i disturbi emozionali dopo un infortunio sul lavoro

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Con i Patrocini di
e
Dipartimento di Psicologia Generale "Vittorio Benussi"
I DISTURBI EMOZIONALI
DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
I risultati del Progetto in collaborazione
tra Dipartimento di Psicologia Generale dell’Universita di Padova
e Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati ed Invalidi del Lavoro
A cura di:
Giulia Buodo, Marta Ghisi, Marianna Munafò,
Caterina Novara e Daniela Palomba
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ANMIL onlus - www.anmil.it
Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati ed Invalidi del Lavoro
Fondazione ANMIL “Sosteniamoli subito - Onlus”
Tel +39 06 54196334/217 - [email protected]
Direzione Generale
Via Adolfo Ravà n. 124 - 00142 Roma
Tel. +39 06 54196201 - Fax +39 06 5406776
Organizzazione e coordinamento Progetto di ricerca - Grafica ed impaginazione
a cura dell’Ufficio Comunicazione e Relazioni Esterne ANMIL
Responsabile Dott.ssa Marinella de Maffutiis
Tel. +39 06 54196-205/208 - [email protected]
Grafica e impaginazione Ufficio Comunicazione ANMIL
Studio condotto
a cura del Gruppo di ricerca del Servizio di Psicofisiologia e Psicologia Clinica
del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova
Responsabile Prof. Daniela Palomba
Tel. +39 0498276643 • e.mail [email protected]
Stampa: Eurolit
Roma, novembre 2010 - 1ª Edizione
Tutti i diritti sono riservati ad ANMIL e Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova.
Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, interamente o in parte, memorizzata o inserita in un sistema di ricerca
delle informazioni o trasmessa in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo (elettronico o meccanico, in fotocopia o altro).
In copertina Scultura di Federica Antonioli
Finalista del Concorso ANMIL “Lʼaltra metà del lavoro”
I DISTURBI EMOZIONALI
DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Risultati del progetto in collaborazione
tra Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova e
Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati ed Invalidi del Lavoro
A cura di:
Giulia Buodo, Marta Ghisi, Marianna Munafò,
Caterina Novara e Daniela Palomba
UNIVERSITà DEgLI STUDI DI PADOVA
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DIsturbI EmozIonalI Dopo un InfortunIo sul lavoro
INDICE
Prefazione ANMIL: Il perché di questa ricerca ............................................................. pag. I
Il Gruppo di Ricerca ............................................................................................................. pag. VI
Il Progetto: Disturbi emozionali a seguito di un incidente sul lavoro ...................... pag. 2
Primo studio: L’indagine preliminare ............................................................................... pag. 6
Come è stata effettuata la valutazione .................................................................................. pag. 9
L’intervista e i questionari ......................................................................................................... pag. 11
L’attivazione fisiologica .............................................................................................................. pag. 11
Che cosa è emerso .................................................................................................................... pag. 13
Secondo studio .................................................................................................................... pag. 16
L’intervista e i questionari ......................................................................................................... pag. 20
Che cosa è emerso .................................................................................................................... pag. 21
Terzo studio .......................................................................................................................... pag. 28
Le prove di prestazione cognitiva ........................................................................................... pag. 30
Che cosa è emerso .................................................................................................................... pag. 32
Quarto studio: Una visione d’insieme ............................................................................. pag. 38
L’attivazione fisiologica .............................................................................................................. pag. 44
Che cosa è emerso .................................................................................................................... pag. 45
Le risposte di attivazione fisiologica ...................................................................................... pag. 48
Conclusioni .............................................................................................................................. pag. 50
Bibliografia ............................................................................................................................. pag. 54
Le Sedi ANMIL ..................................................................................................................... pag. 58
Ringraziamenti
FONDAZIONE ANMIL SOSTENIAMOLI SUBITO ONLUS
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
PREFAZIONE
ANMIL: il perchè di questa ricerca
Il fenomeno dei rischi professionali, della loro prevenzione e della tutela per le conseguenze lesive
è da oltre un secolo all’attenzione legislativa oltre che della scienza, della coscienza sociale, della
sensibilità politica e, ovviamente, dell’intero mondo del lavoro.
La costante attenzione è stata scandita da passaggi significativi, fra tutti dalla Costituzione, con una
ricchezza di indicazioni che abbiamo scoperto progressivamente fino alla sintesi attuale di un complesso di articoli che nell’insieme garantisce completezza di tutela per i lavoratori.
La pienezza di tutela assume oggi un valore ulteriore nelle nuove logiche di sviluppo del Sistema
Paese e dello stesso Welfare, alla luce di indicazioni politiche, sintetizzate nel Libro Verde del Ministro
Sacconi, che puntano, con varie sfumature, ad esaltare il ruolo della persona nella costruzione di
una vita “buona” grazie al suo lavoro, alla sua capacità di produrre ricchezza e, quindi, benessere
individuale e sociale.
È subito intuitivo, per questo, come la salute della persona e la sua tutela negli ambienti di vita e di
lavoro assumono un valore ulteriore nel momento in cui si superano le logiche del sistema di sicurezza
sociale, per puntare sulla persona-protagonista con l’intervento pubblico a sostegno dell’impegno individuale o a tutela delle condizioni di disagio sociale che l’individuo non sia in grado di superare.
Per questo ANMIL, pur continuando a sollecitare interesse e concreta attenzione per la tutela contro i
rischi professionali, dalla prevenzione alla riabilitazione, ha progressivamente affinato la riflessione
sulle cause del disagio sociale connesse al fenomeno degli infortuni e delle malattie da lavoro. Disagio
che ha certo una valenza immediatamente economica, ma anche di lungo periodo, se così si può
dire, qualora le conseguenze della menomazione abbiano tempi lunghi, percorsi insidiosi e difficili da
seguire nel loro andamento nocivo.
A questo proposito si pensa subito al mondo in divenire delle malattie lavoro-correlate, che spesso
sono sconosciute o che, se anche note a livello scientifico, si stenta, poi, ad individuare nel quotidiano
delle malattie che si contraggono.
Ma ci si riferisce, ne siamo convinti da tempo, anche alla circostanza che l’infortunio e la malattia professionale sono portatori di una sorta di “tossina” secondaria che si inserisce nell’organismo e nella
vita del soggetto che li subisce, condizionandone le emozioni, il modo di porsi nelle relazioni sociali
e, soprattutto, il suo “valore” lavorativo e professionale.
Con questa convinzione, da tempo puntiamo a spostare tali temi dal terreno scientifico - colpisce la
ricchezza bibliografica della ricerca - per trasferirli sul terreno di attenzione sociale e politica diffusa.
Solo così potremo far consolidare una piattaforma di attese consapevoli, prima e di rivendicazioni,
poi, che tocchino il versante della tutela prevenzionale, la rilevanza indennitaria, il tema del sostegno
umano e psicologico di cui vi sia bisogno.
Questo obiettivo, ovviamente, lo perseguiamo partendo dalla nostra vocazione, con l’impegno che le
nostre strutture dedicano alla presa in carico della persona, del socio e di quanti si rivolgono a noi, in
termini di ascolto, colloquio continuo, segnalazione di problemi specifici alle autorità preposte. Costruendo sul campo, insomma, un servizio di persone alle persone, rispetto al quale l’intervento dello
specialista possa e debba essere l’apice di un percorso.
Siamo consapevoli, infatti, che di fronte alla complessità e profondità dei bisogni delle persone che
hanno subito un infortunio – o ne vivono le conseguenze quotidianamente accanto all’infortunato –
tutto questo impegno di base non basta, pur se essenziale.
FONDAZIONE ANMIL SOSTENIAMOLI SUBITO ONLUS
I
UNIVERSITà DEgLI STUDI DI PADOVA
Lo avvertono gli operatori sul campo, emerge con sconcertante evidenza se si prova a fare un’indagine
sui bisogni: delle donne infortunate, ad esempio, rispetto alle quali una nostra ricerca del 2003 ha
fatto emergere situazioni sconcertanti e, su tutte, un diffuso stato di infelicità, con diretti riflessi sul potenziale sociale e lavorativo delle stesse.
Emerge dal quotidiano servizio del nostro call center, con richieste che spaziano dalla singola pratica
alla situazione di disagio familiare o personale.
Né basta guardare all’invalidità, perché se è pacifico che essa va aggredita prima dell’evento, con le
regole e la cultura della prevenzione, manca ancora la consapevolezza del valore di interventi che
rafforzino sul piano psicologico - l’espressione è generica - la capacità del soggetto di essere vigile rispetto ai rischi perché possa poi reagire in modo dinamico all’evento lesivo.
Per questo, con lo scopo di dare sollievo e sostegno ai singoli casi umani e di costruire un bagaglio
di informazioni e riflessioni generali, abbiamo attivato un numero verde per l’assistenza psicologica,
con dimensioni nei limiti delle nostre possibilità, affidato a persone qualificate, psicoterapeuti che negli
anni hanno messo insieme un patrimonio di esperienze sul campo con informazioni che contiamo di
razionalizzare per una rappresentazione strutturata e per una riflessione evolutiva sul servizio.
Si comprende, così, come l’ipotesi evolutiva possa essere suggestiva. Al tempo stesso è chiaro che si
tratta di un discorso impegnativo sul piano finanziario ma soprattutto professionale che richiede la
messa a fattore comune di risorse ed esperienze: contiamo, per questo, di farci promotori di strategie
condivise con altri soggetti pubblici e privati, potendo contare, d’ora in avanti di un canale di alimentazione dei servizi apicali arricchito dall’attività quotidiana del Patronato ANMIL.
In via prioritaria, comunque, intendiamo dare un nostro contributo per promuovere l’attenzione su
questi temi nel campo che ci è più vicino: l’assicurazione e la prevenzione per i rischi professionali,
facendo cadere le barriere che si frappongono continuamente fra conoscenza scientifica e mondo
delle applicazioni industriali, la politica e le relazioni sindacali, il mondo degli apparati e delle provvidenze pubblicistiche sul tema.
Vogliamo promuovere, insomma, una circolarità piena fra queste problematiche; fra tutti questi mondi,
con un obiettivo, fra l’altro, speculare rispetto a quanto realizzato per i temi classici della prevenzione,
costruendo con INAIL e realizzando grazie all’attenzione dei Ministri del MIUR e del Lavoro, un progetto
innovativo in tema di cultura della prevenzione che tende a radicare nelle coscienze dei giovani i valori
fondanti della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro.
Molto c’è da fare su questo terreno e non siamo noi quelli che da soli possono realizzare risultati significativi sul piano sociale.
Con questa consapevolezza, abbiamo cercato di indicare una strada con l’avvio del servizio di sostegno psicologico ma non si arriva da nessuna parte senza la partecipazione corale di operatori diffusi
sul territorio che creino le condizioni di base per la ricerca e la scientificità.
Con la stessa consapevolezza, abbiamo ritenuto che i tempi fossero maturi per un esperimento di
sinergia - questa ricerca di cui si presentano i risultati - che garantisse:
- al mondo scientifico la possibilità di sviluppare ricerca sul campo con la collaborazione di un soggetto, come l’ANMIL, che questo campo ben conosce;
- all’ANMIL la possibilità di portare avanti riflessioni e richieste per una migliore tutela, forti del sostegno di ricerche di eccellenza.
Per questo abbiamo puntato sulla collaborazione dell’Università degli Studi di Padova che, anche
grazie al nostro contributo finanziario, ha potuto dedicare una apposita progettazione ai temi oggetto
della ricerca. E si richiama il contributo finanziario - sia chiaro - non per un rilievo che non ha, ma per
testimoniare come al di là delle affermazioni, degli slogan, dell’attenzione gridata, ci deve essere un
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE
FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
modo concreto per manifestare attenzione ed impegno solidale.
Se questo lo può fare l’ANMIL con risorse finanziarie frutto dei contributi di circa 450.000 invalidi del
lavoro, lo possono fare - se lo vogliono - tutti coloro che sono dediti a vario titolo nel sociale, con la
ricorrente tentazione di fare da soli, come da soli del resto sono spesso tentati di fare i mondi della
scienza, della ricerca.
Abbiamo inteso fare un investimento, insomma, per dei frutti che - eccellenti in assoluto e per il percorso
di ricerca che l’apposita pubblicazione documenterà - miriamo ad utilizzare per una riflessione con
quanti operano nel welfare che consenta di promuovere quelle modifiche ed integrazioni oggi indispensabili nelle normative di settore, negli assetti organizzativi dei servizi.
Modifiche ed integrazioni che attestino la presa di coscienza del fatto che esiste un problema di sottovalutazione dei riflessi in questione: nel momento in cui si valuta il danno subito dall’interessato; nel
momento in cui l’invalido è preso in carico con grande attenzione verso le sue condizioni fisiche ma
con cura per lo più episodica per gli altrettanto gravi profili psicologici.
Puntiamo, insomma, a coinvolgere le parti sociali, l’INAIL, i Ministeri - ed il Parlamento di sfondo sulla necessità di porre il problema sul tappeto delle leggi e delle gestioni del welfare.
Può sembrare un obiettivo riduttivo, ma non lo è se si considera la complessità del tema - i risultati
della ricerca lo testimoniano - determinata da diversi e concomitanti fattori.
Anche in prima lettura e senza nessuna pretesa di scientificità, sembra chiaro che stiamo parlando di
situazioni in cui sono concausali fattori ambientali, sociali, lavorativi e, quindi, serve affrontare il tema
con il senso di responsabilità che è imposto dalle condizioni generali del welfare pubblico e dal rispetto
per il valore specifico che la tutela assicurativa pubblica deve mantenere.
Nell’occuparci di questo tema, in prima battuta rileviamo l’opportunità di riservare: attenzione e migliori
tutele indennitarie, che considerino quelli appena indicati, fattori di danno già al momento dell’infortunio; si impone - leggendo i dati della ricerca - attenzione terapeutica, dell’INAIL, quantomeno corrispondente a quella che dedica, in modi anche eccellenti, alla cura per le menomazioni fisiche più
gravi. E non può, naturalmente, non prevedersi una ponderata valutazione medico legale dei danni
consolidati a distanza di tempo, che non cancelli, come emerge dalla ricerca, i danni psicologici.
