Corrias-DirCiv1-13 Causa del contratto di assicurazione

annuncio pubblicitario
15.08
Abbonamenti nelle migliori librerie, presso i nostri agenti e sul sito www.cedam.com
PROPRIETÀ LETTERARIA
00140303
9!BM CF>:RQUWUX!
5!;E ; F:SORORS!
€ 35,00
PRINTED IN ITALY
2013
FONDATA E RETTA DA
WALTER BIGIAVI
(1955-1968)
E
ALBERTO TRABUCCHI
(1968-1998)
COMITATO DI DIREZIONE
C. MASSIMO BIANCA FRANCESCO D. BUSNELLI
GIORGIO CIAN ANGELO FALZEA GIOVANNI GABRIELLI
ANTONIO GAMBARO NATALINO IRTI GIUSEPPE B. PORTALE
ANDREA PROTO PISANI PIETRO RESCIGNO RODOLFO SACCO
VINCENZO SCALISI PIERO SCHLESINGER
PAOLO SPADA VINCENZO VARANO
E
GUIDO CALABRESI ERIK JAYME DENIS MAZEAUD
ÁNGEL ROJO FERNÁNDEZ-RIO
T. A
OT N
NIO MILANI
TO
ISBN 978-88-13-32686-9
STAMPATO IN ITALIA
N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO
ANNO LIX
D
1) «ADL - Argomenti di diritto del lavoro» (bimestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia
€ 167,00, Estero € 195,00.
2) «Contratto e Impresa» (bimestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia € 190,00, Estero
€ 231,00.
3) «Contratto e Impresa/Europa» (semestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia € 118,00,
Estero € 156,00.
4) «Diritto e Pratica Tributaria» (bimestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia € 286,00,
Estero € 380,00.
5) «Diritto e Pratica Tributaria Internazionale» (quadrimestrale - solo on-line): prezzo di
abbonamento € 97,00.
6) «Il Diritto Fallimentare e delle Società Commerciali» (bimestrale): prezzo di abbonamento
per l’Italia € 213,00, Estero € 265,00.
7) «Diritto penale XXI secolo» (semestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia € 75,00, Estero
€ 93,00.
8) «L’Indice Penale» (semestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia € 117,00, Estero € 144,00.
9) «La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata» (mensile): prezzo di abbonamento per l’Italia
€ 225,00, Estero € 289,00.
10) «Le Nuove Leggi Civili Commentate» (bimestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia
€ 193,00, Estero € 264,00.
11) «Rivista di Diritto Civile» (bimestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia € 173,00, Estero
€ 221,00.
12) «Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale» (trimestrale): prezzo di abbonamento
per l’Italia € 149,00, Estero € 198,00.
13) «Rivista di Diritto Processuale» (bimestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia € 178,00,
Estero € 207,00.
14) «Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell’Economia» (trimestrale): prezzo di abbonamento
per l’Italia € 154,00, Estero € 203,00.
15) «Studium Iuris» (mensile): prezzo di abbonamento a 12 numeri per l’Italia € 151,00, Estero
€ 208,00.
16) «Rassegna dell’Energia Elettrica» (trimestrale): prezzo di abbonamento per l’Italia € 120,00,
Estero € 156,00.
ISSN 0035-6093
CASA EDITRICE
ELENCO E PREZZI DEI PERIODICI «CEDAM» per il 2013
2013
19/02/13
ANNO LIX - N. 1
1
R I V I S T A D I D I R I T T O C I V I L E
DIR-CIV1-13 OK.pdf
CEDA
CEDAM - CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI
PADOVA
Pubbl. bimestrale - Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.a. - Sped. in abb. post. - D. L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano
Paoloefisio Corrias
Prof. ord. dell’Università di Cagliari
LA CAUSA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE:
TIPO ASSICURATIVO O TIPI ASSICURATIVI? (*)
Sommario: 1. Contratto di assicurazione e contratti emessi da imprese di assicurazione. —
1.1. I contratti aventi ad oggetto prestazioni di facere. — 2. Le diverse concezioni del
contratto di assicurazione. — 2.1. Le tesi unitarie. — 2.1.1. La teoria indennitaria. —
2.1.2. La teoria del bisogno eventuale. — 2.2. Le impostazioni dualistiche — 3. Il quid
proprium dei contratti strettamente assicurativi. — 4. Tipo assicurativo o tipi assicurativi? — 4.1. Le assicurazioni di eventi dannosi. — 4.2. Le assicurazioni di eventi attinenti alla vita umana. — 5. I contratti assicurativi nel sistema dei contratti aleatori. —
6. L’insuperabile dicotomia funzionale del contratto di assicurazione nell’ordinamento
italiano. — 6.1. Le assicurazioni della salute.
1. — Il problema della visione in termini unitari ovvero dicotomici del
contratto di assicurazione, si pone unicamente con riguardo alle fattispecie di
cui all’art. 1882 c.c. È, viceversa, estraneo ai negozi che, pur essendo suscettibili di essere legittimamente stipulati dalle imprese assicurative, in quanto inclusi dalla legge nel loro oggetto sociale (art. 11, comma 2o, c. ass.), non presentano una natura propriamente assicurativa.
La complessiva attività contrattuale dell’assicuratore, descritta nei rami
vita e danni (art. 2, commi 1o e 3o, cod. ass.) e individuata dall’espressione
« contratti emessi da imprese di assicurazione » (art. 1, lett. ss), c. ass.), suggerisce, dunque, una prima summa divisio tra i contratti assicurativi in senso
stretto, contemplati dal codice civile e caratterizzati da una serie di elementi
— che verranno precisati nel prosieguo (1) — tra i quali si staglia la possibile
incidenza di un evento futuro ed incerto sulle posizioni soggettive dei contraenti (c.d. rischio extracontrattuale, art. 1895 c.c.), e quelli che assicurativi
non sono (2).
I primi sono racchiusi nelle due specifiche tipologie, tradizionalmente indicate con le locuzioni « assicurazioni contro danni » e « assicurazioni sulla
vita », considerate dal legislatore del ’42 e munite tanto di una porzione di disciplina comune (Sezione I, Capo XX, Titolo III, Libro IV, c.c.) quanto di una
(*) Contributo destinato al Liber amicorum per il prof. Angelo Luminoso.
( 1 ) Infra, par. 3.
( 2 ) La conseguenza più significativa, in punto di disciplina, riposa sull’inapplicabilità,
almeno in via diretta, ai secondi del cospicuo blocco di norme codicistiche sul contratto di
assicurazione (v., infra, par. 6).
42
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
regolamentazione distinta per comparto e contenuta prevalentemente — ma
non esclusivamente — nelle Sezioni II e III del menzionato Capo XX (3).
I secondi sono costituiti da una variegata gamma di figure che, per diverse ragioni, il legislatore settoriale ha scelto di includere nell’oggetto sociale
delle imprese di assicurazione, quantunque non presentino un’indole assicurativa.
Le più significative di queste sono sicuramente costituite dai « prodotti
finanziari emessi dalle imprese di assicurazione » (art. 1, comma 1o, lett.
w-bis), T.U.F.), ossia dalle polizze (previste dagli artt. 2, comma 1o, ramo III
vita e 41 c. ass.) nel cui ambito le prestazioni dell’assicuratore sono direttamente collegate alla redditività o al valore di fondi collettivi di investimento
interni od esterni all’impresa (Unit linked) o ad indici azionari o altri valori di
riferimento (Index linked) (4) e dal contratto di capitalizzazione (artt. 2, comma 1o, ramo V vita e 179 c. ass.) (5). Inoltre, nonostante l’omessa menzione
nella ricordata lettera w-bis, riteniamo che siano da considerare operazioni
che presentano una matrice squisitamente finanziaria anche le operazioni di
gestione dei fondi pensione del ramo VI vita (6).
Con riguardo a queste figure è riscontrabile, per quello che riguarda i
profili precontrattuali e contrattuali, la sottoposizione ad una porzione significativa della disciplina del T.U.F., per le polizze dei rami III e V e del d. legisl. 252/2005, per quelle del ramo VI.
Al di fuori da tale ambito, un’importante e sicura manifestazione di contratto « non assicurativo » può rinvenirsi nelle polizze cauzionali o fideiusso( 3 ) È opportuno precisare che la corrispondenza della ripartizione in tre sezioni della
disciplina del contratto di assicurazione alla distinzione tra norme generali (id est: riferibili
a tutti i contratti assicurativi), norme proprie della assicurazione contro i danni e norme riferite alla assicurazione sulla vita è da considerarsi solo tendenziale, posto che alcune disposizioni della prima sezione sono sicuramente applicabili alle sole assicurazioni contro i
danni (artt. 1887, 1889, 1899 e 1901) mentre l’applicabilità di altre (artt. 1891, 1896,
1897 e 1898, 1900) alle assicurazioni sulla vita è assai controversa e, comunque, non frequente e marginale. Di qui i seguenti rilievi: 1) diverse disposizioni definite generali fanno,
in realtà, parte integrante della disciplina delle assicurazioni contro i danni; 2) l’ambito codicistico di disciplina comune dei due modelli risulta alquanto ristretto.
( 4 ) Sulla natura di tali contratti, v., per tutti, Gambino, La responsabilità e le azioni
privatistiche nella distribuzione dei prodotti finanziari di matrice assicurativa e bancaria,
in Assicuraz., 2007, p. 191 ss., spec. p. 194 ss. e, anche per ulteriori riferimenti aggiornati,
Piras, Le polizze variabili nell’ordinamento italiano, Milano 2011; Volpe Putzolu, Le polizze linked tra norme comunitarie, Tuf e codice civile, in Assicuraz., 2012, p. 399 ss.
( 5 ) In ordine a tale figura, cfr., in luogo di altri, Gandini, Sub art. 40, in La nuova disciplina dell’impresa di assicurazione sulla vita in attuazione della terza direttiva, a cura
di Partesotti e Ricolfi, Padova 2000, p. 393. Inoltre, sia consentito un rinvio a Corrias,
Contratto di capitalizzazione e attività assicurativa, Milano 2011.
( 6 ) Costituisce opinione pacifica. V., comunque, Costi, I prodotti finanziari emessi dalle banche e dalle imprese di assicurazione, in I prodotti finanziari bancari ed assicurativi
(In ricordo di Gaetano Castellano), Milano 2008, p. 29. Sulla attività assicurativa di gestione dei fondi pensione v. Martina, Fondi pensione chiusi e gestione dei rischi, Milano 2008.
SAGGI
43
rie contemplate nel comparto danni (ramo 15, art. 2, comma 3o, c. ass.) e
connotate dalla clausola a prima richiesta e senza eccezioni posto che, secondo un condivisibile orientamento, oramai consolidatosi anche in giurisprudenza (7), tali operazioni configurano garanzie personali del credito assimilabili, nella sostanza, al c.d. contratto autonomo di garanzia (8).
1.1. — Alquanto controversa, è l’inclusione nel novero dei contratti propriamente assicurativi dei negozi, contemplati nella disciplina extracodicistica, che possono avere ad oggetto una prestazione di facere da parte dell’assicuratore, ossia le assicurazioni di assistenza (9) e di tutela legale (10).
Quantunque, infatti, in tali contesti non manchi il rischio di un evento
futuro ed incerto e, pertanto, emerga un sicuro carattere aleatorio (11), è stata
però messa in discussione l’astratta compatibilità della prestazione in natura,
promessa dall’impresa, con l’obbligazione pecuniaria di pagamento dell’indennizzo che parrebbe connotare lo schema codicistico dell’assicurazione
(contro i danni) (12).
Riteniamo, peraltro, che tale obiezione possa essere agevolmente superata
alla luce del principio generale di equipollenza tra risarcimento per equiva( 7 ) È sufficiente ricordare la nota pronuncia della Suprema Corte a sezioni unite del 18
febbraio 2010, n. 3947 (con riguardo alla quale può vedersi il commento di Tartaglia, Le
polizze fideiussorie, il contratto autonomo di garanzia e le sezioni unite, in Giust. civ.,
2011, I, p. 497 ss.) nonché, la successiva Cass. 10 gennaio 2012, n. 65.
( 8 ) Sulle ragioni per le quali va recisamente esclusa l’indole assicurativa delle polizze fideiussorie, sia consentito, anche per gli opportuni riferimenti, di rinviare a Corrias, Garanzia pura e contratti di rischio, Milano 2006, p. 493 ss. Inoltre cfr., recentemente, Calvo, Il
contratto di assicurazione (Fattispecie ed effetti), nel Tratt. Franzoni, Milano 2012, p. 159
ss.
( 9 ) Contemplate e disciplinate dagli artt. 1, comma 3o, ramo 18 danni, 175 e 346 c.
ass., nonché dall’art. 5 del Regolamento ISVAP n. 26/2009 e del Regolamento ISVAP n.
12/2008. Cfr., tra gli altri, Scalfi, L’assicurazione tra rischio e finanza, Milano 1992, p. 10
ss.; Candian, Il contratto di assistenza, in I contratti del commercio, dell’industria e del
mercato finanziario, diretto da Galgano, III, Torino 1995, p. 2559 ss., spec. 2581 ss.; Volpe Putzolu, Prestazione di servizi nell’evoluzione del rapporto assicurativo, in Assicuraz.,
2000, I, p. 7 ss.; Capotosti, L’assistenza turistica: un nuovo ramo di assicurazione?, in Assicuraz., 1981, II, p. 64 ss.
( 10 ) Artt. 1, comma 3o, ramo 17 danni e 163-164, 173-174 c. ass. V., in luogo di altri,
Farsaci, L’assicurazione di tutela legale e di assistenza, Milano 2008, p. 44 ss.
( 11 ) Il punto, sostanzialmente incontroverso, è rimarcato dagli autori richiamati nelle
due note precedenti.
( 12 ) V., in proposito, Pret. Torino, 12 maggio 1986, in Assicuraz., 1988, p. 88 ss., spec.
p. 93 s. (peraltro riformata in secondo grado da Trib. Torino, 29 marzo 1990, in Assicuraz., 1991, p. 141). Implicitamente, Salandra, Liceità del contratto di assistenza automobilistica, in Assicuraz., 1937, II, p. 43. È appena il caso di rilevare che la prassi ha sempre
previsto prestazioni (ancorché accessorie) in natura anche nell’ambito di figure strettamente assicurative. Si pensi alla c.d. assicurazione cristalli, dove l’assicuratore garantisce il ripristino della lastra spezzata, o al c.d. patto di gestione della lite che spesso accede alle assicurazioni di responsabilità civile.
44
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
lente ed in forma specifica — sancito, nel nostro sistema, dall’art. 2058 c.c.
— il quale induce a ritenere che anche l’interesse dell’assicurato alla reintegrazione del proprio patrimonio, al quale fanno riferimento gli artt. 1882 e
1904 c.c., sia suscettibile di essere realizzato con diverse modalità (13).
V’è però una ragione ancora più profonda che, a nostro modo di vedere,
dirada ogni residuo dubbio in proposito. Essa poggia sull’istituto del salvataggio, e segnatamente, sulla facoltà — attribuita espressamente all’assicuratore dall’art. 1914, comma 4o, c.c. — di intervenire direttamente nella fase
temporale che intercorre tra la verificazione del sinistro e il momento nel quale si manifesta (o può manifestarsi) il danno, proprio al fine di evitare o diminuire il danno medesimo. Se, infatti, la legge consente sempre all’assicuratore
di effettuare una prestazione in natura per (cercare di) impedire che l’assicurato subisca le conseguenze negative di un evento dannoso, non può negarsi
la riconducibilità allo schema assicurativo delle ipotesi nelle quali le parti
programmano ab origine la realizzazione dell’interesse dell’assicurato mediante un prestazione di facere dell’assicuratore, sia essa preventiva o successiva rispetto alla verificazione del danno.
Su queste basi non dovrebbe dubitarsi dell’indole assicurativa delle assicurazioni di tutela legale, non solo quando l’impresa si fa carico delle spese
legali o peritali ma anche nelle ipotesi nelle quali, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 173 c. ass., promette all’assicurato le prestazioni —
in natura — occorrenti per la difesa dei suoi interessi in sede giudiziale ed extragiudiziale.
