Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo IL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO 21.04.2005 INDICE – SOMMARIO INTRODUZIONE pag. 4 CAPITOLO 1 IL LAVORATORE SPORTIVO TRA AUTONOMIA E SUBORDINAZIONE 1.1 – Spunti ricostruttivi della legge 23 marzo 1981, n. 91……………pag. 14 1.2 – Natura del rapporto di lavoro sportivo…………………………... “ 29 1.2.1 – Analisi e confutazione degli argomenti addotti contro la tesi che l‟attività sportiva possa costituire oggetto di un contratto di lavoro subordinato…………………………. “ 34 1.2.2 – Presupposti ed elementi oggettivi del rapporto………….. “ 39 1.3 – Soggetti del rapporto. Differenza sportivo professionista e dilettante……………………………………………………………. “ 45 1.4 – Tecnici, allenatori, direttori sportivi: qualificazione e funzioni…. “ 60 1.5 – Sport individuali…………………………………………………… “ 66 1.6 – Il rapporto di lavoro sportivo degli azzurri………………………. “ 69 1.7 – Normativa lavoratori stranieri…………………………………… “ 73 1.8 – Il minore nello sport……………………………………………... “ 81 1 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo CAPITOLO 2 CONTRATTO DI LAVORO SPORTIVO Parte prima 2.1 – Costituzione……………………………………………………..pag. 85 2.1.1 – Approvazione del contratto…………………………….. “ 93 2.1.2 – Cause di invalidità del contratto di lavoro sportivo……. “ 96 2.1.3 – Vincolo sportivo……………………………………….. “ 100 Parte seconda 2.2 – Svolgimento…………………………………………………....pag.109 2.2.1 – Retribuzione……………………………………………. “ 116 2.2.2 – Potere direttivo, disciplinare…………………………… “ 119 2.2.3 – Tutela sanitaria…………………………………………. “ 125 2.2.4 – Responsabilità e obblighi delle società sportive nella tutela della salute degli atleti…………………………… “ 134 2.2.5 – Clausola compromissoria………………………………. “ 138 Parte terza 2.3 – Cessione, recesso e risoluzione del contratto. Sospensione….pag. 144 2.3.1 – Risoluzione consensuale del contratto di lavoro : cessione……………………………………………… “ 146 2 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.3.2 – Risoluzione unilaterale del contratto di lavoro sportivo pag 147 2.3.3 – Recesso ante tempus del contratto di lavoro sportivo… “ 152 2.4 – Trattamento di fine carriera…………………………………… “ 155 2.5 – Trattamento previdenziale…………………………………….. “ 159 APPENDICE pag. 165 BIBLIOGRAFIA pag. 204 3 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo INTRODUZIONE L‟oggetto della mia tesi - come si può facilmente intuire dal titolo della stessa riguarda il rapporto di lavoro sportivo. Attività sportiva e lavoro, che pur rappresentano due aspetti da sempre caratterizzanti l‟attività sociale dell‟uomo, non sempre sono andati avanti di pari passo: tutti e due hanno origini in epoche assai remote e solo nell‟esperienza più recente hanno finito per incontrarsi. A conferma di ciò, mi è cosa gradita iniziare questo mio lavoro citando le parole pronunciate dall‟illustre professor Maurizio Cinelli in occasione del suo intervento nel corso di un convegno di studi sul diritto sportivo organizzato in quel di Coverciano (Firenze) dalla Fondazione Artemio Franchi; tali parole così recitavano << il cammino percorso dall‟attività sportiva per raggiungere la grande casa del diritto del lavoro è stato lungo e travagliato>>. Lo sport nasce nell‟antichità con esigenze e finalità ben diverse da quelle che riveste oggi; allora lo sport era praticato per puro divertimento e l‟aspetto competitivo era marginale: proprio per questo quindi non richiedeva alcuna tutela giuridica. È chiaro che in una concezione essenzialmente ludica, qual‟era quella dello sport nell‟antica Grecia o nella Roma dei Re prima e della Repubblica poi non vi era alcun bisogno di accostare tali discipline al concetto di lavoro. Con il passare degli anni però lo sport si è evoluto e l‟aspetto puramente ludico ha lasciato piano piano il posto all‟aspetto competitivo; anche il diritto del lavoro negli anni si è quindi evoluto ed ha cominciato ad espandere la propria competenza interessandosi sempre più alle varie attività umane che apparivano bisognose di tutela. 4 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Negli ultimi decenni lo sport ha acquisito una sempre maggiore importanza e, grazie anche alle migliori condizioni di vita di gran parte della popolazione, ha registrato un‟incredibile espansione sia a livello professionistico sia, soprattutto, a livello dilettantistico. La legge, dal canto suo, non è invece riuscita a procedere di pari passo con questo sviluppo. Oggetto del mio lavoro è stato dunque quello di ricostruire come la legge ed il diritto del lavoro si siano posti di fronte ad un fenomeno di massa qual‟è oggi quello dello sport. Sicuramente non è per niente facile tracciare un quadro attendibile e non contraddittorio del vasto insieme d'indagini che da più di mezzo secolo sono state dedicate a questa moderna e complessa manifestazione della fenomenologia giuridica che viene etichettata con il nome di diritto sportivo1. Dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto per anni la tematica del rapporto tra sportivi e ordinamento dello sport, dato che in Italia si è registrata la quasi totale assenza di norme statuali riguardanti l‟attività sportiva la cui regolamentazione è sempre stata delegata alle singole federazioni, sotto il controllo del C.O.N.I.2. Gli aspetti su cui si è maggiormente dibattuto in dottrina e giurisprudenza sono stati due: il primo riguardante la sistemazione delle relazioni tra l‟ordinamento sportivo e quello statale ed il secondo circa la configurazione della natura del rapporto che si instaura tra lo sportivo e la società o l‟associazione d‟appartenenza. Prima di tutto può essere interessante verificare come l‟attività sportiva si sia inserita negli ordinamenti statali ed in special modo in quello italiano. Possiamo affermare che l‟attività sportiva si svolge nel contesto di un ordinamento diverso da quello statale e che quindi si può parlare di un vero e proprio ordinamento sportivo autonomo rispetto a quello statale ma comunque originario rispetto a quest‟ultimo. L‟ordinamento sportivo è, infatti, dotato dei tre caratteri salienti di un ordinamento giuridico: 1. – Plurisoggettività. In quanto costituito da tutti i soggetti che in esso operano, ossia atleti, dirigenti, tecnici, associazioni, società e federazioni. 1 L‟espressione diritto sportivo (usata per la prima volta da Suglia, in Saggio di diritto sportivo, Milano, 1929) è infatti suscettibile di assumere aspetti e contenuti diversi a seconda che sia riferita alle norme statali in materia sportiva o, come sembra più opportuno, solo a quelle emanate dall‟ordinamento sportivo. 2 Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) è un organismo di diritto pubblico costituito con la legge 14 febbraio 1942, n.426 per sovrintendere alle varie forme in cui si atteggiava lo sport. 5 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2. – Organizzazione. Intesa come complesso di strutture nazionali ed internazionali appositamente create per favorire la più capillare diffusione e la più ampia pratica dell‟attività sportive. 3. – Potestà normativa. In quanto emana tutte quelle norme necessarie a regolamentare ogni evento rilevante al suo interno. Sulla giuridicità dell‟ordinamento sportivo concorda non solo la dominante dottrina ma anche la Suprema Corte3 la quale, in una sia pur non recente sentenza, ha avuto modo di affermare che: <<il fenomeno sportivo, quale attività disciplinata sia in astratto che in concreto, visto indipendentemente dal suo inserimento nell‟ordinamento statale, si presenta come organizzazione a base plurisoggettiva per il conseguimento di un interesse generale. È un complesso organizzato di persone che si struttura in organi cui è demandato il potere-dovere, ciascuno nella sua sfera di competenza di svolgere l‟attività disciplinatrice, sia concreta che astratta, per il conseguimento dell‟interesse generale. È dunque un ordinamento giuridico>>. Anzi, a ben vedere, poiché all‟interno del generale ordinamento sportivo le federazioni di ciascuna disciplina sportiva emanano proprie norme4, si può dire che il complesso di tali atti normativi costituiscono, a loro volta, altrettanti ordinamenti giuridici5. Quello sportivo non è certo l‟unico ordinamento autonomo che è riconosciuto nel nostro ordinamento, anzi la teoria dell‟esistenza di una molteplicità d‟ordinamenti giuridici di diversi tipi, che in Italia trova il suo maggior teorico in Santi Romano6, ha segnato il superamento della concezione dello statalismo giuridico secondo cui non esisterebbe altro diritto che quello proveniente dallo Stato poiché quest‟ultimo sarebbe l‟unico soggetto legittimato ad organizzare la collettività. L‟ordinamento sportivo, pur costituendo articolazione dell‟ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.) opera, dunque, nell‟ambito territoriale dello Stato, all‟interno del quale si configura come ordinamento di settore, cosicché si pone il problema di individuare i rapporti intercorrenti tra i due ordinamenti. Lo Stato rispetto agli ordinamenti minori presenti al suo interno – come quello sportivo – si pone in una posizione di superiorità: richiede ad essi un riconoscimento, in mancanza del quale sarebbero considerati dall‟ordinamento statale come inesistenti. 3 Cassazione, 11 febbraio 1978, n. 625, in Foro it., 1978, I, 862. Statuti, regolamenti etc. 5 sul punto, si veda Giannini M.S., Diritto amministrativo, I, 1970, p. 798. 6 Santi Romano, L‟ordinamento giuridico, Pisa, 1918. 4 6 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Tale riconoscimento è stato attuato in Italia con la legge 426 del 1942 istitutiva del C.O.N.I.; con quest‟atto lo Stato ha attribuito le proprie competenze amministrative nel settore sportivo e le relative potestà a tale ente. Il C.O.N.I da un lato costituisce la massima espressione dell‟ordinamento sportivo, e ne persegue i suoi obbiettivi e dall‟altro costituisce soggetto di diritto dell‟ordinamento statale che lo ha riconosciuto, e gli ha attribuito le proprie competenze amministrative in materia sportiva. Ne deriva che gli atti amministrativi e regolamentari adottati dal C.O.N.I. fanno ricadere i loro effetti anche nell‟ordinamento giuridico statale. Ma la sovrapposizione tra i due ordinamenti non va oltre l‟ambito dell‟organizzazione amministrativa dello sport; per quanto riguarda gli altri aspetti i due ordinamenti riacquistano infatti la propria autonomia. L‟ordinamento sportivo è costituito da numerose organizzazioni collettive attraverso le quali si provvede alla strutturazione e allo svolgimento dell‟attività sportiva. All‟apice di un‟ideale struttura organizzativa piramidale troviamo il Comitato Olimpico Nazionale Italiano che come detto è entrato a far parte dell‟ordinamento statale con legge 6 febbraio 1942, n. 426. Nella sua veste di ente appartenente all‟ordinamento statale, il C.O.N.I. è un soggetto dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e quindi sottoposto alla vigilanza da parte del Ministero per i beni e le attività culturali7. In particolare, in tale ruolo, il C.O.N.I. presiede all‟organizzazione delle attività sportive sul territorio nazionale, detta i principi fondamentali per la disciplina delle attività sportive e per la tutela della salute degli atleti, detta i principi necessari per promuovere la massima diffusione della pratica sportiva nonché quelli per prevenire e reprimere l‟uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti. Tale ente ha subito una profonda riorganizzazione ad opera del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 2428 e del successivo decreto legge 8 luglio 2002, n. 138 convertito in legge 8 agosto 2002, n. 178 che ha introdotto importanti novità rispetto alla legge istitutiva9. 7 Articolo 1 D.Lgs. 242 del 1999. Con tale decreto legislativo, è stata riconosciuta per la prima volta l‟appartenenza all‟ordinamento sportivo internazionale, al quale il C.O.N.I. deve conformarsi nel rispetto dei principi da questo dettati. 9 Tra queste novità è da segnalare l‟istituzione del CONI Servizi s.p.a. società per azioni costituita per legge, le cui azioni appartengono interamente al Ministero dell‟Economia e delle Finanze. Al CONI Servizi s.p.a. sono state trasferite tutte le attività strumentali del C.O.N.I.. Così stabilendo il legislatore ha di fatto svuotato di competenze operative e gestionali l‟ente pubblico C.O.N.I. relegandolo ad una funzione puramente di indirizzo e promozione dello sport. 8 7 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Il secondo punto che per anni è stato oggetto della disputa tra le varie correnti dottrinali riguarda la configurazione della natura del rapporto che si instaura tra lo sportivo e la società o l‟associazione d‟appartenenza. Le ipotesi sostenute dalla dottrina sono state sostanzialmente due: quella della subordinazione e quella tendente a riconoscere invece natura autonoma a tale rapporto di lavoro. Nelle pagine che seguiranno, spero di essere riuscito a ricostruire in modo sufficientemente nitido e comprensibile questo scontro che ha impegnato dottrina e giurisprudenza per molti anni. Ma al fine di rendere più chiaro e facile l‟intendimento del problema a chi volesse intraprendere la lettura delle pagine che seguono questa mia modesta introduzione, è forse opportuno esporre già fin da subito la soluzione a cui si perverrà dopo tanto argomentare. La legge 23 marzo 1981, n. 91 ha segnato il punto d‟arrivo di questi lunghi scontri ed ha optato, non senza “riscuotere” numerose critiche, per una ricostruzione del rapporto di lavoro intercorrente tra gli sportivi e le società in termini di lavoro subordinato. Per aiutare ancora di più un eventuale interessato lettore nella comprensione dei temi di seguito trattati, può essere opportuno spiegare accuratamente quella che è la reale differenza tra le due opposte soluzioni proposte dalla dottrina: 1. – Rapporto di lavoro autonomo. Secondo la definizione dell‟articolo 2222c.c., una persona si obbliga a compiere un‟opera od un servizio verso corrispettivo con lavoro prevalentemente proprio e senza alcun vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Il lavoratore autonomo, in sostanza, svolge l‟attività cui si è obbligato nei confronti di un altro soggetto decidendo, con piena discrezionalità, il tempo, il modo ed il luogo di adempimento della prestazione. In questa sua attività autonoma, il lavoratore non è costretto ad assoggettarsi a particolari prescrizioni da parte del committente o cliente, salvo il rispetto dei limiti e delle condizioni contenute nel contratto o derivanti dalla natura dell‟opera e salvo, altresì, il potere del committente di verificare l‟andamento dell‟attività a garanzia del risultato finale indicato nel contratto. 2. – Rapporto di lavoro subordinato. Il rapporto di lavoro assume, invece, i caratteri della subordinazione ogni qual volta l‟attività lavorativa è dedotta nel rapporto non già in ragione del risultato cui la stessa tende, e cioè il compimento di un‟opera o di un servizio, ma in quanto tale. In questo caso oggetto del rapporto è l‟attività lavorativa in sé considerata, che si risolve in una condotta che il lavoratore deve 8 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo tenere secondo modi, tempi e luoghi cui l‟altra parte è direttamente interessata, al punto da conformare il contenuto della prestazione stessa, in virtù del suo potere direttivo. Secondo l‟articolo 2094 c.c., infatti, è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell‟impresa prestando il proprio lavoro manuale o intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione dell‟imprenditore10. Il lavoro subordinato consiste, pertanto, nell‟attività compiuta da un soggetto – il lavoratore – al fine di ricavarne una retribuzione, nell‟interesse e sotto l‟autorità di un altro soggetto – il datore di lavoro – dal quale dipende, non soltanto economicamente ma anche giuridicamente, essendo riconosciuto al datore il potere di dettare le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. L‟elemento della subordinazione – inteso come assoggettazione alle direttive, al controllo e alla vigilanza da parte del datore di lavoro – costituisce il tratto caratterizzante del rapporto di lavoro subordinato, creando un vincolo intenso che giustifica la più intensa tutela giuridica apprestata dall‟ordinamento per tale tipo di lavoro11. Come detto, dunque, la legge n. 91 del 1981 definisce il rapporto fra atleta e società come subordinato, salvo considerarlo come autonomo in presenza di particolari circostanze tassativamente prefigurate dalla menzionata norma di legge. La scelta operata dal legislatore nel 1981, pur ampiamente criticata, trova conferma in quasi tutti gli ordinamenti sportivi delle altre nazioni europee. In Germania è opinione comune che il rapporto tra una società sportiva e uno sportivo professionista sia un vero e proprio rapporto di lavoro che, in virtù della dipendenza dello sportivo al potere della società in relazione a luogo, durata e modalità della prestazione lavorativa, va definito come un rapporto di lavoro subordinato: lo sportivo professionista è considerato un impiegato della società sportiva. 10 Tra le numerose sentenze in ordine agli elementi distintivi del lavoro subordinato rispetto a quello autonomo si segnalano: Cassazione, 2 settembre 2000, n. 11502, in Or. giur. lav., 2000, I, 638; Cassazione, 21 novembre 2000, n. 15001, in Foro it., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), 607; Cassazione, 30 giugno 1999, n. 379, in Not. giur. lav., 2000, 21; Cassazione, 23 aprile 1998, n. 4207, il Lav. giur., 1998, 946; Cassazione, 11 novembre 1983, n. 6701, in Not. giur. lav., 1984, 50. In dottrina Perone G., Lineamenti di diritto del lavoro, 1999, p. 171; Ferraro M., Dal lavoro subordinato al lavoro autonomo, in Gior. dir. lav. Rel. Ind., 1998, 429; Scognamiglio R., La disponibilità del rapporto di lavoro subordinato, in Riv. it. dir. lav., 2001, I, 95; Torrice A., Lavoro autonomo e subordinato: criteri distintivi, in Lavoro giur., 1995, 460. 11 È bene comunque ricordare che la distinzione tra lavoro autonomo e subordinato non esaurisce, tuttavia, la gamma delle possibili forme di svolgimento dell‟attività lavorativa, dovendosi tenere presente anche il lavoro associato e il lavoro parasubordinato. Sono due forme di rapporto di lavoro che hanno però poco inciso nello scontro dottrinale oggetto dei prossimi paragrafi. Nel lavoro associato gli interessi perseguiti dalle parti non sono distinti e contrapposti, ma si risolvono nel coincidente obbiettivo di condividere gli utili derivanti dall‟attività svolta in comune. 9 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo In Francia, nonostante venga da tutti ravvisato che il rapporto di lavoro sportivo è un rapporto di lavoro particolare che ha, pertanto, bisogno di una disciplina legale specifica, la giurisprudenza più recente considera lo sportivo lavoratore dipendente a norma degli articoli 1779 e 1780 del Code Civil. In Gran Bretagna è opinione consolidata che il lavoratore sportivo sia un lavoratore dipendente e precisamente un impiegato del club (white collar worker). In Grecia lo status dello sportivo professionista è fuori discussione in quanto l‟assetto normativo e giurisprudenziale del Paese sono chiari nel ritenerlo quale lavoratore subordinato di tipo particolare. In Belgio una legge del febbraio 1978 che disciplina lo sport professionistico, sancisce all‟articolo 3 che, indipendentemente dalla volontà contrattuale delle parti, il contratto sportivo professionista con la società sportiva è un contratto di lavoro subordinato (contrat du travail d‟employè). Anche in Spagna, ma solo nel 1985, il legislatore ha stabilito in modo molto particolareggiato la natura e la forma del rapporto di lavoro sportivo collocandolo nell‟area del lavoro subordinato, non mancando comunque di ravvisare la specialità di questo rapporto di lavoro, condizione questa che, come abbiamo visto, è stata evidenziata in quasi tutti gli ordinamenti giuridici, sinteticamente, analizzati. Questa breve dissertazione è stata a mio avviso necessaria per far capire come la scelta del legislatore italiano risulti coerente all‟orientamento che si presenta in maniera pressoché uniforme nei vari Paesi europei. All‟inizio di questa introduzione mi ero posto l‟obbiettivo di spiegare dove realmente si trovasse il punto di contatto tra lo sport ed il lavoro, poi però alcune digressioni mi hanno fatto abbandonare quello che doveva essere il filo conduttore di queste prime pagine introduttive al mio lavoro. Certo è comunque che quello di cui ho parlato è servito senz‟altro ad ampliare gli orizzonti del tema trattato ed a preparare alla lettura di quanto seguirà. Dunque riprendendo le fila del discorso, si può affermare con tutta tranquillità che allorquando l‟attività sportiva sia svolta per professione, ossia con la finalità di procacciarsi un reddito stabile, la stessa sarà qualificabile come attività lavorativa. I lavoratori parasubordinati sono, invece, coloro che intrattengono rapporti continuativi e coordinati con datori di lavoro dai quali, almeno sul piano economico, vengono a dipendere, cosicché ad essi si stanno progressivamente ampliando tutte le tutele dettate per i lavoratori subordinati. 10 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Quando, invece, l‟attività sportiva viene praticata per puro svago o divertimento, senza cioè l‟obbiettivo di ricavarne benefici materiali, essa non rientrerà più tra le attività lavorative. Quindi lo sport diventa lavoro solo quando sia esercitato dall‟uomo-atleta al fine di ottenerne una contropartita economica necessaria al suo sostentamento e a quello della propria famiglia. Come vedremo il tratto distintivo tra il professionista ed il dilettante è costituito essenzialmente dal requisito dell‟onerosità, per cui lo sportivo professionista che fornisce a favore di altri le proprie prestazioni sportive ha diritto di ricevere da questi una remunerazione. Oggi il dilettante ha lasciato il posto al professionista, lo scopo ludico a quello competitivo e conseguentemente a quello lucrativo. Il legislatore ha dovuto prendere atto del nuovo scenario configurando l‟attività sportiva come lavoro - e pertanto oggetto di rapporti giuridici - nonostante le tante difficoltà incontrate nell‟individuare schemi di disciplina adeguati alla realtà. Si può quindi ben dire che per il professionista la prestazione agonistica è la manifestazione di un‟effettiva attività lavorativa: essa è resa in funzione del godimento che altri ne traggono nelle vesti di spettatori12. L‟attività svolta invece dall‟atleta dilettante non può essere in alcun modo qualificata come lavoro poiché, per definizione, è svolta a solo scopo ludico-ricreativo senza alcuna finalità di lucro. Dalla Costa definisce il lavoro come quella attività umana diretta al soddisfacimento di un bisogno altrui13; alla luce di ciò e di quanto detto sopra, si può quindi affermare che l‟attività svolta dallo sportivo professionista presenti quei tratti di quel “lavoro” cui la nostra Costituzione ha accordato una certa tutela. Ed è proprio in questa situazione che il diritto del lavoro ha il compito-dovere di disciplinare l‟attività sportiva prevedendo una serie di tutele a favore dello sportivolavoratore che rappresenta – anche se spesso solo apparentemente – la parte debole del rapporto contrattuale. Ne consegue che tutto l‟intero secondo capitolo della mia tesi è stato dedicato ad analizzare le varie tutele predisposte dall‟ordinamento sportivo a favore degli atleti fin dal momento della costituzione del rapporto. Il secondo capitolo è stato suddiviso in tre parti secondo la normale logica di ogni rapporto di lavoro: costituzione, svolgimento e conclusione. 12 Dalla Costa P., La disciplina giuridica del lavoro sportivo, Egida, 1993. 11 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Nella prima parte sono analizzati tutti quelli elementi che concorrono alla formazione del contratto di lavoro, così come richiesti dalla legge n. 91 del 1981, senza tralasciare quelle che possono essere le conseguenze in caso di assenza o di errata applicazione di tali elementi; in questa prima parte è stato inoltre trattato, anche, un istituto molto importante qual è quello del vincolo sportivo. L‟inserimento di tale istituto nella prima parte del secondo capitolo è facilmente comprensibile in quanto il vincolo al tempo della sua vigenza14nasceva come effetto immediato dalla stipulazione del contratto di lavoro tra sportivo e società. La seconda parte, come detto, è quella che si occupa dello svolgimento del rapporto e ho quindi ritenuto opportuno disquisirla, spesso tramite vere e proprie elencazioni, su quelli che sono i diritti ed i doveri sia del lavoratore sia del suo datore di lavoro: nella maggior parte dei casi sono gli stessi che caratterizzano qualsiasi rapporto di lavoro. Infine nell‟ultima parte ho riportato in primis quelle che sono le cause di scioglimento del rapporto, siano esse motivo d‟accordo consensuale o di scelta unilaterale, ed ho poi parlato di alcuni istituti che hanno luogo soltanto dopo la conclusione del rapporto, quali il trattamento di fine rapporto ed il sistema pensionistico. Nel ricostruire tale sistema mi sono avvalso degli scritti di numerosi esperti in materia che hanno contribuito in vario modo allo sviluppo del diritto sportivo; a titolo esemplificativo, ma anche come ringraziamento per aver attinto dai loro preziosi studi, ho il piacere di citare alcuni di questi illustri personaggi come Sergio Grasselli, Paolo Dalla Costa, Vittorio Frattarolo, Guido Vidiri, Fulvio Bianchi D‟Urso, Mario Tortora e molti altri ancora che non cito solo per evidenti limiti di spazio. Non è stato facile come credevo in un primo momento l‟affrontare una materia come quella sportiva; vedere lo sport dal punto di vista dell‟appassionato è infatti cosa profondamente diversa rispetto a quella di doverlo analizzare e criticare da un punto di vista giuridico. Non credevo neppure di trovare a disposizione una così vasta serie di monografie e di articoli in materia, cui posso muovere solo due critiche: innanzitutto lo studio del fenomeno sportivo è quasi sempre limitato allo studio del fenomeno calcistico, quindi non me ne vogliano gli appassionati di altri sport se da qui alla fine del mio trattato il rinvio all‟esperienza calcistica sarà pressoché costante, mentre sarà solo occasionale il rinvio ad altre attività sportive che non per questo sono da considerare meno importanti. 13 Lo spettacolo sportivo che offre all‟uomo d‟oggi il modo di soddisfare un bisogno di svago e di dar sfogo, anche attraverso il motivo campanilistico, alle proprie ansie giornaliere, si inserisce tra le attività rivolte al soddisfacimento dei nuovi bisogni dell‟uomo moderno. 12 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Altra critica, o forse potrei definirla come una semplice constatazione, sta nel fatto che spesso i materiali che ho trovato e su cui ho basato la mia ricostruzione dei fatti sono materiali abbastanza “datati”, ma ciò trova senza dubbio spiegazione nel fatto che la legge che regola l‟intera materia sia anch‟essa abbastanza datata. Mi riferisco cioè alla più volte già citata legge n. 91 del 23 marzo1981, ossia ad una legge di ben ventiquattro anni fa; è chiaro quindi che negli anni lo scontro in dottrina sia andato via via attenuandosi e che la maggior produzione sull‟argomento risalga per forza di cose a tempi immediatamente successivi alla legge stessa. Dunque a livello legislativo, il lavoro sportivo subordinato professionistico trova la sua specifica disciplina nella legge n. 91 del 1981 ed anche laddove non incompatibili o non espressamente escluse, in tutte le altre norme dettate per il lavoro subordinato in generale. L‟interprete è chiamato quindi ad un‟attenta opera di raccordo della disciplina speciale con quella generale e sotto questo punto di vista un ruolo fondamentale è attribuito agli accordi collettivi. È tuttavia da sottolineare che la continua evoluzione della disciplina del lavoro sportivo ha determinato l‟esigenza di una rivisitazione dell‟intero ordinamento sportivo e così da più parti sono giunti inviti ad una revisione pressoché totale della legge n. 91. Ed in effetti qualcosa è già stato fatto, soprattutto ad opera del Decreto legge 20 settembre 1996, n. 485, convertito in legge 18 novembre 1996, n. 586. Tale intervento del legislatore è stato soprattutto dovuto dalla necessità di armonizzare l‟ordinamento sportivo con il diritto comunitario, a seguito della nota sentenza Bosman, che ha dato il via ad una serie di conseguenze che erano inimmaginabili solo qualche anno prima. Tra le modifiche che si sono avute, di cui renderò conto più specificatamente nel corso dei singoli istituti, si possono intanto ricordare le due più significative quali: l‟abolizione dell‟indennità di preparazione e promozione ed il riconoscimento della possibilità per le società sportive di perseguire scopi di lucro. A questo punto direi che non rimane altro che iniziare la trattazione dell‟intera materia cominciando dalla ricostruzione delle scelte di fondo che hanno portato alla formazione dell‟attuale legislazione in materia e definendo una volta per tutte quella che è la natura del rapporto di lavoro sportivo. 14 Oggi come vedremo è stato abolito proprio dalla legge n. 91. 13 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo CAPITOLO 1. – Il lavoratore sportivo tra autonomia e subordinazione 1.1 – Spunti ricostruttivi della legge 23 marzo 1981, n. 91 L‟attività del legislatore nel settore sportivo è stata – almeno fino agli anni settanta - molto limitata in quanto prevalentemente diretta solo a disciplinarne i suoi organi di governo15 con una legge del 194216 e taluni aspetti del regime previdenziale con la legge 366 del 14 giugno 1973. L‟esigenza di disciplinare il rapporto di lavoro tra le società e gli sportivi non era infatti mai stata avvertita concretamente almeno fino all‟entrata in vigore della legge 91 del 23 marzo 198117che pose fine ad una lunga disputa dottrinale e giurisprudenziale sulla qualificazione del lavoro sportivo. La legge in esame è però di quelle che non soddisfano né i giuristi, quanto a chiarezza di norme, né gli sportivi professionisti, quanto a tutela dei loro interessi. Il motivo principale di tale imperfezione risiede nell‟incertezza dimostrata dal legislatore nella collocazione da dare a tale categoria di professionisti: se considerarli, cioè, come lavoratori autonomi ovvero subordinati. 15 C.O.N.I. e Federazioni Sportive. Legge n. 426 del 16 febbraio 1942 recentemente abrogata dal Decreto Legislativo 23 luglio 1999, n.242 che ha riformato la struttura organizzativa del C.O.N.I. e delle federazioni nazionali. 17 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 86 del 27 marzo 1981. 16 14 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Per cercare di capire meglio queste incertezze può quindi essere interessante analizzare le vicende che hanno portato alla formazione della legge, i motivi di fondo, le esigenze delle parti, l‟iter parlamentare, le tesi della dottrina e così via dicendo. Alcuni fanno risalire lo scontro, che per molti anni ha occupato la dottrina italiana, addirittura al lontano 1949 e cioè al tragico e pauroso incidente aereo che causò la scomparsa – improvvisa e repentina - dell‟intera squadra calcistica del Torino, in quello che da tutti è ricordato come il disastro di Superga. È proprio da tale data, ma soprattutto dalla prima importante sentenza che ha trattato l‟argomento18 , che sono iniziati gli scontri a distanza tra i sostenitori delle opposte tesi relative alla qualificazione della tipologia del rapporto di lavoro sportivo La decisione giurisprudenziale, data in tale occasione dalla Suprema Corte, sostenne la tesi del rapporto di lavoro autonomo ritenendo che <<il contratto che lega un‟associazione sportiva ai propri giocatori è un normale contratto di prestazione d‟opera>>19. Quest‟interpretazione giurisprudenziale non ebbe però una vita molto lunga in quanto, a fronte di contrastanti e contrapposte20 posizioni, intervenne nuovamente la Corte di Cassazione21 che rovesciando la tesi precedente, riconobbe così la natura subordinata del rapporto22, sussistendo - a detta della corte - da parte dei calciatori professionisti la “continuità”, la “esclusività”, e la “professionalità” delle loro prestazioni. Questi atleti, dietro corresponsione di una retribuzione, mettono a disposizione dell‟associazione sportiva che li ha ingaggiati le loro energie fisiche e le loro attitudini tecniche. Essendo poi inseriti in un contesto lavorativo con complessa organizzazione tecnica-economica, gli atleti sono assoggettati al potere direttivo e gerarchico dell‟ente da cui dipendono, ente che può esercitare nei loro confronti un penetrante controllo fino alla sfera più privata e personale della loro vita23. A questa sentenza ben presto si uniformò la dottrina prevalente anche se non mancarono autorevoli interpretazioni discordanti. 18 Cass. 4 luglio 1953, n. 2085. E‟ chiaramente implicito il richiamo all‟art.2222 c.c. rubricato contratto d‟opera <<Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un‟opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV>>. 20 Sul punto, si veda Lega C.: I giocatori di calcio sono lavoratori subordinati?, in Div. lav. unit. Trieste, 1955, 17; e Mangani M.: Il contratto sportivo del calciatore inquadrato nella teoria generale dei contratti in Riv. Dir. Sport., 1950, 3-4, 23. 21 Cass. 21 ottobre 1961, n. 2324 in Foro it. 1961, I, 1608. 22 Ex art.2094 c.c. che rubricato prestatore di lavoro subordinato afferma: <<E‟ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell‟impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell‟imprenditore>>. 19 15 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Dato il perdurare del silenzio del legislatore, fu ancora la Suprema Corte ad intervenire in materia24: ciò avvenne in merito alla richiesta di risarcimento danni per responsabilità del terzo, avanzata dal Torino Calcio in relazione al tragico incidente che causò la morte del giocatore Gigi Meroni. La tesi della società si basava sul concetto d‟avviamento dell‟impresa sportiva costituito anche dal parco giocatori; in virtù del rapporto giuridico che li lega alla società, l‟imprenditore può assicurarsi i servizi professionali e le energie di lavoro di collaboratori particolarmente qualificati. Accogliendo la richiesta di risarcimento danni, la Cassazione ricomprese il rapporto di lavoro sportivo nello schema dei rapporti di credito e quindi nell‟ambito della subordinazione25. Un vero punto di svolta nella vicenda si ebbe poi qualche anno più tardi in seguito all‟azione del Pretore di Milano26, Dr Costagliola, che - intervenendo clamorosamente durante le trattative del cd. “calcio-mercato” - ritenne di dover applicare al rapporto di lavoro tra calciatore e associazione sportiva, avente natura subordinata, le norme di legge che disciplinano il collocamento27nonché le norme sul divieto dell‟intermediazione privata nella fase di stipula del contratto di lavoro28. L‟azione del Magistrato, anche se successivamente ridimensionata, attirò comunque l‟attenzione del Governo che fino ad allora non era mai intervenuto su questa materia. Ciò portò alla rapida emanazione di un decreto legge (D.L. 14 luglio 1978 n.367); questo decreto, concernente l‟interpretazione autentica in tema di disciplina giuridica dei rapporti tra enti sportivi ed atleti iscritti alle federazioni di categoria, ebbe tra i suoi scopi principali quello di “ammanettare la magistratura” e rimuovere il caos venutosi a creare in seguito all‟operato del Pretore di Milano. In pratica si pose un rimedio alla situazione verificatasi: fu stabilito che la costituzione, lo svolgimento e l‟estinzione dei rapporti tra società/associazioni sportive ed i propri atleti o tecnici continuavano ad essere regolati dal vigente ordinamento sportivo, confermando quindi che detti rapporti erano sottratti alla disciplina normativa sul collocamento. 23 Tale sentenza era relativa ad una controversia tra l‟A.C. Milan ed un suo dipendente, il calciatore Raccis. Cassazione, Sez.Unite, 26 gennaio 1971, n. 174 in Foro it. 1971, I, 342. 25 Per un approfondimento sul punto, si veda Dalla Costa P. La disciplina giuridica del lavoro sportivo, Egida, 1993. 26 7 luglio 1978, in Foro it., 1978, II, 319. Tale intervento fu conseguenza di una decisione, del Pretore stesso, in ordine alla contestazione rivolta ad alcuni dirigenti di società di calcio di aver partecipato al c.d. calcio mercato svolgendo attività di mediazione a scopo di lucro per il trasferimento di giocatori da una società ad un‟altra. 27 Legge 2 aprile 1949, n.264 e successive modificazioni. 28 L‟intervento che da un lato fu ampiamente criticato dalla dottrina, perché in contrasto con una precedente pronuncia della suprema corte – Cassazione, 3 aprile 1963, n.811- ottenne il risultato di evidenziare le problematiche ancora non risolte relative al lavoro sportivo. 24 16 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Per parte della dottrina29 il collocamento ordinario di cui alla legge 29/04/49, n. 26430 non era da ritenersi la porta da cui far passare il rapporto che intercorre tra giocatori e società, innanzitutto per la natura giuridica del collocamento, che riguarda operai ed impiegati, e poi per il modo con il quale si accede alla richiesta numerica che, ovviamente, non può interessare il mondo del calcio perché non può pensarsi affatto che i giocatori siano lavoratori dipendenti anche se hanno degli elementi che a questi li accomunano quali lo stipendio, gli obblighi di dipendenza verso la società, la posizione assicurativa, previdenziale ed assistenziale. Secondo questa parte della dottrina nel calcio - come in altri sport soprattutto di squadra - prevalgono gli elementi del lavoro di tipo professionale più che di tipo dipendente ed inoltre un calciatore non è certo intercambiabile con qualsiasi altro come potrebbe accadere in altri settori lavorativi. Sotto la spinta di queste tesi si cominciò quindi a considerare nuovamente la prestazione dei calciatori come una prestazione di lavoro autonomo ma tutto ciò non fece altro che complicare la situazione in quanto la stessa Corte di Cassazione aveva nel frattempo dato vita a definizioni difformi e contrastanti configurando talvolta il calciatore come lavoratore subordinato e talvolta come lavoratore autonomo31. L‟ambiguità che si era venuta a formare dopo l‟intervento del legislatore non solo lasciava il problema irrisolto ma di fatto lo complicava e ciò indipendentemente dal fatto se essa qualificasse i rapporti che ne costituivano oggetto come di lavoro autonomo ovvero di lavoro subordinato. Di tutto ciò se ne rese ben presto conto il Parlamento che, in sede di conversione32, confermò la disposizione relativa all‟inapplicabilità delle norme sul collocamento e abolì quella relativa al rinvio alle norme federali invitando nello stesso tempo il Governo a prendere posizione presentando sollecitamente un disegno di legge per la disciplina organica del settore33. La risposta del Governo non si fece attendere e così di lì a poco il ministro D‟Arezzo34 presentò un disegno di legge rubricato <<Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti>>. Questo provvedimento trovava la sua ratio nella necessità, 29 Sul punto, si veda Micali G. in atti del congresso promosso dal centro nazionale studi di diritto del lavoro Domenico Napolitano, Maggioli Editore, 1987. 30 E‟ bene comunque ricordare che tale legge è stata abrogata a conclusione del processo di liberalizzazione del sistema delle assunzioni, avviato con legge 23 luglio 1991, n.223 e portato avanti con legge 28 novembre 1996, n. 608 e con il decreto legislativo n. 297 del 2002; nonché a seguito del procedimento di sburocratizzazione dei processi di incontro tra domanda ed offerta di lavoro disciplinato dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 e dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, c.d. „legge Biagi‟. 31 Non senza porre l‟accento in ogni caso sulll‟atipicità e la peculiarità del rapporto con la società per la quale l‟atleta svolge la sua attività. 32 Legge 4 agosto 1978 n. 430. 33 Ordine del giorno della Camera del 27 luglio 1978. 34 Ministro del turismo e dello spettacolo. 17 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo avvertita dal mondo dello sport, di creare una disciplina organica dei rapporti tra società sportive e sportivi professionisti al fine di chiarire l‟esatta dimensione del rapporto e lo status del professionista. Alla realizzazione di questo disegno di legge presero parte le rappresentanze di numerose categorie tra le quali, con ruolo preminente, anche l‟Associazione Calciatori presieduta dall‟avv. Campana. Avvalendosi della collaborazione d‟illustri giuristi tra i quali Grasselli,35si “disegnò” la configurazione del lavoro sportivo come quello di un lavoro autonomo. Nella sua relazione introduttiva si legge infatti che << lo sportivo professionista viene definito nell‟articolato un lavoratore autonomo che svolge la propria prestazione mediante una collaborazione coordinata e continuativa con una società sportiva, sottolineando in tal modo la parità dei diritti, dei doveri e della posizione giuridica tra i due soggetti del rapporto>>. Tutto ciò era esemplificato nel testo dell‟articolo quattro del disegno di legge, e rispondeva al principio enunciato nella sentenza 811/1963 della Cassazione36 secondo cui le norme sul collocamento si applicano ai rapporti di lavoro subordinato e poiché la legge ne aveva sancito la loro non applicabilità agli sportivi ne derivava un‟ulteriore conferma della natura autonoma del rapporto di lavoro sportivo. Il disegno di legge fu assegnato alla VII Commissione (Istruzione) del Senato; in sede referente nella seduta del 12 dicembre 1979, su proposta del relatore Mezzapesa e con l‟assenso del rappresentante del Governo, la commissione all‟unanimità decise di chiedere il trasferimento del disegno di legge in sede deliberante37. Questa richiesta non fu però accolta dall‟assemblea e il disegno di legge venne quindi riproposto per l‟esame da parte della Commissione nella seduta del 30 aprile successivo38. 35 Prospettive di riforma della Legge 23 marzo 1981, n. 91 e il lavoro sportivo in La dimensione sportiva, Alsaba, 1990. 36 Con tale sentenza la suprema corte ha esaminato, e deciso positivamente, il problema della liceità della mediazione privata nei c.d. contratti di cessione di giocatori di calcio, ritenendo inapplicabili le norme sul collocamento obbligatorio della mano d‟opera. A tale conclusione la corte vi è pervenuta sulla base di due ordini di considerazioni: a) rilevando da un lato, che il rapporto che lega il calciatore professionista all‟associazione sportiva presenta tali anomalie (limitazioni relative alla condotta, clausola compromissoria, rischio sportivo, inquadramento ed avviamento all‟attività sportiva) rispetto al rapporto di lavoro subordinato, da non poter senz‟altro essere ricompreso nello schema tipico di questo contratto; b) che, in ogni caso, anche ammesso che il detto rapporto possa equipararsi ad un rapporto di lavoro subordinato, se pure svolto in forma atipica, la stessa ratio legis della disciplina del collocamento è tale da escludere, alla luce delle dette anomalie, la categoria dei calciatori professionisti dall‟ambito di previsione e d‟applicazione della legge 22 aprile 1949, n. 264. 37 Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 57°resoconto, p. 39. 38 Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 113° resoconto, p. 12. 18 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Il relatore Mezzapesa pose in evidenza quelli che a suo avviso erano i punti fondamentali del disegno di legge: regolazione dell‟attività sportiva professionistica e definizione dei corrispondenti status, natura e disciplina del rapporto tra sportivi professionisti e società, tutela sociale del professionista sotto l‟aspetto sanitario e previdenziale. Concludendo, il relatore si auspicava una sollecita approvazione del disegno di legge seppur con gli opportuni miglioramenti. Nella successiva seduta 39 (7 maggio) si apriva la discussione per l‟esame del provvedimento. Il senatore Canetti, pur dichiarando l‟orientamento favorevole del gruppo comunista al disegno di legge, sottolineava che si sarebbero dovuti disciplinare anche taluni aspetti non contemplati dal provvedimento, come il rapporto contrattuale degli atleti dilettanti e lo status dei tecnici e degli allenatori. Dopo la valutazione positiva del disegno di legge da parte del senatore Schiano del gruppo democristiano, il senatore Ulianich, pur favorevole al disegno legge, esprimeva le sue riserve a riguardo dell‟assenza di sanzioni per chi non avesse rispettato il divieto del fine di lucro per le società sportive e del termine eccessivamente ampio per l‟applicazione della disciplina dell‟abolizione del vicolo. La Commissione nella stessa seduta designava i membri di un comitato ristretto creato per l‟esame degli articoli del disegno di legge bisognosi di modifica. Nel corso della riunione del 14 maggio40il relatore Mezzapesa illustrava gli emendamenti apportati dalla sottocommissione41; dopo alcuni interventi di scarso rilievo, la Commissione approvava all‟unanimità il disegno di legge con gli emendamenti proposti dalla sottocommissione. Il disegno di legge, che tra le tante configurava il rapporto sportivo come rapporto di lavoro autonomo, fu presentato in Senato per la sua approvazione che avvenne, pur con qualche emendamento, il 25 giugno 1980.42 Dalle parole del ministro D‟Arezzo, precedenti alla votazione, viene delineato un modello di sportivo professionista come indefettibile protagonista della sua vita lavorativa che si lega in modo pattizio ad una società con un contratto di lavoro autonomo temporalmente limitato. Il consenso dell‟atleta è necessario per la cessione del contratto ad altra società43, mentre a favore della società che ha contribuito alla 39 Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 115° resoconto, p. 26. Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 119° resoconto, p. 16ss. 41 Artt. 7, 9, 13, 14, 15, 17 del provvedimento. 42 Bollettino Senato della Repubblica 142° seduta pubblica, 25 giugno 1980, p. 8ss. 43 Questa come vedremo più avanti è la conseguenza fondamentale dell‟abolizione del vincolo sportivo. 40 19 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo formazione atletica dello sportivo venne prevista un‟indennità di preparazione e promozione. Il disegno legge passò così alla Camera dei Deputati e più precisamente fu assegnato alla II Commissione (Affari Interni) in sede referente. Nella seduta del 26 novembre 198044il presidente della Commissione, Zolla, nella qualità di relatore faceva presente che in sede parlamentare, all‟atto della conversione in legge del D.L. 376/78, era stato approvato un ordine del giorno che impegnava il Governo a presentare un organico disegno di legge di disciplina della materia. In considerazione dell‟urgenza del provvedimento, proponeva di richiedere l‟assegnazione dello stesso in sede legislativa, sopprimendo la delega legislativa prevista dall‟articolo 9, sussistendo la quale la procedura in parola sarebbe stata impraticabile ai senti dell‟articolo 72 Costituzione. I rappresentanti dei vari gruppi, seppur con argomentazioni differenti, manifestavano il proprio assenso al trasferimento in tale sede. Nella successiva seduta del 4 febbraio 198145, in sede legislativa il relatore Zolla illustrava alcuni emendamenti necessari per rendere il disegno di legge più aderente alla realtà nella quale doveva operare. Il deputato Servello, pur dichiarandosi favorevole al disegno di legge nel suo complesso, manifestava alcune riserve in quanto il provvedimento non affrontava il problema dell‟illecito sportivo ed attribuiva troppa importanza al C.O.N.I., trascurando il fenomeno dell‟associazionismo sportivo. A questo punto avvenne una singolare vicenda, sotto la spinta di quelli che erano chiamati extraparlamentari di sinistra46, ma dietro cui vi erano sicuramente altre forze, venne ribaltata la situazione inerente la configurazione del rapporto di lavoro, passando così nuovamente da una configurazione del rapporto di lavoro autonomo a quella di lavoro subordinato. I reali motivi di questo cambiamento furono abbastanza misteriosi, secondo l‟interpretazione di Grasselli potrebbe darsi che le forze di sinistra abbiano optato per tale scelta nell‟intento di introdurre anche nel mondo sportivo un sofisticato apparato sindacale che fino ad allora non si era sviluppato. Altri sostengono invece che il capovolgimento fu determinato dalla necessità di agevolare le società sportive da un punto di vista tributario; se avessero, infatti, 44 Bollettino Giunte e Commissioni – Camera, 26 novembre 1980, p.15 ss. Bollettino Giunte e Commissioni – Camera, 4 febbraio 1981, p. 16ss. 46 Era questa una forza politica che era allora collocata a sinistra del partito comunista. 45 20 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo intrattenuto coi loro atleti rapporti di lavoro subordinato ne avrebbero avuto un concreto vantaggio economico. Per attuare questo capovolgimento, la proposta di legge avrebbe avuto necessità di una radicale rivisitazione. Ciò non venne fatto e ci si accontentò di modificare solo quei due o tre articoli che ne mutarono l‟assetto di base trasformando quel rapporto di lavoro da autonomo a subordinato. Tutto il resto, pur essendo ispirato ad una ipotesi di lavoro autonomo, rimase inspiegabilmente invariato e non ci si preoccupò neppure di chiarire alcuni degli articoli malformulati. La legge approvata alla Camera fece quindi ritorno al Senato dove - in sede legislativa il provvedimento fu discusso e definitivamente approvato il 4 marzo 198147, senza che venisse espressa né una parola di critica nei confronti di tale stravolgimento né una parola in difesa di quello che era stato il suo precedente operato. Il risultato finale fu ovviamente quello della promulgazione di una legge pazzesca: un corpo fornito di due anime. Due ispirazioni diverse, ma soprattutto contrapposte, che hanno generato nel tempo una serie di problemi, alcuni dei quali ancora non risolti; tra questi – conseguenza di tali parziali modifiche – uno dei principali è quello che questa legge non può trovare applicazione in tutti gli sport. Forse l‟unico punto importante che è rimasto fermo in tutto l‟iter parlamentare è l‟abolizione del vincolo sportivo. A tutt‟oggi, anche a seguito della legge 91/81, rimane vivo in dottrina lo scontro tra chi sostiene la tesi del lavoro sportivo come lavoro autonomo e chi invece, fondando le proprie argomentazioni sul testo normativo, propende per la tesi opposta ossia quella della subordinazione del rapporto di lavoro. Non vi è dubbio, come si è visto dalla ricostruzione delle vicende che hanno portato alla sua emanazione, che anteriormente a questa legge il legislatore si fosse pronunciato per la configurazione della prestazione sportiva in sé come espressione di lavoro autonomo. Tale interpretazione tiene conto della creatività che è necessaria all‟atleta per partecipare, come potenziale vincente, alle competizioni cui è chiamato; quest‟intendimento ha accompagnato per buona parte l‟iter legislativo della suddetta legge. Comunque sia, la soluzione legislativa - adottata a seguito di un ampio ed appassionato dibattito della dottrina - è stata quella di considerare di natura subordinata il rapporto di 47 Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 4 marzo 1981, p. 22ss. 21 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo lavoro dello sportivo professionista48, con l‟eccezione dei casi in cui ricorra almeno uno dei seguenti requisiti49: A) - che l‟attività sia svolta nell‟ambito di una singola manifestazione sportiva50 o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo51; B) - che l‟atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; C) - la prestazione che è oggetto del contratto pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni l‟anno. Si ritiene che il requisito sub A) implichi il carattere dell‟occasionalità delle prestazioni. Indubbiamente dovrà trattarsi di un atleta “solista” che non andrà ad intrattenere con la società che lo ingaggia alcun rapporto continuativo al di la di quello strettamente connesso alla prestazione-manifestazione; in questo caso sarebbe però forse più realistico etichettare questo tipo di lavoro come “esibizione” occasionale. Mancando quindi qualsiasi ingerenza della società nella preparazione atleticaprestazionale, la stessa stipulerà con l‟atleta solo un accordo di partecipazione alla manifestazione (locatio operis) secondo le disposizioni del contratto d‟opera di cui all‟articolo 2222 c.c.. Il requisito sub B) supplisce in parte al venire meno del coordinamento spazio-temporale come tratto distintivo del lavoro subordinato sportivo. In realtà questa seconda ipotesi potrebbe essere vista come un semplice corollario della prima; se vi fosse un obbligo alla preparazione o alla frequenza di sedute d‟allenamento è ovvio che queste non sarebbero fini a se stesse ma certamente finalizzate ad una gara o ad una manifestazione: in tal caso vi sarebbe un‟ingerenza della società nell‟attività dello sportivo e si rientrerebbe quindi nel campo del rapporto di lavoro subordinato. Il requisito sub C) implica l‟elemento della dipendenza ma anch‟esso non potrà essere esaminato a se stante. In verità potrebbe considerarsi come un‟esplicazione del requisito 48 Sul punto si veda il primo comma dell‟articolo 3 della legge 91/1981 <<la prestazione a titolo oneroso dell‟atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge>>. 49 Articolo 3, secondo comma della legge 91/1981. 50 Manifestazione sportiva è l‟evento in se completo ed unitario dal punto di vista funzionale, cioè rispetto al risultato sportivo finale conseguibile, anche se ripartito in una molteplicità o successione di gare in uno o più giorni. Tali sono per esempio una sei giorni ciclistica od un torneo ad eliminazione diretta dei concorrenti con rapida sequenza d‟incontri. 51 Collegamento tra più manifestazioni vuol significare che ciascun episodio agonistico, identificabile in una singola manifestazione, deve essere considerato unitariamente quanto al risultato sportivo finale, ma tutti insieme devono svolgersi in un breve periodo di tempo. Tipico esempio è quello del contratto che 22 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo sub A) allorché si fa riferimento a <<più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo>>. L‟elemento diversificante è però visibile dal fatto che mentre la prima ipotesi fa riferimento a manifestazione sportiva che è una circostanza ben definita, questa terza ipotesi si riferisce più generalmente a “prestazioni” che si ritiene possa comprendere sia la gara, la manifestazione che la preparazione o l‟allenamento propedeutico alla gara o manifestazione stessa. In tal caso mentre la seconda ipotesi rimarrebbe corollario della prima, la terza ne diventerebbe un‟esplicazione. Secondo parte della dottrina i casi descritti al 2° comma dell‟articolo 3 non costituirebbero fattispecie di vero e proprio lavoro sportivo autonomo ma casi di lavoro sportivo subordinato sottratto all‟applicazione della relativa disciplina, in seguito a valutazioni d‟opportunità compiute dal legislatore in relazione alle esigenze dell‟ordinamento sportivo. La norma, secondo la dottrina prevalente, prevede una presunzione legale di subordinazione a prescindere dalla verifica volta per volta dell‟esistenza dei caratteri tipici del lavoro dipendente. Tale norma si applica esclusivamente nei confronti degli atleti professionisti mentre gli altri sportivi professionisti52non soggiacciono alla richiamata presunzione legale; in virtù della diversa attività lavorativa svolta, per questi soggetti l‟esistenza del rapporto di lavoro subordinato non può presumersi ma va accertata di volta in volta, sulla base dei criteri generali53. La giurisprudenza ha considerato rapporto di lavoro subordinato il rapporto di lavoro esistente con un circolo sportivo di un maestro di scherma, caratterizzato dalla sottoposizione al potere direttivo ed organizzativo del circolo stesso54. Viceversa, la prestazione di lavoro dei giocatori di pelota basca, ingaggiati per un breve periodo e senza un rigido vincolo d‟orario e di partecipazione alle sedute d‟allenamento, è stata qualificata come prestazione di lavoro autonomo55. La disciplina dettata dal secondo comma dell‟articolo tre potrebbe essere facilmente elusa attraverso la stipulazione successiva di più contratti, relativi alla partecipazione di uno stesso atleta a diverse manifestazioni sportive, rispondente ciascuna al requisito di cui alla lettera A): si determinerebbero delle situazioni chiaramente fraudolente per le impegna l‟atleta solo per un limitato numero di gare valide per un campionato od un torneo, è il caso dei così detti contratti a gettone. 52 Allenatori, direttori tecnico-sportivi, preparatori atletici. 53 Particolarmente chiara sul punto è Cassazione, 28 dicembre 1996, n. 11540, in Giust. civ. Mass., 1996, 1799. 54 Tribunale di Firenze 4 marzo 1987 in Riv. dir. sport., 1988, 264. 55 Pretore di Milano 9 dicembre 1988 in Riv. it. del lav., 1989, II, 426. 23 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo quali però la legge non ha predisposto alcuna forma di repressione, come invece avviene nei casi di successione di contratti di lavoro a termine al di fuori dell‟ordinamento sportivo. Si discute, inoltre, circa la tassatività o meno delle tre suddette ipotesi di configurazione del rapporto sportivo come rapporto di lavoro autonomo. Parte della dottrina56le ritiene tassative; altri, in modo più critico, parlano di un vero e proprio “infortunio del legislatore” per la labilità della distinzione in parola e per l‟anomalia dei requisiti “esterni” al rapporto di lavoro sportivo57 Sotto altro aspetto è stato anche rilevato che la disposizione non distingue fra sport di squadra e sport individuali, come sarebbe stato opportuno per una più completa regolamentazione delle diverse situazioni che si presentano nelle varie discipline sportive58. Il legislatore, in effetti, poco si è preoccupato di fare distinzioni in tal senso, al contrario è apparso animato dall‟intento di dettare una disciplina comune a tutto il lavoro professionistico sportivo. Per la precisione, si è occupato solo dei contratti degli atleti con le società sportive ed ha tralasciato le ipotesi in cui l‟atleta svolge l‟attività professionistica a titolo personale, è il caso di quelli atleti che svolgono sport individuali quali il pugilato o il tennis. Qualificato il lavoro sportivo come subordinato, resta da risolvere la questione della qualifica da attribuire all‟atleta, ai sensi dell‟articolo 2095 c.c. 59. Vi è chi propende per il riconoscimento della qualifica operaia, in quanto nell‟attività dell‟atleta non si ritroverebbero gli elementi che contraddistinguono la categoria impiegatizia; non sussisterebbero la funzione di sostituzione-integrazione del datore e la “collaborazione all‟organizzazione del lavoro” che individuano la normale posizione dell‟impiegato. Tuttavia alcuni autori60affermano che proprio il concetto di collaborazione impiegatizia meglio si adatta alla fattispecie in esame; infatti, l‟atleta professionista, accanto ad un‟attività manuale caratterizzata da un dispendio d‟energie fisiche, svolge un‟attività 56 Sul punto, si veda Duranti D., L‟attività sportiva come prestazione di lavoro, Riv. it. dir. lav., 1983, I, 710. 57 Grasselli S., L‟attività sportivi professionistica: disciplina giuridica delle prestazioni degli atleti e degli sportivi professionisti, in Dir. lav., 1982, I, 31. 58 Vedi, in particolare Mazzotta O., Una legge per lo sport? in Foro it., 1981, 303, che ricorda, fra gli sport individuali il pugilato, dove il rapporto pugile – procuratore è stato ricondotto al contratto associativo da una lontana sentenza (Trib. Roma, 20 febbraio 1957, in Foro it., 1958, I, 271.), e l‟automobilismo, dove il rapporto pilota – casa costruttrice è stato inquadrato fra i contratti misti (Cassazione, 5 novembre 1966, n. 2728, Foro it., 1967, I, 2426). 59 <<I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati ed operai. Le leggi speciali, in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell‟impresa, determinano i requisiti d‟appartenenza alle indicate categorie>>. 60 Sul punto, si veda Breccia Frattadocchi A., Profili evolutivi e istituzionali del lavoro sportivo, in Dir. lav., 1989, I, 78. 24 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo anche intellettuale. Non va dimenticato che, nello svolgimento pratico della competizione, è lasciata alla sua libera iniziativa il compito di tradurre in realtà la trama dello spettacolo con spunti originali e soprattutto personali. La stessa giurisprudenza è pervenuta da tempo a tale soluzione, riconoscendo la qualifica impiegatizia anche a quei lavoratori che, pur non ricoprendo compiti di collaborazione, svolgono attività allo stesso tempo manuali ed intellettuali di altissimo contenuto tecnico, come nel caso degli atleti professionisti. A più di vent‟anni dalla sua emanazione, la legge n. 91 resta ancora oggi la normativa cardine dei numerosi aspetti del rapporto di lavoro sportivo; essa è suddivisa in quattro capi di cui il primo (artt. da 1 a 9) dedicato allo sport professionistico; il secondo (artt. da 10 a 14) alle società sportive e alle federazioni sportive nazionali; il terzo, rappresentato dal solo articolo 15, alle disposizioni tributarie; l‟ultimo (artt. da 16 a 18) alle disposizioni transitorie e finali. L‟articolo 161, peraltro non riguarda direttamente la disciplina dello sport professionistico, contenendo l‟affermazione di principio secondo cui l‟esercizio dell‟attività sportiva - individuale o collettiva, professionistica o dilettantistica - è libero. La norma può essere interpretata nel senso di garantire, nei limiti della disciplina legale, la libertà contrattuale dall‟imposizione di qualsiasi vincolo che potrebbe essere introdotto sia dall‟ordinamento sportivo sia da quello statale; in sostanza l‟articolo in commento vuole tutelare le attività sportive a carattere agonistico che non rientrano in questo sistema e, a maggior ragione, le attività non agonistiche. L‟articolo 2 definisce l‟ambito d‟applicazione soggettiva ed oggettiva della legge; dell‟articolo 3 abbiamo già ampiamente parlato, l‟articolo 4 regola il contratto di lavoro subordinato; gli articoli 5 e 6 regolano la cessione del contratto e gli effetti economici che ne derivano; gli articoli 7, 8 e 9 disciplinano rispettivamente, la tutela sanitaria, quella infortunistica ed il trattamento pensionistico. Negli altri capi hanno immediata attinenza con il rapporto di lavoro professionistico l‟articolo 10, primo comma, che contribuisce a delimitare il campo d‟applicazione soggettiva della legge, l‟articolo 15 concernente il trattamento tributario dei redditi e delle indennità derivanti dalle prestazioni sportive e dalla cessione dei contratti, infine l‟articolo 16 regola la graduale abolizione del vincolo sportivo. 