EDUCAZIONE ALIMENTARE Introduzione Bilancio energetico e

EDUCAZIONE ALIMENTARE
Introduzione
di Roberto Biella
L’alimentazione è un fattore che concorre al mantenimento della salute e dunque interviene a pieno
titolo nell’argomento Educazione alla salute e stili di vita. Possiamo infatti parlare di Stile
Alimentare, intendendo con tale termine il modo con cui uno soggetto si alimenta cioè i suoi usi e
costumi relativi alla sua nutrizione (cibi solitamente ingeriti, modi di cucinarli, modalità di assunzione
ecc). Ad esempio se consuma o meno carne, che tipo di carne (pesce, rosse, selvaggina, grasse o
magre), se consuma o meno vegetali (crudi, cotti, frutta piuttosto che ortaggi), uso di fritture o cottura
al vapore o con intingoli, varietà nel singolo pasto o monopiatto, la velocità di assunzione (di fretta
o con tempi lunghi), la presenza di liquidi e del loro tipo (acqua semplice o bevande gasate
piuttosto che alcolici), il numero di pasti (2 principali + una piccola colazione, oppure tanti piccoli
spuntini oppure 2 principali + 3 spuntini ecc), finanche la posizione che si assume nel pasteggiare
(assise, in piedi, in movimento, supino).
Bilancio energetico e salute
Gli alimenti costituiscono il nostro carburante, il mezzo attraverso cui l'uomo introduce ed assimila,
oltre ai nutrienti, anche l'energia di cui ha bisogno. Ma la funzione energetica non è la sola funzione
della nutrizione. Il cibo assolve anche alla funzione plastica (costruzione della materia vivente –
acqua, proteine, calcio ad esempio), di trasporto di altre sostanze (acqua, grassi) e regolatrice (per
il funzionamento dell’organismo come le vitamine ed alcuni sali minerali).
Uno dei concetti principali dell’educazione alimentare è il BILANCIO ENERGETICO (o
calorico) ossia l’ equilibrio tra il cibo che viene assimilato e l’ energia che viene consumata; è la
differenza tra le entrate (rappresentate dall'ingestione dei cibi energetici ) e le uscite rappresentate
dal dispendio energetico che varia a seconda della costituzione (fenotipo), del sesso, dell'età e delle
abitudini di vita del soggetto tra cui l’attività fisica.
ENTRATE
USCITE
ATTIVITA’
FISICA
METABOLISMO
BASALE
ANABOLISMO
CATABOLISMO
CALORE
Il Bilancio Calorico è uno dei fattori primari per mantenere una buona salute, mangiando in
relazione al proprio dispendio energetico. Se si è delle persone attive e sempre in movimento si
spenderà più energia e quindi bisognerà fornirne al nostro corpo e ai nostri muscoli un'adeguata
quantità di nutrimento; se invece si è pigri, il dispendio giornaliero diminuirà e di conseguenza anche
il cibo che ingeriamo dovrà essere più misurato e contenuto altrimenti si rischia il soprappeso cioè un
peso eccessivo del corpo (solitamente rapportato alla propria altezza). Un indice piuttosto generico
per sapere se si è in sovrappeso è il Body Mass Index (BMI) espresso dalla formula:
peso(kg)
statura(mt ) 2
per un giovane a fine sviluppo (18-19 anni per i maschi, 17-18 anni per le femmine) esso dovrebbe
essere compreso tra i 22 e i 23 per il maschio e tra i 19.5 e 23 per le femmine. L’obesità comincia
per BMI superiori a 30.
BMI 
Tabella di magrezza dell'OMS (1998) per gli adulti
Valutazione
Sottopeso
Normale
Sovrappeso
Obeso
BMI (kg/m2)
< 18,5
Da 18,5 a 24,9
Da 25 a 29,9
Da 30 in su
Dall’intersezione tra altezza e peso del grafico sottostante si può facilmente individuare la propria
classe di appartenenza (es. peso 70kg, altezza 180 cm).
Il pericolo del soprappeso è connesso a due possibili rischi per la salute:
1. l’eccesso di grasso corporeo (sino all’obesità) che si riflette sulla salute delle arterie e delle
coronarie1 in quanto queste si intasano e possono provocare trombosi, aterosclerosi, infarto,
ictus che sono malattie molto frequenti nella società industrializzata e benestante indotta
solitamente a uno stile di vita sedentario.
2. danni alle articolazioni che supportano tale eccesso di peso, solitamente le ginocchia e la
schiena.
Alimentarsi bene significa anche mangiare in modo equilibrato, stando quindi attenti a consumare
tutti quei nutrienti indispensabili al buon funzionamento dell'organismo come proteine, sali
minerali, vitamine, fibre e acqua.
Le cattive abitudini condizionano il nostro benessere psicofisico e sono alla base di tante patologie
moderne. Per vivere meglio invece bisognerebbe curare di più la propria alimentazione che, come è
stato scientificamente dimostrato, è una delle condizioni essenziali per aumentare la qualità della
vita e per raggiungere un generale benessere a tal punto che la stessa organizzazione mondiale
della sanità la indica come uno dei fattori primari per la conservazione della salute.
Coronarie = arterie del cuore. Quando una coronaria si ostruisce si ha l’infarto; la parte del muscolo cardiaco
che non viene irrorata di sangue da quella coronaria, non si contrae più e si ha una ridotta efficienza della pompa
cardiaca con conseguente riduzione della pressione e del flusso sanguigno in circolo. Se il cervello non riceve sangue a
sufficienza si ha un danno irreversibile (paresi, coma sino alla morte). Se si sopravvive il danno del cuore/cervello è
proporzionale alla quantità di zona cardiaca/cervello che non è stata irrorata di sangue.
1
Le malattie cardiovascolari connesse con l’alimentazione
Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo (soprattutto occidentale): 40%
del totale.
L’aterosclerosi è una malattia infiammatoria cronica delle arterie di grande e medio calibro che si
instaura a causa dei fattori di rischio cardiovascolare: fumo, ipercolesterolemia, diabete mellito,
ipertensione, obesità, omocisteina. Anatomicamente, la lesione caratteristica
dell'aterosclerosi è l’ateroma o placca aterosclerotica, ossia un ispessimento
dello strato più interno delle arterie che è in diretto contatto con il sangue,
dovuto principalmente all’accumulo di materiale lipidico (grasso) e a
proliferazione del tessuto connettivo. Nelle fasi avanzate
le placche aterosclerotiche
possono restringere (stenosi)
il lume arterioso oppure
ulcerarsi e complicarsi con
una trombosi sovrapposta,
che può portare ad una
occlusione dell'arteria.
Clinicamente l’aterosclerosi
può essere asintomatica oppure manifestarsi, di solito dai 40-50 anni in
su, con fenomeni ischemici (mancanza di sangue e ossigeno) acuti o cronici, che colpiscono
principalmente cuore, encefalo, arti inferiori e intestino.
Per arteriosclerosi si intende invece un indurimento (sclerosi) della parete arteriosa che compare
con il progredire dell'età. Questo indurimento arterioso è la conseguenza dell'accumulo di tessuto
connettivale fibroso a scapito della componente elastica. La minore elasticità delle arterie,
influenzata anche da una alimentazione eccessiva di sale, porta ad un aumento della pressione
sanguigna con conseguente maggior affaticamento del cuore e possibili danni del tessuto nervoso
cerebrale (molto sensibile agli sbalzi di pressione).
L' obesità è una malattia tipica, anche se non esclusiva, delle società dette "del benessere". Si
definisce obeso un individuo la cui massa di tessuto adiposo sia eccessiva e sia in grado di essere
causa o forte aggravante di malattie. Tra queste sono le disfunzioni cardiocircolatorie, il diabete,
problemi alle articolazioni e la sindrome da apnea notturna.
Dieta ipocalorica e movimento fisico possono aiutare nei casi meno gravi, ma per quelli più
problematici si interviene anche con terapie farmacologiche o chirurgiche.
L'obesità è legata:



a condizioni genetiche,
a disfunzionamenti ormonali e
alla condizioni psichiche (es.bulimia) e
abitudinarie del paziente.
L'obesità è meno letale del sottopeso, ma va tenuta sotto
controllo.
L'obesità nei bambini è molto diffusa nei paesi sviluppati in
gruppi di popolazione povera. I dati sono allarmanti: infatti
per i bambini dai 6 ai 12 anni dal 1976 al 1980 il tasso di
obesità era del 7% mentre (nella stessa fascia d'età) dal 1988
al 1994 era del 12% per poi passare alla punta del 15% nel
2000. È molto cresciuto negli ultimi anni anche il tasso di obesità nei teenager (13-19), infatti dal
1976 al 1980 la popolazione adolescente obesa raggiungeva il 6%.
Per ipercolesterolemia si intende un eccesso di colesterolo nel sangue; più precisamente ci si
riferisce ad un aumento del colesterolo trasportato dalle lipoproteine (grassi legati a proteine) a
bassa densità o LDL (low density lipoproteins), volgarmente chiamato "colesterolo cattivo".
Infatti il colesterolo, come tutti i grassi (lipidi), non è solubile in acqua, per cui per il suo trasporto
nel sangue viene veicolato da proteine sotto forma di particelle relativamente voluminose che
circolano nel sangue allo scopo di trasportare i grassi verso tutti i tessuti.
In condizioni di digiuno (cioè quando si effettuano le analisi), il colesterolo presente nel sangue è
per la maggior parte (60-75%) quello trasportato dalle LDL, per cui il dosaggio del colesterolo
plasmatico totale è un indice, anche se approssimativo, del colesterolo LDL. Tuttavia, poiché una
buona percentuale di colesterolo è trasportato anche da altre lipoproteine (VLDL – very low density
lipoproteins - e HDL - Hight Density Lipoproteins), per una più esatta valutazione della
colesterolemia è preferibile dosare le LDL. Questa modalità permette di distinguere il colesterolo
LDL (colesterolo cattivo) da quello HDL (colesterolo buono).
Le LDL (che sono un prodotto del metabolismo delle VLDL di sintesi epatica) trasportano il
colesterolo dal fegato ai tessuti, dove viene utilizzato per una varietà di processi; quando però le
LDL sono presenti in concentrazioni eccessive, il loro accumulo nella parete arteriosa promuove lo
sviluppo dell'aterosclerosi. Di conseguenza l'ipercolesterolemia da LDL rappresenta uno dei
maggiori fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.
Al contrario, le HDL sono responsabili del "trasporto inverso" del colesterolo dai tessuti al fegato,
rimuovendo così il colesterolo in eccesso dai tessuti e trasportandolo al fegato, dal quale viene
eliminato nel lume intestinale in parte come sali biliari e in parte come colesterolo libero. Le HDL
svolgono quindi una funzione protettiva sullo sviluppo delle malattie cardiovascolari. Un eccesso di
colesterolo HDL è pertanto un fattore favorevole.
L' angina pectoris è una sindrome provocata dall'insufficiente ossigenazione del muscolo cardiaco
a causa di una transitoria diminuzione del flusso sanguigno attraverso le arterie coronariche.
Rientrando pienamente nel quadro delle ischemie, la motivazione principale di questo fenomeno è
da rinvenire nell'ostruzione di un vaso ad opera di una placca aterosclerotica.
Per infarto si intende la necrosi di un tessuto per ischemia, cioè per grave deficit di flusso
sanguigno. Clinicamente l'infarto è una sindrome acuta provocata da una insufficiente irrorazione
sanguigna (ischemia) ad un organo o a parte di esso, per una occlusione improvvisa o per una
stenosi (restringimento) critica delle arterie che portano il sangue in quel distretto dell'organismo.
La causa è costituita nella quasi totalità dei casi dall'aterosclerosi.
L'infarto miocardiaco, dove l'organo interessato è il cuore
(occlusione delle coronarie), e l'infarto cerebrale (responsabile
dell'80% dei casi di ictus) sono le più frequenti cause di morte nei
paesi occidentali. La regione colpita da infarto diviene necrotica
(morta): se il malato sopravvive alla fase acuta dell'infarto,
l'organismo riassorbe i tessuti morti senza rigenerare la parte persa (cosa impossibile senza afflusso
di sangue), ma forma in quella zona una cicatrice di tessuto connettivo fibroso, e l'organo
interessato perde definitivamente una parte della sua funzionalità.
L’ictus ischemico è una condizione caratterizzata dall’occlusione di un vaso (ischemia) a causa di
una trombosi o di un’embolia o, meno frequentemente, da un’improvvisa e grave riduzione della
pressione sanguigna al cervello. L’ictus emorragico è una condizione determinata dalla presenza di
un’emorragia cerebrale non traumatica.
