Psicologia dello sviluppo. - Università degli studi di Bergamo

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PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO
Anna Maria Re
[email protected]
1
PROGRAMMA
 Bibliografia:
 Viannello, R., Gini, G., Lanfranchi, S. (2008),
Psicologia dello sviluppo. UTET.
 Cornoldi, C. (a cura di), Difficoltà e Disturbi dell’
Apprendimento. Bologna: Il Mulino, i seguenti
capitoli: 1, 3, 4, 6, 9, 10.
PROGRAMMA
 I contenuti del corso:








Cenni storici e metodologia di ricerca in psicologia dello
sviluppo
Il periodo prenatale e il neonato
Lo sviluppo cognitivo
Lo sviluppo comunicativo e linguistico
Lo sviluppo emotivo ed affettivo
Lo sviluppo sociale
Lo sviluppo della memoria, dell’intelligenza e della
metacognizione
Lo sviluppo degli apprendimenti e le difficoltà e i disturbi
dell’apprendimento
Orari delle lezioni
 Lunedì 16,00-18,00
aula 8 S. Agostino
 Martedì 11,00 – 13,00
aula 1 Tassis
 Mercoledì 12,00 – 14,00
aula 1 Tassis
 Esame
 Lezione
 Lezione
 Attività interattiva
 Scritto domande aperte
Teoria ingenua
 Fondata sull’esperienza
personale
Teoria scientifica
 Fondata su ricerche
sperimentali
La differenza tra le due teorie sta nel metodo di
controllo delle spiegazioni
5
La psicologia scientifica
 1879 Wilhem Wundt fonda a Lipsia un laboratorio di
psicologia sperimentale  Nascita della psicologia
scientifica
 La psicologia scientifica si caratterizza per l’uso di
metodi sperimentali.
 Oggetto della psicologia dello sviluppo capire come la
mente si adatta all’ambiente, in particolare l’evoluzione
dei processi di adattamento
6
Jean Piaget (1896-1980)
 1936 “La nascita dell’intelligenza nel bambino” lo
sviluppo intellettuale nei primi anni di vita
 Numerose ricerche sullo sviluppo del pensiero nei primi anni
di vita
 Epistemologia genetica problemi generali sullo sviluppo
della conoscenza
 E’ considerato fondatore di una delle prime teorie sullo
sviluppo della conoscenza
7
Lev Semenovic Vygotskij
 Natura sociale dei processi psichici superiori
 Per Vygotskij i processi psichici superiori (e.g. il linguaggio)
sono attività che si sviluppano non solo in base a processi
naturali ma anche grazie ai rapporti culturali dell’individuo
 Zona di sviluppo prossimale insieme di apprendimenti
possibili a breve termine che possono permettere ulteriori
sviluppi grazie all’interazione con il contesto (e.g.
l’insegnante).
8
METODI DI RICERCA IN PSICOLOGIA
DELLO SVILUPPO
9
Disegni di ricerca
Disegni longitudinali
Lo stesso gruppo di individui
Diverse valutazioni per un
periodo più o meno lungo
di tempo.
10
Disegni trasversali
Gruppi di individui di età
diversa
Confronti fatti nello stesso
momento
Metodi di ricerca in psicologia dello
sviluppo
Esperimento
Quasi Esperimento
Osservazione
14
ESPERIMENTO
15
L’esperimento
 L’esperimento ha come obiettivo quello di spiegare un
evento attraverso la verifica o falsificazione di un’ipotesi
di relazione causale tra due fenomeni.
 Lo sperimentatore organizza la situazione sperimentale
cercando di controllarla il più possibile
 La situazione sperimentale che è solitamente “artificiale”
(creata ad hoc per la verifica dell’ipotesi) permette
obiettivamente di verificare la validità delle ipotesi.