61 Per Mazzotta O., Il lavoro sportivo, in Foro it., 1981, V, 297, questa norma sarebbe addirittura superflua. 25 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Con la speciale disciplina prevista dalla legge n. 91 devono ritenersi applicabili al lavoro sportivo tutte le norme civilistiche e della legislazione sul lavoro nell‟impresa che non siano espressamente derogate dalla legge sul professionismo sportivo. Sono gli ultimi due commi dell‟articolo 4 ad elencare le norme di legge non applicabili al contratto di lavoro sportivo e, precisamente, della legge 20 maggio 1970, n. 30062non sono applicabili gli articoli: 4 (sul divieto dell‟uso d‟impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo dell‟attività dei lavoratori), 5 (divieto d‟accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro), 763 (sull‟applicazione delle sanzioni disciplinari), 13 (assegnazione alle mansioni d‟assunzione o a quelle corrispondenti alla categoria superiore successivamente acquisite; divieto di dequalificazione e di riduzione della retribuzione; divieto di trasferimento ad altra unità produttiva), 18 (diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno in caso d‟inefficacia o d‟illegittimità del licenziamento), 33 e 34 (concernenti il collocamento dei lavoratori); della legge 15 luglio 1966, n. 604, in materia di licenziamenti individuali64, non trovano applicazione nel rapporto di lavoro sportivo, gli articoli: 1 (licenziamento per giusta causa o giustificato motivo nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato), 2 (obbligo della comunicazione per iscritto del licenziamento e dei motivi), 3 (licenziamento per giustificato motivo con preavviso), 5 (onere della prova dei motivi del licenziamento a carico del datore di lavoro), 6 (onere dell‟impugnazione del licenziamento a pena di decadenza), 7 (tentativo facoltativo di conciliazione presso l‟ufficio provinciale del lavoro65) e 8 (obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro o del risarcimento del danno in caso d‟illegittimità del licenziamento); infine non è applicabile neppure l‟intera legge 18 aprile 1962, n. 230 sulla disciplina dei contratti a termine66. Legge che tra l‟altro è stata modificata dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. 62 Meglio conosciuta come statuto dei lavoratori. A differenza di tutte le altre limitazioni che sono indicate dall‟ottavo comma dell‟articolo 4, questa costituisce da sola il testo dell‟ultimo comma, dello stesso articolo, e si riferisce alle sanzioni irrogate dalle federazioni nazionali ai tesserati. 64 Garantendo in tal modo la piena libertà di recedere ad nutum dal contratto, e cioè anche in assenza di giusta causa o giustificato motivo, garantendo mobilità ed incondizionata libertà contrattuale agli sportivi professionisti. 65 L‟inapplicabilità dell‟articolo 7 si accorda con la disposizione del quinto comma dell‟articolo 4 della legge n.91, che consente di rimettere la soluzione delle controversie nascenti dal contratto di lavoro sportivo, comprese quelle in tema di licenziamenti, ad un giudizio arbitrale. 66 Cassazione, 24 giugno 1991, n. 3090, ha deciso che la prestazione di un allenatore di calcio dopo la scadenza del termine non comporta la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, in base all‟articolo 2 della legge citata, ma deve essere ricondotta alla disposizione dell‟articolo 2126 c.c. La decisione ha anche confermato l‟inapplicabilità delle norme sui licenziamenti censurando la diversa opinione del giudice di merito che, avendo ritenuto l‟illegittimità del licenziamento intimato dalla società, aveva ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro. 63 26 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo La ragione dell‟esclusione delle norme dello statuto dei lavoratori è palese e va ricondotta alla natura e alle esigenze del tutto peculiari della prestazione sportiva dell‟atleta che, specie a livello professionistico, hanno essenza e finalità di spettacolo e non tollerano quindi restrizioni nell‟uso di mezzi audiovisivi; questi mezzi sono anzi un formidabile strumento di promozione e vengono anche normalmente impiegati per ragioni di studio e di perfezionamento delle capacità agonistiche e delle strategie di gara. Sono altrettanto incompatibili nel settore sportivo le procedure garantiste d‟accertamento delle condizioni fisiche del lavoratore che, almeno per quanto riguarda quelle dell‟atleta, oltre ad essere spesso d‟interesse generale, necessitano - per convenienza del professionista stesso - d‟interventi diretti e rapidi oppure di accertamenti accurati e periodici. Lo sportivo è patrimonio della società, che ha un logico interesse a tutelare la salute dei suoi dipendenti attraverso accertamenti il più possibile immediati e qualificati. Lo sportivo, dal canto suo, ha interesse massimo alla partecipazione agonistica, essendo i propri guadagni e le proprie prospettive in larga misura legate al profitto atleticosportivo. Quanto alle norme sui licenziamenti individuali, che dopo l‟emanazione della legge n. 91, sono state anche parzialmente modificate o sostituite67. L‟inapplicabilità è giustificata sia dal fenomeno dell‟estrema mobilità connessa alle alterne vicende sportive ed economiche dei sodalizi, sia al carattere strettamente fiduciario del rapporto di prestazione sportiva ai quali mal si adattano le norme restrittive che regolano la risoluzione del rapporto di lavoro ordinario e i suoi effetti, quando siano assenti i presupposti sostanziali e formali per confermarne la legittimità. Gli stessi motivi ora esaminati hanno determinato in pratica l‟adozione del contratto a termine come regola della durata del rapporto di lavoro sportivo a differenza di quanto avviene, almeno nell‟intenzione del legislatore, nel rapporto di lavoro ordinario rispetto al quale costituisce l‟eccezione: di qui, da un lato, l‟esclusione dell‟applicazione della legge sul contratto a tempo determinato68e dall‟altro, la conferma della possibilità d‟apposizione del termine, contenuta nell‟articolo 5 della legge n. 91, che non deve superare il quinquennio. Secondo un‟opinione dottrinale diffusa, l‟elenco delle norme inapplicabili al contratto di lavoro sportivo non è tassativo e può essere integrato in base ad un giudizio 67 L‟articolo 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ha modificato i primi due comma dell‟articolo 18 dello statuto dei lavoratori; l‟articolo 2 ha invece sostituito gli articoli 2 ed 8 della legge n. 604 del 1966 68 La legge n. 230 del 1962, e successive modifiche, è stata abrogata dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, che ha dettato la nuova disciplina del contratto a tempo determinato, anch‟essa comunque inapplicabile al contratto di lavoro sportivo. 27 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo d‟incompatibilità69, che, ove non vi provvedano le parti collettive, sarà compito del giudice pronunciare Per gli aspetti sopra evidenziati e per la peculiarità della disciplina dettata dalla legge n. 91/1981 il rapporto di lavoro sportivo subordinato presenta, certamente, caratteri di specialità rispetto agli ordinari rapporti di lavoro dipendente. Con riferimento al rapporto di lavoro in questione si parla, infatti, di rapporto speciale70in ragione delle caratteristiche proprie dell‟attività prestata dal lavoratore; la particolarità della materia da regolamentare ha reso necessario dettare norme in parte divergenti da quelle previste per la generalità dei lavoratori subordinati. Da qui l‟esigenza, avvertita dal legislatore, di adeguare il modello di tutela approntato in via generale per i lavoratori dipendenti alle specifiche condizioni che caratterizzano la posizione nel mercato del lavoro di determinate categorie di lavoratori. La specialità del rapporto, se implica la presenza di una disciplina autonoma, non esclude comunque l‟intervento sussidiario della disciplina generale: è infatti da condividere l‟opinione di quella parte della dottrina secondo cui l‟applicazione al lavoro sportivo subordinato della legge 91/1981 non esclude l‟applicabilità allo stesso d‟ogni norma di carattere generale non ricompresa nella legge stessa e con essa compatibile. Grasselli, uno dei maggiori sostenitori dell‟inquadratura di detto rapporto in termini di lavoro autonomo, è fortemente critico circa la soluzione scelta dal legislatore, e non condivide neppure quanto detto circa la ricostruzione in termini di specialità del rapporto. A suo avviso, i rapporti di lavoro speciali sarebbero pur sempre rapporti di lavoro subordinato, che sono considerati speciali in funzione di particolari anomalie che presenta il soggetto, la causa e/o l‟oggetto ma che sostanzialmente divergono ben poco dalla disciplina generale71. Nel rapporto di specie si ha una disciplina completamente stravolta in cui non si applicano alcune delle più importanti norme in tema di lavoro subordinato quali collocamento, limiti al licenziamento e articoli 5, 7, 13 dello Statuto dei lavoratori etc. 69 Sul punto, si veda Vidiri G. La disciplina del lavoro sportivo autonomo e subordinato in Giust. civ., 1993, II, 219; Grasselli S., L‟attività sportivo professionistica in Dir. lav., 1982, I, 38; Mercuri, Sport professionistico in Noviss. dig. it., VII app., 516; De Cristofaro, Legge 23 marzo 1981 n. 91 in Nuove leggi civ. comm., 1982, 590. 70 La dottrina giuslavoristica definisce speciali quei rapporti che, in ragione della specifica posizione del datore di lavoro e/o anche della peculiare attività svolta, come è nel caso del lavoro sportivo, richiedono una disciplina, anche solo in parte, differenziata rispetto a quella generale dettata per il rapporto di lavoro nell‟impresa, con conseguente adattamento del modello generale di tutela alla specificità del rapporto. Ritengono il rapporto di lavoro sportivo annoverabile tra i rapporti speciali: Ghera E., Diritto del lavoro, Bari, 2002, 508; Galantino L., Diritto del lavoro, Torino, 2001, 541; Ichino P., Il lavoro subordinato: definizione ed inquadramento, Milano, 1992. 28 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1.2 – Natura del rapporto di lavoro sportivo Quanto visto fino ad ora suggerisce l‟opportunità di soffermarci sul problema della natura giuridica del rapporto tra atleta professionista e associazione sportiva; un problema ancor oggi di grande attualità ed importanza e la cui soluzione è indispensabile per superare le difficoltà d‟interpretazione dei singoli contratti che legano gli atleti alle associazioni e per esaminare la liceità di talune clausole particolari contenute in detti contratti. In dottrina, come visto in precedenza, si sono sviluppati orientamenti non sempre univoci e convincenti. Considerando per primi i contributi favorevoli alla tesi dell‟autonomia del rapporto, una parte della dottrina72sostiene che il contratto sportivo non può essere inquadrabile nell‟ambito del lavoro subordinato poiché la causa, intesa quale funzione economico/sociale, è di diversa natura, e si presenta come uno scambio tra la prestazione dell‟attività da parte dell‟atleta e la predisposizione da parte della società delle condizioni ideali d‟agonismo. Tale rapporto sarebbe riconducibile alla categoria dei contratti associativi nei quali il fine comune dei contraenti è costituito dallo svolgimento dell‟attività sportiva; l‟atleta sarebbe quindi un membro della società sportiva in virtù di un rapporto associativo sul quale si innesta, nel caso dei professionisti, un rapporto economico di scambio. Questo rapporto economico non potrebbe essere configurato come un rapporto di lavoro subordinato poiché l‟aspetto dell‟agonismo presuppone non tanto un vincolo di dipendenza dell‟atleta dalla società quanto piuttosto un coordinamento. La dottrina contraria a tale ricostruzione osservava che quando su un rapporto associativo si instaura un rapporto di natura economica quest‟ultimo diviene prevalente, data la maggior incidenza e importanza dello scambio sull‟animus esclusivamente agonistico. Lo scopo comune di entrambi i contraenti non è più rappresentato dal raggiungimento di un risultato sportivo, ma dal conseguimento di un vantaggio economico che assimila il rapporto in questione ad un rapporto di lavoro. 71 Ed a titolo esemplificativo ricorda: il lavoro a domicilio, il lavoro domestico ossia lavori subordinati a cui si applicano tassativamente tutte le norme in materia. 72 Sul punto, si veda Mangani M., Il contratto del calciatore inquadrato nella teoria generale dei contratti, in Riv. dir. sport., 1950, 3-4, 23. 29 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Un secondo orientamento ha invece ricondotto il lavoro sportivo nell‟ambito dei contratti innominati in quanto la subordinazione non sarebbe idonea ad individuare un tipo contrattuale ben definito: solo il richiamo all‟autonomia della volontà delle parti permette, se gli interessi perseguiti sono meritevoli di tutela, di stipulare contratti non disciplinati dal codice civile. Tale tesi è stata sostenuta anche dal Tribunale di Torino73 in occasione di una sentenza relativa ad una controversia tra l‟Associazione Football Club Juventus e l‟Amministrazione delle Finanze; in tale sentenza si afferma che il rapporto tra società e giocatore << è un contratto innominato che viene stipulato all‟atto della firma del cartellino>>, il quale rappresenta la condizione „sine qua non‟ per la stipulazione di un successivo contratto di lavoro. Altri74 tendono ad escludere la subordinazione nei rapporti di lavoro sportivo per la mancanza o per la poca incisività di quei requisiti ritenuti basilari per qualificare un‟attività lavorativa come subordinata. Questa parte della dottrina obbietta che l‟onerosità non è un elemento tipico della “locatio operarum” poiché qualificherebbe anche altre forme lavorative, come ad esempio il contratto d‟opera dove il lavoratore autonomo ha diritto al corrispettivo pattuito in cambio dell‟opus promesso. Se, come abbiamo visto, una grande parte della dottrina ha avuto modo d‟esprimersi a favore dell‟autonomia del rapporto di lavoro tra società e atleti, un‟altrettanta grande parte si è espressa a favore della soluzione subordinata, proponendo la teoria del contratto di lavoro. Tale teoria si basa sull‟analisi degli elementi essenziali di questo contratto75rinvenibili nella fattispecie in esame nella quale l‟atleta fornisce la propria prestazione mettendo a disposizione dell‟ente da cui dipende una forza lavoro di natura speciale. Nell‟attività sportiva “l‟homo ludens” diventa “homo faber” perché si pone all‟altrui servizio in un rapporto obbligatorio a carattere oneroso. Pur tenendo conto che dall‟attività sportiva proviene il loro sostentamento, gli atleti nell‟esplicazione delle proprie capacità agonistiche sono soggetti al rispetto di istruzioni tecnico-tattiche, ed anche sottoposti ai poteri disciplinari delle società sportive; la subordinazione si presenta quindi in maniera evidente sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista giuridico. In questo contesto la remunerazione viene a configurarsi come la 73 Tribunale di Torino 18 gennaio 1955, in Giur. it., 1955, I, 2, 312. Bianchi D‟Urso F., Lavoro sportivo e ordinamento giuridico dello stato: calciatori professionisti e società sportive, in Dir. lav., 1972, I, 409. 75 Il contratto di lavoro è definito come quello in virtù del quale una persona mette la propria attività, in modo continuo o no al servizio di un‟altra, sotto la cui direzione e autorità presta il proprio servizio, ricevendo la corrispondente retribuzione. Odriozola H.L., Natura giuridica del contratto relativo al professionismo sportivo, Riv. dir. sport., 1964, 31. 74 30 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo controprestazione dell‟attività svolta dall‟atleta, diretta a retribuire l‟energia prestata dal lavoratore nella struttura sinallagmatica del contratto. In proposito la dottrina si è interrogata su quale potrebbe essere l‟oggetto di tale subordinazione. Considerando la struttura ed i fini del rapporto, la dottrina ha spesso finito per parlare di una subordinazione essenzialmente tecnica76 che consiste nell‟osservanza, da parte del calciatore, delle disposizioni tecnico sportive dettate dalla società d‟appartenenza77. Questa soluzione offerta dalla dottrina è però riconducibile soltanto alle fasi preparatorie delle competizioni, non potendo trovare la sua attuazione nel corso della gara quando prevale la spinta a comportarsi in base alle esigenze ed alle occasioni offerte dalla partita stessa. Se si tiene conto che un tale tipo di subordinazione non caratterizza esclusivamente la locatio operarum, ma anche altri negozi tipici, e che in ogni caso non costituisce l‟elemento atto a differenziare il lavoro autonomo da quello subordinato, si deve fortemente dubitare dell‟attendibilità della soluzione propugnata dalla maggioranza della dottrina. Comunque sia, tutte le analisi riguardanti il rapporto di lavoro sportivo sono state superate dalla legge n. 91 che, come abbiamo già visto, ha sancito la natura subordinata di detto rapporto. Il rapporto in questione, secondo Duranti78, sarebbe tipico ed esclusivo dell‟ordinamento sportivo nel quale, nei confronti degli atleti e dell‟attività da loro svolta, si potrebbe parlare di lavoro solo in senso atecnico e non giuridico. Analogamente ad ogni altro rapporto di lavoro subordinato, anche quello sportivo trae la sua origine da un contratto. Non mancano, tuttavia, teorie che propugnano la natura acontrattuale del rapporto in questione79, in ragione dello scarso rilievo dell‟autonomia privata in materia di lavoro. Questa materia è infatti regolata prevalentemente da leggi inderogabili, dalla contrattazione collettiva, e anche della previsione di cui all‟articolo 2126 c.c. che - contravvenendo ai principi generali in materia d‟invalidità contrattuale 76 Sul punto, si veda Bianchi D‟Urso F., op. cit., 409. Tale affermazione troverebbe conferma nel contratto federale, ove è inoltre sancito che il giocatore di calcio <<si obbliga ad osservare e seguire tutte le norme di carattere tecnico-sportivo che saranno emesse dalla società e dai suoi incaricati>>. In dottrina, propende per l‟esistenza della sola subordinazione tecnica Lega C., op. cit. 78 In Il lavoro sportivo, Cedam, 1983. 79 Tra i sostenitori della tesi acontrattualistica, sia pure fondata su diverse impostazioni teoriche: Scognamiglio R., Diritto del lavoro, Napoli, 2000; Mazzoni G., L‟azione sindacale e lo „statuto dei lavoratori‟, Milano, 1974, 313; Torrente A., I rapporti di lavoro, Milano, 1966, 89. In giurisprudenza: Cassazione, Sez.Unite, 17 maggio 1996, n. 4570, in Foro it., 1996, I, 1989. 77 31 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo riconosce produttivo d‟effetti, per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, il contratto di lavoro nullo o annullato. In realtà, non trovano applicazione nei confronti del contratto di lavoro alcune delle regole e dei rimedi dettati genericamente in materia contrattuale. Anche l‟autonomia della volontà delle parti risulta in concreto ridotta a favore di norme imperative che disciplinano in modo inderogabile il contenuto e gli effetti del contratto in ragione della situazione di sostanziale disparità in cui, di fatto, le parti vengono a trovarsi. Non sembra, infatti, dubitabile che alla base della costituzione e dello svolgimento del rapporto di lavoro - compreso quello riguardante gli sportivi professionisti - vi sia pur sempre un accordo frutto dell‟incontro delle volontà del datore di lavoro e del lavoratore: attraverso questo accordo si intendono disciplinare contrapposti interessi di natura prevalentemente patrimoniale. Volendo individuare i plurimi caratteri del contratto di lavoro degli sportivi professionisti, seguendo quelle che sono le indicazioni fornite dalla dottrina civilistica, potremmo dire che si tratta di un contratto tipico80, a titolo oneroso81, consensuale82, ad effetti obbligatori83, formale84, a prestazioni corrispettive, bilaterale. L‟origine contrattuale del rapporto di lavoro, compreso quello sportivo, fa sì che a fondamento della sua concretizzazione ci debba essere il consenso tra le parti: ciò rende l‟accordo uno degli elementi essenziali del contratto. La problematica relativa al raggiungimento dell‟accordo contrattuale, impostata in termini di scambio tra proposta ed accettazione, trova, però relativamente al contratto sportivo, un‟applicazione più teorica che pratica. Quello sportivo è infatti un contratto tipicamente non paritario il cui contenuto potrebbe risultare più verosimilmente quale espressione della volontà della parte contrattualmente più forte anziché di una volontà comune, in quanto esito di un confronto tra le parti. L‟esigenza di tutela della parte debole fa si che, nel rapporto di lavoro subordinato, il consenso delle parti finisca per avere ad oggetto non il contenuto del contratto ma la sua stipulazione secondo quelle che sono le condizioni determinate a livello di contrattazione collettiva e questo è, come vedremo, fortemente sostenuto dalla stessa legge n. 91/198185. 80 In quanto previsto e disciplinato dalla legge. Impone, infatti, un sacrificio ad entrambe le parti, una tenuta ad effettuare la prestazione lavorativa, l‟altra a corrispondere la retribuzione. 82 In quanto si perfezione con il semplice consenso. 83 Nel contratto, infatti, sorgono obbligazioni per entrambe le parti. 84 Si tratta di una delle poche eccezioni che richiede la forma scritta, laddove il principio generale in materia di costituzione dei rapporti di lavoro subordinato è quello della libertà di forma. 85 Articolo 4 primo comma. 81 32 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo La conformità del contratto individuale a quello tipo è prevista non solo a tutela dei diritti dello sportivo ma anche al fine di garantire, attraverso l‟omogeneità regolamentare dei vari contratti individuali, quelle finalità di ordine e certezza che da sole consentono il regolare esercizio delle attività agonistiche. 33 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1.2.1 – Analisi e confutazione degli argomenti addotti contro la tesi che l‟attività sportiva possa costituire oggetto di un contratto di lavoro subordinato. Prima di iniziare ad analizzare i singoli elementi del contratto di lavoro sportivo sarà bene fare nuovamente un passo indietro per tornare ad esaminare gli scontri che si sono avuti in dottrina prima della “nascita” della legge n.91 del 1981. Se pur brevemente, merita passare in rassegna gli argomenti particolari addotti per negare la possibilità di configurare il contratto di lavoro sportivo e per affermare la necessità di considerarlo un contratto assolutamente atipico, non avvicinabile a nessuno di quelli già considerati nel nostro codice civile86. Questo scontro trova la sua origine in tempi abbastanza remoti: è infatti una sentenza emessa dal Tribunale di Savona87 nel lontano 1954 ad affermare per prima l‟atipicità di tale rapporto. La questione che s‟impose all‟attenzione del collegio consisteva, appunto, nello stabilire se il rapporto fra l‟associazione sportiva ed il calciatore fosse un tipico contratto di lavoro e come tale sottoposto quindi a quella particolare tutela di ordine pubblico prevista dal nostro ordinamento giuridico. Il collegio formulò una risposta negativa e concluse che il contratto sportivo, pur avendo indubbie analogie con il contratto di lavoro, non poteva essere con esso identificato e che pertanto, costituiva un contratto atipico. Con il passare del tempo questa sentenza ha perso di importanza, in quanto seguita da altre che hanno sostenuto differenti soluzioni; appare comunque interessante ricostruire quelli che furono gli elementi su cui il Tribunale di Savona, nonché la dottrina88 concorde, fondarono la loro concezione del rapporto sportivo. Innanzitutto si afferma che nell‟attività sportiva, comunque essa sia svolta, si trova un elemento che non è dato trovare in nessun‟altra attività: lo spirito agonistico. 86 Sul punto, si veda Borruso R., Lineamenti del contratto di lavoro sportivo, in Riv. dir. sport., 1963, 52. Sentenza Tribunale di Savona 11 febbraio 1954, in Riv. dir. sport., 1955, 51. 88 Borruso R., op. cit.; Toesca di Castellazzo G., Rapporto fra giucatori di calcio ed associazioni sportive nel sistema del diritto, in Riv. dir. sport., 1953, 9; Vespigiani L., Il rapporto fra il giocatore e la società sportiva, in Riv. dir. sport., 1960, 321. 87 34 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Si può facilmente obbiettare che, nonostante una prima apparenza contraria, questo sia un elemento non esclusivamente proprio dell‟attività sportiva ma presente anche in molte attività di lavoro subordinato. Il vincolo della subordinazione, nello schema del rapporto di lavoro, non sempre implica, infatti, un difetto di autonomia, d‟originalità o di impegno particolare nella propria attività, ma sta solo ad indicare l‟inserimento continuativo di tale attività nell‟organizzazione creata dal datore di lavoro ed il totale indirizzo verso nessun altro fine oltre a quello voluto dall‟imprenditore. In quest‟ottica può essere prestatore di lavoro subordinato anche un dirigente d‟azienda, un collaudatore, un detective privato etc. Al dirigente d‟azienda può essere affidato dall‟imprenditore il compito di “battere” sul piano commerciale o individuale un‟impresa concorrente; al detective privato potrà essere chiesto lo svolgimento positivo d‟alcune indagini; al collaudatore di spingere fino ai limiti massimi del rischio il rendimento della macchina. Tali prestazioni di lavoro, pur svolte alle dipendenze altrui, non potrebbero mai essere fedelmente adempiute se mancasse nei dipendenti uno spirito simile a quello agonistico89. L‟unica differenza tra lo spirito agonistico dell‟atleta e lo spirito competitivo che anima certi settori del lavoro subordinato è puramente apparente. Nello sport, solitamente, la lotta è contro un avversario visibile, anch‟egli presente fisicamente ed impegnato nello stesso sforzo, mentre nel settore del lavoro la lotta è contro un avversario invisibile. Detto tutto ciò, si può concludere che lo spirito agonistico nelle prestazioni sportive non rappresenti un ostacolo al loro inserimento nell‟ambito delle attività lavorative. Altro aspetto dello sport ritenuto incompatibile con la possibilità di configurare l‟attività sportiva come oggetto di lavoro consiste in una serie di limitazioni a cui è spesso sottoposto l‟atleta, relativamente alla sua vita privata, al fine di assicurarne l‟integrità fisica. In conseguenza di questo aspetto viene ricostruito il seguente assioma: se tali limitazioni fossero apposte ad un qualsiasi rapporto di lavoro, esse dovrebbero sicuramente considerarsi illecite in quanto lesive dei principi sulla libertà personale sanciti dalla Costituzione. Da quest‟assioma si ricaverebbe la conclusione che il rapporto sportivo, comportando tali limitazioni, non possa configurarsi come un rapporto di lavoro. La verità è, però, che tali limitazioni non sono affatto illegittime in quanto per nulla lesive né della libertà né della dignità del cittadino quando sono legate da un vincolo 89 Rimanendo nel campo della competizione sportiva, sono ritenuti rapporti di lavoro subordinato quelli che legano, rispettivamente il fantino alla scuderia ed il pilota d‟auto alla casa costruttrice. E non si può negare che al fantino e al pilota non si richieda spirito agonistico. 35 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo logico di necessarietà alla natura del lavoro che il dipendente è chiamato a svolgere. Tali limitazioni, poi, non sono affatto imposte esclusivamente agli atleti professionisti, ma ad un largo e vario stuolo di lavoratori subordinati. Sarebbe illecito imporre dei controlli alla vita fisica di un dipendente, quando il tenore di essa non abbia un riflesso immediato e diretto sulla prestazione di lavoro. Appare, invece, lecito quando ciò costituisce giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro, come nei casi di abituale ubriachezza o nel caso di una vita moralmente riprovevole, tale da riflettersi negativamente sulla serietà dell‟impresa cui il dipendente collabora. Le limitazioni imposte agli sportivi sono indubbiamente restrizioni pesanti della propria libertà ma, proprio perché sono liberamente accettate per un fine socialmente apprezzabile, costituiscono manifestazione di autodisciplina. In più - come detto - sono molte le prestazioni lavorative che richiedono severe restrizioni ai costumi di vita morale e fisica, spesso non solo limitate agli anni della giovinezza come avviene nello sport, bensì estese a tutto l‟arco produttivo dell‟esistenza. Così anche l‟elemento delle limitazioni alla vita privata si rivela come un criterio non idoneo a differenziare lo sport dal lavoro subordinato. Per escludere che lo sport possa formare oggetto di lavoro subordinato si ricorre anche ad altre considerazioni di carattere estrinseco e formale. Innanzitutto viene considerata la clausola compromissoria, ammessa dal regolamento della F.I.G.C.90, che in base al nostro codice di procedura civile91 non può afferire ad alcun contratto. Comunque sia, da un contrasto del genere può sorgere soltanto un problema di correlazione tra le due norme citate ma mai ciò potrà rappresentare la dimostrazione sicura che non possa esistere in alcun modo un contratto di lavoro subordinato avente ad oggetto una prestazione sportiva. Con la seconda osservazione si dà rilievo al fatto che, per il rischio sportivo cui è esposto l‟atleta, è prevista un‟apposita forma obbligatoria d‟assicurazione che ne tutela i danni fisici in forma differente da quanto è previsto per il comune infortunio sul lavoro. A tale affermazione si può controbattere che l‟elemento del rischio per la propria incolumità fisica non è affatto un elemento caratteristico dell‟attività sportiva: ci sono infatti alcuni sport in cui questo rischio manca quasi del tutto 92. Neppure sotto il profilo del rischio è quindi possibile rintracciare un impedimento serio per cui la prestazione 90 All‟articolo 80. Ai tempi di tale scontro non era ancora esistente la legge n.91 del 1981, anch‟essa riconosce, oggi, la possibilità di apporre al contratto sportivo professionistico una clausola compromissoria all‟articolo 4, 5° comma. 91 Articolo 808 c.p.c. 92 Tennis, nuoto etc. 36 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo sportiva non possa essere considerata come possibile oggetto di un rapporto di lavoro subordinato93. Altro ostacolo al riconoscimento dello sport professionistico come lavoro, che deve essere confutato, si ravvisa nella constatazione che per svolgere attività sportiva in senso tecnico-giuridico occorre essere iscritti ad una federazione sportiva. Da questo presupposto la dottrina - favorevole alla natura atipica del rapporto sportivo – fa discendere la conseguenza per cui, non essendo l‟attività lavorativa condizionata ad alcun‟iscrizione, attività sportiva ed attività lavorativa non hanno niente in comune. Il presupposto di tale ricostruzione è però inesatto e la sua conseguenza, pertanto, priva di qualsiasi nesso logico94; certo è che non vi è alcun rapporto logico tra il ritenere giuridicamente impossibile l‟attività sportiva quando chi la svolge non sia iscritto ad una determinata associazione e il concludere che detta attività non possa mai costituire oggetto di un contratto di lavoro subordinato. È chiaro, infatti, che le condizioni estrinseche necessarie per permettere lo svolgimento di un‟attività non possono essere confuse con la natura dell‟attività stessa. Un altro argomento addotto contro la tesi che l‟attività sportiva possa costituire oggetto del rapporto di lavoro si fonda sulla constatazione che al c.d. “giocatore apprendista” non viene data alcuna retribuzione e ciò a differenza di quanto avviene nell‟ambito del rapporto di lavoro nei confronti degli apprendisti. In realtà per il calciatore apprendista non dovrebbe esistere alcun tipo di diritto del genere e questo non perché l‟attività sportiva non possa costituire l‟oggetto di un rapporto di lavoro ma soltanto perché l‟attività sportiva non nasce come attività di lavoro ma può divenirlo solo successivamente. Quando l‟atleta avrà infatti raggiunto un notevolissimo rendimento - tale che non si possa più parlare di apprendistato – potrà decidere di fare dello sport il mezzo unico o prevalente del suo sostentamento economico. Infine i sostenitori della tesi secondo cui la prestazione dell‟atleta professionista non potrebbe mai inquadrarsi nello schema del rapporto di lavoro mostrano spesso di trovare le loro ultime risorse difensive in due osservazioni che, a torto, ritengono decisive. 93 Che, poi, sul piano delle assicurazioni obbligatorie si sia voluto dettare una disciplina particolare per gli incidenti sportivi sembra rispondere più ad un criterio di opportunità legislativa per la particolarità del rischio sportivo che ad altro motivo. 94 Seguendo la tesi di coloro che considerano sportiva soltanto l‟attività svolta da atleti tesserati, presso una federazione sportiva, non dovrebbe considerarsi sportiva l‟attività svolta, ad esempio, dagli appartenenti alle sezioni sportive dei corpi militarmente organizzati o di talune grandi imprese industriali quando, le medesime non fanno parte dell‟organizzazione giuridica del C.O.N.I., anche se è innegabile che esse 37 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo La prima ha per oggetto la facoltà dell‟associazione sportiva di trasferire l‟atleta professionista suo dipendente ad altra associazione95. Non v‟è dubbio che il contratto di cessione di un atleta professionista presenti delle particolarità notevoli che rendono complessa l‟indagine che il giurista deve compiere. Basta rilevare che la suddetta cessione non è immaginabile senza il consenso dell‟atleta interessato, configurando così un accordo trilaterale tra le due società (cedente e cessionaria) ed il giocatore stesso. Non v‟è, perciò, in detta cessione alcun elemento che si rilevi incompatibile con la natura del rapporto di lavoro subordinato e neppure per ritenere che il meccanismo di siffatte cessioni da imprenditore a imprenditore non possa essere inserito in un comune contratto di lavoro. L‟altra osservazione concerne l‟esclusione della facoltà del recesso “ad nutum”. Ma tale osservazione non ha alcun carattere decisivo, poiché una volta riconosciuto che nel rapporto tra atleta professionista ed associazione sportiva ricorrono tutti gli elementi necessari e sufficienti in modo che esso possa essere qualificato come un rapporto di lavoro, l‟esclusione per il dipendente della libertà di dimettersi dovrebbe essere considerata come, una semplice, anomalia del rapporto stesso. Dovrebbe, così, porsi il problema se una tale esclusione sia giuridicamente valida alla luce dei principi che regolano la materia del lavoro. A ciò si può rispondere che la violazione di un diritto non potrà mai essere scambiata come prova dell‟inesistenza del diritto stesso. A conclusione della disamina di tutti gli argomenti che si sono succeduti in dottrina ed in giurisprudenza al fine di negare la configurabilità del rapporto che vincola l‟atleta professionista all‟associazione sportiva come rapporto di lavoro mi sembra che si possa dire che nessuno di essi sia veramente decisivo per escludere una siffatta configurabilità. perseguono un chiaro fine sportivo, praticando uno sport ufficialmente riconosciuto e nel rispetto dei regolamenti ufficialmente riconosciuti. 95 A seguito della legge n. 91 del 1981 quest‟aspetto è stato comunque notevolmente modificato a seguito dell‟abolizione del vincolo sportivo. 38 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1.2.2 – Presupposti ed elementi oggettivi del rapporto Continuando l‟analisi della natura del rapporto di lavoro sportivo, meritano sicuramente attenzione quelli che sono i presupposti e gli elementi oggettivi del rapporto stesso. Quanto ai presupposti oggettivi del rapporto di lavoro subordinato professionistico, attinenti ai profili istituzionali dell‟organizzazione sportiva nella quale il rapporto stesso si inserisce, si possono riassumere nelle seguenti due ipotesi: A) - L‟esercizio dell‟attività sportiva nell‟ambito delle discipline regolate dal C.O.N.I.: in questo caso solo i tesserati e le società affiliate alle federazioni sportive nazionali possono concludere un contratto di lavoro sportivo professionistico, in quanto la legge n.91 si applica solamente ai contratti in essere tra soggetti appartenenti alle federazione. Da questa situazione ne restano esclusi coloro che appartengono ad altri organismi sportivi come, per esempio, coloro che fanno parte di enti di promozione sportiva anche se associati al C.O.N.I.96. A maggior ragione quindi ne restano escluse tutte quelle attività sportive estranee all‟organizzazione del C.O.N.I. B) - La qualificazione delle discipline sportive da parte delle rispettive federazioni d‟appartenenza, ossia il riconoscimento da parte di queste ultime di un settore di attività specificamente regolato in forma professionistica. È stato osservato come con tale disposizione il legislatore abbia inteso delegare alle federazioni la delimitazione del campo d‟applicazione della legge n. 91. L‟intento primario del legislatore è stato infatti quello di non turbare gli equilibri interni delle singole federazioni lasciando loro piena autonomia decisionale in una delle materie più delicate della regolamentazione dell‟attività sportiva. Tutto ciò deve comunque avvenire nel rispetto del principio secondo cui le decisioni federali devono essere conformi alle direttive stabilite dal C.O.N.I. che, a loro volta, devono rispecchiare quelle emanate dagli organismi sportivi internazionali97. Più che di una delega alle varie federazioni a determinare il campo d‟applicazione della legge n. 91, si è trattato del riconoscimento 96 Sul punto, vedi articolo 5 del D.Lgs. n. 242 del 1999 Attualmente il D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242, all articolo 5, 2° comma, lettera d, prevede fra i compiti del consiglio nazionale del C.O.N.I. quello di stabilire, in armonia con l‟ordinamento sportivo internazionale e 97 39 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo del potere d‟autonoma regolamentazione della materia da parte delle stesse federazioni e della predisposizione di uno strumento di disciplina dei rapporti di lavoro per quelle che già avevano, o si sono date in seguito, un assetto professionistico98. Ad oggi le federazioni con attività professionistica sono quelle del calcio, del ciclismo, del motociclismo, del golf, del pugilato e della pallacanestro. La norma, mantenendo comunque una certa elasticità, consente la variazione dei soggetti destinatari ed anche del campo d‟applicazione della legge n. 91. È altrettanto evidente che, in difetto di qualificazione professionistica, il rapporto - anche sussistendo altri presupposti e/o elementi oggettivi - è da considerarsi formalmente dilettantistico e conseguentemente, sottratto all‟applicazione della legge n.91. La scelta del legislatore di affidare tale potere alle federazioni trova una sua ragione nella necessità di evitare un‟eccessiva dilatazione dell‟area del professionismo sportivo nella quale avrebbe finito per rientrare ogni attività sportiva svolta dietro compenso e con carattere di continuità. Nello sport dilettantistico, superata la concezione idealistica che ne riconduceva la pratica al puro spirito competitivo, sono spesso previsti cospicui compensi erogati a vario titolo; in quest‟ottica è facile comprendere come affidare l‟acquisizione dello status di professionista ai soli elementi della continuità e della onerosità avrebbe finito per far confluire nel professionismo la gran parte dello sport praticato in Italia. Ciò avrebbe comportato un‟estensione del campo applicativo della disciplina speciale, dettata dalla legge n. 91, oltre i limiti consentiti dalla sua stessa particolarità e dal suo carattere fortemente derogatorio, spesso peggiorativo rispetto alla generale tutela del lavoro dipendente. Gli elementi oggettivi del rapporto attengono, invece, ai caratteri e alle modalità della prestazione di lavoro offerta e più precisamente sono: A) - L‟onerosità. La prestazione deve essere remunerata con un compenso avente il carattere della corrispettività e pertanto proporzionato alla quantità e qualità della prestazione stessa, indipendentemente dalla sua effettiva misura. In questo settore dell‟attività lavorativa, tali elementi vengono, infatti, liberamente determinati dalle parti contraenti con patto individuale, salva la predefinizione di minimi collettivi che in genere sono assai inferiori ai compensi pattuiti in concreto. Non potrebbe pertanto nell‟ambito di ciascuna federazione sportiva nazionale, criteri per la distinzione dell‟attività sportiva dilettantistica da quella professionistica. 98 Sul punto, si veda Giugni G., La qualificazione di atleta professionista, in Riv. dir. sport., 1986, 166. In quest‟articolo, Giugni, riconduce il potere di qualificazione delle federazioni a quello più generale di regolamentazione ad esse riconosciuto, inoltre distingue tale potere di normazione astratta e generale dal concreto atto d‟ammissione, cioè il tesseramento, che rimane comunque propedeutico alla costituzione del rapporto di lavoro. 40 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo definirsi onerosa la prestazione sportiva che non riceva un vero e proprio corrispettivo ma solo un emolumento versato, per esempio, a titolo di rimborso spese o di indennizzo per mancato guadagno come accade, invece, spesso nell‟attività dilettantistica c.d. onerosa. Poiché, in ogni caso, la legge ha elevato a presupposto dell‟attività professionistica la qualificazione in tal senso della federazione, è evidente che la questione relativa alla natura retributiva o indennitaria del compenso ha scarso rilievo, una volta che l‟atleta o altro dei soggetti indicati dall‟articolo 2 della legge n. 9199sia stato inquadrato nel settore professionistico. Nel caso del professionista sportivo la retribuzione rappresenta, solitamente, il mezzo esclusivo di sostentamento sia del lavoratore che della sua famiglia e costituisce il corrispettivo dell‟assorbimento da parte dell‟impresa di tutta la sua capacità. Affinché vi sia una necessaria corrispondenza tra la totalità delle risorse che il dipendente offre all‟imprenditore e la totalità delle esigenze primarie che il primo vuole dal secondo veder soddisfare, la retribuzione trova la sua commisurazione non solo nella qualità e quantità di lavoro oggettivamente considerato ma anche nell‟appagamento delle necessità di vita personali e familiari dell‟atleta, con riguardo non solo ai bisogni presenti, ma anche a quelli futuri. Che il compenso versato dall‟associazione sportiva all‟atleta professionista abbia tutti i caratteri della retribuzione che remunera il lavoro subordinato è dimostrato all‟evidenza del fatto che negli accordi stipulati di anno in anno tra la Federazione Giuoco Calcio e l‟Associazione Italiana Calciatori è stabilito che tale compenso debba essere commisurato, oltre che all‟importanza della prestazione anche alle esigenze personali e familiari dell‟atleta ingaggiato. L‟elemento dell‟onerosità è sempre stato ritenuto esistente ma non ha mai ostacolato neppure quella parte della dottrina che propendeva per la configurazione del rapporto di lavoro sportivo come autonomo. L‟onerosità della prestazione, infatti, non si può dire che sia una caratteristica esclusiva del lavoro subordinato, giacché essa qualifica anche il contratto d‟opera, avendo, anche, il lavoratore autonomo diritto al corrispettivo pattuito in cambio dell‟opus promesso. B) - Il rischio d‟impresa. Anche per quest‟elemento si può ripetere il discorso appena fatto relativamente all‟onerosità. Parte della dottrina non ritiene decisivo un tale elemento ai fini di una puntuale identificazione della locatio operarum; va tuttavia sottolineato che nei rapporti de quo non si può non tenere conto dell‟alea che l‟atleta corre in quanto si delineano una serie di situazioni per cui si deve ammettere che 99 Come avremo modo di vedere meglio nel paragrafo successivo 41 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo l‟atleta, entro certi limiti, sia partecipe dei rischi economici a cui l‟associazione è esposta. Non appare quindi superfluo ricordare che i premi corrisposti al calciatore sono per lo più proporzionati all‟importanza della gara da intraprendere, al livello della posizione di classifica occupata dalla propria squadra e che l‟ingaggio annuale dei giocatori sia anche commisurato agli incassi percepiti dalla società. C) - La continuità dell‟esercizio dell‟attività sportiva o, meglio, delle prestazioni sportive per tutto l‟arco della durata del contratto. Nell‟attività dell‟atleta professionista ricorre poi l‟elemento della continuità della prestazione al servizio integrale degli scopi produttivi di chi lo ha ingaggiato. Infatti, l‟atleta professionista, vincolando dietro retribuzione la propria energia fisica e le sue specifiche attitudini sia tecniche che sportive - a favore dell‟associazione che l‟ha assunto, si impegna a praticare il gioco sotto i colori della stessa associazione e a dedicare quindi esclusivamente ad essa la sua attività agonistica partecipando non solo a singole gare o manifestazioni specificatamente predeterminate ma a tutte le gare che l‟imprenditore intenda fargli disputare in Italia o all‟estero. Si attua così l‟inserimento profondo ed organico dell‟attività dell‟atleta professionista nella complessa organizzazione economica e tecnica nel cui ambito è stato assunto e di cui egli concorre a soddisfare, in concorso con tutti gli altri elementi, esigenze che si coordinano intimamente ai fini propri di tale organizzazione. Può perciò tranquillamente ritenersi che ricorra anche l‟elemento della collaborazione, che costituisce – come è noto – uno degli elementi che caratterizzano la fattispecie del rapporto di lavoro subordinato così come viene configurato dall‟articolo 2094 c.c. D) - Obbligo di fedeltà. Una parte della dottrina inserisce infine tra gli elementi oggettivi un altro requisito caratteristico del rapporto subordinato: quello dell‟obbligo di fedeltà. Tale requisito è decisamente presente nel rapporto che si instaura tra l‟atleta professionista e l‟associazione sportiva in qualità di imprenditore. Quest‟elemento si manifesta nel rigoroso divieto per l‟atleta di partecipare a gare o manifestazioni organizzate da altre associazioni sportive sia pure nei periodi di riposo o sospensione dell‟attività agonistica. Se prima dell‟entrata in vigore della legge n.91 del 1981 tale obbligo di fedeltà poteva estendersi anche dopo la conclusione del contratto, tramite la stipula preventiva di patti di non concorrenza100, oggi tutto ciò non è più possibile ed è anzi espressamente vietato dal sesto comma dell‟articolo quattro della legge 100 In base ai quali l‟atleta professionista si obbligava di astenersi per un certo periodo di tempo, dopo lo scioglimento del rapporto che lo legava all‟associazione sportiva da cui era stato ingaggiato, dallo svolgere attività in favore di altre organizzazioni sportive 42 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo n.91, in virtù del quale: << il contratto non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni>>. Infine è stato osservato che le federazioni hanno aggiunto in alcuni casi agli elementi oggettivi stabiliti dalla legge quello della prevalenza dell‟esercizio dell‟attività sportiva rispetto ad altre possibili occupazioni. La F.I.G.C. ha - per esempio - definito professionista colui che pratica tale attività come lavoro primario. Delimitate così le condizioni necessarie e sufficienti affinché lo sport possa essere concepito come lavoro, penso101 che il contratto di lavoro sportivo debba essere definito102come l‟accordo che interviene fra un datore di lavoro (che di regola è un‟associazione sportiva) ed un prestatore di lavoro (ossia l‟atleta professionista), accordo diretto a costituire un vincolo giuridico consistenze per il primo nell‟obbligo di pagare la retribuzione stabilita e per il secondo nell‟obbligo di “rendere” la prestazione d‟opera sportiva.103 È stato osservato da più parti come il sistema delineato dalla legge n. 91 abbia in pratica escluso dal suo ambito d‟applicazione tutti i casi del così detto professionismo di fatto e cioè di tutti quegli atleti che hanno uno status dilettantistico unicamente perché le Federazioni d‟appartenenza non hanno provveduto, nell‟ambito della loro disciplina sportiva, a distinguere tra dilettanti e professionisti. Questi atleti svolgono attività a titolo oneroso e continuativo in favore di società sportive traendo da tale rapporto l‟unica – o, comunque, preponderante - fonte di sostentamento. Di fronte a situazioni sostanzialmente identiche - pertanto- l‟elemento discretivo, costituito dal provvedimento formale esterno della qualificazione da parte della federazione, finirebbe con il determinare l‟applicazione al rapporto tra atleta e società di diverse regolamentazioni giuridiche e ciò senza reale giustificazione. A fronte di tali considerazioni, parte della dottrina ritiene che, anche in mancanza di qualificazione da parte delle federazioni, il professionismo “di fatto” dovrebbe trovare 101 In tale direzione si veda anche Borruso R., Lineamenti del contratto di lavoro sportivo, in Riv. dir. sport., 1963, 52. 102 Alla stessa stregua del contratto di lavoro artistico. 103 Del rapporto che lega l‟atleta professionista all‟associazione sportiva Giulio Toesca di Castellazzo, nel lontano 1953, dava la seguente definizione: << un contratto atipico soggetto ad una speciale disciplina convenzionale tipizzata secondo la sua natura di contratto di diritto pubblico ed, ove questa disciplina manchi, regolata dalle comuni norme della disciplina contrattuale, salvo a rendersi applicabili, ove concorrano sufficienti ragioni di analogia, le norme relative al contratto di lavoro>>. 43 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo tutela nelle norme di cui alla legge n.91 evitando così una palese disparità di trattamento, che non è giustificata dall‟identità delle situazioni da disciplinare. Tale impostazione interpretativa non sembra pur tuttavia praticabile in ragione dell‟imprescindibilità - per la configurabilità del professionismo sportivo - del requisito della qualificazione da parte delle federazioni. 44 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1.3 – Soggetti del rapporto. Differenza sportivo professionista e dilettante Dopo aver analizzato gli elementi oggettivi del rapporto, meritano sicuramente attenzione anche quelli soggettivi. Dall‟analisi di tutta la materia emerge come i soggetti di questo rapporto di lavoro siano sostanzialmente due: lo sportivo104 e la società sportiva. Parte della dottrina fa però notare che in realtà nel rapporto emergerebbe anche una terza parte; ogni contratto di lavoro stipulato tra le due parti sopra menzionate deve essere, infatti, approvato da un terzo soggetto: la Federazione105. Limitandoci per ora ai due soggetti - per così dire principali - ritengo opportuno partire dall‟analisi di quella che normalmente è considerata la parte forte del rapporto, cioè quella del datore di lavoro. Va comunque evidenziato che nel rapporto di lavoro sportivo ciò può non sembrare vero più di tanto dato il sempre maggiore potere contrattuale che gli atleti hanno acquisito con il passare del tempo. Il ruolo del datore di lavoro nel contratto di lavoro sportivo è esercitato dalle società o associazioni sportive, che rivestono un ruolo di assolute protagoniste nell‟ambito dell‟ordinamento sportivo; sono esse, infatti, che consentono attraverso i propri associati e tesserati lo svolgimento dell‟attività sportiva. Tra le società si distinguono quelle professionistiche da quelle che perseguono un naturale dilettantismo, anche di tipo amatoriale, e che si muovono per la realizzazione di scopi puramente agonistici. La prima previsione normativa di tali forme associative, aventi ad oggetto lo svolgimento di attività sportiva, era già contenuta nella legge istitutiva del C.O.N.I. n. 426 del 1942. L‟articolo 10 di tale legge prevedeva l‟esistenza di società e sezioni sportive per le quali l‟inquadramento nell‟ordinamento sportivo nazionale era subordinato al riconoscimento da parte del C.O.N.I. e al conseguente loro assoggettamento alla potestà disciplinare e tecnica delle rispettive federazioni nazionali. 104 Tale termine risulta più appropriato rispetto al termine “atleta” - almeno in questa circostanza - in quanto consente di ricomprendere al suo interno altre figure come quelle degli allenatori, preparatori, direttori sportivi etc, altrimenti esclusi dalla qualifica d‟atleta. 105 Ma su questo punto vedremo più avanti ossia nel secondo capitolo. 45 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo In tempi più recenti, il titolo terzo del d.p.r. 28 marzo 1986, n.157, contenente “nuove norme di attuazione della legge n.426 recante costituzione e ordinamento del C.O.N.I.” ha previsto: 1. - che società, associazioni ed enti sportivi non hanno scopo di lucro e sono riconosciute, ai fini sportivi, dal consiglio nazionale del C.O.N.I. o, per delega, dalle federazioni sportive nazionali (art. 32); 2. - che tali organismi associativi sono retti da uno statuto approvato dall‟organo che procede al loro riconoscimento (art. 33); 3. - che essi sono soggetti dell‟ordinamento sportivo ed esercitano le loro attività secondo le norme e le consuetudini sportive (art. 34). Attualmente, la disciplina sull‟ordinamento ed il riconoscimento delle associazioni e delle società sportive è contenuta nello statuto del C.O.N.I., modificato a seguito del decreto legislativo 23 luglio 1999, n.242. Le associazioni o società sportive, quali soggetti dell‟ordinamento “piramidale”106 sportivo, sono tenute ad esercitare la loro attività con lealtà sportiva, osservando principi, norme e consuetudini sportive, salvaguardando altresì la funzione popolare, educativa e culturale dello sport. Senza il riconoscimento e l‟affiliazione non è infatti possibile lo svolgimento di attività agonistica, e la conseguente omologazione dei risultati raggiunti sia a livello nazionale che internazionale, e neppure l‟acceso ai vantaggi di ordine fiscale o creditizi previsti dall‟appartenenza all‟ordinamento sportivo. Per quanto riguarda la legge n. 91 del 1981, la disciplina dettata - in tema di società - è riservata solamente alle società professionistiche, ossia a quelle che intendono stipulare contratti con sportivi professionisti; l‟articolo fondamentale in tema di società sportive è il numero 10: <<possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o società a responsabilità limitata>>. L‟articolo dieci prosegue prevedendo un particolare raccordo nella fase costitutiva tra ordinamento statale ed ordinamento sportivo. L‟ordine è il seguente: la società deve ottenere l‟affiliazione alla federazione; l‟atto costitutivo della società deve essere depositato presso l‟ufficio del registro delle imprese; il Tribunale provvede all‟omologazione della società. Accertato l‟adempimento delle condizioni previste dalla legge, il Tribunale ordina, con decreto, l‟iscrizione della società nel registro; entro trenta giorni dal decreto, le società 46 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo sportive devono depositare l‟atto costitutivo presso la federazione. In mancanza di uno, o più, di questi passaggi l‟affiliazione è priva d‟efficacia e alle società è inibito lo svolgimento dell‟attività sportiva. L‟affiliazione conferisce il c.d. titolo sportivo, in altre parole l‟abilitazione a svolgere attività sportiva. L‟affiliazione può, nel corso del tempo, essere revocata dalla federazione sportiva nazionale per gravi infrazioni all‟ordinamento sportivo; tale revoca non comporta soltanto l‟inibizione per le società a svolgere attività sportiva ma, anche, la perdita della capacità speciale di stipulare contratti con atleti professionisti, nonché lo scioglimento della società per la sopravvenuta impossibilità di conseguire l‟oggetto sociale ex articolo 2448 n. 2 c.c.107. A norma dell‟articolo 12 della legge n.91 le società sportive sono inoltre sottoposte all‟approvazione ed ai controlli sulla gestione da parte delle federazioni sportive nazionali cui sono affiliate, per delega e secondo le modalità previste dal C.O.N.I.. L‟articolo 13 di detta legge regola invece la liquidazione della società sportiva in caso di gravi irregolarità di gestione. In situazioni del genere spetta alla federazione sportiva nazionale richiedere tal provvedimento al Tribunale, mediante la messa in liquidazione della società e la nomina di un liquidatore. Altra caratteristica che contraddistingueva le società sportive all‟epoca dell‟emanazione della legge n.91 era la completa assenza di ogni fine di lucro, ossia, gli utili non venivano distribuiti tra i soci ma dovevano essere reinvestiti esclusivamente nell‟esercizio dell‟attività sportiva108. Con la sostituzione del secondo comma dell‟articolo 10 ad opera del decreto legge n.485 del 1996, convertito con modificazioni dalla legge 18 novembre 1996, n. 586, il legislatore ha legittimato il perseguimento dello scopo di lucro da parte delle società sportive professionistiche. Rimane comunque l‟obbligo per le stesse di reinvestire una parte, pari ad almeno il dieci per cento, degli utili nel settore giovanile e di formazione. Questo conferma che l‟interesse allo sviluppo e alla promozione dello sport è ancora rilevante nel settore delle società professionistiche. La legge n. 586 determina un radicale mutamento nella posizione dei soci, che avranno diritto alla distribuzione degli utili, potranno possedere azioni privilegiate, saranno legittimati ad alienare azioni, vedranno maggiormente tutelati i lori diritti. 106 Al cui vertice si colloca il C.O.N.I. seguito dalle varie federazioni nazionali e poi, appunto, dalle società. 107 Landolfi S., La legge n.91 del 1981 e la “emersione” dell‟ordinamento sportivo, in Riv. dir. sport., 1982, 36. 108 Contrariamente a quanto indicato dal nostro diritto comune secondo cui gli utili perseguiti dalle società di capitali, vengono divisi tra i soci, come, espresso da disposizioni di legge: le società commerciali, devono produrre profitti, che poi verranno distribuiti tra i soci. 47 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Tra le grandi novità introdotte da questa legge vi è la possibilità della quotazione in borsa anche delle società sportive: a proposito vanno ricordate le recenti quotazioni di società calcistiche quali la Roma, la Juventus e la Lazio. Si è trattato di una modifica molto attesa che, riconducendo a pieno titolo le società sportive nel “genus” delle società lucrative, ha probabilmente posto un punto fermo nel dibattito- ancora vivo in dottrina - sul rapporto tra le finalità sportive e lo scopo di lucro di cui all‟articolo 2247 c.c.. L‟innovazione voluta soprattutto dai grandi club del settore calcistico intenzionati ad importare modelli tipici di altre nazioni, è frutto di una diversa e più attuale visione del mondo sportivo. I singoli eventi diventano soprattutto spettacolo e attorno ad essi ruotano numerose attività economiche che poco o nulla hanno a che fare con lo scopo agonistico ma che tuttavia ne possono condizionare l‟esistenza stessa. Comunque sia, come abbiamo già visto, la società sportiva, pur essendo una società atipica, è sottoposta alla disciplina del codice civile e per essa viene usato il modello delle società di capitali aventi finalità di natura sportiva. Quanto agli altri enti, si rileva l‟esistenza di una miriade di sodalizi sportivi dilettantistici ed amatoriali costituiti sotto forma di semplici associazioni, riconosciute o di fatto, cui si applica la disciplina tipica prevista dal codice civile in materia. In effetti, a fronte della specifica normativa emanata per gli enti professionisti, vi è stato un forte disinteresse del legislatore nei confronti di queste formazioni sociali sportive, disinteresse assolutamente ingiustificato vista l‟enorme diffusione delle pratiche dilettantistiche e parasportive109. In occasione della legge-quadro sul volontariato è stata prospettata la possibilità di includere le associazioni sportive tra i destinatari della riforma ma però questa proposta non ha avuto alcun seguito. Seconda parte del contratto sportivo sono quelle persone fisiche che realizzano concretamente la prestazione sportiva, la definizione offerta si riferisce in primo luogo agli atleti, veri e propri attori protagonisti dell‟attività sportiva, ma riguarda anche i dirigenti e i tecnici sportivi, ossia i c.d. non atleti che sono inquadrati nell‟ambito di società ed associazioni sportive e che acquisiscono qualifiche previste dall‟ordinamento sportivo alle quali è collegata una funzione regolata dalle stesse norme. Gli atleti sono i reali destinatari della legge n. 91 del 1981; all‟interno del capo primo - attraverso la tecnica redazionale dei cerchi concentrici, cioè l‟uno iscritto nell‟altro - il legislatore ha infatti dapprima tracciato la linea discriminante tra dilettantismo e 48 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo professionismo (art. 2), quindi ha individuato nel campo del professionismo la distinzione tra atleta subordinato ed atleta autonomo (art. 3) ed infine ha dettato una disciplina speciale per quanto concerne il rapporto subordinato di lavoro sportivo (art. 4 ss.). Alberto Marani Toro110 individua la figura dell‟atleta, in senso proprio, attraverso il collegamento necessario al concetto d‟agonismo programmatico secondo cui può definirsi atleta chi pratica un certo esercizio fisico e che vuole misurarsi con gli altri praticanti di quel medesimo esercizio per tentare di riuscirne vincitore e/o comunque per consentire la compilazione di una graduatoria dei valori atletici ed ottenere nel tempo ulteriori miglioramenti. Secondo l‟autore, per il raggiungimento di tale scopo, occorre naturalmente che altri uomini pratichino quella determinata disciplina sportiva e competano tra loro. Il confronto deve svolgersi all‟interno di un‟istituzione che si assuma i compiti di fissare le regole precise dell‟esercizio e delle gare, di controllarne l‟applicazione, di organizzare le gare stesse ed omologarne i risultati; Questa istituzione dovrà anche, compilare ed aggiornare le graduatorie, risolvere le controversie, e amministrare l‟organizzazione. Gli individui che vogliono esercitare attività sportive agonistiche nell‟ambito dei programmi federali nazionali e internazionali – se in possesso dell‟idoneità e dell‟attitudine richiesta nonché dell‟età minima o massima prevista per ogni disciplina sono tenuti ad affiliarsi ad una delle federazioni, diventando quindi soggetti di tale sistema. Una volta avvenuto il tesseramento, essi saranno a loro volta inquadrati in determinate categorie a cui corrisponderà la capacità a partecipare ad un certo tipo di competizioni secondo determinate regole. Con questo atto formale l‟atleta acquisisce uno status e diventa titolare di un “fascio” di rapporti giuridici che creano reciproci diritti ed obblighi nei confronti degli altri atleti, dell‟associazione sportiva, della federazione nazionale, della federazione internazionale e, in breve, di tutti gli altri soggetti dell‟ordinamento sportivo. L‟atleta partecipa alle gare autorizzate sotto l‟osservanza dei principi, dei regolamenti, degli usi e della lealtà sportiva. Rimandando al paragrafo successivo la trattazione di quella categoria di soggetti che abbiamo definito non atleti, conviene immediatamente affrontare un problema assai delicato com‟è quello della distinzione tra sportivo professionista e sportivo dilettante. 