Con riguardo alle assicurazioni di assistenza, invece, emergono ostacoli di
altra natura che non consentono di giungere alla stessa conclusione. Nel modello di cui all’art. 175 c. ass., infatti, l’incertezza attiene non ad una situazione dannosa ma ad una situazione di difficoltà, pericolo o emergenza — che
non necessariamente determina una perdita patrimoniale —, a fronte della
quale l’interesse dell’assicurato consiste nell’immediato superamento della
stessa. La legge ha, quindi, previsto un pronto e tempestivo intervento —
spesso altamente specializzato — dell’impresa a favore dell’assicurato, che
non è in toto riconducibile alle esigenze squisitamente economiche per la realizzazione delle quali sono oggettivamente predisposti i due modelli contemplati dall’art. 1882 c.c. Per esercitare il ramo 18, in definitiva, è essenziale
che l’impresa sia munita di una particolare organizzazione — nell’ambito della quale assume un rilievo preponderante la c.d. centrale operativa — atta a
garantire la tempestività e l’efficacia degli interventi (14), non essendo, per
( 13 ) Trattasi di un rilievo ampiamente condiviso. V. gli autori citati supra alle nn. 9 e
10. Sui caratteri del rimedio di cui all’ art. 2058 c.c. reputiamo sufficiente richiamare i
contributi di R. Scognamiglio, Il risarcimento del danno in forma specifica, in R. trim. d.
proc. civ., 1957, p. 201 ss., spec. p. 228 ss. e D’Adda, Il risarcimento in forma specifica
(Oggetto e funzioni), Padova 2002, spec. p. 121 ss.
( 14 ) Puntualmente, Volpe Putzolu, (nt. 9), pp. 9 e 17 ss. In senso analogo Candian,
(nt. 9), pp. 2594 e 2598.
SAGGI
45
contro, sufficiente — diversamente da quanto vale per i contratti assicurativi
veri e propri — che presenti unicamente i requisiti patrimoniali necessari per
garantire la copertura dei costi degli interventi medesimi (15).
Questa profonda differenza, rispetto al modello assicurativo, dell’evento
incerto al quale è subordinata la prestazione dell’impresa, nonché, di conseguenza, dell’oggetto di quest’ultima, determina un significativo arricchimento
della causa del contratto di assistenza, che, a nostro avviso, non consente di
includere lo stesso nel perimetro strettamente assicurativo (16). Viceversa parrebbe di essere innanzi ad un tipo autonomo di contratto aleatorio — suscettibile di essere stipulato dalle imprese di assicurazione — che presenta elementi sia dell’assicurazione contro i danni, in relazione al rapporto tra il premio corrisposto dall’assicurato ed il costo della prestazione futura ed incerta
dell’impresa, che dell’appalto di servizi, in ordine ai caratteri e alle modalità
di esecuzione della stessa prestazione.
2. — Soffermandoci sui contratti strettamente assicurativi, osserviamo
che l’impostazione dicotomica secondo cui l’art. 1882 c.c., esprimerebbe due
modelli irriducibili ad unità, è stata sostenuta con vigore dalla dottrina prevalente, sia con riguardo all’abrogato codice di commercio (17) che negli anni
immediatamente successivi alla emanazione del vigente codice civile (18). Negli anni ’60, tuttavia, tale radicata convinzione, fondata soprattutto sulla formulazione letterale dell’art. 1882 c.c., è stata messa in discussione con il diffondersi dell’assicurazione privata contro gli infortuni (19), la cui complessi( 15 ) Così, Capotosti, (nt. 9), p. 72.
( 16 ) Conformemente a quanto sostenuto nel testo, Capotosti, (nt. 9), pp. 69 s., 74; prevale, tuttavia, l’opinione contraria (Candian, (nt. 9), pp. 2596 s.; Scalfi, (nt. 9), pp. 12, 31;
Id., Dalla classificazione dualistica alla concezione pluralistica dei contratti di assicurazione: contratto o contratti di assicurazione?, in Assicuraz., p. 146 s.; Farsaci, (nt. 9), p. 239
s.), secondo cui tali figure darebbero luogo ad un tipo strettamente assicurativo, ancorché
autonomo — ossia diverso sia dalle assicurazioni contro i danni che da quelle sulla vita —,
al quale, conseguentemente, si applicherebbero, in via diretta, le disposizioni generali del
codice civile sul contratto di assicurazione. Sul punto v. anche infra, par. 4.
( 17 ) Cfr., senza alcuna pretesa di completezza, Valeri, La classificazione dei contratti
di assicurazione, in R. d. comm., 1930, 347 ss., spec. 356; Brunetti, La teoria giuridica del
contratto di assicurazione, in Assicuraz., 1935, I, p. 438 ss.; Devoto, Alcune considerazioni
giuridiche sul contratto di assicurazione, in Saggi in scienze assicurative dell’Università di
Pisa, Pisa 1935, p. 57 ss., spec. pp. 60, 62, 87 ss.
( 18 ) V., tra gli altri, Ferri, Manuale di diritto commerciale5, Torino 1980, p. 925 s.;
Graziani, Manuale di diritto commerciale6, Napoli 1961, pp. 234 s., 251 s. e, seppure in
una prospettiva particolare che verrà sintetizzata nel prosieguo, Volpe Putzolu, L’assicurazione privata contro gli infortuni, Milano 1968, p. 119 ss., spec. p. 126 s. La rappresentazione più compiuta della teoria, peraltro, si deve a Fanelli, Le assicurazioni, nel Trattato
Cicu-Messineo, XXXVI, 1, Milano 1973, pp. 90 ss., 461 ss.; Id., La « summa divisio » delle
assicurazioni private: riflessioni su di un vecchio problema, in F. it., 1962, IV, c. 51 ss. Ad
essa, pertanto, si farà d’ora innanzi principalmente riferimento.
( 19 ) Allo stato la problematica è riferibile alle assicurazioni della salute, contemplate
46
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
tà (20) è ben rappresentata dalla — almeno apparente — ricorrenza contestuale di caratteristiche sia dell’assicurazione contro i danni che dell’assicurazione sulla vita, potendo riscontrarsi, in particolare, che la lesione di un interesse di natura non patrimoniale e la previsione di una prestazione
predeterminata in modo forfetario, costituiscono tratti della seconda, mentre
l’idoneità dell’evento a determinare oggettivamente alterazioni, diminuzioni e
peggioramenti di un bene attinente alla persona umana — e, quindi, veri e
propri danni in senso giuridico — richiamano lo schema della prima (21).
Sulla base di questo concreto problema di inquadramento, e, in verità,
anche a seguito del fiorire — nel contesto di un progressivo affinamento dogmatico del metodo giuridico — degli studi sulla causa (e sull’oggetto) del contratto, avvenuto negli anni successivi alla emanazione del codice del ’42, un
nutrito orientamento, ha ritenuto di poter attribuire un fondamento unitario
al contratto di assicurazione (22).
Discostandosi da entrambi i filoni, infine, un’autorevole ma isolata voce
ha avanzato una concezione pluralista del modello codicistico assicurativo,
sostenendo l’esistenza di uno schema aperto, caratterizzato da più sottotipi, in
ragione della varietà delle prestazioni suscettibili di essere promesse dall’impresa (23). Per quanto suggestiva, tuttavia, tale idea non appare idonea ad inficiare l’alternativa tra concezione unitaria e dicotomica appena illustrata, in
quanto siamo persuasi per un verso che alcune delle figure indicate come non
riconducibili all’eventuale binomio vita-danni — ossia le polizze finanziarie e
i contratti di assistenza e di tutela giudiziaria — non appartengano all’area
dei contratti strettamente assicurativi (24); per altro verso che i rimanenti modelli richiamati a sostegno di tale convinzione, ossia le assicurazioni infortuni
e malattie, le assicurazioni della responsabilità civile e la riassicurazione, o
dai rami IV vita e 1 e 2 danni e comprensive dei casi nei quali il bene primario della salute,
da intendersi come integrità psico-fisica dell’individuo, venga compromesso, non solo da un
infortunio o da una malattia, ma anche dalla longevità (v., amplius, infra, par. 6.1.).
( 20 ) Oltre cinquant’anni fa, uno dei più autorevoli studiosi della materia, rilevava che
« la natura giuridica dell’assicurazione infortuni costituisce, in un certo senso, la via maestra per affrontare il più vasto problema della natura giuridica del contratto di assicurazione in generale » (Fanelli, Assicurazione privata contro gli infortuni, in Enc. dir., III, Milano
1958, p. 586).
( 21 ) V., amplius, infra, par. 6.1.
( 22 ) V. gli autori menzionati nel par. successivo. Nella vigenza del codice di commercio
si è levata a favore della concezione unitaria l’autorevole voce di Vivante (Trattato di diritto commerciale5, IV, Le obbligazioni (Contratti e prescrizione), Milano 1928, § 129, n.
1856, 334 ss., spec. p. 338 s. e n. 1863, p. 356), secondo cui il minimo comune denominatore tra ogni specie di assicurazione è costituito da una generica « tecnica di sicurezza che il
contratto permette agli assicurati », considerato « che l’impresa può coprire con sicurezza i
rischi altrui perché può raccogliere mercè le contribuzioni degli assicurati un fondo corrispondente al valore attuale che dovrà loro pagare più tardi ».
( 23 ) Scalfi, (nt. 16), p. 148 s.
( 24 ) V. supra, par. 1.
SAGGI
47
siano ascrivibili ad uno degli schemi nei quali si articola la dicotomia (25) oppure — è il caso della riassicurazione — pongono problemi di individuazione
della fattispecie assai ampi ed articolati e, comunque, non riconducibili al
mero inquadramento tra i contratti assicurativi (26).
2.1. — Nella prospettiva unitaria, parte della dottrina ha sostenuto la natura indennitaria anche dell’assicurazione sulla vita, reputando che la morte e
gli altri eventi della vita suscettibili di essere contemplati, quali la nascita di
un figlio, il matrimonio o la stessa sopravvivenza ad una data età, sarebbero
in qualche modo idonei a determinare un danno in senso lato (27). Altri autori, invece, rilevando che nell’ambito di ogni schema propriamente assicurativo, l’accadimento dell’evento — sia esso dannoso o attinente alla vita umana
— determina, in capo all’assicurato, l’insorgenza di un bisogno economico (28), sono giunti ad assegnare una funzione lato sensu previdenziale ad entrambi i modelli (29).
Non essendo consentito né, peraltro, necessario, in questa sede, procedere
ad un’analisi dettagliata di tutte le varianti di questi due orientamenti (30),
( 25 ) Ciò vale per le prime due figure annoverabili, rispettivamente, alle assicurazioni di
eventi della vita umana (infra, par. 6.1.) e alle assicurazioni di eventi dannosi.
( 26 ) In tal senso, tra gli altri, di recente, Peccennini, Dell’assicurazione (Art. 18821932), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma 2011, p. 274 ss.
( 27 ) Cfr., sebbene sulla base di argomenti talvolta non coincidenti, Donati, Trattato del
diritto delle assicurazioni private, II, Milano 1954, p. 21 s.; Ascarelli, Sul concetto unitario del contratto di assicurazione, in Studi in tema di contratti, Milano 1952, p. 364 ss.
spec. p. 391 ss.; Id., Elisir di lunga vita e interesse nell’assicurazione, in R. trim. d. proc.
civ., 1952, p. 1148 ss.; Buttaro, voce Assicurazione in generale, in Enc. dir., III, Milano
1958, p. 427 ss., spec. p. 435 s., 449, 454; dello stesso a., Assicurazione contro i danni, ivi,
p. 493; Id., Assicurazione sulla vita, ivi, p. 611 ss.; tendenzialmente, Asquini, Su talune recenti vedute circa la posizione giuridica dell’assicurazione contro gli infortuni, in Studi sulle assicurazioni, Roma 1963, p. 5.
( 28 ) La più diffusa illustrazione della teoria, c.d. economica, si deve a Gobbi, Osservazioni sulla relazione tra caratteri economici e giuridici dell’assicurazione, in Assicuraz.,
1936, p. 249 ss.
( 29 ) Cfr., in luogo di altri, Santoro Passarelli, Rischio e bisogno nella previdenza sociale, in R. it. prev. soc., 1948, p. 188; Id., Funzioni delle assicurazioni private e delle assicurazioni sociali, in Assicuraz., 1962, p. 45. Viene correttamente ascritta a tale orientamento anche l’isolata opinione secondo cui le due figure assicurative previste dall’art. 1882
c.c., presenterebbero come tratto comune il c.d. « trasferimento del rischio », ossia l’eliminazione, a vantaggio dell’assicurato, del rischio e/o dell’alea economica di un evento (Salandra, Dell’assicurazione3, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma 1979, p. 179 ss.,
spec. p. 185 s.). Come precisa lo stesso sostenitore di tale opinione, infatti, siffatta generica
espressione, indica null’altro che la liberazione dell’assicurato medesimo dal fabbisogno
economico derivante da un evento incerto.
( 30 ) Si rinvia, in proposito, all’accurata esposizione di Rossetti, Il diritto delle assicurazioni, I, L’impresa di assicurazione. Il contratto di assicurazione in generale, Padova 2011,
p. 738 ss. Recentemente, a favore della concezione unitaria, va segnalata l’interessante prospettiva di Gagliardi, Il contratto di assicurazione (Spunti di atipicità ed evoluzione del ti-
48
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
classificabili come unitari (31), possiamo limitarci a constatare che nessuno di
essi ha convinto pienamente, lasciando nel tempo un’impostazione sufficientemente condivisa e/o consolidata, pur dovendo riconoscere che entrambi
hanno contribuito in maniera significativa all’esatto inquadramento del fenomeno assicurativo.
2.1.1. — La teoria indennitaria presenta, a nostro avviso, due meriti innegabili.
Sul piano metodologico ha opportunamente rimarcato che il concetto di
evento dannoso va individuato in un’ottica sistematica ed unitaria. Anche in ambito assicurativo, non si può prescindere da un concetto generale di danno — patrimoniale e non patrimoniale — valevole per tutti i settori del nostro ordinamento e ricavabile, soprattutto anche se non in maniera esclusiva, dalle strutture normative contenute nella sede materiae dove il risarcimento del danno è disciplinato in maniera più compiuta, ossia nell’impianto della responsabilità civile (32).
Su queste basi, si deve prendere atto che numerosi eventi della vita umana considerati in ambito assicurativo, quali la morte, la natalità e la nuzialità,
si rivelano idonei a determinare veri e propri danni in senso giuridico, in
quanto la prima è sempre valutabile economicamente con criteri oggettivi
certi (33), al fine di determinare il risarcimento del danno patrimoniale in senso lato (comprensivo dei danni patrimoniali in senso stretto e del c.d. danno
biologico) (34) e le seconde determinano, sulla base dell’id quod plerumque
po), Torino 2009, 12, p. 324 s., e la posizione di Bracciodieta, Del contratto di assicurazione. Disposizioni generali (Artt. 1882-1903), in Comm. Schlesinger, Milano 2012, pp. 19,
23, 26.
( 31 ) Del tutto isolata è la linea di pensiero che vede nella tecnica assicurativa, applicata
sulla base di un’organizzazione imprenditoriale, l’elemento sufficiente a ridurre ad unità il
contratto di assicurazione (Sotgia, La prestazione dell’assicuratore, in Assicuraz., 1959, I,
p. 365 ss., spec. pp. 385 s., 397 s.). La tesi può essere abbandonata sulla base del convincente rilievo secondo cui l’incidenza delle regole tecniche dell’impresa assicurativa (che si
manifesta soprattutto nelle modalità di calcolo delle riserve tecniche) sul contratto di assicurazione, introduce un elemento di forte distinzione — e non di unità — tra i modelli vita
e danni [Volpe Putzolu, (nt. 18), p. 62 ss., spec. p. 65 s.].
( 32 ) Per questa condivisibile opzione metodologica, alla quale aderiamo convintamente,
cfr., Buttaro, Assicurazione in generale, (nt. 27), p. 444; Volpe Putzolu, (nt. 18), p. 162
e, seppure in un diverso contesto argomentativo, Partesotti, La polizza stimata, Padova
1967, p. 35 s., nt. 51 e 49.
( 33 ) Così, esattamente, ed in linea con gli insegnamenti di Busnelli, richiamati alla successiva nt. 37, Rossetti, Il diritto delle assicurazioni, II, Le assicurazioni contro i danni,
Padova 2012, p. 586. Non è, quindi, condivisibile l’opinione avanzata da Scalfi, voce Assicurazione (contratto di), in Dig. disc. priv. – sez. comm., I, Torino 1987, p. 339, volta a negare alla morte la natura di evento intrinsecamente dannoso. Vero è che, per le ragioni che
si stanno per illustrare, nel meccanismo negoziale della assicurazione sulla vita, il legislatore ha scelto di assegnare una valenza anodina all’eventuale carattere dannoso dell’evento.
