Oculistica Anatomia dell'occhio Bulbo – forma sferoidale con diametro l-l di 22.5mm e a-p variabile (nei difetti di vista), è formato da 3 membrane o tuniche: cornea e sclera, uvea, retina. Congiuntiva – porzione palpebrale o tarsale inf e sup, dei fornici, bulbare Film lacrimale – 1microL/gg, 3 componenti: mucosa (congiuntiva), acquosa (gh lacrimali) e lipidica (gh di Moibomio e Zeis) Sclera – fibre collagene, elastiche, fibrociti, da inserzione ai mm estrinseci dell'occhio Cornea – I mezzo diottrico dell'occhio. 5 strati: epitelio, membrana di Bowman, stroma, mebrana di Descernet, endotelio (a contatto con l'umor acqueo). La cornea non ha vasi, la fonte di ossigeno è data dal film lacrimale per epitelio e stroma e dall'umor acqueo per l'endotelio. E' innervata dalla I branca del trigemino Camera anteriore – dietro la cornea, contiene umor acqueo prodotto dal corpo ciliare Camera posteiore – fra iride e cristallino Cristallino – II mezzo diottrico dell'occhio, è una lente biconvessa formata da una capsula e un nucleo e sorretta e circondata dalle fibre della zonula di Zinn Camera vitrea – contiene il corpo vitreo, un gel che da consistenza all'occhio Uvea – tunica vascolare fra sclera e retina, formata in a-p da iride, corpo ciliare e coroide (questa nutre la retina) Retina – cotituita in totale da 10 strati, dall'interno verso l'esterno (dalla profondità in a-p verso il vitreo) i principali sono l'epitelio pigmentato (per il metabolismo della retina), fotorecettori che fanno sinapsi con neuroni intermedi che a loro volta fanno sinapsi con le cellule ganglionari i cui assoni vanno a formare il nervo ottico. I fotorecettori sono i coni (visione diurna e da lontano), concentrati nella parte centrale della retina (macula) e i bastoncelli (visione notturna), alla periferia. La prima visita oculistica è raccomandata prima dei sei anni, a meno di nistagmo (segno di ipovisione) o strabismo. Il bambino inizia a vedere a 5mesi ed è molto ipermetrope. Strumenti utilizzati in oculistica Misura dell'acutezza visiva centrale Può essere naturale o corretta (occhiali). Si vede con OTTOTIPO (tavole luminose con lettere, figure etc) a 3-5m dal paziente. Se ipovedente tale da non vedere neanche le prime lettere dell'ottotipo si usano le tavole ETDF(?) che quantificano da 1/10 a ''percezione luce''. Lampada a fessura/tonometria Microscopio con 2 oculari da parte del medico e luce sull'occhio del paziente. Serve per esaminare cornea, iride, cristallino oppure congiuntiva e sclera spostando la luce, congiuntiva palpebrale con eversione delle palpebre. Si può esaminare la P dell'occhio con TONOMETRIA, quella standard è ''ad applanazione'', con il tonometro ed 1goccia di anestetico si invita il paziente ad aprire e chiudere l'occhio, la P normale è 1020mmHg. WWW.SUNHOPE.IT Oftalmometro Misura l'astigmatismo (questo si può vedere anche con l'auto-refrattometro – ottici – ma non si vedono le patologie che possono dare astigmatismo, tipo il cheratocono e si sopravvalutano i difetti in bambini e giovani). Lenti diagnostiche di Volk Si utilizzano per analizzare il vitreo e la retina, sono lenti positive +90. Il fondo oculare si osserva con la lampada a fessura, ponendo davanti all’occhio del pz la lente positiva a +90. Nei neonati e nei pz poco collaborativi è possibile utilizzare l’oftalmoscopio binoculare, costituito da un caschetto con una luce che illumina l’occhio del pz; davanti all’occhio del pz si pone comunque la lente positiva a +90. Il fondo oculare si analizza in midriasi usando un collirio che prende il nome di tropicamide (la dilatazione pupillare dura circa 1 ora). Nei bambini l’esame può essere fatto anche senza somministrare il collirio, tenendo presente che la pupilla di un soggetto giovane si dilata facilmente in presenza di luce. Elettroretinografia Si effettua da 10-11aa, prima in narcosi. Valuta l'attività elettrica di coni e bastoncelli con delle lenti corneali ''a contatto'' provviste di elettrodi ed al buio per 30-40' in modo da far attivare i bastoncelli, successivamente con luce forte per 10' per far attivare i coni. Perimetria Studia il campo visivo cioè la porzione di sguardo visibile ad occhi aperti. Per vedere i limiti del campo visivo (quindi la funzionalità della retina periferica) si usa la perimetria manuale o di Goodman (si utilizza una luce posta in vari punti del campo visivo e si da una positività ogni qualvolta il paziente la vede), per vedere i 30° centrali del campo visivo, invece si usa la perimetria computerizzata. Le malattie del nervo ottico ed il glaucoma riducono la sensibilità dei 30° centrali del campo visivo. Fluorangiografia Studia la vascolarizzazione della retina tramite iniezione ev di fluoresceina. Indicata per retinopatia diabetica ed altre malattie vascolari. Tomografo a coerenza ottica (OCT) Si utilizza per vedere la macula e tutti gli strati retinici, l'esame dura 3-4' e si effettua in miosi. Ha soppiantato la fluorangiografia. WWW.SUNHOPE.IT Strutture esterne di protezione dell’occhio Le strutture esterne che proteggono l’occhio sono: le palpebre, la congiuntiva (tarsale e bulbare), la cornea (importante mezzo diottrico) e le ciglia (hanno un ruolo di filtro: sono infatti in grado di trattenere piccole particelle, smog e polvere). Patologia palpebrale Le palpebre sono formazioni muscolo-fibrose che proteggono il globo oculare da luce e traumi e distribuiscono il film lacrimale. La porzione muscolare è data dal muscolo orbicolare dell'occhio (V) e dai mm di Muller ed elevatore superiore della palpebra (III). Sono formati da cute, m.orbicolare, porzione fibrosa (attaccata all'orbita con il setto orbitario) o TARSO (contiene le gh di Moibomio i cui condotti sboccano a livello delle ciglia), altri due muscoli. Si uniscono nei CANTI (est e int) a formare la RIMA. Al canto interno è presente la caranucola lacrimale, le ciglia rivestono il margine palpebrale e davanti le ciglia al margine palpebrale sboccano le gh di M. Le patologie della palpebra possono essere congenite (es: ablepharon, epicanto, rima mongoloide, ptosi) o acquisite. Tra le più importanti patologie palpebrali acquisite ricordiamo: la ptosi palpebrale: è l’impossibilità di aprire completamente l’occhio. Può essere monolaterale o bilaterale. La ptosi palpebrale monolaterale generalmente i verifica in seguito a lesioni a carico dell’oculomotore comune (che innerva l’elevatore della palpebra): in questo caso, oltre alla ptosi palpebrale, compaiono anche strabismo divergente, diplopia crociata (nel senso che la falsa immagine viene percepita dall’occhio non paretico) e midriasi. La ptosi palpebrale bilaterale, invece, può essere riconducibile ad una patologia muscolare sistemica (ad es. miastenia gravis). il lagoftalmo: è l’impossibilità di chiudere completamente l’occhio. Può essere monolaterale o bilaterale, e, nella maggior parte dei casi, si verifica in seguito a paralisi del facciale (che innerva l’orbicolare delle palpebre). L’impossibilità di chiudere completamente l’occhio determina secchezza oculare (perché la cornea viene esposta a lungo all’aria) e possibile ulcerazione corneale. il blefarospasmo: è una distonia oculo-faciale riconducibile a sindrome extrapiramidale. Si manifesta clinicamente con contrazioni rapide, involontarie e improvvise dei muscoli orbicolari delle palpebre. Queste contrazioni compaiono spontaneamente o in seguito a condizioni di forte stress psico-emotivo, esposizione al freddo, abbagliamento. La terapia prevede l’uso di tossina botulinica, che viene iniettata periodicamente all’interno dei muscoli orbicolari delle palpebre. Anomalie di posizione della rima palpebrale Tra le più importanti anomalie di posizione della rima palpebrale ricordiamo: l’estropion: è una condizioni in cui il bordo palpebrale è ruotato verso l’interno, per cui si ha un difetto di chiusura della rima palpebrale. Può essere cicatriziale, paralitico o senile. l’entropion: è una condizione in cui il bordo palpebrale è ruotato verso l’interno. In questo caso le ciglia strisciano sulla cornea e il pz avverte una sensazione di forte fastidio. Con il passare del tempo il trauma meccanico può portare ad ulcerazione della cornea. WWW.SUNHOPE.IT Le blefariti Le blefariti sono processi infiammatori delle palpebre, ed in particolare del margine palpebrale. L’infiammazione può estendersi alla cute, alla congiuntiva, ai follicoli e alle ghiandole di Meibomio e di Moll. Si distinguono in acute 4-5gg (se curate subito) e croniche, associate o meno a congiuntivite. Tra le - più importanti cause di blefariti ricordiamo: fattori ambientali (esposizione ad ambienti irritanti, secchi, fumosi e polverosi) eccessivo utilizzo di lenti a contatto eccessivo affaticamento visivo (cosa che si verifica ad esempio nei soggetti ipermetropi che studiano per molte ore, o che usano il computer per molte ore: questi soggetti vanno incontro a secchezza oculare e, pertanto, tendono a strofinarsi le palpebre – riflesso oculodigitale di Franceschetti - che si infiammano) - acne, rosacea, colon irritabile - infezioni batteriche locali - allergia ai componenti dei cosmetici Generalmente distinguiamo 3 forme di blefarite: forma squamose forma ulcerative forma da parassiti I sintomi associati alle blefariti sono: sensazione di corpo estraneo (sintomo principale), bruciore, prurito, senso di calore o di peso, fotofobia, epifora (caduta delle lacrime per occlusione dei puntca lacrimali, uno alla palp sup e uno all'inf al canto interno che sono in comunicazione con il dotto naso-lacrimale). Il prurito è spesso fuorviante, dal momento che è caratteristico delle congiuntiviti allergiche; tuttavia, bisogna tenere presente che la congiuntivite allergica si associa spesso a blefarite. Per la diagnosi di blefarite bisogna osservare bene il margine palpebrale, effettuando eversione della palpebra. In caso di blefarite: il margine palpebrale risulta particolarmente arrossato e con desquamazione furfuracea (causa sensazione di corpo estraneo e ipovisione perché rende globulare il film lacrimale); la palpebra è edematosa e gonfia; si ha lacrimazione; teleangectasie; MADAROSI (caduta delle ciglia); nelle forme croniche (anziani) TILOSI (ispessimento) e la presenza di pustole (che possono trasformarsi in ulcere). Nelle blefariti è frequente la comparsa di blefarospasmo, che è più accentuato al mattino. Al mattino il pz ha difficoltà ad aprire gli occhi, sia a causa del blefarospasmo, sia a causa della secchezza oculare, sia a causa delle squame che attaccano le palpebre. La diagnosi di blefarite si basa sull’associazione di segni e sintomi caratteristici. Importante è l’esame con la lampada a fessura. La terapia prevede: - asportazione delle squame con garze sterili o con garze imbevute di detergente (il massaggio per asportare le squame deve essere lento, delicato e continuo e dovrebbe essere fatto 1/2xsett nei soggetti predisposti), MAI acqua perché può dare piccole cisti calcaree palpebrali - impacchi di acqua tiepida - massaggio palpebrale - utilizzo di pomate antibiotiche (eritrocina), si usa il collirio ma si dovrebbe usare la pomata - ossido giallo di Hg per le forme parassitarie WWW.SUNHOPE.IT Tra le più importanti complicanze della blefarite ricordiamo: l’orzaiolo: è un processo suppurativo acuto che interessa il follicolo cigliare e le ghiandole di Zeis. Si manifesta clinicamente con la comparsa di una tumefazione arrossata e dolente lungo il margine palpebrale. Nella maggior parte dei casi l’orzaiolo è sostenuto da S. aureus. La terapia in questo caso prevede: impacchi caldo-umidi e antibiotici locali (sotto forma di colliri o pomate. Il collirio è meno fastidioso, ma meno efficace; la pomata è più fastidiosa, poiché il pz vede ombrato per circa mezz’ora, ma più efficace. Per questo motivo, si preferisce utilizzare la pomata di sera e il collirio di giorno). il calazio: è un processo infiammatorio cronico che interessa le ghiandole di Meibomio legato all'occlusione dello sbocco ghiandolare al margine libero palpebrale da parte delle squame. Si manifesta clinicamente con la comparsa di una tumefazione (lipogranuloma) a livello palpebrale, ma lontana dal margine palpebrale. Dev’essere trattato con antibiotici locali e cortisonici da assumere per 3-4 volte al giorno, fino a risoluzione. Conviene sempre iniziare con l’antibiotico e poi associare cortisone. Le congiuntiviti La congiuntiva è una membrana mucosa, flessibile e trasparente, che riveste sia la superficie anteriore dell’occhio (terminando a livello del limbus sclero-corneale), sia la superficie posteriore delle palpebre. Per questo motivo, distinguiamo una congiuntiva bulbare, una congiuntiva tarsale, e una congiuntiva dei fornici (zona di collegamento tra congiuntiva bulbare e congiuntiva tarsale). La congiuntiva bulbare, la congiuntiva tarsale e la congiuntiva dei fornici formano una cavità virtuale, detta sacco congiuntivale. La congiuntiva bulbare si osserva aprendo le palpebre e invitando il pz a guardare a dx e sx. La congiuntiva tarsale inferiore si osserva abbassando la palpebra inferiore; la congiuntiva tarsale superiore si osserva invitando il pz a guardare verso il basso e ruotando la palpebra superiore. La congiuntivite è uno stato infiammatorio a carico della congiuntiva. Ne esistono 3 diverse forme: congiuntivite infettiva congiuntivite allergica congiuntivite irritativa I sintomi della congiuntivite, indipendentemente dalla forma, sono rappresentati da: sensazione di corpo estraneo, bruciore, prurito, senso di calore o di peso, fotofobia. Generalmente il bruciore è tipico delle forme irritative/infettive/attiniche, il prurito e la fotofobia indicano congiuntivite allergica; il senso di peso e di calore indicano una congiuntivite infettiva. Solitamente non vi è riduzione della capacità visiva, a meno che non si formi un essudato molto abbondante che ricopre la cornea. Nelle congiuntiviti manca il dolore, che invece è tipico delle altre patologie infiammatorie del segmento anteriore dell’occhio, quali: uveiti anteriori, cheratiti, glaucoma acuto. I segni clinici caratteristici sono: iniezione (iperemia) congiuntivale, segno comune a TUTTE le congiuntiviti, è molto forte a livello tarsale e tende a ridursi a livello bulbare, ed è quasi assente in corrispondenza del limbus (è forte a livello periferico e tende a diminuire verso il centro, differentemente dalla cheratite, in cui avviene l’esatto contrario); edema della congiuntiva; gonfiore; lacrimazione; presenza di papille; presenza di pseudo-membrane. WWW.SUNHOPE.IT [Le pseudo-membrane sono costituite da essudato misto a fibrina e a cellule epiteliali necrotiche che si adagia su una superficie epiteliale intatta. Possono essere rimosse senza causare emorragie sottostanti, e questo le differenzia dalle membrane vere, che si sviluppano in seguito ad infezioni da parte di batteri che producono esotossine. Le pseudo-membrane sono più frequenti nelle congiuntiviti virali che in quelle batteriche.] Più precisamente: - nella congiuntivite infettiva di origine batterica sono presenti: edema della congiuntiva, follicoli congiuntivali, secrezione muco-purulenta giallobiancastra con incapacità ad aprire gli occhi - nella congiuntivite infettiva di origine virale sono presenti: edema della congiuntiva, follicoli congiuntivali e secrezione acquosa - nella congiuntivite allergica sono presenti: edema della congiuntiva, papille (elemento diagnostico fondamentale, che hanno un caratteristico aspetto a ciottolato romano), secrezione mucosa filamentosa. Bisogna tenere presente che nella forma allergica molto spesso è presente anche un’infezione batterica con presenza di secrezioni, dovuta al fatto che il pz tende a strofinare continuamente l’occhio con le mani sporche – le forme MISTE sono le più frequenti. Quando ci troviamo di fronte ad una congiuntivite infettiva, bisogna sempre evitare che l’infezione si estenda alla cornea, perché gli esiti cicatriziali corneali possono dare disturbi visivi. Alla lampada a fessura si può vedere: iniezione congiuntivale, secrezioni e, all'eversione della palpabra superiore che mette in evidenza la congiuntiva palpebrale: - residui di secrezioni (batteriche) - follicoli, lesioni edematose tonde (virali) - papille, lesioni piatte ''a ciottolato'' (allergiche) – si associa a PTOSI che a lungo può dare lesioni corneali oppure un falso astigmatismo perché interferisce con la curvatura corneale La terapia dura, in genere 1sett per le forme batteriche, 3-4gg per quelle virali (storia naturale perché la terapia ha poco effetto) ed è sia topica che sistemica. La terapia topica prevede colliri (pomate solo in caso di forme aggressive che necessitano di colliri ogni 3-4h) - antibiotici ad ampio spettro (in caso di congiuntivite batterica) - antivirali (in caso di congiuntivite virale da HHV-VZ o adenovirus – forma violenta, bilaterale, altamente contagiosa) - anti-allergici: antistaminici (più in profilassi che in terapia, da 