Esplorare fenomeni elettrici per interpretare la

Michelini M, Mossenta A (2009) Esplorare i fenomeni elettrici, Treccani 2009 http://www.treccani.it/Portale/sito/scuola/in_aula/fisica/elettricita/michelini_mossenta.html
Esplorare fenomeni elettrici per interpretare la carica e la sua energia: il potenziale.
Marisa Michelini e Alessandra Mossenta
Unità di Ricerca in Didattica della Fisica dell’Università di Udine
Introduzione
I fenomeni elettrici sono da sempre parte della vita quotidiana, ma oggi sono anche elemento
essenziale del mondo tecnologico. E’ facile quindi che nei più disparati contesti ricorrano termini
legati ad essi, spesso sintetizzati sotto la parola “elettricità”. Con essa si vuole spesso far riferimento
tanto al concetto di “corrente elettrica” quanto a quello di “energia elettrica”, senza comprenderne i
ruoli diversi. Una comprensione adeguata dei fenomeni elettrici è invece necessaria per produrre
ragionamenti fondati in ambito energetico, oggi così centrale, e presuppone di affrontare in un
primo tempo il concetto fondamentale di “carica elettrica” e di individuare il potenziale come
grandezza che presiede al suo movimento. L’importanza dell’acquisizione di modelli interpretativi
scientifici dell’elettrostatica è sottolineata anche da numerose ricerche sugli apprendimenti, che
vedono nelle difficoltà in questo settore l’origine di mancata comprensione di tutto il settore dei
circuiti (Benseghir et al 1996).
La carica come ente a cui è riconducibile la natura elettrica della materia
Utilizzare la semplice fenomenologia del quotidiano per costruire i concetti alla base di tutti i
fenomeni elettrici, quali quello di carica e di potenziale, permette di accompagnare chi impara nella
costruzione graduale della conoscenza che realizza il passaggio da una visione di senso comune ad
una scientifica. L’interpretazione dei fenomeni di base dell’elettrostatica quali elettrizzazione,
polarizzazione e induzione è riferita da studenti di scuola media superiore a quattro modelli di
“elettricità”, il più frequente dei quali risulta essere quello che vede la carica come un fluido
(Guisasola et al 2004). Viene operata una distinzione tra isolanti e conduttori che attribuisce ai
primi soltanto la capacità di elettrizzarsi per strofinio e ai secondi quella di presiedere a tutti i
fenomeni interessati da movimento di carica. Non viene riconosciuta la natura elettrica della materia
e fenomeni quali l’induzione sono fraintesi. Dal punto di vista macroscopico la più evidente
fenomenologia elettrica è la produzione di modifiche ai corpi che li mettono in grado di interagire.
Si sperimenta quindi il modo di elettrizzarsi/caricarsi dei corpi e l’insorgere di forze di interazione.
Si osservano interazioni tra coppie formate da oggetti preparati in diversi modi, quali strisce di
nastro adesivo strappato e cannucce strofinate, (vedi fig. 1e 2) per individuare all’origine
dell’interazione osservata una modifica dello stato degli oggetti a seguito delle azioni compiute su
di essi.
Fig.1
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Fig.2
Si riconoscono due possibili modalità di interazione, repulsiva e attrattiva, riferite a stati uguali o
diversi nei due elementi di ciascuna coppia, dopo aver individuato la repulsione come indicatore di
interazione tra oggetti nello stesso stato (in quanto preparati nello stesso modo). Dall’ampiezza
variabile della divergenza delle strisce di nastro adesivo strappato si ricava la dipendenza
dell’intensità dell’interazione tanto dalla distanza quanto dalla misura diversa con cui la proprietà
viene acquisita, ad esempio strappando da superfici diverse. Si osserva anche l’assenza di
interazione nel caso in cui un solo oggetto venga modificato e l’elettrizzazione di entrambi gli
oggetti coinvolti nello strappo/strofinio, sempre eteronoma. Ciò permette di costruire un semplice
rivelatore di elettrizzazione costituito da strisce di nastro adesivo strappate tra loro, utilizzato sia per
scoraggiare l’interpretazione elettrica della fenomenologia magnetica, sia per individuare come
l’elettrizzazione per strofinio sia possibile per tutti gli oggetti, in particolare per i metalli. A questo
proposito si possono utilizzare una lattina metallica e una bottiglia di plastica collocate su sostegni
isolanti, che, strofinate, manifestano elettrizzazione avvicinando alla zona strofinata l’indicatore a
nastro. Se all’estremità opposta dei due oggetti vengono fissate delle striscioline leggere si nota che
esse hanno un comportamento diverso nei due casi: si sollevano se attaccate al metallo. (vedi fig. 3)
.