( 34 ) Con esclusione dei soli danni non patrimoniali, suscettibili di essere liquidati solo
in via equitativa.
SAGGI
49
accidit, la necessità di affrontare nuove spese e, quindi, un’effettiva diminuzione patrimoniale (35).
A tale impostazione è stato però eccepito che, per quanti sforzi si possano
fare, alcuni eventi della vita umana, contemplati nei rami delle assicurazioni
sulla vita, non sono intrinsecamente di indole dannosa, non potendosi sostenere, ad esempio, che la mera sopravvivenza di un soggetto ad una data età
(id est: la longevità) e la minor efficienza che spesso ad essa consegue, possa
dar luogo ad un pregiudizio suscettibile di valutazione economica (36). È bene
precisare che si giunge a tale conclusione anche qualora si accolga la concezione di danno patrimoniale — a nostro avviso persuasiva — elaborata nel
contesto della responsabilità civile, da una nota ed autorevole dottrina e recepita per un lungo periodo anche dalla giurisprudenza, secondo cui il concetto
di patrimonialità indicherebbe la suscettibilità di valutazione economica mediante criteri obiettivi anche se non necessariamente di mercato, ovvero, più
precisamente, la misurabilità diretta in danaro del pregiudizio, secondo un
apprezzamento socialtipico in grado di assicurare una adeguata base di uniformità pecuniaria (37).
È agevole, infatti, constatare che il superamento di una data età non è
proprio qualificabile come lesione e/o alterazione di un bene, né, tantomeno,
le eventuali esigenze economiche che possono sorgere in capo all’assicurato in
tale circostanza, possono essere ritenute pregiudizi suscettibili di valutazione
secondo criteri sociali certi e consolidati.
V’è però una ragione ancora più pregnante e profonda che induce ad ab( 35 ) V., in tal senso, Buttaro, Assicurazione in generale, (nt. 27), p. 449; in precedenza, Ascarelli, Sul concetto unitario, (nt. 27), p. 412 s.
( 36 ) Così, condivisibilmente, Volpe Putzolu, (nt. 18), pp. 12, 15 s. In senso analogo,
tra gli altri, Salandra, (nt. 29), p. 180; Scalfi, (nt. 33), p. 339; Ferri, (nt. 18), p. 925 s.;
sotto l’abrogato codice di commercio, Viterbo, Il contratto di assicurazione, in R. d. comm.,
1932, I, p. 52. Contra, a nostro avviso con evidenti forzature, Ascarelli, Elisir di lunga vita, (nt. 27), p. 1148, Buttaro, Assicurazione in generale, (nt. 27), p. 444; Donati, (nt. 27),
p. 20 s.
( 37 ) È chiaro il riferimento al pensiero di Busnelli, manifestato in numerosi scritti, tra i
quali ci limitiamo a ricordare, Diritto alla salute e tutela risarcitoria, in Tutela della salute
e diritto privato, a cura di Breccia e Busnelli, Milano 1978, p. 529; Problemi di inquadramento sistematico del danno alla persona, in R. crit. d. priv., 1987, p. 40 ss.; Non c’è quiete dopo la tempesta. Il danno alla persona alla ricerca di uno statuto risarcitorio, in questa
Rivista, 2012, p. 129 ss. In senso analogo, Franzoni, Dei fatti illeciti (Art. 2043, 20562059), nel Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma 2004, p. 19 s.; tendenzialmente, anche
se in maniera non del tutto coincidente, Paradiso, Natura dell’interesse leso e qualificazione del danno, in Resp. civ., 1997, p. 680 s. Le insormontabili difficoltà a demandare l’individuazione del carattere patrimoniale del danno alla sola scienza economica (e, quindi al
mercato), infine, sono state opportunamente messe in evidenza nella accurata indagine di
Ziviz, Il danno non patrimoniale (Evoluzione del sistema risarcitorio), Milano 2011, p. 93
s. Per la giurisprudenza, sulla scia della fondamentale C. Cost. 14 luglio 1986, n. 184, in F.
it., 1986, I, c. 2053 ss., cfr., Cass. 27 dicembre 1994, n. 11169, in Corr. giur., 1995, p.
470.
50
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
bandonare la teoria. Nel meccanismo dell’assicurazione degli eventi della vita
umana, la legge non pone alcun limite (art. 1882 c.c.) alla facoltà delle parti
di concordare liberamente, al momento della stipulazione, la misura della
prestazione dell’impresa, a prescindere dall’eventuale idoneità di tali eventi a
determinare un danno (38). Ciò significa che il carattere dannoso dell’evento
della vita umana — ricorrente sicuramente in alcune ipotesi (nella morte) e
con altrettanta certezza assente in altre (nella sopravvivenza ad una data età)
— nonché, a fortiori, l’entità delle conseguenze dannose dello stesso, sono
considerati fattori anodini rispetto sia alla esigibilità che alla determinazione
della prestazione dell’impresa. Siffatti eventi, invero, costituiscono dei meri
presupposti materiali ai quali è subordinata quest’ultima e non, come accade
nella assicurazione contro i danni, i parametri fondamentali di riferimento sia
per accertare la ricorrenza dell’interesse alla prestazione dell’assicuratore che
per la quantificazione della stessa (39).
Del resto non è revocabile in dubbio che, sul piano generale, qualsiasi
fatto materiale (naturale o umano) sia suscettibile di assumere rilevanza giuridica nel nostro ordinamento in ragione della considerazione normativa che
gli viene di volta in volta tributata, con il risultato che uno stesso fatto può
produrre, anche simultaneamente, più di una conseguenza giuridica (40). Non
( 38 ) Occorrerebbe, peraltro, porsi il problema di contemperare siffatta assenza di limiti espressi con la salvaguardia della funzione previdenziale — nettamente distinguibile rispetto a quella di mero risparmio o financo speculativa — che va riconosciuta alle assicurazioni di somme nel nostro ordinamento. Tale delicatissimo profilo, peraltro, risulta sostanzialmente trascurato sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, le quali non mettono
neppure in discussione la facoltà delle parti di determinare ad libitum l’entità della prestazione (v., Scalfi, Il contratto di assicurazione. L’assicurazione danni, Torino 1991, p.
31; Fanelli, Le assicurazioni, (nt. 18), p. 90 ss.; Calvo, (nt. 8), p. 167; Rossetti, (nt.
30), p. 635; Cass. 21 giugno 1971, n. 1941, in F. it., 1971, I, c. 2506) e financo di stipulare una pluralità di polizze vita per lo stesso rischio (Rossetti, (nt. 30), p. 749). Fa eccezione, per alcuni versi, Ascarelli, Elisir di lunga vita, (nt. 27), p. 1149, il quale, nell’ambito della sua impostazione, volta ad assegnare natura indennitaria anche all’assicurazione sulla vita, solleva, per tali assicurazioni, il problema della valutazione preventiva dell’esigenza economica dell’assicurato. Nella stessa direzione si vedano le penetranti osservazioni di Denozza, Contratto e impresa nell’assicurazione a premio, Milano 1978, pp.
104 ss., spec. 106 s. Su tale delicato e significativo profilo verrà sviluppata qualche considerazione nel prosieguo (v. par. 4.2.).
( 39 ) Qualche voce isolata ha sostenuto che anche nell’assicurazione contro i danni vi sarebbero ipotesi — quali l’assicurazione del profitto sperato e la c.d. polizza stimata — nelle
quali le parti potrebbero svincolare l’entità della prestazione dell’assicuratore dal danno
realmente accaduto. Riteniamo però del tutto convincenti — ed ad essi rinviamo — gli argomenti volti a dimostrare che, nonostante le apparenze, tali istituti non introducono, in
realtà, alcuna deroga al principio indennitario, alla luce del quale possono essere senz’altro
letti e interpretati. Si veda, nello specifico, Buttaro, Assicurazione in generale, (nt. 27), p.
443 per il profitto sperato e Partesotti, (nt. 32), p. 87 ss. e Pasanisi, L’assicurazione infortuni nella disciplina legislativa del contratto di assicurazione, in Assicuraz., 1962, I, p. 380
s., per la polizza stimata.
( 40 ) Il punto è pacifico. V., comunque, le autorevoli e limpide pagine sulla qualificazio-
SAGGI
51
deve perciò sorprendere che, in ambito assicurativo, un evento naturale (incerto), quale la morte o l’infortunio, possa essere considerato e qualificato —
non in ragione dell’idoneità a determinare perdite patrimoniali, come avviene
in altri comparti dell’ordinamento — ma per l’attitudine a far sorgere esigenze e/o interessi diversi, di natura previdenziale (41).
2.1.2. — L’idea, espressa dall’altra nutrita frangia della concezione unitaria, di attribuire una funzione lato sensu previdenziale — rappresentata
dall’insorgenza di un bisogno economico — anche all’assicurazione contro i
danni, probabilmente coglie e rappresenta con maggior efficacia la dimensione sociale ed economica del fenomeno assicurativo, caratterizzato, in tutte le
sue manifestazioni, dalla realizzazione dell’esigenza dell’assicurato di sicurezza economica, a fronte del possibile accadimento di alcuni eventi dannosi, oppure relativi alla vita umana.
Essa, tuttavia, è stata esattamente ritenuta carente, in quanto incapace di
dimostrare, sul piano tecnico-giuridico, la reale rilevanza funzionale di siffatto « bisogno economico » che unificherebbe i due modelli assicurativi: si è limitata ad affermare l’esistenza di una generica funzione unitaria, senza declinarne i connotati giuridici e rinunciando, in particolare, a individuare il quid
proprium delle assicurazioni sulla vita, in rapporto ai tratti lineari ed evidenti
dell’assicurazione contro i danni (42).
Il « bisogno economico » è apparso, in definitiva, un concetto privo di rilevanza giuridica, in quanto o si risolve in quello di danno, oppure esprime un significato apprezzabile unicamente nel contesto delle scienze economiche (43).
Tale sostanziale parificazione, sul piano giuridico, dei concetti di danno e
bisogno eventuale, d’altro canto, consente di riscontrare la sostanziale coincidenza delle due varianti della teoria unitaria — ossia quella indennitaria e
quella del bisogno eventuale — e, come tali, di esporre entrambe al medesimo
ordine di considerazioni critiche (44).
2.2. — Le impostazioni dualistiche rinvengono nella « sostanziale diversità degli eventi che il nostro ordinamento considera deducibili in assicurazione giuridica del fatto di Pugliatti, I fatti giuridici (con revisione ed aggiornamento di Falzea), Milano 1996, p. 3 ss.; in sede istituzionale, cfr. Carnevali, Appunti di diritto privato7,
Milano 2003, p. 106.
( 41 ) V., infra, par. 4.2.
( 42 ) Per tali rilievi v., tra gli altri, Ascarelli, Sul concetto unitario, (nt. 27), p. 359; Fanelli, Le assicurazioni, (nt. 18), p. 470; Gambino, voce Assicurazione (Contratto di assicurazione: profili generali), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, p. 2.
( 43 ) Così Donati, (nt. 27), 11 s., 19, il quale rileva che se l’evento contemplato in ambito assicurativo è inidoneo a provocare un danno patrimoniale in senso giuridico, esso, per
quello che riguarda il nostro ordinamento, non può neppure provocare l’insorgenza di un
bisogno economico.
( 44 ) In tal senso, condivisibilmente, Volpe Putzolu, (nt. 18), p. 20 ss., 22.
52
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
ne ed il cui verificarsi determina la prestazione finale dell’assicuratore » un
ostacolo insormontabile a qualsiasi tentativo di configurazione unitaria (45).
Siffatta precisa scelta legislativa, infatti, implicherebbe la presenza di due peculiari schemi aleatori, strutturalmente analoghi ma funzionalmente diversi
che, peraltro, esaurirebbero ogni possibile alternativa di contratto strettamente assicurativo nel nostro ordinamento (46).
Quantunque appaia più fedele al dato normativo e goda anche attualmente di maggior credito (47), pure siffatta impostazione dualistica o dicotomica denota alcuni significativi limiti nel percorso argomentativo che la sorregge.
Per incominciare, viene circoscritta indebitamente la seconda figura contemplata dall’art. 1882 c.c., alle assicurazioni sulla durata della vita umana,
ossia alle ipotesi nelle quali viene preso in considerazione l’evento morte,
quello sopravvivenza ad una data età ovvero la combinazione di questi due
eventi (48). Verranno illustrate, viceversa, diverse e comprovate ragioni che
inducono a reputare l’espressione « evento attinente alla vita umana », di
contenuto assai più ampio (49), comprensivo di altri avvenimenti idonei ad incidere su significativi interessi della persona (50).
Il secondo e, riteniamo, principale difetto della costruzione dicotomica,
riposa sull’inadeguata individuazione e precisazione della funzione — c.d.
previdenziale — da contrapporre a quella risarcitoria-indennitaria, tracciata
— invece — con estrema chiarezza ed in modo inequivoco, con riguardo alle
assicurazioni contro i danni (artt. 1904 ss. c.c.) (51).
Merita, infine, di essere appositamente ricordata l’articolata e puntuale
variante dell’impostazione dicotomica — rimasta, peraltro, sostanzialmente
isolata — che ravvisa l’elemento centrale di alterità tra i due schemi di cui all’art. 1882 c.c., non negli eventi suscettibili di essere contemplati, ma nelle
regole tecniche sulle quali si fonda, nell’ambito dei due contratti, l’equilibrio
tra i premi corrisposti dagli assicurati e la prestazione promessa dell’impresa;
segnatamente, nelle profonde differenze dei criteri di calcolo e di costituzione
( 45 ) Così, Fanelli, Le assicurazioni, (nt. 18), p. 464, al quale sono riconducibili le parole ricomprese tra le virgolette. V., inoltre, gli autori menzionati in precedenza (nt. 18).
( 46 ) Ancora Fanelli, Le assicurazioni, (nt. 18), p. 94 s. e, seppure implicitamente, Pasanisi, (nt. 39), p. 389.
( 47 ) V., tra gli altri, Rossetti, (nt. 30), p. 750 s.; Ferrari, I contratti di assicurazione
contro i danni e sulla vita, nel Trattato Perlingieri, Napoli 2011, p. 146.
( 48 ) In tale direzione, Fanelli, Le assicurazioni, (nt. 18), p. 82; Santoro Passarelli, Rischio e bisogno, (nt. 29), p. 185 s.
( 49 ) In tal senso, Pasanisi, (nt. 39), p. 360 ss., spec., pp. 372, 378; 389; seppure indirettamente, Volpe Putzolu, (nt. 18), p. 162 s.
( 50 ) V., infra, par. 4.2.
( 51 ) Ancora, ampiamente, infra, par. 4.2.
SAGGI
53
delle riserve tecniche (52). Riteniamo che il tradizionale ostacolo all’accoglimento di tale impostazione, secondo cui dette regole, seppure giuridicamente
rilevanti, non sarebbero da considerare sul piano della qualificazione del contratto (53), debba considerarsi superato, dovendosi, invece, prendere atto che
alcune disposizioni relative alla corretta organizzazione e gestione dell’impresa assicurativa, incidono in maniera sensibile anche sulla disciplina del contratto (54). Ciò nonostante, condividiamo l’opinione secondo cui la valenza
qualificatoria espressa da tali disposizioni debba essere considerata complementare e sussidiaria rispetto a quella — principale e prevalente — da attribuire alle regole, direttamente riferite al rapporto assicurativo, che sanciscono
il diverso ruolo svolto dall’evento futuro ed incerto nell’ambito del regolamento contrattuale (55).
Anche tale impostazione, dunque, quantunque abbia fornito apporti assai significativi per la ricostruzione del fenomeno assicurativo, non può, a nostro avviso, essere accolta pienamente.
3. — Entrambi i contratti contemplati dall’art. 1882 c.c., presentano alcuni elementi caratterizzanti che consentono per un verso, come si è rilevato
in principio, di distinguerli dagli altri negozi stipulati da imprese di assicurazione non aventi natura assicurativa, per altro verso di sancirne l’autonomia
concettuale rispetto alle altre figure aleatorie contemplate nel nostro ordinamento.
Dalla lettura congiunta degli artt. 1895 e 1882 c.c. emerge, in primis, la
necessità che la prestazione delle parti — solitamente, ma non necessariamente, dell’assicuratore (56) — dipenda o, comunque, sia determinata o determinabile, sulla base dell’an o del quando dell’accadimento di un evento futuro
ed — almeno temporalmente — incerto. Siffatta incertezza oggettiva è esplicitamente richiesta, a pena nullità, dall’art. 1895 c.c. il quale, con tale pre( 52 ) V. Volpe Putzolu, (nt. 18), spec. p. 126 s. L’a., richiama, in particolare, due istituti relativi al contratto previsti nella disciplina delle assicurazioni sulla vita, quali la riduzione ed il riscatto (artt. 1924 e 1925 c.c.), che trovano ragione nella costituzione della riserva matematica (prevista nel solo comparto vita), e che, quindi, non sono in alcun modo
compatibili con il contratto di assicurazione contro i danni.
