Il Rapporto di Lavoro Sportivo - Studio Legale Avv. Marco Verrini

Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
IL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO
21.04.2005
INDICE – SOMMARIO
INTRODUZIONE
pag. 4
CAPITOLO 1
IL LAVORATORE SPORTIVO TRA AUTONOMIA E SUBORDINAZIONE
1.1 – Spunti ricostruttivi della legge 23 marzo 1981, n. 91……………pag. 14
1.2 – Natura del rapporto di lavoro sportivo…………………………... “ 29
1.2.1 – Analisi e confutazione degli argomenti addotti contro la
tesi che l‟attività sportiva possa costituire oggetto di un
contratto di lavoro subordinato…………………………. “ 34
1.2.2 – Presupposti ed elementi oggettivi del rapporto………….. “ 39
1.3 – Soggetti del rapporto. Differenza sportivo professionista e
dilettante……………………………………………………………. “ 45
1.4 – Tecnici, allenatori, direttori sportivi: qualificazione e funzioni…. “ 60
1.5 – Sport individuali…………………………………………………… “ 66
1.6 – Il rapporto di lavoro sportivo degli azzurri………………………. “ 69
1.7 – Normativa lavoratori stranieri…………………………………… “ 73
1.8 – Il minore nello sport……………………………………………... “ 81
1
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CAPITOLO 2
CONTRATTO DI LAVORO SPORTIVO
Parte prima
2.1 – Costituzione……………………………………………………..pag. 85
2.1.1 – Approvazione del contratto…………………………….. “ 93
2.1.2 – Cause di invalidità del contratto di lavoro sportivo……. “ 96
2.1.3 – Vincolo sportivo……………………………………….. “ 100
Parte seconda
2.2 – Svolgimento…………………………………………………....pag.109
2.2.1 – Retribuzione……………………………………………. “ 116
2.2.2 – Potere direttivo, disciplinare…………………………… “ 119
2.2.3 – Tutela sanitaria…………………………………………. “ 125
2.2.4 – Responsabilità e obblighi delle società sportive nella
tutela della salute degli atleti…………………………… “ 134
2.2.5 – Clausola compromissoria………………………………. “ 138
Parte terza
2.3 – Cessione, recesso e risoluzione del contratto. Sospensione….pag. 144
2.3.1 – Risoluzione consensuale del contratto di lavoro :
cessione……………………………………………… “ 146
2
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2.3.2 – Risoluzione unilaterale del contratto di lavoro sportivo pag 147
2.3.3 – Recesso ante tempus del contratto di lavoro sportivo… “ 152
2.4 – Trattamento di fine carriera…………………………………… “ 155
2.5 – Trattamento previdenziale…………………………………….. “ 159
APPENDICE
pag. 165
BIBLIOGRAFIA
pag. 204
3
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INTRODUZIONE
L‟oggetto della mia tesi - come si può facilmente intuire dal titolo della stessa riguarda il rapporto di lavoro sportivo. Attività sportiva e lavoro, che pur rappresentano
due aspetti da sempre caratterizzanti l‟attività sociale dell‟uomo, non sempre sono andati
avanti di pari passo: tutti e due hanno origini in epoche assai remote e solo
nell‟esperienza più recente hanno finito per incontrarsi. A conferma di ciò, mi è cosa
gradita iniziare questo mio lavoro citando le parole pronunciate dall‟illustre professor
Maurizio Cinelli in occasione del suo intervento nel corso di un convegno di studi sul
diritto sportivo organizzato in quel di Coverciano (Firenze) dalla Fondazione Artemio
Franchi; tali parole così recitavano << il cammino percorso dall‟attività sportiva per
raggiungere la grande casa del diritto del lavoro è stato lungo e travagliato>>.
Lo sport nasce nell‟antichità con esigenze e finalità ben diverse da quelle che riveste
oggi; allora lo sport era praticato per puro divertimento e l‟aspetto competitivo era
marginale: proprio per questo quindi non richiedeva alcuna tutela giuridica.
È chiaro che in una concezione essenzialmente ludica, qual‟era quella dello sport
nell‟antica Grecia o nella Roma dei Re prima e della Repubblica poi non vi era alcun
bisogno di accostare tali discipline al concetto di lavoro.
Con il passare degli anni però lo sport si è evoluto e l‟aspetto puramente ludico ha
lasciato piano piano il posto all‟aspetto competitivo; anche il diritto del lavoro negli anni
si è quindi evoluto ed ha cominciato ad espandere la propria competenza interessandosi
sempre più alle varie attività umane che apparivano bisognose di tutela.
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Il rapporto di lavoro sportivo
Negli ultimi decenni lo sport ha acquisito una sempre maggiore importanza e, grazie
anche alle migliori condizioni di vita di gran parte della popolazione, ha registrato
un‟incredibile espansione sia a livello professionistico sia, soprattutto, a livello
dilettantistico. La legge, dal canto suo, non è invece riuscita a procedere di pari passo con
questo sviluppo.
Oggetto del mio lavoro è stato dunque quello di ricostruire come la legge ed il diritto del
lavoro si siano posti di fronte ad un fenomeno di massa qual‟è oggi quello dello sport.
Sicuramente non è per niente facile tracciare un quadro attendibile e non contraddittorio
del vasto insieme d'indagini che da più di mezzo secolo sono state dedicate a questa
moderna e complessa manifestazione della fenomenologia giuridica che viene etichettata
con il nome di diritto sportivo1.
Dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto per anni la tematica del rapporto tra sportivi e
ordinamento dello sport, dato che in Italia si è registrata la quasi totale assenza di norme
statuali riguardanti l‟attività sportiva la cui regolamentazione è sempre stata delegata alle
singole federazioni, sotto il controllo del C.O.N.I.2.
Gli aspetti su cui si è maggiormente dibattuto in dottrina e giurisprudenza sono stati due:
il primo riguardante la sistemazione delle relazioni tra l‟ordinamento sportivo e quello
statale ed il secondo circa la configurazione della natura del rapporto che si instaura tra lo
sportivo e la società o l‟associazione d‟appartenenza.
Prima di tutto può essere interessante verificare come l‟attività sportiva si sia inserita
negli ordinamenti statali ed in special modo in quello italiano.
Possiamo affermare che l‟attività sportiva si svolge nel contesto di un ordinamento
diverso da quello statale e che quindi si può parlare di un vero e proprio ordinamento
sportivo autonomo rispetto a quello statale ma comunque originario rispetto a
quest‟ultimo.
L‟ordinamento sportivo è, infatti, dotato dei tre caratteri salienti di un ordinamento
giuridico:
1. – Plurisoggettività. In quanto costituito da tutti i soggetti che in esso operano, ossia
atleti, dirigenti, tecnici, associazioni, società e federazioni.
1
L‟espressione diritto sportivo (usata per la prima volta da Suglia, in Saggio di diritto sportivo, Milano,
1929) è infatti suscettibile di assumere aspetti e contenuti diversi a seconda che sia riferita alle norme
statali in materia sportiva o, come sembra più opportuno, solo a quelle emanate dall‟ordinamento sportivo.
2
Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) è un organismo di diritto pubblico costituito con la
legge 14 febbraio 1942, n.426 per sovrintendere alle varie forme in cui si atteggiava lo sport.
5
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2. – Organizzazione. Intesa come complesso di strutture nazionali ed internazionali
appositamente create per favorire la più capillare diffusione e la più ampia pratica
dell‟attività sportive.
3. – Potestà normativa. In quanto emana tutte quelle norme necessarie a regolamentare
ogni evento rilevante al suo interno.
Sulla giuridicità dell‟ordinamento sportivo concorda non solo la dominante dottrina ma
anche la Suprema Corte3 la quale, in una sia pur non recente sentenza, ha avuto modo di
affermare che: <<il fenomeno sportivo, quale attività disciplinata sia in astratto che in
concreto, visto indipendentemente dal suo inserimento nell‟ordinamento statale, si
presenta come organizzazione a base plurisoggettiva per il conseguimento di un interesse
generale. È un complesso organizzato di persone che si struttura in organi cui è
demandato il potere-dovere, ciascuno nella sua sfera di competenza di svolgere l‟attività
disciplinatrice, sia concreta che astratta, per il conseguimento dell‟interesse generale. È
dunque un ordinamento giuridico>>.
Anzi, a ben vedere, poiché all‟interno del generale ordinamento sportivo le federazioni di
ciascuna disciplina sportiva emanano proprie norme4, si può dire che il complesso di tali
atti normativi costituiscono, a loro volta, altrettanti ordinamenti giuridici5.
Quello sportivo non è certo l‟unico ordinamento autonomo che è riconosciuto nel nostro
ordinamento, anzi la teoria dell‟esistenza di una molteplicità d‟ordinamenti giuridici di
diversi tipi, che in Italia trova il suo maggior teorico in Santi Romano6, ha segnato il
superamento della concezione dello statalismo giuridico secondo cui non esisterebbe
altro diritto che quello proveniente dallo Stato poiché quest‟ultimo sarebbe l‟unico
soggetto legittimato ad organizzare la collettività.
L‟ordinamento sportivo, pur costituendo articolazione dell‟ordinamento sportivo
internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.) opera, dunque,
nell‟ambito territoriale dello Stato, all‟interno del quale si configura come ordinamento
di settore, cosicché si pone il problema di individuare i rapporti intercorrenti tra i due
ordinamenti.
