Manometri e trasduttori di pressione

MANOMETRI E TRASDUTTORI
DI PRESSIONE
Principali caratteristiche
a) Campo di misura
Le più basse pressioni ottenute con l’uso delle tecniche per il vuoto spinto sono
dell’ordine di 10-14 atmosfere. All’altro estremo, in laboratorio sono state
ottenute pressioni superiori a 105 atmosfere. Il campo è perciò enormemente
vasto; un determinato tipo di manometro può coprirne solo una frazione molto
piccola.
b) Risposta in frequenza
In molte applicazioni la pressione cambia così lentamente da poter essere
considerata stazionaria a tutti gli effetti.
D’altro canto il salto di pressione che si verifica attraverso un fronte d’onda
d’urto che si propaga in un gas in quiete può verificarsi in un tempo anche
inferiore a 10-7 s. Le pressioni fluttuanti che si generano negli shock tubes, nei
motori, nei getti ecc. hanno tempi caratteristici che coprono tutto il campo tra i
due estremi citati.
Il campo delle frequenze spazia pertanto da 0 a 10 MHz (è da sottolineare che
nessun sensore di pressione sviluppato finora è in grado di avvicinarsi a questo
limite).
c) Precisione
Di solito la precisione dei trasduttori di pressione è riferita al fondo scala, cioè
alla pressione massima misurabile.
E’ evidente che se la precisione dello strumento è l'1% del fondo scala, la
misura di una pressione che è metà del fondo scala sarà affetta da un errore
del 2%, la misura di una pressione che è pari ad un decimo del fondo scala
sarà affetta da un errore del 10%. E’ opportuno pertanto scegliere uno
strumento il cui fondo scala sia di poco superiore alla pressione da misurare.
d) Sensibilità
E’ la minima differenza di pressione misurabile.
• A parità delle altre condizioni si preferisce sempre un sensore ad alta
sensibilità:
• il suo segnale di uscita richiede una amplificazione minore (caso dei
trasduttori)
• permette una lettura più precisa (caso dei manometri convenzionali).
e) Linearità
Di solito si ritiene conveniente avere il segnale di uscita proporzionale alla
pressione, ma ciò non solo non è essenziale ma in alcuni casi non è neppure
desiderabile se il campo di misura è molto ampio.
f) Dimensioni
A parte la comodità di trasporto e di maneggevolezza, le dimensioni possono
essere per molti versi una caratteristica fondamentale:
• i confini stessi del sistema da esplorare possono limitare le dimensioni del
sensore: si pensi ad esempio alla necessità di misurare la pressione nella
palettatura di una turbina o alla necessità di inserire numerosi sensori
all’interno di un profilo alare
• le dimensioni del sensore possono influenzare la sua interazione con il
fluido, disturbando la misura
• poiché la lettura è solo una specie di media sulla superficie del sensore, le
dimensioni limitano l’entità del dettaglio che si può osservare.
g) Insensibilità al rumore
Con ciò si intende il grado di insensibilità del sensore a disturbi diversi dai
cambiamenti di pressione. Tali disturbi possono essere costituiti da campi
elettromagnetici, accelerazioni e urti meccanici, fluttuazioni e gradienti di
temperatura, radiazioni ionizzanti.
h) Semplicità
E' una caratteristica molto desiderabile dal punto di vista deIla fabbricazione,
del montaggio, della manutenzione e della riparazione.
l) Impedenza di uscita
I sensori il cui segnale di uscita è di tipo elettrico sono caratterizzati da
un'impedenza che deve essere opportunamente adattata al meccanismo di
registrazione per ottenere la massima efficienza del sistema. In generale si
preferiscono sensori a bassa impedenza poiché presentano problemi di
isolamento meno acuti, i segnali sono trasmessi più facilmente su linee lunghe
ed è meno probabile che possano subire interferenze da parte di segnali
elettrici spuri.
m) Calibrazione
In alcuni casi la risposta del sensore può essere calcolata da una relazione
analitica (manometri a liquido). Per sistemi semplici si può dedurre la risposta
dinamica dalla calibrazione statica. Nella maggior parte dei casi solo una
calibrazione dinamica fornisce una base sufficientemente affidabile dalla quale
interpretare i risultati.
n) Registrazione dei dati
I manometri a liquido o metallici richiedono una lettura ed una trascrizione dei
dati manuale. Alcuni tipi di trasduttori producono un segnale modulato in
frequenza che deve essere letto da un sistema di demodulazione per ricavarne
la pressione. Ovviamente la facilità e la certezza con le quali i dati possono
essere interpretati e registrati è un fattore importante nella scelta di un sensore
di pressione.
Barometro
Il barometro è stato inventato da Torricelli nel diciassettesimo secolo. È costituito da una
vaschetta con mercurio in cui è immerso capovolto un tubo di vetro riempito di mercurio.
L’estremità aperta si trova al di sotto della superficie del metallo. Il livello del mercurio nel
tubo chiuso scende perché la forza di gravità attrae la colonna di mercurio in basso.
Il tubo di mercurio non si svuota completamente perché ad
un certo punto il peso della colonna di mercurio (forza diretta
verso il basso) è bilanciato dalla forza che l'atmosfera esercita
sulla superficie del mercurio nel recipiente sottostante.
Lo spazio vuoto alla sommità della colonna non contiene aria:
in esso vi è il vuoto e la pressione è zero. L'unica forza diretta
verso il basso è il peso della colonna di mercurio e, come
mostrato nella figura è bilanciata dalla pressione atmosferica.
Perciò l'altezza della colonna è direttamente proporzionale
alla pressione esercitata dall'atmosfera.
In condizioni normali e a livello del mare la pressione che
esercitano i gas atmosferici sostiene una colonna di mercurio
dell'altezza di 760 mm.
760 mmHg ossia 760 Torr (1 mmHg = 1 Torr).
Manometro differenziale a liquido
La differenza di pressione è data da:
p1  p2   gh
p1  p2  (  -  g)gh
g << l)
h
1   T  T0 
h 
hT
1   T  T0 
in cui  è il coefficiente di dilatazione lineare del materiale con il quale è realizzata
la scala e  è il coefficiente di dilatazione cubica del liquido manometrico.
Il tubo è generalmente di vetro, ma, in condizioni di emergenza, può essere
realizzato anche con un semplice tubo di plastica trasparente.
In condizioni normali i cambiamenti di temperatura non sono abbastanza grandi
da introdurre errori apprezzabili se la densità e la calibrazione della scala sono
riferiti alla temperatura standard di 15 °C.
Liquidi manometrici
Liquido
Acqua
Alcool etilico
C2H5OH
Bromuro di
etilene
C2H4Br2
Tetrabromuro
di acetilene
C2H2Br4
Densità
(g/ml)
Tensione
Angolo
superficiale
di
(dine/cm) contatto
Coeff. di
espansione
termicax105
(°C-1)
0.999
74
8°(*)
10 °C
5.3
20 °C
15.0
0.8 (**)
22
0°
110
2.18
38
Alto
2.983.00
Mercurio
13.56
465
127°
18
Tetracloruro
di carbonio
CCl4
1.58
26
0°
124
Note
(*)
0° se il vetro è ben sgrassato. La
tensione superficiale può essere
abbassata aggiungendo una sostanza
tensioattiva.
(**) aumenta in presenza di acqua;
è igroscopico
Attacca gomma naturale e artificiale,
non i metalli. La tensione superficiale si può abbassare con il toluolo.
Attacca i metalli (specialmente alluminio e ottone). La tensione superficiale si può abbassare con il toluolo
Attacca i metalli (specialmente
alluminio e ottone) ma solo
lentamente ferro e acciaio.
Attacca la gomma ma non i metalli.
Campo di pressione misurabile e sensibilità
Con un manometro ad U a bracci verticali, se si vuole contenere l’errore di lettura al
di sotto dell'1%, non si possono misurare differenze di livello inferiori a 100 mm
poiché la precisione di lettura ad occhio nudo dell'altezza di liquido in ciascuna
canna non può scendere al di sotto di 0.5 mm e la presenza del menisco sconsiglia
l’uso di sistemi di ingrandimento.
D’altra parte non è pratico realizzare manometri con canne di lunghezza superiore
ai due metri.
I valori minimi e massimi delle differenze di pressione misurabili con manometri ad
U che utilizzino come liquidi manometrici l'acqua ed il mercurio, rispettivamente:
con acqua
pmin  1 kPa
pmax  20 kPa
con mercurio
pmin  13.56 kPa
pmax  270 kPa
Per le basse pressioni si preferisce usare alcool al posto dell'acqua in quanto ha
una tensione superficiale che è il 30% di quella dell’acqua ed un menisco
trascurabile. La sua densità deve però essere controllata perché cambia
rapidamente per assorbimento dell'umidità dall'ambiente.
Altri liquidi di tabella, con densità intermedia, sono corrosivi e usati più raramente.
Manometro a serbatoio
Il manometro ad U richiede la lettura di due livelli.
Non è infatti consigliabile misurare lo spostamento di uno solo dei menischi
dallo zero presumendo che questo sia la metà del dislivello, a meno che il
diametro interno di tutto il tubo non sia perfettamente costante.
Questa difficoltà può essere evitata costruendo il
manometro con un ramo (serbatoio) di diametro molto più
grande dell’altro: in tal modo è sufficiente leggere il solo
livello nella canna manometrica essendo trascurabile il
cambiamento di livello nel serbatoio; si può d’altra parte
