MED AND GULF EXECUTIVE
BRIEFING
La Tunisia in transizione
Prospettive politiche e nuove opportunità di
mercato
Palazzo Clerici, 19 luglio 2012
Dossier a cura del Programma Mediterraneo dell’ISPI
L’incontro è realizzato nell’ambito del progetto promosso da
LA TUNISIA IN TRANSIZIONE
PROSPETTIVE POLITICHE E NUOVE OPPORTUNITÀ DI MERCATO
INDICE DEL DOSSIER
Politica
1.
Quadro politico
2.
Cronologia della transizione
3.
Le principali forze politiche
4.
Il partito Ennahdha
5.
L’origine della rivolta
Economia
1.
Quadro macroeconomico
2.
Interscambio commerciale
3.
Investimenti diretti esteri
4.
Lo sviluppo delle diverse aree del paese
Approfondimenti
1.
L’opportunità Libica
2.
I “tecnopoli”
3.
I rapporti con l’Unione europea
POLITICA
1. QUADRO POLITICO
Dopo aver inaugurato le rivolte della Primavera araba, la Tunisia sta fungendo da apripista anche nel
periodo di transizione, che la vede in una fase significativamente più avanzata rispetto a Egitto e Libia
(senza naturalmente citare la Siria). Nell’ottobre scorso il paese ha infatti eletto l’Assemblea costituente,
che fino all’inizio del 2013 fungerà anche da assemblea legislativa. Alla presidenza di tale assemblea è stato
eletto Mustafa ben Jaafar, leader dell’Ettakol, formazione politica moderata di centro. Moncef Marzouki,
attivista per i diritti umani e leader della formazione Indici di apertura politica 2011
laica di centro-sinistra ”Congresso della Repubblica”
(CdR) è stato invece eletto presidente della
Ranking
Status
Repubblica. L’Ettakol e il CdR sono attualmente
alleati della formazione politica islamica moderata Diritti Politici (1-7)
3
Ennahdha, uscita dalle elezioni di ottobre con la
Parzialmente
maggioranza relativa dei seggi. Il suo leader Hamadi Libertà Civili (1-7)
libero
4
Jabali è capo dell’esecutivo provvisorio, mentre il suo
presidente e fondatore Rachid Ghannouchi, pur non Libertà di stampa (0-100)
85
detenendo alcuna carica ufficiale, è considerato il
Qualità della Governance 2010
personaggio più influente della nuova scena politica
tunisina. Anche se le sfide di fronte al governo Corruzione percepita (10-0)
3.8
provvisorio continuano a essere assai ardue, la Tunisia
Fonte:
Freedom
House;
Transparency
sembra poter procedere ad un passo più spedito
rispetto ai vicini nordafricani, soprattutto in virtù della International.
piccola dimensione demografica del paese (10 milioni di abitanti contro gli 83 dell’Egitto) e di una
popolazione meno frammentata secondo divisioni regionali e tribali, come invece è il caso della Libia.
Ciò non significa che il buon esito del periodo di transizione sia necessariamente scontato. Alcune sfide sia
sociali sia economiche potrebbero infatti compromettere l’esito della ”rivoluzione del gelsomini”.
Sul fronte politico la questione più complessa degli ultimi mesi è la difficile posizione del partito islamico
moderato Ennahdha, che dopo aver trionfato nelle elezioni dell’ottobre 2011, si trova ora preso in mezzo fra
i laici e i salafiti, con il rischio concreto di una scissione interna al partito. Specialmente i salafiti sono
emersi all’inizio del 2012 come una forza inaspettatamente diffusa e organizzata. Particolarmente spinosa si
è dimostrata la questione relativa all’articolo 1 della Costituzione, che i salafiti desideravano venisse
modificato in modo da contenere un riferimento preciso alla sharia come fonte legislativa. I leader di
Ennahdha sono riusciti a mantenere la loro promessa di non modificare tale articolo rispetto a quello già
presente nella precedente Costituzione, anche se a costo di forte malcontento e divisioni interne. In
primavera si è inoltre assistito a una serie di scontri fra gruppi salafiti e forze di sicurezza, motivati da
esibizioni artistiche considerate blasfeme e dalla vendita di alcol in luoghi pubblici. Anche in questo caso
Ennahdha ha cercato la mediazione fra la repressione dei gruppi più violenti e la richiesta di evitare
esibizioni artistiche potenzialmente offensive per il sentimento religioso.
Al di là dello scontro con le forze più conservatrici, permangono i gravi problemi di natura socioeconomica che hanno contribuito a innescare le rivolte e la cui soluzione richiede profondi interventi
strutturali. Nonostante segnali di ripresa economica, le previsioni di crescita per il 2012 potrebbero infatti
non essere sufficienti a soddisfare le enormi aspettative che la rivolta ha suscitato. Una accorta politica
economica rivolta soprattutto alle zone del sud e dell’interno si presenta di vitale importanza per conservare
la stabilità del paese lungo tutto il periodo di transizione. Esso dovrebbe completarsi nel 2013, con l’elezione
del nuovo parlamento e del nuovo governo, scelti secondo la nuova Costituzione in fase di stesura.
