René Descartes - Isaac Beeckman Compendium Musicae Sotto questo titolo, in Olanda, nel 1650, anno della morte di Descartes, videro la luce alcuni suoi scritti di carattere musicale raccolti, e forse rielaborati, da Beeckman. Quest’ultimo era un medico, oltre che maestro della scuola di latino a Dordrecht, e con lui Descartes aveva intrattenuto un carteggio scientifico e filosofico. L’opera costituisce un dono personale dell’autore al suo amico. Descartes riprende la tradizione, millenaria, risalente a Pitagora, sulla natura aritmetica delle armonie musicali. L’autore insiste sull’importanza della proporzione come origine del piacere estetico. Ecco come, nella premessa, espone questo principio: 1° Tutti i sensi sono capaci di provare piacere. 2° È però necessario che sussista una giusta proporzione fra l’oggetto che produce il piacere ed il senso che lo deve percepire. Per questo il rumore di uno scoppio o di un tuono non sono adatti a produrre musica, perché ledono l’orecchio, proprio come lede gli occhi la luce solare troppo intensa. 3° L’oggetto deve essere tale da non presentarsi al senso in maniera troppo difficile o confusa. Così, in un astrolabio, una figura complessa come quella della “madre” non piacerà quanto quella della “rete”, che è formata da linee più regolari. 4° L’oggetto che è meglio percepito dai sensi è quello nel quale minore è la differenza tra le parti. 5° Consideriamo meno differenti tra loro le parti di un oggetto tra le quali sussiste una maggiore proporzione. 6° Quella proporzione deve essere aritmetica, e non geometrica, perché la prima è più apprezzabile della seconda. Ad esempio, tra le linee: 2 3 4 la seconda delle quali è la media aritmetica delle altre due, l’occhio avverte subito una regolarità, che invece non è in grado di percepire tra le linee: 2 8 4 la seconda delle quali è la media geometrica delle altre due. In effetti, le differenze tra le lunghezze delle linee nel secondo caso sono incommensurabili, contrariamente a quanto avviene nel primo caso. 7° Tra gli oggetti dei sensi, il più gradito allo spirito non è né quello che viene percepito con troppa facilità, né quello che viene percepito con troppa difficoltà: il primo non soddisfa appieno i desideri, il secondo affatica i sensi. 8° Pertanto la varietà è sempre gradita, in ogni cosa. Le scale musicali Nella teoria musicale di Pitagora le frequenze delle note musicali sono espresse da quozienti di numeri interi. Nel corso della storia sono state inventate molte diverse scale musicali, che presentano tutte questa caratteristica. La più nota è la scala naturale, introdotta da Aristosseno come perfezionamento della scala pitagorica, ed adottata anche da Tolomeo: 1/1 9/8 5/4 4/3 3/2 5/3 15/8 2/1 Do Re Mi Fa Sol La Si Do+ 9/4 Re+ In questa scala gli intervalli tra due note consecutive – cioè i rapporti fra le loro frequenze - sono di tre tipi: 9/8 (tono maggiore), 10/9 (tono minore) e 16/15 (semitono). Questa scala musicale ha in comune con quella di Pitagora gli intervalli 1/1, 4/3, 3/2 e 2/1. Ma le restanti note vengono determinate in modo diverso, formando medie aritmetiche: 5/4 9/8 5/3 15/8 è è è è la media aritmetica di la media aritmetica di la media aritmetica di la media aritmetica di 1/1 e 3/2 5/4 e 1/1 4/3 e 2/1 3/2 e 9/4. La scala musicale naturale viene completata con l’aggiunta di note intermedie, per un totale di 12 note in un’ottava: Do Reb Re Mib Mi Fa Solb Sol Lab La Sib Si In questa scala, detta cromatica dodecafonica, gli intervalli tra due note consecutive sono sempre pari ad un semitono di valore variabile: 25/24 (semitono minore), 27/25, 16/15 (semitono maggiore). In effetti, gli intervalli determinati dalle note aggiunte sono: Reb Mib Solb Lab Sib (Re bemolle) (Mi bemolle) (Sol bemolle) (La bemolle) (Si bemolle) 25/24 6/5 25/18 8/5 9/5 Questa scala si ottiene inserendo una nota tra consecutive separate da un tono: Do 25/ 24 Reb Re Mib 16/ 15 27/25 Mi Fa 16/ 15 25/24 Solb 27/ 25/ 24 Sol Lab La 27/25 25/24 16/ 15 Sib due note Si Do+ 25/ 24 27/ 25 16/ 15 Il simbolo b (bemolle) indica l’abbassamento di un semitono. A volte si usa il simbolo # (diesis) per denotare l’innalzamento di un semitono. Così, ad esempio, si scrive Re# anziché Mib. Nella scala di Do (pitagorica e naturale) gli intervalli musicali fra due toni consecutivi sono, nell’ordine: tono, tono, semitono, tono, tono, tono, semitono. Ora: questa successione si può costruire anche a partire da altre note. Ad esempio, iniziando con il Fa: Fa Sol La Questa è la scala di Fa. scale maggiori. Sib Do Re Mi Fa+ Tutte le scale di questo tipo si dicono Ecco come Descartes raffigura una scala musicale: Si dice invece scala minore naturale ogni scala in cui gli intervalli sono: tono, semitono, tono, tono, semitono, tono, tono. Esempio: La Si Do Re Mi Fa Sol La+ Una composizione che utilizza questa scala (tonalità) si dice in La minore. Le tonalità precedentemente introdotte