1mm prima del periodo critico 2vv/gg), sodio cromoglicato, corticosteroidi (in terapia per forme gravi con fotofobia). [La prof preferisce somministrare colliri antistaminici monodose, in quanto privi di conservanti o eccipienti ai quali il pz potrebbe essere allergico]. Molto spesso ai colliri antistaminici si associa cortisone (deve essere usato per max 7gg perché, quando somministrato localmente, può aumentare la pressione oculare) La maggior parte delle congiuntiviti allergiche sono rino-congiuntiviti; in questo caso conviene assumere antistaminici per via orale. La terapia sistemica, in caso di infezioni forti, prevede l’utilizzo di antibiotici per via orale e si utilizza anche in bambini e anziani dove è bassa la compliance alle terapie topiche. Nelle forme allergiche MAI lacrime artificiali perché aumentano l'irritazione (in realtà non esiste ''l'occhio secco'' se non in Sjogren ed altre reumatiche). WWW.SUNHOPE.IT Esiste una forma di congiuntivite neonatale, che può essere di 2 tipi: chimica (dovuta all’utilizzo di nitrato di argento), da Clamidia, e da gonorrea (dovute al passaggio attraverso il canale del parto). Le congiuntiviti batteriche Le congiuntiviti batteriche possono essere sostenute da: GRAM+ (stafiloccocchi, streptococchi, M. tuberculosis), GRAM– (Bartonella, Neisseria gonorreae, Neisseria catarralis), altri batteri (Borrelia, Chlamydia, Treponema pallidum). Gli stafilococchi sono i principali responsabili, in quanto dotati di buona capacità adesiva sulle mucose. Tra le più importanti forme cliniche di congiuntivite batterica ricordiamo: la congiuntivite catarrale acuta: si manifesta clinicamente con 4 segni fondamentali: lacrimazione, edema, iperemia, essudazione catarrale. È contagiosa e può assumere carattere endemico. Tra i sintomi più comunemente riscontrati ricordiamo: fotofobia, sensazione di corpo estraneo, fastidio e bruciore. L’iperemia interessa prima la congiuntiva tarsale e poi quella bulbare. L’edema si può associare ad emorragie sub-congiuntivali di tipo petecchiale. L’essudazione è prima filamentosa, poi più densa, di tipo mucoso o mucopurulento. Come nelle congiuntiviti acute si può avere la formazione di pseudomembrane. la congiuntivite purulenta: è per lo più causata da Neisseria gonorreae. Si tratta di un processo infiammatorio acuto, con edema palpebrale molto evidente e secrezione purulenta abbondante. Le sequele possono essere gravi, fino alla fusione e perforazione corneale (con panoftalmite). la congiuntivite cronica: si manifestano con una continua sensazione di fastidio, associata a prurito, bruciore, secchezza e senso di “sabbia negli occhi”. La secrezione è scarsa o assente. L’iperemia è lieve. Il segno caratteristico è l’ipertrofia papillare di entrambe le congiuntive tarsali, con aspetto “vellutato”. la congiuntivite da Chlamydia: nei neonati è la più comune forma di congiuntivite e si verifica in seguito al passaggio attraverso il canale del parto di madri affette da uretriti/cerviviti. Nei soggetti tra 15-40 anni è responsabile di una forma di congiuntivite nota come paratracoma, che si sviluppa in seguito al contatto con mani infette (da sierotipi D e K). Sicuramente la forma più grave di congiuntivite da Chlamydia è rappresentata dal tracoma, una cheratocongiuntivite produttiva, trasmissibile e ad evoluzione cronica. Clinicamente è caratterizzata dalla presenza di: follicoli, iperplasia papillare, panno corneale, ed evoluzione in entropion palpebrale e trichiasi (deviazione patologica delle ciglia verso il globo oculare). L’entropion e la trichiasi causano lesioni corneali che evolvono in cicatrici sempre più invalidanti. Il processo evolve in 4 stadi: tracoma iniziale, tracoma florido, tracoma cicatriziale e tracoma evoluto cicatriziale (in cui non c’è più il pericolo di contagio). Nel tracoma cicatriziale la terapia è chirurgica. La congiuntivite allergica La congiuntivite allergica è caratterizzata da: edema, papille congiuntivali, assenza di secrezione muco-purulenta. Si associa spesso a rinite, asma bronchiale, orticaria e dermatite atopica. Gli eventi che portano alla comparsa della congiuntivite allergica sono associati a degranulazione dei mastociti. In seguito a degranulazione dei mastociti vengono rilasciati una serie di mediatori (quali istamina, prostaglandine, fattori chemiotattici per gli eosinofili) che determinano: vasodilatazione, aumento della permeabilità capillare, edema congiuntivale. La congiuntivite allergica tende a recidivare più o meno stagionalmente. WWW.SUNHOPE.IT La citologia congiuntivale è utile per confermare la diagnosi di congiuntivite allergica, e mostra un aumento del numero di eosinofili. Le forme cliniche più caratteristiche di congiuntivite allergica sono: congiuntivite allergica stagionale, congiuntivite primaverile, cherato-congiuntivite atopica, congiuntivite giganto-papillare, dermatocongiuntivite da contatto. Le cheratiti La cheratite è uno stato infiammatorio a carico della cornea (ricordiamo che la cornea è situata davanti all’iride e alla pupilla, ed è trasparente. Un’opacità corneale può ridurre l’acuità visiva). Le cheratiti possono essere causate da: - agenti biologici (virus, batteri, miceti, parassiti) - agenti fisici - agenti chimici Generalmente siamo soliti distinguere 2 forme di cheratiti: forme infettive (legate a batteri, virus, miceti e parassiti) forme non infettive (che possono essere: traumatiche, da agenti fisici, da agenti chimici, da alterazioni del film lacrimale) [Ricorda: le alterazioni del film lacrimale possono essere qualitative o quantitative e sono riconducibili ad alterazioni delle piccole ghiandole lacrimali presenti a livello della congiuntiva tarsale. I pz affetti da malattie reumatiche sono spesso colpiti da alterazioni del film lacrimale. Anche l’utilizzo di videoterminali può causare riduzione del film lacrimale (con comparsa di astenopia). Alterazioni del film lacrimale, infine, possono essere riconducibili anche al microclima.] I sintomi caratteristici delle cheratiti sono: fotofobia; sensazione di corpo estraneo; dolore (non sempre presente); blefarospasmo (il pz si sente tirare o contrarre l’occhio); riduzione del visus. I segni clinici caratteristici sono: iniezione pericheratica (il limbus, ovvero il limite tra la congiuntiva e la cornea, è iperemico: l’arrossamento è imponente al centro e si riduce progressivamente in periferia; questo ci permette di fare la diagnosi differenziale tra la cheratite e la congiuntivite, in cui avviene il contrario); lacrimazione e/o secrezione; congiuntivite peri-bulbare; infiltrati stromali; lesioni epiteliali. La cornea viene analizzata utilizzando la lampada a fessura. Quando la cornea è normale, non si percepisce la sua presenza. Quando c’è una cheratite, quello che si osserva è un’opacità. Le cheratiti possono essere superficiali (epiteliali) o profonde (stromali), per stabilire la loro localizzazione, si utilizzano dei coloranti. I coloranti utilizzati sono la fluoresceina sodica e il rosa bengala (la fluoresceina viene utilizzata per individuare lesioni epiteliali; il rosa bengala, viene usato per individuare lesioni stromali). Più precisamente: si mette una goccia di anestetico nell’occhio del pz e si striscia la fluoresceina sodica. Se c’è una lesione epiteliale, questa si colora di verde. Se la lesione è più profonda, non si colora con la fluoresceina sodica, per questo si utilizza il rosa bengala; in questo caso la lesione di colora di rosso. Una forma frequente di cheratite è la cheratite erpetica causata dall’Herpes Simplex (più raramente da quello Zoster). Il 1° attacco di cheratite erpetica colpisce l’epitelio; quando recidiva colpisce lo stroma. WWW.SUNHOPE.IT Per la diagnosi è importante tenere presente che questa forma di cheratite è monolaterale e scarsamente sintomatologica (il pz presenta: fotofobia, sensazione di corpo estraneo, disturbi visivi). Alla lampada a fessura si osserva un’opacità centrale (o para-centrale), lineare, con piccole ramificazioni. Il test alla fluoresceina sodica è positivo (nelle recidive la cheratite coinvolge lo stroma, per cui il test alla fluoresceina è negativo, mentre risulterà positivo quello al rosa bengala). La terapia prevede l’utilizzo di aciclovir pomata, da usare 5 volte al giorno, fino a 2 giorni dopo la scomparsa della sintomatologia. [Ricorda: in questo caso MAI utilizzare cortisone; il cortisone, infatti, abbassa le difese immunitarie e favorisce la proliferazione virale. Nei casi gravi il virus può causare ulcera corneale, che deve essere poi trattata con trapianto.] In un’elevata percentuale di casi si hanno delle recidive in condizioni di stress o di carenza di difese immunitarie. Abbiamo già detto che in caso di recidiva viene interessato lo stroma, per cui ci sarà positività al test con rosa bengala. In questo caso si ricorre a terapia locale associata a terapia sistemica: la terapia locale è identica a quella del 1° attacco (aciclovir pomata, da usare 5 volte al giorno, fino a 2 giorni dopo la scomparsa della sintomatologia); la terapia sistemica prevede l’utilizzo di aciclovir (200 o 400 mg) da assumere 5 volte al giorno. Se la cheratite erpetica non viene trattata, il virus penetra nell’umore acqueo, innescando un’uveite associata. Molto spesso il pz sviluppa leucoma corneale (che gli impedisce di vedere), e, pertanto, deve essere sottoposto a trapianto di cornea. [Ricorda: il leucoma corneale è una patologia della cornea, che diventa opacizzata per il processo di cicatrizzazione seguente ad alcuni traumi (ad esempio una cheratite)] Un’altra forma di cheratite infettiva virale (particolarmente fastidiosa) è la cheratite da adenovirus. L’adenovirus può raggiungere l’occhio o attraverso il dotto nasolacrimale, o attraverso le mani sporche. Inizialmente il virus causa congiuntivite. Se questa congiuntivite non viene curata, si ha la cheratite. La cheratite da adenovirus è bilaterale (e questo permette la diagnosi differenziale con la cheratite erpetica), la fotofobia è fortissima, così come forti sono il rossore e il bruciore. La sintomatologia è quindi violenta (differentemente dalla cheratite erpetica che decorre in maniera subdola). In questo caso, con la lampada a fessura è possibile osservare numerose opacità diffuse su tutta la superficie corneale. La cheratite da adenovirus è una cheratite epiteliale, per cui il test alla fluoresceina risulterà essere positivo. Anche se non trattata, questa forma di cheratite tende spontaneamente a ridursi e a risolversi. In casi rari compaiono delle membrane appiccicose a livello della congiuntiva tarsale, che, durante l’ammiccamento, possono graffiare la cornea. Se presenti, queste membrane devono essere asportate. Differentemente da quanto accade per la cheratite erpetica, la cheratite da adenovirus può essere trattata con cortisone (che accelera la guarigione). Le cheratiti batteriche sono caratterizzate dall’accumulo di materiale mucopurulento, che può approfondarsi, causando un’ulcera corneale. Se il processo infettivo muco-purulento coinvolge anche la camera anteriore dell’occhio, si parla di ipopion (l’ipopion è infatti la raccolta di pus nella camera anteriore dell’occhio in posizione inferiore per forza di gravità). L’ipopion rappresenta un'urgenza medica: se non trattato, può dare origine ad una endo-oftalmite. Il pz in questo caso deve essere ricoverato. Dopo aver effettuato un tampone (per individuare il batterio responsabile dell’infezione), si effettua terapia antibiotica (sia locale che sistemica). Nel caso in cui l’infezione dovesse coinvolgere la parte interna dell’occhio, l’antibiotico viene iniettato direttamente nel corpo vitreo in sala operatoria. WWW.SUNHOPE.IT Le forme di cheratiti da agenti chimici possono essere dovute a calce, ammoniaca, detersivi, ecc. Gli agenti chimici causano disepitelizzazione della cornea. La disepitelizzazione determina la comparsa di dolore e fotofobia, e rappresenta una vera e propria porta di ingresso per diversi microrganismi. Viene diagnosticata con il test alla fluoresceina. La terapia prevede l’uso di antibiotici e ri-epitelizzanti corneali, con bendaggio dell’occhio per 24 ore. Le Uveiti L’uvea è formata dall’iride, dal corpo ciliare e dalla coroide ed è di origine neuroectodermica. L’iride regola la quantità di luce che entra nell’occhio, attraverso la variazione del diametro pupillare. Il corpo ciliare regola la curvatura del cristallino (e quindi l’accomodazione) e inoltre produce umor acqueo. La coroide nutre la porzione esterna della retina (i fotorecettori!). La vascolarizzazione aa proviene dalle aa ciliate ant e post rami dell'aa oftalmica e quella vv dreno verso le vv vorticose. Con il termine uveite siamo soliti intendere un qualsiasi processo infiammatorio a carico dell’uvea. In base all’eziopatogenesi, le uveiti vengono distinte in: uveiti infettive (esogene o endogene) uveiti tossiche uveiti a carattere immuno-allergico uveiti associate a malattie sistemiche (malattie reumatiche, sarcoidosi, collagenopatie, ecc.) uveiti traumatiche uveiti ad eziologia sconosciuta (iridociclite eterocromica) In base alla topografia, invece, le uveiti vengono distinte in: uveiti anteriori (iriti, irido-cicliti, cherato-iriti, sclerocheratiti): interessano l’iride fino alla pars plicata, dove prendono inserzione le fibre del cristallino uveiti intermedie (cicliti, pars-planiti): seguono la pars plicata fino alla retina periferica (sono infatti dette anche retiniti pars-planiti o retiniti periferiche) uveiti posteriori: sono localizzate posteriormente, a partire dalla base posteriore del corpo vitreo pan-uveiti: interessano l’intera uvea In realtà la distinzione è solo clinica perché tutte le porzioni sono collegate Le uveiti anteriori acute Sono causa frequente di ''occhio rosso e dolente'' in genere unilaterale. Si manifestano con fotofobia, lacrimazione e dolore. In questo caso il dolore non è un dolore da corpo estraneo, ma è un dolore profondo, con origine peri o retrobulbare, che si irradia nel territorio di innervazione della 1° branca del trigemino. Clinica - Un segno costante è l’iniezione pericheratica (i vasi in prossimità del limbus sono infiammati e congestionati) legata alle anastomosi fra circolazione ciliare (profonda) e congiuntivale (superficiale) a livello perilimbare. WWW.SUNHOPE.IT - Nell’uveite anteriore l’intorpidimento dell’umor acqueo è un reperto costante: si può avere la presenza di pus nella camera anteriore (hypopion) con riduzione dell'acuità visiva proporzionale al grado di flogosi, oppure si può avere un aumento marcato di proteine nell'umor acqueo e si vedono (per effetto Tindal) elementi proteici dispersi alla lampada a fessura (normalmente l'u.acqueo è otticamente vuoto), infine si possono vedere precipitati cellulari sull'endotelio interno della cornea all'OTC (segno di flogosi della camera anteriore). - La pupilla è ristretta ed è in miosi, spesso per la presenza di sinechie fra iride e cristallino che si evidenziano con un midriatico che causa una midriasi asimmetrica (irregolare). Le sinechie possono causare la formazione di un orletto pupillare non rotondo con aderenza completa fra bordo pupillare e cristallino e riduzione del drenaggio di umor acqueo: glaucoma secondario. L’iride appare congesta in fase essudativa, il disegno diviene confuso, e il suo colore più fosco. In alcune forme di irodociclite cronica possono comparire dei noduli a livello dell’iride, sotto forma di noduli infiammatori (noduli di Koeppe sul bordo pupillare; noduli di Busacca sulla superficie anteriore dello stroma irideo). - Nelle forme di uveite acuta anteriore con ciclite si può avere produzione di una grande quantità di fibrina da parte del corpo ciliare, che va a formare una membrana fibrosa (cosiddetta membrana ciclitica), che ricopre la pupilla e che causa riduzione del visus e aumento della pressione endo-oculare (la membrana ciclitica, infatti, ostacola il passaggio dell’umor acqueo dalla camera posteriore a quella anteriore dell’occhio, dove sono presenti le vie di deflusso). Le uveiti intermedie Le forme intermedie seguono la pars plicata fino alla retina periferica. Si parla pertanto di pars-planite. Colpiscono i giovani, sono forme bilaterali ma asimmetriche. La sintomatologia è legata alla presenza di elementi mobili nel corpo vitreo (MIODESOPSIE). Si osserva un’infiltrazione ed un interessamento dei vasi retinici. L’uveite intermedia può durare qualche anno. Tra le complicanze ricordiamo l’edema maculare (se anche posteriore) e la cataratta (con conseguente riduzione del visus). Il coinvolgimento posteriore vitreale può dare piccole lesioni cicatriziali alla retina periferica Le uveiti posteriori I sintomi principali riguardano la qualità e la capacità visiva, non si ha ''occhio rosso'' tranne se è panuveite. Infatti si ha soprattutto una flogosi della camera vitreale con cellule infiammatorie che si accumulano nel corpo vitreo dando ''corpi mobili'' o miodesopsie, riferiti dal paziente con i movimenti oculari soprattutto quando si osservano superfici riflettenti. Il pz inoltre può riferire: fotopsia (sensazione di lampi di luce), macropsia o micropsia, scotomi centrali (se è coinvolta la porzione maculare), riduzione dell’acuità visiva. Le lesioni della coroide posteriore sono distinte in: coroiditi, corio-retiniti, retinocorioiditi, uveo-meningiti (rare), uveo-papilliti (se il focolaio flogistico è vicino al nervo ottico e lo coinvolge). In base alla localizzazione vengono poi distinte in: locali, diffuse, disseminate. In base all’evoluzione vengono distinte in: essudative, suppurative, granulomatose. All’oftalmoscopio i focolai di corioidite appaiono come una o più chiazzette bianche che spiccano sul restante fondo rosso. Se il processo si aggrava e coinvolge la retina, il focolaio si allarga e si ha edema retinica. Le uveiti posteriori possono determinare anche interessamento dell’iride, con associazione di uveite anteriore. WWW.SUNHOPE.IT Per la diagnosi di uveite posteriore una delle indagini di elezione è la fluoroangiografia, con utilizzo di fluoresceina. Si osserva emissione di fluorescenza da parte della componente vascolare venosa definita ''zona di diffusione''. Tipica dell’uveite posteriore è la torpidità del vitro. Quando la torbidità è tenue, si possono ancora distinguere la testa del nervo ottico e i vasi retinici. Quando la torbidità è totale ostacola la visione del fondo, trasformando il riflesso rosso del fondo in un grigio uniforme. Grave complicanza è l'edema maculare cistoide (accumulo di liquido) che riduce la capacità visiva soprattutto se associato a cataratta/glaucoma. Altra è l'occlusione vascolare retinica che porta a neovasi che sono dannosi perché sono superficiali e NON nutrono i fotorecettori. Terapia delle uveiti La terapia deve essere mirata a ridurre la componente infiammatoria e a limitarne le conseguenze. Sono impiegati farmaci aspecifici per uso topico o sistemico: - I scelta - midriatici per ridurre il rischio di senechie e ridurre il dolore legato allo spasmo ciliare, in genere riposo con midriatico: atropina (14gg, long acting) tropicamide, ciclopentolato, fenilefrina (alfa-agonista), questi sono short acting e si usano nelle fasi successive dell'infiammazione. Colliri o pomate. - cortisonici per via sistemica in caso di mancata risposta al trattamento locale, nelle forme posteriori ed in caso di uveite associata a malattie sistemiche. Oppure locali, per via sottocongiuntivale (quindi perioculare, nelle parsplaniti) o tramite collirio semplice nelle forme anteriori. Si utilizzano betametasone, desametasone, prednisolone, dalle forme più gravi alle meno gravi. Le principali complicanze del trattamento sono la cataratta e il glaucoma - immunosoppressori nelle forme più gravi, non infettive e non responsive ai cortisonici (ciclofosfamide, clorambucile, ciclosporina A) - anticorpi monoclonali (infliximab e daclizumab) Forme specifiche di uveiti Le uveiti associate a malattie sistemiche sono principalmente: uveite associata a malattia di Still: artrite giovanile cronica, nella forma sistemica può essere poliartritica o pauciartritica e, in questo caso, è più frequente il coinvolgimento oculare. Fr- ANA+. Si manifesta con riduzione dell'acuità visiva bilaterale, non dolorosa, da uveite anteriore acuta e cheratopatia ''a bandelletta''. Risponde bene agli steroidi. uveite associata ad artrite reumatoide uveite associata a malattia di Bechet: si tratta di una uveite anteriore con ipopion (che compare e scompare rapidamente), per lo più bilaterale, e spesso recidivante e che si accompagna ad uveite posteriore grave (panuveite) con edema maculare/neovasi/distruzione retinica che portano a cecità in 3-4aa. Le uveiti da infezioni sono rappresentate da: uveite erpetica: 40% dei casi di zoster oftalmico, se segno di Hutchinson+ (vescicole all'ala del naso) il rischio aumenta all'80%. Uveite anteriore subacuta che può esordire come una cheratite stromale. I pz possono sviluppare anestesia corneale. Con la lampada a fessura/biomicroscopio si osservano tipiche aree rotondeggianti di atrofia iridea, la patogenesi può essere legata a vasculite iridea con ischemia, neurite, arterite cronica o virus presente direttamente in uvea. Si può complicare in glaucoma, cataratta, paresi mm estrinseci dell'occhio. Acyclovir sistemico 7-14gg ed entro 72h dall'inizio dei sintomi per ridurre la replicazione virale. Steroidi non sempre. WWW.SUNHOPE.IT uveite tubercolare: sia immunomediata che diretta da BK. Si formano tubercoli coroidali nelle forme miliariche, sollevamenti giallastri sottoretinici in acuto, macchie biancastre atrofiche in remissione. L'ipersensibilità puà dare forme granulomatose croniche. uveite luetica: può essere congenita o acquisita. Nella forma congenita le alterazioni interessano la retina con punti di iper/depigmentazione e aspetto a “sale e pepe”. Le forme tardive da 5-30aa si manifestano con cheratite ed irite che possono precedere o accompagnare le lesioni cutanee. Nella forma acquisita le forme oculari sono rappresentate da iridocicliti (acute e croniche) bilaterali e granulomatose. Nel 3° stadio di malattia compaiono anche: lesioni della coroide, gomme a livello dell’iride, pupilla di ArgyllRobertson (tipica della neurolue). Terapia con antibiotici e steroidi. toxoplasmosi: nella maggior parte dei casi si sviluppa in seguito al passaggio attraverso il canale del parto. L’interessamento oculare può essere mono o bilaterale. Le più frequenti sono le corio-retiniti recidivanti. Patognomoniche al fondo oculare sono lesioni retiniche iperpigmentate attorno ad una lesione centrale che esitano in cicatrici. Il vitreo al di sopra delle lesioni è costantemente impegnato. Le sequele sono proporzionali al tipo di lesioni (più gravi nelle forme maculari o bilaterali). La risoluzione è spontanea in pochi mm con cicatrice. La terapia è con pirimetamina e steroidi nelle recidive. Toxocariasi: agente eziologico è toxocara canis: granulomi retinici monolaterali spesso in posizione centrale (maculare), causano riduzione dell’acuità visiva. 7-8aa. Può evolvere in pan-uveite oppure in forme posteriori o anteriori granulomatose. La diagnosi è sierologica su siero o vitreo, gli antielmintici non modificano il decorso oculare. Altre forme di uveite sono: iridociclite eterocromica di Fuchs: è una forma di uveite riconoscibile per il caratteristico diverso colore tra le due iridi (l’iride interessata dalla malattia appare più chiara). Si ha infatti infiammazione dell’iride anteriore che causa depigmentazione iridea. Reazione dell'umor acqueo modesta senza effetto Tyndall, né precipitati sull’epitelio corneale. Si possono però formare sinechie. Tra le complicanze ricordiamo glaucoma e cataratta sottocapsulare che diviene totale in pochi aa. L'eziologia è sconosciuta. oftalmia simpatica: uveite granulomatosa bilaterale su base traumatica. Inizia in genere con un’irido-ciclite di tipo granulomatoso. Più raramente si manifesta all’esordio con coroidite a focolai multipli. Evolve verso una uveo-papillite che causa atrofia e cecità di entrambi gli occhi. La patogenesi dell’oftalmia simpatica è immunitaria (cellulo-mediata). WWW.SUNHOPE.IT Il cristallino: la cataratta Il cristallino e la cornea rappresentano gli elementi a maggiore indice di refrazione presenti nell’occhio umano. Sono responsabili rispettivamente della refrazione stazionaria e di quella dinamica. In condizioni fisiologiche il cristallino è un corpo elastico, del tutto trasparente, di colorito lievemente paglierino, rivestito da una capsula costituita da collagene di tipo 4, laminina e fibronectina. È situato nella camera posteriore, fra l’iride ed il vitreo, ed è mantenuto in posizione dal suo legamento sospensore, che prende inserzione sull’equatore della lente. Lo stato del cristallino viene valutato osservandolo con la lampada a fessura. Le principali patologie del cristallino sono: anomalie di forma anomalie di dimensione anomalie di posizione anomalie di trasparenza Anomalie di forma Tra le più importanti anomalie di forma del cristallino ricordiamo: - colobomi della lente: sono causati da una mancata chiusura di una fessura dell'occhio durante lo sviluppo. Sono frequenti nella porzione inferiore. Possono essere associati a colobomi dell’iride, della coroide e del nervo ottico. In genere non danno disturbi visivi - lenticono anteriore: è una deformazione conica della porzione centrale anteriore del cristallino, presente in alcuni pz affetti da sindrome di Alport (ematuria + sordità + alterazioni retiniche + lenticono anteriore) - lenticono posteriore: è una deformazione conica della porzione centrale posteriore del cristallino. Nella maggior parte dei casi è sporadico e monolaterale Anomalie di dimensioni Tra le più importanti anomalie di forma ricordiamo: - microfachia - sferofachia: raggio di curvatura a-p maggiore della norma, che causa miopizzazione per aumento del potere di refrazione del cristallino Anomalie di posizione Tra le più importanti anomalie di posizione ricordiamo l’ectopia lentis. L’ectopia lentis è una dislocazione delle lente per una lassità o per mancanza della zonula, che provoca il decentramento del cristallino. Può essere eredo-familiare (ad es. associata a sindrome di Marfan, dove nell’80% dei casi vi è dislocazione della lente verso l’alto, bilateralmente, simmetrica e non progressiva), o acquisita (traumi, microftalmo, tumori uveali anteriori, ciclite cronica, cataratta ipermatura). Anomalie di trasparenza: cataratta Tra le più importanti anomalie di trasparenza ricordiamo la cataratta. Si parla di cataratta quando il cristallino perde parzialmente o totalmente la sua trasparenza. Nei paesi meno sviluppati, la cataratta è una delle principali cause di ipovisione e di cecità. Non esiste un meccanismo patogenetico noto, ma sono state proposte diverse ipotesi: sicuramente lo stress ossidativo contribuisce alle alterazioni strutturali delle proteine lenticolari che si riscontrano in un cristallino catarattoso. Il cristallino è avascolare, ed è costituito principalmente da proteine solubili ( e cristallina), ricche di gruppi SH. WWW.SUNHOPE.IT Le proteine strutturali e quelle enzimatiche del cristallino sono peculiari, in quanto il loro DNA è quello fetale, per cui, una volta completati i processi di sintesi e di traslazione, non vi è possibilità di ricambio o di riparazione che compensi il degrado strutturale indotto dai numerosi insulti a cui è sottoposto il cristallino (fotoni, raggi UV, ossidazione dei radicali liberi, glicosilazioni, polimerizzazioni, precipitazioni. Con il passare degli anni, le fibre che regolano la curvatura del cristallino diventano più rigide e, pertanto, si riduce la capacità di accomodazione e la messa a fuoco. Questo fenomeno, dovuto all’invecchiamento, è detto presbiopia. La cataratta può essere classificata su base eziopatogenetica come: cataratta senile (sottocapsulare, nucleare, corticale) cataratta traumatica (ferita perforante bulbare, contusione bulbare, radiazioni infrarosse) cataratta metabolica (diabete, galattosemia, ipocalcemia/ipoparatiroidismo) cataratta tossica (steroidi, clorpromazina, miotici, amiodarone) cataratta secondaria ad altre malattie oculari (malattie ereditarie retiniche, uveite anteriore, glaucoma, distacco di retina, degenerazione retinica, miopia elevata) cataratta da infezioni materne (rosolia, toxoplasma, CMV) cataratta da utilizzo di farmaci in gravidanza In base alla localizzazione anatomica, invece, la cataratta viene classificata in: corticale nucleare sotto-capsulare posteriore mista In caso di cataratta nucleare l’entità della opacizzazione viene valutata con il sistema LOCS (lens opacity classification system). Tale sistema valuta il colore e la trasparenza del cristallino, e si ha: - N0: lente trasparente - N1: opacizzazione centrale - N2: cambiamento lieve del colore - N3: cambiamento del colore verso il giallo marrone In caso di cataratta corticale, non si analizza il colore, ma la quantità di corteccia interessata dall’opacizzazione. In caso di cataratta sotto-capsulare si valuta l’entità dell’opacizzazione. Altri parametri valutano invece la maturità della cataratta, distinguendo: - cataratta immatura - cataratta matura - cataratta intumescente - cataratta ipermatura - cataratta morgagnana Infine, in base all’età di insorgenza, la cataratta viene distinta in: cataratta congenita cataratta infantile cataratta giovanile cataratta pre-senile cataratta senile WWW.SUNHOPE.IT La cataratta senile La cataratta senile rappresenta la più importante causa di cecità reversibile nel mondo. Compare nell’età adulta, e determina una lenta e progressiva riduzione della capacità visiva, in assenza di sintomatologia dolorosa. La cataratta è probabilmente legata ai numerosi insulti (raggi UV, stress ossidativo) subiti dalle proteine strutturali lenticolari. Fattori di rischio per la cataratta senile sono: il fumo, i raggi UV, il diabete, un basso BMI, un elevato consumo di alcol. La sintomatologia è caratterizzata da: riduzione progressiva della vista, percezione meno viva dei colori (riduzione del senso cromatico per assorbimento del blu-violetto), ma dipende dal tipo di cataratta, e può variare tra le diverse forme. Nelle cataratte nucleari è caratteristica la miopizzazione dovuta all’aumento del potere di refrazione. Negli emmetropi questa miopizzazione in corso di cataratta crea un compenso algebrico della presbiopia, per cui il pz dice di poter tornare a leggere senza occhiali. Tuttavia la visione da lontano risulta annebbiata per la miopizzazione. Un’altra caratteristica delle cataratte nucleari è una migiore capacità visiva ala luce ridotta (per la midriasi). La luce viva, invece, provocando miosi, peggiora molto la capacità visiva dei soggetti con cataratta nucleare. Nelle cataratte corticali, in genere, si lamenta solo la riduzione visiva, anche se nelle fasi iniziali, l’opacità corticale (che è prevalentemente periferica) può determinare diplopia per diffrazione delle immagini. Nella cataratta corticale non sono alterate né la percezione quantitativa della luce, né la capacità di localizzarne la provenienza, né la percezione dei colori. In alcune forme di cataratta, l’opacizzazione, oltre a determinare diffrazione, può causare anche assorbimento. Per questo motivo si può avere una riduzione della percezione dei colori, per assorbimento delle frazioni dal blu al violetto. La cataratta sotto-capsulare è meno frequente; può associarsi a quella corticale o a quella nucleare. È un tipo di cataratta che impaccia il pz anche nelle fasi iniziali, perché è posta in corrispondenza o molto vicina al punto nodale dell’occhio, condizionando la messa a fuoco dell’immagine sulla macula. Riduce molto la capacità visiva, soprattutto da vicino. Per la cataratta non vi è una terapia medica, e l’unica soluzione è l’intervento chirurgico. Prima di effettuare l’intervento chirurgico bisogna assicurarsi che la cataratta sia realmente associata alla riduzione dell’acuità visiva e che non vi siano altre patologie associate. Tra le tecniche chirurgiche ricordiamo: estrazione intra-capsulare: non viene più effettuata. Con questa tecnica veniva rimossa anche la capsula posteriore, per cui non vi era la possibilità di reimpianto in camera posteriore. Inoltre questa procedura era associata ad un elevato rischio di infezioni intervento extra-capsulare: la capsula posteriore viene lasciata in situ per cui si può effettuare l’impianto in camera posteriore. L’intervento extra-capsulare è una manovra difficile e traumatica. Può causare opacizzazione della capsula posteriore e necessita di trattamento successivo con laser WWW.SUNHOPE.IT facoemulsificazione: è attualmente la procedura chirurgica più utilizzata. Le fasi chirurgiche prevedono diversi passaggi: ingresso in camera anteriore attraverso un’incisione a tunnel realizzata con delle lame precalibrate; immissione di una sostanza visco-elastica per il mantenimento degli spazi camerulari e per la protezione tissutale; apertura della capsula anteriore con capsulotomia circolare continua; iniezione di soluzione salina bilanciata per separare la corticale dalla capsula (idrodissezione) e per separare il nucleo dall’epinucleo; facoemulsificazione della cataratta (che disgrega le fibre del cristallino); aspirazione delle masse corticali; iniezione di sostanza visco-elastica per distendere il sacco; impianto della lente intra-oculare. La facoemulsificazione ha numerosi vantaggi: taglio piccolo, cicatrizzazione più breve, minore rischio di astigmatismo, stabilizzazione più rapida dello stato refrattivo. Tra gli svantaggi ricordiamo: maggiore incidenza di complicanze durante l’apprendimento della tecnica, possibilità che la nucleo-corteccia e il vitreo si mescolino, con difficoltà nella operazione, rischio di danno all’iride, elevato costo delle attrezzature. L’intervento