Modelli di Welfare Segmen0 Dinamici Prof. Claudio Saita 1 Modello •  I modelli consentono l’opera0vità e la verifica ermeneu0ca dei paradigmi di riferimento. •  Per modelli ado?amo una pluralità di definizioni quali: Ø Schema categoriale, viene cercato un
insieme di categoremi per mezzo dei
quali suddividere e fotografare un certo
universo.
2 Ø Esplicazione analogica, spiegare per analogia,
rendere “più familiare” qualcosa che non lo è
abbastanza.
Ø Rappresentazione formalizzata e semplificata di un fenomeno complesso 3 Esemplificazioni di Modelli La Scala di Maslow 4 Autorealizzazione
Stima
Appartenenza
Sicurezza
Fisiologici
Fame, sete
sonno
Protezione
dai pericoli,
dalle minacce e
dalle privazioni;
Appropriazione
del territorio.
Socialità, affe2o, acce2azione, amore, gruppi sociali. Autostima:
fiducia
in se stessi,
indipendenza,
realizzazione;
Eterostima:
status,
riconoscimento,
rispetto meritato
dei colleghi.
Sviluppo
delle proprie
potenzialità;
continuo sviluppo
di se stessi.
5 Esemplificazione di modelli compara0vi Le Formazioni Storico -­‐ Sociali 6 Società pre – industriale Società industriale Società post -­‐ industriale Periodo Fino all’oJocento Dalla metà del ‘700 alla metà del ‘900 Dalla seconda guerra mondiale alla crisi petrolifera Is>tuzioni chiave Case regnan>, famiglia patriarcale, gruppi primari Stato, sindacato, famiglia nucleare, par>> Banche, famiglia instabile, mass-­‐
media, is>tu> ricerca Risorse principali Terra, materie prime Mezzi di prod. Materie prime, BreveJ scien>fici Intelligenza, conoscenza, laboratori scien>fici Stru2ura professionale Contadini, pescatori,minatori operai non qualifica> Operai, ingegneri, imprenditori, impiega> Professionis>, scienzia>, operatori del tempo libero Luogo Tipico Campagna, paese, bo2ega (small is beau*ful) Opificio, ci2à urbanesimo (big is beau*full) Laboratori , fabbrica diffusa, telelavoro Strumentazione Tecne-­‐ Fare a mano Tecne+logos Fare a macchina Logos-­‐ Far fare alla macchina ConfliJ Sociali Dominio e sopravvivenza, subordinazione e rivolte Appropriazione del plus valore – conquiste dei merca> Guerre mondiali Elaborazione ed imposizione modelli programmazione e ges>one know-­‐how A2ori sociali centrali Proprietari terrieri, aristocra>ci, contadini, ar>giani, plebe Imprenditori, lavoratori, sindaca> Tecnici, donne, scienzia>, gestori delle informazioni 7 Esemplificazione d’Analisi di Modelli di ProgeJazione Sociale Dimensioni Prima metà anni ‘70 DPR 616/77 Riordino delle funzioni socio-­‐assistenziali Fine anni ‘80 prima metà anni ‘90 Seconda metà degli anni ‘90 Legge Quadro Sui Servizi Sociali 328/2000 Ruolo della progeJazione Marginale, interv.frammenta>, categorizza>, pluralità di en> operan> Centrale fonda il passaggio dall’assistenza al sistema di Servizi Sociali Declinante, diffusione di piani di ampiezza territoriale più limitata Rilancio della proge2azione in alcune leggi rilevan>, dove assume una posizione centrale, permea il complesso delle azioni previste Rilevante, percorre il Sistema dei Servizi Sociali nella sua globalità e ai vari livelli territoriali S0le di progeJo SinoJco, prescriJvo, interno alla programmazione economica generale Scarsamente prescriJvi, distribu>va Promozionale, fortemente decentrata Promozionale. I livelli periferici hanno ampia autonomia Ambi0 d’intervento Razionalizzazione del singolo intervento pubblico… crescen> frammentazioni SinoJco, prescriJvi, i livelli periferici a2uano le indicazioni stabilite centralmente Razionalizzazione intervento pubblico in una logica sistemica, comprensiva , rispe2o alla generalità degli interven> Razionalizzazione intervento pubblico con prime a2enzioni al terzo se2ore Pluralità dei soggeJ del welfare mix (pubblico, privato, terzo