Responsabilità sociale come strumento per creare valore o semplice

4. RESPONSABILITA’ SOCIALE E
CREAZIONE DI VALORE PER L’AZIONISTA
4.1 La responsabilità sociale crea valore, ma per chi?
4.1.1 Il punto di partenza
Ho scelto di partire da qui, da una domanda che sottintende che la
responsabilità sociale, di per se, crea valore. Questo è assodato
poiché ogni azione di qualunque soggetto, sia esso un’impresa o un
individuo, crea valore. Il problema reale è individuare come le
azioni di responsabilità sociale creino valore e, soprattutto, per chi.
Ciò è rilevante poiché, essendo gli azionisti i portatori del capitale
con il vincolo di pieno rischio dell’impresa, un’azione di
responsabilità sociale compiuta da parte della stessa nei confronti di
qualunque altro soggetto ha una sua ragion d’essere soltanto nel
caso in cui crei valore, in un modo o nell’altro, per gli azionisti
stessi.
Il problema suddetto non è di semplice risoluzione poiché il valore
creato da parte di azioni di responsabilità sociale nei confronti di
soggetti terzi, i portatori d’interesse “legittimo” o stakeholders 1 ,
1
L’utilizzo diffuso dei termini anglofoni shareholders e stakeholders fino a questo punto e nel
prosieguo del lavoro è dovuto al fatto che gli studi in materia si sono inizialmente sviluppati
negli USA: la successiva dottrina mondiale ha spesso utilizzato i termini anglosassoni per
maggior chiarezza e confrontabilità delle innovazioni concettuali ulteriori. Così l’autore.
153
non si riflette, spesso, in modo diretto, in un maggior valore creato
per gli shareholders che, quindi, da tale azione di responsabilità
sociale, che in quanto tale ha un costo, o per lo meno un costo –
opportunità, non ricevono altro segnale se non il sostenimento di un
costo facilmente monetizzabile a fronte di un beneficio spesso
solamente intuibile e percepibile, al più, per via diretta tramite
indicatori, e per via indiretta con un miglioramento delle
performance aziendali.
In realtà, però, l’impresa non può fare a meno di prendere in
considerazione le istanze degli stakeholders più rilevanti per
l’influenza determinante che hanno nel consentire la sopravvivenza
e lo sviluppo della stessa. Tali stakeholders, definiti da Freeman 2
“primari”, sono solitamente gli azionisti, i dipendenti, i clienti e,
soprattutto nel modello capitalistico europeo continentale, (Italia,
Francia e Germania) e giapponese, il sistema creditizio.
Abbiamo così tratteggiato i confini del problema e stabilito che non
può essere evitato o accantonato, ma deve essere affrontato poiché
di elevata rilevanza strategica.
Bisogna guardare all’impresa come ad un attore che deve
rispondere ad una pluralità di soggetti, gli stakeholders, aventi
spesso interessi in conflitto tra loro, mantenendo il necessario
equilibrio tra gli stessi.
L’impresa, dovendo necessariamente mediare tra le richieste dei
vari stakeholders, deve agire mantenendo una legittimazione ad
operare, sia nei confronti di quelli interni che nei confronti di quelli
2
Freeman: “Strategic management. A stakeholder approach”, Pitman, Boston, 1984.
154
esterni, onde evitare: nel rapporto con gli stakeholders interni, per
esempio, una minor motivazione delle proprie risorse umane; in
quello con i portatori d’interessi esterni, sempre come esempio,
d’incorrere in un grave danno dell’immagine aziendale o,
addirittura, in un aperto conflitto con gli stakeholders stessi che, in
reazione alle scelte dell’impresa, potrebbero adottare azioni che ne
compromettano la profittabilità e ne minino, dunque, le basi di
sopravvivenza, o la condannino, in un ipotetico caso limite,
addirittura a morte.
4.2 Effetti delle scelte di responsabilità sociale sulle
performance economico competitive
Le scelte di responsabilità sociale hanno diversi effetti sulle
performance economico – competitive d’impresa sia in quanto
perseguibili solamente tramite tutta una serie di costi certi, sia in
quanto possibile fonte di vantaggio competitivo e correlata
profittabilità.
4.2.1 Valore per stakeholder o shareholder: conflitto
d’interesse o coincidenza degli stessi?
Da quanto detto sopra, e da quanto emerge da diversi studi effettuati
empiricamente sulle società che adottano un comportamento
configurabile come di responsabilità sociale, sembra emergere una
155
crescente coincidenza d’interessi tra stakeholder e shareholder in
merito alle azioni di responsabilità sociale. Ciò avviene poiché
queste pare permettano, all’impresa che le adotta, di avere
performance superiori alle sue concorrenti proprio per effetto dei
positivi ritorni in termini d’immagine, forza contrattuale, facilità di
accesso al credito, minor rischiosità, migliori rapporti coni propri
fornitori e clienti, maggiore motivazione del personale, miglior
rapporto con la pubblica amministrazione, maggiore attrattività
verso i migliori elementi presenti sul mercato del lavoro, ecc.
In realtà, come non è affatto scontato che un'elevata performance
competitiva misurata, per esempio, in termini di quote di mercato,
si traduca necessariamente ed automaticamente in un'elevata
performance economica, lo stesso vale per il rapporto fra strategie
sociali e performance aziendali, anche se, nella pratica, è stato
spesso rilevato come le imprese maggiormente competitive e di
successo siano anche quelle di adottano le strategie sociali più
efficaci. Il problema sta nell’individuare il nesso di causalità tra
profittabilità e RSI: è la RSI a costituire la fonte di vantaggio
competitivo su cui si fonda una maggiore profittabilità, oppure le
imprese aventi elevata profittabilità la utilizzano impropriamente
per azioni di RSI a scapito dell’interesse dei propri azionisti? La
risposta a tale interrogativo non è semplice poiché, anche se sembra
che si tratti di un circolo virtuoso, è difficile dire da dove cominci,
anche se il sospetto è che si tratti: o di una necessità che nasce
allorquando l’impresa è un’impresa di successo ed, in conseguenza
di ciò, anche gli stakeholder non azionisti vogliono un fetta
156
maggiore del valore creato; o di una capacità dei manager di
sfruttare la responsabilità sociale per differenziare i propri prodotti;
o, infine, di un azione esercitata per uno spirito meramente
filantropico da parte dei manager nei confronti di soggetti, o
tematiche, che stanno loro a cuore. Se ci si ritrovasse in
quest’ultimo caso si avrebbero manager che tradiscono il rapporto
di agenzia instaurato, per definizione, tra loro e la proprietà, con la
conseguenza che le azioni da essi compiute sarebbero, in quanto
meramente filantropiche, al di fuori di ogni giustificazione
economica. Da questo punto in poi parleremo di “strategie” di
responsabilità sociale dando per scontato che i managers non
violino il rapporto di agenzia ed agiscano, quindi, in modo
socialmente responsabile o per rispondere passivamente ad istanze
pressanti ed impossibili da ignorare mosse da parte degli
stakeholders o, meglio ancora, per anticipare tali richieste con
comportamenti, orientati da una strategia sociale efficace ed
efficiente, che permettano all’impresa di avere un miglior
posizionamento sociale rispetto ai concorrenti.
Nonostante le difficoltà ad evidenziare e misurare una relazione,
diretta o indiretta, tra strategie sociali e performance aziendali, è
comunque possibile individuare, in letteratura, due visioni di tale
relazione:
La prima visione, che individua un trade-off tra strategie di
responsabilità sociale e performance economico competitiva,
parte dal presupposto che le imprese, nell'intraprendere
azioni socialmente responsabili, incorrono in costi che le
157
pongono in svantaggio competitivo rispetto ad altre imprese
meno responsabili che tali costi non devono, invece,
sostenere 3 . Questi extra - costi derivano, per esempio, da
piani volti a promuovere lo sviluppo della comunità locale,
dal mantenimento della produzione in aree economicamente
depresse, da procedure volte alla salvaguardia ambientale,
dall'osservanza di procedure, ulteriori rispetto alle norme di
legge, per la sicurezza sul posto di lavoro, dalla scelta di
applicare un trattamento comparabile nei diversi ambiti
territoriali
in
cui
l'impresa
opera,
ecc.
Secondo tale visione, azioni di responsabilità sociale come
quelle illustrate poc’anzi, sono da considerarsi come un
semplice costo che non sarà mai ripagato da eventuali
specifici
vantaggi
competitivi
derivanti
da
tale
comportamento socialmente responsabile. Una visione di
questo tipo trae origine dalla considerazione che, mentre i
costi sostenuti, sia in termini di azioni dirette di
responsabilità
salvaguardia
sociale,
come
ambientale,
che
per
di
esempio
azioni
azioni
di
indirette
di
responsabilità sociale, e cioè, per esempio, la scelta di una
strategia economicamente meno allettante sulla base di
considerazioni di tipo sociale, sono certi sia nella loro entità,
3
Aupperle, Carroll, Hatfield: “An empirical examination of the relationship between corporate
social responsibility and profitability”, Academy of Management Journal, vol. 28, n°2, 1985.
Ullmann: “Data in search of a theory: a critical examination of the relationship among social
performance, social disclosure and economic performance”, Academy of Management
Review; n°10, 1985.
158
che nel tempo dell'esborso o del mancato guadagno, i
proventi di un comportamento di responsabilità sociale sono
in primo luogo incerti nel loro manifestarsi, ed in secondo
luogo difficilmente misurabili sia con riguardo alla loro entità
che con riguardo al tempo in cui potrebbero manifestarsi.