Siamo confortati in questo dall’osservare che l’INAIL sta consolidando una articolata strategia che
parte dalla rinnovata costituzione di un corpo di assistenti sociali che potrà garantire, direttamente o
come tramite per livelli specialistici, maggior sensibilità per i temi psicologici. Una strada che trova sicure sponde di professionalità nei medici dell’Istituto, già impegnati sul campo dello stress lavorativo.
Un impegno che - a nostro parere - sembra troppo legato all’assorbente tema del mobbing e che
potrà trovare nuovi sbocchi grazie alle sinergie con l’ISPESL oggi integrato nell’Istituto assicuratore che
ne può meglio valorizzare i lavori grazie al più diretto coordinamento.
Proprio questo coordinamento è - secondo noi - un’eccellente opportunità per saldare ricerche orientate
alla prevenzione e ricerche orientate alla tutela terapeutica ed indennitaria, creando continuità di attenzione che trovi, poi, le sue naturali radici nel mondo dell’istruzione scolastica ed universitaria, così
come sta accadendo per la prevenzione in generale.
Certamente questa ricerca porta un contributo di chiarezza e compiutezza di analisi che consente a
noi, e a tutti quelli che operano come noi in questo campo, di riflettere, costruire azioni positive sul
terreno del welfare pubblico, ed ipotesi di lavoro per iniziative che, complesse su detto terreno, possono essere avviate con doverosa attenzione per sostenere infortunati ed invalidi nella ricerca di un
giusto risarcimento civilistico.
Due elementi, però meritano di essere sottolineati, posti ai margini - per così dire - del prodotto
scientifico di ricerca.
FONDAZIONE ANMIL SOSTENIAMOLI SUBITO ONLUS
III
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
Il primo riguarda il percorso seguito, che traspare dal resoconto dei ricercatori ma che è bene rimarcare
per la parte in cui riguarda le strutture territoriali dell’ANMIL impegnate dai responsabili della ricerca
nell’individuazione dei soggetti giusti per le analisi sul campo, con un interscambio continuo fra i due
livelli - ricercatori e strutture - che conferma l’essenzialità di una partecipazione corale, ciascuno secondo la propria funzione e le proprie possibilità.
La partecipazione è corale e non può non esserlo nell’affrontare un tema che riguarda un numero
ancor oggi impressionante di persone ed una casistica di danni che è in continua espansione. In
questo scenario ritengo che debbano essere apprezzati i riferimenti alla consistenza del fenomeno
contenuti nel testo, a riprova che il discorso scientifico non tocca gli interessi e le attese di cerchie
ben delimitate di utenti, ma gli 800.000 lavoratori che si infortunano ogni anno (e sono solo gli
emergenti), le migliaia di infortunati che restano poi invalidi e - sarebbe bene approfondire - i familiari dei caduti sul lavoro.
L’altro elemento riguarda il fatto che, a conferma di quanto detto finora, gli stessi autori ritengono che
sia ancora lungo il percorso della ricerca scientifica sul tema, soprattutto per il passaggio dalla fase di
“ricarca di base” al consolidamento dei risultati da porre a base di una successiva attvità di ricerca
orientata al “fare”; quella ricerca, cioè, che consente poi, ad organizzazioni come la nostra, agli enti
come l’INAIL, ai Ministri ed al Parlamento di tirare le fila, di compiere le scelte che gli appartengono.
Franco Bettoni
Presidente ANMIL
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE
Antonio Giuseppe Sechi
Presidente Fondazione
FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
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UNIVERSITà DEgLI STUDI DI PADOVA
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GRUPPO DI RICERCA
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
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LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Il gruppo dei Ricercatori che ha progettato, coordinato e condotto gli studi qui presentati afferisce al Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università degli Studi di Padova. Il Dipartimento vanta una lunga e qualificata tradizione di ricerca in Psicologia, all’interno di una
delle più antiche Università d’Europa (e del mondo). Al suo interno lavorano diversi gruppi
che dispongono di un consistente numero di laboratori dotati delle più moderne apparecchiature hardware e software per progettare e condurre ricerche nei settori della psicologia
dei processi cognitivi, del comportamento animale, della psicofisiologia e neuropsicologia e
della psicologia clinica.
Tra questi laboratori, il Laboratorio di Psicofisiologia e Psicologia Clinica include cinque Sezioni che svolgono ricerca negli ambiti della psicofisiologia cardiovascolare, del sonno e
dei suoi disturbi, delle neuroscienze dell’emozione e dei disturbi d’ansia, della psicopatologia
sperimentale e clinica, del linguaggio e dei suoi disturbi, delle neuroscienze cognitive.
Ai laboratori di ricerca si affianca un Servizio clinico per i disturbi d’ansia e da stress, che
include anche una Sezione di Biofeedback e Neurofeedback. Il Servizio è aperto al pubblico
e costituisce anche una sede di formazione e supervisione per specializzandi e dottorandi
che intendano dedicarsi all’attività clinica sulla base di solide competenze di ricerca. Il Laboratorio ha l’esplicito intento di coniugare, in stretta interconnessione, ricerca di base e attività clinica, in modo da fornire ad ogni intervento clinico quei requisiti scientifici necessari
alla verifica della sua opportunità, utilità ed efficacia.
Con questi presupposti, i Ricercatori che hanno messo le loro competenze al servizio del Progetto ANMIL sono:
Daniela Palomba, Medico, Specialista in Psicologia medica, Professore ordinario di Psicologia Clinica;
Giulia Buodo, Psicologo, Ricercatore in Psicologia Clinica;
Marta Ghisi, Psicologo e Psicoterapeuta, Ricercatore In Psicologia Clinica;
Caterina Novara, Psicologo e Psicoterapeuta, Ricercatore in Psicologia Clinica;
Marianna Munafò, Psicologo, Borsista di Ricerca.
Accanto ai ricercatori strutturati, hanno collaborato all’attuazione degli studi, con motivazione
e impegno, specializzandi, tirocinanti e laureandi che, anche attraverso questo progetto,
hanno imparato i metodi e gli strumenti di ricerca necessari per un intervento clinico mirato
nel delicato settore delle conseguenze psicologiche di un incidente traumatico sul lavoro.
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IL
PROGETTO
Disturbi emozionali a seguito di un incidente sul lavoro
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Come richiama la prefazione al presente contributo, il progetto di ricerca, nasce da una sinergia di interessi e competenze.
Da un lato l’interesse e le competenze di un’Associazione, l’ANMIL, da sempre e sempre piu
̀
impegnata nel garantire ai propri Soci un sostegno che sia esauriente e puntuale; dall’altro
l’interesse di una struttura di ricerca, l’Universita
̀ , a tessere nel modo piu
̀ accurato possibile,
una struttura di sostegno che possa garantire all’applicazione di ogni intervento, soprattutto se
in ambito clinico, validita
̀ , attendibilita
̀ e garanzia di efficacia.
Entrambi i percorsi si possono sviluppare con una lenta e progressiva integrazione tra i Soggetti
(nel senso pieno del termine) di uno studio, che via via acquisiscono conoscenza e consapevolezza della complessita
̀ dei fattori che ruotano attorno ad un problema indagato, nel caso specifico i disturbi emozionali dopo un infortunio sul lavoro, e i Ricercatori (anche qui nel senso
piu
̀ pieno del termine) che pazientemente “smontano” il problema per analizzarne le componenti che piu
̀ plausibilmente contribuiscono alla sua origine, sviluppo o mantenimento.
Per entrambe le parti la maggiore soddisfazione deriva dalla possibilita
̀ di formulare protocolli
di intervento utili allo sviluppo e al benessere dell’individuo.
Con queste prospettive e
̀ intuitivo comprendere perche
́ nel progetto sia stato coinvolto il Dipartimento di Psicologia Generale dell’Universita
̀ di Padova e, in particolare, il suo laboratorio di
Psicofisiologia e Psicologia Clinica dove esistono, ormai da anni, le strutture, apparecchiature,
strumenti e competenze piu
̀ idonei per rispondere ai quesiti sollevati dall’ANMIL.
A partire dal 2005, e
̀ quindi nato un accordo tra ANMIL e Dipartimento di Psicologia Generale
dell’Universita
̀ degli Studi di Padova per un progetto di ricerca volto a definire dei protocolli
di valutazione delle conseguenze psicologiche di un incidente traumatico sul lavoro.
Il primo doveroso passo per avviare il progetto, e
̀ stato verificare quale sostegno scientifico poteva provenire dalla ricerca gia
̀ effettuata nel settore o in ambiti affini.
L’esistenza di potenziali effetti comportamentali, psicologici e psicosociali tra le conseguenze
di un incidente sul lavoro trova sostegno anche nella letteratura scientifica, sebbene i contributi
siano in numero meno consistente rispetto alla quantita
̀ di ricerche dedicate alle ripercussioni
di interesse medico dell’incidente.
Disturbi d’ansia conclamati, con un forte senso di vulnerabilita
̀ , incertezza e anche depressione,
sono presenti come effetti di lavori che implichino l’esposizione sostenuta e prolungata ad agenti
infettivi (Mian-Yoon Chong et al., 2004). Ansia generalizzata e depressione sono anche riferiti
a seguito di gravi incidenti sul lavoro con menomazione agli arti (Gustafsson e Ahlstro
̈m, 2004).
In generale, indipendentemente dalla loro natura, gli incidenti sul lavoro facilmente producono
un quadro congiunto di disturbo ansioso-depressivo, riferito nel 45% dei soggetti, accanto a
sintomi da stress o da stress post-traumatico e, in alcuni casi, un’ansia residuale persiste anche
a distanza di tempo dall’incidente, con ovvie ripercussioni sul grado di limitazione nella vita
quotidiana (MacDonald et al., 2003).
Spesso il quadro sintomatologico e
̀ meno facilmente inquadrabile come disturbo d’ansia o depressivo conclamato, ma assume piuttosto le caratteristiche del cosiddetto “disturbo di somatizzazione”. Si tratta di un quadro di stanchezza cronica, con ricorrenti lamentele fisiche
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multiple che spesso diventano clinicamente significative quando portano ad uso (o talora abuso)
di farmaci, o al ricorso continuo a interventi medici o diagnostici. Anche in questo caso si determina un’ovvia condizione di disadattamento personale, relazionale, sociale e lavorativo,
con l’aggravante che il quadro è piu
̀ subdolo e meno facilmente diagnosticabile. Ad eccezione,
infatti, di quei traumi in cui si verifica l’amputazione di un arto, con dolore persistente o, spesso,
dolore “da arto fantasma” (Smith et al., 1999; Friel et al., 2005; Kusljugic et al., 2006), nella
maggior parte degli altri casi il lavoratore infortunato riporta una sintomatologia meno evidente
all’inquadramento diagnostico tradizionale, ma non meno invalidante, inquadrabile come disturbo dell’adattamento. I sintomi piu
̀ frequenti sono: stanchezza, affaticabilita
̀ , dolore diffuso
(piu
̀ spesso riferito alla schiena), disturbi del sonno e incubi, umore depresso, che si sommano
a disturbi somatici ricorrenti.
Un analogo quadro e
̀ anche emerso da un’indagine effettuata dall’ANMIL su un campione di
donne infortunate sul lavoro anche con danni non gravemente invalidanti (Gruppo di lavoro
ANMIL per le politiche femminili, 2003).
Un ulteriore potenziale rischio, a seguito di un incidente sul lavoro, e
̀ quello che si strutturi un
quadro psicologico di tipo post-traumatico. Alcuni studi suggeriscono che l’incidente sul lavoro
puo
̀ rappresentare un evento traumatico improvviso e inatteso, in grado di predisporre allo sviluppo di un Disturbo da Stress Post-Traumatico (Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD), anche
quando il tipo di lavoro non e
̀ ad alto rischio.
Asmundson e collaboratori (1998) hanno valutato la presenza di PTSD in un gruppo di 121
lavoratori provenienti da diversi contesti lavorativi. Gli autori hanno rilevato che il 34,7% degli
individui riportavano la presenza di sintomi ascrivibili al PTSD o al PTSD sub-clinico (18,2%).
Burgess e colleghi (1996) hanno riscontrato che il 20% degli individui che avevano subito un
incidente sul lavoro mostrava tutti i sintomi per una diagnosi di PTSD e che tale associazione
era indipendente dalle seguenti caratteristiche: eta
̀ , genere, localizzazione fisica del danno,
tipologia del danno e distanza temporale dall’evento traumatico.
Diversi studi confermano, inoltre, che le vittime di incidente sul lavoro possono lamentare, anche
a distanza di tempo dall’evento, incubi ricorrenti, ansia, irritabilita
̀, ricordi ricorrenti e involontari
dell’incidente (flashback) e difficolta
̀ di memoria (Asmundson et al., 1998; Grunert et al., 2007).
A sei mesi dal trauma, questa sintomatologia ha probabilita
̀ di evolvere in un quadro clinico
conclamato di disturbo da stress post-traumatico nel 12% dei casi, o in una sua forma subclinica
o parziale nell’11% dei casi (Nyberg et al., 2003).
In aggiunta alla condizione clinica, coloro che hanno subito un incidente sul lavoro e hanno una
diagnosi di PTSD presentano anche una percentuale molto piu elevata di mancato rientro al
lavoro (42%), paragonati a coloro che non hanno una diagnosi di PTSD (9%; Matthewes, 2006).
Oltre al PTSD, coloro che hanno subito un incidente sul lavoro hanno anche un rischio piu
̀ elevato di sviluppare altri disturbi psicopatologici (Asmundson et al., 1998) e, in particolare sintomatologia depressiva, rispetto alla popolazione generale (Keogh et al., 2000).
Questi presupposti hanno costituito la base di partenza del progetto collaborativo tra
ANMIL e Dipartimento di Psicologia Generale dell’Universita
̀ di Padova, che si e
̀ sviluppato
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I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
attraverso una serie di ricerche.
L’obiettivo generale e
̀ stato quello di definire una procedura di valutazione sistematica delle
conseguenze psicologiche di un incidente sul lavoro in grado di cogliere la sintomatologia di
distress psicologico e disadattamento, o la presenza di disturbi clinici conclamati.
Particolare attenzione e
̀ stata posta sull’impatto prodotto dalle conseguenze psicologiche dell’incidente sull’adattamento psicosociale e, quindi, sulla capacita
̀ di rientro al lavoro. Se, infatti,
non sono disponibili protocolli di valutazione strutturati, analogamente sono carenti i programmi
di intervento mirati, soprattutto di tipo riabilitativo (piuttosto che “curativo”) volti a favorire il
rientro al lavoro, ma anche la ripresa di una vita relazionale e psico-sociale pienamente soddisfacente, nonostante l’incidente subìto.