Fig.3
Ascritto il movimento delle strisce alla repulsione e dunque ad un loro stato elettrizzato si ricava
che i metalli, diversamente dagli isolanti, consentono il trasferimento degli enti responsabili
dell’elettrizzazione. Dopo aver individuato un altro procedimento di elettrizzazione, quello per
contatto (realizzato ad esempio toccando la lattina con un oggetto precedentemente strofinato e
osservando la repulsione delle strisce all’estremità opposta) si osserva che lo stesso effetto si
raggiunge anche solo per avvicinamento: ciò porta a ritenere che la fenomenologia sia riferibile ad
entità interne agli oggetti e non fornite dall’esterno e che le interazioni macroscopiche siano il
risultato di interazioni tra tali enti. Sulla base di questo si possono unificare metalli e isolanti: due
pendolini, uno metallico e uno di polistirolo, in presenza di una cannuccia strofinata si comportano
allo stesso modo, ovvero vengono attratti verso quest’ultima, vengono a contatto con essa e infine
se ne allontanano, respinti; la sola differenza riguarda i tempi, più lunghi nel secondo caso (vedi fig.
4). Si interpreta quindi questa differenza come limitazione nella distanza che gli enti responsabili
dell’elettrizzazione, le cariche, possono percorrere.
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Fig.4
Governare il movimento della carica
Le esplorazioni effettuate portano all’idea che due tipi di carica sono presenti all’interno di tutti gli
oggetti, tuttavia sono in grado di sollevare le striscioline solo se “opportunamente” spostate: le
cariche all’interno della lattina, ad esempio, producono un cambiamento della disposizione delle
strisce, sollevandole, solo se spostate dall’interazione con quelle presenti nell’oggetto strofinato. Il
trasferimento di carica, aspetto che lega l’elettrostatica ai circuiti, è un altro ambito in cui emergono
numerose difficoltà di apprendimento (Barbas et al 1997; Guruswamy et al 1997). In particolare,
ragionamenti basati sulla forza, fanno ritenere che esso avvenga solo tra oggetti carichi in modo
diverso, fino al neutralizzarsi di uno di essi. Al contrario ragionamenti basati su un modello a fluido
vedono nella quantità di carica il fattore determinante nel trasferimento, fino alla sua uguaglianza
all’equilibrio, indipendentemente dalle caratteristiche dei corpi e senza riferimenti al potenziale.
L’indagine sperimentale studia quindi le modalità di distribuzione della carica tra oggetti metallici
che vengono a contatto: su oggetti delle stesse dimensioni e forma (ad esempio due sfere uguali) la
situazione d’equilibrio è raggiunta con una pari quantità di carica; se le dimensioni degli oggetti su
cui si vuol trasferire carica sono diverse, a parità di situazione di partenza, l’equilibrio si raggiunge
con minor carica sull’oggetto di dimensioni minori (la sfera più piccola), ad indicare che qui la
condizione della carica sull’oggetto è meno favorevole all’accumulo ulteriore rispetto alla carica
sull’oggetto di dimensioni maggiori. (vedi Figura 5: i picchi più lunghi sono relativi alla carica su
una sfera precedentemente al contatto, gli altri alle cariche sulle due sfere dopo di esso: il primo
contatto è ripetuto, l’ultimo viene effettuato con una sfera più piccola della precedente)
Fig. 5
Il contatto tra due oggetti con carica e dimensioni diverse può provocare un trasferimento che ha
l’effetto di aumentare la differenza di carica presente sui due oggetti, nel verso cioè dal meno
elettrizzato al più elettrizzato; ad esempio, in fig.6, due sfere di dimensioni diverse, entrambe
elettrizzate, mostrano dopo il contatto di aver accentuato la differenza tra le cariche presenti su di
esse.