regolare l’altezza del serbatoio per aggiustarne il livello al
valore zero della scala prima di effettuare la lettura.
Poiché i diametri interni dei due rami in questo caso sono molto diversi, a
rigore bisognerebbe correggere la lettura per gli effetti differenti della
tensione superficiale nei due rami . Poiché l'entità della correzione dipende
fortemente dalla pulizia del tubo manometrico (la presenza di grasso in
particolare ha un grande effetto) sarebbe meglio ridurre gli effetti della
tensione superficiale adottando tubi di diametro non troppo piccolo.
Manometro a canna inclinata
La precisione di un manometro a liquido si può aumentare di un fattore 10
usando un manometro a tubo inclinato, ma conservando le semplicità e la
robustezza del manometro a tubo verticale.
Se si suppone che il cambiamento di livello nel serbatoio è trascurabile e che
possono essere ignorati gli effetti della tensione superficiale, per un manometro
a tubo inclinato si ha:
p1  p2   gLsen
Manometro a canna inclinata.
dove L è la lunghezza della colonna di liquido manometrico ed  è l'inclinazione
rispetto all’orizzontale. La sensibilità del manometro cresce al diminuire di .
Angoli inferiori a 5° con l’orizzontale ripresentano problemi di tensione
superficiale anche se si adopera alcool, poiché il menisco diventa troppo
allungato ed inoltre non è possibile garantire la perfezione dei tubi in vetro al
grado di precisione richiesto.
Un manometro di questo tipo deve essere calibrato poiché possono nascere
errori dovuti a leggera curvatura del tubo o a cambiamenti degli effetti di
tensione superficiale causati da piccole variazioni del diametro.
Manometro a proiezione di Betz
Manometro di Betz.
Un manometro a liquido più facile da leggere, anche se
non molto più preciso, è il manometro a proiezione di Betz.
La differenza di livello tra il liquido nel cilindro C e nel
serbatoio R è indicata da una scala sospesa ad un
galleggiante.
La scala riporta direttamente la differenza di livello (nella
calibrazione della scala si tiene infatti conto della
diminuzione di livello in R).
Una immagine ingrandita della parte di numerazione che si
trova in corrispondenza del piano xx è proiettata su di un
vetro smerigliato sul quale è segnata una linea di
riferimento.
La scala può essere incisa in modo da riportare centimetri
di differenza di livello, le frazioni di centimetro possono
essere apprezzate per confronto con una scala incisa sul
vetro smerigliato.
Questo tipo di manometro è spesso adoperato quando si
vuole controllare la velocità di una galleria.
Il suo grande volume interno lo rende troppo lento per
misure di profili nello strato limite o per misurare una serie
di pressioni diverse. Il suo alto costo sconsiglia l'uso di più
manometri ciascuno collegato ad una presa di pressione.
Multimanometro
Multimanometro
Più pressioni si possono misurare simultaneamente
con un manometro con più tubi collegati sul fondo
ad un comune serbatoio comunicante con una
vaschetta posta a una pressione di riferimento (ad
es. atmosferica o statica della corrente indisturbata).
La pressione di riferimento si applica anche a uno
dei tubi manometrici (o meglio ai due tubi estremi
del multimanometro) per non dover leggere
direttamente il livello del serbatoio.
I tubi manometrici sono fissati a una tavola provvista
di una scala e coperti da una lastra trasparente di
protezione, spesso anche provvista di scala.
La doppia scala per eliminare l’errore di parallasse.
L’altezza del serbatoio è regolabile, la tavola di sostegno potendo ruotare per
usare lo strumento inclinato e leggendo l’inclinazione su una scala circolare.
Per ridurre il tempo di lettura, si può fotografare o congelare le pressioni nei
numerosi tubi in modo da leggere le pressioni a prova avvenuta. Si nota nella
vista laterale del multimanometro un eccentrico che ruotato pressa dei tubicini
di gomma posti alla sommità dei tubi manometrici bloccandovi la pressione.
Quando si desidera ottenere registrazioni fotografiche è opportuno che sia
fotografata anche la scala si da evitare errori di lettura dovuti a deformazioni
della pellicola o della stampa durante lo sviluppo.
Manometri meccanici
Sono manometri nei quali la differenza di pressione provoca la deformazione di
un elemento elastico.
Nel manometro Bourdon il sensore è un tubicino a sezione schiacciata chiuso
ad un estremo e piegato ad arco di cerchio.
La pressione da misurare, applicata all’interno del tubicino, tende a farlo
raddrizzare.
L'estremità chiusa è libera di muoversi e il suo movimento fa spostare un indice
che si muove su di una scala la cui graduazione è ottenuta in fabbrica mediante
calibrazione.
Cambiando la geometria del tubicino
(forma, diametro, spessore e materiale
della parete), si può cambiare il range del
manometro e cioè la pressione massima
misurabile.
Nei manometri del tipo aneroide il sensore è una capsula il cui coperchio
è costituito da un sottile diaframma metallico che presenta una serie di
corrugazioni concentriche che lo rendono facilmente deformabile.
Essi sono utilizzati, soprattutto, per pressioni decisamente più basse di
quelle misurate col Bourdon per la maggiore deformabilità della
membrana e, quindi, hanno un’alta sensibilità.
Sia gli elementi tubolari che quelli a diaframma sono sensibili alla
temperatura (per le dilatazioni dell’elemento sensibile) e quindi richiedono
una ulteriore calibrazione in laboratorio se usati a temperature diverse da
quella standard.
Trasduttori di pressione
La bassa frequenza naturale dei manometri illustrati finora limita il loro uso alla
misura di pressioni stazionarie. Sebbene le pressioni da misurare in molti
esperimenti siano sensibilmente stazionarie, vi sono casi, come nello studio di
moti turbolenti o separati, negli esperimenti di flutter o nelle prove al tubo d’urto,
nei quali è essenziale la misura di pressioni instazionarie.
Per ottenere tali misure è necessario usare sensori che abbiano elevata frequenza
propria e bisogna ridurre al minimo i ritardi dovuti alla trasmissione del segnale di
pressione nelle tubazioni.
A questi requisiti rispondono i trasduttori di pressione cioè strumenti che
convertono il segnale di pressione in un segnale elettrico. Infatti i trasduttori
•
possono essere realizzati con elevate frequenze proprie
•
sono miniaturizzabili e quindi possono essere installati in prossimità o addirittura
all’interno del modello da provare riducendo i ritardi dovuti alla trasmissione del
segnale di pressione nelle tubazioni
Con i trasduttori si semplifica notevolmente la procedura di elaborazione e
registrazione dei dati poiché il segnale elettrico proveniente dal trasduttore può
essere digitalizzato ed inviato ad un computer.
Questa caratteristica ha portato nel tempo alla adozione dei trasduttori al posto dei
manometri convenzionali, anche nelle misure di pressioni stazionarie, specialmente
quando si ha necessità di misurare numerose pressioni.
Trasduttori a capsula
Per frequenze non molto elevate si adoperano trasduttori a capsula manometrica
derivati direttamente dai manometri di tipo aneroide. Lo spostamento del
diaframma sotto l’azione della differenza di pressione, che nel manometro è
indicata da un indice su una scala dopo una amplificazione ottenuta con un
sistema di leve, è rilevato nel trasduttore con un sistema elettrico:
 si può spostare il contatto di un reostato in modo da alterare la resistenza elettrica
di un circuito alimentato a corrente continua. La presenza di un contatto
strisciante, soggetto ad usura, limita la vita dello strumento.
 si può far muovere un blocchetto di materiale magnetico in un avvolgimento si da
alterare l’induttanza del circuito. E’ necessario alimentare l’avvolgimento con una
corrente ad elevata frequenza che deve essere poi filtrata dal segnale di uscita per
isolare le variazioni indotte dalla pressione.
 si può variare la capacità di un condensatore, alimentato a corrente continua, di cui
il diaframma costituisce una delle armature. Il vantaggio in termini di frequenza
naturale è dovuto all’assenza di masse in movimento, a parte la piastra vibrante.
Il segnale di uscita è una tensione se la misura è effettuata in loco.
Se è necessario inviare il segnale a distanza, per non dovere tenere in conto la caduta
di tensione lungo il percorso, è opportuno che il segnale sia costituito dalla corrente che
passa nel circuito: si parla in questo caso di trasmettitore di pressione anziché di
trasduttore di pressione.
Trasduttori ad estensimetri metallici
Una classe di trasduttori di pressione è basata (sul rilevamento,
mediante un estensimetro (strain gauge o strain gage), della
deformazione di un elemento strutturale, di solito una piastra incastrata
ai bordi (diaframma) o una trave a sbalzo, sottoposto alla pressione da
misurare.
L’estensimetro metallico è costituito da un filo, o un nastro incollato,
depositato sotto vuoto, su di un supporto isolante.
La resistenza elettrica dell’estensimetro è data dalla relazione