16
Fasi di progettazione dell’esperimento
1. Individuazione del problema
2. Formulazione di ipotesi e individuazioni delle
variabili
3. Esecuzione dell’esperimento
4. Risultati: misurazione degli effetti della
variabile manipolata
5. Conclusioni: verifica o falsificazione dell’ipotesi
17
Individuazione delle variabili di un
esperimento
Variabile
indipendente
Manipolata dallo
sperimentatore attraverso
la predisposizione di
situazioni specifiche
18
Variabile dipendente
Subisce i cambiamenti dovuti alla
manipolazione della variabile
indipendente
I partecipanti all’esperimento vengono divisi
casualmente nelle due condizioni
Condizione sperimentale
il gruppo al quale viene
proposta una certa situazione,
la situazione sperimentale
Condizione di controllo
gruppo che non viene
sottoposto alla condizione
sperimentale
I due gruppi devono avere le stesse caratteristiche e
differenziarsi solo per la condizione sperimentale.
19
Formulazione delle ipotesi
dell’esperimento
 H1 : la variabile indipendente
ha un effetto sulla variabile
dipendente
L’ipotesi viene
confermata
20
 H0: la variabile indipendente
NON ha effetti sulla variabile
dipendente
L’ipotesi viene
disconfermata
1. Individuazione del problema
La privazione di sonno causa una diminuzione della
capacità di Memoria a Breve Termine?
2. Formulazione delle ipotesi
H1: La privazione di
sonno determina una
diminuzione della
capacità di MBT
21
H0: La privazione di
sonno NON
determina una
diminuzione della
capacità di MBT
3. Esecuzione dell’esperimento: Individuazione delle
variabili
Variabile
indipendente:
manipolazione delle ore
di sonno
Variabile dipendente:
Misurazione della capacità
di MBT (test)
3. Esecuzione dell’esperimento: Individuazione dei
gruppi
Gruppo sperimentale:
Deprivato di 4 ore di
sonno per 1 notte
22
Gruppo di controllo:
No deprivazione di sonno
4. Risultati
Gruppo Sperimentale
Test sulla MBT
(misurazione prima e
dopo la deprivazione)
23
Gruppo di controllo
Test sulla MBT
(misurazione prima e
dopo una notte di sonno )
5. Analisi e conclusioni
Gruppo Sperimentale
Peggiore prestazione nelle
prove di MBT al post test
Gruppo di controllo
Uguale prestazione nelle
prove di MBT al post test
Confermata l’ipotesi H1: La privazione
di sonno (V.I.) determina una
diminuzione della capacità di MBT
(V.D.)
24
5. Analisi e conclusioni
Gruppo Sperimentale
Uguale prestazione nelle
prove di MBT al post test
Gruppo di controllo
Uguale prestazione nelle
prove di MBT al post test
Confermata l’ipotesi H0: La privazione
di sonno (V.I.) NON determina una
diminuzione della capacità di MBT
(V.D.)
25
Vantaggi e svantaggi del metodo
sperimentale
 Capacità di stabilire relazioni di tipo causa-effetto, tra le
due variabili
 Facilità di essere replicato per ottenere conferme,
disconferme o generalizzazioni.
 Svantaggio i partecipanti posti in condizioni non
naturali potrebbero comportarsi diversamente che in
contesti naturali (problema della generalizzabilità dei
risultati)
 Non è sempre applicabile in psicologia
26
Esempio: L’effetto placebo
 Campione:
 Ragazzi con un’età media di 17 anni
 20 maschi e 30 femmine
 Tutti frequentati il IV anno del liceo scientifico
 Tutti sofferenti di emicrania
27
Gruppo
sperimentale
Nuovo farmaco per
l’emicrania
Gruppo
Controllo
Pillole di zucchero
(placebo)
Studio cieco: Nessuno dei ragazzi sa a quale dei due gruppi appartiene
28
L’effetto placebo: ipotesi
H1: alla fine del trattamento i ragazzi del gruppo
sperimentale riporteranno un miglioramento mentre i
ragazzi del gruppo di controllo non riporteranno un
miglioramento.
H0: alla fine del trattamento i ragazzi di entrambi i gruppi
riporteranno un miglioramento
H0: alla fine del trattamento i ragazzi di entrambi i gruppi
non riporteranno alcun miglioramento
29
Gruppo
sperimentale
DIMINUZIONE
EMICRANIA
Verifica ipotesi 1  il farmaco è efficace.
