Le prime sperimentazioni Dopo il disegno di paesaggio a matita e l’approdo al colore, secondo i canoni della Scuola Buranella, e dopo aver perfezionato le tecniche tradizionali, Molin decide che è giunto il momento di trovare la sua via personale alla pittura. Comincia dalla materia base, che è costituita dalla tela, decidendo di sperimentare l’uso di materiali diversi. Sceglie la juta, che sottopone a un trattamento particolare, a base di colla di pesce, di gesso “Bologna” e olio di lino, con lavorazione a caldo. Gli serve un supporto solido su cui lavorare a spatola che, sostituendosi al colore, offra uno sfondo ideale a paesaggi che trasfigurano nel sogno, ma anche l’accesso ad inedite esplorazioni cromatiche. La maturità Che la fonte principale d’ispirazione di Angelo Molin sia stata il Chiarismo, ovvero quella corrente post-impressionista caratterizzata dalla ricerca della luminosità, del tono su tono, da un impiego sapiente del colore e della luce, è evidente. Lo testimoniano anche il gusto per il paesaggio ed il ritratto, intesi come rappresentazione dal vero della natura e dell’uomo, senza infingimenti. La materia prima, di certo non manca: una moltitudine di personaggi, pescatori, merlettaie o semplice gente comune si aggira per la sua isola in attesa di incontrare la sensibilità di un pittore che sappia interpretarne i volti segnati dal vento e bruciati dal sale, le rughe di espressione testimonianza di durezze del passato, spesso di tormentate linee di vita. I paesaggi che ha davanti a sé sono gli innumerevoli scorci offerti dal “triangolo della bellezza”, ai cui vertici sono Burano, Torcello, Mazzorbo, olte ai ghebi e alle barene che si spingono fino alla linea d’orizzonte. Ed ecco posarsi lievemente sul canovaccio i colori di un bel prato luminoso a Mazzorbo, punteggiato di fiori che sembrano fluttuare sulla corrente di un fiume, oppure le panchine solitarie dei giardini pubblici che paiono intrattenersi, in assenza di passanti, in intimi conversari. Ma da uomo di laguna, fortemente legato alla sua terra, Angelo non si nasconde i problemi che la affliggono. Compaiono allora le barene con i gabbiani morti, giacenti tra rifiuti d’ogni sorta, segno di una natura malata, contaminata dalla cupidigia e dall’incoscienza degli uomini. Le ultime opere, in ordine di tempo, sono frutto di un lavoro sperimentale dove, abbandonata la mediazione della spatola, il pittore dipinge poggiando punti di colore direttamente sulla tela. L’effetto che si ottiene è insolito, a metà tra il figurativo e l’astratto. Dipende dalla distanza da cui le si osserva. Quelle che da vicino sembravano macchie confuse e indistinte prendono così forma nella mente di chi le guarda più da lontano. Talvolta, ad esempio nelle figure in corsa, è come se i soggetti fossero lanciati in una disperata fuga dal quadro e chiedessero al loro autore di aiutarli, in un estremo sforzo, a sfuggire alla loro condizione (e costrizione). Emblematico. Stefano D’Almo Associazione Artistica Culturale di Burano Municipalità di Venezia-Murano-Burano BRONSA TRA TERRA, ACQUA E CIELO L’ORIZZONTE POETICO DI UN PITTORE FIGLIO DELLA LAGUNA “Centro Culturale Galuppi” Burano 28 maggio - 12 giugno 2016 campo fiorito a Mazzorbo - olio su tela controluce - olio su tela BRONSA, L’ORIZZONTE POETICO DI UN PITTORE FIGLIO DELLA LAGUNA Dal disegno al colore L’incontro con il colore avviene quando ormai ha 28 anni. Angelo è un pittore istintivo, seppure consapevole che per crescere, per acquisire gli strumenti tecnici che gli dischiudano la strada verso la maturità artistica, deve studiare. Si iscrive così a vari corsi, prima di disegno, poi di pittura. Tra i suoi maestri: Bevilacqua, Ceccolin, Carrer e Battaglia, pittori veneziani molto noti in quegli anni. Comincia ad esporre in mostre en plein aired estemporanee a Treviso, Padova e Noale, in personali a Milano, alla Fernet Branca e alla Vivarelli. Partecipa a tutte le edizioni del Premio Burano (ora Invito al colore) e, nel 1970, viene premiato per “Orto a Torcello”. Prende parte alla IVa Biennale d’arte contemporanea di Asolo e anche qui ottiene un premio. Nel 1977, ad Eraclea Mare, riceve il premio Giorgio Morandi. Un anno dopo, con “Verso sera”, si classifica quarto al concorso internazionale di pittura “Baldassare Longhena”. Nei primi anni ’80 espone alla Scuola Grande di San Teodoro, in una collettiva cui contribuisce con oltre 20 opere. Nel 1982, dalla Fondazione Universitaria Accademica di Scienze, Lettere ed Arti, riceve il titolo di “Accademico di Camerino per le sue valenti doti di pittore nelle quali ha dimostrato gran talento”. Infine, nel 2003, è con una personale a Venezia, nel prestigioso Palazzo delle Prigioni. “Bronsa”, che in buranello sta per “Brace”, nasce a Burano il 15 luglio 1943. Lavoratore precoce, come spesso accadeva a quei tempi magri, Angelo Molin a dodici anni fa già il pescatore. A compimento della maggiore età, una svolta: va a bottega dai vetrai di Murano, dapprima garzone, poi soffiatore. Dopo qualche anno, nuova svolta: abbandona la fornace per entrare all’ACTV, l’azienda trasporti veneziana, dove svolge le mansioni di marinaio e infine di timoniere. Ma c’è una cosa che Angelo non abbandonerà mai, una passione cui resterà fedele per tutta la vita: il disegno, la voglia insopprimibile di fissare sulla carta le immagini che vede passare ogni giorno davanti ai suoi occhi. E se dalle battute di pesca trae ispirazione per le sue vedute lagunari, il gusto per i paesaggi primordiali e ancora incontaminati, per una realtà che pare sospesa in una dimensione temporale a sé stante, avulsa dalla frenetica mutevolezza del mondo, dal lavoro in fornace impara a vedere gli uomini con occhi diversi, a cogliere sul loro viso i segni di una fatica quotidiana che li incatena al loro destino.