Peculiarita
̀ delle ricerche effettuate e
̀ che esse non hanno avuto alcun intento di tipo epidemiologico. Numerose fonti possono confermare l’entita
̀ , l’estensione e la gravita
̀ del fenomeno infortunistico in Italia, e le relative conseguenze medico-legali.
Si é invece inanzitutto cercato di selezionare campioni rappresentativi della popolazione che
ha subìto un incidente traumatico sul lavoro, sono stati attentamente considerati i criteri per
identificare gruppi di controllo omogenei, e sono state analiticamente ricercate le caratteristiche
psicologiche e fisiologiche che possono costituire dei “campanelli d’allarme” per la salute psicologica e psicosociale dell’individuo a seguito di un infortunio.
Questo approccio permette (e promette) di identificare quei fattori di rischio, anche latenti, che
possono diventare obiettivi di intervento in procedure di sostegno e riabilitazione che, senza
necessariamente considerare patologiche le condizioni, offrano strumenti utili alla ripresa lavorativa e al reinserimento sociale del lavoratore infortunato.
Il progetto complessivo si e
̀ concretizzato in quattro studi (senza ovviamente contare le numerose
prove preliminari, studi pilota, protocolli progettati, rivisti e poi riformulati) che hanno coinvolto
oltre 100 Soci ANMIL (molti di più ne sono stati contattati senza poter essere poi inclusi nella
ricerca in base ai criteri definiti) e una ventina tra ricercatori, borsisti, dottorandi, tirocinanti e
studenti, che al progetto si sono dedicati con impegno e interesse.
Gli studi di seguito descritti sono il frutto di consistente, anche se a volte poco visibile, impegno
complessivo.
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
PRIMO
STUDIO
L’indagine preliminare
6
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Il primo studio (Novara et al., 2009) ha voluto porsi come un’iniziale indagine esplorativa.
Sono stati indagati due ambiti di possibili effetti dell’incidente sul lavoro: il distress emozionale,
con le sue eventuali manifestazioni cliniche, e l’attivazione fisiologica. Quest’ultimo aspetto richiede qualche precisazione preliminare. È ormai noto e ben consolidato in letteratura, che
l’esposizione a condizioni stressanti produce sull’organismo un insieme di effetti psicosomatici
rilevabili attraverso le modificazioni di funzioni regolate dal sistema nervoso vegetativo o somato-motorio (attivita
̀ cardiaca, pressione arteriosa, tensione muscolare, attivazione delle ghiandole sudoripare ecc.). Un’attivazione fisiologica esagerata, eccessivamente ridotta, o comunque
disorganizzata, costituisce contemporaneamente un segnale di risposta disfunzionale allo stress
e una spia per lo sviluppo di disturbi somatici (ad esempio, ipertensione arteriosa o forme gastritiche) o psicopatologici, in primis ansia e disturbo da stress post-traumatico (Orr e Roth, 2000).
Aspetto centrale di questo primo studio e
̀ stato l’introduzione di una metodologia di indagine multilivello che comprendeva la compilazione di questionari e la registrazione di indici fisiologici.
Il gruppo di individui che aveva subito un incidente sul lavoro e
̀ stato messo a confronto con
un gruppo di persone che non aveva avuto tale esperienza.
Lo studio ha anche costituito il primo passo per la messa a punto del protocollo di accertamento
e dei suoi strumenti, nell’intento di giungere a disporre di una metodologia di valutazione strutturata in questo contesto. Hanno preso parte allo studio 14 infortunati sul lavoro, tutti di genere
maschile selezionati tra lavoratori che avessero subito un incidente traumatico (con esclusione
di un grave trauma cranico, che avrebbe compromesso la validita
̀ delle prove). La distanza temporale dall’incidente sul lavoro era compresa tra i 5 e i 25 anni, con un valore medio pari a
̀ riportato da tali infortunati (secondo percentuali INAIL)
14,9 anni (DS1=6,47). Il tasso d'invalidita
era compreso tra il 33% e il 70% con una media del 43,14% (DS=10,62) (Figura 1).
Anni dall’incidente
21-25 anni
14%
16-20 anni
36%
5-12 anni
29%
11-15 anni
21%
Tassi invalidità
46-55%
21%
56-65%
0%
66-75%
7%
25-35%
29%
36-45%
43%
Figura 1: Distribuzione percentuale degli anni trascorsi dall’incidente sul lavoro e dei tassi di invalidità del campione di vittime di incidenti sul lavoro.
1
DS: deviazione standard.
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Non sono emerse differenze tra i due gruppi rispetto all’età (M=44,52; DS=5,47) e allo stato
civile. Riportiamo pertanto la distribuzione di queste variabili nel campione generale (Figura
2). I dati indicano chiaramente una prevalenza, nel campione che ha partecipato allo studio,
di giovani adulti nel pieno dell’età lavorativa. Nella grande maggioranza dei casi il lavoratore
presentava una situazione familiare e relazionale stabile.
Età
41-50 anni
11%
Stato Civile
Celibi/Divorziati
22%
>50 anni
30%
31-40 anni
59%
Coniugati/Conviventi
78%
Figura 2: Distribuzione percentuale in fasce di età e stato civile del campione generale di infortunati
sul lavoro e di controllo.
I due gruppi, invece, differivano significativamente per livello di istruzione: gli infortunati riportavano una media di 9,4 anni (DS=2,4) di scolarità e il gruppo di controllo una media di 12,1
anni (DS=2,8) (Figura 3). Non ci sono tuttavia ragioni per ritenere che tale differenza possa
aver prodotto un’influenza sui dati della valutazione affettiva e fisiologica.
Infortunati sul lavoro
Diploma
21%
Controlli
Lic. elementare
Laurea
7%
0%
Diploma
61%
Laurea
8%
Qual.
professionale
22%
Lic. media
50%
Qual.
professionale
8%
Lic. media
23%
Lic.
elementare
0%
Figura 3: Distribuzione percentuale del livello di scolarizzazione nel campione di vittime di incidenti
sul lavoro e nel gruppo di controllo.
8
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FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Come è stata effettuata la valutazione
L’assessment (o accertamento) fisiologico è un’indagine che si effettua su tre livelli:
1.
soggettivo (ad esempio: lo stato emotivo percepito, la sensazione soggettiva di tensione o allarme), attraverso un colloquio o un’intervista strutturata, questionari di auto
valutazione (self-report) e prove di prestazione;
2.
comportamentale (ad esempio: la mimica, la postura e la gestualità), attraverso questionari di valutazione effettuati dall’operatore, l’osservazione comportamentale e
prove di prestazione;
3.
fisiologico (ad esempio: la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, il tono muscolare), tramite la rilevazione degli indici fisiologici correlati al sintomo o al problema riferito.
Sebbene l’assessment sia una valutazione multimodale (utilizzando i tre livelli appena descritti),
la registrazione degli indici fisiologici rimane comunque l’aspetto peculiare. La procedura di
valutazione fisiologica consiste nel riprodurre in laboratorio, attraverso prove strutturate, quelle
situazioni che presumibilmente sono legate al disturbo, misurando contemporaneamente la reattività fisiologica del paziente a tali condizioni-stimolo.
La procedura standard di assessment prevede diverse registrazioni degli indici di interesse in
condizioni di riposo (misure basali), che vengono poi confrontate con i valori dei medesimi indici in risposta alle prove strutturate. È possibile, così, osservare in modo controllato una forma
di reazione analoga a quella che, nella vita dell’individuo, può essersi verificata in risposta
agli eventi stressanti cui è stato esposto.
Questo è reso possibile dall’allestimento di un apparato (oggi ne esistono di portatili, o facilmente organizzabili anche in piccoli spazi ambulatoriali) che permette la sincronizzazione tra
la strumentazione per la somministrazione della prova (presentazione di immagini, compiti di
immaginazione emozionale, attentivi, di concentrazione, calcolo mentale, ecc.), le apparecchiature di registrazione fisiologica e l’acquisizione delle risposte soggettive o comportamentali
(vedi Figura 4).
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Figura 4: Interconnessione tra strumentazione per la presentazione degli stimoli, rilevazione e registrazione degli indici fisiologici e acquisizione ed elaborazione dei dati durante un assessment psicofisiologico. (EEG=elettromiogramma; FC=frequenza cardiaca; EDA=atività elettrotermica).
Tratto da Palomba e Stegagno (2004).
10
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E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
L’intervista e i questionari
È stata somministrata un’intervista per la raccolta delle caratteristiche socio-demografiche (età,
stato civile, livello di istruzione, uso di medicinali e la presenza di malattie fisiche). Solo per il
gruppo di infortunati le informazioni rilevate riguardavano anche il grado di invalidità, l’assenza di ulteriori eventi traumatici e la descrizione dell’incidente sul lavoro. Nel gruppo di controllo veniva comunque accertata, all’inizio dell’intervista, l’assenza di eventi traumatici, anche
non legati all’attività lavorativa.
Nello specifico la valutazione ha considerato:
1.
I problemi psicologici e i sintomi di psicopatologia generale attraverso la Symptom
Check List (SCL-90; Derogatis et al., 1977).
2.
I livelli di ansia di stato e di tratto tramite lo State-Trait Anxiety Inventory (STAI Y1 e
STAI Y2; Spielberger, 1983; versione italiana a cura di Pedrabissi e Santinello, 1989).
Il questionario prevede 3 livelli di classificazione della sintomatologia ansiosa: bassa,
moderata,elevata.
3.
La sintomatologia post-traumatica attraverso la PTSD Symptom Scale (PSS; Foa et al.,
1993). Il questionario prevede 4 livelli di classificazione della sintomatologia ansiosa
post-traumatica: lieve, moderata, moderata-grave, grave.
4.
La gravità dei sintomi depressivi tramite il Beck Depression Inventory Second Edition
(BDI-II; Beck et al., 1996; versione italiana a cura di Ghisi et al., 2006). Il questionario
prevede 5 livelli di classificazione della sintomatologia depressiva: minima, lieve, moderata, elevata e grave.
L’attivazione fisiologica
Al fine di valutare come l’individuo reagisse a scene o immagini emozionali, alcune delle quali
fortemente collegate all’incidente subìto, sono state selezionate 36 immagini, divise in tre categorie emozionali: neutre (oggetti di uso domestico), spiacevoli aspecifiche, cioè non in relazione all’evento traumatico (ad esempio delle scene di minaccia) e spiacevoli traumatiche (ferite
ed incidenti che richiamavano l’infortunio).
Le immagini delle prime due categorie sono state selezionate dal catalogo International Affective Picture System (IAPS; Lang et al., 2008). Diversamente, le immagini che raffiguravano ferite
ed incidenti sul lavoro sono state selezionate da un set più ampio di stimoli creato appositamente per tale studio, attingendo da varie fonti (siti web, materiale fotografico, giornali e riviste,
ecc.) (Figura 5).
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Figura 5: Esempi di immagini di ferite e incidenti sul lavoro impiegate nello studio.
Mentre i partecipanti osservavano le immagini su un pc, venivano registrate alcune risposte fisiologiche di attivazione. In particolare, sono state registrate la frequenza cardiaca, responsabile della tipica accelerazione (ma talora anche decelerazione) del battito cardiaco in situazioni
emozionali, e la conduttanza cutanea, una misura dell’attività delle ghiandole sudoripare,
molto sensibile all’attivazione indotta da stimoli nuovi, insoliti o stressanti.
Ad ogni singolo partecipante è stato inizialmente chiesto di rimanere seduto a riposo, per permettere agli indici fisiologici considerati di stabilizzarsi. Quindi il partecipante veniva informato
che avrebbe visto sullo schermo una sequenza di immagini che avrebbe dovuto osservare attentamente. Durante la visione delle immagini venivano registrate le risposte di attivazione. Al
termine della visione di ogni singola immagine i partecipanti valutavano la propria esperienza
emozionale sulle dimensioni della piacevolezza/spiacevolezza e calma/attivazione (Figura 6).
Figura 6: Schema della prova di visione di immagini emozionali.
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I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Che cosa è emerso
Ad una prima analisi, sono emersi dati che potremmo definire relativamente rassicuranti: rispetto all’impatto dell’incidente sulle variabili psicologiche e fisiologiche, gli individui che hanno
subito un incidente sul lavoro non sono risultati significativamente più ansiosi, depressi o affetti
da sintomi generali di psicopatologia, rispetto al gruppo di controllo. Nemmeno le risposte fisiologiche sono risultate significativamente diverse nei due gruppi.
Tuttavia, il gruppo che aveva subito l’incidente ha evidenziato punteggi più elevati rispetto al
gruppo di controllo nel questionario che misura la sintomatologia da stress post-traumatico.
Questo dato indica una maggiore propensione al rischio di sviluppare un disturbo da stress
post-traumatico negli individui che hanno subito un incidente sul lavoro, rischio tanto più degno
di nota in quanto non si evidenzia attraverso sintomi manifesti di ansia o depressione.
Per questa ragione, ulteriori analisi sono state effettuate all’interno del gruppo di coloro che
avevano subìto un incidente sul lavoro allo scopo di identificare caratteristiche differenziali tra
coloro che riferivano un’elevata sintomatologia post-traumatica e coloro che invece riportavano
una ridotta o assente sintomatologia.
Sono emersi risultati interessanti: gli individui con elevati punteggi alla scala dei sintomi di
PTSD hanno mostrato un grado significativamente maggiore di psicopatologia generale (SCL90), di sintomatologia depressiva (BDI-II) e ansiosa (STAI-Y), rispetto al gruppo di infortunati
caratterizzati da assenza o scarsa sintomatologia post-traumatica (Figura 7).
Sintomatologia ansiosa
Alto PSS
Basso PSS
Sintomatologia depressiva
Alto PSS
Basso PSS
Figura 7: Livelli di ansia (punteggio alla scala STAI Y2, range 20-80) e depressione (punteggio al questionario BDI-II, range 0-63) degli infortunati ad elevata e ridotta sintomatologia post-traumatica (rispettivamente Alto PSS e Basso PSS).
Dal punto di vista fisiologico si sono riscontrati risultati altrettanto interessanti.
