della glicemia. Il diabete è una malattia conseguente all’insufficiente secrezione di insulina da parte del pancreas. Il diabete è in gran parte ereditario ma l’insorgenza può essere evitata o ritardata mediante uno stile alimentare controllato nell’assunzione di zuccheri (soprattutto saccarosiozucchero da cucina). Infatti una dieta iperglicemia basata soprattutto sull’ingestione di grandi quantità di saccarosio può stressare le cellule beta del pancreas a tal punto da esaurirle completamente e renderle incapaci di produrre insulina creando disfunzioni nell’organismo in quanto il glucosio non è disponibile ad entrare nelle cellule e la glicemia aumenta (iperglicemia). L’eccesso di glucosio nel sangue porta all’elevata eliminazione dello stesso nelle urine con consegnate elevata minzione e perdita di acqua (il diabetico deve bere molto e va speso in bagno). Inoltre l’incapacità di utilizzare il metabolismo degli zuccheri (in quanto questi non riescono ad entrare nelle cellule) aumenta il metabolismo dei grassi e delle proteine. L’eccesso di grassi in circolo favorisce il deposito del colesterolo nelle pareti dei vasi sanguigni con conseguente aterosclerosi8 (aumento della probabilità di infarto, ictus, danni renali). L’aumento del metabolismo delle proteine porta come conseguenza la scarsa disponibilità di queste sostanze e siccome da esse dipende anche la sintesi anabolica proteica necessaria nei processi di 8 Aterosclerosi (o arteriosclerosi) = depositi di grasso (principalmente colesterolo) nelle arterie che crescendo si induriscono e occludono le arterie. Possono staccarsi e andare in circolo (trombo), occludendo un vaso (coronaria=>infarto, arterie cerebrali=>ictus): si ha trombosi. riparazione dei tessuti danneggiati (tra cui il sistema immunitario), il diabetico è meno resistente alle infezioni, ai traumi e altri tipi di stress fisici. Il diabetico deve dunque essere trattato con iniezioni di insulina giornaliere al fine di compensare una parte degli effetti negativi della incapacità di produrre tale ormone da parte del suo organismo. Può accadere che per svariati motivi il diabetico abbia un tasso di insulina nel sangue in eccesso (es. somministrazione doppia per errore); la conseguenza è che la glicemia diminuisce (poiché l’insulina favorisce il consumo di glucosio da parte delle cellule assorbendolo dal sangue) e il sistema nervoso centrale subisca l’influenza della mancanza di glucosio nel sangue. Le cellule nervose infatti sono le uniche cellule che non subiscono l’influenza dell’insulina per assorbire il glucosio. Mancando dell’unico carburante che può utilizzare, il sistema nervoso centrale reagisce inizialmente con una ipereccitabilità (nervosismo sino alle convulsioni) e poi con un rallentamento delle capacità volitive (sonnolenza, sonno sino al coma); parallelamente la sudorazione diventa intensa e fredda. In questo caso occorre somministrare immediatamente sostanze zuccherine e chiamare i famigliari o un medico che gli somministreranno una iniezione di glucagone. L’attività fisica non intensa nel diabetico favorisce l’ingresso del glucosio nelle cellule (muscolari soprattutto) e quindi ha una azione positiva. Le proteine Le proteine sono le costituenti fondamentali delle nostre cellule e per questo si dice che hanno una funzione strutturale o plastica. Esse sono formate da piccole unità dette aminoacidi (almeno 50). La struttura chimica generale di un aminoacido è la seguente: Sono dunque composti da un radicale carbonioso (R) che li caratterizza singolarmente, da un radicale acido organico (COOH) e da un radicale amminico (NH2). Tutte le proteine sono composte da carbonio, idrogeno ossigeno e azoto e per alcune di esse zolfo e fosforo. La componente azotata delle proteine viene eliminata con le urine. Le proteine possono essere di tipo filamentoso o glomerulare a seconda di come si legano gli aminoacidi che le compongono. Composte da catene con un numero variabile di aminoacidi, da 20 sino a 20.000, in una struttura unica geneticamente determinata dalle cellule che le producono, vanno a costituire le proteine del corpo umano (albumina, globuline, anticorpi, proteine muscolari come l’actina e la miosina, proteine ossee ecc). Gli aminoacidi presenti nel corpo umano sono 22 ma di questi solo 8 (9 per taluni biologi) sono considerati essenziali perchè l'organismo umano non è in grado di sintetizzarli (produrli) ma deve prenderli dal cibo. Se uno di questi aminoacidi essenziali non viene assunto con l'alimentazione si preclude automaticamente la formazione delle proteine o dei tessuti contenenti quel particolare aminoacido. Le proteine che contengono tutti e 8 gli aminoacidi essenziali sono complete e vengono definite ad alto valore biologico (o nobili). Le proteine che si trovano nei prodotti animali come uova, latte o derivati, pesce, carne e salumi sono proteine ad alto valore biologico. Le proteine vegetali, presenti ad esempio nei legumi e nei cereali, hanno invece un valore biologico soltanto discreto perchè carenti di alcuni aminoacidi essenziali. Però, consumati insieme, si completano a vicenda. Dal momento che i muscoli sono formati prevalentemente da proteine, a volte gli atleti assumono maggiori quantità di proteine per ottenere maggiore forza e massa muscolare. Per gli atleti, dunque, l’apporto standard è di circa 1,7 grammi di proteine per chilogrammo corporeo al giorno, ma il consumo di maggiori quantità non aumenta la forza o la potenza muscolare. In media il ricambio proteico è di 1g/kg al giorno, quindi in un soggetto di 70 kg il fabbisogno proteico giornaliero è di 70g (12-15 % della razione alimentare sino al 30% per altri biologi – es. dieta a zona). Nell’atleta in crescita tale razione può aumentare sino a 1,5-2,2 g/kg/die. Alcune proteine intervengono nelle reazioni cellulari (funzione regolatrice e metabolica) perché costituiscono enzimi e vitamine. Alcuni aminoacidi sono i substrati di partenza per la formazione di alcuni ormoni o altre sostanze fondamentali alla vita (es. glutamina per il sistema immunitario, metionina per l’adrenalina, la carnosina per il tamponamento dell’acido lattico). Per ogni grammo di proteine combusto si liberano 4 Kcal (potere calorico delle proteine = a quello dei carboidrati). La digestione delle proteine inizia nello stomaco per opera dell’acido cloridrico (HCl)9, un acido molto forte che spezza i legami tra gli aminoacidi riducendo le dimensioni delle proteine (peptoni). La digestione prosegue nel duodeno e nell’intestino tenue per opera di altri enzimi sino alla completa scissione in aminoacidi. Assorbiti dall’intestino e filtrati dal fegato gli aminoacidi possono essere riassemblati in proteine necessarie all’organismo e riversate nel sangue per poi essere utilizzate dai vari tessuti, oppure trasformate in glucosio e poi eventualmente in grasso, togliendogli il gruppo amminico che diventa ammoniaca e poi urea; questa riversata nel sangue viene filtrata dai reni per trasformarsi in urina. Il metabolismo delle proteine dunque carica l’attività del rene per l’eliminare la parte azotata di esse. Gotta (o artrite urica): alterazione metabolica tipicamente associata a un alto tasso di acido urico (iperuricemia) derivante da una dieta ricca di proteine (soprattutto animali). L'acido urico è una sostanza chimica organica a carattere fortemente acido (C 5H4N4O3). Esso tende a formare dei cristalli aghiformi che si accumulano nei reni, nelle articolazioni (molto tipico l'interessamento dell'alluce) e nei tendini, producendo infiammazione, dolore, gonfiore. Ruolo delle proteine e degli aminoacidi nell’attività fisica L’attività fisica, soprattutto di forza e potenza, sollecita l’organismo ad aumentare la massa muscolare. Anche negli sport di resistenza e durante l’allenamento duro il ricambio proteico viene ad essere aumentato per una certa sollecitazione del tessuto muscolare. L’effetto di crescita e/o di riparazione avviene dopo la sospensione