( 53 ) Cfr. Salandra, (nt. 29), p. 181; Ascarelli, Sul concetto unitario, (nt. 27), spec. p.
362.
( 54 ) V., infra, par. 3.
( 55 ) In tal senso, Gambino, (nt. 42), p. 15 s.; Fanelli, Le assicurazioni (nt. 18), p. 94,
nt. 37 e p. 455 ss., spec. p. 457; recentemente Rossetti, (nt. 30), p. 750; Inoltre, sulla valenza da assegnare agli obblighi volti a salvaguardare la solvibilità dell’impresa nel contesto
del regolamento contrattuale assicurativo, sia consentito di rinviare a Corrias, Dissesto dell’assicuratore e tutela contrattuale dell’assicurato, Milano 2001, p. 152 ss.; Id., (nt. 5), p.
178 ss.
( 56 ) L’eccezione riguarda le ipotesi di assicurazione a vita intera a premio fisso periodico, con prestazione dell’impresa predeterminata, nel cui ambito l’incertezza dell’evento
morte incide sulla entità della prestazione complessiva dell’assicurato (o del contraente).
54
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
scrizione, fissa la peculiarità del nostro modello rispetto ad altri schemi aleatori che, quantunque stipulati nel contesto di una organizzazione imprenditoriale (ad esempio, giochi e lotterie), possono contemplare nel regolamento
contrattuale anche eventi incerti solo dal punto di vista soggettivo (57).
In un momento logico immediatamente successivo, l’art. 1882 c.c. circoscrive ulteriormente la categoria dei contratti propriamente assicurativi in ragione dei caratteri dell’evento contemplato. Specificando che questo deve essere dannoso o attinente alla vita umana, infatti, tale norma introduce il fondamentale requisito della « non indifferenza » dell’evento per l’assicurato (58);
ossia l’idoneità dello stesso ad incidere su interessi dell’assicurato di rilevanza
sociale (59).
Corollario di tale requisito dell’evento, è l’interesse comune delle parti —
assicuratore ed assicurato — al non verificarsi dello stesso, nel senso che l’assicurato non deve poter trarre complessivamente alcun vantaggio dalla situazione nella quale verrebbe a trovarsi a seguito dell’accadimento (60). In caso
contrario, infatti, qualora il regolamento contrattuale rendesse quest’ultima
situazione più favorevole rispetto a quella nella quale l’assicurato medesimo
si trova al momento della stipulazione — in quanto verrebbe incrementato il
suo patrimonio, senza alcun onere e/o svantaggio di altra natura — tanto la
causa indennitaria, quanto quella previdenziale verrebbero frustrate (61).
Il percorso di individuazione delle fattispecie propriamente assicurative
( 57 ) Sul punto, tra gli altri, Paradiso, I contratti di gioco e scommessa, Milano 2003, p.
62.
( 58 ) Così, Gambino, (nt. 42), p. 9.
( 59 ) La funzione sociale tradizionalmente assegnata alle assicurazioni private, autorevolmente evocata da Cottino (L’assicurazione tra passato e presente in Irrera, L’assicurazione. L’impresa e il contratto, in Tratt. Cottino, Padova 2011, p. XX) è stata anche chiaramente affermata dalla Suprema Corte (Cass. 30 dicembre 2011, n. 30174, in Assicuraz.,
2012, p. 313).
( 60 ) Limpidamente, Fanelli, Le assicurazioni, (nt. 18), p. 90 ss., il quale sottolinea che
siffatto comune interesse delle parti costituirebbe il principale elemento caratterizzante di
tutti i contratti strettamente assicurativi.
( 61 ) È appena il caso di rilevare che l’interesse dell’assicurato al non verificarsi dell’evento, appare evidente con riguardo a tutte le assicurazioni contro i danni, alle assicurazioni sulla vita (rectius sulla morte) propria o dei propri cari e alle assicurazioni della salute, ma si manifesta effettivamente meno immediato con riguardo agli eventi sopravvivenza,
nuzialità e natalità (generalmente auspicati) e alle assicurazioni sulla vita di un terzo al
quale non si è legati affettivamente. In ordine ai primi può, tuttavia, rilevarsi che all’incremento strettamente patrimoniale dell’assicurato derivante dalla acquisizione della somma
promessa dall’impresa al verificarsi dell’evento, fa da pendant il sorgere di oneri e/o difficoltà di varia natura (anche economica) che, proprio l’acquisizione di tali risorse, può aiutare ad alleggerire, con la conseguenza che, a seguito dell’accadimento contemplato, può
affermarsi l’insorgenza (non di un danno ma) di un bisogno lato sensu economico in capo
all’assicurato. Con riguardo alla seconda ipotesi, invece, deve seriamente dubitarsi della
compatibilità di tale tipologia di assicurazioni con la funzione previdenziale dell’assicurazione sulla vita.
SAGGI
55
giunge, infine, a compimento con le norme — sia settoriali che codicistiche —
che disciplinano l’incidenza dell’organizzazione imprenditoriale sul contratto.
Queste impongono non solo che i negozi con i caratteri sinora descritti siano
stipulati da un imprenditore commerciale, organizzato secondo alcuni precisi
e tassativi modelli societari (art. 14, comma 1o, sub a) c. ass.) ma anche che il
regolamento negoziale, per alcuni significativi profili, sia conforme alle regole
tecniche-attuariali necessarie per la corretta gestione della impresa assicurativa.
Queste regole, più precisamente, sono espresse tanto dall’insieme di disposizioni (62), relative al rapporto tra il premio ed il periodo assicurativo, che incidono sensibilmente sull’equilibrio tra le prestazioni dei contraenti con riguardo al momento dello scioglimento del rapporto, introducendo una significativa
deroga ai comuni principi sinallagmatici nell’ambito dei contratti ad esecuzione continuata o periodica (63); quanto dalle norme previste a salvaguardia della solvibilità dell’impresa, le quali pongono a carico dell’assicuratore alcuni
precisi obblighi — tra i quali spiccano quelli sulla costituzione e l’impiego delle
riserve tecniche, le quali devono essere adeguate agli impegni assunti (artt. 36 e
37 c. ass.) — che, pur essendo, come si è rilevato, di natura strumentale e/o accessoria, concorrono, tuttavia, a determinare la complessiva situazione soggettiva passiva di questo e, quindi, il contenuto del contratto.
In definitiva e riassuntivamente, i contratti assicurativi in senso proprio
si stagliano nel nostro sistema rispetto a tutte le altre figure che possono presentare tratti di affinità, in quanto presentano congiuntamente le quattro comuni caratteristiche appena descritte: aleatorietà del negozio connotata dall’incertezza oggettiva dell’evento contemplato, status di imprenditore commerciale organizzato secondo precisi modelli societari del soggetto che assume
( 62 ) Tra le quali l’art. 1901, comma 3o, c.c. è a nostro avviso la più significativa.
( 63 ) Trattasi del c.d. principio dell’indivisibilità del premio, in virtù del quale, in caso
di scioglimento anticipato del contratto, il premio relativo « al periodo di assicurazione in
corso » non potrebbe in alcun caso essere restituito all’assicurato, con la conseguenza che,
in siffatto arco temporale, l’assicurato sarebbe sprovvisto di copertura e, allo stesso tempo,
tenuto ad adempiere la propria prestazione. Sono, tuttavia, da condividere le impostazioni
volte a ridimensionare la portata di tale regola, da un lato sottolineando che essa non configura un principio generale inerente al contratto di assicurazione, ma si estrinseca in alcune
tassative deroghe — risultanti da precise disposizioni di legge — alle comuni regole sulla
corrispettività (artt. 1360, comma 2o, 1373, comma 2o e 1458, comma 1o, c.c.) valevoli anche per tale negozio (così, Cass., 30 aprile 2010, n. 10596; inoltre depone espressamente in
tal senso l’art. 177, comma 3o, c. ass., che statuisce una rigorosa correlazione tra premio e
copertura assicurativa); dall’altro lato, suggerendo di frazionare quanto più possibile il
« periodo in corso », in modo tale da farlo corrispondere a quello coperto dalla singola rata,
anziché intenderlo sempre in misura annuale (così, Cass., 18 novembre 2010, n. 23264).
V., in tale direzione, Partesotti, Recensione ad Angelo Bracciodieta (La divisibilità del
premio di assicurazione, Napoli 1973, pp. XII-165), in questa Rivista, 1974, II, p. 378 ss.,
spec. 382; Denozza, (nt. 38), p. 72 ss.; Corrias, (nt. 55), p. 194 ss.; Id., I contratti di assicurazione dei rami vita nel nuovo codice delle assicurazioni private, in Banca, borsa, tit.
cred., 2008, p. 228 s.; Bracciodieta, (nt. 30), p. 1 ss.
56
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
il rischio, concorso delle regole tecniche sulla corretta gestione dell’impresa
alla determinazione della disciplina del contratto; infine, quale aspetto davvero qualificante, oggettiva idoneità dell’evento contemplato a suscitare nell’assicurato un bisogno di natura economica (64), collegato a interessi di significativa rilevanza sociale, suscettibile di essere soddisfatto, a costo parziale (65),
tramite la prestazione dell’impresa.
4. — A fronte di siffatti elementi di comunanza, diviene ineludibile domandarsi se essi consentano la configurazione di un tipo contrattuale unitario (66) che, eventualmente, si articoli in due sottotipi, ovvero occorra prendere atto della presenza di due tipi differenti, che hanno alcuni caratteri, soprattutto strutturali, analoghi, ma che si distinguono profondamente dal punto di
vista funzionale.
È opportuno precisare che con tale interrogativo non si sta ponendo un
problema unicamente terminologico o tuttalpiù classificatorio, né si vuole avviare una mera esercitazione intellettuale.
Alle due alternative prospettate, viceversa, conseguono sensibili implicazioni in ordine al ruolo assunto dal contratto (rectius, dai contratti) di assicurazione nel sistema dei contratti aleatori, con particolare riguardo ai contatti
di rischio, caratterizzati dalla causa indennitaria (67), e alle figure che esprimono una funzione previdenziale (68). Infatti, la separazione concettuale dei
due tipi assicurativi, potrebbe favorire un processo di aggregazione intorno ad
( 64 ) Si è rilevato che l’impresa di assicurazione è organizzata per soddisfare unicamente
bisogni di natura economica. Di qui l’irriducibilità delle assicurazioni di assistenza, orientati a soddisfare anche l’interesse all’immediatezza e alla tempestività di un intervento specializzato, allo schema propriamente assicurativo (supra par. 1, spec. nt. 16).
( 65 ) Ossia tramite il congegno fondato sullo scambio tra una prestazione incerta, adeguata a far fronte al bisogno derivante dall’evento contemplato, ed una prestazione certa,
ma di entità notevolmente inferiore alla prima. Tale meccanismo è alternativo a quello del
risparmio, fondato sul semplice accantonamento delle risorse necessarie per far fronte al bisogno eventuale, il quale viene, appunto, soddisfatto a « costo pieno ». V., sul punto, Denozza, (nt. 38), p. 10 s.
( 66 ) Essendo persuasi che la ricostruzione del tipo contrattuale vada effettuata considerando il complesso di norme che costituiscono la disciplina del contratto (c.d. tipo normativo) e non la sola nozione di contratto offerta dal legislatore per individuarne il concetto (tipo legale), d’ora innanzi, quando si farà riferimento al tipo, si intenderà, appunto, il tipo
normativo (v., De Nova, Il tipo contrattuale, Milano 1974, pp. 59 ss., 129 ss., spec. 140;
Id., Il contratto (Dal contratto atipico al contratto alieno), Padova 2011, p. 157 ss., spec.
p. 158 s.). La necessità di procedere alla individuazione di un tipo contrattuale considerando una pluralità di elementi caratterizzanti, peraltro, è stata più volte messa in evidenza,
nell’ambito di impostazioni variamente articolate. Cfr. Spada, La tipicità delle società, Padova 1974, p. 284; Cataudella, I contratti3 (Parte generale), Torino 2009, p. 171 ss., spec.
p. 174; recentemente, Del Prato, Contratti misti: variazioni sul tema, in questa Rivista,
2012, p. 96 s.
( 67 ) Sia consentito un rinvio a Corrias, (nt. 8), p. 263 ss.
( 68 ) Si perdoni l’ulteriore riferimento a Corrias, (nt. 5), p. 93 ss.
SAGGI
57
ognuno di essi di figure funzionalmente affini — contemplate dal legislatore
in altri comparti del sistema privatistico o munite unicamente di tipicità sociale (69) — e, quindi, favorire il consolidamento di due categorie contrattuali
su base funzionale — quali appunto, i contratti di rischio e i contratti previdenziali —, da ordinare secondo lo schema logico tipo-sottotipo. Il vantaggio
concreto di tali operazioni, consiste nella possibilità di far riferimento alla cospicua base normativa dei due modelli assicurativi de quibus, per ricavare la
disciplina direttamente applicabile alle figure ascrivibili a siffatte categorie
contrattuali.
Soprattutto, però, dall’impostazione seguita discendono rilevantissime
conseguenze pratiche in punto di disciplina dei contratti assicurativi.
Su un piano generale, potendo considerare tutte le norme codicistiche sul
contratto di assicurazione — e, segnatamente, le Sezioni I, II e III, contenute
nel Capo XX (70) — rivolte ad un unico tipo contrattuale, esse diverrebbero
suscettibili di essere applicate in via diretta — e non unicamente analogica —
ad ogni contratto che possa essere ritenuto di indole strettamente assicurativa (71).
Più nel dettaglio, la soluzione prescelta condizionerebbe in maniera decisiva la qualificazione e, quindi, l’individuazione della disciplina applicabile
alle assicurazioni della salute. Se, infatti, si postulasse la concezione unitaria
del contratto di assicurazione, non sarebbe necessario inquadrare le stesse nel
primo o nel secondo schema descritto dall’art. 1882 c.c., in quanto sarebbero
ad esse direttamente applicabili tutte le norme — concretamente compatibili
— riferite alla fattispecie assicurativa. Qualora, viceversa, si partisse dall’impostazione dicotomica, sarebbe preventivamente necessario inquadrare le assicurazioni della salute in uno dei due tipi, con conseguente applicazione alle
stesse, in via diretta, della sola disciplina del tipo prescelto, salvo far riferimento alla disciplina dell’altro, eventualmente, in via analogica (72).
( 69 ) Tra i contratti (o i patti) di rischio tipici, diversi dall’assicurazione contro i danni,
possono ricordarsi la promessa del fatto del terzo, la clausola dello star del credere, la garanzia della solvenza del debitore ceduto e la c.d. garanzia di fabbrica; tra gli atipici, i patti
di manleva e le garanzie patrimoniali apposte al negozio di cessione di partecipazioni azionarie totalitarie (o di controllo); tra le figure che esprimono una funzione previdenziale
vanno menzionate la rendita vitalizia e i vari modelli contemplati nell’ambito della previdenza complementare e/o integrativa.
( 70 ) Si desidera consapevolmente lasciare impregiudicata, in questo contesto, la controversa questione attinente alla natura giuridica del contratto di riassicurazione, disciplinato
nella Sezione IV.
( 71 ) Per questa significativa notazione, Rossetti, (nt. 30), p. 636. Inoltre, tale ordine di
idee legittimerebbe l’isolata opinione (Buttaro, Assicurazione contro i danni, (nt. 18), p.
494) secondo cui alcune disposizioni contenute nella seconda sezione (art. 1904 c.c.) sarebbero riferibili anche alle assicurazioni sulla vita, e alcune della terza sezione (artt. 19201922 e 1923 cpv.), anche alle assicurazioni contro i danni.
( 72 ) È appena il caso di rilevare che la questione si complicherebbe ulteriormente se si
ritenesse di essere innanzi ad un contratto misto. In questa ipotesi, peraltro, si dovrebbero
58
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
Reputiamo che per affrontare siffatto nodo problematico centrale, relativo alla natura dicotomica o unitaria del contratto assicurativo, occorra, in
primis, soffermarsi sugli elementi ricavabili dalla definizione e dalla disciplina
del tipo contenute nella normazione codicistica ed extracodicistica del settore
assicurativo. Si avrà modo di constatare, però, che siffatto assetto normativo
si rivelerà insufficiente per ricostruire in maniera compiuta l’assetto funzionale dei due modelli e delimitare con precisione il perimetro di ognuno rispetto
all’altro, rendendosi viceversa necessario rivolgere l’attenzione anche a principi, valori ed interessi espressi, riconosciuti e tutelati in altre sedi del nostro ordinamento giuridico (73).