109 Sul punto, si veda Di Nella L., Il fenomeno sportivo nell‟ordinamento giuridico, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999. 110 Gli ordinamenti sportivi, Milano, 1994, 44. 49 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Il complesso degli atleti non si presenta come un universo indifferenziato di soggetti. Gli statuti ed i regolamenti federali, infatti, differenziano tale categoria sulla base di vari criteri. Principale criterio di distinzione degli atleti è quello che prende in considerazione la disciplina sportiva da loro praticata111; tale criterio di distinzione è fondamentale perché le gare tra atleti, avendo per oggetto lo svolgimento di un dato esercizio fisico, avvengono solo tra atleti che appartengono alla stessa categoria di specialità sportiva. Altro criterio di differenziazione è quello che distingue gli atleti a seconda del collocamento territoriale, quale ad esempio la città, la regione o la nazione. Un altro dei criteri utilizzati è quello che differenzia gli atleti in base ai requisiti fisici. Il principale di questi requisiti è sicuramente quello del sesso, ma non vanno dimenticati altri requisiti come l‟età, il peso, l‟altezza e così via, il tutto per permettere uno svolgimento delle competizioni il più possibile paritario. L‟ultima e più importante categoria è, appunto, quella che differenzia gli atleti fra professionisti e dilettanti112. Individuare il confine tra le due categorie non è però assolutamente facile, anche perché vi sono falsi dilettanti e falsi professionisti. È inoltre ben vero che entrambi sono chiamati a dare una prestazione sportiva in senso tecnico che, cioè, è ugualmente espressione di una volontà tesa spasmodicamente alla vittoria e ugualmente frutto di una seria e costante preparazione. Se da un lato non può negarsi l‟identità qualitativa delle prestazioni che dilettanti e professionisti offrono, dall‟altro lato non può disconoscersi che esiste un‟apprezzabile diversità quantitativa delle prestazioni medesime. La distinzione tra professionisti e dilettanti è rimessa alle singole federazioni sportive nazionali, secondo i propri regolamenti e con l‟osservanza delle direttive del C.O.N.I.. Infatti, secondo quanto disposto dall‟articolo 5 del d.p.r. n. 157 del 1986, è il Consiglio Nazionale del Comitato Olimpico che fissa e limita, in armonia con l‟ordinamento sportivo internazionale, i criteri per la suddetta distinzione. Si tratta di una distinzione puramente formale in quanto, come detto, i praticanti sportivi di un certo livello anche di discipline dilettantistiche svolgono la loro attività in forma continuativa percependo compensi più o meno elevati. Il legislatore, quindi, ha rifiutato di assumersi il compito della diretta individuazione dei criteri per la distinzione tra professionismo e dilettantismo, scegliendo invece di 111 E‟ da segnalare che all‟interno delle singole discipline possono, poi, esservi anche più tipologie d‟esercizio fisico, come ad esempio avviene per le varie discipline dell‟atletica leggera, che daranno luogo a loro volta a partizioni differenziate all‟interno della solita disciplina. 50 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo demandare tale compito agli ordinamenti federali preposti alle singole discipline sportive, per i quali la suddetta distinzione risulta più agevole in concreto, potendo fare riferimento alla storia ed al contesto del movimento sportivo in tutto il mondo. Tornando alla legge n. 91 del 1981, l‟articolo 2 qualifica come professionista l‟atleta che esercita l‟attività sportiva a titolo oneroso, con carattere di continuità e purché sia intervenuta la c.d. qualificazione da parte delle rispettive federazioni in osservanza delle direttive stabilite dal C.O.N.I.. È opinione diffusa113che, ai fini della distinzione tra professionismo e dilettantismo, la presenza nella prestazione resa dallo sportivo dei caratteri della continuità ed onerosità sia lungi dall‟essere sufficiente. È invece necessario che la Federazione competente abbia effettivamente individuato la figura tipologica dell‟atleta professionista all‟interno della disciplina agonistica considerata. La necessità del requisito formale della qualificazione, accanto ai due presupposti della onerosità e della continuità, è stata criticata però dalla dottrina prevalente; su questa falsariga sono state denunciate le profonde disparità di trattamento che si sono prodotte soprattutto per quanto riguarda il fenomeno del professionismo di fatto. In questo caso, per la sola ragione della mancanza dell‟intervento qualificatorio da parte della rispettiva federazione, continuano ad essere inquadrati come dilettanti atleti che prestano la propria attività a favore di società sportive in modo continuativo e a titolo oneroso114. Proprio per non lasciare privi di tutela questi rapporti, dilettantistici solo formalmente, si è da taluni suggerito di fare comunque riferimento alla normativa delineata dalla legge n.91 prescindendo quindi dal requisito della qualificazione. Mercuri 115 fa notare come la discrepanza di tutela tra tali soggetti che operano all‟interno di federazioni che qualificano professionistica la loro attività e quelli che operano in altre federazioni non è peraltro giustificata, l‟attività onerosa e continuativa svolta da uno sportivo a favore di una società sportiva in entrambi i casi è infatti tipologicamente la stessa. Altri invece ipotizzano il ricorso alla disciplina del diritto comune, fra questi Zoli 116che fa notare come al di fuori della disciplina introdotta dalla legge n.91 restino gli sportivi sostanzialmente o formalmente dilettanti, cioè rispettivamente coloro che svolgono tale attività senza corrispettivo ovvero per puro diletto fisico, nonché quelli che, pur 112 Originariamente era prevista anche una terza categoria, vale a dire, quella dei semi-professionisti. Sul punto, si veda Realmonte F., L‟atleta professionista e l‟atleta dilettante, in Riv. dir. sport., 1997, 371. 114 Tanto per fare un esempio è, questo, il caso dei giocatori di pallavolo. 115 In Sport professionistico, in Noviss. Dig. it., 1987, 519. 116 Sul rapporto di lavoro sportivo professionistico, in Giust. civ., 1985, I, 2088. 113 51 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo ricompensati in vario modo, non possono essere ricondotti in base alle previsioni dell‟articolo 2 alla figura del lavoratore professionista. Solo per quest‟ultimi può prospettarsi l‟applicazione dell‟ordinaria normativa vigente in tema di rapporto di lavoro subordinato, sempre che ovviamente appaiano sussistenti gli estremi della subordinazione stessa. In verità, quest‟ultima soluzione non pare percorribile: ci si troverebbe, infatti, nella non facile situazione di spiegare la ragione per la quale agli atleti esclusi dall‟ambito della legge n.91 si finisca per riservare una tutela qualitativamente più intensa. La scelta del legislatore di affidare tale potere di qualificazione alle federazioni - sia pure temprato dalla devoluzione al C.O.N.I. – con l‟emanazione del decreto legislativo n. 242 del 1999, trova la sua ragione d‟essere nella necessità di evitare un‟eccessiva dilatazione dell‟area del professionismo sportivo nel quale avrebbe finito poi con il rientrare ogni attività sportiva svolta dietro compenso e con carattere di continuità. Se si pensa, infatti, a come nello sport dilettantistico, superata la concezione ideale che ne riconnetteva la pratica al puro spirito competitivo, siano previsti cospicui compensi a diverso titolo erogati, è facile comprendere come l‟affidare l‟acquisizione dello status di professionista ai soli elementi della continuità e dell‟onerosità dell‟attività sportiva avrebbe in concreto fatto confluire nel professionismo la gran parte dello sport praticato in Italia. Ciò avrebbe comportato un‟estensione del campo applicativo della disciplina speciale, dettata dalla legge n. 91, oltre i limiti consentiti dalla sua specialità e dal suo carattere fortemente derogatorio rispetto alla generale tutela del lavoro dipendente. È stato osservato da più parti che il sistema delineato dalla legge n. 91 ha in concreto escluso dal suo ambito d‟applicazione tutti i casi del così detto professionismo di fatto; i professionisti di fatto sono tutti quegli atleti inquadrati come dilettanti unicamente perché la loro federazione d‟appartenenza non ha provveduto, nell‟ambito della disciplina sportiva, a distinguere tra dilettanti e professionisti ma che svolgono attività a titolo oneroso e continuativo a favore di società sportive, traendo dalla stessa l‟unica - o comunque la preponderante - fonte di sostentamento. Quanto al professionista, la sua posizione giuridica nel sistema sportivo è centro d‟imputazione di una serie di normative speciali volte, come accennato per lo sportivo in generale, a rendere conto della particolare dinamica del rapporto di lavoro sportivo. Di conseguenza, si può parlare in questo caso di vero e proprio status professionale. Se si approfondisce l‟analisi del contenuto di questa situazione giuridica, si rilevano innanzitutto diversi livelli di rapporti giuridici di cui lo sportivo è parte. 52 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo In primo luogo, al livello base, si colloca il rapporto giuridico di diritto privato intercorrente tra il professionista e la sua federazione d‟appartenenza. All‟affiliato in quanto tale è riconosciuta la capacità di essere centro d‟imputazione degli effetti della normativa sportiva e gli è dunque attribuita la titolarità dei diritti e dei doveri derivanti dal suo status di tesserato così come disciplinato nei regolamenti federali. Da questo discende il suo diritto a partecipare a tutte quelle attività che sono organizzate - direttamente o insieme ad altri enti nazionali ed internazionali - dalla federazione oppure da essa semplicemente riconosciute. In secondo luogo, emerge il rapporto giuridico con la società sportiva, che è di diritto privato ed in particolare, come abbiamo visto, di fonte contrattuale. In terzo luogo, vi è il rapporto giuridico intercorrente con gli atleti con cui si gareggia; quest‟aspetto costituisce il nucleo funzionale dello status di sportivo professionista e, rispetto ad esso, gli altri due si pongono in relazione strumentale di mezzo a fine. Dall‟articolo 35 del d.p.r. n. 157 del 1986, recante la disposizione d‟attuazione della legge n. 426 del 1942 istitutiva del C.O.N.I., si ricava che <<gli atleti sono inquadrati presso le società, associazioni ed enti sportivi riconosciuti. L‟attività dell‟atleta professionista è disciplinata da norme regolamentari particolari emanate dalla federazione competente e secondo i principi dettati dalla rispettiva federazione internazionale>>. Da tale norma si ricavano due principi fondamentali: A) - che gli atleti sono inquadrati presso società sportive riconosciute dal C.O.N.I.. B) - che gli atleti partecipano alle gare autorizzate osservando i regolamenti ed i principi dell‟ordinamento sportivo. Mentre il primo requisito è più generale, riguardando sia l‟atleta dilettante che quello professionista, il secondo invece si riferisce espressamente all‟atleta professionista. L‟ultimo comma dell‟articolo 35 rimanda alle regole poste in essere da ciascuna federazione per gli atleti professionisti <<sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici che esercitano l‟attività sportiva a titolo oneroso e con carattere di continuità nell‟ambito delle discipline regolamentate dal C.O.N.I. e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni Sportive Nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l‟osservanza delle direttive stabilite dal C.O.N.I. per la distinzione dell‟attività dilettantistica da quella professionistica>>. 53 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Detta legge è intervenuta a collegare l‟attribuzione dello status di sportivo professionista ad una serie di requisiti, oggettivi e soggettivi, tra i quali principale è il carattere della onerosità della prestazione sportiva. Tale formulazione è coerente anche perché cronologicamente successiva rispetto alla disciplina compiutamente dettata dal legislatore in materia di società e sportivi professionisti (legge n. 91 del 1986). Si è sostenuto in dottrina117 che lo sportivo professionista non è esclusivamente colui che esercita l‟attività sportiva a titolo oneroso e in modo continuativo in quanto tale situazione può essere infatti propria anche del dilettante; questa parte della dottrina afferma allora che lo sportivo professionista è colui che pratica lo sport per professione e per il quale l‟attività sportiva prevale rispetto ad altre, cosa che invece certamente non accade per il dilettante118. Se poi l‟attività è svolta in modo continuativo alle dipendenze di una società, il professionista è anche lavoratore subordinato. Per quanto attiene lo studio del contenuto del contratto di lavoro dello sportivo professionista rinvio al capitolo successivo, mentre adesso è opportuno spendere alcune parole per l‟identificazione dello sportivo dilettante in contrapposizione alla sportivo professionista. A titolo puramente esemplificativo possiamo elencare quelli che in virtù della legge n. 91 e delle norme emanate dalle federazioni sportive nazionali sono considerati sportivi professionisti: ossia atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi ed preparatori atletici, che esercitano la loro attività sportiva a titolo oneroso e con carattere di continuità nell‟ambito delle seguenti discipline: Calcio: serie A, B, C1, e C2 maschili; Pallacanestro: serie A1 e A2 maschili; Ciclismo: gare su strada e su pista approvate dalla Lega ciclismo; Motociclismo: velocità e motocross; Pugilato I°, II° e III° serie delle quindici categorie di peso; Golf. L‟attività dilettantistica, a differenza di quella professionistica sportiva non trova alcuna disciplina specifica nel nostro ordinamento giuridico119. 117 Sul punto, si veda Dalla Costa P., La disciplina giuridica del lavoro sportivo, Egida, 1993. Mazzoni G., nel suo Dilettanti e professionisti, in Riv. dir. sport., 1968, 368 definisce professionista colui che esercita, come lavoro abituale, uno sport determinato: ordinariamente egli non esercita nessun‟altra attività poiché egli pratica lo sport in modo continuo e in forma professionale, ed ha come scopo un lucro, uno stipendio, una partecipazione agli utili, una retribuzione periodica o differita, qualunque sia il suo contratto. 119 Sul punto, si veda Di Salvatore P., Diritto nello sport, libreria dell‟università editrice, 2001. 118 54 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Per quanto concerne l‟atleta dilettante, sono le regole olimpiche sancite dalla Carta Olimpica del C.I.O. a fornirne una definizione: è dilettante chi pratica lo sport per puro divertimento e/o svago senza ricavarne alcun beneficio e/o profitto materiale. A dire il vero, nel tempo si sono succedute tantissime definizioni del dilettante sia da parte del C.I.O. sia anche da parte di esponenti - più o meno di spicco - della dottrina. Pierre Larusse definì dilettante colui che ha un gusto spiccato, una predilezione particolare per una cosa: colui che coltiva la poesia e/o le belli arti per diletto senza farne una professione. Secondo la definizione offerta dall‟articolo 26 dell‟edizione del 1967 della Carta olimpica120 dopo aver affermato che <<per essere ammessi a partecipare ai Giochi Olimpici121, i concorrenti devono essersi sempre dedicati alla pratica dello sport come un‟attività marginale senza trarne alcun profitto materiale di qualunque genere esso sia>>, l‟articolo prosegue affermando che gli atleti possono avvalersi di questa qualifica: A) - se hanno una posizione di base di natura tale da assicurare la loro esistenza presente e futura; B) - se non ricevono e non hanno mai ricevuto alcuna remunerazione per la loro partecipazione alle attività sportive; C) - se osservano le regole della federazione preposta allo sport da essi praticato, nonché le disposizioni del regolamento d‟applicazione del presente articolo. Chiunque soddisfi queste condizioni è considerato dilettante dal punto di vista olimpico. Tuttavia già dai giochi olimpici del 1976 era stata ammessa una forma di dilettantismo oneroso - caratterizzato cioè da rimborsi spese, borse di studio, premi, compensi per mancato guadagno - allo scopo di garantire agli atleti un trattamento economico sostanzialmente sostitutivo della retribuzione. Il regolamento d‟applicazione dell‟articolo 26 prevede tra l‟altro che non possono essere considerati dilettanti: 1) - gli atleti che sono stati retribuiti per la loro partecipazione o che hanno convertito premi in moneta o che hanno ricevuto premi di valore superiore a cinquanta dollari o regali convertibili in denaro; 120 Al capitolo rubricato “Giochi Olimpici”, sotto la rubrica “qualificazione”. Condizione essenziale per partecipare alle Olimpiadi era quella di essere un dilettante. Oggi non è più propriamente così, di recente si registra un‟evoluzione nell‟orientamento del C.I.O. circa la questione della partecipazione ai giochi olimpici di atleti non propriamente dilettanti; infatti, ad esempio a Barcellona 1992 sono stati ammessi per la prima volta alle olimpiadi anche atleti professionisti, come i tennisti del circuito professionistico (ATP), e i giocatori di pallacanestro dalla NBA, la lega professionistica americana. 121 55 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2) - gli atleti che hanno tratto guadagno, in un modo qualsiasi, dalla loro notorietà sportiva e/o dal loro successo; 3) - gli atleti pagati per l‟uso del loro nome o della loro fotografia per apparire in trasmissioni radiofoniche o televisive; 4) - gli atleti passati nei ranghi professionisti di un qualsiasi sport o che dichiarino di voler diventare professionisti; 5) - coloro che sono retribuiti per allenare altri atleti in vista di gare sportive; 6) - coloro che ricevono borse di studio soprattutto in ragione della loro forma atletica; 7) - coloro che richiedono una remunerazione o il rimborso delle spese per un manager, allenatore, parente o amico; 8) - coloro che hanno ricevuto un rimborso spese eccedente le spese reali; 9) - coloro che hanno interrotto la loro abituale occupazione lavorativa per partecipare ad uno stage speciale di allenamento della durata superiore alle tre settimane. Nel nostro ordinamento il termine attività dilettantistica non trova alcuna definizione positiva, tant‟è che gli unici interventi legislativi rivolti a tale settore 122individuano l‟attività dilettantistica in negativo, ossia come quell‟attività che non è professionistica. Largamente trascurata nel dibattito della dottrina e della giurisprudenza, deve considerarsi fondamentale per i dilettanti sportivi la questione del vincolo a tempo indeterminato cui è soggetto l‟atleta tesserato che sottoscrive il proprio “cartellino” con una società che svolge attività in campionati non professionistici: il vincolo sportivo degli atleti dilettanti si costituisce come legame senza limiti di tempo e senza possibilità di essere sciolto se non con il consenso della società d‟appartenenza. Con il tesseramento, sul piano strettamente giuridico, l‟atleta dilettante instaura un autentico rapporto contrattuale con la propria associazione e, conseguentemente, accetta le clausole statutarie e regolamentari della relativa federazione, richiamate espressamente nei moduli ai quali viene apposta una firma che, nell‟attuale ordinamento sportivo, appare come atto necessario per poter praticare una disciplina individuale o di squadra organizzata nell‟ambito del C.O.N.I.. Il problema coinvolge principalmente la libertà del soggetto che pratica attività agonistica, in quanto l‟atleta è costretto a stipulare il vincolo e a devolvere irrevocabilmente e senza limiti di tempo la piena titolarità dei poteri sulle proprie prestazioni sportive alla società con la quale si affilia. 122 E più precisamente la legge 26 marzo 1986, n. 80 e la legge 16 dicembre 1991, n.398 56 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Del tutto improprio, dato che si tratta di atleti non professionisti, è inquadrare il problema del vincolo sportivo esclusivamente all‟interno del rapporto di lavoro e discutere se il divieto di recesso unilaterale costituisca una violazione della libertà di lavoro123 oppure se l‟inammissibilità della rinuncia dell‟atleta alla prestazione sportiva rappresenti un‟applicazione della disciplina del contratto d‟opera124. Più appropriato è discutere la questione della libertà di praticare l‟attività sportiva e del diritto d‟associazione tenendo conto del paradossale privilegio di cui godono gli atleti professionisti. In quest‟ottica, secondo parte della dottrina125, dovrebbero ritenersi nulle le clausole statuarie o regolamentari che prevedono l‟assunzione del vincolo sportivo a tempo indeterminato da parte di un atleta militante in un‟associazione non riconosciuta come sono solitamente quelle dilettantistiche, ed anche le norme che negano la possibilità del diritto di recesso ad nutum del rapporto associativo126. Il divieto imposto all‟atleta dilettante di recedere dalla qualifica, assunta al momento del tesseramento, di associato di una società sportiva dovrebbe considerarsi nullo per violazione di alcuni principi fondamentali dell‟ordinamento giuridico vigente. Impedire il recesso a tempo indeterminato dal vincolo sportivo appare un‟evidente lesione: 1. - del diritto di praticare senza difficoltà la propria attività agonistica che è sancito dai principi generali dell‟ordinamento e rinvenibile positivamente nelle diverse libertà individuali e sociali stabilite dalla carta costituzionale; 2. - della libertà d‟associazione tutelata dall‟articolo 18 della Costituzione che comprende anche il diritto di non associarsi; 3. - del principio d‟uguaglianza sostanziale sancito dall‟articolo 3 della Costituzione, data la parzialità del trattamento riservato illogicamente agli atleti professionisti dalla legge n. 91. In quanto al diritto di recedere dal rapporto associativo, in giurisprudenza127 si è affermato che l‟adesione ad un‟associazione non riconosciuta comporta l‟assoggettamento dell‟aderente al relativo regolamento senza necessità di specifica accettazione e con il solo limite derivante dal principio costituzionale della libertà 123 Libertà tutelata dall‟articolo quattro della nostra costituzione << La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un‟attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.>> 124 Articolo 2222 e susseguenti del nostro codice civile. 125 Sul punto, si veda Moro P., Questioni di diritto sportivo, Euro 92 editrice, 1999. 126 Recesso che invece è consentito ai professionisti dalla legge n. 91 del 1981 e successive modificazioni.. 127 Cassazione civile, sez I, 9 maggio 1991, n. 5191, in Nuova giur. Civ. comm, 1992, I, 615. 57 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo d‟associazione, che implica la nullità di tutte quelle clausole che escludono o rendono troppo oneroso il recesso. Più recentemente128 è stato ribadito che il principio della libertà d‟associazione implica il diritto di dissociarsi, come previsto dall‟articolo 20 della Dichiarazione dei diritti dell‟uomo del 1948, secondo cui <<nessuno può essere costretto a far parte di un‟associazione>>. Tutto ciò fa, maggiormente, intendere la situazione di sfavore in cui si trova l‟atleta dilettante soprattutto se contrapposta alla differente disciplina cui sono assoggettati gli atleti professionisti. Nella prassi, per opporsi al divieto di svincolo in via preventiva sempre più frequentemente gli atleti stipulano accordi scritti che prevedono espressamente il diritto di recesso del giocatore dalla società di militanza alla fine della stagione sportiva. È chiaro che, nel caso in cui la società non rilasci il nulla osta nei modi e nei termini stabiliti dalla pattuizione, l‟atleta potrà senz‟altro agire in giudizio per far valere l‟inadempimento e richiedere il pagamento delle penali eventualmente previste. Fino ad ora abbiamo osservato come uno dei tratti distintivi tra l‟atleta professionista e quello dilettante consistesse nell‟onerosità del contratto. Tuttavia sovente accade che anche nelle categorie minori, vale a dire quelle dilettantistiche, gli atleti percepiscano comunque un compenso periodico sotto forma di rimborso spese. Sebbene si tratti formalmente di categorie dilettantistiche, sostanzialmente semiprofessionistiche, questa retribuzione viene sancita da un accordo scritto che per la sua struttura assume valore contrattuale; contratto che in ogni modo rimane estraneo alla disciplina della legge n. 91 del 1981, trattandosi di normativa speciale insuscettibile d‟applicazione analogica. Concludendo, va ricordato che anche nel rapporto di lavoro sportivo dei dilettanti si ripresenta il problema della natura autonoma o subordinata di detto rapporto129. La risoluzione del problema concernente la qualificazione giuridica, autonoma o subordinata del rapporto di lavoro degli sportivi esclusi dall‟applicazione della legge n.91 del 1981, si dovrà ricercare ricorrendo alle norme generali dell‟ordinamento giuridico; stante la riconosciuta specialità del rapporto di lavoro posto in essere, l‟operazione qualificatoria non potrà dirigersi lungo direzioni totalmente avulse dai principi fissati dalla legge n. 91, dovendo, al contrario, muoversi entro assetti compatibili con la 128 Cassazione civile, sez. I, 14 maggio 1997, n. 4244, in Mass. giur. lav., 1998, 18. Sul punto, si veda Martinelli G., Lavoro autonomo e subordinato nell‟attività dilettantistica, in Riv. dir. sport., 1993, 13. 129 58 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo specialità del rapporto. L‟operatore giuridico sarà dunque tenuto a ricavare la regola del caso non previsto rifacendosi estensivamente alla stessa interpretazione della legge speciale nel suo complesso. Quindi se per il legislatore è stato possibile fissare una presunzione a favore del rapporto di lavoro subordinato per ciò che attiene all‟atleta professionista, non può verificarsi, per le ragioni sopra esposte, lo stesso nei confronti degli atleti dilettanti il cui contratto deve essere, pertanto, esaminato di volta in volta alla luce dei principi generali. Qualora sussistano i requisiti previsti dall‟articolo 2094 c.c. nulla vieta di applicare, anche ai rapporti di lavoro dei settori dilettantistici, la figura del rapporto di lavoro subordinato. Però, come già detto, per i dilettanti non può operare la presunzione di cui all‟articolo 3 della legge n. 91, essendo sempre necessario constatare la presenza degli elementi di cui all‟articolo 2094 c.c. ed, eventualmente, di quelli integranti la fattispecie del lavoro autonomo. 59 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1.4 - Tecnici, allenatori, direttori sportivi: qualificazione e funzioni Oltre agli atleti sono numerosi i soggetti che agiscono nell‟ambito dell‟ordinamento sportivo; sono tutte quelle figure che, a vari livelli e a vario titolo, concorrono a compiere le operazioni connesse allo svolgimento dell‟evento sportivo, quali gli allenatori, i dirigenti, i giudici, gli arbitri e così via dicendo. Tra questi particolare rilevanza assumono gli allenatori, i preparatori atletici ed i direttori tecnico-sportivi, giacché anche di essi si occupa espressamente la legge 23 marzo 1981, n. 91. Tutto quanto descritto in materia di professionismo sportivo a riguardo degli atleti è riferibile anche a questi soggetti, che offrono le proprie prestazioni a titolo continuativo ed oneroso nell‟ambito di discipline qualificate come professionistiche. Come detto, la legge n. 91 all‟articolo 2riconosce tale qualifica – oltre che agli atleti – anche agli allenatori, ai direttori tecnico-sportivi ed ai preparatori atletici. Mentre alcuni autori considerano tale elencazione tassativa130, sembra più conforme alla ratio della legge ritenere che il legislatore abbia inteso elencare, a puro titolo esemplificativo, solo alcune tra le più note figure di lavoratori sportivi senza quindi escludere dall‟ambito d‟applicazione e di tutela anche altre figure di professionisti eventualmente previste dagli ordinamenti federali. Con il termine allenatore e preparatore atletico, secondo la prassi sportiva, si intendono coloro che sulla base delle normative federali sono qualificati a svolgere funzioni di carattere strettamente tecnico nell‟ambito dell‟istruzione e dell‟allenamento di atleti e talvolta anche nel campo della loro tutela fisica. Secondo quanto previsto dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, rientrano nei quadri tecnici anche i massaggiatori e i medici sociali; per queste figure di sportivi esistono appositi albi professionali per accedere ai quali è necessaria un‟abilitazione regolamentata dalle singole federazioni. Dal regolamento del settore tecnico della Federazione Italiana Giuoco Calcio emerge che: 130 Sul punto, si veda Piccardo E., Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, in Nuove leggi civ., 1982, 563. 60 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1. - L'abilitazione ad Allenatore Professionista di prima categoria si consegue dopo la partecipazione al Corso Centrale - organizzato presso il Centro Tecnico Federale di Coverciano (FI) – e al superamento con esito positivo dell‟esame finale. 2. - I Preparatori Atletici a cui spetta la responsabilità della preparazione fisico-atletica degli atleti delle società di calcio di ogni categoria, conseguono l'abilitazione dopo la partecipazione, con esito positivo, ad un Corso Centrale organizzato dal Settore Tecnico. Vengono ammessi a partecipare a questo Corso solo coloro che sono già in possesso del diploma rilasciato dall'I.S.E.F.. A livello comunitario la libera circolazione degli allenatori, non essendovi ovviamente preoccupazioni di tutela del vivaio nazionale e di equità competitiva, incontra solo episodicamente ostacoli simili a quelli incontrati dagli atleti. Non mancano tuttavia, in taluni stati e/o talune federazioni, barriere di fatto o di diritto nei confronti degli allenatori stranieri. Gli ostacoli più rilevanti derivano in genere dal mancato riconoscimento della formazione e delle qualifiche conseguite all‟estero131. Agli allenatori sono così indubbiamente applicabili, oltre ai principi generali in materia di libera circolazione, anche i principi che la Corte di giustizia ha enunciato in occasione degli unici due casi in cui ha avuto specificatamente a che fare con la libertà di circolazione e il riconoscimento di qualifiche di allenatori, ossia i c.d. casi Walrave e Heylens132. Questi due casi - soprattutto il secondo che riguarda un allenatore di calcio belga cui non si voleva consentire di allenare in Francia – dimostrano che né gli stati membri né gli organismi sportivi possono mantenere norme esplicitamente od occultamente discriminatorie e che, anzi, sono tenuti a predisporre procedure che consentano di accertare se gli allenatori provenienti da altri stati membri dell‟Unione Europea abbiano qualifiche sostanzialmente equivalenti a quelle che di fatto sono richieste agli allenatori nazionali per esercitare lo stesso tipo di lavoro. In attuazione di ciò il regolamento del settore tecnico della F.I.G.C. contiene la seguente disciplina all‟articolo 27: 1. - Gli allenatori provenienti da Federazioni Estere, per poter essere tesserati da una Società italiana, devono essere inseriti in un Elenco Speciale degli Allenatori provenienti da Federazioni Estere. 131 Tutto ciò è dovuto ad una disciplina assai carente e poco omogenea nei e trai vari stati membri dell‟Unione Europea. 132 Sentenze del 12 dicembre 1974, causa 36/74, Walrave, in Raccolta, 1974, 1405; e del 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens, in Raccolta, 1987, 4097. 61 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2. - Le Società che intendono avvalersi di un allenatore proveniente da Federazione Estera devono richiederne, tramite la Lega di appartenenza, il tesseramento al Settore Tecnico corredando la domanda con le certificazioni relative al Diploma di Allenatore conseguito presso la Federazione Estera e all'attività svolta come allenatore. 3. - Le certificazioni indicate al comma precedente saranno valutate dal Comitato Esecutivo del Settore Tecnico che potrà equiparare i titoli in possesso dell'allenatore ad una delle seguenti qualifiche: a) Allenatore Professionista di 1a categoria; b) Allenatore Professionista di 2a categoria; c) Allenatore Dilettante di 3a categoria. 4. - Esperite le procedure, il Settore Tecnico iscriverà l'allenatore nell'Elenco Speciale e lo tessererà per la Società richiedente. È però quella del direttore tecnico-sportivo la figura di lavoratore sportivo di più difficile definizione in quanto – data l‟ampiezza dei compiti svolti - assume spesso connotazioni notevolmente diverse negli statuti e regolamenti federali; essendo incerto se si devono considerare coloro che, alternativamente o congiuntamente con gli allenatori, partecipano alla conduzione tecnica delle squadre o se devono invece essere ricompresi in tale categoria solo i direttori sportivi in senso lato, cioè coloro che hanno esclusivamente funzioni manageriali. Dato il parere della dottrina, considerando anche le varie configurazioni giuridiche che possono assumere i manager delle società, è sicuramente da preferire la prima ipotesi. A tale figura sono quindi da ricondurre tutte quelle funzioni che rientrano nell‟affidamento, totale o parziale, della conduzione tecnica con la responsabilità sui risultati relativi alla promozione e allo sviluppo delle pratiche agonistiche. Il direttore tecnico-sportivo, secondo gli ordinamenti federali è quel dirigente che, in seguito alla sempre maggiore complessità del fenomeno sportivo, collabora per lo sviluppo dello sport mettendo a disposizione la competenza e l‟esperienza tecnica in suo possesso. Per quanto riguarda la natura contrattuale del rapporto di lavoro di questi soggetti, bisogna avvalersi ancora una volta della disciplina dettata dalla legge n. 91 del 1981, e più precisamente vanno analizzati gli articoli 2 e 3 di detta legge. L‟articolo 2 nell‟elencare i soggetti a cui si riferisce la legge parla di sportivi, indicando con tale, ampio, termine non solo gli atleti veri e propri, ma anche i non atleti, ossia allenatori, preparatori e direttori tecnico-sportivi. Per ottenere la qualifica di professionisti i c.d non atleti – al pari degli atleti - devono esercitare la loro attività a titolo oneroso con continuità nell‟ambito delle discipline 62 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo regolamentate dal C.O.N.I. e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali. Quindi dalla lettura di questo articolo non sembrano emergere distinzione tra il trattamento degli atleti e dei non atleti, distinzioni che invece appaiono molto più chiare nel successivo articolo, dove non si parla più genericamente di sportivi, ma specificatamente di atleti, quindi non sembra che questo articolo possa riferirsi ai non atleti. Il silenzio nei confronti di quest‟ultimi non si ritiene casuale, ma giustamente determinato. È evidente che il legislatore abbia voluto dar corso ad una disciplina speciale ai fini dell‟individualizzazione della tipologia del rapporto, soprattutto degli atleti, data la generalità della prestazione, fermo restando che per le altre categorie di sportivi di cui è fatto cenno varranno le disposizioni di carattere generale di cui, rispettivamente, agli articoli 2094 e 2222 del codice civile. La norma dettata dall‟articolo 3 prevede, secondo la dottrina prevalente, una presunzione legale di subordinazione a prescindere dalla verifica - volta per volta - dell‟esistenza dei caratteri tipici del lavoro dipendente. Tale norma si applica esclusivamente nei confronti degli atleti professionisti mentre gli altri sportivi professionisti – allenatori, preparatori atletici e direttori tecnico-sportivi – non soggiacciono alla richiamata presunzione legale; per questi la subordinazione non è presunta ma è da considerare l‟ipotesi, tipicamente ricorrente in virtù della diversa attività lavorativa svolta, che si caratterizza per un profondo inserimento nell‟organizzazione imprenditoriale della società d‟appartenenza. Tuttavia, l‟esistenza di un rapporto di lavoro subordinato può essere accertata di volta in volta attraverso l‟applicazione dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro133. Relativamente al rapporto intercorrente tra professionisti sportivi e la società che li ingaggia, la giurisprudenza134 ha riconosciuto il diritto di recesso dal contratto di lavoro per giusta causa dovuta agli scarsi risultati ottenuti dalla squadra affidata alla conduzione tecnico-sportiva di tali soggetti. Per concludere, meritano due parole i soggetti appartenenti ad una particolare categoria di ausiliari sportivi: i massaggiatori. Poco sopra abbiamo detto che secondo la dottrina queste figure sarebbero assimilabili a quelle degli allenatori e dei preparatori ma in realtà tale affermazione - alla luce di una recente sentenza della Pretura di Venezia135 - non sembra poter essere considerata totalmente veritiera. 133 In tal senso Martinelli, Lavoro autonomo e subordinato nell‟attività dilettantistica, Riv. dir. sport, 1993, 13. 134 Sul punto, si veda un‟importantissima pronuncia del Tribunale di Venezia del 14 settembre 1993 (Società calcio Venezia contro Alberti), in Riv. dir. sport., 1996, 781. 135 Sentenza 22 luglio 1998. 63 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Tralasciando i motivi che hanno portato a tale sentenza si può, infatti, notare come da essa emerga che il massaggiatore di una squadra di calcio non sia uno sportivo professionista ed in virtù di ciò, quindi, il suo contratto non sia soggetto alla legge n. 91 del 1981. Questa conclusione non si basa su un divieto d‟interpretazione estensiva delle categorie indicate dall‟articolo 2 della legge n. 91 ma sul fatto concreto per cui i massaggiatori sportivi forniscono una prestazione, per così dire, esterna in quanto non solo non sono chiamati alla prestazione atletica, ma non sono neppure coinvolti nella programmata ottimizzazione di questa né delle scelte e strategie del gioco e/o dell‟impegno dei singoli atleti. L‟esclusione dell‟applicabilità al contratto di lavoro sportivo subordinato di alcune norme della legge 20 maggio 1970 n. 300 e della legge 15 luglio 1966 n. 604 appare dettata dalla considerazione della peculiarità della prestazione dell‟atleta e pertanto tali norme dovrebbero tuttora considerarsi applicabili ai contratti di lavoro stipulati dai tecnici. A tutt‟oggi resiste una parte, peraltro minoritaria, della dottrina136che ritiene l‟impossibilità di inquadrare la prestazione sportiva di un allenatore nell‟ambito del lavoro subordinato137. Al fine di sostenere questa convinzione vengono esposte numerose argomentazioni: 1. - Innanzitutto viene fatto notare come lo svolgimento dell‟attività in oggetto da parte di un allenatore si realizzi in piena autonomia; è infatti solo lui che decide con quali giocatori formare la squadra, come svolgere gli allenamenti, quali disposizioni tattiche impartire e quali sostituzioni operare. 2. - L‟allenatore non riceve ordini da nessuno nella sfera delle sue competenze, neppure dal proprio presidente. 3. - L‟allenatore determina autonomamente l‟orario più adatto per lo svolgimento della sua attività in relazione a quelle che sono le esigenze della sua squadra. 4. – L‟allenatore è inoltre direttamente e personalmente responsabile nei confronti della società non di una mera attività ma bensì specificamente di un risultato. Sulla base di tali - ma anche di numerose altre - argomentazioni, questa parte della dottrina ha cercato di ricondurre il rapporto di lavoro dei tecnici sportivi sotto i canoni del lavoro autonomo trovando però la decisa opposizione sia del legislatore – con la legge n. 91 – sia della dottrina maggioritaria in virtù delle motivazioni che abbiamo 136 Guidata da Grasselli, sul punto si veda La figura dell‟allenatore, in Grasselli S., Profili di diritto sportivo, Lucarini, 1990. 64 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo analizzato qualche capoverso sopra e che ci portano a ritenere che anche l‟attività svolta degli allenatori sia riconducibile al campo della subordinazione. 137 Questa tesi è sostenuta principalmente da coloro che per anni avevano ricostruito la prestazione 65 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1.5 – Sport individuali La titolazione generica della legge 23 marzo 1981, n. 91, - “norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti” - non lascia dubbi sull‟ampiezza del campo d‟applicazione della norma stessa tesa a regolamentare i rapporti tra società e sportivi professionisti nell‟ambito di tutte le discipline regolamentate dal C.O.N.I.. È però un dato altrettanto inconfutabile che la legge in esame venne a suo tempo pensata e modellata con esclusivo riferimento al calcio: sorge dunque il problema di verificare la compatibilità di questa legge, modellata su uno sport di squadra, con le attività sportive di natura individuale. Su questo punto ha provato a far chiarezza il giurista Pecora che in un suo articolo138 ha provato a chiarire l‟applicabilità degli articoli 2 e 3 della legge n. 91 agli sport individuali e più specificatamente: 1. - Se e quale giocatore di tennis è sportivo professionista ai sensi dell‟articolo 2. 2. - Se la prestazione del tennista verso la società d‟appartenenza può costituire oggetto del contratto di lavoro subordinato di cui all‟articolo 3, primo comma. Partendo dal punto 1) ha fatto notare come l‟articolo 2 detti i criteri volti a delimitare l‟ambito d‟operatività della legge n. 91, stabilendo che per la configurazione dello sportivo professionista occorre esercitare un‟attività sportiva: A) - a titolo oneroso; B) - con carattere di continuità; C) - di natura professionistica in base alla normativa federale sportiva; D) - nell‟ambito di discipline regolamentate dal C.O.N.I.. L‟investitura a sportivo professionista è pertanto subordinata alla titolarità di requisiti individuati sia, direttamente, dall‟ordinamento statale sia, in via delegata, dall‟ordinamento sportivo. Per quanto riguarda i requisiti A) e B), essi sono richiesti dall‟artico 2 in termini generici in quanto non si esige né una specifica fonte della onerosità né tantomeno una continuità dell‟atleta professionista in termini di lavoro autonomo. 138 Il giocatore di tennis è sportivo professionista e lavoratore subordinato ex articolo 2 e 3 della legge 91/1981, in Dir. lav. 1988, I, 306 66 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo di prestazioni verso un soggetto determinato, ma solo nell‟ambito della disciplina sportiva regolamentata dal C.O.N.I... Sul requisito C): a norma dell‟articolo 3, terzo comma, del regolamento interno della F.I.T. <<è tesserato professionista colui che pratica l‟attività agonistico-sportiva o didattica nonché gli istruttori ed i maestri, ricavandone proventi che costituiscono il corrispettivo di un‟attività professionale>>. In buona sostanza il tesserato che non fa della pratica tennistica una professione, anche se in qualche modo ne ricava degli utili139, resta dilettante in quanto non si tratta di compensi percepiti a carattere professionale. Di contro il tesserato che pratica e/o insegna il tennis a titolo professionale, ricavando da tale attività dei proventi economici, è da inquadrare tra i professionisti. Con specifico riferimento agli atleti, detta situazione è riscontrabile in pratica solo tra i giocatori internazionali e di categoria “A” 140e solo raramente tra quelli di categoria “B” 141. Nessun dubbio esiste circa la configurabilità del requisito D): la F.I.T. 142è infatti inquadrata quale organo dal C.O.N.I.143 ed è inserita nella relativa organizzazione internazionale Venendo al punto 2) bisogna chiedersi se la prestazione del tennista verso la società d‟appartenenza possa costituire oggetto del contratto di lavoro subordinato di cui all‟articolo 3, primo comma, legge n. 91. La risposta negativa sembra però essere la più consona sia per l‟assenza della onerosità e della continuità specifiche richieste dal primo comma dell‟articolo 3 sia per la natura fondamentalmente individuale dell‟attività del giocatore di tennis nei cui confronti appare quindi inadattabile lo schema subordinatorio. L‟onerosità richiesta dall‟articolo 3, al fine di qualificare come subordinata la prestazione dell‟atleta, ha una caratura diversa rispetto a quella di cui all‟articolo 2, che deve essere considerata un‟onerosità generica. In pratica per l‟articolo 3, non è considerata come onerosa la prestazione dell‟atleta che in qualche modo ottiene un profitto ma lo è esclusivamente solo quella direttamente remunerata dalla società o associazione d‟appartenenza. Ne consegue quindi che il tennista che ottiene profitti derivanti da 139 Quali potrebbero essere piccole sponsorizzazioni e premi di modesta entità. La categoria “A” è composta da una fascia di giocatori qualificati come internazionali, comprendente coloro che svolgono una significativa attività a livello mondiale con risultati tecnici di grande rilievo; sono elencati in un‟unica graduatoria di valori decrescenti, periodicamente aggiornata nel corso dell‟anno. 141 Il settore dei classificati in categoria “B” ha carattere nazionale e comprende quei giocatori che svolgono un‟attività semiprofesionistica e che raggiungono un livello tecnico superiore a quello dei giocatori di categoria “C”. 142 Federazione Italiana Tennis. 140 67 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo contratti di sponsorizzazione pubblicitaria e/o dalla partecipazione a tornei ma non dalla sua società a titolo di retribuzione non è certamente atleta lavoratore remunerato ai sensi dell‟articolo 3, comma primo. Riflessione sostanzialmente analoga può essere fatta con riferimento alla continuità delle prestazioni. Alla luce di queste affermazioni può concludersi che quello del tennista sia un rapporto di lavoro da inquadrarsi normalmente in quelli di natura associativa e - in termini di mera eventualità quando esista anche l‟onerosità in senso specifico144 come richiesta dall‟articolo 3 - nello schema eccezionale di cui al secondo comma dell‟articolo 3, cioè quello del lavoro autonomo. Questa esemplificazione di un caso pratico dimostra appieno come la legge n. 91 del 1981 sia una legge che mal si adatta agli sportivi c.d. individuali nei confronti dei quali e dunque difficilmente applicabile se non in casi eccezionali. 143 Articolo 5 della legge 462 del 1942. Sono quei casi in cui l‟atleta riceve dalla società d‟appartenenza compensi connessi alla partecipazione ai tornei inter-sociali. 144 68 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1.6 - Il rapporto di lavoro sportivo degli “azzurri” Un discorso a parte richiede un altro, particolare, rapporto sportivo: quello che riguarda gli atleti e le rappresentative nazionali. Anche in questo caso si ripresenta lo scontro tra i sostenitori del rapporto sportivo come subordinato e quelli che, invece, propendono per la tesi dell‟autonomia di detto rapporto. È principio generale dell‟ordinamento sportivo che il tesseramento comporti l‟obbligo per l‟atleta di rispondere positivamente alle convocazioni delle Federazioni Sportive Nazionali del C.O.N.I. per la preparazione e la disputa d‟incontri internazionali145. Ma, mentre il rapporto atleta-società, è regolato dalla legge n.91, quest‟altro rapporto non è sorretto da alcun specifico supporto legislativo ragion per cui la soluzione può essere trovata soltanto tramite l‟analisi di alcune decisioni giurisprudenziali intervenute in materia. Per gli aspetti qui trattati, la decisione che meglio si adatta ad essere analizzata è una sentenza della Cassazione146sorta, originariamente, per motivi tributari147tra il C.O.N.I. e l‟Amministrazione Finanziaria dello Stato148. In particolare l‟ufficio distrettuale delle imposte dirette di Roma accertava a carico del C.O.N.I. vari redditi - tra i quali una parte tassabili in R.M. categoria C/2 e in complementare, con obbligo di rivalsa ai sensi degli articoli 127 e 163 del T.U. del 29 gennaio 1958, n. 645 - riguardanti delle entità economiche corrisposte dalla F.I.G.C. ai propri “nazionali” per le quali non era stata effettuata né la ritenuta né la rivalsa. Contro tale accertamento il C.O.N.I. propose ricorso alla Commissione Tributaria di primo grado eccependo che non doveva essere effettuata alcuna ritenuta essendo quella offerta dagli atleti alla Federcalcio una prestazione sportiva saltuaria e non una prestazione lavorativa; precisava inoltre che tali compensi avrebbero dovuto essere considerati non tassabili in categoria C/2 in quanto, qualora la prestazione offerta dagli 145 La violazione di questo onere è sanzionata dai codici di giustizia sportiva. Sezione Civile, 20 aprile 1990, n. 3303. 147 Assoggettamento alle ritenute fiscali dei compensi corrisposti dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio ai giocatori ed ai tecnici professionisti a titolo di premi partita per la loro partecipazione a gare internazionali. 148 La contestazione riguardava i premi corrisposti dalla F.I.G.C. negli anni 1971, 1972, 1973. 146 69 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo atleti nell‟ambito delle rappresentative nazionali fosse stata qualificata come lavorativa, la stessa doveva intendersi autonoma e non subordinata. Il ricorso fu respinto dalla Commissione Tributaria sia di primo che di secondo grado per l‟insufficienza della documentazione presentata dal C.O.N.I. a sostegno dell‟assunto; scaduti i termini per il ricorso alla Commissione Centrale, il C.O.N.I. propose impugnazione davanti alla Corte d‟Appello Civile di Roma che, con pronuncia resa nel contraddittorio delle parti, respinse il gravame149. La Corte d‟Appello di Roma motivò la decisione basandosi sull‟assunto che i “nazionali” non possono essere considerati dei non lavoratori in quanto essi, oltre ad essere dei tesserati della Federcalcio, sono anche dei professionisti e respinse inoltre la qualificazione di lavoratori autonomi ad essi data dalla Federcalcio stessa. In buona sostanza si sosteneva che il rapporto dello sportivo professionista con la società d‟appartenenza abbia luogo senza soluzione di continuità perché, in conseguenza di una disposizione dell‟ordinamento sportivo, la Federazione può avvalersi della prestazione fisico-tecnica dei tesserati150: ne consegue che i dipendenti delle singole società risultino come giuridicamente “distaccati” per il periodo di convocazione in nazionale. Contro questa pronuncia il C.O.N.I. ricorse in Cassazione. La Corte di Cassazione ritenne – ancora una volta – infondata l‟argomentazione giuridica del C.O.N.I. basata sul contenuto principalmente ludico della prestazione offerta dagli azzurri ma, altresì, ritenne non configurabile come comando o distacco la prestazione eseguita nell‟ambito delle rappresentative nazionali. Per esclusione la Suprema Corte pervenne infine alla conclusione che si trattasse di un rapporto giuridico autonomo anche alla luce dei contenuti della legge sul professionismo sportivo, benché successiva al gravame. Per quanto concerne la qualificazione del rapporto di lavoro intercorrente fra le Federazioni Sportive Nazionali del C.O.N.I. e gli atleti, occorre precisare che anche se le Federazioni possono assumere la veste di datori di lavoro, l‟articolo dieci, primo comma, della legge n. 91, dispone che <<possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o a responsabilità limitata>>. Tale disposizione comporta, di conseguenza, che nel rapporto tra atleti professionisti e Federazioni sportive sia esclusa la speciale configurazione contrattuale prevista dalla legge n. 91 all‟articolo quattro e qualsiasi altro rapporto contrattuale di lavoro; infatti, anche se non è ancora risolta la questione inerente alla natura delle Federazioni Sportive 149 Riv. dir. sport., 1985, 53. Nella fattispecie una norma contenuta fra quelle organizzative interne della F.I.G.C., e più precisamente l‟articolo 75 contenuto nel titolo V relativo all‟ordinamento delle squadre nazionali. 150 70 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo del C.O.N.I. deve osservarsi che, pur se volesse negarsi l‟aspetto pubblicistico, le stesse non potrebbero comunque qualificarsi come società di capitali. Da quest‟assunto, ne consegue che per chiarire quali rapporti intercorrano fra gli atleti e le Federazioni sia necessario valutare la fattispecie secondo le norme comuni e speciali del diritto del lavoro in combinazione con le regole ed i principi vigenti nell‟ordinamento sportivo. La Suprema Corte, nella sentenza in oggetto, ha superato l‟ipotesi secondo cui si sarebbe in presenza di lavoro subordinato nella forma del comando o del distacco 151 sulla base di una previsione dell‟ordinamento sportivo che determina un “pati” nei confronti delle società d‟appartenenza al momento della convocazione in nazionale dei propri tesserati senza peraltro che venga ad integrarsi quell‟obbligo di “facere” che è il presupposto per la configurazione della fattispecie in termini di comando o distacco152. L‟atleta nazionale non stipula, dunque, neanche verbalmente un contratto di lavoro subordinato con la Federazione Sportiva ma adempie, semplicemente, all‟obbligo stabilito nell‟ordinamento sportivo di rispondere alla convocazione. Superata la possibile qualificazione di questo rapporto come di lavoro subordinato, ci si accorge rilevabile che anche la definizione del rapporto giuridico in esame come di lavoro autonomo - sebbene più realistica della precedente - possa trovare dei limiti153sia nelle norme dell‟ordinamento sportivo sia nel già citato articolo 10 della legge n. 91 dell‟1981. Infatti, pur essendo presente nell‟ordinamento sportivo il principio secondo cui è obbligo dei tesserati di rispondere positivamente alle convocazioni per la formazione di rappresentative nazionali, non esiste alcun obbligo da parte delle Federazioni di corrispondere a questi atleti un corrispettivo in denaro. Poiché nessun obbligo particolare incontra la Federazione, si può ritenere possibile una convocazione sia di atleti dilettanti che professionisti alle stesse condizioni e cioè anche senza la corresponsione di alcun compenso. La possibilità che gli atleti possano intrattenere rapporti giuridici non necessariamente a titolo oneroso con le Federazioni 151 L‟istituto, in parola, prevede la possibilità per il datore di lavoro di inviare un proprio dipendente a svolgere attività in favore di un terzo che, diventando beneficiario della prestazione, è legittimato all‟esercizio dei poteri disciplinari e di controllo. Attraverso tale meccanismo si realizza una semplice modifica delle modalità d‟esecuzione dell‟attività lavorativa; restano viceversa immutati la titolarità e l‟oggetto del rapporto, verificandosi soltanto una scissione tra datore di lavoro ed effettivo utilizzatore della prestazione. 152 Inoltre, solitamente, le ipotesi di distacco o comando sono accompagnate da un interesse anche del datore di lavoro distaccante, cosa che in questa situazione non si ha, in quanto, la società d‟appartenenza può avere maggiore interesse affinché il suo tesserato non partecipi alle gare della nazionale. Viene così meno un importante requisito di questo istituto giuridico. 153 Sul punto, si veda Cianchi V., Il rapporto di lavoro sportivo degli ”azzurri”, in Riv. dir. sport., 1991, 283. 71 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo porterebbe ad escludere anche la ricostruzione del rapporto come autonomo resa dalla Corte di Cassazione154. A completamento di questa analisi del rapporto di lavoro intercorrente con le Federazioni Sportive Nazionali, merita spendere qualche parola circa i lavoratori sportivi non atleti. Se per quanto riguarda la prestazione degli atleti nazionali si è parlato - per espressa pronuncia della Cassazione - di lavoro autonomo, per quanto riguarda invece i tecnici professionisti si impone una distinta conclusione con giustificata prevalenza della locatio operis, dato che i tecnici prestano il loro lavoro non soltanto con ridotta continuità ma anche con rilevanti margini d‟autonomia tecnica ed organizzativa e non essendo sottoposti a quei condizionamenti che i loro colleghi di club sono tenuti a subire per effetto delle scelte economiche ed imprenditoriali dei loro presidenti. Concludendo si può dividere il personale delle Federazione Sportive Nazionali in tre gruppi: 1. - Personale amministrativo da adibire agli uffici centrali, il cui rapporto è regolato dalla legge n.70 del 20 marzo 1975 sul “parastato”; 2. - Personale da adibire agli organi periferici, soggetto ad accordi di diritto privato; 3. - Personale che svolge attività di carattere tecnico e sportivo, anch‟esso assunto in base a rapporti di diritto privato. 154 Secondo Cianchi si dovrebbe optare per l‟inquadramento di tale prestazione nella categoria del lavoro gratuito cui si accompagnano compensi configurabili come mere liberalità da parte delle federazioni. Secondo Bianchi D‟Urso-Vidiri la fattispecie in oggetto si articola in due momenti interdipendenti: sospensione del rapporto di lavoro con la società d‟appartenenza e costituzione di un nuovo rapporto di lavoro con la F.I.G.C. 72 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1.7 - Normativa lavoratori stranieri Se per l‟atleta di nazionalità italiana l‟unico limite ipotizzabile al diritto di prestare la propria attività lavorativa è solo quello riconducibile a ragioni di carattere tecnico, così non è stato, per molto tempo, per gli atleti stranieri che hanno subito a lungo discriminazioni in ragione della loro nazionalità. Dunque è necessario fare un discorso a parte per gli atleti stranieri; i regolamenti federali, specie per quanto riguarda gli sport di squadra, hanno spesso elevato barriere al tesseramento e all‟impiego di sportivi di nazionalità estera in nome di varie esigenze tra cui quella primaria di tutelare i vivai nazionali e la formazione delle squadre nazionali. Analizzando il fenomeno calcio vi è stato un periodo - fino agli inizi degli anni ottanta in cui la preclusione al tesseramento e all‟impiego di atleti stranieri era assoluta; in tale ottica il possesso della nazionalità italiana ha rappresentato un requisito soggettivo di capacità a concludere un contratto di lavoro sportivo professionistico. Con il passare degli anni la normativa dei lavoratori sportivi stranieri ha subito continui cambiamenti che hanno stravolto quella che era la normativa dei primi anni ottanta alla c.d. “riapertura delle frontiere”. Un campo, questo, dove è di recente intervenuto anche il nostro governo con la legge “Bossi–Fini”155 che si è occupata anche dei lavoratori sportivi extracomunitari. Se alla “riapertura delle frontiere” non vi era stata alcuna distinzione tra stranieri comunitari e stranieri extracomunitari156, oggi sono invece due situazioni giuridiche profondamente diverse. Il momento di rottura di tale “equilibrio” è rappresentato dalla famosissima sentenza Bosman che ha sancito la libera circolazione degli atleti tra i paesi della comunità europea ritenendo illegittimo qualsiasi tipo di limitazione a tale eguaglianza. Ricostruendo più accuratamente quelli che sono stati gli sviluppi della disciplina è opportuno partire proprio dalla fase successiva alla già citata riapertura delle frontiere: in un primo momento venne data la possibilità di tesserare due stranieri e pochi anni dopo il 155 Legge 30 luglio 2002, n.189. Nelle disposizioni federali mancava qualsiasi tipo di distinzione tra calciatori comunitari ed extracomunitari riferendosi esse unicamente ai <<calciatori provenienti da Federazione estera>>. 