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SIMONE
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Via F. Russo, 33/D
80123 Napoli
www.simone.it
Tutti i diritti riservati
È vietata la riproduzione anche parziale e con
qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione
scritta dell’editore.
gennaio 2016
526/22 • Insegnante di sostegno per infanzia e primaria
Questo volume è stato stampato presso:
«INK PRINT service s.r.l.»
Via Censi dell’Arco, n. 22 - Cercola (NA)
Andiamo in stampa all’indomani della diffusione della bozza di Allegato al Bando del 18 gennaio
2016: questo manuale è conforme, quindi, ai contenuti delle Avvertenze generali così come enunciati in questo allegato.
Qualora in sede di pubblicazione del bando in G.U. dovessero essere inseriti ulteriori argomenti (cosa alquanto remota) se ne darà conto in apposite espansioni online, disponibili nell’area
riservata accessibile tramite il Qrcode.
Revisione redazionale: Emma Cosentino, Rossella Micillo, Chiara Palladino
La Sezione II della Parte I è a cura di Rossella Micillo
I paragrafi 5 e 6 del Capitolo 2, il paragrafo 3 del Capitolo 4 e il Capitolo 5 della Sezione III
(Parte I) sono di Tina Naccarato
Il paragrafo 4 del Capitolo 4 (Parte I, Sezione V), il paragrafo 3 del Capitolo 1 (Parte II) e il
Capitolo 3 (Parte II) sono di Valeria Famà
La Sezione VII è a cura di Arianna Pisapia
Le proposte operative della Sezione V sono di Valeria Famà e Tina Naccarato
Il Test 2 della Sezione I (Parte III) e la Sezione III (Parte III) sono di Valeria Famà e Tina Naccarato
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La pubblicazione di questo volume, pur curato con scrupolosa attenzione dagli Autori e dalla redazione, non comporta alcuna assunzione di responsabilità da parte degli stessi e della Casa editrice per
eventuali errori, incongruenze o difformità dai contenuti delle prove effettivamente somministrate
in sede di concorso.
Premessa
Il concorso a cattedre 2016, che per la prima volta prevede una selezione mirata per gli insegnanti di sostegno, vedrà i candidati cimentarsi in una prova scritta e in una prova orale, finalizzate a verificare le competenze disciplinari, didattiche, pedagogiche, psicologiche
e digitali degli aspiranti docenti.
In base a quanto emerso dalle bozze ufficiali del decreto concorsuale del Miur, la figura professionale del futuro insegnante di sostegno è fondata sia su un’ampia e precisa conoscenza
di aspetti disciplinari e teorici, sia sulla capacità di applicare tali conoscenze al contesto scolastico, agli alunni che incontreranno, in un continuo equilibrio tra saperi teorici ed empirici.
Tali conoscenze e competenze saranno verificate, quindi, sia nella prova scritta che nella
prova orale che consisterà in una lezione simulata ed in un colloquio immediatamente successivo alla stessa, nel corso del quale il candidato dovrà giustificare e suffragare i contenuti e le scelte didattico-metodologiche della lezione progettata.
Si delinea così un nuovo profilo dell’insegnante, che dev’essere non solo portatore di conoscenze pedagogico-didattiche e disciplinari, ma anche docente del saper fare, del “know how”.
Un’importante novità del concorso 2016 riguarderà, come detto, l’introduzione di distinte
prove previste per gli aspiranti docenti in possesso di specializzazione per i posti di sostegno didattico ad alunni con disabilità. Proprio per rispondere alle esigenze formative di tali
candidati, questo manuale, destinato ai futuri docenti di sostegno di scuola dell’infanzia e
primaria, è stato così strutturato:
— Prima Parte - Conoscenze e competenze dell’insegnante di sostegno: un’ampia sezione teorica generale, in cui si affrontano, da una parte, le teorie pedagogico-didattiche,
gli assiomi della psicologia evolutiva, gli apporti delle altre scienze umane all’insegnamento, sino alle più recenti teorie neuro-scientifiche e, dall’altra, un utile excursus sulla
legislazione scolastica con particolare riferimento alla inclusione scolastica. Ampio spazio è dato alle competenze proprie del docente specializzato per il sostegno, approfondendo: l’integrazione degli alunni con disabilità (norme di riferimento, gruppi di lavoro, tappe dell’integrazione scolastica: dall’individuazione dell’alunno con disabilità al
PEI, ecc.); lo studio dei Bisogni Educativi Speciali (disturbi specifici dell’apprendimento, situazioni di svantaggio socio-economico, linguistico e culturale, disturbi dell’attenzione ed iperattività ecc.); il tema della disabilità (manuali diagnostici, disturbi intellettivi, autismo, disturbi del linguaggio, disabilità sensoriali), nonché la psicopatologia in
età evolutiva (disturbi del movimento, ansie e fobie, disturbi del comportamento, personalità ossessive, identità sessuale, disturbi alimentari e depressione infantile).
— Seconda Parte - Strumenti operativi: una vasta raccolta di strumenti operatiti propri
della professione e delle competenze dell’aspirante insegnante, con modelli ed esemplificazioni di PDP, PDF, PEI, schede di rilevazione dei BES, proposte di attività didattiche e riflessioni sulle Indicazioni Nazionali per il Curricolo.
— Terza Parte - Strumenti esercitativi. L’ultima parte del volume è composta da tre sezioni. La prima è dedicata a numerosi quesiti a risposta aperta sugli argomenti trattati (competenze del docente specializzato, BES e metodologie didattiche), indispensabili per affrontare la prova scritta del concorso, che come è noto prevede la somministrazione di 8 quesiti a risposta aperta di cui due in lingua. A questi ultimi è dedicata la seconda sezione con numerosi esempi di quesiti in lingua inglese e un utilissimo glossario sempre in inglese, per prendere dimestichezza con il lessico specialistico. Sempre
in questa parte, nella sezione terza, sono presentate una serie di attività didattiche in-
clusive, progettate su studi di caso (a partire da Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale e Piano educativo Individualizzato) per classi in cui sono presenti alunni con disabilità. Queste ultime possono risultare molto utili in vista della progettazione didattica richiesta nelle prove concorsuali, soprattutto per la lezione simulata della
prova orale.
Il manuale è arricchito da una serie di espansioni Web (accessibili tramite il QR code posto in calce al volume), con le versioni integrali dei provvedimenti normativi la cui conoscenza è richiesta nel programma annesso al bando (di questi provvedimenti è ovviamente fatta ampia trattazione anche nel manuale).
Indice Generale
Parte I
Conoscenze e competenze dell’insegnante di sostegno
Capitolo 1: Il diritto allo studio
1.La Costituzione come riferimento dei valori dell’istruzione..................................................... Pag.
2.La competenza a dettare norme in materia di istruzione.......................................................... »
3.L’amministrazione del sistema dell’istruzione................................................................................ »
3.1 Il Ministero dell’istruzione (MIUR) e le sue funzioni.......................................................... »
3.2 Il livello locale: Uffici scolastici regionali (USR) e Uffici scolastici provinciali (USP)... »
4.Le competenze amministrative a livello territoriale..................................................................... »
5.L’obbligo di istruzione e la formazione professionale.................................................................. »
5.1 Evoluzione.............................................................................................................................................. »
5.2 Alternanza scuola-lavoro e apprendistato............................................................................... »
[Espansione web] Nel dicembre 2015 il MIUR ha pubblicato la Guida operativa per
l’alternanza scuola-lavoro, disponibile online mediante il QR Code in calce al
volume............................................................................................................................................................. »
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1.Premessa.......................................................................................................................................................... 2.Quadro storico-normativo........................................................................................................................ 3.Il decentramento amministrativo e le competenze degli enti locali...................................... 4.La progettazione dei percorsi formativi............................................................................................. 5.L’autonomia didattica................................................................................................................................. 6.L’autonomia organizzativa....................................................................................................................... 7.L’autonomia di ricerca, di sperimentazione e sviluppo............................................................... 8.L’autonomia finanziaria............................................................................................................................. 9.I punti nodali dell’offerta formativa..................................................................................................... 10.Le forme di collaborazione tra istituti................................................................................................. 10.1 Accordi tra pubbliche amministrazioni..................................................................................
10.2 Le reti di scuole.................................................................................................................................
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1.La scuola dell’autonomia.......................................................................................................................... 2.l’offerta formativa........................................................................................................................................ 2.1 Il Piano dell’offerta formativa (POF)..........................................................................................
2.2 Il Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF)....................................................................
3.Elaborazione del PTOF............................................................................................................................... 4.Il curricolo obbligatorio............................................................................................................................ 5.Il curricolo della scuola e l’ampliamento dell’offerta formativa.............................................. 6.Il potenziamento dell’offerta formativa: L. 107/2015 (cd. Buona scuola).......................... 7.La didattica modulare................................................................................................................................ »
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Capitolo 2: L’autonomia scolastica: dalla Legge Bassanini (L. 59/1997)
alla «Buona scuola» (L. 107/2015)
Capitolo 3: La gestione dell’offerta formativa: programmazione, progettazione e pianificazione
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Indice Generale
Sezione I
La scuola dell’autonomia e l’offerta formativa
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8.La funzione docente.................................................................................................................................... Pag.
9.La didattica per percorsi autoconsistenti.......................................................................................... »
10.Evoluzione storica dei concetti di programmazione, progettazione e pianificazione.... »
11.Il Programma Annuale............................................................................................................................... »
12.La Carta dei servizi, il progetto educativo d’istituto e il regolamento d’istituto................ »
13.Dalla programmazione collegiale alla progettazione curriculare........................................... »
13.1 L’analisi della situazione di partenza...................................................................................... »
13.2 La descrizione degli obiettivi specifici di apprendimento............................................. »
13.3 I contenuti e i metodi..................................................................................................................... »
13.4 La verifica degli apprendimenti................................................................................................. »
13.5 La valutazione................................................................................................................................... »
14.La valutazione della qualità..................................................................................................................... »
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1.La comunità scolastica............................................................................................................................... 2.La riforma degli organi ­collegiali territoriali: il D.Lgs. 233/1999........................................... 2.1 Il livello centrale: il Consiglio superiore della pubblica istruzione...............................
2.2 Il livello regionale: i Consigli regionali dell’istruzione........................................................
2.3 Il livello locale: i Consigli scolastici locali.................................................................................
3.Gli organi collegiali nel Testo Unico della scuola............................................................................ 3.1 Il Consiglio scolastico distrettuale...............................................................................................
3.2 Il Consiglio scolastico provinciale................................................................................................
3.3 Il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI)....................................................
4.Organi collegiali a livello di circolo e di istituto.............................................................................. 4.1 Generalità...............................................................................................................................................
4.2 Consiglio di intersezione, di interclasse e di classe..............................................................
4.3 Collegio dei docenti............................................................................................................................
4.4 Il Consiglio di circolo o di istituto e la Giunta esecutiva.....................................................
4.5 Comitato per la valutazione degli insegnanti.........................................................................
5.Pubblicità degli atti degli organi collegiali........................................................................................ 6.Elezione dei componenti degli organi collegiali............................................................................. 7.Costituzione degli organi e validità delle deliberazioni.............................................................. 8.Decadenza dei componenti...................................................................................................................... 9.Il diritto di assemblea................................................................................................................................. 9.1 Assemblee degli studenti.................................................................................................................
9.2 Assemblee dei genitori.....................................................................................................................
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1.Definizione di territorio............................................................................................................................ 2.Regionalismo.................................................................................................................................................. 3.Il principio di sussidiarietà...................................................................................................................... 3.1 Aspetti generali....................................................................................................................................
3.2 Gli obiettivi della sussidarietà.......................................................................................................
4.Glocalismo e analisi del territorio......................................................................................................... 5.Disegnare la mappa dell’identità socio-culturale di un territorio........................................... »
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1.La cultura della valutazione..................................................................................................................... 2.Performance................................................................................................................................................... 3.L’aspetto sociale della valutazione........................................................................................................ 4.Valutazione di sistema e valutazione delle scuole......................................................................... 4.1 Generalità...............................................................................................................................................
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Indice Generale
Capitolo 4: Organi collegiali della scuola
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Capitolo 5: La cultura del rapporto scuola-territorio
Capitolo 6: La valutazione
Capitolo 7: La dimensione europea dell’educazione
1.Scuola ed Europa.......................................................................................................................................... 1.1 Caratteristiche del processo formativo.....................................................................................
1.2 Requisiti della progettazione formativa....................................................................................
2.La strategia di Lisbona............................................................................................................................... 3.Il miglioramento dei sistemi di istruzione........................................................................................ 3.1 Le linee di orientamento..................................................................................................................
3.2 Strategie riguardanti l’istruzione e la formazione................................................................
3.3 Competenze chiave per l’apprendimento permanente e Quadro europeo delle
qualifiche................................................................................................................................................
4.I programmi europei: Youth on the move e LLP............................................................................... 4.1 Youth on the move (Gioventù in movimento)..........................................................................
4.2 Il programma LLP...............................................................................................................................
4.3 Programma Jean Monnet..................................................................................................................
4.4 I Fondi strutturali................................................................................................................................