della cataratta è legato a diverse complicanze, distinte in: - pre-operatorie: scarsa dilatazione pupillare, patologie corneali, pseudoesfoliatio (residui del cristallino derivati da un processo escoritivo possono accumularsi nella camera anteriore e si ha ostacolo al deflusso di umore acqueo, con comparsa di glaucoma facolitico. Inoltre, se il cristallino aumenta notevolmente di dimensioni, porta l’iride a schiacciare l’angolo corneale, ostacolando le vie di deflusso dell’umor acqueo, causando glaucoma da blocco angolare), scarsa collaborazione del pz, sinechie anteriori e posteriori, camera anteriore bassa, perforazione retinica da iniezione retrobulbare - intra-operatorie: rottura della capsula, rottura della capsula con perdita del vitreo, distorsione pupillare, prolasso irideo - post-operatorie precoci: infezioni (endoftalmiti), prolasso irideo, cheratopatia striata e complicanze corneali, pervietà della ferita, astigmatismo elevato, ipertono-ipotono - post-operatorie tardive: opacizzazione della capsula posteriore, edema maculare cistoide (sindrome di Irvine Gass, che si manifesta come riduzione dell’acuità visiva entro i primi 3 mesi dall’intervento), distacco di retina, sindrome da prolasso vitreale, lente intraoculare lussata in camera vitrea La cataratta congenita La cataratta congenita è un’opacità della lente già presente alla nascita. Nella maggior parte dei casi è bilaterale. Il 20-25% dei casi di cataratta congenita è determinato geneticamente. Ad esempio tra le patologie del metabolismo associate a cataratta ricordiamo la galactosemia transferasica. Tra le alterazioni cromosomiche la sindrome di Down. Fattori meccanici, fisici (radiazioni ionizzanti), chimici (farmaci citostatici, antibiotici, sulfamidici, antidiabetici orali) possono favorire lo sviluppo di anomalie dell’embrione durante la gravidanza. Infine, anche diversi agenti infettivi contribuiscono all’insorgenza di malformazioni embrionali/fetali durante la gravidanza, e tra questi ricordiamo: embriopatia rubeolica da rosolia, embriopatia da CMV, embriofetopatia da toxoplasma. In caso di cataratta congenita, il segno principale è la leucocoria: quando con la luce si stimola l’occhio del neonato, non si osserva il tipico “riflesso rosso del fondo”. Il riflesso rosso del fondo è dato dalla retina quando si interpone qualcosa di trasparente. In questo caso il riflesso rosso sarà assente, e si avrà leucocoria, o riflesso bianco del fondo. WWW.SUNHOPE.IT Il cristallino opacizzato riduce notevolmente la capacità visiva, e, se non si interviene, l’occhio non cresce e si ha microftalmo. Inoltre non si avrà lo sviluppo della vista. In caso di cataratta congenita è importante all’e.o. fare attenzione ad eventuali segni di patologie metaboliche (galactosemia transferasica). Si effettua intervento chirurgico, che prevede: aspirazione semplice (utilizzando 2 cannule o una cannula unica per infusione/aspirazione), lensectomia (viene rimosso tutto il cristallino, compresa la capsula anteriore e posteriore). Il glaucoma Con il termine glaucoma vengono indicate un gruppo di neuropatie ottiche progressive, che hanno in comune la lenta degenerazione delle cellule ganglionari retiniche e dei loro assoni, che inducono una caratteristica alterazione della testa del nervo ottico e una concomitante perdita della capacità visiva. Un ruolo fondamentale è svolto dall’aumento della pressione endo-oculare. L’aumento della pressione determinerebbe ristagno di liquidi nella camera anteriore, che danneggierebbe le fibre del nervo ottico. La pressione intra-oculare è regolata da un corretto bilanciamento tra la secrezione e il drenaggio dell’umor acqueo. L’umor acqueo è prodotto dall’epitelio dei processi ciliari, inseriti sulla faccia interna del corpo ciliare. L’occhio produce circa 2,4 L/minuto di umore acqueo al giorno, e la metà nelle ore notturne. L’umore acqueo viene prodotto attraverso trasporto attivo, ultrafiltrazione e diffusione passiva. Viene riversato nella camera posteriore e, passivamente, diffonde nella camera anteriore attraverso il forame pupillare. Dalla camera anteriore viene eliminato per l’80% attraverso le strutture dell’angolo camerulare: attraversa il trabecolato, entra nel canale di Schlemm (fra sclera e cornea) e fuoriesce dall’occhio attraverso le vene acquose emuntrici del canale per immettersi nelle vene episclerali e, da lì, nel torrente circolatorio. L’umor acqueo garantisce nutrimento e sopravvivenza al cristallino e alla cornea (entrambi avascolari). Il restante 20% dell’umore acqueo prodotto viene eliminato attraverso gli spazi interstiziali del muscolo ciliare, lo spazio sopra-ciliare e sopracoroidale, e abbandona l’occhio attraverso la sclera e i vasi perforanti. Questo tipo di deflusso è indipendente dalla pressione intra-oculare, ed è detto deflusso uveo-sclerale. L’aumento della pressione endo-oculare è uno dei più importanti fattori di rischio nel determinismo della patologia, ed è l’unico verso il quale la terapia medica a disposizione è realmente efficace. La pressione intra-oculare media varia tra 10-20 mmHg, anche se è influenzata dalla conformazione del bulbo oculare, per cui per alcuni pz potrebbe essere normale anche a valori di 20-22 mmHg. L’aumento della pressione intra-oculare può essere dovuto ad un’aumentata produzione di umore acqueo, oppure ad un ostacolo meccanico che impedisce che impedisce il deflusso dell’umore acqueo (soprattutto in occhi predisposti come negli ipermetropi), oppure l’impedimento può essere a livello dei pori del trabecolato (ad es. il deflusso dell’umore acqueo può essere ostacolato da una forte midriasi dell’iride, che va a comprimere il trabecolato). WWW.SUNHOPE.IT Il bersaglio della malattia glaucomatosa all’interno dell’occhio è la papilla ottica, il cui danno anatomico precede ed è causa dell’alterazione funzionale. Gli assoni delle cellule gangliari vanno a formare lo strato delle fibre nervose, che rappresenta lo strato più interno della retina neurale. A livello dello strato delle fibre nervose, quindi, gli assoni delle cellule gangliari convergono e vanno a formare la papilla ottica, che si continua poi nel nervo ottico. Le fibre fuoriescono dall’occhio attraverso la lamina cribrosa, una struttura costituita da più lamelle con alternanza di tessuto connettivo e gliale, orientata perpendicolarmente rispetto ai fasci assiali. La convergenza delle fibre nervose determina al centro della papilla ottica una escavazione (una leggera depressione che in molti casi è fisiologica). Il glaucoma viene classificato in base all’eziopatogenesi in: glaucoma congenito: in questo caso è frequente la mutazione a carico del gene CYP1B1 glaucoma primario glaucoma secondario Un’ulteriore classificazione viene fatta in base alla conformazione dell’angolo della camera anteriore, ed infatti sono descritti glaucomi ad angolo aperto e glaucomi da chiusura dell’angolo. Il glaucoma primario può essere: - ad angolo aperto - da chiusura d’angolo Il glaucoma secondario può essere: - ad angolo aperto - ad angolo aperto iatrogeno (in seguito a trattamento con corticosteroidi o trattamento laser) - ad angolo stretto In linea generale i sintomi di glaucoma differiscono nel glaucoma cronico e in quello acuto. Nel glaucoma cronico il pz può avvertire annebbiamento o riduzione del campo visivo, ma è in genere asintomatico. Ha esordio insidioso e subdolo, con fastidio oculare, senso di stanchezza, lenta riduzione della vista. Il dolore è assente. Nel glaucoma acuto si ha rossore, nausea, vomito, malessere generale, dolore acuto in zona temporo-orbitaria. Nel glaucoma acuto la P può salire fino a 60 mmHg. La sintomatologia è eclatante, ed è considerata un’emergenza medica. Deve essere trattato immediatamente. Il dolore si avverte dentro ed intorno agli occhi. Glaucoma primario ad angolo aperto È una malattia cronica generalmente bilaterale e asimmetrica, caratterizzata dalla comparsa di un danno progressivo a carico del nervo ottico, che si manifesta con alterazioni a carico della papilla del nervo ottico, dello strato delle fibre nervose retiniche, e del campo visivo. Si presenta in genere dopo i 40 anni, con un angolo camerulare anteriore di aspetto normale. Sicuramente la P endo-oculare elevata è una delle cause principali di glaucoma primario ad angolo aperto. Inizialmente la sintomatologia è assente, per cui la malattia è insidiosa, a decorso lungo, ed è la 2° causa di cecità nel mondo occidentale. Fattori di rischio sono: P endo-oculare elevata, familiarità positiva per glaucoma, miopia elevata. Quando la P aumenta eccessivamente, il gradiente pressorio è esercitato anche a livello della lamina cribrosa, generando una deformazione della papilla ottica e di uno sforzo meccanico sugli assoni delle cellule gangliari. WWW.SUNHOPE.IT È stato visto che le cellule gangliari retiniche muoiono per un processo di apoptosi che può essere indotta anche dall’attivazione dei recettori NMDA del glutammato, che stimola una grande produzione di NO, che, interferendo con i perossinitriti, dà il via al processo apoptotico. Il glacoma primario ad angolo aperto, inoltre, può essere a P elevata o a P normale. Nel glaucoma cronico normotensivo l’età di insorgenza è più elevata, ed inoltre è più frequente nel sesso femminile. In ogni caso, in genere, nel glaucoma ad angolo aperto, l’aumento della P endo-oculare è legata a modifiche a carico del trabecolato, che non permette il passaggio dell’umor acqueo nel canale di Shlemm. Glaucoma primario ad angolo stretto Mentre nel glaucoma ad angolo aperto la P aumenta per modifiche a livello del trabecolato, in quello ad angolo stretto il trabecolato è normale, e l’aumento di P è dovuto all’ostruzione meccanica dell’angolo, che impedisce all’umore acqueo di raggiungerlo. Clinicamente si distingue una forma acuta e una forma cronica. Nella forma acuta l’iride periferica si applica alla cornea periferica, l’angolo viene chiuso per apposizione in maniera reversibile, e la spinta si può realizzare con blocco pupillare. In questo caso si ha ristagno di umore acqueo nella camera posteriore, oppure, più raramente, senza blocco pupillare, con solo “affollamento centrifugo dell’iride”, definito “iride plateau”. Nella forma cronica si crea una progressiva apertura delle strutture filtranti che è irreversibile per la formazione di sinechie anteriori (aderenze tra iride e cornea) e di sinechie periferiche. Sia nella forma acuta che in quella cronica si ha impedimento del passaggio dell’umore acqueo a livello dell’angolo camerulare, dove normalmente defluisce, per cui si ha un rapido aumento della P endo-oculare, che nella forma acuta si traduce in un attacco acuto di glaucoma. In alcuni pz l’angolo camerulare può essere più stretto della norma, anche in assenza di glaucoma. In questi pz è utile valutare la probabilità dello sviluppo del glaucoma con l’esame gonioscopico, che va integrato con l’esame con la lampada a fessura. Vi sono delle caratteristiche strutturali che concorrono a determinare la chiusura dell’angolo, in quanto determinano di per sé un angolo più stretto: - diametro corneale minore della norma - raggio di curvatura corneale (anteriore o posteriore) minore della norma - camera anteriore bassa - raggio di curvatura anteriore del cristallino minore della norma Non tutti gli occhi con angolo stretto sviluppano il glaucoma. I principali meccanismi patogenetici alla base del blocco pre-trabecolare sono: - blocco pupillare: il passaggio dell’umore acqueo dalla camera posteriore a quello anteriore è ostacolato e la P nella camera posteriore diventa maggiore. La spinta dal blocco pupillare fa sì che l’iride vada a comprimere il trabecolato, chiudendo l’angolo - da iride a plateau: il corpo ciliare tende ad anteriorizzarsi e spinge meccanicamente l’iride contro il trabecolato. La profondità della camera iridea è nella norma, la superficie iridea è leggermente convessa e l’angolo appare più stretto. La chiusura acuta può essere indotta dalla midriasi, per sovraaffollamento del tessuto irideo WWW.SUNHOPE.IT - - da lente cristallina: anomalie di dimensione o di posizione del cristallino possono alterare la conformazione anatomica della camera anteriore, determinando l’insorgenza del glaucoma ad angolo stretto. Di solito sono legate a processi di invecchiamento del cristallino da chiusura progressiva dell’angolo: si ha la formazione di sinechie anteriori tra la base dell’iride e il trabecolato, che ne provoca l’adesione. Questa progressiva chiusura dell’angolo si instaura lentamente. Questa condizione può essere favorita dall’utilizzo prolungato di farmaci miotici. Ne esistono diverse forme cliniche: glaucoma ad angolo chiuso intermittente glaucoma ad angolo chiuso acuto glaucoma ad angolo chiuso cronico, dovuto ad esiti cronicizzati di attacco acuto, o a chiusura d’angolo progressiva Glaucoma secondario ad angolo aperto Può essere secondario a: - blocco meccanico del trabecolato - mancanza di comunicazione tra camera anteriore e posteriore - ostruzione del circolo venoso refluo - neo-vascolarizzazione dell’angolo irideo - traumi Il blocco meccanico del trabecolato è la causa principale del glaucoma pigmentario, del glaucoma pseudo-esfoliativo e del glaucoma da laterazione della sostanza extracellulare del trabecolato (ad es. per uso di cortisonici). Anche tumori endobulbari e proteine del cristallino possono ostruire meccanicamente il trabecolato, impedendo il deflusso di umore acqueo verso il canale di Schlemm. Glaucoma secondario ad angolo stretto Il blocco può essere anteriore o posteriore. Più precisamente, il blocco posteriore può essere: - blocco pupillare: scatenato da dilatazione midriatica che spinge l’iride che chiude l’angolo) - spinta posteriore senza blocco pupillare: in questo caso vengono avanti sia il diaframma irideo, sia il cristallino Glaucomi secondari iatrogeni Tra questi quello più importante è quello associato all’utilizzo di cortisonici. Non tutti gli individui che fanno uso di cortisonici per instillazione sviluppano il glaucoma, in quanto vi è comunque una predisposizione genetica. L’utilizzo di cortisone determina un’alterazione della sostanza extracellulare del trabecolato (glicoproteine), che ne determinano una riduzione della capacità di deflusso. Di solito la sospensione tempestiva della terapia riporta la P endo-oculare a valori normali. Nei pz che sviluppano glaucoma in seguito all’utilizzo di cortisonici è stata riscontrata una mutazione del gene MYOC, codificante per la miocillina. Un’altra forma di glaucoma secondario iatrogeno è quella da utilizzo di olio di silicone. L’olto di silicone viene iniettato nella cavità vitreale vitrectomizzata per la gestione dei distacchi di retina complicati. Le microbolle di olio di silicone potrebbero accumularsi negli spazi del trabecolato, ostacolando il deflusso di umore acqueo. WWW.SUNHOPE.IT Diagnosi di glaucoma La pressione endo-oculare si misura con la tonometria. Oggi lo strumento più utilizzato è il tonometro ad applanazione. È un apparecchio piccolo, costituito da un cono e da una base che si inserisce nella lampada a fessura. Si mette prima una goccia di anestetico in entrambi gli occhi, poi si colora la congiuntiva con fluoresceina. Vi sono alcuni casi in cui la pressione risulta normale, ma vi sono danni al campo visivo. In questi casi la P endo-oculare potrebbe essere falsata a causa di un ridotto spessore corneale. Per questo motivo, oltre alla tonometria è opportuno misurare lo spessore corneale (lo spessore corneale viene misurato con la pachimetria ad ultrasuoni), per effettuare eventuali correzioni sulla P misurata, in base allo spessore della stessa cornea. Queste correzioni vengono fatte seguendo una specifica tabella di riferimento. La papilla ottica deve essere osservata per analizzare eventuali alterazioni papillari, juxta-papillari e para-papillari, che possono comparire durante l’evoluzione della patologia glaucomatosa. Viene osservata con l’oftalmoscopio. In caso di glaucoma si osserva la presenza di una zona molto chiara al centro della papilla (escavazione dovuta all’azione del gradiente pressorio sulla testa del nervo ottico e sulle fibre assoniche delle cellule gangliari, che causa uno sforzo meccanico, danneggiando queste strutture. Lo studio del campo visivo è importante per la diagnosi di glaucoma. La perimetria è appunto l’esame del campo visivo e misura la sensibilità luminosa in un numero sufficiente di punti al suo interno, verificando se nei punti analizzati la sensibilità è normale o patologica. Nel glaucoma si osservano scotomi arciformi, ovvero oscurazioni del campo visivo a forma di arco. Per la diagnosi di glaucoma devono essere presenti tutte e 3 le seguenti condizioni: ipertono oculare, alterazioni della papilla ottica, alterazioni del campo visivo. Terapia del glaucoma Distinguiamo una terapia medica, una terapia laser e una terapia chirurgica. La terapia medica prevede