Un esempio in questo senso può essere il problema della
concorrenza da parte di imprese con stabilimenti in Paesi a
bassa sensibilità socio - ambientale: a parità di prodotto
immesso sul mercato, infatti, le imprese operanti in contesti
meno regolamentati possono produrre, e quindi vendere, a
parità di margine di profitto, a prezzi nettamente inferiori per
diversi motivi: un minor costo del lavoro, derivante dallo
sfruttamento di manodopera sottopagata cui sono negate le
garanzie in termini di sicurezza sul posto di lavoro, di
certezza nella durata del rapporto di lavoro, di numero di ore
lavorative giornaliere e settimanali, ecc.; minori costi
derivanti da carenze legislative in materia di esternalità
negative sia con riferimento alla tutela ambientale che con
riferimento a tutta una serie di costi derivanti da obblighi
sociali imposti; minore incidenza dell'imposizione fiscale
poiché, nei paesi in via di sviluppo o sottosviluppati, vi è un
sistema di protezione sociale nettamente inferiore a quello
dei paesi industrializzati e che richiede, quindi, decisamente
meno fondi che in questi ultimi anche da parte del sistema
delle imprese; minori costi derivanti dal non sostenimento
d’investimenti sociali, su base volontaria, che sono spesso
159
necessari per competere, e per mantenere buoni rapporti con i
propri
stakeholder,
nei
paesi
industrializzati;
ecc.
A questo punto la scelta resta ai clienti, cioè a coloro i quali,
tramite le scelte di acquisto, possono far pendere l'ago della
bilancia dalla parte di chi produce al minor costo possibile, e
vende con un'operazione che potremmo definire di “dumping
sociale”, oppure verso quei produttori che maggiormente si
sono distinti nell'ambito di azioni di responsabilità sociale.
Secondo tale visione, ovviamente, la responsabilità sociale
degli attori economici, con particolare riguardo alle imprese
operanti nella produzione e distribuzione di beni e servizi, ha
senso soltanto nei limiti in cui è riconosciuta come un plus
valore, che permette un maggior prezzo al consumo, da parte
dei consumatori stessi. Secondo tale visione, quindi, il valore
creato per gli stakeholders si riflette in un valore creato per
gli shareholders solamente quando tale valore è rappresentato
integralmente in un maggior valore riconosciuto ai beni da
parte dei consumatori ed in un conseguente ritorno, in termini
di differenziale di prezzo, dei costi sostenuti in campo di
responsabilità
sociale.
Sempre all’interno di tale visione esiste un’altra possibile
motivazione atta a spingere un’impresa ad azioni di RSI che
parte da un presupposto opposto a quello della motivazione
precedente: infatti l’impresa, in tale visione, deve agire
soltanto laddove abbia un vantaggio diretto, immediato ed
evidente oppure, ed è questa la seconda motivazione che
160
giustificherebbe
un’azione
di
responsabilità
sociale,
allorquando una particolare categoria di stakeholders, molto
rilevante se non decisiva per la sopravvivenza e la
profittabilità dell’impresa, decida che un determinato
comportamento sia non socialmente responsabile e faccia
pressioni, con tutta la propria influenza, sull’impresa,
affinché adotti comportamenti più responsabili. In questo
secondo caso l’impresa sarebbe legittimata ad agire non per
la concreta possibilità di differenziare socialmente il proprio
prodotto/servizio traendone un premium price, ma per evitare
le sanzioni che lo stakeholder potrebbe mettere in atto in caso
la stessa continuasse ad ignorare le sue istanze.
La seconda visione, cui si rifà, ovviamente, gran parte della
dottrina che si occupa della tematica sociale, individua,
invece, delle sinergie tra strategie sociali e risultati
competitivi ed economici 4 sulla base della considerazione
che si debba parlare non di costi sociali, ma d’investimenti
sociali che contribuiscono, in quanto tali, a migliorare il
posizionamento strategico dell'intera impresa rispetto ai suoi
concorrenti differenziandola in termini sociali dagli stessi e
garantendole, in questo modo, una migliore reputazione, una
maggior visibilità ed un’immagine migliore. Tutto ciò fa sì
che l'impresa si trovi in una situazione di vantaggio
competitivo rispetto ai propri concorrenti con effetti positivi
4
Galeotti: “La valutazione strategica nell’ipotesi di cessione dell’azienda”, Giuffrè, Milano,
1995, pagg. 274 ss., identifica , nell’ambito delle sinergie, l’esistenza d’interrelazioni tangibili
ed intangibili; Donna: “La valutazione economica delle strategie d’impresa”, Giuffrè, Milano,
1992, pagg. 275 ss.
161
sia diretti che indiretti sulle proprie performance: secondo
tale approccio il soddisfacimento delle attese legittime degli
stakeholders dovrebbe avere riflessi più che proporzionali,
nel lungo periodo, nei confronti degli shareholders.
Sempre secondo questa seconda impostazione, quindi, anche
se i costi delle azioni socialmente responsabili sono subito
evidenti e significativi, vengono comunque più che
compensati da un aumento dei ricavi e da altri benefici non
monetari che si protrarranno nel tempo. Questa seconda
visione è talmente importante e ricca di spunti da necessitare,
per la sua trattazione, di un capitolo a sé stante, quello
riguardante i possibili vantaggi delle azioni di responsabilità
sociale, che seguirà a breve.
Ciò che preme qui sottolineare è il diverso punto di partenza e le
differenze esistenti fra le due visioni prese in esame: tali differenze
possono riassumersi in una visione della responsabilità sociale
come un limite, nel primo caso, e come un'opportunità strategica,
nel secondo.
Possiamo perciò affermare che, comunque, in entrambe le
impostazioni date al tema, la creazione di valore per gli
stakeholders mediante azioni di responsabilità sociale implica una
correlata creazione di valore, in termini di vantaggio competitivo
strategico dell'impresa, piuttosto che di risposta alle attese di una
stakeholder primario dell'impresa qual è il cliente (con conseguente
premium price conseguito dall'impresa), per gli shareholders. La
differenza più rilevante è nell’approccio dell’impresa al problema
162
che passa da essere adattivo nel primo caso ad essere proattivo nel
secondo, e da quanto l’impresa punti ad utilizzare la tematica
sociale per i suoi fini di sopravvivenza, crescita e redditività.
4.3 Possibili vantaggi delle politiche di responsabilità
sociale
Come abbiamo appena visto vi sono due diverse teorie
sull'influenza di azioni di responsabilità sociale sull'attività
dell'impresa. Ci occupiamo qui più in particolare della seconda
visione, quella enunciata alla fine del capitolo precedente. Secondo
tale visione, come già evidenziato in precedenza, la responsabilità
sociale dovrebbe essere vista in un'ottica strategica, e quindi gestita
non soltanto in risposta alle sollecitazioni provenienti dai
consumatori o da altri stakeholders rilevanti, ma anche in
collaborazione con le richieste presentate dai vari stakeholders
dell’impresa, ed in teoria anticipando tali richieste secondo una
logica proattiva: ciò al fine di ottenere un posizionamento strategico
di tipo sociale migliore di quello dei propri concorrenti, cui segua
un correlato vantaggio competitivo nei confronti degli stessi ed una
maggiore creazione di valore.
163
4.3.1 Effetti delle strategie sociali sul mercato dei capitali
Un aspetto delle sinergie esistenti tra strategie sociali e performance
competitive ed economiche dell'impresa è legato al problema del
reperimento del capitale di credito e del capitale con il vincolo del
pieno rischio: a tal proposito è necessario considerare se, ed in
quale misura, il comportamento del singolo investitore e del sistema
creditizio siano influenzati, oltre che dalle aspettative reddituali,
anche da considerazioni di tipo sociale.
L'esistenza di un qualche legame di questo tipo è testimoniato dal
recente sviluppo dei fondi etici ed in generale della finanza etica.
Quando si parla di finanza etica non ci si riferisce soltanto alla
destinazione di una parte del rendimento dell'attività finanziaria ad
una finalità etica o filantropica, ma anche, e soprattutto, ad una
diversificazione dell'obbiettivo dell'attività finanziaria che passa
dalla massimizzazione del profitto alla massimizzazione dei
benefici ottenibili sia in termini di profitto che in termini sociali ed
ambientali 5 .
Attraverso comportamenti socialmente responsabili le imprese
possono ottenere, quindi, sia capitale di credito che capitale con il
vincolo del pieno rischio da parte di soggetti cui altrimenti non
potrebbero accedere, e cioè i vari soggetti della finanza etica. La
finanza etica offre sostanzialmente tre tipi di prodotti 6 :
5
In questo senso Perrini, Calcaterra e Giorgieri: “Strumenti e servizi innovativi per la finanza
etica:il rating” in Economia e Management, n°2, 2002, pag. 105.
6
Cecilia Chirieleison: “Le strategie sociali nel governo dell’azienda”, Giuffrè, Milano, 2002,
pagg. 156 – 157.
164
1. I conti correnti etici, che possono essere aperti presso una
banca etica, che s'impegna, per statuto, a finanziare, con i
fondi raccolti, unicamente aziende e di iniziative socialmente
responsabili, oppure presso una comune banca: in questo
caso l'eticità del conto corrente si manifesta soltanto laddove
il risparmiatore rinuncia ad una parte dei propri interessi
devolvendoli ad organizzazioni generalmente non-profit.
2. I fondi comuni etici di beneficenza, in cui il gestore opera
puntando al massimo rendimento, ma una parte degli
interessi maturati viene destinata, sulla base di una scelta del
cliente, ad associazioni non-profit.