5.Il nuovo programma europeo 2014-2020 ed Erasmus plus...................................................... Sezione II
psicopedagogia didattica e apprendimento
Capitolo 1: Sviluppo cognitivo e sociale
1.Il cervello e la sua struttura..................................................................................................................... 1.1 Cenni anatomici...................................................................................................................................
1.2 Caratteristiche del sistema nervoso centrale..........................................................................
2.Lo sviluppo cognitivo e sociale............................................................................................................... 2.1 Adattamento e ambiente.................................................................................................................
2.2 La teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget...........................................................................
2.3 Ambiente e sviluppo per Vygotskij..............................................................................................
3.La relazione affettiva.................................................................................................................................. 3.1 L’attaccamento.....................................................................................................................................
3.2 Gli studi di Freud.................................................................................................................................
3.3 René Spitz e la teoria degli «organizzatori»............................................................................
3.4 La teoria dello sviluppo «psico-sociale» di Erikson: infanzia, adolescenza, età adulta..
3.5 L’appproccio etologico di Bowlby: attaccamento e sviluppo affettivo.........................
3.6 Sviluppo e ambiente per Donald Winnicott ...........................................................................
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Indice Generale
4.2 Il Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione (SNV)........................................... Pag.
4.3 Valutazione interna............................................................................................................................ »
4.4 Valutazione esterna............................................................................................................................ »
4.5 Valutazione esperta............................................................................................................................ »
5.Sintesi del quadro di riferimento teorico della valutazione del sistema scolastico e
delle scuole..................................................................................................................................................... »
5.1 Il valore aggiunto................................................................................................................................ »
5.2 Le dimensioni del modello.............................................................................................................. »
5.3 L’analisi del contesto.......................................................................................................................... »
5.4 Input......................................................................................................................................................... »
5.5 Processi................................................................................................................................................... »
5.6 Risultati................................................................................................................................................... »
6.Il progetto VSQ: la sperimentazione di un prototipo.................................................................... »
7.VALES: una risposta dovuta..................................................................................................................... »
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Capitolo 2: I processi cognitivi e l’intelligenza
1.Percezione e attenzione............................................................................................................................. Pag. 123
1.1 La percezione: definizione e teorie............................................................................................. » 123
1.2 Le illusioni percettive........................................................................................................................ » 125
1.3 L’attenzione........................................................................................................................................... » 128
2.La coscienza.................................................................................................................................................... » 129
2.1 Cosa abbiamo per la testa............................................................................................................... » 129
2.2 La prospettiva psicanalitica............................................................................................................ » 130
3.La memoria..................................................................................................................................................... » 130
3.1 La facoltà di ricordare....................................................................................................................... » 130
4.Pensiero, intelligenza e identità............................................................................................................. » 132
4.1 Come pensiamo................................................................................................................................... » 132
4.2 Il ragionamento: elementi e strategie........................................................................................ » 133
4.3 L’intelligenza e le sue forme........................................................................................................... » 134
4.4 L’intelligenza emotiva di Goleman............................................................................................... » 137
Indice Generale
Capitolo 3: Teorie, stili di apprendimento e mediazione didattica
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1.Teorie e forme................................................................................................................................................ 1.1 Definizioni e concetto di apprendimento.................................................................................
1.2 Gli studi sull’apprendimento..........................................................................................................
2.Apprendimento e arco di vita................................................................................................................. 2.1 La prospettiva costruttivista: Piaget, Vygotskij......................................................................
2.2 Bruner e il pensiero narrativo.......................................................................................................
2.3 La teoria dei costrutti personali di Kelly....................................................................................
2.4 Sociocostruttivismo e apprendimento......................................................................................
3.La motivazione.............................................................................................................................................. 3.1 Il comportamento motivato............................................................................................................
3.2 Motivare lo studente ad apprendere e Mastery learning..................................................
3.3 Il modello del cooperative learning.............................................................................................
3.4 Motivazione e curiosità....................................................................................................................
3.5 Gli stili di apprendimento................................................................................................................
3.6 Stili cognitivi.........................................................................................................................................
4.Metodo Feuerstein e mediazione didattica....................................................................................... 5.Metacognizione e metodologie didattiche........................................................................................ 5.1 Il brainstorming...................................................................................................................................
5.2 Il problem solving................................................................................................................................
5.3 Lo spazio comunicativo e role playing.......................................................................................
5.4 Circle time nella pratica didattica................................................................................................
5.5 Il metodo peer to peer.......................................................................................................................
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1.L’analogia mente-cervello......................................................................................................................... 2.I neuroni specchio e gli studi rizzolatti............................................................................................... »
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1.Lo sviluppo del linguaggio....................................................................................................................... 1.1 Le fasi dello sviluppo linguistico..................................................................................................
1.2 Imparare a parlare..............................................................................................................................
1.3 Il rapporto tra linguaggio e pensiero..........................................................................................
2.La comunicazione non verbale............................................................................................................... 2.1 Senza parole..........................................................................................................................................
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Capitolo 4: Neuroscienze e apprendimento
Capitolo 5: Linguaggi e comunicazione
Capitolo 6: Relazione educativa e tecniche per la facilitazione degli apprendimenti
1.La relazione educativa............................................................................................................................... 1.1 La capacità relazionale dell’uomo...............................................................................................
1.2 L’approccio sistemico........................................................................................................................
1.3 Il pensiero complesso.......................................................................................................................
1.4 La creatività...........................................................................................................................................
1.5 Il «pensiero laterale» e il «pensiero verticale».......................................................................
1.6 Tecniche metacognitive....................................................................................................................
1.7 Il «pensiero convergente» e il «pensiero divergente».........................................................
1.8 L’influenza dei modelli educativi..................................................................................................
1.9 La relazione insegnante-allievo....................................................................................................
1.10 Gli obiettivi educativi di Bloom..................................................................................................
1.11 Carl Rogers e la prospettiva umanista....................................................................................
2.Ambienti e contesti di apprendimento............................................................................................... 2.1 Individui, ambiente, educazione...................................................................................................
2.2 La famiglia e i suoi modelli educativi.........................................................................................
2.3 Scuola e famiglia per la costruzione di percorsi educativi condivisi............................
2.4 La formazione extrascolastica.......................................................................................................
2.5 I rapporti tra pari................................................................................................................................
3.Tecniche didattiche e metodi di studio............................................................................................... 3.1 Farsi una cultura..................................................................................................................................
3.2 Tipi di studio.........................................................................................................................................
3.3 Imparare ad apprendere per facilitare l’apprendimento..................................................
3.4 Alcuni metodi per promuovere l’apprendimento.................................................................
3.5 La valenza didattica dell’analisi dell’errore..............................................................................
3.6 La didattica laboratoriale................................................................................................................
4.Facilitare l’apprendimento e l’acquisizione delle competenze................................................ 4.1 “Buone pratiche” per la gestione integrata del gruppo......................................................
4.2 Ricostruire il testo con lo studente.............................................................................................
4.3 Didattica per concetti e mappa concettuale . .........................................................................
4.4 Un esempio di strategia didattica................................................................................................
4.5 Il lavoro sul libro di testo.................................................................................................................
Sezione III
L’integrazione degli alunni con disabilità e
difficoltà di apprendimento
Capitolo 1: La normativa sull’integrazione: storia ed evoluzione
1.L’integrazione scolastica nella costituzione italiana..................................................................... 2.L’integrazione scolastica in Italia.......................................................................................................... 2.1 Il contesto sociale di riferimento.................................................................................................
2.2 Dall’inserimento all’integrazione: la L. 118/1971................................................................
2.3 Segue: il Documento Falcucci (1975).........................................................................................
2.4 Segue: La L. 517/1977......................................................................................................................
2.5 Segue: La L. 270/1982......................................................................................................................
2.6 Segue: La sentenza della Corte costituzionale 215/1987.................................................
3.La legge quadro in materia di handicap: L. 104/1992................................................................. 3.1 Normativa integrativa: D.M. 256/1992 e D.P.R. 24 febbraio 1994.................................
4.L’integrazione nella normativa sull’autonomia: dalla L. 104/1992 alla L. 107/2015
(cd. Buona scuola)....................................................................................................................................... »
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Indice Generale
2.2 La prossemica....................................................................................................................................... Pag. 174
2.3 La cinesica.............................................................................................................................................. » 175
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5.Le Linee guida per l’integrazione degli alunni disabili................................................................ Pag. 212
6.La normativa su DSA e BES: L. 170/2010 e gli altri provvedimenti....................................... » 212
7.La valutazione: D.P.R. 122/2009............................................................................................................ » 213
8.Lo scenario internazionale: Convenzione ONU ratificata con la Legge 3 marzo 2009,
n. 18 e ICF........................................................................................................................................................ » 214
9.La strategia europea sulla disabilità.................................................................................................... » 214
Capitolo 2: l’integrazione scolastica
1.Dalla medicalizzazione all’integrazione............................................................................................. 2.Modalità organizzative............................................................................................................................... 3.Didattica speciale e metodologie operative...................................................................................... 3.1 Tipologie di intervento.....................................................................................................................
4.L’accoglienza dell’alunno disabile......................................................................................................... 4.1 Integrazione e capacità inclusiva della scuola........................................................................
5.Linee guida sull’integrazione scolastica: nota MIUR 4 agosto 2009...................................... 5.1 I Parte: Le norme di riferimento...................................................................................................
5.2 II Parte: L’organizzazione ...............................................................................................................
5.3 III Parte: La scuola inclusiva e la continuità educativa.......................................................
6.Istruzione domiciliare e ospedaliera................................................................................................... »
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1.I GLH: Gruppi di lavoro per l’integrazione (art. 15 L. 104/1992)........................................... 2.Le funzioni dei GLH (GLHI e GLHO)..................................................................................................... 3.I GLI: Gruppi di lavoro per l’inclusione (Direttiva 27-12-2012).............................................. »
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1.Dall’accertamento della disabilità al Piano educativo individualizzato............................... 1.1 La certificazione: D.P.R. 24-2-1994 e D.P.C.M. 23-2-2006, n. 185...................................
1.2 La diagnosi funzionale (DF)...........................................................................................................
1.3 Il Profilo Dinamico Funzionale (PDF)........................................................................................
1.4 Il piano educativo individualizzato (PEI).................................................................................
2.La progettazione del PEI........................................................................................................................... 2.1 Osservazione sistematica e aree di osservazione.................................................................
2.2 Definizione degli obiettivi...............................................................................................................
2.3 Il PEI e la continuità didattica.......................................................................................................
2.4 Il PEI differenziato..............................................................................................................................
2.5 Metodi e strumenti.............................................................................................................................
3.Prassi di programmazione didattica: dalla diagnosi funzionale alla lezione inclusiva . . 3.1 I documenti della certificazione e della diagnosi funzionale...........................................
3.2 Il profilo dinamico funzionale (PDF)..........................................................................................
3.3 Il piano educativo individualizzato (PEI).................................................................................
3.4 Progettazione di un intervento didattico..................................................................................
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1.La valutazione nel sistema scuola......................................................................................................... 2.Il sistema nazionale di valutazione ..................................................................................................... 2.1 Il rapporto di autovalutazione (rav).........................................................................................
3.Invalsi e prove invalsi................................................................................................................................. 3.1 Prove invalsi – alunni con bes......................................................................................................
4.La valutazione degli alunni...................................................................................................................... 4.1 I tempi della valutazione..................................................................................................................
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Indice Generale
Capitolo 3: I gruppi di lavoro per l’integrazione e l’inclusione
582
Capitolo 4: Le tappe dell’integrazione scolastica e il Piano educativo
individualizzato
Capitolo 5: la valutazione degli alunni
4.2 Criteri pedagogici................................................................................................................................ Pag. 250
4.3 Norme di riferimento: D.P.R. 122/2009.................................................................................... » 251
5.La valutazione degli alunni stranieri................................................................................................... » 252
6.La valutazione degli allievi disabili ..................................................................................................... » 252
7.La valutazione degli alunni con PDP.................................................................................................... » 254
Sezione IV
Bisogni educativi speciali e strategie didattiche
1.Approcci teorici............................................................................................................................................. 2.I Bisogni Educativi Speciali: dalla direttiva ministeriale 27 dicembre 2012 alla L.
107/2015 (cd. Buona scuola)................................................................................................................. 2.1 Strategie di intervento......................................................................................................................
2.2 Il Piano Didattico Personalizzato (PDP)...................................................................................
2.3 Piano annuale per l’inclusività (PAI)..........................................................................................
2.4 Gruppi di lavoro e inclusività.........................................................................................................
2.5 I Centri Territoriali di Supporto (CTS) e Centri territoriali per l’inclusione (CTI).....
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1.I DSA................................................................................................................................................................... 1.1 La dislessia.............................................................................................................................................
1.2 La disgrafia e la disortografia........................................................................................................
1.3 La discalculia.........................................................................................................................................
2.La normativa per il diritto allo studio degli alunni con DSA..................................................... 2.1 Strumenti compensativi e misure dispensative ...................................................................
2.2 Le competenze del referente d’istituto e del docente ........................................................
2.3 Approcci didattici e metodologici................................................................................................