l’utilizzo di farmaci quali: - beta-bloccanti: riducono la produzione di umor acqueo agendo sui recettori beta1. Quelli selettivi hanno meno efficacia in monoterapia rispetto a quelli non selettivi - agonisti adrenergici: riducono la produzione di umor acqueo agendo sui recettori alfa2 - inibitori dell’anidrasi carbonica: riducono la produzione di umor acqueo. Possono essere ad azione topica (dorzolamide e brinzolamide) o ad azione sistemica (acetazolamide) - parasimpaticomimetici: agiscono legandosi ai recettori nicotinici presenti a livello della muscolatura liscia iridea, che, contraendosi, determina un ampliamento degli spazi trabecolari, facilitando il deflusso di umore acqueo. I più utilizzati sono la pilocarpina e il carbacolo - diuretici osmotici: favoriscono il riassorbimento di liquidi. Tra i più importanti ricordiamo: mannitolo e urea (per via e.v.), glicerolo e alcol etilico (per os) - alfa1 antagonisti: hanno effetti ipotensivanti. Vengono usati nel glaucoma da chiusura dell’angolo, nel glaucoma primario ad angolo stretto, e nel glaucoma secondario ad angolo aperto - analoghi delle prostaglandine e prostanoidi: sono molto efficaci. Favoriscono il deflusso uveo-sclerale, che è indipendente dalla P endo-oculare WWW.SUNHOPE.IT La terapia laser è rappresentata dalla iridotomia laser e dalla trabeculoplastica laser. Nel glaucoma ad angolo aperto è più efficace la trabeculoplastica laser; nel glaucoma ad angolo chiuso è più efficace l’iridotomia laser. La terapia chirurgica si effettua in sala operatoria e in anestesia totale o locale. L’intervento viene fatto con microscopio e consiste nella asportazione di un pezzetto di trabecolato e di sclera, generando una spazio necessario al deflusso. Le occlusioni vascolari retiniche Le occlusioni vascolari retiniche rappresentano una causa importante ed acuta di calo della vista e maculopatia. Il sintomo principale è costituito da un offuscamento improvviso della vista, più o meno completo, a seconda del tipo di lesione. Riconosciamo essenzialmente 2 tipi di occlusioni vascolari retiniche: occlusione arteriosa: riguarda l’arteria centrale della retina o uno dei suoi rami vascolari arteriosi, che si dirigono nei vari distretti periferici (occlusione arteriosa retinica di branca). È causata dalla chiusura spastica o embolica del flusso sanguigno arterioso che determina come conseguenza un calo della vista. Questo calo della vista in poche ore diventa grave e irreversibile, soprattutto quando è colpita l’arteria centrale della retina. Qualora sia coinvolto un ramo periferico, il calo della vista è più settoriale, e la visione centrale può essere salvaguardata. In termini pratici, si verifica un infarto della retina, e quindi il danno anatomico ed il calo della vista sono spesso gravi e definitivi. Per la diagnosi l’esame del fondo oculare è in genere sufficiente per individuare il ramo arterioso colpito ed il tessuto retinico corrispondente, che, per il danno subito, perde il caratteristico colorito roseo e si presenta biancastro ed edematoso. Fattori di rischio per lo sviluppo di occlusioni arteriose retiniche sono: età avanzata, aterosclerosi, disturbi cardio-circolatori, coagulopatie. Anche se diagnosticata in tempo, l’occlusione arteriosa retinica non riconosce una terapia efficace. Di dubbia utilità sono il massaggio del bulbo oculare e l’estrazione di parte dell’umor acqueo con una siringa per ridurre il tono oculare. Sono in corso studi per una terapia anticoagulante immediata. occlusione venosa: riguarda la vena centrale della retina o uno sei suoi rami. Le occlusioni possono essere ischemiche o non ischemiche. L’ostacolo al deflusso sanguigno venoso determina fuoriuscita di sangue per stravaso ed edema. Fattori predisponenti sono: età, ipertensione, diabete, fumo, disordini della coagulazione, (trombofilia, iperomocisteinemia). Le alterazioni del fondo retinico consistono essenzialmente in emorragie ed essudati biancastri, che si localizzano lungo il decorso del vaso interessato, o in tutto il polo posteriore retinico (quando l’occlusione riguarda la vena centrale della retina). L’edema coinvolge spesso la regione maculare, causando maculopatia e deficit funzionale visivo. Per la diagnosi, oltre all’esame del fondo oculare, è irrinunciabile la fluoroangiografia.per evidenziare le eventuali aree non perfuse che necessitano di trattamento fotocoagulativo laser. WWW.SUNHOPE.IT La fotocoagulazione laser viene eseguita con un laser a lunghezza d’onda definita e con una lente a contatto temporanea che consente un opportuno ingrandimento e un’opportuna messa a fuoco, il tutto in anestesia topica in collirio. Dura pochi minuti e consente di coagulare e distruggere con una serie di colpi le aree ischemiche, eliminando lo stimolo neoangiogenetico da parte delle aree stesse (la neoangiogenesi può portare ad una serie di complicanze quali distacco di retina e glaucoma neovascolare: per questo motivo è importante bloccarla). Se le aree ischemiche sono estese e si sono sviluppate già 2 o più necrosi, diventa necessario effettuare panfotocoagulazione, salvaguardando solo la macula. Il distacco di retina Il distacco di retina è una condizione in cui si ha separazione dell’epitelio pigmentato retinico (che ha funzione nutritiva e di sostegno) dal neuroepitelio, e passaggio di liquido nello spazio sotto-retinico (spazio virtuale tra i 2 foglietti). Si distingue un distacco: - primario – regmatogeno (da rottura) - secondario – trazionale, essudativo, solido (soprattutto da tumori) Distacco primario regmatogeno Si verifica fra 40 e 50aa, si ha in caso di condizioni predisponenti il distacco o lesioni regmatogene (tutte asintomatiche), fra queste: - degenerazione a palizzata – è la più importante lesione regmatogena, associata al 30% dei distacchi. Costituisce una zona della retina periferica più sottile che, sottoposta a trazione vitreale, soprattutto nella regione infero-temporale della retina causa distacco. Spesso è bilaterale. Si vede come una zona assottigliata biancastra associata o meno ad una zona pigmentata periferica più scura - fori retinici atrofici – non c'è trazione dal vitreo, sono molto piccoli e disposti ai quadranti inferiori della retina - ciuffi retinici cistici – congeniti, accumulo di glia in noduli/ciuffi - retinoschisi senile – la retinoschisi è un distacco nell'ambito della retina nervosa, quindi non è un vero distacco, la retinoschisi senile è degenerativa ed interessa la retina periferica, la DD con il distacco si fa con l'ecografia. Ne esistono una forma piana, tipica ed una bollosa o atipica, soprattutto nella forma bollosa è difficile fare DD con un distacco ''vero''. - rotture retiniche asintomatiche La rottura retinica è da trazione causata, però, dalla presenza di aree predisposte che sono le lesioni regmatogene. La rottura permette al liquido sottoretinico che deriva dal gel vitreale di incunearsi fra epitelio pigmentato e retina nervosa e causare il distacco per perdita di adesione legata ad alterazioni quanti-qualitative della matrice di mucopolisaccaridi e GAG presente tra gli strati retinici. Quindi la sequenza è: lesione – trazione – rottura – ingresso di liquido – distacco. WWW.SUNHOPE.IT Distacco di retina secondario trazionale Caratterizzato dalla presenza di membrane fibrose o fibro-vascolari vitreoretiniche che causano un sollevamento della neuroretina dall’epitelio pigmentato retinico, in quanto esercitano su di essa una forza trazionale. In genere il distacco di retina trazionale si verifica in concomitanza a patologie proliferative intraoculari (retinopatia diabetica proliferante, occlusioni vascolari retiniche, traumi). Sono tutte patologie in cui l’ischemia retinica si comporta come stimolo per la secrezione dei fattori di crescita, come il VEGF. La conseguente neurovascolarizzazione conduce allo sviluppo di forti aderenze vitreo-retiniche, a livello delle quali è esercitata la forza di trazione che causa appunto il distacco. In queste condizioni patologiche, l’evento cruciale è la formazione di membrane contrattili, costituite da fibrille collagene, cellule dell’epitelio pigmentato retinico, cellule gliali, macrofagi e fibrociti. Le cellule dell’epitelio pigmentato retinico hanno un ruolo fondamentale nella formazione delle membrane contrattili. Attraverso rotture retiniche, passano nella camera vitreale, dove cambiano morfologia ed assumono attività simil-fibroblastica, e iniziano a produrre fattori di crescita per stimolare la formazione di collagene e fibronectina. Trattamenti chirurgici o para-chirurgici possono contribuire alla dispersione delle cellule dell’epitelio pigmentato retinico nel vitreo. Infatti la presenza di componenti sieriche (come fibronectina e PDGF) nel vitreo rappresenta un importante fattore chemiotattico per il richiamo di cellule dell’epitelio pigmentato retinico, fibrociti ed astrociti. Quindi condizione di emovitreo, o qualunque condizione in grado di determinare rottura della barriera emato-oculare, può innescare il processo di formazione di membrane contrattili (collagene, fibronectina, cellule dell’epitelio pigmentato retinico, macrofagi, fibrociti e cellule gliali) che esercitano la trazione. Il DRT differisce dal DRR: il distacco assume forma concava e non convessa, è localizzato, e in genere l’accumulo di fluido sotto-retinico è lieve. Distacco di retina secondario essudativo Costituisce il tipo di distacco meno frequente. È caratterizzato dall’anomalo passaggio di fluido dalla corioretina nello spazio sotto-retinico per la presenza di malformazioni vascolari, tumori o patologia infiammatoria, in particolare in caso di degenerazione maculare senile. Normalmente i fluidi si muovono dalla cavità vitreale verso la coroide, in quanto le cellule dell’epitelio pigmentato retinico esercitano un effetto pompa che attivamente sposta ioni e H2O dal vitreo verso la coroide; inoltre la coroide è iperosmolare rispetto al vitreo, per cui richiama liquidi. Quando questi normali meccanismi idrodinamici si alterano (per la presenza di eventi patologici quali alterazioni dei vasi sanguigni, danno a carico delle cellule dell’epitelio pigmentato retinico che perde la sue funzione di pompa), il fluido si accumula nello spazio sotto-retinico, dando origine ad un distacco di retina essudativo. Indipendentemente dalla classificazione eziopatogenetica, il distacco di retina può essere classificato in base alla modalità di comparsa in: - equatoriale: trae origine dalle rotture retiniche o da zone di alterazioni degenerative corio-retiniche localizzate nella zona equatoriale. È il più frequente - orale: è provocato da un’irregolarità del bordo sia anteriore che posteriore della base vitreale, o nel limite posteriore di una piega mediana. È diffuso nei giovani con rotture retiniche multiple, più elevate rispetto agli altri tipi - misto: gli occhi colpiti da questo tipo mostrano estese zone di degenerazione corio-retinica e rotture retiniche multiple - polo posteriore: i miopi elevati vanno incontro a rotture del polo posteriore, più volte a livello della regione maculare WWW.SUNHOPE.IT Fattori di rischio Ereditarietà, miopia (anche lieve-moderata) – la miopia aumenta il rischio di lesioni regmatogene e favorisce una precoce degenerazione fibrillare del vitreo con miodesopsie (corpi mobili), traumi (soprattutto tuffi), operazioni chirurgiche intraoculari – soprattutto afachia (assenza del cristallino, quando prima per operare la cataratta si eliminava il cristallino oppure nei giovani con forti vizi di refrazione quando prima si eliminava il cristallino che è una lente positiva +12/13 quindi eliminandolo scompariva la miopia) o pseudoafachia (presenza di cristallino artificiale). Clinica Fotopsie – flash improvvisi, legati a trazioni vitreali che stimolano la retina – e miodesopsie – corpi mobili, che possono essere a piccole macchie, a ragnatela o a grande anello (di Weiss) sono sintomi premonitori. Il paziente lamenta soprattutto riduzione del campo visivo in corrispondenza della zona di distacco e riduzione della visione centrale se il distacco avviene a livello della macula Diagnosi Esame del fondo oculare con oftalmoscopio in midriasi che permette di vedere rotture e distacco, nonché segni tardivi come pieghe retiniche, fibrosi, proliferazione vitreo-retinica. A questo si aggiunge l'esame con la lente a 3 specchi di Goldmann (fornisce la migliore visualizzazione della retina periferica e permette di evidenziare bene le zone di rottura, passo necessario per la terapia, anche se si applica con un gel sulla cornea e può dare dolore. La retina staccata può avere aspetto a bolla, ondeggiante, a contorni convessi, oppure si dispone a pieghe fluttuanti o rigide. Le rotture retiniche appaiono di colore rosso vivo, poiché la retina lacerata lascia intravedere il riflesso della coroide. In caso di distacco di retina regmatogeno, attraverso le rotture si può avere il passaggio di cellule dall’epitelio pigmentato retinico alla cavità vitreale, configurando il classico aspetto a polvere di tabacco. Nel DRE si ha aspetto bolloso, fluido sotto-retinico mobile e non si osserva la presenza di rotture retiniche. Il DRT differisce dal DRR perchè il distacco assume forma concava e non convessa ed è localizzato. La terapia è esclusivamente chirurgica. Esistono diversi tipi di intervento, tra questi ricordiamo: - fotocoagulazione laser attorno alle zone di rottura: è la metodica con minor rischio di complicanze ma può essere usata solo se non vi è liquido sottoretinico e nel caso di lesioni piccole con distacco minimo - pneumoretinopessia – si utilizza per lesioni intermedie come grandezza, si introduce aria nella retina per schiacciare la lesione ma il pz deve rimanere per molto tempo in posizione prona - chirurgia episclerale - viene effettuata quando la rottura è di grosse dimensioni e vi è una grande quantità di liquido. La rottura viene chiusa indentando la sclera e spingendo l’epitelio pigmentato retinico vicino al neuroepitelio sollevato. L’indentazione sclerale viene effettuata con il cerchiaggio: si inserisce una banda di silicone (proporzionale al distacco) attorno al globo oculare che comprime la retina sul vitreo. Il solo cerchiaggio può non essere sufficiente se la lesione è di grosse dimensioni e quindi si utilizza un piombo a contatto con la lesione prima di stringere la banda per il cerchiaggio. La prognosi è di 15-20gg per consentire la riduzione dell'infiammazione e definire se l'intervento ha avuto successo o no. Obiettivo della chirurgia è chiudere tutte le lesioni e di ridurre le trazioni vitreali. Oggi non si utilizza più il drenaggio del liquido sottoretinico riducendo il volume intraoculare con una punta evacuativa perché può dare sanguinamenti dalla coroide e fori retinici (anche perché se il cerchiaggio è fatto bene il liquido si riassorbe). WWW.SUNHOPE.IT - vitrectomia – per eliminare le membrane vitreoretiniche si asporta chirurgicamente il corpo vitreo e si sostituisce con olio di silicone La differenza fra cerchiaggio e vitrectomia sta nel fatto che uno è un'intervento ab externo (cerchiaggio) e uno ab interno (vitrectomia). Negli interventi ab externo è necessaria una più lunga preparazione preoperatoria del paziente perché essendo una chirurgia ''alla cieca'' possono sfuggire delle lesioni ma l'efficacia è maggiore perché sono interventi risolutivi. Negli interventi ab interno, invece, la visualizzazione della retina è migliore ma c'è il rischio di danneggiare di più la retina fino al mancato recupero funzionale o alla tisi bulbare (atrofia del bulbo), inoltre, l'olio di silicone è una sostanza tossica quindi dopo max 1aa/1aa e mezzo viene rimosso e c'è il rischio di recidiva del distacco. In entrambi i casi, comunque, un'eccessiva manipolazione della retina può causare danno alle cellule ganglionari con atrofia del nervo ottico e minore recupero funzionale. La chirurgia ab externo è indicata nel distacco regmatogeno, quella ab interno nel distacco trazionale. Nel caso in cui non sia possibile operare immediatamente il paziente, diagnosticato il distacco bisogna bendare l'occhio e tenere ferma la testa per evitare l'estendersi della zona di distacco – la benda serve perché se gli occhi sono aperti si è tentati di muoverli in continuazione. La retinopatia diabetica La retinopatia diabetica rappresenta una della più gravi complicanze del diabete. È la 2° causa di cecità nell’occidente. Si tratta di una micro-angiopatia che colpisce i piccoli vasi della retina, legata ad una variazione del tasso glicemico. Tra i più importanti fattori di rischio ricordiamo: - la durata della malattia - lo stato di compenso - l’associazione con ipertensione arteriosa e dislipidemia - la suscettibilità genetica dell’individuo (ma la genetica della retinopatia diabetica non è stata ancora identificata). La retinopatia diabetica è presente in quasi tutti i pz con diabete mellito di tipo 1, e nel 60% dei pz con