dell’esercizio a patto che vi siano in circolo una adeguata quantità di aminoacidi a catena ramificata (Leucina, Isoleucina e Valina) che sono gli aminoacidi essenziali per la sintesi proteica della fibra muscolare. Essi vengono anche utilizzati a scopo energetico quando nelle fasi finali di un esercizio di lunga durata vi è carenza di glicogeno muscolare. Gli aminoacidi a catena ramificata vengono deamninati e il radicale rimanente bruciato per produrre energia. Il gruppo amminico residuo viene invece utilizzato nel muscolo, attaccandolo all’acido piruvico che si accumula (precursore dell’acido lattico), per creare l’aminoacido alanina; l’alanina viene trasformata in glucosio dal fegato che viene rimesso in circolo per tenere alta la glicemia ed essere utilizzato come carburante dai muscoli (ciclo alanina-glucosio). L’alanina serve dunque da veicolo per allontanare l’amoniaca dal muscolo che sta bruciando proteine e contemporaneamente per essere riciclata per formare glucosio nel fegato. E’ difficile procurarsi una adeguata quantità di aminoacidi a catena ramificata (BC-complex) dalla normale alimentazione in quanto essi sono scarsamente contenuti negli alimenti a meno che non si introducano grandi quantità di alimenti stessi, ma ciò provocherebbe una apporto calorico elevato con conseguente affaticamento digestivo e l’impossibilità di prevedere con precisione i tempi di disponibilità. 9 La protezione delle pareti dello stomaco dall’azione dell’acido cloridrico avviene per azione della mucosa basica prodotta dallo stomaco stesso. Se si interrompe la secrezione di muco basico si può avere l’ulcera gastrica perché l’acido cloridrico corrode le pareti dello stomaco. Lo stress può provocare l’ulcera in quanto l’organismo in situazione di pericolo (stress) ha una risposta adattivo-primitiva che consiste nel deviare il flusso sanguigno dal distretto digerente ai muscoli che necessitano di ossigeno per la lotta o la fuga. L’interruzione del flusso sanguigno allo stomaco per lungo tempo provoca la mancanza di secrezione di muco basico e quindi l’HCl, già prodotto prima, intacca lo stomaco. I Grassi o lipidi I grassi, o lipidi, sono tutte quelle sostanze organiche, di origine animale o vegetale, che non si sciolgono nell'acqua e che non possono evaporare. La loro funzione principale è quella di fornire energia all'organismo e di intervenire nei processi di costruzione dei tessuti cellulari (grassi essenziali) e del tessuto adiposo (grasso di riserva). A parità di peso i grassi contengono più del doppio dell'energia contenuta nelle proteine e nei carboidrati. Il loro potere calorico è infatti di 9 kcl/gr. I grassi sono classificati in semplici, composti e derivati. Tra i grassi semplici quelli più diffusi in natura sono i triglicedridi formati da un alcool (glicerolo) e tre molecole di acidi grassi. Tra i grassi composti annoveriamo i fosfolipidi (fosforo + grassi), i glicolipidi (glucidi + grassi) e le lipoproteine (grassi + proteine). Il grasso deriviato più noto è il colesterolo. Colesterolo e fosfolipidi sono costituenti di primaria importanza delle membrane cellulari e intracellulari (nucleo, reticolo endoplasmatico, mitocondri, lisomi ecc). Questi due grassi sono sintetizzati da tutte le cellule ma soprattutto dal fegato e vengono trasportati nel sangue come lipoproteine (HDL – Hight density lipoproteine e LDL – Low density lipoproteins in base al loro peso molecolare) giacchè non sono solubili in acqua che costituisce il principale veicolo del sangue. I grassi vengono divisi in saturi ed insaturi a seconda della loro composizione chimica. I grassi insaturi hanno uno o più doppi legami tra atomi di carbonio mentre quelli saturi hanno solo legami semplici nella struttura carboniosa. I grassi animali (burro, lardo, strutto) contengono grassi prevalentemente saturi e hanno la particolare caratteristica di essere solidi a temperatura ambiente, mentre quelli vegetali (olio di oliva, di semi, etc) presentano una maggioranza di grassi insaturi e a temperatura ambiente appaiono liquidi. I prodotti animali quali uova, carni, formaggi, salumi, contengono quantità di grasso che oscillano tra il 10 e il 30%, mentre i pesci ne contengono quantità variabili che vanno dal 5 al 15%. A quei prodotti che contengono elevate quantità di colesterolo, cioè grassi animali (salumi, burro, carne di maiale), va prestata attenzione, perchè favorisce la formazione di depositi sulle pareti delle arterie con gravi rischi per il sistema cardiocircolatorio (aterosclerosi). Il colesterolo tuttavia non deve essere visto come un nemico assoluto in quanto adempie a molte importanti funzioni dell'organismo tra le quali ad esempio la sintesi di alcuni ormoni, della vitamina D, ecc. I grassi hanno funzione quasi esclusivamente energetica, una volta assorbiti vengono scissi in acidi grassi e glicerolo. Il glicerolo viene trasformato in glucosio dal fegato mentre gli acidi grassi combusti per produrre energia (con 2 cicli metabolici in cascata beta-ossidazione + ciclo di Krebs). Ad ogni ciclo della beta ossidazione (detta anche ciclo dell'acido grasso) l'acido grasso perde ogni volta un carbonio, assorbendo ossigeno, producendo ATP e una molecola di acetil CoA che entra nella via ultima ossidativa (ciclo di Krebs). L'acido grasso rimanente rientra nella beta ossidazione perdendo un altro carbonio, producendo di nuovo ATP e AcetiCoA e così via fino a che l'acido grasso viene interamente ridotto a CO2. Per questo motivo la totale ossidazione dei grassi, che non porta alla formazione di acido lattico, è altamente energetica (9kcal/gr) ma per altri versi è svantaggiosa perché richiede molto ossigeno e quindi impegna maggiormente il sistema cardiocircolorespiratorio. Inoltre la digestione dei grassi impegna notevolmente l’apparato digerente e il fegato. Nei bambini (a volte anche negli adulti) una dieta ricca di grassi (ma anche nel digiuno per la mobilizzazione delle riserve di grassi) porta ad un eccesso di formazione di acetil CoA che si trasforma nel fegato in Acetone con sintomi quali forte nausea, vomito, dolori addominali, alitosi, lingua biancastra e asciutta. Il rimedio immediato è la somministrazione di bevande zuccherine e che favoriscono il consumo dei grassi (caffeina). Gli acidi grassi se non metabolizzati vanno a depositarsi come trigliceridi nelle cellule adipose (adipociti), formando una riserva calorica (adipe). Oltre a fungere da deposito i grassi corporei (sottoforma di pannicoli adiposi) hanno anche funzione di protezione dal freddo costituendo un isolante termico. Gli acidi grassi si possono distinguere in: -acidi grassi saturi, hanno un legame molecolare più solido e di difficile scissione nel processo digestivo (sono contenuti principalmente nel burro, nel grasso di maiale, nella margarina, nell’olio di semi di arachide); -acidi grassi insaturi, hanno un legame chimico più debole e quindi sono più facili da digerire (sono contenuti principalmente nell’olio di oliva, di mais, di soia e nell’olio di fegato di merluzzo). I più importanti acidi grassi insaturi sono: l’acido oleico, l’acido linoleico, l’acido linolenico. Con la denominazione di vitamina F vengono raggruppati due tipi di acidi grassi insaturi essenziali, cioè quelli che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare e che, quindi, devono essere necessariamente introdotti con gli alimenti: l'acido alfalinolenico (omega 3) e l'acido linoleico (omega 6). Gli omega 3 e omega 6 (otto in tutto) sono gli acidi grassi essenziali. Il numero dopo la parola omega indica quanti atomi di carbonio ci sono a partire dall'ultimo atomo di carbonio (che è per questo denominato carbonio omega, l'ultima lettera dell'alfabeto greco) fino ad arrivare al primo doppio legame. Gli effetti principali degli omega sono soprattutto legati alla protezione del cuore e del sistema circolatorio. l'introduzione degli omega 3 è opportuno consumare dalle 2 alle 3 porzioni settimanali di pesce, la cui