La Posturologia

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POSTUROLOGIA E POSTURA: TERMINI SEMPRE PIÙ FREQUENTI.
MA COSA SIGNIFICANO ESATTAMENTE?
Si parla sempre più spesso di Posturologia, per questo ritengo opportuno fare il quadro
dell’argomento ed aggiornarlo allo stato attuale.
Se vogliamo partire da una prima definizione, possiamo dire che la Postura è il nostro
modo di relazionarci con il mondo. È l’armatura muscolare che ci sostiene e ci
accompagna durante ogni movimento e coinvolge direttamente i meccanismi
psicoemozionali: chi siamo, cosa facciamo, ma soprattutto come viviamo ogni evento, sia
esso interno che esterno. In sintesi, è il frutto stesso dell’esperienza e si struttura durante
l’intera esistenza dell’individuo.
Da un bagaglio genetico proprio della specie (che possiamo definire come Costante
Posturale Umana) parte, infatti, un adattamento continuo, individuale, che si modella sulle
esigenze, sulle strategie, sulle necessità del singolo: ognuno di noi è un modello unico e
irripetibile.
Gli adattamenti che si attuano all’interno di questa strutturazione, sono modulati da
fenomeni esterni (informazione ambientale, contesti socio-culturali) e da fenomeni interni
(elaborazione dell’informazione, processi cognitivi, processi emozionali, traumi e
patologie).
Il Tono Muscolare di Base del nostro corpo si articola di continuo su queste variabili, per
rispondere in tempo reale alle richieste indotte dal contesto spazio-tempo circostante: tutto
questo al fine di renderci coerenti nell’interazione con il macrocosmo (mondo circostante)
e il microcosmo (fisio-patologia). La modulazione inizia con l’inizio stesso della vita e
cessa soltanto al cessare della vita dell’individuo.
Senza il controllo posturale non staremmo in piedi sfidando la forza di gravità, né ci
potremmo muovere: il movimento, infatti, risulta da una sequenza continua di posture
successive. In questo gioco fra statica e dinamica interagenti, sottostiamo
incessantemente alle leggi essenziali di equilibrio, economia e confort (quest’ultimo
inteso come fuga dal dolore).
Per soddisfare la prima condizione, l’equilibrio, in caso di necessità ci torciamo (ci
adattiamo) e consumiamo più energia, pur di sfuggire al disagio. Subito dopo, quando il
sistema non ha più disponibilità e non può adattarsi ulteriormente, perdiamo il confort e
compare il dolore. Nei casi estremi, quando anche l’equilibrio fino ad allora preservato
viene messo in gioco, ci muoviamo manifestando un’evidente incertezza gestuale ed ogni
normale attività diventa uno scoglio insormontabile.
Tutto questo meccanismo adattativo è continuo, eppure non ce ne rendiamo conto, sfugge
alle nostre percezioni: il controllo posturale, infatti, è automatico, involontario, non
cosciente. Possiamo soltanto percepire il disagio e le sue eventuali manifestazioni,
quando il sistema non è più nel suo rapporto omeostatico ideale; sono le strutture
muscolari, articolari e legamentose che, sollecitate nel tempo in maniera non fisiologica,
danno segno di sé generando i messaggi di allarme: l’aumento della faticabilità e il dolore.
È così che si arriva lentamente ai disturbi ad andamento cronico che affliggono la
stragrande maggioranza della popolazione: i mal di testa; i dolori della colonna cervicale;
le sindromi vertiginose; le nevralgie del collo e del braccio; i dolori scapolari; alcune
alterazioni strutturali della colonna vertebrale; i dolori della colonna dorsale o lombare; i
dolori inguinali; le sciatalgie; le ernie discali; l’artrosi dell’anca e del ginocchio; i dolori delle
rotule; i crampi; le tendiniti; i dolori dei piedi e le loro conseguenti deformità; e tanti altri...
Per meglio capire: tutti i disturbi sopra elencati spesso sono la manifestazione esteriore di
un unico problema sottostante, che è l’alterazione del tono muscolare di base
dell’individuo.
Naturalmente non si deve commettere l’errore di generalizzare: è sempre bene capire in
prima istanza se la sintomatologia sia legata ad un problema acuto (e quindi non
posturale), oppure davvero la risultante di uno stress strutturale protratto nel tempo.
Saranno gli accertamenti clinici ad escludere la patologia focale acuta: qualora questi
siano negativi, possiamo a buon titolo pensare che la sintomatologia sia il frutto di
scompensi secondari a richieste anomale di lavoro muscolare.
Secondo uno studio pubblicato nel 2004 dal dr. B. Bricot, infatti, il dolore cronico, che
esula quindi da patologie focali, poggia su un disequilibrio posturale.
Se guardiamo le statistiche, il 90% della popolazione soffre o ha sofferto di questo tipo di
problematica. È una percentuale altissima, troppo spesso ignorata: molte volte, infatti, la
sintomatologia viene affrontata dalle diverse specialistiche sotto un’ottica ‘a cassetti’,
distrettuale, spesso in difetto di comunicazione le une con le altre, con risultati parziali e
molte volte soltanto transitori.