3. I fondi comuni etici, in cui il gestore del fondo sceglie alcuni
criteri sociali che le imprese in cui andrà ad investire
dovranno soddisfare, in tal caso i proventi della gestione
andranno direttamente al cliente.
Le imprese che perseguono, quindi, delle azioni di responsabilità
sociale, si trovano nella condizione di poter attingere a fonti di
finanziamento, precluse ad altri soggetti non altrettanto attenti al
rispetto di norme etiche, che dovrebbero permetter loro di
migliorare l'incidenza degli oneri finanziari, nel caso di capitale di
credito, e della remunerazione con riferimento al capitale di rischio.
A parità di tutte le altre condizioni, perciò, nel caso all’interno del
mercato dei capitali la finanza etica sia particolarmente sviluppata,
soprattutto con riferimento ai fondi comuni etici, cioè quelli che
investono soltanto in imprese che soddisfino determinati criteri
etico – sociali, come è già stato affermato sopra, le imprese che
165
adottano comportamenti socialmente responsabili potranno operare
con un costo medio del capitale inferiore che si tradurrà,
ovviamente, in un vantaggio competitivo e, di conseguenza, in
migliori
performance
economiche.
A
loro
volta
migliori
performance economiche potranno tradursi in maggiori profitti
rispetto ai concorrenti e quindi alla creazione di una maggior
disponibilità, rispetto agli stessi, di liquidità e di risorse da investire
in tutti i campi dell'agire aziendale senza dimenticare, ovviamente,
d’investire nell'ulteriore sviluppo di iniziative di responsabilità
sociale.
Quanto affermato finora è molto interessante, ma limitato da diversi
fattori: in primo luogo l'esistenza, sul mercato finanziario, di un
adeguato numero di investitori etici rilevanti; in secondo luogo
l'esistenza di intermediari finanziari che facciano da ponte tra
investitori etici e di imprese socialmente responsabili.
In realtà investitori etici e relativi intermediari finanziari esistono ed
operano nelle principali sedi borsistiche del mondo: ciò anche
perché le prime esperienze di finanza etica, risalenti agli anni ‘20, e
rivolte a coloro che volevano seguire rigidamente una determinata
confessione religiosa, si sono nel tempo estese alle principali
chiese, ai loro enti morali ed a moltissimi altri soggetti.
Alcuni dati sulla finanza etica sono necessari per comprendere
l’estensione raggiunta dal fenomeno 7 : le imprese che possono dirsi
“sostenibili” quotate nelle borse mondiali sono ad oggi oltre
duecento in trentatré Paesi con un valore complessivo di oltre 4.300
7
Fonte: http://www.finanza-etica.it/
166
miliardi di dollari; l’investimento etico interessa, anche se
potenzialmente, secondo alcuni studi, circa il 40-50% degli
investitori; si può ipotizzare che almeno il 10% dei fondi comuni
inglesi e statunitensi abbia criteri etici per la scelta degli
investimenti. Il loro successo è stato tale che dall’ 8 settembre 1999
la società Dow Jones, che rileva l’indice azionario di Wall Street,
ha realizzato un sottoindice, il Dow Jones Sustainability Index
World 8 (DJSI World) che monitora e raggruppa i risultati borsistici
di aziende “sostenibili” a livello mondiale). Ad oggi il DJSI World 9
ha raggiunto un successo mondiale tale da evolversi in DJSI World,
DJSI STOXX e DJSI EURO STOXX (dal 15 ottobre 2001), DJSI
STOXX40 e DJSI EURO STOXX40 (sempre dal 15 ottobre 2001),
DJSI North America e DJSI United States (dal 23 settembre 2005).
4.3.2
Effetti
delle
strategie
sociali
sulle
capacità
d'attrazione e gestione delle risorse umane
Per valutare effetti sulle risorse umane delle strategie sociali
intraprese, è necessario considerare, se ed in quale misura, tali
strategie possano essere realmente determinanti, per l’impresa, al
fine di attrarre, e trattenere al proprio interno, risorse umane di
migliore qualità e più motivate rispetto a quelle dei concorrenti
affinché apportino un maggior contributo alle performance
d'impresa tramite una loro maggior produttività.
8
Fonte: http://www.sustainability-indexes.com/
9
Frutto di una collaborazione tra Dow Jones Indexes, STOXX Ldt. e SAM Group.
167
Il presupposto è, ovviamente, che vi sia un forte legame tra qualità
ed impegno delle risorse umane e performance economico competitive dell'impresa: tale ipotesi è anche alla base della
Resource Based View Theory 10 , secondo cui le competenze delle
risorse umane presenti nell’impresa sono fondamentali nella
formulazione delle strategie competitive e, di conseguenza, nella
generazione di un vantaggio competitivo sostenibile e difendibile 11 .
Secondo tale prospettiva, infatti, l'impresa basa il proprio vantaggio
competitivo, tra le altre cose, anche, ed in gran parte, sulle risorse
umane. Non tutte le risorse, tuttavia, possono essere considerate
fonte di un vantaggio competitivo sostenibile e durevole: per poter
essere considerate strategiche, infatti, le risorse, e così anche le
risorse umane, devono soddisfare determinate caratteristiche 12 che
sono: contribuire alla creazione di valore per il cliente, essere scarse
e difficilmente imitabili.
Nel caso in cui, quindi, un soggetto che opera all'interno
dell'impresa sia da considerarsi una risorsa della stessa per la sua
capacità di generare vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti,
questi acquista un'importanza strategica fondamentale.
10
Il termine Resource Based View è stato coniato ed utilizzato per la prima volta da Wernerfelt
B.: “A resource - based view of the firm”, Strategic Management Journal, n°5, 1984.
11
Barney: “Firm resources and sustained competitive advantage”, Journal of Management,
n°17, 1991. ; Grant: “The resource – based theory of the competitive advantage: implications
for strategy formulation”, California Management Review, n°33, 1991.
12
Sulle caratteristiche che devono possedere le risorse affinché possano essere considerate
strategiche troviamo un’innumerevole serie di autori poiché il tema è centrale per la Resource
– Based View. Abbiamo infatti: Barney: “Firm resources and sustained competitive
advantage”, Journal of Management, n°17, 1991; Grant: “Contemporary strategy analysis:
concepts, techniques, applications”, Blackwell Publishers, Oxford, 1995; ed in particolare
Collis e Montgomery: “Competing on resources: strategies in 1990’s”, Harvard Business
Review, july – agoust, 1995, pagg. 35 ss.
168
Sulla base di quanto appena affermato possiamo ora dire, con un
sufficiente grado di certezza, che l'impresa ha la necessità di attrarre
e trattenere i dipendenti aventi la caratteristica di risorse umane.
La gestione delle risorse umane è, lo abbiamo detto, un importante
fattore critico di successo e bisogna, perciò, che l’impresa agisca
nel suo rapporto con le risorse umane in modo da motivare al
massimo i propri dipendenti ed attrarre le migliori professionalità
presenti sul mercato del lavoro.
Consideriamo ora separatamente l'impatto delle strategie sociali
sulla gestione e motivazione delle risorse umane da una parte, e
sulla capacità di attrarre le migliori professionalità presenti sul
mercato dall'altra:
Con riferimento all'impatto delle strategie sociali sulla
gestione e motivazione delle risorse umane bisogna
innanzitutto considerare quelle strategie sociali che si
rivolgono direttamente ai dipendenti dell'impresa: tali azioni
comportano un irrobustimento della legittimazione interna
all'impresa
e
creano,
quindi,
un
maggior
senso
d'appartenenza, una maggiore cooperazione ed un miglior
clima aziendale che si riflette in un aumento della
motivazione
delle
risorse
umane
presenti
all'interno
dell'impresa e, di riflesso, in una maggiore produttività delle
stesse.
Con riferimento all'importanza della motivazione delle
risorse umane non si può non considerare che un maggior
senso d'appartenenza ed una maggiore motivazione si
169
accompagnano ad un minore turn-over dei dipendenti che si
riflette, di conseguenza, in una maggiore facilità di sviluppo e
di permanenza all'interno dell'impresa delle risorse umane
stesse: ciò è tanto più importante laddove è rilevante, con
riferimento all'attività atipica dell'impresa e dal contesto
competitivo in cui questa opera, la componente immateriale e
motivazionale del lavoro. Altri importanti vantaggi derivanti
da azioni di responsabilità sociale nei confronti dei propri
dipendenti, e di conseguenza da un aumento della loro
motivazione, possono essere ravvisarti anche nell’impatto
della riduzione del tasso d'assenteismo della manodopera sul
costo del prodotto finito e nella possibilità, derivante
dall’instaurarsi
di
un
clima
di
fiducia
interno
all'organizzazione e da un maggiore senso di appartenenza
dei
membri
dell'organizzazione
stessa,
di
ridurre
notevolmente i costi di controllo. Inoltre, grazie al maggior
senso di appartenenza, alla maggiore motivazione ed
all’adesione agli scopi ed agli obiettivi dell'organizzazione, il
dipendente dell'impresa tenderà a collaborare in modo più
attivo, con la propria creatività, a miglioramenti incrementali
nello
svolgimento
dell’impresa
della
propria
attività
all’interno
stessa.
Semplificando, le azioni di responsabilità sociale attuate
dall’impresa nei confronti dei propri dipendenti, possono
essere volte a radicare nel personale un modo di pensare
rivolto all'innovazione ed al miglioramento continuo, al senso
170
d'appartenenza ed identificazione con l’impresa ed i suoi
obbiettivi, alla socializzazione delle proprie conoscenze e
competenze affinché diventino, da dominio del singolo, un
patrimonio
comune
e
condiviso
all'interno
dell'organizzazione.