tipologia potrà variare tra le seguenti: sgombro, merluzzo, pesce spada, tonno, trota, sardina e aringa. Altre fonti di omega 6 sono i cereali, le noci, i legumi e l'olio di lino. Per quanto riguarda le tipologie di cottura più indicate, perché il pesce possa mantenere inalterate le sue benefiche proprietà, le migliori sono sicuramente: al forno, in umido o alla griglia. Per favorire Il bisogno di acidi grassi essenziali nell’adulto non è molto elevato ed è facilmente soddisfatto da una dieta variata, mentre i bambini necessitano particolarmente di acido linoleico per la crescita. Tra le molte attività degli acidi grassi essenziali, quella più importante è il ruolo nella prevenzione dell’aterosclerosi e della trombosi arteriosa: questo aspetto viene raggiunto tramite l’abbassamento dei livello del colesterolo “cattivo” (LDL) nel sangue, riducendo così la possibilità che si depositi sulle pareti arteriose. I grassi sono indispensabili per alcune funzioni organiche, infatti oltre a essere veicoli delle vitamine liposolubili (A, D, E, K, F), fanno parte di importantissime sostanze quali i fosfolipidi, i cerebrolipidi e alcuni ormoni. Il fabbisogno di grassi è di 1-1,5 gr/kgpeso/die pari al 25-30% della razione alimentare. La digestione dei grassi avviene principalmente nell’intestino tenue per opera emulsionante (separazione in piccole gocce) della bile (prodotta dal fegato e accumulata nella cistifellea) e delle lipasi prodotte dal pancreas e dall’intestino. Acqua L'acqua è il componente principale degli organismi viventi, costituendone il 70% (in media) del peso, ed è quindi un elemento dietetico indispensabile, la cui carenza produce effetti dannosi ancor più rapidamente rispetto alla carenza alimentare. Si può infatti sopravvivere un mese circa senza mangiare ma non più di una settimana senza bere. L'acqua è assunta come bevanda di vario tipo (acque naturali, minerali, bibite dolcificate, succhi di frutta) o come componente degli alimenti solidi, nei quali è contenuta in quantità più o meno rilevante (nella frutta e negli ortaggi può raggiungere il 99%). Può essere bevuta dal diabetico senza limitazioni. Un corteo di sintomi specifici, come l'avvertire una sente intensa ed urinare molto o avere crisi di sudorazione, può rappresentare una manifestazione dovuta al diabete che deve essere subito riferita al proprio medico. Del 70% di acqua che costituisce il nostro corpo, il 50% (circa 30 lt) è nelle cellule e il 20% del peso del corpo nel liquido interstiziale (tra le cellule – 13 lt) e il sangue (3,5 lt). E’ contenuta principalmente: -Vegetali(frutta e verdura) per il 90/99% -Carne e uova per il 75% circa -Pesce per l’80% -Latte per il 90% FUNZIONI: -Plastica (è nel gel di cui è composto l’ambiente interno della cellula) -Trasporto (sangue e secreti) -Termoregolatrice (diffonde il calore col sangue a tutto il corpo, lo disperde portandolo alla superficie, lo sottrae al corpo con evaporazione del sudore). Il nostro organismo produce acqua mediante l’ossidazione degli zuccheri, dei grassi e delle proteine; bisogna introdurre almeno 2 litri di acqua al giorno (350ml è l’acqua metabolica, 1/1,5 lt. quella che viene introdotta bevendo e contenuta negli alimenti). È consigliabile bere poco e spesso soprattutto lontano dei pasti. In tal modo la perdita temporanea di acqua per la produzione di succhi gastrici durante la digestione non determina sete la quale indurrebbe l’abbeveramento che diluisce i succhi gastrici allungando il processo digestivo stesso. L’acqua viene poi espulsa attraverso: -la cute con la sudorazione(600ml) - le urine (1,5 lt), le feci(100ml) - il respiro (CO2 + vapore acqueo) BERE PRIMA, DURANTE E DOPO L’ATTIVITA’ FISICA Prima di uno sforzo fisico di resistenza prolungato oltre i 30 minuti (20’ in caso di temperatura ambiente elevata) è opportuno bere poco e spesso– ogni 15-20 minuti un bicchiere di acqua semplice – 2/3 sorsate (evitando il gonfiamento dello stomaco che potrebbe indurre sensazioni sgradevoli) anche se non si ha sete. La capacità di prestazione di resistenza sembra influenzata infatti dal volume totale del sangue che è per la maggior parte costituito di acqua (70%). L’eccesso di acqua comunque viene eliminato con la minzione. Attenzione a non bere troppo durante il processo di digestione. La diluizione dei succhi gastrici infatti rallenta la digestione stessa. Durante l’attività fisica prolungata è bene bere altrettanto poco e spesso soprattutto se la sudorazione è profusa a causa di un calore ambientale elevato (o se si è coperti troppo). Bevande zuccherine e saliniche potranno introdurre anche queste sostanze che vengono rispettivamente consumate dai muscoli e perse con la sudorazione durante l’attività fisica protratta per molto tempo (sopra i 30-40 minuti). Attenzione però che le bevande zuccherine tendono a fermentare in bocca e quindi a dare una sensazione di sete (in realtà di impastamento delle fauci) che stimola a bere ancora oltre al dovuto. Si consiglia dunque dopo una bevuta di tali sostanze di sciacquarsi più volte la bocca con della semplice acqua fresca. La perdita di peso per abbondante sudorazione, favorita magari da un eccesso di copertura vestiaria, magari di tipo non traspirante (es. Kway), è fittizia; il peso perso viene rapidamente integrato con una sana e doverosa bevuta. Evitare di bere è dannoso in quanto l’acqua è un nutriente immediatamente necessario all’organismo, più degli apporti calorici degli alimenti. Inoltre la copertura con vestiti non traspiranti durante l’attività fisica, specie nei mesi estivi, è rischiosissima: si può rischiare lo shock per ipertermia (colpo di calore). La sudorazione è necessaria per perdere calore!!! E quindi necessario favorire l’evaporazione del sudore per rinfrescare l’organismo. L’ipertermia è pericolosa per il sistema nervoso centrale! Bagnare spesso e frequentemente la testa in caso di sforzo fisico in ambiente eccessivamente caldi. Dopo l’attività fisica è necessario bere spesso, anche se non si ha sete, oltre per integrare l’eventuale perdita di liquidi, anche per favorire la diuresi, che così stimolata (durante lo sforzo viene interrotta) favorisce l’evacuazione di scorie metaboliche prodotte con lo sforzo (radicali acidi, scorie azotate dovute a usura muscolare ecc.). Si consiglia anche di nutrirsi con cibi ricchi di acqua quali: frutta, verdure crude, insalate, spremute, frullati, succhi, brodi e minestre. In questo modo oltre a reintegrare acqua si reintegrano anche sali minerali. L’acqua minerale gassata e le bibite gasate in genere apportano una certa quantità di carbonati (che determinano l’effervescenza della stessa trasformandosi in anidride carbonica) che sono fondamentali per mantenere l’equilibrio acido-base del sangue costante. Insieme all’acido ortofosforico (contenuto nella coca-cola), i carbonati sono delle sostanze tampone che mantengono costante il ph del sangue in caso di forte acidità come quando si produce uno sforzo intenso (con produzione di acido lattico nel muscolo e nel sangue) o si mangiano troppi grassi e/o proteine (es. acetone - chetosi). Oltre a favorire la digestione in caso di acidità di stomaco (eccesso di produzione di acido cloridrico nello stomaco) i carbonati e l’acido ortofosforico consentono di ridurre più rapidamente l’acidosi ematica dopo uno sforzo massimale e prolungato. L’emissione di anidride carbonica connessa con l’ingestione di acqua minerale (o bevande gasate) però produce fastidiosi fenomeni di aerofagia ed è quindi sconsigliabile l’uso quando ancora la respirazione e l’affanno sono elevati. Dunque le bibite gasate sono sconsigliabili prima, durante e immediatamente dopo uno sforzo fisico (tra cui anche il parlare in pubblico). Sali minerali e oligoelementi I sali minerali sono sostanze inorganiche, anch'esse elementi essenziali nella dieta nell'organismo umano, nel quale svolgono importanti funzioni di controllo e di regolazione dell'attività cellulare. Ricordiamo