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1.Lineamenti teorici........................................................................................................................................ 2.Approcci didattici e metodologici......................................................................................................... [Espansione web] Paragrafo 3: Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli
alunni stranieri........................................................................................................................................... »
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1.Che cos’è l’attenzione................................................................................................................................. 2.Criteri diagnostici secondo il DSM 5.................................................................................................... 3.La classificazione dell’ICF......................................................................................................................... 4.Caratteristiche del deficit dell’attenzione e/o iperattività......................................................... 5.Sviluppo e decorso....................................................................................................................................... 6.Diagnosi differenziale e Comorbilità................................................................................................... 7.Approcci didattici e metodologici......................................................................................................... »
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Capitolo 2: L’area dei disturbi evolutivi specifici
Capitolo 3: Svantaggio socio-economico, linguistico e culturale
Capitolo 4: Il disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività (DDAI o
ADHD)
Sezione V
Sostegno e disabilità
Capitolo 1: Disabilità e manuali diagnostici
1.Cenni introduttivi......................................................................................................................................... 2.Menomazione, disabilità, handicap. Distinzioni concettuali..................................................... 2.1 Il concetto generale di «handicap»..............................................................................................
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Indice Generale
Capitolo 1: Bisogni Educativi e scuola dell’inclusione
583
3.Il modello ICF................................................................................................................................................. Pag. 287
3.1 Definizioni.............................................................................................................................................. » 287
3.2 La Classificazione Internazionale del Funzionamento delle Disabilità e della Sa
lute (ICF)................................................................................................................................................. » 288
3.3 ICF-CY....................................................................................................................................................... » 289
4.Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM)............................................... » 289
Capitolo 2: La professione del docente specializzato nel sostegno
1.La relazione d’aiuto..................................................................................................................................... 2.Lavoro di gruppo tra operatori della scuola..................................................................................... 3.La comunicazione intersoggettiva e la mediazione didattica................................................... »
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1.Dal ritardo mentale alla disabilità intellettiva................................................................................. 2.Diagnosi e livelli di disabilità intellettiva secondo il DSM 5...................................................... 3.Cause della disabilità intellettiva........................................................................................................... 3.1 Infezioni in gravidanza.....................................................................................................................
3.2 Uso di farmaci e sostanze stupefacenti in gravidanza........................................................
3.3 Sindromi genetiche: sindrome Down, sindrome X fragile e altre malattie genetiche...
3.4 Infezioni e traumi...............................................................................................................................
3.5 Le paralisi cerebrali infantili..........................................................................................................
4.Sviluppo e decorso....................................................................................................................................... 5.Diagnosi differenziale................................................................................................................................. 6.Proposte operative per alunni con disabilità psico-fisiche........................................................ 6.1 Strategie didattiche e metodologiche.........................................................................................
6.2 Esempio di Attività da svolgere nella scuola del primo ciclo/secondaria..................
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1.Caratteristiche e criteri diagnostici...................................................................................................... 1.1 Gli studi sui disturbi dello spettro autistico............................................................................
1.2 I criteri utili alla diagnosi................................................................................................................
1.3 Esordi e decorso..................................................................................................................................
1.4 La legge 18 agosto 2015, n. 134....................................................................................................
2.Autismo e disturbo di Asperger............................................................................................................. 3.Il disturbo di Rett......................................................................................................................................... 4.Le linee guida per l’autismo della Società italiana di neuropsicologia: approcci meto dologici............................................................................................................................................................. 4.1 Approcci comportamentali.............................................................................................................
4.2 Approccio didattico............................................................................................................................
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1.La classificazione dei disturbi del linguaggio e della comunicazione................................... 2.Disturbo del linguaggio secondo il DSM V e l’ICF........................................................................... 2.1 Diagnosi differenziale.......................................................................................................................
3.Disturbo fonetico-fonologico.................................................................................................................. 4.Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia (balbuzie)...................................................... 5.Disturbo della Comunicazione Sociale (pragmatica)................................................................... 6.Proposte didattiche in presenza di disturbi del linguaggio....................................................... »
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1.Il deficit visivo................................................................................................................................................ 1.1 Strategie didattiche e metodologiche.........................................................................................
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Indice Generale
Capitolo 3: I disturbi dello sviluppo intellettivo
584
Capitolo 4: I disturbi dello spettro dell’autismo
Capitolo 5: I disturbi del linguaggio
Capitolo 6: I deficit visivi e uditivi
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2.Il deficit uditivo............................................................................................................................................. Pag. 331
2.1 Definizione dell’azione didattica.................................................................................................. » 332
Capitolo 1: I disturbi del movimento
1.Il nuovo raggruppamento diagnostico................................................................................................ 1.1 Disturbo di sviluppo della coordinazione................................................................................
1.2 Disturbo da movimenti stereotipati...........................................................................................
1.3 Il disturbo da «tic»..............................................................................................................................
1.4 Il disturbo di Tourette.......................................................................................................................
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1.Il soggetto iperansioso............................................................................................................................... 2.L’ansia da separazione............................................................................................................................... 3.Le fobie............................................................................................................................................................. 3.1 Le fobie specifiche..............................................................................................................................
3.2 Le fobie secondo il modello cognitivo-emotivo-comportamentale...............................
3.3 Aspetti clinici delle paure e delle fobie in età evolutiva.....................................................
3.4 La fobia per la scuola.........................................................................................................................
3.5 La fobia sociale.....................................................................................................................................
3.6 Quando intervenire............................................................................................................................
4.Il disturbo d’attacco di panico................................................................................................................ »
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1.I disturbi da deficit del controllo degli impulsi............................................................................... 2.Il disturbo esplosivo intermittente....................................................................................................... 3.Il Disturbo della Condotta........................................................................................................................ 3.1 I tre tipi di disturbo della condotta.............................................................................................
3.2 Il bullismo...............................................................................................................................................
4.Il Disturbo di tipo Oppositivo-Provocatorio..................................................................................... 5.La cleptomania.............................................................................................................................................. 6.La piromania.................................................................................................................................................. »
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1.Il disturbo ossessivo-compulsivo.......................................................................................................... 2.La personalità ossessiva............................................................................................................................ 2.1 Il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità...................................................................
3.La psicoterapia per il bambino ossessivo.......................................................................................... »
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1.L’identità sessuale........................................................................................................................................ 2.Anomalie dei cromosomi sessuali........................................................................................................ 3.Anomalie del sesso gonadico.................................................................................................................. 4.La disforia nel DSM V.................................................................................................................................. »
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1.L’anoressia mentale durante l’infanzia............................................................................................... 1.1 Anoressia della prima infanzia......................................................................................................
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Capitolo 2: Disturbi d’ansia e fobie in età evolutiva
Capitolo 3: I disturbi del comportamento e della condotta
Capitolo 4: La personalità ossessiva in età evolutiva
Capitolo 5: Identità sessuale e disforia di genere
Capitolo 6: disturbo del comportamento alimentare
Indice Generale
Sezione VI
psicopatologia in età evolutiva
585
1.2 Anoressia della seconda infanzia................................................................................................. Pag. 360
1.3 L’anoressia mentale (nervosa o psicogena)............................................................................. » 360
2.La bulimia nervosa...................................................................................................................................... » 361
3.L’organizzazione della personalità nei soggetti con disturbo della condotta alimentare... » 363
4.Terapia dei disturbi della condotta alimentare............................................................................... » 363
4.1 Come intervenire................................................................................................................................. » 363
Capitolo 7: La depressione infantile
1. Il Disturbo Depressivo nell’infanzia..................................................................................................... 2. Terapia della depressione in età evolutiva........................................................................................ »
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1.Comunicazione e società........................................................................................................................... 1.1 La società dell’informazione e della conoscenza...................................................................
1.2 Innovazione della scuola..................................................................................................................
1.3 Competenze chiave: la competenza digitale............................................................................
1.4 TIC e curricolo a livello europeo e a livello italiano.............................................................
2.Scuola e tecnologie: infrastrutture, formazione e competenze dei docenti........................ 2.1 Lo sviluppo professionale del personale scolastico.............................................................
2.2 La competenza digitale del docente............................................................................................
2.3 La competenza digitale dello studente......................................................................................
2.4 I servizi per gli utenti........................................................................................................................
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1.Evoluzione delle tecnologie didattiche............................................................................................... 2.Necessità di una didattica nuova........................................................................................................... 2.1 Media e strumenti per una didattica interattiva...................................................................
2.2 Alcuni strumenti del web 2.0 utilizzabili nella didattica...................................................
2.3 Il Cloud Computing e le sue applicazioni...................................................................................
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1.La comunicazione efficace con gli strumenti digitali e le ICT................................................... 1.1 La Lavagna Interattiva Multimediale..........................................................................................
1.2 Proposte di attività didattiche con la LIM................................................................................
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1.Lo strumento e-book.................................................................................................................................. »
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1. Strumenti didattici e tecnologici........................................................................................................... 1.1 Wordprocessor.....................................................................................................................................
1.2 La sintesi vocale...................................................................................................................................
1.3 Le mappe concettuali........................................................................................................................
1.4 Audiolibro e libro parlato................................................................................................................
1.5 Scanner con software OCR..............................................................................................................
1.6 Calcolatrice dotata di sintesi vocale............................................................................................
1.7 Riconoscimento vocale (speech recognition)..........................................................................
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Sezione VII
Media per la didattica e strumenti interattivi
nella scuola digitale
Indice Generale
Capitolo 1: Le tic a scuola
586
Capitolo 2: per una didattica 2.0
Capitolo 3: la lim e la scuola
Capitolo 4: a scuola con l’e-book
Capitolo 5: strumenti ict per l’inclusione
1.8 La LIM...................................................................................................................................................... Pag. 414
1.9 I software................................................................................................................................................ » 415
1.10 Le misure dispensative.................................................................................................................. » 416
1.11 I dizionari di lingua straniera computerizzati, traduttori.............................................. » 416
Capitolo 1: Modelli di PDP, PDF e PEI compilati
1.Piano didattico personalizzato per la scuola primaria................................................................ 2.Profilo dinamico funzionale.................................................................................................................... 3.Esempi di Pei precompilati..................................................................................................................... 3.1 PEI disabilità intellettiva grave - Sindrome di Down...........................................................
3.2 PEI disabilità intellettiva lieve - tratti autistici.......................................................................
3.3 Pei disabilità intellettiva moderata - comportamenti oppositivi...................................
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1.Modello di scheda per la rilevazione dei BES.................................................................................. 2.Proposte di attività didattiche................................................................................................................ »
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1.Cultura, Scuola, Persona............................................................................................................................ 2.Finalità generali ........................................................................................................................................... 3.L’organizzazione del curricolo................................................................................................................ 4.La scuola dell’infanzia................................................................................................................................ 4.1 I campi di esperienza........................................................................................................................
5.Dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria................................................................................ 6.La scuola del primo ciclo........................................................................................................................... [Espansione web] Per ulteriori approfondimenti si rimanda al documento integrale
in appendice online.................................................................................................................................. »
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Capitolo 2: Modello di scheda per la rilevazione dei BES e proposte di
attività didattiche
Capitolo 3: Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione
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Parte III
Strumenti esercitativi
Sezione I
Quesiti a risposta aperta
Test 1: competenze del docente specializzato per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria................................................................................................................ Test 2: Bisogni educativi speciali, disabilità e metodologie didattiche..... »
521
Questions............................................................................................................................................................. »
522
Glossario italiano/inglese dei termini specialistici...................................................... »
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Sezione II
Quesiti a risposta aperta in lingua inglese
Solutions............................................................................................................................................................. »
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Indice Generale
Parte II
Strumenti operativi
587
Sezione III
Progettazione di attività e lezioni
Capitolo 1: Esempi di progettazione, programmazione e attività didattiche nella scuola dell’infanzia.......................................................................................... Pag. 550
Capitolo 2: Esempi di progettazione, programmazione e attività didattiche nella scuola primaria..................................................................................................... Indice Generale
Tabella norme............................................................................................................................................... [Espansione web] Il testo completo dei provvedimenti è riportato ON LINE..................... 588
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559
575
575
Capitolo
1
Disabilità e manuali diagnostici
Parte I: Conoscenze e competenze dell’insegnante di sostegno
Sezione V: Sostegno e disabilità
1. Cenni introduttivi
284
Secondo le prime interpretazioni del «problema handicap» — risalenti al decennio 19601970 e quasi sempre di tipo neuro-psichiatrico — l’insufficienza mentale veniva considerata come uno sviluppo neurologico incompleto tale che l’individuo risultasse incapace di
adattarsi all’ambiente sociale in modo ragionevole, efficiente ed economico.
Si tratta di una definizione che implica il riferimento all’esistenza di uno sviluppo mentale presunto «normale». Le insufficienze mentali erano classificate in «lievi, medie o gravi»: non venivano distinte menomazioni di tipo fisico o psichico, né si considerava la situazione familiare e sociale.
Un’interpretazione successiva molto simile pone, invece, come unico e principale criterio di
definizione di handicap il riscontro clinico di un danno o di una lesione fisica o psichica irreversibile e dalle conseguenze rilevanti nella vita del soggetto.
Prevale, in entrambe le posizioni, l’insistenza sugli aspetti medico-biologici dell’handicap. In questa prospettiva, si può considerare handicappato, ad esempio, l’epilettico in cui l’epilessia sia accompagnata da forme di ritardo mentale consistente, ma non il bambino affetto da crisi epilettiche
che non soffra contemporaneamente di forme di ritardo mentale o di difficoltà nell’apprendimento.