La trombosi è una condizione patologica caratterizzata dalla formazione di un coagulo di sangue
all'interno di un vaso sanguigno che ne ostruisce il lume; tra le cause: stasi del circolo, lesione dei
vasi (tra cui placche aterosclerotiche) e alterazioni della coagulazione. Esistono trombosi venose ed
arteriose, le prime sono più frequenti e si localizzano maggiormente negli arti inferiori. Si definisce
embolia la situazione in cui un trombo si stacca dalla parete del vaso che la contiene e migra in
altra regione del circolo potendo ostruire altri vasi in distretti più importanti. Le più frequenti
embolie venose sono le embolie polmonari; quelle arteriose sono
caratteristiche dell'ictus cerebrale. L’embolia può anche essere gassosa
(es. bolla di azoto che si forma nel circolo sanguigno per una salita
troppo rapida dopo una immersione con bombole).
L'ipertensione arteriosa è l'aumento di pressione sanguigna superiore
a 140/90 mmHg. Condizione necessaria e sufficiente per parlare di
ipertensione è che la pressione massima sia maggiore di 140 e quella
minima maggiore di 90.
Alcuni medici seguono un'altro metodo di calcolo per il quale la
pressione è regolare se la massima è pari a 100+ l'età del paziente. I
disturbi provocati dall'ipertensione gravano sugli organi vitali: cervello,
cuore, occhi e rene. La malattia pare aver carattere ereditario, ma sono
accertate particolari condizioni responsabili di una sua possibile
insorgenza (come ad esempio,
stress, alimentazione ricca di sale e
grassi che rendono meno elastiche
le pareti delle arterie). Infatti la
pressione del sangue esercitata
dalla contrazione cardiaca (sistole)
si eleva tantissimo se le arterie sono rigide perché ricoperte
internamente di depositi di grasso.
Energia e metabolismo
L’energia introdotta con gli alimenti viene misurata in calorie. La caloria (o piccola caloria, simbolo
cal) viene definita come la quantità di calore necessaria ad elevare da 14,5 a 15,5 °C la massa di
un grammo di acqua distillata a livello del mare (pressione di 1 atm). La grande caloria (Cal o kcal),
equivalente a 1000 cal, indica l'apporto energetico di un alimento.
Recentemente si sta introducendo nelle etichette dei prodotti un’altra unità di misura energetica degli
alimenti: il joule. 1Kcal= 4,1855 kJ. 1kj=0,23892 Kcal.
Il cibo che noi assumiamo mediante gli alimenti ha tre destinazioni principali:
1. Produzione di Energia meccanica (attività fisica)
2. Produzione di Calore (sempre prodotto durante l’attività fisica e derivante anche dal metabolismo
basale)
3. Attività metabolica = anabolica + catabolica2 (crescita e/o ricambio dei nostri tessuti).
Il vantaggio della compresenza costante di anabolismo e catabolismo dei tessuti sta nella
adattabilità dei tessuti stessi alle condizioni di stress fisico ambientale.
II Metabolismo Basale, regolato da ormoni prodotti dall’organismo e dalla tiroide, rappresenta
l'attività metabolica vegetativa ossia l'energia utilizzata da un individuo necessaria per
sopravvivere semplicemente respirando e svolgendo le attività vegetative (battito cardiaco,
secrezioni, produzione d calore ecc.) come ad esempio quando si dorme o si è in coma. Il
metabolismo basale è derivabile dal costo energetico dell'attività anabolica e catabolica + il calore
prodotto dal corpo. La continua attività anabolica e catabolica dà l'opportunità ai nostri
organi/apparati di adattarsi ai cambiamenti rafforzandosi o risparmiando. Ne è un esempio
l'ipertrofia muscolare da esercizio fisico. Un altro esempio riguarda le ossa che possono cambiare di
forma e di densità dei sali di calcio a seconda delle sollecitazioni meccaniche a cui sono sottoposte;
con il movimento infatti la mineralizzazione dei depositi di calcio aumenta conferendo una maggiore
resistenza meccanica delle ossa sollecitate. Per le donne in menopausa che soffrono di osteoporosi
(fragilità delle ossa) è consigliata una attività fisica regolare perché sollecita la mineralizzazione
delle ossa.
L’energia-carburante che introduciamo col cibo è energia di tipo chimico perché deriva da legami
chimici tra catene di atomi di carbonio degli alimenti; tali catene possono essere sia di tipo lineare
che ad anello e la rottura dei legami fra gli atomi di carbonio libera energia.
Esempio di catena carboniosa lineare (glucosio forma lineare)
Esempio di catena carboniosa ad anello
Tale processo è principalmente un processo di combustione/ossidazione in cui interviene anche il
comburente: l’ossigeno (O2), respirato dai nostri polmoni trasportato dal sangue, che a sua volta è
spinto dalla pompa cardiaca per giungere ai tessuti e alle cellule. I prodotti finali di tale processo
sono anidride carbonica (CO2) – che permette l’eliminazione del carbonio derivante dalla scissione
delle catene che costituiscono gi alimenti - , che ripercorre a ritroso il percorso dell’ossigeno venendo
espulsa con il respiro, e acqua (H2O).
L’attività anabolica del metabolismo è quella di “costruzione” delle strutture che compongono i tessuti o i
substrati dell’organismo. Si differenzia da quella catabolica che è invece l’attività opposta, cioè di “disfacimento”. Ne è
un esempio il rimaneggiamento osseo in cui i cristalli di calcio del tessuto osseo vengono continuamente smontati dagli
osteoclasti e rimontati dagli osteoblasti, adeguandosi alle sollecitazioni meccaniche. Lo scheletro viene così rinnovato
completamente in 10 anni. Nell’osteoporosi, fenomeno tipico della menopausa femminile, si ha un prevalere dei
processi catabolici su quelli anabolici con conseguente fragilità ossea. Nella crescita invece prevalgono i secondi sui
primi. Anche il tessuto muscolare subisce questo duplice fenomeno determinando il prevalere dello sviluppo della
massa muscolare con l’esercizio fisico di potenza (o assumendo sostanze doping come gli steroidi anabolizzanti) o la
perdita di massa muscolare in caso di sedentarietà.
2
È nei mitocondri (organelli della cellula che rappresentano una vera e propria fornace), dove si
realizza l’ultima tappa del metabolismo (via ultima ossidativa = ciclo di Krebs).
Semplificando le innumerevoli reazioni chimiche che intervengono dalla masticazione sino alla
completa ossidazione:
Cibo+O2= ENERGIA + CO2+H2O
Da notare che i vegetali, mediante la fotosintesi, eseguono esattamente la reazione inversa e cioè
dall'anidride carbonica dell'aria, dall'acqua del terreno e dall'energia solare producono catene
carboniose (zucchero/amido) che costituiscono il cibo per gli erbivori che a loro volta con il loro
corpo costituiscono cibo per i carnivori. Quindi in ultima analisi dall'energia solare deriva l'energia
tra gli atomi di carbonio da cui noi traiamo sostentamento nutrendoci.
L’energia che si rende disponibile nelle varie fasi del metabolismo energetico non viene
immediatamente utilizzata dalla cellula ma immagazzinata e trasportata da una molecola organica
che funge da batteria ricaricabile. Tale sostanza è l’ADENOSINTRIFOSFATO (ATP), sostanza
composta da una parte proteica (adenosina) e tre atomi di fosforo inorganico. È nei legami col
fosforo che è immagazzinata una notevole quantità di energia chimica. La scissione di un tale
legame rende disponibile l’energia che da chimica si trasforma in lavoro che compie ciascuna cellula
deputata specificamente ad un determinato compito (ad es. secrezione, contrazione, costruzione,
conduzione elettrica ecc).
ATP = batteria carica
ADP = batteria scarica
Ad esempio la cellula muscolare, scindendo l’ATP in ADP, trasforma l’energia chimica del primo
legame col fosforo in energia meccanica (accorciamento muscolare=>lavoro meccanico) + calore3.
Più precisamente nel fenomeno della contrazione muscolare, che genera forza per far spostare le
leve ossee e quindi lavoro meccanico, l’energia derivante dalla scissione dell’ATP crea una
modificazione della disposizione spaziale dei filamenti proteici di actina e miosina che
costituiscono il tessuto muscolare che si traduce in un accorciamento della cellula muscolare.
L’accorciamento è temporaneo ed è seguito dal ritorno alla condizione di riposo (rilasciamento).
La cellula nervosa invece trasforma l’energia chimica dell’ATP in corrente elettrica per la
trasmissione degli impulsi nervosi. Le cellule delle ghiandole utilizzano l’energia dell’ATP per
produrre sostanze da secernere. Gli osteoclasti (cellule dell’osso) utilizzano l’energia dell’ATP per
“smontare” il tessuto osseo. Gli osteoblasti viceversa lo ricostruiscono.
Prendendo in considerazione il lavoro muscolare definiamo più in dettaglio questo compito. La
molecola che entra nella fornace, e quindi nella via ultima ossidativa (ciclo di Krebs), è sempre la
stessa, l’acetil coenzima A (AcetilCoA), e può derivare dal metabolismo dei grassi (beta
ossidazione o ciclo dell'acido grasso), delle proteine o degli zuccheri (detti anche glucidi o
carboidrati). Questi tre gruppi di sostanze vengono anche indicati come substrato. La decisione di
metabolizzare grassi, proteine o zuccheri è presa dalla cellula muscolare in base al tipo di attività
fisica e alla disponibilità di substrato. Ad esempio, nell’esercizio di resistenza blando (corsa lenta,
passeggiata in montagna), le cellule muscolari scelgono come substrato principale i grassi. Viceversa,
Il calore è sempre presente in qualsiasi utilizzo dell’energia liberata dalla scissione dell’ATP. Rappresenta una
sorta di dispersione di energia che abbassa notevolmente il rendimento della macchina biologica. Nel lavoro
muscolare solo circa il 40% dell’energia liberata dalla scissione dell’ATP viene trasformata in lavoro meccanico mentre
il resto si disperde in calore. Per questo si dice che il muscolo ha un rendimento (rapporto tra energia utilizzata e lavoro
meccanico prodotto) del 40%.
3
nel lavoro di potenza esse scelgono gli zuccheri. Le cellule in effetti si servono di una miscela di
substrati ove dominano ora i grassi ora gli zuccheri a seconda dell’intensità dell’esercizio (più
intenso maggior uso di zuccheri, meno intenso maggior utilizzo di grassi). La scelta delle proteine non
è primaria, essa si verifica in due casi:
1. come conseguenza del fatto che esiste notevole scarsità di zuccheri (ipoglicemia) e grassi,
come i casi di inedia; in questo caso la cellula è costretta a distruggere proteine per formare
zuccheri e distrugge in effetti tessuto proteico muscolare;
2. nel secondo caso la cellula metabolizza proteine che provengono dal normale ricambio
proteico. Bisogna infatti ricordare che le strutture muscolari sono sottoposte a carichi e
manifestano “affaticamento meccanico” analogamente a quanto si verifica per le strutture di
un aereo; le cellule provvedono quindi normalmente a distruggere le molecole proteiche
parzialmente degradate e a sintetizzarne di nuove. In questa operazione alcuni aminoacidi
delle proteine possono essere convertiti in glucosio utilizzato quindi per produrre energia.
Vie metaboliche dei substrati. Tutti i substrati di partenza (grassi, carboidrati e proteine) hanno come elemento
comune la formazione di acetil CoA che viene convogliato nella via ultima ossidativa (ciclo di Krebs).
I nutrienti
Il nostro corpo per “funzionare”correttamente ha bisogno di sostanze nutritive che hanno diverse
funzioni:
 energetiche, cioè forniscono il carburante per il lavoro cellulare: carboidrati, grassi;
 plastiche, cioè servono per costruire il tessuto organico del nostro organismo: proteine;
 di regolazione per far sì che il corpo funzioni bene poichè certe sostanze servono affinché
avvengano certe reazioni chimiche all’interno della cellula (funzione catalizzatrice enzimatica):
vitamine, oligoelementi, sali minerali;
 di trasporto cioè sono veicoli per altre sostanze: acqua, grassi.
Le sostanze nutritive si possono raggruppare in 7 classi:
1.Carboidrati/glucidi
2.Lipidi/Grassi
3.Protidi/Proteine
4.Acqua
5.Sali minerali e Oligoelementi
6.Vitamine
I Carboidrati/Glucidi
I carboidrati sono formati da carbonio, idrogeno e ossigeno.
Hanno una funzione energetica e sono il nostro carburante prediletto; quindi la principale funzione
dei carboidrati o glucidi è quella di fornire energia all'organismo. Essi costituiscono infatti il 55-60%
della razione alimentare.
Negli alimenti troviamo carboidrati con diversa struttura chimica. Schematicamente possiamo
distinguerli in:
 zuccheri semplici (monosaccaridi, disaccaridi, oligosaccaridi)
 carboidrati complessi (amidi e fibre) - polisaccaridi.
Gli zuccheri semplici (monosaccaridi = una sola molecola quali fruttosio, glucosio, galattosio,
disaccaridi = due molecole quali maltosio, lattosio e saccarosio, oligosaccaridi = poche molecole),
sono presenti nello zucchero da cucina, nel latte, nel miele, nella frutta, negli ortaggi, nelle
marmellate e nei dolciumi in genere. Essi vengono rapidamente assorbiti dall'organismo e la loro
energia si rende disponibile in pochi minuti. L’assorbimento infatti avviene in piccola parte nello
stomaco.