Lo Stato rispetto agli ordinamenti minori presenti al suo interno – come quello sportivo –
si pone in una posizione di superiorità: richiede ad essi un riconoscimento, in mancanza
del quale sarebbero considerati dall‟ordinamento statale come inesistenti.
3
Cassazione, 11 febbraio 1978, n. 625, in Foro it., 1978, I, 862.
Statuti, regolamenti etc.
5
sul punto, si veda Giannini M.S., Diritto amministrativo, I, 1970, p. 798.
6
Santi Romano, L‟ordinamento giuridico, Pisa, 1918.
4
6
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Tale riconoscimento è stato attuato in Italia con la legge 426 del 1942 istitutiva del
C.O.N.I.; con quest‟atto lo Stato ha attribuito le proprie competenze amministrative nel
settore sportivo e le relative potestà a tale ente.
Il C.O.N.I da un lato costituisce la massima espressione dell‟ordinamento sportivo, e ne
persegue i suoi obbiettivi e dall‟altro costituisce soggetto di diritto dell‟ordinamento
statale che lo ha riconosciuto, e gli ha attribuito le proprie competenze amministrative in
materia sportiva. Ne deriva che gli atti amministrativi e regolamentari adottati dal
C.O.N.I. fanno ricadere i loro effetti anche nell‟ordinamento giuridico statale.
Ma la sovrapposizione tra i due ordinamenti non va oltre l‟ambito dell‟organizzazione
amministrativa dello sport; per quanto riguarda gli altri aspetti i due ordinamenti
riacquistano infatti la propria autonomia.
L‟ordinamento sportivo è costituito da numerose organizzazioni collettive attraverso le
quali si provvede alla strutturazione e allo svolgimento dell‟attività sportiva.
All‟apice di un‟ideale struttura organizzativa piramidale troviamo il Comitato Olimpico
Nazionale Italiano che come detto è entrato a far parte dell‟ordinamento statale con legge
6 febbraio 1942, n. 426.
Nella sua veste di ente appartenente all‟ordinamento statale, il C.O.N.I. è un soggetto
dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e quindi sottoposto alla vigilanza da
parte del Ministero per i beni e le attività culturali7.
In particolare, in tale ruolo, il C.O.N.I. presiede all‟organizzazione delle attività sportive
sul territorio nazionale, detta i principi fondamentali per la disciplina delle attività
sportive e per la tutela della salute degli atleti, detta i principi necessari per promuovere
la massima diffusione della pratica sportiva nonché quelli per prevenire e reprimere l‟uso
di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti.
Tale ente ha subito una profonda riorganizzazione ad opera del decreto legislativo 23
luglio 1999, n. 2428 e del successivo decreto legge 8 luglio 2002, n. 138 convertito in
legge 8 agosto 2002, n. 178 che ha introdotto importanti novità rispetto alla legge
istitutiva9.
7
Articolo 1 D.Lgs. 242 del 1999.
Con tale decreto legislativo, è stata riconosciuta per la prima volta l‟appartenenza all‟ordinamento
sportivo internazionale, al quale il C.O.N.I. deve conformarsi nel rispetto dei principi da questo dettati.
9
Tra queste novità è da segnalare l‟istituzione del CONI Servizi s.p.a. società per azioni costituita per
legge, le cui azioni appartengono interamente al Ministero dell‟Economia e delle Finanze. Al CONI Servizi
s.p.a. sono state trasferite tutte le attività strumentali del C.O.N.I.. Così stabilendo il legislatore ha di fatto
svuotato di competenze operative e gestionali l‟ente pubblico C.O.N.I. relegandolo ad una funzione
puramente di indirizzo e promozione dello sport.
8
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Il rapporto di lavoro sportivo
Il secondo punto che per anni è stato oggetto della disputa tra le varie correnti dottrinali
riguarda la configurazione della natura del rapporto che si instaura tra lo sportivo e la
società o l‟associazione d‟appartenenza.
Le ipotesi sostenute dalla dottrina sono state sostanzialmente due: quella della
subordinazione e quella tendente a riconoscere invece natura autonoma a tale rapporto di
lavoro.
Nelle pagine che seguiranno, spero di essere riuscito a ricostruire in modo
sufficientemente nitido e comprensibile questo scontro che ha impegnato dottrina e
giurisprudenza per molti anni. Ma al fine di rendere più chiaro e facile l‟intendimento del
problema a chi volesse intraprendere la lettura delle pagine che seguono questa mia
modesta introduzione, è forse opportuno esporre già fin da subito la soluzione a cui si
perverrà dopo tanto argomentare.
La legge 23 marzo 1981, n. 91 ha segnato il punto d‟arrivo di questi lunghi scontri ed ha
optato, non senza “riscuotere” numerose critiche, per una ricostruzione del rapporto di
lavoro intercorrente tra gli sportivi e le società in termini di lavoro subordinato.
Per aiutare ancora di più un eventuale interessato lettore nella comprensione dei temi di
seguito trattati, può essere opportuno spiegare accuratamente quella che è la reale
differenza tra le due opposte soluzioni proposte dalla dottrina:
1. – Rapporto di lavoro autonomo. Secondo la definizione dell‟articolo 2222c.c., una
persona si obbliga a compiere un‟opera od un servizio verso corrispettivo con lavoro
prevalentemente proprio e senza alcun vincolo di subordinazione nei confronti del
committente. Il lavoratore autonomo, in sostanza, svolge l‟attività cui si è obbligato
nei confronti di un altro soggetto decidendo, con piena discrezionalità, il tempo, il
modo ed il luogo di adempimento della prestazione. In questa sua attività autonoma,
il lavoratore non è costretto ad assoggettarsi a particolari prescrizioni da parte del
committente o cliente, salvo il rispetto dei limiti e delle condizioni contenute nel
contratto o derivanti dalla natura dell‟opera e salvo, altresì, il potere del committente
di verificare l‟andamento dell‟attività a garanzia del risultato finale indicato nel
contratto.
2. – Rapporto di lavoro subordinato. Il rapporto di lavoro assume, invece, i caratteri
della subordinazione ogni qual volta l‟attività lavorativa è dedotta nel rapporto non
già in ragione del risultato cui la stessa tende, e cioè il compimento di un‟opera o di
un servizio, ma in quanto tale. In questo caso oggetto del rapporto è l‟attività
lavorativa in sé considerata, che si risolve in una condotta che il lavoratore deve
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Il rapporto di lavoro sportivo
tenere secondo modi, tempi e luoghi cui l‟altra parte è direttamente interessata, al
punto da conformare il contenuto della prestazione stessa, in virtù del suo potere
direttivo. Secondo l‟articolo 2094 c.c., infatti, è prestatore di lavoro subordinato chi si
obbliga mediante retribuzione a collaborare nell‟impresa prestando il proprio lavoro
manuale o intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione dell‟imprenditore10.
Il lavoro subordinato consiste, pertanto, nell‟attività compiuta da un soggetto – il
lavoratore – al fine di ricavarne una retribuzione, nell‟interesse e sotto l‟autorità di un
altro soggetto – il datore di lavoro – dal quale dipende, non soltanto economicamente
ma anche giuridicamente, essendo riconosciuto al datore il potere di dettare le
modalità
di
svolgimento
della
prestazione
lavorativa.
L‟elemento
della
subordinazione – inteso come assoggettazione alle direttive, al controllo e alla
vigilanza da parte del datore di lavoro – costituisce il tratto caratterizzante del
rapporto di lavoro subordinato, creando un vincolo intenso che giustifica la più
intensa tutela giuridica apprestata dall‟ordinamento per tale tipo di lavoro11.
Come detto, dunque, la legge n. 91 del 1981 definisce il rapporto fra atleta e società come
subordinato, salvo considerarlo come autonomo in presenza di particolari circostanze
tassativamente prefigurate dalla menzionata norma di legge.
La scelta operata dal legislatore nel 1981, pur ampiamente criticata, trova conferma in
quasi tutti gli ordinamenti sportivi delle altre nazioni europee.
In Germania è opinione comune che il rapporto tra una società sportiva e uno sportivo
professionista sia un vero e proprio rapporto di lavoro che, in virtù della dipendenza dello
sportivo al potere della società in relazione a luogo, durata e modalità della prestazione
lavorativa, va definito come un rapporto di lavoro subordinato: lo sportivo professionista
è considerato un impiegato della società sportiva.
10
Tra le numerose sentenze in ordine agli elementi distintivi del lavoro subordinato rispetto a quello
autonomo si segnalano: Cassazione, 2 settembre 2000, n. 11502, in Or. giur. lav., 2000, I, 638; Cassazione,
21 novembre 2000, n. 15001, in Foro it., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), 607; Cassazione, 30 giugno
1999, n. 379, in Not. giur. lav., 2000, 21; Cassazione, 23 aprile 1998, n. 4207, il Lav. giur., 1998, 946;
Cassazione, 11 novembre 1983, n. 6701, in Not. giur. lav., 1984, 50.