Gli infortunati con elevati sintomi di PTSD hanno mostrato una minore reazione emozionale,
come indicato dalle risposte di conduttanza cutanea globalmente meno ampie, rispetto agli infortunati con sintomi di PTSD lievi o assenti. Inoltre, gli invalidi con elevata sintomatologia posttraumatica hanno mostrato una sorta di appiattimento della reattività emozionale, con risposta
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simile e indifferenziata ai diversi contenuti emozionali: stimoli neutri (oggetti domestici), spiacevoli non traumatici (minaccia) e spiacevoli traumatici (ferite/incidenti). Al contrario, gli individui
con bassa sintomatologia post-traumatica hanno evidenziato reazioni emozionali in linea con
il contenuto delle immagini, mostrando risposte di conduttanza cutanea più ampie alle immagini
legate al trauma, seguite da quelle spiacevoli non traumatiche e infine neutre (Figura 8).
risposta di conduttanza cutanea
0.60
0.50
0.40
■
■
Alto PSS
Basso PSS
0.30
0.20
0.10
0.00
spiacevole
non traumatica
neutra
spiacevole
traumatica
Figura 8: Risposta emozionale valutata attraverso la conduttanza cutanea degli individui con alta o
bassa sintomatologia post-traumatica (questionario PSS) alle tre categorie di immagini.
Questo primo studio ha permesso di delineare un quadro iniziale delle conseguenze psicologiche legate ad un incidente sul lavoro. Nel campione studiato non sono emersi consistenti disturbi
psicologici né rispetto all’ansia né alla depressione.
Tuttavia si è rilevata una certa propensione al rischio di sviluppare un disturbo da stress posttraumatico, rischio che appare presentarsi in modo subdolo, non risultando associato a quadri
psicopatologici ansioso-depressivi conclamati.
Gli infortunati con maggiore sintomatologia post-traumatica hanno mostrato un grado di distress
emozionale più elevato, accompagnato tuttavia da una minore reattività fisiologica e da una
forma di appiattimento della reattività emozionale.
Che cosa può indicare questo appiattimento della reattività emozionale, proprio negli individui
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FRA
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E INVALIDI DEL
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I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
che sono più a rischio di sviluppare un disturbo da stress post-traumatico?
Il ridotto stato di attivazione può essere indicativo che il rischio di disturbo da stress si possa
presentare in modo subdolo e non evidente sul piano clinico attraverso i sintomi manifesti dell’ansia. Inoltre la scarsa reattività dell’organismo a situazioni emotigene potrebbe essere sintomatica di una tendenza di tali infortunati all’evitamento di stimoli collegati al trauma.
Bisogna tuttavia considerare che gli infortunati cha hanno partecipato a questo primo studio
avevano subìto l’incidente da un tempo mediamente lungo. E’ pertanto possibile che la ridotta
reattività fisiologica, proprio nelle vittime di infortuni lavorativi con più elevata sintomatologia
post-traumatica, possa essere in relazione con la cronicizzazione dei sintomi del PTSD insieme
a quelli ansioso-depressivi. In tal modo il quadro sintomatologico non si palesa in forma definita
e conclamata, quanto piuttosto in forma di disfunzioni emozionali e sintomi di disadattamento
(ansia, umore depresso, pensieri e ricordi intrusivi legati al trauma) che permangono anche a
lungo dopo l’evento traumatico (anche a distanza di 25 anni).
Questi elementi possono essere emersi proprio grazie alla valutazione multidimensionale delle
conseguenze degli incidenti sul lavoro. La valutazione integrata, clinica e fisiologica, permette
di identificare anche forme di dissociazione tra sintomatologia riferita e attivazione dell’organismo che possono contribuire alla spiegazione di alcune manifestazioni cliniche che verosimilmente si producono nel corso del tempo dopo l’incidente, associandosi al mantenimento e alla
cronicizzazione della sintomatologia.
È ragionevole supporre che la distanza dall’evento, soprattutto in un campione numericamente
ristretto, possa aver fatto emergere solo una parte delle conseguenze dell’incidente, probabilmente quelle maggiormente legate alla cronicizzazione dei sintomi.
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SECONDO
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STUDIO
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I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Sulla base dei risultati della prima indagine, si è programmato un secondo studio con l’obiettivo
di estendere l’indagine clinica ad un campione più ampio, e più omogeneo, in particolare rispetto alla distanza temporale dall’infortunio. Questo secondo studio ha voluto concentrarsi
sugli aspetti clinici, rilevabili attraverso interviste e questionari, introducendo l’analisi di alcuni
fattori solitamente trascurati nelle comuni valutazioni diagnostiche. Un fattore particolarmente
importante è quello della resilienza, ovvero delle risorse psicologiche che ciascun individuo ha
a disposizione nel momento in cui è esposto ad una situazione stressante, e che può proteggere
dal rischio di sviluppare sintomi post-traumatici. Inoltre irritabilità o accessi di rabbia ingiustificati
possono costituire segnali che mascherano altri disturbi, quali ansia post-traumatica o depressione.
Sono quindi state valutate le caratteristiche psicologiche di coloro che avevano subìto un incidente sul lavoro, rispetto ad un gruppo di individui che non aveva subito alcun tipo di infortunio
(Ghisi et al., inviato per pubblicazione).
Hanno preso parte allo studio 38 lavoratori che avevano subìto un incidente sul lavoro e 38 individui che non avevano riportato alcun infortunio lavorativo, né altri tipi di evento traumatico,
selezionati dalla popolazione generale con caratteristiche di genere, scolarità ed età simile al
primo gruppo. Anche in questo studio, come in tutti i successivi, sono stati presi in considerazione i soli incidenti sul lavoro traumatici e non, ad esempio, le malattie professionali.
Considerando il solo gruppo di infortunati, il profilo professionale precedente l’incidente è rappresentato, con poche eccezioni, da lavoratori dell’industria o artigiani, impieghi considerati
non particolarmente a rischio o pericolosi (Tabella 1).
Professione
n
Operaio in fabbrica
21
Elettricista
3
Impiegato
3
Autista
2
Muratore
2
Cuoco
1
Giardiniere
1
Imbianchino
1
Imprenditore
1
Ingegnere
1
Magazziniere
1
Tecnico
1
Totale
38
Tabella 1: Elenco delle professioni e numero di lavoratori per ogni categoria nel gruppo di infortunati
sul lavoro.
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Nel gruppo di infortunati, la distanza temporale dall’incidente sul lavoro variava tra 6 mesi e
7 anni, mentre il tasso di invalidità (secondo percentuali INAIL) era compreso tra il 25% e il
75%, con una media del 46,73% (DS=13,5) (Figura 9).
Anni dall’incidente
Tassi invalidità
< 2 anni
10%
56-65%
22%
6-7 anni
53%
66-75%
8%
36-45%
30%
46-55%
13%
3-5 anni
37%
25-35%
27%
Figura 9: Distribuzione percentuale degli anni trascorsi dall’incidente sul lavoro e del tasso di invalidità del gruppo di infortunati.
Relativamente alle caratteristiche demografiche, non sono emerse differenze tra il campione di
infortunati ed il gruppo di controllo nell’età (M=35,8; DS=8,39). Inoltre, in entrambi i gruppi
la maggior parte dei partecipanti era di genere maschile, in quanto solo 8 donne hanno preso
parte allo studio (Figura 10).
Età
41-50 anni
34%
Genere
< 30 anni
29%
Femmine
11%
Maschi
89%
31-40 anni
37%
Figura 10: Distribuzione percentuale in fasce di età e genere del campione di vittime di incidenti sul
lavoro e di controllo.
18
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Anche in questo studio si riflette il dato epidemiologico generale che vede in individui di genere
maschile e di età coincidente con la piena attività lavorativa i soggetti più a rischio di incidente
lavorativo.
Sia nel campione di infortunati sia nel gruppo di controllo, circa il 50% dei partecipanti ha
completato le scuole medie superiori, conseguendo il diploma. Elevato è anche il numero di coloro che hanno conseguito la licenza media inferiore, mentre meno nutrito è il gruppo dei laureati e di coloro che si sono fermati alla licenza elementare (Figura 11).
Infortunati sul lavoro
Lic.
elementare
0%
Laurea
5%
Lic. media
39%
Controlli
Laurea
18%
Diploma
53%
Lic. elementare
5%
Lic. media
21%
Diploma
45%
Qual.
professionale
11%
Qual.
professionale
3%
Figura 11: Distribuzione percentuale del livello di scolarizzazione del campione di vittime di incidenti
sul lavoro e del gruppo di controllo.
Per quanto riguarda lo stato civile dei partecipanti, la situazione familiare o relazionale appare
ugualmente strutturata nei due gruppi: nel campione di infortunati sul lavoro e di controllo più
della metà conviveva o era sposata al momento della partecipazione allo studio (Figura 12).
Infortunati sul lavoro
Coniugati/Conviventi
63%
Celibi/Divorziati
37%
Controlli
Coniugati/Conviventi
58%
Celibi/Divorziati
42%
Figura 12: Distribuzione percentuale relativa allo stato civile del campione di infortunati sul lavoro e
del gruppo di controllo.
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19
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Sono emerse, invece, grandi differenze nello stato occupazionale dei due gruppi: solo il 58%
degli infortunati sul lavoro aveva un impiego fisso al momento della partecipazione allo studio,
a fronte della quasi totalità (92%) di occupati nel gruppo di controllo (Figura 13).
Lo stato di disoccupazione riferito dagli infortunati è risultato spesso conseguenza dell’incidente
sul lavoro: ma questo potrebbe essere non solo determinato dalle sue implicazioni sul piano fisico, ma anche dalle conseguenze sul piano psicologico e relazionale.
Infortunati sul lavoro
Occupati
58%
Controlli
Disoccupati
42%
Disoccupati
8%
Occupati
92%
Figura 13: Distribuzione percentuale relativa allo stato occupazionale del campione di infortunati sul
lavoro e del gruppo di controllo.
L’intervista e i questionari
Come nello studio precedente la valutazione ha previsto l’impiego di un’intervista effettuata da
uno psicologo clinico, volta a rilevare i dati socio-demografici (età, stato civile, livello di istruzione, uso di medicinali e la presenza di malattie). Solo per il gruppo di infortunati le informazioni rilevate riguardavano anche il grado di invalidità, l’assenza di ulteriori eventi traumatici
e la descrizione dell’incidente sul lavoro. Nel gruppo di controllo, l’assenza di eventi traumatici
è stata valutata all’inizio dell’intervista.
Ai questionari utilizzati nello studio precedente ne sono stati aggiunti alcuni volti ad identificare
più specificamente alcune caratteristiche psicologiche importanti rispetto al rischio di disturbo
da stress post-traumatico. Nello specifico la valutazione ha considerato:
1.
I problemi psicologici e i sintomi di psicopatologia generale attraverso la Symptom
Check List (SCL-90; Derogatis et al., 1977).
2.
I livelli di ansia di stato e di tratto tramite lo State-Trait Anxiety Inventory (STAI Y1 e
STAI Y2; Spielberger, 1983; versione italiana a cura di Pedrabissi e Santinello, 1989).
Il questionario prevede 3 livelli di classificazione della sintomatologia ansiosa: bassa,
moderata, elevata.
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LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
3.
4.
5.
6.
La sintomatologia post-traumatica attraverso la PTSD Symptom Scale (PSS; Foa et al.,
1993). Il questionario prevede 4 livelli di classificazione della sintomatologia ansiosa
post-traumatica: lieve, moderata, moderata-grave, grave.
La gravità dei sintomi depressivi tramite il Beck Depression Inventory Second Edition
(BDI-II; Beck et al., 1996; versione italiana a cura di Ghisi et al., 2006). Il questionario
prevede 5 livelli di classificazione della sintomatologia depressiva: minima, lieve, moderata, elevata e grave.
L’esperienza e la manifestazione della rabbia attraverso lo State-Trait Anger Expression
Inventory (STAXI; Spielberger, 1988; versione italiana a cura di Comunian, 1992).
L’abilità di reagire a situazioni stressanti (resilienza) tramite la Connor-Davidson Resilience Scale (CD-RISC; Connor e Davidson, 2003).
Che cosa è emerso
I lavoratori infortunati hanno riportato livelli medi di ansia e depressione significativamente
maggiori rispetto al gruppo di controllo (Figura 14).
Sintomatologia ansiosa
Infortunati
Controlli
Sintomatologia depressiva
Infortunati
Controlli
Figura 14: Livelli di ansia (punteggio alla scala STAI Y2, range 20-80) e depressione (punteggio al questionario BDI-II, range 0-63) nel campione di infortunati e nel gruppo di controllo.
Tra i lavoratori che hanno subìto un incidente sul lavoro, la sintomatologia depressiva è risultata
molto varia: un terzo del campione ha riferito livelli minimi di depressione, a fronte di un altro
terzo in cui la sintomatologia era invece grave, ad indicare una situazione di particolare difficoltà (Figura 15).
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21
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Sintomatologia depressiva
Grave
34%
Minima
37%
Elevata
13%
Moderata
5%
Lieve
11%
Figura 15: Distribuzione percentuale della sintomatologia depressiva nel gruppo di vittime di incidenti
sul lavoro.
Nonostante il 62% degli infortunati presentasse una scarsa sintomatologia ansiosa, per il 38%
del campione considerato l’ansia raggiungeva livelli non trascurabili dal punto di vista clinico
(moderata o elevata) (Figura 16).
Sintomatologia ansiosa
Moderata
27%
Elevata
11%
Bassa
62%
Figura 16: Distribuzione percentuale della sintomatologia ansiosa nel gruppo di vittime di incidenti
sul lavoro.
22
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Gli infortunati presentavano, inoltre, con maggiore frequenza rispetto al gruppo di controllo,
sintomi di tipo post-traumatico hanno riferito di trovarsi spesso nella condizione di rivivere l’incidente subìto, con tutto il carico emozionale e i sintomi di attivazione che ne conseguono, e di
cercare, pertanto, di evitare luoghi e situazioni che potrebbero richiamare loro alla mente
l’evento (Figura 17).
Sintomatologia post-tramumatica
Controlli
Infortunati
Figura 17: Sintomatologia post-traumatica (punteggio alla scala PSS, range 0-51) nel campione di infortunati e nel gruppo di controllo.
Gli infortunati hanno riportato mediamente una sintomatologia post-traumatica di moderata gravità con, tuttavia, una grande variabilità all’interno del gruppo: il 39% lamentava sintomi gravi
o moderatamente gravi, che rientrano pienamente in una diagnosi di PTSD, a fronte di un 29%
per cui la sintomatologia è risultata lieve (Figura 18).