Gli interventi dell'impresa possono essere, come detto in
precedenza, direttamente o indirettamente a favore di una
maggior partecipazione e coinvolgimento dei dipendenti:
possiamo quindi avere attività sociali direttamente a favore
dei dipendenti stessi ed attività sociali di altro tipo, che hanno
effetti sulla motivazione di propri dipendenti mediante
l'aderenza di tali attività con il loro sistema valoriale.
Possiamo perciò dividere gli interventi dell'impresa in due
gruppi principali analizzabili separatamente:
1. Le attività di responsabilità sociale in favore dei
dipendenti in senso stretto;
2. Le attività di responsabilità sociale in favore della
società civile.
Con riguardo alle prime possiamo evidenziare come tali
azioni nascano solitamente da rivendicazioni esplicite o
implicite dei dipendenti stessi e riguardino, normalmente,
richieste legate alla sicurezza sul posto di lavoro, al comfort
dell'ambiente di lavoro, alla possibilità di una maggiore
partecipazione al processo decisionale dell'impresa, a
benefici economici, ecc.
171
Le rivendicazioni, soprattutto quando sono esplicite, sono
spesso accolte dalle imprese anche perché i dipendenti sono
uno degli stakeholders più rilevanti. È evidente che le
imprese capaci di anticipare le rivendicazioni esplicite
utilizzando un atteggiamento proattivo vengano premiate in
termini di maggior fedeltà, di maggior motivazione e di un
aumento della produttività delle proprie risorse umane, oltre
ad evitare i maggiori costi, in termini di pressioni esplicite da
parte dei lavoratori e delle loro organizzazioni, che si
manifestano
allorquando
le
rivendicazioni
divengono
esplicite.
Il miglioramento dei rapporti con le risorse umane avviene
sia attraverso strumenti monetari, cioè sotto forma di un
maggior salario, sia attraverso strumenti non monetari quali,
per esempio, fringe benefit, stock options, inserimento delle
risorse umane, nella persona dei dipendenti dell'impresa,
all'interno del processo decisionale, formazione continua,
ecc.
Un miglior rapporto con le proprie risorse umane può essere
raggiunto, abbiamo detto, attraverso un loro diretto
coinvolgimento nei processi decisionali dell'impresa volto al
fine di dotarli di un maggior senso di appartenenza e che
conduce alla convergenza tra i valori dell'organizzazione ed i
valori degli individui che ne fanno parte, con l'ovvio
vantaggio che coloro i quali condividono valori ed obiettivi
dell'impresa saranno maggiormente disposti a mettersi in
172
gioco ed a collaborare per il raggiungimento degli obiettivi
stessi.
Le attività di responsabilità sociale nei confronti della società
civile hanno invece effetto sulla motivazione dei dipendenti
per via indiretta: secondo la teoria dell'identità sociale 13 , la
quale ipotizza che l'autostima di un individuo sia influenzata
dall'immagine e dalla reputazione che ha egli stesso e che
hanno le organizzazioni sociali cui prende parte, inclusa
l'impresa per cui lavora, i dipendenti si sentiranno tanto più
gratificati e motivati a lavorare per un'impresa, quanto più
questa avrà un'elevata legittimazione sociale; legittimazione
sociale che non può che pervenire a seguito di un'intensa
attività, da parte dell'impresa, di responsabilità sociale nei
confronti della società stessa, e cioè dell'ambiente in cui
l'impresa ed i suoi dipendenti vivono ed operano. Inoltre,
come già evidenziato in precedenza, tanto più un'impresa
agisce in modo da essere portatrice di quel sistema di valori
dell'ambiente in cui opera, quanto più i soggetti che in essa
operano
sentiranno
una
comunione
valoriale
con
l'organizzazione cui appartengono14 : ciò permetterà una
maggior soddisfazione personale per i dipendenti, una loro
maggiore motivazione in ambiente lavorativo, un maggior
senso d'appartenenza all'organizzazione e, conseguentemente,
13
Social Identity Theory sviluppata da Jones e Murrel: “Signalling positive corporate social
performance. An event study of family-friendly firms”, in Business and Society, vol.40, n°1,
2001, pag.72.
14
Greening e Turban: “Corporate social performance as a competitive advantage in attracting
quality workforce”, Business and Society, vol. 39, n°3, 2000, pag. 258.
173
un aumento della produttività sul lavoro dei dipendenti stessi.
Evidenziando questo aspetto diventa ancor più giustificata
l'affermazione, già posta in precedenza, in cui si sottolineava
l'utilità di una partecipazione più diretta dei dipendenti, nel
loro ruolo di risorse umane, al processo decisionale e di
formazione strategica degli obiettivi d'impresa, soprattutto
con riferimento alla formulazione della strategia sociale: ciò
perché se, come abbiamo visto, c'è aderenza tra i valori
perseguiti dall'organizzazione e quelli condivisi tra le sue
risorse umane, queste si identificheranno maggiormente con
l'impresa e saranno maggiormente motivate ad operare
affinché essa raggiunga i propri obiettivi.
Consideriamo ora l'impatto delle strategie di responsabilità
sociale sulla capacità dell'impresa di attrarre professionalità
qualificate ad essa esterne e presenti sul mercato del lavoro.
Certamente si può ritenere che, imprese aventi un'elevata
performance sociale ed operanti, quindi, nel rispetto dei
valori socialmente condivisi tramite azioni di responsabilità
sociale, siano maggiormente attrattive per soggetti esterni ad
esse.
Anche con riferimento al rapporto ed alle capacità
d'attrazione che l'impresa esercita, attraverso le sue azioni di
responsabilità sociale, nei confronti di soggetti esterni ad
essa, presenti sul mercato del lavoro, ed aventi elevate
professionalità, è possibile individuare due tipologie di
174
interventi, in tema di responsabilità sociale, che influenzano
le scelte dei soggetti di cui sopra:
1. azioni di responsabilità sociale in favore dei dipendenti
2. azioni di responsabilità sociale nei confronti della
società civile
Le prime influenzano i soggetti presenti sul mercato del
lavoro tramite i “segnali” che inviano loro: è evidente che la
percezione di un elevato senso di responsabilità sociale da
parte dell'impresa nei confronti dei suoi dipendenti sia un
forte stimolo, per un soggetto in cerca d'occupazione, ad
entrare
in
contatto
con
l'impresa
stessa 15 .
Le seconde influenzano l'attrattività di un'impresa nei
confronti dei suoi potenziali dipendenti tramite la prospettiva,
per gli stessi, di operare per un soggetto avente elevata
legittimazione sociale ed elevata reputazione, potendosene
questi avvantaggiare a livello di autostima con le modalità
descritte in precedenza. In realtà, per avere, nell'immaginario
dei soggetti presenti sul mercato del lavoro, un vantaggio
differenziale rispetto ai propri concorrenti, è necessario che le
strategie sociali dell'impresa siano note ai potenziali
dipendenti e siano tali da determinare uno spostamento, nelle
preferenze degli stessi, favorevole all'impresa in questione
sulla base dell'aderenza tra i valori del singolo e quelli
dichiarati e perseguiti dall'impresa stessa.
15
A questo proposito si veda anche: Greening, Turban: “Corporate social performance as a
competitive advantage in attracting a quality workforce”, in Business and Society, vol.39, n°3,
2000, pagg.254 – 271.
175
Ovviamente, nel caso l'impresa si trovi ad operare in un
contesto in cui vi è un'elevata disoccupazione, la sua
caratteristica
d’impresa
socialmente
responsabile
nei
confronti dell'ambiente che la circonda passerà in secondo
piano rispetto all'esigenza dei potenziali dipendenti di
accedere ad un'attività lavorativa ed al reddito conseguente.
Un ulteriore aspetto rilevante della responsabilità sociale nei
confronti dei lavoratori in quanto risorse dell’impresa è la gestione
della diversità e la formazione degli stessi. In tal senso vanno le
politiche di gestione della diversità che guardano alla stessa come
un’opportunità per individuare soluzioni nuove, e migliori
metodologie di sviluppo della socialità e della cooperazione, nella
diversità stessa.
Per poter parlare di responsabilità sociale nel gestire la diversità
bisogna, innanzitutto, definire cosa s’intenda per diversità. In realtà
la diversità può assumere diversi gradi in relazione al sistema –
Paese ed alla gestione d’impresa: ciò perché una diversa sensibilità
ad uno dei due livelli comporta un mutamento in ciò che è
considerato “diverso”.
A livello di sistema – Paese ciò che maggiormente influisce sulla
definizione di diversità è la sensibilità riguardo a tre temi in
particolare: razza/cultura/etnia, genere ed abilità fisica.
A livello, invece, di singola impresa, rilevano maggiormente le
sensibilità legate alla composizione del nucleo familiare, allo stato
civile, all’età, all’orientamento sessuale, ad abitudini e stile di vita,
allo stato di salute.
176
Il risultato di un differente approccio alla diversità rispetto al
tradizionale rifiuto, o quanto meno ghettizzazione, del diverso, e di
una conseguente maggior responsabilità delle proprie azioni, da
parte
dell’impresa,
nella
gestione
della
stessa,
è
fonte
dell’acquisizione di un vantaggio competitivo derivante dalle nuove
opportunità e finestre di sviluppo aperte dall’interazione tra soggetti
che affrontano i problemi da differenti punti di vista e con diverse
caratteristiche personali intrinseche: in un contesto di questo tipo, in
cui la diversità è vista e gestita come una risorsa dell’impresa,
l’approccio con lavoratori disabili, extracomunitari, ecc. si
trasforma da un obbligo legislativo, o necessità in termini di
riduzione dei costi e scarsità di manodopera, ad un opportunità di
sviluppo competitivo.