POLITICA
2. CRONOLOGIA DELLA TRANSIZIONE
La Tunisia è stata la culla della cosiddetta ”Primavera araba”, la cui scintilla è scoppiata in seguito al
suicidio del ventiseienne tunisino Mohammed Bouazizi nella cittadina di Sidi Bouaziz. Le rivolte che
sono seguite hanno portato alla caduta del regime di Ben Ali, al potere dal 1987, e all’inizio del periodo
di transizione. Di seguito le tappe più importanti della transizione tunisina:
-
Dicembre 2010: in seguito alla morte di Mohammed Bouazizi dopo 18 giorni di agonia,
scoppiano proteste in tutta la Tunisia, soprattutto nelle zone più povere dell’interno e del sud.
-
Gennaio 2011: dopo settimane di proteste l’esercito volta le spalle a Ben Ali che è costretto
all’esilio. Il primo ministro Mohamed Ghannouchi annuncia un governo ad interim,
soddisfacendo solo in parte i dimostranti.
-
Febbraio 2011: Ghannouchi rassegna le dimissioni da primo ministro in seguito alla pressioni
della piazza che vuole una rottura totale col passato.
-
Marzo 2011: vengono fissate le elezioni per l’Assemblea costituente per il 24 luglio successivo.
Negli stessi giorni viene dichiarata l’illegalità del Rassemblement Constitutionnel
Démocratique, l’ex formazione politica del dittatore Ben Ali.
-
Aprile 2011: truppe della Libia attraversano il confine tunisino per inseguire i ribelli libici.
-
Maggio 2011: nuove proteste infiammano le piazze tunisine chiedendo riforme economiche e la
rottura con il passato regime. Le autorità impongono il coprifuoco.
-
Giugno 2011: Ben Ali viene condannato in absentia a 35 anni di prigione per appropriazione
indebita.
-
Ottobre 2011: le elezioni, precedentemente posticipate a ottobre, per l’Assemblea costituente
portano alla netta vittoria del partito islamista moderato Ennahdha, che non ottiene di poco la
maggioranza assoluta dei seggi.
-
Novembre 2011: si riunisce per la prima volta l’Assemblea costituente uscita dalle elezioni di
ottobre.
-
Dicembre 2011: Moncef Marzouki, attivista di Human Right Watch, viene eletto presidente
della repubblica, Mustafa ben Jaafar è eletto a capo dell’Assemblea costituente (avente anche
funzione di presidente della repubblica ad interim), mentre il leader del partito di Ennahdha,
Hamadi Jebali, giura come capo del governo.
-
Maggio 2012: centinaia di salafiti si scontrano con la polizia e le forze di sicurezza. Nella
cittadina di Jendouba viene circondata una stazione di polizia in seguito alle dispute nate dagli
attacchi dei salafiti contri i venditori di alcolici.
-
Giugno 2012: l’ex rais Ben Ali viene condannato all’ergastolo con l’accusa di aver causato la
morte di numerosi dimostranti durante la rivolte di dicembre 2010. L’Arabia Saudita, paese che
lo ospita al momento, rifiuta di estradarlo. Le autorità sono costrette a imporre nuovamente il
coprifuoco in seguito agli scontri tra salafiti e polizia a causa delle proteste seguite ad alcune
esibizioni artistiche considerate blasfeme.
POLITICA
3. LE PRINCIPALI FORZE POLITICHE
Nell’ottobre del 2011 si sono tenute le prime elezioni libere della storia tunisina. Gli elettori si son
recati alle urne per eleggere l’Assemblea costituente, avente il compito di redigere la nuova
costituzione del paese e di fungere da assemblea legislativa provvisoria in attesa delle elezioni
parlamentari da tenere a inizio 2013, dopo l’approvazione della nuova Carta costituzionale.
L’Assemblea ha anche eletto un governo provvisorio, guidato dal partito di maggioranza Ennahdha. Di
seguito le principali forze rappresentate nell’Assemblea:
PARTITI e LISTE
Seggi
Mouvement Ennahda
90
Congrès pour la
république (Cpr)
30
Forum démocratique
pour le travail et les
libertés (Ettakatol)
21
Pétition populaire pour la
liberté, la justice et le
développement (Aridha)
19
Parti démocrate
progressiste (Pdp)
17
Pôle démocratique
moderniste (Pdm)
Al Moubadara (parti de
l’initiative)
5
5
Orientamento politico e principali caratteristiche
Conservatore islamico (si ispira all’Akp turco), guidato da Rachid
Gannouchi: a favore di uno stato laico e rispettoso del carattere laico
e aperto della società tunisina; sostiene la parità di genere.