Con tale consapevolezza occorre esaminare separatamente i due modelli
in esame, appuntando l’attenzione sul ruolo che giocano i due eventi futuri ed
incerti — quello dannoso e quello attinente alla vita umana — sui rispettivi
regolamenti contrattuali, sia a livello di validità e, quindi, di efficacia del contratto, che sul piano della determinazione del contenuto della prestazione dell’impresa.
4.1. — Nelle assicurazioni di eventi dannosi, l’evento futuro ed incerto —
diversamente da quanto avviene nelle assicurazioni di eventi attinenti alla vita umana — non assume rilievo unicamente in qualità di presupposto per
l’esigibilità della prestazione dell’assicuratore (74), ma, per un verso, qualifica
l’interesse dell’assicurato al contratto, in ragione della sua necessaria connotazione dannosa (rectius: idoneità a determinare danni patrimoniali), divenendo, quindi, determinante per la validità negoziale (art. 1904 c.c.); per altro verso, introduce un importante elemento di disciplina del contratto e, segnatamente, di determinazione del contenuto della prestazione dell’assicuratore, la quale deve essere necessariamente collegata alle conseguenze negative
di carattere patrimoniale dell’evento, potendo essere inferiore ma mai superiore all’entità delle stesse (artt. 1907 e 1909 c.c.). Invero, in caso di divergenza rispetto a siffatti criteri legali ed in assenza di dolo delle parti, il contenuto del contratto dovrà essere conformato dal giudice (75).
accettare tutte le incertezze e le diversità di vedute che evoca tale paradigma concettuale.
Cfr., anche per i necessari riferimenti, Del Prato, (nt. 66), 87 s.; Sicchiero, voce Contratto
misto, in Enc. giur. Treccani, Agg., XVII, Roma 2009, 1 ss.
( 73 ) Da intendersi « quale insieme di fonti eterogenee ma reciprocamente armonizzate,
seppur non in senso paritario bensì secondo un rigoroso rapporto gerarchico al cui vertice è
la costituzione che, in modo diretto o indiretto, assegna a ciascuna di esse la propria funzione normativa »: Cass., 19 giugno 2009, n. 14347.
( 74 ) Determinando la trasformazione in un vero e proprio obbligo dell’originaria soggezione all’evento incerto che l’impresa assume con la stipulazione del contratto. Per l’illustrazione dei caratteri peculiari della situazione passiva dell’assicuratore, v., ampiamente,
Gambino, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Milano 1964, passim, ma spec.
pp. 127 ss., 309 ss.; successivamente, nella stessa direzione, Corrias, (nt. 8), pp. 61 ss., 78
ss.; Luminoso, Il rapporto di durata, in questa Rivista, 2010, I, p. 516 ss., spec. p. 520 s.
( 75 ) È opportuno precisare che la legge attribuisce al giudice un vero e proprio potere di in-
SAGGI
59
Ma vi è di più, potendo constatare che la connotazione dell’evento in termini di dannosità incide sul concetto stesso di rischio assicurativo (art. 1895
c.c.), assegnando allo stesso una valenza specifica, diversa da quella che
emerge nelle assicurazioni di eventi della vita umana.
Nello schema della assicurazione di eventi dannosi, infatti, la nozione di rischio descrive non tanto o non soltanto la possibilità di un evento, futuro ed incerto, idoneo a determinare danni, quanto, più precisamente, la possibilità di un
danno futuro ed incerto. Il rischio, in altri termini, non è individuato dall’incertezza del sinistro (id est: dell’evento dannoso) ma dall’incertezza dei danni che da
questo possono derivare (76), con il corollario — particolarmente significativo con
riguardo ad alcuni modelli di assicurazioni della responsabilità civile (77) e alle
assicurazioni c.d. retroattive — che la situazione di rischio e, quindi, di interesse
all’assicurazione (art. 1904 c.c.) va considerata sussistente (artt. 1895 e 1896
c.c.), a fronte di un sinistro già verificatosi, ma del quale sono ancora incerte —
nell’an o nel quantum — le conseguenze che da esso possono derivare (78).
Fermi questi aspetti, può rilevarsi che nonostante le significative peculiarità della disciplina contrattuale, derivanti, in larga misura, dalle regole nelle
quali si articola il c.d. principio indennitario (artt. 1904 ss. c.c.) (79), l’assicurazione contro i danni manifesta una struttura ed una funzione assai lineari,
in quanto allo schema biunivoco evento dannoso (rectius danno da evento
dannoso) incerto — prestazione non superiore alle conseguenze dell’evento,
tervento sul contenuto del contratto (analogo a quello previsto in caso di clausola penale eccessiva, in virtù dell’1384 c.c.) consentendogli, nel caso in cui le parti pattuiscano senza dolo una
prestazione dell’impresa eccedente il valore reale della cosa assicurata, di ricondurre la prestazione medesima alla misura del valore reale della cosa, nonché di ridurre proporzionalmente,
per l’avvenire, il premio dovuto dall’assicurato (art. 1909, comma 2o, c.c.).
( 76 ) La differenza normativa e, quindi, concettuale tra sinistro (o evento dannoso) e
danno da sinistro è ricavabile, con sufficiente chiarezza, dagli artt. 1882, 1913 e 1914,
comma 3o, c.c. La prima norma, infatti, fa riferimento al « danno prodotto da un sinistro »,
le seconde, relative agli obblighi di avviso e salvataggio, indicano il comportamento che, verificatosi il sinistro, deve tenere l’assicurato al fine di evitare o diminuire il danno da esso
prodotto (v., in proposito, Cass. 12 dicembre 2008, n. 29202; corsivi nostri). Una chiara
indicazione in tal senso è, inoltre, ricavabile dall’art. 514, comma 1o, c. nav. che, a proposito del rischio c.d. putativo, distingue l’ipotesi nella quale « il rischio non è mai esistito o ha
cessato di esistere » da quella in cui « il sinistro è avvenuto prima della conclusione del contratto ».
( 77 ) Che contemplano la c.d. clausola claims made, volta a determinare convenzionalmente, in deroga da quanto previsto dal primo comma dell’art. 1917 c.c., il periodo di efficacia della garanzia assicurativa. In proposito cfr., Volpe Putzolu, La clausola « claims
made ». Rischio e sinistro nell’assicurazione r.c., in Assicuraz., 2010, p. 1 ss.; Bugiolacchi,
I mobili confini del tipo assicurativo: considerazioni in tema di assicurazione della R.C. con
clausola claims made, in Resp. civ., 2012, p. 922 ss.
( 78 ) V., ampiamente, Volpe Putzolu, Le assicurazioni. Produzione e distribuzione, Bologna 1992, p. 63 ss.; sul punto, peraltro, già Fanelli, Considerazioni sul concetto giuridico
di rischio nell’assicurazione, in Assicuraz., 1944, p. 47 s.
( 79 ) Sul principio indennitario v., in aggiunta alle limpide ed efficaci pagine di Partesotti, (nt. 32), p. 1 ss., Fanelli, (nt. 18), p. 137 ss. e Scalfi, (nt. 38), p. 189 ss.
60
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
corrisponde una precisa ed incontrovertibile proiezione funzionale: la protezione totale o parziale del patrimonio dell’assicurato, ossia la sicurezza di non
subire (o limitare) i danni derivanti dalla diretta incidenza dell’evento nella
di lui sfera economica (80).
Si tratta di un interesse di natura patrimoniale che di per sé non attiene a
diritti fondamentali della persona (81). Tuttavia, all’assicurazione di eventi
dannosi va riconosciuta una pregnante valenza sociale (82) sia sotto il profilo
strettamente individuale, in quanto mezzo di tutela della proprietà e del risparmio (83) — ossia, in definitiva, (dei frutti) del reddito da lavoro (84) —,
che dal punto di vista collettivo, in quanto possibile strumento di supporto all’attività produttiva e, quindi, di esercizio dell’attività economica (85).
4.2. — In ordine alle assicurazioni di eventi relativi alla vita umana,
sembrerebbe di poter constatare che alla struttura altrettanto lineare, caratterizzata dalla subordinazione ad un evento futuro ed incerto della prestazione
dell’impresa, non corrisponda un assetto di interessi e, quindi, una funzione
altrettanto chiara e definita.
Il legislatore del ’42 si è limitato a fornire due indicazioni: l’assenza di
vincoli relativi alla determinazione della prestazione dell’impresa e la generica attinenza dell’evento contemplato alla vita umana. È, dunque, desumibile
con certezza la natura personale e non patrimoniale degli interessi tutelati,
ma mancano indici sufficienti per individuare e circoscrivere con esattezza
siffatti interessi. In particolare non è dato ricavare se la definizione legislativa
sia da considerare rivolta alle sole assicurazioni sulla durata della vita umana
(sopravvivenza, morte e combinazione di questi due eventi), oppure occorra
tener conto anche delle assicurazioni che subordinano la prestazione dell’impresa ad altri eventi della vita significativi per la persona.
( 80 ) Sulla causa di risarcimento, espressa dalla nostra figura, v. Partesotti, (nt. 32), p.
88 e Gambino, (nt. 42), p. 18.
( 81 ) Vi sono, però, delle ipotesi nelle quali la difesa di interessi patrimoniali, in ambito
assicurativo, si risolve, in maniera manifesta, nella protezione di valori della persona (si
pensi alla copertura assicurativa della prima abitazione o dei redditi da lavoro). V., infra,
par. 6. Su un piano generale, la possibile inerenza del diritto patrimoniale all’area degli interessi primari della persona è chiaramente illustrata da Liserre, Costituzione ed autonomia contrattuale, in Vita e pensiero, 2008, p. 88.
( 82 ) V., ancora, Cottino, (nt. 59), p. XX.
( 83 ) Così, perspicuamente, Cardani, La dignità costituzionale dell’assicurazione privata, in Dir. prat. ass., 1987, p. 452.
( 84 ) V., Di Gaspare, Il lavoro quale fondamento della Repubblica, Dir. pubbl., 2008, p.
887 s.
( 85 ) Così, Graziani, (nt. 18), p. 232, il quale mette in evidenza come « la possibilità di
allontanare dall’impresa gli effetti dannosi del sinistro, garantendone un pronto risarcimento, significhi spesso porre in essere le premesse indispensabili per la vita stessa dell’impresa
e rappresenti in ogni caso un coefficiente rilevante di sicurezza e prosperità ».
SAGGI
61
In proposito, come si è anticipato, svariati e pregnanti argomenti sembrano avvalorare la seconda alternativa (86).
In primis, il tenore letterale dell’art. 1882 c.c. che, omettendo qualsiasi
riferimento alla « durata » della vita, parrebbe in linea astratta evocare ogni
possibile avvenimento, oggettivamente importante per l’individuo (incidente
sulla salute, sullo status familiare, sull’occupazione e simili), che si manifesta
nel corso della vita stessa (87); in secondo luogo, l’inclusione, ad opera dell’art. 2, comma 1o, cod. ass, della nuzialità, della natalità e dell’invalidità grave nei rami vita (88): quantunque, infatti, non sia corretto assegnare un valore
qualificatorio decisivo alla classificazione dei rischi nei rami (89), non può negarsi che essa esprima una forte valenza indicativa.
Non sembra, invece, che possano essere tratti riscontri di segno opposto
dalla disciplina dell’assicurazione sulla vita di cui agli artt. 1919 ss. c.c., in
quanto se è innegabile che essa contenga diverse regole riferibili alle sole assicurazioni sulla durata della vita umana (90), è altrettanto evidente che altre
disposizioni — altrettanto e forse financo maggiormente significative (91) —
non siano circoscritte a tale ambito.
Per far piena luce su questo ed altri caratteri del tipo assicurativo in esame e, quindi, in ultima analisi, focalizzare senza approssimazioni la funzione
che esso esprime, occorre, come già rilevato, prendere atto dell’incompletezza
delle — seppure importanti e non trascurabili — indicazioni provenienti dalla
normativa codicistica ed extracodicistica del comparto assicurativo e rivolgersi, quindi, al sistema, considerato nella sua globalità, al fine di mettere a fuoco gli interessi suscettibili di essere tutelati mediante l’atto di autonomia privata de quo e, ancora, individuare gli eventuali limiti entro i quali la libertà
contrattuale si può in esso esprimere.
Un ausilio fondamentale, in proposito, giunge dai principi e dai valori ri( 86 ) In ordine alle posizioni espresse sul punto, v., supra, par. 2.2., spec. ntt. 48 e 49.
( 87 ) In tale direzione estensiva, già da tempo, Cass. 21 giugno 1971, n. 1941, cit., 2505
e Cass., 2 ottobre 1972, n. 2802, in Assicuraz., 1973, II, p. 212, secondo cui è « evento attinente alla vita umana il proseguire e il modo di essere dell’esistenza biologica dell’assicurato o di una terza persona indicata in contratto ovvero un qualsiasi altro avvenimento dello svolgersi della vita di tali persone » (corsivo nostro).
( 88 ) Rispettivamente, nei rami II e IV.
( 89 ) Sono da condividersi, sul punto, le osservazioni di Scalfi, (nt. 38), p. 66, esplicitamente condivise da Candian, (nt. 9), p. 2567.
( 90 ) Quali, ad esempio, le norme che contemplano gli istituti della riduzione e del riscatto (artt. 1924 e 1925 c.c.) o che, comunque, presuppongono un accumulo di risparmio
(art. 1923, comma 2o, c.c.). Nello specifico, l’inapplicabilità dell’art. 1924 c.c. alle assicurazioni contro gli infortuni e le malattie è stata disposta espressamente da Cass. 21 giugno
1971, n. 1941, cit., p. 2502, spec. p. 2507 s.
( 91 ) Si staglia, al riguardo, l’art. 1923, comma 1o, c.c. che dispone la sottrazione delle
somme dovute dall’impresa all’azione esecutiva e cautelare dei creditori dell’assicurato. Sono, altresì, assai rilevanti le norme sull’assicurazione a favore di terzo (artt. 1920 ss. c.c.).
62
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
cavabili dalla Costituzione e dalla normativa dell’Unione Europea di rilevanza costituzionale e, in modo particolare, da una norma della prima che, a nostro avviso, concorre direttamente a determinare il tipo normativo del contratto di assicurazione di eventi della vita umana, sia integrandone la definizione codicistica, che introducendo un profilo fondamentale della sua disciplina.
Trattasi dell’art. 38 che, va ricordato, manifesta la sua portata precettiva
anche con riguardo alla previdenza non riconducibile al sistema pensionistico
pubblico o obbligatorio (id est: attuato direttamente da organi statali), intendendo con questa tanto la c.d. previdenza complementare in senso stretto,
quanto la previdenza c.d. libera o, anche, privata tout-court (92), nell’ambito
della quale — come è stato espressamente sancito dalle Sezioni unite della
Suprema corte (93) — va indubbiamente annoverato il contratto di assicurazione sulla vita.
Ebbene, riteniamo che dalla lettura congiunta dei commi secondo e quinto
della norma menzionata, sia desumibile il pieno riconoscimento e la più ampia
tutela della causa negoziale previdenziale nel nostro ordinamento; venga cioè
preservato, al massimo grado, l’interesse di ogni cittadino (94) a proteggersi,
tramite atti di autonomia privata, nei confronti di bisogni, riconosciuti come
socialmente rilevanti, derivanti da accadimenti relativi alla vita umana.
Il percorso tecnico-interpretativo che sorregge questa convinzione merita
di essere brevemente illustrato. È pressoché pacifico, oltre che confermato dai
lavori preparatori della Costituzione, che alla formula « assistenza privata »
contenuta nel quinto comma dell’art. 38, sia da riconoscere una portata ampia, tale da comprendere, in aggiunta alle attività assistenziali in senso stretto, contemplate dal primo comma dell’art. 38, anche quelle di natura previdenziale richiamate dal secondo comma dello stesso articolo (95). In tale otti( 92 ) In ordine a tal aspetti cfr., in luogo di altri, Olivelli e Ciocca, voce Previdenza
complementare (I) Diritto del lavoro), in Enc. giur. Treccani, XXIV, Roma 2001, p. 6 s.;
Olivelli, Previdenza libera, complementare e privata, in Olivelli e Pessi, La previdenza
complementare nella comunità europea, Milano 1992, spec. p. 24; Pessi, Lezioni di diritto
della previdenza sociale6, Padova 2008, p. 141; Tursi, La previdenza complementare nel
sistema italiano di sicurezza sociale, Milano 2001, 24 ss., p. 61 ss.