diabete mellito di tipo 2 ma il rischio non è diverso a seconda del tipo di diabete, semplicemente il tipo 1 dura di più. Il diabete, inoltre, aumenta il rischio di cataratta precoce ed alterazioni del nervo ottico su base vascolare, si parla, infatti, di otticopatia diabetica. Non si conosce l’esatto meccanismo patogenetico. Si sa che l’eccesso di glucosio ematico favorisce l’attivazione della via enzimatica aldoso-reduttasi, che converte gli zuccheri in alcoli. Il glucosio viene convertito in sorbitolo. L’accumulo di sorbitolo determina una riduzione della funzione dei periciti dei capillari retinici, le pareti dei capillari si indeboliscono e possono andare incontro a sfiancamento, con formazione di micro-aneurismi (che rappresentano il 1° segno visibile di retinopatia diabetica). I micro-aneurismi possono rompersi, dando luogo ad emorragie retiniche, che possono essere superficiali (con aspetto a fiamma) o profonde (con aspetto rotondeggiante). La permeabilità dei capillari retinici è aumentata, e ciò determina la comparsa di essudati. Negli stadi precoci la retinopatia diabetica è poco sintomatica. Con il progredire della malattia il pz va incontro ad una riduzione del visus di entità variabile a seconda della gravità del quadro clinico. WWW.SUNHOPE.IT Classificazione: assenza di RD retinopatia diabetica non proliferante, lieve, moderata o avanzata (o grave o pre-proliferante) retinopatia diabetica proliferante Grazie all'OCT si è visto che sia la RD nonP che la RD P possono associarsi a maculopatia edematosa che, quindi, è una complicanza della RD e si distingue in non clinicamente significativa e clinicamente significativa. Stadio della RD – si vede con il fondo oculare: - lesioni assenti – assenza di RD - microaneurismi e/o emorragie retiniche, essudati duri, noduli cotonosi non associati ad altre lesioni – RD nonP lieve/moderata - emorragie numerose, noduli cotonosi numerosi, IRMA, irregolarità del calibro venoso/anse venose – RD nonP grave - neovasi papillari/retinici, emorragie pre-retiniche (avanti la retina), membrane – RD P - distacco di retina da trazione, rubeosi dell'iride fino al glaucoma neovascolare che porta a cecità – oftalmopatia diabetica avanzata - micro-aneurismi - ectasie della parete dei capillari retinici che appaiono come piccole macchie rosse negli strati retinici - emorragie - possono essere rotonde (si osservano nello strato nucleare interno) o ovalari (si osservano nello strato plessiforme esterno). È molto difficile distinguere oftalmoscopicamente un micro-aneurisma da un’emorragia, in generale se sono vicine ai vasi sono microaneurismi ma quello che ci permette di fare diagnosi differenziale è la fluoro-angiografia (gli aneurismi prendono colore e appaiono quindi iperfluorescenti/chiari; le emorragie no e appaiono ipofluorescenti/scure perché perdono colorante). - essudati - vengono distinti in molli e duri. Gli essudati molli appaiono come lesioni bianche o spot a margini sfumati (noduli cotonosi) e alla fluoro-angiografia appaiono ipofluorescenti/scuri e spesso si associano ai microaneurismi. Gli essudati duri appaiono come lesioni bianche a margini netti e sono un segno prognostico negativo perché sono legati ad un edema cronico, spesso ad anello attorno alla macula o ''forma circinata'', in questi casi vuol dire che il pz sta sviluppando edema della macula. - IRMA (anomalie microvascolari intra-retiniche) - sono delle dilatazioni dei capillari retinici in aree di retina dove c'è una diffusa occlusione dei capillari, probabilmente legate a compenso secondario ad ischemia - vene – si presentano a forma di rosario per un ridotto afflusso oppure ad anse o loop venosi e sono adiacenti ad aree di ridotto flusso, le vene si distinguono dalle aa perché hanno un calibro maggiore ed un colore più intenso NB – emorragie multiple, vene a corona di rosario, grandi soffusioni di colorante, loops, sono tutti fattari prognostici negativi che indicano l'evoluzione verso una forma proliferante di retinopatia diabetica. WWW.SUNHOPE.IT - neovasi – se papillari appaiono come capillari a gomitolo nella papilla ottica. La neovascolarizzazione della retina si manifesta come conseguenza dell'ischemia retinica ed è l'aspetto più importante della retinopatia diabetica proliferante. I vasi neoformati crescono in modo disordinato e hanno una parete fragile che li rende soggetti a sanguinamenti con emorragie retiniche e vitreali fino ad emovitreo, causa frequente di ipovisione (al fondo non si riesce a vedere il fondo oculare). Col tempo tendono a proliferare anche in altre zone dell'occhio come a livello irideo – rubeosi iridea che si vede prima della dilatazione per effettuare il fondo oculare - membrane fibro-gliali – cordoni ialini da proliferazione, spesso in zone di neovasi, queste membrane favoriscono un insulto di trazione distacco di retina da trazione (i soggetti diabetici sono più predisposti al distacco di retina). Edema maculare – fluido da necrosi/aneurismi a livello della macula, può essere locale o diffuso e si vede all'OCT o alla fluorangiografia, NON si vede al fondo oculare. Bisogna sospettare questa complicanza quando ci sono essudati duri circinati e se c'è ipovisione in assenza di altre patologie. L’OCT mostra la presenza di spazi cistici scuri, che determinano un distacco nella zona maculare e la fluoro-angiografia mostra iperf-fluorescenza diffusa. La sede dell’edema maculare è importante per stabilire un programma terapeutico: bisogna valutare la distanza dell’edema dal centro foveale; più lontano è l’edema, più facile è la cura. Oltre all’edema maculare e al distacco di retina, un’altra complicanza grave della retinopatia diabetica è il glaucoma neo-vascolare (ovvero una neovascolarizzazione dell’iride che determina una riduzione dell’angolo camerulare). Indicazioni alla fluorangiografia – RD nonP perché permette di vedere aree ischemiche che non si vedono al fondo, importanti per programmare il trattamento di laser fotocoagulazione Screening - i pz diabetici devono sottoporsi ogni anno all’esame del fondo oculare, che viene fatto in midriasi, utilizzando la lampada a fessura. Dopo l’esame del fondo oculare il pz viene sottoposto a fluoro-angiografia. Dopo la fluoro-angiografia retinica, si effettua OCT, che serve per l’esame della regione maculare. È un esame morfologico che permette di visualizzare l’epitelio pigmentato retinico e i fotorecettori della retina. Nei pz con retinopatia diabetica va però considerato anche un altro fattore: l’alterazione osmotica del cristallino dovuta alla somministrazione di insulina – durante il trattamento la vista peggiora. Terapia: Oggi la fotocoagulazione laser è l'unica terapia per RD. Si effettua per eliminare le zone ischemiche e ridurre il rischio di neovasi, membrane etc quindi serve per stabilizzare il quadro retinico. Il laser causa vere e proprie lesioni retiniche quindi si può utilizzare soprattutto quando le aree ischemiche sono periferiche (in questo modo residua solo una riduzione del campo visivo), se invece, non si effettua un trattamento precoce e le lesioni sono gia estese il laser causa una drastica riduzione della visione. In caso di retinopatia proliferante il pz viene sottoposto a vitrectomia (per asportare le membrane fibrose, in modo da ridurre il rischio di distacco di retina) Per l'edema maculare si utilizzano vasoprotettori ed acetazolamide se il danno è lieve, se non responder si usa fotocoagulazione laser ''a griglia'' cioè attorno alla macula, in ultimo si utilizzano gli anti-VEGF, 3 iniezioni nel vitreo ogni mese per 3mesi. WWW.SUNHOPE.IT La retinopatia ipertensiva L’interessamento oculare può anche essere un segnale d’allarme iniziale in un pz iperteso, altrimenti asintomatico. L’ipertensione oculare colpisce i pz in età adulta, per cui spesso è difficile riuscire ad interpretare in maniera corretta il fondo oculare e distinguere l’arteriosclerosi senile (o fondo oculare normale dell’anziano) dall’aterosclerosi (sclerosi intimale) e dall’arteriosclerosi ipertensiva (sclerosi arteriolare). In un anziano, infatti, questi diversi quadri angiopatici possono coesistere. arteriosclerosi senile: è un’alterazione vascolare generalizzata. Le arteriole retiniche hanno un decorso rigido, con diramazioni ad angolo acuto, ed un calibro omogeneamente ridotto. Hanno colorito più pallido del normale. La parete arteriosa non è visibile e non si osservano congestioni venose. Il fondo oculare appare più giallastro del normale. Si ha un’attenuazione del riflesso rosso del fondo, e la papilla può apparire più pallida e lievemente escavata. Non vi è una sintomatologia soggettiva. Le modifiche strutturali vasali sono di tipo proliferativo, con riduzione del lume e possono predisporre alla trombosi venosa. aterosclerosi: è un quadro patologico dovuto alla presenza di placche ateromasiche nell’arteria centrale della retina o nelle primissime diramazioni. Queste placche portano ad una condizione di sub-occlusione del lume arteriolare. L’aterosclerosi dell’arteria centrale della retina è strettamente correlata all’aterosclerosi aortica, coronarica, carotidea e dei grandi vasi. arteriosclerosi ipertensiva: è solitamente la conseguenza di un’ipertensione sistemica, che dura da 6-8 anni. Si ha accumulo di collagene nelle tonache vascolari, per cui la parete del vaso diventa più spessa e si restringe il lume vasale Come prima modifica si ha vasospasmo ed aumento del tono arteriolare. Questa fase appare come un restringimento diffuso del lume arteriolare. Se la pressione è elevata, si passa alla sclerosi arteriolare, ovvero alla deposizione di collagene a livello delle tonache, con ispessimento della tonaca intima, iperplasia della tonaca media e degenerazione ialina. In questo stadio il lume arteriolare appare ulteriormente ridotto. Si ha poi una riduzione del rapporto tra calibro delle arterie e calibro delle vene, e la formazione di incroci artero-venosi patologici. Con il passare del tempo si verifica il fenomeno dell’essudazione, che segna il passaggio tra semplice angiopatia ad retinopatia ipertensiva vera e propria. [N.B. Diversa dalla retinopatia ipertensiva è la coroidopatia ipertensiva, che è frequente nell’ipertensione maligna o nel feocromocitoma, ed è legata alla diffusione di sostanze vasocostrittrici attraverso i capillari fenestrati della coroide durante fasi di ipertensione acuta. Le lesioni della coroidopatia ipertensiva sono distinguibili in lesioni della fase acuta (con papilledema e lesioni focali dell’epitelio pigmentato retinico: macchie di Elshing), e lesioni della fase ischemica cronica (caratterizzate dall’occlusione di arterie, arteriole, e capillari coroidali, seguite dalla cicatrizzazione delle macchie di Elshing, con formazione di aree di iperplasia ed ipopigmentazione dell’epitelio pigmentato retinico). Le alterazioni dell’epitelio pigmentato retinico possono portare ad un distacco retinico essudativo, con accumulo sotto-retinico di materiale ricco di essudato proteico.] Fattori predisponenti allo sviluppo di retinopatia ipertensiva sono: ipertensione grave, ipertensione duratura, iperlipidemia. WWW.SUNHOPE.IT Solitamente il pz è asintomatico, ma può presentare calo del visus (nel caso di edema maculare o di altre manifestazioni di tipo essudativo a carico del polo posteriore). Per la diagnosi è importante l’esame con lampada a fessura e lente di Volk a +90. La fluoro-angiografia identifica le aree di trasudazione e le eventuali aree ischemiche. Il trattamento della retinopatia ipertensiva è essenzialmente legato al trattamento dell’ipertensione. Molte delle lesioni retiniche regrediscono con la correzione dei valori pressori. Le complicanze sono riconducibili all’ischemia e alla trombosi, e sono: - occlusione dell’arteria centrale della retina: è il più drammatico esempio di ischemia oculare acuta. Può essere causata o dall’arrivo di un embolo ateromasico proveniente dal circolo centrale, o dalla progressiva ostruzione ateromatosa dell’arteria centrale. La sintomatologia dell’occlusione è spesso preceduta da annebbiamenti visivi transitori, ed è inconfondibile: il pz presenta cecità unilaterale improvvisa e assenza di dolore. La pupilla può essere dilatata ed il riflesso fotomotore è assente. La cecità e talora assoluta, anche se a volte può essere presente una percezione luminosa in periferia. La presenza dell’arteria cilio-retinica può a volte consentire la conservazione di una certa capacità visiva. La papilla ottica risulta pallida e vi sono diverse aree di ischemia. Nella forma maculare, dove la retina è più sottile, sono visibili i vasi della coroide (macula rosso ciliegia). L’occlusione dell’arteria centrale della retina è considerata un’emergenza e necessita di un trattamento tempestivo entro 6-12 ore. Si può effettuare: massaggio oculare digitale o con lente di Goldmann; paracentesi della camera anteriore; ipotonicizzanti (acetazolamide, mannitolo per via e.v.). In centri specializzati si può tentare la fibrinolisi dell’arteria retinica centrale selettiva. - occlusione (trombosi) della vena centrale della retina: è il più comune evento vascolare del fondo. È spesso associata ad arteriosclerosi. Il pz presenta brusca riduzione del visus senza dolore. Se la regione maculare è risparmiata, la sintomatologia può limitarsi ad un semplice annebbiamento. La riduzione del visus è comunque inferiore rispetto a quella presente nell’occlusione arteriosa. Si può avere rallentamento del riflesso fotomotore. All’osservazione le vene appaiono dilatate e tortuose. Possono comparire emorragie retiniche superficiali “a fiamma”. Si osservano aree edematose e a volte papilledema. Una delle complicanze è la neo-vascolarizzazione iridea, che può causare glaucoma secondario e refrattario alle terapie. La presenza delle neo-vascolarizzazioni rientra nella “sindrome dei 100 giorni” (questi eventi compaiono entro 3 mesi dal fatto acuto). La terapia prevede l’utilizzo di antiaggreganti, vasodilatatori periferici, corticosteroidi. Nelle fasi tardive è utile anche il trattamento con argon-laser, per rimuovere le aree di ischemia e prevenire la neovascolarizzazione. WWW.SUNHOPE.IT La degenerazione maculare senile La degenerazione maculare senile rappresenta una delle principali cause di cecità legale oltre i 60 anni nei paesi occidentali. Fattori predisponenti sembrano essere: il fumo di sigaretta, l’iperlipidemia, l’ipertensione, i disturbi cardiocircolatori. Ne esistono 2 forme principali: DMLE atrofica (non essudativa): è la forma più frequente, ha decorso lento ed è meno aggressiva. È in genere bilaterale ma asimmetrica. Caratterizzata dallo sviluppo progressivo di zone di atrofia, localizzate al polo posteriore, che interessano lo strato dei fotorecettori, l’epitelio pigmentato retinico, ed il complesso membrana di Bruch-coriocapillare. La membrana di Bruch è un sottilissimo strato (3µm) alla cui formazione contribuiscono sia la coriocapillare che l'epitelio pigmentato della retina. La sua funzione è quella di rappresentare una sorta di filtro per le sostanze che dai capillari fenestrati della coriocapillare giungono presso l'epitelio pigmentato della retina. Il pz nelle fasi iniziali può essere asintomatico, oppure lamentare difficoltà di adattamento al buio dopo esposizione alla luce solare. Con il progredire della malattia si ha difficoltà nella lettura, riduzione della visione notturna, difficoltà nel riconoscere i volti da lontano. Con l’oftalmoscopia si osservano tipiche alterazioni: drusen (masserelle biancastre di sostanza ialina a livello della membrana di Bruch), atrofia o iperpigmentazione focale dell’epitelio pigmentato retinico. Le drusen sono distinte in: hard drusen (di piccole dimensioni e ben definite) e soft drusen (morbide). Le soft drusen sono di dimensioni maggiori; possono confluire fino al distacco drusenoide a livello dell’epitelio pigmentato retinico. Anche le aree di atrofia dell’epitelio pigmentato retinico possono ingrandirsi, dando luogo al quadro di atrofia geografica. La DMLE atrofica è meno aggressiva rispetto alla forma essudativa; tuttavia in un 10-15% dei casi si possono sviluppare neo-vascolarizzazioni della coroide, con conseguente evoluzione nella forma essudativa. Per questo motivo è molto importante valutare il fondo oculare, prestando attenzione ad eventuali nuove lesioni. In caso di sospetto di evoluzione verso la forma essudativa è utile effettuare fluoro-angiografia. Non esistono attualmente terapie efficaci; importante è la prevenzione (dieta ricca di ortaggi verdi, vitamine, antiossidanti, eliminare il fumo). Controverso è il ruolo della fotocoagulazione laser focale, in quanto potrebbe da un lato favorire l’eliminazione di drusen, ma dall’altro potrebbe anche aumentare la probabilità di neo-vascolarizzazione della coroide. DMLE essudativa: è la forma più aggressiva di degenerazione maculare senile. Può insorgere ex-novo o rappresentare la forma evolutiva di DMLE