156 73 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo limite fu portato a tre. Ciò avvenne a seguito di una decisione della Corte Federale157 della F.I.G.C. che in data 26 e 27 febbraio 1998 riconobbe la possibilità per le società di serie A di tesserare tre stranieri a partire dalla stagione agonistica 1988-89. Queste modifiche andarono ad incidere sull‟articolo 40 delle Norme organizzative interne federali (N.O.I.F.) e di lì a poco la discplina fu modificata nuovamente: venne liberalizzato il numero degli stranieri tesserabili ma vennero confermati i limiti alla possibilità di schierare giocatori stranieri in ciascuna squadra per ciascuna partita158. Il sistema protezionistico accennato - in un primo tempo ed in un certo senso tollerato dalla giurisprudenza italiana e dalla stessa autorità comunitaria - è stato invece rivoluzionato da una serie di decisioni della Corte di Giustizia della Comunità europea culminate, appunto, con la sentenza Bosman. Innanzitutto la Corte di Giustizia della Comunità europea, con sentenze 12 dicembre 1974159 e 10 luglio 1976160, aveva ritenuto le attività sportive soggette alla regolamentazione del diritto comunitario se configurabili <<come attività economiche ai sensi dell‟articolo 2 del trattato>> ed aveva specificatamente affermato che <<riveste carattere economico l‟attività dei calciatori professionisti o semiprofessionisti, che svolgono un lavoro subordinato o effettuano prestazione di servizi retribuita>>. Infine si è giunti alla c.d. sentenza Bosman; la Corte, interpellata nell‟ambito di una complessa vicenda giudiziaria - promossa dal calciatore belga – riguardo i principi del Trattato comunitario delle norme emesse da associazioni sportive internazionali161 implicanti distinzioni fondate sulla cittadinanza nella regolamentazione del lavoro sportivo, ha risposto che esse contrastano con l‟articolo 48162 del Trattato di Roma163 e costituiscono un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori. Non possono esistere norme che limitino il diritto dei cittadini di altri stati membri a partecipare, come professionisti, ad incontri di calcio, e ciò anche se non riguardano il loro ingaggio ma solo la possibilità per le società di farli scendere in campo nelle partite 157 in Dir. lav. 1988, I, 300. L‟allora vigente comma settimo dell‟articolo 40 delle Norme organizzative interne federali (N.O.I.F.), prescriveva che il tesseramento di calciatore proveniente da federazione estera poteva essere effettuato solo con l‟autorizzazione del Presidente federale, qualora fosse stato rilasciato il transfert internazionale dalla federazione di provenienza, e che lo schieramento in campo delle squadre di serie A doveva comprendere almeno otto giocatori italiani e, quindi, solo tre stranieri e nessuno per le serie inferiori, salvo il caso di squadre retrocesse in serie B che potevano mantenere due giocatori tra quelli utilizzati nella stagione precedente. 159 Sentenza n. 36/74, Walrave e Koch contro Unione Ciclistica internazionale, in Foro it., 1975, IV, 81. 160 Sentenza n. 13/76, Donà contro Montero, in Foro it., 1976, IV, 361. 161 F.I.F.A., U.E.F.A, e federazioni nazionali. 162 Divenuto ora articolo 39. 163 Trattato istitutivo della Comunità Economica europea (CEE) firmato a Roma il 25 marzo 1957 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1958 con durata illimitata. 158 74 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo ufficiali dato che queste ultime costituiscono l‟oggetto essenziale dell‟attività di un calciatore164. La decisione della Corte di Giustizia ha fatto cadere ogni vincolo e ogni forma di discriminazione nel tesseramento e nell‟impiego dei cittadini comunitari, siano essi calciatori o atleti praticanti altre discipline sportive a livello professionistico, essendo solo essenziale lo svolgimento d‟attività sportiva remunerata e, quindi, avente carattere economico. Ed infatti una volta ammesso che lo sport professionistico costituisce prestazione lavorativa esercitata a titolo oneroso si da configurarsi come attività economica ai sensi dell‟articolo 2 del trattato, ed affermata la diretta operatività nel nostro ordinamento dell‟articolo 48 del trattato – che sancisce la libera circolazione dei lavoratori vietando qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità - e dei diversi regolamenti emanati al fine di garantire un‟equilibrata integrazione tra i diversi mercati del lavoro, ne consegue la illegittimità di tutte le disposizioni dell‟ordinamento sportivo che impediscono la mobilità dei calciatori professionisti comunitari. Costituisce quindi corollario di quanto appena detto l‟assunto secondo cui l‟ordinamento sportivo italiano, essendosi inserito per effetto della legge n. 91 del 1981 nell‟ordinamento generale tale da acquistare un‟efficacia esterna, non possa disattendere i principi fissati dalle norme comunitarie tramite norme federali comportanti il blocco, anche solo parziale, dei calciatori comunitari. Per quanto riguarda il trattamento degli extracomunitari, le norme che ne limitavano il tesseramento e l‟impiego hanno resistito ancora qualche tempo dopo la pronuncia della Corte di Giustizia, finché, anche per la sopravvivenza, nell‟ambito comunitario, di nuovi accordi di associazione di stati terzi e, in ambito nazionale, delle nuove leggi sull‟immigrazione e sulla condizione dello straniero, la giurisprudenza ha decretato l‟incompatibilità delle norme originarie con quelle sopravvenute. Sotto il primo aspetto, la Corte di Giustizia165 ha ampliato la tutela antidiscriminatoria a favore degli atleti provenienti da stati associati con i quali sia in vigore un accordo esteso alla libera circolazione dei lavoratori, quando il giocatore sia già in possesso di un contratto di lavoro con una società sportiva di uno stato membro, nei confronti del qual giocatore la federazione non può validamente imporre limitazioni d‟impiego. Su quest‟argomento vi è anche della recentissima giurisprudenza comunitaria che possiamo analizzare. Innanzitutto si ha una sentenza della Corte di Giustizia della 164 165 Corte di Giustizia C.E.E., 15 dicembre 1995, causa C-415/93, in Riv. dir. sport., 1996, 541. Sentenza 8 maggio 2003, in Guida dir., 2003, n. 20, 111. 75 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Comunità europea166in base alla quale <<il riconoscimento, in un accordo di associazione tra la Comunità ed uno stato terzo, del principio di non discriminazione relativamente alla circolazione dei lavoratori ha, come conseguenza, che una federazione sportiva non può porre limiti allo svolgimento dell‟attività lavorativa di atleti professionisti provenienti dallo stato con il quale sussiste tale accordo. Pur non incidendo sul diritto d‟accesso al lavoro, in presenza di un regolare contratto tra una società sportiva e un atleta di uno stato associato, al giocatore deve essere garantito un trattamento, per quanto riguarda le condizioni lavorative, la retribuzione e il licenziamento, identico a quello previsto per i cittadini comunitari. La disposizione dell‟accordo d‟associazione è direttamente applicabile anche alle federazioni sportive e può essere azionata dal singolo dinanzi ai giudici nazionali dello stato nel quale intende svolgere l‟attività sportiva>>. Questa sentenza ha preso il via da una questione pregiudiziale sull‟interpretazione dell‟articolo 38, n. 1 dell‟accordo che istituisce un‟associazione tra la Comunità e gli Stati membri da una parte e la Repubblica slovacca dall‟altra167. Tale questione è stata sollevata nell‟ambito di una controversia tra la federazione tedesca di pallamano (D.H.B.) ed il signor Kolpak con riguardo al rilascio di un cartellino di giocatore professionista. Questo cittadino slovacco aveva stipulato un contratto di lavoro con una squadra tedesca di pallamano; la federazione gli aveva rilasciato il cartellino contrassegnato dalla lettera “A”, attribuita ai cittadini di stati terzi che rispetto ai comunitari sono soggetti a diverse limitazioni. L‟articolo 38 dell‟accordo „Comunità/Slovacchia‟ intitolato <<Circolazione dei lavoratori>> dispone che non devono esservi trattamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori di nazionalità della Repubblica slovacca legalmente occupati nel territorio di uno stato membro. Ovviamente come visto la Corte di Giustizia ha riconosciuto il divieto di discriminazione dei lavoratori slovacchi in virtù dell‟accordo d‟associazione con la Comunità. Questa pronuncia della corte, ha dato vita ad una serie di conseguenze negli ordinamenti delle federazioni sportive degli stati membri, prima fra tutte quella per cui tali federazioni saranno tenute, dove gli accordi d‟associazione contengono una norma nella quale si riconosca il principio di non discriminazione dei lavoratori, ad applicare agli sportivi 166 Sentenza 8 maggio 2003, causa C-438/00 Deutscher Handballbund contro Maros Kolpak. Accordo firmato a Lussemburgo il 4 ottobre 1993 ed approvato con decisione del Consiglio e della Commissione il 19 dicembre 1994 167 76 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo degli stati associati la stessa libertà prevista per i cittadini comunitari, con l‟esclusione del solo diritto di cercare lavoro. Situazione analoga si è avuta anche relativamente al calcio ed in tempi molto recenti: il russo Igor Simutenkov, vecchia conoscenza del calcio italiano, ha ottenuto il parere positivo da parte di un consulente legale della Corte di Giustizia della Comunità Europea circa la sua richiesta di giocare nella Liga168spagnola con gli stessi diritti dei comunitari. Christine Stix-Hackl169, si è pronunciata in favore del Simutenkov, il quale ha presentato la sua richiesta in base ad un accordo170 del 1994 tra la Russia e la Comunità Europea che proibisce la discriminazione in campo lavorativo dei cittadini russi. La convenzione, secondo il calciatore russo, sarebbe stata violata dalla lega spagnola, che proibì a Simutenkov di essere equiparato ai giocatori comunitari quando era al Tenerife. Il parere espresso dalla Stix-Hackl non avrà però effetti immediati171ma dovrà essere ratificato nel corso del 2005 dal Tribunale europeo, che nell‟ottanta per cento dei casi segue, comunque, il parere dei consulenti. In caso di sentenza positiva, i calciatori russi diventerebbero di fatto comunitari172. Sotto il secondo aspetto, si ha un caso deciso dal Tribunale di Reggio Emilia173, il quale intervenne sul settimo comma dell‟articolo 40 delle norme organizzative interne federali (N.O.I.F.) della F.I.G.C., che non consentiva alle società di calcio di serie C il tesseramento di calciatori extracomunitari174, determinando una discriminazione in ragione della nazionalità, con l‟effetto di comprimere l‟esercizio di una libertà fondamentale in campo economico e, in particolare, del diritto d‟esercitare l‟attività di calciatore in Italia. Tale disposizione venne ritenuta, dal Tribunale, in contrasto con 168 La massima serie calcistica spagnola. Già avvocato generale nel caso Kolpak. 170 Più precisamente in base all‟articolo 23, n. 1 di tale accordo si ha che: <<Conformemente alle leggi, condizioni e procedure applicabili in ciascuno stato membro, la Comunità e i suoi stati membri evitano che i cittadini russi legalmente impiegati sul territorio di uno stato membro siano oggetto, rispetto ai loro cittadini, di discriminazioni basate sulla nazionalità per quanto riguarda le condizioni di lavoro, di retribuzione o di licenziamento>>. 171 Le conclusioni sono state presentate l‟11 gennaio 2005. 172 Un altro caso simile si è verificato in Francia ed ha avuto per protagonista una giocatrice di pallacanestro polacca: Lilia Malaja, alla quale era stato rifiutato il tesseramento in quanto la propria squadra aveva già raggiunto il limite di giocatrici extracomunitarie (n.d.r. 2). La giocatrice presento un ricorso avverso tale rifiuto sulla base di un accordo di associazione fra Polonia e l‟Unione Europea stipulato nel 1991, per cui come nei casi precedenti i cittadini della nazione firmataria dell‟accordo con l‟Unione Europea, dovevano essere trattati alle medesime condizioni dei cittadini comunitari. Dopo un lungo iter burocratico nel 2000 la Corte d‟appello di Nancy diede ragione alla giocatrice polacca. 173 Ordinanza 2 novembre 2000, in Corr. Giur., 2001, 236. 174 Tale articolo, più volte modificato, al tempo di questa ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia invece consentiva la possibilità di tesserare cinque extracomunitari per le squadre di serie A ed uno solo per le squadre di serie B. 169 77 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo l‟articolo 43 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286175, e con l‟articolo 16 della legge 23 luglio 1999, n. 242, e ne venne sancita l‟illegittimità. Calò176, riguardo tale ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia, ossia quella del c.d caso “Ekong”177fa notare come l‟articolo 40, comma settimo N.O.I.F. sia contrario, ai principi contenuti negli articoli 2, comma secondo178 e 6, comma primo179 della Convenzione di New York180, nonché alla disciplina dello straniero extracomunitario in Italia dettata dagli articoli 43 e 44 del D.Lgs 286 del 1998181, questi, ultimi, due articoli vietano e sanzionano ogni forma di discriminazione per motivi razziali, etnici e religiosi182. Analogo giudizio è stato reso dal Tribunale di Teramo183 in riferimento al diniego di tesseramento di un giocatore di pallacanestro184, già vincolato con contratto di lavoro professionistico, in applicazione di una norma regolamentare della Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.) secondo cui le società possono tesserare giocatori provenienti da federazione straniera non comunitaria nel numero massimo di due unità185. Opinione contrastante è stata invece espressa dal Tribunale di Pescara186, a proposito della pallanuoto, in quanto tale pratica sportiva non forma oggetto di alcuna delle libertà fondamentali tutelate dalla Costituzione, né è compromesso il diritto al lavoro non essendo il campionato di pallanuoto organizzato su base professionistica. Le limitazioni al tesseramento degli atleti extracomunitari sono state considerate illegittime anche dalla giurisdizione sportiva. Sul punto, si veda una decisione della Corte 175 Recante disciplina sull‟immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. in Via libera agli atleti extracomunitari: i casi Ekong e Sheppard, in Corr. Giurid., 2001, 236. 177 Prince Ikpe Ekong è il calciatore nigeriano che il 27 settembre 2000 conveniva in giudizio ex articolo 44 D.Lgs 25 luglio 1998, n. 286 la F.I.G.C. al fine di ottenere la cessazione di un comportamento discriminatorio in proprio danno. 178 <<Gli stati parte del Patto si impegnano a garantire che i diritti in esso enunciati verranno esercitati senza discriminazione alcuna sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l‟opinione politica o qualsiasi altra opinione, l‟origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione>>. 179 Quest‟articolo si limita invece ad assicurare il diritto di ogni individuo di guadagnarsi la vita con un lavoro liberamente scelto. 180 Convenzione Internazionale sull‟eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966. 181 C.d. Turco – Napolitano. 182 Nel caso di specie Ekong era stato discriminato in base alla propria nazionalità con compromissione del diritto di esercitare l‟attività lavorativa. 183 Sezione distaccata di Giulianova, ordinanza 4 dicembre 2000, in Corr. Giur., 2001, 238. 184 Jeffrey Kyle Sheppard, il quale con ricorso depositato il 28 ottobre 2000 ha chiesto l‟adozione dei provvedimenti idonei a rimuovere l‟asserita condizione di discriminazione per motivi di nazionalità determinata dal diniego al suo tesseramento, quale giocatore professionista assunto dalla società Roseto Basket Lido delle Rose. 185 Nello specifico si tratta dell‟articolo 12 del Regolamento esecutivo della Federazione Italiana Pallacanestro. 186 Sentenza 14 dicembre 2001. Questa sentenza è commentata da Calò E. nel suo articolo Sport e diritti fondamentali , in Corr. giur., 2002, II, 225. 176 78 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Federale della F.I.G.C. del 3 maggio 2001187. Tale illegittimità è stata desunta da una serie di norme, nazionali e non, che sono peraltro identiche a quelle rinvenute nelle sopracitate ordinanze, più precisamente la Corte Federale ha ritenuto illegittimo l‟articolo 40, settimo comma N.O.I.F. nella parte in cui prevedeva che soltanto tre dei calciatori tesserati e provenienti da paesi diversi dall‟Unione Europea possano essere inseriti nell‟elenco ufficiale di cui all‟articolo 61 ed essere utilizzati nelle gare ufficiali in ambito nazionale188. Inoltre in detta decisione la Corte Federale ha sancito che le disposizioni dell‟articolo 40, settimo comma, che ponevano limiti al tesseramento dei cittadini di paesi non appartenenti all Unione Europea, avrebbero avuto efficacia fino a quando il C.O.N.I. non avesse formulato i propri indirizzi e criteri relativi alla dichiarazione di assenso al lavoro dei calciatori extracomunitari. La decisione dell‟organo di giustizia sportiva assume una notevole importanza, da un punto di vista processuale, per la protezione accordata ai diritti fondamentali e, da un punto di vista sostanziale, per la complessa interpretazione della normativa statale in materia d‟immigrazione e condizione giuridica dello straniero e dei suoi effetti nell‟ambito dell‟ordinamento sportivo. Proprio in quest‟ultima prospettiva, anzi, essa rappresenta un momento significativo dell‟evoluzione dei rapporti tra esso e l‟ordinamento statale. In materia, in seguito a queste ordinanze e decisioni, il legislatore è intervenuto recentemente con la legge 30 luglio 2002, n. 189189, che reca modifiche alla normativa in materia d‟immigrazione e di asilo e che, con il suo articolo 22 190 ha aggiunto all‟articolo 27191 del D.Lgs. n. 286 del 1998192 il comma cinque bis in base al quale il C.O.N.I. ha il compito di proporre al Ministro per i beni e le attività culturali il limite massimo annuale d‟ingresso degli sportivi stranieri da ripartire tra le federazioni sportive nazionali. Insieme alla ripartizione, il C.O.N.I. delibera i criteri generali di assegnazione e di 187 in Corr. Giurid. 2001, 820 con commento di Calò E. In virtù di tale disposizione ogni squadra di serie A poteva tesserare fino ad un massimo di cinque atleti extracomunitari ma soltanto tre di questi erano utilizzabili nelle competizioni nazionali. 189 C.d. legge Bossi – Fini. 190 Sul punto, si veda Dondi G.(a cura di) Il lavoro degli immigrati in Leggi e Lavoro, Ipsoa, 2003. 191 Nel testo originario l‟articolo 27 aveva escluso che per gli sportivi professionisti si applicasse il sistema delle quote, con rinvio alle apposite previsioni del regolamento. 192 E‟ bene ricordare che la legge 286 a norma dell‟articolo 1 trova applicazione solo nei confronti degli stranieri extracomunitari ma non nei confronti degli stranieri comunitari, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli e salvo il disposto dell‟articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40. 188 79 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo tesseramento per ogni stagione agonistica anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili193. Pertanto il regime attuale per il tesseramento e l‟impiego degli atleti professionisti di nazionalità straniera può essere sintetizzato come segue: 1. - piena libertà di tesseramento e d‟impiego per gli atleti comunitari o comunque in possesso di passaporto di paese comunitario, ma anche per gli atleti di paesi che hanno concluso un accordo d‟associazione con la Comunità europea; 2. - tesseramento ed assegnazione alle federazioni degli atleti extracomunitari nel limite massimo annuale proposto dal C.O.N.I. ed approvato dal ministro vigilante194. Da tale ricostruzione emerge un trattamento di maggior favore per gli stranieri appartenenti alla Comunità Europea rispetto a coloro che non sono cittadini comunitari. Questa differenza di trattamento trova la sua ragione nell‟esigenza di istituire nell‟Unione Europea un mercato comune, nel quale possano circolare liberamente i fattori della produzione. 193 Questa norma, fa riferimento all‟attività sportiva comunque retribuita, comprendendo così nella sua sfera d‟applicazione anche l‟attività non qualificata come professionistica in base all‟articolo 1 della legge n. 91. 194 Ad esempio in prossimità dell‟approvazione della legge n. 189 del 2002, il Consiglio Federale della F.I.G.C. ha deliberato, con effetto immediato per almeno una stagione calcistica di ammettere le società di serie A e B al tesseramento di un solo calciatore extracomunitario, oltre a quelli già in forza, salvo che i contratti relativi ai nuovi ingressi non fossero già stati depositati in Lega o non fossero già state avanzate le 80 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1.8 - Il minore195 nello sport Qualche parola, infine, deve essere spesa in favore di un altro argomento che ha sempre rappresentato uno dei punti centrali del diritto del lavoro, vale a dire, la tutela giuridica dei lavoratori minorenni. Lo sport praticato a livello agonistico dai minori induce ad una serie d‟interrogativi per la peculiarità del soggetto del rapporto e, per i limiti che la legge pone al potere dispositivo dei genitori. Quello del minore è uno status che non trova una grande regolamentazione nel mondo sportivo, la legge di riferimento dell‟intero sistema – ossia la legge n.91 – sull‟argomento tace completamente ed anche le norme federali sono scarne di previsioni normative in materia. È pur vero che sono pochi gli atleti che svolgono attività sportiva a livello professionista al di sotto della maggiore età, ma questo fenomeno si sta espandendo sempre di più, data la continua ricerca di “baby fenomeni” un po‟ in tutti gli sport. Dalle norme organizzative interne della Federazione Italiana Giuoco Calcio emerge come i calciatori, tesserati presso la federazione stessa, siano suddivisi in tre categorie: A) - PROFESSIONISTI B) - NON PROFESSIONISTI C) - GIOVANI L‟articolo 31 delle norme organizzative interne della F.I.G.C. qualifica come giovani i calciatori che abbiano compiuto anagraficamente l‟ottavo anno e che al primo gennaio dell‟anno in cui ha inizio la stagione sportiva non abbiano compiuto in sedicesimo anno. Questi atleti possono essere tesserati per società associate nelle Leghe ovvero che svolgono attività esclusiva nel settore per l‟attività giovanile e scolastica. Il “calciatore giovane” è vincolato alla società per la quale è tesserato per la sola durata della stagione sportiva, al termine della quale è libero di diritto196. richieste di dichiarazione nominativa di assenso, cioè le richieste di permesso di soggiorno da parte della società. Nessun nuovo tesseramento è stato invece autorizzato per le società di serie C. 195 L‟articolo 2 c.c. fisa il raggiungimento della maggiore età al compimento del diciottesimo anno di vita. Con la maggiore età – prosegue il primo comma – si acquista la capacità a compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilità un‟età diversa. 196 Questa norma prevista dal regolamento della F.I.G.C. rappresenta però più un‟eccezione che una norma tipica di tutto l‟ordinamento sportivo. 81 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Tuttavia l‟atleta in età dai dodici ai quattordici anni può assumere vincolo biennale con la società per la quale chiede il tesseramento. L‟articolo 33 introduce un‟altra categoria, ossia, i c.d.”giovani di serie”, tale qualifica è assunta al compimento del quattordicesimo anno, da coloro che sono tesserati per una società associata ad una delle Leghe professionistiche197. I calciatori con la qualifica “giovani di serie” assumono un particolare vincolo, atto a permettere alla società di addestrarli e prepararli all‟impiego nei campionati disputati dalla stessa, fino al termine della stagione sportiva che ha inizio nell‟anno in cui il calciatore compie anagraficamente il diciannovesimo anno d‟età. Nell‟ultima stagione sportiva del periodo di vincolo, l‟atleta, entro il termine stabilito annualmente dal Consiglio Federale, ha diritto ad un‟indennità determinata annualmente dalla Lega cui appartiene la società. La società per il quale l‟atleta è tesserato, da parte sua, ha diritto di stipulare con l‟atleta il primo contratto di calciatore professionista della durata massima di tre anni198. L‟articolo prosegue affermando che tali atleti, al compimento del sedicesimo anno d‟età e purché non tesserati a titolo temporaneo, possono stipulare contratti professionistici. Il calciatore “giovane di serie” ha comunque diritto ad ottenere la qualifica di professionista e la stipulazione del relativo contratto da parte della società per la quale è tesserato, quando: 1) - abbia preso parte ad almeno dieci gare di campionato o di coppa italia, se in serie „A‟ 2) - abbia preso parte ad almeno dodici gare di campionato o di coppa italia, se in serie „B‟ 3) - abbia preso parte ad almeno tredici gare di campionato o di coppa italia, se in serie „C/1‟ 4) - abbia preso parte ad almeno diciassette gare di campionato o di coppa italia, se in serie „C/2‟ in queste circostanze è ammessa una durata del rapporto contrattuale non superiore alle cinque stagioni sportive, compresa quella in cui avviene la stipulazione del contratto. Al minore in virtù delle disposizioni del codice civile è riconosciuta solo la capacità di esercitare i diritti ed esperire le azioni derivanti dai contratti stipulati dai genitori nel suo interesse, quindi è riconosciuta capacità processuale ma non capacità negoziale. Queste limitazioni non esulano i minorenni anche se sportivi, non vi è dubbio quindi che il contratto d‟ingaggio non possa essere validamente sottoscritto dal minore poiché privo della capacità d‟agire. Toccherà quindi ai genitori sottoscrivere tale contratto, e qui è ovvio il richiamo all‟articolo 320 del codice civile rubricato “rappresentanza e 197 Per essere più pratici se fanno parte di una squadra che partecipa ai campionati di serie A, B, C1 o C2. 82 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo amministrazione”, in base al quale <<i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni>>. In attuazione del principio relativo all‟attribuzione dell‟esercizio della potestà ad entrambi i coniugi, la rappresentanza dei genitori sui figli minori si qualifica come rappresentanza legale, per cui i poteri del rappresentante derivano direttamente dalla legge ed il titolo, in base al quale il rappresentante spende il nome del rappresentato, risiede nella stessa legge. La riferibilità al minore del contratto stipulato dal genitore è tuttavia esclusa qualora il contratto stesso risulti nullo o contrario a norme imperative, quali quelle dettate dall‟articolo 320 c.c. a tutela degli interessi del minore. Nel rapporto sportivo, quello che viene redatto in nome dell‟atleta e sottoscritto dai genitori è, ovviamente, un contratto d‟opera. Interessante può essere verificare se la conclusione di tale contratto sia da considerare atto d‟amministrazione ordinaria o atto d‟amministrazione straordinaria. In parole più pratiche se questo contratto possa essere sottoscritto disgiuntamente da ciascun genitore (e questo è il caso degli atti d‟amministrazione ordinaria), ovvero se diversamente richieda l‟autorizzazione del giudice tutelare (questo è quello che avviene per gli atti d‟amministrazione straordinaria). C‟è da ritenere che si tratti d‟attività straordinaria199 da compiersi dai coniugi congiuntamente previa autorizzazione del giudice tutelare, ciò in considerazione della natura del rapporto e dell‟oggetto, mentre contratti riguardanti la cessione dell‟esercizio dei diritti di sfruttamento pubblicitario del nome e dell‟immagine dell‟atleta minore, sono da considerare atti di ordinaria amministrazione Essenzialmente si può dire che ai minori che praticano sport affidandosi alle federazioni del C.O.N.I. si applica la medesima normativa che riguarda i dilettanti. Di conseguenza accade spesso che, raggiunta la maggiore età, l‟atleta debba comunque restare vincolato alla società con la quale ha stipulato un accordo privo di scadenza e, dunque, non possa recedere più dal tesseramento, secondo quanto previsto dalle disposizioni generali della maggior parte delle norme federali. Solo in alcuni casi, infatti, 198 Tale diritto va esercitato esclusivamente nell‟ultimo mese di pendenza del tesseramento quale “giovane di serie” con le modalità annualmente stabilite del Consiglio Federale. 199 Si ricordi che, ai sensi dell‟articolo 322 c.c. e considerando il rimedio giudiziario eventualmente attivabile, la mancanza d‟autorizzazione per gli atti eccedenti l‟ordinaria amministrazione riguardanti i minori d‟età non da luogo ad inesistenza o a nullità degli atti stessi, che chiunque può far valere, bensì alla loro annullabilità, la quale può essere fatta valere soltanto dal genitore che abbia agito in rappresentanza del figlio o dal figlio medesimo (cfr. Cassazione civile, sez. II, 12 agosto 1996, n. 7495, in Giust. civ. Mass., 1996, 1171). 83 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo il vincolo sottoscritto dai genitori non è superiore ad un anno, come previsto dal regolamento della F.I.G.C. per i minori di quindici anni, ma si tratta di ipotesi che, data la loro esplicita natura eccezionale, ribadiscono il principio generale del “cartellino” senza limiti di tempo. Sulla questione relativa al trasferimento internazionale degli atleti di età inferiore a diciotto anni è recentemente intervenuta la F.I.F.A., che nella riunione tenutasi a Bruxelles in data 5 marzo 2001 ha affermato che al fine di assicurare un ambiente stabile per la formazione e l‟educazione dei giocatori, i trasferimenti internazionali o il primo tesseramento dei giocatori con meno di diciotto anni saranno consentiti alle seguenti condizioni: 1. - se, la famiglia del giocatore si trasferisce per ragioni non legate al calcio nel paese del nuovo club formatore; 2. - se, all‟interno del territorio dell‟Unione Europea e nel caso di giocatori di età compresa tra l‟età minima lavorativa nel paese del nuovo club formatore e i diciotto anni, il nuovo club formatore assicura loro un adeguato trattamento per la formazione sportiva e l‟istruzione scolastica. A questo scopo, le istituzioni calcistiche stabiliranno e metteranno in pratica un apposito codice di comportamento. 84 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo CAPITOLO 2. – CONTRATTO DI LAVORO SPORTIVO Parte prima 2.1 – Costituzione e forma del contratto Passando ad esaminare gli aspetti più pratici è sicuramente interessante analizzare quelle che sono le modalità in cui avviene la costituzione del contratto di lavoro sportivo. L‟instaurazione di un rapporto di lavoro di natura subordinata non determina l‟applicabilità “de plano” della disciplina di diritto comune200, fondamentale in quest‟ottica è l‟articolo 4 della legge n. 91 del 1981, che regola la costituzione ed il contenuto del contratto di lavoro subordinato, nei primi sei commi. Innanzitutto l‟articolo 4 – rubricato Disciplina del lavoro subordinato sportivo201stabilisce che la costituzione del rapporto avvenga mediante assunzione diretta202, con 200 Sul punto, si veda Realmonte F., L‟atleta professionista e l‟atleta dilettante, in Riv. dir. sport., 1997, 371. 201 La rubrica dell‟articolo 4 potrebbe far pensare che tale disciplina riguardi solo gli atleti, ma è la pratica stessa a dimostrare come la norma abbia avuto attuazione oltre la categoria degli atleti e, in specie, per gli allenatori nelle federazioni aperte al professionismo sportivo. 202 Secondo il primo comma: << il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipula di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la 85 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo esclusione della applicabilità degli articoli 33 e 34, dello Statuto dei lavoratori in materia di collocamento203. Assunzione diretta significa, essenzialmente, senza il tramite dell‟ufficio di collocamento, che è funzione pubblica dello stato. Quando è stata emanata, tale disposizione costituiva una vistosa deroga al principio di carattere generale secondo il quale il mercato del lavoro - cioè l‟incontro tra la domanda e l‟offerta di lavoro proveniente la prima dalle imprese e la seconda dai lavoratori doveva svolgersi sotto il controllo pubblico, al fine di evitare discriminazioni nell‟accesso al lavoro e abusi a danno dei lavoratori, e doveva seguire il criterio della c.d. chiamata numerica, inoltrata agli uffici pubblici nelle cui liste di collocamento erano obbligati ad iscriversi204 i soggetti che intendevano “avviarsi” al lavoro. Oggi, che si è concluso il processo di liberalizzazione del sistema delle assunzioni205, nonché quello di sburocratizzazione dei processi di incontro tra domanda ed offerta di lavoro206 la disposizione di cui all‟articolo 4 ha perso quella carica fortemente derogatoria ed innovativa che aveva quando fu emanata e che, tuttavia, risultava ampiamente giustificata nel quadro di una interpretazione sistematica dell‟intera legge, la cui ratio ruotava intorno all‟abolizione del vincolo sportivo e alla restituzione della piena libertà contrattuale in favore dell‟atleta professionista. Per quanto riguarda gli elementi essenziali del contratto, essi sono essenzialmente due: 1. - ACCORDO; 2. - FORMA. L‟origine contrattuale del rapporto di lavoro, compreso quello sportivo, fa sì che a fondamento della sua conclusione, stia l‟accordo tra le parti; e ciò, nonostante che l‟esigenza di tutela dei lavoratori determini sin dal suo momento genetico, l‟emergere d‟elementi di specialità del contratto di lavoro rispetto a tutti gli altri contratti. società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all‟accordo stipulato ogni tre anni, dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate>>. 203 Tale principio era già stato affermato più volte dalla giurisprudenza prima dell‟intervento del legislatore del 1981, e così ricordiamo due importanti sentenze della Cassazione che sancirono la non applicabilità della normativa sul collocamento ai lavoratori sportivi: Cassazione 3 aprile 1963, n. 811, in Riv. dir. sport., 1963, 100; Cassazione 29 aprile 1970, n. 1349, in Riv. dir. sport., 1971, 450. Con la legge n. 91 del 1981 si è definitivamente sottratto in modo inequivocabile il settore sportivo dall‟ambito della normativa sul collocamento. 204 Tale disciplina dettata dalla legge 29 aprile 1949, n. 264, così come modificata dalla legge 10 febbraio 1961, n. 264 è stata comunque abrogata. 205 Avviato con legge 23 luglio 1991, n.223 e portato avanti con legge 28 novembre 1996, n. 608 e con il decreto legislativo n. 297 del 2002. 206 Decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 e decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, c.d. „legge Biagi‟ 86 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo L‟esigenza di tutela della parte debole fa sì, pertanto, che nel rapporto di lavoro subordinato l‟accordo o consenso delle parti finisca per avere ad oggetto non il contenuto del contratto, ma la stipulazione dello stesso, alle condizioni determinate a livello collettivo, rispetto alle quali potrebbero essere previste soltanto clausole di trattamento di miglior favore per il lavoratore. Ed è proprio in questa direzione che va il primo comma dell‟articolo 4 dove è previsto espressamente che il contratto, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni, venga stipulato sulla base di quello tipo, predisposto all‟accordo stipulato ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate. La cadenza triennale nella quale viene rinnovato il contratto collettivo trova la sua ratio nella necessità di adattare costantemente il contratto di lavoro sportivo alle eventuali modificazioni normative o contrattuali sia a livello nazionale che a livello europeo. I contenuti del contratto tipo devono essere “concertati” d‟intesa con i rappresentanti delle categorie interessate. Come appare evidente, deve esserci un‟intesa tra i rappresentanti, non sono solo quelli delle società ma anche quelli dei prestatori di lavoro, con tale previsione la legge n. 91, dunque, precorre i tempi perché si giunge ad una disposizione normativa che ha incoraggiato l‟associazionismo fra atleti professionisti207. Ma è bene ricordare che a differenza della disciplina generale sul lavoro subordinato208, se il lavoratore sportivo non aderisce ad alcun sindacato, l‟accordo collettivo ed il contratto tipo hanno egualmente valore nei suoi confronti, il che significa che egli non può concludere un contratto di lavoro se non alle condizioni stabilite dal contratto tipo. In altri termini l‟articolo 4 conferisce alla contrattazione collettiva una sorta di efficacia erga omnes. Nei confronti di tale soluzione sono stati sollevati diversi dubbi di legittimità costituzionale sotto l‟aspetto della violazione del principio di libertà d‟associazione sindacale209. Tuttavia è stato osservato che l‟articolo 4 non istituisce una forma di rappresentanza legale a favore dei rappresentanti delle categorie interessate, ma trova la sua spiegazione nel vincolo d‟appartenenza di società e sportivi professionisti alle federazioni. La giurisprudenza210 ha affermato che il rapporto contrattuale tra lo sportivo professionista e la società destinataria delle prestazioni sportive non è qualificabile come 207 Ed in quest‟ottica che è nata l‟associazione italiana calciatori, che, negli anni, ha riportato notevoli successi, specie per la tutela previdenziale del calciatore, ma purtroppo sono ancora molto pochi gli sport in cui esistono associazioni di questo tipo. 208 In cui gli accordi collettivi vincolano solo coloro che sono iscritti ai sindacati stipulanti. 209 Libertà garantita dal primo comma del articolo 39 della nostra Costituzione. 210 Cassazione civile, sezione lavoro, 8 giugno 1995, n. 6439, in Giust. civ. Mass., 1995, IV.; Cassazione, 5 marzo 1993, n. 4063, in Foro it., 1994, I, 136. 87 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo rapporto di lavoro subordinato sportivo ai fini dell‟applicabilità della disciplina della legge n. 91, ove manchi un contratto tipo. In tal caso, il rapporto, se ne ricorrono i presupposti costituisce un comune rapporto di lavoro subordinato, quindi, non soggetto alle deroghe rispetto alla disciplina comune di cui al comma nono dell‟articolo 4, tra queste spicca l‟applicabilità della legge 18 aprile 1962, n.230, e successive modifiche, in materia di disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato. In altre parole il rapporto di lavoro sportivo, che assume carattere di specialità per via delle deroghe imposte dalla disciplina della legge n. 91 è solo quello che sorge secondo gli schemi del contratto tipo; ogni altra tipologia di rapporto deve essere valutata secondo le regole generali del diritto comune211. La necessità di conformazione tra il contratto individuale e quello tipo212 (vedi Appendice) non esclude che la regolamentazione dei molteplici aspetti del rapporto - tra cui spicca, certamente, la determinazione dei compensi – sia rimessa alla piena autonomia contrattuale delle parti. Molto diffuso è, pertanto, a tutela degli interessi in gioco, il ricorso alla figura del procuratore sportivo213, cui affidarsi - mediante un rapporto giuridico modellato sul mandato – per essere assistiti nella conclusione del contratto di lavoro e nella tutela dei diritti che ne derivano214. Tale figura ha assunto particolare rilevanza e diffusione nel gioco del calcio, tant‟è che la F.I.G.C. ha provveduto a regolarne l‟attività e controllarne la correttezza del comportamento mediante appositi regolamenti215. Secondo questa normativa federale è agente di calciatore colui che, avendone ricevuto l‟incarico, cura e promuove i rapporti tra un calciatore e una società in vista della stipula del contratto di prestazione sportiva e, presta opera di consulenza a favore del calciatore nelle trattative dirette alla stipula dello stesso. Molti giuristi si sono a lungo adoperati, in fase d‟interpretazione del primo comma dell‟articolo 4, per dare un‟esatta qualificazione al rapporto esistente tra l‟accordo 211 Sul punto, si veda Frediani F., La disciplina del rapporto di diritto sportivo, in Biagi M. – Suwa Y.( a cura di), Il diritto dei disoccupati, Giuffrè, 1996. 212 Il contratto individuale deve essere conforme al contratto tipo, il quale deve essere conforme al contratto collettivo. 213 L‟articolo 2 del regolamento disciplinare della F.I.G.C. vieta ai soggetti dell‟ordinamento federale di avvalersi di mediatori. Si ritiene, comunque, che il termine “mediatore” vada inteso tecnicamente e, pertanto, il divieto non sia estensibile a figure affini quali agenti e procuratori. 214 Sul punto, si veda Zoppini A. I procuratori sportivi nella evoluzione del diritto dello sport, in Riv. dir. sport., 1999, 283. 215 La F.I.G.C. ha adottato un regolamento conforme a quanto previsto dal regolamento F.I.F.A. per gli “agents des joueurs”. 88 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo collettivo ed il contratto tipo. Secondo De Cristofaro216<< il legislatore ha parlato d‟accordo per intendere il consenso tra le parti sociali in ordine alla predisposizione del contratto tipo, distinguendo il contratto collettivo - concluso quando sia raggiunto l‟accordo - dal suo oggetto, ossia dall‟insieme delle clausole del contratto tipo. Si chiarisce, così, la connessione tra il contratto collettivo e il contratto tipo, che ne costituisce la parte normativa>>. Si può quindi concludere che la relazione esistente tra l‟accordo collettivo ed il contratto tipo sia di perfetta equiparazione poiché risultano identiche la natura giuridica, l‟efficacia ed i soggetti contraenti, cosicché il contratto tipo si pone come clausola complessa dell‟accordo collettivo217. La prevista esistenza di un contratto tipo, cui conformare il contenuto del contratto individuale, nonché la necessità di consentire un controllo sull‟osservanza di tale obbligo e sul rispetto delle norme di legge che escludono o impongono la presenza di determinate clausole contrattuali, non poteva non sfociare nell‟imposizione al contratto di lavoro sportivo della forma scritta ad substantiam. Una tale previsione che nella disciplina generale del contratto di lavoro subordinato costituisce l‟eccezione218, nel contratto di lavoro sportivo viene eretta a regola, ed imposta a pena di nullità del contratto stesso, escludendo così la possibilità che sia data per testi la prova di pattuizioni che costituiscono parte integrante dell‟assetto negoziale realizzato con il contratto219. Questa previsione, dettata dall‟articolo 4 della legge n. 91 del 1981, risulta coerente con il sistema di tutele e garanzie apprestate dall‟ordinamento giuridico in favore del lavoratore, che stipuli contratti per i quali sia prevista una regolamentazione difforme, ed in genere meno garantista di quella dettata in via generale per il rapporto di lavoro subordinato. 216 De Cristofaro M., Norme in materia di rapporti tra società sportive e sportivi professionisti, commentato a cura di Persiani M, in Nuove leggi civili commentate, Cedam, 1982, p. 586. 217 Per un approfondimento sull‟argomento, si veda Cianchi V., Profili sindacali del rapporto di lavoro sportivo, in Riv. dir. sport., 1990, 285. 218 La forma scritta ad substantiam è, infatti, richiesta soltanto per il patto di prova di cui all‟articolo 2096 c.c., per il contratto a termine a norma del D.Lgs. 368 del 2001, per il contratto di somministrazione e per il contratto di inserimento – articoli 21 e 56 D.Lgs. 276/2003, per il contratto di formazione lavoro in virtù della legge 451 del 1994 e per il contratto di arruolamento marittimo; non è invece richiesta in tutte le altre circostanze. 219 Così Cassazione 28 dicembre 1996, n.11540, in Giust. civ. Mass., 1996, 1799 secondo la quale l‟applicazione del principio posto dall‟articolo 2725 c.c. non trova deroghe nel rito del lavoro, posto che l‟articolo 421 c.p.c., quando consente al giudice di ammettere mezzi di prova al di fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, si riferisce ai limiti fissati da detto codice alla prova testimoniale in via generale negli articoli 2721, 2722, 2723 c.c., e non invece a quelli stabiliti dall‟ordinamento per determinati e specifici atti in ordine alla forma sia ad substantiam che ad probationem. 89 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Non si deve dimenticare che nella disciplina del lavoro sportivo tale requisito è previsto non solo a tutela dello sportivo-lavoratore, ma anche per rendere possibile il controllo della conformità del contratto individuale agli accordi tra federazioni e rappresentanti delle categorie interessate, ed è proprio per tale finalità che l‟articolo 4 impone il deposito del contratto presso la federazione sportiva nazionale per la sua approvazione. Questa sentenza è però difficilmente condivisibile. A ben vedere, la sanzione della nullità, disposta dal primo comma dell‟articolo 4 legge n. 91, è esclusivamente riferita alla mancanza della forma scritta, come ben si desume dalla collocazione della clausola “a pena di nullità”, e non può essere riferita alle ipotesi di difformità del contratto che intercorre tra lo sportivo e la società, rispetto al contratto tipo La costituzione e l‟efficacia del contratto individuale di lavoro sportivo si presta come una fattispecie complessa a formazione progressiva, in cui più fasi successive220concorrono, con valenza e funzioni giuridiche diverse, al perfezionamento della fattispecie stessa e alla produzione degli effetti voluti dalle parti. Possono concorrere a formare la struttura del contratto di lavoro sportivo anche due elementi accidentali tipici dei contratti, e cioè la condizione ed il termine. I quali, una volta inseriti nella fattispecie contrattuale ne modificano il contenuto o ne condizionano l‟efficacia, obbligando, di fatto, le parti al loro rispetto. Per esemplificare si può ricordare come anche nel rapporto di lavoro sportivo possono essere previste delle clausole che condizionano la definitiva assunzione del lavoratore al superamento di un periodo di prova. Per quanto riguarda il termine, soprattutto, a seguito della legge n. 91 del 1981 e la conseguente abolizione del vincolo sportivo esso è diventato nella pratica un elemento fondamentale di tutti i contratti e consiste nella previsione di un termine di durata del contratto. La legge sul lavoro sportivo, ponendosi in antitesi con la tradizionale posizione di sfavore del legislatore italiano nei confronti del rapporto di lavoro a tempo determinato, consente espressamente, all‟articolo 5, che il contratto di lavoro subordinato dello sportivo professionista contenga l‟apposizione di un termine finale non superiore a cinque anni; e ammette la possibilità di successione di più contratti a termine tra gli stessi soggetti, escludendo (art. 4, ottavo comma) che al rapporto così instaurato si applichi la legge 18 aprile 1962 n. 230 sul contratto di lavoro a termine221. 220 Costituite, riassumendo, dalla redazione di un contratto scritto conforme al contratto tipo, dal suo deposito presso le rispettive federazioni e dalla conseguente approvazione da parte delle stesse 221 Secondo Cassazione, 5 settembre 1986, n.5430, in Foro It., Rep. 1986, voce Sport, n. 45, l‟articolo 4, ottavo comma, legge n. 91 del 1981 si riferisce ai contratti di lavoro sportivo stipulati in conformità di accordi collettivi tra le federazioni e i rappresentanti delle categorie interessate, cosicché in mancanza di 90 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo La previsione di un termine di durata del rapporto di lavoro sportivo trova giustificazione sia nell‟interesse dello sportivo che delle società a non vincolarsi a tempo indeterminato o, comunque, per tempi molto lunghi incompatibili con quegli obbiettivi di continui successi, in campo agonistico ed economico, che solo il dinamismo nelle scelte organizzative può essere in grado di assicurare. Comunque sia anche in virtù della previsione di un tale termine, è da ritenere possibile ad entrambe le parti risolvere in ogni momento il contratto prima della scadenza del termine, allorché ricorra una giusta causa, così come si dirà oltre a proposito delle ipotesi di rescissione ed estinzione del rapporto di lavoro sportivo. È bene comunque ricordare che parte della dottrina222 afferma come il contratto possa essere sia a tempo determinato – come visto – sia a tempo indeterminato. Diversamente da quanto accade nell‟ordinario rapporto di lavoro, nel lavoro sportivo il lavoratore più tutelato è quello assunto a termine che, almeno per la durata del contratto, è garantito in ordine alla continuità del rapporto. Chi è invece assunto a tempo indeterminato si trova paradossalmente nella più totale incertezza, dal momento che la legge n. 91 esclude l‟applicabilità delle norme di legge limitative del potere di licenziamento del datore di lavoro. L‟articolo 4 della legge n. 91 impone al sesto comma un importante divieto che deve essere rispettato nella conclusione del contratto. Più precisamente <<il contratto di lavoro sportivo non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni>>. L‟articolo 4 in questo caso si rifà ad una disposizione del codice civile, ossia, l‟articolo 2125 in base al quale l‟eventuale patto con cui si limita lo svolgimento dell‟attività del prestatore di lavoro, per il periodo successivo alla cessazione del contratto è nullo se non risulta da atto scritto. Questa scelta fatta dal legislatore si rivela però coerente con le finalità della normativa dettata dalla legge n. 91 del 1981, infatti, esaminando gli articoli 6 e 16, con i quali è stato abolito il c.d. vincolo sportivo, emerge che, non escludendo il patto di non concorrenza a conclusione del rapporto di lavoro con la precedente società sportiva, si tali accordi restano operanti le disposizioni di cui alla legge n. 230 del 1962 in materia di rapporto di lavoro a termine. Analogamente Cassazione, 8 giugno 1995, n. 6439, in Foro it., Rep 1995, voce Sport, n. 58. Ancora oggi, non più vigente la legge n. 230 del 1962 perché abrogata dal decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368, l‟apposizione del termine non è lasciata alla libera determinazione delle parti, ma deve trovare giustificazione in ragioni d‟ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. 222 Sono concordi con questa ricostruzione Bonavitacola R., Manuale di diritto sportivo, Edizioni Maros, 1991; Spadafora M.T., Diritto del lavoro sportivo, Giappichelli, 2004. 91 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo sarebbero poste non poche difficoltà al nuovo rapporto, vanificando l‟altra finalità della legge, che è, appunto, quella di limitare il citato vincolo. Le regole stabilite per la costituzione del rapporto si applicano anche ai contratti preliminari e ai patti aggiunti al contratto e, quindi, estensivamente, a qualsiasi integrazione o modifica che fosse concordata dalle parti, considerata l‟esigenza del controllo federale anche su tali atti223. A norma dell‟artico 43 dello statuto F.I.G.C. le società – oltre alla approvazione della federazione - sono tenute a depositare presso la Lega, nei termini e con le modalità stabilite dal consiglio di Lega, tali contratti di lavoro sportivo; i calciatori professionisti il cui contratto non sia stato depositato presso la Lega non possono partecipare a gare di coppa Italia o campionato. 92 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.1.1 – Approvazione del contratto Il secondo comma dell‟articolo 4 legge n. 91 del 1981 afferma che << la società ha l‟obbligo di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per l‟approvazione>>. In precedenza, abbiamo già anticipato che quella dell‟approvazione rappresenta una delle fasi che concorrono, con valenza e funzioni giuridiche diverse, al perfezionamento della fattispecie stessa e alla produzione degli effetti voluti dalle parti. È una situazione abbastanza strana, si ha, infatti, un contratto individuale fra il datore di lavoro e il lavoratore che deve essere approvato da un terzo soggetto: la federazione Nonostante l‟uso del termine “approvazione” - tecnicamente riferibile ad un controllo di merito sull‟atto che ne è oggetto - parte della dottrina224 ritiene che il controllo operato dalle federazioni di competenza, sia limitato alla legittimità, ovvero alla verifica della non difformità del contratto individuale rispetto a quanto stabilito dal contratto tipo predisposto in sede di contrattazione collettiva. Poiché la legge prescrive l‟obbligo di conformità del contratto individuale al contratto tipo e poiché il controllo federale ha la finalità principale di preservare la stabilità e l‟equilibrio economico e finanziario delle società sportive, è palese che siffatto controllo, oltre alla verifica formale della coincidenza delle clausole dei contratti in questione, imponga anche la valutazione di merito sulla congruità dell‟impegno economico assunto dalle società, valutazione che, per essere esauriente e dimostrativa della situazione effettiva, non può essere circoscritta al singolo contratto ma deve essere estesa a tutti i contratti che risultano depositati in un dato momento da una determinata società sportiva comparandone il contenuto economico alle emergenze del bilancio della stessa società. Sotto l‟aspetto del controllo formale, è interessante chiedersi quale sorte spetti alle clausole difformi rispetto al contratto tipo e quale debba essere, nei diversi casi, la delibera federale riguardante l‟approvazione. 1. - Per quanto riguarda le clausole peggiorative, per l‟atleta, è la legge stessa a trovare una soluzione, sancendone l‟inefficacia e la sostituzione con quelle corrispondenti al 223 Per i contratti preliminari vedi Tribunale di Roma, ordinanza 3 agosto 1994, in Riv. dir. sport., 1995, 638; per i patti aggiunti vedi Cassazione, 4 marzo 1999, n.1855, in Giust. civ., 1999, I, 1611. 224 Sul punto, si veda Duranti D., L‟attività sportiva come prestazione di lavoro, in Riv. it. dir. lav., 1983, I, 699. 93 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo contratto tipo. Tale disciplina è dettata dal terzo comma225 del, già più volte citato, articolo 4 e non fa altro che riprodurre per il contratto di lavoro sportivo, il principio generale già stabilito dall‟articolo 2077 c.c., con l‟avvertenza, tuttavia, che l‟articolo 4 implica un‟importantissima deviazione rispetto alla norma di diritto comune, la quale secondo un principio radicato, disciplina i rapporti tra lavoratori e datori di lavoro che aderiscono alle associazioni sindacali stipulanti, mentre l‟articolo 4 obbliga anche i soggetti non appartenenti alle associazioni stipulanti. 2. - Nell‟ipotesi di contratto individuale con clausole più favorevoli per l‟atleta, non sembra invece immediato il principio della loro prevalenza sulle clausole dell‟accordo collettivo. Così, per esempio, la clausola che dispensi l‟atleta dalla preparazione e dagli allenamenti sotto la direzione della società, quando essa sia, invece, stabilita dall‟accordo collettivo e dal contratto tipo226, non potrebbe ottenere l‟approvazione federale in forza dell‟obbligo di conformità richiesto dal legislatore del 1981. L‟articolo 4 tace invece completamente su quelle che sono le modalità del deposito e le eventuali conseguenze dell‟omissione di tale atto, ma anche in ordine all‟omissione di qualsiasi provvedimento, positivo o negativo, da parte della federazione. A porre rimedio a questo vuoto legislativo, sono, tuttavia, gli accordi collettivi. In particolare l‟accordo fra l‟associazione calciatori e le società sportive prevede l‟obbligo per le società di depositare il contratto in triplice copia entro cinque giorni dalla stipulazione presso l‟organo federale competente227. Secondo la giurisprudenza228, tale incombenza può essere eseguita anche dal professionista il quale, in ogni caso, ha diritto al risarcimento del danno per l‟eventuale negligenza della società. La federazione a sua volta deve dare immediata notizia alle parti dell‟eventuale mancata approvazione, mentre nel caso di mancata pronuncia entro il trentesimo giorno successivo al deposito, il contratto s‟intende approvato. Poiché la federazione è parte contraente dell‟accordo collettivo quest‟ipotesi di silenzioassenso sembra legittima ma comunque non appare consona al rigore della legge almeno quando funzioni come rimedio al mancato esame della federazione. 225 <<Le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo>>. 226 Come avviene nel caso dei calciatori professionisti. 227 Sul punto, si veda l‟articolo 3 dell‟accordo collettivo F.I.G.C. – A.I.C. e, analogamente, l‟articolo 2 dell‟accordo F.I.G.C. – A.I.A.C. Le formalità stabilite dall‟accordo F.I.P. – G.I.B.A. sono pressoché identiche. 228 Cassazione, sezione lavoro, 12 ottobre 1999, n. 11462. 94 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Parte della giurisprudenza229 ritiene che in mancanza della, detta, approvazione da parte della Federazione il contratto sia egualmente valido ed efficace e le conseguenze della mancata approvazione potranno riguardare esclusivamente l‟ambito sportivo, dando origine a conseguenze di tipo sanzionatorio in capo alla società Ove il contratto non sia approvato per incapacità economica della società, il professionista ha diritto ad un equo indennizzo per la determinazione del quale non è indicato alcun criterio. In caso di rifiuto dell‟approvazione da parte della federazione competente sembra ammissibile – ai sensi dell‟articolo 12, ultimo comma, della legge n. 91 – il ricorso alla giunta esecutiva del C.O.N.I., che deve pronunciarsi entro sessanta giorni dalla ricezione del ricorso. Tale opinione 230 poggia sulla considerazione che il contratto a titolo oneroso tra società ed atleta, oltre ad implicare sovente notevoli esposizioni finanziarie dei sodalizi sportivi, può essere classificato come atto di straordinaria ammissione, determinando investimenti di capitali non privi di rischio. 229 Sul punto, si veda Bonavitacola R., Manuale di diritto sportivo, Edizioni Maros, 1991 95 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.1.2 – Cause di invalidità del contratto di lavoro sportivo Non sempre il contratto che viene concluso, tra le parti, presenta tutti i requisiti necessari a garantirne la piena validità. Può, infatti, accadere che nell‟iter formativo, precedentemente descritto, venga a mancare uno degli elementi essenziali voluti dalla legge, oppure che la volontà delle parti sia condizionata da fattori esterni che ne alterino la formazione. Per cui in caso di mancanza di uno degli elementi essenziali si potrà determinare un‟ipotesi di nullità a norma dell‟articolo 1418 c.c. Mentre quando la volontà risulti viziata da dolo, violenza morale o errore potrà essere origine di una situazione di annullabilità ex articolo 1425 c.c. La possibilità che la volontà delle parti, al momento della conclusione del contratto, sia viziata da violenza - intesa come minaccia di un male ingiusto prospettato al fine di indurre alla conclusione del contratto – o da dolo – e cioè da inganni o raggiri in cui è stata tratta la controparte inducendola a stipulare il contratto – non presenta aspetti particolari se riferita al contratto di lavoro, ivi compreso quello sportivo. Maggiore rilevanza può, invece, assumere l‟errore, soprattutto se attiene alle qualità personali dell‟altro contraente231, posto che le attitudini professionali del prestatore di lavoro subordinato costituiscono certamente un elemento determinante per la conclusione del contratto. Tuttavia, poiché le qualità personali e professionali del lavoratore hanno modi di evidenziarsi soltanto attraverso l‟esecuzione delle prestazioni, difficilmente la loro mancanza, concretamente verificata, viene dedotta come motivo di annullamento del contratto per errore, traducendosi, piuttosto, in causa di recesso del rapporto. Quanto alle ipotesi di nullità, le stesse possono ricorrere non soltanto quando manchi uno degli elementi essenziali del contratto, ma anche quando il contratto di lavoro risulti 230 Bianchi D‟Urso F. – Vidiri G., La nuova disciplina del lavoro sportivo, in Riv. dir. sport., 1982, 3. Articolo 1429, n. 3 c.c. per cui l‟errore è essenziale <<quando cade sull‟identità o sulle qualità della persona dell‟altro contraente, sempre che l‟una o le altre siano state determinanti del consenso>>. 231 96 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo contrario a norme imperative232 oppure quando la causa sia illecita o, ancora, quando l‟oggetto sia illecito233, impossibile, oppure indeterminato o indeterminabile234. Nel rapporto di lavoro sportivo la possibilità che la nullità consegua alla mancanza di un elemento costitutivo del contratto assume concreta rilevanza con riferimento all‟assenza della forma scritta. Il difetto di forma scritta, peraltro, deve ritenersi ricorrente non solo in mancanza di tale forma di manifestazione della volontà contrattuale, ma anche qualora il contratto non sia conforme a quello tipo, approvato dalle organizzazioni collettive di categoria. Benché l‟elemento letterale, costituito dall‟inserimento, nell‟articolo 4, legge n. 91 del 1981, dell‟inciso “a pena di nullità” subito dopo la prevista stipulazione del contratto in forma scritta, abbia portato parte della dottrina235 a ritenere che il legislatore abbia inteso sanzionare con la nullità soltanto la mancanza della forma scritta, e non anche la non conformità sembra del contratto condivisibile individuale l‟opinione, a quello maggiormente tipo collettivamente accreditata in redatto; dottrina236e giurisprudenza237 che ricostruendo il contratto di lavoro sportivo come una fattispecie formale complessa a formazione progressiva, ritiene che la sanzione della nullità consegua ogni qual volta l‟iter formativo della fattispecie contrattuale non trovi compiuta realizzazione. E quindi, non soltanto se non si è osservata la forma scritta, ma anche se non si riscontra la conformità del contratto a quello tipo. A titolo esemplificativo è possibile analizzare una delle sentenze riportate nella nota precedente - ossia Cassazione n. 1855 del 1999 – ove un calciatore aveva ottenuto dal Pretore di Pescara la condanna del Pescara calcio al pagamento di un compenso 232 Salvo il caso che tale contrarietà riguardi singole clausole suscettibili di essere sostituite di diritto da norme imperative (articoli 1339 e 1419, secondo comma c.c.), mantenendo, così, in vita il rapporto a tutela del contraente debole che, in caso contrario, si vedrebbe privare del posto di lavoro. 233 Ad esempio è illecito l‟oggetto di un contratto concluso con soggetti di età inferiore a quella minima prevista dalla legge. 234 Riguardo il requisito della determinatezza e della determinabilità si veda Pretura di Vicenza, 7 aprile 1993, Vicenza Calcio s.p.a. contro Cerilli, in Riv. it. dir. lav., 1994, II, 466. Questa sentenza ha ritenuto <<nullo per indeterminatezza dell‟oggetto il contratto di lavoro stipulato tra un calciatore professionista ed una società di calcio, avente per contenuto una generica attività di collaborazione da svolgersi sotto la direzione della società stessa ( nel caso di specie il giudice ha ritenuto che la prestazione non fosse neppure determinabile in quanto, poco dopo la stipula del contratto, al calciatore era stato proibito di svolgere qualsiasi attività nell‟ambito della Federazione Italiana Giuco Calcio per un periodo di tempo più lungo della durata del contratto stesso)>>. 235 Sul punto, si veda Caringella F. Brevi considerazioni in tema di forma del contratto di lavoro sportivo, in Riv. dir. sport., 1994, 686. 236 Vidiri G., Sulla forma scritta del contratto di lavoro sportivo, in Giust. civ., 1993, 2839; Dalmasso C.M., Il contratto di lavoro professionistico sportivo alla luce della legge 23 marzo 1981 n. 91, in Riv. dir. sport., 1982, 148. 