LA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
La terapia cognitivo - comportamentale (TCC) nasce intorno agli anni ’60 grazie a Aaron.T. Beck, ad
integrare i due approcci teorici.
Il Cognitivismo, infatti, si sviluppa dopo il 1967, anno in cui esce “ Psicologia Cognitivista” di Ulric
Neisser, e dopo un numero del “British Medical Bullettin” del 1971, a cura di A. Summerfield, chiamato,
appunto, “La psicologia cognitivista”, come filiazione del Comportamentismo (Behaviourismo o psicologia
comportamentale).
Quest’ultimo movimento, nato ufficialmente nel 1913, grazie a J.B. Watson, che in un suo articolo, “La
psicologia così come la vede il comportamentista”, esplica la nuova metodologia, la quale propone di andare
ad indagare il comportamento osservabile piuttosto che la psiche (termine greco, che significa anima, mente,
coscienza) nel senso stretto del termine, come veniva intesa, per esempio, dalla psicoanalisi freudiana o
junghiana. Tra i maggiori esponenti ricordiamo Pavlov, Skinner, Woodworth, Cattell e Tolman.
Il modello comportamentista prevede:
• Il metodo sperimentale;
• La mente viene considerata come una “black box” (scatola nera) il cui funzionamento interno non è
dato conoscere;
• Associazione tra stimolo (S) e risposta comportamentale (R) mediata dall’oggetto- variabilità
individuale, non biologica (O);
• Il meccanismo del condizionamento, in base al quale l'associazione ripetuta di uno stimolo, detto
stimolo neutro, con una risposta che non è ad esso direttamente correlata, farà sì che, dopo un
periodo di tempo, a tale stimolo segua la risposta condizionata (es. somministrazione del cibosalivazione);
• L’apprendimento come processo graduale, per “tentativi ed errori” che ne consegue (come
osservato dagli studi di E.L.Thorndike).
• La legge empirica dell’effetto (dello stesso Thorndike) secondo cui “un’azione accompagnata o
seguita da uno stato di soddisfazione tenderà a ripresentarsi più spesso, un’azione seguita da uno
stato d’insoddisfazione tenderà a ripresentarsi meno spesso”.
Il Cognitivismo, invece, si muove da qui per differenziarsi da esso dal momento che pone al centro del suo
interesse un soggetto attivo, non passivo come nel Comportamentismo, che comprende la realtà circostante
grazie a processi mentali quali la percezione, il pensiero, il linguaggio, la memoria; per questo la mente
umana è vista come un elaboratore d’informazione provenienti dall’ambiente (HIP – Human Information
Processing).
Da questa premessa teorica, ed il breve excursus storico su alcune correnti della Storia della Psicologia,
vediamo come la terapia cognitivo- comportamentale parte dall’assunto che il modo in cui le persone
interpretano le loro esperienze incida significativamente sui loro sentimenti, atteggiamenti e quindi
comportamenti, ed i pensieri che generano sofferenza psicologica sono chiamati “pensieri automatici”, al di
fuori della consapevolezza individuale.
Alla base dei disturbi ci sarebbero credenze distorte ed aspettative disfunzionali che causano reazioni
affettive e manifestazioni sintomatiche, come nel caso della depressione (Beck, 1976).
In particolare, possiamo far riferimento alla Teoria dell’azione ragionata ( Fishbein & Ajzen, 1975) per
capire il passaggio dal pensiero all’atto.
I due autori suggeriscono che il comportamento di una persona è determinato dalla sua intenzione ad agire e
che questa intenzione è, a sua volta, funzione della attitudine dell’individuo verso il comportamento ed
influenzato dalle norme soggettive. Pertanto il miglior predittore del comportamento è l’intenzione , come
processo cognitivo determinato da tre cose: 1. L’attitudine – atteggiamento ( livello cognitivo,affettivo e
conativo ) verso il comportamento specifico; 2. Le norme soggettive e 3. Il controllo comportamentale
percepito. Il ruolo delle caratteristiche dell’ambiente non è da sottovalutare.
Figura 1: (Fonte) Ajzen, I. (1991). The theory of planned behavior. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 50, p.
179-211.
Beck ha riscontrato che le credenze e gli errori cognitivi tipici della depressione riguardano una triade
cognitiva che comprende:
- una visione negativa di sé: in termini di valore personale (“sono un perdente”; “sono un fallito”) e in
termini
di amabilità/desiderabilità sociale (“nessuno mi ama”; “non sono una persona degna di amore”);
- una visione negativa del mondo (“Il mondo è un luogo cattivo e infelice”; “gli altri approfittano di me”; “la
vita
è ingiusta nei miei riguardi");
- aspettative negative circa il futuro (“Non cambierà mai nulla”; “Sarò sempre un fallito”).