La molecola tipo è rappresentata dal glucosio che è l’unico zucchero che circola nel sangue (tutti gli
altri tipi vengono convertiti in tale forma durante l’assorbimento digestivo):
C6H12O6 (formula grezza del glucosio)
Nella dieta gli zuccheri non dovrebbero superare il 10-15% delle calorie totali. Lo svantaggio però
del saccarosio (zucchero da cucina) è che fa aumentare la glicemia4 improvvisamente.
Mantenere un tasso glicemico costante è molto utile per il mantenimento della salute e per
l’efficienza fisica e nervosa.
Frequenti picchi di iperglicemia (tasso glicemico sopra la
norma) causati da ingestione di troppi alimenti zuccherini
(da saccarosio) senza proteine (che hanno funzione di
mediare l’assorbimento degli zuccheri) nello stesso pasto,
possono causare il diabete (vedi riquadro sotto).
Frequenti cali del tasso glicemico (ipoglicemia), come ad
esempio non fare colazione al mattino o rimanendo
digiuno per lunghi periodi di tempo nell’arco della
giornata, influiscono sul rendimento del cervello
provocando irritabilità, nervosismo (inizialmente),
stanchezza mentale e riduzione dell’attenzione
successivamente. Il rendimento scolastico e lo sviluppo
cognitivo possono esserne influenzati negativamente a
lungo andare. Le cellule nervose infatti possono consumare solo e unicamente glucosio, mentre tutti
gli altri tipi di cellule (compreso quelle muscolari) possono invece usare anche grassi e proteine e
quindi non risentono del calo glicemico. Ecco dunque che la glicemia è un fattore di prestazione da
tenere sotto controllo non solo negli sport di attenzione (sport di destrezza, di combattimento), ma
anche negli sport di resistenza (dove si consumano più calorie) in quanto l’ipoglicemia oltre a
rendere meno attivo il sistema nervoso centrale, diminuisce la volontà del soggetto, volontà
determinante per contrastare la fatica che diventa un fattore che distingue il campione dallo scarso.
Un esempio classico è la maratona (42 km di corsa) dove si da fondo a tutti gli zuccheri presenti nel
corpo (stivati sottoforma di glicogeno5); se tale riserva viene ad esaurirsi prima del termine della
gara, l’ipoglicemia conseguente (avvertibile con la sensazione netta di fame) fa sì che l’atleta non
riesce a portarla a termine neanche con un notevole sforzo di volontà in quanto questa viene quasi
ad annullarsi. Sono noti infatti clamorosi ritiri a pochissimi chilometri dall’arrivo. Dorando Petri alle
olimpiadi di Londra del 1908 crollò a poche centinaia di metri dall’arrivo. Dunque l’esaurimento del
glicogeno è uno dei fattori determinanti la prestazione di resistenza di lunga durata.
Se il tasso glicemico diminuisce a causa ad esempio di digiuno o ad esercizio muscolare di resistenza
protratto oltre a 30-120 minuti (conformemente al proprio stato di allenamento l’esaurimento del
glicogeno muscolare può essere dilungato di molto), la glicemia può essere mantenuta costante
liberando glucosio dal glicogeno epatico (non può essere messo in circolo dal glicogeno muscolare)
4
Glicemia = tasso di zucchero nel sangue. Tale valore deve essere costante per il corretto funzionamento
dell’organismo e il suo valore nella norma è di circa 1gr/l di sangue.
5
Glicogeno = polimero del glucosio simile all’amido. È la forma condensata di deposito del glucosio
nell’organismo umano. Il glicogeno viene stivato nel fegato – glicogeno epatico (90-150 grammi) e nei muscoli –
glicogeno muscolare (300-500 grammi).
oppure ingerendo zucchero o altri carboidrati (fruttosio e maltodestrine) a immediato assorbimento
ma graduato in modo da evitare l’ipoglicemia di rimbalzo (vedi di seguito).
Mediante allenamento allo sforzo molto prolungato nel tempo (es. 100-120 minuti di corsa per un
atleta di alto livello), dove si svuotano quasi interamente i depositi di glicogeno sia epatico che
muscolare, e seguente dieta iperglucidica
(ricca di carboidrati sottoforma di zuccheri e
amidi) è possibile stimolare l’organismo ad
accumulare crescenti quantità di glicogeno
muscolare al fine di risparmiare quello
epatico (deputato a tenere costante la
glicemia) e di aumentare la resistenza nel
tempo allo sforzo. Con 3-5 allenamenti di
questo tipo (110-130% del tempo di gara), e
conseguente dieta, è possibile raggiungere
alti tassi di glicogeno nei muscoli sufficienti per
l’espletamento di una gara di lunga lena
(superiore ai 40 minuti per soggetto poco
allenato e ai 60-75 minuti per un atleta).
Esiste inoltre l’ipoglicemia di rimbalzo (o reattiva)
conseguente ad un picco iperglicemico dovuto a ingestione
di zuccheri. Tale picco porta ad una superproduzione di
insulina la quale induce tutte le cellule a prelevare
glucosio dal sangue e a consumarlo o stivarlo sotto forma
di glicogeno o grasso. Di conseguenza il tasso di glucosio
nel sangue cala altrettanto bruscamente di quanto è salito
in un primo momento. Questi sbalzi glicemici-insulinici
portano ad altrettanti sbalzi di efficienza nervosa e fisica
con fasi di eccitazione alternate a fasi di sonnolenza. La
dieta a zona stabilisce una suddivisione delle calorie da
introdurre più a favore delle proteine a svantaggio dei
carboidrati6 (soprattutto quelli ad alto potere
iperglicemizzante come pasta, pane, patate, carote,
saccarosio) in modo che la glicemia rimanga costante (in
“zona” appunto) e l’efficienza dell’organismo rimanga
invariata nel corso della giornata.
La suddivisione
calorica dei pasti nella dieta a zona è infatti di 40% di
carboidrati, 30% di proteine e 30% di grassi contro la
suddivisione della dieta classica di 55-60%, 15% e 3025% rispettivamente per carboidrati, proteine e grassi.
Un altro principio della dieta a zona è quello di
consumare 6 pasti giornalieri (3 principali – mattino,
mezzogiorno e sera - e tre spuntini – mezza mattina,
merenda e prima di coricarsi) che favorirebbero una
miglior stabilizzazione della glicemia.
Per indice glicemico (IG) di un alimento si intende la
capacità di un alimento di alzare la glicemia rapidamente. Più
è alto l’indice glicemico e più la glicemia sale rapidamente con
conseguente ipoglicemia di rimbalzo. Gli alimenti a più basso
indice glicemico sono quindi da considerarsi più sani e meno
predisponenti al diabete.
I glucidi complessi o polisaccaridi sono rappresentati da
amido e maltodestrine e si trovano soprattutto in riso, pasta,
pane, legumi. Essi sono dei polimeri degli zuccheri semplici. Essi
La presenza di proteine infatti rende l’assorbimento dei carboidrati più lento con conseguente minor
accelerazione della glicemia.
6
vengono assorbiti più lentamente (basso indice glicemico) e pertanto la loro energia si rende
disponibile in modo graduale. Nella tabella azzurra è riportato l’indice glicemico di alcuni alimenti
in rapporto all’IG del pane (100%).
Almeno il 45-50% delle calorie della dieta abituale di uno sportivo dovrebbe derivare dagli
carboidrati complessi.
La digestione dei carboidrati inizia nella bocca per opera della ptialina contenuta nella saliva
continua e si completa nell’intestino tenue ad opera
degli enzimi secreti da pancreas e dall’intestino stesso.
Durante la digestione gli amidi vengono scissi in
molecole più piccole sino a diventare monosaccaridi.
Vengono assorbiti in massima parte nell’intestino tenue
ad opera dei villi intestinali.
L’ossidazione di un grammo di glucosio (potere
calorico = calorie prodotte dall’ossidazione completa
di un grammo di substarto) produce 4 kcal.
Le fibre, che sono anch’esse carboidrati, hanno il vantaggio di non essere digeribili per l’uomo,
aumentando il senso di sazietà, e con il loro volume assolvono alla funzione di pulire l’intestino. I
residui della digestione infatti, se poco voluminosi, possono sostare per più tempo nell’intestino e
fermentando producono aerofagia, coliche, ulcere, tumori. La peristalsi intestinale permette infatti
l’avanzamento del cibo solo se questo ha un certo volume. Ecco dunque l’importanza di una dieta
che sia ricca di fibre alimentari (verdure crude, alimenti integrali, crusca, frutta con buccia7 ecc). Le
carni, i formaggi e le uova non contengono fibre.
7
Anche se gli alimenti integrali (con crusca) e la buccia della frutta aumenta la probabilità di introdurre pesticidi o altre
sostanze chimiche dannose (fertilizzanti).
Il diabete

Diabete mellito - le urine contenengono grandi quantità di zucchero; ne fanno parte:
 il diabete tipo I: insulinodipendente
 il diabete tipo II: non insulinodipendente

Diabete insipido - viene eliminata con le urine solo acqua, ma pochissimi soluti.
Il Diabete Mellito (DM) comprende un gruppo di disturbi metabolici comuni che portano a
persistente iperglicemia (elevati livelli di zucchero nel sangue). Sebbene il termine diabete si
riferisca nella pratica alla condizione di diabete mellito, esiste un'altra più rara condizione
denominata diabete insipido nella quale non è presente iperglicemia ma intensa diuresi, essendo
causata da patologie ormonali-ipofisarie.
Il DM costituisce una delle più frequenti cause di morte nel mondo occidentale, secondo l'OMS
almeno 171 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di DM. La prevalenza di DM a livello
globale è aumentata in maniera preoccupante negli ultimi vent'anni e si stima che questo trend non
subirà modificazioni nel prossimo futuro. La percentuale di popolazione mondiale affetta viene
stimata intorno al 5% (con una lieve maggiore prevalenza nel sesso femminile - m:f = 1:1,25); in
Italia la percentuale di individui affetti da tale patologia è mediamente del 3% (nelle fasce di età
inferiori ai 35 anni è dello 0,5%, al di sopra dei 65 supera il 10%).
La regolazione del tasso glicemico (glicemia), cioè del livello del glucosio nel sangue, avviene per
influenza di due ormoni: il glucagone e l’insulina, prodotti entrambi da cellule speciali (alfa e beta
rispettivamente) contenute in porzioni del pancreas (isole del Langerhans). Il glucagone ha come
organo bersaglio le cellule del fegato. L’azione del glucagone è quella di stimolare le cellule del
fegato a scindere il glicogeno epatico liberando glucosio nel sangue facendo così aumentare la
glicemia. L’insulina favorisce l’ingresso del glucosio in tutte (tranne quelle nervose) le cellule
dell’organismo e quindi ha la
funzione contraria del glucagone
permettendo l’abbassamento della
glicemia.
Il diabete è una malattia
conseguente
all’insufficiente
secrezione di insulina da parte del
pancreas. Il diabete è in gran
parte ereditario ma l’insorgenza
può essere evitata o ritardata
mediante uno stile alimentare
controllato
nell’assunzione
di
zuccheri (soprattutto saccarosiozucchero da cucina). Infatti una
dieta
iperglicemia
basata
soprattutto sull’ingestione di grandi
quantità di saccarosio può stressare le cellule beta del pancreas a tal punto da esaurirle
completamente e renderle incapaci di produrre insulina creando disfunzioni nell’organismo in quanto
il glucosio non è disponibile ad entrare nelle cellule e la glicemia aumenta (iperglicemia). L’eccesso
di glucosio nel sangue porta all’elevata eliminazione dello stesso nelle urine con consegnate elevata
minzione e perdita di acqua (il diabetico deve bere molto e va speso in bagno). Inoltre l’incapacità
di utilizzare il metabolismo degli zuccheri (in quanto questi non riescono ad entrare nelle cellule)
aumenta il metabolismo dei grassi e delle proteine. L’eccesso di grassi in circolo favorisce il deposito
del colesterolo nelle pareti dei vasi sanguigni con conseguente aterosclerosi8 (aumento della
probabilità di infarto, ictus, danni renali).
L’aumento del metabolismo delle proteine porta come conseguenza la scarsa disponibilità di queste
sostanze e siccome da esse dipende anche la sintesi anabolica proteica necessaria nei processi di
8
Aterosclerosi (o arteriosclerosi) = depositi di grasso (principalmente colesterolo) nelle arterie che crescendo
si induriscono e occludono le arterie. Possono staccarsi e andare in circolo (trombo), occludendo un vaso
(coronaria=>infarto, arterie cerebrali=>ictus): si ha trombosi.
riparazione dei tessuti danneggiati (tra cui il sistema immunitario), il diabetico è meno resistente alle
infezioni, ai traumi e altri tipi di stress fisici.
Il diabetico deve dunque essere trattato con iniezioni di insulina giornaliere al fine di compensare
una parte degli effetti negativi della incapacità di produrre tale ormone da parte del suo
organismo.