( 93 ) Cass., sez. un., 31 marzo 2008, n. 8271, in Resp. civ., 2008, p. 1282.
( 94 ) Il primo corollario di tale lettura congiunta delle due disposizioni costituzionali, infatti, consiste nel superamento di ogni dubbio in ordine alla possibilità di estendere l’operatività degli atti negoziali di natura previdenziale anche al di fuori dall’ambito del lavoro e/o
delle professioni, attribuendo ad ogni cittadino il diritto di perseguire nella massima misura
possibile, la realizzazione dei bisogni socialmente rilevanti di cui al secondo comma dell’art.
38 Cost.
( 95 ) V., tra gli altri, Olivelli e Ciocca, (nt. 92), pp. 2 e 6; Olivelli, La costituzione e la
sicurezza sociale (Principi fondamentali), Milano 1988, p. 172; Ciocca, La libertà della
previdenza privata, Milano 1998, p. 55; Tursi, (nt. 92), p. 29, nt. 30; Id., Gli irrisolti problemi teorici e sistematici della previdenza complementare, in Dir. econ. ass., 2010, p. 684
s.
SAGGI
63
ca, pertanto, la disposizione di cui al quinto comma legittima pienamente gli
atti di autonomia privata volti a realizzare gli interessi assistenziali e previdenziali — indicati nei primi due commi — che nel loro insieme, danno luogo
al concetto di sicurezza sociale, munendo gli stessi del massimo grado di considerazione (96).
In particolare, tale interpretazione consente di considerare il secondo
comma dell’art. 38 — peraltro inspiegabilmente ed ingiustificatamente trascurato dalla dottrina (97) — munito di una valenza precettiva diretta e immediata che « tipizzerebbe » i contratti aventi funzione previdenziale (98). Più
precisamente, da un lato tale norma parrebbe evocare una di quelle non frequenti ipotesi nelle quali la valutazione della meritevolezza dell’interesse relativa ad un tipo contrattuale — quale, appunto, i contratti di assicurazione che
esprimono una funzione previdenziale — viene effettuata a livello normativo
non (o non solo) dal legislatore ordinario — come avviene per la maggior
parte dei negozi tipici (rectius nominati) del nostro sistema — ma anche direttamente da quello costituzionale (99); dall’altro lato, e soprattutto, a tale
disposizione, come anticipato, andrebbe assegnata una precisa efficacia inte( 96 ) Va quindi senz’altro condivisa l’opinione (Olivelli, La costituzione e la sicurezza
sociale, (nt. 95), p. 171), secondo cui la specifica e rafforzata tutela costituzionale della
previdenza (e dell’assistenza) privata non può essere confinata nel generale — ancorché
importante — riconoscimento della libertà di iniziativa economica sancito dall’art. 41 Cost.
( 97 ) Lo rilevava già Cinelli, Appunti per un dibattito sulla previdenza integrativa, in R.
it. d. lav., 1986, I, p. 904; recentemente, con riguardo specifico alla previdenza complementare, cfr. Tursi, Gli irrisolti problemi, (nt. 95), p. 684.
( 98 ) In ordine all’efficacia diretta delle norme costituzionali, ossia all’idoneità delle stesse ad incidere immediatamente sulla disciplina dei rapporti interindividuali, è d’obbligo ricordare l’autorevole insegnamento di Pugliatti (La retribuzione sufficiente e le norme della
costituzione, in R. giur. lav., 1949-1950, p. 190; Ancora sulla minima retribuzione sufficiente ai lavoratori, in R. giur. lav., 1951, II, p. 175), ripreso e valorizzato da Perlingieri,
in numerosi scritti tra i quali, Salvatore Pugliatti e il « principio di massima attuazione della costituzione », in Rass. d. civ., 1996, spec. p. 813 ss.; Il diritto civile nella legalità costituzionale2, Napoli 1991, p. 189 ss., spec. p. 193 s.; Il principio di legalità nel diritto civile,
in Rass. d. civ., 2010, p. 164 ss. A quest’ultimo a., va, peraltro, riconosciuta — così, Grossi, La cultura del civilista italiano (Un profilo storico), Milano 2002, nt. 30 — la più strenua difesa della rilevanza delle norme costituzionali nei rapporti interindividuali.
( 99 ) Riteniamo che l’ipotesi più significativa di intervento diretto della Costituzione nella qualificazione di un determinato tipo contrattuale, attenga al contratto di lavoro subordinato, con riferimento al quale è sorta la questione specifica relativa ai limiti posti dalla
Costituzione alla disponibilità del tipo contrattuale da parte del legislatore ordinario, risolta
in senso positivo — ossia con l’esplicita affermazione di detti limiti — dalla Consulta (cfr.,
C. Cost. 29 marzo 1993, n. 121 [in F. it., 1993, I, 1, c. 2432] e 31 marzo 1994, n. 115 [F.
it., 1994, I, 1, c. 2656]). Sul punto cfr. D’Antona, Limiti costituzionali alla disponibilità
del tipo contrattuale nel diritto del lavoro, in Arg. d. lav., 1995, p. 63 ss.; Avondola, L’indisponibilità del tipo contrattuale in sede legislativa nella nostra giurisprudenza costituzionale e in quella comunitaria, in R. it. d. lav., 2007, II, spec. p. 246 s.; Romei, Tra politica e
diritto: rileggendo « limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale nel diritto
del lavoro, in Dir. lav. rel. ind., 2009, p. 77 ss., spec. pp. 80-81, 85 ss.
64
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
grativa sia della norma definitoria di cui all’art. 1882 c.c. che, più in generale, della disciplina del negozio (100).
Il completamento della definizione riguarda gli « eventi della vita umana » suscettibili di essere assicurati, dovendosi ritenere tali — oltre alla vecchiaia — l’infortunio, la malattia, l’invalidità e la disoccupazione involontaria (101). Sul piano della disciplina, invece, viene fissato il limite estremo della
funzione previdenziale, la quale non potrebbe giungere a tutelare interessi degli assicurati ulteriori rispetto all’ottenimento di « mezzi adeguati alle loro
esigenze di vita » (102).
Individuata così, nel suo nucleo essenziale, la causa previdenziale, occorre, per completezza, dar atto di un orientamento che propone un ampliamento della stessa, reputando che essa possa comprendere non solo i bisogni socialmente rilevanti, tipizzati nel comma secondo dell’art. 38, ma un’ampia
gamma di bisogni individuali della persona, anche atipici, meritevoli di tutela (103), attinenti ad eventi della vita umana.
Riteniamo che siffatta proposta estensiva sia condivisibile nella misura in
cui non conduca a snaturare la funzione in esame, evocando la stessa con riguardo ad operazioni che, per quanto lecite e apprezzabili, si rivelano, in
realtà, di altra natura e, segnatamente, di risparmio e/o investimento (104) e,
come tali, contemplate da altre norme, anche di rango costituzionale (art.
47).
Occorre, infatti, tener presente che agli atti di autonomia privata connotati dalla funzione previdenziale è riservato un trattamento normativo di favore che si traduce, sul piano contrattuale, in significativi vantaggi per il beneficiario della prestazione, ai quali, però, spesso corrispondono ingenti sacrifici per altri soggetti con i quali egli entra in relazione (105). Pertanto, siffatte
( 100 ) Si tratterebbe di una di quelle norme costituzionali « direttamente incorporate
nella disciplina legale del contratto » secondo l’efficace espressione di Mengoni, Autonomia
privata e costituzione, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, I, p. 4 s.
( 101 ) L’idoneità del secondo comma dell’art. 38 Cost. a fissare direttamente il nucleo
fondamentale degli interessi della persona, socialmente rilevanti, che caratterizzano la funzione previdenziale è affermata chiaramente da Tursi, (nt. 92), p. 28.
( 102 ) In ordine al concetto di « adeguatezza », C. Cost. 27 giugno 1986, n. 173, ha precisato che i « mezzi adeguati alle esigenze di vita da assicurare non sono solo quelli che soddisfano i bisogni elementari e vitali ma anche quelli che siano idonei a realizzare le esigenze
relative al tenore di vita conseguito... in rapporto al reddito e alla posizione sociale raggiunta in seno alla categoria di appartenenza... ». Sul punto, ampiamente, tra gli altri, Tursi,
(nt. 92), p. 85 ss.; Olivelli, (nt. 95), p. 155 ss.
( 103 ) Così, tra gli altri, Grandi, Previdenza integrativa e previdenza privata, in Questioni attuali del diritto del lavoro, Roma 1989, p. 222 s. e, anche per ulteriori riferimenti,
Toffoli, Rilievi critici sulla prescrizione breve in matreria di assicurazione (sulla vita), in
Ass., 1997, p. 140.
( 104 ) Come rileva, Ciocca, (nt. 95), p. 24.
( 105 ) L’art. 1923, comma 1o, c.c., come è noto, introduce penetranti limitazioni alla responsabilità patrimoniale dell’assicurato (artt. 2740, comma 2o, c.c. e 545 c.p.c.), sottraen-
SAGGI
65
significative deroghe ad importanti principi del nostro sistema, sono giustificate unicamente dalla tutela di interessi e valori primari della persona.
Inoltre, l’assicurazione di eventi della vita umana configura un contratto
aleatorio in senso stretto — ossia idoneo a determinare, in capo alle parti, un
oggettivo incremento patrimoniale sulla base della mera incertezza oggettiva
di un evento — che viene ammesso nel nostro ordinamento unicamente in ragione della particolare rilevanza degli interessi della persona (id est: previdenziali) che tramite tale meccanismo possono essere realizzati (106).
Per queste ragioni si rende necessario, al fine di evitare sconfinamenti ed
abusi, stabilire con precisione quali tra i numerosi bisogni attinenti all’esistenza umana che possono venire astrattamente in considerazione, debbono
essere considerati degni di apprezzamento e, quindi, di tutela « previdenziale » (107).
Riteniamo che per operare tale valutazione, occorra considerare, in aggiunta alle chiare indicazioni che ci giungono dal più volte menzionato secondo comma dell’art. 38, la tavola dei diritti e dei valori fondamentali della persona che caratterizzano il nostro sistema normativo, la quale è ricavabile, in
primis dalla Carta costituzionale (108), quindi dalla normativa comunitaria di
rilevanza costituzionale, nel cui ambito assume particolare rilievo la Carta dei
diritti fondamentali UE (c.d. Carta di Nizza) (109).
Su queste basi parrebbe di poter includere tra tali interessi e valori primari, oltre alla salute (110), alla vecchiaia (id est: alla sopravvivenza) (111) e
all’occupazione (o alla non disoccupazione) espressamente contemplati daldo all’azione esecutiva e cautelare dei suoi creditori, le somme dovute dall’impresa. Nella
stessa direzione, il secondo comma dell’art. 1923 c.c., introduce, per l’ipotesi di assicurazione sulla vita a favore di terzo, una significativa deroga alle regole comuni in tema di successioni che avvantaggia notevolmente il beneficiario della prestazione assicurativa in pregiudizio degli eventuali creditori ereditari. Anche gli artt. 1920, 1921 e 1922 c.c., infine,
introducono importanti deroghe, ispirate ad un più accentuato favor tertii, allo schema generale di cui agli artt. 1411 ss. c.c., al fine di tutelare maggiormente il beneficiario della
prestazione previdenziale.
( 106 ) Il punto verrà sviluppato nel par. successivo.
( 107 ) Così, esattamente, Olivelli, (nt. 95), p. 155.
( 108 ) Esplicitamente in tale direzione Simi, Contributo allo studio della previdenza, in Il
pluralismo previdenziale secondo costituzione, Milano 1986, p. 134 e Olivelli, (nt. 95), p.
155 ss., spec. p. 159, secondo cui « l’art. 38 si pone come il complemento necessario della
tutela della persona umana, perseguita dalla Carta Costituzionale (artt. 2 e 3 Cost.) ».
( 109 ) Assurta, come è risaputo, al rango di legge formale (avente lo stesso valore giuridico dei trattati dell’UE), a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
( 110 ) Sul diritto alla salute quale « norma primaria di riferimento per l’interprete in relazione all’evoluzione dei diritti della persona » v., recentemente, Cass. 11 maggio 2009, n.
10741, in F. it., 2010, I, p. 147.
( 111 ) In tal senso, cfr. anche l’art. 2, sub 1), lett. a) della direttiva 2002/83/CE del parlamento europeo e del consiglio del 5 novembre 2002 (relativa all’assicurazione sulla vita).
66
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
l’art. 38, quelli, socialmente rilevanti (112), relativi, alla famiglia, alla filiazione e all’istruzione (art. 9, 29, 30, 31, 33 e 34 Cost. e 33 e 34 C.d.f.
UE), con
o
particolare riguardo al diritto alla maternità (art. 34, comma 1 , C.d.f. UE) e
all’istruzione dei minori (113), nonché quelli relativi alla prima abitazione (art.
2, 15 e 47, comma secondo, Cost.) (114). Più in generale, riteniamo che si
debba tendenzialmente far riferimento all’intera gamma di interessi e di valori della persona umana che integrano i cc.dd. diritti sociali (115) i quali, secondo un condivisibile orientamento, costituiscono una species dell’ampio genus
dei diritti costituzionali cc. dd. fondamentali (o inviolabili), contemplati e tutelati dagli artt. 2 e 3, comma 2o, Cost. (116).
A questo punto, la causa dell’assicurazione sulla vita (rectius, di eventi
attinenti alla vita umana), tradizionalmente indicata con l’ambigua formula
« funzione previdenziale », appare sufficientemente delineata (117): essa è co( 112 ) Ossia che non hanno rilevanza puramente individuale, ma possono interessare direttamente gran parte della collettività (Olivelli, (nt. 95), p. 157 s.).
( 113 ) Conformemente, il legislatore settoriale contempla le assicurazioni di nuzialità e
natalità (ramo II, art. 2, comma 1o, c. ass.).
( 114 ) Sull’inclusione del diritto al godimento di un’abitazione dignitosa tra i diritti fondamentali della persona, v., ampiamente, Breccia, Il diritto all’abitazione, Milano 1980, p.
21 ss.; più recentemente, Paciullo, Il diritto all’abitazione nella prospettiva dell’housing
sociale, Napoli 2008, p. 49 ss.
( 115 ) Si reputa che tale categoria di diritti comprenda e riassuma le varie manifestazioni
dei diritti inerenti al mondo del lavoro, della famiglia, dell’istruzione, della salute e dell’abitazione. V., ampiamente, Mengoni, I diritti sociali, in Arg. d. lav., 1998, 1 ss., spec. p.
6 ss.; Baldassarre, voce Diritti sociali, in Enc. giur. Treccani, XI, Roma, 1989, p. 13 ss.; in
precedenza, Corso, I diritti sociali nella costituzione italiana, in R. trim. d. pubbl., 1981,
II, p. 755 ss.
( 116 ) V. Mengoni, La tutela giuridica della vita materiale nelle varie età dell’uomo, in
R. trim., 1982, pp. 1126 s., 1135 s.; Baldassarre, (nt. 115), 28 ss.; Avio, I diritti inviolabili
nel rapporto di lavoro, Milano 2001, p. 182; Fenucci, Recenti orientamenti della Corte sui
diritti fondamentali, in Corte costituzionale e diritti fondamentali, a cura di Califano, Torino 2004, p. 50 ss. Sulla natura dei diritti fondamentali o inviolabili, in rapporto agli altri
diritti e/o valori costituzionali, v. Modugno, I principi costituzionali supremi come parametro nel giudizio di legittimità costituzionale, in Il principio di unità del controllo sulle leggi
nella giurisprudenza della Corte Costituzionale4, a cura di Modugno, Agrò e Cerri, Torino
2002, p. 292 ss., spec. pp. 298 s., 302.
( 117 ) Alla luce di quanto osservato, non sembra, quindi, condivisibile l’idea, recentemente ribadita da una autorevole dottrina, secondo cui mancherebbero i presupposti normativi per assegnare all’assicurazione sulla vita una funzione necessariamente previdenziale (Volpe Putzolu, (nt. 4), p. 407 s.). Se, infatti, può convenirsi sull’insufficienza delle norme codicistiche relative all’assicurazione sulla vita (artt. 1919 ss. c.c.) per individuare con
precisione i caratteri nei quali si estrinseca la funzione della figura, deve, viceversa, contestarsi il metodo seguito dall’a., volto ad operare l’(ulteriore) verifica circa la necessaria inerenza della funzione previdenziale alla nostra figura, limitandosi a considerare, appunto, le
sole norme relative al fenomeno assicurativo, senza tener conto delle altre indicazioni provenienti dal sistema e, segnatamente, dai principi sui contratti aleatori e dai principi e dai
valori costituzionali.