In dottrina Perone G., Lineamenti di diritto del lavoro, 1999, p. 171; Ferraro M., Dal lavoro subordinato al
lavoro autonomo, in Gior. dir. lav. Rel. Ind., 1998, 429; Scognamiglio R., La disponibilità del rapporto di
lavoro subordinato, in Riv. it. dir. lav., 2001, I, 95; Torrice A., Lavoro autonomo e subordinato: criteri
distintivi, in Lavoro giur., 1995, 460.
11
È bene comunque ricordare che la distinzione tra lavoro autonomo e subordinato non esaurisce, tuttavia,
la gamma delle possibili forme di svolgimento dell‟attività lavorativa, dovendosi tenere presente anche il
lavoro associato e il lavoro parasubordinato. Sono due forme di rapporto di lavoro che hanno però poco
inciso nello scontro dottrinale oggetto dei prossimi paragrafi. Nel lavoro associato gli interessi perseguiti
dalle parti non sono distinti e contrapposti, ma si risolvono nel coincidente obbiettivo di condividere gli
utili derivanti dall‟attività svolta in comune.
9
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Il rapporto di lavoro sportivo
In Francia, nonostante venga da tutti ravvisato che il rapporto di lavoro sportivo è un
rapporto di lavoro particolare che ha, pertanto, bisogno di una disciplina legale specifica,
la giurisprudenza più recente considera lo sportivo lavoratore dipendente a norma degli
articoli 1779 e 1780 del Code Civil.
In Gran Bretagna è opinione consolidata che il lavoratore sportivo sia un lavoratore
dipendente e precisamente un impiegato del club (white collar worker).
In Grecia lo status dello sportivo professionista è fuori discussione in quanto l‟assetto
normativo e giurisprudenziale del Paese sono chiari nel ritenerlo quale lavoratore
subordinato di tipo particolare.
In Belgio una legge del febbraio 1978 che disciplina lo sport professionistico, sancisce
all‟articolo 3 che, indipendentemente dalla volontà contrattuale delle parti, il contratto
sportivo professionista con la società sportiva è un contratto di lavoro subordinato
(contrat du travail d‟employè).
Anche in Spagna, ma solo nel 1985, il legislatore ha stabilito in modo molto
particolareggiato la natura e la forma del rapporto di lavoro sportivo collocandolo
nell‟area del lavoro subordinato, non mancando comunque di ravvisare la specialità di
questo rapporto di lavoro, condizione questa che, come abbiamo visto, è stata evidenziata
in quasi tutti gli ordinamenti giuridici, sinteticamente, analizzati.
Questa breve dissertazione è stata a mio avviso necessaria per far capire come la scelta
del legislatore italiano risulti coerente all‟orientamento che si presenta in maniera
pressoché uniforme nei vari Paesi europei.
All‟inizio di questa introduzione mi ero posto l‟obbiettivo di spiegare dove realmente si
trovasse il punto di contatto tra lo sport ed il lavoro, poi però alcune digressioni mi hanno
fatto abbandonare quello che doveva essere il filo conduttore di queste prime pagine
introduttive al mio lavoro.
Certo è comunque che quello di cui ho parlato è servito senz‟altro ad ampliare gli
orizzonti del tema trattato ed a preparare alla lettura di quanto seguirà.
Dunque riprendendo le fila del discorso, si può affermare con tutta tranquillità che
allorquando l‟attività sportiva sia svolta per professione, ossia con la finalità di
procacciarsi un reddito stabile, la stessa sarà qualificabile come attività lavorativa.
I lavoratori parasubordinati sono, invece, coloro che intrattengono rapporti continuativi e coordinati con
datori di lavoro dai quali, almeno sul piano economico, vengono a dipendere, cosicché ad essi si stanno
progressivamente ampliando tutte le tutele dettate per i lavoratori subordinati.
10
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Quando, invece, l‟attività sportiva viene praticata per puro svago o divertimento, senza
cioè l‟obbiettivo di ricavarne benefici materiali, essa non rientrerà più tra le attività
lavorative.
Quindi lo sport diventa lavoro solo quando sia esercitato dall‟uomo-atleta al fine di
ottenerne una contropartita economica necessaria al suo sostentamento e a quello della
propria famiglia. Come vedremo il tratto distintivo tra il professionista ed il dilettante è
costituito essenzialmente dal requisito dell‟onerosità, per cui lo sportivo professionista
che fornisce a favore di altri le proprie prestazioni sportive ha diritto di ricevere da questi
una remunerazione.
Oggi il dilettante ha lasciato il posto al professionista, lo scopo ludico a quello
competitivo e conseguentemente a quello lucrativo. Il legislatore ha dovuto prendere atto
del nuovo scenario configurando l‟attività sportiva come lavoro - e pertanto oggetto di
rapporti giuridici - nonostante le tante difficoltà incontrate nell‟individuare schemi di
disciplina adeguati alla realtà.
Si può quindi ben dire che per il professionista la prestazione agonistica è la
manifestazione di un‟effettiva attività lavorativa: essa è resa in funzione del godimento
che altri ne traggono nelle vesti di spettatori12. L‟attività svolta invece dall‟atleta
dilettante non può essere in alcun modo qualificata come lavoro poiché, per definizione,
è svolta a solo scopo ludico-ricreativo senza alcuna finalità di lucro.
Dalla Costa definisce il lavoro come quella attività umana diretta al soddisfacimento di
un bisogno altrui13; alla luce di ciò e di quanto detto sopra, si può quindi affermare che
l‟attività svolta dallo sportivo professionista presenti quei tratti di quel “lavoro” cui la
nostra Costituzione ha accordato una certa tutela.
Ed è proprio in questa situazione che il diritto del lavoro ha il compito-dovere di
disciplinare l‟attività sportiva prevedendo una serie di tutele a favore dello sportivolavoratore che rappresenta – anche se spesso solo apparentemente – la parte debole del
rapporto contrattuale.
Ne consegue che tutto l‟intero secondo capitolo della mia tesi è stato dedicato ad
analizzare le varie tutele predisposte dall‟ordinamento sportivo a favore degli atleti fin
dal momento della costituzione del rapporto.
Il secondo capitolo è stato suddiviso in tre parti secondo la normale logica di ogni
rapporto di lavoro: costituzione, svolgimento e conclusione.
12
Dalla Costa P., La disciplina giuridica del lavoro sportivo, Egida, 1993.
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Il rapporto di lavoro sportivo
Nella prima parte sono analizzati tutti quelli elementi che concorrono alla formazione del
contratto di lavoro, così come richiesti dalla legge n. 91 del 1981, senza tralasciare quelle
che possono essere le conseguenze in caso di assenza o di errata applicazione di tali
elementi; in questa prima parte è stato inoltre trattato, anche, un istituto molto importante
qual è quello del vincolo sportivo.
L‟inserimento di tale istituto nella prima parte del secondo capitolo è facilmente
comprensibile in quanto il vincolo al tempo della sua vigenza14nasceva come effetto
immediato dalla stipulazione del contratto di lavoro tra sportivo e società.
La seconda parte, come detto, è quella che si occupa dello svolgimento del rapporto e ho
quindi ritenuto opportuno disquisirla, spesso tramite vere e proprie elencazioni, su quelli
che sono i diritti ed i doveri sia del lavoratore sia del suo datore di lavoro: nella maggior
parte dei casi sono gli stessi che caratterizzano qualsiasi rapporto di lavoro.
Infine nell‟ultima parte ho riportato in primis quelle che sono le cause di scioglimento del
rapporto, siano esse motivo d‟accordo consensuale o di scelta unilaterale, ed ho poi
parlato di alcuni istituti che hanno luogo soltanto dopo la conclusione del rapporto, quali
il trattamento di fine rapporto ed il sistema pensionistico.
Nel ricostruire tale sistema mi sono avvalso degli scritti di numerosi esperti in materia
che hanno contribuito in vario modo allo sviluppo del diritto sportivo; a titolo
esemplificativo, ma anche come ringraziamento per aver attinto dai loro preziosi studi,
ho il piacere di citare alcuni di questi illustri personaggi come Sergio Grasselli, Paolo
Dalla Costa, Vittorio Frattarolo, Guido Vidiri, Fulvio Bianchi D‟Urso, Mario Tortora e
molti altri ancora che non cito solo per evidenti limiti di spazio.
Non è stato facile come credevo in un primo momento l‟affrontare una materia come
quella sportiva; vedere lo sport dal punto di vista dell‟appassionato è infatti cosa
profondamente diversa rispetto a quella di doverlo analizzare e criticare da un punto di
vista giuridico. Non credevo neppure di trovare a disposizione una così vasta serie di
monografie e di articoli in materia, cui posso muovere solo due critiche: innanzitutto lo
studio del fenomeno sportivo è quasi sempre limitato allo studio del fenomeno calcistico,
quindi non me ne vogliano gli appassionati di altri sport se da qui alla fine del mio
trattato il rinvio all‟esperienza calcistica sarà pressoché costante, mentre sarà solo
occasionale il rinvio ad altre attività sportive che non per questo sono da considerare
meno importanti.
13
Lo spettacolo sportivo che offre all‟uomo d‟oggi il modo di soddisfare un bisogno di svago e di dar
sfogo, anche attraverso il motivo campanilistico, alle proprie ansie giornaliere, si inserisce tra le attività
rivolte al soddisfacimento dei nuovi bisogni dell‟uomo moderno.