R
S
in cui R è la resistenza,  la resistività,

la lunghezza ed S la sezione.
L’estensimetro, di solito, costituisce una delle resistenze di un ponte di Wheatstone e il
segnale di uscita del ponte, a parità di deformazione, è proporzionale al gauge factor
che è un indice tra variazione unitaria di resistenza ed allungamento longitudinale.
K =1+2n è la costante di taratura o gauge factor
dove si è indicato con n il modulo di Poisson.
Il gauge factor degli estensimetri metallici è compreso tra 2 e 5.
Trasduttori piezoresistivi
I semiconduttori, quali i cristalli di silicio, presentano un forte cambiamento della
resistività a seguito di una deformazione (piezoresistività) per cui per essi il
termine dR/R è molto più grande che per i metalli. Un estensimetro realizzato
con un semiconduttore ha un gauge factor che può variare da 50 a 200.
Questo elevato gauge factor rende molto attraenti gli estensimetri a semiconduttore perché con essi può essere risolto il problema di ottenere un segnale
utile da un trasduttore molto rigido e quindi con elevata frequenza naturale.
Il vertiginoso sviluppo della tecnologia dei semiconduttori e la realizzazione dei
circuiti integrati negli anni ’70 hanno fortemente influenzato il mercato dei
trasduttori.
La giustificazione per questa influenza è anche nelle notevoli caratteristiche
meccaniche dei cristalli di silicio: il modulo di elasticità è dello stesso ordine di
grandezza di quello dell’acciaio, la resistenza a trazione e compressione è più
grande, ed il rapporto tra modulo di elasticità e densità è il triplo di quello
dell’acciaio.
Si deve sottolineare che nei trasduttori piezoresistivi il cristallo di silicio
costituisce, sia l’elemento strutturale che si deforma, sia il trasduttore stesso.
Il diametro dei trasduttori va da 1.6 a 30 mm, la frequenza propria varia da 55 a
270 kHz, la precisione è dello 0.1  0.25% del fondo scala.
Trasduttori piezoelettrici
La piezoelettricità è la proprietà utilizzata nei trasduttori per misurare forze,
pressioni ed accelerazioni rapidamente variabili nel tempo.
I cristalli appartenenti a quelle classi che non hanno un centro di simmetria della
struttura del reticolo sono piezoattivi cioè il materiale sviluppa una differenza di
potenziale elettrico variabile quando è assoggettato ad un cambiamento di
sollecitazione (trasduttore di pressione) e, viceversa, subisce deformazioni
variabili se sottoposto all’azione di una tensione variabile (oscillatore).
Ventuno delle 32 classi di cristalli mancano di questa simmetria, ed i cristalli
appartenenti a queste classi, tranne una, mostrano caratteristiche
piezoelettriche.
La carica risultante si distribuisce su certe facce cristalline in una maniera
determinata dalla simmetria del cristallo e dalla natura degli sforzi applicati.
Alcuni materiali, quali la tormalina, il solfato di litio e il titanato di bario, sono
sensibili idrostaticamente, altri materiali, quali il quarzo e il sale di Rochelle,
sviluppano una carica solo sotto l'applicazione di forze unilaterali; la carica si
sviluppa per l’influenza di una delle componenti principali dello sforzo, come nel
quarzo, o degli sforzi tangenziali, come nel sale dl Rochelle. Alcuni materiali
ceramici ferroelettrici possono essere resi artificialmente piezoelettrici.
La costante piezoelettrica di un materiale esprime la carica generata per unità di
forza applicata o la deflessione per unità di tensione elettrica applicata. La
costante è tipicamente fornita in notazione tensoriale, ad es. d33, in cui il primo
pedice individua la direzione elettrica ed il secondo la direzione meccanica. Le
unità tipiche sono Coulombs/Newton o metri/Volt.
Un trasduttore piezoelettrico è in effetti un condensatore con una carica
proporzionale alla forza applicata. Il carico si può applicare con un pistone, o
un diaframma, o pressione. A differenza dei piezoresistivi, i piezoelettrici non
danno risposta a frequenza nulla: non sono perciò adatti per la misura di
pressioni stazionarie o lentamente variabili e si usano solo per misurare rapidi
transitori.
Trasduttori con cui si può misurare una pressione costante, misurano la
frequenza di oscillazione del cristallo, che è funzione della pressione.
Poiché i cristalli piezosensibili generano una polarizzazione dovuta allo
spostamento del baricentro delle cariche elettriche sotto l'influenza di
deformazioni elastiche, bisogna aspettarsi che l’espansione o la contrazione per
variazioni di temperatura producano effetti simili. Questo effetto piroelettrico dà
luogo a interferenze, specie se i transitori di pressione sono accompagnati da forti
fluttuazioni di temperatura.
Materiali sensibili idrostaticamente, come la tormalina, hanno questa interferenza
molto più di quelli non sensibili idrostaticamente, come il quarzo. In questo caso
la carica piroelettrica non si svilupperebbe se la temperatura variasse
uniformemente attraverso il cristallo. Il segnale nasce da componenti di
deformazione che generano gradienti di temperatura.
Con riferimento ai limiti pratici di pressione e di frequenza si può dire che i
piezoelettrici misurano cambiamenti transitori di pressione da 10-2 a 103 Ata (1 ata
= 0.968 atm) e transitori di durata fino ad un quinto di secondo. E’ difficile
misurare fenomeni più lenti per la interferenza piroelettrica.
La risposta ad alta frequenza è limitata dal tempo impiegato dagli impulsi di
pressione per propagarsi nel trasduttore piuttosto che dalla frequenza naturale
del cristallo. Quindi il limite superiore è fissato dalle dimensioni del cristallo (sono
stati realizzati trasduttori di 1 mm di diametro) con tempi di salita fino a 10 ms (100