Centro-sinistra, liberale guidato da Moncef Marzouki (attivista diritti
umani): campagna elettorale improntata su i diritti civili. Ha rifiutato
finanziamenti da imprenditori privati.
Centro-sinistra, guidato da Mustafa Ben Jaafar (medico ed ex
ministro della Salute): campagna elettorale focalizzata sulla lotta alla
corruzione, sulla trasparenza e sulla parità di genere.
È guidato dall’imprenditore Mohamed Hechmi Hamdi (proprietario
a Londra di un canale televisivo) e conta alcuni ex-membri del
Rassemblement constitutionnel démocratique (Rcd). Le sue liste in
sei distretti sono state interdette per non avere rispettato le scadenze
del processo pre-elettorale e a causa di irregolarità nei finanziamenti
elettorali.
Centro-sinistra, guidato da Nejib Chebbi (avvocato e politico di
lunga data): propone un aumento del salario minimo e la
deregolamentazione per favorire il flusso d’investimenti esteri.
Coalizione di 9 tra partiti e movimenti; sostiene la laicità dello stato
e la parità di genere.
Centrista: riunisce esponenti del vecchio regime e reclama il diritto
di ex-membri del Rcd a partecipare in politica.
Afek Tounes
4
Centro-destra, liberista
Parti communiste des
ouvriers de Tunisie
(Pcot)
3
Sinistra radicale (marxista-leninista): campagna per i diritti dei
lavoratori, a favore della nazionalizzazione di proprietà straniera,
rafforzamento del welfare e fortemente anti-islamista.
Altre liste e candidati
indipendenti
21
Totale
217
POLITICA
4. IL PARTITO ENNAHDHA
Il partito Ennahdha (rinascita) viene fondato nel 1981 sulla scia della formazione di numerosi partiti di
stampo islamista che ha caratterizzato gli anni successivi alla Rivoluzione iraniana. Inizialmente
ispirato alla Fratellanza musulmana e a pensatori ad essa legati come Qutb e Maududi, il movimento
si focalizza ben presto sulla realtà politica tunisina portando in secondo piano le aspirazioni panislamiche.
Già nel 1984 Ennahdha (che prima del 1989 si chiamava Movimento della tendenza islamica) è fatta
bersaglio di una dura repressione. Il suo leader Rachid Ghannouchi viene messo agli arresti insieme a
molti altri membri e tre anni dopo condannato a morte. Viene graziato dal “golpe bianco” di Ben Ali,
che nel 1987 depone Habib Bourguiba (ormai mentalmente incapace), concedendo l’amnistia a
numerosi prigionieri politici.
Nel 1989 Ennahdha assume il suo nome attuale e Rachid Ghannouchi
partecipa alle elezioni politiche dello stesso anno.
Anche se non formalmente autorizzato a partecipare,
i suoi membri si candidano come indipendenti
ottenendo un discreto successo. Le fonti governative
parlano di una percentuale che va dal 10 al 17
percento, mentre le fonti interne a Ennahdha parlano
di un risultato ben maggiore, anche se impossibile
da misurare con precisione vista la mancanza di una
lista unica a cui fare riferimento.
Due anni più tardi, nel 1991, il regime di Ben Ali
dichiara il movimento fuorilegge arrestando
migliaia di membri e costringendo all’esilio i leader,
tra cui Ghannouchi. Quest’ultimo passerà i
successivi 20 anni in Francia, dove più volte darà
prova della moderazione del suo movimento
attraverso ripetuti richiami contro la lotta armata.
Dopo la repressione dei primi anni Novanta il
partito sparisce quasi totalmente dalla scena politica tunisina, tornando alla ribalta solo in occasione
della rivolta del 2011. Fin da subito lo stesso Raschid Ghannouchi ha dichiarato la volontà di Ennahdha
di collaborare con le altre forze politiche islamiste e laiche alla costruzione di una nuova Tunisia
democratica. Dopo la legalizzazione ufficiale del movimento il 1° marzo 2011, i suoi esponenti hanno
iniziato una massiccia campagna mediatica per tranquillizzare soprattutto i governi occidentali sulla
moderazione del rinato movimento islamista tunisino.
Tale campagna sembra avere avuto successo soprattutto in seguito al viaggio compiuto dal Segretario
generale del partito Hamadi Jadali verso gli Stati Uniti, dove ha potuto incontrare i senatori repubblicani
Joe Lieberman and John McCain. Al momento, nonostante le numerose difficoltà, l’Occidente sembra
guardare con fiducia a Ennahdha, anche grazie alla sua linea liberista in politica economica.
POLITICA
5. L’ORIGINE DELLA RIVOLTA
Lo scoppio della “rivoluzione dei gelsomini”, che ha portato alla caduta di Ben Ali il 14 gennaio 2011, è
stata la miccia delle rivolte che per effetto contagio si sono diffuse alla gran parte dei paesi del mondo arabo.