Un esempio eclatante può essere, in proposito, l’inserimento, nel
team di ricerca creativa di un’importante impresa di cosmetica, di
una giovane donna di colore che, proprio per questa sua
caratteristica, ha per prima intuito un’esigenza inespressa di makeup per donne di colore che non trovava riscontro, a livello
mondiale, nell’ambito, in particolare, di un fondotinta specifico.
L’intuizione ha rappresentato l’input per la creazione di una
apposita linea di prodotti con un enorme ritorno in termini di
creazione di valore e redditività.
177
4.3.3 Effetti sulle scelte d'acquisto dei clienti
Un altro importante aspetto da considerare, nel valutare le sinergie
esistenti fra azioni di responsabilità sociale, connesse a predefinite
strategie sociali, e performance economico - competitive, è quello
dei possibili vantaggi, derivanti all'impresa, sui suoi mercati di
sbocco, a seguito di comportamenti socialmente responsabili.
Tale aspetto è decisamente il più rilevante poiché, per quanto le
azioni di responsabilità sociale possano avere riflessi più o meno
diretti sui dipendenti dell'impresa e sul mercato dei capitali, hanno
certamente riflessi diretti e rilevanti, per la stessa, con riguardo alle
scelte d’acquisto dei propri clienti.
In realtà bisogna valutare bene se, ed entro quali limiti, il
comportamento del cliente sia influenzato da considerazioni di tipo
sociale. Le strategie sociali, infatti, determinano un vantaggio
competitivo per l'impresa soltanto quando i clienti le considerano
un fattore rilevante su cui basare le proprie scelte d’acquisto e
consumo.
Nell'individuare la connessione tra scelte di responsabilità sociale e
decisioni d’acquisto da parte dei propri clienti, bisogna innanzitutto
analizzare il problema separando la situazione in cui il cliente
dell'impresa altro non è che un'altra impresa, da quella in cui il
cliente dell'impresa è il classico consumatore.
Con riferimento al primo caso, cioè al B2B16 , possiamo ritenere
che, scelte di responsabilità sociale nei diversi ambiti, possano
16
Business to Business (il cliente dell’impresa è un'altra impresa).
178
comportare una maggior fidealizzazione ed attrattività nei confronti
dei clienti, in questo caso imprese, da parte dell'impresa
socialmente responsabile in due circostanze:
La prima circostanza è che esista, sul mercato di sbocco,
un'elevata sensibilità dei consumatori per il perseguimento di
iniziative di responsabilità sociale lungo tutta la filiera
produttiva: in questo caso chi opera sul mercato di sbocco del
prodotto sarà costretto ad approvvigionarsi da fornitori che
adottino comportamenti socialmente responsabili coerenti
con quanto espressamente atteso da parte dei consumatori
finali. È evidente che una scarsa sensibilità alle tematiche
socio - ambientali da parte dei consumatori finali si rifletterà
in scelte d'acquisto di materie prime e semilavorati, da parte
di produttori finali ed assemblatori, differenti da quelle
suddette e strettamente connesse, a meno che il management
non sia socialmente o eticamente orientato, alla scelta delle
alternative
economicamente
più
vantaggiose,
senza
minimamente considerare l'aspetto socio - ambientale delle
stesse.
La seconda circostanza si presenta allorquando l'impresa
cliente abbia fatto della propria immagine d'impresa
socialmente responsabile uno specifico punto di forza
competitivo nei confronti dei propri concorrenti: è questo il
caso delle grandi imprese, sempre più spesso viste come
responsabili, dai propri consumatori e dall'opinione pubblica,
non soltanto per le proprie azioni, ma anche per quelle dei
179
propri fornitori (è il caso delle imprese che vogliono
conseguire particolari certificazioni di qualità) 17 . Ciò
determina, come nel caso precedente, l'instaurarsi di un
effetto a cascata lungo l'intera catena di fornitura con l'effetto
di vincolare i fornitori attuali e potenziali al rispetto di
standard di responsabilità sociale adeguati 18 . A questo
proposito possiamo ricordare che le imprese che abbiano
ottenuto, o vogliano ottenere, la certificazione sociale
SA8000 19 devono far rispettare determinati livelli di
responsabilità sociale anche ai loro fornitori. In Italia, per
trovare un esempio d’impresa che opera in questo modo,
possiamo evidenziare il caso di Coop Italia, i cui fornitori
sono tenuti a rispettare standard di responsabilità sociale
piuttosto elevati.
Con riferimento al secondo caso, quello del B2C 20 , in cui la
controparte del rapporto è il consumatore finale del bene, il nesso
fra azioni di responsabilità sociale dell'impresa ed attrattività dei
suoi prodotti per i consumatori è legato al fatto che un'immagine
aziendale di lealtà, affidabilità e di coerenza con i valori cui i
consumatori stessi tendono, rispettano e perseguono, si riflette,
direttamente o indirettamente, nel comportamento d'acquisto degli
17
Vedi anche certificazione SA8000 descritta nel Paragrafo 3.7.1.
18
Da indagini svolte a livello europeo emerge, per esempio, una stretta correlazione tra
impegno socio-ambientale delle PMI e relazioni di subfornitura delle stesse nei confronti di
imprese di grandi dimensioni socialmente responsabili.
19
Standard internazionale di certificazione vedi nota 11.
20
Business to Consumer (il cliente dell’impresa è anche il destinatario che utilizzerà il
bene/servizio).
180
stessi. Ciò avviene perché aumenta la fedeltà dei clienti e la fiducia
che ripongono nell’attività dell’impresa e di riflesso nei suoi
prodotti. 21
A fini manageriali è inutile sapere semplicemente che i consumatori
sono sensibili a tematiche di responsabilità sociale, poiché ciò che
conta è poter prendere decisioni che abbiano un impatto decisivo
sulle scelte d'acquisto e di consumo.
Le strategie sociali che possono essere implementate sono in grado
di generare un impatto sulle scelte dei consumatori in due modi:
1. creando un vantaggio sociale diretto ed immediato per il
consumatore tramite attributi socialmente responsabili del
prodotto e/o del processo produttivo;
2. creando un vantaggio sociale indiretto per il consumatore
influendo sul suo sistema valoriale.
Analizziamo quindi compiutamente le due modalità d’influenza
sopra indicate:
1. Nel primo caso gli effetti delle attività sociali promosse
dall'impresa sono incorporati nel prodotto/processo stesso:
in questo caso vengono impiegate risorse aziendali per
creare un prodotto socialmente responsabile nei suoi
attributi materiali o immateriali 22 o per implementare un
processo socialmente responsabile che sia coerente con le
aspettative dello specifico target di consumatori cui
21
In proposito si può evidenziare una ricerca empirica condotta da Brown e Dacin: “The
company and the product: corporate associations and consumer product responses”, Journal
of Marketing, n°61, 1997.
22
Per esempio prodotti di agricoltura biologica.
181
l'impresa si rivolge. È quindi possibile generare un
vantaggio competitivo di differenziazione dei propri
prodotti attraverso innovazioni di processo, di prodotto, o
di entrambi 23 . Come detto la differenziazione può
avvenire anche solo sulla base del prodotto o del processo:
può accadere, quindi, che vi siano prodotti aventi
caratteristiche sociali, ma derivanti da processi non
socialmente compatibili, come può accadere che ad un
processo socialmente compatibile seguano prodotti non
aventi
tale
caratteristica 24 .
Una strategia di differenziazione, basata su scelte
socialmente responsabili in termini di prodotto o processo,
può avere successo soltanto al verificarsi di una serie di
circostanze:
1) La possibilità e l'utilità di differenziare il
prodotto con attributi socialmente responsabili:
ciò genera valore per il consumatore soltanto
qualora questi sia sensibile a tali tematiche ed
è quindi una strada perseguibile laddove le
scelte e le azioni intraprese dall'impresa
portino ad un maggior valore attribuito ai
prodotti che permetta all'impresa stessa di
collocarli sul mercato con un differenziale di
23
Mc Williams, Siegel: “Corporate social responsibility: a theory of the firm perspective”,
Academy of Management Review, vol.26, n°1, 2001, pag.119.
24
Un esempio può essere la carta riciclata: pur essendo un bene avente caratteristiche sociali, la
sua produzione comporta, spesso, livelli d’inquinamento piuttosto elevati.
182
prezzo positivo rispetto ai prodotti concorrenti.
Solitamente le strategie di differenziazione
sono utilizzate, nel ciclo di vita del prodotto,
nella fase centrale e finale della vita dello
stesso: lo stesso vale per la differenziazione
sociale.