kHz).
Scansione pneumatica o elettronica di pressioni multiple
L’uso di un trasduttore per ciascuna di
molte prese di pressione può essere
costoso; sono state perciò realizzate
delle valvole di scansione pneumatica,
Scanivalve, che collegano un singolo
trasduttore, di ottima qualità, con
ciascuna delle prese di pressione in
successione.
Un motore passo-passo muove un rotore
che porta un’asola che connette in
sequenza i vari tubicini posti circonferenzialmente su di uno statore al trasduttore
posto in posizione centrale e rimane
fermo per il tempo necessario a stabilizzare la pressione e permettere la lettura.
Si deve notare che se il volume interno
del trasduttore è piccolo le letture
possono essere fatte a brevi intervalli di
tempo senza preoccuparsi dei ritardi: si
ottengono anche 20 letture al secondo.
Nuovo tipo di Scanivalve
Ciascuna valvola di scansione può ospitare fino a 48 tubicini di pressione e
un singolo motore passo-passo può azionare fino a 5 valvole di scansione.
Ad ogni giro è possibile controllare la calibrazione del trasduttore se una delle
porte è connessa alla pressione di riferimento (ad es. la pressione ambiente o
la pressione statica della corrente, che costituisce la lettura zero del
trasduttore) ed un’altra porta è collegata ad una pressione nota di fondo
scala.
La Scanivalve non è però adatta per il rilievo di più pressioni rapidamente
variabili, infatti la lettura di ciascuna presa può essere fatta solo ad ogni giro
completo.
Anche se si blocca il motore su di una sola presa, la lettura di fluttuazioni di
pressione è inficiata dai ritardi introdotti dal tubo di collegamento tra foro di
pressione e Scanivalve, che è di piccolo diametro e notevole lunghezza.
Infatti, le dimensioni della Scanivalve ne impediscono spesso la sistemazione
all’interno del modello in prova.
L’avvento dei trasduttori piezoresistivi, con le loro doti di elevata frequenza
naturale e dimensioni ridottissime (dell’ordine del mm) ha portato alla
realizzazione di pacchetti di più trasduttori che possono essere alloggiati
all’interno dei modelli.
Un pacchetto da 64 trasduttori ha dimensioni 105 mm x 36 mm x 14 mm. La
scansione avviene elettronicamente e consente una frequenza di
campionamento di 20  100 kHz.
Vernici sensibili alla pressione
Le vernici sensibili alla pressione (Pressure Sensitive Paints, PSP) sono
impiegate dagli anni ’80 per visualizzare e misurare la distribuzione delle
pressioni sul modello e sono sempre più usate.
I vantaggi del metodo sono:
• visualizzazione completa del campo di pressione sul modello
• la non intrusività, poiché non ci sono sonde da introdurre nella corrente
fluida
• riduzione dei tempi e dei costi di preparazione del modello (non ci sono fori
da praticare sul modello, trasduttori e/o tubazioni da inserire nello stesso)
• l’alta risoluzione, limitata solo dalla dimensione dei pixel del sistema di
ripresa
Gli svantaggi sono:
• la sensibilità alla temperatura
• la necessità di una taratura preventiva
• tecniche di ripresa e trattamento dei dati relativamente sofisticate
Le vernici sensibili alla pressione sono costituite da sostanze fotoluminescenti
che, quando sono eccitate da una radiazione luminosa (UV), ne riemettono una
parte a lunghezza d’onda maggiore (fluorescenza), ne trasformano una parte in
energia interna (conversione interna). Una parte dell'energia ricevuta va ad
eccitare molecole di gas come l'ossigeno (oxygen quenching).
Poiché la luminescenza può essere ridotta dalla presenza di molecole di
ossigeno, l’incremento della pressione, cioè della pressione parziale di
ossigeno, tende a mitigare l’intensità della luce emessa. Una misura della
distribuzione di quest’ultima sulla superficie del modello consente quindi di
risalire alla distribuzione di pressione.
MISURE DI VELOCITA’
DA MISURE DI PRESSIONE
La velocità in un punto di una corrente fluida può essere valutata:
 o dalla definizione, U = ds/dt, misurando lo spazio percorso dalle particelle del
fluido in un intervallo di tempo noto (Particle Image Velocimetry, PIV), o
misurando il tempo impiegato dalle particelle a percorrere una distanza
prefissata (Anemometro Laser a Due Fuochi).
Essendo i gas trasparenti, la corrente si deve inseminare con particelle solide
o liquide visibili che assumano la sua stessa velocità. Questi metodi richiedono
strumenti ed elaborazione dei dati relativamente sofisticati.
 o, più spesso, da misura di altre grandezze (pressioni, effetto Doppler prodotto
da particelle trascinate dalla corrente, scambio termico tra la corrente e un filo
riscaldato per effetto Joule, velocità di rotazione di un mulinello ecc) dalle quali
si può dedurre la velocità da analisi teoriche, e/o da una calibrazione iniziale.
Il metodo più usato quando la velocità è costante nel tempo è basato su misure di
pressioni. Altri metodi, quali l’anemometro a filo caldo, o l’anemometro LaserDoppler, sono molto efficaci quando la corrente è turbolenta.
In regime supersonico è disponibile un ulteriore metodo basato sulla misura
dell’inclinazione dell'onda d'urto su cunei o coni con angolo di apertura noto, o
sulla misura dell’inclinazione delle onde di Mach.
In questa sezione saranno trattate le misure stazionarie di velocità, in modulo e
direzione (e delle portate nei condotti) ottenute da misure di pressione.
Misura del modulo della velocità
Il valore scalare della velocità di un gas in un punto può essere dedotto dalla
misura della pressione statica e di quella di ristagno facendo uso della nota
relazione valida per i gas più che perfetti:g
g
2 g 1
p0  g - 1 2  g 1 
g 1 U 