Sintomatologia post-traumatica
Lieve
29%
Grave
10%
Moderata/Grave
29%
Moderata
32%
Figura 18: Distribuzione percentuale della gravità della sintomatologia post-traumatica nel gruppo di
infortunati.
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Questo dato non sempre e non necessariamente riflette la frequenza generale di sintomi d’ansia,
mettendo in evidenza l’importanza di una valutazione specifica.
Gli infortunati hanno inoltre riferito maggiore rabbia e problemi generali di natura psicologica
o psicopatologica, rispetto ai membri del gruppo di controllo (Figura 19).
Problemi psicologici e psicopatologia
Infortunati
Rabbia
Infortunati
Controlli
Controlli
Figura 19: Sintomi psicopatologici (punteggio alla scala del SCL-90, range 0-4) e livelli di rabbia (punteggio alla scala STAXI, range modificato 0-40) nel campione di infortunati e nel gruppo di controllo.
È emersa inoltre un’associazione tra maggiore consistenza della sintomatologia clinica e minore
capacità di reagire agli eventi stressanti. I lavoratori che hanno subito un incidente hanno riportato infatti un minore livello di resilienza, rispetto al gruppo di controllo, ad indicare minori
risorse per affrontare gli eventi stressanti (Figura 20).
Resilienza
Infortunati
Controlli
Figura 20: Capacità di far fronte alle situazioni stressanti (punteggio alla scala CD-RISC, range 0-100)
nel campione di infortunati e nel gruppo di controllo.
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FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Questi dati sono corroborati dalle analisi correlazionali, dalle quali è risultato che:
nel gruppo di infortunati sul lavoro all’aumentare della gravità della sintomatologia
post-traumatica aumentavano i problemi legati all’ansia, alla rabbia, alla depressione, e alla presenza di psicopatologia. Al contrario, all’aumentare della sintomatologia post-traumatica si riducevano le abilità di reagire alle situazioni stressanti
(resilienza).
Non è emersa invece alcuna relazione tra la gravità della sintomatologia post-traumatica e né la distanza temporale dall’evento traumatico né il grado di disabilità fisica.
Riassumendo, gli infortunati che hanno riportato una sintomatologia post-traumatica
elevata hanno presentato anche altri disturbi emozionali come ansia, rabbia e depressione. Il campione selezionato in questo studio, più numeroso rispetto allo studio
precedente e con un trauma relativamente più recente, ha mostrato risultati che confermano i dati della letteratura scientifica.
È invece degna di nota la mancanza di relazione tra entità della sintomatologia posttraumatica e grado di invalidità o distanza temporale dall’evento. Il grado di disabilità assegnato ad un individuo che ha subito un incidente sul lavoro non sembra,
quindi, cogliere tutte le conseguenze psicologiche ed emozionali di tale evento. Inoltre, tali conseguenze non sembrano diminuire con il passare del tempo: distanze temporali più lunghe non sono collegate ad una minore sintomatologia post-traumatica.
Ancor più di rilievo è il fatto che questi individui hanno più difficoltà di rientro al lavoro. In questo studio, infatti, il 40% degli infortunati sul lavoro non ha ripreso a lavorare. Il dato può essere in linea con quello del 47,4% di invalidi che ha lamentato
un grado di depressione compreso tra elevato e grave e del 39% che ha riportato un
livello clinicamente rilevante di sintomatologia post-traumatica.
Lo studio ha messo in luce, in una popolazione più omogenea rispetto allo studio precedente, la maggiore vulnerabilità degli individui che hanno subito un incidente sul
lavoro allo sviluppo di disturbi d’ansia, e, in particolare, di un disturbo da stress posttraumatico, oltre che disturbi depressivi e difficoltà nel fronteggiare situazioni stressanti e nel gestire la propria rabbia.
L’esperienza clinica indica che talvolta sono proprio l’irritabilità e gli scoppi di collera a suggerire la possibile presenza di un precedente evento traumatico, anche indipendentemente dal manifestarsi di quadri clinici ansioso-depressivi. Questo scarso
controllo emozionale, insieme alla difficoltà di gestione delle reazioni di stress, potrebbe costituire un segnale su cui intervenire precocemente per contrastare lo sviluppo di un quadro clinico conclamato.
Il rischio di sviluppare un disturbo da stress post-traumatico è emerso in modo netto
nel presente studio. Inoltre è evidente che una maggior gravità della sintomatologia
post-traumatica è associata ad un più alto grado di distress emozionale e di psicopatologia generale, e a ridotte capacità di gestione dello stress e della rabbia.
Le ripercussioni psicologiche individuali possono perdurare anche a distanza di
tempo dall’incidente e potrebbero essere la causa diretta di un mancato rientro al la-
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25
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voro e di un ridotto funzionamento psico-sociale. Questo sottolinea, di nuovo, l’utilità
di intervenire tempestivamente dopo l’infortunio, con una diagnosi precoce e con l’offerta di un’assistenza psicologica mirata alle vittime di incidenti sul lavoro. Si può
pensare, in tal modo, di rafforzare le capacità dell’individuo di fronteggiare le situazioni problematiche riuscendo, probabilmente, a prevenire l’esordio di sintomi psicopatologici e a promuovere, invece, una migliore qualità della vita e un più rapido
ritorno al lavoro.
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FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
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TERZO
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STUDIO
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E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Il dato di una difficoltà nella ripresa lavorativa può essere ragionevolmente imputato alle
conseguenze mediche dell’infortunio, ma i nostri dati suggeriscono che questo potrebbe
essere anche legato alla presenza di disturbi emozionali, ansia, depressione, irritabilità,
o anche di forme latenti o conclamate di disturbo da stress post-traumatico, come evidenziato negli studi precedenti.
Tuttavia, nel disturbo da stress post-traumatico il quadro clinico non comprende unicamente sintomi ansioso/depressivi, ma include anche diversi disturbi delle funzioni cognitive. Di particolare rilevanza sono quelli che riguardano la memoria: ricordi ricorrenti,
improvvisi e involontari indotti da stimoli in qualche modo legati all’evento traumatico
(pensieri intrusivi, flashback, incubi) si accompagnano a difficoltà a rievocare intenzionalmente i dettagli del trauma (Halligan et al., 2002).
Spesso i ricordi involontari dell’evento traumatico possono interferire con le attività quotidiane, come tenere a mente appuntamenti, liste di cose da fare o da acquistare, o impegnarsi in attività che richiedono attenzione e concentrazione (Morey et al., 2009).
Talora può risultare compromessa anche la capacità di ricordare informazioni “neutre”,
non legate all’evento traumatico, ma riferite alla normale quotidianità (Johnsen e Asbjørnsen, 2008).
Oltre alle difficoltà di memoria, negli individui con PTSD, sono state documentate anche
difficoltà a concentrarsi, a organizzare e pianificare le attività e a selezionare efficacemente le informazioni più rilevanti per svolgere un determinato compito (Vasterling et al.,
2002; Horner e Hamner, 2002; McNally, 2006).
Analogamente a quanto si osserva in individui con altri disturbi d’ansia, le persone con
PTSD tendono, inoltre, a focalizzare involontariamente la loro attenzione su tutto ciò che
può ricordare loro, anche lontanamente, l’evento traumatico (suoni, immagini, parole o
frasi; Buckley et al., 2000, Constans, 2005).
L’indagine sui deficit cognitivi nelle persone che hanno subito un infortunio sul lavoro e
possono essere a rischio di sviluppare un PTSD, è stata sorprendentemente e ingiustificatamente trascurata.
Più di altri tipi di evento traumatico occasionale, l’incidente sul lavoro è solitamente seguito (o sarebbe auspicabile che lo fosse) dal reinserimento dell’individuo nello stesso
contesto che ha prodotto il trauma. Si tratta, inoltre, almeno per la maggior parte degli
incidenti traumatici (ad esempio nell’edilizia o nell’industria), di contesti lavorativi che
richiedono attenzione e concentrazione. Chiarire se anche dopo un evento traumatico
accaduto nel contesto lavorativo possano presentarsi disturbi di tipo cognitivo è di cruciale importanza per capire come il lavoratore possa riprendere efficacemente il lavoro.
In sintesi, incidenti sul lavoro, PTSD e deficit cognitivi potrebbero essere legati fra loro in
una sorta di circolo vizioso, che può ostacolare il reinserimento lavorativo, aumentare il
rischio di incorrere in nuovi incidenti e aggravare ulteriormente i sintomi post-traumatici
(Figura 21).
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Figura 21: Relazione circolare tra sintomatologia post-traumatica, disturbi cognitivi ed infortuni sul lavoro.
Il terzo studio (Buodo et al., in corso di stampa) aveva dunque l’obiettivo di valutare alcune importanti funzioni cognitive (attenzione, memoria, capacità di organizzare le azioni in sequenze
ordinate, utilizzando strategie flessibili) in persone che avevano subito un incidente sul lavoro,
in modo da chiarire se a sintomi di tipo post-traumatico si associassero disturbi sul piano cognitivo. Inoltre è stato utilizzato un compito definito di “interferenza emozionale”. Si tratta di un
test ampiamente utilizzato negli studi che vogliono verificare l’interferenza dell’emozione o dell’ansia sulla capacità di prestare attenzione a stimoli, in questo caso visivi, semplici. Nel presente studio sono state presentate immagini a diverso contenuto (scene di incidenti lavorativi e
altre a contenuto spiacevole, piacevole o neutro) mentre la persona era impegnata a prestare
attenzione alla comparsa di semplici stimoli geometrici (delle croci a diverso orientamento) sullo
schermo di un computer.
Hanno preso parte a questo studio i medesimi due gruppi (infortunati sul lavoro e controlli) dello
studio precedente (vedi pag. 18).
Le prove di prestazione cognitiva
La valutazione ha previsto l’impiego di prove di prestazione largamente conosciute e utilizzate
nell’ambito della valutazione standardizzata delle funzioni cognitive. Le funzioni valutate sono
state le seguenti:
Abilità percettivo-motorie e di ricerca visiva, e capacità di alternare compiti diversi.
Per valutare queste capacità è stato utilizzato il Trail Making test (TMT; Reitan, 1958; adattamento italiano a cura di Giovagnoli et al., 1996), che richiede di congiungere dei numeri con
una linea (parte A) o di alternare fra numeri e lettere (parte B). Vengono calcolati il tempo impiegato a completare la prova e il numero di errori commessi.
Capacità di ricordare un racconto subito dopo averlo ascoltato (memoria immediata) o
dopo un certo intervallo di tempo (memoria differita).
La prova richiede di ascoltare un breve brano e di ripeterlo subito dopo l’ascolto e dopo un in30
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FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
tervallo di tempo di circa 5 minuti, in cui vengono fatti svolgere altri compiti. Viene calcolato
il numero di dettagli correttamente ricordati (Capitani et al., 1994).
Capacità di concentrazione. La prova utilizzata (Test d2; Brickencamp e Zillmer, 1998)
richiede di barrare su un apposito foglio tutte le lettere d con due segni verticali in apice, ignorando altre lettere simili (p o d con uno, due, o nessun segno in apice o in pedice). Vengono
calcolati diversi indici di accuratezza della prestazione.
Il test di interferenza emozionale aveva l’obiettivo di valutare se immagini di incidenti sul lavoro,
rispetto ad altre immagini a diverso contenuto, determinassero un’interferenza sull’esecuzione
di un semplice compito di attenzione. Sono state presentate, in ordine casuale, 12 immagini
per ciascuna di 4 categorie emozionali: piacevoli, neutre, spiacevoli non traumatiche e spiacevoli traumatiche (scene di incidenti lavorativi). Le immagini raffiguranti ferite ed incidenti sul lavoro sono state selezionate dal set di stimoli realizzato per il primo studio, mentre le altre sono
state selezionate dal catalogo International Affective Picture System (IAPS; Lang et al., 2008).
In Figura 22 sono riportate due immagini esemplificative delle categorie spiacevoli non traumatiche e spiacevoli traumatiche.
SPIACEVOLE NON TRAUMATICA
SPIACEVOLE TRAUMATICA
Figura 22: Esempi di immagini spiacevoli non traumatiche e traumatiche impiegate nel test di interferenza emozionale.
Poco dopo la comparsa di ciascuna immagine, veniva presentato un segno “più” (+) o “per”
(x) sopra, sotto, o a lato dell’immagine (Figura 23).
Il compito del partecipante era quello di prestare attenzione e identificare il segno “+” o “x” il
più velocemente e accuratamente possibile. Sono stati misurati i tempi di risposta e l’accuratezza
percentuale per ogni categoria di immagini. L’ipotesi era che le immagini di incidenti sarebbero
state difficili da ignorare per gli infortunati, e avrebbero interferito con l’esecuzione di una veloce ed accurata identificazione dei segni “+” e “x”.
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Figura 23: Rappresentazione grafica del compito di interferenza emozionale.
Che cosa è emerso
I risultati di questo studio hanno evidenziato che le persone che hanno subito un incidente sul lavoro presentano più difficoltà, rispetto al gruppo di controllo, ad eseguire compiti che richiedono
concentrazione, memoria e capacità di organizzare le azioni in modo ordinato e flessibile.
Iniziando con i compiti che richiedono capacità di concentrazione, di spostare l’attenzione da
un compito all’altro e abilità percettivo-motorie, gli infortunati sono risultati significativamente
più lenti del gruppo di controllo nel compito TMT A e B (Figura 24 e Figura 25), e hanno avuto
una prestazione significativamente peggiore nel test di concentrazione d2.
Secondi
Abilità percettivo-motorie
Infortunati
Controlli
Figura 24: Tempo di esecuzione del compito TMT A nel gruppo di infortunati e in quello di controllo.
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E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Secondi
Capacità di alternare compiti diversi
Infortunati
Controlli
Figura 25: Tempo di esecuzione del compito TMT B nel gruppo di infortunati e in quello di controllo.
La figura 26 riporta i punteggi dei due gruppi per uno degli indici calcolati, quello di concentrazione (ottenuto come differenza fra il numero di simboli correttamente individuati e gli errori
commessi), rappresentativo dell’andamento osservato anche per altri indici di prestazione calcolati per lo stesso test.
Figura 26: Punteggio relativo all’indice CP (concentration performance) del test d2 nel gruppo di infortunati e in quello di controllo.