Successivamente (anni Settanta del Novecento) si nota non solo come le condizioni culturali e sociali influiscano notevolmente nella definizione di handicap, ma anche come si determini una profonda identificazione tra handicap e disadattamento sociale.
Si tratta di una concezione radicata nella società a diversi livelli. Essa infatti risulta presente:
— nell’immaginario sociale relativo alla sofferenza individuale;
— negli ostacoli oggettivi e soggettivi incontrati da chi si discosta da un modello di individuo socialmente accettabile;
— nello sfondo teorico implicito nelle direttive legislative;
— nelle pratiche di misurazione dell’intelligenza adottate in sedi didattiche.
Tutto ciò ha condotto troppo spesso ad una definizione profondamente riduttiva della
dimensione di handicap, in cui si accentua eccessivamente sia l’aspetto del deficit fisico o
psichico rispetto ad una presunta «normalità» sia le conseguenze di questo deficit a livello sociale (inefficienza, irreversibilità, marginalità, rischi di devianza e così via).
Un soggetto in altri termini veniva, fino a qualche anno fa, definito riferendo la totalità della sua persona ad una singola parte della sua vita (l’handicap appunto). Sul piano educativo, ciò implicava che l’individuo portatore di handicap potesse essere soggetto di un processo educativo, ma tale processo prevedeva la sua esclusione da un contesto percepito come
normale. Da questo punto di vista, se un ragazzo o una ragazza diventa adulto/a, lo diventa
solo come «adulto/a handicappato/a».
Negli anni Ottanta l’OMS dà il via ad un vasto lavoro di ridefinizione del concetto di handicap che ha in questi decenni profondamente influenzato il modo di rapportarsi alle persone disabili, modificando l’atteggiamento nei loro confronti e cominciando a ridefinire la categoria di handicap, assumendo da un lato una maggior precisione terminologica, dall’altro
affiancando all’identificazione di un ambito prettamente medico-biologico l’ambito sociale come fondamentale nella definizione delle situazioni di handicap.
L’OMS propone una diversa rappresentazione sociale di handicap che in qualche modo è entrata anche nel nostro linguaggio comune, pur affiancandosi ad altre e molto più stereoti-
pate modalità di rappresentazione e approccio. Si tratta di una interpretazione del fenomeno che, forse per la prima volta in maniera esplicita, indica la possibilità di una conoscenza
più profonda e personale dell’individuo portatore di handicap. La nuova classificazione nasce sulla scorta dell’esigenza di trovare criteri che meglio si occupino di quegli «stati di malattia» o «stati di salute» che si possono identificare con le conseguenze di malattie o forme
morbose ma che non possono essere considerate come malattie.
In questa prospettiva si tematizza chiaramente che da malattie, traumi o eventi patologici in
genere possano insorgere conseguenze stabili e di notevole entità per i soggetti colpiti ma
che in ogni caso tali conseguenze non siano trattabili come «stati di malattia» quanto piuttosto come condizioni esistenziali che, in quanto tali, richiedono un intervento o un supporto
differente rispetto alla terapia generalmente riservata agli stati o eventi patogeni.
Secondo l’OMS, nel contesto delle conoscenze e delle opere sanitarie si deve intendere per
«menomazione» qualsiasi perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni psicologiche,
fisiologiche o anatomiche. «Menomazione» è infatti un termine più generale e comprensivo rispetto ai termini «disturbo», «danno» o «deficit» poiché riguarda anche le perdite. (Ad
esempio, la perdita di una gamba genera una menomazione, non un disturbo).
La menomazione è segnata da:
— perdite o anormalità transitorie o permanenti;
— esistenza o evenienza di anomalie, difetti o perdite a carico di arti, organi, tessuti o altre strutture del corpo incluse le funzioni psichiche e mentali. Possiamo dire che la menomazione rappresenta in un certo senso l’esteriorizzazione di uno stato patologico.
Le perdite, anomalie o anormalità implicate dal concetto di menomazione sono però da intendersi sempre come riferite a strutture o funzioni corporee (comprese quelle mentali) potenzialmente temporanee. Indica la prima manifestazione o la tipologia di effetto — organica o semplicemente funzionale — di traumi fisici o psichici e malattie in genere. Essa prevede naturalmente accertamenti di tipo esclusivamente medico-diagnostico.
Tale accertamento, soprattutto in riferimento al «grado» di menomazione è naturalmente
importantissimo al fine di distinguere tra la necessità di un intervento terapeutico volto a
eliminare lo stato di malattia (si pensi all’intervento chirurgico) e la necessità — anche contemporanea — di un intervento di tipo riabilitativo, mirato cioè a incrementare le capacità
presenti nel soggetto prima dell’evento traumatico e non toccate da questo.
Sempre all’interno del contesto delle conoscenze e delle esperienze sanitarie, si deve intendere per disabilità qualsiasi restrizione o carenza, conseguente a una menomazione, della capacità di svolgere un’attività nel modo o nei limiti ritenuti «normali» per un
essere umano. Possiamo sintetizzare le caratteristiche della disabilità nel modo che segue:
— le disabilità sono caratterizzate sempre dalla presenza di una oggettiva difficoltà nella realizzazione di compiti e nell’espressione di comportamenti ritenuti genericamente «normali»;
— le disabilità possono avere carattere transitorio o permanente, essere reversibili o irreversibili, progressive o regressive;
— le disabilità possono insorgere come conseguenza diretta di una menomazione o come
reazione del soggetto, specialmente da un punto di vista psichico, ad una menomazione
fisica, sensoriale o di altra natura;
— le disabilità rappresentano in un certo senso l’oggettivazione della menomazione e
come tali riflettono una molteplicità di disturbi a livello complessivo della persona;
— le disabilità, diversamente dalle situazione di handicap, vanno dunque considerate come
un esito non necessario della menomazione. Esse costituiscono infatti una sorta di
Capitolo 1
Disabilità e manuali diagnostici
2. Menomazione, disabilità, handicap. Distinzioni concettuali
285
Parte I: Conoscenze e competenze dell’insegnante di sostegno
Sezione V: Sostegno e disabilità
286
espressione esterna delle singole reazioni soggettive (funzionali, corporee, psichiche)
ad una menomazione subita.
Per essere riconosciuti e certificati come «disabili» non è però necessario aver subito una
menomazione; è sufficiente che la sfera comportamentale nel suo complesso esprima un
scostamento evidente rispetto alle cosiddette «attese sociali» normali oppure rispetto alla
gestione della propria vita (lavoro, contesto affettivo-sentimentale, relazioni sociali).
Quando si è dunque disabili? In linea generale quando cedono alcune «capacità» della gestione generale di sé in conseguenza di un evento traumatico o di una menomazione.
Per poter essere considerati disabili c’è bisogno di un articolato confronto tra presunte capacità perdute da un individuo nel «quotidiano» e presunti parametri di «normalità» la cui
definizione non è mai saldamente o univocamente formulabile. Il concetto di «attesa della
normalità» va interpretato, infatti, in senso estremamente esteso come l’insieme dei comportamenti e delle abilità che in genere ci attendiamo da un soggetto che abbia determinate caratteristiche di età, sesso, status socio-economico.
Risulta infatti imprescindibile, ai fini di comprendere cosa realmente sia la disabilità anche a livello psico-pedagogico, introdurre tra gli elementi di valutazione almeno due elementi-chiave:
— l’osservazione della persona nel proprio «ambiente di vita»;
— l’insieme dei valori normativi spesso desunti da stime statistiche ma altrettanto spesso esito di attese sociali, quindi di rappresentazioni simboliche, relative alla tipologia
di individuo che ci si attende di incontrare.
Occorre dunque comprendere più a fondo i termini di riferimento utilizzati per discutere,
riconoscere, e «diagnosticare» la disabilità. Una prima messa a confronto utile è quella che
oppone la coppia concettuale abilità/disabilità.
Una delle possibili definizioni del concetto di «abilità» fa riferimento alla dimensione del
possesso di una molteplicità di diverse e interconnesse capacità di effettuare azioni di vario tipo: compiere un lavoro, definire un progetto, organizzare un programma, elaborare strategie.
In questo senso, una persona menomata (per esempio un ipovedente o un sordomuto) può
essere assolutamente abile, vale a dire del tutto capace di eseguire un lavoro all’interno di
profili di efficienza interpretabili a tutti gli effetti come «normali».
2.1 Il concetto generale di «handicap»
Possiamo intendere per handicap una generale condizione di svantaggio vissuta da una
determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o
impedisce totalmente o parzialmente la possibilità di occupare il «ruolo» che normalmente
ci si attenderebbe proprio da quella persona (in base, naturalmente, a variabili come l’età,
il genere sessuale, i fattori socio-culturali di nascita, lo status acquisito).
L’handicap riguarda dunque, ad un livello profondo, quasi filosofico, il «significato» esistenziale assunto da una situazione o esperienza individuale quando essa oltrepassa i confini
della cosiddetta «normalità». Esso è segnato dallo sfasamento tra efficienza reale e aspettative di efficienza potenziali.
In termini psico-sociologici, l’handicap rappresenta la messa in mostra, la «socializzazione» di una menomazione o di una disabilità e come tale esprime gli effetti culturali, socioeconomici, psicologici, ambientali che per l’individuo derivano dalla presenza «vissuta»
della menomazione e della disabilità. Lo «svantaggio», invece, deriva principalmente dalla
diminuzione o dalla perdita della capacità di «conformarsi» alle aspettative o alle norme
proprie all’universo sociale con cui il soggetto segnato da handicap si trova ad interagire.
3. Il modello ICF
3.1Definizioni
Come abbiamo visto, tra gli obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità figura come
prioritario quello di identificare e monitorare le patologie che affliggono l’umanità. A tale
scopo, l’OMS si è dotata di uno standard diagnostico, l’ICD (International Classification of Diseases), giunto oramai alla decima edizione, che rappresenta lo strumento principe per la definizione delle caratteristiche eziologiche, fisiologiche e anatomiche dei disturbi umani. Sul
finire degli anni Settanta, l’OMS affiancò a tale documento un’appendice dedicata alle conseguenze delle patologie individuate e classificate dall’ICD; tale ulteriore strumento, definito con l’acronimo ICIDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps), pone quella distinzione terminologica tra «menomazione» (impairment, ovvero «perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psico-logica, fisiologica o anatomica»), «disabilità» (disability, e dunque «qualsiasi limitazione o perdita — conseguente a menomazione — della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano») ed «handicap» (inteso come «condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai
fattori socioculturali») che abbiamo analizzato nei paragrafi precedenti.
Nel testo, inoltre, venivano proposti vari livelli di gravità, cui faceva riscontro un approccio
riabilitativo finalizzato ai seguenti obiettivi:
— la prevenzione quando l’individuo svolge l’attività in questione senza alcun problema,
cioè come un normodotato;
— il potenziamento quando è necessario migliorare la qualità della prestazione che viene svolta, sia pure con difficoltà;
— il supporto quando è necessario l’utilizzo di un ausilio tecnico, per permettere il compito autonomamente;
— la sostituzione quando l’attività è svolta da altra persona.
Capitolo 1
Disabilità e manuali diagnostici
Possiamo a questo punto parlare di handicap solo nella misura in cui un soggetto sia affetto
da qualche menomazione o da qualche disabilità da cui derivi inequivocabilmente una condizione di svantaggio psico-sociale, come tale percepito da quella stessa persona in relazione alle pressioni ambientali, alle richieste di performance che si trova a subire.
La caratteristica fondamentale della situazione di handicap, oltre alla presenza di una menomazione e/o di una disabilità, sembra dunque essere il fatto che lo svantaggio sia effettivamente «sperimentato» o «vissuto» dalla persona: ovvero che la persona viva, senta, percepisca in prima persona la propria condizione esistenziale come una dimensione di svantaggio sociale e personale.
L’handicap non è semplicemente un dato di fatto clinico, un evento patologico: è molto di più
una situazione sociale che l’individuo incontra nell’ambiente in cui vive: la percezione del proprio svantaggio deriva a volte quasi totalmente dalle rappresentazioni sociali che definiscono
secondo certi criteri (quasi sempre di efficienza) l’esser-uomo, l’esser-donna, l’esser-bambino.
È in questo senso che, ormai dalla fine del secolo scorso, è stata fortemente criticata l’espressione «portatore di handicap»: il singolo individuo può infatti avere al massimo un deficit,
in base al quale forse un giorno andrà incontro a possibili handicap.
Tecnicamente un deficit è un danno irreversibile, mentre l’handicap ne rappresenta la
conseguenza sociale, che può essere di volta in volta attenuata oppure drammaticamente
aggravata dell’impatto con l’ambiente nelle sue diverse forme (fisico, urbanistico, culturale, istituzionale).
287
Parte I: Conoscenze e competenze dell’insegnante di sostegno
Sezione V: Sostegno e disabilità
288
Nel 1999 l’OMS ha pubblicato la revisione di tale Classificazione (nota come ICIDH-2, International Classification of Functioning Disability and Health) con lo scopo di offrire un quadro di riferimento per le «conseguenze delle condizioni di salute» valutando qualsiasi disturbo in termini di modificazione funzionale associata a condizioni di salute a livello del
corpo, della persona e della società.