Fino a due anni fa la Tunisia veniva indicata come un esempio di stabilità politica e sviluppo economico. In
realtà, tuttavia, molte contraddizioni interne, iniquità socio-economiche, forti restrizioni delle libertà
politiche e individuali e una dura repressione del dissenso caratterizzavano il paese. Sotto Ben Ali,
l’esecutivo e il partito di governo, il Rassemblement constitutionnel démocratique (Rcd), controllavano tutte
le istituzioni politiche. Al Rcd era, inoltre, garantita la maggioranza nel Consiglio superiore della
magistratura, che aveva il potere di nominare e rimuovere i giudici nonché di adottare provvedimenti
disciplinari nei loro confronti, compromettendone l’indipendenza. I partiti di opposizione, otto quelli legali,
mancavano di una base popolare ed erano incapaci di influire sulla vita politica del paese. Nel 2002 un
emendamento costituzionale, che aboliva il limite dei mandati presidenziali, aveva consentito a Ben Ali di
presentarsi nuovamente ed essere eletto nel 2004 e nel 2009.
Sul piano economico, il regime di Ben Ali già a partire dalla fine degli anni Ottanta aveva intrapreso un
graduale processo di riforme economiche sotto l’egida del Fondo monetario internazionale e della Banca
mondiale dopo decenni di politiche stataliste. Un’accelerazione del processo riformatore si è avuta nel primo
decennio di questo secolo con una serie di liberalizzazioni e privatizzazioni (dal 2006) per favorire
l’integrazione del paese nell’economia globale. Se la Tunisia ha conosciuto negli ultimi anni una crescita
economica rilevante, lo sviluppo economico tunisino è stato però caratterizzato da forti squilibri e i ceti
meno abbienti hanno sofferto delle ricadute negative delle trasformazioni economiche. Da una parte, la
crescita economica e gli investimenti esteri si sono concentrati nelle zone costiere urbane, escludendo quasi
totalmente le zone rurali dove i tassi di povertà e disoccupazione sono rimasti elevati. In secondo luogo,
l’alto livello di corruzione e le relazioni clientelari hanno influito negativamente, favorendo gli sprechi e
impedendo un’equa ridistribuzione delle risorse. Uno dei problemi principali dell’economia tunisina è dato
dall’elevata disoccupazione, soprattutto giovanile (in particolare, i giovani laureati hanno difficoltà a
entrare nel mondo del lavoro). Secondo stime non ufficiali, la disoccupazione giovanile è aumentata
notevolmente nel corso degli anni: per la fascia tra i 20-24 anni, si è passati dal 25,4% nel 1994 al 30,7% del
2007, mentre la disoccupazione tra i neolaureati è raddoppiata in una decade: dal 22,1% del 1999 al 44,9%
nel 2009. Il problema è particolarmente grave se si considera che in Tunisia il 41,6% della popolazione è al
di sotto dei 24 anni.
Già dal 2008, le zone povere rurali avevano conosciuto proteste sporadiche a causa del progressivo
abbassamento degli standard di vita, della crescente disoccupazione e del rincaro dei beni alimentari. Proprio
la disaffezione nei confronti del regime unita al profondo deficit democratico e al crescente malcontento
socio-economico è alla base delle proteste che hanno portato alla rivolta interna.
Ripartizione del reddito nazionale per il 10% più povero della popolazione e il 10% più ricco
Fonte: dati Banca mondiale
ECONOMIA
1. QUADRO MACROECONOMICO
Il 2011 ha fatto registrare una contrazione
dell’economia: il tasso di crescita del Pil è passato
da 3,1% nel 2010 a - 0,8%, a causa dei disordini
causati del prolungato periodo di transizione ma
anche della stagnazione economica nell’Unione
europea, principale partner economico della
Tunisia (si veda Approfondimento 3).
Una ripresa, seppur limitata, è prevista per
quest’anno, grazie soprattutto alla politica
espansiva che il governo provvisorio ha in
programma per il 2012. Il budget approvato
all’inizio dell’anno ha visto infatti un aumento di
circa l’11% delle spese, soprattutto destinate alla
creazione di occupazione e a investimenti nelle
regioni più arretrate. Le stime ufficiali del governo
tunisino per la crescita del 2012 parlano
ottimisticamente di un +3,5%, mentre le stime del
Fondo monetario internazionale si attestano al
2,2%.
Crescita economica
Fonte: Fondo monetario internazionale
Deficit della partita corrente
Dal punto di vista della politica monetaria, è
probabile che la Banca centrale tunisina continui
nella sua politica di bassi tassi di interesse per
favorire la ripresa economica, anche se dovrà fare
attenzione all’inflazione che nel primo trimestre del
2012 ha fatto registrare un +5,4%, soprattutto a
causa dell’aumento dei costi energetici dovuto –
oltre che dalla crisi iraniana – al deprezzamento dei
dinaro tunisino rispetto al dollaro.