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Anche nel compito di rievocazione del racconto dopo un intervallo di alcuni minuti (memoria
differita) si evidenzia nel gruppo di infortunati una minore capacità a ricordare i dettagli del
brano ascoltato, rispetto al gruppo di controllo (Figura 27).
Figura 27: Numero di dettagli del brano ricordati nel gruppo di infortunati e in quello di controllo.
Il secondo aspetto che si è voluto affrontare nello studio è stato quello di verificare se i deficit
cognitivi osservati negli individui che hanno subito un incidente sul lavoro potessero essere conseguenza di un effetto di interferenza prodotto da parte di stimoli legati al trauma. L’intrusione
di pensieri, sensazioni, ricordi dell’evento traumatico potrebbe infatti assorbire le risorse attentive
dell’individuo determinando una maggiore difficoltà a prestare attenzione ad altre informazioni
presenti contemporaneamente. Di fatto, gli infortunati sono stati significativamente meno accurati nell’identificare semplici figure (crocette a diversa inclinazione) solo quando queste
comparivano insieme a immagini di incidenti (Figura 28).
Figura 28: Percentuali di risposte corrette al compito di interferenza emozionale nel gruppo di infortunati e in quello di controllo, suddivise rispetto al contenuto delle immagini presentate (*= differenza
significativa).
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E INVALIDI DEL
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I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Nessuna differenza è invece emersa tra infortunati e controlli relativamente alle altre immagini.
Inoltre gli infortunati hanno fornito, globalmente, risposte significativamente più lente dei partecipanti del gruppo di controllo alla stessa prova (Figura 29).
Figura 29: Tempi di risposta nel compito di interferenza emozionale nel gruppo di infortunati e in quello
di controllo (ms= millisecondi).
Che questi effetti possano essere associati alla presenza di sintomatologia post-traumatica è
confermato dalla correlazione significativa tra sintomatologia post-traumatica e punteggi alla
maggior parte dei test cognitivi.
Per illustrare e chiarire meglio questo effetto riprendiamo i risultati già riferiti nello studio precedente. Questi indicavano che una consistente percentuale di infortunati sul lavoro era affetta
da sintomi PTSD moderati/gravi o gravi (vedi Figura 18, pag. 26). Nel presente studio abbiamo
evidenziato nel gruppo degli infortunati una correlazione significativa fra il punteggio ottenuto
nella scala PTSD Symptom Scale (PSS) e il tempo di esecuzione nel compito TMT B e diversi indici di prestazione nel test d2.
Questi risultati indicano che: in coloro che hanno subito un incidente sul lavoro, una maggiore
gravità della sintomatologia post-traumatica si associava ad una peggiore prestazione nei compiti che richiedono concentrazione, memoria e utilizzo efficiente della capacità di organizzare
le azioni in modo ordinato e flessibile.
La nostra indagine ha quindi messo in luce ulteriori importanti conseguenze dell’incidente sul
lavoro, che vanno oltre quelle emozionali, influenzando il piano delle funzioni cognitive e determinando una complessa interazione tra reazioni emotive e attenzione, concentrazione e memoria. Accertato che un evento traumatico, come l’incidente sul lavoro, può produrre un disturbo
d’ansia, anche di rilievo clinico (ad esempio un disturbo da stress post-traumatico) e che questo
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può influenzare importanti funzioni cognitive (in primis l’attenzione), si chiariscono i potenziali
meccanismi che possono ostacolare un adeguato reinserimento lavorativo o, ancor peggio, facilitare il verificarsi di ulteriori incidenti (da distrazione o da scarsa concentrazione) quando,
con la ripresa del lavoro, il ricordo dell’evento traumatico può riaffiorare e interferire con la
prestazione lavorativa.
Questo studio ha evidenziato come le vittime di incidenti sul lavoro mostrino una compromissione
nell’organizzazione e nel controllo di strategie di azioni flessibili, nella capacità di concentrazione e di memoria, tutte abilità indispensabili per un’adeguata prestazione lavorativa e quindi
un più rapido ed efficiente reinserimento sociale e lavorativo.
È inoltre emersa una relazione tra sintomatologia da stress post-traumatico e compromissione
attentiva, a confermare quindi la presenza di una relazione circolare tra ansia e deficit cognitivi.
Come possibile spiegazione di questa relazione si è proposto che contenuti che richiamano il
trauma o ricordi dell’incidente, impegnando le risorse attentive dell’individuo, le sottraggano
ad altre funzioni cognitive interferendo con le comuni attività quotidiane (anche lavorative!).
L’attenzione, soprattutto quando associata ad ansia, è portata a focalizzarsi su aspetti emozionali del contesto e, nel caso di un individuo che abbia subito un trauma, su aspetti ambientali
che richiamano l’evento traumatico. Questa tendenza sottrae ovviamente risorse utili all’esecuzione dei normali compiti che richiedono attenzione, capacità di concentrazione, memoria e
pianificazione comportamentale. Nel caso degli incidenti sul lavoro, l’intero processo di reinserimento psicosociale e lavorativo potrebbe essere compromesso dalla presenza di disturbi
cognitivi e emozionali in grado di interferire con la prestazione dell’individuo.
La valutazione di questi aspetti attraverso semplici test, quali quelli qui presentati, richiederebbe
un minimo dispendio di energie e di tempo, garantendo la conoscenza di aspetti di fondamentale importanza per il reinserimento sociale e la ripresa lavorativa.
Se questi dati fossero confermati, la ricerca potrebbe impegnarsi nella messa a punto di protocolli d’intervento volti al recupero delle funzioni alterate, con un potenziale effetto benefico
anche sulla sintomatologia ansiosa o post-traumatica.
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E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
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QUARTO
STUDIO
Una visione d’insieme
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E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Nella serie di studi precedenti abbiamo voluto fornire un quadro delle conseguenze emozionali e cognitive di un incidente sul lavoro, tentando anche di identificare quei fattori
che possono essere responsabili dello sviluppo di disturbi clinici, ma anche, e forse in modo
più subdolo, di distress, disadattamento all’ambiente, o difficoltà a svolgere le comuni mansioni che richiedono attenzione e concentrazione, ostacolando il reinserimento psicosociale
e la ripresa dell’attività lavorativa.
I risultati ottenuti fotografano la situazione di un gruppo di lavoratori prevalentemente impiegati nell’industria o in attività artigianali (elettricisti, muratori, imbianchini), nel pieno dell’età
adulta (e quindi lavorativa), in grandissima maggioranza maschi, con una qualifica professionale e inseriti in un contesto familiare o relazionale. Questo profilo corrisponde pienamente al dato epidemiologico riportato dall’INAIL nel 2008 e dai dati EUROSTAT del 2007.
Anche in linea con i dati epidemiologici (ISTAT, 2009), nel gruppo di partecipanti agli
studi del presente progetto vi è una percentuale consistente (attorno al 40%) di lavoratori
disoccupati. Al di là delle contingenze legate alle difficoltà dell’economia nazionale, ci
sono buone ragioni per ritenere che la maggior parte di questi disoccupati siano lavoratori
che, a seguito dell’incidente, non riescono a riprendere l’attività lavorativa o a reinserirsi
nel mondo produttivo.
Sul piano psicologico clinico e psicopatologico, gli individui che hanno subito un incidente
traumatico sul lavoro sono sicuramente più vulnerabili rispetto al rischio di sviluppare un
disturbo da stress post-traumatico, confermando che questo tipo di evento traumatico ha in
sé tutte le caratteristiche potenziali per poter produrre, in alcuni individui, conseguenze cliniche evidenti.
La sintomatologia post-traumatica si manifesta con un certo grado di gravità in una buona
percentuale (attorno al 40%) delle persone che hanno subito un incidente sul lavoro, almeno
fino a 5 anni dall’evento. Anche ben oltre, tuttavia, possono persistere sintomi post-traumatici di entità variabile. Quando la sintomatologia post-traumatica è consistente, raramente si manifesta in modo isolato; più spesso essa si associa ad ansia e depressione, ma
anche a irritabilità, difficoltà di gestione dello stress e scarsa presenza di risorse adattive
(resilienza).
Accanto al distress emozionale e alla sintomatologia clinica, i nostri studi hanno chiaramente dimostrato che, dopo un incidente sul lavoro, l’individuo può essere meno attento,
avere difficoltà in compiti che richiedono concentrazione e presentare disturbi di memoria.
Queste disfunzioni sono in parte determinate dalla presenza di ansia e di sintomi post-traumatici che, occupando le risorse mentali dell’individuo, interferiscono con le prestazioni
cognitive (e, di conseguenza, con quelle lavorative).
In modo abbastanza sorprendente non c’è relazione tra la sintomatologia osservata e il
grado di invalidità fisica (Ghisi et al., inviato per pubblicazione), per il lavoratore che
abbia subito l’incidente.
Un ultimo dato degno di considerazione, emerso dai nostri studi, riguarda l’attivazione fisiologica, uno degli elementi caratterizzanti del disturbo da stress post-traumatico, ma anche
meccanismo preliminare attraverso il quale possono svilupparsi disturbi somatici da stress.
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Diversi studi hanno descritto una più elevata risposta di conduttanza cutanea, un maggiore
aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa (Orr et al., 1990; Wolfe et
al., 2000) di fronte a stimoli o situazioni che richiamano il trauma, in pazienti con PTSD
rispetto a coloro che non hanno sviluppato tale disturbo.
L’aumentata attivazione fisiologica è un riconosciuto indice di ansia (e quindi anche di
ansia post-traumatica), comunemente presente dopo un evento stressante acuto, ma spesso
persistente anche a distanza di tempo.
Recentemente, tuttavia, molti studiosi si stanno soffermando sull’analisi di quelle circostanze
in cui l’ansia o il disturbo d’ansia non sono associati a iperattivazione, bensì a ipoattivazione
fisiologica (Halligan et al., 2006; Griffin et al., 2007). Anche nel disturbo da stress post-traumatico, l’iper-reattività fisiologica si riscontra solo nel 30-40% dei casi. Essa si osserva più facilmente durante l’esposizione a stimoli acustici o visivi legati al trauma (suoni, immagini),
mentre emerge meno chiaramente durante compiti di rievocazione spontanea dell’evento: in
questo caso le vittime di un trauma con PTSD mostrano spesso una frequenza cardiaca inferiore a coloro che non hanno sviluppato tale disturbo (Halligan et al., 2006).
Quali siano le ragioni e le conseguenze di tale ipoattivazione non è stato ancora definitivamente chiarito, ma alcuni studi sembrano indicare una possibile associazione tra scarsa
attivazione fisiologica emozionale ed alcune variabili cognitive quali disturbi dell’attenzione ed elaborazione dell’informazione, preoccupazione e tendenza al rimuginio mentale
(Borkovec et al., 1998), o cronicizzazione e complessità del disturbo d’ansia (Lang e
McTeague, 2009).
È probabile che questa ipoattivazione fisiologica possa costituire una spia della difficoltà
presente nei pazienti con PTSD nel ricordare e rielaborare in maniera adeguata l’evento
traumatico, ed è noto che senza questo passaggio ogni forma di recupero psicologico può
essere compromessa.
È possibile che qualcosa di analogo si verifichi anche in individui che abbiano subito un
infortunio sul lavoro? Abbiamo già visto che sintomi post-traumatici e difficoltà cognitive
possono essere presenti in questi individui. Inoltre, una ipoattivazione fisiologica con un
appiattimento della reattività emozionale durante l’esposizione a stimoli emotigeni è emersa
anche nel primo studio, in cui le vittime di incidente sul lavoro con più elevata sintomatologia post-traumatica hanno mostrato una ridotta risposta di conduttanza cutanea di fronte
ad immagini che ricordavano loro l’incidente subito.
Nell’ultimo studio effettuato con un gruppo di vittime di incidenti sul lavoro si è deciso di
svolgere un’indagine correlazionale tra sintomatologia post-traumatica, disfunzioni cognitive e attivazione fisiologica emozionale durante la rievocazione guidata dell’incidente
(compito di imagery emozionale, vedi oltre). Si è quindi voluta analizzare, in uno studio
unitario, la relazione complessiva tra le diverse variabili che possono avere un ruolo importante nel generare disturbi d’ansia o dell’adattamento in individui che hanno subito un
incidente traumatico sul lavoro.
Hanno preso parte allo studio 30 lavoratori che avevano subito un incidente sul lavoro,
27 uomini e 3 donne, con età media di 39 anni (DS=7,17) (Figura 30).
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE
FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
Età
41-50 anni
53%
Genere
< 30 anni
20%
Femmine
10%
31-40 anni
27%
Maschi
90%
Figura 30: Distribuzione percentuale in fasce di età e genere del campione di vittime di incidenti
sul lavoro.
La distribuzione del campione, per età e genere, è sovrapponibile a quella dei precedenti studi.
Circa la metà dei partecipanti aveva la licenza media inferiore, mentre un terzo aveva completato le scuole medie superiori, conseguendo il diploma. Meno nutrito è stato il gruppo dei laureati, di coloro che hanno conseguito una qualifica professionale o che si sono fermati alla
licenza elementare (Figura 31).
Livello di istruzione
Laurea
3%
Lic. elementare
3%
Diploma
37%
Qual.
professionale
10%
Lic. media
47%
Figura 31: Distribuzione percentuale del livello di scolarizzazione nel campione di vittime di incidenti
sul lavoro.
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Due terzi del gruppo conviveva o era sposato (67%) ed aveva un impiego fisso (60%) al momento della partecipazione allo studio (Figura 32).
Stato civile
Occupazione
Disoccupati
40%
Celibi/Divorziati
33%
Occupati
60%
Coniugati/Conviventi
67%
Figura 32: Distribuzione percentuale relativa allo stato civile ed occupazionale degli infortunati sul
lavoro.
La distanza temporale dall’evento traumatico variava all’interno del gruppo da 1 a 10 anni,
mentre il tasso di invalidità (secondo le percentuali INAIL) era compreso tra il 21% e l’87%
con una media del 47% (Figura 33). In questo studio sono quindi presenti, rispetto agli studi
precedenti, anche individui con una percentuale d’invalidità considerata piuttosto seria (superiore al 75%).
Stato civile
56-65%
17%
46-55%
20%
Occupazione
66-75% 76-87%
6%
3%
7-10 anni
40%
< 3 anni
33%
21-35%
27%
36-45%
27%
4-6 anni
27%
Figura 33: Distribuzione percentuale del tempo trascorso dall’incidente sul lavoro (in anni) e del tasso
di invalidità del gruppo di infortunati.