Può accadere che per svariati motivi il diabetico abbia un tasso di insulina nel sangue in eccesso (es.
somministrazione doppia per errore); la conseguenza è che la glicemia diminuisce (poiché l’insulina
favorisce il consumo di glucosio da parte delle cellule assorbendolo dal sangue) e il sistema nervoso
centrale subisca l’influenza della mancanza di glucosio nel sangue. Le cellule nervose infatti sono le
uniche cellule che non subiscono l’influenza dell’insulina per assorbire il glucosio. Mancando dell’unico
carburante che può utilizzare, il sistema nervoso centrale reagisce inizialmente con una
ipereccitabilità (nervosismo sino alle convulsioni) e poi con un rallentamento delle capacità volitive
(sonnolenza, sonno sino al coma); parallelamente la sudorazione diventa intensa e fredda. In questo
caso occorre somministrare immediatamente sostanze zuccherine e chiamare i famigliari o un medico
che gli somministreranno una iniezione di glucagone.
L’attività fisica non intensa nel diabetico favorisce l’ingresso del glucosio nelle cellule (muscolari
soprattutto) e quindi ha una azione positiva.
Le proteine
Le proteine sono le costituenti fondamentali delle nostre cellule e per questo si dice che hanno una
funzione strutturale o plastica.
Esse sono formate da piccole unità dette aminoacidi (almeno 50).
La struttura chimica generale di un aminoacido è la seguente:
Sono dunque composti da un radicale carbonioso (R) che li caratterizza singolarmente, da un
radicale acido organico (COOH) e da un radicale amminico (NH2). Tutte le proteine sono composte
da carbonio, idrogeno ossigeno e azoto e per alcune di esse zolfo e fosforo. La componente
azotata delle proteine viene eliminata con le urine.
Le proteine possono essere di tipo filamentoso o glomerulare a seconda di come si legano gli
aminoacidi che le compongono. Composte da catene con un numero variabile di aminoacidi, da 20
sino a 20.000, in una struttura unica geneticamente determinata dalle cellule che le producono,
vanno a costituire le proteine del corpo umano (albumina, globuline, anticorpi, proteine muscolari
come l’actina e la miosina, proteine ossee ecc).
Gli aminoacidi presenti nel corpo umano sono 22 ma di questi solo 8 (9 per taluni biologi) sono
considerati essenziali perchè l'organismo umano non è in grado di sintetizzarli (produrli) ma deve
prenderli dal cibo. Se uno di questi aminoacidi essenziali non viene assunto con l'alimentazione si
preclude automaticamente la formazione delle proteine o dei tessuti contenenti quel particolare
aminoacido. Le proteine che contengono tutti e 8 gli aminoacidi essenziali sono complete e vengono
definite ad alto valore biologico (o nobili).
Le proteine che si trovano nei prodotti animali come uova, latte o derivati, pesce, carne e salumi
sono proteine ad alto valore biologico. Le proteine vegetali, presenti ad esempio nei legumi e nei
cereali, hanno invece un valore biologico soltanto discreto perchè carenti di alcuni aminoacidi
essenziali. Però, consumati insieme, si completano a vicenda.
Dal momento che i muscoli sono formati prevalentemente da proteine, a volte gli atleti assumono
maggiori quantità di proteine per ottenere maggiore forza e massa muscolare. Per gli atleti,
dunque, l’apporto standard è di circa 1,7 grammi di proteine per chilogrammo corporeo al giorno,
ma il consumo di maggiori quantità non aumenta la forza o la potenza muscolare. In media il
ricambio proteico è di 1g/kg al giorno, quindi in un soggetto di 70 kg il fabbisogno proteico
giornaliero è di 70g (12-15 % della razione alimentare sino al 30% per altri biologi – es. dieta a
zona). Nell’atleta in crescita tale razione può aumentare sino a 1,5-2,2 g/kg/die.
Alcune proteine intervengono nelle reazioni cellulari (funzione regolatrice e metabolica) perché
costituiscono enzimi e vitamine. Alcuni aminoacidi sono i substrati di partenza per la formazione di
alcuni ormoni o altre sostanze fondamentali alla vita (es. glutamina per il sistema immunitario,
metionina per l’adrenalina, la carnosina per il tamponamento dell’acido lattico).
Per ogni grammo di proteine combusto si liberano 4 Kcal (potere calorico delle proteine = a quello
dei carboidrati).
La digestione delle proteine inizia nello stomaco per opera dell’acido cloridrico (HCl)9, un acido
molto forte che spezza i legami tra gli aminoacidi riducendo le dimensioni delle proteine (peptoni).
La digestione prosegue nel duodeno e nell’intestino tenue per opera di altri enzimi sino alla
completa scissione in aminoacidi. Assorbiti dall’intestino e filtrati dal fegato gli aminoacidi possono
essere riassemblati in proteine necessarie all’organismo e riversate nel sangue per poi essere
utilizzate dai vari tessuti, oppure trasformate in glucosio e poi eventualmente in grasso, togliendogli
il gruppo amminico che diventa ammoniaca e poi urea; questa riversata nel sangue viene filtrata dai
reni per trasformarsi in urina. Il metabolismo delle proteine dunque carica l’attività del rene per
l’eliminare la parte azotata di esse.
Gotta (o artrite urica): alterazione metabolica tipicamente associata a un alto tasso di acido urico
(iperuricemia) derivante da una dieta ricca di proteine (soprattutto animali). L'acido urico è una
sostanza chimica organica a carattere fortemente acido (C 5H4N4O3). Esso tende a formare dei
cristalli aghiformi che si accumulano nei reni, nelle articolazioni (molto tipico l'interessamento
dell'alluce) e nei tendini, producendo infiammazione, dolore, gonfiore.
Ruolo delle proteine e degli aminoacidi nell’attività fisica
L’attività fisica, soprattutto di forza e potenza, sollecita l’organismo ad aumentare la massa
muscolare. Anche negli sport di resistenza e durante l’allenamento duro il ricambio proteico viene ad
essere aumentato per una certa sollecitazione del tessuto muscolare. L’effetto di crescita e/o di
riparazione avviene dopo la sospensione dell’esercizio a patto che vi siano in circolo una adeguata
quantità di aminoacidi a catena ramificata (Leucina, Isoleucina e Valina) che sono gli aminoacidi
essenziali per la sintesi proteica della fibra muscolare. Essi vengono anche utilizzati a scopo
energetico quando nelle fasi finali di un esercizio di lunga durata vi è carenza di glicogeno
muscolare. Gli aminoacidi a catena ramificata vengono deamninati e il radicale rimanente bruciato
per produrre energia. Il gruppo amminico residuo viene invece utilizzato nel muscolo, attaccandolo
all’acido piruvico che si accumula (precursore dell’acido lattico), per creare l’aminoacido alanina;
l’alanina viene trasformata in glucosio dal fegato che viene rimesso in circolo per tenere alta la
glicemia ed essere utilizzato come carburante dai muscoli (ciclo alanina-glucosio). L’alanina serve
dunque da veicolo per allontanare l’amoniaca dal muscolo che sta bruciando proteine e
contemporaneamente per essere riciclata per formare glucosio nel fegato.
E’ difficile procurarsi una adeguata quantità di aminoacidi a catena ramificata (BC-complex) dalla
normale alimentazione in quanto essi sono scarsamente contenuti negli alimenti a meno che non si
introducano grandi quantità di alimenti stessi, ma ciò provocherebbe una apporto calorico elevato
con conseguente affaticamento digestivo e l’impossibilità di prevedere con precisione i tempi di
disponibilità.
9
La protezione delle pareti dello stomaco dall’azione dell’acido cloridrico avviene per azione della mucosa
basica prodotta dallo stomaco stesso. Se si interrompe la secrezione di muco basico si può avere l’ulcera gastrica perché
l’acido cloridrico corrode le pareti dello stomaco. Lo stress può provocare l’ulcera in quanto l’organismo in situazione
di pericolo (stress) ha una risposta adattivo-primitiva che consiste nel deviare il flusso sanguigno dal distretto digerente
ai muscoli che necessitano di ossigeno per la lotta o la fuga. L’interruzione del flusso sanguigno allo stomaco per lungo
tempo provoca la mancanza di secrezione di muco basico e quindi l’HCl, già prodotto prima, intacca lo stomaco.
I Grassi o lipidi
I grassi, o lipidi, sono tutte quelle sostanze organiche, di origine animale o vegetale, che non si
sciolgono nell'acqua e che non possono evaporare. La loro funzione principale è quella di fornire
energia all'organismo e di intervenire nei processi di costruzione dei tessuti cellulari (grassi
essenziali) e del tessuto adiposo (grasso di riserva). A parità di peso i grassi contengono più del
doppio dell'energia contenuta nelle proteine e nei carboidrati. Il loro potere calorico è infatti di 9
kcl/gr.
I grassi sono classificati in semplici, composti e derivati. Tra i grassi semplici quelli più diffusi in
natura sono i triglicedridi formati da un alcool (glicerolo) e tre molecole di acidi grassi. Tra i grassi
composti annoveriamo i fosfolipidi (fosforo + grassi), i glicolipidi (glucidi + grassi) e le lipoproteine
(grassi + proteine). Il grasso deriviato più noto è il colesterolo. Colesterolo e fosfolipidi sono
costituenti di primaria importanza delle membrane cellulari e intracellulari (nucleo, reticolo
endoplasmatico, mitocondri, lisomi ecc). Questi due grassi sono sintetizzati da tutte le cellule ma
soprattutto dal fegato e vengono trasportati nel sangue come lipoproteine (HDL – Hight density
lipoproteine e LDL – Low density lipoproteins in base al loro peso molecolare) giacchè non sono
solubili in acqua che costituisce il principale veicolo del sangue.
I grassi vengono divisi in saturi ed insaturi a seconda della loro composizione chimica. I grassi
insaturi hanno uno o più doppi legami tra atomi di carbonio mentre quelli saturi hanno solo legami
semplici nella struttura carboniosa. I grassi animali (burro, lardo,
strutto) contengono grassi prevalentemente saturi e hanno la
particolare caratteristica di essere solidi a temperatura
ambiente, mentre quelli vegetali (olio di oliva, di semi, etc)
presentano una maggioranza di grassi insaturi e a temperatura
ambiente appaiono liquidi. I prodotti animali quali uova, carni,
formaggi, salumi, contengono quantità di grasso che oscillano tra
il 10 e il 30%, mentre i pesci ne contengono quantità variabili
che vanno dal 5 al 15%. A quei prodotti che contengono elevate
quantità di colesterolo, cioè grassi animali (salumi, burro, carne
di maiale), va prestata attenzione, perchè favorisce la
formazione di depositi sulle pareti delle arterie con gravi rischi
per il sistema cardiocircolatorio (aterosclerosi). Il colesterolo
tuttavia non deve essere visto come un nemico assoluto in quanto
adempie a molte importanti funzioni dell'organismo tra le quali
ad esempio la sintesi di alcuni ormoni, della vitamina D, ecc.
I grassi hanno funzione quasi esclusivamente energetica, una volta assorbiti vengono scissi in acidi
grassi e glicerolo. Il glicerolo viene trasformato in glucosio dal fegato mentre gli acidi grassi
combusti per produrre energia (con 2 cicli metabolici in cascata beta-ossidazione + ciclo di Krebs).
Ad ogni ciclo della beta ossidazione (detta anche ciclo dell'acido grasso) l'acido grasso perde ogni
volta un carbonio, assorbendo ossigeno, producendo ATP e una molecola di acetil CoA che entra
nella via ultima ossidativa (ciclo di Krebs). L'acido grasso rimanente rientra nella beta ossidazione
perdendo un altro carbonio, producendo di nuovo ATP e AcetiCoA e così via fino a che l'acido
grasso viene interamente ridotto a CO2. Per questo motivo la totale ossidazione dei grassi, che non
porta alla formazione di acido lattico, è altamente energetica (9kcal/gr) ma per altri versi è
svantaggiosa perché richiede molto ossigeno e quindi impegna maggiormente il sistema
cardiocircolorespiratorio. Inoltre la digestione dei grassi impegna notevolmente l’apparato
digerente e il fegato.
Nei bambini (a volte anche negli adulti) una dieta ricca di grassi (ma anche nel digiuno per la
mobilizzazione delle riserve di grassi) porta ad un eccesso di formazione di acetil CoA che si
trasforma nel fegato in Acetone con sintomi quali forte nausea, vomito, dolori addominali, alitosi,
lingua biancastra e asciutta. Il rimedio immediato è la somministrazione di bevande zuccherine e che
favoriscono il consumo dei grassi (caffeina).
Gli acidi grassi se non metabolizzati vanno a depositarsi come trigliceridi nelle cellule adipose
(adipociti), formando una riserva calorica (adipe). Oltre a fungere da deposito i grassi corporei
(sottoforma di pannicoli adiposi) hanno anche funzione di protezione dal freddo costituendo un
isolante termico.