Anche nel 2011 la partita corrente tunisina ha
fatto registrare un notevole deficit, arrivando a
Fonte: Dati Banca Mondiale
toccare i 3 miliardi di dollari, circa il 5% del
prodotto interno lordo. Il deficit, in primo luogo causato dalla bilancia commerciale, è previsto in
aumento soprattutto data la politica espansiva del governo provvisorio e il conseguente aumento dei
consumi sia pubblici sia privati. Essa dovrebbe almeno in parte essere compensata dal ritorno delle
rendite derivanti dal turismo – previsto in aumento ma non ancora in grado di raggiungere i numeri del
2010 anche a causa della crisi europea – e delle rimesse degli emigrati che dovrebbero provenire in
parte anche dalla Libia. La ricostruzione libica, infatti, potrebbe risultare una grande opportunità anche
per la crescita economica tunisina (si veda Approfondimento 1).
Per un ritorno degli investimenti e per una sostenuta e stabile crescita economica è però più realistico
attendere la seconda metà del 2013 e il ritorno ad una consolidata stabilità politica con l’approvazione
della nuova costituzione e le prime elezioni parlamentari. Fino ad allora gli sviluppi dei fondamentali
macroeconomici del paese rimangono strettamente dipendenti dalle possibili nuove crisi di instabilità
dell’arena politica.
ECONOMIA
2. INTERSCAMBIO COMMERCIALE
La Tunisia è un paese strutturalmente caratterizzato Esportazioni tunisine
da un notevole deficit di bilancia commerciale,
solo parzialmente compensato dal comparto dei
servizi. Nel 2009-2010 tale deficit ha toccato il 10%
del Pil ed è atteso un ulteriore peggioramento.
Le esportazioni (13 miliardi di euro – dati Ice)
tunisine sono piuttosto diversificate. Esse vanno dal
settore agricolo – fra cui una nascente ma
promettente industria agricola biologica – al settore
manifatturiero, che grazie alla fortunata posizione
geografica a poche ore di navigazione dalle coste
europee e alla manodopera qualificata e a basso
costo è caratterizzata da produzioni destinate
primariamente all’esportazione. Fra queste spiccano
i semilavorati destinati alle aziende europee, ma
Importazioni tunisine
anche prodotti tessili e alimentari.
A rendere particolarmente vantaggioso l’export
dalla Tunisia all’Europa è l’accordo di libero
scambio in vigore dal 2008 con l’Ue che abbatte
pressoché a zero i costi in entrata di numerose
tipologie di merci tunisine sul mercato dell’Unione.
Non sorprende che siano quindi i paesi europei i
primi importatori dalla Tunisia, con Francia
(30,66%) e Italia (21,64%) nelle prime due
posizioni.
Le importazioni tunisine (17,5 miliardi di euro)
sono composte soprattutto da beni strumentali,
semilavorati e beni di consumo. Le prime due
categorie – soprattutto i beni semilavorati –
riflettono la forte interconnessione fra l’industria Fonte: Ice
tunisina all’interno delle filiere delle industrie
straniere, e soprattutto europee. A questi si devono aggiungere le importazioni energetiche, non essendo il
paese dotato di risorse proprie.
Ancora una volta i principali paesi di provenienza delle merci dirette verso la Tunisia sono quelli europei,
con Francia (18,35%) e Italia (15,85%) ai primi due posti.
Andamento delle importazioni e delle esportazioni della Tunisia da e per l’Italia (milioni di euro)
Fonte: Ice
ECONOMIA
4. INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI
La Tunisia ha cercato di incrementare nel primo decennio degli anni Duemila la propria capacità di attrarre
investimenti diretti esteri (Ide) attraverso investimenti infrastrutturali, accordi internazionali e riforme
legislative.
Tali riforme hanno avuto il merito di portare il paese al 46° posto del doing business index, di gran lunga il
migliore posizionamento dei paesi nordafricani. Il numero delle aziende straniere o a capitale misto operanti nel
paese è più che raddoppiato dal 1997 a oggi mentre
il volume complessivo di Ide diretti verso la Tunisia Numero delle aziende straniere oppure a capitale
è passato da circa 400 milioni di dinari tunisini misto operanti in Tunisia
(1€/1,984Dnt – circa 200 milioni di euro) nel 1997 a
oltre due miliardi nel 2010 (circa un miliardo di
euro). Questo aumento progressivo ha subito uno
stop nel 2011 a seguito delle rivolte che hanno
portato alla caduta dell’ex presidente tunisino Ben
Ali. Se però da una parte durante i mesi successivi
alla rivolta non si sono registrati nuovi afflussi di
capitali, è necessario sottolineare che dall’altra non
si è registrata neanche una fuga significativa degli
investimenti già presenti. Molte aziende, al
contrario, dopo aver chiuso momentaneamente
hanno ripreso la produzione facendo addirittura
registrare un aumento delle esportazioni nel 2011
rispetto al 2010 (si veda Economia 2). Ciò porta a
ben sperare per una ripresa degli investimenti diretti
verso la Tunisia già a partire da quest’anno.