12
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Il rapporto di lavoro sportivo
Altra critica, o forse potrei definirla come una semplice constatazione, sta nel fatto che
spesso i materiali che ho trovato e su cui ho basato la mia ricostruzione dei fatti sono
materiali abbastanza “datati”, ma ciò trova senza dubbio spiegazione nel fatto che la
legge che regola l‟intera materia sia anch‟essa abbastanza datata.
Mi riferisco cioè alla più volte già citata legge n. 91 del 23 marzo1981, ossia ad una
legge di ben ventiquattro anni fa; è chiaro quindi che negli anni lo scontro in dottrina sia
andato via via attenuandosi e che la maggior produzione sull‟argomento risalga per forza
di cose a tempi immediatamente successivi alla legge stessa.
Dunque a livello legislativo, il lavoro sportivo subordinato professionistico trova la sua
specifica disciplina nella legge n. 91 del 1981 ed anche laddove non incompatibili o non
espressamente escluse, in tutte le altre norme dettate per il lavoro subordinato in
generale. L‟interprete è chiamato quindi ad un‟attenta opera di raccordo della disciplina
speciale con quella generale e sotto questo punto di vista un ruolo fondamentale è
attribuito agli accordi collettivi.
È tuttavia da sottolineare che la continua evoluzione della disciplina del lavoro sportivo
ha determinato l‟esigenza di una rivisitazione dell‟intero ordinamento sportivo e così da
più parti sono giunti inviti ad una revisione pressoché totale della legge n. 91.
Ed in effetti qualcosa è già stato fatto, soprattutto ad opera del Decreto legge 20
settembre 1996, n. 485, convertito in legge 18 novembre 1996, n. 586.
Tale intervento del legislatore è stato soprattutto dovuto dalla necessità di armonizzare
l‟ordinamento sportivo con il diritto comunitario, a seguito della nota sentenza Bosman,
che ha dato il via ad una serie di conseguenze che erano inimmaginabili solo qualche
anno prima.
Tra le modifiche che si sono avute, di cui renderò conto più specificatamente nel corso
dei singoli istituti, si possono intanto ricordare le due più significative quali: l‟abolizione
dell‟indennità di preparazione e promozione ed il riconoscimento della possibilità per le
società sportive di perseguire scopi di lucro.
A questo punto direi che non rimane altro che iniziare la trattazione dell‟intera materia
cominciando dalla ricostruzione delle scelte di fondo che hanno portato alla formazione
dell‟attuale legislazione in materia e definendo una volta per tutte quella che è la natura
del rapporto di lavoro sportivo.
14
Oggi come vedremo è stato abolito proprio dalla legge n. 91.
13
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CAPITOLO 1. – Il lavoratore sportivo tra autonomia e subordinazione
1.1 – Spunti ricostruttivi della legge 23 marzo 1981, n. 91
L‟attività del legislatore nel settore sportivo è stata – almeno fino agli anni
settanta - molto limitata in quanto prevalentemente diretta solo a disciplinarne i suoi
organi di governo15 con una legge del 194216 e taluni aspetti del regime previdenziale con
la legge 366 del 14 giugno 1973.
L‟esigenza di disciplinare il rapporto di lavoro tra le società e gli sportivi non era infatti
mai stata avvertita concretamente almeno fino all‟entrata in vigore della legge 91 del 23
marzo 198117che pose fine ad una lunga disputa dottrinale e giurisprudenziale sulla
qualificazione del lavoro sportivo.
La legge in esame è però di quelle che non soddisfano né i giuristi, quanto a chiarezza di
norme, né gli sportivi professionisti, quanto a tutela dei loro interessi.
Il motivo principale di tale imperfezione risiede nell‟incertezza dimostrata dal legislatore
nella collocazione da dare a tale categoria di professionisti: se considerarli, cioè, come
lavoratori autonomi ovvero subordinati.
15
C.O.N.I. e Federazioni Sportive.
Legge n. 426 del 16 febbraio 1942 recentemente abrogata dal Decreto Legislativo 23 luglio 1999, n.242
che ha riformato la struttura organizzativa del C.O.N.I. e delle federazioni nazionali.
17
Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 86 del 27 marzo 1981.
16
14
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Per cercare di capire meglio queste incertezze può quindi essere interessante analizzare le
vicende che hanno portato alla formazione della legge, i motivi di fondo, le esigenze
delle parti, l‟iter parlamentare, le tesi della dottrina e così via dicendo.
Alcuni fanno risalire lo scontro, che per molti anni ha occupato la dottrina italiana,
addirittura al lontano 1949 e cioè al tragico e pauroso incidente aereo che causò la
scomparsa – improvvisa e repentina - dell‟intera squadra calcistica del Torino, in quello
che da tutti è ricordato come il disastro di Superga.
È proprio da tale data, ma soprattutto dalla prima importante sentenza che ha trattato
l‟argomento18 , che sono iniziati gli scontri a distanza tra i sostenitori delle opposte tesi
relative alla qualificazione della tipologia del rapporto di lavoro sportivo
La decisione giurisprudenziale, data in tale occasione dalla Suprema Corte, sostenne la
tesi del rapporto di lavoro autonomo ritenendo che <<il contratto che lega
un‟associazione sportiva ai propri giocatori è un normale contratto di prestazione
d‟opera>>19.
Quest‟interpretazione giurisprudenziale non ebbe però una vita molto lunga in quanto, a
fronte di contrastanti e contrapposte20 posizioni, intervenne nuovamente la Corte di
Cassazione21 che rovesciando la tesi precedente, riconobbe così la natura subordinata del
rapporto22, sussistendo - a detta della corte - da parte dei calciatori professionisti la
“continuità”, la “esclusività”, e la “professionalità” delle loro prestazioni.
Questi atleti, dietro corresponsione di una retribuzione, mettono a disposizione
dell‟associazione sportiva che li ha ingaggiati le loro energie fisiche e le loro attitudini
tecniche. Essendo poi inseriti in un contesto lavorativo con complessa organizzazione
tecnica-economica, gli atleti sono assoggettati al potere direttivo e gerarchico dell‟ente da
cui dipendono, ente che può esercitare nei loro confronti un penetrante controllo fino alla
sfera più privata e personale della loro vita23.
A questa sentenza ben presto si uniformò la dottrina prevalente anche se non mancarono
autorevoli interpretazioni discordanti.
18
Cass. 4 luglio 1953, n. 2085.
E‟ chiaramente implicito il richiamo all‟art.2222 c.c. rubricato contratto d‟opera <<Quando una persona
si obbliga a compiere verso un corrispettivo un‟opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e
senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo
che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV>>.
20
Sul punto, si veda Lega C.: I giocatori di calcio sono lavoratori subordinati?, in Div. lav. unit. Trieste,
1955, 17; e Mangani M.: Il contratto sportivo del calciatore inquadrato nella teoria generale dei contratti
in Riv. Dir. Sport., 1950, 3-4, 23.
21
Cass. 21 ottobre 1961, n. 2324 in Foro it. 1961, I, 1608.
22
Ex art.2094 c.c. che rubricato prestatore di lavoro subordinato afferma: <<E‟ prestatore di lavoro
subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell‟impresa, prestando il proprio lavoro
intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell‟imprenditore>>.
19
15
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Dato il perdurare del silenzio del legislatore, fu ancora la Suprema Corte ad intervenire in
materia24: ciò avvenne in merito alla richiesta di risarcimento danni per responsabilità del
terzo, avanzata dal Torino Calcio in relazione al tragico incidente che causò la morte del
giocatore Gigi Meroni. La tesi della società si basava sul concetto d‟avviamento
dell‟impresa sportiva costituito anche dal parco giocatori; in virtù del rapporto giuridico
che li lega alla società, l‟imprenditore può assicurarsi i servizi professionali e le energie
di lavoro di collaboratori particolarmente qualificati.
Accogliendo la richiesta di risarcimento danni, la Cassazione ricomprese il rapporto di
lavoro sportivo nello schema dei rapporti di credito e quindi nell‟ambito della
subordinazione25.
Un vero punto di svolta nella vicenda si ebbe poi qualche anno più tardi in seguito
all‟azione del Pretore di Milano26, Dr Costagliola, che - intervenendo clamorosamente
durante le trattative del cd. “calcio-mercato” - ritenne di dover applicare al rapporto di
lavoro tra calciatore e associazione sportiva, avente natura subordinata, le norme di legge
che disciplinano il collocamento27nonché le norme sul divieto dell‟intermediazione
privata nella fase di stipula del contratto di lavoro28.
L‟azione del Magistrato, anche se successivamente ridimensionata, attirò comunque
l‟attenzione del Governo che fino ad allora non era mai intervenuto su questa materia.
Ciò portò alla rapida emanazione di un decreto legge (D.L. 14 luglio 1978 n.367); questo
decreto, concernente l‟interpretazione autentica in tema di disciplina giuridica dei
rapporti tra enti sportivi ed atleti iscritti alle federazioni di categoria, ebbe tra i suoi scopi
principali quello di “ammanettare la magistratura” e rimuovere il caos venutosi a creare
in seguito all‟operato del Pretore di Milano. In pratica si pose un rimedio alla situazione
verificatasi: fu stabilito che la costituzione, lo svolgimento e l‟estinzione dei rapporti tra
società/associazioni sportive ed i propri atleti o tecnici continuavano ad essere regolati
dal vigente ordinamento sportivo, confermando quindi che detti rapporti erano sottratti
alla disciplina normativa sul collocamento.