se2ore) con una prevalenza del ruolo pubblico Direzione coordinamento Singolo ente pubblico Coordinamento non coordinato complesso, interven> sociali di competenza del comune con gli interven> sanitari Coordinamento sociale con la pluralità degli interven> dell’ente locale, della scuola Coordinamento finalizzato alla realizzazione di un piano, delle is>tuzioni pubbliche e private e dei soggeJ del terzo se2ore Pluralità dei soggeJ del welfare mix (pubblico, privato, terzo se2ore) con una prevalenza del ruolo pubblico nel suo ruolo di orientamento e mobilitazione Concertazione a livello territoriale, cooperazione degli interven> sociali con pluralità degli interven> dell’ente 8 locale, scuola, terzo se2ore Modello Applica0vo Schema AGIL •  A = Adap0on •  G= Goal •  I= Integra0on •  L= Latency 9 Lo schema di base rela0vo ai criteri fondamentali con cui valutare la qualità dell’intervento di welfare G Grado di efficacia nei risulta0 (outcomes) (risolvere il bisogno aJraverso l’empowerment della famiglia in rapporto al bene-­‐scopo) A I Adeguatezza e Regole di scambio che sostenibilità delle risorse favoriscono l’aumento del e dei mezzi necessari capitale sociale della rete per realizzare lo scopo della famiglia L La bontà dello s0le di vita familiare a cui l’intervento mira (a quale ‘bene’ l’aiuto va incontro? secondo quale criterio e0co?) 10 UN ESEMPIO di MODELLO RELAZIONALE DI BP: il servizio di educatore/rice familiare G
Educare il figlio piccolo in un contesto personalizzante
(realizzare una buona ‘relazionalità’
per il bambino il cui genitore lavora)
A
Risorse erogate da parte
della famiglia, del Comune,
della Regione, ed eventuali
altri (fondazioni, ecc.)
e qualificazione profess.
dell’operatore
I
Integrazione del servizio
in una rete di attori;
contratto relazionale con norme
stabilite fra le parti (stakeholders:
famiglia, Comune, cooperativa di
servizi o altra agenzia)
L
Protagonismo ed empowerment della famiglia
come prosumer del servizio, secondo il
principio di sussidiarietà
11 Il Passaggio dal Primo al Secondo Welfare •  L’idea che la protezione dai rischi – di perdita del lavoro, mala8a, povertà – sia un problema sociale, che deve pertanto trovare soluzione colle8va e non essere lasciato al caso e alle fortune o sfortune dei singoli, non significa che tale protezione debba essere tu>a a carico dello Stato o del se>ore pubblico in generale; •  Il che si declina in almeno due accezioni: la prima, che la protezione, per essere efficace, deve avere come obie8vo l’empowerment, lo sviluppo della capacità autonoma del sogge>o, e dunque prevedere una sua partecipazione a8va in tu8 i casi in cui ciò sia realisFcamente praFcabile; •  la seconda, che una molteplicità di sogge8 – profit e non profit: si pensi, ai due estremi, alle società di assicurazione e al variegato mondo delle associazioni di volontariato – possano anzi debbano essere coinvolF e giocare un ruolo negli schemi di protezione. 12 «In Italia, entrambe le declinazioni sono rimaste per lungo tempo estranee alla teorizzazione del modello di welfare e sopra>u>o alla sua traduzione in praFca: la prima – la teorizzazione condizionata dall’idea del «tu>o a tu8, a carico dello Stato»; la seconda – la praFca – fortemente distorta dalle disparità territoriali e sopra>u>o dalla differente forza contra>uale e capacità «appropriaFva» di gruppi e categorie organizzate; l’una e l’altra renitenF alla considerazione tanto dei vincoli di bilancio quanto delle trasformazioni sociali che rendevano progressivamente impraFcabili e/o gravemente carenF le forme storiche di tutela. Con tu>o questo il welfare italiano avrebbe dovuto fare i conF almeno vent’anni fa (la relazione finale della Commissione Onofri, le cui raccomandazioni sono rimaste largamente inapplicate, è del 1997); oggi la crisi fa esplodere i bisogni, nel momento stesso in cui inasprisce i vincoli di bilancio» (Dal Primo Rapporto sul Secondo Welfare in Italia, Centro di Ricerca e Documentazione, Luigi Einaudi, 2013). 