237 Cassazione 4 marzo 1999, n. 1855, in Riv. dir. sport., 1999, 705; Tribunale Treviso, 3 marzo 1994, in Giur. mer., 1994, I, 609; Tribunale Pescara, 16 marzo 1995, in Rass. Dir. civ., 1996, 449. 97 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo aggiuntivo, previsto da una scrittura integrativa ma non dal contratto federale depositato presso la Lega Calcio. La società sportiva, a sua difesa, sostenne che, in base al citato articolo 4, la scrittura integrativa doveva ritenersi nulla e che, quindi, il compenso aggiuntivo non dovesse essere corrisposto al calciatore. La Cassazione238 ribaltò la decisione del Pretore dando, così ragione al Pescara calcio, in particolare nella sentenza si sostiene che la legge n. 91 prevede la nullità delle pattuizioni non incluse nel contratto tipo, e ciò al fine di rendere possibili i controlli delle federazioni sulle esposizioni finanziarie delle società sportive. In base ai principi generali in materia di nullità e annullabilità dei contratti, un contratto nullo, vista la gravità dell‟invalidità da cui è affetto, è come se non fosse mai stato stipulato, cosicché dallo stesso non deriverà nessuno degli effetti cui era destinato nell‟intenzione delle parti. Il contratto annullabile, invece, produce i suoi effetti fino a quando, con la dichiarazione di annullamento, i suoi effetti cessano per il futuro e vengono rimossi quelli fino a quel momento prodotti. In entrambi i casi, dunque, gli effetti cui era diretto il contratto cessano ex tunc, vale a dire sin dal momento della sua stipulazione, con conseguente ripristino della situazione di fatto precedente alla conclusione del contratto stesso. Con riferimento al contratto di lavoro il legislatore ha, però, previsto delle rilevanti deroghe rispetto alla disciplina generale dell‟invalidità, stabilendo all‟articolo 2126 c.c. che l‟invalidità del contratto non travolge gli effetti imputabili alle prestazioni lavorative già eseguite e non più ripetibili. La disciplina di particolare favore prevista per il contratto di lavoro trova giustificazione nella circostanza che, pur se il contratto è viziato, dalla sua esecuzione si è, comunque, avvantaggiato il datore di lavoro il quale, ha, dunque, l‟obbligo di remunerare il lavoratore per le prestazioni eseguite. L‟articolo 2126 c.c. deve ritenersi applicabile anche al rapporto di lavoro sportivo, ogni qualvolta il contratto venga annullato o dichiarato nullo, non essendo condivisibile la tesi secondo la quale, nell‟ipotesi di mancato rispetto della forma scritta, il contratto invalido ai fini della costituzione di un rapporto di lavoro sportivo, sarebbe, comunque, valido per la costituzione di un contratto di lavoro di diritto comune, con conseguente applicazione al rapporto della disciplina generale in materia di subordinazione. Nonostante la nullità dell‟atto negoziale, infatti, la prestazione eseguita ricalca, in via di 238 Cassazione 4 marzo 1999, n. 1855. 98 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo fatto, la fattispecie contrattuale viziata, con conseguente applicazione, sia pur nel rispetto dei limiti di efficacia previsti dall‟articolo 2126 c.c., della disciplina prevista dalla legge sul lavoro sportivo. 99 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.1.3 – Vincolo sportivo Il principio generale della libertà dell‟attività sportiva, sancito dall‟articolo 1 della legge n. 91, trova la sua espressione più significativa nella nuova regolamentazione della mobilità dell‟atleta professionista da società a società, derivante dall‟abolizione, per lo sport professionistico, del vincolo sportivo. Nel corso dei precedenti paragrafi abbiamo più volte fatto riferimento al vincolo sportivo, per non lasciare un alone di dubbio su quello che rappresenti, realmente, tale “istituto” è opportuno ricostruire quella che ne è stata l‟evoluzione, dalla sua istituzione fino alla sua abolizione. Detto istituto, che oggi permane in vigore solo nello sport dilettantistico, consisteva in un legame insolubile a tempo indeterminato dell‟atleta con la società d‟appartenenza, in ragione del quale il rapporto può essere sciolto solo con il consenso della società, salvo rinunzia dell‟atleta al tesseramento. Tale vincolo nasceva con il tesseramento dell‟atleta da parte della società sportiva e comportava il diritto esclusivo di quest‟ultima di disporre delle sue prestazioni a tempo indeterminato e di decidere ed attuare il trasferimento, nel qual caso il vincolo proseguiva a favore della società acquirente. Il vincolo è una posizione giuridicamente definibile solo nell‟ambito dell‟ordinamento sportivo, in quanto si configura come una situazione di soggezione che consegue al tesseramento presso una società sportiva affiliata ad una federazione nazionale, per effetto del quale è impossibile il trasferimento ad altra società. Pasqualin239, in un Convegno di diritto sportivo nel 1979240 sintetizzo gli effetti dell‟instaurazione del vincolo fra una società ed un atleta in due preposizioni: A) - la società sportiva ha in primo luogo il diritto di utilizzare le prestazioni dell‟atleta ed in secondo luogo, ha il potere di inibire a quest‟ultimo di prestare la propria attività a favore di altra compagine; B) - il giocatore, in primo luogo, ha il dovere di fornire le proprie prestazioni alla società per cui è vincolato ed, in secondo luogo, ha il dovere di non prestare la propria attività per un‟altra società, senza il consenso di quella per cui è vincolato. 239 Claudio Pasqualin all‟epoca del Convegno era vice presidente dell‟Associazione italiana calciatori. 1° Convegno di diritto sportivo organizzato con il patrocinio del C.O.N.I. sul tema <<giustizia sportiva e giustizia ordinaria>>. Convegno tenutosi a Roma il 23 novembre 1979. 240 100 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Da queste parole emerge come i doveri che derivavano all‟atleta dal vincolo sportivo erano essenzialmente due: uno di contenuto positivo, ossia prestare la propria attività alla società titolare del vincolo; l‟altro di contenuto negativo, vale a dire non prestare la propria attività per altra società241. Al tempo della sua vigenza, il vincolo poteva essere sciolto solo in particolari circostanze, secondo le modalità appositamente previste dalle federazioni sportive. Analizzando quello che era il Regolamento Organico della F.I.G.C. dall‟articolo 45 emergeva come il vincolo poteva essere sciolto solo in determinati casi: 1. - per rinuncia della società, realizzata attraverso la procedura della lista di svincolo; 2. - per accordo bilaterale tra calciatore e società, ratificato degli organi federali competenti nel settore; 3. - per inattività o esclusione della stessa società; 4. - inattività involontaria del giocatore; 5. - per riscatto del vincolo, eseguito secondo particolari modalità stabilite dal Regolamento del settore professionisti242; 6. - per persistente morosità della società243; 7. - inoltre lo svincolo era concesso a coloro che superati i trent‟anni volevano tesserarsi per società del settore dilettantistico. In questo “sistema” il calciatore professionista che non aveva esercitato il riscatto del vincolo – secondo una delle modalità sopra elencate – non poteva rifiutare il trasferimento, a qualunque titolo esso avvenisse, pena il deferimento agli organi disciplinari244. Tale particolare situazione giuridica, introdotta originariamente in Inghilterra alla fine del diciannovesimo secolo245, era giustificata da ragioni, sia di natura economica, sia di natura tecnica. Anzitutto - evitando la collocazione degli atleti di maggiori potenzialità 241 Il primo di questi doveri rimaneva comunque subordinato alla volontà dell‟atleta, infatti, se quest‟ultimo avesse deciso di non giocare più, il vincolo avrebbe perso automaticamente la sua efficacia, e con esso sarebbe decaduto il dovere in parola, senza che la società avesse potuto avanzare alcuna pretesa in contrario. 242 Questo istituto era applicabile solo ai giocatori di serie A e B. 243 Questa ipotesi si verificava quando non fossero state corrisposte al giocatore almeno due mensilità consecutive, ed il giocatore avesse provveduto a costituire in mora la società. In tal caso lo svincolo aveva effetto al termine della stagione. 244 Si specifica successivamente la possibilità di rifiutare invece il trasferimento nel c.d. mercato di riparazione, ma solo ove la società cessionaria non fosse in grado di offrire un contratto economico di importo almeno pari a quello già stipulato con la società cedente e debitamente ratificato dalla Lega nazionale. 245 Micali G., in un suo intervento - ad un Convegno promosso dal Centro nazionale studi di diritto del lavoro << Domenico Napolitano>>, tenutosi ad Ascoli Piceno il 19 dicembre 1987 – fa risalire l‟origine del vincolo, addirittura, ai tempi del sorgere dell‟attività agonistica nell‟antica Roma, dove gli schiavi erano costretti dal “dominus” a combattere incappucciati e legati. 101 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo nei sodalizi più ricchi e prestigiosi - tutelava le società economicamente più deboli mantenendo un certo equilibrio nei rapporti di forza tra i vari club. Inoltre, costituiva un incentivo all‟addestramento e all‟istruzione dei giovani, in quanto tutelava le società dai rischi economici derivanti dalla libera scelta dell‟atleta di trasferirsi a società più ricche, vanificando gli sforzi e gli investimenti compiuti. Nell‟ampia problematica del diritto sportivo il tema del “vincolo” tra società ed atleti è stato certamente uno dei più dibattuti e complessi della materia; dottrina e giurisprudenza, nel tempo, hanno, infatti, formulato varie ipotesi sulla natura giuridica del vincolo sportivo. Superata l‟antiquata posizione che configurava il vincolo sportivo come una specie di patto di non concorrenza246, di cui all‟articolo 2125 c.c. 247 , un altro orientamento248, condiviso anche dall‟Associazione Italiana Calciatori identificava il vincolo come un divieto di recesso unilaterale da parte del lavoratore ponendone in dubbio la legittimità, dal punto di vista giuridico, per contrasto con l‟articolo 2118 del codice civile249 e con l‟articolo 4 della Costituzione che garantisce la libertà di scelta dell‟attività lavorativa. Tale orientamento è stato oggetto anch‟esso di critiche, le quali hanno evidenziato la diversità profonda tra il recesso unilaterale e la facoltà di stipulare altro contratto di lavoro nello stesso ramo d‟attività; sarebbe, infatti, solo quest‟ultima facoltà ad essere limitata dalla presenza del vincolo sportivo, il quale non potrebbe vietare allo sportivo di risolvere il contratto con la precedente società e di praticare altra attività lavorativa. L‟equiparazione del vincolo al divieto di recesso ad nutum è stata poi sostenuta da altri autori250, che hanno ritenuto di inquadrare l‟attività sportiva nell‟ambito delle prestazioni para-intellettuali, trovando conseguentemente piena applicazione la disciplina di cui agli articoli 2222 ss. c.c., i quali prevedono l‟ammissibilità del recesso unilaterale da parte del prestatore d‟opera251. Il vicolo veniva in questo modo qualificato come un divieto di recesso ad nutum perfettamente legittimo, in quanto conforme alle disposizioni dell‟ordinamento statale. 246 Le critiche che si possono muovere a questa concezione dottrinale, derivano dal netto contrasto tra il carattere essenzialmente volontario del patto di non concorrenza e il carattere, invece obbligatorio, del vincolo sportivo, conseguenza automatica del tesseramento. 247 Così Pagliara F., La libertà contrattuale dell‟atleta, in Riv. dir. sport., 1990, 33. In giurisprudenza Cassazione 2 aprile 1963, n. 811, in Giust. civ., 1963, I, 1892. 248 Smuraglia C., Il vincolo tra atleti e società, in Riv. dir. sport., 1966, 128. 249 Che prevede appunto l‟illimitato diritto di recesso unilaterale in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. 250 Tra questi Tortora M.(a cura di), Diritto sportivo, Utet, 1998. 251 Tale soluzione - sostenuta tra gli altri anche da Grasselli S., in Il vincolo sportivo dei calciatori professionisti, in Dir. lav., 1974, 399 – si basava a differenza delle altre su una ricostruzione del rapporto di lavoro sportivo in termini di lavoro autonomo. 102 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Oltre alla dottrina anche la giurisprudenza si è interessata della natura giuridica del vincolo sportivo. Una delle decisioni di rilievo della Suprema Corte di Cassazione252fu assunta successivamente alla sciagura di Superga nella quale, come detto, perì l‟intera squadra del Torino. In quella occasione la Suprema Corte riconobbe l‟esistenza di un diritto reale su bene materiale da parte della società sportiva sull‟atleta tesserato. Questa tesi apparve però insostenibile in quanto era assolutamente non assimilabile ad un diritto reale su bene materiale quello che la società sportiva esercitava sull‟atleta. Si è sostenuto253, inoltre, che il vincolo sportivo potesse essere contemporaneamente considerato in una prospettiva privatistica ovvero pubblicistica. Sotto il profilo privatistico, l‟istituto in esame riguarda anzitutto le società sportive, mentre per l‟atleta sarebbe solo una conseguenza, un riflesso secondario dell‟atto volontario del tesseramento. In sostanza funzionerebbe come un accordo consortile mediante il quale i club sportivi limitano tra di loro la possibilità di concorrenza in materia di ingaggio dei calciatori. Sotto il profilo pubblicistico, il vincolo, pur nella sua atipicità, integra gli estremi di un rapporto somigliante a quello di “cittadinanza”. Vincolandosi con una società sportiva, l‟atleta partecipa ad un‟organizzazione riconducibile al C.O.N.I. e diviene membro dell‟ordinamento sportivo. Tale rapporto, in fondo è un rapporto tipico del diritto: è precisamente il rapporto che intercorre tra ogni corpo sociale organizzato ed i suoi componenti o membri. Successivamente, si ritenne opportuno abolire il vincolo, poiché ci si era accorti che lo sport, e soprattutto il calcio, erano diventati un grande spettacolo. Le società sportive potevano considerarsi delle vere e proprie imprese, di conseguenza anche i rapporti tra società e tesserati cominciarono ad essere ispirati a quelli che intercorrevano tra l‟impresa ed i protagonisti dello spettacolo. Era, così, la logica di mercato che imponeva di eliminare le distorsioni che il vincolo provocava254. Così a porre fine a questi scontri dottrinali sulla natura giuridica del vincolo sportivo intervenne la legge n. 91 del 1981 la quale ha eliminato il problema alla radice. Tale legge ha, infatti, abolito il vincolo sportivo, eliminando tutti gli ostacoli al libero mutamento del posto di lavoro. Oggi in presenza di un contratto sportivo a termine, il 252 Cassazione 4 luglio 1953, n. 2085. Sul punto, si veda Bianchi D‟Urso F., Riflessioni sulla natura giuridica del vincolo sportivo, in Dir. Giur., 1979, 8. 254 Sul punto, si veda Mennea P.P. – Olivieri M., Diritto e ordinamento istituzionale sportivo, Società stampa sportiva, 1996. 253 103 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo trasferimento può essere attuato, secondo quanto disposto dal secondo comma dell‟articolo 5 – legge n. 91 – tramite una cessione del contratto in armonia con l‟articolo 1406 del c.c., purché vi sia il consenso del giocatore e siano osservate le modalità delle singole federazioni sportive255. Ad esempio la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha stabilito che il prezzo di cessione del contratto “ante tempus” può essere determinato liberamente dalle parti contraenti. Può sorgere il problema che, alla presenza di richieste particolarmente esose da parte della società cedente, si tenda a riavvicinarsi al vecchio sistema del mercato trasferimenti, in quanto all‟atleta è consentito accettare o meno la cessione, ma gli è comunque inibita la libertà contrattuale di scelta. Più interessante è la disciplina prevista nel caso di trasferimento alla scadenza del contratto. Mentre prima il vincolo continuava a limitare l‟atleta anche in seguito alla scadenza del suo contratto, oggi l‟atleta è completamente libero di scegliere il suo futuro, una volta scaduto il precedente contratto. La libera mobilità del lavoratore sportivo è assicurata, inoltre, dal primo e dal sesto comma dell‟articolo 4, di detta legge, i quali prevedono l‟assunzione diretta e vietano qualsiasi tipo di clausola contrattuale dopo la scadenza del contratto. Oggi il legame tra atleta e società risulta attenuato, anche in ragione del principio della libera recedibilità, data l‟applicazione degli articoli 2118 – 2119 del codice civile. L‟unica limitazione alla scelta del posto di lavoro – che ha resistito al legislatore del 1981 – è costituita dal privilegio della società di stipulare il primo contratto professionistico con i propri atleti del settore giovanile256, per la durata minima di due anni e con la retribuzione minima di volta in volta in vigore a titolo di conguaglio per la scoperta e la formazione degli stessi. Si tratta di una disposizione chiaramente diretta a tutelare gli interessi delle società sportive a mantenere e potenziare i settori giovanili. Tale diritto può essere esercitato, in pendenza del precedente tesseramento, nei tempi e nei modi stabiliti dalle diverse federazioni sportive. La legge n. 91 nella sua normativa – in attuazione dell‟abolizione del vincolo sportivo aveva originariamente previsto, per sopperire a quello che era il valore economico del 255 La legge opera un rinvio alle disposizioni emanate dalle federazioni, nel pieno rispetto dell‟autonomia dell‟ordinamento sportivo; spetta a quest‟ultime stabilire se la cessione deve avvenire a titolo oneroso, in base a coefficienti e a parametri prestabiliti o a contrattazione libera, oppure a titolo gratuito. 256 Articolo 6, comma terzo legge n. 91 del 1981. Questa norma fu aggiunta in sede di emendamento per tutelare gli interessi delle società a mantenere gli allenamenti giovanili, che si temeva sarebbero stati fortemente ridotti dall‟entrata in vigore di questi nuovi meccanismi. 104 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo vincolo, che in caso di cessione alla scadenza del contratto la società cedente avesse diritto ad un‟indennità di preparazione e promozione, da determinarsi secondo parametri e coefficienti fissati dalle stesse federazioni257. Tale indennità doveva essere corrisposta dalla società firmataria del nuovo contratto e poteva sia pure indirettamente, costituire un grave onere ed ostacolo alla piena e libera mobilità degli atleti, soprattutto in riferimento al principio comunitario della libera circolazione del lavoratore258. L‟istituto, a tal fine, è stato di recente profondamente modificato dal decreto legge n. 485 del 1996 convertito in legge n. 586 del 18 novembre 1996. Quindi la richiamata indennità è stata sostituita con un premio d‟addestramento e formazione tecnica259, collegato unicamente allo svolgimento dell‟ultima attività dilettantistica o giovanile. È stato questo uno dei tanti riflessi della sentenza Bosman nell‟ordinamento italiano260. L‟articolo 6 della legge n. 91 è stato sostituito dall‟articolo 1 della legge n. 586, il quale stabilisce al primo comma che << nel caso di primo contratto deve essere stabilito dalle Federazioni nazionali sportive un premio d‟addestramento e formazione tecnica in favore della società od associazione sportiva presso la quale l‟atleta ha svolto la sua attività dilettantistica o giovanile>>. È bene comunque far presente che a detta del terzo comma – articolo 1 legge n. 586 – il premio d‟addestramento e formazione tecnica dovrà essere reinvestito nel perseguimento di fini sportivi. La sentenza Bosman ha, dunque, affermato che il trasferimento di un giocatore comunitario da un club ad un altro, da un paese ad un altro, non può essere subordinato al 257 Nel calcolo dell‟indennità venne lasciata ampia libertà alle federazioni. Secondo la Federcalcio andavano così tenuti di conto vari criteri quali: l‟età dell‟atleta, la misura degli emolumenti percepiti, la categoria d‟appartenenza della società, la durata del precedente contratto, l‟eventuale provenienza dal vivaio e così via dicendo. Soltanto la Federcalcio e la Federciclismo avevano dato attuazione a tale tipo di indennità. 258 E‟ bene comunque ricordare che la corresponsione di detta indennità nei termini e con le modalità indicate dalle rispettive federazioni, è irrilevante ai fini della validità del contratto stipulato tra l‟atleta e la nuova società, con conseguente competenza a giudicare sulla controversia tra la nuova e vecchia società affidata in prima istanza, alla Commissione Vertenze Economiche ed in seconda istanza alla Commissione d‟Appello Federale. Il rilascio del certificato di svincolo - che doveva essere rilasciato dalla Federazione alla società acquirente – poteva essere negato solo quando il giocatore non avesse interamente adempiuto alle obbligazioni contrattuali nei confronti della società precedente o fosse sorta una controversia di carattere non economico tra le due società interessate al trasferimento. 259 Tale “premio” viene riconosciuto solo in caso di stipula del primo contratto professionistico e solo a favore della società o dell‟associazione sportiva presso la quale l‟atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile. Sotto il profilo soggettivo, alla società è riservato un vero e proprio diritto di preferenza in occasione della stipula del primo contratto professionistico , mentre sul piano oggettivo, il premio di addestramento deve essere reinvestito nell‟attività giovanile e vivaistica e gode di esenzione dall‟imposta sul valore aggiunto. 260 L‟indennità è stata soppressa anche dalla F.I.F.A. con effetto dal 1 aprile 1999 sia per i trasferimenti di giocatori comunitari tra società dei paesi comunitari e dello spazio economico europeo (S.E.E.), sia di giocatori extracomunitari, che vengono così equiparati ai comunitari. 105 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo pagamento di un'indennità, poiché questo costituisce un ostacolo alla libera circolazione degli sportivi. In attuazione dell‟articolo 16261 della legge n. 91 le limitazioni alla libertà contrattuale dei calciatori professionisti, individuate come vincolo sportivo, furono eliminate nei cinque anni successivi all‟emanazione della legge con la seguente gradualità: 1. - per i calciatori professionisti nati nel 1949 e precedenti, il vincolo sportivo è scaduto automaticamente al termine della stagione 1981/1982; 2. - per i calciatori professionisti nati negli anni 1950, 1951, 1952 il vincolo sportivo è scaduto automaticamente al termine della stagione 1982/1983; 3. - per i calciatori professionisti nati negli anni 1953, 1954, 1955 il vincolo sportivo è scaduto automaticamente al termine della stagione 1983/1984; 4. - per i calciatori professionisti nati negli anni 1956, 1957, 1958 il vincolo sportivo è scaduto automaticamente al termine della stagione 1984/1985; 5. - per i calciatori professionisti nati negli anni 1959, 1960, 1961, 1962 il vincolo sportivo è scaduto automaticamente al termine della stagione 1985/1986. Quindi i calciatori rimasero soggetti al regime vincolistico fino alla scadenza prevista per il relativo anno di nascita, dopo di che divennero soggetti al solo regime liberistico previsto dalla legge n. 91 e dai relativi regolamenti federali. La norma che ha portato all‟abolizione del vincolo, è una norma di alto contenuto umano e civile, poiché rende giustizia ai professionisti sportivi. I quali possono ora, decidere finalmente in piena autonomia della loro vita lavorativa, sprigionando aspirazioni, desideri e speranze tenute represse per anni quando per ciascuno di loro decideva la società di appartenenza262. Certo l‟avvenuta abolizione del vincolo non è passata inosservata alla dottrina, ma nel tempo le obbiezioni di coloro che si opponevano a ciò sono state molto deboli. Alcune delle motivazioni erano dovute dal timore, che le società, nell‟impossibilità di vincolare i propri giocatori, rinunciassero a coltivare e sviluppare i settori giovanili, ma ciò è stato smentito dai fatti. Altra remora all‟abolizione del vincolo era, che essendo il giocatore considerato patrimonio sociale, con l‟eliminazione del vincolo si causava una notevole perdita nel 261 <<le limitazioni alla libertà contrattuale dell‟atleta professionista, individuate come un vincolo sportivo nel vigente ordinamento sportivo saranno gradualmente eliminate entro cinque anni dalla entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle Federazioni Sportive Nazionali e approvati dal C.O.N.I., in relazione all‟età degli atleti, alla durata ed al contenuto del rapporto con le società>>. 262 Sul punto, si veda Santoro F., Abolizione del vincolo sportivo, Società stampa sportiva, 1986 106 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo patrimonio attivo delle società; ma coloro che erano favorevoli all‟abolizione del vincolo, sostenevano che il giocatore poteva essere considerato patrimonio della società solo per quanto riguardava l‟ambito sportivo, non potendo essere considerato un bene di interesse commerciale al di fuori del mercato esistente tra le società stesse; e pertanto, l‟attivo rappresentato dal giocatore era solo fittizio. Le prestazioni degli atleti sono, infatti, infungibili poiché possono essere rese esclusivamente nell‟ambito dello “spettacolo sportivo” e fra società regolarmente costituite. A tale proposito va evidenziato che quello che la società possiede non è l‟atleta, bensì il diritto di utilizzare le sue prestazioni agonistiche sportive. Ed è il mercato, che richiede queste prestazioni, a darne valutazione e prezzo. Infine prima di concludere, può essere interessante per una volta uscire dal mondo del calcio, merita, così, attenzione una normativa – in tema di riscatto del vincolo - che ha anticipato le previsioni della legge n. 91. La Federazione Italiana Pallavolo (F.I.P.A.V.) ha introdotto la disciplina del riscatto del vincolo già a partire dalla stagione agonistica 1980-81, dopo l‟approvazione della relativa normativa, da parte del Consiglio Federale, nel giugno del 1980263. Successivamente in materia quando è intervenuta la legge n.91 non ha trovato applicazione in questa disciplina sportiva in quanto, a tutt‟oggi, la pallavolo rimane uno sport dilettantistico e quindi estraneo al campo d‟applicazione della legge n. 91. La normativa relativa al riscatto del vincolo è stata inserita accanto a quella concernente lo scioglimento del vincolo per giusta causa264, di cui all‟articolo 31 del Regolamento Affiliazioni, tesseramenti e gare (R.A.T.G.). La disciplina del riscatto del vincolo è riportata negli articoli 32 e 32-bis del R.A.T.G, ed in primo luogo emerge che tale diritto viene riconosciuto solamente agli atleti che, nella stagione al termine della quale intendono esercitare il diritto di riscatto, siano stati tesserati per la partecipazione ai campionati di serie A-1 o A-2265. 263 Per un approfondimento, si veda Ambrosio G., Libertà d‟esercizio dell‟attività sportiva pallavolistica e riscatto del vincolo, in Riv. dir. sport., 1983, 363. 264 La disciplina dello scioglimento per giusta causa risale ad una decina di anni prima, quando si volle fornire all‟atleta - che aveva ricevuto un ingiustificato diniego da parte del sodalizio al suo trasferimento presso altra società – lo strumento normativo e processuale attraverso il quale, in presenza di motivi ritenuti equi da parte di un organo giudicante, potesse essere sciolto dal vincolo con il sodalizio d‟appartenenza. 265 È quindi escluso in modo tassativo che il diritto di riscatto possa essere esercitato da atleti tesserati per società di serie B o di serie inferiore. A quest‟ultimi è lasciata la sola possibilità di richiedere lo scioglimento del vincolo per giusta causa. 107 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Il riscatto del vincolo si ottiene da parte dell‟atleta mediante il versamento al sodalizio d‟appartenenza di una somma in denaro a titolo di indennizzo266 per le spese sostenute nell‟interesse dello stesso atleta. Al fine di evitare che una società di rilevanti disponibilità economiche possa assicurarsi, attraverso lo strumento del riscatto del vincolo tutti gli atleti tecnicamente più forti, è previsto che nessun sodalizio possa tesserare più di due atleti che abbiano riscattato il vincolo al termine della stagione agonistica immediatamente precedente. Questa normativa sul riscatto del vincolo, anche se limitata agli atleti di serie A, sembra attuare il disposto dell‟articolo 16 della legge n. 91, benché il precetto riguardi espressamente solo gli atleti professionisti. 266 Tale indennizzo coattivo è dato dalla somma di una serie di parametri economicamente qualificabili, tra cui assumono particolare rilievo : a) le spese dirette ed indirette sostenute nell‟interesse dell‟atleta; b) la 108 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Parte seconda 2.2 – Svolgimento Dal momento del tesseramento il contratto stipulato fra atleta e società sportiva comincia a produrre i suoi effetti; in altri termini, il tesseramento si pone come la condizione dal cui verificarsi dipende l‟efficacia del contratto, l‟atleta da quell‟istante assume la “qualifica” di tesserato267. Con la stipulazione del contratto ed il conseguente tesseramento lo sportivo, sia atleta sia non atleta, diventa titolare di una serie di obblighi e diritti nei confronti della società con la quale ha concluso il contratto. Iniziando ad analizzare quelli che sono gli obblighi cui è sottoposto lo sportivo, si può notare come obbligazione principale sia quella di prestare l‟attività atletica, intesa come l‟obbligo di partecipare a tutte le competizioni, ufficiali ed amichevoli, a cui la società intende prendere parte tanto in Italia quanto all‟estero. A questa obbligazione, che abbiamo definito principale, fanno seguito una serie di obbligazioni accessorie collegate alla prima da un evidente nesso di strumentalità. Fra tali obblighi oltre a quelli della sottoposizione al potere direttivo e disciplinare della società, che meritano un‟analisi più approfondita e per la quale rimandiamo il discorso a qualche paragrafo più avanti, meritano di essere tenuti in considerazione: 1. - l‟obbligo di mantenere un contegno disciplinato e corretto ed osservare un tenore di vita, ed una condotta sportiva e civile irreprensibile; 2. - l‟obbligo di tenersi a disposizione, in correlazione di tale obbligo ad esempio lo sportivo è tenuto a fissare il proprio domicilio nel luogo indicato dalla società268; somma aggiuntiva nel caso il vincolo sia durato più di due anni; c) l‟ulteriore somma aggiuntiva se l‟atleta che esercita il diritto di riscatto appartiene alla categoria juniores o ad altra categoria inferiore. 267 Questa definizione è data da Fontana A., Il potere disciplinare delle associazioni sportive sui giucatori di calcio professionisti, in Riv. dir. sport., 1967, 46. 268 Lo sportivo è invece lasciato libero di determinare la propria residenza. 109 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 3. - altro obbligo è quello di attenersi a particolari disposizioni della società, quali ad esempio il divieto d‟utilizzo di mezzi di trasporto particolarmente pericolosi, e l‟obbligo di utilizzare per le trasferte i mezzi messi a disposizione dalla società; 4. - l‟obbligo di diligenza e di obbedienza. Questi due obblighi sono individuati dalla lettura dell‟articolo 2104 c.c.269. Per quanto riguarda il primo profilo, e cioè la diligenza, il primo comma dell‟articolo 2104 impone al lavoratore subordinato di adempiere le proprie prestazioni usando la diligenza richiesta dal tipo di mansioni che gli sono state affidate. In applicazione di questo disposto, lo sportivo professionista è tenuto a mettere a disposizione della società d‟appartenenza le proprie prestazioni lavorative in vista del conseguimento del risultato cui le stesse tendono, e che corrisponde anche con le aspettative della società datrice di lavoro. Completa l‟obbligo di diligenza quello della cura degli strumenti di lavoro forniti dal datore, sul quale incombe il corrispondente onere, del datore di lavoro, di mettere a disposizione l‟occorrente per lo svolgimento del lavoro, obbligo questo richiamato espressamente dagli accordi collettivi270. Il secondo requisito di cui all‟articolo 2104 caratterizzante la subordinazione è l‟obbedienza, in base alla quale il lavoratore dipendente deve osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro o dai suoi collaboratori. L‟obbligo di obbedienza a mio avviso non è altro che la situazione soggettiva del lavoratore rispetto al potere direttivo di cui gode il datore di lavoro e per la cui trattazione rimandiamo più avanti; 5. - l‟obbligo di fedeltà, a cui abbiamo già brevemente accennato nel corso del primo capitolo la dove si analizzavano gli elementi oggettivi del rapporto di lavoro sportivo. Quest‟obbligo è desumibile sia dall‟articolo 2105271 del c.c., sia dagli accordi collettivi, in quest‟ultimi può emergere o mediante un generico richiamo - come avviene nell‟accordo collettivo per i calciatori - oppure attraverso una più accentuata individuazione del contenuto dello stesso, come accade nell‟accordo per i giocatori di pallacanestro dove espressamente si sottolinea che l‟atleta è tenuto al più stretto 269 <<Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall‟interesse dell‟impresa e da quello superiore della produzione nazionale. Deve inoltre osservare le disposizioni per l‟esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall‟imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende>>. 270 A titolo esemplificativo si può, infatti, analizzare l‟articolo 14 dell‟accordo collettivo per i calciatori professionisti secondo il quale questi devono custodire con diligenza gli indumenti e i materiali sportivi forniti dalla società e si impegnano a rifondere il valore degli stessi se smarriti o deteriorati per colpa loro. Analogamente l‟accordo collettivo per i giocatori di pallacanestro rende gli atleti custodi del materiale fornitogli dalla società, della cui perdita, deterioramento o distruzione rispondono personalmente, se non imputabili al normale uso o a cause di forza maggiore. 110 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo riserbo sugli aspetti sia tecnici che generali, legati alla vita della squadra e della società. Dal disposto dell‟articolo 2105 emerge in primo luogo, che un soggetto legato contrattualmente ad una società non può contemporaneamente prestare la propria attività anche in favore di altre. Non rientrano sotto tale divieto gli impegni con la squadra nazionale, alle cui convocazioni gli atleti hanno l‟obbligo di rispondere positivamente. Il divieto di non concorrenza fissato dall‟articolo 2105 è destinato ad avere efficacia esclusivamente durante la permanenza del rapporto di lavoro, è infatti la stessa legge n. 91 all‟articolo 4 ad affermare la illegittimità di eventuali clausole limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso. Quanto all‟obbligo di non divulgare notizie o farne uso in modo da arrecare pregiudizio alla società, tale principio trova piena applicazione nel lavoro sportivo dove “fughe” di notizie su strategie di gioco o di mercato possono nuocere gravemente alla società d‟appartenenza; 6. - infine vi sono una serie numerosa di altri obblighi di minore importanza che comunque vale la pena elencare e così possiamo ricordare l‟obbligo dello sportivo di partecipare agli allenamenti nelle ore e nei luoghi fissati dalla società; l‟obbligo di indossare in determinate circostanze l‟abbigliamento fornito dalla società; l‟obbligo generale di rispettare gli ulteriori obblighi integrativi previsti dagli accordi collettivi ed infine il dovere – più che obbligo – di comportarsi secondo correttezza e buona fede, così da salvaguardare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro. Al fianco di questi obblighi a cui è sottoposto il lavoratore sportivo, esiste un‟ampia serie di diritti che servono a riequilibrare il rapporto sinallagmatico esistente tra sportivo e società. Diritti dell‟atleta che si traducono, quindi, in doveri per la società, tenuta a rispettarli durante tutto l‟arco della durata del rapporto sportivo. Il diritto più importante di cui gode lo sportivo è quello alla retribuzione, di cui è forse più opportuno trattare in sede separata, per tanto per il momento limitiamoci ad analizzare quelli che sono gli altri diritti di cui gode il lavoratore sportivo, rinviando invece al paragrafo successivo la trattazione del diritto alla retribuzione. Il primo diritto di cui gode ogni lavoratore - e nel caso di specie il lavoratore sportivo - è il diritto alla prestazione dell‟attività lavorativa. Essenzialmente si può affermare che lo svolgimento dell‟attività lavorativa costituisce, per il lavoratore dipendente, non soltanto un obbligo ma un diritto tutelato dall‟ordinamento giuridico. In virtù di tale diritto lo 271 << Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l‟imprenditore, ne divulgare notizie attinenti all‟organizzazione e ai metodi di produzione dell‟impresa o farne uso in modo da potere recare ad essa pregiudizio >>. 111 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo sportivo professionista deve essere messo in grado di rendere la propria prestazione partecipando agli allenamenti, ai ritiri nonché ad ogni altra iniziativa assunta dalla società d‟appartenenza in vista dello svolgimento delle competizioni. Ma ciò a cui ogni atleta ha maggiormente diritto è certamente la partecipazione alle manifestazioni ufficiali, tale interesse può essere limitato soltanto per ragioni d‟ordine tecnico. Quindi in mancanza di tali ragioni una forzata, prolungata ed ingiustificata inattività può legittimare la richiesta del relativo risarcimento del danno ed anche la richiesta di risoluzione contrattuale. In correlazione con l‟obbligo d‟esecuzione della prestazione sportiva, il lavoratore ha diritto a periodi di riposo settimanali e annuali272 la cui durata è stabilita dalle norme collettive. Nella determinazione dei giorni e dei periodi di riposo settimanale gioca un ruolo importante l‟esigenza del rispetto dei calendari agonistici; cosicché non si adatta al lavoro sportivo la regola del rispetto del riposo domenicale affermata dalla legge 273, così come quella della sospensione del lavoro nei giorni in cui cadono le festività nazionali e infrasettimanali, essendo in genere la domenica e gli altri giorni festivi per lunga tradizione deputati allo svolgimento delle manifestazioni sportive. Compatibilmente con eventuali impegni nei giorni feriali è il lunedì la giornata dedicata al riposo274. La pausa annuale è generalmente fissata in quattro settimane consecutive, compresi i giorni festivi e di riposo settimanale, e solitamente questo periodo corrisponde alla sospensione estiva dell‟attività agonistica275. Ulteriori giorni di esonero dal lavoro sono previsti per gli sportivi, così come per tutti i lavoratori subordinati, in occasione del matrimonio, l‟accordo collettivo dei calciatori, prevede in tali circostanze il diritto ad almeno cinque giorni consecutivi di congedo retribuito. Ad ulteriore tutela della personalità e delle aspirazioni del lavoratore è da ritenere applicabile l‟articolo 10 dello Statuto dei lavoratori relativo agli studenti lavoratori, i cui principi ben si adattano al lavoro sportivo, per cui le società, in riconoscimento del diritto 272 È questo un diritto espressamente riconosciuto dall‟articolo 36 della nostra Costituzione a tutti i lavoratori. 273 Articolo 2109, primo comma codice civile e articolo 9 D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66. 274 La possibilità di fruire del riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica è previsto dal secondo comma dell‟articolo 9 D.Lgs n. 66, quando sia dovuto ad esigenze tecniche dell‟impresa. Così a titolo esemplificativo, l‟accordo per i calciatori (articolo 22, primo comma) stabilisce che il riposo sia goduto entro i primi due giorni della settimana, mentre quello dei giocatori di pallacanestro prevede che l‟atleta abbia diritto ad una giornata di riposo settimanale da effettuarsi di norma il lunedì. 275 Questo è quello che avviene soprattutto negli sport di squadra, in altri sport come ad esempio il tennis, l‟atletica, il ciclismo e gli sport motoristici il periodo di „ferie‟ si ha invece durante l‟inverno. 112 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo allo studio dei propri tesserati, hanno il dovere di promuoverlo e sostenerlo, secondo le condizioni stabilite d‟intesa fra le parti collettive, compatibilmente con le esigenze dell‟attività sportiva. Mentre del trattamento spettante nei casi di malattia ed infortunio si dirà in un successivo paragrafo, resta ora da esaminare il tema del diritto di sciopero, delle modalità del suo esercizio e delle conseguenze sul contratto di lavoro. Analogamente a quanto avviene in favore di tutti i lavoratori subordinati, anche ai lavoratori sportivi è da riconoscere accanto alla libertà d‟organizzazione e di svolgimento dell‟attività sindacale276, il diritto di ricorrere al principale strumento di lotta sindacale costituito dal diritto di sciopero, previsto e garantito dall‟articolo 40 della Costituzione277. In effetti, nello sport lo strumento dello sciopero ha trovato una ridottissima applicazione, soprattutto per le forti divisioni esistenti tra gli interessi dei campioni super pagati e i normali professionisti, che sono la maggioranza degli sportivi, divisioni che certo non favoriscono la compattezza e la combattività delle categorie dei lavoratori sportivi. L‟ordinamento sportivo sembrerebbe in grado di punire disciplinarmente lo sciopero degli atleti professionisti con sanzioni addebitabili alle società, ma anche con sanzioni nei confronti degli scioperanti278, ciò crea indubbiamente dei problemi di coordinamento con l‟ordinamento statale, e si può concludere che le federazioni sportive nazionali non possono legittimamente punire uno sciopero dei lavoratori sportivi, poiché questi, con il loro comportamento esercitano un diritto che è garantito dalla Costituzione. 276 Il diritto all‟organizzazione sindacale in favore dei lavoratori sportivi era stato già riconosciuto nel maggio del 1964 allorquando Mazzoni G., partendo dal postulato che il rapporto d‟attività sportiva è un vero e proprio rapporto speciale di lavoro subordinato, ipotizzava la nascita di sindacati dei lavoratori sportivi ed una loro attività tendente essenzialmente alla definizione di una disciplina collettiva del rapporto di lavoro sportivo. Tale ipotesi veniva giustificata dal fatto che, nell‟attività sportiva, come avviene per ogni altra attività lavorativa, esistono, accanto all‟interesse dei singoli, interessi collettivi meritevoli di essere curati e tutelati da organizzazioni di categoria che avrebbero assunto la natura di sindacati di fatto in quanto organizzate nei limiti dell‟articolo 18 e del primo comma dell‟articolo 39 Cost. A corollario di tali affermazioni Mazzoni rileva come i lavoratori sportivi godano della più assoluta libertà nell‟organizzarsi collettivamente per la tutela dei loro interessi professionali, con la possibilità anche di formare associazioni che rappresentino una particolare categoria di sportivi o che assumano forme più complesse. 277 In virtù del significato attribuito dalla giurisprudenza allo sciopero, può ricavarsi che l‟esercizio del diritto di sciopero di cui all‟articolo 40 Cost. legittimi qualsiasi forma d‟astensione collettiva indipendentemente dal danno subito dall‟imprenditore; unici limiti all‟esercizio del diritto di sciopero consistono nella illegittimità di quegli scioperi che ledano altri diritti garantiti dalla Costituzione o che danneggiano gli impianti produttivi dell‟imprenditore. Sulla base di queste considerazioni è ritenuto legittimo anche lo sciopero c.d. a sorpresa, ossia senza preavviso, attuato dai lavoratori sportivi nel corso di una competizione ufficiale. Situazioni del genere possono essere accolte solo in sport dove il pubblico assiste ancora con solo spirito sportivo e non in sport - come il calcio, pallacanestro, ed altri sport più popolari – dove la popolarità paga il prezzo della violenza tra i tifosi, nei quali è dunque non ipotizzabile uno sciopero a sorpresa a causa delle conseguenze che potrebbe comportare. 278 Per un approfondimento, si veda Cianchi V., Profili sindacali del rapporto di lavoro, in Riv. dir. sport., 1990, 285. 113 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Il provvedimento disciplinare delle federazioni è invece lecito qualora la forma della protesta sia indirizzata ad alterare l‟eguaglianza competitiva della gara. Quindi si può affermare che rispetto alle norme d‟autotutela collettiva gli sportivi professionisti potranno, senza incorrere in sanzioni disciplinari, astenersi dal partecipare alle gare, alle manifestazioni o agli allenamenti, ovvero provocare ritardi all‟inizio delle stesse; mentre attraverso altre forme d‟autotutela collettiva, quali la non collaborazione, lo sciopero di rendimento non farebbero altro che violare principi di lealtà e di correttezza tali da consentire il legittimo intervento degli organi di giustizia sportiva. Un'altra distinzione può essere quella tra sciopero di singole squadre e sciopero di un‟intera categoria279. Nel caso di sciopero proclamato dai lavoratori sportivi di una singola società, non nascono particolari problemi in quanto le norme federali degli sport di squadra prevedono che le società siano oggettivamente responsabili dell‟operato dei loro tesserati e prevedono che nel caso la società non disputi una gara ufficiale subirà la sconfitta a tavolino e la penalizzazione di un punto in classifica. Se per coincidenza entrambe le squadre disertassero la competizione a causa di uno sciopero – non di categoria – la sanzione precedentemente vista dovrebbe essere comminata ad entrambe le società. Nel caso in cui invece lo sciopero interessasse l‟intera categoria le soluzioni prospettabili sono almeno due: 1. - potrebbe essere disposta la ripetizione delle gare per evitare che venga alterato il regolare svolgimento dei campionati280; 2. - potrebbe prospettarsi uno svolgimento delle gare senza che le stesse siano ripetute avvantaggiando, così, quelle società che non hanno aderito allo sciopero o che avendo un settore giovanile forte hanno fatto ricorso alla squadra primavera281. Comunque sia le sanzioni applicate dall‟ordinamento sportivo alle società per il mancato o ritardato inizio delle gare ufficiali non possono essere motivo di rivalsa sui lavoratori, anche se la mancata o ritardata partecipazione della società alla competizione dipende da 279 Sandulli P., Autotutela collettiva e diritto sportivo, in il diritto del lavoro, 1988, 285. Questa è la soluzione decisa dalla F.I.G.C. in occasione sia dello sciopero dei calciatori del 1977, sia in occasione dello sciopero delle formazioni di serie B, che ebbe luogo nella prima giornata della stagione 2003/04 per protestare contro il ripescaggio in serie B di quattro società, fra cui anche la Fiorentina. 281 Questa è la soluzione che si ebbe in occasione di uno sciopero dei calciatori tenutosi in Spagna nel 1984, ed è anche la soluzione che era stata per prima ipotizzata in occasione dello sciopero delle società di serie B di cui alla nota precedente. 280 114 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo loro. Tuttavia in caso d‟astensione collettiva, è ovvio che il datore di lavoro avrà il diritto di trattenere i compensi diversamente spettanti ai lavoratori scioperanti282. La difficoltà sotto questo punto sta nello stabilire la quantità della retribuzione che deve essere trattenuta. Parte della dottrina283ha proposto che debba essere trattenuto lo stipendio di un‟intera settimana, dovendosi in tal caso tenere conto della perdita di proficuità della preparazione svolta per la gara medesima. 282 È principio generale, infatti, che lo sciopero sospende il diritto alla retribuzione per i lavoratori che vi abbiano partecipato. 283 Bianchi D‟Urso – Vidiri, op. ult. Cit.; Sandulli op. cit. 285. 115 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.2.1 – Retribuzione Il carattere sinallagmatico del contratto di lavoro subordinato, contrappone all‟obbligo del lavoratore di rendere la prestazione, quello del datore di lavoro di corrisponderne la retribuzione e, cioè il relativo trattamento economico ex articolo 2094 c.c.. Pagare la retribuzione costituisce la principale obbligazione del datore di lavoro, non soltanto perché volta a remunerare l‟attività eseguita dal lavoratore ma, soprattutto perché essa rappresenta il mezzo normalmente esclusivo di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia. Costituisce inoltre il corrispettivo dell‟assorbimento da parte dell‟impresa, di tutta la capacità lavorativa del dipendente. Nel rapporto di lavoro sportivo il compenso versato dalla società all‟atleta professionista ha tutti i caratteri della retribuzione che remunera il lavoro subordinato e ciò è dimostrato dal fatto che negli accordi stipulati di anno in anno tra la F.I.G.C. e l‟Associazione calciatori è stabilito che tale compenso debba essere commisurato, oltre che all‟importanza della prestazione anche alle esigenze personali e familiari dell‟atleta ingaggiato. In vista della rilevanza sociale, che la remunerazione assume, occorre assicurare non soltanto la corrispettività, la continuità e la determinatezza, ma soprattutto la sua proporzionalità e sufficienza rispetto alle esigenze di vita del lavoratore, requisiti questi cui si riferisce l‟articolo 36, primo comma della Costituzione. In base al requisito della proporzionalità, la retribuzione deve tener conto della quantità del lavoro prestato e dell‟impegno profuso in relazione alla durata della prestazione, nonché della qualità delle mansioni svolte. La sufficienza impone, invece, una misura minima di retribuzione che garantisca non soltanto al lavoratore ma anche alla sua famiglia un‟esistenza libera dal bisogno e dignitosa. I principi costituzionali relativi alla retribuzione trovano applicazione anche nei confronti del lavoro sportivo. Posto che la maggior parte degli sportivi gareggia in campionati di basso livello non percependo compensi astronomici, diviene fondamentale, al pari di tutte 116 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo le altre categorie di lavoratori, la necessità di tutela dei livelli minimi salariali e, soprattutto, di una regolare e puntuale erogazione della retribuzione. Di minimi salariali non sembrano, invece, avere necessità i grandi campioni i quali, in forza della fama, raggiunta, riescono ad assicurarsi con il contratto individuale, compensi di gran lunga più elevati di quanto possa raggiungere qualsiasi tariffa sindacale. Al contrario, data la perdurante crisi economica in cui è caduto anche il mondo sportivo, si è proposto di far ricorso alla fissazione di “tetti” massimi di remunerazione, per impedire che il continuo aumento degli ingaggi travolga definitivamente il sistema sportivo, a danno soprattutto dei club economicamente meno forti284. Comunque sia se, da un lato la possibilità di porre dei “tetti” massimi all‟entità dell‟ingaggio è destinata a rimanere un miraggio, dall‟altro lato l‟individualizzazione dei minimi salariali è affidata alla contrattazione collettiva. Proprio dall‟esame degli accordi risulta una sostanziale differenza tra la determinazione della remunerazione dei normali lavoratori subordinati e quella dei lavoratori sportivi. In linea generale la retribuzione corrisposta al lavoratore presenta una struttura complessa comprendendo oltre alla retribuzione base285 e gli elementi accessori che, a vario titolo, si sommano alla prima286, nonché le maggiorazioni dovute nel caso di lavoro notturno o feriale. Dall‟esame degli accordi relativi ai calciatori ed ai giocatori di pallacanestro risulta, invece, un diverso sistema di determinazione della retribuzione, il cui importo è ragguagliato all‟anno, ed è costituito da un compenso annuo lordo che assorbe ogni altro emolumento o indennità cui il professionista possa aver diritto per trasferte, ritiri, gare notturne, ferie, permessi ed altro. Alla retribuzione fissa si aggiungono, poi gli eventuali premi collettivi o individuali287 aventi anch‟essi natura retributiva e relativi al rendimento della squadra o del singolo atleta288. 284 Ritiene incompatibile con la qualificazione di lavoro subordinato, l‟eccessiva lievitazione dei compensi dei calciatori: Costa F., Peculiarità del rapporto di giocatori professionisti, in Dir. lav., 1988, I, 317. 285 Vale a dire quella minima fissata in relazione alla qualifica e all‟unità di misura della prestazione di lavoro. 286 In particolare rientrano tra gli elementi accessori i superminimi, individuali o collettivi, la tredicesima e, a volte, la quattordicesima mensilità, nonché i premi di produzione. 287 Tali premi, sono consentiti esclusivamente purché risultino da accordi depositati presso la Lega competente entro il termine perentorio del 39 settembre di ciascuna stagione sportiva. I premi nell‟ambito di ciascuna competizione agonistica non sono cumulabili. 288 Anche questa parte della retribuzione deve essere determinata ed individuata nel contratto. Per la validità di qualunque patto riguardante la retribuzione è necessario che esso risulti dal documento depositato ed approvato dalla federazione competente. 117 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Fanno parte della retribuzione anche le quote di partecipazione alle eventuali iniziative pubblicitarie della società, mentre sono da escludere gli importi che i singoli atleti possono percepire in forza di contratti di sfruttamento della propria immagine. Quanto alle modalità di corresponsione è previsto che l‟importo fisso della retribuzione venga corrisposto in dodici mensilità uguali e posticipate e non sia suscettibile di riduzione o sospensione, salvo specifiche disposizioni contrattuali in tal senso. Il ritardo di oltre un mese dà diritto agli interessi pari al tasso ufficiale di sconto, in base all‟accordo F.I.G.C. – A.I.C. la morosità della società che si protragga per altri venti giorni oltre il suddetto termine è motivo di risoluzione del contratto. Competente alla decisione è il Collegio arbitrale che agisce su richiesta del calciatore e che, deve essere proceduta dalla messa in mora dalla società. La società può evitare la risoluzione del contratto pagando il dovuto entro venti giorni dal ricevimento della raccomandata di messa in mora e, se non vi provvede o non si oppone con delle contestazioni motivate e documentate dinanzi al Collegio, quest‟ultimo pronuncia la risoluzione del contratto. Detto ciò, va ricordato che, nel rispetto dei minimi salariali289, la misura del compenso individuale è pur sempre rimessa alla libera pattuizione delle parti, le quali sono libere di stabilire qualsiasi cifra. Solitamente tali accordi sono raggiunti fra un rappresentante della società ed un rappresentante del calciatore, il procuratore sportivo. Una volta che le parti hanno raggiunto l‟accordo, la società sarà tenuta a corrispondere all‟atleta l‟ingaggio stabilito anche nel caso di mancato utilizzo dell‟atleta. Questo principio è confermato da una sentenza del Tribunale di Genova290per cui <<nel caso che il giocatore di calcio abbia posto le proprie prestazioni calcistiche a disposizione della società che lo ha ingaggiato, la società stessa è tenuta a corrispondergli il compenso pattuito essendo irrilevante la circostanza che essa non si sia avvalsa in concreto delle prestazioni stesse>>. Dunque i trattamenti economici nei vari settori di attività sportiva sono costituiti da compensi; questi devono essere indicati solo ed esclusivamente “al lordo”, con l‟avvertimento che qualunque indicazione “al netto” sarà nulla a tutti gli effetti. 289 Ad esempio l‟accordo collettivo F.I.P – G.I.B.A. nella stagione 1994-1995 aveva stabilito un minimo salariale di ventiquattro milioni, delle vecchie lire, per i giocatori di A1 e A2 e di tredici milioni per gli atleti giovani di serie. 118 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.2.2 – Potere direttivo, disciplinare Alla posizione di soggezione del lavoratore corrispondono situazioni giuridiche attive del datore di lavoro, individuabili nel potere direttivo e nel potere disciplinare. Innanzitutto, espressione del potere direttivo del datore di lavoro è la scelta di determinare il luogo di svolgimento dell‟attività lavorativa, infatti, come emerge nei diversi accordi collettivi291gli atleti sono tenuti a svolgere le prestazioni nei luoghi indicati dalle società di appartenenza per quanto riguarda gli allenamenti. Mentre per quanto riguarda lo svolgimento delle competizioni, nel luogo risultante dal calendario fissato all‟inizio di ogni stagione sportiva dalle rispettive federazioni. Il potere direttivo nel rapporto di lavoro sportivo, inteso come potere di organizzazione globale dell‟attività svolta nell‟impresa, si estrinseca, poi nell‟emanazione di disposizioni attraverso le quali l‟imprenditore determina e conforma la condotta del lavoratore, in vista del raggiungimento degli obbiettivi prefissati. Questo potere di cui gode il datore di lavoro nei confronti dello sportivo, trova il suo riconoscimento legislativo sia nella legge n. 91 del 1981 sia nel codice civile. Nel quarto comma dell‟articolo 4 legge n. 91, si afferma che << nel contratto individuale dovrà essere prevista una clausola contenente l‟obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici>>. Nel codice civile invece trova fondamento in diversi articoli: 1. - articolo 2086 - secondo cui - l‟imprenditore è capo dell‟impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori; 2. - articolo 2094 - per il quale - il prestatore di lavoro subordinato si obbliga a prestare la propria attività nell‟impresa alle dipendenze e sotto la direzione dell‟imprenditore; 3. - articolo 2104 - per cui - il prestatore di lavoro subordinato si obbliga ad osservare le disposizioni per l‟esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall‟imprenditore e dai suoi collaboratori, dai quali gerarchicamente dipende. Dal combinato, disposto da tali norme emerge che il potere direttivo, di cui il datore di lavoro è titolare, viene da questi esercitato attraverso la piramide gerarchica del suo personale e, si esprime attraverso l‟emanazione di disposizioni che attengono sia 290 Tribunale di Genova, 2 maggio 1972, Carpanesi contro Soc. Sampdoria, in Riv, dir. sport. 1973, 56. 119 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo all‟esecuzione del lavoro sia alla relativa disciplina. Tutto ciò si traduce da un lato nel potere di specificare contenuto, modalità, tempi e luogo della prestazione dovuta dal lavoratore in attuazione dell‟obbligazione assunta e di controllare l‟esecuzione della prestazione di lavoro. Dall‟altro nel potere di dettare le regole attinenti alla disciplina del lavoro in vista di un ordinato svolgimento dell‟attività. Questa disposizione presuppone, appunto, il diritto potestativo del datore di lavoro e dei suoi collaboratori di emettere istruzioni ed ordini, non solo di carattere tecnico, ma anche qualsiasi disposizione attinente all‟organizzazione e all‟esecuzione del lavoro. Analogamente a quanto avviene per la generalità dei rapporti di lavoro subordinato anche in ambito sportivo il lavoratore non è tenuto all‟osservanza degli ordini illegittimi o che si traducono nell‟esposizione a pericoli per la propria salute od incolumità fisica. Complementare al potere direttivo è il potere disciplinare, che le società sportive esercitano nei confronti dei loro tesserati. L‟articolo 2106 c.c. stabilisce che la violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà, può dar luogo all‟applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell‟infrazione. Il codice civile si è limitato a porre un generico limite di proporzionalità della sanzione alla infrazione commessa. Il potere disciplinare delle società, va ad affiancarsi allo stesso potere esercitato dalle competenti federazioni nei confronti dell‟atleta. In parole più semplici, il professionista sportivo soggiace, anche al potere disciplinare della federazione per le violazioni delle norme regolamentari di qualsiasi tipo e le sanzioni irrogate possono ripercuotersi sul rapporto di lavoro sportivo fino a comprometterlo nei casi più gravi. Su queste circostanze si è pronunciata la giurisprudenza, la quale ha sottolineato che certi provvedimenti disciplinari irrogati dalla federazione al giocatore, come una squalifica per un lungo periodo di tempo, colpiscono oltre al giocatore - inibendogli l‟attività agonistica – anche la società – impedendone l‟utilizzo dello stesso – provvedimenti così che si riflettono sul rapporto di lavoro con la conseguente attenuazione dei diritti che ne derivano292. Mentre sotto il potere disciplinare delle federazioni rientrano essenzialmente comportamenti qualificabili come illeciti sportivi, che possono assumere le forme più 291 292 In quello della pallacanestro parte seconda – doveri generali dell‟atleta -; in quello del calcio articolo 12. Pret. di Roma, 17 luglio 1981, in Riv. dir. sport., 1983, 438. 120 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo svariate, il professionista sportivo soggiace al potere disciplinare della società per gli inadempimenti contrattuali293. Dall‟analisi degli accordi esistenti tra la F.I.G.C. e le associazioni calciatori ed allenatori emerge che le sanzioni applicabili in forza del potere disciplinare connesso al rapporto di lavoro, possono essere: l‟ammonizione scritta, la multa, la riduzione dei compensi, l‟esclusione temporanea dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato con la prima squadra, ed infine la risoluzione del contratto294. L‟osservanza delle modalità prescritte per l‟adozione delle sanzioni è stabilita a pena di nullità. L‟ammonizione scritta può essere adottata direttamente dalla società e deve essere preceduta dalla contestazione dell‟addebito come risulta dal dettato dell‟articolo 7, secondo comma, dello Statuto dei lavoratori. Spesso i procedimenti contrattuali stabiliscono una forma di difesa posteriore all‟irrogazione della sanzione: infatti la società comunica all‟interessato il provvedimento deliberato entro dieci giorni dalla data in cui è stata accertata l‟infrazione, con l‟indicazione dei motivi che hanno determinato il provvedimento nonché i termini e le modalità per ricorre ad un Collegio arbitrale295 che deciderà in un'unica istanza in caso d‟impugnazione. Nei casi in cui sia esclusa la possibilità di una contestazione preventiva rispetto all‟irrogazione della pena, si ha certamente un contrasto con l‟articolo 7 dello Statuto dei lavoratori. Soprattutto, perché il ricorso al Collegio arbitrale, senza essere ammessi preventivamente a far valere le proprie ragioni e come unico mezzo per evitare la definitiva applicazione della sanzione, è un rimedio intrinsecamente gravoso e dispendioso. Per tutte le sanzioni più gravi dell‟ammonizione, la società ha solo il potere di proporre motivatamente la sanzione al Collegio arbitrale che le adotta in via definitiva a seguito di un procedimento in un'unica istanza296. Non è invece precisato, se il Collegio debba 293 Per l‟approfondimento di questo e degli altri aspetti dell‟apparato disciplinare sportivo si veda Frattarolo V., I procedimenti disciplinari sportivi, in Riv. dir. sport., 1992, 555. 