23
Tale sentenza era relativa ad una controversia tra l‟A.C. Milan ed un suo dipendente, il calciatore Raccis.
Cassazione, Sez.Unite, 26 gennaio 1971, n. 174 in Foro it. 1971, I, 342.
25
Per un approfondimento sul punto, si veda Dalla Costa P. La disciplina giuridica del lavoro sportivo,
Egida, 1993.
26
7 luglio 1978, in Foro it., 1978, II, 319. Tale intervento fu conseguenza di una decisione, del Pretore
stesso, in ordine alla contestazione rivolta ad alcuni dirigenti di società di calcio di aver partecipato al c.d.
calcio mercato svolgendo attività di mediazione a scopo di lucro per il trasferimento di giocatori da una
società ad un‟altra.
27
Legge 2 aprile 1949, n.264 e successive modificazioni.
28
L‟intervento che da un lato fu ampiamente criticato dalla dottrina, perché in contrasto con una precedente
pronuncia della suprema corte – Cassazione, 3 aprile 1963, n.811- ottenne il risultato di evidenziare le
problematiche ancora non risolte relative al lavoro sportivo.
24
16
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Per parte della dottrina29 il collocamento ordinario di cui alla legge 29/04/49, n. 26430
non era da ritenersi la porta da cui far passare il rapporto che intercorre tra giocatori e
società, innanzitutto per la natura giuridica del collocamento, che riguarda operai ed
impiegati, e poi per il modo con il quale si accede alla richiesta numerica che,
ovviamente, non può interessare il mondo del calcio perché non può pensarsi affatto che i
giocatori siano lavoratori dipendenti anche se hanno degli elementi che a questi li
accomunano quali lo stipendio, gli obblighi di dipendenza verso la società, la posizione
assicurativa, previdenziale ed assistenziale. Secondo questa parte della dottrina nel calcio
- come in altri sport soprattutto di squadra - prevalgono gli elementi del lavoro di tipo
professionale più che di tipo dipendente ed inoltre un calciatore non è certo
intercambiabile con qualsiasi altro come potrebbe accadere in altri settori lavorativi.
Sotto la spinta di queste tesi si cominciò quindi a considerare nuovamente la prestazione
dei calciatori come una prestazione di lavoro autonomo ma tutto ciò non fece altro che
complicare la situazione in quanto la stessa Corte di Cassazione aveva nel frattempo dato
vita a definizioni difformi e contrastanti configurando talvolta il calciatore come
lavoratore subordinato e talvolta come lavoratore autonomo31.
L‟ambiguità che si era venuta a formare dopo l‟intervento del legislatore non solo
lasciava il problema irrisolto ma di fatto lo complicava e ciò indipendentemente dal fatto
se essa qualificasse i rapporti che ne costituivano oggetto come di lavoro autonomo
ovvero di lavoro subordinato. Di tutto ciò se ne rese ben presto conto il Parlamento che,
in sede di conversione32, confermò la disposizione relativa all‟inapplicabilità delle norme
sul collocamento e abolì quella relativa al rinvio alle norme federali invitando nello
stesso tempo il Governo a prendere posizione presentando sollecitamente un disegno di
legge per la disciplina organica del settore33.
La risposta del Governo non si fece attendere e così di lì a poco il ministro D‟Arezzo34
presentò un disegno di legge rubricato <<Norme in materia di rapporti tra società e
sportivi professionisti>>. Questo provvedimento trovava la sua ratio nella necessità,
29
Sul punto, si veda Micali G. in atti del congresso promosso dal centro nazionale studi di diritto del
lavoro Domenico Napolitano, Maggioli Editore, 1987.
30
E‟ bene comunque ricordare che tale legge è stata abrogata a conclusione del processo di liberalizzazione
del sistema delle assunzioni, avviato con legge 23 luglio 1991, n.223 e portato avanti con legge 28
novembre 1996, n. 608 e con il decreto legislativo n. 297 del 2002; nonché a seguito del procedimento di
sburocratizzazione dei processi di incontro tra domanda ed offerta di lavoro disciplinato dal decreto
legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 e dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, c.d. „legge Biagi‟.
31
Non senza porre l‟accento in ogni caso sulll‟atipicità e la peculiarità del rapporto con la società per la
quale l‟atleta svolge la sua attività.
32
Legge 4 agosto 1978 n. 430.
33
Ordine del giorno della Camera del 27 luglio 1978.
34
Ministro del turismo e dello spettacolo.
17
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
avvertita dal mondo dello sport, di creare una disciplina organica dei rapporti tra società
sportive e sportivi professionisti al fine di chiarire l‟esatta dimensione del rapporto e lo
status del professionista.
Alla realizzazione di questo disegno di legge presero parte le rappresentanze di numerose
categorie tra le quali, con ruolo preminente, anche l‟Associazione Calciatori presieduta
dall‟avv. Campana. Avvalendosi della collaborazione d‟illustri giuristi tra i quali
Grasselli,35si “disegnò” la configurazione del lavoro sportivo come quello di un lavoro
autonomo. Nella sua relazione introduttiva si legge infatti che << lo sportivo
professionista viene definito nell‟articolato un lavoratore autonomo che svolge la propria
prestazione mediante una collaborazione coordinata e continuativa con una società
sportiva, sottolineando in tal modo la parità dei diritti, dei doveri e della posizione
giuridica tra i due soggetti del rapporto>>.
Tutto ciò era esemplificato nel testo dell‟articolo quattro del disegno di legge, e
rispondeva al principio enunciato nella sentenza 811/1963 della Cassazione36 secondo cui
le norme sul collocamento si applicano ai rapporti di lavoro subordinato e poiché la legge
ne aveva sancito la loro non applicabilità agli sportivi ne derivava un‟ulteriore conferma
della natura autonoma del rapporto di lavoro sportivo.
Il disegno di legge fu assegnato alla VII Commissione (Istruzione) del Senato; in sede
referente nella seduta del 12 dicembre 1979, su proposta del relatore Mezzapesa e con
l‟assenso del rappresentante del Governo, la commissione all‟unanimità decise di
chiedere il trasferimento del disegno di legge in sede deliberante37.
Questa richiesta non fu però accolta dall‟assemblea e il disegno di legge venne quindi
riproposto per l‟esame da parte della Commissione nella seduta del 30 aprile
successivo38.
35
Prospettive di riforma della Legge 23 marzo 1981, n. 91 e il lavoro sportivo in La dimensione sportiva,
Alsaba, 1990.
36
Con tale sentenza la suprema corte ha esaminato, e deciso positivamente, il problema della liceità della
mediazione privata nei c.d. contratti di cessione di giocatori di calcio, ritenendo inapplicabili le norme sul
collocamento obbligatorio della mano d‟opera. A tale conclusione la corte vi è pervenuta sulla base di due
ordini di considerazioni: a) rilevando da un lato, che il rapporto che lega il calciatore professionista
all‟associazione sportiva presenta tali anomalie (limitazioni relative alla condotta, clausola
compromissoria, rischio sportivo, inquadramento ed avviamento all‟attività sportiva) rispetto al rapporto di
lavoro subordinato, da non poter senz‟altro essere ricompreso nello schema tipico di questo contratto; b)
che, in ogni caso, anche ammesso che il detto rapporto possa equipararsi ad un rapporto di lavoro
subordinato, se pure svolto in forma atipica, la stessa ratio legis della disciplina del collocamento è tale da
escludere, alla luce delle dette anomalie, la categoria dei calciatori professionisti dall‟ambito di previsione
e d‟applicazione della legge 22 aprile 1949, n. 264.
37
Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 57°resoconto, p. 39.
38
Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 113° resoconto, p. 12.
18
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Il relatore Mezzapesa pose in evidenza quelli che a suo avviso erano i punti fondamentali
del disegno di legge: regolazione dell‟attività sportiva professionistica e definizione dei
corrispondenti status, natura e disciplina del rapporto tra sportivi professionisti e società,
tutela sociale del professionista sotto l‟aspetto sanitario e previdenziale.
Concludendo, il relatore si auspicava una sollecita approvazione del disegno di legge
seppur con gli opportuni miglioramenti.
Nella successiva seduta
39
(7 maggio) si apriva la discussione per l‟esame del
provvedimento.
Il senatore Canetti, pur dichiarando l‟orientamento favorevole del gruppo comunista al
disegno di legge, sottolineava che si sarebbero dovuti disciplinare anche taluni aspetti
non contemplati dal provvedimento, come il rapporto contrattuale degli atleti dilettanti e
lo status dei tecnici e degli allenatori.
Dopo la valutazione positiva del disegno di legge da parte del senatore Schiano del
gruppo democristiano, il senatore Ulianich, pur favorevole al disegno legge, esprimeva le
sue riserve a riguardo dell‟assenza di sanzioni per chi non avesse rispettato il divieto del
fine di lucro per le società sportive e del termine eccessivamente ampio per
l‟applicazione della disciplina dell‟abolizione del vicolo.