13 Ø  La riforma del Welfare, tuJavia, non può essere faJa sulla base di sole considerazioni di spesa, né sulla base di sole considerazioni di principio, che troppo spesso si prestano, come abbiamo ben visto, a mascherare rendite di posizione, avidità corpora0ve, abbandono dei sogge? più bisognosi di tutela o meno. Si gioca invece sul crinale fra teoria e pra0ca, fra poli0ca e policies, fra valori e numeri di bilancio. Si gioca inoltre sul terreno della fiducia: negli individui, nelle famiglie, negli operatori di mercato ed in quelli di terzo SeJore; Ø  Occorre quindi definire meglio il contesto problema0co e l’oggeJo della nostra riflessione che per semplificazione definiremo: le domande sui tra? essenziali di un nuovo Modello di Welfare (secondo welfare?) 14 Alcune Ques0oni di Contesto e Regola0ve del Nuovo Modello •  È da almeno un quindicennio che i paesi europei cercano fa0cosamente di riformare i propri modelli sociali, ritaglia0 su struJure economiche e demografiche ormai sorpassate. •  Questo sforzo ha seguito alcuni principi ispiratori comuni, spesso elabora0 dall’Unione Europea: sostenibilità ed efficienza, flexicurity, inclusione, protezione sociale come «faJore produ?vo», partnership fra pubblico e privato, priorità agli inves0men0 a favore di donne e bambini e vol0 a fronteggiare i «nuovi rischi». 15 Alcune Specificazioni •  Parlare di secondo welfare in termini posi0vi non equivale a proporre la sos0tuzione di spesa pubblica con spesa privata. Si traJa piuJosto di mobilitare e usare in modo razionale ed efficiente risorse aggiun0ve per bisogni e aspeJa0ve crescen0, in un contesto di finanza pubblica fortemente vincolato e di resistenze poli0che (oltre che controindicazioni economiche) a un aumento della pressione fiscale, almeno sui reddi0 da lavoro. •  Il primo welfare (in par0colare i suoi standard di prestazione) non viene messo in discussione nella sua funzione redistribu0va e produ?va di base, ma solo integrato dall’esterno laddove vi siano domande non soddisfaJe. 16 Specificazioni Ulteriori •  L’agge?vo «secondo Welfare» ha una duplice connotazione: •  temporale: si traJa di forme che s’innestano sul tronco del «primo» welfare, quello edificato dallo Stato nel corso del Novecento, sopraJuJo durante il periodo 1945-­‐1975; •  funzionale: il secondo welfare si aggiunge agli schemi del primo, integra le sue lacune, ne s0mola la modernizzazione sperimentando nuovi modelli organizza0vi, ges0onali, finanziarie, avventurandosi in sfere di bisogno ancora inesplorate (e in parte inesplorabili) dal pubblico. SopraJuJo, il secondo welfare mobilita risorse non pubbliche addizionali, messe a disposizione da una vasta gamma di aJori economici e sociali; 17 Un Flash sull’Europa • 
• 
Il seJore forse più emblema0co in cui si sono già sviluppate in Europa molte forme di secondo welfare è quello dei servizi alle persone. A seguito dell’aumento della popolazione anziana e dell’occupazione femminile, è rapidamente cresciuto in mol0 paesi un nuovo «terziario sociale» per soddisfare bisogni e domande non coperte dal primo welfare nel campo della salute, dell’assistenza, dell’istruzione, delle a?vità culturali, ricrea0ve, più in generale, della «facilitazione della vita quo0diana». I sogge? che operano in ques0 campi variano dalle micro-­‐imprese giovanili alle emergen0 mul0nazionali dei servizi, pronte a inves0re capitali (due terzi degli asili olandesi sono oggi ges00 da una grande società inglese). Un ruolo di primo piano è svolto dagli en0 filantropici e dalle fondazioni non profit, che non solo forniscono risorse, ma fungono da motore propulsivo in termini di organizzazione, networking, sperimentazione. In Francia e Gran Bretagna gli adde? del terziario sociale sono s0mabili in quasi 5 milioni di unità, in Italia sono meno di 3 (da0 Eurostat, accessibili in rete: sommerso in buona misura incluso). 18 Il Punto di Sintesi e di Snodo • 