alcuni di essi, come : -Macroelementi (grandi quantità) sodio, potassio, calcio, magnesio, fosforo, cloro, -Microelementi o oligoelementi (piccole quantità) ferro, rame, fluoro, zinco, zolfo, iodio, selenio, manganese, cromo, silicio, ecc. I sali minerali sono sostanze inorganiche che, pur rappresentando complessivamente solo il 6,2% del peso corporeo, svolgono funzioni essenziali per la vita dell'uomo: partecipano infatti ai processi cellulari come la formazione di denti e ossa (calcio, fosforo), sono coinvolti nella regolazione dell'equilibrio idrosalino (sodio, potassio, cloro), nell’equilibrio acido-base del sangue (fosforo, potassio, sodio, cloro), nell'attivazione di numerosi cicli metabolici (magnesio, cromo, zinco, ferro, rame) e costituiscono fattori determinanti per la crescita e lo sviluppo di tessuti e organi (es. iodio). A differenza di carboidrati, lipidi e proteine, i sali minerali non forniscono direttamente energia, ma la loro presenza permette di realizzare proprio quelle reazioni che liberano l'energia di cui abbiamo bisogno. Gli esseri viventi non sono in grado di sintetizzare autonomamente alcun minerale: i sali vengono assimilati attraverso l'acqua e gli alimenti, oppure sotto forma di condimento aggiunto al cibo, come il sale da cucina. Ai fini di una dieta corretta, bisogna tener conto che la quantità di sali minerali introdotta nel nostro organismo spesso non coincide con quella "biodisponibile", e cioè con la quota che viene effettivamente assorbita e metabolizzata. Diversamente dalle vitamine, i sali minerali non si alterano né si disperdono durante la cottura o il riscaldamento degli alimenti, anche se in parte possono sciogliersi nell'acqua utilizzata per la cottura. Rispetto ad altre sostanze vitali (lipidi, proteine e carboidrati in particolare), il fabbisogno giornaliero di sali minerali è minimo. Ma, dal momento vengono continuamente eliminati con il sudore, le urine e le feci, devono essere assunti con una corretta ed equilibrata alimentazione. CALCIO: struttura ossa e denti, contrazione muscolare, trasmissione potenziale nervoso, coagulazione sangue; contenuto in latte e formaggi. FOSFORO: struttura ossa e denti, equilibrio acido-base del sangue, sintesi ATP; contenuto in latte, formagi, pesce, cereali, legumi secchi. SODIO (presente in maggior concentrazione all’esterno alla cellula): equilibrio idrico-salino della cellula, equilibrio acido-base; contenuto in carni e vegetali; contenuto nel sale comune. POTASSIO (presente in maggior concentrazione all’interno alla cellula): contrazione muscolare, equilibrio acido-base e idrico-salino; questi ultimi due sali sono fondamentali per la vita cellulare; la loro diversa concentrazione tra ambiente esterno e interno della cellula (ad opera della pompa sodio-potassio), costituisce la differenza del potenziale elettrico che caratterizza l’essere in vita della cellula stessa; contenuto in frutta, verdura, patate, pomodori, latte, legumi, cereali. MAGNESIO: interviene nelle attività enzimatiche cellulari (in 300 enzimi), nella sintesi proteica, nella diminuzione dell’eccitabilità muscolare (quindi contribuisce al rilassamento), regola la trasmissione nervosa, interviene nella formazione della struttura ossea regolando l’assorbimento del calcio; contenuto in cereali integrali, legumi, latte, carne, cacao/cioccolato, noci e mandorle, gamberi. Gli oligoelementi sono dei particolari minerali fondamentali per il mantenimento dell'equilibrio psicofisico di ogni individuo ma di cui si abbisogna solo in quantità molto piccole. Pur essendo presenti nell'organismo in dosi di scarsissima quantità, svolgono un ruolo insostituibile: attivano infatti tutta una serie di processi e di reazioni dell'organismo che consentono la vita e il benessere; se invece non sono presenti (o lo sono in quantità insufficiente), queste reazioni o non avvengono del tutto, o avvengono molto più lentamente o in modo scorretto. Questi oligoelementi possono non partecipare attivamente alle reazioni stesse, ma la loro presenza è ugualmente indispensabile. Funzionano in generale come catalizzatori: avviano e permettono il compimento delle funzioni enzimatiche, che sono alla base delle funzioni cellulari. Senza i giusti minerali le cellule non possono funzionare bene e l'organismo di conseguenza si trova in una condizione di possibile malattia. IODIO è alla base della formazione dello ormone tiroideo. È contenuto nel sale marino, nei crostacei e molluschi, nel pesce e nel latte. SILICIO, CROMO, MANGANESE, SELENIO, RAME sono alla base della produzione di alcuni enzimi della catena respiratoria e del metabolismo energetico; contenuti in frutti di mare, fegato, legumi, cereali, frutta. FERRO: costituente negli enzimi catena respiratoria del metabolismo energetico, nell’emoglobina del sangue. - di origine vegetale (legumi e verdure a foglia verde) è meno assorbibile dal nostro apparato digerente. - di origine animale (carni rosse, cavallo, fegato e reni, uova) più assorbibile. Ferro, EPO, emodoping Il ferro è al centro della molecola di emoglobina contenta nei globuli rossi che è responsabile del trasporto dell’ossigeno da parte del sangue. Siccome le prestazioni di resistenza sono condizionate dalla disponibilità di ossigeno ai muscoli (più O2 nell’unità di tempo ai muscoli = maggior potenza di produzione energetica del meccanismo aerobico-ciclo di Krebs), una maggior concentrazione di emoglobina-globuli rossi del sangue comporta una maggior prestazione di resistenza. L'ematocrito o PCV, è un esame del sangue che indica la percentuale del volume sanguigno occupata dalla componente eritrocitaria (globuli rossi). Il suo valore normale si situa dal 37 al 48% per le donne, mentre normalmente per il sesso maschile è più alto (42-52%). La percentuale restante è occupata dalla frazione liquida, il plasma, i leucociti, anche detti globuli bianchi e le piastrine. Un ematocrito alto significa un maggior trasporto di O2 da parte del sangue e quindi una maggior capacità prestativa di resistenza. Un ematocrito troppo elevato rende il sangue più denso aumentando enormemente la possibilità di trombosi, infarto e ictus. In alcuni sport, come il ciclismo, il regolamento impone un limite massimo al valore dell'ematocrito degli atleti per tutelare la loro salute e per prevenire la pratica del doping. L'atleta il cui valore supera il limite viene escluso dalla competizione a scopo cautelativo per limitare il rischio di ictus e altri problemi di salute. Vengono inoltre effettuati accertamenti antidoping. Si ricerca infatti la presenza di eritropoietina sintetica (eritropoietina ricombinante umana, rEPO o rHuEPO) nelle urine, un analogo sintetico di un ormone fisiologicamente prodotto dall'organismo umano che spesso viene utilizzato come farmaco in diverse patologie e come sostanza dopante, il quale aumenta il valore dell'ematocrito. Un altro sistema per aumentare l’ematocrito è l’autoemotrasfusione (emodoping) consistente nel prelevarsi una porzione di sangue, conservarla e reiniettarla in circolo qualche giorno prima della gara. Anche questa è una pratica vietata perché elevati sono i rischi per la salute (trombosi, infarto, ictus). Una pratica invece ammessa perché considerata naturale in quanto l’organismo mette in atto reazioni limitate a prevenzione parziale della trombosi, è l’allenamento e soggiorno in altura. In pratica l’atleta pernotta e soggiorna a quote elevate (es. 3000 mt) e si allena a quote superiori ai 2000mt (ma inferiori alla quota di soggiorno e pernottamento) per un periodo di tempo da 10gg a 2-3 settimane. La minor pressione atmosferica dell’altura determina una minor captazione dell’O2 da parte dei globuli rossi nella respirazione. L’organismo reagisce producendo una maggior quantità di globuli rossi e una maggior concentrazione di emoglobina all’interno di ciascun eritrocita aumentando dunque la capacità di prestazione di resistenza quando l’atleta ritorna a livello del