2) La necessità, per l'impresa, di analizzare i
bisogni ed i comportamenti dei propri clienti
per scegliere quali siano gli attributi cui i
consumatori danno maggior importanza e
quindi sui quali puntare. Ci sono diversi fattori
che
determinano
il
comportamento
del
consumatore e la sua propensione all'acquisto
di beni socialmente responsabili:
l'influenza di fenomeni di massa aventi
impatto sulle scelte di consumo come, per
esempio, le reazioni al caso della mucca
pazza, dell'influenza aviaria, dei polli alla
diossina, ecc.
l'influenza dei Mass media sui gusti e le
preferenze dei consumatori: la pubblica
condanna
di
socialmente
un
comportamento
responsabile,
quale
non
per
esempio uno scempio ambientale o il
maltrattamento
di
particolari
soggetti
addetti ad una particolare lavorazione, che
183
crei un movimento all'interno dell'opinione
pubblica,
può
portare
un
numero
considerevole di consumatori a prediligere
prodotti rispettosi dell'ambiente e dei
lavoratori: è il caso, per esempio, dello
sfruttamento del lavoro minorile ad opera
della Nike o del trattamento disumano dei
lavoratori della DelMonte nel terzo mondo;
il reddito disponibile per i consumatori
poiché, generalmente, è proprio quando i
consumatori hanno un elevato reddito che
sono maggiormente disponibili a pagare un
sovrapprezzo a fronte di particolari attributi
di tipo sociale del prodotto 25 : ovviamente
un soggetto che abbia un basso reddito avrà
come priorità la sopravvivenza e si curerà
certamente meno degli attributi sociali di un
prodotto;
il prezzo dei beni sostitutivi influenza le
scelte di consumo perché non tutti i
consumatori attribuiscono lo stesso valore
agli stessi attributi sociali del prodotto: il
sovrapprezzo che i consumatori possono
voler riconoscere ad un certo prodotto,
avente un particolare attributo sociale, può
25
Mc Williams, Siegel: “Corporate social responsibility: a theory of the firm perspective”,
Academy of Management Review, vol.26, n°1, 2001, pag.121.
184
essere elevato, ridotto, o inesistente, sulla
base delle preferenze del singolo. È quindi
possibile che vi sia un elevato numero di
soggetti
che
non
prodotto/servizio
riconoscano
alcun
al
sovrapprezzo
poiché gli attributi sociali dello stesso non
sono, da tali soggetti, ritenuti tali da
motivare un maggior esborso monetario: la
scelta degli attributi sociali da dare al
prodotto/servizio è il punto centrale di tutta
la discussione poiché gli attributi sociali del
bene offerto devono essere riconosciuti
come validi, e degni di un premium price,
dai clienti poiché altrimenti non ha senso,
economicamente parlando, la loro stessa
esistenza.
La possibilità di reperire il prodotto
dell'impresa,
socialmente
caratterizzato,
laddove il consumatore si reca solitamente
per effettuare i suoi acquisti: molto spesso,
infatti, il consumatore tende a non farsi
carico anche dei costi d'acquisizione delle
informazioni relative alla ricerca di un
punto vendita che fornisca un particolare
prodotto:
è
il
classico
problema
dell’agricoltura biologica o dei prodotti del
185
commercio equo e solidale che hanno
difficoltà a trovare spazio nei supermercati
ed, anche per tale motivo, hanno una
rilevanza marginale tra le scelte d’acquisto
e di consumo.
3) Il management deve prestare particolare
attenzione, nella selezione degli attributi
sociali
su
cui
basare
la
strategia
di
differenziazione sociale del prodotto, a due
elementi: in primo luogo bisogna concentrarsi
sulla scelta di un tipo di differenziazione
sociale difficilmente imitabile al fine di
rendere inattaccabile il proprio vantaggio
competitivo di tipo sociale; in secondo luogo si
deve tentare di basare la differenziazione non
soltanto sull'immagine del prodotto, ma anche
e soprattutto sulle caratteristiche proprie dello
stesso. Ciò perché i consumatori sono sempre
più attenti ad una reale azione di responsabilità
sociale e sempre più consci del carattere
meramente d'immagine conseguenti a diversi
tipi di strategia sociale 26 : le imprese in
questione, per differenziare il proprio prodotto,
dovranno quindi dimostrare al pubblico dei
consumatori il loro reale impegno sociale
26
Roy e Vézina: “Environmental performance as a basis for competitive strategy:
opportunities and threats”, Corporate Environmental Strategy, vol. 8, n° 4, 2001.
186
senza cercare, tramite messaggi meramente
promozionali, di comunicare un impegno
superiore a quello realmente profuso nella
responsabilità sociale 27 il rischio è una perdita
di credibilità ed immagine non soltanto con
riferimento alle tematiche sociali, ma in
assoluto.
4) L'impresa che opera in modo socialmente
responsabile deve, inoltre, ovviamente, far
percepire al consumatore gli attributi sociali
dei propri prodotti. Ciò è più facile a dirsi che
a farsi poiché, in realtà, soltanto delle
certificazioni prodotte da enti largamente
conosciuti e rispettati o disposizioni legislative
mirate
possono
garantire
una
corretta
comunicazione degli attributi sociali del
prodotto, o del processo produttivo, ai
consumatori attuali e potenziali 28 . Sempre con
riguardo
alla
necessità
comunicare
al
consumatore la differenziazione basata sulla
responsabilità sociale possiamo evidenziare
diverse necessità per beni diversi: possiamo,
27
Il rischio di essere smascherati ed additati dall’opinione pubblica come venditori di fumo con
evidenti effetti sulla propria credibilità è decisamente superiore ai costi da sostenere per
perseguire realmente gli obbiettivi sociali dichiarati.
28
In proposito McWilliams, Siegel: “Corporate social responsability: a theory of the firm
perspective”, Academy of Management Review, vol.26, n°1, 2001, pagg.120 ss.
187
infatti, come noto, dividere i beni in “search
goods” ed “experience goods”: se il prodotto
rientra fra i “search goods” impresa può
limitarsi
ad
informare
i
consumatori
dell'esistenza del prodotto, del suo prezzo e
delle caratteristiche socialmente responsabili
che possiede, poiché i consumatori stessi
saranno in grado di valutare tali caratteristiche
autonomamente; se il prodotto, invece, rientra
fra gli “experience goods” sarà necessario
fornire più informazioni rispetto al caso
precedente e, quando possibile, utilizzare
certificazioni e campagne promozionali ad hoc
per creare una forte reputazione del proprio
marchio in ambito di responsabilità sociale. 29
5) il costo delle azioni di responsabilità sociale
deve essere quantomeno ripagato dal premium
price ottenibile dalla vendita dei prodotti o
trovare la sua ragione economica in un
risparmio di costi d’altro tipo. In realtà, infatti,
anche
se,
talvolta,
intraprendere
azioni
socialmente responsabili non comporta costi
aggiuntivi rispetto quelli comunque sostenuti
per la produzione, ed in alcuni casi il costo
29
In proposito McWilliams, Siegel: “Corporate social responsability: a theory of the firm
perspective”, Academy of Management Review, vol.26, n°1, 2001, pag.120.
188
della
produzione
normalmente
le
responsabili
hanno
addirittura
diminuisce 30 ,
imprese
socialmente
costi
di
produzione
maggiori rispetto ad imprese comparabili non
socialmente
differenziate.
In realtà, i possibili maggiori costi sostenuti
dalle imprese che producono incorporando
attributi sociali nel prodotto/processo, sono
attenuati, nella loro incidenza, da almeno due
fattori 31 :
Le economie di scala: poiché trattandosi
solitamente di costi fissi, come può essere
l'installazione di un impianto per diminuire
l'impatto
ambientale
di
un'attività
produttiva o l'acquisto di nuovi macchinari
aventi
minor
impatto
ambientale
contemporaneamente
e
maggiore
produttività, la loro incidenza sul costo
unitario di prodotto tende a diminuire
all'aumentare
della
scala
produttiva
dell'impresa. Grazie a questo fenomeno le
grandi imprese che producono beni di largo
30
E’il caso di UBS che, perseguendo una strategia di RSI in ambito ambientale ha ottenuto,
sostenendo costi di formazione e gestione dell’azione, un ritorno in termini di minori costi per
climatizzazione e carta tale da superare di gran lunga l’investimento effettuato senza nemmeno
dover considerare il ritorno in termini d’immagine.
31
McWilliams, Siegel: “Corporate social responsability: a theory of the firm perspective”,
Academy of Management Review, vol.26, n°1, 2001, pagg. 122 – 124.
189
consumo in grandi quantità avranno una
struttura dei costi, nel perseguire strategie
sociali, decisamente migliore di quella
d’imprese dello stesso tipo, ma medio piccole 32 .
Le economie di scopo: un'impresa multi prodotto potrà sfruttare la notorietà di un
marchio contrassegnato da una percezione
di elevata responsabilità sociale a livello
corporate nello sviluppo e promozione dei
marchi di tutti i suoi prodotti; i costi
pubblicitari per sostenere la notorietà ed il
legame fra il marchio dell'impresa, e la sua
attenzione all'aspetto sociale a livello di
processo e/o di prodotto, potranno quindi
essere divisi fra tutti i prodotti dell'impresa
stessa con un evidente riduzione del loro
peso sul costo unitario di produzione e
commercializzazione
di
ogni
singolo
prodotto.
2. Nel secondo caso gli effetti degli investimenti sociali, che
non vengono incorporati nei prodotti dell’impresa, e che
quindi non generano direttamente un maggior valore del
prodotto,
si
ritrovano
nel
maggior
valore
generato
dall’impatto delle azioni di responsabilità sociale sul sistema
32
Questo è uno dei motive per cui la formalizzazione di particolari azioni di responsabilità
sociale è più diffusa tra le grandi imprese produttrici di beni di largo consumo.
190
valoriale
di
riferimento
dei
consumatori.
Alcuni esempi d’investimenti sociali aventi influenza
indiretta sui consumatori sono: sponsorizzazioni culturali o
sportive, finanziamenti ad associazioni ed organizzazioni no profit, tutela dei diritti umani e rifiuto dello sfruttamento del
lavoro minorile, rispetto dei diritti dei lavoratori e, più in
generale, di limiti ulteriori rispetto a quelli imposti per legge.