Il diba?to sulla necessità di ristruJurare lo stato sociale e adaJarlo ai costan0 mutamen0 in aJo è spesso condoJo in termini di «nuovo» e «vecchio» welfare. Il «vecchio » welfare state si ri0ene sia maggiormente orientato a coprire i rischi della vecchiaia, disoccupazione, mala?a e invalidità, a cui tenta di rispondere mediante trasferimen0 monetari. Il suo target di riferimento è il lavoratore dipendente, la cui famiglia risulta proteJa aJraverso i suoi diri? di lavoratore. • 
Il «nuovo» welfare state si ri0ene non abbia invece un «des0natario 0po» ma debba piuJosto fare i con0 con le diverse facce della vulnerabilità, che colpisce in par0colare e sempre più la classe media, fornendo più prestazioni e servizi e sempre meno trasferimen0 in denaro. La capacità di guadagno (e quindi di benessere) degli individui può crescere se si investe in istruzione, formazione e condivisione del lavoro di cura familiare . La mancata conciliazione fra occupazione retribuita e vita privata preclude troppo spesso alle donne la possibilità di contribuire alla crescita del reddito familiare. Le conseguenze si ripercuotono non solo sulla realizzazione della donna ma anche, e sopraJuJo, sul benessere dei figli. Un nucleo familiare che si regge su un’unica fonte di reddito espone maggiormente i minori al rischio di povertà. 19 Piste di LeJura sulla Crisi del Welfare •  La prima ri0ene che il welfare state sarebbe stato oggeJo di tagli finalizza0 a un suo progressivo smantellamento, salvaguardando solo la copertura dei bisogni sociali primari; •  La seconda si incentra sul mantenimento complessivo del welfare, da realizzarsi aJraverso interven0 di ricalibratura vol0 a ridefinire le priorità e a bilanciare tra seJori le risorse, spostandole da quelli sovra-­‐prote? verso quelli soJo-­‐tutela0; •  Infine, un terzo approccio si interroga sulla necessità e la possibilità di un ripensamento del welfare state che por0 all’emergere di un modello di protezione sociale rinnovato. In questo contesto ha preso avvio un ampio diba?to circa il contributo che aJori e risorse non pubbliche possono e potranno fornire in futuro. 20 Alcune Dimensioni del «Secondo Welfare» •  Per arrivare a una definizione di secondo welfare che ne meJa anche in luce le differenze rispeJo al primo, è necessario par0re dal conceJo di benessere. •  Quest’ul0mo ha a che fare con le condizioni di vita degli individui, le risorse di cui dispongono e le opportunità che si presentano loro nelle varie fasi dell’esistenza (o «ciclo di vita»). 21 Il Categorema di «Benessere» •  Vale la pena ricordare che con Amartya Sen si è iniziato a parlare di well-­‐being invece che di welfare, in riferimento a una nozione di benessere legata non solo a beni materiali e cogni0vi (reddito, sicurezza, salute, istruzione) ma anche alla facoltà di agire (agency) degli individui al fine di conver0re i beni primari nello «star bene acquisito». •  Il cosiddeJo approccio delle «capacità» (capability) è divenuto così sempre più rilevante: esso sposta l’aJenzione sulla capacità di svolgere funzioni (funcFonings) oggeJo di apprezzamento e sulla possibilità di scegliere tra funcFonings alterna0ve allo scopo di perseguire uno stato di benessere. 