mare. L’effetto scompare dopo poche settimane di ritorno alle altitudini normali. L’assorbimento del ferro è condizionato dalla presenza di vitamina C e dalla vitamina B12. Un ottimo piatto per guarire dall’anemia (di cui gli atleti di resistenza soffrono spesso) è quello di consumare carne cruda macinata o tagliata sottile (carpaccio) con limone senza mangiare alcunché nel pasto. L’assorbimento del ferro infatti è disturbato da molti altri elementi tra cui la caffeina. ZOLFO: costituente di tendini e cartilagini, funzione disintossicante; tutti gli alimenti ricchi di proteine, ma soprattutto cipolle e uova. Acque termali sulfuree. LITIO: lo ione litio è coinvolto negli equilibri elettrochimici delle cellule del sistema nervoso e viene spesso prescritto come farmaco nelle terapie per il trattamento di sindromi maniaco-depressive. L'intossicazione da sali di litio, è grave e più frequente nei pazienti con compromissione della funzione renale. E’ utile per controllare le contratture muscolari (specie se associato al manganese) e per migliorare il tono dell'umore. È contenuto in vegetali, carne e talune acque minerali. Purtroppo il mondo attuale ha sempre più bisogno di oligoelementi come di integratori vitaminici, in quanto gli attuali metodi di coltivazione e conservazione depauperano i prodotti alimentari di una serie di sostanze minerali e vitaminiche fondamentali per il mantenimento della salute. L'efficacia terapeutica di questi elementi è in alcune condizioni patologiche particolarmente significativa. Nel trattamento del diabete, ad esempio, lo Zinco e il Cromo sono fondamentali per la regolazione del metabolismo degli zuccheri. I minerali non posseggono una singola azione ma intervengono per gruppi di funzioni (il cromo agisce per esempio facilitando l'azione dell'insulina e quindi dell'utilizzazione degli zuccheri, ma anche riducendo i depositi di grasso nelle arterie), e nello stesso modo su una singola funzione agiscono più minerali (per esempio sul sistema immunitario sono attivi zinco, manganese, rame, calcio e litio). Vitamine Le vitamine sono sostanze a differente struttura chimica necessarie per la crescita, la salute ed il benessere fisico. Hanno quindi una funzione regolatrice. L'organismo umano ne ha continuamente bisogno in piccole quantità, che per lo più sono facilmente assumibili con un'adeguata alimentazione. Senza le vitamine non potrebbero avvenire determinati processi nell'organismo. Esiste nell'alimentazione attuale una certa carenza vitaminica nelle diete monopiatto senza verdure e frutta, e pertanto diventa sempre più utile assumere sette, otto pasti di frutta e verdura cruda al giorno. Le vitamine vengono divise in due grandi categorie: liposolubili idrosolubili. Le vitamine liposolubili - A, D, E, K - si chiamano così perchè sono presenti nella componente grassa degli alimenti e possono essere a loro volta immagazzinate nel tessuto adiposo corporeo. Dal momento che, a differenza delle vitamine idrosolubili, non possono essere eliminate con le urine, e restano immagazzinate nell'organismo per lungo tempo, un loro eccesso può quindi provocare intossicazione. Le vitamine idrosolubili - C, H e quelle del gruppo B - vengono assorbite in presenza di acqua e non possono essere conservate nell'organismo. Un loro eccesso viene smaltito con le urine e per tale ragione devono essere introdotte ogni giorno con l'alimentazione. Molte vitamine, in particolare alcune di quelle idrosolubili, si deteriorano con il calore: è opportuno pertanto consumare frutta e ortaggi crudi e freschi per assicurare un apporto vitaminico adeguato. Gli integratori vitaminici sono necessari solo in determinate condizioni fisiologiche (gravidanza, allattamento, alimentazione abituale squilibrata, allenamento intensissimo) e in particolari condizioni patologiche. Vitamine liposolubili VITAMINA A (retinolo) Svolge un'azione protettiva delle mucose e degli epiteti in genere, concorrendo a potenziarne il valore di barriera alle infezioni. La vitamina A inoltre favorisce la crescita, favorendo lo sviluppo scheletrico. La vitamina A (o retinolo) può entrare nell'organismo sia come tale sia sotto forma di precursori (i caroteni, ed in particolare il beta-carotene, detti anche Provitamina A). Il retinolo è contenuto esclusivamente nei tessuti animali come fegato, burro e uova, mentre i caroteni sono di origine vegetale ed hanno un'azione 6 volte meno efficace; vengono trasformati in retinolo a seconda del fabbisogno dell'organismo. I caroteni sono contenuti nei vegetali gialli e verdi. La vitamina A favorisce la formazione e il mantenimento della cute e delle mucose: è inoltre un componente dei pigmenti visivi. Come manifestazioni carenziali si hanno alterazioni degli epiteli cutanei, che vanno incontro a fenomeni di ipercheratinizzazione (pelle dura e spessa). Alterazioni del trofismo epiteliale possono interessare anche gli epiteli dell'apparato respiratorio, digerente, renale e sessuale. Una tipica manifestazione carenziale a carico dell'occhio è la xeroftalmia, caratterizzata da secchezza dell'epitelio congiuntivale e corneale, opacamento della cornea ed atrofia delle ghiandole lacrimali. Un sintomo iniziale di carenza è quello della diminuzione della "visibilità" in scarsità di luce. La vitamina A è anche un fattore dell'accrescimento; se carente, si ha l'arresto dello sviluppo scheletrico. Come alla vit. C e alla vit. E è un antiossidante cioè serve a combattere i radicali liberi responsabili tra l’altro del nostro invecchiamento. Radicali liberi e antiossidanti I radicali liberi sono molecole o parti di molecole cariche negativamente che tendono a legarsi a atomi di idrogeno da altre molecole, determinando reazioni chimiche dannose. La loro azione negativa (descritta per la prima volta nel 1957 dal premio Nobel 1995 Hartman) si esplica soprattutto sui grassi delle membrane cellulari e sulle proteine del nucleo (DNA). I radicali liberi si formano sia nei processi energetici sia nei processi di difesa dell'organismo (i globuli bianchi li usano per attaccare gli agenti patogeni). Inoltre il fumo, l'inquinamento, le radiazioni, troppa insolazione sono altre fonti di radicali liberi. Come agiscono? - Per comprendere la loro azione, occorre considerare che per controllare il livello di radicali ossigeno (O2-), prodotti durante il normale metabolismo cellulare, l'organismo usa un enzima (superossidodismutasi, SOD) che trasforma i radicali liberi in perossido d'idrogeno (la normale acqua ossigenataH2O2) che produce notevoli danni cellulari (non per niente l'acqua ossigenata è usata come disinfettante). In particolare, in presenza di ferro (è anche per questo che un'abnorme assunzione di ferro per evitare un'ipotetica anemia sideropenica è da sconsigliare), l'acqua ossigenata libera il radicale ossidrile (OH-) che avvia reazioni dannose difficilmente controllabili. Per controllare il livello di perossido, l'organismo usa un enzima (catalasi, CAT) che consente la trasformazione del perossido in ossigeno e acqua. I radicali ossigeno, ossidrile e il perossido sono quindi dannosi per le strutture cellulari proteiche, lipidiche e per il DNA in quanto “ossidano” tali molecole rubando loro elettroni. Un’altra sostanza che contribuisce alla formazione di radicali liberi dell'O2 è l’omocisteina, un aminoacido che si forma dalla metionina, aminoacido essenziale, che viene essere introdotto con la dieta. L'omocisteina viene oggi considerata come uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare. L’omocisteina è dannosa per l'organismo perché si ritiene che possa causare disfunzione all'endotelio vascolare e interferisce con la funzione vasodilatatrice e antitrombotica dell'ossido nitrico (NO). Un alto tasso di omocisteina aumenta difatti di tre volte il rischio di ictus o infarto cardiaco. Infatti i pazienti con alto tasso di omocisteina circolante (>100 umol/litro) hanno una predisposizione per l'aterosclerosi. Un suo aumento è determinato