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FRA
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E INVALIDI DEL
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Analogamente ai precedenti studi, la sintomatologia ansiosa, post-traumatica e depressiva è
stata valutata attraverso un’intervista e questionari standardizzati.
Nel presente studio, inoltre, è stata valutata, sempre tramite questionario, anche una variabile
potenzialmente legata a disfunzioni clinico-cognitive: la tendenza al rimuginio cognitivo e alla
preoccupazione cronica. Si tratta di una caratteristica tipica dei pazienti con disturbi d’ansia,
che non riescono a liberare la mente da preoccupazioni, pensieri o considerazioni focalizzati
sul proprio disturbo. E’ possibile che una parte dell’interferenza emozionale già osservata nello
studio precedente possa essere dovuta anche alla presenza di questo cronico rimuginio, che
ulteriormente sottrae risorse alla prestazione dell’individuo.
Nel dettaglio, la valutazione ha considerato:
1.
La sintomatologia post-traumatica attraverso la PTSD Symptom Scale (PSS; Foa et al.,
1993). Il questionario prevede 4 livelli di classificazione della sintomatologia ansiosa
post-traumatica: lieve, moderata, moderata-grave, grave.
2.
La gravità della sintomatologia ansiosa attraverso il Beck Anxiety Inventory (BAI; Beck
et al., 1988; versione italiana a cura di Sica et al., 2006). Il questionario prevede 3
livelli di classificazione della sintomatologia ansiosa: nella norma, moderata e grave.
3.
La gravità dei sintomi depressivi tramite il Beck Depression Inventory Second Edition(BDIII; Beck et al., 1996; versione italiana a cura di Ghisi et al., 2006). Il questionario prevede 5 livelli di classificazione della sintomatologia depressiva: minima, lieve, moderata, elevata e grave.
4.
L'intensità delle preoccupazioni attraverso il Penn State Worry Questionnaire (PSWQ,
Meyer et al., 1990; versione italiana a cura di Morani et al., 1999).
Come nel precedente studio, inoltre sono state valutate le abilità percettivo-motorie e di ricerca
visiva, la capacità di alternare compiti e la concentrazione attraverso le prove del Trail Making
test (TMT; Reitan, 1958; adattamento italiano a cura di Giovagnoli et al., 1996) e del test d2
(Brickencamp e Zillmer, 1998) (vedi pagina 32).
È stato impiegato inoltre il medesimo compito di interferenza emozionale presentato nello studio
precedente, allo scopo di valutare gli effetti di interferenza di immagini raffiguranti incidenti sul
lavoro sulla prestazione a un compito attentivo (vedi pagine 32-33). Sono state utilizzate 48
immagini, presentate in ordine casuale, appartenenti a 3 categorie emozionali: 16 immagini
neutre (oggetti di uso domestico e paesaggi urbani), 16 spiacevoli non traumatiche (scene di
minaccia) e 16 spiacevoli legate al trauma (ferite, arti mutilati, scene di incidenti lavorativi).
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L’attivazione fisiologica
La reattività fisiologica delle vittime di incidente sul lavoro è stata valutata durante un compito di immaginazione di brevi storie a contenuto emozionale (compito di imagery emozionale). Si tratta di una procedura ampiamente utilizzata nella ricerca clinica fisiologica
(Cuthbert et al., 2003) e facilmente riproducibile in laboratorio. Mentre la persona rievoca
e immagina la situazione, vengono registrate le misure fisiologiche, solitamente frequenza
cardiaca, conduttanza cutanea, tono muscolare, e le reazioni osservate vengono poi messe
in relazione al resoconto soggettivo del grado di spiacevolezza, attivazione o tensione indotto dalla rievocazione.
Nel presente studio, frequenza cardiaca, conduttanza cutanea ed attività elettromiografica
del muscolo corrugatore sono state registrate durante la prova di immaginazione.
Come già precedentemente indicato, la frequenza cardiaca e la conduttanza cutanea sono
indici del livello generale di attivazione (arousal) dell’individuo.
Il muscolo corrugatore è responsabile della contrazione della muscolatura alla radice delle
sopracciglia (Figura 34) e determina la tipica espressione corrucciata che si associa a stati
emozionali spiacevoli (ad esempio la tristezza).
Figura 34: Modificazioni dell’espressione facciale, generata dalla contrazione del muscolo corrugatore,
in risposta alla presentazione di stimoli emozionali spiacevoli e neutri.
Il test si è svolto secondo una sequenza standardizzata. Ai partecipanti è stato prima
chiesto di rimanere seduti e a riposo per 5 minuti, per permettere agli indici fisiologici
considerati di stabilizzarsi su valori basali. In seguito sono state date loro le seguenti
istruzioni: “Le verranno descritte alcune scene che lei dovrà richiamare alla mente come
se le stesse vivendo realmente. Ricostruisca eventi, persone presenti, stati d’animo e sensazioni fisiche nella maniera più vivida possibile”.
Sono state impiegate due brevi storie: una non emozionale (neutra) e l’altra spiacevole,
costituita dal racconto dell’incidente sul lavoro subito. Il testo della prima storia, identica
per tutti i partecipanti, è stato tratto da un set standardizzato (set B dell’Affective Norms
for English Text, ANET; Bradley e Lang, 2007), mentre la scena dell’incidente è stata
creata appositamente dal gruppo di ricerca per ogni individuo sulla base dell’esperienza
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di ogni infortunato.
Dopo avere ascoltato la breve descrizione di ogni storia, i partecipanti dovevano immaginare la scena il più vividamente possibile per 30 secondi. Al termine di questa fase, i
partecipanti hanno valutato la propria esperienza emozionale su due dimensioni: piacevolezza/spiacevolezza e calma/attivazione (Self-Assessment Manikin, SAM; Lang et
al., 2008) e hanno descritto la scena immaginata (Figura 35).
Figura 35: Schema del compito di imagery emozionale impiegato.
Che cosa è emerso
Le vittime di incidente sul lavoro hanno riferito numerosi sintomi di tipo post-traumatico,
hanno mostrato una tendenza a rivivere l’incidente subìto e a cercare quindi di evitare luoghi e situazioni che lo richiamano alla mente. La gravità della sintomatologia è risultata
variare ampiamente all’interno del campione considerato; se un terzo degli infortunati ha
mostrato una sintomatologia lieve, un altro terzo ha evidenziato una gravità tale da rientrare pienamente in una diagnosi di disturbo da stress post-traumatico (Figura 36).
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Sintomatologia post-traumatica
Grave
3%
Moderata-Grave
27%
Lieve
33%
Moderata
37%
Figura 36: Distribuzione percentuale della gravità della sintomatologia post-traumatica nel gruppo di
infortunati.
Più della metà degli infortunati che hanno preso parte allo studio ha riferito, inoltre, una sintomatologia depressiva di grave o elevata entità, ad indicare una situazione di particolare difficoltà (Figura 37).
Sintomatologia depressiva
Grave
47%
Minima
40%
Elevata
7%
Moderata
3%
Lieve
3%
Figura 37: Distribuzione percentuale della sintomatologia depressiva nel gruppo di vittime di incidenti
sul lavoro.
Per quanto riguarda la sintomatologia ansiosa, in metà degli infortunati sul lavoro la sintomatologia ansiosa è risultata nei limiti della norma, a fronte di circa un’altra metà con sintomatologia più consistente (27%) o seria (23%), in cui l’ansia può comportare notevole disagio e
difficoltà (Figura 38).
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Sintomatologia ansiosa
Grave
23%
Nella norma
50%
Moderata
27%
Figura 38: Distribuzione percentuale della sintomatologia ansiosa nel gruppo di vittime di incidenti
sul lavoro.
Per quanto concerne la relazione tra le variabili cliniche rilevate nel presente campione
di infortunati sul lavoro, coloro che presentavano una più elevata sintomatologia posttraumatica (punteggio PSS), sono stati anche coloro che lamentavano maggiori sintomi
depressivi (punteggio BDI-II) ed ansiosi (punteggio BAI), riflettendosi anche in una maggiore tendenza alle preoccupazioni e al rimuginio mentale (punteggio PSWQ).
Questo dato indica, già a questo livello, una potenziale interferenza della sintomatologia
clinica con le funzioni cognitive.
Ancora una volta, nessuna relazione è invece emersa tra la sintomatologia post-traumatica ed il grado di disabilità fisica (la percentuale di invalidità attribuita dall’INAIL), mentre una maggiore sintomatologia è risultata presente in coloro che hanno subito
l’incidente più recentemente.
È probabile che questo risultato, rispetto a quanto riscontrato nello studio precedente,
possa attribuirsi al fatto di aver analizzato un campione di infortunati sul lavoro il cui incidente è distribuito in modo più omogeneo nell’arco temporale considerato di 10 anni.
La tendenza al rimuginio mentale si accompagna ad altre disfunzioni cognitive in vittime
di infortuni sul lavoro. Coloro che presentavano una maggiore sintomatologia post-traumatica hanno riportato una perfomance peggiore in compiti che misurano l’attenzione o
la capacità concentrazione, mostrandosi più lenti nel completare la prova, e meno concentrati durante il suo svolgimento.
Pur non commettendo un numero particolarmente elevato di errori, coloro che lamentavano una maggiore sintomatologia post-traumatica tendevano ad adottare una strategia
all’insegna della cautela: procedevano più lentamente, sacrificando la velocità nell’esecuzione del compito a favore della correttezza della risposta fornita.
Nel presente studio, non è stata invece osservata alcuna correlazione tra la gravità della sintomatologia post-traumatica e la performance percettivo-motoria o di cambio di compito.
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Nel compito di interferenza emozionale, le vittime di incidente sul lavoro si sono dimostrate
più lente nel discriminare la forma geometrica accanto all’immagine emozionale solo quando
quest’ultima raffigurava ferite o incidenti sul lavoro (Figura 39).
Tempi di risposta
*
Figura 39: Tempi di risposta nel compito di interferenza emozionale alle diverse categorie di immagini (ms= millisecondi).
Inoltre, e
̀ emerso che l’accuratezza della risposta così come la performance generale diminuivano all’aumentare della sintomatologia post-traumatica riferita, in presenza delle sole immagini
traumatiche. Questi dati confermano i risultati dello studio precedente, dimostrando nuovamente
che l’esposizione a stimoli che richiamano l’incidente interferisce consistentemente con le abilita
̀ attentive, e tale interferenza aumenta all’aumentare della sintomatologia post-traumatica.
Le risposte di attivazione fisiologica
Non sono state riscontrate differenze significative nelle modificazioni della frequenza cardiaca e della conduttanza cutanea durante la rievocazione dell’incidente sul lavoro rispetto alla scena neutra. Ancora una volta si è quindi osservata una sorta di reattività
emozionale appiattita che non discrimina tra la rievocazione della scena legata all’incidente e quella neutra. A fronte di questa scarsa modulazione affettiva delle risposte fisiologiche, si è invece osservata una maggiore ampiezza della contrazione del muscolo
corrugatore, indicativa di attivazione emozionale spiacevole durante la rievocazione dell’incidente (Figura 40).
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Ampiezza della risposta del muscolo corrugatore
Figura 40: Entità (ampiezza) dell’attivazione del muscolo corrugatore durante l’immaginazione della
situazione neutra e la rievocazione dell’incidente nel gruppo di infortunati sul lavoro (uV= microvolt).
In accordo con il risultato emerso per l’attività del muscolo corrugatore, anche le valutazioni soggettive del grado di piacevolezza/spiacevolezza fornite dai partecipanti hanno
evidenziato come la rievocazione dell’incidente sul lavoro sia stata giudicata maggiormente spiacevole (punteggio inferiore alla scala della valenza) e maggiormente attivante
(arousal), rispetto alla storia neutra (Figura 41).
Valenza
Arousal
Figura 41: Valutazione del grado di piacevolezza/spiacevolezza (valenza) e di calma/attivazione (arousal)
delle due scene del compito di imagery emozionale.
Questi dati evidenziano una forma di dissociazione tra attivazione fisiologica ed esperienza
di spiacevolezza, indicata dalla valutazione che l’individuo fa della situazione immaginata,
ma anche dalla sua risposta mimica (attività del corrugatore) alla stessa.
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CONCLUSIONI
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I risultati dell’ultimo studio confermano quanto emerso nelle precedenti ricerche, dando
maggiore solidità scientifica alle conclusioni raggiunte e fornendo nuovi spunti all’indagine della reattività emozionale dopo un incidente sul lavoro.
Si può affermare con un buon grado di certezza che le vittime di un infortunio lavorativo
presentino una elevata sintomatologia post-traumatica, che si accompagna a depressione,
ansia e frequenti preoccupazioni, e che può spesso sfociare in un quadro clinico conclamato di disturbo da stress post-traumatico. Questo quadro clinico non è rispecchiato dal
grado di invalidità fisica definito in base ai punteggi percentuali dell’INAIL e indica la
necessità di criteri capaci di cogliere adeguatamente tutte le conseguenze di un incidente
sulla salute psico-fisica complessiva del lavoratore, inclusi gli esiti psicologici ed emozionali di tale evento.
Questa necessità è ancora più stringente se si considerano le conseguenze dell’incidente
sul piano cognitivo, conseguenze ampiamente trascurate al momento della valutazione
clinica dopo un incidente sul lavoro. Dopo un incidente sul lavoro si riscontrano difficoltà
attentive, una ridotta capacità di concentrazione, una minore flessibilità nel passaggio
da un compito all’altro e, soprattutto, un’interferenza specifica dei contenuti legati all’incidente sulla capacità di mantenere l’attenzione focalizzata su un compito.
La sintomatologia depressiva, ansiosa o post-traumatica e la presenza di continue preoccupazioni rendono particolarmente difficile non lasciarsi distrarre da stimoli che ricordano l’incidente e possono interferire pesantemente con l’attenzione e la concentrazione
necessarie a eseguire compiti anche semplici. Inoltre più elevata è la sintomatologia posttraumatica, maggiore è la compromissione attentiva.
Un ulteriore dato di un certo rilievo emerso dagli studi del presente progetto riguarda
l’attivazione fisiologica a distanza dall’incidente. Lo studio dell’attivazione fisiologica
a una certa distanza dell’evento traumatico può fornire importanti indizi su come si può
organizzare la risposta di stress nel corso del tempo a partire dall’iniziale reazione acuta
all’evento.