La Commissione nella stessa seduta designava i membri di un comitato ristretto creato
per l‟esame degli articoli del disegno di legge bisognosi di modifica.
Nel corso della riunione del 14 maggio40il relatore Mezzapesa illustrava gli emendamenti
apportati dalla sottocommissione41; dopo alcuni interventi di scarso rilievo, la
Commissione approvava all‟unanimità il disegno di legge con gli emendamenti proposti
dalla sottocommissione.
Il disegno di legge, che tra le tante configurava il rapporto sportivo come rapporto di
lavoro autonomo, fu presentato in Senato per la sua approvazione che avvenne, pur con
qualche emendamento, il 25 giugno 1980.42
Dalle parole del ministro D‟Arezzo, precedenti alla votazione, viene delineato un
modello di sportivo professionista come indefettibile protagonista della sua vita
lavorativa che si lega in modo pattizio ad una società con un contratto di lavoro
autonomo temporalmente limitato. Il consenso dell‟atleta è necessario per la cessione del
contratto ad altra società43, mentre a favore della società che ha contribuito alla
39
Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 115° resoconto, p. 26.
Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 119° resoconto, p. 16ss.
41
Artt. 7, 9, 13, 14, 15, 17 del provvedimento.
42
Bollettino Senato della Repubblica 142° seduta pubblica, 25 giugno 1980, p. 8ss.
43
Questa come vedremo più avanti è la conseguenza fondamentale dell‟abolizione del vincolo sportivo.
40
19
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
formazione atletica dello sportivo venne prevista un‟indennità di preparazione e
promozione.
Il disegno legge passò così alla Camera dei Deputati e più precisamente fu assegnato alla
II Commissione (Affari Interni) in sede referente.
Nella seduta del 26 novembre 198044il presidente della Commissione, Zolla, nella qualità
di relatore faceva presente che in sede parlamentare, all‟atto della conversione in legge
del D.L. 376/78, era stato approvato un ordine del giorno che impegnava il Governo a
presentare un organico disegno di legge di disciplina della materia. In considerazione
dell‟urgenza del provvedimento, proponeva di richiedere l‟assegnazione dello stesso in
sede legislativa, sopprimendo la delega legislativa prevista dall‟articolo 9, sussistendo la
quale la procedura in parola sarebbe stata impraticabile ai senti dell‟articolo 72
Costituzione.
I rappresentanti dei vari gruppi, seppur con argomentazioni differenti, manifestavano il
proprio assenso al trasferimento in tale sede.
Nella successiva seduta del 4 febbraio 198145, in sede legislativa il relatore Zolla
illustrava alcuni emendamenti necessari per rendere il disegno di legge più aderente alla
realtà nella quale doveva operare.
Il deputato Servello, pur dichiarandosi favorevole al disegno di legge nel suo complesso,
manifestava alcune riserve in quanto il provvedimento non affrontava il problema
dell‟illecito sportivo ed attribuiva troppa importanza al C.O.N.I., trascurando il fenomeno
dell‟associazionismo sportivo.
A questo punto avvenne una singolare vicenda, sotto la spinta di quelli che erano
chiamati extraparlamentari di sinistra46, ma dietro cui vi erano sicuramente altre forze,
venne ribaltata la situazione inerente la configurazione del rapporto di lavoro, passando
così nuovamente da una configurazione del rapporto di lavoro autonomo a quella di
lavoro subordinato.
I reali motivi di questo cambiamento furono abbastanza misteriosi, secondo
l‟interpretazione di Grasselli potrebbe darsi che le forze di sinistra abbiano optato per tale
scelta nell‟intento di introdurre anche nel mondo sportivo un sofisticato apparato
sindacale che fino ad allora non si era sviluppato.
Altri sostengono invece che il capovolgimento fu determinato dalla necessità di
agevolare le società sportive da un punto di vista tributario; se avessero, infatti,
44
Bollettino Giunte e Commissioni – Camera, 26 novembre 1980, p.15 ss.
Bollettino Giunte e Commissioni – Camera, 4 febbraio 1981, p. 16ss.
46
Era questa una forza politica che era allora collocata a sinistra del partito comunista.
45
20
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
intrattenuto coi loro atleti rapporti di lavoro subordinato ne avrebbero avuto un concreto
vantaggio economico.
Per attuare questo capovolgimento, la proposta di legge avrebbe avuto necessità di una
radicale rivisitazione.
Ciò non venne fatto e ci si accontentò di modificare solo quei due o tre articoli che ne
mutarono l‟assetto di base trasformando quel rapporto di lavoro da autonomo a
subordinato.
Tutto il resto, pur essendo ispirato ad una ipotesi di lavoro autonomo, rimase
inspiegabilmente invariato e non ci si preoccupò neppure di chiarire alcuni degli articoli
malformulati.
La legge approvata alla Camera fece quindi ritorno al Senato dove - in sede legislativa il provvedimento fu discusso e definitivamente approvato il 4 marzo 198147, senza che
venisse espressa né una parola di critica nei confronti di tale stravolgimento né una
parola in difesa di quello che era stato il suo precedente operato.
Il risultato finale fu ovviamente quello della promulgazione di una legge pazzesca: un
corpo fornito di due anime. Due ispirazioni diverse, ma soprattutto contrapposte, che
hanno generato nel tempo una serie di problemi, alcuni dei quali ancora non risolti; tra
questi – conseguenza di tali parziali modifiche – uno dei principali è quello che questa
legge non può trovare applicazione in tutti gli sport.
Forse l‟unico punto importante che è rimasto fermo in tutto l‟iter parlamentare è
l‟abolizione del vincolo sportivo.
A tutt‟oggi, anche a seguito della legge 91/81, rimane vivo in dottrina lo scontro tra chi
sostiene la tesi del lavoro sportivo come lavoro autonomo e chi invece, fondando le
proprie argomentazioni sul testo normativo, propende per la tesi opposta ossia quella
della subordinazione del rapporto di lavoro.
Non vi è dubbio, come si è visto dalla ricostruzione delle vicende che hanno portato alla
sua emanazione, che anteriormente a questa legge il legislatore si fosse pronunciato per
la configurazione della prestazione sportiva in sé come espressione di lavoro autonomo.
Tale interpretazione tiene conto della creatività che è necessaria all‟atleta per partecipare,
come potenziale vincente, alle competizioni cui è chiamato; quest‟intendimento ha
accompagnato per buona parte l‟iter legislativo della suddetta legge.
Comunque sia, la soluzione legislativa - adottata a seguito di un ampio ed appassionato
dibattito della dottrina - è stata quella di considerare di natura subordinata il rapporto di
47
Bollettino Giunte e Commissioni – Senato, 4 marzo 1981, p. 22ss.
21
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
lavoro dello sportivo professionista48, con l‟eccezione dei casi in cui ricorra almeno uno
dei seguenti requisiti49:
A) - che l‟attività sia svolta nell‟ambito di una singola manifestazione sportiva50 o di più
manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo51;
B) - che l‟atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a
sedute di preparazione od allenamento;
C) - la prestazione che è oggetto del contratto pur avendo carattere continuativo, non
superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni
l‟anno.
Si ritiene che il requisito sub A) implichi il carattere dell‟occasionalità delle prestazioni.
Indubbiamente dovrà trattarsi di un atleta “solista” che non andrà ad intrattenere con la
società che lo ingaggia alcun rapporto continuativo al di la di quello strettamente
connesso alla prestazione-manifestazione; in questo caso sarebbe però forse più realistico
etichettare questo tipo di lavoro come “esibizione” occasionale.
Mancando quindi qualsiasi ingerenza della società nella preparazione atleticaprestazionale, la stessa stipulerà con l‟atleta solo un accordo di partecipazione alla
manifestazione (locatio operis) secondo le disposizioni del contratto d‟opera di cui
all‟articolo 2222 c.c..
Il requisito sub B) supplisce in parte al venire meno del coordinamento spazio-temporale
come tratto distintivo del lavoro subordinato sportivo. In realtà questa seconda ipotesi
potrebbe essere vista come un semplice corollario della prima; se vi fosse un obbligo alla
preparazione o alla frequenza di sedute d‟allenamento è ovvio che queste non sarebbero
fini a se stesse ma certamente finalizzate ad una gara o ad una manifestazione: in tal caso
vi sarebbe un‟ingerenza della società nell‟attività dello sportivo e si rientrerebbe quindi
nel campo del rapporto di lavoro subordinato.
Il requisito sub C) implica l‟elemento della dipendenza ma anch‟esso non potrà essere
esaminato a se stante. In verità potrebbe considerarsi come un‟esplicazione del requisito
48
Sul punto si veda il primo comma dell‟articolo 3 della legge 91/1981 <<la prestazione a titolo oneroso
dell‟atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella
presente legge>>.
49
Articolo 3, secondo comma della legge 91/1981.
50
Manifestazione sportiva è l‟evento in se completo ed unitario dal punto di vista funzionale, cioè rispetto
al risultato sportivo finale conseguibile, anche se ripartito in una molteplicità o successione di gare in uno o
più giorni. Tali sono per esempio una sei giorni ciclistica od un torneo ad eliminazione diretta dei
concorrenti con rapida sequenza d‟incontri.