atrofica. Il meccanismo patogenetico non è ben noto. Si ha proliferazione di neo-vasi a livello della corio-capillare, con ispessimento della membrana di Bruch e formazione di rotture. Alcune metallo-proteinasi e fattori di crescita come VEGF, TGF-beta e PDGF sembrerebbero coinvolti nel processo. La membrana neovascolare che si viene a formare può restare confinata al di sotto dell’epitelio pigmentato retinico, oppure può debordare attraverso le rotture della membrana di Bruch nello spazio sotto-retinico.Inoltre i neovasi possono causare un distacco dell’epitelio pigmentato retinico, in quanto al membrana di Bruch, alterata e ispessita, non lascia filtrare correttamente i fluidi attraverso la coriocapillare che si accumulano tra l’epitelio pigmentato retinico e la membrana di Bruch, causando un distacco cupuliforme. WWW.SUNHOPE.IT Il pz con DMLE essudativa lamenta una riduzione dell’acutezza visiva centrale e metamorfopsie. All’esame oftalmoscopico tipici reperti sono: emorragia sottoretinica, drusen ed essudati duri intorno alle aree di neo-vascolarizzazione, cicatrice disciforme, emovitreo. Importante è la fluoro-angiografia. La terapia è basata su terapia fotodinamica (PDT). Consiste nell'infusione endovenosa di una molecola fotosensibile (verteporfina) che viene attivata mediante un laser a bassa frequenza. La molecola, lipofila, si concentra nelle sedi di proliferazione neo-vascolare, e attivata determina un danno selettivo del tessuto neovascolare per effetto fotochimico (liberazione di radicali liberi e di O2 eccitato, che sono selettivamente citotossici per il tessuto neo-vascolare). Prospettive terapeutiche di notevole interesse sono quelle anti-angiogenetiche, che andrebbero a bloccare i processi di neo-vascolarizzazione. Maculopatia miopica La miopia elevata (>6) è una condizione ereditaria, caratterizzata da atrofia e degenerazione della corioretina, legata all’eccessivo allungamento del bulbo oculare, e che può andare ad interessare la macula, con complicanze maculari. In caso di miopia elevata, infatti, a livello maculare possono svilupparsi alterazioni atrofiche, essudative o emorragiche, o, in alcuni casi, si ha un foro maculare. In base al tipo di alterazione presente a livello della macula, la maculopatia miopica può essere: atrofica, essudativa, emorragica. Il foro maculare miopico invece è caratterizzato da una lesione di continuo, rotondeggiante, localizzata al polo posteriore. Può essere associato ad un distacco di retina. Degenerazioni maculari ereditarie Tra le più importanti degenerazioni maculari ereditarie ricordiamo: la malattia di Stargardt (o degenerazione giovanile della macula): è una malattia ereditaria a trasmissione AR, caratterizzata da una brusca riduzione dell’acutezza visiva, che compare tra gli 8 e i 12 anni. Può interessare uno entrambi gli occhi, e può essere accompagnata da discromatopsia dell’asse rosso-verde. Nell’area maculare si osserva un focolaio di atrofia rotondeggiante, che con il tempo tende a pigmentarsi in maniera irregolare. La papilla ottica e la retina restano indenni. Il visus centrale è </= 1/10. Poiché la degenerazione colpisce la macula, sono interessati solo i coni. L’ERG dinamico è alterato solo nella parte fotopica e non in quella scotopica. La malattia ha andamento progressivo, ma non porta quasi mai a cecità completa. Anche se il visus centrale è menomato, la visione periferica è conservata e consente al pz di svolgere le normali attività. Non esistono terapie efficaci. la malattia di Best (o degenerazione vitelliforme della macula): è una malattia ereditaria a trasmissione AD. Il gene alterato responsabile della malattia è sul cromosoma 11. Nell’area maculare si osserva la lesione vitelliforme, che appare come un disco giallastro simile al tuorlo d’uovo (reperto tipico). Vi sono comunque forme diverse di malattia di Best, per cui la macula può anche apparire normale o finemente granulare. Nell’infanzia la patologia è spesso misconosciuta, poiché i sintomi sono modesti. Nell’adulto si ha deficit visivo più marcato, ma la visione centrale resta comunque sufficiente. WWW.SUNHOPE.IT la degenerazione progressiva dei coni: è la più rara. Si ha una progressiva distrofia dei coni, con minimo o nullo interessamento dei bastoncelli. L’ERG fotopico è alterato, mentre quello scotopico può essere nella norma. La sintomatologia inizia nell’adolescenza con riduzione del visus centrale, fotofobia, disturbi della visione diurna e della percezione cromatica. La macula spesso appare normale o con degenerazioni aspecifiche. la retinoschisi x-linked: è una patologia a trasmissione x-linked per cui si manifesta nel sesso maschile. È caratterizzata dalla presenza di una maculopatia bilaterale che nell’età adulta può evolvere in zone di iperpigmentazione. Tra le complicanze ricordiamo l’emorragia vitreale (per rottura dei vasi retinici dello strato delle fibre nervose, con distacco di retina regmatogeno, per la formazione di rotture a livello del foglietto interno della schisi.Alcuni tipi di retino-schisi compaiono associate ad altre patologie di interesse sistemico, quali: malattia di Tay-Sachs e albinismo. Retinopatie ereditarie periferiche Nelle forme prevalentemente periferiche il processo degenerativo inizia a livello dei bastoncelli. I bastoncelli costituiscono il sistema recettoriale scotopico, mentre i coni costituiscono quello fotopico. Nelle retinopatie periferiche i sintomi iniziali sono espressione dell’interessamento periferico: difficoltà di vedere bene alla sera (nictalopia) e deficit visivi periferici. Viceversa, nelle forme ad interessamento centrale, essendo principalmente colpiti i coni, si ha riduzione della visione alla luce viva e deficit centrale del visus. In caso di retinopatie, sia centrali che periferiche, è importante la diagnosi con elettroretinografia, elettro-oculogramma, e PEV. Tra le principali retinopatie ereditarie periferiche ricordiamo: l’amaurosi congenita di Leber: a trasmissione AR, causa grave perdita della funzione visiva alla nascita o a <10aa. Clinicamente si ha ny laterale, segno oculo-digitale di Franceschetti, attrazione verso le fonti luminose, elevata ipermetropia o miopia, forte riduzione dell'acutezza visiva centrale. ERG estinto (piatto), fondo oculare normale, all'OCT normale spessore della macula. È causata da una mutazione del gene RPE 65 necessario per il ciclo visivo dell'epitelio retinico che causa l'assenza di 11-cisretinolo della rodopsina. Oggi si utilizza terapia genica con adenovirus RPE 65+ che viene iniettato sotto la retina dopo vitrectomia in unica dose. Ad 1 mese non si hanno ADR, si ha riduzione della nictalopia, miglioramento della pupillometria (la pupilla normalmente non risponde alla luce nei ciechi), riduzione del nistagmo, l'ERG resta estinto (forse per bassa sensibilità della metodica); a 3mm si ha un forte aumento dell'acutezza visiva che è conservato a 3aa; si ha anche un miglioramento della funzionalità della corteccia calcarina valutabile con RM funzionale. In generale i no responder a questa terapia sono soprattutto gli anziani. la coroideremia: è una distrofia coroidale diffusa, a trasmissione x-linked. in genere si osserva la comparsa di una rapida e progressiva atrofia della corioretina periferica, che, nelle fasi più avanzate coinvolge anche la macula. I sintomi iniziali sono rappresentati da nictalopia e riduzione della visione periferica (in quanto il danno primitivo è a carico dei bastoncelli). WWW.SUNHOPE.IT Quello che permette i fare dd con la retinite pigmentosa è la mancanza di alterazioni del calibro dei vasi retinici. Il tracciato scotopico all’ERG risulta più alterato rispetto a quello fotopico. la distrofia coroideale-cristallina di Bietti: è una malattia rara, a trasmissione AR. In tale patologia si osserva: retinopatia cristalliforme (sempre presente) e distrofia corneale (non sempre presente). I primi segni di malattia compaiono tra i 20 e i 40 anni e sono: riduzione del visus ed emeralopia. Si assiste ad un progressivo restringimento del campo visivo, che può portare alla cecità intorno ai 40-50 anni. I depositi corneali appaiono come cristalli giallastri, situati in prossimità del limbus. Questi cristalli sono complessi lipidici precipitati che, oltre che nella cornea, possono localizzarsi anche a livello della retina e nei linfociti circolanti. La malattia di Bietti sembrerebbe pertanto essere associata ad un disordine del metabolismo lipidico. I cristalli si depositano anche nella retina, e si osserva sclerosi dei vasi coroideali. Progressivamente la retina va incontro ad atrofia, e si ha riduzione del numero di inclusi. L’angiografia a fluorescenza evidenzia le aree di atrofia corio-capillare. Retinite pigmentosa Fa parte delle retinopatie ereditarie periferiche. Il termine retinite non è il più appropriato, in quanto questa malattia non è associata ad eziologia infettiva o infiammatoria. Si tratta di una malattia degenerativa ereditaria clinicamente e geneticamente eterogenea probabilmente è associata alla presenza di mutazioni di geni diversi e codificanti per amminoacidi costituenti la rodopsina ed altre proteine fotorecettoriali. Ha esordio giovanile con riduzione della vista a 40-50aa lentamente progressiva. Ne esistono forme a trasmissione mendeliana (AD, AR, X-linked, mitocondriale) e non mendeliana. Clinicamente si ha: - nictalopia – ipovisione all'imbrunire o con scarsa luce - riduzione del campo visivo - ridotta visione a colori - fotopsie Nelle forme tipiche (rod-cone distrophy) al fondo oculare si osserva: accumulo di pigmento scuro stellare tipo osteoblasti alla media periferia che è patognomonico di RP. La lesione è progressiva ed i pigmenti si accumulano anche al polo posteriore/macula. Il pigmento causa ipofunzione che riduce il campo visivo prima alla periferia e poi al centro, la visione a colori è ridotta perché le lesioni iniziano alla periferia dove sono più concentrati i bastoncelli (quindi la patologia interessa prima i bastoncelli – rod e poi i coni - cone). Quando c'è progressione si evidenzia un colore grigio-bianco della retina che è indice di atrofia, oltre ad un'estensione delle lesioni che appaiono anche centrali. Esistono, però, forme atipiche che per essere diagnosticate necessitano che il fondo venga fatto in midriasi: - a settore – il pigmento non si accumula a tutta la media periferia ma ''a settore'' oppure a metà retina o ad anello lungo l'arcata vascolare WWW.SUNHOPE.IT - pericentrali – clinicamente si ha uno scotoma anulare, conservata sia la visione centrale propiamente detta che periferica ma la progressione è soprattutto verso il centro, maggiore che nelle forme tipiche - centrali o inverse (cone-rod distrophy) – le lesioni interessano prima la regione della macula/polo posteriore e poi la periferia (quindi prima i coni e poi i bastoncelli). Si deve porre a diagnosi differenziale con maculopatie, tbc, sifilide, pseudo RP - sine pigmento – il fondo è normale se si esclude una lieve distrofia che ci può essere, però anche nei miopi. Si deve differenziare dall'emeralopia stazionaria congenita, una malattia dei bastoncelli ma benigna non progressiva in cui si ha solo ipovisione all'imbrunire. NB: nictalopia/emeralopia - bisognerebbe parlare di nictalopia se ci si riferisce alla difficoltà di adattamento e alla diminuzione della vista in condizioni meso-scotopiche. L'emeralopia sarebbe riferita alla difficoltà di adattamento e visione in condizioni fotopiche. Iter diagnostico: visita oculistica generale – retinografia (fondo) – campo visivo – ERG – OCT. Campo visivo – si utilizza il campo visivo manuale di Goldmann meglio se in midriasi, non quello computerizzato perché non serve vedere il nervo ottico. Passa da sessanta a 10 gradi. ERG – in MAX midriasi, si valuta il tracciato scotopico (onda A) e quello fotopico (onda B) come ampiezza e latenza. In RP ERG è sempre alterato, anche in fase precoce: si ha prima alterazione scotopica, poi fotopica e poi ERG piatto. Serve anche per fare DD con PseudRP (postinfettiva, virale...) dove ERG è normale, maculopatia con distrofia dei coni dove solo il tracciato fotopico è alterato ed emeralopia stazionaria congenita dove c'è inversione dell'onda. OCT – non è di routine per fare diagnosi – serve per vedere complicanze come l'edema maculare cistoide, frequente, l'atrofia della macula oppure le membrane epiretiniche che si ritrovano nel 40% dei pz RP. Queste si formano perché il pz non vedendo in periferia muove molto la testa e causa sollecitazione del vitreo sulla retina con formazione di queste membrane che possono causare rottura maculare. Fatta diagnosi si può definire il modello di trasmissione (nonostante il 40-45% delle forme sia sporadico) tramite prelievo ematico per test genetico sul DNA (necessita di almeno 1aa visto che esistono oltre 50geni di RP diversi). Oggi, ma non è di routine, si può effettuare la Next-Gen sequency con cui si comparano tutti e 50 i geni insieme. La RP può essere isolata oppure associata a diverse sindromi e malattie sistemiche, quali: sindrome di Usher; sindrome di Bardet-Biedl (obesità, ipogenitalismo, ritardo mentale, polidattilia); sindrome di Alport (nefrite, sordità, lenticono anteriore); malattia di Refsum (polinevrite cronica, ittiosi, atassia, nistagmo); sindrome di KearnsSayre (miopatia mitocondriale che si manifesta con: turbe della conduzione cardiaca, oftalmoplegia, alterazioni retiniche. Importante che nelle forme associate (tranne s.di Usher) si hanno soprattutto forme atipiche, in particolare sine pigmento. Follow-up: si utilizza per vedere la progressione e per studiare la funzione maculare, si effettua con ERG multifocale per lo studio dei coni, OCT, autofluorescenza maculare (reperto tipico è l'anello di iperautofluorescenza), microperimetria per sensibilità maculare. WWW.SUNHOPE.IT Terapia: non esiste terapia, si utilizza VitA palmitato 15KUI/gg + ac.docosoesaenoico 500mg/gg con o senza 20mg di Luteina (si associano ad una riduzione della progressione), considerando, però, l'epatotox della VitA si eseguono AST/ALT ogni anno. A questa terapia si associano ausili ottici (videoingranditori) ed acetazolamide 500mg/3-4mm per l'edema maculare cistoide. Oggi è in sperimentazione NGF collirio. Vizi di refrazione L’occhio è formato da un complesso di mezzi diottrici convergenti: cornea, umore acqueo, cristallino e vitreo, che portano il potere refrattivo complessivo a 58-60 diottrie. Il potere diottrico maggiore è quello della cornea (43 D), seguita dal cristallino (17 D), in condizioni statiche, e che giunge fino a 22 diottrie con l’accomodazione. Il complesso permette la messa a fuoco dei raggi luminosi provenienti dall’esterno sulla retina e sulla macula. In questo sistema, la pupilla funge da diaframma, regolando la quantità di luce che arriva alla retina. L’asse anteroposteriore del bulbo ha una lunghezza di 24 mm in media. Il punto nodale N è il punto sull’asse ottico assimilabile al centro ottico di una lente sferica. Nell’occhio è situato al livello della capsula posteriore del cristallino. I raggi di luce che passano attraverso di esso non vengono deviati. Dato un oggetto AB davanti all’occhio, otteniamo un oggetto ab a livello della retina, con due linee rette che passano per il punto nodale. Le dimensioni dell’immagine retinica sono tanto maggiori quanto maggiori sono quelle dell’oggetto visto. L’immagine retinica è rimpicciolita e capovolta, e viene di nuovo rimpicciolita e capovolta a livello della corteccia celebrale. Acuità visiva – potere discriminante della zona centrale della retina (macula-fovea), espressa in decimi ed è uguale all'inverso del minimo separabile. Si misura con le tavole ottotipiche (morfoscopio per i bambini, E di Albini o C di Landolt per gli adulti, meno frequentemente con gli ottotipi con le lettere dell'alfabeto perché nel tempo soprattutto bambini e giovani ricordano a memoria le tavole). La misurazione si fa a 3m e a 5m, con luce né eccessiva né bassa, in media midriasi, prima ad un occhio e poi all'altro, dopo qualche secondo visto che l'altro occhio è stato chiuso con una lente scura nell'oculus (portalenti). Se il pz non è collaborante si può misurare la vista in ciclopegia con atropina 3gg prima – midriasi + blocco dell'accomodazione – e schiascopia – con oftalmoscopio indiretto, si proietta luce nella pupilla e si calcola l'acuità visiva. Se il pz è collaborante si provano le diverse lenti. Anomalie di refrazione L’emmetropia è quella condizione in cui all’occhio, in condizioni di refrazione statica, senza accomodazione, al punto remoto all’infinito, la macula coincide con il fuoco principale (che corrisponde al punto immagine) ed i raggi luminosi entrano ed escono dall’occhio paralleli. E’ una condizione più teorica che reale, in quanto nella realtà, anche chi vede perfettamente, usa inconsciamente una certa quota di accomodazione. Le anomalie della refrazione sono tutte quelle situazioni nelle