dalla carenza di vitamine del gruppo B (soprattutto acido folico, ma anche vitamina B6 e Vitamina B12). Come si controllano i radicali liberi? - Dalla scoperta dei loro effetti si sono moltiplicate le sostanze antiradicali liberi, al punto che oggi è difficile dire cosa non combatte i radicali liberi. Antiossidanti sono alcune vitamine (C, E, A/betacarotene), sostanze vegetali (polifenoli, tocoferoli, bioflavonoidi, isopreni, pigmenti vari), micronutrienti (glutatione, selenio, Q10, resveratrolo ecc.). In realtà, quantitativamente parlando, molte di queste sostanze hanno efficacia minima, altre (come le tre vitamine) hanno un'efficacia dimostrata, ma limitata. Il Dipartimento Americano dell'agricoltura ha quantificato la capacità di assorbire i radicali liberi di vari alimenti (unità ORAC). Tra la frutta troviamo al primo posto le prugne nere (5440 unità per 100 grammi), seguono uvetta, mirtilli, fragole, more, lamponi, uva nera, ciliegie; tra le verdure al primo posto troviamo il cavolo (1770 unità per 100gr) seguite dalle melanzane, spinaci, cavolini, barbabietole, cipolle, peperoni rossi. I polifenoli si trovano nelle fragole, nelle cipolle, cavoli, meloni, agrumi; i tocoferoli si trovano negli oli, nelle foglie verdi; gli isopreni nei peperoni, lattuga, albicocche, broccoli, spinaci. La frutta nera è la più dotata contro radicali liberi, perché i suoi pigmenti (resveratrolo) proteggono i suoi componenti dalla ossidazione e dalla luce. Per capire come queste sostanze svolgano un'azione comunque limitata, si consideri che una sigaretta produce 10 miliardi di radicali liberi. Poiché non si possono ingurgitare quantità enormi di frutta e verdura è opportuno ricorrere a integratori alimentari (e attualmente anche questi non proteggono che in parte). Recentemente sono state introdotte sostanze (SCS, Synthetic Catalytic Scavengers, pulitori catalitici sintetici) che catalizzano la trasformazione diretta di radicali ossigeno e di perossido d'ossigeno in ossigeno (non dannoso) e acqua. Se verranno prodotti a costi accettabili e se gli esperimenti sugli animali verranno confermati sull'uomo, sarà fatto un passo decisivo nella lotta ai radicali liberi. Le malattie attribuite ai radicali liberi sono: IL CANCRO, L'INFARTO, L'ARTERIOSCLEROSI, L'IPERTENSIONE, L'ICTUS, LA DEMENZA DI ALZHEIMER, IL MORBO DI PARKINSON, LA CATARATTA, LA RETINITE PIGMENTOSA, L'ARTRITE, L'INVECCHIAMENTO. Lo studio Seven Countries ha per esempio accertato che allo stesso tasso di colesterolo di 5,2 mmol/l tra i popoli del NORD EUROPA e i popoli del Mediterraneo, il tasso di mortalità per infarto era di cinque volte maggiore a Nord; questa differenza è dovuta alla dieta dei popoli mediterranei più ricca di frutta e verdura che contengono più vitamine, flavonoidi, polifenoli, tocoferoli, isopreni, pigmenti vari. Le sostanze antiossidanti Vitamine - Sono il betacarotene (provitamina A, la vitamina A non ha potere antiossidante come pubblicizzato in prodotti ACE), la vitamina C e la vitamina E. Acido -lipoico - Attacca i radicali liberi in tutto il corpo e potenzia l'azione degli altri antiossidanti. Glutatione - È costituito da tre aminoacidi (cisteina, acido glutammico e glicina) ed entra nella composizione di alcuni enzimi antiradicali liberi. Coenzima Q10 - Essendo coinvolto nella catena respiratoria, funziona come antiossidante a livello cellulare. Si deve notare che dopo i 35 anni diminuisce la capacità di produzione di Q 10. Selenio - Entra nella struttura di diversi enzimi antiossidanti. Resveratrolo – contenuto soprattutto nell’uva nera e nel vino (ecco perchè si dice che un bicchiere di vino al giorno è salutare). Polifenoli, tocoferoli, bioflavonoidi, isopreni, pigmenti vari contenuti in frutta, verdura e ortaggi. Ha senso un'integrazione per combattere i radicali liberi? Sono sensate soltanto le posizioni estreme: o le sostanze assunte con la dieta sono sufficienti a fornire all'organismo gli agenti antiossidanti o, se vi è carenza, questa non può essere coperta con le piccole dosi dei prodotti che vengono commercializzati in Italia. Negli Stati Uniti esistono prodotti come il Mitotone che costano circa un quinto dei prodotti italiani, pur contenendo tutti gli antiossidanti in quantità cinque volte superiori; personalmente è fondato il sospetto che molti prodotti europei non facciano altro che sfruttare una campagna medico-divulgativa senza effettivamente analizzare il problema in un'ottica completamente scientifica. Le cose cambiano se si considera uno sportivo poiché l'attività fisica intensa può aumentare la produzione di radicali liberi fino a 50 volte. Anche in questo caso alcuni autori sostengono che comunque il corpo è in grado di difendersi da solo e giustificano questa posizione citando a esempio grandi campioni del passato che non usavano integrazione vitaminica e la cui carriera è durata molto a lungo. È anche vero che esistono studi in favore dell'integrazione con antiossidanti. Alcuni ricercatori tedeschi hanno scoperto che un'integrazione di 400 mg di vitamina E e 500 mg di vitamina C al giorno per il mese precedente la gara riduce le lesioni muscolari prodotte da una maratona (e dagli allenamenti per arrivarci), consentendo migliori tempi di recupero. Somministrando 200 mg di vitamina E si è riscontrato che dopo tre settimane i livelli di pentano (una sostanza correlata alla produzione di radicali liberi) si riducevano a un quarto dopo attività fisica molto intensa, rispetto alla condizione di assenza d'integrazione. L'evidenza dei benefici di una terapia con antiossidanti aumenta ogni giorno: uno studio supportato dall'American Hearth Association ha coinvolto 90000 donne, seguite per due anni e trattate con vitamina E, nei soggetti trattati si è notata una riduzione del 50% del rischio coronarico. Oggi si pensa che se il blocco dei danni provocati dai radicali liberi fosse più applicato e più conosciuto (fumo + educazione alimentare + educazione alla salute), si avrebbe un calo della spesa sanitaria negli USA del 33% . VITAMINA D (calciferolo) Regola il bilancio di calcio dell'organismo aumentando il livello ematico attraverso un aumento dell'assorbimento intestinale. La maggior quantità di calcio disponibile viene immagazzinata nel tessuto osseo. La mancanza, in forma lieve, si evidenza con una diminuita concentrazione nel siero di calcio e fosforo; in forme gravi si può arrivare al rachitismo, debolezza muscolare e deformazioni delle ossa. In caso di assunzione esterna di vitamina D si consiglia di non superare il livello massimo di 50 µg/giorno. È prodotta dalla pelle tramite esposizione alla luce solare. È contenuta in uova, latte e derivati, fegato, tonno e salmone. VITAMINA E (tocoferolo) Influisce sulla stabilizzazione delle membrane cellulari e dei depositi di grasso. Inoltre ricopre un ruolo importante nella biogenesi di alcuni organelli intracellulari . La vitamina E si trova in natura in otto forme di cui la più importante è l'alfa-tocoferolo. L'assorbimento della vitamina E avviene a livello dell'intestino tenue mediante un processo di diffusione passiva che richiede l'azione degli acidi biliari. L'azione biologica della vitamina E è dovuta principalmente alle sue proprietà antiossidanti. Le situazioni di carenza sono molto rare in quanto la maggior parte delle diete ne contengono quantità adeguate. I sintomi di carenza si manifestano normalmente soltanto in individui con difetti metabolici, individui che non riescono ad assorbirla. In caso di carenza prolungata si sviluppano disturbi neurologici che possono coinvolgere il sistema centrale e periferico, la retina e i muscoli. Per quanto riguarda la tossicità ad alti dosaggi, si è constatato che soltanto oltre 2000 mg/giorno alcuni soggetti mostrano dei disturbi e soprattutto a livello intestinale. È contenuta nei semi oleosi (noci), cereali integrali, fegato, uova, latte, vegetali a foglie verdi. VITAMINA F (acidi grassi alfalinolenico 3 e linoleico 6 ) Con