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Fig. 6
Dopo aver individuato la necessità di trovare riferimenti diversi dalla carica per l’analisi del suo
trasferimento restano aperte due questioni: In che senso e come avviene il trasferimento di carica?
Cosa caratterizza e regola l’equilibrio che si raggiunge?
Il fatto che nei sistemi di uguali dimensioni la grandezza che regola il trasferimento risulta essere la
carica, fino alla disposizione della stessa quantità sui due sistemi, porta a pensare che la grandezza
cui riferirsi per il trasferimento dipenda dalla carica, in senso direttamente proporzionale; il
comportamento nelle sfere di dimensioni diverse evidenzia l’influenza di queste ultime nel
trasferimento: sfere di dimensioni minori consentono alla carica presente su di esse maggiore
capacità di trasferimento. La grandezza che lo regola prende il nome di potenziale, rapporto tra la
carica sulla sfera e una grandezza che tiene conto della geometria del sistema, detta capacità. Un
generatore mantiene la sfera cui è collegato ad un potenziale costante. Al variare del potenziale su
ciascuna sfera si osserva una variazione della carica che si trasferisce su di essa, in modo tale da
mantenere costante il rapporto q/V; tale rapporto cresce al crescere delle dimensioni della sfera
stessa, e indica la quantità di carica che può trasferirsi sulla sfera sotto un determinato potenziale,
ovvero la capacità C. Il movimento di carica che si realizza nel trasferimento richiede che venga
impiegata dell’energia: tale risulta essere la natura della grandezza –il potenziale- che lo regola;
esso tiene conto sia della carica, l’ente che effettua gli spostamenti, che della sua disposizione,
attraverso le dimensioni degli oggetti su cui si colloca.
Bibliografia
Barbas & Psillos, 1997, Research in Science Education, 27 (3) 445 – 459
Benseghir & Closset, 1996, Int. J. Sci. Educ., 18 (2) 179 -191
Furió, Guisasola & Almudì, 2004, Can. J. Sci. Math. and Tech. Educ., 4 (3) 291 - 313
Guruswamy, Somers & Hussey, 1997, Physics Education, 32 (2) 91 – 96
NOTE SUGLI AUTORI
Marisa Michelini è professore ordinario di Didattica della Fisica presso la Facoltà di Scienze della
Formazione dell’Università di Udine, Direttore del Dipartimento di Fisica e responsabile della linea
di ricerca in Didattica della Fisica nel Dottorato di ricerca in Matematica e Fisica della stessa
Università. Ha coordinato la partecipazione dell’Unità di Ricerca in Didattica della Fisica (URDF)
dell’Università di Udine a 5 progetti europei, a 18 di rilevanza nazionale ed a 10 di rilevanza
regionale su ricerche inerenti l’educazione informale e la costruzione del pensiero formale in
ambito scientifico, il ruolo delle tecnologie della informazione e della comunicazione nel
superamento dei nodi concettuali in fisica, l’innovazione didattica nella scuola secondaria con
particolare riguardo alla meccanica quantistica, modelli e metodi per la formazione degli insegnanti.
Oltre 400 sono le pubblicazioni in tali settori di ricerca.
Michelini M, Mossenta A (2009) Esplorare i fenomeni elettrici, Treccani 2009 http://www.treccani.it/Portale/sito/scuola/in_aula/fisica/elettricita/michelini_mossenta.html
Alessandra Mossenta. Laureata in fisica, insegna nella scuola superiore. Attualmente sta seguendo
un corso di Dottorato in Didattica della fisica presso il Dottorato in Matematica e Fisica
dell’Università degli studi di Udine. Da anni svolge ricerche didattiche nell’ambito dell’Unità di
Ricerca in Didattica della Fisica dell’Università di Udine sulla comunicazione, il linguaggio,
l’educazione informale in fisica e la ricaduta di ricerche scientifiche nell’ambito dell’insegnamento
secondario.