si dicono, invece, naturalmente, Do maggiore e Fa maggiore. La scala di Do minore è la seguente: Do Re Mib Fa Sol Lab Sib Do+ Questa scala differisce da quella di Do maggiore solo nella terza, sesta e settima nota. La scala minore naturale è stata poi modificata, per motivi di eufonia. Fu inizialmente sostituita dalla scala minore armonica, in cui la settima nota venne innalzata di un semitono, e, successivamente, dalla scala minore melodica, quella che oggi è maggiormente in uso, ottenuta elevando anche la sesta nota di un semitono. In essa gli intervalli si susseguono secondo lo schema: tono, semitono, tono, tono, tono, tono, semitono. Le scale melodiche di La minore e Do minore sono allora, nell’ordine: La Si Do Re Mi Fa# Sol# La+ e Do Re Mib Fa Sol La Si Do+ . Gli accordi Ecco una tabella di musicali: Descartes contenente alcuni intervalli Il rapporto è sempre calcolato fra la nota più bassa e quella più alta. Descartes concentra la propria attenzione sugli intervalli musicali relativi a coppie di note che, suonate simultaneamente, danno luogo ad una consonanza armoniosa. Eccoli riportati in tabella, con le rispettive denominazioni greche (per i primi tre, quelli più antichi, di origine pitagorica) e latine (per quelli relativi alla scala naturale): ottava diapason 1:2 quinta diapente 2:3 quarta diatessaron 3:4 terza maggiore ditonus 4:5 sesta minore sesta minore terza minore hexachordon minus hexachordon maius semiditonus 5:8 3:5 5:6 Do – Do+ Do – Sol Fa – Do+ Do - Fa Sol – Do+ Do – Mi Lab - Do+ Do – Lab Mi – Do+ Do – La Mib – Do+ Do - Mib Mi - Sol La – Do+ Questi intervalli, presi a due a due, nell’ordine, si completano ad un’ottava. I prodotto dei loro rapporti è uguale al rapporto dell’ottava: si tratta delle coppie diapente-diatessaron (2:3 – 3:4), ditonus-hexachordon minus (4:5 – 5:8), hexachordon maius semiditonus (3:5 – 5:6). Descartes rappresenta queste relazioni in figura: Molte altre suggestive raffigurazioni si trovano in Boezio. Vale forse la pena di spiegare l’origine dei nomi degli intervalli. Prendiamo, per esempio, le terze: esse si chiamano così perché sono gli intervalli tra la prima e la terza nota di una scala musicale. La terza maggiore si riferisce ad una qualunque scala maggiore, la terza minore ad una qualunque scala minore. Un discorso analogo vale per le seste, e – possiamo aggiungere – per le settime. La settima maggiore è data dal rapporto Do : Si = 1/1 : 15/8 = 8:15 e la settima minore dal rapporto Do : Sib = 1/1 : 9/5 = 5:9. Esistono invece, come sappiamo, un’unica quarta ed un’unica quinta, perché le scale maggiori e minori non differiscono nella quarta e nella quinta nota. Perché Descartes non include le settime nel suo elenco? La risposta ci viene dall’esperienza…acustica. Esse producono, infatti, sgradevoli dissonanze (intervalli ingratissimi, come li definisce Girolamo Saladini, matematico e teorico della musica del 1700). Sono dissonanti anche le seconde (ad esempio: Do-Re). Saladini, proseguendo la sua classificazione degli intervalli musicali, considera la quarta e la quinta come consonanze meno grate dell’ottava. Aggiunge, però, che se il primo, il quinto e l’ottavo tono vengono suonati simultaneamente, “si sentirà una gratissima armonia, per cui niente resta da desiderare”. Ecco un esempio di accordo di tre note: esso corrisponde ai rapporti 1: 3/2 : 2, cioè 2:3:4. Sono consonanti anche gli accordi basati sui rapporti 4:5:6 nelle scale maggiori (ad esempio: Do – Mi – Sol), e 10:12:15 nelle scale minori (ad esempio: Do – Mib – Sol). Si tratta in ogni caso della prima, terza e quinta nota di una scala. Osserviamo che nelle sequenze 2,3,4 e 4,5,6 il secondo numero è la media aritmetica degli altri due. Ciò è vero, con buona approssimazione, anche per 10,12,15, il che conferma l’importanza della media aritmetica nell’armonia musicale, dando ragione a Descartes. Esiste, però anche una scala musicale basata sulla media geometrica: si tratta della scala temperata, in cui ogni ottava è suddivisa in dodici semitoni del valore pari alla radice dodicesima di 2. Ogni intervallo musicale può essere rappresentato indifferentemente da un quoziente o dal suo reciproco: la quarta corrisponde a 3/2 o a 2/3, a seconda che si voglia mettere a numeratore la nota più alta o quella più bassa. Per questo motivo, accanto alla media aritmetica si considera spesso la media armonica di due intervalli musicali, che è il reciproco della media aritmetica dei reciproci dei medesimi intervalli. Il nome stesso sottolinea il ruolo fondamentale svolto nella determinazione delle consonanze musicali. Ecco perché il Saladini, nel suo Nuovo metodo delle proporzioni geometrica, aritmetica ed armonica, così presenta la sua opera: “per far intendere in qualche parte come la proporzione Armonica s’ingerisca nella Musica, e quanto sia necessario lo studio della Geometria, e dell’Aritmetica a coloro che si danno ad una tal facoltà.”