SAGGI
67
stituita dagli interessi che costituiscono l’oggetto dei cc. dd. diritti sociali (118),
i quali, come si è sottolineato, sono perseguibili entro i limiti dell’adeguatezza
delle prestazioni preventivate alle esigenze di vita.
Ciò detto, rimangono da stabilire le conseguenze, nell’ambito dei singoli
regolamenti contrattuali, dell’eventuale mancato rispetto della funzione previdenziale, così circoscritta.
Non dovrebbe dubitarsi, in primo luogo, che qualora con lo schema assicurativo dovessero essere tutelati interessi non riconducibili ai diritti sociali
e/o le parti dovessero convenire una prestazione palesemente superiore rispetto all’esigenza previdenziale, non potrebbero trovare applicazione le evocate
regole di favore (119) giustificate dalla funzione previdenziale, almeno per ciò
che concerne la porzione di prestazione che risultasse eccedente rispetto alla
tutela delle esigenze di vita (120).
Assai più delicato, invece, è stabilire se nelle stesse ipotesi, dal momento
che il negozio risulterebbe esorbitante rispetto all’attività negoziale consentita
alle imprese di assicurazione e, comunque, si porrebbe in contrasto con il regime disposto per i contratti aleatori meramente speculativi (121), debba rilevarsi la nullità del medesimo, oppure constatarsi la non azionabilità in giudizio dello stesso ai sensi dell’art. 1933, comma 1o, c.c. ovvero, ancora, nel caso
specifico di mancanza di adeguatezza della prestazione convenuta, possano
operare strumenti conformativi di controllo del contenuto del contratto da
parte del giudice, analoghi a quelli previsti dalla legge per la c.d. soprassicurazione (art. 1909, comma 2o, c.c.) (122), nell’ambito dell’assicurazione contro
i danni.
Soffermandoci su quest’ultimo profilo — considerato che in questa sede
non è sicuramente consentito inoltrarsi nei complessi ed articolati problemi
relativi alla nullità o alla non azionabilità del negozio aleatorio, stipulato da
un’impresa di assicurazione, che risulta eccedente rispetto alla causa assicurativa — rileviamo che la soluzione ipotizzata, in virtù della quale il giudice po( 118 ) Si tratta, a nostro avviso, di una ulteriore ed emblematica manifestazione di « penetrazione dei diritti sociali nel campo del diritto privato » (Perulli, Diritto del lavoro e diritto dei contratti, in R. it. d. lav., 2007, p. 438).
( 119 ) V. nt. 105.
( 120 ) Quest’ultima indicazione è ricavabile dal principio, chiaramente espresso dalla
Consulta (C. Cost. 13 dicembre 2005, n. 444, in Giust. civ., 2006, p. 264; C. Cost. 4 dicembre 2002, n. 506), e successivamente seguito dalla Suprema Corte (Cass. 22 marzo
2011, n. 6548) con riguardo ai trattamenti pensionistici obbligatori, secondo cui questi sono impignorabili (fatte salve le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati) nella
sola parte della pensione necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita mentre, per la residua parte, sono pignorabili nella misura di un quinto (corsivo nostro).
( 121 ) V., infra, par. successivo.
( 122 ) O ipotizzati dalla dottrina (Partesotti, (nt. 32), spec. p. 91 ss.) con riguardo alla
polizza stimata (art. 1908, comma 2o, c.c.).
68
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
trebbe adeguare (rectius, ridurre) la prestazione dell’impresa eccedente e,
correlativamente, i premi pagati (o che debbono ancora essere pagati) dall’assicurato, alle effettive esigenze che il contratto previdenziale è destinato a
soddisfare, va, a nostro avviso, considerata con attenzione ma senza eccessiva
diffidenza (123), in quanto consentirebbe la conservazione del contratto nel rispetto, però, del principio di meritevolezza nei contratti aleatori.
Alla luce delle considerazioni svolte, è senz’altro possibile adesso procedere al raffronto con la funzione risarcitoria espressa dell’assicurazione contro
i danni, al fine di tirare le somme in ordine alla ricorrenza di un minimo comune denominatore tra i due modelli.
5. — Il riscontro dell’estrema rilevanza sociale degli interessi tutelati tramite le assicurazioni sulla vita (rectius, degli eventi della vita umana), rende
esplicita la ragione per la quale il legislatore ha incluso tale contratto tipico
nel novero delle figure che godono di piena tutela giuridica — financo di una
tutela rafforzata, sul piano contrattuale, nei confronti dei terzi (124) — quantunque consentano alle parti di realizzare un arricchimento — id est: di incrementare oggettivamente il proprio patrimonio — sulla base della mera incertezza di un evento (125).
È noto, infatti, che nell’ordinamento italiano sono valutati con tendenziale sfavore e, comunque, con diffidenza gli schemi aleatori nei quali viene riconosciuta rilevanza giuridica a siffatta incertezza, quando tali negozi siano sorretti dalla sola causa lucrandi (126), ossia dal perseguimento di un incremento
patrimoniale senza un corrispondente sacrificio, o con un sacrificio alquanto
( 123 ) Tale ipotesi di lavoro, invero, lambisce un particolare e delicatissimo profilo dell’ampia tematica relativa ai limiti apponibili all’autonomia privata (v., per tutti, Schlesinger, L’autonomia privata ed i suoi limiti, in G. it., 1999, p. 229). Trattasi della misura nella quale è consentito, nel nostro ordinamento, ipotizzare interventi conformativi (id est:
correttivi del contenuto del contratto) del giudice, in mancanza di espresse previsioni legali;
problema oggetto, soprattutto alla luce del mutato e mutante quadro normativo, di penetranti e tutt’altro che assonanti riflessioni. Cfr., le accurate sintesi, comprensive dei principali riferimenti di dottrina, di Scoditi, Gli interventi del giudice e della legge sul regolamento contrattuale, in R. d. priv., 2002, II, p. 571 ss. e D’Adda, Nullità parziale e tecniche
di adattamento del contratto, Padova 2008, spec. p. 277 ss., nonché le riflessioni di Scalisi, Autonomia privata e regole di validità: le nullità conformative, in questa Rivista, 2011,
p. 735 ss., spec. p. 738 ss.; Id., Forma solenne e regolamento conformativo: un ossimoro del
nuovo diritto dei contratti?, ivi, p. 417 ss.
( 124 ) V., infra, nt. 105.
( 125 ) Come si sta per precisare nel testo, nessun arricchimento può, viceversa, verificarsi
nell’ambito dell’assicurazione di eventi dannosi, in quanto la ricorrenza dell’insieme di regole nel quale si traduce il c.d. principio indennitario, impedisce in radice che il patrimonio
dell’assicurato possa incrementarsi, a seguito del verificarsi dell’evento incerto contemplato.
( 126 ) Sulla causa lucrandi come minimo comun denominatore di tutti i negozi aleatori
in senso proprio, cfr., tra gli altri, Paradiso, (nt. 57), p. 77 ss.; Di Giandomenico, Il contratto e l’alea, Padova 1987, p. 201 ss.
SAGGI
69
modesto rispetto all’entità del possibile guadagno (127). Può in particolare riscontrarsi che nei contratti aleatori tipici, l’attribuzione della piena tutela (id
est: della coercibilità in giudizio) al meccanismo che subordina l’esigibilità o
la determinazione della misura della prestazione di una (o di entrambe) le
parti ad un evento incerto, dipende dalla circostanza che siffatta finalità speculativa coesista con ulteriori funzioni, socialmente apprezzabili (128).
Tale notazione consente, a nostro avviso, di trarre un’ulteriore e — riteniamo — decisiva conferma della diversità tra i due modelli assicurativi descritti dall’art. 1882 c.c.
Nel meccanismo contrattuale delle assicurazioni contro i danni, la necessaria ricorrenza di un possibile danno, quale presupposto del contratto e, allo
stesso tempo, limite alla prestazione del garante, impedisce in radice, che l’assicurato possa, in alcun modo, incrementare il proprio patrimonio in ragione
del verificarsi o meno dell’evento incerto contemplato. Ciò conduce a rilevare
che tali modelli configurano una categoria di contratti aleatori del tutto particolare e, si potrebbe dire, sui generis, in quanto, pur obbedendo allo schema
evento incerto — esigibilità (o determinazione del quantum) della prestazione, difetta in essi il requisito che, come si è appena rilevato, connota causalmente tutte le altre figure aleatorie tipiche presenti nel nostro ordinamento,
ossia l’idoneità dell’evento a determinare un oggettivo arricchimento delle
parti (causa lucrandi) (129).
Le assicurazioni di eventi della vita, viceversa, configurano un contratto
aleatorio « pieno », sicuramente connotato da siffatta finalità lucrativa, la
( 127 ) In tal senso, v., ampiamente, Paradiso, (nt. 57), p. 77 ss., spec. p. 79 s., il quale
sottolinea che far dipendere dall’intrinseca incertezza dell’evento, l’integrità dei patrimoni
individuali senza collegare gli impoverimenti e gli arricchimenti a fisiologiche variazioni del
valore delle prestazioni, « è causa di instabilità e di insicurezza sociale, prospetta il rischio
di alterazioni pilotate dei mercati finanziari, fomenta avventatezza e avidità, offre occasioni
per approfittamenti o speculazioni su passioni altrui ». L’insufficienza della causa lucrandi
a sorreggere pienamente i negozi aleatori è messa in evidenza anche da Capaldo, Contratto
aleatorio e alea, Milano 2004, 64, p. 147 s., p. 185 ss. Tale delicata questione, infine, è
emersa in alcuni studi sulla causa del contratto, nell’ambito dei quali sono stati menzionati
i giochi e le scommesse tollerati (ossia non proibiti ma neppure assistiti da azione), quali
ipotesi paradigmatiche di contratti che possono essere ritenuti leciti ma non degni e/o meritevoli di piena tutela, posto che il legislatore consente la non ripetibilità dell’adempimento
spontaneo (soluti retentio), ma non reputa giustificato il costo sociale della coercibilità in
giudizio. V., per tutti, Breccia, Causa, in Il contratto in generale, nel Tratt. Bessone, XIII,
3, Milano 1999, p. 89 ss., spec. p. 102 s.; precedentemente, Trimarchi, Istituzioni di diritto
privato11, Milano 1996, p. 226 s.
( 128 ) Per l’individuazione degli interessi — ulteriori rispetto alla causa lucrandi — che,
di volta in volta, legittimano i singoli negozi aleatori muniti di piena tutela v., ancora, Paradiso, (nt. 57), p. 85 ss. e Capaldo, (nt. 127), p. 115 s., 147 s., p. 185 ss., secondo la quale siffatti interessi sarebbero riducibili ad un minimo comune denominatore, consistente
nella gestione e neutralizzazione del rischio.
( 129 ) In tal senso, sia consentito un rinvio a Corrias, (nt. 8), p. 260 ss., spec. pp. 262 s.,
271 ss.
70
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
quale è associata alla funzione previdenziale, ed è tollerata, appunto, solo in
virtù di tale associazione. In ragione di siffatto complesso intreccio funzionale, d’altro canto, tale strumento contrattuale quanto si dimostra efficace e socialmente utile, altrettanto si rivela sfuggente e può divenire persino pericoloso (130), qualora non venga rispettata siffatta compenetrazione tra il possibile
arricchimento dell’assicurato e la tutela di interessi previdenziali e, più esattamente, non sia garantito l’asservimento del primo alla seconda. Di qui l’estrema importanza, più volte rimarcata, di un’accurata selezione degli eventi della vita suscettibili di essere considerati dalle parti, mediante l’ancoraggio ai
valori costituzionali primari della persona, nonché l’opportunità di limitare la
libertà delle parti nella determinazione della prestazione dell’assicuratore, all’adeguatezza dell’entità di questa alle reali esigenze di vita che conseguono al
verificarsi degli eventi.
6. — Questa profonda ed intrinseca diversità del ruolo assunto dalle due figure assicurative nel sistema complessivo dei contratti aleatori conduce, in definitiva, a prendere atto che nel diritto italiano i contratti propriamente assicurativi
sono oggettivamente idonei a realizzare due e due sole funzioni, sufficientemente
delineate, ad ognuna delle quali corrisponde una precisa disciplina.
Ciò non significa che i nostri due negozi non presentino alcune caratteristiche comuni soprattutto, ma non esclusivamente, di genere strutturale (131).
Tuttavia, per le ragioni addotte, queste non sono sufficienti per la configurazione di un tipo contrattuale unitario. Si è innanzi a due tipi differenti che, se
si vuole, possono costituire insieme una sottocategoria (di contratti aleatori)
ai quali il legislatore ha riconosciuto una porzione — per il vero modesta —
di disciplina comune (c.d. disciplina metatipica) (132). Pertanto — in aggiunta
a siffatta disciplina metatipica — ai due modelli saranno applicabili, in via
diretta, le sole disposizioni contenute nelle rispettive sezioni (133), mentre l’applicabilità ad ognuno di essi della disciplina prevista per l’altro, sarà possibile
solo in via analogica, con riguardo alle disposizioni che risultano concretamente compatibili.
( 130 ) Va ricordato, al riguardo, il rilievo di un autorevole studioso secondo cui se si volesse topograficamente attribuire alle assicurazioni sulla vita un posto nella sfera dell’autonomia privata, questo posto non potrebbe essere che al limite di quest’ultima, dove essa
confina con la necessità (Fanelli, Le assicurazioni, (nt. 18), p. 91).
( 131 ) V., supra, par. 3.
( 132 ) Con tale espressione si indica la tendenza legislativa ad accorpare, in ordine ad alcuni profili da regolamentare, diversi tipi contrattuali sotto un’unica disciplina, spesso di
carattere vincolistico (Gitti, La « tenuta » del tipo contrattuale e il giudizio di compatibilità, in questa Rivista, 2012, I, p. 493 ss.). Tale fenomeno, è chiaramente riscontrabile in ordine alle norme (alcune delle quali inderogabili) contenute nella sezione I del Capo XX, ed
applicabili ad entrambi i modelli assicurativi (v., supra, par. 1, nt. 3).
( 133 ) Sez. II, artt. 1904 ss. per le assicurazioni contro eventi dannosi, e Sez. III, artt.
1919 ss. per le assicurazioni relative ad eventi della vita umana.
SAGGI
71
Sulla base dello schema ordinatorio delineato è possibile, a questo punto,
inquadrare compiutamente l’intera materia contrattuale assicurativa, ossia il
complesso dell’attività negoziale suscettibile di essere legittimamente posta in
essere dalle imprese di assicurazione.
A fronte di ogni singola figura da qualificare occorrerà in primis verificare se essa presenta i requisiti del contratto propriamente assicurativo.
In caso di riscontro positivo (134), al fine di individuare la disposizioni codicistiche — ulteriori rispetto a quelle generali — applicabili in via diretta, si
renderà necessario soffermarsi sui caratteri dell’evento contemplato e, segnatamente, appurare se esso possa essere considerato dannoso e/o attinente alla
vita umana, ai sensi dell’art. 1882 c.c.
Se l’evento esprime una sola di tali qualifiche (135), il contratto sarà agevolmente riconducibile ad uno dei due schemi assicurativi tipici, con applicazione della relativa disciplina secondo quanto poc’anzi precisato.
Qualora, viceversa, l’accadimento risulti sia dannoso che attinente alla
vita umana e, quindi, il regolamento contrattuale sia idoneo, sul piano astratto della rispondenza degli effetti alla fattispecie normativa descritta, a realizzare entrambe le funzioni — risarcitoria e previdenziale (136) —, si rende necessario dirimere siffatta potenziale compresenza di due funzioni.
In proposito, riteniamo che la funzione previdenziale prevalga su quella
indennitaria o, meglio, assorba la stessa, in ragione della maggior rilevanza
degli interessi che essa tutela, con conseguente applicazione della disciplina
— contenente meno vincoli per le parti nella determinazione del contenuto
del contratto e più vantaggi per l’assicurato rispetto ai terzi — prevista per le
assicurazioni di eventi della vita, concretamente compatibile con la singola
fattispecie.