L’ICDH-2 ha eliminato i termini disabilità e handicap che presentano una valenza negativa introducendo una terminologia più neutrale con riferimento all’attività e non più alla
disabilità, alla partecipazione e non più all’esclusione; viene quindi introdotto al posto del
termine disabilità quello di «activities» e si sottolinea che esso fa riferimento non a ciò
che è potenziale ma a quanto effettivamente realizzato dalla persona nella vita quotidiana.
Al posto del termine handicap si introduce quello di partecipazione, individuando così un
concetto per cui ambienti diversi avranno un impatto diverso sulla persona in difficoltà.
Tale processo di revisione, non solo terminologica ma anche concettuale, è infine culminato in un documento definitivo pubblicato nel 2001 e denominato ICF (International Classification of Funcioning, Disability and Health).
3.2 La Classificazione Internazionale del Funzionamento delle Disabilità e della Salute (ICF)
L’ICF ha un approccio rinnovato rispetto allo stato di salute degli individui, perché focalizza
l’attenzione sul concetto di «funzionamento» piuttosto che di «mancanza». Il soggetto disabile non viene più identificato come portatore di una carenza, ma inquadrato in base a uno
schema che elenca le diverse componenti dello «stato di salute».
L’attenzione è posta quindi sulle abilità del soggetto, ovvero sulle capacità fisiche e sociali di una persona, in base ad una serie di parametri così classificati:
• Funzioni corporee:
1. Funzioni mentali
2. Funzioni sensoriali e dolore
3. Funzioni della voce e dell’eloquio
4. Funzioni del sistema cardiovascolare, ematologico, immunologico e respiratorio
5. Funzioni del sistema digestivo, metabolico e endocrino
6. Funzioni genitourinarie e riproduttive Funzioni neuromuscoloscheletriche e collegate al movimento
7. Funzioni cute e strutture associate
• Strutture corporee:
1. Strutture del sistema nervoso
2. Occhio, orecchio e strutture collegate
3. Strutture collegate alla voce e all’eloquio
4. Strutture dei sistemi cardiovascolare, immunologico e respiratorio
5. Strutture collegate al sistema digestivo, metabolico e endocrino
6. Strutture collegate al sistema genitourinario e riproduttivo
7. Strutture collegate al movimento
8. Cute e strutture collegate
• Attività e partecipazione:
1.
2.
3.
4.
Apprendimento e applicazione della conoscenza
Compiti e richieste di carattere generale
Comunicazione
Mobilità
3.3ICF-CY
L’International Classification of Functioning, Disability and Health for Children and Youth (ICFCY) è la versione dell’ICF dedicata ai bambini e agli adolescenti. Si tratta di una classificazione «a misura dell’infanzia», utile a tutti gli operatori che si interfacciano con la salute, l’educazione e il benessere dei più piccoli. Questo adeguamento elaborato dall’OMS consente di
valutare i profili funzionali dei bambini in maniera più precisa, grazie ad un ampliamento
delle descrizioni e dei qualificatori rispetto all’ICF che tengono conto della dimensione evolutiva dei soggetti presi in esame.
Si tratta di uno strumento che limita la sua utilità ai fini classificatori e diagnostici, ma si
propone come valido supporto all’individuazione di elementi che possano facilitare i giovani nel loro processo di crescita e sviluppo.
4. IL MANUALE DIAGNOSTICO E STATISTICO DEI DISTURBI MENTALI (DSM)
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) è un documento americano elaborato per scopi nosografici e utilizzato in ambito internazionale da medici e ricercatori per diagnosticare e classificare i disturbi mentali.
Il manuale, pubblicato per la prima volta negli Sati Uniti negli anni Cinquanta del Novecento, è giunto oggi alla sua V edizione (uscita in Italia nel 2014). Il testo si caratterizza per la
classificazione dei disturbi mentali, che vengono categorizzati sulla scorta delle manifestazioni sintomatologiche valutate su base statistica.
Per disturbo mentale, il DSM 5 intende «una sindrome caratterizzata da un’alterazione clinicamente significativa della sfera cognitiva, della regolazione delle emozioni o del comportamento di un individuo, che riflette una disfunzione nei processi psicologici, biologi-
Capitolo 1
Disabilità e manuali diagnostici
5. Cura della propria persona
6. Vita domestica
7. Interazioni e relazioni interpersonali
8. Principali aree della vita
9. Vita di comunità, sociale e civica
• Fattori ambientali
1. Prodotti e tecnologia
2. Ambiente naturale e cambiamenti apportati dall’uomo all’ambiente
3. Supporto e relazioni
4. Atteggiamenti
5. Servizi, sistemi e politiche
Come si vede, accanto ad una prima parte che prende in esame le funzioni e le strutture organiche, nel documento figurano una classificazione dedicata alla partecipazione del singolo a determinate attività sociali, e un elenco di fattori ambientali che influiscono sul soggetto in maniera più o meno diretta.
Ad ogni livello di classificazione è associata una sigla: b (body, che sta per «strutture corporee»); s (structure, che indica le «strutture corporee»); d (domain, per «attività e partecipazione») ed e (environment, ovvero fattori ambientali).
Nella classificazione, a ciascun livello vengono associati dei codici numerici che qualificano
il livello di salute del soggetto, e quindi il suo grado di «funzionamento».
Dal momento che l’ICF non è uno strumento per disabili, ma è utilizzabile per definire lo
stato di salute organica, psichica e sociale di qualsiasi individuo, esso viene correntemente
impiegato in tutto il mondo per fini medici, statistici e di ricerca.
289
Parte I: Conoscenze e competenze dell’insegnante di sostegno
Sezione V: Sostegno e disabilità
290
ci o evolutivi che sottendono il funzionamento mentale. I disturbi mentali sono solitamente associati a un livello significativo di disagio o di disabilità in ambito sociale, lavorativo o
in altre aree importanti».
Definire un disturbo mentale non è un operazione semplice: la soglia tra normalità e patologia, infatti, in questo ambito ha confini quanto mai labili. Nel DSM, la questione viene affrontata procedendo all’inserimento di un nuovo pattern di salute mentale in base a valutazioni che tengono conto del numero e della durata dei sintomi e sul grado di compromissione del funzionamento sociale.
Nell’ultima revisione del manuale, gli esperti hanno tentato di armonizzare il più possibile le classificazioni con quelle proposte dall’ICD, allo scopo di fornire uno schema condiviso agli esperti e agli operatori del settore.
Sul piano dei contenuti, il DSM 5 è impostato sullo sviluppo dell’individuo lungo l’arco
di vita:
— all’inizio vengono affrontate le diagnosi di disturbi relativi a processi evolutivi, che si manifestano nelle prime fasi della vita (come i disturbi del neurosviluppo);
— seguono diagnosi di disturbi che si manifestano con maggiore frequenza in adolescenza e nella prima età adulta (come i disturbi depressivi e d’ansia);
— infine sono trattate le diagnosi pertinenti all’età adulta o avanzata (come i disturbi neurocognitivi).
Nelle indicazioni d’uso del manuale, gli autori precisano che le diagnosi proposte hanno lo
scopo di agevolare i clinici nello stabilire prognosi, piani terapeutici e nel fissare risultati
potenzialmente attesi dai propri pazienti, tuttavia, non tutti i disturbi richiedono un trattamento medico. La decisione circa l’opportunità di un trattamento clinico dipende da diversi fattori, tra cui la gravità dei sintomi, la sofferenza del paziente, la disabilità correlata
ai sintomi in questione, i rischi e i benefici legati ai trattamenti disponibili. Nelle istruzioni
d’uso del manuale viene ribadito, inoltre, che gli attuali criteri diagnostici per ogni singolo disturbo non sono sufficienti a identificare necessariamente un gruppo omogeneo di pazienti che possono essere caratterizzati in modo affidabile da tutti i validatori individuati.
Vale a dire che ciascun individuo resta unico e irripetibile, seppur inquadrato all’interno di
un pattern patologico di riferimento.
Capitolo
2
La professione del docente
specializzato nel sostegno
Il tema della cura come centro della relazione educativa è ben espresso dalla filosofa e pedagogista italiana Luigina Mortari che, nel suo scritto Filosofia della cura (2015) ribadisce
l’importanza di concepire l’altro come portatore di un valore intrinseco: «La cura è partecipazione del sacro che c’è nell’altro», e, dunque, richiede assoluto rispetto, quasi una devozione verso l’alterità. Il docente, e in primo luogo quello specializzato nel sostegno, sostiene
l’altro, offre punti di appoggio per facilitare il compito di dar forma al proprio esserci (scaffolding) e, per far ciò, sono necessarie «comunità di pratiche», ovvero luoghi dove si impara facendo e pensando con gli altri, superando i luoghi di apprendimento individualistico.
L’insegnante si deve pensare non solo come tecnico del sapere, ma soprattutto come educatore che assume l’impegno dell’aver cura per orientare l’altro alla cura di sé, è testimone di
uno stile di vita, di un modo di essere. Egli non agisce sulla base di regole precodificate o di
procedure standardizzate, ma decide in base ad una logica contestuale per essere attento
ad ogni soggetto nella sua unicità e singolarità.
L’esperienza richiede riflessione, pensiero, soggetti che costruiscano mondi di significato.
Nel contesto attuale la famiglia è spesso impegnata a richiedere al figlio delle prestazioni
(suonare uno strumento, fare sport…), la scuola enfatizza le conoscenze disciplinari, e ciò
che manca è una riflessione comune sull’esperienza delle cose, degli altri nella loro individualità essenziale.
Sul piano educativo, chi ha cura dell’alterità deve essere accogliente: l’altro deve sentirsi accolto nella sua singolarità e autorizzato ad esprimere sé stesso con autenticità.
Per raggiungere tale obiettivo, non esiste un metodo standardizzato; le risposte emergono nel processo di ricerca, nel dialogo rivolto a guardare in modo nuovo anziché ai risultati. Sono fondamentali il rispetto e l’umiltà, il primo garantisce la singolarità dell’altro, la
seconda accoglie evitando di imporre interpretazioni.
La persona è l’essere unico, complesso, irripetibile e improgrammabile che la scuola aiuta nel
suo sviluppo attraverso la coscienza di sé, che emerge dal bisogno di essere riconosciuti dagli
altri e che si sviluppa compiutamente solo nella cultura, coltivando capacità autoriflessive.
La cura, l’accoglienza dovute allo studente richiedono una progettazione degli ambienti e dei
tempi a misura di ciascuno bambino (ad es.: ci sono scuole dell’infanzia che predispongono
l’angolo morbido con cuscini, uno spazio rifugio a disposizione dei piccoli), una attenta osservazione delle sue curiosità, dei suoi bisogni affettivi, sociali, conoscitivi perché dal suo mondo il
docente tragga dei segnali per costruire assieme un percorso di crescita non precostituito, ma
tracciato a maglie larghe, rivedibile, aperto alle stimolazioni che i bambini possono apportare.
Un canovaccio è necessario per non cadere nell’episodicità, nella banalizzazione e per tenere
le fila di un percorso che è possibile documentare e raccontare ad altri, ai genitori, agli amici
con una documentazione grafica, fotografica, filmica, ecc., per farsi conoscere e riconoscere.
2. Lavoro di gruppo tra operatori della scuola
Tutte le figure professionali, sia quelle tradizionali, sia, soprattutto, quelle delineatesi più
di recente (si pensi a coloro che operano nel campo dei new media, della multimedialità, del
web: figure praticamente inesistenti fino a pochi decenni fa), risultano costantemente im-
Capitolo 2
La professione del docente specializzato nel sostegno
1. La relazione d’aiuto
291
Parte I: Conoscenze e competenze dell’insegnante di sostegno
Sezione V: Sostegno e disabilità
292
pegnate nell’aggiornamento della propria «identità» lavorativa, spinte come sono a cercare
di comprendere nel modo più efficace possibile i propri compiti specifici, definendo le conoscenze necessarie e valutando esattamente il rapporto tra competenze e richieste provenienti dal mercato del lavoro.
In questa situazione, una condizione particolare è quella dei professionisti del settore
educativo (insegnanti di ogni livello e grado, docenti di sostegno, formatori in genere), dei
quali da tempo la ricerca socio-pedagogica si è impegnata a ridefinire il profilo, in funzione sia delle caratteristiche e dell’evoluzione della professione docente, sia, soprattutto, del
suo ruolo sociale.