Gli acidi grassi si possono distinguere in:
-acidi grassi saturi, hanno un legame molecolare più solido e di difficile scissione nel processo
digestivo (sono contenuti principalmente nel burro, nel grasso di maiale, nella margarina, nell’olio di
semi di arachide);
-acidi grassi insaturi, hanno un legame chimico più debole e quindi sono più facili da digerire (sono
contenuti principalmente nell’olio di oliva, di mais, di soia e nell’olio di fegato di merluzzo).
I più importanti acidi grassi insaturi sono: l’acido oleico, l’acido linoleico, l’acido linolenico.
Con la denominazione di vitamina F vengono raggruppati due tipi di acidi grassi insaturi
essenziali, cioè quelli che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare e che, quindi, devono essere
necessariamente introdotti con gli alimenti: l'acido alfalinolenico (omega 3) e l'acido linoleico
(omega 6).
Gli omega 3 e omega 6 (otto in tutto) sono gli acidi grassi essenziali. Il numero dopo la parola
omega indica quanti atomi di carbonio ci sono a partire dall'ultimo atomo di carbonio (che è per
questo denominato carbonio omega, l'ultima lettera dell'alfabeto greco) fino ad arrivare al primo
doppio legame.
Gli effetti principali degli omega sono soprattutto legati alla protezione del cuore e del sistema
circolatorio.
l'introduzione degli omega 3 è opportuno consumare dalle 2 alle 3 porzioni settimanali
di pesce, la cui tipologia potrà variare tra le seguenti: sgombro, merluzzo, pesce spada, tonno,
trota, sardina e aringa. Altre fonti di omega 6 sono i cereali, le noci, i legumi e l'olio di lino. Per
quanto riguarda le tipologie di cottura più indicate, perché il pesce possa mantenere inalterate le
sue benefiche proprietà, le migliori sono sicuramente: al forno, in umido o alla griglia.
Per favorire
Il bisogno di acidi grassi essenziali nell’adulto non è molto elevato ed è facilmente soddisfatto da
una dieta variata, mentre i bambini necessitano particolarmente di acido linoleico per la crescita.
Tra le molte attività degli acidi grassi essenziali, quella più importante è il ruolo nella prevenzione
dell’aterosclerosi e della trombosi arteriosa: questo aspetto viene raggiunto tramite l’abbassamento
dei livello del colesterolo “cattivo” (LDL) nel sangue, riducendo così la possibilità che si depositi
sulle pareti arteriose.
I grassi sono indispensabili per alcune funzioni organiche, infatti oltre a essere veicoli delle vitamine
liposolubili (A, D, E, K, F), fanno parte di importantissime sostanze quali i fosfolipidi, i cerebrolipidi e
alcuni ormoni.
Il fabbisogno di grassi è di 1-1,5 gr/kgpeso/die pari al 25-30% della razione alimentare.
La digestione dei grassi avviene principalmente nell’intestino tenue per opera emulsionante
(separazione in piccole gocce) della bile (prodotta dal fegato e accumulata nella cistifellea) e delle
lipasi prodotte dal pancreas e dall’intestino.
Acqua
L'acqua è il componente principale degli organismi viventi, costituendone il 70% (in media) del peso,
ed è quindi un elemento dietetico indispensabile, la cui carenza produce effetti dannosi ancor più
rapidamente rispetto alla carenza alimentare. Si può infatti sopravvivere un mese circa senza
mangiare ma non più di una settimana senza bere.
L'acqua è assunta come bevanda di vario tipo (acque naturali, minerali, bibite dolcificate, succhi di
frutta) o come componente degli alimenti solidi, nei quali è contenuta in quantità più o meno
rilevante (nella frutta e negli ortaggi può raggiungere il 99%). Può essere bevuta dal diabetico
senza limitazioni. Un corteo di sintomi specifici, come l'avvertire una sente intensa ed urinare molto o
avere crisi di sudorazione, può rappresentare una manifestazione dovuta al diabete che deve
essere subito riferita al proprio medico.
Del 70% di acqua che costituisce il nostro corpo, il 50% (circa 30 lt) è nelle cellule e il 20% del peso
del corpo nel liquido interstiziale (tra le cellule – 13 lt) e il sangue (3,5 lt).
E’ contenuta principalmente:
-Vegetali(frutta e verdura) per il 90/99%
-Carne e uova per il 75% circa
-Pesce per l’80%
-Latte per il 90%
FUNZIONI:
-Plastica (è nel gel di cui è composto l’ambiente interno della cellula)
-Trasporto (sangue e secreti)
-Termoregolatrice (diffonde il calore col sangue a tutto il corpo, lo disperde portandolo alla
superficie, lo sottrae al corpo con evaporazione del sudore).
Il nostro organismo produce acqua mediante l’ossidazione degli zuccheri, dei grassi e delle proteine;
bisogna introdurre almeno 2 litri di acqua al giorno (350ml è l’acqua metabolica, 1/1,5 lt. quella
che viene introdotta bevendo e contenuta negli alimenti). È consigliabile bere poco e spesso
soprattutto lontano dei pasti. In tal modo la perdita temporanea di acqua per la produzione di
succhi gastrici durante la digestione non determina sete la quale indurrebbe l’abbeveramento che
diluisce i succhi gastrici allungando il processo digestivo stesso.
L’acqua viene poi espulsa attraverso:
-la cute con la sudorazione(600ml)
- le urine (1,5 lt), le feci(100ml)
- il respiro (CO2 + vapore acqueo)
BERE PRIMA, DURANTE E DOPO L’ATTIVITA’ FISICA
Prima di uno sforzo fisico di resistenza prolungato oltre i 30 minuti (20’ in caso di temperatura
ambiente elevata) è opportuno bere poco e spesso– ogni 15-20 minuti un bicchiere di acqua
semplice – 2/3 sorsate (evitando il gonfiamento dello stomaco che potrebbe indurre sensazioni
sgradevoli) anche se non si ha sete. La capacità di prestazione di resistenza sembra influenzata
infatti dal volume totale del sangue che è per la maggior parte costituito di acqua (70%). L’eccesso
di acqua comunque viene eliminato con la minzione.
Attenzione a non bere troppo durante il processo di digestione. La diluizione dei succhi gastrici
infatti rallenta la digestione stessa.
Durante l’attività fisica prolungata è bene bere altrettanto poco e spesso soprattutto se la
sudorazione è profusa a causa di un calore ambientale elevato (o se si è coperti troppo). Bevande
zuccherine e saliniche potranno introdurre anche queste sostanze che vengono rispettivamente
consumate dai muscoli e perse con la sudorazione durante l’attività fisica protratta per molto tempo
(sopra i 30-40 minuti). Attenzione però che le bevande zuccherine tendono a fermentare in bocca e
quindi a dare una sensazione di sete (in realtà di impastamento delle fauci) che stimola a bere
ancora oltre al dovuto. Si consiglia dunque dopo una bevuta di tali sostanze di sciacquarsi più volte
la bocca con della semplice acqua fresca.
La perdita di peso per abbondante sudorazione, favorita magari da un eccesso di copertura
vestiaria, magari di tipo non traspirante (es. Kway), è fittizia; il peso perso viene rapidamente
integrato con una sana e doverosa bevuta. Evitare di bere è dannoso in quanto l’acqua è un
nutriente immediatamente necessario all’organismo, più degli apporti calorici degli alimenti. Inoltre
la copertura con vestiti non traspiranti durante l’attività fisica, specie nei mesi estivi, è rischiosissima:
si può rischiare lo shock per ipertermia (colpo di calore). La sudorazione è necessaria per perdere
calore!!! E quindi necessario favorire l’evaporazione del sudore per rinfrescare l’organismo.
L’ipertermia è pericolosa per il sistema nervoso centrale! Bagnare spesso e frequentemente la testa
in caso di sforzo fisico in ambiente eccessivamente caldi.
Dopo l’attività fisica è necessario bere spesso, anche se non si ha sete, oltre per integrare
l’eventuale perdita di liquidi, anche per favorire la diuresi, che così stimolata (durante lo sforzo
viene interrotta) favorisce l’evacuazione di scorie metaboliche prodotte con lo sforzo (radicali acidi,
scorie azotate dovute a usura muscolare ecc.). Si consiglia anche di nutrirsi con cibi ricchi di acqua
quali: frutta, verdure crude, insalate, spremute, frullati, succhi, brodi e minestre. In questo modo oltre
a reintegrare acqua si reintegrano anche sali minerali.
L’acqua minerale gassata e le bibite gasate in genere apportano una certa quantità di carbonati
(che determinano l’effervescenza della stessa trasformandosi in anidride carbonica) che sono
fondamentali per mantenere l’equilibrio acido-base del sangue costante. Insieme all’acido
ortofosforico (contenuto nella coca-cola), i carbonati sono delle sostanze tampone che mantengono
costante il ph del sangue in caso di forte acidità come quando si produce uno sforzo intenso (con
produzione di acido lattico nel muscolo e nel sangue) o si mangiano troppi grassi e/o proteine (es.
acetone - chetosi). Oltre a favorire la digestione in caso di acidità di stomaco (eccesso di produzione
di acido cloridrico nello stomaco) i carbonati e l’acido ortofosforico consentono di ridurre più
rapidamente l’acidosi ematica dopo uno sforzo massimale e prolungato. L’emissione di anidride
carbonica connessa con l’ingestione di acqua minerale (o bevande gasate) però produce fastidiosi
fenomeni di aerofagia ed è quindi sconsigliabile l’uso quando ancora la respirazione e l’affanno
sono elevati. Dunque le bibite gasate sono sconsigliabili prima, durante e immediatamente dopo uno
sforzo fisico (tra cui anche il parlare in pubblico).
Sali minerali e oligoelementi
I sali minerali sono sostanze inorganiche, anch'esse elementi essenziali nella dieta nell'organismo
umano, nel quale svolgono importanti funzioni di controllo e di regolazione dell'attività cellulare.
Ricordiamo alcuni di essi, come :
-Macroelementi (grandi quantità) sodio, potassio, calcio, magnesio, fosforo, cloro,
-Microelementi o oligoelementi (piccole quantità) ferro, rame, fluoro, zinco, zolfo, iodio, selenio,
manganese, cromo, silicio, ecc. I sali minerali sono sostanze inorganiche che, pur rappresentando
complessivamente solo il 6,2% del peso corporeo, svolgono funzioni essenziali per la vita dell'uomo:
partecipano infatti ai processi cellulari come la formazione di denti e ossa (calcio, fosforo), sono
coinvolti nella regolazione dell'equilibrio idrosalino (sodio, potassio, cloro), nell’equilibrio acido-base
del sangue (fosforo, potassio, sodio, cloro), nell'attivazione di numerosi cicli metabolici (magnesio,
cromo, zinco, ferro, rame) e costituiscono fattori determinanti per la crescita e lo sviluppo di tessuti e
organi (es. iodio). A differenza di carboidrati, lipidi e proteine, i sali minerali non forniscono
direttamente energia, ma la loro presenza permette di realizzare proprio quelle reazioni che
liberano l'energia di cui abbiamo bisogno.
Gli esseri viventi non sono in grado di sintetizzare autonomamente alcun minerale: i sali vengono
assimilati attraverso l'acqua e gli alimenti, oppure sotto forma di condimento aggiunto al cibo, come
il sale da cucina. Ai fini di una dieta corretta, bisogna tener conto che la quantità di sali minerali
introdotta nel nostro organismo spesso non coincide con quella "biodisponibile", e cioè con la quota
che viene effettivamente assorbita e metabolizzata. Diversamente dalle vitamine, i sali minerali non
si alterano né si disperdono durante la cottura o il riscaldamento degli alimenti, anche se in parte
possono sciogliersi nell'acqua utilizzata per la cottura. Rispetto ad altre sostanze vitali (lipidi,
proteine e carboidrati in particolare), il fabbisogno giornaliero di sali minerali è minimo. Ma, dal
momento vengono continuamente eliminati con il sudore, le urine e le feci, devono essere assunti con
una corretta ed equilibrata alimentazione.
CALCIO: struttura ossa e denti, contrazione muscolare, trasmissione potenziale nervoso, coagulazione
sangue; contenuto in latte e formaggi.
FOSFORO: struttura ossa e denti, equilibrio acido-base del sangue, sintesi ATP; contenuto in latte,
formagi, pesce, cereali, legumi secchi.
SODIO (presente in maggior concentrazione all’esterno alla cellula): equilibrio idrico-salino della
cellula, equilibrio acido-base; contenuto in carni e vegetali; contenuto nel sale comune.
POTASSIO (presente in maggior concentrazione all’interno alla cellula): contrazione muscolare,
equilibrio acido-base e idrico-salino; questi ultimi due sali sono fondamentali per la vita cellulare; la
loro diversa concentrazione tra ambiente esterno e interno della cellula (ad opera della pompa
sodio-potassio), costituisce la differenza del potenziale elettrico che caratterizza l’essere in vita
della cellula stessa; contenuto in frutta, verdura, patate, pomodori, latte, legumi, cereali.