Lo strumento utilizzato per valorizzare, agli occhi dei
consumatori, un atteggiamento socialmente responsabile
dell’impresa è il CRM 33 , cioè il marketing delle iniziative
sociali. Tale strumento è impiegato per migliorare il
posizionamento
competitivo
dell’impresa
tramite
la
valorizzazione della sua partecipazione a progetti e
partnership con soggetti ed enti no - profit ritenuti
particolarmente degni di fiducia, stima ed approvazione da
parte
dei
consumatori 34 .
Costruire un’identità sociale dell’impresa e dei suoi prodotti
per questa via è più complicato, rispetto all’utilizzo di uno
strumento diretto, dal momento che gli attributi del prodotto
commercializzato non sono socialmente responsabili, ma,
ovviamente, è anche meno impegnativo a li vello produttivo
e, spesso, soprattutto nel caso dei servizi, è l’unico
33
Cause Related Marketing (può essere definito come: “ a commercial activity by which may
business and charities or causes from a partnership with each other to market an image, product
or service for mutual benefit”)
34
A proposito del Cause Related Marketing si può evidenziare il contributo, tra gli altri, di
Manfredi: “Il marketing delle iniziative sociali”, in Economia & Management, n°5, 2000.
191
utilizzabile: l’influenza sul consumatore finale è legata
all’accostamento della scelta d’acquisto e consumo del
particolare bene con l’intenzione di far beneficiare, attraverso
il successo del prodotto dell’impresa profit, le associazioni ed
organizzazioni
no
profit
ad
essa
legate.
E’il caso, per esempio, delle carte di credito legate ad
organizzazioni ed associazioni no profit, della destinazione di
una percentuale dei ricavi di un prodotto a determinati fini,
ecc. Ovviamente l’interesse dell’impresa, e di conseguenza
dei suoi azionisti, è di registrare un incremento nelle vendite
del prodotto tale da giustificare l’intera campagna, o
quantomeno di ottenere un ritorno adeguato in termini
d’immagine,
visibilità,
affidabilità,
legittimazione
e
reputazione.
Vi sono, però, alcuni ostacoli ad una corretta pianificazione e
gestione del CRM rappresentati dal fatto che l’immagine di
cui un’impresa gode è frutto di un giudizio personale e
sintetico sulla stessa e sui suoi prodotti effettuato da ogni
singolo soggetto; se a ciò si aggiunge che l’influenza su tale
giudizio
di
diverse
componenti,
emotive
e
non,
è
difficilmente quantificabile, si possono facilmente cogliere
gli ostacoli di una strategia comunicativa di CRM.
Affinché una strategia sociale di questo tipo generi vantaggio
competitivo con conseguenti effetti economici è necessario
che si verifichino determinate condizioni:
192
1. Esistano dei consumatori socialmente responsabili 35 che
tengano conto delle esternalità derivanti dai propri
acquisti e cerchino di massimizzarne gli effetti positivi e
minimizzarne gli effetti negativi utilizzando il proprio
potere d’acquisto per promuovere scelte socialmente
responsabili da parte delle imprese. In questo proposito
un’indagine di Mohr, Webb, ed Harris del 2001 36
evidenzia come un 73% del campione degli intervistati
abbia un atteggiamento quanto meno positivo nei
confronti
delle
imprese
socialmente
responsabili.
L’indagine si è spinta oltre: analizzando la correlazione
esistente tra tale atteggiamento e le scelte d’acquisto e
consumo si sono individuati quattro tipi di consumatori ed
il loro rispettivo “peso” evidenziando come il 39% sia
attento alla CSR ed un ulteriore 25% la consideri, anche
se
sporadicamente,
un
parametro
di
valutazione
finalizzato all’acquisto.
2. Una volta stabilito che esiste un segmento di consumatori
socialmente responsabili, si tratta di stabilire se questo sia
35
“A consumer who takes into account the public consequences of his or her private
consumption or who attempts to use his or her purchasing power to bring about social change”
da Mohr, Webb, Harris: “Do consumers expect companies to be socially responsible? The
impact of corporate social responsibility on buying behaviour”, The Journal of Consumers
Affairs, vol. 35, n°1, 2001.
36
Mohr, Webb, Harris: “Do consumers expect companies to be socially responsible? The
impact of corporate social responsibility on buying behaviour”, The Journal of Consumers
Affairs, vol. 35, n°1, 2001.
193
effettivamente il segmento di riferimento, attuale o in
prospettiva, dell'impresa.
3. E’inoltre necessario ricercare, per quanto possibile, la
coerenza tra investimenti sociali dell'impresa e sensibilità,
interessi e preferenze dei consumatori appartenenti al
target di mercato dell'impresa stessa. In questo senso le
imprese che si rivolgono ad un target sensibile verso le
tematiche ecologiche potranno sostenere associazioni no profit di stampo ambientalista come per esempio il WWF;
le imprese che vantano come consumatori famiglie con
figli saranno indirizzate a sostenere iniziative a favore
dell'infanzia 37 ; le imprese aventi un target indifferenziato
possono, invece, puntare allo sviluppo ed all'appoggio a
tematiche sociali trasversali come, per esempio, la ricerca
sul cancro.
4. L'impresa che voglia adottare una strategia di questo tipo
deve, inoltre, investire molto in comunicazione per far
pervenire al consumatore un messaggio forte che sia in
grado di condizionarlo, a parità di altre condizioni, a
preferire i prodotti dell'impresa, in quanto soggetto
socialmente responsabile, rispetto a quelli dei concorrenti.
Ovviamente la comunicazione in questione deve essere
mirata al proprio target di consumatori sia quanto a
contenuti che come canali comunicativi: produrre un
bilancio sociale, per esempio, può essere proficuo laddove
37
E’ il caso, ad esempio, della McDonald’s.
194
affiancato ad altri strumenti di comunicazione idonei al
target di consumatori cui vuole rivolgersi l'impresa.
L'importanza della comunicazione non deve essere
sottovalutata, infatti, il basso livello di consapevolezza e
la difficoltà di ottenere informazioni sulla responsabilità
sociale delle imprese, sono due delle principali cause di un
comportamento
scarsamente
responsabile
del
consumatore. Difatti, solitamente, il consumatore sceglie
imprese non socialmente responsabili laddove o valuta
egoisticamente utile la scelta di prodotti aventi un minor
prezzo d’acquisto, per esempio nel caso in cui abbia un
basso livello di reddito o sia insensibile alle tematiche
sociali o, pur essendo disposto ad orientare socialmente
propri acquisti, abbia un livello di consapevolezza ed
informazione sulle azioni di responsabilità sociale delle
imprese troppo scarso.
5. La strategia sociale dell'impresa deve essere credibile
poiché, laddove il consumatore percepisca un intento
meramente
promozionale
dietro
alle
scelte
di
responsabilità sociale dell’impresa, l'effetto sulle scelte
d'acquisto non si farà sentire o sarà minore di quanto
atteso. L'importanza della credibilità per ottenere la
fidelizzazione della clientela è stata evidenziata anche da
diversi studi empirici che hanno dimostrato come azioni di
responsabilità
sociale
che
vadano
oltre
l'intento
promozionale ed implichino, quindi, contenuti più
195
concreti che spazino dalla maggior tutela della salute dei
dipendenti alla protezione dell'ambiente, impegnando
l'impresa in maniera più profonda e prolungata nel tempo,
portino a risultati, in termini di fidelizzazione ed
incremento del numero di clienti, decisamente migliori
rispetto ad azioni percepite come estemporanee e
meramente promozionali che sono spesso addirittura
inutili se non dannose.
6. A parità di livello di responsabilità sociale l'efficacia della
strategia sarà diversa a seconda del contesto in cui
l'impresa opera: più in particolare dipenderà dal livello di
socialità atteso dai consumatori. Infatti, a seconda del
contesto in cui l'impresa opera, e soprattutto di quello in
cui avvengono le scelte d’acquisto e di consumo, le attese
sui comportamenti dell'impresa potranno essere più o
meno intense. Ci si potrà trovare, quindi, in contesti in cui
le aspettative siano molto basse e nei quali, perciò, le
azioni di responsabilità sociale possono non avere nessun
valore o essere addirittura percepite come dannose;
oppure in contesti in cui all'impresa sia richiesto di essere
attivamente coinvolta nel processo di sviluppo sociale
della comunità anche a scapito di parte dei suoi profitti di
breve termine. Nella già citata indagine di Mohr, Webb ed
Harris 38 si evince come il 63% del campione abbia
aspettative medio alte e solo un 37% desideri un livello di
38
Mohr, Webb, Harris: “Do consumers expect companies to be socially responsible? The
impact of corporate social responsibility on buying behaviour”, The Journal of Consumers
Affairs, vol. 35, n°1, 2001.
196
responsabilità
sociale
medio
basso.
Un livello medio alto delle aspettative di responsabilità
sociale, però, presenta anche notevoli rischi: infatti,
mentre un comportamento non socialmente responsabile
sarà
disincentivante
delle
scelte
d'acquisto,
il
comportamento socialmente responsabile atteso non sarà
fonte di un vantaggio differenziale 39 poiché dato “per
scontato” dai consumatori.
4.4 Le Conclusioni
Fino a questo momento si è cercato di fornire una visione, per
quanto possibile imparziale ed obiettiva, del rapporto esistente tra
responsabilità sociale, creazione di valore per gli azionisti e finalità
ultima della sopravvivenza dell’impresa: è giunto ora il momento,
per chi scrive, di palesare la propria posizione, che pure sarà
apparsa sporadicamente, già in precedenza, all’interno del dibattito.