L’invito di chi si occupa di Posturologia è rivolto proprio ai colleghi delle diverse
specialistiche: là dove le normali procedure d’intervento falliscono in parte o del tutto, può
essere opportuno affrontare la situazione secondo una visione diversa, allargata e ‘olistica’
(ossia globale) e valutare se, nei casi presi in esame, sia presente quel substrato comune
alla sintomatologia polidistrettuale, che è lo scompenso di tipo posturale, quindi
muscolare. Perché così affrontato, il problema è senz’altro meglio risolvibile.
È la collaborazione transdisciplinare, infatti, che porta a risultati più soddisfacenti e stabili
nel tempo e l’operatore Posturoconsapevole può, a ragione, essere la base di
coordinamento.
L’operatore Posturoconsapevole è quello specialista che ha affrontato un percorso
formativo che lo ha portato ad essere consapevole di quelli che sono i problemi
posturali e di come affrontarli, nel rispetto della materia e dell’individuo. Sono figure
spesso molto diverse tra di loro, ma che hanno un obiettivo comune, la salute e il
benessere dell’uomo: Laureati in Scienze Motorie o in Scienze Riabilitative,
Optometristi, Odontoiatri e Ortodontisti, Psicologi, Ortopedici e Fisiatri, Medici di
base e così via (se qualche categoria non è stata citata, mi si perdoni l’involontaria
omissione).
A questo punto sorge spontanea una domanda: lo squilibrio posturale è una patologia?
No, è la risposta adattata di un sistema che non ha più risorse per fornire ulteriori risposte
adeguate alle richieste: come tale, approcciato secondo la visione globale e
multidisciplinare proposta dagli operatori Posturoconsapevoli, può essere evidenziato,
curato e guarisce.
Quali sono, allora, le cose da fare? Per gli addetti ai lavori la risposta è semplice: il primo
passo è analizzare ciò che sta avvenendo in quel momento, in quel singolo sistema uomo,
in quella specifica situazione adattata, per capirlo ed inquadrarlo mettendo in sequenza gli
eventi perturbanti con le manifestazioni sintomatiche.
Si parte infatti dall’Esame Posturale, sostanzialmente clinico, col quale l’operatore
Posturoconsapevole indaga come il corpo del soggetto si sia adeguato modificando le
proprie risposte e torcendosi per farlo. Vengono rilevati gli squilibri esistenti, vale a dire se
vi siano alterazioni dei segmenti corporei nelle tre direzioni dello spazio: l’allineamento e le
rotazioni della colonna, delle spalle e del bacino; l’asimmetria in altezza degli arti;
l’asimmetria o la disarmonia dell’appoggio dei piedi a terra, sia nella componente statica
che nella componente dinamica del passo.
Subito dopo viene analizzata la coerenza del lavoro muscolare: se vi sia simmetria e
armonia nei movimenti di rotazione del capo, nei movimenti oculari e in quelli mandibolari;
se l’attività della lingua durante la deglutizione sia più o meno corretta; se la marcia nelle
sue componenti sia ben coordinata, sia ad occhi aperti che ad occhi chiusi.
Un ricco repertorio di test permette di scendere nel dettaglio dell’Analisi Recettoriale.
Vale a dire che viene esplorata la qualità del lavoro svolto da quelle strutture che ci
mettono in relazione col mondo esterno: gli occhi, i piedi, la bocca, il labirinto (l’orecchio
interno), la pelle (anch’essa, in realtà, è un recettore estremamente importante, in specie
se presenta cicatrici chirurgiche con retrazione dei tessuti).
Ogni riscontro che mostri l’uscita di quel sistema dai parametri ideali di armonia nel
movimento muscolare, trova la sua chiave di lettura e la spiegazione in un complesso
quadro di correlazioni e contraddizioni: sono queste che, agli occhi dell’esperto, danno le
indicazioni utili per l’intervento che dovrà poi mettere in atto.
Ricordiamo che nessun aspetto preso singolarmente porta ad una diagnosi, bensì è
l’osservazione generale che conduce alla corretta Valutazione Funzionale: il lavoro
posturale non è sulla patologia, bensì sul concerto muscolare, nell’ambito della fisiologia.
Ecco perché è importante che prima sia stata fatta l’esclusione di patologie acute da parte
degli specialisti dei vari settori.
L’operatore posturoconsapevole è ricco di visione globale: sa bene che nessun organo,
nessuna funzione del nostro corpo lavora isolato, bensì è integrato costantemente in un
meccanismo cibernetico, dove la risultante finale è l’interazione con l’ambiente.
Per fare un esempio che valga per tutti, ma che non è senz’altro sufficiente a mostrare la
complessità di questo evento, ricordiamo, infatti, che una minima asimmetria di tono nei
muscoli che muovono i nostri occhi si riverbera sulle strutture sottostanti, fino a proiettarsi
a terra generando un appoggio asimmetrico dei piedi al suolo, che è la risultante finale
della rotazione del corpo nello spazio. Non possiamo quindi esaminare quei piedi senza
prendere in considerazione tutto quello che vi sta sopra, perché quei piedi, nella loro
meccanica finale, sono il risultato degli adattamenti sovrastanti.