la denominazione di vitamina F vengono raggruppati due tipi di acidi grassi insaturi essenziali, cioè quelli che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare e che, quindi, devono essere necessariamente introdotti con gli alimenti: l'acido alfalinolenico (omega 3) e l'acido linoleico (omega 6). I grassi omega sono fondamentali, fra l'altro, per: azione antiaggregante piastrinica (effetto antitrombotico), cioè ridurrebbero la possibile formazione di coaguli nel sangue. controllo del livello plasmatico dei lipidi, soprattutto dei trigliceridi. controllo della pressione arteriosa , mantenendo fluide le membrane delle cellule, e danno elasticità alle pareti arteriose. la salute della membrana cellulare e di quella mitocondriale (per esempio aumento della sintesi proteica dei mitocondri epatici e rigenerazione del parenchima epatico) la sintesi dell'emoglobina, la coagulazione e la fragilità capillare la funzione sessuale e la riproduzione; alcune patologie mammarie e alterazioni del ciclo mestruale derivano da un'eccessiva assunzione di acidi saturi in rapporto agli omega 3/omega 6. contro alcune patologie della pelle (eczema atopico e dermatiti) una miglior tolleranza ai carboidrati nei diabetici come precursori delle prostaglandine (sostanze ormonosimili che intervengono nelle infiammazioni; sono vasodilatatrici, regolano la coagulazione, abbassano il colesterolo LDL, aumentano il colesterolo HDL, svolgono azione antinfiammatoria). Gli omega 3 sono contenuti soprattutto nei grassi del pesce (salmone, sgombri, acciughe ecc.) e nell'olio di pesce. Da ricordare fra gli essenziali l'acido alfalinolenico (contenuto nelle noci e negli oli di soia, di mais); l'acido eicosapentanoico (EPA) e l'acido docosaesanoico (DHA, fondamentale per la composizione dei lipidi del cervello e dei fosfolipidi delle membrane sinaptiche implicate nella trasmissione dell'impulso nervoso) sono invece non essenziali perché sintetizzati da altri acidi grassi . Gli omega 6 sono contenuti soprattutto negli oli vegetali (oli di girasole e di mais che però non devono essere cotti), ma anche in cibi proteici, nelle verdure e nei cereali. Da ricordare l'acido linoleico (è contenuto in noci, cereali, olio di mais e di girasole, legumi); da esso deriva l'acido gammalinolenico, GLA, utile nella riduzione del colesterolo, contro l'artrite reumatoide, la neuropatia diabetica e l'eczema). VITAMINA K (fillochinone) La vitamina K ha azione antiemorragica, favorendo la produzione dei fattori di coagulazione da parte del fegato. Con il termine di vitamina K viene indicato un numero elevato di sostanze naturali e/o sintetiche contenenti la molecola 2-metil-1,4-naftochinone. Le principali vitamine presenti in natura sono la K1, la forma prevalente nella dieta, e la K2 (menachinoni). La vitamina K1 è sintetizzata dalle piante verdi mentre la vitamina K2 è sintetizzata da alcuni batteri intestinali. La carenza di vitamina K non è frequente in quanto l'uomo, oltre a introdurla con gli alimenti, la sintetizza nell'intestino a opera di batteri ivi presenti. Le principali cause di carenza sono da imputarsi alla somministrazione di farmaci (sulfamidici, antibiotici) aventi la capacità di interferire con i batteri intestinali e a un inadeguato assorbimento intestinale, come può verificarsi per assenza di bile o in altre situazioni di cattivo assorbimento dei lipidi. La deficienza di vitamina K determina una sindrome emorragica a cause dell'inadeguata sintesi dei fattori della coagulazione del sangue. I segni clinici vanno da lievi ecchimosi a emorragie, anche fatali. I primi sintomi sono l'allungamento dei tempi di coagulazione. Vitamine idrosolubili Hanno notevole importanza come fattori coenzimatici di molti sistemi indispensabili alla vita dell'organismo. La loro idrosolubilità le rende facilmente assorbibili dall'intestino e sono, almeno in parte, sintetizzate dalla flora batterica intestinale. L'eccesso di queste vitamine è normalmente eliminato per gran parte con le urine. A differenza delle vitamine liposolubili, sono praticamente "non immagazzinabili" nei vari organi e tessuti. VITAMINA B1 (tiamina) Ha un ruolo essenziale nel metabolismo dei carboidrati, intervenendo in decine di reazioni a catena La deficienza di tiamina provoca dei disturbi nel metabolismo dei carboidrati. Deficienze croniche di vitamina B1 portano alterazioni del sistema nervoso, del sistema cardiovascolare e dell'apparato gastroenterico. In caso di apporto elevato, l'eccesso viene rapidamente escreto nelle urine. È contenuta nel lievito di birra, legumi, cereali, funghi, carne di maiale. VITAMINA B2 (riboflavina) Viene assorbita nell'intestino tenue e trasportata nel fegato e in altri tessuti, dove si trasforma in coenzima Flavinmono nucleotide (FMN) e Flavindinucleotide (FAD) intervenendo in reazioni di ossidoriduzione importanti nel quadro metabolico energetico cellulare (ciclo di Krebs). La carenza di Riboflavina, rara nel nostro Paese, determina un arresto della crescita, dermatiti, lesioni ai bordi delle labbra e patologie oculari. L'eccesso di vitamina B2 viene eliminato con le urine. È presente in carni, uova, latte e derivati, cereali, legumi, vegetai verdi, funghi. VITAMINA B5 (acido pantotenico) Serve alla formazione del coenzima A, sostanza di ingresso della via ultima ossidativa (ciclo di Krebs) e quindi nelle vie metaboliche energetiche di carboidrati, proteine e grassi. Sintetizzata dalla flora batterica intestinale e contenuta in carni, uova, fegato, vegetali verdi, cereali integrali, frutta e lievito di birra. VITAMINA B6 (piridossina) Partecipa al metabolismo del glicogeno e degli acidi grassi insaturi, degli aminoacidi e di sostanze azotate; interviene nell’eritropoiesi (formazione dei globuli rossi) e nel trofismo dei tessuti nervosi . Il deficit di vitamina B6 è raro e può causare irritabilità, crampi muscolari e convulsioni. L'ipervitaminosi determina una neuropatia sensoriale periferica. È contenuta nelle carni, vegetali, cereali integrali, fegato, latte, patate, piselli e frutta (mele, pere, banane). VITAMINA B12 (cobalamina) E' necessaria soprattutto nella produzione di globuli rossi , di conseguenza il segno più evidente della sua carenza è una forma di anemia. Interviene anche nel trofismo del tessuto nervoso. La carenza di vitamina B12 è dovuta a uno scarso assorbimento legato a un deficit del fattore intrinseco prodotto dallo stomaco, che si ha in presenza di lesioni gastriche, di condizioni congenite e di anticorpi anti-fattore intrinseco nel succo gastrico. Il sintomo più importante è l'anemia macrocitica megaloblastica. La carenza di vitamina B12 si può manifestare in caso di dieta vegetariana oppure in situazioni di eccessivo consumo come l'allattamento o la gravidanza con rischio di gravi danni neurologici del nascituro. La vitamina B12 viene immagazzinata dall'organismo e a livelli d'ingestione superiori a 200 mg manifesta tossicità. È contenuta in carni (fegato), uova, latte e derivati, pesci e molluschi. ACIDO FOLICO Agisce sul metabolismo di quasi tutte le reazioni in cui un singolo atomo di carbonio debba passare da una molecola all'altra: interviene ad esempio nella sintesi del DNA, nel metabolismo degli aminoacidi e nella riparazione dei cromosomi. Interviene anche nell’emopoiesi (produzione di sangue). È presente in vegetali a foglia verde, nel lievito, fegato, nel germe di grano, uova, legumi. È molto importante in gravidanza per evitare malformazioni al nascituro a tal punto che solitamente ne viene prescritta dal medico la sua integrazione. VITAMINA PP (niacina o nicotinamide) Partecipa come coenzima alla catena respiratoria, e agisce inoltre da cofattore nell'ossidazione degli acidi grassi ed in un gran numero di reazioni di ossidoriduzione con la funzione di cedere o acquistare ioni idrogeno. La dieta con insufficiente apporto di niacina porta nel tempo all'insorgere di una malattia chiamata "pellagra" che si manifesta con dermatite