294 Dall‟analisi dell‟Accordo esistente tra la Federazione Italiana Pallacanestro e L‟associazione dei giocatori (G.I.B.A.)emerge la stessa classificazione delle sanzioni applicabili con un'unica differenza per cui all‟ammonizione scritta si sostituisce il richiamo verbale. 295 Il Collegio arbitrale è composto di tre membri di cui due designati di volta in volta rispettivamente dalla società e dallo sportivo tra le persone nominate in elenchi depositati dalle Leghe e dall‟Associazione calciatori (o allenatori) presso la Federazione. Anche il Presidente deve essere scelto in un elenco depositato presso la Federazione e preventivamente concordato tra le parti firmatarie dell‟accordo collettivo. 296 Nella pallacanestro la disciplina è differente da quella prevista dal calcio. Nell‟accordo collettivo F.I.P.G.I.B.A., infatti, tutte le sanzioni sono adottate direttamente dalla società con il solo obbligo della 121 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo limitarsi ad accogliere o respingere la proposta, oppure abbia anche il potere di stabilire una diversa sanzione297. La seconda soluzione sembra preferibile dato che il Collegio deve pur sempre valutare la congruità della sanzione, così l‟accoglimento ed il rigetto della proposta racchiudono anche la soluzione intermedia della riduzione. L‟importo massimo della multa è del trenta per cento (quaranta per cento per gli allenatori) di un dodicesimo del compenso annuo lordo e la riduzione di tale compenso non può superare il quaranta per cento della quota relativa al periodo per il quale è richiesta la riduzione. Inoltre la riduzione del compenso può essere ancora richiesta in misura fino al sessanta per cento, degli importi relativi al periodo in cui deve essere scontata una squalifica comminata dalla F.I.G.C., dall‟U.E.F.A., o dalla F.I.F.A.. La sospensione temporanea degli allenamenti e della preparazione precampionato nonché la risoluzione del contratto devono essere proposte dalla società entro dieci giorni dalla data in cui è stata accertata l‟infrazione. La risoluzione del contratto può essere proposta oltre che per una grave inadempienza contrattuale, per inabilità, per malattia o infortunio dipendente da condotta sregolata o da altre cause attribuibili a colpa del professionista e per condanna a pena detentiva per reati non colposi, passata in giudicato e non sospesa o condonata298. Per le sanzioni più gravi si è preferito investire fin dall‟inizio il competente organo della Giustizia sportiva, in modo da assicurare una maggiore garanzia per il tesserato299. Ma, in effetti, la differenza fra le due ipotesi non è poi così marcata, poiché la decisione spetta in ogni caso al Collegio di disciplina e conciliazione che giudica in un'unica istanza. motivazione per iscritto del provvedimento a pena di nullità, se più grave del richiamo verbale e, in ogni caso, dell‟obbligo di comunicarlo all‟atleta entro quindici giorni dalla commissione del fatto o dalla sua scoperta. Non è invece previsto l‟obbligo di preventiva contestazione dell‟addebito né la concessione del termine per la difesa del giocatore. Pertanto le norme collettive sono nulle in via di principio perché confliggenti con l‟ultimo comma dell‟articolo 4 della legge n. 91 e con l‟articolo 7 dello statuto dei lavoratori e, se osservate nel caso concreto, determinano la nullità della sanzione. Altri tratti distintivi del sistema disciplinare in questione sono: l‟istituto della recidiva, valida solo in riferimento alle infrazioni commesse durante la medesima stagione sportiva, con la specificazione della sanzione applicabile in tal caso, e cioè quella gradatamente più severa della precedente; la predeterminazione di pene edittali differenti, nel caso di applicazione della multa, per singole violazioni contrattuali ben individuate, includenti quelle tecniche commesse durante la gara. La cognizione dei ricorsi contro i provvedimenti disciplinari è devoluta ad un Collegio Permanente di Conciliazione, istituito presso la Lega di serie A e a composizione mista Lega – G.I.B.A., che funziona come collegio arbitrale per tutte le controversie originate dall‟accordo collettivo e dal contratto di lavoro. Il Collegio decide all‟esito di un procedimento che ricalca nelle fasi essenziali il processo civile. 297 Il potere di ridurre la sanzione è specificatamente conferito al Collegio di conciliazione di cui alla nota precedente. 298 L‟accordo collettivo F.I.P. – G.I.B.A. afferma che - oltre alle ipotesi viste a proposito dei calciatori – sono cause di risoluzione del contratto l‟uso di sostanze dopanti, situazioni di frode sportiva, assenze ingiustificate a più di una gara nel corso della stagione. 122 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo In merito a tali poteri, l‟ampia facoltà d‟esercizio riconosciuta, praticamente senza limiti dal codice civile ha subito un notevole ridimensionamento per effetto delle norme dello Statuto dei lavoratori. Si tratta di disposizioni contenute nel titolo I, che nell‟intento di tutelare la dignità e la libertà del lavoratore, hanno compresso l‟autorità del datore di lavoro. Circondando di cautele e limiti il potere di controllare il lavoratore durante lo svolgimento della sua attività. Di tali norme alcune sono applicabili, senza dubbio al lavoro sportivo, altre invece sono state espressamente escluse da tale ambito applicativo dalla legge n. 91. Non incompatibili con il lavoro sportivo sono le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 6, 8. L‟articolo 2 concerne il divieto imposto al datore di lavoro di impiegare guardie giurate per scopi diversi dalla salvaguardia del patrimonio aziendale. Coerentemente con tale limite la norma vieta al datore di lavoro di adibire le guardie giurate a compiti di vigilanza sull‟attività lavorativa, interdicendone l‟accesso ai locali in cui si svolge l‟attività lavorativa durante l‟orario di lavoro. L‟articolo 6 invece vieta la possibilità di visite personali di controllo sul lavoratore a meno che le stesse non risultino indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale. Tali norme sono astrattamente riferibili al lavoro sportivo anche se di fatto non sembra esserci, in tale ambito, spazio per una loro concreta applicazione. Trova invece piena ed indiscutibile applicazione anche nel rapporto di lavoro sportivo l‟articolo 8 dello Statuto dei lavoratori, il quale vieta al datore di lavoro, sia ai fini dell‟assunzione sia nel corso di svolgimento del rapporto, l‟effettuazione di indagini sulle opinioni politiche religiose o sindacali del lavoratore. La legge n. 91 come abbiamo già visto nel primo capitolo, e ripetuto poco sopra, esclude espressamente l‟applicazione al rapporto di lavoro sportivo di alcuni articoli dello Statuto dei lavoratori, come gli articoli 4, 5 L‟articolo 4 – concernente il divieto d‟uso di impianti audiovisivi o di altre apparecchiature per finalità di controllo – trova la sua ragione di non applicazione nel rapporto di lavoro sportivo in virtù del fatto che gli eventi agonistici sono costantemente seguiti per il tramite di strumenti di ripresa. Analogamente è esclusa l‟applicazione dell‟articolo 5 che vieta accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro sull‟idoneità e sull‟infermità per malattia o infortuni del lavoratore. Anche l‟applicabilità di tale norma 299 Sul punto, si veda Sensale M., Il potere di iniziativa delle società di calcio in relazione ai procedimenti 123 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo nel mondo dello sport risulta giustificata dalla peculiarità della prestazione dell‟atleta, i cui risultati agonistici non possono andare disgiunti dalla forma fisica, la cui tutela richiede un costante monitoraggio, diversamente non assicurato dalle disposizioni di cui all‟articolo 5. Con l‟espressione di vincolo giustizia è stata designata una particolare disposizione, presente fra le norme di tutte le federazioni. Mediante la quale, con varia formulazione, i soggetti affiliati assumono l‟obbligo di non adire autorità diversa da quelle federali precostituite - per la tutela dei loro interessi e per le controversie di qualsiasi natura derivanti dall‟attività sportiva. Inoltre tali soggetti sono tenuti ad accettare le decisioni degli organi federali e comunque ad astenersi dal compiere atti tendenti ad eludere il divieto300. La violazione di queste disposizioni, comporta in genere la radiazione, salvo alcuni casi in cui il rigore delle sanzioni è mitigato dalla previsione della possibilità d‟applicazione alternativa di provvedimenti non espulsivi. La ragione di siffatta disposizione è evidente: essa mira a difendere l‟ordinamento sportivo da possibili interventi estranei e dal pericolo che nella sua sfera giuridica prevalgano principi alieni e norme contrastanti. Sul punto torneremo in modo più approfondito poco più avanti, allorché si tratterà di analizzare la clausola compromissoria. disciplinari a carico di tesserati F.I.G.C., in Riv. dir. sport., 1984, 36. 124 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.2.3 – Tutela sanitaria Tra gli obblighi gravanti sul datore di lavoro, oltre a quello, certamente principale, di corrispondere la retribuzione, particolare rilievo assume l‟obbligo connesso alla tutela della salute e delle condizioni di lavoro. Della tutela sanitaria nell‟attività sportiva si occupa l‟articolo 7 - della legge n. 91 – il quale stabilisce quanto segue: <<L‟attività sportiva professionistica è svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite dalle federazioni sportive nazionali ed approvate, con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente legge. Le norme di cui al comma precedente devono prevedere tra l‟altro, l‟istituzione di una scheda sanitaria per ciascuno sportivo professionista, il cui aggiornamento deve avvenire con periodicità almeno semestrale. In sede di aggiornamento della scheda devono essere ripetuti gli accertamenti clinici e diagnostici che sono fissati con decreto del Ministro della sanità. La scheda sanitaria è istituita, aggiornata e custodita a cura della società sportiva e, per gli atleti di cui al secondo comma dell‟articolo 3, dagli atleti stessi, i quali devono depositarne duplicato presso la federazione sportiva nazionale d‟appartenenza. Gli oneri relativi all‟istituzione e all‟aggiornamento della scheda degli atleti professionisti gravano sulle società sportive. Per gli atleti di cui al secondo comma dell‟articolo 3, detti oneri sono a carico degli stessi. Le competenti federazioni possono stipulare apposite convenzioni con le regioni al fine di garantire l‟espletamento delle indagini e degli esami necessari per l‟aggiornamento della scheda. L‟istituzione e l‟aggiornamento della scheda sanitaria costituiscono condizione per l‟autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell‟attività degli sportivi professionisti. Per gli adempimenti di cui al presente articolo le regioni potranno eventualmente istituire appositi centri di medicina sportiva>>. 300 Sul punto, si veda Frattarolo V., Il procedimento disciplinare sportivo, in Riv. dir. sport., 1992, 555. 125 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo L‟articolo 7 ha consolidato il regime di tutela preventiva della salute dei professionisti sportivi, già instaurato dalla legge n. 1099 del 1971 per la generalità dei praticanti dell‟attività agonistica, con la previsione d‟accertamenti periodici obbligatori 301la cui operatività, a seguito dell‟entrata in vigore della legge n.91, deve considerarsi ormai riferita all‟attività sportiva non professionistica. Da una prima analisi testuale, questo articolo appare molto chiaro e meticoloso, sembra, infatti, non dar luogo alle contraddizioni che invece hanno caratterizzato il testo di quasi tutta la legge n. 91 del 1981. In realtà una prima lacuna è subito facilmente individualizzabile, si tratta, infatti, di una norma esclusivamente diretta alla tutela preventiva dell‟attività sportiva, mancando un qualsiasi riferimento alle forme di tutela di carattere curativo e riabilitativo. Per questo motivo si è prospettato302 un‟esclusione degli sportivi professionisti dall‟assistenza prevista dal servizio sanitario nazionale, istituito con la legge n. 833 del 1978. Ma, si deve precisare che la tutela sanitaria prevista dall‟articolo 7 non sostituisce, né assorbe, la tutela generale prevista dalla legge 833, avendo le due normative finalità diverse. Per la peculiarità dell‟attività sportiva il legislatore ha, infatti, volutamente introdotto una forma di tutela specifica, più incisiva nella fase preventiva. Dato il carattere subordinato del lavoro sportivo, tutte le forme di tutela garantite ai lavoratori dalla legge 833/1978, di carattere curativo e riabilitativo, spettano anche ai lavoratori sportivi303. Per quanto riguarda gli sportivi titolari di un rapporto di lavoro autonomo, la tutela sanitaria trova origine, non tanto nella normativa dei lavoratori, ma in quella dei cittadini, avendo la tutela carattere generale. In conformità a quanto detto, gli atleti professionisti devono sottoporsi preventivamente e periodicamente a specifici controlli diagnostici, che ne attestino l‟idoneità fisica in relazione alle specifiche discipline sportive. Il riconoscimento di tale idoneità è condizione indispensabile per la partecipazione alle attività agonistiche. Gli accertamenti sanitari previsti, non son uguali in tutte le discipline sportive ma variano in base alle caratteristiche dell‟attività sportiva svolta (vedi Appendice). 301 Le modalità di esercizio della tutela, in base all‟articolo 2, secondo comma, della legge n. 109, sono state definite dai D.M. 5 luglio e 18 febbraio le cui disposizioni sono assistite da sanzioni pecuniarie nei casi d‟inosservanza. 302 Bellini V., Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, in Nuove leggi civ., 1982, 605. 303 Siniscalchi L., Profili previdenziali del lavoro sportivo: la legge 23 marzo 1981 n. 91, in Dir. lav., 1988, I, 292. 126 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Inoltre è bene ricordare che tali accertamenti costituiscono il livello minimo di controllo delle condizioni fisiche dell‟atleta. Al medico sociale, infatti, rimane sempre la facoltà di richiedere ulteriori esami specialistici nei casi di motivato sospetto clinico304. L‟articolo 7 parla poi dell‟obbligo di tenere una scheda sanitaria (vedi Appendice) per ogni sportivo. La scheda sanitaria attesta l‟avvenuta effettuazione degli accertamenti sanitari prescritti e contiene una sintetica valutazione medico-sportiva dello stato di salute attuale dell‟atleta, nonché, eventuali controindicazioni, anche temporanee, alla pratica agonistica. Questa scheda sanitaria deve essere obbligatoriamente istituita dalla società all‟atto della costituzione del primo contratto di lavoro sportivo e dovrà essere costantemente aggiornata a cura del medico sociale, che ne ha la custodia per l‟intera durata del rapporto di lavoro305. In caso di trasferimento dell‟atleta professionista ad un‟altra società, la scheda sanitaria aggiornata deve essere trasmessa d‟ufficio, dal medico della società sportiva di provenienza al medico della nuova società306. L‟istituzione e l‟aggiornamento della scheda costituiscono condizione per l‟autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell‟attività degli sportivi professionisti. Quello operato dalle federazioni è un potere di controllo più vasto di quello che il tenore letterale della norma potrebbe lasciar intendere. Non si tratta, infatti, di limitarsi a constatare se la scheda ci sia e se sia stata aggiornata, ma di verificare nel merito gli esami clinici e diagnostici che sono stati eseguiti. Non può essere infatti negato, alle federazioni, il potere di far ripetere gli esami che non convincono ed eventualmente disporre d‟ufficio l‟esecuzione di accertamenti diversi da quelli già fatti. Con la conseguenza che le federazioni potranno non concedere l‟autorizzazione all‟esercizio dell‟attività sportiva professionistica, ovvero revocare o sospendere l‟autorizzazione già concessa, nonostante il fatto che la scheda sanitaria dell‟atleta sia stata regolarmente istituita e aggiornata. L‟omissione di tali adempimenti può, dunque, ripercuotersi sull‟esecuzione del contratto di lavoro, qualora la federazione inibisca l‟effettuazione delle prestazioni sportive. I controlli medici previsti dalle norme federali e gli accertamenti clinici e diagnostici semestrali, non esauriscono i doveri gravanti sui sodalizi sportivi. 304 Articolo 3 del decreto del ministro della sanità 18 febbraio 1982. Quando l‟attività svolta dall‟atleta è di lavoro autonomo deve essere l‟atleta stesso ad istituirla, aggiornarla e custodirla, nonché a depositarne un duplicato presso la federazione sportiva d‟appartenenza. 306 Nel caso in cui alla cessazione del rapporto di lavoro con l‟atleta non segua il trasferimento ad altra società professionistica, la scheda sanitaria è inviata, all‟atto della cessazione del rapporto stesso, al medico della federazione sportiva d‟appartenenza, il quale ne curerà la conservazione e la trasmissione alla società sportiva titolare dell‟eventuale rapporto di lavoro. 305 127 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Nei confronti dei lavoratori sportivi, in quanto lavoratori subordinati, trova puntuale applicazione l‟articolo 2087 c.c.. Il quale stabilisce che <<l‟imprenditore è tenuto ad adottare nell‟esercizio dell‟impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l‟esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l‟integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro>>307. Quindi se da un lato si possono cogliere degli obblighi datoriali che impongono alla società di curare e mantenere la miglior efficienza fisica degli atleti, fornendo impianti ed attrezzature idonee alla preparazione e mettendo a disposizione un ambiente consono alla loro dignità professionale308, dall‟altro sta però il dovere dell‟atleta di preservare la propria integrità fisica mantenendo una condotta di vita sana e regolata, pena la risoluzione del contratto. Nei confronti degli atleti, si può delineare anche una responsabilità – di natura extracontrattuale – da parte del medico sociale, ai sensi dell‟articolo 2043 c.c., secondo il quale <<qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno>>. Si ritiene che i criteri ordinari di valutazione della colpa risultino attenuati per effetto dell‟articolo 2236 c.c.; di conseguenza il medico, in presenza di situazioni di particolare difficoltà, è responsabile solamente per dolo o colpa grave309. Al medico si richiede diligenza, prudenza, competenza ed osservanza alle leggi, regolamenti, ordini o discipline310. La casistica giurisprudenziale conferma che si sono avuti giudizi di responsabilità soprattutto nelle ipotesi in cui, alla presenza di situazioni poco tranquillizzanti sulle condizioni dell‟atleta sono stati omessi accertamenti più approfonditi e accurati311. Si deve infine rilevare che la società sportiva può essere responsabile dell‟operato del medico, secondo quanto disposto dall‟articolo 2049 c.c.; il che significa che la società e 307 Significa che, indipendentemente dai numerosi obblighi dettati dalle leggi speciali e al di fuori del loro ambito d‟applicazione, l‟imprenditore è sempre responsabile per violazione dell‟obbligo di adottare tutte quelle cautele che sono richieste per la tutela dell‟integrità fisica del proprio dipendente. 308 Così, la società dovrà garantire che i campi in cui si svolgono gli allenamenti, le attrezzature messe a disposizione per lo svolgimento delle prestazioni sportive e, ancora, i locali gestiti dalle società stesse presentino caratteristiche tali da prevenire il rischio di infortuni e salvaguardare l‟integrità fisica dell‟atleta. Conseguentemente la società potrà essere chiamata a rispondere contrattualmente ex articolo 2087 c.c., dei danni occorsi in capo ad uno sportivo ogni qualvolta risultino delle lacune nelle misure protettive che dovevano e potevano essere adottate a tutela del lavoratore, perché previste da disposizioni legislative e regolamentari o perché suggerite dalle conoscenze tecniche in materia di sicurezza nello sport. 309 Sul punto, si veda Cassazione, 24 maggio 1996, n. 1329, in Foro it. rep., 1966, 1595. 310 Cassazione 9 giugno 1981, in Foro it., 1982, II, 268. 311 Tribunale di Forlì, 12 giugno 1981, in Foro it., 1982, I, 268; in relazione al caso Vendemini, in cui il tribunale affermava che<< risponde del reato di omicidio colposo il medico che, senza svolgere accertamenti clinici, abbia rilasciato un certificato attestante le buone condizioni generali e cardiovascolatorie di un giocatore di pallacanestro poi deceduto, nel corso di una partita, affetto da morbo di Marfan>>. 128 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo per essa il presidente o responsabile, sono tenuti a rispondere dei fatti illeciti commessi dal medico sportivo nell‟attività di controllo dell‟idoneità e delle condizioni fisiche dell‟atleta. Rientrano nella tutela sanitaria oltre gli aspetti preventivi - disciplinati dall‟articolo 7 – anche gli aspetti previdenziali, riguardanti le forme assicurative contro le malattie professionali e gli infortuni312, tale aspetto è regolato dall‟articolo 8, legge n. 91. Prevenzione e previdenza sono tra loro in successione logica e cronologica. Il punto di confine tra l‟una e l‟altra è costituito dall‟evento dannoso che determina la situazione di menomazione e quindi di bisogno. Riguardo al singolo caso, la prevenzione esaurisce la propria sfera allorché l‟evento si è verificato e, d‟altra parte, la verificazione dell‟evento rappresenta il presupposto e quindi l‟inizio della previdenza313. L‟articolo 8 stabilisce che << le società sportive devono stipulare una polizza individuale a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni che possono pregiudicare il proseguimento dell‟attività sportiva professionistica, nei limiti assicurativi stabiliti, in relazione all‟età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle federazioni sportive nazionali, d‟intesa con i rappresentanti delle categorie interessate>>. Diversamente da quanto previsto per la tutela sanitaria preventiva – di cui all‟articolo 7 questa disposizione si applica a tutte le figure di sportivi previste dall‟articolo 2, vale a dire oltre che agli atleti anche agli allenatori, i direttori tecnici ed ai preparatori atletici, che svolgono attività sportiva sia di natura subordinata, sia autonoma. La polizza assicurativa deve essere stipulata entro la data di convocazione dell‟atleta per l‟inizio della stagione sportiva. In caso d‟inadempimento la società sportiva sarà soggetta a provvedimenti di natura disciplinare e tenuta al diretto risarcimento degli eventuali danni subiti dal proprio tesserato non coperto dalla polizza. Prima di proseguire nell‟analisi della disposizione, è opportuno soffermarsi brevemente sul concetto d‟infortunio sportivo. Per infortunio sportivo si intende un evento improvviso di causa violenta ed esterna che si verifica indipendentemente dalla volontà dell‟atleta, nell‟esercizio dell‟attività sportiva, producendo immediatamente lesioni corporali. L‟infortunio sportivo presenta delle peculiarità che lo differenziano dall‟infortunio lavorativo, derivanti dalla particolarità della prestazione sportiva, caratterizzata da una 312 L‟assicurazione deve riguardare anche la morte o l‟inabilità derivanti da eventi estranei all‟esercizio dell‟attività sportiva. 129 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo continua tendenza a superare i limiti, ne deriva che i rischi sono, nella maggioranza dei casi, liberamente e volontariamente assunti. L‟assicurazione contro gli infortuni era già prevista antecedentemente alla legge n. 91 e rappresenta la forma più remota di tutela previdenziale degli atleti, essendo stata istituita nel 1934 con la costituzione in seno al C.O.N.I. della Cassa di Previdenza per l‟assicurazione degli sportivi – in seguito denominata Sportass314 – che, con legge 5 gennaio 1939, n. 133315, venne autorizzata all‟esercizio diretto delle assicurazioni a favore degli atleti di tutti gli sport e con oneri a carico delle singole federazioni316. Il campo d‟applicazione della Sportass è circoscritto agli infortuni occorsi nello svolgimento dell‟attività sportiva, ivi compresi gli allenamenti e i viaggi, ed abbraccia qualsiasi tipo d‟attività agonistica, sia essa professionistica, dilettante, giovanile. Dunque scopo della Sportass è quello di assicurare, senza fini di lucro, tutti gli sportivi – professionisti o dilettanti – nonché tutti gli ausiliari sportivi317. I rischi assicurati e le prestazioni della Sportass devono riferirsi ad infortuni verificatisi durante l‟attività agonistica o di preparazione fisico atletica, preventivamente autorizzata e controllata dall‟organizzazione sportiva e riguardano: 1. - in caso di morte dell‟assicurato, erogazione agli aventi diritto, del capitale stabilito dalle specifiche condizioni assicurative di cui beneficiava l‟atleta o l‟ausiliario sportivo; 2. - in caso d‟invalidità permanente, un indennizzo proporzionale al grado di inabilità, calcolato in base ad apposite tabelle; 3. - in caso di inabilità temporanea, un indennizzo sotto forma di diaria dal nono giorno successivo a quello dell‟infortunio e fino alla cessazione dell‟assistenza sanitaria e comunque per un minimo di centoventi giorni. Al fianco di queste assicurazioni previste dall‟ordinamento sportivo, che costituiscono il lato più strettamente pubblicistico di tale sistema, esiste una vasta organizzazione privata che interviene a completare il trattamento previdenziale dell‟atleta. 313 Per approfondimenti, sulla differenza previdenza-prevenzione si veda Ciannella P., La tutela della salute nell‟attività sportiva: aspetti prevenzionali e previdenziali, in Riv. dir. sport., 1985, 409. 314 Dall‟articolo 1 dello statuto della Sportass emerge che l‟ente <<ha per scopo fondamentale di assicurare, senza fine di lucro, tutti gli sportivi contro i danni derivanti dagli infortuni e danni arrecati a terzi ed a cose di terzi che si verifichino durante l‟esercizio, individuale o collettivo, dello sport da ciascuno praticato e la cui assicurazione da parte della Cassa sia espressamente autorizzata dalla legge>>. 315 Il D.P.R. 1 luglio 1952, n. 1451 ha approvato il nuovo statuto della Sportass. Il D.P.R. 1 aprile 1978 ne ha affermato la natura di ente pubblico non economico a cui è affidata la cura di forme obbligatorie di previdenza e di assistenza. 316 Per un riepilogo dell‟istituto, si veda Germano, Lavoro Sportivo, in Digesto discipline priv. – sez. comm., VII, 462, 1992; La Cava, Problemi assicurativi dello sport, in Riv. dir. sport., 1963, 185. 317 Giudici, arbitri, ufficiali di gara, cronometristi, allenatori, sanitari, accompagnatori, massaggiatori etc. 130 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Sul punto si può vedere una sentenza del Tribunale di Firenze318, il quale - a proposito dell‟articolo 54 del Regolamento organico della F.I.G.C. e dell‟articolo 130 Regolamento Lega Nazionale – afferma che <<le società calcistiche sono tenute a contrarre a favore dei propri giocatori le assicurazioni integrative contro i rischi inerenti all‟esercizio dell‟attività sportiva ed il suddetto obbligo assicurativo non può ritenersi adempiuto, mediante la stipulazione di polizze cumulative nelle quali i singoli giocatori non sono parti del contratto, destinatari della garanzia assicurativa, ma semplici portatori del rischio assicurato, considerato esclusivamente sotto il riflesso del danno che l‟associazione può risentire nel suo patrimonio calcistico>>. Nel settore del calcio, mentre l‟assicurazione base Sportass è regolata dall‟articolo 3 del Regolamento organico della F.I.G.C., il Regolamento del settore professionistico contiene una parte intitolata <<obblighi assistenziali, previdenziali ed assicurativi>> che prevede il controllo e la cura delle condizioni fisiche dei giocatori da parte di un medico sociale, nonché un trattamento speciale in caso di infortunio che consiste nel pagamento di compensi all‟atleta da parte della società per tutto il periodo dell‟inabilità, mentre la società beneficia delle eventuali indennità assicurative per il periodo di tempo della inabilità temporanea319. Interessante è l‟articolo 49, del Regolamento ultimo citato, per cui indipendentemente dall‟assicurazione prevista dal Regolamento organico320 le società sono tenute ad assicurare i propri tesserati321 per i rischi di morte e di invalidità permanente specifica dipendente dall‟attività sportiva, con massimali integrativi322 secondo le modalità ed i limiti stabiliti annualmente dalla Lega. Dall‟articolo 50 del regolamento federale della F.I.G.C. emerge che le società devono nominare un sanitario scelto tra i medici chirurghi iscritti nell‟apposito albo, tenuto dalla F.I.G.C., con la funzione di medico sociale. Come si è già detto, il medico sociale provvede all‟istituzione ed all‟aggiornamento della scheda sanitaria, per conto della società sportiva. Ne cura la compilazione, sulla base delle risultanze degli accertamenti eseguiti alle scadenze stabilite ed in ogni altro 318 Tribunale di Firenze, 2 maggio 1967, A.c. Fiorentina contro Duimovich, in Giur. tosc., 1968, 94. Qualora l‟inabilità per malattia od infortunio si protragga oltre i sei mesi, comporta la facoltà per la società di rinunciare al vincolo ed ottenere la risoluzione del contratto, dandone comunicazione in forma scritta al calciatore ed alla Lega. 320 Ossia l‟assicurazione base, Sportass. 321 Le società che contravvengono a tale divieto saranno soggette alle sanzioni previste dalla disciplina sportiva. La Lega Nazionale ha facoltà, in caso di inadempienza delle società, di sostituirsi alle stesse per la stipulazione e per il perfezionamento della polizza. 322 Tali massimali sono contenuti nelle norme relative ai rapporti economici annuali fissate dalla Lega e sono superiori a quelli ordinari base Sportass. 319 131 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo momento si verifichi un rilevante mutamento delle condizioni di salute. Oltre a quanto stabilito per la scheda sanitaria, il medico sociale deve provvedere alla stesura per ciascun atleta, di una cartella clinica proposta dalla federazione sportiva d‟appartenenza e conforme al modello approvato dal Ministero della Sanità. Anche questa cartella è affidata alla custodia personale del medico sociale per l‟intero periodo del rapporto di lavoro tra l‟atleta ed il sodalizio sportivo, con il vincolo del segreto professionale323. Infine prima di chiudere, va ricordata, sempre in un‟ottica di salvaguardia della salute degli atleti, la recente legge 14 dicembre 2000, n. 376 la quale, superando la frammentarietà che aveva caratterizzato la legislazione precedente in materia 324, ha regolamentato in maniera organica il fenomeno doping, che viene ridefinito e punito come un reato. La legge in questione ha demandato ad un apposito decreto del Ministero della Sanità la ripartizione in classi dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche mediche dopanti, e quindi vietate ed ha istituito un‟apposita Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e la tutela della salute nelle attività sportive. Lo scopo di questa legge è quello di vietare il doping non solo perché in grado di alterare i risultati e quindi la regolarità delle competizioni sportive, ma anche perché in grado di compromettere la salute, ossia un diritto costituzionalmente tutelato (articolo 32 Cost.). Garanti della attuazione delle finalità della legge e tenuti a predisporre tutti gli atti necessari a garantirne il rispetto, sono il C.O.N.I., le federazioni sportive, le società e le associazioni; nonché gli enti di promozione sportiva pubblici e privati, i quali, ai sensi dell‟articolo 6, legge 376/2000, devono adeguare i loro regolamenti alle disposizioni contenute nella legge stessa, prevedendo in particolare, le sanzioni e le procedure disciplinari nei confronti dei tesserati in caso di doping o rifiuto di sottoporsi ai controlli325, che a livello sanzionatorio equivale all‟assunzione di sostanze dopanti. 323 All‟atto della cessazione del rapporto di lavoro con la società, la cartella clinica dovrà essere consegnata in copia all‟atleta e non ad altri anche se da questi delegato. Mentre l‟originale dovrà essere conservato per almeno dieci anni, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, presso la società sportiva a cura del medico sociale. 324 Legge 26 ottobre 1971, n. 1099; legge 29 novembre 1995, n. 522 per la ratifica della convenzione contro il doping adottata a Strasburgo il 16 novembre 1989. 325 Ad esempio coerentemente con quanto stabilito dall‟articolo 6, legge 376 del 2000, l‟articolo 15 del regolamento della F.I.G.C. prevede che l‟atleta risultato positivo alle analisi sia sospeso dall‟attività sportiva con provvedimento dell‟organo di giustizia di primo grado statuariamente competente, da adottarsi in via d‟urgenza. La sospensione cautelare viene revocata, e le eventuali sanzioni annullate, se le controanalisi danno esito negativo, e l‟atleta può continuare a partecipare alle competizioni. In ogni caso, è esclusa ogni possibilità di rivalsa, a qualsiasi titolo, da parte dell‟atleta e/o della società di appartenenza per la sospensione subita. Qualora dall‟esito dell‟istruttoria, risultino accertate violazioni alle norme antidoping è prevista l‟apertura di un procedimento disciplinare, innanzi agli organi di giustizia sportiva, che può portare alla comminazione della sanzione della squalifica, secondo le modalità stabilite dall‟articolo 18 del regolamento federale. 132 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo La violazione delle norme anti-doping, da luogo a conseguenze anche sul rapporto di lavoro, configurandosi come violazione degli obblighi di diligenza e correttezza nella esecuzione delle prestazioni. Cosicché alle sanzioni applicate dalla federazione possono aggiungersi sanzioni disciplinari da parte della società, fino alla possibilità di richiedere la declaratoria di risoluzione del contratto326. 326 È da ritenere , invece, che la società sportiva non possa legittimamente applicare sanzioni disciplinari qualora la positività ai controlli anti-doping dell‟atleta configuri fondati motivi di responsabilità a carico della società stessa. 133 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.2.4 – Responsabilità e obblighi delle società sportive nella tutela della salute degli atleti Per ricostruire in termini più pratici quelle che sono le responsabilità e gli obblighi delle società sportive nella tutela della salute dei propri atleti, può essere interessante far ricorso ad alcune sentenze giurisprudenziali. Fra queste, a mio modo di vedere, una può rappresentare tutte le altre, sia per l‟argomento trattato, ma soprattutto per la sua attualità, poiché tale pronuncia della Cassazione327 è del gennaio 2003. Il tutto ebbe inizio con ricorso al Pretore del lavoro di Novara, da parte di Filippo Rotolo che conveniva in giudizio la s.p.a. Novara calcio e Assitalia. Rotolo esponeva che fino al 30 giugno 1989 aveva svolto l‟attività di calciatore professionista alle dipendenze del Novara Calcio s.p.a., e che in data 10 febbraio 1989 il Novara aveva chiesto ed ottenuto dalla Lega professionisti di serie C la risoluzione del contratto – che legava il Rotolo alla società - a seguito dell‟inabilità derivata da un infortunio subito in una partita d‟allenamento il 25 luglio 1988328. Rotolo nel suo ricorso chiedeva che, previo accertamento della responsabilità ex articoli 2087 e 2043 c.c. del Novara calcio, la stessa società ed il suo istituto assicuratore fossero condannati al risarcimento dei danni subiti. Il pretore di Novara però non accettò le richieste del ricorrente e rigettò il ricorso. A seguito dell‟appello, proposto dalla parte soccombente, il Tribunale di Novara, dopo l‟espletamento di una consulenza richiesta dal Rotolo, con sentenza 31 gennaio 2000 - riformando la sentenza impugnata - dichiarava il Novara calcio responsabile dell‟infortunio subito dal giocatore e conseguentemente condannava il sodalizio al risarcimento dei danni, liquidati in trecento milioni di “vecchie” lire. Nel pervenire a tale soluzione il Tribunale osservava in punto di fatto che non poteva dubitarsi, in base alle risultanze della consulenza espletata, che il Rotolo era stato costretto ad abbandonare l‟attività agonistica per le ripetute fratture riportate alla caviglia ed in particolare per l‟infortunio subito il 25 luglio 1988. 327 Cassazione, sezione lavoro, 8 gennaio 2003, n.85, in Mass. giur. lav., 2003, 232. Come emerge dagli atti del procedimento, questo infortunio non era il primo occorso al Rotolo, ma il terzo nel giro di un anno e mezzo e sempre tutti della stessa specie – frattura del metatarso destro – che 328 134 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Avverso tale sentenza il Novara calcio propose ricorso per Cassazione, affidato a due motivi. Con il primo motivo329 la società ricorrente deduceva una falsa applicazione degli articoli 2043 e 2087 c.c. nonché mancanza e/o manifesta illogicità delle motivazioni su un punto decisivo della controversia. In particolare si faceva notare come il Rotolo era stato curato ed assistito fino al luglio 1988 da soggetti estranei alla società stessa330 e che inoltre il Rotolo era stato sottoposto a visita medica presso l‟istituto di medicina dello sport “Anna Maria di Giorgio” di Torino331che ne aveva accertato l‟idoneità all‟attività agonistica. La parte ricorrente in Cassazione contestava inoltre l‟addebito, mosso dal Tribunale di Novara, per cui la società non avrebbe messo a disposizione dell‟istituto medico tutta la documentazione relativa alle fratture e agli interventi subiti dall‟atleta, impedendo in tal modo l‟effettuazione di una visita accurata. Secondo gli avvocati difensori del Novara calcio, dunque, non sussisteva alcun nesso di causalità tra il comportamento tenuto dalla società e l‟infortunio subito dal Rotolo e pertanto non poteva ravvisarsi alcuna violazione dell‟articolo 2087 c.c. La Suprema Corte analizzata tutta la normativa sportiva, che prevede la massima attenzione nell‟accertamento dello stato di salute degli atleti, e ritenendo non accettabili le motivazioni addotte in sede di ricorso dal Novara calcio, confermò la sentenza del Tribunale di Novara. La massima che emerge dalla sentenza della Cassazione è la seguente: << Nell‟esercizio di attività sportiva a livello professionistico, le società sportive sono tenute a tutelare la salute degli atleti sia attraverso la prevenzione degli eventi pregiudizievoli della loro integrità psico-fisica, sia attraverso la cura degli infortuni e delle malattie che possono trovare causa nei rilevanti sforzi caratterizzanti la pratica professionale di uno sport, potendo essere chiamate a rispondere in base al disposto degli articoli 1218 e 2049 c.c. dell'operato dei propri medici sportivi e del personale comunque preposto a tutelare la salute degli atleti ed essendo comunque tenute, come datore di lavoro del calciatore, ad adottare tutte le cautele necessarie, secondo le norme tecniche e di esperienza, a tutelare avevano così procurato un‟inabilità totale alla attività agonistica, nonché un‟inabilità generale permanente del dodici per cento. 329 Il secondo motivo attiene al calcolo dei danni dovuti al giocatore per la sua inabilità. 330 Infatti i primi due infortuni erano avvenuti mentre il giocatore esercitava le sue prestazioni per altro sodalizio – la Pro Vercelli – e nel luglio del 1988 era stato ceduto in prestito al Novara che era stato comunque accuratamente avvisato di quella che era la situazione clinica del giocatore. 331 Uno degli istituti deputati ai sensi dell‟articolo 5 del D.M. 18 febbraio 1982 al rilascio del certificato di idoneità all‟attività sportiva agonistica. 135 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo l‟integrità fisica del lavoratore, tenuto conto in particolare del fatto che le cautele a tutela della salute cui è tenuto il datore di lavoro devono parametrarsi alla specifica attività svolta dallo sportivo professionista ed alla sua particolare esposizione al rischio di infortuni>>. La Suprema Corte, dunque, nella sentenza che abbiamo analizzato afferma la responsabilità contrattuale di una società di calcio nei confronti di un proprio giocatore, infortunatosi gravemente durante un allenamento e costretto a porre anticipatamente fine alla carriera sportiva. In particolare alla società si contesta di non aver svolto gli opportuni accertamenti sanitari nei confronti del calciatore, già vittima nei mesi precedenti di due infortuni di analoga natura alla stessa caviglia. Inoltre viene imputato alla società di non aver fornito l‟idonea documentazione sanitaria all‟istituto di medicina dello sport. Il grande merito di questa sentenza è quello di aver approfondito, per la prima volta, la problematica relativa alla definizione del contenuto dell‟obbligo di sicurezza che grava sulla società sportiva e sullo staff medico di quest‟ultima332. Nel caso in questione la ricostruzione della posizione debitoria che grava in materia di sicurezza sulla società, quale datore di lavoro, si inserisce in una prospettiva civilistica, al fine di accertare profili d‟inadempimento contrattuale che fondino il conseguente obbligo risarcitorio. Ricondotto – in base a quanto disposto dalla legge n. 91 del 1981 – il rapporto di lavoro sportivo professionistico nell‟area del lavoro subordinato, il riferimento normativo primario in materia di sicurezza è costituito certamente dall‟articolo 2087333c.c., che impone a tutti i datori di lavoro l‟adozione delle misure necessarie a tutelare l‟integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. L‟operatività, anche per il lavoro sportivo, di una norma a contenuto aperto quale l‟articolo 2087, delinea significativi spazi interpretativi nella definizione del contenuto dell‟obbligo di sicurezza. 332 Tematica sinora affrontata in modo sporadico dalla giurisprudenza penalistica, per lo più in concomitanza di tragici aventi che hanno determinato la morte dell‟atleta. Cfr. Cassazione penale, Sez. IV, 9 giugno 1981, in Foro it., 1982, II, 268, in riferimento alla morte, avvenuta nel corso di una partita di calcio, del giocatore del Perugia Renato Curi dovuta ad una non diagnosticata anomalia cardiaca. Vedi anche Tribunale Forlì, 12 giugno 1981, in Foro it., 1982, II, 269, relativa alla morte del giocatore di pallacanestro Luciano Vendemini, atleta giudicato dal medico sportivo in buone condizioni generali e cardio-vascolari ma in realtà affetto dal morbo di Marfan; Tribunale di Milano, 3 aprile 1989, in Foro it., 1989, I, 2951, riguardo alla contestata responsabilità dei dirigenti e dei preparatori federali per la morte dello sciatore Leonardo David in occasione della Coppa del mondo di sci di Lake Placid. 333 Sul punto, si veda Lanotte M., Responsabilità e obblighi delle società sportive nella tutela della salute degli atleti, in Mass. giur. lav., 2003, 232. 136 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Da questa norma deriva un‟obbligazione contrattuale in capo al datore di lavoro, la quale deve essere adempiuta con continuità, anche giorno dopo giorno, al fine di tutelare il bene primario della salute nell‟esecuzione dell‟attività di lavoro, qualunque essa sia, consentendo la continuità del rapporto contrattuale. Accertamenti continui ed accurati sulle condizioni fisiche dell‟atleta rispondono ad un preciso interesse dello stesso calciatore, nonché della società sportiva, cui appartiene il lavoratore sportivo, poiché all‟integrità psico-fisica sono collegati i risultati delle competizioni con i vantaggi ed i migliori profitti conseguenti334. La violazione dell‟obbligo di sicurezza è fonte di responsabilità contrattuale, con conseguente obbligo della società sportiva di risarcire i danni subiti dall‟atleta. Nel caso esaminato i giudici imputano alla società la mancata adozione dei controlli necessari ad accertare l‟effettiva idoneità del giocatore alla ripresa dell‟attività agonistica, facendo esclusivo affidamento al certificato rilasciato dall‟istituto di medicina dello sport di Torino. Quest‟ultimo, d‟altra parte, non sarebbe stato posto in condizione di valutare con piena cognizione le condizioni del calciatore, non essendogli stata fornita la documentazione relativa alle fratture e agli infortuni precedenti. In altri termini, è ravvisabile una violazione dell‟obbligo di sicurezza non solo quando vengano omessi i controlli sanitari, ma anche qualora siano effettuati con negligenza ed imperizia, determinando un‟errata valutazione dello stato di salute del giocatore. Tali inadempienze, oltre a fondare la responsabilità risarcitoria della società nei confronti del giocatore, assumono altresì rilievo nei rapporti interni tra società e medico sociale. Infatti, per prima è la società ad essere chiamata a rispondere dell‟infortunio del giocatore per violazione degli obblighi di sorveglianza sanitaria, che incombono sul medico sociale, ma in seguito la società stessa può esercitare azione di rivalsa nei confronti del medico sociale. 137 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.2.5 – Clausola compromissoria Tutte le eventuali controversie che possono sorgere nel corso dello svolgimento del rapporto, nell‟attuazione dei vari aspetti che abbiamo analizzato, devono essere deferite ad un collegio di arbitri a norma del quinto comma dell‟articolo 4 della legge n. 91. Tale possibilità deve essere espressamente prevista in ogni contratto di lavoro e prende il nome di clausola compromissoria. Tali “organi” decidono essenzialmente in ordine alle controversie aventi ad oggetto: 1. – la corretta applicazione delle norme disciplinanti il funzionamento dell‟agonismo sportivo (giudizio tecnico); 2. – la corretta esplicazione dei poteri demandati dal C.O.N.I. alle Federazioni sportive (giudizio amministrativo); 3. – l‟osservanza degli statuti e dei regolamenti (giudizio disciplinare); 4. – le norme di relazione a contenuto economico fra i privati aderenti all‟organizzazione (giudizio economico). La clausola compromissoria rappresenta, come tutte le forme di arbitrato, una manifestazione dell‟autonomia dei privati nel risolvere e comporre i conflitti senza l‟intervento della giustizia statale, infatti, di fronte alla giustizia arbitrale l‟ordinamento dello stato tende a riconoscere e a recepire il „dictum‟ arbitrale. In relazione ai rapporti tra la competenza degli organi di giustizia sportiva e la competenza dei collegi arbitrali, è stato osservato335che sono da attribuire a quest‟ultimi tutte le controversie che non rientrano nella competenza degli organi sportivi previsti dai regolamenti federali; si tratta quindi, di competenze residuali, definite dai regolamenti e dagli statuti federali. All‟interno dell‟area in cui si svolge il giudizio, l‟arbitrato rappresenta una deroga alla competenza del giudice ordinario. La validità della deroga alla competenza della giustizia ordinaria trova una propria giustificazione, sia riguardo alla teoria degli ordinamenti 334 Sul punto, si veda Minale E., Specialità del lavoro sportivo, obbligo di sorveglianza sanitaria e responsabilità risarcitoria della società sportiva, in Nuova giur. civ. comm., 2004, IV, pt. 1, 480. 335 Punzi C., Le clausole compromissorie nell‟ordinamento sportivo, in Riv. dir. sport., 1987, 239. 138 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo giuridici336, in virtù della quale ogni corpo sociale ha diritto di darsi delle proprie norme regolatrici, sia riguardo al contenuto contrattuale dei regolamenti federali, che vedono nelle clausole compromissorie una possibile espressione dell‟articolo 36 del codice civile. La clausola compromissoria, inoltre, prevenendo l‟intervento dell‟ordinamento dello Stato, salvaguarda l‟autonomia dell‟ordinamento sportivo. La disciplina dettata per la clausola compromissoria deve necessariamente essere rapportata alle norme in materia di processo del lavoro sancite dalla legge n. 533 del 1973, al fine di verificare la compatibilità tra le stesse. L‟articolo 4 di tale legge stabilisce che le controversie individuali in materia di lavoro possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla contrattazione collettiva, purché ciò avvenga senza pregiudizio della facoltà delle parti di adire l‟autorità giudiziaria. Detto articolo stabilisce inoltre la nullità della clausola compromissoria che autorizza gli arbitri a pronunciare secondo equità e che dichiara il lodo non impugnabile. Dall‟esame di questa disposizione emergono chiaramente due principi fondamentali che, tuttavia, non sempre trovano puntuale applicazione. In base al primo, la parte litigante può disattendere la clausola compromissoria, potendo comunque adire il giudice ordinario, rappresentato dal Pretore del lavoro: lo strumento arbitrale non può mai essere ostativo né obbligatorio, in quanto ciò contrasterebbe con il diritto inviolabile alla difesa, garantito dall‟articolo 24 della nostra Costituzione337. Il secondo principio riguarda il divieto di inoppugnabilità delle decisioni arbitrali; il lodo rituale è impugnabile per le nullità previste dall‟articolo 829 c.p.c e per violazione e falsa applicazione di contratti e accordi collettivi. L‟impugnabilità è direttamente collegata alla possibilità di attuare un controllo giurisdizionale sull‟attività arbitrale. In merito a tali principi, si osserva che la clausola compromissoria prevista dalla legge n. 91 del 1981 differisce decisamente da quella disciplinata dalla legge 533 del 1973. A dimostrazione di ciò si possono analizzare due articoli: 1. – Articolo 15 (lettera f) dell‟accordo collettivo Federazione Italiana Giuco Calcio – Associazione Italiana Calciatori. 2. – Articolo 4 del contratto tipo dei calciatori professionisti. L‟articolo 15 a differenza di quanto previsto dalla legge 533 stabilisce che << tutti i provvedimenti irrogati dal Collegio Arbitrale sono considerati provvedimenti a carattere definitivo avverso i quali non è ammesso ricorso>>. 336 Vedi introduzione. Tale facoltà di adire l‟autorità giudiziaria ordinaria, sebbene non sia sempre prevista nelle clausole compromissorie inserite nei contratti collettivi, viene ritenuta automaticamente consentita. 337 139 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Ciò significa che i calciatori non hanno alcuna possibilità di impugnare le decisioni arbitrali e si devono necessariamente conformare ad esse. L‟articolo 4 del contratto tipo dei calciatori, nel richiamo delle norme statutarie e dei regolamenti federali, impone il vincolo di giustizia338 sancito dall‟articolo 26 dello statuto F.I.G.C., in base al quale il calciatore non può adire, per la tutela dei propri diritti, l‟autorità giudiziaria. Questo perché, secondo l‟ordinamento sportivo, l‟unico organismo competente a decidere in ordine alle controversie di lavoro è, obbligatoriamente, il Collegio Arbitrale. Quindi in entrambi i casi è palese il contrasto con la legge 533. A parziale giustificazione si è sostenuto che la legge n. 91 deroga alle disposizioni dettate in materia di processo di lavoro, ma ciò non è sufficiente a giustificare il divieto d‟esercizio del diritto alla libera azione in giudizio. Si tratta senza dubbio di un contrasto insanabile poiché, mentre per l‟ordinamento statale l‟azione è legittima, per quello sportivo è illegittima e sanzionata addirittura con l‟espulsione. A questo proposito basti ricordare il caso Pasolini – Janni: in uno scontro di gioco, il primo riportò un grave infortunio che ne pregiudicò la carriera; in seguito a ciò decise di adire il Giudice penale. A seguito di tale azione intervenne la F.I.G.C. che squalificò a vita il giocatore, in quanto con la sua azione aveva provocato l‟intervento di autorità giudiziarie estranee alla federazione stessa, pregiudicando l‟autonomia dell‟ordinamento sportivo. A parziale spiegazione di ciò, è stato affermato339che, mentre nell‟ordinamento statale l‟arbitrato è volontario, gli arbitri dell‟ordinamento sportivo sarebbero necessari, in quanto il collegio arbitrale è il solo competente a conoscere di quelle controversie. Quindi tra i soggetti aderenti alle federazioni sportive, l‟arbitrato diventa un mezzo necessario di soluzione delle controversie. Ciò salvo eccezioni, visto che in alcuni statuti federali il ricorso al giudizio arbitrale è meramente facoltativo e alternativo con altre forme di tutela; ad esempio, il regolamento di giustizia della Federazione Italiana Tennis stabilisce che ogni controversia insorta tra gli appartenenti alla federazione << può essere devoluta da ciascuna delle parti al giudizio inappellabile di un Collegio Arbitrale>>. 338 Il vincolo di giustizia è l‟obbligo, assunto dagli associati, enti e persone fisiche, all‟atto di ingresso nella comunità sportiva (il che avviene con il tesseramento per le persone fisiche, e l‟affiliazione per gli enti), di adire per le controversie, insorte tra tali soggetti, ed aventi attinenza con l‟attività sportiva esclusivamente gli organi federali o altri organi indicati dalle federazioni. 339 Luiso F.P., La giustizia sportiva, Milano, 1975, 499. 140 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Di diverso orientamento è il contenuto dell‟articolo 25 dell‟accordo collettivo F.I.G.C. – A.I.C., il quale stabilisce che la soluzione di tutte le controversie fra società e calciatori sarà deferita ad un Collegio Arbitrale, rendendo in pratica obbligatoria la clausola compromissoria. La disposizione viene rafforzata da una serie di sanzioni disciplinari, tendenti ad impedire l‟intervento di autorità estranee all‟ordinamento sportivo nella risoluzione delle controversie insorte tra gli affiliati. Il problema più complesso da risolvere è definire la natura di questi arbitrati, stabilire cioè se si tratti di arbitrati rituali o irrituali, dato che, a seconda di tale definizione, è diversa la natura della soluzione data dall‟arbitro. Nel caso di arbitrato irrituale, o libero, la decisione ha un valore puramente negoziale e non comporta l‟esercizio di un‟attività giudiziale. Mediante tale forma di arbitrato le parti affidano a uno o più arbitri il potere di risolvere una controversia. Tale decisione è impugnabile solo nel caso di vizi della volontà, o incapacità delle parti e/o degli arbitri. Gli arbitri rituali, invece, sostituiscono il giudice e pronunciano un lodo che acquista efficacia di sentenza a seguito del provvedimento di esecutorietà del Pretore, contro il quale sono esplicabili le azioni stabilite dagli articoli 827 e seguenti del codice di procedura civile. Si può dire che l‟elemento che differenzia i due tipi di arbitrato è la volontà delle parti interessate; esse possono propendere per una decisione arbitrale avente piena efficacia di sentenza (arbitrato rituale), oppure per una pronuncia avente valore solamente negoziale (arbitrato irrituale). Riguardo alla natura della clausola compromissoria – presente nel contratto di lavoro sportivo -, le posizioni in dottrina sono contrastanti. Secondo alcuni340 in virtù del rinvio alla legge 533 si tratterebbe di un arbitrato irrituale, in quanto il fatto stesso che una disposizione legislativa preveda un arbitrato, ne esclude il carattere rituale. Decisamente opposta è la posizione di altri autori341che propendono per il carattere rituale dell‟arbitrato. A sostegno di tale tesi è stata messa in evidenza come la formulazione del quinto comma dell‟articolo 4 della legge n. 91 sarebbe identica a quella del secondo comma dell‟articolo 809 del codice di procedura civile. A favore della natura rituale dell‟arbitrato vanno interpretate anche le locuzioni come “decisione” “difesa”, “giudicano” contenute nel Regolamento del Collegio Arbitrale dei calciatori 340 Bianchi D‟Urso F. – Vidiri G., op. cit., p. 18. 141 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo professionisti342 (vedi Appendice) che secondo la giurisprudenza, costituiscono elementi di assoluto rilievo ai sensi della qualificazione dell‟arbitrato come rituale343. Da un punto di vista soggettivo, il giudizio arbitrale è limitato solamente alle società ed alle associazioni affiliate, nonché ai soggetti che, svolgendo la loro attività nell‟ambito federale, sono da queste tesserati; di conseguenza, non rientrano nella sfera di competenza degli arbitri le controversie insorte tra le federazioni e i loro affiliati e tesserati, nonché le controversie che coinvolgono terzi estranei, non tesserati, come ad esempio gli sponsor. Per quanto riguarda l‟ambito oggettivo, le controversie devono riferirsi all‟attuazione del contratto. Nei singoli statuti e regolamenti federali, sono previste soluzioni diverse, essendo menzionate controversie “originate”344 oppure “direttamente derivanti”345 dall‟attività sportiva. Altri statuti non prevedono alcuna limitazione, ma impongono ai loro associati e tesserati di deferire ai collegi arbitrali << qualsiasi controversia che dovesse tra loro insorgere…per qualsiasi fatto o causa>>346. Tale formula è stata però oggetto di critiche, si è, infatti, osservato347 che, in tal modo, si potrebbe ricomprendere nell‟oggetto del giudizio anche quelle controversie insorte tra soci per motivi estranei all‟attività sportiva. Le materie oggetto di arbitrato incontrano alcune limitazioni:innanzitutto sono limitate dalle disposizioni dell‟articolo 806 c.p.c e dall‟articolo 1966 c.c., in base ai quali non possono essere oggetto di arbitrato le questioni che attengono a diritti indisponibili, in quanto non possono formare oggetto di transizione. Non sono compromettibili le controversie che implicano l‟accertamento dell‟esistenza o inesistenza di un reato348. Altri limiti al giudizio degli arbitri, sono posti dalla già citata natura residuale della competenza che si estende alle controversie che non rientrano nella competenza di organi federali, secondo quanto stabilito dai singoli statuti e regolamenti. 341 Duranti D., op. cit. p. 715; Bonavitacola R., op. cit., p. 31. Locuzioni riportate rispettivamente agli articoli 1, 4, 7 di detto regolamento. 343 Cassazione, 12 gennaio 1984, n. 268, in Giust. civ. rep., 1984, 90; Cassazione, 20 aprile 1985, n. 2611, in Giust. civ. mass, 1985, 809. 344 Statuto Federazione Italiana Tennis. 345 Statuto Federazione Italiana Pallacanestro. 346 Statuto Federazione Ciclistica Italiana; Regolamento organico Federazione Italiana Giuco Calcio; Statuto Federazione Italiana Rugby. 347 Luiso F.P., op. cit.. 348 Tuttavia, sembra più corretto sostenere che la rilevanza penale del fatto costituisca solamente un ostacolo allo svolgimento del giudizio arbitrale e necessiti della sua sospensione, sino a quando il penale non sia concluso. 342 142 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Per quanto riguarda la forma, in base all‟articolo 808 c.p.c., le clausole compromissorie devono risultare da atto scritto a pena di nullità. Tuttavia si ritiene che il requisito della forma risulti soddisfatto con la semplice sottoscrizione di un atto con il quale si dichiari di avere preso visione e di accettare un determinato statuto con il relativo regolamento di giustizia, contenente la clausola compromissoria. Nell‟ambito della Federazione Italiana Giuco Calcio, l‟articolo 4 del contratto tipo dispone che << con la firma del contratto le parti assumono l‟obbligo di osservare le norme dello Statuto e quelle Federali>>. Tale obbligo deriva direttamente dall‟atto d‟ingresso volontario, di un soggetto nell‟ordinamento sportivo. È proprio da tale volontarietà che si desume la disponibilità del soggetto ad accettare che << i rapporti con l‟ordinamento sportivo siano regolati dalle norme e dalle disposizioni delle federazioni…e si obbliga quindi alla loro osservanza>>. In nessuno statuto o regolamento appaiono indicazioni relative ai limiti di efficacia temporale delle clausole compromissorie. È stato sostenuto che la loro validità sia limitata al tempo in cui sussiste il rapporto associativo. Tale opinione non sembra poter essere condivisa, in quanto ciò precluderebbe la possibilità di instaurare dei giudizi arbitrali in relazione a fatti o atti posti in essere durante il rapporto associativo, ma emersi solo dopo lo scioglimento del medesimo. Le condizioni legali dei lodi rituali - relative alla nomina degli arbitri – previste dall‟articolo 809 c.p.c. richiedono che il numero degli arbitri sia dispari e che la clausola compromissoria contenga la nomina degli stessi oppure il modo per sceglierli. Generalmente, i collegi arbitrali sono costituiti da tre componenti. Diversi sono invece i modi di nomina previsti dalle clausole dei vari statuti federali. Ad esempio. il regolamento della F.I.G.C. attribuisce a ciascuna delle parti il potere di nominare il proprio arbitro e prevede che il terzo venga nominato da gli altri due, tra le persone indicate negli elenchi depositati presso la federazione stessa. Nel caso in cui il potere di nominare il presidente o l‟intero collegio sia attribuito agli organi federali, deve essere ugualmente rispettato il requisito della terzietà degli arbitri rispetto alle parti in causa. Per quanto riguarda il procedimento arbitrale, questo viene regolato dei singoli statuti federali; in mancanza di disposizioni, trovano applicazione le norme di cui agli articoli 816 e seguenti del codice di procedura civile. 