Fonte: investintunisia.com
Gli investimenti stranieri in Tunisia si concentrano
soprattutto in attività destinate all’esportazione (76% del totale), visti i notevoli vantaggi comparati che il paese
presenta. L’accordo di libero scambio tra la Tunisia e l’Ue permette infatti alle aziende operanti nel paese di
esportare verso i paesi europei molti tipi di prodotti senza pagare dazi in entrata. La Tunisia è inoltre un’ottima
base per le aziende che vogliono operare in Libia, grazie ai solidi legami economici esistenti tra i due paesi (si
veda Approfondimento 1). Infine, oltre ad un costo del lavoro significativamente più economico rispetto
all’Europa, la manodopera tunisina presenta uno dei livelli medi di formazione tecnica e universitaria più alti
dell’Africa e del mondo arabo.
Gli Ide negli anni Duemila si sono concentrati primariamente nel settore energetico e manifatturiero, nel
turismo e nei servizi. L’Italia gioca un ruolo di primo piano, posizionandosi al secondo posto tra gli investitori in
Tunisia (325,6 milioni di dinari, circa 150 milioni di euro), dietro solo al Regno Unito e davanti alla Francia, ex
potenza coloniale del paese.
Ide verso la Tunisia divisi per settori (in milioni di dinari tunisini)
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Industria
Servizi e Totale
manifatturiera Energia Turismo Agricoltura altro
IDE
347,4
940,3
18,3
14
3082,8
4402,9
485,7
1359
72
7,7
146,4
2070,9
641,6
1933,9
198,6
20
604,5
3398,7
771,6
1233,5
85,5
16,9
171,2
2278,7
573,6
1317,1
95
2,8
176,5
2165
330,6 1063,41
22,9
2,3
196,7
1615,9
Fonte: investintunisia.com
ECONOMIA
3. LO SVILUPPO DELLE DIVERSE AREE DEL PAESE
La Tunisia è caratterizzata da forti squilibri in I governatorati in Tunisia
termini di sviluppo fra le diverse aree del paese. Non
sorprende pertanto che i principali focolai delle
rivolte di fine 2010 che hanno portato alla caduta del
regime di Ben Ali sono stati fin le città di Sidi
Bouaziz, Thala e Kasserine, situate nelle aree
centrali del paese.
Secondo i dati della Banca africana per lo sviluppo
(Afdb), infatti, circa il 75% dei posti di lavoro nei
settori secondario e terziario sarebbe concentrato
nelle zone costiere. Ciò sarebbe dovuto da una parte
alla naturale concentrazione delle attività del settore
turistico – settore assai importante per l’economia
tunisina – sulla costa, e dall’altra ad una precisa
politica economica del regime di Ben Ali che nei
decenni passati aveva privilegiato le zone costiere,
per favorire le relazioni con la Ue. Negli ultimi anni
queste hanno ricevuto in media il 65% degli
investimenti sia pubblici che privati, a discapito
delle zone interne del paese.
Durante il periodo di transizione seguito alla caduta
di Ben Ali, il governo ha cercato di invertire questa
tendenza, seguendo in parte le indicazioni già
contenute
nell’ultimo
piano
quinquennale
approvato dal precedente regime. Esso infatti già
conteneva indicazioni di politica economica rivolte a
migliorare la situazione infrastrutturale delle regioni maggiormente svantaggiate.
Le carenze di queste aree riguardano le reti di trasporto e le telecomunicazioni – infrastrutture primarie per
l’attrazione di investimenti diretti esteri – oltre che di servizi di prima necessità per la popolazione residente
come ospedali e scuole. Dal punto di vista della formazione e dell’accesso al lavoro il gap fra governatorati
“ricchi” e governatorati “poveri” si riflette soprattutto nelle differenze nei tassi di analfabetismo e nel livello
di disoccupazione fra i laureati, che tocca quasi il 38% nei governatorati di Tozeur e Gafsa contro il 13,9%
della regione di Tunisi.
Disparità nel tasso di povertà per regioni tunisine
Fonte: Nis
APPROFONDIMENTI
1. L’OPPORTUNITÀ LIBICA
Libia e Tunisia condividono oltre 450 chilometri di confine, e specialmente dal punto di vista
economico si possono considerare su molti fronti complementari.