22 Le Categorie di Bisogno e di Rischio •  Accanto alla nozione di benessere, giocano poi un ruolo importante per la caraJerizzazione delle poli0che sociali le nozioni di rischio e di bisogno . •  La prima implica l’esposizione a determinate eventualità che possono accadere (ad esempio la mala?a) e che, quando colpiscono, producono effe? nega0vi e generano bisogni. •  La seconda connota invece una carenza, la mancanza di qualcosa di importante e al tempo stesso del «bene» necessario per sopperire o rimediare a tale mancanza. •  Rischi e bisogni sociali cos0tuiscono delle «sfide» per le condizioni di vita degli individui e mutano nel tempo in relazione alle trasformazioni della società. 23 Le Categorie delle Risorse e delle Opportunità •  Ai rischi e ai bisogni si può tuJavia far fronte ricorrendo anche a risorse e opportunità connesse alla sfera del mercato (in par0colare il mercato del lavoro, dentro il quale si distribuiscono i reddi0), alla sfera della famiglia (che include anche le re0 parentali e amicali) e a quella delle associazioni intermedie. •  Con quest’ul0ma espressione si fa riferimento al variegato mondo del Terzo seJore e in par0colare alle comunità informali come il vicinato o il quar0ere di residenza, ai gruppi organizza0 come le associazioni di categoria e alle organizzazioni di volontariato che operano senza fini di lucro •  Le condizioni di vita e il benessere degli individui dipendono proprio dal posto che essi occupano all’interno delle re0 familiari, lavora0ve e associa0ve, dalle modalità di organizzazione e funzionamento di queste re0 e dai loro reciproci rappor0. 24 Il Diamante del Welfare (Ferrera,2006) Lo Stato gioca un ruolo predominante e sovra-­‐ordinato all’interno del diamante: da un lato, è il «contenitore» di tu? i processi di produzione di benessere, formali e informali, pubblici e non pubblici; dall’altro, è il «regolatore sovrano» di ques0 processi (come indicano le frecce che collegano gli angoli del contenitore statale con le tre sfere). Lo Stato, il mercato, il Terzo seJore sono tu? aJraversa0 dalla stessa crisi e soJopos0 a sfide analoghe, crisi che investe anche la sfera della famiglia. 25 LeJura Dinamica del Diamante •  Lo Stato, il mercato, il Terzo seJore sono tu? aJraversa0 dalla stessa crisi e soJopos0 a sfide analoghe, crisi che investe anche la sfera della famiglia. L’ipotesi è che dalla capacità di individuare un nuovo equilibro tra queste sfere dipenda la tenuta del sistema sociale, nonché l’individuazione di un nuovo modello di «welfare rinnovato e sostenibile». •  Una soluzione che non presuppone più la separazione fra queste quaJro arene o rappor0 bidirezionali fra lo Stato e le altre sfere. Vi sono invece evidenze e segnali di una compenetrazione e sovrapposizione fra tuJe e quaJro le aree, per meJere in campo soluzioni «partecipate» e fruJo di collaborazione tra i sogge? che si muovono al loro interno 26 Gli AJori della Transizione Dinamica Primo e secondo welfare non devono essere considera0 come due compar0men0 stagni, ma piuJosto come realtà fortemente intrecciate, che sfumano l’una nell’altra a seconda delle poli0che e delle aree di rischio e bisogno in esame. Il passaggio di funzioni da sempre afferen0 alla sfera del welfare pubblico verso la rete privata del secondo welfare non comporta dunque una sovrapposizione di responsabilità, bensì un intervento sussidiario. L’idea alla base consiste nella delega di poteri e responsabilità dal soggeJo pubblico ai corpi intermedi della società 27 Chi genera capitale sociale? §  IL Capitale Sociale è una relazione di fiducia che genera cooperazione fra i sogge? coinvol0 nella relazione. §  Questa cooperazione ha una propria connotazione: la Reciprocità, una forma par0colare che genera un’a>esa fra gli aJori diversa dallo scambio u0litaris0co di ogge? o beni equivalen0. Esaminiamo nell’ambito delle varie sfere sociali la 0pologia di relazioni prodoJe secondo lo schema AGIL 28 Le diverse forme reticolari del Capitale Sociale