30
Gruppo
Controllo
Emicrania rimane la
stessa
Gruppo
sperimentale
DIMINUZIONE
EMICRANIA
Gruppo
Controllo
DIMINUZIONE
EMICRANIA
Verifica ipotesi 2  il farmaco non è efficace, il solo fatto di aver
detto ai ragazzi di una nuova cura ha provocato degli effetti positivi.
31
Gruppo
sperimentale
Emicrania rimane la
stessa
Gruppo
Controllo
Emicrania rimane la
stessa
Verifica ipotesi 3 il farmaco non è efficace.
32
Il quasi esperimento
 Il quasi esperimento si utilizza quando non è possibile
manipolare le variabili indipendenti o non è possibile
assegnare casualmente i partecipanti a due gruppi
 Gruppo sperimentale: la variabile indipendente è
presente naturalmente nei soggetti
 Gruppo di controllo: simile ma con assenza della
variabile da studiare
33
Una sperimentazione su un
trattamento
Trattamento per il potenziamento delle abilità del
controllo dell’attenzione e del comportamento
impulsivo
34
Un training sull’autoregolazione può
migliorare le capacità di attenzione di
bambini di 5 anni?






35
Gruppo sperimentale
Partecipa ad attività
sull’autoregolazione
8 bambini di 5 anni
6 maschi 2 femmine
Ultimo anno scuola
dell’infanzia
4 tratti ADHD
4 sviluppo tipico






Gruppo controllo
Normali attività scolastiche
8 bambini di 5 anni
6 maschi 2 femmine
Ultimo anno scuola
dell’infanzia
4 tratti ADHD
4 sviluppo tipico
Scale di identificazione precoce:
IPDDAI e IPDDAG
 Identificazione Precoce del DDAI per Insegnanti e
Genitori
 L’ IPDDAI e l’IPDDAG sono scale di osservazione per
insegnanti
 Sono composte da 18 item di cui :
- gli item pari (7) per l’iperattività
- gli item dispari (7) per la disattenzione
- gli ultimi 4 item per i fattori di rischio
36
Go/no go
 Riguarda gli aspetti di inibizione e controllo dell’impulso,
poiché è richiesto al soggetto di inibire una risposta
automatizzata.
 La prova prevede la presentazione di due fogli A4 in cui sono
rappresentate alcune scale, su ognuna delle quali è disegnata
una piccola rana.
 Il compito consiste nel barrare la rana ogni volta che viene
presentato un certo suono chiamato “GO” e invece nel
fermarsi ogni volta che compare un altro suono chiamato
“STOP”.
37
Dual Request Selective Task
 Il DRST è un prova di memoria di lavoro visuospaziale
che prevede un doppio compito. Consiste di matrici 4x4
in cui viene segnato idealmente un percorso. Il doppio
compito consiste nel:
 ricordare la prima posizione indicata dall’operatore;
 battere la mano sul tavolo quando l’operatore indica una
certa casella (casella rossa).
39
IPPDAI Pre e post trattamento
*
41
Prova di Memoria di Lavoro pre e post
trattamento
*
42
*
Go_noGo pre e post trattamento
*
43
*
OSSERVAZIONE
44
L’osservazione
 Osservazione: ha come obiettivo quello di descrivere
un evento o un comportamento
 L’osservazione naturalistica è molto usata in
etologia e in psicologia dello sviluppo.
 Nel passato veniva usata per osservare il comportamento
spontaneo dei bambino.
 Il risultato di questo tipo di osservazione è il diario
45
L’osservazione partecipante
 L’osservazione partecipante si realizza in
rapporto diretto con i soggetti.
 Numerose ricerche su bambini dai 0 ai 3 anni
hanno usato questa tecnica.
 Questo tipo di osservazione prevede la
formulazione di ipotesi che guidano la scelta
dell’osservatore su cosa tenere in considerazione.