Rispetto alle distorsioni cognitive Beck sostiene che tutti noi siamo continuamente impegnati
nell’attribuzione
di significato agli eventi di vita e che, nel caso dei pazienti depressi, la valutazione di tali eventi sia spesso
distorta a seguito dell’intervento di differenti processi chiamati Distorsioni Cognitive.
Esse sono:
- Deduzione arbitraria: la persona arriva a conclusioni in assenza di prove a sostegno di esse o, addirittura,
in presenza di evidenze contrarie alla conclusione raggiunta.
- Astrazione selettiva: la persona focalizza la sua attenzione su un dettaglio che viene estrapolato da un
contesto e preso a fondamento della sua ipotesi negativa, trascurando gli altri dati (effetto alone).
- Ipergeneralizzazione: la persona formula una regola generale o trae una conclusione assoluta da eventi
singoli e generalizzandola a situazioni non necessariamente connesse al caso specifico.
- Minimizzazione o Massimizzazione: la persona minimizza o massimizza l’importanza di un evento.
- Personalizzazione: la persona attribuisce arbitrariamente a sé eventi esterni che potrebbero non avere
alcuna relazione con sé (locus of control interno).
- Pensiero dicotomico o assolutistico: la persona tende a vedere tutto in termini di “bianco e nero”, cioè
divide gli eventi in due categorie che si autoescludono, senza cogliere le sfumature.
- Autocolpevolizzazione: la persona tende ad attribuire a sé la completa responsabilità di qualsiasi evento
negativo. Eventi fortuiti e positivi, invece, si attribuiscono a cause esterne (locus of control esterno).
Tabella 1- Esempio.
Di tutte le Terapie Cognitivo Comportamentali, il modello di Beck ha ricevuto il più gran numero di
verifiche empiriche, validazioni, e applicazioni cliniche (Barlow & Hofmann, 1997; De Oliveira, 1998;
Dobson e Pusch, 1993; Hollon, 1998; Rehm, 1990; Roberts & Hartlage, 1996; Scott, 1996a.)
La si deve considerare come una terapia pragmatica ed incisiva, infatti, si focalizza sul presente del paziente,
di cui si vanno ad analizzare i processi cognitivi, schemi mentali e categorie che producono un’analisi
distorta della realtà, in particolare si modifica la percezione soggettiva della stessa.
Per questo il percorso terapeutico è a breve termine ed orientato al problem solving.
Tale psicoterapia si basa sul cosiddetto "Modello A-B-C", (Antecedence-Belief-Consequence). In questo
modello:
• "Antecedence"(antecedente) : rappresenta la condizione in cui il soggetto percipiente si trova
precedentemente all'insorgere del comportamento problematico "consequence" (es. attacco di
panico).
• "Belief"( credenza): rappresenta la credenza, convinzione, idea o immagine mentale in seguito alla
quale si produce il comportamento problematico.
Il modello interpretativo prevede che spesso gli individui, nella loro esperienza quotidiana, passino dallo
stato "antecedence" direttamente a "consequence" senza la consapevolezza dei loro "beliefs" i quali
scatenano una reazione psicofisiologica, emotiva o comportamentale problematica, spesso incomprensibile e
inaspettata, che è dunque fonte di disturbo o apprensione per il soggetto tale da influire sul suo
comportamento.
L'obiettivo del terapeuta cognitivo-comportamentale è dunque di ridurre il comportamento di evitamento,
facilitare un reframing cognitivo (ristrutturazione cognitiva) attraverso prese di coscienza, ed aiutare il
paziente a sviluppare abilità di coping (capacità di fronteggiare certe situazioni).
Per raggiungere questi obiettivi, una delle tecniche principali consiste nell'esposizione sistematica del
paziente alla situazione temuta, per comprenderla ed indagarla meglio ovvero direttamente "sul campo". Con
questa terapia risulta dunque possibile monitorare l'influenza dell'ambiente a fini correttivi, attuando una
sorta di retroazione (feedback).
Tra le tante tecniche utilizzate annoveriamo : il problem solving e il decision making ( risoluzione dei
problemi e presa di decisione), gli esperimenti comportamentali ed il role playing ( di mimesi del reale,
andando ad incidere sulla capacità anticipatoria e autoregolatoria del soggetto) , il monitoraggio e la
programmazione delle attività, la distrazione e la rifocalizzazione, le tecniche di rilassamento, i coping cards,
l’esposizione graduale.