= 1+
M   1 
p 
2
2g RT 


dalla quale si ricava:
g 1


2gRT  p0  g
U
   1  U  p0 , p ,T 

g  1  p 


Nelle precedenti sono: p la pressione statica, p0 quella di ristagno, g il rapporto
dei calori specifici a pressione ed a volume costante, U la velocità, M il numero
di Mach, T la temperatura statica e R la costante del gas che fluisce.
Il calcolo della velocità richiede, come si vede, oltre alla misura delle due
pressioni p e p0, anche la misura della temperatura statica della corrente, cosa
impossibile
g 1
Quando il numero di Mach è elevato,
2  p0  g
M
   1  M  p0 , p 
è più agevole calcolare il numero di
g 1 p 
Mach, che è funzione delle sole
pressioni
Nel caso di moti a basso numero di Mach (M << 1) la formula precedente può
essere espressa in serie di potenze di M2 (di U2) come segue:
p0
g 2
U2
U 2
 1  M  .............  1 
 ............  1 
 ........
p
2
2RT
2p
da cui si ricava, troncando la serie al secondo termine:
U 2
p0  p 
2
che è l'equazione di Bernoulli valida nel regime incomprimibile. Si noti che
questa equazione sottostima la pressione di ristagno rispetto formula
precedente (mancano i termini successivi della serie, tutti positivi) o, a parità di p
e p0, fornisce una velocità più alta.
In questo regime la velocità può essere calcolata, una volta nota la densità
(costante), dalla conoscenza della sola differenza tra la pressione di ristagno e
quella statica (pressione dinamica, q) secondo la relazione:
U
2 p0  p 

Questa relazione è valida a rigore solo per M = 0, può essere adoperata,
accettando un errore inferiore all'1% fino a M = 0.3, o fino a M = 0.4, se si
accetta un errore del 2%.
2

V
2 è ancora usato per adimensionaIn regime compressibile, il termine q =
lizzare le pressioni e le forze aerodinamiche.
In alcuni casi particolari la misura delle velocità può essere semplificata:
•
in una galleria del vento si può misurare la pressione di ristagno della
corrente indisturbata misurando la pressione statica nella camera di calma
della galleria, se in essa la velocità è sufficientemente bassa: basta
praticare un foro nella parete della camera.
Parimenti, con un foro nella parete nella sezione di ingresso della camera
di prova si può misurare la pressione statica della corrente indisturbata.
Dalle due misure si può determinare il numero di Mach della galleria senza
introdurre sonde nella corrente.
La misura sarà però approssimata perché presuppone che la pressione di
ristagno rimanga inalterata nel passaggio della corrente dalla camera di
calma a quella di prova (assenza di perdite).
•
in un getto libero subsonico la pressione statica della corrente deve essere
uguale a quella dell’ambiente ed è quindi rilevabile con un barometro.
Per misurare il profilo di velocità nel getto basterà quindi misurare le sole
pressioni di ristagno.
•
analogamente, poiché la pressione statica in ogni sezione di un condotto ad
asse rettilineo è costante ed è quindi misurabile in un foro praticato sulla
parete, il profilo di velocità nella sezione si otterrà dalle sole misure di
pressione di ristagno.
Tubo di Pitot
Ricordando la definizione di pressione di ristagno come
la pressione massima che il fluido può raggiungere se
la velocità è portata isoentropicamente ed adiabaticamente a zero, si può pensare di misurarla con un foro
sulla parete di un corpo in corrispondenza del punto di
ristagno della corrente.
Il corpo più semplice da realizzare è un tubo allineato con la direzione della
corrente e con l'estremità aperta affacciata alla corrente conosciuto come tubo di
Pitot dal nome del suo inventore, Henri Pitot, 1732. L’altro estremo del tubo è
collegato ad un manometro così che in condizioni di equilibrio non c'è moto nel
tubo e quindi all'imboccatura la velocità è nulla (condizioni di ristagno).
Se il foro è normale all’asse del tubo, di sezione circolare, privo di bave, la lettura
dello strumento in campo subsonico è in pratica indipendente dalla forma della
parte anteriore e lunghezza del tubo.
Se il tubo di Pitot non è allineato con la corrente la pressione misurata è inferiore a
quella di ristagno in quanto in esso si annulla solo la componente della velocità
normale alla sezione di ingresso. L'effetto dell’angolo di incidenza sulla lettura è
trascurabile per angoli minori di 10° in tutto il regime subsonico. Questa peculiarità
è particolarmente utile nei tubi di Pitot montati sulla prua di velivoli che volano ad
angoli di attacco diversi da zero.
L'influenza dell'angolo di incidenza dipende anche dal rapporto tra i diametri del foro
d e della sonda, D, decrescendo al crescere del rapporto d/D.
Effetti dei gradienti di pressione di ristagno
In uno strato viscoso, la variazione della pressione di ristagno lungo l’apertura del
tubo provoca due effetti:
• il primo è che il tubo fa la media del quadrato della velocità che è maggiore del
quadrato della velocità sull’asse del tubo,
• il secondo è una deviazione della corrente verso la zona a pressione di ristagno
più bassa (velocità più bassa) e quindi porta sul tubo linee di corrente con
pressione di ristagno più alta di quella competente all’asse del tubo.
I risultati sperimentali mostrano che la pressione rilevata da un tubo di Pitot è
uguale alla pressione di ristagno esistente in un punto spostato di circa 0.18d
dall’asse del tubo nella direzione delle velocità crescenti
Per questa ragione, per eseguire misure
nello strato limite o in altri strati viscosi (la
pressione di ristagno in molte correnti è
costante al di fuori di questi strati), si
adoperano opportuni tubi di Pitot, disponibili
in commercio, che finiscono con tubicini di
dimensioni molto ridotte (tubi con diametro
di 0.6 mm con estremità schiacciata).
Attenzione: I tubi appiattiti sono molto
sensibili all'angolo di incidenza
Effetti del numero di Reynolds
poi  p o
q
Per numeri di Reynolds inferiori a
1000 (basati sul diametro dell'orifizio)
sono richieste correzioni dovute alla
presenza di moto completamente
viscoso. La figura mostra la curva di
calibrazione nel campo dei numeri di
Reynolds molto bassi.
Per numeri di Reynolds inferiori a 50
l'errore aumenta rapidamente con una
pendenza della curva che tende al
valore:
poi  p
11.2
 1
q
Red
Valori così piccoli del numero di Reynolds sono tipici delle misure effettuate
nello strato limite, dove le velocità sono basse (fino a zero) ed i tubi di Pitot
sono di dimensioni ridottissime per evitare sia lo spostamento del centro
virtuale in presenza di gradienti di velocità, sia gli effetti di vicinanza alla parete.
Effetti del numero di Mach
Per una sonda perfettamente allineata con la corrente la lettura è abbastanza
indipendente dal numero di Mach fino a numeri di Mach prossimi a uno.
A velocità supersoniche davanti al tubo si genera un'onda d'urto staccata, che
è localmente normale, per cui la pressione rilevata dal tubo di Pitot è la
pressione di ristagno a valle dell’onda.
La pressione rilevata (indice 2) può essere utilizzata per calcolare il numero di
Mach della corrente (M1>1), se è nota la pressione di ristagno a monte
dell'onda d'urto (indice 1), mediante la relazione, nota come formula di
Rayleigh:
g
p0,
p0
 g 1  2g
p1 
2
g 1
2

M



1
2

p02  g  1M 1   g  1
g 1
1
g 1
La pressione statica a monte dell’onda
d’urto può essere misurata su una parete
all’ingresso della camera di prova.
Effetti della turbolenza della corrente
Supponendo condizioni di moto quasi stazionario con componente
dell’intensità di turbolenza tanto bassa da renderne trascurabile
sull'angolo di incidenza, e ponendo la velocità risultante U eguale al
somma della velocità media e della componente fluttuante u, il tubo
dovrebbe leggere:
p
U
2
2
 p
U
2
2