46
Errori nell’osservazione
A carico del soggetto
Fonte errore
A carico dell’osservatore
47
Errori a carico del soggetto
E’ dovuta a:
 reattività, innaturalità
Come si può correggere:
 Familiarizzazione
 Dissimulazione (uso del registratore o
specchio unidirezionale etc.)
48
Errori a carico dell’osservatore
E’ dovuta a:
 condizioni psicofisiche (e.g. stanchezza)
 Ipotesi, opinioni etc.
 Pregiudizio, stereotipi, aspettativa
Come si può correggere:
 Presenza di diversi osservatori
 Addestramento
 Uso di registratore
 Affidare l’osservazione a una persona diversa da chi
conduce la ricerca
49
Metodi di ricerca a confronto
Esperimento
Massimo
Quasi esperimento
Osservazione
Minimo
Grado di intervento dello sperimentatore
50
L’osservazione strutturata
Per i bambini un po’ più grandi
51
Osservazione in classe
 Il comportamento è sempre il frutto di una relazione tra
soggetto e contesto.
 Anche nel caso del bambino DDAI accade questo.
 Scopo dell’osservazione è cercare di capire la relazione tra un
comportamento problematico e le conseguenze che lo
mantengono o gli antecedenti che lo scatenano.
 Questa attività è necessaria per prevenire la comparsa di certi
comportamenti (antecedenti) o per cambiare le conseguenze
che in qualche modo lo mantengono.
52
Vantaggi di un’osservazione in classe
 Si può osservare il comportamento in un contesto
naturale.
 Si possono raccogliere indici oggettivi sull’emissione del
comportamento (intensità, frequenza e durata).
 Si possono cogliere tutti gli elementi in gioco di una
situazione, per una successiva analisi e riflessione.
 Può essere fatta dallo stesso insegnante.
53
Cosa occorre
 Le osservazioni devono essere svolte in alcuni momenti
diversi della settimana.
 Possibilmente in diversi giorni, diverse ore e con materie
diverse.
 E’ opportuno osservare anche alcuni momenti ricreativi.
54
Fasi dell’osservazione
1.
2.
3.
4.
5.
6.
55
Osservazione non strutturata: inventario di
comportamenti negativi.
Selezione del comportamento oggetto dell’intervento.
Osservazione strutturata per l’analisi dei
comportamenti problema. Analisi degli antecedenti e
delle conseguenze del comportamento problematico.
Riflessione sui dati raccolti.
Intervento.
Verifica dei risultati.
1. Osservazione non strutturata
 E’ necessario per fare un inventario dei comportamenti
problematici del bambino.
 E’ necessario che le descrizioni siano specifiche del
comportamento e non un’interpretazione dello stesso (ad es. si
comporta male!).
2. Selezione e identificazione dei
comportamenti -problema
 Si identificano delle categorie.
 Si evidenziano tutti i comportamenti che possono rientrare
in quella categoria.
 Ad es. “va dal compagno durante la lezione”, “corre tra i
banchi”, “esce dalla classe prima della fine della lezione”
possono rientrare nella categoria “si allontana dal proprio
banco”.
 Si segnano tutti i comportamenti problematici per ogni
categoria.
3. Osservazione strutturata
 Ci consente di:
 Identificare gli antecedenti e le conseguenze del
comportamento problematico;
 identificare la frequenza di tali comportamenti.
 E’ necessario fare questo tipo di lavoro per ogni
categoria di comportamento –problema individuato.
4. Riflessione sui dati raccolti
 Scoprire degli antecedenti ci consentirà di fare un lavoro di
prevenzione.
 Le conseguenze sono importanti perché ci aiutano a capire quale
comportamento dovremmo mettere in atto per far sì che il
comportamento problematico diminuisca.
 Premessa per il concetto di conseguenza: ogni volta che un
soggetto si trova a sperimentare in qualche modo un
comportamento positivo, l’ultimo comportamento emesso si
legherà sempre più strettamente alla situazione-stimolo
preesistente all’emissione del comportamento.