Nel caso di incidenti sul lavoro non è stata da noi rilevata un’aumentata attivazione a
riposo o durante l’esposizione a stimoli legati all’incidente, nemmeno in soggetti con più
elevata sintomatologia post-traumatica. Al contrario, le vittime di incidente sul lavoro
hanno mostrato una scarsa modulazione delle loro reazioni durante la ri-esposizione guidata (sia visiva che immaginativa) al trauma, producendo analoghe risposte sia nella
condizione che richiama il trauma che nelle condizioni di controllo.
Questa scarsa attivazione fisiologica contrasta con una reazione mimica (attività del muscolo corrugatore) e con valutazioni soggettive di spiacevolezza o attivazione che mostrano, al contrario, che la ri-esposizione a stimoli legati all’evento traumatico viene
vissuta come spiacevole.
Su questo punto la letteratura scientifica relativa al disturbo da stress post-traumatico presenta dati contrastanti. Nella maggior parte dei casi il PTSD si presenta con sintomi di
aumentata agitazione, ipervigilanza, insonnia, tendenza a sobbalzare per un nonnulla;
e questo si associa ad una maggiore attivazione fisiologica a riposo e durante prove di
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laboratorio di presentazione di stimoli legati al trauma. Tuttavia, in alcune condizioni
l’individuo, dopo l’evento traumatico, sembra incapace di provare sensazioni consapevolmente o ricordare le circostanze dell’evento, mostra un appiattimento delle sue reazioni fisiologiche e appare, in poche parole, incapace di reagire. Questa incapacità è
probabilmente legata alla difficoltà di ricordare e rielaborare l’evento traumatico, presupposto indispensabile al superamento delle sue conseguenze emotive. Inoltre, la letteratura sul PTSD considera questa iporeattività subdolamente pericolosa per lo sviluppo
di un successivo disturbo post-traumatico e sta cercando di capire quali variabili possono
promuovere tale reazione (Halligan et al., 2006; Griffin et al., 2007).
Al momento non siamo in grado di stabilire con certezza quali possano essere le conseguenze di questa forma di attivazione somatica rispetto al rischio di sviluppare disturbi
di adattamento, o chiari disturbi psicopatologici o psicosomatici. E’ probabile che alcuni
disturbi dell’adattamento, o di cronicizzazione delle risposte d’ansia e da stress, possano
collegarsi a disfunzioni nella reattività fisiologica emozionale, ma, in questo caso, il nostro contributo non può che essere ancora molto preliminare e il passo dalla ricerca alla
pratica clinica è ancora lungo (benché promettente!).
Quello che invece può essere affermato con certezza è che il protocollo di valutazione
utilizzato negli studi qui presentati si compone di pochi strumenti di rapida somministrazione. Questi facilmente potrebbero essere impiegati per identificare precocemente le
conseguenze emozionali di un incidente sul lavoro e le possibili disfunzioni cognitive, in
modo da proporre, se il caso, interventi di sostegno atti a facilitare il recupero fisico e
psico-sociale della vittima di incidente e un suo rapido reinserimento lavorativo. Recentemente, sono stati proposti alcuni interessanti interventi riabilitativi per il recupero delle
prestazioni cognitive alterate dalla presenza di effetti di interferenza esercitati da disturbi
d’ansia (Amir et al., 2008; 2009). Si tratta di protocolli brevi, di semplice applicazione
e facilmente realizzabili nello stesso ambiente lavorativo dell’individuo.
Se il percorso è ancora lungo per il raggiungimento di molti obiettivi qui anticipati, ci
auguriamo che sia comunque un po’ meno lungo, grazie anche al contributo di questi
studi e di tutte le risorse ad essi dedicati.
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE
FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
I DISTURBI EMOZIONALI DOPO UN INFORTUNIO SUL LAVORO
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
Le Sedi ANMIL
DIREZIONE GENERALE
00142 Roma - Via A. Ravà, 124 - tel. 06.541961
ABRUZZO
66100 Chieti - Via Spezioli, 58 Int. 8 - tel. 0871.63328
67100 L'Aquila - Via Rocco Carabba - Area Comunale
(Container ANMIL) - tel. 0862.24302
65126 Pescara - Via Benedetto Croce, 200 - tel. 085.67224
64100 Teramo - Via Mario Capuani, 95 - tel. 0861.242779
BASILICATA
75100 Matera - Via Francesco D'Alessio, 58 - tel. 0835.334012
85100 Potenza - Via Livorno, 91/92/93 - tel. 0971.444144
CALABRIA
88100 Catanzaro - Via A. Turco, 25 - tel. 0961.745141
87100 Cosenza - Via Aldo Moro, 27 - tel. 0984.31130
88900 Crotone - Via I Maggio, 39 - tel. 0962.24606
89123 Reggio Calabria - Via III Settembre, 5 - tel. 0965.26468
89900 Vibo Valentia - Via Terravecchia Inf. 176 - tel. 0963.43742
CAMPANIA
83100 Avellino - Corso Vittorio Emanuele, 101/S - tel. 0825.32030
82100 Benevento - Via dei Mulini, 36 - tel. 0824.24105
81100 Caserta - Via Barducci P.co Primavera f./c. - tel. 0823.355573
80142 Napoli - P.tta Duca degli Abruzzi, 96 - tel. 081.5545124
84125 Salerno - Via Bonaventura Poerio, 9 - tel. 089.233740
EMILIA ROMAGNA
40122 Bologna - L.go Caduti del Lavoro, 6 - tel. 051.521104
44121 Ferrara - Contrada della Rosa, 48 - tel. 0532.207290
47121 Forlì - Forlì/Cesena - Via Porta Merlonia, 36/A - tel. 0543.32089
41126 Modena - Via Emilio Po, 74 - tel. 059.330691
43125 Parma - P.zza Matteotti, 1/B - tel. 0521-282960
29121 Piacenza - Via Molineria S. Andrea, 5 - tel. 0523.499494
48121 Ravenna - Via Pallavicini, 26 - tel. 0544.38164
42121 Reggio Emilia - Via Giorgione, 3/1 - tel. 0522.433782
47923 Rimini - Via Macanno, 32 - tel. 0541.57287
FRIULI VENEZIA GIULIA
34170 Gorizia - Via Generale Cantore, 2 - tel. 0481.531953
33170 Pordenone - Via Molinari, 48/A - tel. 0434.360878
34133 Trieste - Via F. Rismondo, 3 - tel. 040.365225
33100 Udine - Via D'Aronco, 5 - tel. 0432.505506
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FRA
LAVORATORI MUTILATI
E INVALIDI DEL
LAVORO
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LAZIO
03100 Frosinone - V.le dell'America Latina, 8 - tel. 0775.250040
04100 Latina - Via Cairoli, 1 – Sc. C/2 - tel. 0773.690277
02100 Rieti - Via T. Varrone, 63 - tel. 0746.200021
00162 Roma - Via Ciociaria, 7 - tel. 06.44291197
01100 Viterbo - L.go Igino Garbini, 7 - tel. 0761.353710
LIGURIA
16122 Genova - Via Edmondo De Amicis, 4/9 - tel. 010.540373
18100 Imperia - Via Magenta, 5 - tel. 0183.299367
19124 La Spezia - Via V. Veneto, 72 - tel. 0187.736362
17100 Savona - Via Guidobono, 6/2 - tel. 019.829782
LOMBARDIA
24121 Bergamo - Via Pradello, 8 - tel. 035.247592
25128 Brescia - Via Col. R. Psaro, 41 - tel. 030.393439
22100 Como - Via Valleggio, 22 - tel. 031.305488
26013 Crema (CR) - Viale De Gasperi, 60 - 0373.202640
26100 Cremona - Via Bissolati, 61 - tel. 0372.27475
23900 Lecco - C.so Martiri Liberazione, 86 - tel. 0341.369130
26900 Lodi - Via Solferino, 32/A - tel. 0371.423422
46100 Mantova - Via G. Acerbi, 27 III lotto - tel. 0376.323605
20159 Milano - Via Lario, 9/A - tel. 02.66809508/9
20052 Monza - Corso Milano, 26 - tel. 039.380349
27100 Pavia - Galleria Manzoni, 21/23/25 - tel. 0382.530897
23100 Sondrio - Via E. Vanoni, 20 - tel. 0342.212983
21013 Gallarate (VA) - Via Mons. Sommariva, 3 - tel. 0331.793455
MARCHE
60122 Ancona - Via XXIX Settembre, 2/0 - tel. 071.204228
63100 Ascoli Piceno - Via Sacconi, 38 - tel. 0736.261621
63023 Fermo - Via Italia, 17 - tel. 0734.623145
62100 Macerata - Via Prezzolini, 19 - tel. 0733.30414
61122 Pesaro (Pesaro-Urbino) - Via A. Scialoia, 80 - tel. 0721.416556
MOLISE
86100 Campobasso - P.zza Cesare Battisti, 8 - tel. 0874.65600
86170 Isernia - Via G. Veneziale, 23/25 - tel. 0865.412601
PIEMONTE
15121 Alessandria - Via Legnano, 49 - tel. 0131.253563
14100 Asti - Via Lina Borgo, 10 - tel. 0141.531006
13900 Biella - Via Delleani, 35/D/E (ang C.so Rinascimento) - 015.401501
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Le Sedi ANMIL
12100 Cuneo - Via Luigi Einaudi, 4 - tel. 0171.67673
28100 Novara - C.so F. Cavallotti, 22 - tel. 0321.628239
10121 Torino - Via Ottavio Revel, 17 - tel. 011.542472
28883 Gravellona Toce (VB) - C.so Sempione, 103 - tel. 0323.846488
13100 Vercelli - Via Jacopo Durandi, 25 - tel. 0161.257223
PUGLIA
70122 Bari - Via Quintino Sella, 218 - tel. 080.5237965
72100 Brindisi - Via Amena, 12 - tel. 0831.597565
71121 Foggia - Via Saseo, 19 - tel. 0881.721682
73100 Lecce - Via Don Bosco, 45 - tel. 0832.306933
74121 Taranto - Via Ovidio, 22 - tel. 099.7367018
SARDEGNA
09126 Cagliari - Via della Pineta, 84 - tel. 070.303324
08100 Nuoro - Via Monsignor Melas, 44 - tel. 0784.30458
09170 Oristano - Via Canalis, 21 - tel. 0783.211141
07100 Sassari - Via Torino, 35 - tel. 079.278750
SICILIA
92100 Agrigento - Via Picone, 43 - tel. 0922.26838
93100 Caltanissetta - P.zza Pirandello, 19 - tel. 0934.21005
95125 Catania - Via Milo, 19 - tel. 095.444262
94100 Enna - P.zza Garibaldi, 8 - tel. 0935.24068
98122 Messina - Via S. Giovanni Bosco, 30 - tel. 090.771129
90127 Palermo - P.zza Giulio Cesare, 44 - tel. 091.6172682
97100 Ragusa - Via Monreale, 1/3 - tel. 0932.623077
96100 Siracusa - Via Malta, 71 - tel. 0931.66771
91100 Trapani - Via Scudaniglio, 32 - tel. 0923.24280
TOSCANA
52100 Arezzo - Via Madonna del Prato, 38 - tel. 0575.22712
50136 Firenze - Via Frati Bigi, 4 - tel. 055.677912
58100 Grosseto - V.le Sonnino, 22/24 - tel. 0564.23408
57123 Livorno - Scali D'Azeglio, 52 - tel. 0586.897091
55100 Lucca - C.so Garibaldi, 3 - tel. 0583.492119
54033 Carrara - Via Buonarroti, 4B (ang. Via Pelliccia) - tel. 0585.71404
56125 Pisa - C.so Italia, 70 - tel. 050.29129
51100 Pistoia - Via Petrini, 10 - tel. 0573.22237
59100 Prato - P.zza Martini, 1 - tel. 0574.24625
53100 Siena - V.le Cavour, 156/166 - tel. 0577.285500
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LAVORO
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TRENTINO ALTO ADIGE
39100 Bolzano - Via Cappuccini, 11 - tel. 0471.978504
38122 Trento - Via S. Pio X, 38 - tel. 0461.911321
UMBRIA
06121 Perugia - C.so Cavour, 39 - tel. 075.5726941
05100 Terni - Via Sesto Pompeo, 8 - tel. 0744.221090
VAL D’AOSTA
11100 Aosta - Via Monte Vodice, 52 - tel. 0165.40792
VENETO
32100 Belluno - Via Simon da Cusighe, 35/B - tel. 0437.944794
35138 Padova - Via Citolo da Perugia, 18 - tel. 049.8750797
45100 Rovigo - Galleria Rhodigium, 7 - tel. 0425.25197
31100 Treviso - Via Risorgimento, 11 - tel. 0422.546640
30172 Mestre (VE) - Via Cappuccina, 185 - tel. 041.5322448
37138 Verona - C.so Milano, 99 - tel. 045.576499
36100 Vicenza - Via Valmerlara, 14 - tel. 0444.546620
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Ringraziamenti
L’ANMIL e la Fondazione “Sosteniamoli Subito” ringraziano sentitamente le ricercatrici del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova per la passione e la sensibilità con
cui hanno portato avanti questo delicato lavoro.
Un riconoscimento particolare va alla professoressa Daniela Palomba per l’impegno nel coordinamento di questo studio complesso e articolato.
Ancora un grazie di cuore va alle Sezioni dell’ANMIL per il fattivo contributo nella ricerca dei
soggetti.
Ultimi in ordine di citazione sono i nostri associati, ai quali è interamente dedicata questa ricerca. È per tutti loro che ci auguriamo possano, i risultati emersi, servire a comprendere quali
drammi si celano dietro un infortunio sul lavoro. Senza la loro disponibilità a ripercorrere il
dramma vissuto, consentendo ai ricercatori di “entrare” nella sfera più intima e dolorosa di
ciascuno di loro, questa ricerca non sarebbe stata possibile.
Quello che ci auguriamo è che tutto questo lavoro possa contribuire a far diventare l’assistenza
psicologica agli invalidi del lavoro un diritto istituzionalmente riconsociuto.
Franco Bettoni
Presidente ANMIL
Antonio Giuseppe Sechi
Presidente Fondazione
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Dipartimento di Psicologia Generale "Vittorio Benussi"
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LAVORATORI
DEL L A V O R O
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