quali ad un punto oggetto non corrisponde un punto immagine coincidente con la macula e si dividono in anomalie della refrazione statica e anomalie della refrazione dinamica (o difetti di accomodazione). Tra le più importanti anomalie della refrazione statica ricordiamo: la miopia, l’ipermetropia, e l’astigmatismo. Tra le più importanti anomalie della refrazione dinamica ricordiamo: la presbiopia e l’ambliopia. WWW.SUNHOPE.IT Miopia La miopia è quella condizione in cui i raggi di luce dall’infinito formano il fuoco anteriormente alla retina. Questo perché il potere diottrico dell’occhio corrisponde a quello di una lente positiva, eccessivamente potente, quindi c'è un allungamento del punto di fuoco (del bulbo). E’ il vdr più frequente in gioveni ed adulti (nei bambini è più comune l'ipermetropia) ed è una condizione ereditaria che può essere sia dominante che recessiva. Può essere causata da diversi fattori, e pertanto ne esistono vari tipi: Miopia assiale: la più comune, è dovuta ad una maggiore lunghezza dell’asse antero-posteriore del bulbo oculare, che viene valutato misurando la distanza che separa il vertice della cornea dalla fovea. Miopia da curvatura: è legata ad una curvatura delle superfici diottriche (cheratocono). Miopia dell’indice: è legata ad un aumento dell’indice di refrazione di un mezzo trasparente (acqueo, cristallino, vitreo). Può comparire nei pazienti diabetici per aumento del contenuto di glucosio dell’umore acqueo o per idratazione della capsula anteriore del cristallino, o nelle persone con cataratta nucleare (ricorda: nei diabetici, la miopizzazione è intermittente, in quanto dipende dai livelli glicemici; invece, nei portatori di cataratta nucleare, è continua con tendenza ad aumentare). Miopia di rapporto: è rara, ed è dovuta ad un alterato rapporto tra i diottri oculari. Le sublussazioni e le lussazioni del cristallino sono l’esempio più frequente. Clinica Il paziente miope vede bene da vicino e lamenta difficoltà nella visione da lontano (1.5m), difficoltà che aumenta la sera (la miosi aumenta l'accomodazione e riduce la miopia, se c'è poca luce si ha midriasi ed aumenta la miopia) e si avvicina agli oggetti che osserva. Terapia Fino a 5D si parla di miopia semplice, 5-10D media, superiore a 10D elevata. Per le forme semplici/medie è indicata la chirurgia. In tutte le miopie, per far sì che i raggi luminosi provenienti da una distanza finita (detta punto remoto) vengano messi a fuoco sulla retina, è necessario l’uso di lenti biconcave, divergenti o negative che li rendano divergenti quando cadono sulla superficie anteriore della cornea. La divergenza dovrà essere tale (come divergenza negativa) da annullare la vergenza positiva indotta dal diottro oculare eccessivamente positivo. Fino a 5D sono indicate lenti ''in lontananza e di sera'', per miopia media/elevata, invece, si utilizzeranno lenti permanenti. Nella miopia semplice tutte le operazioni ''da vicino'' come studiare o leggere, si devono effettuare o senza lenti o con lenti a gradazione minore, non con lenti a contatto che causano secchezza oculare (da vicino). La miopia viene divisa in benigna e degenerativa: - la miopia benigna comincia in età scolare e termina la sua evoluzione verso i 20-25 anni. E’ bilaterale, di solito non supera le 5-6 D, e può presentare diversi valori di refrazione nei due occhi. Non presenta alterazioni patologiche del fondo oculare. - la miopia degenerativa può progredire fino a 30 o più diottrie, è legata ad un difetto di sviluppo del segmento posteriore, che determina lo sfiancamento ed assottigliamento della sclera posteriore: stafiloma postico. WWW.SUNHOPE.IT Entrambe le forme possono essere complicate da emorragia della corio-capillare, e da una migrazione di pigmento, che evolvono nella tipica lesione tardiva: la macchia di Fuchs. Nei miopi elevati, inoltre, bisogna controllare il fondo oculare perché è maggiore il rischio di corioretinopatia miopica (lesione regmatogena), maculopatia miopica e bisogna controllare la P endoculare (nel miope elevato la cornea haspessore ridotto quindi l'allargamento del bulbo si associa ad una riduzione della P che viene sottovalutata, i valori di P normale non sono come quelli del non miope). La miopia, soprattutto quella elevata, si può associare ad albinismo, omocistinuria (e sublux del cristallino), prematurità, connettivopatie. La prognosi della miopia è buona nella miopia lieve e nelle forme in cui non si hanno alterazioni corio-retiniche del polo posteriore; è severa nella miopia degenerativa. La fotoablazione refrattiva (se miopia non progredisce da almeno 2aa) fornisce i migliori e i più sicuri risultati. Ipermetropia E’ un difetto di refrazione opposto alla miopia, nel quale i raggi paralleli provenienti dall’infinito vengono messi a fuoco al di dietro della retina. Può essere lieve (1-2 D), media (2-4 D), o alta (superiore a 4 D). L’ereditarietà può essere recessiva o dominante. Nella maggior parte dei casi l’ipermetropia è di tipo assiale, in quanto l’asse antro-posteriore del bulbo oculare risulta più corto della norma. Ogni mm di accorciamento ha valore di 3D. Alla nascita tutti i bambini hanno un’ipermetropia, per lo più transitoria. Successivamente un bambino diviene emmetrope o miope in età scolare – il difetto si riduce dai 13-15aa fino ai 20aa. Ci sono diversi casi di ipermetropia: - Ipermetropia di curvatura da appiattimento del cristallino - Ipermetropia dell’indice: è l’opposto della miopia d’indice, ed è più rara. E’ legata ad una riduzione del potere diottrico, a causa della variazione della trasparenza della corteccia lenticolare. Può verificarsi nei diabetici in cui si ha forte riduzione della glicemia in corso di trattamento. - Ipermetropia da aumento della profondità della camera anteriore - Ipermetropia secondaria alla riduzione del diametro anteroposteriore dell’occhio, per riduzione della distanza tra cristallino e retina. E’ conseguenza di varie patologie retiniche, come gli edemi retinici. Clinica Il paziente ipermetrope vede bene ma necessita spesso di accomodazione poiché all'accomodazione per passare dalla visione da lontano a quella da vicino bisogna aggiungere l'accomodazione necessaria a correggere il difetto diottrico. Quindi, il paziente giovane ipermetrope non ha sintomi, a partire dai quarant'anni, invece, per deficit dell'azione del mm ciliare (accomodazione) non vede bene da vicino e vede bene da lontano (inizia ad allontanare gli oggetti vicini). L'eccessiva accomodazione causa astenopia (stanchezza, cefalea, bruciore agli occhi) e può dare strabismo – è uno strabismo convergente o esotropia, diverso da quello divergente o ecsotropia. WWW.SUNHOPE.IT L’ipermetropia viene distinta in: Ipermetropia latente: è la parte corretta fisiologicamente con l’accomodazione, con possibili disturbi di tipo astenopico. L’astenopia accomodativa è la conseguenza di un eccesso di accomodazione e della dissociazione tra sinergia dell’accomodazione e convergenza. Con il passare dell’età si riduce la quota di ipermetropia latente e aumenta quella manifesta. Tenendo conto del loro maggior sforzo accomodativo da vicino, gli ipermetropi anticipano di qualche anno l’età in cui diventa necessario l’utilizzo di occhiali a lenti positive per leggere. La presbiopia infatti si somma all’ipermetropia totale, e il potere accomodativo diventa insufficiente per mettere a fuoco le immagini da vicino. Ipermetropia manifesta: è divisa a sua volta in ipermetropia assoluta e facoltativa. L’ipermetropia assoluta è quella quota che non risente dell’accomodazione, e che viene corretta da una lente positiva. L’ipermetropia facoltativa, in condizioni di riposo, riesce ad essere corretta con l’accomodazione, mentre non è corretta quando il pz è affaticato e stanco o presbite; in tal caso, sarà necessaria l’aggiunta di un’altra lente positiva, in associazione a quella usata per correggere l’ipermetropia assoluta. Negli ipermetropi giovani, si tende a correggere solo l’ipermetropia manifesta assoluta, tenendo conto della variabilità di quest’ultima. Terapia Lenti positive, in genere nei bambini, poiché l'ipermetropia è dovuta ad uno ''occhio piccolo'', le lenti si utilizzano solo se ci sono sintomi come astenopia, strabismo convergente. Fino a +2.50/3D, si ottengono buoni risultati con la correzione chirurgica dell’ipermetropia, con PRK (tecnica laser). L’intervento è consigliato nelle persone di mezza età, nelle quali la scarsa accomodazione non corregge più l’ipermetropia facoltativa. L’occhio ipermetrope è più piccolo della norma, mentre il cristallino è di dimensioni normali, quindi proporzionalmente più grande, e concorre alla riduzione di profondità della camera anteriore: per questo motivo i portatori di ipermetropia elevata sono a rischio maggiore di glaucoma di chiusura dell’angolo. Astigmatismo Non è un difetto di lunghezza del globo oculare come miopia/ipermetropia ma è un’anomalia della refrazione caratterizzata da un potere refrattivo diverso nei vari meridiani oculari. Normalmente si ha una magiore curvatura della cornea sul meridiano verticale (astigmatismo fisiologico) che viene, però, compensata da una modifica sul meridiano orizzontale (ortogonale) sul cristallino. Quindi, l'astigmatismo è un difetto di curvatura corneale (sui due meridiani). Sono definiti meridiani principali dell’astigmatismo i due meridiani in cui il potere diottrico è massimo o minimo. Avendo potere differente, posseggono anche un fuoco in posizione differente quindi una superficie astigmatica produce una coppia di immagini focali che sono a forma di linea. Il complesso dei due fuochi e dello spazio intermedio è conosciuto come “conoide di Sturm” e l’immagine retinica che ne risulta non è un punto unico, ma è formata da due linee focali, corrispondenti ai due meridiani principali, separati tra loro dall’intervallo di Sturm, che è la misura del grado di astigmatismo. L’astigmatismo viene distinto in: astigmatismo di curvatura, astigmatismo lenticolare, astigmatismo acquisito. E' regolare quando i meridiani sono perpendicolari tra loro ed è detto secondo regola quando il meridiano verticale è il più curvo (il più rifrangente). Viceversa è detto contro regola quando il meridiano orizzontale è quello più curvo. WWW.SUNHOPE.IT L’astigmatismo di curvatura è congenito ed ereditario, ed è la forma più frequente. E’ dovuto ad una superficie corneale non sferica con valori refrattari massimo e minimo corrispondenti ai due meridiani principali. Si distingue: lieve (1-1,5D), medio (1,753,50D), elevato (superiore a 3,50D). A seconda della posizione delle linee di Sturm rispetto alla retina, l’astigmatismo di curvatura viene classificato in: - regolare - irregolare – è acquisito ed è più frequente causato da alterazioni cicatriziali della cornea e a cheratocono L'astigmatismo regolare viene distinto in: - Astigmatismo miopico semplice: un meridiano principale è emmetrope, l’altro miope, per cui la linea focale posteriore cade sulla retina, mentre la linea focale anteriore cade davanti alla retina – il pz è solo astigmatico e non miope - Astigmatismo miopico composto: i due meridiani sono entrambi miopi, per cui entrambe le linee focali cadono davanti alla retina – il pz è anche miope - Astigmatismo misto: un meridiano è miope, l’altro è ipermetrope, per cui una linea focale cade al davanti della retina, l’altra al di dietro della retina - Astigmatismo ipermetropico semplice: un meridiano è emmetrope, e l’altro è ipermetrope, per cui la linea focale anteriore cade sulla retina, mentre quella posteriore dietro la retina – il pz è solo astigmatico non ipermetrope - Astigmatismo ipermetropico composto: entrambi i meridiani principali sono ipermetropi, ed entrambe le linee focali cadono dietro la retina – il pz è anche ipermetrope L’astigmatismo lenticolare è dovuto ad una superficie non sferica del cristallino, o ad una condizione in cui l’asse ottico del cristallino non corrisponde all’asse visivo. E’ quasi sempre contro regola. Clinica La sintomatologia soggettiva dell’astigmatismo consiste nella distorsione delle immagini (che appaiono compresse lungo il meridiano più curvo) e nella loro sfocatura. Meccanismi di compenso sono accomodazione frequente nell'astigmatismo ipermetropico e fissurazione palpebrale nell'astigmatismo miopico. La diagnosi si basa su dati forniti dall’oftalmometria. Anche la schiascopia è utile per misurare l’astigmatismo totale. Terapia La correzione dell’astigmatismo va effettuata con lenti cilindriche, positive (nelle forme ipermetropiche) o negative (nelle forme miopiche) in grado di ridurre o annullare l’intervallo di Sturm, ovvero la distanza tra le due linee focali. Il cheratocono Il cheratocono è un anomalo assottigliamento dello stroma corneale, che provoca un aumento della curvatura della cornea a livello centrale o periferico/inferiore. WWW.SUNHOPE.IT L’aumento della curvatura conferisce alla cornea una forma conoide. È bilaterale ma non simmetrico. Nell'80% dei casi è legato ad un'alterazione ereditaria del gene VSX1 (che modificherebbe la composizione chimica del collagene, riducendo la resistenza della cornea), i polimorfismi VSX1 aumentano la predisposizione. Altre forme sono legate al rubbing (strofinamento degli occhi), tipico dei soggetti allergici che, in pz già con cheratocono, ne accelera la progressione. Può associarsi a patologie del collagene (sindrome di Marfan, osteogenesi imperfetta, sindrome di Down). Si manifesta tra i 15 e i 20 anni con riduzione del visus (legato all’astigmatismo miopico irregolare che se elevato non è corregibile con lenti ma solo con lenti a contatto). Per la diagnosi si utilizza l'oftalmometro (misura della superficie esterna della cornea) - in caso di astigmatismo irregolare non combaciano le mire rossa e verde, nel regolare, invece, combaciano – e la topografia corneale che permette di determinare tutte le curvature su tutti i meridiani corneali. La topografia viene effettuata ogni 4mesi per fare diagnosi differenziale fra forme fruste (non evolutive) e forme evolutive che possono causare ulcere da rottura della membrana di Descemet e dell’endotelio. Terapia Cross-linking con riboflabina: collorio a base di riboflavina che viene irradiato con luce laser (in sala operatoria), blocca la progressione del cheratocono ed è indicato in paziento >18aa con dimostrata progressione in 1aa (alla topografia corneale). Nei casi evoluti fino ad ulcere si utilizza il trapianto di cornea. Anomalie della refrazione dinamica L’accomodazione è il potere di modificare il fuoco dell’occhio, in modo da far cadere a fuoco i raggi divergenti provenienti dagli oggetti esterni (posti ad una distanza inferiore a 5 m) a livello della retina. Questo avviene attraverso un aumento del potere convergente del cristallino. Quando il muscolo ciliale si contrae, si avvicina al cristallino, in modo da allentare la zonula: la capsula del cristallino modifica la sua forma; il polo posteriore risulta insensibile per la presenza del vitreo, mentre il polo anteriore protrude e assume forma più convessa. In condizioni di visione binoculare, l’accomodazione è uguale nei due occhi, ad eccezione delle anisotropie. La presbiopia E’ un fenomeno fisiologico, che interessa tutti i soggetti a partire dai 40-45 anni. E’ la conseguenza della riduzione progressiva dell’ampiezza accomodativa, legata in gran parte alla ridotta funzione del muscolo ciliare, e alla progressiva riduzione della plasticità del cristallino. La difficoltà alla lettura si manifesta inizialmente nelle ore serali o in condizioni di scarsa illuminazione (a causa della midriasi che riduce l'accomodazione già deficitaria). L’individuo emmetrope dovrà aiutarsi con lenti positive (convesse). Se è ipermetrope, la correzione dovrà sommare l’ipermetropia assoluta e quella facoltativa. Se l’individuo è miope, il disturbo inizia dopo i 45 anni, e alla correzione della miopia andrà sottratta la presbiopia – il cristallino, infatti, è una lente positiva, quindi se l'accomodazione è ipofunzionante la miopia si riduce (essendo legata ad un aumento, positività patologica, della refrazione) e quindi il disturbo inizia più tardi e alla correzione della miopia si deve sottrarre la ''negatività diottrica del cristallino non funzionante''. WWW.SUNHOPE.IT L’ambliopia E’ il mancato sviluppo o una diminuzione dell’acuità visiva di un occhio, in assenza di lesioni organiche osservabili, o quando tali lesioni non sono sufficienti a giustificare l’entità del deficit visivo – il cosiddetto ''occhio pigro''. Qualsiasi ostacolo che impedisca il normale atto visivo nei primi 5-6 anni di vita, impedisce il normale sviluppo dell’acuità visiva (ambliopia d’arresto), ma ne provoca anche una regressione. Se la visione è impedita sin dalla nascita, non si ha lo sviluppo di determinate strutture delle vie ottiche, e l’ambliopia che ne deriva diventa un deficit di natura anatomica oltre che funzionale. WWW.SUNHOPE.IT