 Questo lavoro andrà fatto per ogni categoria di comportamenti
problematici.
65
5. Programmazione di un
intervento
 L’intervento deve essere sviluppato allo scopo di:
 Anticipare il verificarsi del comportamento problema;
 Ridurre e/o eliminare le risposte dell’ambiente che rinforzano
l’emissione del comportamento-problema.
66
5. L’intervento
 Ogni intervento dipende dal bambino, dalle
riflessioni emerse grazie all’osservazione.
 Una volta identificato l’antecedente si può giocare
d’anticipo, cercando di evitare le situazioni ad alto
rischio.
 Per quanto riguarda le risposte dell’ambiente, anche
queste possono essere modificate se per il ragazzo
hanno un effetto rinforzante.
67
TECNICHE DI RICERCA NELLA PRIMA
INFANZIA
Abituazione/disabituazione
Condizionamento
Intervista
Questionario
Colloquio critico piagetiano
Tecnica
dell’abituazione/disabituazione
 Si utilizza con neonati e bambini molto
piccoli
 Premessa: ad una crescita di interesse
corrisponde una maggior intensità della
poppata o una maggior durata dello
sguardo.
69
Tecnica dell’Abituazione
 Stimolo (es. parola) presentato
ripetutamente fino ad abituazione
 A distanza di tempo: stimolo vecchio +
stimolo nuovo
 Maggiore attenzione rivolta a stimolo
nuovo (dimostrata da un aumento del
ritmo di poppata)
 Stimolo vecchio riconosciuto come
familiare
70
Condizionamento
 Vengono presentati due stimoli
 Ad un certo ritmo di poppata compare lo stimolo x
 Ad un altro ritmo di poppata compare lo stimolo y
 Il b. impara presto a succhiare con il ritmo necessario
per far comparire lo stimolo che “preferisce”
Preferenza e movimenti oculari
 Preferenza: Tecnica ideata da Robert Fantz (‘60)
 Si confronta il tempo complessivo dedicato all’osservazione
di stimoli presentati ripetutamente in coppia, alternando la
loro disposizione a destra e a sinistra.
Registrazione dei
movimenti oculari: consiste
nel registrare i movimenti degli
occhi, per rilevare se e some un
bambino esplora un certo
stimolo.
72
Con queste tecniche è stato scoperto
che….
74
Abilità numeriche precoci
 Antell e Keating (1983): bambini da 1 a 12 giorni
di vita riescono a discriminare insiemi di 2 o 3
elementi!
 Ai bambini venivano presentati diverse volte dei
cartoncini con due punti neri, diversamente
distanziati, fino a creare “abituazione”. Veniva
quindi presentato un nuovo cartoncino con tre
puntini allineati. I bambini rimanevano ad
osservare più a lungo questo cartoncino.
75
I PRIMI “CALCOLI”
 Wynn (1992) a bambini di 5-6 mesi veniva
presentato un pupazzo che poi veniva spostato dietro
uno schermo, veniva fatta la stessa cosa con un
secondo pupazzo. Alla fine veniva tolto lo schermo e
presentati o entrambi i pupazzi (1+1=2) o solo uno
(1+1≠ 2). I bambini guardavano più a lungo la
seconda condizione, indice che percepivano qualcosa
di “strano”.
 La stessa cosa accade con la sottrazione.
76
L’intervista, il questionario, la scala di
valutazione
77
L’intervista
 Libera: si parte da domande specifiche e si lascia
rispondere liberamente il soggetto, in base alle sue
risposte si scelgono le domande successive
 Strutturata: ci sono delle domande fisse che vanno
presentate tutte nonostante le risposte del soggetto
 Semistrutturata: ci sono delle domande fisse, ma in
base alle risposte del soggetto si decide se proseguire in
quell’area o se passare al blocco di domande successive
78
Il colloquio critico di tipo piagetiano
 Critica di Piaget ai metodi tradizionali (e.g. interviste
strutturate): le domande sono sempre le stesse e
presentate sempre nello stesso ordine  falsare le
risposte del bambino
 Intervista diretta ai bambini.