51
Collegamento tra più manifestazioni vuol significare che ciascun episodio agonistico, identificabile in
una singola manifestazione, deve essere considerato unitariamente quanto al risultato sportivo finale, ma
tutti insieme devono svolgersi in un breve periodo di tempo. Tipico esempio è quello del contratto che
22
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
sub A) allorché si fa riferimento a <<più manifestazioni tra loro collegate in un breve
periodo di tempo>>. L‟elemento diversificante è però visibile dal fatto che mentre la
prima ipotesi fa riferimento a manifestazione sportiva che è una circostanza ben definita,
questa terza ipotesi si riferisce più generalmente a “prestazioni” che si ritiene possa
comprendere sia la gara, la manifestazione che la preparazione o l‟allenamento
propedeutico alla gara o manifestazione stessa.
In tal caso mentre la seconda ipotesi rimarrebbe corollario della prima, la terza ne
diventerebbe un‟esplicazione.
Secondo parte della dottrina i casi descritti al 2° comma dell‟articolo 3 non
costituirebbero fattispecie di vero e proprio lavoro sportivo autonomo ma casi di lavoro
sportivo subordinato sottratto all‟applicazione della relativa disciplina, in seguito a
valutazioni d‟opportunità compiute dal legislatore in relazione alle esigenze
dell‟ordinamento sportivo.
La norma, secondo la dottrina prevalente, prevede una presunzione legale di
subordinazione a prescindere dalla verifica volta per volta dell‟esistenza dei caratteri
tipici del lavoro dipendente. Tale norma si applica esclusivamente nei confronti degli
atleti professionisti mentre gli altri sportivi professionisti52non soggiacciono alla
richiamata presunzione legale; in virtù della diversa attività lavorativa svolta, per questi
soggetti l‟esistenza del rapporto di lavoro subordinato non può presumersi ma va
accertata di volta in volta, sulla base dei criteri generali53.
La giurisprudenza ha considerato rapporto di lavoro subordinato il rapporto di lavoro
esistente con un circolo sportivo di un maestro di scherma, caratterizzato dalla
sottoposizione al potere direttivo ed organizzativo del circolo stesso54.
Viceversa, la prestazione di lavoro dei giocatori di pelota basca, ingaggiati per un breve
periodo e senza un rigido vincolo d‟orario e di partecipazione alle sedute d‟allenamento,
è stata qualificata come prestazione di lavoro autonomo55.
La disciplina dettata dal secondo comma dell‟articolo tre potrebbe essere facilmente
elusa attraverso la stipulazione successiva di più contratti, relativi alla partecipazione di
uno stesso atleta a diverse manifestazioni sportive, rispondente ciascuna al requisito di
cui alla lettera A): si determinerebbero delle situazioni chiaramente fraudolente per le
impegna l‟atleta solo per un limitato numero di gare valide per un campionato od un torneo, è il caso dei
così detti contratti a gettone.
52
Allenatori, direttori tecnico-sportivi, preparatori atletici.
53
Particolarmente chiara sul punto è Cassazione, 28 dicembre 1996, n. 11540, in Giust. civ. Mass., 1996,
1799.
54
Tribunale di Firenze 4 marzo 1987 in Riv. dir. sport., 1988, 264.
55
Pretore di Milano 9 dicembre 1988 in Riv. it. del lav., 1989, II, 426.
23
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
quali però la legge non ha predisposto alcuna forma di repressione, come invece avviene
nei casi di successione di contratti di lavoro a termine al di fuori dell‟ordinamento
sportivo.
Si discute, inoltre, circa la tassatività o meno delle tre suddette ipotesi di configurazione
del rapporto sportivo come rapporto di lavoro autonomo.
Parte della dottrina56le ritiene tassative; altri, in modo più critico, parlano di un vero e
proprio “infortunio del legislatore” per la labilità della distinzione in parola e per
l‟anomalia dei requisiti “esterni” al rapporto di lavoro sportivo57
Sotto altro aspetto è stato anche rilevato che la disposizione non distingue fra sport di
squadra e sport individuali, come sarebbe stato opportuno per una più completa
regolamentazione delle diverse situazioni che si presentano nelle varie discipline
sportive58. Il legislatore, in effetti, poco si è preoccupato di fare distinzioni in tal senso, al
contrario è apparso animato dall‟intento di dettare una disciplina comune a tutto il lavoro
professionistico sportivo. Per la precisione, si è occupato solo dei contratti degli atleti con
le società sportive ed ha tralasciato le ipotesi in cui l‟atleta svolge l‟attività
professionistica a titolo personale, è il caso di quelli atleti che svolgono sport individuali
quali il pugilato o il tennis.
Qualificato il lavoro sportivo come subordinato, resta da risolvere la questione della
qualifica da attribuire all‟atleta, ai sensi dell‟articolo 2095 c.c. 59. Vi è chi propende per il
riconoscimento della qualifica operaia, in quanto nell‟attività dell‟atleta non si
ritroverebbero gli elementi che contraddistinguono la categoria impiegatizia; non
sussisterebbero la funzione di sostituzione-integrazione del datore e la “collaborazione
all‟organizzazione del lavoro” che individuano la normale posizione dell‟impiegato.
Tuttavia alcuni autori60affermano che proprio il concetto di collaborazione impiegatizia
meglio si adatta alla fattispecie in esame; infatti, l‟atleta professionista, accanto ad
un‟attività manuale caratterizzata da un dispendio d‟energie fisiche, svolge un‟attività
56
Sul punto, si veda Duranti D., L‟attività sportiva come prestazione di lavoro, Riv. it. dir. lav., 1983, I,
710.
57
Grasselli S., L‟attività sportivi professionistica: disciplina giuridica delle prestazioni degli atleti e degli
sportivi professionisti, in Dir. lav., 1982, I, 31.
58
Vedi, in particolare Mazzotta O., Una legge per lo sport? in Foro it., 1981, 303, che ricorda, fra gli sport
individuali il pugilato, dove il rapporto pugile – procuratore è stato ricondotto al contratto associativo da
una lontana sentenza (Trib. Roma, 20 febbraio 1957, in Foro it., 1958, I, 271.), e l‟automobilismo, dove il
rapporto pilota – casa costruttrice è stato inquadrato fra i contratti misti (Cassazione, 5 novembre 1966, n.
2728, Foro it., 1967, I, 2426).
59
<<I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati ed operai. Le leggi
speciali, in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell‟impresa, determinano i
requisiti d‟appartenenza alle indicate categorie>>.
60
Sul punto, si veda Breccia Frattadocchi A., Profili evolutivi e istituzionali del lavoro sportivo, in Dir.
lav., 1989, I, 78.
24
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
anche intellettuale. Non va dimenticato che, nello svolgimento pratico della
competizione, è lasciata alla sua libera iniziativa il compito di tradurre in realtà la trama
dello spettacolo con spunti originali e soprattutto personali.
La stessa giurisprudenza è pervenuta da tempo a tale soluzione, riconoscendo la qualifica
impiegatizia anche a quei lavoratori che, pur non ricoprendo compiti di collaborazione,
svolgono attività allo stesso tempo manuali ed intellettuali di altissimo contenuto tecnico,
come nel caso degli atleti professionisti.
A più di vent‟anni dalla sua emanazione, la legge n. 91 resta ancora oggi la normativa
cardine dei numerosi aspetti del rapporto di lavoro sportivo; essa è suddivisa in quattro
capi di cui il primo (artt. da 1 a 9) dedicato allo sport professionistico; il secondo (artt. da
10 a 14) alle società sportive e alle federazioni sportive nazionali; il terzo, rappresentato
dal solo articolo 15, alle disposizioni tributarie; l‟ultimo (artt. da 16 a 18) alle
disposizioni transitorie e finali.
L‟articolo 161, peraltro
non riguarda direttamente la disciplina dello sport
professionistico, contenendo l‟affermazione di principio secondo cui l‟esercizio
dell‟attività sportiva - individuale o collettiva, professionistica o dilettantistica - è libero.
La norma può essere interpretata nel senso di garantire, nei limiti della disciplina legale,
la libertà contrattuale dall‟imposizione di qualsiasi vincolo che potrebbe essere introdotto
sia dall‟ordinamento sportivo sia da quello statale; in sostanza l‟articolo in commento
vuole tutelare le attività sportive a carattere agonistico che non rientrano in questo
sistema e, a maggior ragione, le attività non agonistiche.
L‟articolo 2 definisce l‟ambito d‟applicazione soggettiva ed oggettiva della legge;
dell‟articolo 3 abbiamo già ampiamente parlato, l‟articolo 4 regola il contratto di lavoro
subordinato; gli articoli 5 e 6 regolano la cessione del contratto e gli effetti economici che
ne derivano; gli articoli 7, 8 e 9 disciplinano rispettivamente, la tutela sanitaria, quella
infortunistica ed il trattamento pensionistico.
Negli altri capi hanno immediata attinenza con il rapporto di lavoro professionistico
l‟articolo 10, primo comma, che contribuisce a delimitare il campo d‟applicazione
soggettiva della legge, l‟articolo 15 concernente il trattamento tributario dei redditi e
delle indennità derivanti dalle prestazioni sportive e dalla cessione dei contratti, infine
l‟articolo 16 regola la graduale abolizione del vincolo sportivo.