MAGNESIO: interviene nelle attività enzimatiche cellulari (in 300 enzimi), nella sintesi proteica, nella
diminuzione dell’eccitabilità muscolare (quindi contribuisce al rilassamento), regola la trasmissione
nervosa, interviene nella formazione della struttura ossea regolando l’assorbimento del calcio;
contenuto in cereali integrali, legumi, latte, carne, cacao/cioccolato, noci e mandorle, gamberi.
Gli oligoelementi sono dei particolari minerali fondamentali per il mantenimento dell'equilibrio
psicofisico di ogni individuo ma di cui si abbisogna solo in quantità molto piccole.
Pur essendo presenti nell'organismo in dosi di scarsissima quantità, svolgono un ruolo insostituibile:
attivano infatti tutta una serie di processi e di reazioni dell'organismo che consentono la vita e il
benessere; se invece non sono presenti (o lo sono in quantità insufficiente), queste reazioni o non
avvengono del tutto, o avvengono molto più lentamente o in modo scorretto. Questi oligoelementi
possono non partecipare attivamente alle reazioni stesse, ma la loro presenza è ugualmente
indispensabile. Funzionano in generale come catalizzatori: avviano e permettono il compimento
delle funzioni enzimatiche, che sono alla base delle funzioni cellulari. Senza i giusti minerali le
cellule non possono funzionare bene e l'organismo di conseguenza si trova in una condizione di
possibile malattia.
IODIO è alla base della formazione dello ormone tiroideo. È contenuto nel sale marino, nei crostacei
e molluschi, nel pesce e nel latte.
SILICIO, CROMO, MANGANESE, SELENIO, RAME sono alla base della produzione di alcuni enzimi
della catena respiratoria e del metabolismo energetico; contenuti in frutti di mare, fegato, legumi,
cereali, frutta.
FERRO: costituente negli enzimi catena respiratoria del metabolismo energetico, nell’emoglobina del
sangue.
- di origine vegetale (legumi e verdure a foglia verde) è meno assorbibile dal nostro apparato
digerente.
- di origine animale (carni rosse, cavallo, fegato e reni, uova) più assorbibile.
Ferro, EPO, emodoping
Il ferro è al centro della molecola di emoglobina contenta nei globuli rossi che è responsabile del
trasporto dell’ossigeno da parte del sangue. Siccome le prestazioni di resistenza sono condizionate
dalla disponibilità di ossigeno ai muscoli (più O2 nell’unità di tempo ai muscoli = maggior potenza di
produzione energetica del meccanismo aerobico-ciclo di Krebs), una maggior concentrazione di
emoglobina-globuli rossi del sangue comporta una maggior prestazione di resistenza.
L'ematocrito o PCV, è un esame del sangue che indica la percentuale del volume sanguigno
occupata dalla componente eritrocitaria (globuli rossi). Il suo valore normale si situa dal 37 al 48%
per le donne, mentre normalmente per il sesso maschile è più alto (42-52%). La percentuale restante
è occupata dalla frazione liquida, il plasma, i leucociti, anche detti globuli bianchi e le piastrine. Un
ematocrito alto significa un maggior trasporto di O2 da parte del sangue e quindi una maggior
capacità prestativa di resistenza.
Un ematocrito troppo elevato rende il sangue più denso aumentando enormemente la possibilità di
trombosi, infarto e ictus.
In alcuni sport, come il ciclismo, il regolamento impone un limite massimo al valore dell'ematocrito
degli atleti per tutelare la loro salute e per prevenire la pratica del doping. L'atleta il cui valore
supera il limite viene escluso dalla competizione a scopo cautelativo per limitare il rischio di ictus e
altri problemi di salute. Vengono inoltre effettuati accertamenti antidoping. Si ricerca infatti la
presenza di eritropoietina sintetica (eritropoietina ricombinante umana, rEPO o rHuEPO) nelle urine,
un analogo sintetico di un ormone fisiologicamente prodotto dall'organismo umano che spesso viene
utilizzato come farmaco in diverse patologie e come sostanza dopante, il quale aumenta il valore
dell'ematocrito.
Un altro sistema per aumentare l’ematocrito è l’autoemotrasfusione (emodoping) consistente nel
prelevarsi una porzione di sangue, conservarla e reiniettarla in circolo qualche giorno prima della
gara. Anche questa è una pratica vietata perché elevati sono i rischi per la salute (trombosi, infarto,
ictus).
Una pratica invece ammessa perché considerata naturale in quanto l’organismo mette in atto
reazioni limitate a prevenzione parziale della trombosi, è l’allenamento e soggiorno in altura. In
pratica l’atleta pernotta e soggiorna a quote elevate (es. 3000 mt) e si allena a quote superiori ai
2000mt (ma inferiori alla quota di soggiorno e pernottamento) per un periodo di tempo da 10gg a
2-3 settimane. La minor pressione atmosferica dell’altura determina una minor captazione dell’O2
da parte dei globuli rossi nella respirazione. L’organismo reagisce producendo una maggior
quantità di globuli rossi e una maggior concentrazione di emoglobina all’interno di ciascun eritrocita
aumentando dunque la capacità di prestazione di resistenza quando l’atleta ritorna a livello del
mare. L’effetto scompare dopo poche settimane di ritorno alle altitudini normali.
L’assorbimento del ferro è condizionato dalla presenza di vitamina C e dalla vitamina B12. Un
ottimo piatto per guarire dall’anemia (di cui gli atleti di resistenza soffrono spesso) è quello di
consumare carne cruda macinata o tagliata sottile (carpaccio) con limone senza mangiare alcunché
nel pasto. L’assorbimento del ferro infatti è disturbato da molti altri elementi tra cui la caffeina.
ZOLFO: costituente di tendini e cartilagini, funzione disintossicante; tutti gli alimenti ricchi di proteine,
ma soprattutto cipolle e uova. Acque termali sulfuree.
LITIO: lo ione litio è coinvolto negli equilibri elettrochimici delle cellule del sistema nervoso e viene
spesso prescritto come farmaco nelle terapie per il trattamento di sindromi maniaco-depressive.
L'intossicazione da sali di litio, è grave e più frequente nei pazienti con compromissione della
funzione renale. E’ utile per controllare le contratture muscolari (specie se associato al manganese) e
per migliorare il tono dell'umore. È contenuto in vegetali, carne e talune acque minerali.
Purtroppo il mondo attuale ha sempre più bisogno di oligoelementi come di integratori vitaminici, in
quanto gli attuali metodi di coltivazione e conservazione depauperano i prodotti alimentari di una
serie di sostanze minerali e vitaminiche fondamentali per il mantenimento della salute. L'efficacia
terapeutica di questi elementi è in alcune condizioni patologiche particolarmente significativa. Nel
trattamento del diabete, ad esempio, lo Zinco e il Cromo sono fondamentali per la regolazione del
metabolismo degli zuccheri. I minerali non posseggono una singola azione ma intervengono per
gruppi di funzioni (il cromo agisce per esempio facilitando l'azione dell'insulina e quindi
dell'utilizzazione degli zuccheri, ma anche riducendo i depositi di grasso nelle arterie), e nello stesso
modo su una singola funzione agiscono più minerali (per esempio sul sistema immunitario sono attivi
zinco, manganese, rame, calcio e litio).
Vitamine
Le vitamine sono sostanze a differente struttura chimica necessarie per la crescita, la salute ed il
benessere fisico. Hanno quindi una funzione regolatrice. L'organismo umano ne ha continuamente
bisogno in piccole quantità, che per lo più sono facilmente assumibili con un'adeguata alimentazione.
Senza le vitamine non potrebbero avvenire determinati processi nell'organismo. Esiste
nell'alimentazione attuale una certa carenza vitaminica nelle diete monopiatto senza verdure e
frutta, e pertanto diventa sempre più utile assumere sette, otto pasti di frutta e verdura cruda al
giorno.
Le vitamine vengono divise in due grandi categorie:
 liposolubili
 idrosolubili.
Le vitamine liposolubili - A, D, E, K - si chiamano così perchè sono presenti nella componente grassa
degli alimenti e possono essere a loro volta immagazzinate nel tessuto adiposo corporeo. Dal
momento che, a differenza delle vitamine idrosolubili, non possono essere eliminate con le urine, e
restano immagazzinate nell'organismo per lungo tempo, un loro eccesso può quindi provocare
intossicazione.
Le vitamine idrosolubili - C, H e quelle del gruppo B - vengono assorbite in presenza di acqua e
non possono essere conservate nell'organismo. Un loro eccesso viene smaltito con le urine e per tale
ragione devono essere introdotte ogni giorno con l'alimentazione. Molte vitamine, in particolare
alcune di quelle idrosolubili, si deteriorano con il calore: è opportuno pertanto consumare frutta e
ortaggi crudi e freschi per assicurare un apporto vitaminico adeguato. Gli integratori vitaminici sono
necessari solo in determinate condizioni fisiologiche (gravidanza, allattamento, alimentazione
abituale squilibrata, allenamento intensissimo) e in particolari condizioni patologiche.
Vitamine liposolubili
VITAMINA A (retinolo)
Svolge un'azione protettiva delle mucose e degli epiteti in genere, concorrendo a potenziarne il
valore di barriera alle infezioni. La vitamina A inoltre favorisce la crescita, favorendo lo sviluppo
scheletrico.
La vitamina A (o retinolo) può entrare nell'organismo sia come tale sia sotto forma di precursori (i
caroteni, ed in particolare il beta-carotene, detti anche Provitamina A). Il retinolo è contenuto
esclusivamente nei tessuti animali come fegato, burro e uova, mentre i caroteni sono di origine
vegetale ed hanno un'azione 6 volte meno efficace; vengono trasformati in retinolo a seconda del
fabbisogno dell'organismo. I caroteni sono contenuti nei vegetali gialli e verdi. La vitamina A
favorisce la formazione e il mantenimento della cute e delle mucose: è inoltre un componente dei
pigmenti visivi. Come manifestazioni carenziali si hanno alterazioni degli epiteli cutanei, che vanno
incontro a fenomeni di ipercheratinizzazione (pelle dura e spessa). Alterazioni del trofismo epiteliale
possono interessare anche gli epiteli dell'apparato respiratorio, digerente, renale e sessuale. Una
tipica manifestazione carenziale a carico dell'occhio è la xeroftalmia, caratterizzata da secchezza
dell'epitelio congiuntivale e corneale, opacamento della cornea ed atrofia delle ghiandole lacrimali.
Un sintomo iniziale di carenza è quello della diminuzione della "visibilità" in scarsità di luce. La
vitamina A è anche un fattore dell'accrescimento; se carente, si ha l'arresto dello sviluppo scheletrico.
Come alla vit. C e alla vit. E è un antiossidante cioè serve a combattere i radicali liberi responsabili
tra l’altro del nostro invecchiamento.
Radicali liberi e antiossidanti
I radicali liberi sono molecole o parti di molecole cariche negativamente che tendono a
legarsi a atomi di idrogeno da altre molecole, determinando reazioni chimiche dannose. La loro
azione negativa (descritta per la prima volta nel 1957 dal premio Nobel 1995 Hartman) si
esplica soprattutto sui grassi delle membrane cellulari e sulle proteine del nucleo (DNA). I
radicali liberi si formano sia nei processi energetici sia nei processi di difesa dell'organismo (i
globuli bianchi li usano per attaccare gli agenti patogeni). Inoltre il fumo, l'inquinamento, le
radiazioni, troppa insolazione sono altre fonti di radicali liberi.
Come agiscono? - Per comprendere la loro azione, occorre considerare che per controllare il
livello di radicali ossigeno (O2-), prodotti durante il normale metabolismo cellulare,
l'organismo usa un enzima (superossidodismutasi, SOD) che trasforma i radicali liberi in
perossido d'idrogeno (la normale acqua ossigenataH2O2) che produce notevoli danni cellulari
(non per niente l'acqua ossigenata è usata come disinfettante). In particolare, in presenza di
ferro (è anche per questo che un'abnorme assunzione di ferro per evitare un'ipotetica anemia
sideropenica è da sconsigliare), l'acqua ossigenata libera il radicale
ossidrile (OH-) che avvia reazioni dannose difficilmente controllabili. Per
controllare il livello di perossido, l'organismo usa un enzima (catalasi,
CAT) che consente la trasformazione del perossido in ossigeno e acqua. I
radicali ossigeno, ossidrile e il perossido sono quindi dannosi per le
strutture cellulari proteiche, lipidiche e per il DNA in quanto “ossidano” tali
molecole rubando loro elettroni.
Un’altra sostanza che contribuisce alla formazione di radicali liberi dell'O2 è l’omocisteina, un
aminoacido che si forma dalla metionina, aminoacido essenziale, che viene essere introdotto
con la dieta. L'omocisteina viene oggi considerata come uno dei più importanti fattori di rischio
cardiovascolare. L’omocisteina è dannosa per l'organismo perché si ritiene che possa causare
disfunzione all'endotelio vascolare e interferisce con la funzione vasodilatatrice e
antitrombotica dell'ossido nitrico (NO). Un alto tasso di omocisteina aumenta difatti di tre volte
il rischio di ictus o infarto cardiaco. Infatti i pazienti con alto tasso di omocisteina circolante
(>100 umol/litro) hanno una predisposizione per l'aterosclerosi.