2
laterale
l'effetto
vettore
di Pitot
u2
Se d'altra parte la velocità è costante in grandezza ma varia ampiamente in
direzione ci si aspetta che il tubo rilevi una pressione più bassa di quella reale
perché, ad angoli di attacco diversi da zero, la pressione registrata è minore della
pressione di ristagno reale.
L'attuale stato della conoscenza non è molto soddisfacente, particolarmente per
quanto riguarda l'uso del tubo di Pitot nei getti a forte turbolenza, ed è difficile
credere che una formula semplice possa dare la correzione da apportare alle
misure fatte in moto turbolento senza la conoscenza estensiva di dati sulla
turbolenza stessa.
Se le misure di turbolenza sono dati primari è necessario ricavarle con un
anemometro a filo caldo, o Laser-Doppler, o Laser a due fuochi, o PIV.
Tubo di Prandtl, o tubo Pitot/statico
Se si pratica un foro sulla superficie di un corpo immerso in una corrente
fluida, attraverso di esso si può misurare la pressione statica locale, uguale a
quella esistente all’esterno dello strato limite.
Se, in particolare, si vuole determinare la pressione statica della corrente
indisturbata, p, si può utilizzare un foro laddove si sa, dalla teoria, che la
pressione raggiunge questo valore.
Piccoli scostamenti da questi punti portano però a grandi variazioni di
pressione perciò è preferibile utilizzare corpi sottili che introducono piccoli
disturbi nella corrente.
Il concetto di base è che in assenza di curvatura delle linee di corrente non si
crea una forza centrifuga da equilibrare con un gradiente di pressione;
mantenere diritte le linee di corrente equivale perciò ad annullare la variazione
di pressione normale alle linee di corrente stesse.
Rigorosamente solo su una lastra piana si potrebbe misurare la p attraverso
fori praticati sulla superficie perché qualunque altro corpo disturba la corrente.
In pratica si può usare un corpo sottile e leggere la pressione in una posizione
in cui i disturbi iniziali sono sufficientemente smorzati e le linee di corrente
sono diritte.
Sonde per la pressione statica: a sinistra il tubo di Prandtl, a destra quello NPL.
Il tipo di strumento più usato, dovuto a
Prandtl, consiste in un tubo sottile allineato
con la corrente chiuso all'estremità a monte e
sostenuto da un supporto ad esso
perpendicolare posto nell'estremità a valle.
La pressione statica è rilevata in un certo
numero di fori o fessure praticati nella parete
del tubo.
La pressione di ristagno deve essere invece
sempre rilevata nella zona prodiera del tubo.
Si parla allora di tubo Pitot-statico.
La pressione statica misurata dipende dalla posizione dei fori rispetto all'estremità anteriore e rispetto al tubo di supporto. A valle dell'estremità anteriore si ha un aumento
di velocità con conseguente diminuzione di pressione; la presenza del supporto dà un
errore di segno opposto. La posizione dei fori deve essere tale che l'errore dovuto
all'estremità anteriore sia circa uguale ed opposto a quello dovuto al supporto.
In questo modo, Prandtl realizzò una sonda molto compatta sulla quale i fori sono
posizionati a 2.9 D dalla prua (errore  -1%), e a 9.6 D dal supporto (errore  1%).
In una sonda più affidabile, realizzata al NPL (Nat. Phys. Lab.), i fori sono posizionati a
8 D dall’estremità anteriore (errore  -0.5%) ed a 16 D dal supporto (errore  0.5%).

Effetti del non-allineamento
Se la sonda statica non è allineata con la direzione
della velocità si ha una distorsione delle linee di
corrente o anche separazione con derivante
variazione della pressione. L'influenza dell’angolo
di attacco sulla lettura del tubo statico è più grande
che per il tubo di Pitot.
Per ridurre gli effetti dell'angolo di attacco, si
praticano da 4 a 8 fori, circolarmente distribuiti.
Le pressioni diverse sui fori inducono flussi interni al tubo che mediano i diversi valori.
Effetti del numero di Mach
Per numero di Mach della corrente indisturbata crescente, si raggiunge un valore critico (Mcr 0.7) per il
quale si genera sul tubo M > 1, con le prime onde
d'urto che falsano la pressione a monte dei fori.
Per Mach ancora crescenti la zona supersonica si
estende e le onde d'urto si spostano a valle fino a
scavalcare i fori che vengono poi a trovarsi in regime
supersonico. Quando ciò avviene la lettura della pressione diventa indipendente
dalla posizione del supporto e la distribuzione di velocità sulla parte anteriore del
tubo differisce apprezzabilmente da quella che si ha alle basse velocità.
Usando tubi con parte anteriore molto snella il numero di Mach critico può essere
elevato fino a valori prossimi ad uno.
A velocità supersoniche l'estremità del
tubo deve essere di forma conica od
ogivale a punta aguzza.
L'angolo di apertura deve essere
minore di quello per il quale si ha la
formazione di un'onda d'urto staccata
ed i fori statici debbono essere posti
ad almeno dieci diametri dall'inizio
della parte cilindrica del tubo dove gli
effetti dell’onda d’urto sono stati
compensati dalla espansione che si
ha all’inizio del tratto cilindrico.
Effetti della turbolenza della corrente
Gli effetti della turbolenza sulla lettura di un tubo statico sono complessi.
Nel caso di turbolenza isotropa si valuta che l’errore di lettura è solo del 1%
quando l’intensità di turbolenza è del 10%.
Esistono difficoltà solo nella misura in zone di forte turbolenza, quali ad
esempio zone di separazione e scie.
Effetti della dimensione dei fori e della forma dell’imboccatura
Un foro su una parete altera le
condizioni al contorno con curvatura
delle linee di corrente e quindi
variazione della pressione, che
diminuisce al diminuire del diametro
dei fori. Di solito le linee di corrente
entrando nel foro producono un
aumento di pressione. La separazione
della corrente sul bordo di attacco del
foro provoca una diminuzione di
pressione.
La dimensione dei fori di pressione statica deve essere perciò la più piccola
possibile, con la necessità di non far aumentare l'inerzia del sistema presa
statica/tubo di collegamento/manometro.
I diametri tipici adottati per i fori per basse velocità sono 0,5  1 mm. Per alta
velocità la dimensione del foro è scelta usualmente come la più piccola che può
essere ottenuta con un trapano, es. 0.02 mm.
MISURE DI PORTATA
Flussimetri, o misuratori di portata
Per misurare la portata di un fluido in un condotto mediante misure di pressione è
necessario che nella stazione nella quale si intende fare la misura la corrente sia priva
di vortici e che l’asse del condotto sia rettilineo (assenza di forze centrifughe e quindi
di gradienti di pressione in direzione normale all'asse).
Le norme prevedono per ogni flussimetro la lunghezza di tubo (espressa in diametri) a
sezione costante e ad asse rettilineo che deve separare il flussimetro, sia a monte che a
valle, da valvole, gomiti, intersezioni con altri tubi, cambiamenti di sezione ecc.
Se ciò non è possibile, è opportuno inserire nel condotto a monte del flussimetro un
condizionatore di flusso costituito da una blocco di sottili tubi a sezione circolare o
esagonale (nido d’ape) o da una o più piastre forate. Solo in queste condizioni la
pressione statica nella sezione è costante e può essere rilevata sulla parete.
Per maggiore sicurezza si praticano di solito quattro fori, posti a 90° l’uno dall’altro,
nella stessa sezione, si mettono in comunicazione tra di loro i fori all’interno di una
camera (anulare) che circonda il condotto e si misura la pressione risultante che, in
qualche modo, media le pressioni, eventualmente diverse, rilevate nei quattro fori.
Come per tutte le sonde bisogna evitare di perturbare la grandezza che si intende
rilevare; in questo caso bisogna evitare che il flussimetro introduca nel condotto
perdite di carico tali da far variare la portata.
Misura della portata dal rilievo del profilo di velocità.
U
U max
La procedura si può semplificare se, come avviene
spesso, il moto nel condotto è completamente
sviluppato.
In queste condizioni la velocità media può essere
determinata da una misura di velocità sull'asse e
dalla conoscenza del rapporto tra velocità media e
velocità sull'asse che è funzione del numero di
Reynolds riferito al diametro del condotto.
Questo rapporto vale 0.5 in regime laminare e sale a
logRed
circa 0.8 nel regime turbolento.
La portata volumetrica si può anche determinare, secondo la definizione, integrando la
distribuzione di velocità in una qualsiasi sezione del condotto.
Se la pressione statica è costante in ciascuna sezione e può quindi essere rilevata sulla
parete, per ottenere la distribuzione di velocità è sufficiente rilevare la distribuzione
della pressione di ristagno.
E’ necessario introdurre un tubo di Pitot nel condotto attraverso la parete e
movimentarlo in modo da esplorare tutto un diametro.
La esplorazione andrebbe ripetuta anche lungo un diametro ortogonale al primo.
Il metodo è laborioso ed inadatto ad un lavoro di routine, ma presenta un alto grado di
precisione ed è necessario applicarlo all'atto della calibrazione degli strumenti che si
descriveranno nel seguito.
Poiché nelle normali applicazioni industriali il moto nei condotti è sempre turbolento,
Preston ideò uno strumento che porta il suo nome.
Esso è costituito da un tubo a sezione costante nel quale sono inseriti quattro tubi di
Pitot, posti ad intervalli di 90° su una circonferenza il cui raggio è i 3/4 del raggio del
tubo.
Quattro prese statiche sono praticate sulla parete in corrispondenza della estremità dei
tubi di Pitot.
L’ipotesi di base è che a 3/4 del raggio la velocità è una frazione costante della velocità
media in un ampio campo di numeri di Reynolds e di rugosità superficiali.
Il tubo di Preston, che richiede una lunghezza
di equilibrio di almeno dieci diametri a monte
del piano di misura, è uno strumento idoneo a
misurare la portata in un condotto connesso
ad un sistema di pompaggio di limitata
potenza poiché comporta perdite di carico
trascurabili.
Misura della portata con dispositivi a strozzamento
Si possono realizzare flussimetri di impiego più semplice supponendo che il moto nel
condotto sia quasi unidimensionale (variazioni di sezione graduali e non molto
accentuate, costanza della velocità nella sezione, assenza di produzione di entropia).
Per moto incompressibile, tra due sezioni del condotto valgono l'equazione di
Bernoulli e quella della conservazione della portata volumetrica:
p1 
U12
2
 p2 
U 22
U1 A1  U 2 A2
2
dalle quali si può ricavare la portata che fluisce nel condotto:
m  U 2 A2  A2
2   p1  p2 
 m p ,  
2
1   A2 A1 