La loro condizione risulta oggi particolarmente problematica per tutta una serie di motivi
interconnessi, di cui proviamo a tracciare i punti salienti:
— spesso si presentano difficoltà dovute alla necessità di superare definitivamente il ruolo funzionale-burocratico (proprio del docente almeno fino agli anni Settanta), sia che
si tratti dell’insegnante, sia che si tratti di altri educatori. L’atto di educare dovrebbe invece configurarsi come azione relazionale, interattiva, dinamica, libera e personale;
— talvolta emergono difficoltà legate al fatto che le professionalità educative sono connesse al punto più nevralgico dei processi di socializzazione tipici delle società contemporanee, ovvero la questione della formazione intesa come spinta ad adeguarsi a norme,
sistemi di riferimento culturali, codici di comportamento e orizzonti etici prestabiliti. Si
tratta di tematiche di cui tutti conosciamo la delicatezza e la problematicità in una società multietnica come quella attuale, tenuta al rispetto delle differenze e delle diverse
provenienze culturali;
— affiorano problematiche anche dal punto di vista della ridefinizione della formazione secondo le logiche di una società complessa, che inducono l’azione didattico-educativa ad
aprirsi senza esitazioni alle singolarità, alle articolazioni, alle molteplicità, alle instabilità dei saperi contemporanei;
— ulteriori problemi possono sorgere, a un livello più profondo, dalla presa di coscienza
(sviluppatasi nel corso delle rivoluzioni «attiviste» del Novecento) del fatto che educare
significa soprattutto formare, quindi considerare come primaria, all’interno di qualsiasi relazione educativa, la libertà dell’allievo, il suo «farsi» soggetto autonomo e responsabile.
Tutto ciò comporta, nella concretezza della prassi didattica, il ricorso ad atteggiamenti non
direttivi né dogmatici, bensì relazionali, interattivi, aperti. Oggi un insegnamento efficace
non può fare a meno di configurarsi, in termini quasi «estetici», come un’arte dell’educazione, sia pure rafforzata e intensificata dal sapere: anzi, dal complesso dei saperi in evoluzione, che contraddistinguono, in maniera assolutamente inedita rispetto al passato, la nostra epoca. Occorre ricordare, infine, che ogni attività formativa è sempre virtualmente esposta alla sconfitta, nel senso che la pratica educativa non è mai sicura di realizzare i propri
fini e deve trarre da questa incertezza gli stimoli a rimettersi continuamente in discussione.
Al centro della professionalità docente dovrebbero allora collocarsi:
— la competenza, cioè il «capitale culturale» di base, come lo ha definito il sociologo francese Pierre Bourdieu; in altre parole, il bagaglio scientifico degli insegnanti che, per il
docente di sostegno, assume ancora di più la forma di una competenza multidisciplinare;
— il complesso delle abilità, ossia le capacità di saper fare e di intervenire, integrate dal
pieno possesso di tecniche specifiche;
— la dimensione della riflessività, cioè la caratteristica (cognitiva e culturale insieme) che
permette a chi opera nel campo della formazione o dell’educazione di riuscire ad avere
uno sguardo critico su sé stesso, sui suoi compiti e sulle sue stesse competenze.
3. LA COMUNICAZIONE INTERSOGGETTIVA e la mediazione didattica
L’insegnante dovrebbe sempre essere disposto al dialogo e alla comunicazione con lo studente, ma sono i soggetti nelle loro singolarità e unicità ad incontrarsi e a dialogare: l’agire
comunicativo del docente, quindi, non può essere sempre uguale a sé stesso.
Ottimizzare una comunicazione vuol dire curarne la chiarezza. Se il messaggio raggiunge
il destinatario in maniera precisa e completa, la comunicazione perviene ad ottimi risultati e può essere definita efficace. Ottimizzare, però, non vuol dire solo rendere ben comprensibile il messaggio in termini di ascolto, ma anche e soprattutto ricorrere alla sua semplificazione e, all’occorrenza, economizzare sugli effetti di ridondanza.
La comunicazione ha forse un’unica, vera regola: il saper ascoltare, così da poter individuare anche le mappe del nostro interlocutore, ossia l’insieme di conoscenze linguistiche,
Capitolo 2
La professione del docente specializzato nel sostegno
Evidentemente, tra competenze, abilità e riflessività sussiste un rapporto assai articolato. I
tre elementi, infatti, si richiamano costantemente: svolgere un ruolo educativo nella società della formazione o della conoscenza significa penetrare a fondo in processi socio-pedagogici dalle molte facce e di fronte ai quali si deve ricorrere ad un insieme oltremodo articolato di saperi. Si tratta di un insieme composto di singole competenze, nate dall’acquisizione di conoscenze di cui va sempre valutato il potenziale educativo e misurato il grado di
trasferibilità: non tutto è insegnabile e non tutto è utile insegnare. Soprattutto, però, le
singole competenze non possono più essere (come nella didattica tradizionale) oggetto di
trattazioni puramente tecniche, ma devono articolarsi in base ai differenti contesti formativi, secondo un processo di adattamento alle singole realtà e agli specifici target educativi
(si pensi alla difficoltà di utilizzare modi e stili educativi uniformi in classi multietniche o
composte da studenti provenienti da diversi contesti socio-culturali o con alunni con BES).
Di conseguenza, l’insegnante specializzato nel sostegno non può più prescindere da competenze sociologiche, antropologiche, psicologiche, comunicative e, più in generale, da tutto ciò
che possa essere utilizzabile per «illuminare» i singoli casi educativi. Naturalmente il bagaglio
tecnico-scientifico rimane centrale nella professionalità docente, per cui merita di continuare ad avere la dovuta importanza nella formazione degli educatori. Da solo, però, il sapere nozionistico non basta: c’è bisogno anche di quell’aspetto che abbiamo definito riflessività, intesa come la capacità di ripensare e contestualizzare costantemente il proprio agire educativo
e i suoi fondamenti teorici, pratici e ideologici. La professionalità educativa deve dunque appropriarsi di tutti questi aspetti se vuole partecipare a pieno titolo ad un processo aperto quale è quello formativo, in modo particolare nelle società attuali, così mobili, aperte ed instabili.
Le abilità richieste alle professioni educative, invece, nascono in parte come conseguenza
diretta delle competenze, ma ad esse bisogna aggiungere, quale condizione fondamentale,
anche la capacità di saper utilizzare mezzi specifici per ottenere, in contesti diversi, effetti
il più possibile omogenei. Si tratta di mezzi legati strettamente all’attività operativa: infatti,
le abilità si apprendono in contesti di azioni concrete e pratiche, si ramificano agendo in situazioni (reali o virtuali che siano) in cui la cura o il sostegno dei singoli casi educativi (ad
esempio, nel rapporto con studenti diversamente abili) prendono davvero corpo, definendosi e richiedendo interventi efficaci.
Quanto alla riflessività, essa si sviluppa in un’ottica di pedagogia critica. Il suo compito specifico è quello di far riflettere il formatore sugli stessi dati di partenza dei suoi saperi e sui
reali fondamenti che stanno alla base dei percorsi operativi attivati. Riflettere sui propri presupposti, per qualsiasi figura del campo scientifico e culturale, significa rimettere a punto
sé stessi anche, e soprattutto, rispetto alle proprie finalità generali. Pertanto, la dimensione
della riflessività non risulta centrale solo per chi opera sul sostegno ma per il team docente nel suo complesso.
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Parte I: Conoscenze e competenze dell’insegnante di sostegno
Sezione V: Sostegno e disabilità
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culturali ed emozionali da lui utilizzate, le quali sono sempre specifiche e individuali, dunque mai uguali alle nostre. L’esperienza di ogni individuo, infatti, deriva dalla parzialità della sua percezione, che non coglie l’intera realtà fenomenica, ma la seleziona, cancellando i
dati su cui non pone attenzione e scegliendo quelli che invece vengono inseriti in apposite categorie per poterli semplificare. Pertanto, diventa fondamentale lo sforzo di un continuo ascolto attivo, perché comprendere l’altro, quanto più possibile, agevola notevolmente l’intero processo comunicativo.
La vera e propria interazione comunicativa, pertanto, è possibile solo tenendo conto della
presenza di diverse componenti pratiche e verbali, che partecipano all’esperienza della comunicazione non solo sul piano linguistico, ma anche per ciò che riguarda tutti gli aspetti non verbali interni all’atto comunicativo stesso. Nella comunicazione, il «peso» del contenuto del messaggio rispetto ad altri elementi, come la gestualità (il linguaggio del corpo) o
il tono di voce, è per certi versi secondario, il che significa, in altre parole, che come si comunica può essere più efficace e determinante di cosa si comunica.
In ogni forma di comunicazione ciascuno presuppone che il proprio punto di vista e quello
dell’interlocutore corrispondano (idealizzazione dell’interscambiabilità dei punti di vista): le
differenze personali sono ritenute marginali e si dà per scontato che l’interlocutore, nell’atto comunicativo, intenda e capisca anche ciò che non è detto espressamente. Questo, però,
non sempre avviene, soprattutto con alunni che presentano difficoltà relazionali e della comunicazione sociale (come, ad esempio, nelle sindromi dello spettro dell’autismo): il docente, in particolare, si trova spesso a comunicare con interlocutori difficili, per cui deve acquisire tutte le tecniche utili per una comunicazione (e, quindi, un insegnamento) efficace.
Per facilitare un rapporto comunicativo è indispensabile:
— cercare di instaurare prevalentemente una relazione empatica con gli altri, intendendo
per empatia la capacità di mettersi al posto di un’altra persona, di capirne il comportamento sulla base della propria esperienza;
— garantire, attraverso la ridondanza, una migliore comunicazione e un più alto livello di
ricettività. La ridondanza consiste, una volta individuati i canali adeguati per il destinatario (parole, gesti, toni di voce etc.), nel ripetere, con modalità diverse, sempre la stessa informazione o lo stesso concetto;
— far sempre corrispondere a un contenuto razionale del linguaggio un’attenta e adeguata risposta emotiva (ad esempio, lodando con freddezza o dicendo una cosa carina con
un tono di voce altero);
— creare le giuste condizioni affinché sia il docente (che in questo tipo di rapporto comunicativo ricopre, normalmente, il ruolo di emittente) che lo studente (il ricevente) siano
in grado di comprendere e rispettare i reciproci ruoli;
— individuare, quando si verificano, i disturbi della comunicazione e analizzarli in maniera rigorosa, così da poterli eliminare;
— evitare di valutare gli altri con atteggiamenti moralistici;
— favorire la ricerca dell’identità personale, sociale e professionale.
Il rapporto comunicativo può comunque essere ostacolato da diversi fattori:
— la distrazione dello studente, che può dipendere da mancanza d’interesse o stanchezza, oppure da disturbi esterni;
— la saturazione, che può scaturire dall’impossibilità dell’allievo di accogliere, per sopraggiunta stanchezza, ulteriori messaggi;
— l’inadeguatezza dei canali, che si verifica quando l’informazione viene trasmessa attraverso canali difettosi;
— l’esistenza di codici incompatibili, come accade, ad esempio, quando il docente e l’alunno parlano lingue diverse.
Capitolo 2
La professione del docente specializzato nel sostegno
In tutti questi casi, l’attività didattica dell’insegnante, per quanto ben strutturata, può risultare scarsamente efficace. Alcuni spunti utili per operare possono derivare dall’organizzazione del tempo, declinata nel modo seguente:
— i tempi per il raggiungimento delle competenze: prevedono i percorsi corporei, le esperienze
senso-percettive, il tempo del fare del gruppo, della relazione, dell’elaborazione personale;
— i tempi del curriculum implicito: lo studente, in piena autonomia, sperimenta, interiorizza il suo stare a scuola in quello spazio, in quel contesto di relazioni;
— i tempi delle routine: scandiscono la ripetitività, la circolarità del tempo, sviluppano la sicurezza di potere e sapere stare nell’ambiente;
— i tempi per l’organizzazione dello spazio: l’alunno può vivere in maniera significativa e
creativa il suo tempo;
— i tempi per la cura di sé: l’alunno, in particolare nella scuola dell’infanzia, sperimenta,
percepisce e soddisfa i suoi bisogni per sentirsi bene;
— i tempi del silenzio per la ricognizione e il recupero di energie;
— i tempi di incontro personalizzato tra insegnante e discente come necessario punto di riferimento.
Spazi, ambienti, arredi, materiali rappresentano il luogo di vita in cui le esperienze si svolgono
e acquistano significato, sono il luogo di incontro del bambino con le persone, gli oggetti, sono
l’ambiente in cui acquista la consapevolezza che esiste lo spazio degli altri che va rispettato.
Anche il lavoro in compresenza di altri docenti è importante, perché testimonia l’appartenenza al gruppo classe e la possibilità di lavorare a progetti comuni e condivisi dall’intero classe.
Dall’interazione con gli altri, infatti, derivano:
— la disponibilità del gruppo classe e dell’alunno con BES alla relazione;
— il sostegno ai processi di crescita e sviluppo dell’intero gruppo di lavoro;
— la cura e la promozione del benessere personale di studenti e insegnanti;
— la costruzione di atteggiamenti di condivisione e fiducia verso i genitori.
La scuola accoglie lo studente in toto, con la sua storia familiare, i condizionamenti socioculturali, cerca di delinearne il carattere, gli interessi, i bisogni, quanto lo caratterizza nella
sua specificità e, quindi, nella sua differenza.
Il richiamo all’alterità come elemento costitutivo della persona non fa dimenticare che la
scuola è un momento fondamentale per il conseguimento dell’uguaglianza sostanziale.
Nell’incontro con le famiglie è importante, da parte del docente, essere in una disposizione
di ascolto e non di valutazione delle aspettative, delle motivazioni, dei vissuti.
Accogliere significa, infatti, saper ascoltare l’individuo, andar oltre l’immagine disegnata dall’immediatezza di una diagnosi o dagli stereotipi per cercare di vedere il suo vero
volto, l’ascolto è tanto più necessario quanto più il rapporto adulto-bambino/ragazzo può
presentarsi come problematico. È disponibilità a raccogliere e decifrare messaggi impliciti, tracce sparse nei diversi spazi e nei momenti diversi di lavoro.