143 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Parte terza 2.3 - Cessione, recesso e risoluzione del contratto. Sospensione Dopo aver analizzato, nei paragrafi precedenti, quelle che sono le modalità di costituzione e svolgimento del contratto di lavoro sportivo, rimane adesso da analizzare quali sono le situazioni in cui questo rapporto viene meno. Già dal titolo del presente paragrafo si può intuire come vi sia più di una possibilità per porre fine al contratto di lavoro sportivo, e così in rigoroso ordine alfabetico sono state elencate: la cessione, il recesso ed infine la risoluzione. Sono tutte situazioni che hanno un‟identica conseguenza, cioè quella dello scioglimento, anticipato, del rapporto di lavoro esistente tra lo sportivo e la società sportiva. Le differenze si hanno, invece, quanto alle motivazioni che sono alla base di tale conseguenza. Motivazioni che possono trovare la loro giustificazione nella semplice volontà concorde delle parti, oppure possono essere la conseguenza del mancato adempimento degli obblighi contrattuali ad opera di una delle due parti, oppure per l‟impossibilità sopravvenuta di una delle controprestazioni. Dunque, analogamente a quanto può accadere per tutti gli altri contratti di durata e a prestazioni corrispettive, anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro sportivo si possono verificare situazioni che, di fatto, impediscono ad una delle parti di adempiere alle obbligazioni assunte. Mentre l‟inadempimento – come vedremo – dà sempre luogo alla risoluzione del contratto, l‟impossibilità sopravvenuta non ha conseguenze immediate così drastiche, sia che si tratti di esigenze aziendali o di eventi relativi alla persona del lavoratore, che lo rendano fisicamente inidoneo a svolgere la propria attività sportiva. Infatti, al verificarsi di tali situazioni consegue, innanzitutto, la sospensione del rapporto di lavoro per il tempo previsto dalla legge e/o dai contratti collettivi. 144 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Andando più nello specifico, tra le cause che interessano gli sportivi le più diffuse sono quelle riguardanti: infortuni, malattie, gravidanze e puerperio, che regolate dall‟articolo 2110349 c.c. sono ugualmente applicabili a qualsiasi lavoratore o lavoratrice anche non sportivi. La garanzia prevista dall‟articolo 2110 c.c., non ha durata indefinita, infatti, è lo stesso articolo a riconoscere al datore di lavoro il diritto di recedere dal contratto a norma dell‟articolo 2118 c.c. quando sia decorso il periodo stabilito dalla legge, dagli usi o secondo equità. In realtà, alla determinazione del c.d. periodo di comporto per malattia o infortunio più che la legge provvede espressamente la contrattazione collettiva. Ad esempio, l‟accordo collettivo dei calciatori prevede che durante il periodo di malattia o assenza dal lavoro per infortunio, spettano all‟atleta i compensi stabiliti dal contratto fino alla scadenza dello stesso. Ove il periodo di inabilità si protragga oltre sei mesi, è data facoltà alla società di chiedere la risoluzione del contratto con ricorso al collegio arbitrale, oppure di ridurre a metà i compensi contrattuali fino alla cessazione della inabilità e non oltre il termine di scadenza del contratto. Tuttavia se l‟infortunio o la malattia risultano imputabili a colpa grave del giocatore, la società ha facoltà di risolvere il contratto o di ridurre i compensi a titolo di sanzione disciplinare. Infine è previsto che se dall‟infortunio derivi la definitiva inidoneità a svolgere attività agonistica, la società ha il diritto di risolvere immediatamente il contratto350. Disposizioni analoghe sono riportate anche nell‟accordo collettivo dei giocatori di pallacanestro351, con l‟unica eccezione che il periodo di comporto per malattia o infortunio è esteso a nove mesi. Dopo questo breve “excursus” su un istituto simile a quelli oggetto di questo paragrafo qual è quello della sospensione - che come visto può anche degenerare e dar luogo a risoluzione del contratto – è opportuno riprendere le fila del discorso, iniziato qualche riga sopra ed analizzare una ad una le ipotesi in cui il contratto smette definitivamente di produrre i suoi effetti. 349 L‟articolo 2110 c.c. stabilisce che in tali ipotesi, se la legge non prevede forme equivalenti di previdenza o assistenza è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o l‟indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali dagli usi o secondo equità. 350 Articoli 18 e 19 accordo collettivo calciatori professionisti. 351 Parte seconda, articolo 16. 145 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.3.1 - Risoluzione consensuale del contratto di lavoro: cessione La disciplina della cessione del contratto è oggi regolata dall‟articolo 5, secondo comma della legge n. 91. È bene far notare come su questo istituto l‟intervento del legislatore abbia posto in essere dei grossi cambiamenti, infatti, con l‟introduzione del principio di libertà di svolgimento dell‟attività sportiva e la previsione della libera recedibilità dal rapporto di lavoro, la legge n. 91 ha abolito il c.d vincolo sportivo. Come visto nella prima parte di questo capitolo, all‟epoca della vigenza di tale istituto, l‟atleta era privo di qualsiasi libertà contrattuale; era la società che lo aveva ingaggiato l‟unica che poteva deciderne le sorti. La società poteva così disporre il trasferimento di uno dei suoi atleti ad un altro sodalizio sportivo352 senza neppure bisogno del suo consenso. Sotto questo regime all‟atleta non era data alcuna possibilità di sottrarsi alla volontà della propria società. Era questo un sistema che se da un lato tutelava le società, dall‟altro privava l‟atleta di qualsiasi libertà di scelta una volta concluso il primo contratto353. Oggi grazie all‟abolizione del vincolo sportivo, gli atleti hanno sicuramente un peso maggiore nelle loro scelte, anche se la società può sempre limitare la volontà dei propri tesserati, allorché, ad esempio, preferisca cedere un proprio giocatore ad una società piuttosto che ad un‟altra. Sicuramente a differenza del passato la società avrà comunque bisogno del consenso dell‟atleta senza il quale la cessione a qualsiasi società sarà illegittima, ed è proprio in questa direzione che va l‟articolo 5 della legge n. 91, la dove al secondo comma afferma che << è ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un‟altra, purché vi consenta l‟altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali>>. Come si può notare l‟articolo 5, ha specificato l‟esistenza di un requisito fondamentale perché si possa dar luogo all‟istituto della cessione del contratto sportivo, ossia ha usato la locuzione “prima della scadenza”. 352 Nel qual caso il vincolo proseguiva a favore della società acquirente. È bene comunque far presente che prima della sua abolizione, l‟istituto del vincolo sportivo era stato in parte rivisitato, ed il consenso dell‟atleta aveva assunto una certa importanza. 353 146 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Quindi la dove si abbia un contratto ormai scaduto, oggi, a seguito dell‟abolizione del vincolo sportivo la società non avrà più alcun diritto su quell‟atleta il quale sarà pienamente libero di decidere il proprio futuro, scegliendo tra il rinnovo del contratto e la possibilità di stipularne uno nuovo con una diversa società sportiva. In questo caso non si potrà parlare di vera e propria cessione ma semplicemente di svincolo354. Si parlerà quindi, propriamente di cessione, quando essa avviene per volontà delle parti ma durante la valenza di un contratto, in virtù del quale la società cedente avrà diritto ad ottenere un utile dalla cessione del proprio tesserato. Si tratta di una speciale applicazione dell‟articolo 1406355 c.c. in materia di cessione del contratto, in forza del quale il cedente sostituisce a se un terzo - il cessionario – nel rapporto derivante da un contratto, con la conseguenza che il cessionario assume rispetto al ceduto la medesima posizione del cedente, salve eventuali modifiche che siano introdotte direttamente nel rapporto tra ceduto e cessionario. In altre parole, prima della scadenza del contratto, e sempre che vi sia il consenso 356 è possibile che lo sportivo professionista357 prosegua la sua attività alle dipendenze di un‟altra società sportiva. Le norme federali prevedono che la cessione debba essere certificata da atto scritto358, mediante utilizzazione di moduli speciali - predisposti dalle federazioni stesse sottoscritti dall‟atleta359 e da coloro che possono impegnare validamente le società contraenti. La cessione del contratto avviene normalmente a titolo oneroso, cioè dietro il versamento di un corrispettivo in denaro, versato dalla società cessionaria alla società cedente. Alla quantificazione di tale corrispettivo provvedono direttamente la due società per mezzo dei loro dirigenti. 354 Il passaggio di un atleta professionista a fine contratto da una società all‟altra non comporta nessun esborso da parte della società di destinazione e nessun introito per la società di provenienza; salvo l‟eccezione prevista dall‟articolo 6 della legge n. 91, così come è stata modificata dalla legge 586 del 1996. 355 <<Ciascuna parte può sostituire a se un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l‟altra parte vi consenta>>. 356 Il consenso dello sportivo alla cessione è richiesto da quasi tutte le federazioni sportive europee e anche nelle legislazioni in materia degli stati dell‟America latina. Così, ad esempio, in Venezuela (Ley Organica del Trabajo – LOT, articolo 312) è data la possibilità allo sportivo di opporsi alla cessione se sussiste una giusta causa. In Messico ( Ley Federal de Trabajo – LFT, 1970) è previsto un premio di trasferimento in favore dello sportivo calcolato in percentuale alla somma corrisposta alla società cedente. 357 L‟articolo 5 si riferisce in generale agli sportivi, il che significa che non limitando il suo campo d‟applicazione ai soli atleti esso trova applicazione anche nei confronti dei c.d. non atleti, vale a dire allenatori, preparatori atletici, direttori sportivi etc. 358 Il documento deve contenere le eventuali clausole di risoluzione dipendenti dalla posizione del giocatore ai fini del servizio militare e dell‟esito della visita medica. 147 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo In attuazione di tale principio, ad esempio, la normativa federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio nel suo regolamento organico prevede all‟articolo 52 – rubricato trasferimento dei calciatori – che << le pratiche di trasferimento dei calciatori devono essere svolte esclusivamente dai dirigenti in carica o dai collaboratori della società interessata. La formalizzazione degli accordi di trasferimento di ogni genere deve avvenire presso la sede delle società o presso le sedi federali>>. Una volta avvenuta la cessione ed il trasferimento con il consenso dell‟atleta, questi non può accampare diritti verso la società cedente a causa dell‟inadempimento della società cessionaria360. Invece nel caso di controversie sul trasferimento o sulla cessione, la società cedente è tenuta all‟adempimento delle obbligazioni economiche nei confronti dell‟atleta, con eventuale diritto di rivalsa nei confronti della società cessionaria, per tutta la durata della controversia e fino alla decisione definitiva. Le cessioni di contratto possono essere anche temporanee361 nel limite di una sola stagione sportiva, con la facoltà di rinnovo fra le stesse società per la stagione successiva. Scaduto il periodo della cessione temporanea, l‟atleta è obbligato ad adempiere il contratto con la società originaria senza che questa debba pagare alcuna indennità di cessione. La cessione temporanea potrà avvenire a titolo gratuito oppure a titolo oneroso, sul punto nel silenzio del legislatore, la determinazione del corrispettivo è rimessa puramente alla volontà delle parti. È ammesso, con il consenso del giocatore, il diritto d‟opzione362 a favore della cessionaria per la trasformazione dell‟accordo in cessione definitiva, così come il diritto di contro-opzione a favore della società cedente, qualora il diritto d‟opzione venga esercitato dalla cessionaria. Prima dell‟abolizione del vincolo, il prestito dell‟atleta equivaleva ad un trasferimento provvisorio di due anni, trascorsi i quali egli ritornava ad appartenere automaticamente alla precedente società. 359 Nell‟ipotesi di trasferimento, in mancanza di sottoscrizione del giocatore, la società è tenuta a dargliene notizia non oltre il giorno di chiusura del periodo dei trasferimenti e se il giocatore lo rifiuta, l‟accordo diviene definitivamente inefficace. 360 In questa direzione è andato il Collegio arbitrale della F.I.G.C. allorché in data 20 aprile 1995 ha stabilito che << ove la società cessionaria sia morosa nel pagamento delle retribuzioni e venga perciò risolto il contratto, il giocatore non ha titolo per ottenere dalla società cedente le differenze retributive derivanti dall‟avere pattuito con la cessionaria condizioni più svantaggiose>>. 361 Il numero dei giocatori tesserabili con cessione temporanea può essere limitato dalle federazioni. 362 C.d. diritto di riscatto. 148 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Riassumendo le società italiane possono quindi acquistare e cedere giocatori a titolo definitivo o temporaneo sia in Italia che all‟estero363, purché ciò avvenga nel rispetto della disciplina dettata dalla legge n. 91 e dalle disposizioni stabilite dalle varie federazioni. Oltre al rispetto degli obblighi già visti, quali forma scritta, sottoscrizione, pagamento di un corrispettivo e così via dicendo, bisogna ricordare un'altra limitazione alla cessione dei contratti sportivi: limitazione che definirei di carattere temporale, in quanto tali cessioni possono avvenire solo in determinati periodi dell‟anno e cioè innanzitutto al termine della stagione agonistica ma anche nel corso della stessa nei periodi espressamente previsti a tal fine dalle federazioni sportive364. 363 I trasferimenti internazionali sono regolati dal Regulations Governing The Status and Transfer of Football Players della F.I.F.A. . 364 Ad esempio nel fenomeno calcistico si ha il c.d. mercato di riparazione che va dal 1 al 31 gennaio. 149 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.3.2 – Risoluzione unilaterale del contratto di lavoro sportivo Vi sono poi delle ipotesi in cui il contratto tra il datore di lavoro ed i propri lavoratori, viene meno indipendentemente dalla volontà concorde delle due parti, ossia situazioni riconducibili ad un inadempimento dei doveri contrattuali di una delle parti. Sono comunque ipotesi espressamente previste e regolate dalla legge, al fine di evitare uno smoderato ricorso a tali forme di cessazione del contratto, altrimenti utilizzabili soprattutto a danno dalla parte più debole, cioè il lavoratore. Si parla così di risoluzione relativamente ai contratti di lavoro a tempo indeterminato e di recesso nei contratti di lavoro a tempo determinato. Il “favor” nei confronti del lavoratore si manifesta in una serie di limitazioni poste alla libera recedibilità da parte del datore di lavoro, nonché nella previsione di idonei strumenti di tutela a favore del lavoratore illegittimamente licenziato. Sotto il primo punto a partire dal 1966, per effetto della legge n. 604 365, non è più concesso al datore di lavoro licenziare liberamente, essendo stata subordinata la legittimità del recesso da parte datoriale alla ricorrenza di una giusta causa366 o di un giustificato motivo367. Sotto il secondo aspetto sono state invece apprestate in favore dei lavoratori particolari forme di tutela che prevedono ad esempio in caso di licenziamento - dichiarato illegittimo in sede giudiziale – il diritto del lavoratore ad essere reintegrato nel posto di lavoro con conseguente ricostruzione della posizione lavorativa, a norma dell‟articolo 18 della legge n. 300 del 1970368. La complessa ed articolata tutela apprestata dal legislatore italiano contro i licenziamenti illegittimi non si applica, tuttavia, al lavoro sportivo. 365 La cui disciplina è stata estesa, per quanto riguarda il suo ambito applicativo, ad opera della legge n. 108 del 1990. 366 Intesa come il verificarsi di un evento che incide in modo irrimediabile sul rapporto di fiducia tra le parti, con conseguente licenziamento senza preavviso, e cioè senza il diritto ad un periodo di tempo compreso tra la comunicazione del licenziamento e la sua efficacia, durante il quale il lavoratore licenziato potrebbe attivarsi nella ricerca di una nuova occupazione. 367 Inteso come notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore o come il verificarsi di esigenze aziendali attinenti al regolare funzionamento dell‟attività produttiva e al suo aspetto organizzativo. 368 Così come modificato dalla legge n. 108 del 1990. 150 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo È la stessa legge n. 91 all‟ottavo comma dell‟articolo 4 ad escludere, espressamente, l‟applicabilità al rapporto di lavoro sportivo professionistico sia dell‟articolo 18 dello statuto dei lavoratori sia di alcuni articoli della legge n. 604. Il lavoro sportivo è, pertanto, una delle poche ipotesi in cui – dove il rapporto venga costituito a tempo indeterminato369 - è operante il c.d. recesso ad nutum e cioè quel particolare tipo di recesso che non richiede alcuna giustificazione, e la cui disciplina è contenuta negli articoli 2118 e 2119 del codice civile. A norma dell‟articolo 2118 in caso di contratto a tempo indeterminato ciascun contraente può recedere a sua discrezione dando preavviso o, in mancanza, corrispondendo un‟indennità di mancato preavviso370. L‟artico 2119 invece esclude che spetti il preavviso nel caso di recesso per giusta causa, salvo che non sia il lavoratore a dare le dimissioni per giusta causa. Dall‟applicazione di dette disposizioni al rapporto di lavoro degli sportivi professionisti discende che non sussistono, per l‟ordinamento statale, vincoli o limiti di sorta alla volontà di sciogliersi dal contratto, né particolari formalità da adempiere. Sarebbe, infatti, fortemente penalizzante impedire alle società sportive di recedere dal contratto quando, anche al di fuori di qualsiasi ipotesi di inadempimento, si determini una situazione che impedisca, di fatto allo sportivo di rendere al meglio la prestazione, venendosi così a compromettere gli esiti delle competizioni. Analogamente l‟applicazione di tale norma porta ad escludere che ci siano limiti al recesso da parte dello sportivo il quale potrebbe legittimamente recedere dal contratto anche nel corso del campionato. 369 Infatti, purché l‟articolo 5 della legge n. 91 preveda come regola principale la fissazione di un termine di scadenza del contratto di lavoro sportivo, non può essere esclusa neppure la possibilità di concludere contratti a tempo indeterminato. 151 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.3.3 – Recesso ante tempus del contratto di lavoro sportivo Nelle ipotesi di contratto a tempo determinato – che sono, poi quelle che si riscontrano in concreto - è consentita, prima della scadenza del termine, la risoluzione consensuale del contratto oppure il recesso unilaterale in caso di giusta causa, e cioè nel caso in cui si realizzi una situazione che renda impossibile per una delle due parti proseguire negli impegni assunti. La ricorrenza di una giusta causa di recesso va accertata in concreto, caso per caso, non essendo ipotizzabile una classificazione di tutte le possibili ipotesi oggetto di recesso. Indicazioni su ipotesi di giusta causa di recesso sono fornite dagli accordi collettivi, ad esempio l‟accordo collettivo dei calciatori371 prevede come giusta causa di recesso per l‟atleta la morosità della società oltre certi limiti temporali e, più in generale l‟accordo collettivo riconosce - ad entrambe le parti del contratto – la possibilità di risolvere il contratto in caso di violazione degli obblighi contrattuali reciprocamente assunti372. Secondo parte della dottrina373 sembra legittimo ritenere che costituisca giusta causa di recesso, negli sport di squadra, la reiterata esclusione dalla formazione titolare, in quanto ciò si tradurrebbe in una lesione del diritto alla prestazione da parte dell‟atleta, con conseguente compromissione della sua immagine professionale. A mio avviso un‟affermazione del genere non può essere condivisa, mi sembra decisamente eccessivo rimettere unilateralmente ad un atleta la possibilità di sciogliere un contratto a causa del suo scarso utilizzo, almeno che non sia una decisione presa in accordo con la società stessa, tale cioè da poter parlare di recesso consensuale. Secondo una sentenza della Cassazione374 nel recesso per giusta causa <<il potere di liberarsi dal legame contrattuale viene attribuito in base ad una duttile ed elastica previsione dell‟ordinamento che fonda il giudizio di incompatibilità del vincolo a carico della parte al sopraggiungere di eventi non preventivamente definiti, caratterizzati più 370 Equivalente all‟importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. Le ipotesi in cui il calciatore ha diritto di ottenere, con ricorso al Collegio Arbitrale, il risarcimento del danno e/o la declaratoria di risoluzione del contratto sono indicate negli articoli 16 e 17 dell‟accordo collettivo tra calciatori professionisti e società sportive. 372 Sulle diverse ipotesi di inadempimenti contrattuali previsti dall‟accordo collettivo dei calciatori: De Silvestri A., Il contenzioso tra pariordinati, in Riv. dir. sport., 2000, p. 558. 373 Tra cui Spadafora M.T., op. cit. pag. 147. 374 Cassazione, 20 settembre 1979, n. 4851, in Giur. it. Mass., 1979. 371 152 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo che in base ai loro dati obbiettivi, dalle modalità in cui incidono sul rapporto preesistente: cioè dalla carica di intollerabilità che determinano>>. La giusta causa è, dunque, condizione di validità del recesso dal contratto a tempo determinato; costituisce cioè l‟unica ragione idonea a determinare l‟estinzione del rapporto prima della scadenza del termine a norma dell‟articolo 2119 c.c.. È però vero che l‟applicabilità dell‟articolo 2119 al rapporto di lavoro sportivo appare controversa. Da un lato, si reputa che la legge n.91 del 1981 abbia ripristinato il principio della libera recedibilità dal contratto di lavoro sportivo ai sensi degli articoli 2118 e 2119 c.c., permettendo alle parti di recedere prima del tempo alla presenza di una qualsiasi giusta causa. Dall‟altro è stato evidenziato che ipotizzare una così vasta gamma di possibilità di recesso, non classificabili, darebbe luogo a forti tensioni nei rapporti contrattuali con riflessi sull‟organizzazione societaria e sulla regolarità stessa dei campionati. Nessuna disposizione, invece, risulta espressamente diretta a regolare l‟ipotesi della rottura anticipata del rapporto non sorretta da alcuna causa giustificatrice. Certamente in mancanza di giusta causa il recesso è illegittimo ed implica l‟obbligo del risarcimento dei danni in favore della parte non inadempiente. Così se a recedere ingiustificatamente è la società sportiva, questa sarà tenuta ex articolo 1223 c.c., a corrispondere al lavoratore le retribuzioni che avrebbe percepito se il rapporto non fosse stato risolto in maniera anticipata375. Nonostante dottrina e giurisprudenza si siano occupate prevalentemente del solo recesso del datore di lavoro, è chiaro che analogamente anche il calciatore è tenuto al risarcimento del danno nei confronti della società qualora receda ante tempus senza una giusta causa376. In questo caso è molto più difficile stabilire i criteri per la liquidazione del danno subito dalla società, perché possono entrare in gioco diversi fattori anche di segno opposto: dal costo non ammortizzato del giocatore, agli stipendi risparmiati, dal costo per l‟ingaggio di un sostituto. Emerge con evidenza come i rimedi legali concessi dall‟ordinamento alle società sportive che subiscono il recesso di un loro atleta siano tutt‟altro che adeguati. 375 Da tale cifra devono essere detratti quei proventi che il lavoratore si è procurato o si sarebbe potuto procurare dopo l‟avvenuto licenziamento da un‟occupazione che ha trovato o che avrebbe potuto trovare usando l‟ordinaria diligenza. In questa direzione si veda Cassazione, 10 novembre 1964, n. 2725, in Mass. giur. lav., 1965, 689. 376 Sul punto Cassazione, 8 giugno 1995, n. 6439, in Foro it., Rep. 1995, voce lavoro (rapporto), n. 560. 153 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Ad ogni modo l‟ordinamento sportivo sanziona assai pesantemente il comportamento dell‟atleta che receda dal rapporto di lavoro senza giusta causa. Le federazioni possono, infatti, spingersi fino ad impedire all‟atleta di prestare la propria attività nelle competizioni organizzate sotto il proprio controllo mediante il rifiuto del tesseramento – che è condizione necessaria per lo svolgimento dell‟attività sportiva professionistica - . In situazioni del genere l‟atleta non potrà prestare la propria attività per altra società sportiva in ragione dei limiti al suo tesseramento. Lo sportivo sarà comunque libero di cambiare professione ovvero, di esercitare l‟attività sportiva fuori dall‟ambito delle strutture organizzative previste dalle leggi n. 426 del 1942 e n. 91 del 1981. 154 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.4 - Trattamento di fine carriera Tra i diritti di natura patrimoniale spettanti ai lavoratori subordinati va ricordato il trattamento di fine rapporto, che, ai sensi dell‟articolo 2120 c.c. come sostituito dalla legge 29 maggio 1982, n. 297, viene riconosciuto, in proporzione all‟anzianità di servizio maturata, all‟atto della cessazione del rapporto di lavoro. Al trattamento di fine rapporto (TFR) viene attribuita natura di retribuzione differita con finalità previdenziale, nel senso che si tratta di una somma di denaro risultante da accantonamenti di quote di retribuzione, disposti durante il rapporto di lavoro e che sono consegnati al lavoratore, in un‟unica soluzione, alla cessazione del rapporto stesso al fine di provvedere alle sue future necessità. L‟ammontare del trattamento di fine rapporto è calcolato sommando, da una parte quelli che sono stati gli anni di servizio, e dall‟altra una quota pari o comunque non superiore all‟importo della retribuzione dovuta per l‟anno successivo divisa per 13,5377. Il trattamento di fine rapporto spetta, in via di principio, anche ai lavoratori sportivi professionisti, ma la legge n. 91 del 1981 nel suo testo non parla, espressamente, di tale istituto ma di qualcosa di simile che potremmo forse più opportunamente definire trattamento di fine carriera. L‟articolo 4, comma settimo, infatti, dispone che le federazioni possono prevedere la costituzione di un fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi per la corresponsione dell‟indennità d‟anzianità al termine dell‟attività sportiva a norma dell‟articolo 2123 c.c. Questa disposizione si presenta abbastanza ambigua, e trova la sua origine, in un accordo collettivo del 1974 che per primo aveva previsto la costituzione di un fondo per l‟indennità di fine carriera per i calciatori e gli allenatori appartenenti alla F.I.G.C. La lettura del testo e le vicende che hanno accompagnato la promulgazione della legge rafforzano l‟idea che si tratti di una legge mal fatta non tanto per i fini perseguiti, quanto 377 A norma dell‟articolo 2120 c.c. la retribuzione annua è comprensiva delle somme percepite e dell‟equivalente delle prestazioni in natura corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale e con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese, la somma così calcolata viene incrementata al 31 dicembre di ogni anno con l‟applicazione di un tasso costituito dall‟1,5% in misura fissa e dal 75% dell‟aumento dell‟indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati accertati dall‟ISTAT. 155 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo per le soluzioni tecnico-giuriche adottate, e l‟istituto del trattamento di fine carriera ne è un esempio lampante. Basti pensare che il disegno di legge originario era basato sullo schema della collaborazione continua e coordinata tipicamente riconducibile allo schema del lavoro autonomo, ed a seguito del ribaltamento operato dal Parlamento nessuno si è fatto carico di ricomporre adeguatamente il tutto, secondo la nuova linea tracciata. Tornando alla norma in oggetto, essa permette la costituzione di un fondo378, gestito dai rappresentanti delle parti contrapposte e abilitato alla corresponsione dell‟indennità d‟anzianità al termine dell‟attività sportiva. La legge parla di indennità d‟anzianità al termine dell‟attività sportiva, questa è certamente un‟interpretazione contraddittoria, perché l‟indennità d‟anzianità spetta alla fine di ogni singolo rapporto, mentre l‟indennità di fine carriera è un'altra cosa. Per dirimere il contrasto, si sono quindi prospettate tre possibilità379: 1. - la prima sostenuta da Grasselli380 prevedeva che fosse corrisposta la normale indennità d‟anzianità, o in alternativa si costituisse un fondo, che era poi, in pratica, il fondo operante già dal 1974, chiamato appunto “per la fine di carriera sportiva” nell‟ambito della Federcalcio. 2. - Sempre Grasselli381 ha sostenuto una seconda ipotesi, per cui nel lavoro sportivo l‟indennità d‟anzianità in una certa misura degraderebbe, diventando indennità di fine carriera sportiva; ed allora potrebbe spettare ai lavoratori sportivi solo ove si costituisca il fondo già operante per esempio presso la Federcalcio dal 1974. 3. - Infine per la terza ipotesi382 si potrebbe concludere che il legislatore abbia voluto riconoscere il diritto all‟indennità d‟anzianità come normalmente inteso, nonché l‟eventuale diritto a forme di previdenza facoltative che erogano prestazioni quando termina l‟attività sportiva. Bonavitacola nel suo Manuale di diritto sportivo critica tutte e tre le possibili soluzioni, a suo parere, infatti, non è sicuramente sostenibile l‟ultima tesi perché l‟articolo 2123 del 378 La costituzione di un fondo di previdenza obbligato, in sostituzione del datore di lavoro, alla corresponsione dell‟indennità di anzianità non rappresenta un fenomeno nuovo, essendo ad esempio previsto per il personale delle esattorie tramite l‟articolo 2 della legge 2 aprile 1958, n. 377. 379 Per un approfondimento, si veda Bianchi D‟Urso F. – Vidiri G., La nuova disciplina del lavoro sportivo, in Riv. dir. sport., 1982, 3; Grasselli S., L‟attività sportiva professionistica: disciplina giuridica delle prestazioni degli atleti e degli sportivi professionisti, in Dir. lav., 1982, I, 27; Bonavitacola R., Manuale di diritto sportivo, Edizioni Maros 1991. 380 In Convegno Ipsoa di San Remo 1981, p. 122. 381 Op. cit., p. 123. 382 D‟Harmant F., Note sulla disciplina giuridica del rapporto di lavoro sportivo, in Mass. giur. lav., 1981, 851. 156 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo codice civile prevede che l‟imprenditore possa dedurre dall‟indennità d‟anzianità quanto il prestatore di lavoro abbia diritto di percepire per effetto degli atti di previdenza. Neanche la seconda tesi può essere, a suo avviso, accolta perché l‟indennità d‟anzianità spetta a tutti i lavoratori subordinati383. Però neppure la prima tesi sembra fondata, perché se non è costituito il fondo spetterebbe allo sportivo l‟indennità d‟anzianità ad ogni singola risoluzione del rapporto ed in più l‟eventuale eccedenza alla fine dell‟attività sportiva, mentre per Grasselli spetterebbe la sola indennità di fine carriera. In materia non è mancato nemmeno l‟intervento giurisprudenziale così nel 1980 384 la Pretura di Napoli ha affermato che << tra il giocatore professionista e la società calcistica che l‟abbia ingaggiato intercorre un rapporto di lavoro subordinato atipico a tempo indeterminato, al termine del quale non va corrisposta l‟indennità d‟anzianità>>. Tutto questo dibattito dottrinale e giurisprudenziale non ha fatto altro che rendere complicatissimo questo aspetto del rapporto di lavoro sportivo, e la soluzione che siamo in grado di offrire lascia irrisolti ancora molti interrogativi. Considerando le tre ipotesi, sopra riportate, le critiche mosse da Bonavitacola e la dottrina prevalente385, non sembra esservi dubbio che la maldestra formulazione del settimo comma – articolo 4 legge n. 91 – non possa avere altro significato plausibile se non che il fondo di cui si tratta, allorché sia stato costituito, sostituisce il trattamento di fine rapporto, mentre in assenza di tale fondo il t.f.r viene corrisposto al termine del rapporto di lavoro, secondo le disposizioni della legge n. 297 del 1982386. In conclusione, nel rapporto di lavoro sportivo i fondi di previdenza volontaria, in quanto previsti dalle federazioni, tengono luogo del trattamento di fine rapporto. Ed in quest‟ottica va anche l‟accordo collettivo F.I.P. – G.I.B.A. il quale sembra ignorare la disposizione sul termine dell‟attività sportiva, quando afferma che i versamenti effettuati al fondo sono sostitutivi di ogni prestazione, indennità o trattamento cui l‟atleta abbia diritto in relazione alla cessazione del rapporto. 383 L‟articolo 4, comma ottavo, nel riportare quali sono le norme di diritto del lavoro non applicabili al rapporto di lavoro sportivo, infatti non esclude l‟applicabilità dell‟articolo 9 della legge 604 del 1966. L‟articolo 9 prevede appunto che l‟indennità d‟anzianità – ora indennità di fine rapporto – è dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro. 384 Questo intervento giurisprudenziale ha comunque un‟importanza abbastanza limitata perché precedente all‟emanazione della legge n. 91 che ha dettato la disciplina in materia. 385 Frattarolo V., Il rapporto di lavoro sportivo, Giuffrè 2004. 386 Bianchi D‟Urso F. – Vidiri G., op. cit. 157 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Essenzialmente si può terminare affermando che la costituzione del fondo è rimessa alla volontà delle federazioni in accordo con le parti interessate, e come visto tale fondo è stato istituito sia dalla F.I.G.C. sia dalla F.I.P. Dall‟articolo 24 dell‟accordo collettivo tra calciatori professionisti e società sportive risulta che << In adempimento dell‟articolo 6 dell‟A.E.C del 3 dicembre 1974 ed in base all‟articolo 4, comma settimo della legge 23 marzo 1981, n. 91, la società verserà al Fondo di accantonamento dell‟indennità di fine carriera, acceso presso la F.I.G.C. un contributo a suo carico del 6,25% sul compenso globale annuo e sui premi percepiti dal calciatore ed un contributo dell‟1,25% a carico dello stesso (che sarà trattenuto in rivalsa) nel limite dell‟attuale massimale mensile previsto dall‟ENPALS>>387. In quest‟ottica, pur con i dubbi che permangono sulla natura dell‟istituto, è auspicabile che iniziative analoghe siano adottate, con disposizione del C.O.N.I., da tutte le federazioni sportive. 158 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 2.5 – Trattamento previdenziale Quando si parla di previdenza si ha riguardo a tre aspetti fondamentali: quello relativo all‟assicurazione contro le malattie, quello riguardante l‟assicurazione infortunistica e contro le malattie professionali, quello, infine, pensionistico. Se dei primi due aspetti abbiamo già parlato relativamente alla tutela sanitaria, non ci resta che analizzare il terzo, ossia, il trattamento pensionistico cui sono sottoposti gli sportivi professionisti. Ovviamente anche quest‟aspetto del rapporto di lavoro sportivo è disciplinato dalla legge n. 91 del 1981, ma il legislatore si era già interessato in precedenza di questo punto. Prima dell‟emanazione della legge n. 91, infatti, il legislatore italiano si era occupato dei problemi previdenziali nel settore sportivo con la legge 14 giugno 1973, n. 366388. Tale provvedimento, colmando la lacuna legislativa esistente in materia, aveva previsto l‟estensione dell‟assicurazione obbligatoria per l‟invalidità, la vecchiaia ed i superstiti gestita dall‟Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS)389 ai giocatori di calcio vincolati da un contratto con società sportive affiliate alla F.I.G.C., ed agli allenatori federali che operano direttamente alle dipendenze della F.I.G.C. Fino al 1973 dunque i calciatori e gli altri sportivi erano privi di qualsiasi tutela previdenziale, nonostante l‟esigenza di garantire una reale protezione assicurativa di questi soggetti fosse già stata avvertita, soprattutto in ragione della durata abbastanza limitata del loro esercizio professionale. 387 Lo stesso testo è riportato all‟articolo 21 dell‟accordo collettivo tra gli allenatori professionisti e le società sportive. 388 In Gazzetta Ufficiale, n. 173 del 9 luglio 1973. 389 Il sistema previdenziale italiano è caratterizzato da una struttura pluralistica, originata, sia dalla molteplicità degli eventi protetti, che dalla diversità dei soggetti deputati ad assicurare la prescritta tutela. Così accanto ad un regime ordinario di previdenza facente capo all‟INPS quale Ente a competenza generale, è dato registrare la presenza di altri regimi speciali, gestiti da Enti dotati di una competenza specifica in materia. Uno di questi è, appunto, l‟Ente nazionale di previdenza per i lavoratori dello spettacolo, istituito con il D.lgs. 6 luglio 1947, n. 708, ratificato con le relative modifiche dalla legge 29 novembre 1952, n. 2388. All‟ENPALS sono obbligatoriamente iscritti tutti i soggetti appartenenti alle categorie elencate, in modo tassativo, dall‟articolo 3 del citato testo normativo. 159 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo In virtù di tale disciplina, l‟attività sportiva veniva inquadrata, ai fini previdenziali, nel settore dello spettacolo, in ragione della dimensione spettacolare riconosciuta al calcio390. Successivamente, con l‟emanazione della legge n. 91 l‟assicurazione in questione è stata estesa, dall‟articolo 9, primo comma391, a tutti gli sportivi professionisti di cui all‟articolo 2 della medesima legge392. In base al quarto comma393 i contributi per il finanziamento di tale assicurazione - per i lavoratori subordinati - sono a carico delle società sportive nella misura di due terzi, e degli atleti stessi per la parte restante. Il versamento dei contributi deve essere eseguito mensilmente a cura del datore di lavoro e la quota a carico del lavoratore viene recuperata mediante rivalsa all‟atto del pagamento dei compensi. Nel caso di lavoratori sportivi titolari di un contratto di lavoro autonomo il finanziamento è invece interamente a loro carico394. Sembrerebbe invece da escludere – in ragione dello specifico riferimento del predetto articolo agli sportivi professionisti - che la tutela previdenziale in oggetto possa applicarsi agli sportivi dilettanti, e tantomeno a coloro che svolgano attività sportiva al di fuori delle discipline regolate dal C.O.N.I. Tuttavia, poiché l‟identificazione della gestione previdenziale del lavoratore va effettuata sulla base del settore d‟inquadramento del datore di lavoro, anche lo sportivo dilettante qualora risulti titolare di un rapporto di lavoro subordinato con una società sportiva inquadrata nel settore dell‟industria e dello spettacolo - sarà assicurato presso l‟ENPALS395. 390 Su tale configurazione sono stati espressi dei dubbi, in ordine alla correttezza di tale inquadramento, in ragione della presenza nei due tipi di manifestazione di connotati non comuni come sono ad esempio la finzione nello spettacolo e la competizione nello sport. Sul punto, si veda Guadagnino A., La previdenza dei calciatori, in Informazione prev., 1997, 661; in giurisprudenza Tribunale di Firenze, 8 giugno 1994, in Giust. civ., 1995, I, 1385, ha ritenuto corretto l‟inquadramento delle società sportive nel settore dello spettacolo giacchè una struttura improntata alla realizzazione dello scopo della ricreatività del pubblico risulta puntualmente ed esclusivamente inquadrabile nel settore dello spettacolo. 391 <<L‟assicurazione obbligatoria per l‟invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, previsti dalla legge 14 giugno 1973, n. 366, per i giocatori e gli allenatori di calcio è estesa a tutti gli sportivi professionisti di cui all‟articolo 2 della presente legge>>. 392 L‟assicurazione presso l‟ENPALS è prevista anche in favore degli addetti agli impianti sportivi per effetto della legge 2388 del 1952, e ciò anche nell‟ipotesi in cui la società datrice di lavoro che gestisca detti impianti non sia inquadrabile nel settore dello spettacolo. 393 <<I contributi sono ripartiti tra società sportive e assicurati nella proporzione di due terzi ed un terzo; sono interamente a carico degli assicurati i contributi riguardanti gli sportivi titolari di contratti di lavoro autonomo>>. 394 Cassazione, 25 luglio 2001, n. 10159, in Foro it.., 2002, I, 118 ha affermato che <<l‟obbligo assicurativo sussiste solo rispetto agli sportivi professionisti lavoratori subordinati e non anche rispetto agli stessi sportivi aventi un rapporto di lavoro autonomo, ancorché caratterizzato da onerosità e continuità della prestazione, per i quali l‟assicurazione obbligatoria riveste caratteri di specialità e grava esclusivamente sugli stessi lavoratori>>. 395 Tra coloro che sostengono questa tesi Cinelli M., Sull‟inquadramento ai fini previdenziali, in Giust. civ., 1995, I, 1385. Secondo Cinelli analoga tutela previdenziale dovrà essere assicurata al dilettante qualora il 160 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Il regime pensionistico, formato dall‟integrazione della legge n. 366 con l‟articolo 9, è stato in seguito profondamente modificato, nel quadro della riforma generale e dell‟armonizzazione dei sistemi pensionistici, dal D.Lgs 30 aprile 1997, n. 166396, ora è la fonte normativa di riferimento per quanto concerne la determinazione dei contributi, i criteri di calcolo ed i requisiti di accesso al trattamento pensionistico. In applicazione dei principi generali in materia, l‟obbligo contributivo, sorge automaticamente con il verificarsi delle condizioni previste dalla legge per cui lo sportivo professionista397 avrà diritto alle prestazioni previdenziali anche in caso di omessa contribuzione. In tal caso il datore di lavoro sarà responsabile nei confronti del lavoratore del danno che a questi sia derivato dalla mancata o irregolare contribuzione. È evidente come il regime contributivo e pensionistico degli sportivi professionisti presenti dei tratti di specificità rispetto al regime previsto per gli altri lavoratori subordinati, in ragione soprattutto della carriera più breve di tali lavoratori. Così per quanto riguarda i requisiti d‟accesso alla pensione, per i soggetti iscritti all‟ENPALS prima del 31 dicembre 1995, l‟età pensionabile è gradualmente elevata in ragione di un anno anagrafico ogni diciotto mesi, fino al raggiungimento dell‟età di quarantasette anni per le donne e di cinquantadue per gli uomini 398, purché siano passati almeno venti anni dalla data iniziale di assicurazione presso l‟ENPALS o risultino versati almeno venti anni di contributi giornalieri, compresi quelli volontari. Per coloro iscritti dopo il 31 dicembre 1995 è prevista la maturazione di una pensione di vecchiaia al compimento dei cinquantasette anni con il concorso di almeno cinque anni di effettiva contribuzione. Per quanto riguarda, invece, il regime del calcolo delle pensioni, anche per gli sportivi professionisti, varia a seconda dell‟anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1995, così come avviene nei confronti dei lavoratori iscritti al regime della assicurazione generale obbligatoria399. suo rapporto di lavoro risulti inquadrabile nell‟ambito della parasubordinazione, e ciò in applicazione della legge n. 573 del 1993 che ha esteso in favore di tale categoria di lavoratori l‟obbligo della contribuzione previdenziale. Al contrario, continua l‟autore, lo sportivo dilettante, lavoratore autonomo, non godrà di tale tutela non ricorrendo nei suoi confronti né il carattere professionistico dell‟attività svolta, né la dipendenza da un imprenditore dello spettacolo, ai sensi della disciplina generale in materia previdenziale. 396 Questo decreto legislativo ha armonizzato la disciplina di settore, dando attuazione alla delega conferita dall‟articolo 2, ventiduesimo e ventitreesimo comma, della legge n. 355 del 1995. 397 Ciò in applicazione del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali di cui all‟articolo 2116, primo comma, del codice civile. 398 Questo a norma dell‟articolo 1, primo comma D.Lgs n. 166 del 1997; in precedenza l‟età era fissata a quaranta per le donne e quarantacinque per gli uomini. 399 Articolo 2 D.Lgs n. 166 del 1997. 161 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Così, per gli iscritti al fondo, che al 31 dicembre 1995 avevano maturato un‟anzianità contributiva di almeno diciotto anni interi di contribuzione il calcolo della pensione avverrà con il sistema c.d. retributivo, che tiene conto delle retribuzioni percepite dal lavoratore durante il rapporto di lavoro400. Per gli iscritti al fondo che, al 31 dicembre 1995, non avevano maturato una tale anzianità contributiva, la pensione è calcolata in base al criterio c.d. pro-rata, ossia con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 1995 e successivamente con quello contributivo. Infine per coloro iscritti al fondo dopo l‟1 gennaio 1996 il calcolo della pensione avverrà esclusivamente con il sistema contributivo401. In caso di decesso dello sportivo la normativa ENPALS prevede l‟erogazione della pensione di reversibilità ai superstiti. Soggetti beneficiari della pensione di reversibilità sono solo quelli indicati dalla legge e cioè: coniuge superstite, figli, genitori, fratelli, sorelle. Il diritto alla pensione ai superstiti è subordinato alla sussistenza di determinate condizioni – soprattutto di natura economica - che devono sussistere al momento della morte del pensionato. Quanto alla misura, la pensione ai superstiti è commisurata alla pensione di cui era titolare il dante causa, ed in relazione al grado di parentela tra i superstiti ed il deceduto. Anche in tema di trattamento previdenziale si ripropone la differenza tra cittadini italiani e stranieri, per quest‟ultimi occorre distinguere se si tratti di soggetti appartenenti all‟Unione Europea402 oppure si tratti di extracomunitari. Nel primo caso, si applica il principio della totalizzazione, in base al quale si sommano i periodi di lavoro svolti nei diversi paesi dell‟Unione Europea e l‟importo della pensione viene determinato da ciascun paese in proporzione ai contributi versati, secondo. il sistema pro-rata. La totalizzazione presuppone che in ciascun paese lo sportivo abbia maturato un periodo minimo di contributi403, in caso contrario vengono utilizzati dall‟altro stato, che provvede ad erogare la pensione. Per gli sportivi provenienti da paesi extracomunitari è prevista la possibilità di richiedere all‟ENPALS la restituzione dei contributi versati in loro favore, qualora non abbiano 400 In base a tale sistema, il calcolo della pensione è fatto tenendo conto dell‟anzianità contributiva (cioè dal numero di settimane coperte da contribuzione fino ad un massimo di settimane corrispondenti a quaranta anni) e dalla retribuzione pensionabile (costituita dalla media delle retribuzioni lorde percepite nel periodo di riferimento stabilito dalla legge) ed è tale da assicurare una pensione pari all‟ottanta per cento della retribuzione media. 401 Con tale sistema l‟ammontare della pensione si determina moltiplicando il montante contributivo (vale a dire la somma di tutti i contributi accantonati durante la vita lavorativa e relativi interessi) per il coefficiente di trasformazione che varia in misura crescente con l‟aumentare dell‟età con cui si decide di andare in pensione. 402 O a paesi con i quali esistono specifiche convenzioni. 162 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo maturato presso tale ente il diritto alla pensione, così il legislatore 404ha previsto espressamente che i lavoratori extracomunitari che hanno cessato l‟attività lavorativa in Italia e hanno intenzione di lasciare il territorio nazionale, possano richiedere la liquidazione dei contributi che risultano versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del cinque per cento annuo405. L‟equiparazione dei lavoratori sportivi ai lavoratori del mondo dello spettacolo e la conseguente previsione, anche, per la categoria degli sportivi di un regime previdenziale sostitutivo, qual è quello dell‟ENPALS, rispetto all‟assicurazione generale I.V.S. ha sempre destato non poche perplessità. Inizialmente l‟inquadramento degli sportivi nella categoria dei lavoratori dello spettacolo poteva essere in parte giustificato dalla particolare natura che rivestiva l‟altro soggetto del rapporto di lavoro e cioè le società sportive professionistiche, a cui era fatto divieto di perseguire qualsiasi fine di lucro. Oggi dopo l‟emanazione della legge n. 586 del 18 novembre 1996 – che ha eliminato tale divieto – lo scenario è profondamente variato. Le società a seguito di tale riforma hanno iniziato a porre le basi per un cambiamento della loro struttura organizzativa e gestionale, improntata sempre più alla spasmodica ricerca del perseguimento di utili. Viene da chiedersi se quella di una società sportiva possa ancora definirsi una struttura improntata alla ricreatività del pubblico, tale da potersi ancora inquadrare tra le aziende dello spettacolo e se, conseguentemente, abbia ancora un senso considerare gli sportivi dei lavoratori dello spettacolo. Certamente per effetto della novella del 1996 le perplessità risultano accentuate ed in questa situazione una futura collocazione dei calciatori professionisti all‟interno dell‟assicurazione generale obbligatoria I.V.S. potrebbe costituire un‟eventualità meno remota che in passato. Del resto recentemente sono stati molti i segnali che sono andati verso questa direzione soprattutto grazie al D.lgs 166 del 1997, che come analizzato ha esteso agli sportivi tutta una serie di norme dettate in materia di assicurazione generale obbligatoria I.V.S.. A margine delle considerazioni svolte, si impone un‟osservazione relativamente agli impiegati amministrativi e tecnici, dipendenti delle società di calcio. Questi soggetti risultano iscritti all‟ENPALS in quanto le predette società sono a tutt‟ora - pur a fronte del dibattito dottrinale sopra esposto – considerate imprese esercenti 403 Almeno cinquantadue settimane. Articolo 3, tredicesimo comma, legge 8 agosto 1995, n.355. 405 Sul punto, si veda Carbone L., La previdenza degli sportivi, in Foro it., 2002, I, 118. 404 163 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo pubblici spettacoli, secondo la locuzione di cui all‟articolo 3, n. 20 del D.Lgs. n. 708 del 1947 e successive modificazioni. Quindi, anche per l‟inquadramento previdenziale di questi soggetti valgono, a maggior ragione, le conclusioni in precedenza evidenziate per gli sportivi. 164 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo APPENDICE Legge 23 marzo 1981, n. 91 – Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti - aggiornata con le modifiche apportate dal decreto legge 272 del 1996 e dal decreto legge 486 del 1996 convertito in legge 18 novembre 1996, n. 586. Accordo collettivo tra la Federazione Italiana Giuoco Calcio, la Lega Nazionale Professionisti e l‟Associazione Italiana Calciatori Contratto tipo tra calciatori professionisti e società sportive Contratto tipo tra allenatori professionisti e società sportive Esempio di contratto d‟attività sportiva dilettantistica Regolamento del collegio arbitrale 165 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Legge 23 marzo 1981, n. 91 Riportiamo di seguito il testo aggiornato della Legge comprendente le modifiche introdotte a seguito della “Sentenza Bosman” con D.L. 20 settembre 1996 n° 485. CAPO I SPORT PROFESSIONISTICO Articolo 1 Attività sportiva L'esercizio della attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero. Articolo 2 Professionismo sportivo Ai fini dell'applicazione della presente legge, sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica. Articolo 3 Prestazione sportiva dell'atleta La prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato, regolato dalle norme contenute nella presente legge. Essa costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: 166 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno. Articolo 4 Disciplina del lavoro subordinato sportivo Il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all'accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dei rappresentanti delle categorie interessate. La società ha l'obbligo di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per l'approvazione. Le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo. Nel contratto individuale dovrà essere prevista la clausola contenente l'obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici. Nello stesso contratto potrà essere prevista una clausola compromissoria con la quale le controversie concernenti l'attuazione del contratto e insorte fra la società sportiva e lo sportivo sono deferite ad un collegio arbitrale. La stessa clausola dovrà contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero degli arbitri e il modo di nominarli. Il contratto non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni. Le federazioni sportive nazionali possono prevedere la costituzione di un fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi per la corresponsione della indennità di anzianità al termine dell'attività sportiva a norma dell'articolo 2123 del codice civile. Ai contratti di cui al presente articolo non si applicano comunque le norme contenute negli articoli 4, 5, 13, 18, 33, 34 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e negli articoli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, della legge 15 luglio 1966, n. 604. Ai contratti di lavoro a termine non si applicano le norme della legge 18 aprile 167 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo 1962, n. 230. L'articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300 non si applica alle sanzioni disciplinari irrogate dalle federazioni sportive nazionali. Articolo 5 Cessione del contratto Il contratto di cui all'articolo precedente può contenere l'apposizione di un termine risolutivo, non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto. È ammessa la successione di contratto a termine fra gli stessi soggetti. È ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un'altra, purché‚ vi consenta l'altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali. Articolo 6 Premio di addestramento e formazione tecnica 1. Nel caso di primo contratto deve essere stabilito dalle Federazioni sportive nazionali un premio di addestramento e formazione tecnica in favore della società od associazione sportiva presso la quale l'atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile. 2. Alla società od alla associazione sportiva che, in virtù di tesseramento dilettantistico o giovanile, ha provveduto all'addestramento e formazione tecnica dell'atleta, viene riconosciuto il diritto di stipulare il primo contratto professionistico con lo stesso atleta. Tale diritto può essere esercitato in pendenza del precedente tesseramento, nei tempi e con le modalità stabilite dalle diverse federazioni sportive nazionali in relazione all'età degli atleti ed alle caratteristiche delle singole discipline sportive. 3. Il premio di addestramento e formazione tecnica dovrà essere reinvestito, dalle società od associazioni che svolgono attività dilettantistica o giovanile, nel perseguimento dei fini sportivi. Articolo 7 Tutela sanitaria L'attività sportiva professionistica è svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite dalle federazioni sportive nazionali ed approvate, con decreto dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio Sanitario Nazionale, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge. 168 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Le norme di cui al precedente comma devono prevedere, tra l'altro, l'istituzione di una scheda sanitaria per ciascuno sportivo professionista, il cui aggiornamento deve avvenire con periodicità almeno semestrale. In sede di aggiornamento della scheda devono essere ripetuti gli accertamenti clinici e diagnostici che sono fissati con decreto dal Ministro della sanità. La scheda sanitaria è istituita, aggiornata e custodita a cura delle società sportive e, per gli atleti di cui al secondo comma dell'articolo 3, dagli atleti stessi, i quali devono depositarne duplicato presso la federazione sportiva nazionale. Gli oneri relativi alla istituzione e all'aggiornamento della scheda per gli atleti professionisti gravano sulle società sportive. Per gli atleti di cui al secondo comma dell'articolo 3, detti oneri sono a carico degli atleti stessi. Le competenti federazioni possono stipulare apposite convenzioni con le regioni al fine di garantire l'espletamento delle indagini e degli esami necessari per l'aggiornamento della scheda. L'istituzione e l'aggiornamento della scheda sanitaria costituiscono condizione per l'autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell'attività degli sportivi professionisti. Per gli adempimenti di cui al presente articolo le regioni potranno eventualmente istituire appositi centri di medicina sportiva. Articolo 8 Assicurazione contro i rischi Le società sportive devono stipulare una polizza assicurativa individuale a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni che possono pregiudicare il proseguimento dell'attività sportiva professionista, nei limiti assicurativi stabiliti, in relazione all'età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle federazioni sportive nazionali, d'intesa con i rappresentanti delle categorie interessate. Articolo 9 Trattamento pensionistico L'assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia, ed i superstiti, prevista dalla legge 14 giugno 1973, n. 366, per i giocatori e gli allenatori di calcio è estesa a tutti gli sportivi professionisti di cui all'articolo 2 della presente legge. 169 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo I contributi per il finanziamento dell'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia dovuti per gli assicurati di cui al presente articolo sono calcolati sul compenso globale annuo, nei limiti del massimale mensile e nelle misure previste dalla legge 14 giugno 1973, n. 366, per i giocatori e gli allenatori di calcio. Ai fini del calcolo del contributo e delle prestazioni l'importo del compenso mensile degli sportivi professionisti titolari di contratto di lavoro autonomo è determinato convenzionalmente con decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con il Ministro del Turismo e Spettacolo, sentite le federazioni sportive nazionali. I contributi sono ripartiti tra società sportive e assicurati nella proporzione dei due terzi e un terzo; sono interamente a carico degli assicurati i contributi riguardanti gli sportivi titolari di contratto di lavoro autonomo. Del Comitato di vigilanza previsto dall'articolo 5 della legge 14 giugno 1973, n. 366, fanno parte anche due rappresentanti dei professionisti sportivi previsti dal presente articolo designati dalle organizzazioni sindacali di categoria a base nazionale. In mancanza di tali organizzazioni, i due rappresentanti sono nominati con decreto legge del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con il Ministro per il Turismo e Spettacolo su proposta del Presidente del CONI. Ai fini della determinazione del diritto alla pensione e della misura di essa, i professionisti sportivi di cui al presente articolo possono riscattare, a domanda i periodi di attività svolta anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge con le norme e le modalità di cui all'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n.1338. Gli sportivi professionisti iscritti al fondo speciale, istituito con legge 14 giugno 1973, n. 366, possono conseguire il diritto alla pensione al compimento del quarantacinquesimo anno di età per gli uomini e del quarantesimo anno di età per le donne, quando risultino versati o accreditati in loro favore contributi per almeno venti anni, compresi quelli versati per prosecuzione volontaria. La contribuzione di cui al comma precedente deve essere versata per lavoro svolto con la qualifica di professionista sportivo. 170 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo CAPO II SOCIETÀ SPORTIVE E FEDERAZIONI SPORTIVE NAZIONALI Articolo 10 Costituzione e affiliazione Possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata. In deroga all'art. 2488 del codice civile è in ogni caso obbligatoria per le società professionistiche la nomina del collegio sindacale. "L'atto costitutivo deve prevedere che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali"; "L'atto costitutivo deve prevedere che una quota parte degli utili, non inferiore al 10 per cento, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva"; Prima di procedere al deposito dell'atto costitutivo, a norma dell'articolo 2330 del codice civile, la società deve ottenere l'affiliazione da una o da più federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI. Gli effetti derivanti dall'affiliazione restano sospesi fino all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 11. L'atto costitutivo può sottoporre a speciali condizioni l'alienazione delle azioni o delle quote. L'affiliazione può essere revocata dalla federazione sportiva nazionale per gravi infrazioni all'ordinamento sportivo. La revoca dell'affiliazione determina l'inibizione dello svolgimento dell'attività sportiva. Avverso le decisioni della federazione sportiva nazionale è ammesso ricorso alla giunta esecutiva del CONI, che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento del ricorso. Articolo 11 Deposito degli atti costitutivi Le società sportive, entro trenta giorni dal decreto del tribunale previsto dal quarto comma dell'articolo 2330 del codice civile, devono depositare l'atto costitutivo presso la federazione sportiva nazionale alla quale sono affiliate. 