generalizzata, manifestazioni neurologiche (demenza) e dell'apparato digerente (diarree). Un'eventuale ipervitaminosi (maggiore di 500 mg/giorno) provoca danni epatici, vasodilatazione con conseguente ipotensione, irritazioni cutanee. I cibi che la contengono sono: fegato, carni magre, cereali, legumi, latte e pesce. VITAMINA C (acido ascorbico) E’ la vitamina che abbiamo bisogno in maggiore quantità rispetto alle altre. Impedisce l'ossidazione dei tessuti corporei bloccando i radicali liberi dell'ossigeno. E' inoltre fondamentale nella formazione dei tessuti connettivi (collageni: tendini, cartilagini), delle ossa, dei denti, di adrenalina e nell’assorbimento del ferro; regola la resistenza e la permeabilità dei capillari. Interviene nei processi di difesa cellulare inattivando i radicali liberi dell'ossigeno favorendo l'azione antiradicalica della vitamina E. Favorisce l'assorbimento intestinale del ferro. La vitamina C, presente nell'adulto in quantità di circa 1500 mg., è assorbita nella mucosa dello stomaco e dell'intestino. La carenza di vitamina C, praticamente inesistente nei paesi industrializzati, quando è in forma grave determina lo "scorbuto", quadro morboso caratterizzato da fragilità capillare diffusa con possibilità di emorragie. Un livello plasmatico ottimale di vitamina C garantisce una buona protezione dell' organismo contro gli attacchi ossidativi. In caso di ipervitaminosi si hanno disturbi a livello gastrointestinale dovuti alla sua acidità. È presente negli agrumi, nella frutta (fragole, kiwi, ciliegie) e negli ortaggi (pomodori, peperoni) VITAMINA H (biotina) Sintetizzata dalla flora batterica intestinale ma anche contenuta in legumi, vegetali, carni, fegato e uova; è un coenzima della sintesi dei grassi, delle proteine e del glicogeno. I Gruppi alimentari Ben pochi alimenti sono costituiti da un solo gruppo di nutriente. Generalmente in essi sono presenti più nutrienti. Per tale ragione gli alimenti sono stati suddivisi in sette gruppi, ciascuno con caratteristiche diverse. Gruppo 1 carni, pesci, uova e derivati (anche frattaglie, molluschi, crostacei, salumi); sono alimenti ricchi di proteine nobili e quindi svolgono una funzione plastica ma anche regolatrice in quanto contengono minerali quali ferro, rame, zinco, iodio e vitamine del gruppo B. Gruppo 2 latte e derivati (formaggi, yogurt, latticini); alimenti ricchi di proteine e grassi animali svolgono funzione plastica e energetica. Forniscono dunque proteine nobili, vitamine liposolubili (D), e calcio. Gruppo 3 cerali e tuberi (farine, pasta, pane, riso, mais, patate, biscotti, grissini, crackers ecc) ricchi di carboidrati, alcuni aminoacidi (ma non tutti gli essenziali) e quindi hanno funzione principalmente energetica e in parte plastica (ma devono essere integrati con i legumi per poter fornire tutti gli aminoacidi essenziali in una dieta vegetariana). Se consumati integrali forniscono anche fibre e vitamine del gruppo B. Gruppo 4 legumi (fagioli, piselli, ceci, lenticchie, soia, fave, lupini) alimenti ricchi di aminoacidi (ma non tutti gli essenziali) e quindi hanno funzione principalmente energetica e in parte plastica (ma devono essere integrati con i cereali per poter fornire tutti gli aminoacidi essenziali in una dieta vegetariana). Forniscono anche fibre (gomme), minerali (ferro, rame, calcio) e alcune vitamine del gruppo B. Gruppo 5 grassi vegetali (olio d’oliva, di mais, di arachidi, girasole, soia) e animali (burro, strutto, lardo, panna); hanno prevalentemente funzione energetica e veicolano vitamine liposolubili (A,D ed E). Gruppo 6 ortaggi e frutta ricchi di sali minerali e provitamina A (carote, zucche, spinaci, albicocche, melone, cachi, ecc); hanno funzione energetica e regolatrice contenendo parecchi carboidrati (fruttosio), acqua, caroteni, fibre, e sali minerali. Gruppo 7 ortaggi e frutta ricchi di Sali minerali e vitamina C (pomodori, peperoni, agrumi, ananas, kiwi, fragole, ciliegie, lamponi, mirtilli ecc). Forniscono vitamina C (unica vitamina che rispetto alle altre ne abbisogniamo in grandi quantità giornaliere), sali minerali, acqua, fibre, e in parte zuccheri (frutta). In termini generali una alimentazione ricca di cibi animali favorisce le malattie cardiovascolari, tumorali e l’invecchiamento; una alimentazione ricca di vegetali (frutta, verdura e ortaggi specie se crudi) le contrasta. La dieta mediterranea (in particolar modo quella italiana) vs. quella delle cucine centrali e nordiche (ricche di carni grasse), è considerata tra le migliori perché ricca di verdure, ortaggi (fibre, vitamine, antiossidanti), frutta (vitamina C, antiossidanti), olio d’oliva e pesce (grassi omega 3 e 6) e cioè alimenti che contengono sostanze antinvecchiamento, antitumorali e che prevengono malattie cardiovascolari. Per contro la dieta mediterranea è ipercalorica per il suo alto contenuto di carboidrati (pasta, pane, riso, dolci) e di intingoli (condimenti grassi). Flora batterica, Probiotici, Prebiotici, Simbiotici Il nostro apparato digerente ospita miliardi di microrganismi (circa 500 specie batteriche) che formano la cosiddetta flora intestinale localizzata soprattutto nel colon. Si forma dalla nascita e si completa nel giro di pochi giorni e nei primi anni di vita raggiunge la sua massima concentrazione. Tale flora funge da filtro delle impurità assunte con il cibo e quindi costituisce parte del nostro sistema immunitario. Inoltre la flora batterica produce anche le vitamine B5, H e K2. La flora batterica si può ridurre a causa di trattamenti antibioticie e con sulfamidici. I probiotici sono batteri “buoni” capaci di passare indenni dalla forte acidità dello stomaco e arrivati all’intestino contribuiscono all’equilibrio della flora batterica. I probiotici sono contenuti in dosi differenti sia in alcuni alimenti (latti fermentati e/o yogurt arrichiti) sia in prodotti farmaceutici (riequilibratori intestinali). Prebiotici. Sono fibre alimentari solubili che si trovano soprattutto nella frutta e nella verdura. Le più importanti sono i cosiddetti frutto-oligo-saccaridi (FOS). Queste fibre non vengono digerite durante il transito nell’intestino e, giunte al colon, stimolano lo sviluppo e la crescita dei batteri della flora intestinale fungendo da loro nutrimento. Simbiotici. Sono chiamati simbiotici i prodotti nei quali coesistono sia microrganismi probiotici sia composti prebiotici. Le bevande nervine (Energy Drink) Le bevande nervine (Caffè, Red Bull, Coca-cola etc) sono un gruppo di bevande analcoliche caratterizzate da una specifica attività sul sistema nervoso centrale. Fanno parte di questo gruppo il caffè, il tè, la cioccolata e gli infusi assimilabili come quelli del guaranà o dell'erba Mate, che sono accomunati dall'avere un effetto stimolante ed energizzante sull'organismo. Tale effetto è dovuta alla presenza degli alcaloidi quali caffeina (detta anche teina), taurina, teofillina e teobromina; per questa ragione alcuni ritengono di dover aggiungere alle bevande nervine quelle bibite analcoliche che contengono rilevanti quantità di queste xantine, come la cola o i più recenti Energy Drink. Il mercato di tali bevande ha avuto un'improvvisa impennata, grazie soprattutto a strategie di marketing precise: l'uso di nomi e packaging accattivanti, sponsorizzazioni di eventi e pubblicità attraverso i canali più disparati, destinate ad un pubblico giovane ed ai loro interessi, come sport, musica, vita notturna per prolungare lo stato di eccitazione in modo esogeno. La pericolosità dell'abuso di queste bevande è testimoniata dalla presenza di effetti collaterali tra cui insonnia, ansia ed agitazione, tachicardia, spasmi intestinali e dallo sviluppo di fenomeni di tolleranza con progressiva riduzione della risposta dell'organismo alla somministrazione, e di dipendenza con emicrania, incapacità di concentrazione e depressione alla cessazione. Ha contribuito alla stesura di questa dispensa: Marika Sanneris 5AL a.s. 2005/06