L’accoglienza è un obiettivo da realizzare quotidianamente e la scuola che accoglie sa
organizzare tempi di incontro con i nuovi docenti, ben prima che la conoscenza avvenga
nell’operatività quotidiana e sa interrogarsi.
Ecco, di seguito, alcuni atteggiamenti su cui vale la pena riflettere:
— mostrare accoglienza: andare incontro con un sorriso, salutare, stringere la mano;
— riservare all’accoglienza il tempo necessario per conoscersi, non avere troppa fretta di
congedare i genitori o pretendere di risolvere l’inserimento in tempi brevi;
— nei colloqui con i genitori, usare uno stile comunicativo aperto (tipico di chi tiene conto del punto di vista dell’altro, utilizza un tono di voce pacato, condivide strategie e responsabilità con la famiglia);
295
Parte I: Conoscenze e competenze dell’insegnante di sostegno
Sezione V: Sostegno e disabilità
296
— accogliere le problematiche sollevate dalla famiglia, dare la giusta rilevanza alle richieste e alle aspettative dei genitori.
— farsi carico del problema piuttosto che sminuirlo o negarlo;
— evitare un linguaggio ironico, dimostrarsi nei confronti dell’alunno troppo direttivi, creare involontariamente situazioni d’ansia e di conflitto tra coetanei e alunni con difficoltà d’apprendimento;
— non incentivare atteggiamenti di sfiducia, disagio emotivo, eccesso di difesa.
Il «non aver cura» induce a creare conflittualità sia tra adulti, sia tra bambini, a non ricercare soluzioni positive per tutte le parti in causa. La mancanza di cura della persona nell’ambiente familiare e/o scolastico demotiva l’alunno ad apprendere, lo rende insicuro, sfiduciato, lo porta a nutrire una bassa autostima.
Test
1
competenze del docente specializzato
per la scuola dell’infanzia e
la scuola primaria
Parte III: STRUMENTI ESERCITATIVI
Sezione I: Quesiti a risposta aperta
1) Nell’ambito della scuola dell’infanzia, un bambino che manifesta un’espressione
linguistica inadeguata, con quale tipo di attività didattica va supportato?
480
Il bambino che confonde i suoni, non completa le frasi, utilizza parole non adeguate al contesto o le sostituisce,
omette suoni o parti di parole, sostituisce suoni o lettere (p/b ecc.) e ha un’espressione linguistica inadeguata va
supportato con attività personalizzate all’interno del gruppo.
L’attenzione del docente deve essere tenuta alta, perché disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), quali ad esempio la dislessia, possono manifestarsi proprio a partire dall’età prescolare.
Nello specifico, la dislessia si manifesta ben prima degli apprendimenti legati alla scrittura e alla lettura; la difficoltà nell’espressione orale, una certa confusione nell’identificare rapporti spaziali o temporali (come mettere in
sequenza degli oggetti o distinguere il prima dal dopo) difficoltà nel verbalizzare gli stati emotivi o i pensieri possono essere primi sintomi di questo particolare disturbo.
Più nel dettaglio, gli indicatori linguistici della dislessia in età prescolare sono legati alla difficoltà di associare i
nomi adeguati gli oggetti; nel confondere la pronuncia di alcune parole con altre dal suono simile; lentezza nell’imparare filastrocche, rime e elementi legati da assonanze in genere.
In attesa di una diagnosi, il docente della scuola primaria deve evitare di porre il bambino al centro dell’attenzione in attività che possano creargli disagio, come la declamazione di poesie, correggerne reiteratamente gli errori,
evidenziare le sue difficoltà linguistiche.
2) L’insegnante di sostegno che lavora a supporto di un bambino diversamente abile, che tipo di metodologia dovrà prediligere?
L’insegnante specializzato nel lavoro con il bambino disabile dovrà privilegiare l’uso di metodologie di carattere
operativo rispetto a quelle di carattere trasmissivo, ovvero dare importanza all’attività psicomotoria, al fine di stimolare l’espressione attraverso tutti i linguaggi, anche quelli non verbali. L’obiettivo è quello di favorire una vita
di relazione caratterizzata da ritualità e convivialità serene, in equilibrio con la classe e in rapporto alle caratteristiche spazio-temporali del contesto-scuola.
Lo spazio deve essere accogliente, rispondere alle esigenze del bambino portatore di disabilità e funzionale ai suoi
bisogni e movimenti. Quanto al tempo, esso deve essere disteso, ovvero consentire al piccolo di vivere le sue necessità esistenziali senza accelerazioni né rallentamenti indotti da esigenze esterne.
L’insegnante avrà dunque cura di accogliere e valorizzare le potenzialità del bambino attraverso il gioco e la stimolazione sia motoria che cognitiva. Importanti risulteranno ad esempio la narrazione, l’invenzione di storie, il loro
completamento, la loro ricostruzione, senza dimenticare la memorizzazione di filastrocche e poesie, nonché i giochi di manipolazione dei suoni all’interno delle parole.
3) Sul piano metodologico, quali rischi sono connessi all’uso eccessivo di schede
prestampate?
Nell’ambito della scuola dell’infanzia, le prime esplorazioni e scoperte del bambino avvengono in un clima ludico
e improntato al gioco. La progettazione didattica da parte dell’insegnante è rivolta infatti a promuovere lo sviluppo delle attività di ascolto, di osservazione, di comunicazione nel più ampio senso del termine (verbale e non-verbale). In questo contesto, è di fondamentale importanza tutelare e proteggere le risorse di creatività dei più piccoli, stimolandoli nel rispetto delle potenzialità e della disponibilità attentiva di ciascuno di essi.
L’uso eccessivo di schede prestampate, spesso poco originali e comunque non tarate sul singolo alunno, rischia di
smorzare la creatività e comprimere la libera espressività del bambino.
Utilizzare schede prestampate, inoltre, riduce l’apporto individuale empatico ed emotivo che ciascun docente, e
dell’insegnante di sostegno in particolare, dovrebbe lasciar emergere nella strutturazione del proprio lavoro didattico. La progettazione educativa alla scuola dell’infanzia, mirata al benessere e alla crescita di ogni singolo alunno, deve infatti centrarsi soprattutto su attività di libera espressione creativa ed emotiva.
Sin dalla scuola dell’infanzia, un’accurata attenzione ai processi di apprendimento dei bambini risulta essere lo
strumento fondamentale per individuare precocemente eventuali situazioni di difficoltà.
È, pertanto, fondamentale l’osservazione sistematica portata avanti con professionalità dai docenti, che, nella scuola dell’infanzia, devono tenere monitorate le abilità relative alle capacità percettive, motorie, linguistiche, attentive e mnemoniche.
In questo grado scolastico, le capacità astrattive nel bambino non sono ancora sviluppate e determinati disturbi,
quali quelli legati all’apprendimento (DSA), sono diagnosticabili solo più avanti, ovvero in fase di scolarizzazione
primaria. Eventuali difficoltà grafico-motorie, di orientamento spazio-temporale o di espressione linguistica, allora,
vanno rilevate nell’ambito di un’osservazione a tutto tondo, come possibili espressioni di disagi e difficoltà in nuce.
5) Cosa si intende per pregrafismo e quali elementi caratterizzano questa attività?
Gli esercizi di pregrafismo, tipici della scuola dell’infanzia, hanno lo scopo di preparare l’alunno alla scrittura e alla
lettura. Si tratta dunque di attività propedeutiche alle abilità che andranno poi a consolidarsi nel ciclo successivo,
ovvero quello relativo alla scuola primaria.
Tali esercizi mirano a sviluppare e consolidare la coordinazione oculo-manuale e rafforzare la memoria visiva.
Colorare, completare parole e disegni attraverso la tecnica del tratteggio, inoltre, rappresentano attività particolarmente utili al bambino per imparare ad orientarsi nello spazio foglio, a rispettare i margini, seguire un ritmo
precostituito.
Attraverso le attività di pregrafismo, l’insegnante potrà valutare la corretta esecuzione del compito, osservando
una serie di elementi, quali: l’impugnatura dello strumento tracciante, la pressione debole o eccessiva esercitata
sul foglio, la discontinuità nel gesto o ritoccatura del segno già tracciato, la direzione del gesto grafico, l’occupazione dello spazio nel foglio e la capacità di frenare il segno prima di fuoriuscire dal margine assegnato.
Le attività grafomotorie e di prescrittura vengono impiegate anche in ambito clinico per valutare le abilità dei
bambini in età prescolare.
Si tratta infatti di esercizi che, tenendo conto delle diverse modalità di apprendimento, consentono di ponderare
una serie di competenze che vanno dalla capacità di osservazione alla memoria, dal coordinamento visivo e motorio all’attenzione.
6) Quando nella scuola dell’infanzia vengono proposti all’alunno diversamente abile esercizi di grafica, su quali specifici aspetti l’insegnante di sostegno dovrà indirizzare i suoi interventi?
L’esercizio grafico rappresenta, per il bambino, un’attività che si evolve man mano che egli acquisisce maggiori abilità di coordinamento e precisione; si tratta, dunque, di un’operazione che cresce con lui e che concorre al suo sviluppo emotivo, cognitivo e affettivo. Mediante l’attività grafica, l’alunno affina le sue competenze grafomotorie, visivo-spaziali, intellettive. Scrivere, infatti, richiede un atto di pensiero, la traduzione di
quell’idea in espressione grafica, il coordinamento motorio nella gestione della penna, la capacità di gestire
lo spazio foglio, e così via.
Attraverso la scrittura, il pensiero viene tradotto in attività grafica attraverso un atto motorio che, come abbiamo
visto, richiede la messa in campo di numerose abilità neurologiche e fisiche.
Nell’ambito della scuola dell’infanzia, poi, questa attività si rivela particolarmente importante, dal momento che i
bambini imparano proprio in questa fase a tenere tra le mani, per la prima volta, penne e pennarelli.
Attraverso gli esercizi di grafica si lavora così sulla motricità fine, sulla funzionalità della mano e, contemporaneamente, sull’organizzazione mentale generale. Ciò significa che, attraverso questa tipologia di esercizio, si fa leva
sul nesso tra l’assunzione immaginativa di un dato e il suo tradursi in azione. Il bambino, cioè, non si limita a «copiare» le forme, ma le elabora interiormente per poi riprodurle. L’elaborazione grafica non riguarda dunque solo
la manualità, bensì la coordinazione dinamica generale, che coinvolge altri meccanismi di natura neuro-motoria
che riguardano tutto il corpo.
Nel corso della scuola dell’infanzia, il docente può osservare i grandi cambiamenti che si verificano nelle capacità grafiche del bambino: da un’iniziale attività grossolana, i gesti divengono via via intenzionali, più precisi e aderenti alla realtà.
È in questa fase, infatti, che si gettano le basi per i corretti apprendimenti nelle fasi scolastiche successive.
Test 1
competenze del docente specializzato per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria
4) Nella scuola dell’infanzia, un insegnante specializzato, quali capacità deve monitorare nel corso dell’osservazione sistematica dell’alunno?
481
7) Nel disegnare una forma su di un foglio, a quale tipologia di rappresentazione fa
riferimento il bambino?
Parte III: STRUMENTI ESERCITATIVI
Sezione I: Quesiti a risposta aperta
Nel disegnare una forma sul foglio, il bambino fa riferimento ad un tracciato immaginativo interno, frutto di una
rappresentazione mentale. La forma grafica, che poi diverrà segno grafico della scrittura, viene costruita mediante una pluralità e una complessità di atti che portano alla raffigurazione di una immagine mentale.
L’attività grafica si affina sempre di più, a partire dallo scarabocchio alla rappresentazione di figure semplici, seppur senza pretesa di riprodurre fedelmente la realtà. Con la maturazione cerebrale, si affinano le abilità di coordinazione oculo-manuale, di memoria per le figure e le forme, di capacità di simbolizzazione e di astrazione. Tali
competenze si esprimono al meglio proprio nel disegno, attività durante la quale il bambino è libero di esprimere
il suo mondo al di fuori dei limiti spazio-temporali della dimensione adulta.
È per questo che le esercitazioni su schede prestampate, nelle quali compaiono lettere da ricalcare o da completare, non sempre giovano all’assunzione di tale compito. Infatti è molto importante che la forma grafica sia ben percepita e ricreata con la fantasia immaginativa del bambino, meglio se sperimentata attraverso il corpo. Far tracciare sul pavimento camminando o in aria con le mani una forma, oppure stendere un segno grafico sulla lavagna
con la spugna bagnata e, una volta asciugata e dissolta, chiedere di disegnare quel segno sul foglio, costituiscono
dei buoni esercizi per la capacità creativa dell’alunno. Parimenti, la corretta assunzione dello schema motorio determina la coordinazione dei movimenti e l’organizzazione dell’azione sul piano fisico.
La maturazione psico-fisica, infatti, va di pari passo con la capacità di rappresentazione grafico-simbolica; il disegno consente di allenare la mano e la mente e risulta, pertanto, uno strumento di primaria importanza nell’ambito della didattica della scuola dell’infanzia.