Si comincia con un colloquio conoscitivo in cui si cerca di stabilire con il paziente una “alleanza terapeutica”
al fine di stilare, in seguito, un vero e proprio “contratto terapeutico” con lo stesso, in cui è sempre
esplicitato gli obiettivi, i compiti del paziente, le finalità della terapia, le tecniche che verranno utilizzate,
nonché i tempi, il costo e le probabilità di successo della terapia.
Nella fase di anamnesi ( assessment cognitivo comportamentale) oltre al colloquio clinico, si somministrano
al soggetto test psicodiagnostici e ci si focalizza sullo stato emotivo del paziente,sulle esperienze topiche
della sua esistenza, si prefigurano le difficoltà attuali e lo stato futuro.
Al progetto terapeutico seguirà l’intervento terapeutico vero e proprio in un clima positivo, di fiducia
reciproca fino a quando il paziente non si sentirà meglio; ci potranno essere sedute di richiamo per fare il
punto della situazione ( follow –up) con scadenze trimestrali, semestrali ed annuali dalla conclusione della
terapia.
Numerosi studi hanno dimostrato che la TCC è efficace nel trattamento di una vasta gamma di disturbi
psicologici: la depressione, l’ansia, gli attacchi di panico, il disturbo ossessivo-compulsivo, le fobie, i
disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, obesità psicogena), le forme di stress posttraumatico (trauma emotivo e fisico/sessuale), i disturbi del sonno, i disturbi da dipendenza da alcool,
droghe, affettiva, sessuale e da internet, le disfunzioni sessuali, i problemi di coppia, i disturbi di personalità
e, combinata alla somministrazione appropriata di farmaci, il disturbo bipolare e la schizofrenia.
AMBITI DI INTERVENTO
• Adulti:
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Disturbi d'ansia
Ansia sociale
Attacchi di panico
Agorafobia
Disturbo bipolare
Depressione post partum
Depressione
Disturbo ossessivo compulsivo
Disturbo post traumatico da stress
Disturbi sessuali
Disturbi internet correlati
Disturbi alimentari
Colon irritabile
Disturbi di personalità
Disturbi del sonno
ADHD adulti
Sindrome di affaticamento cronico
Schizofrenia
Morte e Lutto
Bambini ed adolescenti: in questa fase evolutiva così delicata si vanno ad approfondire
le dinamiche famigliari, scolastiche ed ambientali ( i “fattori protettivi”) con il supporto
di un team multidisciplinare che effettuerà una valutazione ed intervento psicologico sui
fattori di crisi:
Valutazione e trattamento in età evolutiva
Ansia da separazione
Disturbo ossessivo compulsivo infantile
Ansia generalizzata
Fobie specifiche
Terrore notturno
Sonnambulismo
Insonnia del bambino
Timidezza (ansia sociale)
Disturbi dell'apprendimento
Disturbo da deficit di attenzione ed iperattività (ADHD)
Disturbo oppositivo provocatorio
Disturbo della condotta
Depressione infantile
Bullismo
Autismo
Ritardo mentale
Pipì addosso (enuresi)
Cacca addosso (encopresi)
• Per la coppia:
Terapia di Coppia
Adozioni
Sostegno alla genitorialità eterosessuale
• In gruppo:
o
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Mindfulness
Training autogeno
Perdere peso
Assertività
• A lavoro:
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Il Bilancio delle competenze
Stress lavoro-correlato
Mobbing
Burn-out
Dipendenza da lavoro (work alcoholism)
Le sedute terapeutiche seguono le regole del setting psicologico :
• All’interno di uno studio, arredato con tavolo, poltrone e scrivania;
• Il terapeuta ed il cliente sono seduti faccia a faccia;
• Durata : circa 1 ora con frequenza settimanale;
• In un clima collaborativo, si stabiliscono di volta in volta i “ compiti a casa” (homework) ,
personalizzati per ciascun paziente e commentati in seduta o via email secondo il modello della
psicoeducazione. Dopo un primo controllo dell’umore del paziente, si fissa la “scaletta della
giornata” con i temi da trattare in seduta;
• Il paziente potrà valutare l’efficacia del trattamento ( da cui non si escludono l’utilizzo di farmaci a
seconda della gravità del disturbo) dopo tre- quattro settimane dall’inizio della terapia;
• In questo modo il paziente aumenterà la propria autostima ed autoefficacia personale ( Bandura,
1986) in seguito all’apprendimento ed al rafforzamento delle sue skills ( cognitive, emotive,
comportamentali, relazionali) e non si sentirà più “un pesce fuor d’acqua”…