Questo criterio per la misura della portata si usa in dispositivi che introducono una
strozzatura nel condotto, cioè una sensibile variazione di sezione e di pressione statica.
I vantaggi di questi dispositivi sono la robustezza e la riproducibilità della calibrazione e la
loro insensibilità: al numero di Reynolds (al di sopra di certi valori minimi), alla
asimmetria e alle perturbazioni causate da ostruzioni e deviazioni del condotto a monte.
Le formule di calibrazione dei diversi dispositivi utilizzati tendono a conservare la
forma della relazione precedente anche se le ipotesi di validità di tale formula, in
alcuni casi, sono ben lungi dall'essere rispettate.
Si interviene allora con dei coefficienti correttivi:
• il coefficiente di efflusso, C, tiene conto della non unidimensionalità e della
non isoentropicità del moto
• il coefficiente di comprimibilità, e2, tiene conto della variazione della densità
che si verifica quando il rapporto di pressione generato dal dispositivo di
strozzamento raggiunge valori elevati.
La formula di calibrazione per i dispositivi a strozzamento diventa allora:
m   2U 2 A2  Ce 2 A2
2  2  p1  p2 
2
1   A2 A1 


L’impiego dei misuratori di portata a strozzamento è regolato dalla normativa
UNI-10023
In generale, l’impiego di tali dispositivi implica il rispetto di alcune condizioni:
• il misuratore deve essere costruito con materiale che abbia coefficiente di dilatazione noto;
• il fluido può essere comprimibile (gas o vapore) oppure essere considerato come incomprimibile
(liquido); esso deve comunque essere e permanere in fase unica durante l’intero passaggio
attraverso lo strozzamento;
• il fluido deve riempire completamente tutte le sezioni del dispositivo di strozzamento ed anche la
tubazione a monte e a valle di esso;
• la corrente fluida deve essere in condizioni di moto permanente o quasi permanente, cioè la portata
deve essere costante o variare lentamente nel tempo. Sono inammissibili le oscillazioni dovute alla
presenza di pompe a stantuffo;
• nel caso di gas, il rapporto fra la pressione assoluta a valle e la pressione assoluta a monte deve
essere maggiore di 0.75;
• l’elemento di strozzamento deve essere installato fra due tronchi rettilinei di tubazione cilindrica a
sezione costante lungo i quali non deve esserci alcun ostacolo o derivazione;
• le lunghezze dei tronchi rettilinei di tubazione da installare a monte ed a valle dell’elemento di
misura variano secondo la natura dei pezzi che li limitano (curve, gomiti, valvole) e del rapporto dei
diametri  (tra il diametro della strozzatura ed il diametro del condotto primario);
• la tubazione di misura deve presentare una superficie interna pulita, senza incrostazioni, né
corrosioni, né depositi per una lunghezza pari ad almeno 10D a monte e a 4D a valle dell’elemento
primario;
• in caso di presenza di moti rotatori trasversali nella corrente a monte dell’elemento primario è
consigliabile l’utilizzazione di un raddrizzatore. Quest’ultimo deve essere installato tra due tronchi
rettilinei: quello a valle deve avere lunghezza pari ad almeno 22D, quello a monte una lunghezza
pari ad almeno 20D.
Il flussimetro a diaframma è usato quando si può
tollerare la perdita di carico introdotta dal dispositivo.
Il condotto ha un diaframma con un foro circolare.
La pressione statica è misurata sulla parete del
condotto in una stazione subito a monte ed in una
subito a valle del diaframma.
Poiché la corrente si separa dalle pareti sia a monte
che a valle del diaframma, a causa della contrazione
brutale costituita dall'orifizio, il moto, fortemente
vorticoso, non può essere considerato isoentropico.
Inoltre, la corrente continua ad accelerare a valle
dell'orifizio perché si ha la formazione di una vena
contratta e quindi la pressione statica è minore di
quella corrispondente al supposto flusso uniforme
attraverso l'orifizio.
Naturalmente, per il forte scostamento dall’ipotesi di moto isoentropico, il
coefficiente di efflusso, C, non è unitario. Esso varia da 0.6 a 0.8 per rapporti di
contrazione A2/A1 compresi tra 0.2 e 0.75, e per numeri di Reynolds, basati sul
diametro dell'orifizio e sulla velocità nell’orifizio, superiori a 5x104.
Il dispositivo è di basso costo, può essere facilmente adattato a portate diverse
cambiando semplicemente il diaframma.
Piastra del diaframma
s
F
a
c
c
ia
am
o
n
te
F
a
c
c
ia
av
a
lle
0.2 D < d < 0.8 D
d  12.5 mm
0.005 D < s < 0.02 D

s < s < 0.05 D
30°    45°
d
D
s
V
e
rs
od
e
lla
c
o
rre
n
te
per D <100 mm possono essere impiegati
spessori s fino a 5 mm
s
individuali
Prese di pressione
V
e
rs
od
e
lla
c
o
rre
n
te
0
.
5
D
+
0
.
0
5
D
D
d
b
D
+
0
.
1
D
t1
s
D
d