482
8) Nell’ambito della scuola dell’infanzia, che ruolo riveste il processo di concettualizzazione della lingua scritta?
La graduale conquista delle capacità motorie, percettive, linguistiche, mnemoniche e attentive procede parallelamente al processo di concettualizzazione della lingua scritta, che non costituisce un obiettivo della scuola dell’infanzia, ma nella quale deve trovare i necessari prerequisiti.
Infatti, la percezione visiva e uditiva, l’orientamento e l’integrazione spazio-temporale, la coordinazione oculomanuale rappresentano competenze che si intrecciano innanzitutto con una buona disponibilità ad apprendere e
con il clima culturale che si respira nella scuola. Solo successivamente si potrà affrontare l’insegnamento-apprendimento della lettura-scrittura come sistema simbolico rilevante.
Per incentivare lo sviluppo della scrittura, è utile proporre all’alunno della scuola dell’infanzia esercizi di pre-scrittura che partano dal semplice al complesso: dalle forme grandi a quelle più piccole, dalle linee orizzontali a quelle curve, così da preparare la manualità e la postura della mano al corsivo.
Proporre una lettera alla lavagna da ricopiare, prima mediante il tratteggio e poi a mano libera, può aiutare le abilità di memoria e favorire l’acquisizione dell’automatismo nel tracciare quella determinata forma associata ad uno
specifico suono.
Osservando la capacità del bambino di restare nel rigo, di rispettare forme e grandezze proposte, il docente può valutare le abilità percettive, motorie e visuo-spaziali dell’alunno e verificare progressi o eventuali difficoltà d’espressione e simbolizzazione.
Il significativo aumento delle disgrafie che si manifestano nella scuola primaria rendono ancora più necessario
che, già a partire dalla scuola dell’infanzia, la didattica sia improntata all’educazione al gesto grafico sia sul piano
psico-motorio che cognitivo.
9) Quali istituzioni sono coinvolte nella presa in carico del bimbo in difficoltà?
La presa in carico del bambino in situazione di difficoltà inizia nella scuola dell’infanzia. Essa si dovrebbe realizzare attraverso la collaborazione tra scuola, famiglia e servizi territoriali, affinché ci sia condivisione degli obiettivi educativi e didattici fra tutte le figure che si prendono cura del bimbo.
In questo ambito, le associazioni rientrano nei servizi offerti dal territorio, così come le ASL e gli enti locali (comuni e province).
Com’è noto, la condizione di disabilità è riconducibile a un danno a carico del sistema psichico, fisico o sensoriale
avvenuto in periodo pre, peri o post natale.
I parametri che consentono una distinzione tra le diverse forme deficitarie sono anzitutto l’eziologia dell’evento
disabilitante, poi la gravità o intensità del danno e il momento dell’insorgenza.
Il bambino diversamente abile, in ambito scolastico così come in quello sociale a tutto tondo, non va considerato
in base alla sua minorazione, quanto piuttosto in un’ottica di competenze complessive, di interazioni delle diverse componenti della sua personalità su cui fare leva per la compensazione del deficit. Le relazioni dell’ambiente in
10) Che tipo di processi sono implicati nello sviluppo della capacità di conteggio?
Per imparare a calcolare è necessario che il bambino sviluppi i processi mentali specifici implicati nella cognizione
numerica, nella stima di numerosità e nel conteggio. È importante che un bambino con bisogni particolari sia posto
nelle condizioni di imparare a distinguere tra grandezza di oggetti e numerosità degli stessi e sia avviato all’acquisizione delle parole-numero con la consapevolezza che le qualità percettive degli oggetti (colori, forme etc.) possano essere fuorvianti, essendo qualità indipendenti dalla dimensione di numerosità.
Le attività, quindi, di stima di piccole numerosità (quanti sono…) e di confronto di quantità (di più, di meno, tanti quanti…) devono essere promosse e reiterate fino a quando il bambino riesce a superarle con sicurezza e a colpo d’occhio.
Competenze legate alla capacità di astrazione del calcolo o alla sua espressione scritta sono previste nel successivo ciclo di studi, ovvero nell’ambito della scuola primaria.
Nella fase della scuola dell’infanzia gli esercizi sulle abilità di calcolo sono propedeutici, come per la scrittura e la
lettura, alle cognizioni successive.
Scopo precipuo della scuola dell’infanzia è, infatti, spingere il bambino a organizzare e strutturare le capacità e gli
apprendimenti spontanei in modo da renderli condivisibili nel contesto socio-culturale di riferimento.
11) Quanto pesano le competenze empatico-relazionali del docente specializzato per
il sostegno ai fini della realizzazione degli obiettivi didattici della propria programmazione?
L’insegnante, e in particolare l’insegnante di sostegno, svolge una professione sociale caratterizzata dalla presenza di una finalità educativa globale che include obiettivi didattici, di autonomia e benessere del bambino e della
sua famiglia, nonché di efficace inserimento dell’allievo nel tessuto scolastico e sociale.
Nell’esercizio di tale ruolo, egli investe molta parte delle sue energie ed emozioni, tant’è che il profilo professionale prevede espressamente, accanto alle competenze didattico-disciplinari, anche abilità relazionali che gli consentano un rapporto sano ed equilibrato sia con gli alunni che con le famiglie e il gruppo insegnante con cui collabora nello svolgimento quotidiano delle sue funzioni.
In questo quadro, l’ascolto empatico dei punti di vista di più interlocutori non deve essere condivisione acritica,
bensì riconoscimento dell’autenticità della dimensione emotiva della comunicazione e del correlato vissuto affettivo, così da tenerne professionalmente conto e svolgere una funzione oltre che di sostegno, anche di chiarificazione e contenimento dell’ansia di quanti entrano in relazione comunicativa con il docente e l’allievo.
La competenza comunicativa relazionale del docente specializzato per il sostegno deve comprendere anche la
capacità di individuare i compiti prestazionali concretamente e quotidianamente rinforzabili in entrambi i contesti didattico-educativi (scuola/casa), ricercando un accordo sulle strategie da utilizzare a scuola e/o in famiglia e rendendo quest’ultima attiva protagonista e alleata nel processo didattico del proprio figlio. È questo il
senso delle comunicazioni orizzontali: se è l’insegnante che programma, la famiglia, che rileva possibili indicatori di sviluppo individuabili solo nel contesto domestico, si affianca utilmente nel processo didattico-educativo del bambino.
12) Nell’ambito dell’inserimento sociale, che ruolo riveste l’integrazione fisica?
La scuola dell’infanzia concorre all’educazione armonica e integrale dei bambini, nel rispetto e nella valorizzazione dei ritmi evolutivi, delle capacità, delle differenze e dell’identità di ciascuno. Mirando ad un processo di sviluppo completo, l’attività fisica rientra a pieno titolo nell’ambito delle finalità educative della scuola.
Più nel dettaglio, per integrazione fisica si intende l’acquisizione di capacità da parte del bimbo a condividere, in
modo consono, gli ambienti fisici comuni in cui abitualmente viene svolta l’attività ludica e didattica insieme agli
altri bambini.
Test 1
competenze del docente specializzato per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria
cui il bambino vive divengono perciò essenziali in prospettiva di un progetto di riabilitazione e integrazione che
investa tutti i settori relazionali in cui egli è inserito.
L’approccio richiede dunque l’intervento di diverse professionalità, quali il personale scolastico, i medici, gli specialisti in riabilitazione e, naturalmente la famiglia, al fine di attivare un supporto sinergico e integrato in vista di
un progetto educativo globale e «su misura».
Naturalmente, la costruzione di un percorso individualizzato suppone un’attenta analisi delle capacità di partenza sui diversi piani di sviluppo (percettivo, psicomotorio, manipolativo, cognitivo, espressivo, comunicativo ecc.) e
ciò richiede il supporto attivo degli altri attori coinvolti nella presa in carico dell’alunno disabile.
Inoltre, l’intera attività scolastica deve essere strutturata e, all’occorrenza, rivista al fine dell’integrazione dello
studente svantaggiato, in modo che il bambino possa inserirsi al meglio, crescere insieme ai compagni e vivere in
armonia col gruppo classe.
483
Facendo leva su attività ludiformi, il bambino viene messo in contatto con lo spazio fisico della classe, con materiali,
oggetti e persone che lo guidano a strutturare percorsi via via più ordinati e organizzati di esplorazione e ricerca.
Il bambino va quindi guidato negli apprendimenti relativi alle capacità di collocare se stesso e gli altri nello spazio, eseguire percorsi o guidare il percorso di altri, distribuire oggetti e persone in uno spazio noto. Attività quali toccare, fiutare, assaggiare, lo aiutano ad entrare in confidenza col contesto e ampliare il suo bagaglio di esperienze sensoriali e motorie.
13) Quali abilità risultano basilari come prerequisiti dell’apprendimento?
Parte III: STRUMENTI ESERCITATIVI
Sezione I: Quesiti a risposta aperta
Le abilità basilari indispensabili per l’apprendimento, sin a partire dalla scuola dell’infanzia, consistono nella capacità di istaurare il contatto oculare; di cooperare mediante semplici richieste; di stare seduto per svolgere qualche
attività e avere un aggiustamento controllato, ovvero la capacità di adeguarsi alle sollecitazioni esterne in modo
consapevole e non impulsivo.
I comportamenti previsti in quest’area di abilità sono i primi ad essere inseriti nel curricolo della scuola dell’infanzia.
I bambini con difficoltà di apprendimento e di comportamento possono avere bisogno di aiuto in alcune di queste
aree. Con il raggruppamento di comportamenti simili in aree di abilità, e riordinandoli dai più semplici ai più complessi, è possibile insegnare al bambino attraverso un processo per piccole tappe.
Ad esempio, l’area di abilità relativa alla capacità di «guardare, ascoltare, muoversi», che riguarda le attività motorie, comincia con un comportamento semplice, come piegarsi e stare in piedi, procede verso comportamenti più
complessi — ad esempio, sollevare lo zaino — fino a comportamenti più difficili (indicare per nome gli oggetti da
mettere dentro lo zaino).
484
14) Qual è la dimensione sociale della professione docente specializzato nel sostegno?
Quella del docente, e in particolare quella del docente specializzato per il sostegno, è una professione a carattere
sociale, che si caratterizza per la presenza di una finalità educativa globale.
Al docente di sostegno, nello specifico, non è richiesto soltanto di occuparsi della socializzazione e dell’apprendimento degli alunni in situazione di handicap. Si tratta di un lavoro molto impegnativo, che richiede anche la capacità di favorire la collaborazione tra colleghi per effettuare interventi efficaci. È fondamentale, infatti, che il docente specializzato nel sostegno riesca a indirizzare l’insegnante curricolare a lavorare meglio con l’allievo in situazione di disabilità nelle ore di compresenza, in modo da acquisire un metodo di lavoro utilizzabile anche quando
non è presente l’insegnante di sostegno.
La relazione, chiave di lettura dei processi — evolutivi, affettivi, emotivi, sociali e motivazionali — e delle dinamiche interpersonali, può all’interno di un’adeguata professionalità del docente farsi potenziale strumento di intervento educativo, rieducativo, formativo e non solo didattico.
Il docente di sostegno, come figura professionale che opera nel sociale, è a rischio burnout. Si tratta di un disturbo che consiste nel processo di affaticamento tipico di coloro che si confrontano con realtà difficili e in situazioni cariche di aspettative.
Quando il livello di stress derivante dall’attività diviene, infatti, spesso difficile da gestire, e occorre intervenire in tempo per evitare un logorio professionale che può compromettere non solo il lavoro ma la salute stessa dell’insegnante.
15) Affinché il team docente possa programmare le attività educative e didattiche
nel rispetto dell’alunno in difficoltà e di tutto il gruppo classe, quale obiettivo risulta prioritario?
All’inizio della scuola primaria uno degli obiettivi più importanti da realizzare è la continuità educativa, che si deve
perseguire attraverso uno scambio conoscitivo tra la famiglia, i docenti della scuola dell’infanzia e i docenti della
scuola primaria medesima. In questo modo è possibile che questi ultimi ottengano elementi pre-conoscitivi, che
saranno poi integrati nella programmazione delle attività della scuola primaria. Con la conoscenza approfondita
dell’alunno, il team docente potrà programmare le attività educative e didattiche, potrà scegliere i metodi e i materiali e stabilire i tempi più adeguati alle esigenze dell’alunno diversamente abile e di tutti gli alunni del gruppo classe.
La continuità è orizzontale, quando si riferisce alla comunicazione e allo scambio tra le diverse agenzie educative
coinvolte nel processo formativo: scuola, istituzioni, famiglia, territorio. È verticale quando riguarda la continuità
tra i diversi ordini di scuola e tra classi dello stesso istituto.
La classe, infatti, va concepita come un insieme duttile e dinamico, in grado di interagire con l’esterno e con le altre classi, in modo da raggiungere un equilibrio sincronico nel quale le componenti delle diverse classi si fondono, per dar vita a gruppi organizzati capaci di rispondere alle diverse esigenze legate all’apprendimento. Mediante la continuità è possibile creare strategie trasversali e mirate al recupero o mettere in piedi percorsi tematici per
coinvolgere particolari categorie di alunni.
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