Un suo aumento è determinato dalla carenza di vitamine del gruppo B (soprattutto acido folico,
ma anche vitamina B6 e Vitamina B12).
Come si controllano i radicali liberi? - Dalla scoperta dei loro effetti si sono moltiplicate le
sostanze antiradicali liberi, al punto che oggi è difficile dire cosa non combatte i radicali liberi.
Antiossidanti sono alcune vitamine (C, E, A/betacarotene), sostanze vegetali (polifenoli,
tocoferoli, bioflavonoidi, isopreni, pigmenti vari), micronutrienti (glutatione, selenio, Q10,
resveratrolo ecc.). In realtà, quantitativamente parlando, molte di queste sostanze hanno
efficacia minima, altre (come le tre vitamine) hanno un'efficacia dimostrata, ma limitata. Il
Dipartimento Americano dell'agricoltura ha quantificato la capacità di assorbire i radicali liberi
di vari alimenti (unità ORAC). Tra la frutta troviamo al primo posto le prugne nere (5440 unità
per 100 grammi), seguono uvetta, mirtilli, fragole, more, lamponi, uva nera, ciliegie; tra le
verdure al primo posto troviamo il cavolo (1770 unità per 100gr) seguite dalle melanzane,
spinaci, cavolini, barbabietole, cipolle, peperoni rossi. I polifenoli si trovano nelle fragole, nelle
cipolle, cavoli, meloni, agrumi; i tocoferoli si trovano negli oli, nelle foglie verdi; gli isopreni nei
peperoni, lattuga, albicocche, broccoli, spinaci. La frutta nera è la più dotata contro radicali
liberi, perché i suoi pigmenti (resveratrolo) proteggono i suoi componenti dalla ossidazione e
dalla luce.
Per capire come queste sostanze svolgano un'azione comunque limitata, si consideri che una
sigaretta produce 10 miliardi di radicali liberi. Poiché non si possono ingurgitare quantità
enormi di frutta e verdura è opportuno ricorrere a integratori alimentari (e attualmente anche
questi non proteggono che in parte). Recentemente sono state introdotte sostanze (SCS,
Synthetic Catalytic Scavengers, pulitori catalitici sintetici) che catalizzano la trasformazione
diretta di radicali ossigeno e di perossido d'ossigeno in ossigeno (non dannoso) e acqua. Se
verranno prodotti a costi accettabili e se gli esperimenti sugli animali verranno confermati
sull'uomo, sarà fatto un passo decisivo nella lotta ai radicali liberi.
Le malattie attribuite ai radicali liberi sono: IL CANCRO, L'INFARTO, L'ARTERIOSCLEROSI,
L'IPERTENSIONE, L'ICTUS, LA DEMENZA DI ALZHEIMER, IL MORBO DI PARKINSON, LA
CATARATTA, LA RETINITE PIGMENTOSA, L'ARTRITE, L'INVECCHIAMENTO.
Lo studio Seven Countries ha per esempio accertato che allo stesso tasso di colesterolo di 5,2
mmol/l tra i popoli del NORD EUROPA e i popoli del Mediterraneo, il tasso di mortalità per
infarto era di cinque volte maggiore a Nord; questa differenza è dovuta alla dieta dei popoli
mediterranei più ricca di frutta e verdura che contengono più vitamine, flavonoidi, polifenoli,
tocoferoli, isopreni, pigmenti vari.
Le sostanze antiossidanti
Vitamine - Sono il betacarotene (provitamina A, la vitamina A non ha potere antiossidante
come pubblicizzato in prodotti ACE), la vitamina C e la vitamina E.
Acido -lipoico - Attacca i radicali liberi in tutto il corpo e potenzia l'azione degli altri
antiossidanti.
Glutatione - È costituito da tre aminoacidi (cisteina, acido glutammico e glicina) ed entra nella
composizione di alcuni enzimi antiradicali liberi.
Coenzima Q10 - Essendo coinvolto nella catena respiratoria, funziona come antiossidante a
livello cellulare. Si deve notare che dopo i 35 anni diminuisce la capacità di produzione di Q 10.
Selenio - Entra nella struttura di diversi enzimi antiossidanti.
Resveratrolo – contenuto soprattutto nell’uva nera e nel vino (ecco perchè si dice che un
bicchiere di vino al giorno è salutare).
Polifenoli, tocoferoli, bioflavonoidi, isopreni, pigmenti vari contenuti in frutta, verdura e
ortaggi.
Ha senso un'integrazione per combattere i radicali liberi? Sono sensate soltanto le posizioni
estreme: o le sostanze assunte con la dieta sono sufficienti a fornire all'organismo gli agenti
antiossidanti o, se vi è carenza, questa non può essere coperta con le piccole dosi dei prodotti
che vengono commercializzati in Italia. Negli Stati Uniti esistono prodotti come il Mitotone che
costano circa un quinto dei prodotti italiani, pur contenendo tutti gli antiossidanti in quantità
cinque volte superiori; personalmente è fondato il sospetto che molti prodotti europei non
facciano altro che sfruttare una campagna medico-divulgativa senza effettivamente analizzare
il problema in un'ottica completamente scientifica. Le cose cambiano se si considera uno
sportivo poiché l'attività fisica intensa può aumentare la produzione di radicali liberi fino a
50 volte. Anche in questo caso alcuni autori sostengono che comunque il corpo è in grado di
difendersi da solo e giustificano questa posizione citando a esempio grandi campioni del
passato che non usavano integrazione vitaminica e la cui carriera è durata molto a lungo. È
anche vero che esistono studi in favore dell'integrazione con antiossidanti. Alcuni ricercatori
tedeschi hanno scoperto che un'integrazione di 400 mg di vitamina E e 500 mg di vitamina C al
giorno per il mese precedente la gara riduce le lesioni muscolari prodotte da una maratona (e
dagli allenamenti per arrivarci), consentendo migliori tempi di recupero. Somministrando 200
mg di vitamina E si è riscontrato che dopo tre settimane i livelli di pentano (una sostanza
correlata alla produzione di radicali liberi) si riducevano a un quarto dopo attività fisica molto
intensa, rispetto alla condizione di assenza d'integrazione.
L'evidenza dei benefici di una terapia con antiossidanti aumenta ogni giorno: uno studio
supportato dall'American Hearth Association ha coinvolto 90000 donne, seguite per due anni e
trattate con vitamina E, nei soggetti trattati si è notata una riduzione del 50% del rischio
coronarico. Oggi si pensa che se il blocco dei danni provocati dai radicali liberi fosse più
applicato e più conosciuto (fumo + educazione alimentare + educazione alla salute), si
avrebbe un calo della spesa sanitaria negli USA del 33% .
VITAMINA D (calciferolo)
Regola il bilancio di calcio dell'organismo aumentando il livello ematico attraverso un aumento
dell'assorbimento intestinale. La maggior quantità di calcio disponibile viene immagazzinata nel
tessuto osseo. La mancanza, in forma lieve, si evidenza con una diminuita concentrazione nel siero di
calcio e fosforo; in forme gravi si può arrivare al rachitismo, debolezza muscolare e deformazioni
delle ossa. In caso di assunzione esterna di vitamina D si consiglia di non superare il livello massimo
di 50 µg/giorno. È prodotta dalla pelle tramite esposizione alla luce solare.
È contenuta in uova, latte e derivati, fegato, tonno e salmone.
VITAMINA E (tocoferolo)
Influisce sulla stabilizzazione delle membrane cellulari e dei depositi di grasso. Inoltre ricopre un
ruolo importante nella biogenesi di alcuni organelli intracellulari . La vitamina E si trova in natura in
otto forme di cui la più importante è l'alfa-tocoferolo. L'assorbimento della vitamina E avviene a
livello dell'intestino tenue mediante un processo di diffusione passiva che richiede l'azione degli acidi
biliari. L'azione biologica della vitamina E è dovuta principalmente alle sue proprietà antiossidanti.
Le situazioni di carenza sono molto rare in quanto la maggior parte delle diete ne contengono
quantità adeguate. I sintomi di carenza si manifestano normalmente soltanto in individui con difetti
metabolici, individui che non riescono ad assorbirla. In caso di carenza prolungata si sviluppano
disturbi neurologici che possono coinvolgere il sistema centrale e periferico, la retina e i muscoli. Per
quanto riguarda la tossicità ad alti dosaggi, si è constatato che soltanto oltre 2000 mg/giorno
alcuni soggetti mostrano dei disturbi e soprattutto a livello intestinale.
È contenuta nei semi oleosi (noci), cereali integrali, fegato, uova, latte, vegetali a foglie verdi.
VITAMINA F (acidi grassi alfalinolenico 3 e linoleico 6 )
Con la denominazione di vitamina F vengono raggruppati due tipi di acidi grassi insaturi essenziali,
cioè quelli che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare e che, quindi, devono essere
necessariamente introdotti con gli alimenti: l'acido alfalinolenico (omega 3) e l'acido linoleico
(omega 6).
I grassi omega sono fondamentali, fra l'altro, per:






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

azione antiaggregante piastrinica (effetto antitrombotico), cioè ridurrebbero la possibile
formazione di coaguli nel sangue.
controllo del livello plasmatico dei lipidi, soprattutto dei trigliceridi.
controllo della pressione arteriosa , mantenendo fluide le membrane delle cellule, e danno
elasticità alle pareti arteriose.
la salute della membrana cellulare e di quella mitocondriale (per esempio aumento della
sintesi proteica dei mitocondri epatici e rigenerazione del parenchima epatico)
la sintesi dell'emoglobina, la coagulazione e la fragilità capillare
la funzione sessuale e la riproduzione; alcune patologie mammarie e alterazioni del ciclo
mestruale derivano da un'eccessiva assunzione di acidi saturi in rapporto agli omega
3/omega 6.
contro alcune patologie della pelle (eczema atopico e dermatiti)
una miglior tolleranza ai carboidrati nei diabetici
come precursori delle prostaglandine (sostanze ormonosimili che intervengono nelle
infiammazioni; sono vasodilatatrici, regolano la coagulazione, abbassano il colesterolo LDL,
aumentano il colesterolo HDL, svolgono azione antinfiammatoria).
Gli omega 3 sono contenuti soprattutto nei grassi del pesce (salmone, sgombri, acciughe ecc.) e
nell'olio di pesce. Da ricordare fra gli essenziali l'acido alfalinolenico (contenuto nelle noci e negli oli
di soia, di mais); l'acido eicosapentanoico (EPA) e l'acido docosaesanoico (DHA, fondamentale per
la composizione dei lipidi del cervello e dei fosfolipidi delle membrane sinaptiche implicate nella
trasmissione dell'impulso nervoso) sono invece non essenziali perché sintetizzati da altri acidi grassi .
Gli omega 6 sono contenuti soprattutto negli oli vegetali (oli di girasole e di mais che però non
devono essere cotti), ma anche in cibi proteici, nelle verdure e nei cereali. Da ricordare l'acido
linoleico (è contenuto in noci, cereali, olio di mais e di girasole, legumi); da esso deriva l'acido
gammalinolenico, GLA, utile nella riduzione del colesterolo, contro l'artrite reumatoide, la neuropatia
diabetica e l'eczema).
VITAMINA K (fillochinone)
La vitamina K ha azione antiemorragica, favorendo la produzione dei fattori di coagulazione da
parte del fegato. Con il termine di vitamina K viene indicato un numero elevato di sostanze naturali
e/o sintetiche contenenti la molecola 2-metil-1,4-naftochinone. Le principali vitamine presenti in
natura sono la K1, la forma prevalente nella dieta, e la K2 (menachinoni). La vitamina K1 è
sintetizzata dalle piante verdi mentre la vitamina K2 è sintetizzata da alcuni batteri intestinali. La
carenza di vitamina K non è frequente in quanto l'uomo, oltre a introdurla con gli alimenti, la
sintetizza nell'intestino a opera di batteri ivi presenti. Le principali cause di carenza sono da
imputarsi alla somministrazione di farmaci (sulfamidici, antibiotici) aventi la capacità di interferire
con i batteri intestinali e a un inadeguato assorbimento intestinale, come può verificarsi per assenza
di bile o in altre situazioni di cattivo assorbimento dei lipidi. La deficienza di vitamina K determina
una sindrome emorragica a cause dell'inadeguata sintesi dei fattori della coagulazione del sangue. I
segni clinici vanno da lievi ecchimosi a emorragie, anche fatali. I primi sintomi sono l'allungamento
dei tempi di coagulazione.
Vitamine idrosolubili
Hanno notevole importanza come fattori coenzimatici di molti sistemi indispensabili alla vita
dell'organismo. La loro idrosolubilità le rende facilmente assorbibili dall'intestino e sono, almeno in
parte, sintetizzate dalla flora batterica intestinale. L'eccesso di queste vitamine è normalmente
eliminato per gran parte con le urine. A differenza delle vitamine liposolubili, sono praticamente
"non immagazzinabili" nei vari organi e tessuti.