Tale direzione, d’altro canto, è stata tracciata in maniera inequivoca dal
legislatore con riguardo all’assicurazione dell’evento morte, il quale pur essendo, come si è cercato di dimostrare, di indole intrinsecamente dannosa è
( 134 ) In caso di esito negativo della verifica, come rilevato in principio (supra, par. 1,
nt. 2), al negozio saranno applicabili le sole disposizioni del codice delle assicurazioni —
valevoli, come è noto, per tutti i contratti emessi da imprese di assicurazione — potendosi
fare riferimento alle norme codicistiche di cui agli artt. 1882 ss., solo in via analogica, in
quanto compatibili.
( 135 ) In via meramente esemplificativa, possono menzionarsi le assicurazioni di merci
trasportate o le assicurazioni del credito (art. 2, comma 3o, rami 7 e 14 danni, c. ass.), attinenti indubbiamente ad un evento unicamente dannoso, ovvero le assicurazioni di sopravvivenza, che riguardano un evento della vita umana sicuramente non dannoso.
( 136 ) Siffatta valenza bipolare dell’evento è stata riconosciuta espressamente dalla giurisprudenza in materia di infortuni sul lavoro: « il diritto alla rendita per inabilità da infortunio sul lavoro conferisce al titolare non soltanto un indennizzo in forma pecuniaria per il
verificarsi di un determinato evento assicurato ma anche e soprattutto mezzi economici
adeguati alle sue esigenze di vita, in presenza di accadimenti sfavorevoli che cagionino
un’impossibilità o limitazione della sua attività lavorativa e quindi uno stato di bisogno. »
(Cass. 20 dicembre 2011, n. 27679).
72
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
stato però considerato, nel contesto assicurativo, non per tale carattere, ma
per la sua idoneità ad incidere su interessi della persona di natura previdenziale. La medesima indicazione, quindi, varrà per le altre assicurazioni che, a
prescindere dai rami nei quali sono state classificate (137), tutelano interessi
previdenziali, ossia esigenze di vita che scaturiscono dalla compromissione di
diritti primari della persona (cc.dd. diritti sociali).
Come appare intuitivo, il discorso riguarda, in primis, le varie tipologie di
assicurazioni della salute (138), alle quali, in ragione della loro diffusione e
dello spessore dei problemi giuridici che sollevano, conviene dedicare una apposita, ancorché breve, riflessione.
6.1. — L’espressione « assicurazioni della salute », che sta gradualmente soppiantando il tradizionale riferimento alle polizze infortuni e/o
malattie, descrive le fattispecie assicurative nelle quali l’assicurato viene
garantito nei confronti della possibile compromissione del bene primario
consistente nella propria integrità psico-fisica. Si tratta di tutte le ipotesi
nelle quali la menomazione determina l’insorgenza di un danno alla persona, del quale l’assicurato medesimo desidera programmare una compensazione più o meno estesa, concordando preventivamente una prestazione
idonea allo scopo.
I rischi coperti, descritti nei rami IV quarto vita e 1 e 2 danni, con una
progressiva graduazione in termini di gravità dell’evento e delle conseguenze
da esso derivanti, consistono nell’invalidità permanente totale o parziale o
nell’inabilità temporanea, anch’essa totale o parziale, provocate da una lesione corporale (o infortunio), da uno stato morboso (malattia) o, ancora, dall’avanzare dell’età (longevità o senescenza). In queste ipotesi, in considerazione della grave difficoltà a « monetizzare » il danno alla persona e/o lo stato di
menomazione dell’integrità psico-fisica dell’’individuo e, allo stesso tempo,
della necessità di perseguire un’ampia e tendenzialmente integrale riparazione del danno medesimo — slegata, cioè, dai criteri strettamente patrimoniali
del danno emergente e del lucro cessante — la prestazione dell’assicuratore
viene predeterminata convenzionalmente in modo forfetario, all’atto della
conclusione del contratto.
A tali modelli vengono solitamente contrapposte le cc.dd. assicurazioni di
spese mediche o sanitarie, le quali hanno ad oggetto non una prestazione rimessa alla libera determinazione delle parti, bensì la mera rifusione delle spese affrontate dall’assicurato per far fronte all’evento che incide sulla salute,
ossia per coprire il solo danno emergente, strettamente attinente alle spese do( 137 ) Si è sottolineata, in proposito, la valenza indicativa ma non decisiva della classificazione dei rischi nei rami (par. 4.2, nt. 89).
( 138 ) Alla luce di quanto osservato, peraltro, sembrerebbero da qualificare in termini
previdenziali — quantomeno ai fini dell’applicazione dell’art. 1923, comma 1o, c.c. — anche le esigenze di proteggere la prima abitazione e la propria occupazione.
SAGGI
73
cumentabili necessarie per le cure mediche (visite, esami diagnostici, degenza,
interventi chirurgici, farmaci e simili).
Laddove con riguardo alla natura delle prime — e, segnatamente, delle
assicurazioni contro gli infortuni, generalmente più studiate — si è sviluppato
un acceso dibattito che, allo stato, non risulta affatto essersi sopito, né, tantomeno, attestato su alcuna posizione consolidata o, comunque, appagante (139), le seconde, viceversa, secondo l’opinione dominante, non porrebbero
alcun problema di qualificazione, essendo da considerare espressioni certe di
assicurazioni contro i danni e, segnatamente, del patrimonio, soggette in toto
ai limiti derivanti dal principio indennitario (140).
Essendo consentita, in questa sede, unicamente un’osservazione incidentale, in ordine a un fenomeno di estrema complessità e di grande rilevanza sociale che necessita di essere analizzato in tutte le sue articolazioni (141), ci limitiamo a rendere esplicito il contributo che dallo schema ordinatorio dei
contratti assicurativi proposto poc’anzi può giungere sia sul piano generale,
con riguardo alla qualificazione delle assicurazioni della salute che, più nel
dettaglio, per definire la relazione che intercorre tra queste e le assicurazioni
di spese mediche.
In merito al primo profilo, iniziamo ad osservare che, in quanto connotate dal rischio di un evento futuro ed incerto, idoneo a determinare l’insorgenza di un bisogno economico dell’assicurato attinente a interessi e valori socialmente rilevanti, non v’è dubbio che le assicurazioni della salute configurino
contratti strettamente assicurativi.
( 139 ) Cfr., per una accurata panoramica, Rossetti, (nt. 33), p. 572 ss. È appena il caso
di rilevare che la giurisprudenza più recente, pur con passaggi argomentativi incerti, riconduce tali figure alle assicurazioni contro i danni (v. sulla scia di Cass., sez. un., 10 aprile
2002, in Assicuraz., 2002, p. 105 ss.; Cass. 12 febbraio 2008, n. 3268; Cass. 11 gennaio
2007, n. 395, in Resp. civ., p. 1294); in precedenza, i giudici propendevano, in maniera
gradualmente meno risoluta con il passare degli anni, per l’ascrivibilità alle assicurazioni
sulla vita (v. Cass. 1 aprile 1994, n. 3207; Cass. 10 novembre 1994, n. 9388, in Giust. civ.,
1995, I, p. 949; Cass. 8 novembre 1979, n. 5755; Cass. 19 settembre 1979, n. 4788; Cass.
2 ottobre 1972, n. 2802, cit., p. 207; Cass. 15 novembre 1960, n. 3048, in G. it., 1962, I,
c. 453), pur non mancando qualche aperto riferimento ad un « terzo genere assicurativo »
(Cass., 21 giugno 1971, n. 1941, cit., p. 2506 s.).
( 140 ) Espressamente in tal senso, Cass. 20 agosto 1992, n. 9689, in Corr. giur., 1992, p.
1340; per la dottrina, in luogo di altri, Irrera, (nt. 59), p. 453 s., 465.
( 141 ) È sufficiente evocare le assicurazioni per l’assistenza di lungo periodo (c.d. polizze
Long Term Care), le quali, pur essendo state considerate in alcuni pregevoli contributi, richiedono ulteriori riflessioni in ordine tanto alla esatta individuazione delle tipologie che si
manifestano nella prassi, quanto alla adeguata qualificazione delle stesse. Cfr., Gremigni
Francini, Tutela degli anziani ed assicurazioni per l’assistenza di lungo periodo alla luce
dei diritti fondamentali, in Diritto privato europeo e diritti fondamentali (Saggi e ricerche),
a cura di Commandé, Torino 2004, p. 213; Di Nella, Le assicurazioni per il rischio di non
autosufficienza. Modelli e tutele, in La tutela del consumatore assicurato tra codice civile e
legislazione speciale, a cura di Cavazioni, Di Nella, Mezzasoma e Rizzo, Napoli 2012, p.
217 ss.
74
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
Fermo questo punto, si è anticipato che l’esatta individuazione della funzione di tali negozi, alla quale consegue la determinazione del complessivo
trattamento normativo ad essi riferibile, è reso assai arduo dalla circostanza
che ci si trova innanzi ad un evento sicuramente dannoso — in quanto idoneo
a determinare un danno alla persona — ma di incerta classificazione come
« evento della vita umana » (art. 1882 c.c.) e ancora, con riferimento al quale, è prevista una prestazione, prefissata convenzionalmente, del tutto svincolata dalla determinazione — non solo effettiva, ma anche ipotetica e potenziale — del danno che tale evento è idoneo ad arrecare.
Ebbene, in ordine ai dubbi sulla riconducibilità di tali tipologie di accadimenti agli « eventi attinenti alla vita umana », un ausilio fondamentale
giunge, come si è rilevato, dall’art. 38 Cost. che, equiparando la valenza
« previdenziale » della vecchiaia a quella della malattia, dell’infortunio e dell’invalidità, conduce decisamente ad includere nella portata dell’espressione
codicistica tutte le menomazioni dell’integrità psico-fisica dell’individuo, a
prescindere dalla gravità che presentano e dalle modalità con le quali si manifestano (142).
Emerge, quindi, la presenza di una di quelle fattispecie, evocate poc’anzi,
nelle quali il carattere dannoso e, allo stesso tempo, attinente alla vita umana
dell’evento incerto, consente di ipotizzare, in linea astratta, entrambi gli schemi di cui all’art. 1882 c.c. In proposito, se si tiene a mente che, in tali contesti, la funzione previdenziale, in quanto costituzionalmente più pregante, assorbe quella indennitaria, la contraddizione che parrebbe annidarsi nella possibilità, per le parti, di determinare la prestazione dell’impresa prescindendo
dalle conseguenze dannose dell’evento che compromette la salute, può essere
superata: siffatta libertà contrattuale trova giustificazione nella prevalenza
della disciplina delle assicurazioni di eventi della vita rispetto a quella delle
assicurazioni contro i danni.
In termini più espliciti, in quanto assicurazioni previdenziali, le assicurazioni della salute sono tendenzialmente soggette all’applicazione diretta dell’intera disciplina dell’assicurazione sulla vita (Sez. III del capo XX) (143), con
esclusione delle sole disposizioni, ivi contenute, compatibili unicamente con le
assicurazioni relative alla durata della vita umana (144). Alle stesse figure, invece, dal momento che nel regolamento contrattuale che esprimono non è riconosciuta rilevanza giuridica all’eventuale idoneità dannosa dell’evento contemplato, saranno tendenzialmente inapplicabili le regole che costituiscono
( 142 ) V., supra, par. 4.2.
( 143 ) In ordine all’applicabilità del fondamentale art. 1923 c.c., cfr., Cass. 19 luglio
2004, n. 13342 (la quale peraltro, in maniera a nostro avviso non condivisibile, limita la riferibilità della norma alle assicurazioni di infortuni mortali); Trib. Reggio Emilia, 10 agosto 1994, in Gius., 1995, p. 59; Cass. 2 ottobre 1972, n. 2802, cit., p. 214; Cass., 15, novembre 1960, n. 3048, cit., p. 453.
( 144 ) V., supra, par. 4.2., nt. 90.
SAGGI
75
espressione del principio indennitario (145), con la conseguenza, che le parti
non saranno tenute a rispettare la corrispondenza tra quantum della prestazione e quantificazione dei danni alla persona, imposta dallo stesso (146).
Da quanto osservato, non deve però trarsi la conclusione che, nell’ambito
degli schemi contrattuali in esame, i contraenti possano determinare ad libitum l’entità della prestazione dell’impresa. La necessità di collegare, almeno
in linea di massima, l’ammontare della prestazione promessa alle esigenze
economiche che potrebbero sorgere in conseguenza della menomazione psicofisica dedotta nel contratto, infatti, è richiesta anche nel contesto della funzione previdenziale e, precisamente, riposa sul concetto di « adeguatezza » tra
mezzi previsti (o assicurati) ed esigenze maturate a seguito del verificarsi dell’evento (147).
Tale chiave di lettura consentirebbe, a nostro avviso, di superare la grave
incoerenza nella quale è incorso l’orientamento giurisprudenziale che si è recentemente espresso sulla disciplina applicabile all’assicurazione contro gli
infortuni non mortali. Esso, infatti, da un lato ha ritenuto riferibile a tale
contratto l’art. 1910 c.c. — sicura e diretta manifestazione del principio indennitario — al fine di evitare che l’assicurato possa ottenere, a fronte del
medesimo rischio, più prestazioni (da parte di più assicuratori), conseguendo
così un indebito arricchimento, dall’altro lato, però, non è riuscito a spiegare
in modo soddisfacente perché la discrezionalità delle parti nel fissare la prestazione di un unico assicuratore non possa essere assoggettata ad alcuna limitazione, nonostante l’infortunio (non mortale) venga considerato alla stregua di un comune evento dannoso, e come tale in toto sottoposto, per ammissione di questa stessa giurisprudenza, alla regola indennitaria (148).
Se richiamato e ritenuto applicabile, infatti, quest’ultimo principio — in
virtù del quale all’assicurato non è consentito conseguire una somma complessivamente superiore all’entità del danno subito — va coerentemente considerato in tutte le sue manifestazioni, prescindendo, nello specifico, dalla circostanza che l’arricchimento (id est: il conseguimento di un ristoro maggiore
rispetto al danno subito) derivi dall’ammontare della prestazione di un solo
assicuratore (art. 1909 c.c.) oppure da un importo complessivo, derivante
dalle prestazioni di una pluralità di assicuratori (1910, comma 3o, c.c.).
( 145 ) L’inapplicabilità del principio indennitario alle assicurazioni contro gli infortuni è
sostenuta, seppure su basi diverse, anche da Pasanisi, (nt. 39), p. 382.
( 146 ) È appena il caso di precisare, peraltro, che alcune norme previste per le assicurazioni contro i danni, sono senz’altro suscettibili di essere applicate, in via analogica, alle assicurazioni della salute, qualora non contrastino con la funzione previdenziale.
( 147 ) V., supra, par. 6.
( 148 ) V., Cass., 10 aprile 2002, n. 5119, cit., p. 116 s. In senso analogo, Cass., 9 marzo
2006, n. 5102. Siffatta incoerenza è messa in evidenza anche da Ferrari, (nt. 47), p. 153.
Infine, la necessità della congruità della copertura rispetto al danno, è stata recentemente
rimarcata, seppure in una diversa prospettiva, da Semeghini, Assicurazione cumulativa e
principio indennitorio, in Banca, borsa, tit. cred., 2012, pp. 673 ss.
76
RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 1/2013
Vero è che nei contesti descritti il principio indennitario non opera affatto e il tendenziale collegamento tra l’entità della somma complessivamente
promessa all’assicurato — non importa se da uno o più assicuratori — e le
esigenze economiche che potrebbero sorgere in conseguenza dell’evento contemplato è assicurato dalla « adeguatezza » tra prestazioni ed esigenze previdenziali, richiesta dall’art. 38, comma 2o, Cost.
In ordine al secondo profilo evocato e relativo alle assicurazioni di spese
mediche, tali osservazioni inducono, a nostro avviso, ad impostare in maniera
diversa rispetto alla visione tradizionale il rapporto tra queste e le assicurazioni sulla salute, constatando la piena riconducibilità delle prime all’ambito tipologico delle seconde. Può, infatti, precisarsi che le assicurazioni di spese
mediche — anch’esse connotate dalla funzione previdenziale — costituiscono
null’altro che una species di assicurazioni sulla salute, nel cui ambito le parti
hanno stabilito, a seguito di una ponderata valutazione dei propri interessi —
e non, va sottolineato, in ossequio al principio indennitario — di determinare
la prestazione dell’assicuratore per relationem, con riferimento alle spese mediche effettivamente sostenute, anziché con una somma prestabilita in modo
forfettario. Anche a queste assicurazioni, pertanto, si applicheranno, nei termini precisati poc’anzi, le disposizioni di cui agli artt. 1919 ss. c.c.
Scarica