La Libia, paese enorme ma sottopopolato, gode infatti di ingenti risorse energetiche che ne
determinano una ricchezza procapite di molto superiore agli altri paesi del Nord Africa (oltre 18.000
dollari nel 2010 contro 8.700 dollari della Tunisia e 5.600
dell’Egitto). Soffre però di una cronica mancanza di Esportazioni tunisine in Libia nel periodo
manodopera, per la quale ricorre da decenni ad pre-conflitto divise per settori (in milioni
di dinari tunisini)
immigrati da diverse zone sia dell’Africa sub-sahariana
sia del Nord Africa. Prima dell’inizio del conflitto
risiedevano in Libia circa 60.000 cittadini tunisini, i
quali erano impiegati nei settori economici più disparati.
Settori
Prodotti agricoli e
alimentari
Cuoio e scarpe
Lubrificanti
e
prodotti energetici
Industria meccanica
ed elettrica
Prodotti misti
Tessile e vestiario
Esportazioni totali
tunisine verso la
Libia
Dati relativi al 2010
186,34
53,06
16,59
Oltre alla manodopera, la Tunisia fornisce alla Libia
anche notevoli quantità di prodotti alimentari che
187,13
compensano la scarsa produzione agricola libica. Durante
il conflitto e la conseguente totale interruzione della
346,62
produzione libica, la Tunisia ha triplicato le proprie
10,10
forniture di prodotti alimentati verso il paese vicino, che
747,33
hanno quasi totalmente compensato il crollo delle
esportazioni negli altri settori. La Tunisia infatti fornisce
alla Libia tradizionalmente anche prodotti industriali,
quali materiale elettrico, meccanico e lubrificanti, oltre Fonte: Cepex
che beni di consumo quali prodotti in cuoio e scarpe. Dei cittadini tunisini residenti in Libia, molti sono
occupati in settori come manodopera poco qualificata nelle costruzioni, mentre molti altri lavorano
negli uffici delle numerose aziende tunisine (stimate in circa 1200) che commerciano con la Libia.
Molti vedono nella ricostruzione post-bellica libica una enorme opportunità per la Tunisia. Ci si
aspetta infatti che il nuovo governo usi la rendita petrolifera in modo molto più generoso rispetto al
regime precedente per investimenti interni alla Libia. Ciò dovrebbe quindi andare ben oltre la
ricostruzione e concentrarsi nello sviluppo di nuove infrastrutture e di settori a più alto contenuto
tecnologico e di innovazione come le telecomunicazioni. Tali sviluppi si potrebbero rivelare un volano
per la ripresa anche dell’economia tunisina, soprattutto dal punto di vista dell’occupazione. La Banca
africana per lo sviluppo stima infatti che il nuovo programma di investimenti libico potrebbe arrivare ad
occupare fino a mezzo milione di cittadini tunisini, anche in settori ad alto contenuto tecnologico,
andando quindi anche ad alleggerire la pressione della disoccupazione fra i laureati della Tunisia. Al
momento i maggiori ostacoli ad un tale scenario risiedono nella burocrazia necessaria per ottenere un
visto di lavoro regolare in Libia. A causa di tali difficoltà, molti cittadini tunisini sono infatti impiegati
nel settore informale, reso ulteriormente incontrollabile dalla porosità del lungo confine fra i due paesi.
Inoltre, per le compagnie tunisine è molto difficile ottenere linee di credito finanziario da parte delle
banche per progetti in territorio libico. Una collaborazione più stretta tra il governo tunisino e il nuovo
governo libico – uscito dalle elezioni di inizio luglio – sarebbe quindi auspicabile per abbattere tali
barriere al business tra i due paesi e utilizzare la ripresa libica anche come volano di rilancio per
l’economia tunisina.
APPROFONDIMENTI
2. I “TECNOPOLI”
Negli ultimi anni il regime di Ben Ali aveva iniziato una serie di riforme economiche finalizzate a trasformare il
sistema produttivo tunisino – caratterizzato da industrie a basso contenuto tecnologico – verso un sistema
maggiormente hi-tech. Questo obiettivo veniva perseguito con il duplice scopo di abbassare l’allarmante livello di
disoccupazione fra i giovani tunisini istruiti e di rendere i prodotti industriali più competitivi sul mercato mondiale.
Tale strategia ha portato nel 2001 alla promulgazione della legge numero 2001-50 (poi modificata nel 2006 con la
legge numero 2006-37) che istituiva i cosiddetti “poli tecnologici”, ovvero delle aree industriali regolamentate da
leggi speciali in cui avrebbero dovuto operare aziende ad alto contenuto tecnologico. Queste aziende, soprattutto
straniere, avrebbero avuto l’opportunità di operare e di investire con forti agevolazioni in zone specificatamente
create con i migliori servizi disponibili nel paese e connesse con le università e i centri studi tunisini, al fine di
garantire la presenza di manodopera altamente specializzata. La legge prevedeva anche delle restrizioni per le
aziende che decidono di investire in queste aree: i locali costruiti dall’investitore, infatti, possono essere ceduti in
seguito soltanto a titolo gratuito; in caso contrario devono venire distrutti.