V
e
r
s
o
d
e
l
l
a
c
o
r
r
e
n
t
e
s
c
d
b
c
h f
t1
D
V
e
rs
od
e
lla
c
o
rre
n
te
t1
g
t2
t2
a camera anulare
c
h f
t1
c
t1
g
t2
t2
2
5
+
1
m
m
2
5
+
1
m
m
a D, D/2 e sulle flange
Nel flussimetro a boccaglio
i coefficienti di efflusso molto più
prossimi al valore unitario e possono
essere ottenuti usando un boccaglio al
posto del diaframma, così da ottenere
un efflusso iniziale più regolare.
Esistono due tipi unificati di boccaglio.
La costruzione è ovviamente più
complessa.
Lo strumento è, di fatto, più costoso del
flussimetro a diaframma ed è perciò più
adatto per una installazione
permanente.
I relativi coefficienti di efflusso C sono
compresi tra 0.96 e 0.99 per valori del
rapporto di contrazione 0.3  A2/A1  0.8
e per numeri di Reynolds superiori a 104.
Tubo Venturi (o venturimetro) consiste in un convergente, un tratto a sezione costante ed un
diffusore a piccolo angolo di divergenza.
Le perdite di pressione di ristagno superano di poco quelle che si generano in un tubo a
sezione di uguale lunghezza.
Il dispositivo è piuttosto ingombrante (in lunghezza) e costoso; è adoperato in installazioni
permanenti in centrali di potenza ed impianti chimici.
La pressione statica è misurata all'ingresso del convergente e nella gola; il coefficiente di
efflusso è circa 0.995.
Si deve sottolineare a questo punto che i valori di C indicati sono validi solo per ben
determinati flussimetri di geometria rigorosamente assegnata e quindi hanno solo valore
indicativo per geometrie diverse.
Nelle norme UNI, da cui sono tratte le figure precedenti, sono riportati i disegni dettagliati
dei vari tipi di flussimetri, le norme da seguire nella installazione e nelle misure, la qualità
della lavorazione ed i materiali da adoperare.
Venturimetro classico con convergente grezzo di fonderia:
100mm  D  800mm
0.3    0.75
2105  Re  2106
Venturimetro classico con convergente lavorato:
50mm  D  250mm
0.4    0.75
2105  Re  106
Venturimetro classico di lamiera saldata:
200mm  D  1200mm
0.4    0.7
2105  Re  2106
V-cone
La portata con i misuratori a pressione differenziale finora descritti viene calcolata
dall’equazione di Bernouilli, che è valida nel rispetto di alcune ipotesi tra cui quella di
moto completamente sviluppato. È per questo motivo che i dispositivi sopra citati devono
essere inseriti in tratti rettilinei; nel caso di condutture di grande diametro, la lunghezza
dei tratti rettilinei aumenta da renderne impraticabile l’utilizzo. Un misuratore di portata a
pressione differenziale di tipo innovativo che non richiede tratti rettilinei è il V-cone; esso
è costituito essenzialmente da un cono disposto all’interno di un tubo flangiato.
Il cono interagisce con il flusso modificando il profilo di velocità e creando quindi nella
zona di misura le condizioni di flusso completamente sviluppato anche se il dispositivo è
posizionato in condizioni critiche come a valle di brusche variazioni di sezione, curve,
valvole etc. La differenza tra la pressione di parete a monte e la bassa pressione creata a
valle del cono viene utilizzata per calcolare la portata di fluido attraverso l'equazione:
m  C f Y
D 2
2
4
1  4
  1
2  p
d2
D2
dove Cf è un fattore di forma fornito dalla casa costruttrice, Y è il coefficiente di
espansione del fluido, D è il diametro del condotto principale e d è il diametro del cono.
Il V-cone, oltre al minor ingombro (assenza di tratti rettilinei) offre anche altri vantaggi
rispetto ai misuratori a pressione differenziale convenzionali. In particolare, il cono
genera vortici corti che danno luogo ad un segnale di piccola ampiezza ed elevata
frequenza e quindi a maggior stabilità rispetto al segnale ad elevata ampiezza e bassa
frequenza dei vortici lunghi che si formano a valle di un diaframma. La maggiore stabilità
consente misure di piccoli valori di portata.
Ugello sonico
Se si può accettare una grande caduta di pressione si può adoperare un ugello sonico
per misurare la portata; infatti nella gola, nella quale si raggiunge il numero di Mach
unitario si ha
m   U  A 
 2 
p0

A g 
RT0
 g 1
g 1
g 1
 m  p0 ,T0 
per cui la portata può essere determinata da una misura di pressione di ristagno e da
una misura di temperatura di ristagno.
In pratica anche in questo caso bisogna introdurre un coefficiente di efflusso.
Flussimetri non basati su misure di pressione
Esistono altri sistemi di misura della portata basati sulla misura della velocità di
rotazione di una piccola turbina, o di ingranaggi a camme, o spostamenti di volume.
Questi sistemi sono di solito usati come totalizzatori (contatori gas e acqua di città).
Un tipo particolare di flussimetro, detto rotametro, molto
adottato sia in laboratorio che in impianti industriali e
medicali, fornisce una indicazione visiva della portata.
Lo strumento è costituito da un tubo trasparente conico,
disposto verticalmente, nel quale il fluido è introdotto dal
basso.
Un galleggiante inserito nel tubo si dispone all’altezza alla
quale la sezione libera tra tubo e galleggiante genera una
velocità per la quale la resistenza sommata alla forza di
galleggiamento eguaglia il peso del galleggiante.
In genere i singoli rotametri disponibili in commercio hanno
una scala stampata sul tubo nella quale la portata massima è uguale a dieci volte la
portata minima.
Spesso è fornita una serie di galleggianti di massa diversa in modo da poter utilizzare lo
stesso tubo per misurare portate diverse. Sono disponibili rotametri per un gran
numero di gas a pressioni diverse e per molti liquidi di interesse industriale.
Il principio di funzionamento è basato sull’equilibrio del galleggiante.
La portata di massa vale:
m  C  VAe
dove C è il coefficiente di efflusso, V è la velocità del fluido ed Ae è l’area della sezione di
efflusso compresa tra il galleggiante e la tubazione. Il valore della portata corrisponde alla
posizione di equilibrio, sulla scala graduata, assunta dal galleggiante. La portata varia
linearmente con l’area della sezione di efflusso; da ciò discende che:
- si può variare il campo di portate cambiando il galleggiante;
- si può utilizzare la stessa curva di taratura per tutte le possibili
condizioni di impiego correggendo il valore della portata in base alla
relazione: con la densità calcolata alle effettive condizioni.
m 1

m 2
m 1


m2
f1
f2
1
2
Il rotametro va installato in posizione rigorosamente verticale e va curata la pulizia della
parete interna.