Quante volte, infatti, ci troviamo ad osservare un difetto di appoggio podalico che si riduce,
se invitiamo semplicemente il soggetto a chiudere gli occhi. È vera anche la lettura in
direzione contraria: un appoggio asimmetrico dei piedi a terra può portare, con un
meccanismo ascendente, a un difetto di convergenza oculare, in una concatenazione di
eventi bidirezionale.
Tutto questo può sembrare complicato, ancora di più se ci chiediamo cosa c’è dietro, quali
sono le vie neurofisiologiche attraverso le quali questi meccanismi si attuano, quali sono le
strutture centrali (corticali o sottocorticali) che guidano l’elaborazione esperienziale e,
infine, quale importanza ha in tutto questo la memoria adattativa (o storica) dell’individuo.
Ricordiamo, infatti, che qualsiasi modifica nel sistema che si protrae per un tempo
sufficientemente lungo (10 mesi circa, ma è un valore orientativo) genera un Engramma,
ossia un codice automatico, sul quale il sistema si adatta in modo permanente: vale a dire
che, in assenza di eventi esterni, non può essere cancellato o corretto.
Questa memoria è quindi frutto di un adattamento neurologico centrale, che coinvolge
complesse strutture sottocorticali, che sull’informazione ingrammata si modellano.
Anche la struttura muscolo fasciale ha una sua memoria adattativa: il connettivo, che
forma l’impalcatura di sostegno, dal rivestimento cellulare, al perimisio (membrana che
avvolge il muscolo), al periostio (membrana che avvolge l’osso), coinvolgendo tutte le altre
fasce e membrane dell’organismo, si accorcia nel tempo per meglio rispondere alle
richieste modificate.
Se non interveniamo per ripristinare la condizione normale, tutte queste memorie
(neurologiche e quindi centrali, di struttura e quindi periferiche) impediranno al corpo il
ritorno all’equilibrio armonioso, anzi, all’opposto, lo guideranno costantemente verso la
situazione precedente, ben nota, consolidata, strutturata.
Pensiamo, per esempio, che studi condotti da Geoffrey M. J. hanno evidenziato che il
piede ha una sua memoria propria, che dura addirittura quattro volte il tempo della
stimolazione: vale a dire che se un piede ha lavorato in modo alterato per 10 anni, ne
conserva il ricordo per 40 anni e, per tutto quel periodo, tenterà in tutti i modi di tornare alla
sua condizione adattata, che così bene conosceva.
Quindi cosa deve fare l’operatore Posturoconsapevole per riportare la situazione alla
normalità, vale a dire all’equilibrio preesistente? L’esame posturale ha favorito
l’inquadramento del problema, ma questo è soltanto l’inizio: subito dopo l’operatore dovrà
eliminare gli ostacoli (esempio: i blocchi osteopatici, cicatriziali, emozionali ecc.);
scardinare le memorie adattative (centrali o neurologiche, strutturali o fasciali);
informare il sistema in modo corretto (esercizi e strategie specifici per i vari recettori
coinvolti nella genesi dello squilibrio); sorvegliare l’evoluzione nel tempo.
Sarà il corpo a riparare se stesso, se verrà mantenuto nella condizione ideale (assenza di
tensioni muscolari anomale, corretta informazione recettoriale) per un tempo
sufficientemente lungo a generare il nuovo engramma (programma automatico centrale):
vale a dire circa 10 mesi (sempre valore orientativo).
Le metodiche di lavoro sono diverse, tutte raggiungono il risultato in tempi simili, ma tutte
si differenziano per approccio e operatività: in particolare è preferibile optare per un profilo
minimalista e il meno invasivo possibile.
Il panorama terapeutico è vario e spesso risente dell’influenza formativa dello specialista
che applica la metodica. Ma i requisiti debbono essere gli stessi: la nuova informazione
dovrà essere mantenuta per il tempo fisiologico a strutturare il nuovo adattamento, come
già prima abbiamo avuto occasione di dire.
Alcune metodiche, nello specifico, richiedono un impegno molto ridotto: a volte sono
sufficienti 7-10 incontri nell’arco di un anno e questo facilita anche l’aspetto economico.
Arriviamo così alla domanda finale: chi è lo specialista Posturoconsapevole? E come
posso trovarlo, con la garanzia che sia un professionista serio?
A questo scopo l’Associazione Nazionale di Posturologia Integrata si sta impegnando
al fine di diventare referente per gli utenti che necessitano di questo tipo di interventi e
offre, sul suo sito, una mappa dei professionisti che hanno conseguito almeno un Master
Universitario in Posturologia: è una prima garanzia.
Invitiamo i medici di base e gli specialisti ad allargare le loro conoscenze e i loro contatti
con queste ed altre associazioni, al fine di porsi come filtri per i loro pazienti e garantire
una più alta qualità d’operato.
Senz’altro, per la vastità dell’argomento trattato, questa presentazione risulterà incompleta
e parziale, troppi sarebbero infatti gli aspetti da trattare, che necessiterebbero di un più
ampio spazio.
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