A mio parere il problema esistente nella relazione, spesso vista
come conflittuale, tra creazione di valore per l’azionista e
perseguimento di azioni ed obiettivi di responsabilità sociale,
risiede, per la gran parte, nella definizione di responsabilità sociale
utilizzata. Infatti, una definizione di responsabilità sociale ampia
come quella su cui sono, solitamente, basate le affermazioni degli
39
E’il motivo per cui taluni comportamenti socialmente responsabili possono non essere
valorizzati in quanto “dati per scontati”, ma fonte, se non messi in atto, di conseguenze
ritorsive da parte dell’opinione pubblica e dei consumatori.
197
“estremisti” della RSI, dà un quadro distorto della stessa, in cui
questa appare come la necessità, per l’impresa, di superare le tutele
garantite dai vincoli di legge indipendentemente da ogni criterio di
economicità, ma soltanto sulla base di una presunta missione
sociale che l’impresa, in quanto istituzione, sarebbe chiamata a
svolgere nei confronti dei suoi stakeholders. Una definizione tanto
ampia della responsabilità sociale porta, ovviamente, alla
conseguenza che coloro i quali maggiormente si rifanno alle buone
regole di management, ed al rapporto d’agenzia esistente tra
manager ed azionisti, non possono non rispondere se non con
posizioni
altrettanto
estreme
affermando,
a
mio
parere
correttamente, come una responsabilità di questo tipo non sia
propria dell’impresa che, in tal modo, sarebbe governata da
manager che tradiscono il loro mandato di agenti degli azionisti
poiché soltanto questi ultimi avranno il diritto, a seguito del
conseguimento dei proventi dell’attività d’impresa, di usufruirne
per gli scopi che prediligono.
A mio modesto parere il problema del serrato confronto tra
posizioni dottrinali pressoché opposte nasce, dunque, dal mancato
utilizzo di una definizione corretta di responsabilità sociale. Tale
definizione è rinvenibile nella stakeholder view di Freeman 40 , in cui
si considera come gli stakeholders siano soggetti di cui l’impresa
non può ignorare le istanze in quanto in grado d’influenzarne in
modo
rilevante
i
risultati
economico
–
competitivi.
La
responsabilità sociale è dunque una necessità per le imprese, ma
non è motivata da uno spirito filantropico o etico che, in quanto tali,
40
Freeman: “Strategic management. A stakeholder approach”, Pitman, Boston, 1984.
198
non avrebbero giustificazioni economiche ragionevoli se perseguite
dall’istituto – impresa, bensì dalla necessità, per la stessa, di
mediare tra le istanze di molteplici soggetti, terzi rispetto agli
azionisti, ed aventi spesso interessi contrastanti, che sono in grado,
sia in positivo che in negativo, d’influenzarne il processo di
creazione e distribuzione di valore agli azionisti.
Secondo la teoria della stakeholder view, però, gli azionisti
sarebbero soltanto uno tra i tanti stakeholders, per quanto uno dei
più rilevanti: ciò avviene poiché tale teoria vuole dare una base su
cui i manager possano prendere le loro decisioni strategico –
organizzative.
A mio parere non sbagliano, quindi, come già detto, sia coloro i
quali sostengono l’obbligo, per l’impresa, d’impegnarsi nella
responsabilità sociale, sia coloro i quali sostengono la necessità che
l’impresa si occupi solamente di creare il maggior valore possibile
per i propri azionisti poiché, in realtà, pur partendo da presupposti
differenti, giungono al medesimo risultato, e cioè alla massima
creazione di valore possibile per gli azionisti essendo, tale risultato,
una misura sintetica dell’insieme delle strategie messe in atto
dall’impresa nei diversi ambiti del suo operare quotidiano.
L’unione europea, nell’ambito del suo libro verde sulla CSR
afferma la volontarietà delle azioni di responsabilità sociale: tale
affermazione è stata interpretata come il riconoscimento e l’avvallo
all’utilizzo massiccio della CSR da parte dei suoi sostenitori, e
come il riconoscimento della libertà delle imprese di perseguire il
massimo profitto scegliendo liberamente da parte degli oppositori
199
che vedono la CSR, come già detto, alla stregua di una minaccia al
corretto utilizzo ed alla corretta distribuzione del valore economico
creato dall’impresa. A mio parere la volontarietà espressa dal libro
verde UE è assimilabile alla volontarietà nella distribuzione
dell’utile per il tramite dei dividendi: in realtà la volontarietà di
un’azione di RSI, a mio parere, è relativa poiché si basa
semplicemente su una valutazione del costo – opportunità delle
scelte che l’impresa può fare con riguardo ad ogni aspetto della
RSI, così come vengono valutati e soppesati i costi – opportunità di
ogni altra scelta strategico – organizzativa. La RSI di un’impresa è
riconducibile, dunque, ad una precisa presa di posizione sul tema
del livello di socialità ritenuto “ottimo” per l’impresa da parte dei
suoi managers. La volontarietà della RSI presentata nel libro verde
UE, dunque, è semplicemente la scelta razionale, effettuata dai
managers, del livello di RSI da perseguire nell’ambito della
normale discrezionalità delle scelte dell’impresa. E’una valutazione
lasciata al libero arbitrio dei decisori aziendali esattamente come
ogni altra decisione strategicamente rilevante ai fini del successo e
della sopravvivenza dell’impresa.
Spesso, in realtà, le imprese non si occupano formalmente di RSI,
ma, dal lato pratico, l’implementano, e ne sfruttano i vantaggi
competitivi relativi, nel loro operare quotidiano.
Un'altra problematica, che ho rinvenuto in merito alla RSI, ed al
rapporto ottimale che dovrebbe avere con essa l’impresa al fine di
massimizzare il valore da essa creato, è quella della scelta fra un
approccio adattivo o proattivo alla RSI stessa: in realtà non esiste
200
un approccio ottimale, ma il management dovrà valutare, di volta in
volta, quello più adatto. Infatti un approccio proattivo può essere
molto utile laddove, tramite previsioni razionali ed esatte, permetta
di gestire proficuamente, evitandolo, un aperto conflitto con uno
stakeholder riducendo al minimo i costi da sostenere; mentre un
approccio adattivo può essere l’ideale quando non sia possibile
determinare in anticipo l’evoluzione delle istanze di un qualche
stakeholder o, comunque, si reputi più conveniente, sulla base di un
calcolo di opportunità, reagire prontamente a mutamenti già
delineatisi.
In conclusione possiamo affermare che ciò che rileva, nel rapporto
fra RSI e creazione di valore per l’azionista, è che l’impresa non
può evitare di considerare l’esistenza di tutta una serie d’istanze da
parte di soggetti, i suoi stakeholder, in grado d’influenzarne, spesso
in modo determinante, il successo economico – competitivo di
lungo periodo e la conseguente sopravvivenza, ma che la scelta del
livello e delle modalità di RSI da applicare nei confronti dei diversi
soggetti dipenderà dalla discrezionalità di un management che, se
agisce secondo le regole del buon management, non potrà far altro
che valutare con il massimo grado di obbiettività possibile le varie
alternative in un ottica di costi – benefici ed agire di conseguenza.
La responsabilità sociale, se vista alla luce di quanto appena
affermato, assume, quindi, un significato profondamente diverso da
quello estremo da cui eravamo partiti nella nostra digressione: la
conseguenza di tale mutamento è che la RSI smette di essere un
obbligo generato da un non ben definito dovere di socialità
201
dell’impresa per diventare un’opportunità strategica della stessa.
L’uso del termine opportunità non è casuale poiché, come già detto,
la responsabilità sociale d’impresa, seguendo logiche economiche
ed essendo assoggettata al giudizio del management, può essere
inquadrata e gestita come ogni altra scelta strategica. Guardando,
dunque, alla RSI con l’occhio di un manager che valuti la miglior
“strategia sociale” perseguibile, e cioè la strategia sociale che crea
maggior valore possibile, le posizioni, inizialmente contrapposte di
fautori e denigratori della RSI verranno a coincidere.
Dirò di più: durante il capitolo si è evidenziato come una corretta
impostazione di una strategia sociale efficiente possa contribuire al
processo di creazione di valore dell’impresa tramite una sua
influenza positiva sulla forza lavoro, sul mercato dei capitali, sui
fornitori, sui clienti, ecc. ebbene tale processo di creazione di
valore, com’è stato anche precisato nel capitolo 2, prende spunto
dalle strategie implementate e dalla loro idoneità ad essere fonti di
un vantaggio competitivo elevato e difendibile: ebbene ritengo che
una strategia di RSI possa essere fonte di un vantaggio competitivo,
ovviamente sulla base delle caratteristiche dei soggetti su cui andrà
ad incidere, elevato e difendibile.
Un ultimo particolare che preme, a questo punto, sottolineare, è la
linea evolutiva di diffusione della RSI. A questo proposito ritengo
che la RSI, lungi dall’essere una “moda”, si evolverà secondo due
linee parallele: da una parte sulla base delle nuove richieste di
socialità e conseguente responsabilità sociale avanzate dagli
stakeholders principali dell’impresa; dall’altra parte a seguito di un
202
processo d’inseguimento ed imitativo da parte dei concorrenti nei
confronti delle imprese leader nella RSI nel momento in cui il
vantaggio differenziale derivante da una corretta gestione strategica
della RSI fosse evidente a tali soggetti.
203