VITAMINA B1 (tiamina)
Ha un ruolo essenziale nel metabolismo dei carboidrati, intervenendo in decine di reazioni a catena
La deficienza di tiamina provoca dei disturbi nel metabolismo dei carboidrati. Deficienze croniche di
vitamina B1 portano alterazioni del sistema nervoso, del sistema cardiovascolare e dell'apparato
gastroenterico. In caso di apporto elevato, l'eccesso viene rapidamente escreto nelle urine. È
contenuta nel lievito di birra, legumi, cereali, funghi, carne di maiale.
VITAMINA B2 (riboflavina)
Viene assorbita nell'intestino tenue e trasportata nel fegato e in altri tessuti, dove si trasforma in
coenzima Flavinmono nucleotide (FMN) e Flavindinucleotide (FAD) intervenendo in reazioni di
ossidoriduzione importanti nel quadro metabolico energetico cellulare (ciclo di Krebs). La carenza di
Riboflavina, rara nel nostro Paese, determina un arresto della crescita, dermatiti, lesioni ai bordi
delle labbra e patologie oculari. L'eccesso di vitamina B2 viene eliminato con le urine. È presente in
carni, uova, latte e derivati, cereali, legumi, vegetai verdi, funghi.
VITAMINA B5 (acido pantotenico)
Serve alla formazione del coenzima A, sostanza di ingresso della via ultima ossidativa (ciclo di
Krebs) e quindi nelle vie metaboliche energetiche di carboidrati, proteine e grassi. Sintetizzata dalla
flora batterica intestinale e contenuta in carni, uova, fegato, vegetali verdi, cereali integrali, frutta e
lievito di birra.
VITAMINA B6 (piridossina)
Partecipa al metabolismo del glicogeno e degli acidi grassi insaturi, degli aminoacidi e di sostanze
azotate; interviene nell’eritropoiesi (formazione dei globuli rossi) e nel trofismo dei tessuti nervosi . Il
deficit di vitamina B6 è raro e può causare irritabilità, crampi muscolari e convulsioni.
L'ipervitaminosi determina una neuropatia sensoriale periferica. È contenuta nelle carni, vegetali,
cereali integrali, fegato, latte, patate, piselli e frutta (mele, pere, banane).
VITAMINA B12 (cobalamina)
E' necessaria soprattutto nella produzione di globuli rossi , di conseguenza il segno più evidente
della sua carenza è una forma di anemia. Interviene anche nel trofismo del tessuto nervoso. La
carenza di vitamina B12 è dovuta a uno scarso assorbimento legato a un deficit del fattore
intrinseco prodotto dallo stomaco, che si ha in presenza di lesioni gastriche, di condizioni congenite e
di anticorpi anti-fattore intrinseco nel succo gastrico. Il sintomo più importante è l'anemia macrocitica
megaloblastica. La carenza di vitamina B12 si può manifestare in caso di dieta vegetariana oppure
in situazioni di eccessivo consumo come l'allattamento o la gravidanza con rischio di gravi danni
neurologici del nascituro. La vitamina B12 viene immagazzinata dall'organismo e a livelli
d'ingestione superiori a 200 mg manifesta tossicità. È contenuta in carni (fegato), uova, latte e
derivati, pesci e molluschi.
ACIDO FOLICO
Agisce sul metabolismo di quasi tutte le reazioni in cui un singolo atomo di carbonio debba passare
da una molecola all'altra: interviene ad esempio nella sintesi del DNA, nel metabolismo degli
aminoacidi e nella riparazione dei cromosomi. Interviene anche nell’emopoiesi (produzione di
sangue). È presente in vegetali a foglia verde, nel lievito, fegato, nel germe di grano, uova,
legumi. È molto importante in gravidanza per evitare malformazioni al nascituro a tal punto che
solitamente ne viene prescritta dal medico la sua integrazione.
VITAMINA PP (niacina o nicotinamide)
Partecipa come coenzima alla catena respiratoria, e agisce inoltre da cofattore nell'ossidazione
degli acidi grassi ed in un gran numero di reazioni di ossidoriduzione con la funzione di cedere o
acquistare ioni idrogeno. La dieta con insufficiente apporto di niacina porta nel tempo all'insorgere
di una malattia chiamata "pellagra" che si manifesta con dermatite generalizzata, manifestazioni
neurologiche (demenza) e dell'apparato digerente (diarree). Un'eventuale ipervitaminosi (maggiore
di 500 mg/giorno) provoca danni epatici, vasodilatazione con conseguente ipotensione, irritazioni
cutanee. I cibi che la contengono sono: fegato, carni magre, cereali, legumi, latte e pesce.
VITAMINA C (acido ascorbico)
E’ la vitamina che abbiamo bisogno in maggiore quantità rispetto alle altre. Impedisce l'ossidazione
dei tessuti corporei bloccando i radicali liberi dell'ossigeno. E' inoltre fondamentale nella formazione
dei tessuti connettivi (collageni: tendini, cartilagini), delle ossa, dei denti, di adrenalina e
nell’assorbimento del ferro; regola la resistenza e la permeabilità dei capillari. Interviene nei
processi di difesa cellulare inattivando i radicali liberi dell'ossigeno favorendo l'azione
antiradicalica della vitamina E. Favorisce l'assorbimento intestinale del ferro. La vitamina C, presente
nell'adulto in quantità di circa 1500 mg., è assorbita nella mucosa dello stomaco e dell'intestino. La
carenza di vitamina C, praticamente inesistente nei paesi industrializzati, quando è in forma grave
determina lo "scorbuto", quadro morboso caratterizzato da fragilità capillare diffusa con possibilità
di emorragie. Un livello plasmatico ottimale di vitamina C garantisce una buona protezione dell'
organismo contro gli attacchi ossidativi. In caso di ipervitaminosi si hanno disturbi a livello
gastrointestinale dovuti alla sua acidità. È presente negli agrumi, nella frutta (fragole, kiwi, ciliegie) e negli
ortaggi (pomodori, peperoni)
VITAMINA H (biotina)
Sintetizzata dalla flora batterica intestinale ma anche contenuta in legumi, vegetali, carni, fegato e uova; è un
coenzima della sintesi dei grassi, delle proteine e del glicogeno.
I Gruppi alimentari
Ben pochi alimenti sono costituiti da un solo gruppo di nutriente. Generalmente in essi sono presenti più
nutrienti. Per tale ragione gli alimenti sono stati suddivisi in sette gruppi, ciascuno con caratteristiche diverse.
 Gruppo 1 carni, pesci, uova e derivati (anche frattaglie, molluschi, crostacei, salumi); sono
alimenti ricchi di proteine nobili e quindi svolgono una funzione plastica ma anche regolatrice in
quanto contengono minerali quali ferro, rame, zinco, iodio e vitamine del gruppo B.
 Gruppo 2 latte e derivati (formaggi, yogurt, latticini); alimenti ricchi di proteine e grassi animali
svolgono funzione plastica e energetica. Forniscono dunque proteine nobili, vitamine liposolubili (D),
e calcio.
 Gruppo 3 cerali e tuberi (farine, pasta, pane, riso, mais, patate, biscotti, grissini, crackers ecc)
ricchi di carboidrati, alcuni aminoacidi (ma non tutti gli essenziali) e quindi hanno funzione
principalmente energetica e in parte plastica (ma devono essere integrati con i legumi per poter
fornire tutti gli aminoacidi essenziali in una dieta vegetariana). Se consumati integrali forniscono
anche fibre e vitamine del gruppo B.
 Gruppo 4 legumi (fagioli, piselli, ceci, lenticchie, soia, fave, lupini) alimenti ricchi di aminoacidi (ma
non tutti gli essenziali) e quindi hanno funzione principalmente energetica e in parte plastica (ma
devono essere integrati con i cereali per poter fornire tutti gli aminoacidi essenziali in una dieta
vegetariana). Forniscono anche fibre (gomme), minerali (ferro, rame, calcio) e alcune vitamine del
gruppo B.
 Gruppo 5 grassi vegetali (olio d’oliva, di mais, di arachidi, girasole, soia) e animali (burro, strutto,
lardo, panna); hanno prevalentemente funzione energetica e veicolano vitamine liposolubili (A,D ed
E).
 Gruppo 6 ortaggi e frutta ricchi di sali minerali e provitamina A (carote, zucche, spinaci,
albicocche, melone, cachi, ecc); hanno funzione energetica e regolatrice contenendo parecchi
carboidrati (fruttosio), acqua, caroteni, fibre, e sali minerali.
 Gruppo 7 ortaggi e frutta ricchi di Sali minerali e vitamina C (pomodori, peperoni, agrumi,
ananas, kiwi, fragole, ciliegie, lamponi, mirtilli ecc). Forniscono vitamina C (unica vitamina che
rispetto alle altre ne abbisogniamo in grandi quantità giornaliere), sali minerali, acqua, fibre, e in
parte zuccheri (frutta).
In termini generali una alimentazione ricca di cibi animali favorisce le malattie cardiovascolari, tumorali e
l’invecchiamento; una alimentazione ricca di vegetali (frutta, verdura e ortaggi specie se crudi) le contrasta.
La dieta mediterranea (in particolar modo quella italiana) vs. quella delle cucine centrali e nordiche (ricche
di carni grasse), è considerata tra le migliori perché ricca di verdure, ortaggi (fibre, vitamine, antiossidanti),
frutta (vitamina C, antiossidanti), olio d’oliva e pesce (grassi omega 3 e 6) e cioè alimenti che contengono
sostanze antinvecchiamento, antitumorali e che prevengono malattie cardiovascolari. Per contro la dieta
mediterranea è ipercalorica per il suo alto contenuto di carboidrati (pasta, pane, riso, dolci) e di intingoli
(condimenti grassi).
Flora batterica, Probiotici, Prebiotici, Simbiotici
Il nostro apparato digerente ospita miliardi di microrganismi (circa 500 specie batteriche) che formano la
cosiddetta flora intestinale localizzata soprattutto nel colon. Si forma dalla nascita e si completa nel giro di
pochi giorni e nei primi anni di vita raggiunge la sua massima concentrazione. Tale flora funge da filtro delle
impurità assunte con il cibo e quindi costituisce parte del nostro sistema immunitario. Inoltre la flora batterica
produce anche le vitamine B5, H e K2. La flora batterica si può ridurre a causa di trattamenti antibioticie e
con sulfamidici.
I probiotici sono batteri “buoni” capaci di passare indenni dalla forte acidità dello stomaco e arrivati
all’intestino contribuiscono all’equilibrio della flora batterica. I probiotici sono contenuti in dosi differenti sia in
alcuni alimenti (latti fermentati e/o yogurt arrichiti) sia in prodotti farmaceutici (riequilibratori intestinali).
Prebiotici. Sono fibre alimentari solubili che si trovano soprattutto nella frutta e nella verdura. Le più
importanti sono i cosiddetti frutto-oligo-saccaridi (FOS). Queste fibre non vengono digerite durante il transito
nell’intestino e, giunte al colon, stimolano lo sviluppo e la crescita dei batteri della flora intestinale fungendo
da loro nutrimento.
Simbiotici. Sono chiamati simbiotici i prodotti nei quali coesistono sia microrganismi probiotici sia composti
prebiotici.
Le bevande nervine (Energy Drink)
Le bevande nervine (Caffè, Red Bull, Coca-cola etc) sono un gruppo di bevande analcoliche caratterizzate
da una specifica attività sul sistema nervoso centrale. Fanno parte di questo gruppo il caffè, il tè, la
cioccolata e gli infusi assimilabili come quelli del guaranà o dell'erba Mate, che sono accomunati dall'avere
un effetto stimolante ed energizzante sull'organismo.
Tale effetto è dovuta alla presenza degli alcaloidi quali caffeina (detta anche teina), taurina, teofillina e
teobromina; per questa ragione alcuni ritengono di dover aggiungere alle bevande nervine quelle bibite
analcoliche che contengono rilevanti quantità di queste xantine, come la cola o i più recenti Energy Drink. Il
mercato di tali bevande ha avuto un'improvvisa impennata, grazie soprattutto a strategie di marketing
precise: l'uso di nomi e packaging accattivanti, sponsorizzazioni di eventi e pubblicità attraverso i canali più
disparati, destinate ad un pubblico giovane ed ai loro interessi, come sport, musica, vita notturna per
prolungare lo stato di eccitazione in modo esogeno.
La pericolosità dell'abuso di queste bevande è testimoniata dalla presenza di effetti collaterali tra cui
insonnia, ansia ed agitazione, tachicardia, spasmi intestinali e dallo sviluppo di fenomeni di tolleranza con
progressiva riduzione della risposta dell'organismo alla somministrazione, e di dipendenza con emicrania,
incapacità di concentrazione e depressione alla cessazione.
Ha contribuito alla stesura di questa dispensa: Marika Sanneris 5AL a.s. 2005/06