 Partire dalle domande spontanee dei bambini per
ricavare i temi di interesse.
 Parlare poco e lasciare che il bambino parli.
79
5 tipi di risposta del bambino
1.
2.
3.
4.
5.
80
Risposta “purchessia”: risposta casuale;
Fabulazione: il bambino inventa una storia;
Credenza suggerita: domanda suggestiva, il
bambino risponde per accontentare l’esaminatore;
Credenza provocata: il bambino risponde in base a
delle riflessioni create al momento, data dalla
domanda dello sperimentatore;
Credenza spontanea: il bambino risponde in base
alle proprie idee o credenze già pre-formulate.
Metodo critico di tipo piagetiano
 Proporre al bambino degli stimoli o delle situazioni
anche concrete che permettessero una risposta non
troppo aperta.
 In modo che la sua risposta risulti “critica”, spesso
attraverso la manipolazione di oggetti
 Proporre delle storie simili e chiedere al bambino quella
che gli piace di più o trova più giusta, ad esempio.
 Tecnica usata per valutare la genesi del pensiero
operatorio
81
Il questionario
 Un insieme di domande alle quali si può
rispondere nei seguenti modi:
 Risposta chiusa: diversi tipi
 Risposta aperta: il soggetto può rispondere
liberamente.
82
Il questionario risposta chiusa
 Una scelta fra due sole alternative: “sì” o “no”
 Una scelta fra più alternative mutuamente escludentisi
 Una scelta fra più alternative non mutuamente
escludentisi
 Una scelta fra più alternative indicando una graduatoria
83
Scale di valutazione di tipo Likert
 Di solito vengono usate per misurare gli atteggiamenti.
 La scale è costituita da una serie di affermazioni
(tecnicamente definiti item) che esprimono un
atteggiamento positivo e negativo rispetto ad uno
specifico oggetto.
 Per ogni item si presenta una scala di
accordo/disaccordo, generalmente a 5 o 7 passi.
 La somma di tali giudizi tenderà a delineare in modo
ragionevolmente preciso l'atteggiamento del soggetto nei
confronti dell'oggetto.
84
Caratteristiche delle scale Likert
Le affermazioni scelte devono:
 essere rappresentative delle persone appartenenti alla
popolazione che verrà in seguito esaminata.
 essere chiare, comprensibili, non ambigue;
 devono esprimere un solo concetto per volta
 devono essere espresse sia in positivo che in negativo
85
Come si costruisce una scala Likert
 Si scelgono diverse affermazioni sull’argomento che si
vuole studiare (scala provvisoria).
 Si sottopongono ad un campione rappresentativo della
popolazione.
 Si conducono delle analisi statiche, allo scopo di
selezionare gli item che discriminano meglio.
 Si verifica la validità e la fedeltà della scala.
86
La validità e la fedeltà di uno
strumento di misura
 Validità = la capacità dello strumento di misurare
effettivamente ciò che si voleva misurare (e.g. validità
concorrente).
 Fedeltà o attendibilità = esprime la costanza di uno
strumento di misura, ossia la capacità dello strumento di
ottenere lo stesso risultato in più somministrazioni effettuate
in tempi differenti.
87
Le Scale SDA... (Cornoldi et al. 1996)
Sono composte da18 item:
9 sulla Disattenzione (item dispari) “Incontra difficoltà a
concentrare l’attenzione sui dettagli o compie errori di
negligenza”.
9 sull’ Iperattività (item pari) “Spesso si agita con le mani o
i piedi o si dimena sulla sedia”.
 L’osservatore deve giudicare la frequenza del
comportamento descritto dall’item.
 Punteggio da 0 (“mai”) a 3 (“molto spesso”).
88
89
90
Calcolo del punteggio
 Calcolo del punteggio: somma degli item dispari (indice
di disattenzione) e pari (indice di iperattività)
separatamente.
 Punteggio critico >14 in almeno una delle due subscale.
 Gli item sono espressi in forma negativa, per cui a
punteggi alti corrispondono più comportamenti
problematici.
91
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