171 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Devono, altresì, dare comunicazione alla federazione sportiva nazionale, entro venti giorni dalla deliberazione, di ogni avvenuta deliberazione, di ogni avvenuta variazione dello statuto o delle modificazioni concernenti gli amministratori ed i revisori dei conti. Articolo 12 Garanzia per il regolare svolgimento dei campionati sportivi Al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, le società di cui all'art. 10 sono sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio finanziario, ai controlli ed ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità e principi da questo approvati. Articolo 13 Potere di denuncia al tribunale Le federazioni sportive nazionali possono procedere, nei confronti delle società di cui all'art. 10, alla denuncia di cui all'art. 2409 del codice civile Articolo 14 Federazioni sportive nazionali Le federazioni sportive nazionali sono costituite dalle Società e dagli organismi ad esse affiliati e sono rette da norme statutarie e regolamenti sulla base del principio di democrazia interna. Alle federazioni sportive nazionali è riconosciuta l'autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI. Per l'espletamento di attività di amministrazione da parte degli uffici centrali, le federazioni sportive nazionali si avvalgono di personale del CONI, il cui rapporto di lavoro è regolato dalla legge 20 marzo 1975, n. 70. Per le attività di carattere tecnico e sportivo e presso gli organi periferici, le federazioni sportive nazionali possono avvalersi, laddove ne ravvisano l'esigenza, dell'opera del personale, assunto pertanto, in base a rapporti di diritto privato. La spesa relativa graverà, sul bilancio delle federazioni sportive nazionali. Le federazioni sportive nazionali devono adeguare il proprio ordinamento alle norme della presente legge entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa. 172 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo CAPO III DISPOSIZIONI DI CARATTERE TRIBUTARIO Articolo 15 Trattamento tributario Ai redditi derivati dalle prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo si applicano le disposizioni dell'articolo 49, terzo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, e successive modificazioni ed integrazioni. L'indennità prevista dal settimo comma dell'articolo 4 della presente legge è soggetta a tassazione separata, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, a norma dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, e successive modificazioni ed integrazioni. L'imposta sul valore aggiunto per le cessioni dei contratti previste dall'articolo 5 della presente legge si applica esclusivamente nei modi normali ed in base all'aliquota dell'8 per cento di cui alla tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni ed integrazioni. Per l'attività relativa a tali operazioni le società sportive debbono osservare le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni ed integrazioni, distintamente dalle altre attività esercitate, tenendo conto anche del rispettivo volume di affari. Le somme versate a titolo di premio di addestramento e formazione tecnica, ai sensi dell'articolo 6, sono equiparate alle operazioni esenti dall'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Le trasformazioni, compiute nel termine di cui al primo comma dell'articolo 17, in società per azioni o in società a responsabilità limitata delle associazioni sportive che abbiano per oggetto esclusivo l'esercizio di attività sportive sono soggette alla sola imposta di registro in misura fissa. 173 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo È fatta salva l'applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598, recante istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche. Le cessioni dei diritti di prestazioni sportive degli atleti effettuate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, in applicazioni di norme emanate dalle federazioni sportive, non costituiscono cessioni di beni agli effetti dell'imposta del valore aggiunto. CAPO IV DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Articolo 16 Abolizione del vincolo sportivo Le limitazioni alla libertà contrattuale dell'atleta professionista, individuate come "vincolo sportivo" nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive nazionali e approvati dal CONI, in relazione all'età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le società. Le società sportive previste dalla presente legge possono iscrivere nel proprio bilancio tra le componenti attive, in apposito conto, un importo massimo pari al valore delle indennità di preparazione e promozione maturate alla data del 30 giugno 1996, in base ad una apposita certificazione rilasciata dalla federazione sportiva competente conforme alla normativa in vigore. Le società che si avvalgono della facoltà di cui al comma precedente debbono procedere ad ogni effetto all'ammortamento del valore iscritto entro tre anni a decorrere dalla data del 15 maggio 1996, fermo restando l'obbligo del controllo da parte di ciascuna federazione sportiva ai sensi dell'art. 12. Le società appartenenti a federazioni sportive che abbiano introdotto nei rispettivi ordinamenti il settore professionistico in epoca successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, oltre che avvalersi della facoltà prevista dal secondo comma, possono altresì provvedere ad un ammortamento delle immobilizzazioni, iscritte in sede di trasformazione o di prima 174 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo applicazione del vincolo di cui al primo comma, entro un periodo non superiore a tre anni, a decorrere dalla data del 15 maggio 1996. Articolo 17 Trasformazioni delle società e decorrenza degli articoli 3, 4 e 5 Le società di cui all'articolo 10 devono adeguare il loro ordinamento alle norme della presente legge entro un anno dall'entrata in vigore della legge stessa. La disciplina prevista dagli articoli 3, 4 e 5 si applica dal 1° luglio 1981 e non ha effetto retroattivo. Articolo 18 Applicazione della legge 8 luglio 1977, n. 406, agli organi del CONI Nei confronti dei membri degli organi di amministrazione del CONI per i quali è prevista la designazione elettiva, si applica l'articolo unico della legge 8 luglio 1977, n. 406, ancorché‚ siano nominati con decreto ministeriale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. 175 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo ACCORDO COLLETTIVO Tra la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) - Lega Nazionale Professionisti e Lega Professionisti di Serie C – e l‟Associazione Italiana Calciatori (A.I.C.) si è convenuto, sulla base delle intese raggiunte ed in attuazione dell‟art. 4 della Legge 23/3/1981 n. 91, di stipulare il presente Accordo Collettivo per la disciplina dei rapporti tra le Società facenti parte degli Enti federali organizzativi dell‟attività professionale ed i calciatori professionisti. Articolo 1 Il presente accordo collettivo regola il trattamento economico e normativo dei rapporti tra calciatori professionisti e Società partecipanti ai campionati nazionali di Serie A, B, C1 e C2. Articolo 2 Il rapporto tra il calciatore professionista e la Società si costituisce con la stipulazione di un contratto che, a pena di nullità, deve essere redatto in forma scritta e firmato dal legale rappresentante della Società e dal calciatore professionista. Ai sensi dell‟art. 4, VI comma della Legge 23/3/1981 n° 91 sono nulli, e ne è vietata la stipulazione, i patti limitativi della libertà professionale del calciatore. Sono altresì nulli, e ne è vietata la stipulazione, il patto di opzione e/o di prelazione a favore della Società. Articolo 3 La Società ha l‟obbligo di deposita re, dandone comunicazione contestuale al calciatore, entro cinque giorni dalla stipula, salvo il rispetto del primo termine utile per il deposito, il contratto in triplice copia presso la Lega competente per la relativa approvazione ai sensi dell‟art. 4 della Legge 23/3/1981 n° 91. Qualora la Società non vi provveda, il deposito può essere effettuato dal calciatore entro sessanta giorni dal giorno della stipula. Della avvenuta o mancata approvazione deve essere data immediata comunicazione al calciatore, alla Società e all‟Ufficio del Lavoro della F.I.G.C.. In mancanza di pronuncia dell‟Ente federale entro il trentesimo giorno successivo al deposito ovvero nel minor termine eventualmente previsto per il rila-scio del visto di esecutività, il contratto si intende approvato. È riconosciuto il diritto ad un equo indennizzo per il calciatore il cui contratto non ottenga il visto di esecutività per fatto a lui non imputabile. 176 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo 4 Le pattuizioni non risultanti dai contratti o accordi depositati per l‟approvazione sono vietate e pertanto non trovano tutela nell‟ordi-namento federale. Articolo 5 I contratti individuali tra Società e calciatori professionisti devono essere redatti sull‟apposito modulo federale conforme al contratto tipo che viene allegato al presente accordo, del quale fa parte integrante a tutti gli effetti. Articolo 6 La retribuzione è costituita da un compenso annuo lordo, da eventuali premi individuali lordi e da premi collettivi lordi. Nell‟ipotesi di contratti pluriennali dovrà essere indicato l‟importo pattuito per il compenso annuo lordo ed eventuali premi individuali lordi per ciascuna stagione sportiva. La quota lorda spettante quale partecipazione alle eventuali iniziative promo-pubblicitarie della Società deve risultare da apposito separato accordo, ex art. 9 della Convenzione per la pubblicità, che la Società è tenuta a depositare entro cinque giorni dalla stipula. Se tale accordo è contestuale al contratto economico, la suddetta quota deve essere specificatamente indicata nel suo esatto ammontare. Articolo 7 Il compenso annuo lordo previsto dall‟art. 6 assorbe ogni emolumento, indennità od assegno cui il calciatore abbia diritto a titolo di corrispettivo, anche in occasione di trasferte, gare notturne ed eventuali ritiri. Detto compenso deve essere corrisposto in dodici rate mensili eguali, scadenti alla fine di ogni mese, e non è soggetto ad alcuna riduzione o sospensione, salvo quanto previ-sto dal presente accordo. La retribuzione viene erogata in contanti o assegni circolari presso la sede della Società o presso il domicilio del calciatore ove questi ne faccia richiesta. In caso di morosità di oltre un mese nel pagamento dei compensi, il calciatore ha diritto agli interessi in misura pari al tasso ufficiale di sconto, a decorrere dal primo giorno successivo a quello in cui il pagamento avrebbe dovuto essere effettuato, fatta salva la facoltà di cui all‟art. 17. 177 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo 8 Il trattamento economico del rapporto, articolato per le varie serie nazionali, sarà determinato con apposito e separato accordo collettivo tra le stesse parti contraenti. Le eventuali integrazioni non potranno derogare dalla tassativa classificazione tipologica specificata nell‟accordo di cui al comma precedente. Articolo 9 La Società ha il dovere di promuovere e sostenere, in armonia con le aspirazioni dei calciatori con cui è legata da rapporto contrattuale, iniziative o istituzioni per il miglioramento ed incremento della cultura. Spetta alla F.I.G.C., d‟intesa con l‟A.I.C., indicare le condizioni cui devono attenersi le Società, compatibilmente con le esigenze dell‟attività sportiva, per agevolare la frequenza dei corsi e la preparazione agli esami dei calciatori che intendano proseguire gli studi o conseguire una qualificazione professionale. Articolo 10 La Società si impegna a curare la migliore efficienza sportiva del calciatore, fornendo attrezzature idonee alla preparazione atletica e mettendo a disposizione un ambiente consono alla sua dignità professionale. In ogni caso il calciatore ha diritto a partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra, salvo il disposto di cui all‟art. 15 del presente accordo. Articolo 11 Al calciatore professionista è vietato svolgere altra attività sportiva nel periodo di durata del contratto, salvo esplicita e preventiva autorizzazione della Società. È inoltre vietato svolgere nello stesso periodo ogni altra attività lavorativa o imprenditoriale incompatibile con l‟esercizio dell‟attività agonistico-sportiva. In ogni caso, quando il calciatore professionista intenda iniziare una di tali attività, deve darne preventiva notizia, per iscritto, alla Società. In caso di opposizione da parte della Società, il giudizio sulla compatibilità è di competenza del Collegio Arbitrale. Articolo 12 La prestazione sportiva deve essere eseguita, nell‟ambito dell‟organizzazione predisposta dalla Società, con l‟osservanza delle istruzioni tecniche e delle altre prescrizioni impartite 178 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo per il conseguimento degli scopi agonistici. Il calciatore è altresì tenuto ad osservare il dovere di fedeltà nei confronti della Società. Le prescrizioni attinenti il comportamento di vita del calciatore sono legittime e vincolanti soltanto se giustificate da esigenze proprie dell‟attività professionistica da svolgere, salvo in ogni caso il rispetto della dignità umana. Articolo 13 Il calciatore è tenuto a partecipare, salvo i casi di malattia od infortunio accertati, a tutti gli allenamenti nelle ore e nei luoghi fissati dalla Società, nonché a tutte le gare ufficiali o amichevoli, che la Società stessa intenda disputare tanto in Italia quanto all‟estero. Fermo il disposto dell‟art. 10, 2° comma, il calciatore dovrà partecipare a gare per altra Società, sia in Italia che all‟estero quando vi sia occasionalmente invitato dalla Società di appartenenza. In occasione di trasferte o ritiri il calciatore deve usufruire di adeguati mezzi di trasporto - di volta in volta stabiliti dalla Società – a cura e spese della stessa , la quale è tenuta altresì a fornire al calciatore alloggio e vitto. Articolo 14 Il calciatore deve custodire con diligenza gli indumenti ed i materiali sportivi forniti dalla Società e si impegna a rifondere il valore degli stessi se smarriti o deteriorati per sua colpa. Articolo 15 Al calciatore che sia venuto meno ai suoi obblighi contrattuali verso la Società, sono applicabili i seguenti provvedimenti, graduati in relazione alla gravità dell‟infrazione: - ammonizione scritta; - multa; - riduzione dei compensi; - esclusione temporanea dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato con la prima squadra; - risoluzione del contratto. I provvedimenti devono essere adottati a pena di nullità, con le seguenti modalità procedurali: a) l‟ammonizione scritta è adottata direttamente dalla Società, previa contestazione dell‟addebito.La Società è tenuta a comunicare all‟interessato, con lettera raccomandata 179 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo A.R., il provvedimento deliberato, entro dieci giorni dalla data in cui è stata accertata l‟infrazione. Nella comunicazione (copia della quale deve essere trasmessa sempre con lettera raccomandata A.R. al Collegio Arbitrale) devono essere indicati i motivi che hanno determinato il provvedimento e richiamati i termini e le modalità per ricorrere al Collegio suddetto, la cui pronuncia ha carattere definitivo. b) La multa e la riduzione dei compensi sono irrogate dal competente Collegio Arbitrale, a seguito di un procedimento in unica istanza su motivata proposta della Società, da inoltrarsi con lettera raccomandata A.R. entro dieci giorni dalla data in cui è stata accertata l‟infrazione. La Società è tenuta ad inviare, conte-stualmente, copia della proposta all‟interessato con lettera raccomandata A.R.; il talloncino della raccomandata deve essere allegato alla proposta inoltrata al Collegio suddetto. Il calciatore ha diritto di inviare al Collegio medesimo e per conoscenza alla Società, entro dieci giorni dal ricevimento della copia della proposta, le proprie controdeduzioni con lettera raccomandata A.R.. Il Collegio Arbitrale sarà composto dal Presidente, nominato ai sensi dell‟art. 3 del Regolamento del Collegio Arbitrale, e da due arbitri di parte che, ove non nominati dalle parti interessate, verranno nominati dal presidente stesso tra i nominativi designati dalla Lega competente e dall‟Associazione di categoria. c) L‟importo della multa non può superare il 30% di un dodicesimo del compenso annuo lordo. La riduzione dei compensi non può superare il 40% della quota di compenso annuo lordo relativo al periodo per il quale si chiede la riduzione stessa, salvo l‟ipotesi che il calciatore non si ponga a disposizione della Società, ovvero interrompa le prestazioni, e non può eccedere il termine della stagione sportiva. d) In caso di squalifica da parte della F.I.G.C., dell‟U.E.F.A. o della F.I.F.A., la Società potrà proporre una riduzione del compenso annuo lordo al Collegio Arbitrale, nei modi e nei tempi previsti dal precedente punto b), per il periodo corrispondente alla durata della squalifica e per una misura non superiore al 60% degli importi dovuti per tale periodo. Il Collegio Arbitrale, ai fini della decisone, valuterà la gravità e/o volontarietà della o delle violazioni che hanno dato origine alla squalifica. e) La società può altresì proporre al competente Collegio Arbitrale, entro dieci giorni dalla data in cui è stata accertata l‟infrazione e nelle forme previste dal Regolamento (procedura ordinaria o di urgenza), la sospensione temporanea dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato con la prima squadra e la declaratoria di risoluzione del contratto. La declaratoria di risoluzione del contratto potrà essere proposta nei seguenti casi: 180 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo - grave e constatata inadempienza contrattuale; - inabilità per malattia o per infortunio dipendenti da condotta sregolata del calciatore o da altre cause attribuibili a sua colpa grave, salvo quanto previsto dal successivo art. 19, 3° comma; - condanna a pena detentiva per reati non colposi, passata in giudicato e non sospesa condizionalmente condonata. f) Tutti i provvedimenti irrogati o confermati dal Collegio Arbitrale sono considerati provvedimenti a carattere definitivo, avverso i quali non è ammesso ricorso. Articolo 16 Il calciatore ha diritto di ottenere, con ricorso al Collegio Arbitrale, il risarcimento del danno e/o la risoluzione del contratto quando la Società abbia commesso violazioni degli obblighi contrattuali cui è tenuta nei suoi confronti. Nell‟ipotesi di violazione dell‟art. 10, 2° comma, il comportamento della Società che, diffidata dal calciatore, non provveda alla reintegrazione nel termine perentorio di giorni tre, costituisce grave inadempimento e comporta per il calciatore il diritto di ottenere, a sua scelta, la reintegrazione ovvero la risoluzione del contratto con conseguente perdita totale dell‟indennità di preparazione e promozione. In entrambi i casi il calciatore ha altresì diritto al risarcimento del danno in misura non inferiore al 30% del compenso annuo lordo. Fermo, in ogni altra ipotesi, il principio di cui all‟articolo 15, lettera e), in caso di gravi violazioni da parte del calciatore degli obblighi contrattuali, tali da non consentire, senza obiettivo immediato nocumento per la Società, la partecipazione dello stesso alla preparazione e/o agli allenamenti con la prima squadra, la Società, previa contestazione telegrafica al calciatore degli addebiti, può disporre in via provvisoria l‟esclusione, purché contestualmente inoltri al Collegio Arbitrale, con la procedura d‟urgenza, proposta di irrogazione della sanzione dell‟esclusione tem-poranea dalla preparazione precampionato e/o dagli allenamenti con la prima squadra. Qualora il Collegio ritenga ingiustificata l‟esclusione - comunque disposta –del calciatore dalla preparazione precampionato o dagli allenamenti, adotterà automaticamente, su richiesta dello stesso, i provvedimenti di cui al 2° comma del presente articolo. Nell‟ipotesi che, successivamente alla pronuncia del Collegio Arbitrale di reintegrazione del calciatore, la Società non vi provveda entro il termine di giorni tre dalla comunicazione telegrafica del dispositivo del lodo a cura della Segreteria del Collegio, il calciatore ha diritto di ottenere dal Collegio medesimo la risoluzione del contratto, con la 181 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo conseguente perdita totale da parte della Società dell‟indennità di preparazione e promozione, oppure la perdita da parte della Società della indennità di preparazione e promozione nella misura di 1/3, fermo restando il dovere della Società di rispettare integralmente il contratto nel suo contenuto economico fino alla scadenza. In questa seconda ipotesi, l‟eventuale successiva volontà della Società di reintegrare il calciatore determina l‟obbligo dello stesso di rispettare integralmente il contratto, fermi restando gli effetti della precedente pronuncia del Collegio Arbitrale. Il Collegio, se accoglie il ricorso e ravvisa infrazioni di carattere disciplinare, provvede a rimettere gli atti avanti la Commissione Disciplinare per eventuali provvedimenti di competenza. In ogni ipotesi in cui il calciatore sia escluso, anche in via preventiva, dalla preparazione e/o dagli allenamenti con la prima squadra, resta comunque fermo l‟obbligo della Società di cui all‟art. 10, 1° comma, salva espressa rinuncia scritta del calciatore. Articolo 17 Costituisce, comunque, motivo di risoluzione del contratto la morosità della Società nel paga mento del rateo mensile degli emolumenti fissi, qualora si protragga oltre il ventesimo giorno successivo al termine previsto nel precedente art. 7. In tale caso, il calciatore, in deroga alle modalità procedurali previste dall‟art. 15, ottiene la risoluzione del contratto, sempre che abbia provveduto a mettere in mora la Società stessa con lettera raccomandata A.R. inviata in copia alla Lega competente e spedita dopo maturato l‟intero periodo della morosità. Nel caso di calciatore che sia tesserato per Società in conseguenza di cessione temporanea del contratto di cui alla Legge 23/3/81, n° 91, la comunicazione di cui al precedente comma, con le stesse modalità e termini, deve essere inviata anche alla società cedente il contratto a titolo temporaneo. La risoluzione del contratto è tuttavia esclusa qualora si provveda al pagamento, da effettuarsi in contanti o in assegni circolari, entro venti giorni dal ricevimento della raccomandata presso il domicilio del calciatore. Rimasta inefficace la costituzione in mora, il calciatore, per ottenere la declaratoria di risoluzione del contratto, deve farne richiesta al Collegio Arbitrale competente a mezzo lettera raccomandata A.R. da inviarsi per conoscenza anche alla Società inadempiente e, se del caso, alla Società cointeressata entro e non oltre il 20 giugno. La Società ha diritto di opporre le proprie contestazioni motivate e documentate, mediante lettera raccomandata A.R. indirizzata al Collegio Arbitrale e, in copia, sempre a mezzo raccomandata A.R., anche al calciatore ed all‟eventuale Società cointeressata, entro e non 182 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo oltre dieci giorni dal ricevimento della richiesta. La mancata opposizione da parte della Società entro i termini prescritti deve essere considerata adesione alla richiesta del calciatore. Il calciatore ha diritto alla retribuzione pattuita fino al termine della stagione o fino alla stipulazione di un nuovo contratto se questa interviene antecedentemente. Nel caso di calciatore tesserato a seguito di cessione temporanea del contratto, la risoluzione determina il ripristino, con decorrenza dalla declaratoria di risoluzione, dell‟originario rapporto tra la Società cedente ed il calciatore fino al termine previsto per tale rapporto, a condizione che la Società cedente provveda all‟integrale pagamento, salvo regresso ed entro il termine di venti giorni dalla comunicazione della declaratoria di risoluzione di tutte le competenze previste a carico della Società cessionaria e già maturate. Fino al termine della stagione in corso la Società cedente dovrà corrispondere al calciatore l‟eventuale maggior compenso pattuito con la Società cessionaria, salvo regresso verso quest‟ultima per la parte di compenso eccedente il corrispetti- vo da essa pattuito. La declaratoria di risoluzione del contratto da parte del Collegio Arbitrale per tutte le ipotesi previste dal presente articolo costituisce provvedimento a carattere definitivo, avverso il quale non è ammesso ricorso. Articolo 18 In caso di malattia ovvero di infortunio, per il periodo di inabilità spettano al calciatore i compensi stabiliti dal contratto fino alla scadenza dello stesso, mentre la Società beneficerà delle eventuali indennità assicurative pattuite a proprio favore. Le spese di assistenza sanitaria e farmaceutica, degli eventuali interventi chirurgici e quelle di degenza in Istituti ospedalieri o in Case di cura sono a carico della Società per quanto non sia coperto dalle prestazioni del servizio sanitario nazionale. Nell‟ipotesi in cui il calciatore non intenda usufruire dell‟assistenza sanitaria proposta dalla Società, quest‟ultima sarà tenuta a concor-rere alle spese relative, ivi compresi interventi chirurgici, medicinali e spese di degenza in Istituti ospedalieri o Case di cura, sostenute dal calciatore, in misura non superiore al costo normalmente necessario per assicurare al calciatore medesimo un‟assistenza specialistica e di idonea qualificazione. La presente norma troverà applicazione anche nell‟ipotesi di infortunio occorso al calciatore militare, in occasione di gare od allenamenti organizzati dall‟Autorità da cui dipende, salve diverse disposizioni dell‟Autorità Militare stessa. 183 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo 19 Qualora l‟inabilità per malattia od infortunio si protragga oltre i sei mesi, è data facoltà alla Società di chiedere la risoluzione del contratto con ricorso al Collegio Arbitrale oppure, previa comunicazione scritta al calciatore ed alla Lega competente, di corrispondere al calciatore stesso i compensi contrattuali ridotti della metà, dalla data di comunicazione fino alla cessazione dell‟inabilità, comunque non oltre il termine di scadenza del contratto. La risoluzione del contratto e la riduzione del compenso sono consentite soltanto in costanza di malattia e/o infortunio. Se la malattia o la menomazione delle condizioni fisiche del calciatore risultino dipendenti da condotta sregolata o comunque da cause attribuibili a sua colpa grave, la Società può applicare nei confronti dello stesso, con le modalità di cui all‟art. 15, il provvedimento di riduzione dei compensi o, nei casi più gravi, della risoluzione del contratto. Qualora la malattia o l‟infortunio dovessero determinare la inidoneità del calciatore a svolgere in modo definitivo l‟attività agonistica, inidoneità risultante da certificazione rilasciata dalla competente U.S.L. o equivalente struttura pubblica, la Società avrà diritto di richiedere immediatamente la risoluzione del contratto, con le modalità dell‟art. 15. Articolo 20 La Società è tenuta ad assicurare presso Compagnia di primaria importanza il calciatore contro gli infortuni con massimali integrativi rispetto all‟assicurazione base, secondo le condizioni di polizza, le modalità, i termini ed i minimi stabiliti annualmente dagli Organi preposti all‟attività agonistica, in accordo con l‟Associazione di categoria. La Lega competente, in caso di inadempimento della Società, ha facoltà di sostituirsi alla stessa per la stipulazione od il perfezionamento della polizza. Beneficiario delle prestazioni assicurative, anche per somme di garanzia superiori a quelle concordate con l‟Associazione di categoria, si intende in ogni caso il calciatore o i suoi aventi diritto e sarà nullo qualsiasi patto contrario anche se sottoscritto dal calciatore stesso, salvo il diritto della Società agli indennizzi previsti da eventuali altre polizze stipulate a proprio beneficio. Il calciatore, quale beneficiario della polizza assicurativa, rinuncia ad ogni effetto per sé e per i suoi aventi diritto ad ogni azione nei confronti della Società, o di chi per essa, per il risarcimento dei danni subiti. La polizza di assicurazione deve essere stipulata entro la data di convocazione del calciatore per l‟inizio dell‟attività di ogni stagione sportiva. Il 184 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo calciatore non coperto da assicurazione non può svolgere alcuna attività sportiva. La Società inadempiente agli obblighi assicurativi concordati con l‟Associazione di categoria è soggetta a provvedimenti disciplinari ed è tenuta al risarcimento dei danni subiti dal calciatore e dai suoi aventi diritto. In caso di infortunio avvenuto al di fuori dell‟ambito dell‟attività svolta per la Società di appartenenza, il calciatore ha l‟obbligo di darne tempestiva comunicazione scritta alla Società al fine di consentire a quest‟ultima di poter ottemperare nei termini di legge agli adempimenti formali con le Compagnie di assicurazione, previsti dal succes-sivo comma. L‟onere della denuncia e di ogni altro successivo adempimento previsti dalla polizza e/o dalla legge, necessari per far conseguire al calciatore o ai suoi aventi diritto gli indennizzi spettanti per l‟assicurazione base e per l‟assicurazione integrativa, sono a carico della Società, che pertanto è responsabile ad ogni effetto di tutte le eventuali omissioni al riguardo. Articolo 21 La Società effettuerà all‟E.N.P.A.L.S. e all‟I.N.P.S. i versamenti previsti dalla legge per l‟assicurazione contro l‟invalidità, vecchiaia e superstiti e quella contro le malattie, anche per la parte a carico del calciatore, ed i relativi importi saranno trattenuti in rivalsa dai compensi e dagli emolumenti versati allo stesso. Articolo 22 Il calciatore ha diritto ad un giorno di riposo settimanale, di regola entro i due giorni della settimana. Ha anche diritto ad un periodo di riposo annuale della durata di quattro settimane, comprensive dei giorni festivi e di riposo settimanale. La scelta del periodo di godimento del riposo annuale spetta alla Società, che decide in relazione alle esigenze dell‟attività sportiva. Il riposo annuale ha normalmente carattere continuativo. Qualora il calciatore venga richiamato in sede durante il periodo di riposo annuale, la Società è tenuta a rimborsargli le spese di viaggio sia per il rientro in sede sia per il ritorno alla località ove trascorreva detto riposo. Il calciatore ha diritto di usufruire, in altro periodo dell‟anno, dei giorni di riposo annuale non goduti a causa del richiamo in sede. Articolo 23 Il calciatore ha diritto ad un congedo matrimoniale retribuito di almeno cinque giorni consecutivi. Il periodo del congedo sarà concordato tra il calciatore e la Società, tenendo conto delle esigenze dell‟attività agonistica. 185 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo 24 In adempimento all‟art. 6 dell‟A.E.C. ed in base all‟art. 4, 7° comma della Legge 23/3/81 n° 91, la Società verserà al Fondo di accantonamento dell‟indennità di fine carriera, acceso presso la F.I.G.C., un contributo a suo carico del 6,25% sul compenso globale annuo e sui premi percepiti dal calciatore ed un contributo dell‟1,25% a carico dello stesso (che sarà trattenuto in rivalsa) nel limite dell‟attuale massimale men-sile previsto dall‟E.N.P.A.L.S., pari a Lire 8.190.000. Resta peraltro convenuto che, in deroga a quanto sopra, il massimale sarà pari: - per la stagione 1989/90 a L. 3.600.000 mensili -per la stagione 1990/91 a L. 6.000.000 mensili. Articolo 25 La soluzione di tutte le controversie concernenti l‟attuazione del contratto o comunque il rapporto tra Società e calciatori, sarà deferita ad un Collegio Arbitrale composto da tre membri, di cui due designati, di volta in volta, rispettivamente dalla società e dal calciatore, tra le persone indicate negli elenchi depositati presso la F.I.G.C. dalle competenti Leghe e dall‟A.I.C., secondo le disposizioni delle Carte Federali. Il Presidente sarà designato con la procedura di cui al Regolamento per il funzionamento del Collegio Arbitrale, tra le persone inserite in altro elenco depositato presso la F.I.G.C., preventivamente concordato dalle parti firmatarie del presente accordo. Articolo 26 Le formalità procedurali ed i termini per adire il Collegio, per produrre memorie e deduzioni, ove non diversamente disposto dal presente accordo, sono quelli previsti dall‟allegato Regolamento per il funzionamento del Collegio Arbitrale, che si considera parte integrante dell‟Accordo Collettivo. Articolo 27 Le parti contraenti si impegnano a costituire, entro due mesi dalla data odierna, una Commissione paritetica, con la partecipazione di quattro membri in rappresentanza degli Organi federali che organizzano l‟attività professionistica e di quattro membri in rappresentanza dell‟A.I.C., per risolvere i problemi di applicazione e di interpretazione derivanti dal presente Accordo Collettivo. 186 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Presiede la Commissione, senza diritto di voto, un membro esterno designato d‟intesa tra le parti. Le risoluzioni della Commissione faranno stato fino alla stipulazione del successivo Accordo Collettivo. Articolo 28 Le parti contraenti si impegnano a tenere consultazioni periodiche, con appositi incontri, per valutare congiuntamente i problemi di organizzazione e regolamentazione dell‟attività sportiva e dei rapporti tra calciatori e Società. Articolo 29 Le norme statutarie e regolamentari della F.I.G.C. si intendono richiamate per quanto non previsto dal presente Accordo e dal contratto tipo che ne fa parte integrante. Articolo 30 Il presente Accordo ha la durata di tre anni dalla data del 1° luglio 1989 e si intende tacitamente rinnovato per un identico periodo, salvo disdetta da intimare a cura della parte interessata con un preavviso da fornire per iscritto a mezzo lettera raccomandata A.R. almeno sei mesi prima della scadenza dello stesso Accordo. Norma transitoria Tutte le controversie instaurate entro il 30/6/1990 saranno definite dai Collegi di Disciplina e Conciliazione e dai Collegi Arbitrali previsti dalla precedente normativa e secondo le norme di procedura previgenti. 187 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo CONTRATTO – TIPO (Calciatori) Con la presente scrittura privata, da valere ad ogni effetto di legge, tra la Società ed il calciatore professionista sotto indicati, si stipula e si conviene quanto segue: ______ _________________ (Società) __________________ (Sede) (Numero P IVA) Rappresentata da ________________________ Qualifica _______________________ COGNOME E NOME DEL CALCIATORE DATA E LUOGO Dl NASCITA _________________________________ __________________________ (Data) (Località) (Provincia) DOMICILIO CODICE FISCALE MATRICOLA _____________________ ________________ _____________ (via, piazza, n°. civico, CAP, local.e prov.) Art.1. - II Sig. ____________________________________________ si impegna, nella sua qualità di calciatore professionista tesserato della F.l.G.C. (come sarà fin d'ora individuato in contratto), a prestare la sua attività nelle squadre della Società _____________________________________________a decorrere dal_______________ e fino al 30 giugno _________________________ Art.2. - La Società si impegna a corrispondere al Sig. ________________________ a) Compenso annuo lordo di £. ___________________________________________ (__________________________________________) (per contratti pluriennali indicare l'importo pattuito per ciascuna stagione sportiva) _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________ b) Eventuali premi individuali lordi concordati (specificare tipo, importo e modalità; per contratti pluriennali indicare gli importi e le condizioni di ciascuna stagione sportiva): 188 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________ c) Premi collettivi lordi come da separata pattuizione, che la Società è tenuta a depositare in Lega entro cinque giorni dalla stipulazione; d) Quota lorda spettante quale partecipazione alle eventuali iniziative promo-pubblicitarie della Società (da indicare specificatamente in caso di accordo contestuale al contratto); £. ____________________________ In caso di mancato accordo contestuale al contratto l'importo sarà previsto da separato accordo ai sensi della Convenzione per la pubblicità che la Società è tenuta a depositare entro cinque giorni dalla stipulazione. Art.1. - Le parti, con la sottoscrizione del presente contratto di prestazione sportiva, si impegnano a recepire e rispettare integralmente le pattuizioni che - in sede di stipulazione del nuovo accordo collettivo, verranno concordate tra F.l.G.C., Lega Nazionale Professionisti, Lega Professionisti Serie C ed A.l.C. Art.2. - Con la firma del presente contratto le parti assumono l'obbligo di osservare le norme dello Statuto e quelle Federali. Assumono altresì impegno di accettare la piena e definitiva efficacia di tutti i provvedimenti generali e di tutte le decisioni particolari adottate dalla F.l.G.C., dai suoi Organi e Soggetti delegati nelle materie comunque attinenti all'attività sportiva e nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico. Ogni violazione od azione comunque tendente alla elusione dell'obbligo di cui sopra determina le sanzioni disciplinari, previste dallo Statuto e dai Regolamenti. Art.3. - A tutti gli effetti del presente contratto la Società elegge domicilio presso la propria sede, il calciatore nel luogo indicato in epigrafe, salvo variazioni delle quali dovrà essere data comunicazione scritta alla Società. 189 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Luogo e data Per la Società _______________ Il Calciatore ________________ Le parti dichiarano di aver preso esatta cognizione del contenuto delle clausole previste dagli articoli 3, 4 e 5 dei presente contratto e le approvano specificatamente. Per la Società Il Calciatore _______________ _________________ N.B.: il presente contratto, in quadruplice esemplare, deve essere depositato a cura della Società presso l'Organo Federale competente, entro il quinto giorno successivo alla data di stipulazione. Un'ulteriore copia del contratto, regolarmente sottoscritta, deve essere consegnata al calciatore al momento della stipulazione. 190 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo CONTRATTO-TIPO (Allenatori) Con la presente scrittura privata, da valere ad ogni effetto di Legge, tra la Società _______________________________________________________________________ con sede in ______________________________________________________numero partita IVA_______________________________________________ rappresentata dal sig.___________________________________nellaqualitàdi_____________________ed il sig._____________________ nato a __________________ il __________ domiciliato in______________ via/piazza __________________________ n. ______ codice fiscale n.________________________ matricola n. ______________________ Si stipula e si conviene quanto segue: Art.1. - Il Sig. _________________________________ si impegna, nella sua qualità di406 __________________________ tesserato della F.I.G.C. (fin d'ora individuato in contratto come“allenatore”), a prestare la propria attività quale407 __________________ a decorrere dal______________ e fino al 30 giugno _______________. Art.2. - La Società si obbliga a corrispondere all'allenatore per l'anno sportivo________________ i seguenti compensi: a) compenso annuo lordo £. ___________________________________________(per contratti lordi pluriennali indicare l'importo pattuito per ciascuna stagione sportiva); b) eventuali premi individuali lordi concordati (specificare tipo, importo e modalità; per contratti pluriennali indicare gli importi e le condizioni di ciascuna stagione sportiva):_________________________________________________________ c) premi collettivi lordi come da separata pattuizione che la Società è tenuta a depositare in Lega entro cinque giorni dalla stipulazione. Art.3. - Il presente contratto di prestazione sportiva è regolato dal vigente Accordo Collettivo, tra F.I.G.C. - Lega Nazionale Professionisti - Lega Professionisti Serie C ed A.I.A.C., che si intende integralmente riportato e trascritto. 406 Indicare se: Allenatore di prima categoria, ovvero Istruttore professionista di giovani calciatori, ovvero Allenatore di seconda categoria, ovvero Direttore Tecnico. 191 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Art.4. - Con la firma del presente contratto le parti assumono l'obbligo di osservare le Norme dello Statuto e quelle Federali. Assumono altresì impegno di accettare la piena e definitiva efficacia di tutti i provvedimenti generali e di tutte le decisioni particolari adottate dalla F.I.G.C., dai suoi Organi e soggetti delegati nelle materie comunque attinenti all'attività sportiva e nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico. Ogni violazione od azione comunque tendente alla elusione dell'obbligo di cui sopra determina le sanzioni disciplinari previste dallo Statuto e dai Regolamenti. Art.5. - A tutti gli effetti del presente contratto la società elegge domicilio presso la propria sede, l'allenatore nel luogo indicato in epigrafe. Egli comunque si impegna a dare preventiva comunicazione scritta alla società, alla Lega ed all'A.I.A.C., di ogni eventuale variazione. ________________________ lì ______________________ Per la Società L'Allenatore _______________________ __________________ Le parti dichiarano di aver preso esatta cognizione del contenuto delle clausole previste dagli articoli 3, 4 e 5 del presente contratto e le approvano specificatamente. Resta inteso che le parti convengono nel ritenere che l'indennità di fine carriera maturata fino alla data dell'1 gennaio 1975 deve considerarsi compresa negli emolumenti a suo tempo contrattati ed ottenuti ed in questo senso l'allenatore rinunzia espressamente a qualsiasi rivendicazione in proposito per il periodo precedente. Per la Società L‟Allenatore ______________________ __________________ N.B.: II presente contratto, in quadruplice esemplare, unitamente alla richiesta di tesseramento, deve essere depositato a cura della società presso gli Organi federali competenti entro il quinto giorno successivo alla data di stipulazione. Una ulteriore copia del contratto, regolarmente sottoscritta deve essere consegnata all'allenatore al momento della stipulazione. 407 Indicare se: Allenatore (o Direttore Tecnico) responsabile della prima squadra, ovvero Allenatore della 192 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo CONTRATTO PER ESERCIZIO DI ATTIVITA' SPORTIVA DILETTANTISTICA Tra la associazione sportiva dilettantistica denominata _____________con sede in ______ via_____________________, n.__, nella persona del suo legale rappresentante protempore__________________di seguito per brevità denominata Associazione sportiva E il Sig.__________________ residente a ___________ via _________________, C.F.:______________ in seguito denominato Tecnico PREMESSO - che il Tecnico ha dichiarato di possedere una specifica competenza in ordine all'attività di istruttore di ________________________ essendo tesserato al Centro Nazionale Sportivo Libertas; - che la Associazione sportiva ha necessità di assicurarsi una assistenza tecnica professionale per i propri iscritti; - che il Tecnico si è dichiarato disposto a collaborare con la Associazione sportiva e che svolge/non svolge la medesima attività in favore di terzi; - che le parti intendono disciplinare il presente accordo sulla base di quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 25 L. n. 133/1999, così come modificato dall'art. 37 legge 21.11.2000, n. 342, e art. 81 lett. m) del D.P.R. n. 917/1986; - che la Associazione sportiva è giunta nella determinazione di avvalersi della opera professionale del Tecnico. - che l'attività oggetto del presente contratto è da considerarsi svolta nell'esercizio diretto di una attività sportiva a carattere dilettantistico per espressa volontà delle parti essendo la Associazione sportiva affiliata alla Federazione Italiana ___________________(o al Centro Nazionale Sportivo Libertas) e che le stesse escludono che il presente rapporto possa in alcun modo essere riconducibile tra quelli disciplinati dalla Legge 91/81 Tutto ciò premesso tra le parti si conviene e stipula quanto segue: prima e/o seconda e/o terza etc., squadra giovanile 193 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo 1 Premessa Le premesse costituiscono parte integrante e sostanziale del presente accordo e forma con essa pattuizione espressa. Articolo 2 Oggetto del contratto Il Tecnico presterà la sua attività professionale nell'interesse della Associazione sportiva nel settore _____________ con autonomia tecnica nell'ambito dei programmi che verranno concordati con la Associazione sportiva e con il solo obbligo di relazione, di volta in volta, circa le prestazioni effettuate e i risultati ottenuti. Il rapporto contrattuale di cui alla presente scrittura è disciplinato, ai fini civilistici, dagli artt. 2230 e seguenti del codice civile mentre, ai fini fiscali si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di compensi erogati dalle società sportive riconosciute dal Coni di cui all'art. 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133 come modificato dall'art. 37 della legge 21.11.2000, n. 342. La collaborazione oggetto del presente contratto resa dal tecnico, data la fattispecie e le modalità di esecuzione delle prestazioni e perché così esplicitamente voluto e dichiarato dai contraenti, esula da qualsiasi rapporto di lavoro subordinato. Stante la specifica caratteristica del presente atto, l'Associazione sportiva non si assume alcun obbligo di indennità di preavviso, di anzianità, né assume alcun obbligo riguardante malattie, né per stipulare polizze assicurative per incidenti o infortuni in favore del tecnico. Pertanto faranno capo a costui tutti gli oneri in merito nonché le responsabilità riguardanti eventuali incidenti o infortuni che dovessero interessare lo stesso durante l periodo effettivo di svolgimento delle prestazioni indicate nel presente contratto. 194 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo 3 Impegni del tecnico Il Tecnico si impegna alla dovuta riservatezza circa i metodi seguiti nello svolgimento dell'incarico affidatogli e a non fare uso, in alcun modo durante il periodo in cui svolgerà la propria attività professionale ai sensi del presente incarico, delle tecniche utilizzate nei confronti degli iscritti della Associazione sportiva, in favore di altri soggetti non autorizzati dalla contraente nonché si impegna a non divulgare eventuali notizie sulle attività svolte, di cui sia in possesso nonché a rispettare scrupolosamente il regolamento antidoping federale. Il Tecnico dichiara di essere disponibile a svolgere la propria attività nei giorni___________________ e per la fascia oraria ________________. Articolo 4 Diritti di immagine Il Tecnico si impegna a non sollevare eccezioni ad eventuali riprese televisive, interviste radiotelevisive, manifestazioni organizzate dai partner promo-pubblicitari della Associazione sportiva a cui quest'ultima gli chiederà di partecipare. L'intervento alle predette trasmissioni o manifestazioni non darà diritto ad alcun compenso ulteriore. Si impegna, inoltre, ad indossare l'eventuale materiale sportivo che gli venisse fornito dalla Associazione sportiva. Il Tecnico dichiara di essere a conoscenza che nulla può pretendere (compensi o altro tipo di rimborso) nel caso che i partner promo-pubblicitari della Associazione sportiva intendessero usufruire della sua immagine di istruttore di ______________ per scopi pubblicitari in cui lo Sponsor richiedesse la sua partecipazione. Articolo 5 Prestazioni a carico del tecnico Il Tecnico dovrà dirigere personalmente le attività prestabilite e concordate con i responsabili della Associazione sportiva. Il Tecnico sarà libero di autodeterminarsi le 195 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo modalità di tempo e di luogo delle prestazioni pur nel rispetto dei programmi di massima che verranno concordati tra le parti. Il tecnico rimarrà libero di svolgere qualsiasi altra attività, di lavoro autonomo o subordinato gli venisse proposta purché non in contrasto con gli obiettivi e le finalità del presente accordo. Articolo 6 Compenso del tecnico A fronte del rituale adempimento delle prestazioni a carico del tecnico, la Associazione sportiva si impegna a corrispondergli un compenso parametrato alle prestazioni effettivamente rese nell'ambito di quanto previsto dall'art. 81 lett. m) del D.P.R. n. 917/86. Le parti ritengono che l'impegno ed il numero delle prestazioni richieste corrispondano ad un emolumento per ogni stagione sportiva di durata del presente accordo e cioè dal ______ al ________ pari a € __________ al lordo della ritenuta fiscale prevista dalla citata normativa per la parte eccedente gli € 5.164,57. Per comodità di entrambe le parti, le prestazioni richieste si ritengono equivalenti per ogni mese di durata della citata stagione agonistica. Pertanto la cifra sopra indicata sarà suddivisa in rate di uguale importo che verranno versate al tecnico entro e non oltre il giorno di ogni mese. Il compenso così come previsto è comprensivo ed assorbente ogni altro emolumento che il tecnico pretenda a titolo di corrispettivo, anche in occasione di trasferte, gare notturne ed eventuali ritiri. Le parti danno reciprocamente atto che nella determinazione del compenso annuo, nel presente contratto pattuito, si è tenuto conto che il tecnico è sportivo dilettante, che il compenso è commisurato alle prestazioni pattuite con riguardo alla natura ed alle caratteristiche delle stesse ed è liquidato in base all'attività dedotta nel presente contratto. Il Tecnico è conscio che ove la parte imponibile dei propri redditi da attività sportiva dilettantistica fosse superiore a quaranta milioni l'anno, la ritenuta che applicherà la Associazione sportiva dovrà essere considerata a titolo d'acconto. 196 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo 7 Durata dell’incarico La Associazione sportiva si impegna ad utilizzare le prestazioni del Tecnico per il periodo dal _______________ al _________________ data in cui scadrà di pieno diritto essendo espressamente escluso il tacito rinnovo. Ogni ulteriore accordo concernente l'eventuale prolungamento del presente rapporto oltre il termine di scadenza dovrà risultare da atto sottoscritto dalle parti e avrà, comunque, valore di novazione dell'accordo. Articolo 8 Risoluzione anticipata Resta inteso che, in relazione alla natura del presente contratto, la Associazione sportiva può, in qualsiasi momento, revocare l'incarico di collaborazione professionale, pagando la prestazione svolta fino a quel momento ai sensi dell'art. 2237 Cod. Civ.. Articolo 9 Definizione del rapporto Le parti dichiarano di avere integralmente regolato il loro rapporto con la sottoscrizione del presente accordo, conseguentemente il tecnico dichiara di nulla avere a pretendere ad alcun titolo e/o ragione dalla Associazione sportiva per attività diverse da quelle previste dal presente accordo. Per quanto non espressamente previsto, le parti si richiamano ai regolamenti sportivi in materia ivi compreso il regolamento interno della Associazione sportiva che il tecnico dichiara di conoscere e di accettare integralmente nonché alle norme del Codice Civile in materia di lavoro autonomo. 197 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo 10 Autorizzazione al trattamento dei dati personali Con la sottoscrizione del presente la Associazione sportiva dichiara, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 10 L. 31.12. 1996 n. 675, che i dati forniti dal tecnico all'atto dell'iscrizione, formeranno oggetto di trattamento nel rispetto della normativa di cui alla legge sopra richiamata e degli obblighi di riservatezza. Tali dati verranno pertanto trattati esclusivamente per l'espletamento delle finalità istituzionali Articolo 11 Clausola compromissoria Tutte le controversie derivanti dal presente accordo saranno devolute al collegio arbitrale costituito secondo i vigenti regolamenti del Centro Nazionale Sportivo Libertas; Roma, lì ________ LA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA _________________________ IL TECNICO _________________________ Le parti espressamente dichiarano che ogni clausola e patto del presente contratto è stata oggetto di trattativa individuale e, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1341 e 1342 codice civile, dichiarano di approvare espressamente le clausole di cui agli artt. 2 - oggetto del contratto - 4 - diritti di immagine - 6 - compenso del tecnico - 8 - risoluzione anticipata 10 - autorizzazione al trattamento dati -11 - clausola compromissoria – LA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA _________________________ IL TECNICO _________________________ 198 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo REGOLAMENTO DEL COLLEGIO ARBITRALE Procedura ordinaria Articolo 1 II Collegio Arbitrale decide le controversie concernenti i rapporti regolati dall'Accordo Collettivo anche nel caso di avvenuta retrocessione della società e/o iscrizione ad un Campionato della Lega Nazionale Dilettanti o di assunzione da parte del calciatore della qualifica di dilettante, purché la controversia sia stata instaurata nei termini. E‟ costituito un Collegio Arbitrale per le controversie con società di Serie A e B ed altro Collegio per le controversie con società di Serie C, per la rispettiva competenza rileva la serie cui appartiene la società al momento della proposizione della domanda. Le persone incluse negli elenchi degli Arbitri e dei Presidenti del Collegio Arbitrale non possono svolgere attività di assistenza e rappresentanza di parti avanti lo stesso Collegio. Articolo 2 Salva la diversa procedura prevista in materia disciplinare dagli Accordi Collettivi, il ricorso, sottoscritto dal tesserato o dalla Società contenente la succinta esposizione della materia della controversia, con allegata la relativa documentazione e la designazione dell'Arbitro prescelto dagli appositi elenchi, deve essere inviato al Collegio Arbitrale presso la Lega di competenza per raccomandata con avviso di ricevimento. Una copia del ricorso deve essere inviata per raccomandata con avviso di ricevimento alla controparte, avendo cura di allegare il talloncino postale della relativa raccomandata alla lettera indirizzata al Collegio Arbitrale. E‟ improcedibile il ricorso che non contenga la designazione dell'Arbitro prescelto. L'improcedibilità è rilevata con provvedimento del Presidente del Collegio costituito nella prima riunione successiva alla proposizione del ricorso ed è comunicato dalla Segreteria del Collegio al ricorrente. Articolo 3 La Segreteria del Collegio cura la redazione di due registri-protocollo: 199 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo A) per le opposizioni alle ammonizioni scritte irrogate da società, per le proposte di multa e di riduzione dei compensi; B) per tutti gli altri ricorsi. La Segreteria del Collegio attribuisce ai ricorsi immediatamente e nell'ordine in cui pervengono, il numero di protocollo progressivo che risulta dal relativo registro. La ripartizione dei ricorsi di cui alla categoria B tra le persone designate a presiedere il Collegio Arbitrale, incluse nell'apposito elenco, è effettuata, senza necessità di provvedimento di assegnazione, a gruppi di cinque ricorsi consecutivi. II turno di assegnazione dei gruppi di controversie alle persone designate a presiedere si determina con sorteggio effettuato alla presenza di un rappresentante della Lega e di uno della Associazione di categoria. Ai sorteggi successivi non partecipano le persone già designate fino all'esaurimento del turno. Per i ricorsi della categoria A i Presidenti si alterneranno nella funzione con turni della durata di un mese ciascuno, fissati all'inizio della stagione agonistica. La Segreteria comunica periodicamente, alle persone designate a presiedere i Collegi, estratti dai registri di protocollo con l'indicazione dei ricorsi iscritti e pendenti. Dall'iscrizione del ricorso, gli Arbitri designati possono prendere visione o chiedere copia degli atti della vertenza. Articolo 4 La parte contro la quale è proposto il ricorso deve, entro quindici giorni dalla ricezione dello stesso, comunicare, con raccomandata A.R. diretta al Collegio presso la Lega di competenza ed alla parte ricorrente, la designazione del proprio Arbitro, memoria difensiva ed eventuali documenti. Nella memoria di cui al capo che precede la parte deve esporre compiutamente le sue difese in relazione all'oggetto del ricorso. Scaduto il termine di cui sopra, ove la parte resistente non abbia provveduto alla nomina del proprio Arbitro, la Segreteria del Collegio ne dà immediata comunicazione al Presidente della Lega di competenza se resistente sia la società, ovvero al Presidente della relativa Associazione di categoria negli altri casi. II Presidente della Lega o dell'Associazione deve provvedere alla designazione in surroga dell'Arbitro entro e non oltre il termine di cinque giorni dalla data della comunicazione. Ove non si provveda, l‟Arbitro è scelto tra i nominativi del corrispondente elenco di categoria dal Presidente del Collegio Arbitrale di turno, ai sensi dell'art. 3. 200 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo5 II Presidente, costituito il Collegio, fissa la data della riunione per sentire le parti, personalmente o per mezzo di un loro mandatario, e per l'eventuale istruzione probatoria. Tale data è comunicata con lettera raccomandata alle parti, a cura della Segreteria, almeno dieci giorni prima della riunione. Le parti che intendono produrre ulteriori documenti o memorie devono farli pervenire al Collegio (in triplice copia) ed alla controparte, a mezzo di lettera raccomandata, almeno cinque giorni liberi prima della data fissata per la riunione. Successivamente alla scadenza del termine di cui al precedente comma, non possono essere proposte nuove eccezioni né nuove deduzioni che estendano la materia del contendere o rendano necessari nuovi accertamenti. Articolo 6 Di ogni riunione del Collegio viene redatto un verbale sottoscritto dal Presidente e dagli Arbitri. La parte in caso di impedimento dell'Arbitro da essa direttamente designato, ha l'onere di provvedere alla sostituzione, di comunicarla al Collegio e di avvertire il nuovo designato della data della riunione ove sia già fissata. L'assenza di uno solo degli Arbitri designati non impedisce la prosecuzione del giudizio arbitrale. La riunione non può essere rinviata se non per giustificata istanza di entrambe le parti o per grave motivo addotto da una di esse, riscontrato dal Collegio. II Collegio, prima della decisione, deve esperire un tentativo di conciliazione e, ove questo abbia esito positivo, il verbale riproducente l'accordo, sottoscritto dalle parti dell'accordo stesso o dai loro mandatari e dal Presidente del Collegio, è vincolante tra le parti ed immediatamente esecutivo. Qualora il tentativo di conciliazione abbia esito negativo, o non possa essere espletato per mancata comparizione di una o entrambe le parti o loro rappresentanti o per difetto del potere di transigere del rappresentante comparso, il Collegio può nella stessa riunione deliberare nel merito. 201 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Articolo 7 II Collegio decide, in unica istanza, sulla base degli atti conformi alle disposizioni regolamentari, documenti non regolamentari hanno valore meramente indicativo. Possono essere ammesse eccezionalmente prove testimoniali. Qualora dall'esame degli atti il Collegio rilevi violazione di disposizioni federali, deve deferire alla competente Commissione Disciplinare, per le sanzioni del caso, le società ed i tesserati che ne appaiono responsabili. Articolo 8 II lodo, anche quando è formato a maggioranza, è espresso dal Collegio senza menzione dell'Arbitro dissenziente. Salvo diverso accordo delle parti, il Collegio deve depositare il dispositivo del lodo entro quindici giorni dalla riunione di cui all'art. 5. Tale dispositivo, redatto per iscritto e sottoscritto dai componenti del Collegio, deve essere immediatamente trasmesso, a cura del suo Presidente, al Presidente della Lega di competenza ed inviato in copia, tramite la Lega stessa, a ciascuna delle parti con lettera raccomandata. La motivazione può essere depositata anche successivamente. Procedura d'urgenza Articolo 9 È proponibile avanti il Collegio Arbitrale la procedura d'urgenza di cui agli articoli che seguono, in ordine a ogni controversia in cui il diritto del ricorrente subirebbe irreparabile pregiudizio nel tempo necessario allo svolgimento del procedimento ordinario. II Collegio Arbitrale adito con ricorso d'urgenza, ove ritenga non sussistere le condizioni per detto rito, adotta i provvedimenti idonei per il ripristino della procedura ordinaria. Articolo 9 Il ricorso, da depositare presso la Lega competente entro dieci giorni dalla data in cui è stata accertata l'infrazione regolamentare, deve indicare l'Arbitro prescelto a pena di inammissibilità del ricorso stesso, la Segreteria del Collegio dà immediata comunicazione telegrafica del ricorso e relativo contenuto alla parte contro cui è 202 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo proposto, la quale, entro giorni cinque, deve far pervenire al Collegio le proprie contro deduzioni e la designazione dell'Arbitro prescelto. Articolo 11 È designato a presiedere il Collegio il Presidente di turno individuato ai sensi dell'art. 3 comma 3 - del Regolamento del Collegio Arbitrale. In caso di impedimento della persona così designata, si procederà a sorteggio per gli altri nominativi dell'apposito elenco con le modalità di cui all'art. 3 - comma 4 - del citato Regolamento. II Presidente designato fissa la data della discussione del ricorso e provvede alla nomina dell'Arbitro per la parte resistente, ove questa non vi abbia provveduto, scegliendolo tra quelli del corrispondente elenco di categoria. Di quanto sopra la Segreteria dà immediata comunicazione telegrafica alle parti ed agli Arbitri designati. È onere delle parti procedere alla sostituzione degli Arbitri rispettivi ove quelli da esse designati siano impediti per la riunione fissata. Articolo 12 All'udienza fissata le parti possono depositare ulteriore memoria illustrativa delle proprie difese. II Collegio Arbitrale deve espletare il tentativo di conciliazione, ove questo non riesca, sentite le parti, decide la controversia. Articolo 13 Per tutto quanto non previsto nei precedenti articoli si applicano le norme sul funzionamento ordinario del Collegio Arbitrale. 203 Marco Verrini Il rapporto di lavoro sportivo Bibliografia AA.VV., Ingaggi, trasferimenti di atleti ed assetto delle società sportive, in Il rapporto di lavoro sportivo (atti del congresso promosso dal centro nazionale studi di diritto del lavoro Domenico Napoletano), Maggioli Editore, 1987. AA.VV., Lo sport e il diritto, edizioni Polistampa Firenze, 1996. AMBROSIO G., Libertà di esercizio dell‟attività pallavolistica e riscatto del vincolo, 1983, 363. AMBROSIO G. – MARANI TORO A., L‟iter parlamentare della l. 23 marzo 1981, n.91, sui rapporti tra società e sportivi professionisti, in Riv. dir. sport., 1981, 492. ARANGUREN, Caratteristiche del rapporto di attività sportiva: autonomia o Subordinazione?, in Il rapporto di lavoro nello sport, Giuffrè, 1965. 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