Il primo di questi “tecnopoli” è stato aperto nel 2002 a Ghazala ed è specializzato nelle industrie del settore delle
telecomunicazioni. Al momento ospita circa un centinaio di imprese e filiali di grandi gruppi internazionali tra i
quali Ericsson e Microsoft. I prodotti e i servizi realizzati in questo parco tecnologico sono destinati per il 70%
all’esportazione. Il parco tecnologico ha prodotto sinora circa 2000 posti di lavoro, che dovrebbero aumentare del
doppio con l’ampliamento previsto per la fine del 2012.
Oltre al parco di Ghazala, al momento il più grande e meglio funzionante, sono presenti nel paese altri 6 tecnopoli,
ognuno di essi specializzato in attività tecnologiche specifiche:
1 – Borj Cedria: specializzato in energie rinnovabili e ambiente
2 – Sfax: specializzato in multimedia e informatica
3 – Sidi Thabet: specializzato in bioagricoltura e biotecnologia
4 – Sousse: specializzato in tecnologia elettronica e informatica
5 – Monastir el Fejja: specializzato nell’industria tessile
6 – Bizerte: specializzato nei prodotti agroalimentari
Poli tecnologici in Tunisia
Fonte: Ministère de l’Enseignement Supérieur et Recherche Scientifique en Tunisie, www.mes.tn
APPROFONDIMENTI
3. I RAPPORTI CON L’UNIONE EUROPEA
I rapporti con l’Unione europea (Ue) sono da decenni il cardine della politica estera tunisina. In qualità di
membro del Partenariato euro-mediterraneo la Tunisia è stato il primo partner della sponda sud del
Mediterraneo, a firmare nel 1995 l’Accordo di Associazione con l’Unione europea, poi entrato in vigore nel
1998. Nel 2008 la Tunisia è stato il primo – e l’unico – paese con il quale è entrato in vigore il libero scambio per
i prodotti industriali, come previsto dall’Accordo di associazione, mentre la liberalizzazione dei prodotti agricoli
e dei servizi sarà oggetto di una fase successiva di negoziati. Le relazioni ruotano soprattutto sulle questioni
economiche. Grazie a tale accordo Tunisi ha legato le proprie esportazioni soprattutto alle rotte verso la sponda
settentrionale (si veda scheda Economia 2) attirandone anche ingenti investimenti nella propria economia (si veda
scheda Economia 4).
L’Ue è il primo partner commerciale della Tunisia. Nel 2011 l’interscambio è stato pari a 20,7 miliardi di euro,
con esportazioni tunisine pari a 9,8 miliardi di euro e importazioni per un valore di 10,9 miliardi di euro. Le
principali esportazioni tunisine verso la Ue comprendono per il 78,5 % manufatti (principalmente abbigliamento
e macchinari), prodotti energetici (16,3%) e chimici (4,7%).
In seguito alle rivolte del 2011 l’Unione europea ha cercato di sostenere i tentativi di democratizzazione del
governo provvisorio e ha accolto con soddisfazione l’andamento complessivamente positivo della transizione
tunisina. Nella sua recente visita a inizio luglio il commissario europeo Füle si è mostrato molto soddisfatto dai
risultati raggiunti nell’ultimo anno e mezzo e ha sottolineato la volontà dell’Unione europea di proseguire sulla
politica di vicinato del “more and more”, più aiuti seguiti da più riforme democratiche. L’Unione ha infatti
incrementato notevolmente i finanziamenti nell’ambito dell’Enpi (lo strumento di partenariato e vicinato) per il
biennio 2011-2013, per la Tunisia inizialmente fissati a 240 milioni di euro, portandoli a 400 milioni di euro.
Durante la visita del commissario europeo due accordi finanziari per un totale di 27 milioni di euro sono stati
firmati con le autorità tunisine in materia di società civile e per stimolare la competitività nel settore dei servizi.
Nonostante apparentemente le relazioni con l’Europa proseguano sullo stesso livello pre-rivolta, è importante
segnalare le dichiarazioni fatte da alcuni vertici del partito Ennahdha sia prima che dopo le elezioni parlamentari
dell’ottobre scorso riguardanti la volontà del partito di guardare maggiormente verso l’Africa e i paesi arabi
rispetto al regime precedente; soprattutto verso le monarchie del Golfo. Tale volontà non dovrebbe modificare i
rapporti esistenti tra Tunisia ed Unione europea, ma aiutare la Tunisia a differenziare le proprie relazioni
internazionali e i mercati per le sue esportazioni, soprattutto in vista di un possibile peggioramento della crisi
economica in Europa.
Importazioni, esportazioni e bilancia commerciale della Ue verso la Tunisia (miliardi di euro)
Fonte: Eurostat