G G -­‐ I A -­‐ G A
R R’ A-L
I
L-I
L
Punto R (max reticolarità societaria:
Istituzioni politiche+OTS+aziende+famiglie)
Punto R’ (max reticolarità
di mondo vitale)
29 La Mappa del Capitale Sociale •  L’area A – G con0ene le forme associa0ve che combinano aJori e re0 che fanno capo allo stato ed al mercato (mix lib – lab); consumano più che produrre CS. •  L’area G – I con0ene le forme associa0ve che fanno capo allo Stato ed alle organizzazioni d’integrazione sociale, in par0colare quelle di terzo seJore. Il CS viene prodoJo da quest’ul0me ed u0lizzato dallo Stato a fini di coesione sociale. •  L’area A – L riguarda le forme associa0ve che stanno tra il mercato e le famiglie. E’ l’aspeJo forse meno esplorato del CS. •  L’area L – I riguarda le forme associa0ve che stanno tra le famiglie e le organizzazioni d’integrazione sociale (es. le re0 dell’associazionismo familiare anche finalizzato a forme di auto o mutuo aiuto) Il CS in questo caso viene prodoJo in forme primarie e secondarie. 30 Flash sul Contesto Italiano •  Secondo l’Ocse, in Italia la spesa sociale non pubblica è pari al 2,1 per cento del Pil. Siamo al di soJo della Svezia (2,8 per cento), di Francia e Germania (3,0), del Belgio(4,5), per non parlare di Regno Unito (7,1) e Olanda (8,3 per cento). •  In altre parole, sussistono margini di espansione che potrebbero far affluire verso la sfera del welfare risorse pari a diversi miliardi (ricordiamo che un punto di Pil vale in Italia quasi 20 miliardi di euro). •  Quando si chiede alle famiglie per quale mo0vo risparmiano (in forme peraltro non sempre adeguate a soddisfare i loro bisogni), la risposta di gran lunga prevalente è quella genericamente «precauzionale» (far fronte a even0 imprevis0, 43,2 per cento); l’insieme delle mo0vazioni legate al «futuro dei figli» viene al secondo posto, con il 14,5 per cento; segue la necessità di integrare la pensione, con il 12,7 per cento (Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani, Centro Einaudi-­‐Intesa Sanpaolo, 2013). 31 Possibili Scenari •  È chiaro che se si riuscisse a orientare almeno parte di queste risorse verso il nuovo terziario sociale, i vantaggi sarebbero molteplici: si s0molerebbe la crescita, si favorirebbe l’occupazione, le famiglie verrebbero alleggerite da un carico di prestazioni «fai da te» che le fa funzionare male e penalizza gravemente le donne, sopraJuJo quando ci sono figli o anziani fragili. •  Si potrebbero, in altre parole, neutralizzare almeno in parte le molte trappole del «familismo», il quale si riproduce nel tempo (in una sorta di circolo vizioso) anche per la scarsa disponibilità di alterna0ve alla produzione e al consumo di servizi all’interno della famiglia. 32 Ulteriori Scenari •  Il Terzo seJore è un altro soggeJo di primaria importanza per far decollare in Italia il secondo welfare. La tradizione mutualis0co-­‐
coopera0va italiana è forte e presenta tra? di originalità ed eccellenza sul piano comparato; •  Un discorso analogo può essere faJo per il welfare aziendale e contraJuale. Le spese sociali non obbligatorie a carico del sistema delle imprese sono meno di un decimo di quelle tedesche o francesi: anche qui il potenziale è molto ampio e va incoraggiato, ad esempio sul piano degli incen0vi fiscali e contraJuali. •  Un maggiore a?vismo di imprese (e sindaca0) nell’ambito del welfare italiano è sicuramente auspicabile, ma dovrà tener conto del pericolo di esasperare segmentazioni e disparità oltre soglie di funzionalità economico-­‐sociale ed acceJabilità poli0ca. 33