61
Per Mazzotta O., Il lavoro sportivo, in Foro it., 1981, V, 297, questa norma sarebbe addirittura superflua.
25
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Con la speciale disciplina prevista dalla legge n. 91 devono ritenersi applicabili al lavoro
sportivo tutte le norme civilistiche e della legislazione sul lavoro nell‟impresa che non
siano espressamente derogate dalla legge sul professionismo sportivo.
Sono gli ultimi due commi dell‟articolo 4 ad elencare le norme di legge non applicabili al
contratto di lavoro sportivo e, precisamente, della legge 20 maggio 1970, n. 30062non
sono applicabili gli articoli: 4 (sul divieto dell‟uso d‟impianti audiovisivi e di altre
apparecchiature per finalità di controllo dell‟attività dei lavoratori), 5 (divieto
d‟accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro), 763 (sull‟applicazione delle sanzioni
disciplinari), 13 (assegnazione alle mansioni d‟assunzione o a quelle corrispondenti alla
categoria superiore successivamente acquisite; divieto di dequalificazione e di riduzione
della retribuzione; divieto di trasferimento ad altra unità produttiva), 18 (diritto alla
reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno in caso d‟inefficacia o
d‟illegittimità del licenziamento), 33 e 34 (concernenti il collocamento dei lavoratori);
della legge 15 luglio 1966, n. 604, in materia di licenziamenti individuali64, non trovano
applicazione nel rapporto di lavoro sportivo, gli articoli: 1 (licenziamento per giusta
causa o giustificato motivo nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato), 2 (obbligo
della comunicazione per iscritto del licenziamento e dei motivi), 3 (licenziamento per
giustificato motivo con preavviso), 5 (onere della prova dei motivi del licenziamento a
carico del datore di lavoro), 6 (onere dell‟impugnazione del licenziamento a pena di
decadenza), 7 (tentativo facoltativo di conciliazione presso l‟ufficio provinciale del
lavoro65) e 8 (obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro o del risarcimento del danno
in caso d‟illegittimità del licenziamento); infine non è applicabile neppure l‟intera legge
18 aprile 1962, n. 230 sulla disciplina dei contratti a termine66. Legge che tra l‟altro è
stata modificata dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.
62
Meglio conosciuta come statuto dei lavoratori.
A differenza di tutte le altre limitazioni che sono indicate dall‟ottavo comma dell‟articolo 4, questa
costituisce da sola il testo dell‟ultimo comma, dello stesso articolo, e si riferisce alle sanzioni irrogate dalle
federazioni nazionali ai tesserati.
64
Garantendo in tal modo la piena libertà di recedere ad nutum dal contratto, e cioè anche in assenza di
giusta causa o giustificato motivo, garantendo mobilità ed incondizionata libertà contrattuale agli sportivi
professionisti.
65
L‟inapplicabilità dell‟articolo 7 si accorda con la disposizione del quinto comma dell‟articolo 4 della
legge n.91, che consente di rimettere la soluzione delle controversie nascenti dal contratto di lavoro
sportivo, comprese quelle in tema di licenziamenti, ad un giudizio arbitrale.
66
Cassazione, 24 giugno 1991, n. 3090, ha deciso che la prestazione di un allenatore di calcio dopo la
scadenza del termine non comporta la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, in base
all‟articolo 2 della legge citata, ma deve essere ricondotta alla disposizione dell‟articolo 2126 c.c. La
decisione ha anche confermato l‟inapplicabilità delle norme sui licenziamenti censurando la diversa
opinione del giudice di merito che, avendo ritenuto l‟illegittimità del licenziamento intimato dalla società,
aveva ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro.
63
26
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
La ragione dell‟esclusione delle norme dello statuto dei lavoratori è palese e va
ricondotta alla natura e alle esigenze del tutto peculiari della prestazione sportiva
dell‟atleta che, specie a livello professionistico, hanno essenza e finalità di spettacolo e
non tollerano quindi restrizioni nell‟uso di mezzi audiovisivi; questi mezzi sono anzi un
formidabile strumento di promozione e vengono anche normalmente impiegati per
ragioni di studio e di perfezionamento delle capacità agonistiche e delle strategie di gara.
Sono altrettanto incompatibili nel settore sportivo le procedure garantiste d‟accertamento
delle condizioni fisiche del lavoratore che, almeno per quanto riguarda quelle dell‟atleta,
oltre ad essere spesso d‟interesse generale, necessitano - per convenienza del
professionista stesso - d‟interventi diretti e rapidi oppure di accertamenti accurati e
periodici. Lo sportivo è patrimonio della società, che ha un logico interesse a tutelare la
salute dei suoi dipendenti attraverso accertamenti il più possibile immediati e qualificati.
Lo sportivo, dal canto suo, ha interesse massimo alla partecipazione agonistica, essendo i
propri guadagni e le proprie prospettive in larga misura legate al profitto atleticosportivo.
Quanto alle norme sui licenziamenti individuali, che dopo l‟emanazione della legge n.
91, sono state anche parzialmente modificate o sostituite67. L‟inapplicabilità è giustificata
sia dal fenomeno dell‟estrema mobilità connessa alle alterne vicende sportive ed
economiche dei sodalizi, sia al carattere strettamente fiduciario del rapporto di
prestazione sportiva ai quali mal si adattano le norme restrittive che regolano la
risoluzione del rapporto di lavoro ordinario e i suoi effetti, quando siano assenti i
presupposti sostanziali e formali per confermarne la legittimità.
Gli stessi motivi ora esaminati hanno determinato in pratica l‟adozione del contratto a
termine come regola della durata del rapporto di lavoro sportivo a differenza di quanto
avviene, almeno nell‟intenzione del legislatore, nel rapporto di lavoro ordinario rispetto
al quale costituisce l‟eccezione: di qui, da un lato, l‟esclusione dell‟applicazione della
legge sul contratto a tempo determinato68e dall‟altro, la conferma della possibilità
d‟apposizione del termine, contenuta nell‟articolo 5 della legge n. 91, che non deve
superare il quinquennio.
Secondo un‟opinione dottrinale diffusa, l‟elenco delle norme inapplicabili al contratto di
lavoro sportivo non è tassativo e può essere integrato in base ad un giudizio
67
L‟articolo 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ha modificato i primi due comma dell‟articolo 18 dello
statuto dei lavoratori; l‟articolo 2 ha invece sostituito gli articoli 2 ed 8 della legge n. 604 del 1966
68
La legge n. 230 del 1962, e successive modifiche, è stata abrogata dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368,
che ha dettato la nuova disciplina del contratto a tempo determinato, anch‟essa comunque inapplicabile al
contratto di lavoro sportivo.
27
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
d‟incompatibilità69, che, ove non vi provvedano le parti collettive, sarà compito del
giudice pronunciare
Per gli aspetti sopra evidenziati e per la peculiarità della disciplina dettata dalla legge n.
91/1981 il rapporto di lavoro sportivo subordinato presenta, certamente, caratteri di
specialità rispetto agli ordinari rapporti di lavoro dipendente.
Con riferimento al rapporto di lavoro in questione si parla, infatti, di rapporto speciale70in
ragione delle caratteristiche proprie dell‟attività prestata dal lavoratore; la particolarità
della materia da regolamentare ha reso necessario dettare norme in parte divergenti da
quelle previste per la generalità dei lavoratori subordinati. Da qui l‟esigenza, avvertita dal
legislatore, di adeguare il modello di tutela approntato in via generale per i lavoratori
dipendenti alle specifiche condizioni che caratterizzano la posizione nel mercato del
lavoro di determinate categorie di lavoratori.
La specialità del rapporto, se implica la presenza di una disciplina autonoma, non esclude
comunque l‟intervento sussidiario della disciplina generale: è infatti da condividere
l‟opinione di quella parte della dottrina secondo cui l‟applicazione al lavoro sportivo
subordinato della legge 91/1981 non esclude l‟applicabilità allo stesso d‟ogni norma di
carattere generale non ricompresa nella legge stessa e con essa compatibile.
Grasselli, uno dei maggiori sostenitori dell‟inquadratura di detto rapporto in termini di
lavoro autonomo, è fortemente critico circa la soluzione scelta dal legislatore, e non
condivide neppure quanto detto circa la ricostruzione in termini di specialità del rapporto.
A suo avviso, i rapporti di lavoro speciali sarebbero pur sempre rapporti di lavoro
subordinato, che sono considerati speciali in funzione di particolari anomalie che
presenta il soggetto, la causa e/o l‟oggetto ma che sostanzialmente divergono ben poco
dalla disciplina generale71. Nel rapporto di specie si ha una disciplina completamente
stravolta in cui non si applicano alcune delle più importanti norme in tema di lavoro
subordinato quali collocamento, limiti al licenziamento e articoli 5, 7, 13 dello Statuto
dei lavoratori etc.
69
Sul punto, si veda Vidiri G. La disciplina del lavoro sportivo autonomo e subordinato in Giust. civ.,
1993, II, 219; Grasselli S., L‟attività sportivo professionistica in Dir. lav., 1982, I, 38; Mercuri, Sport
professionistico in Noviss. dig. it., VII app., 516; De Cristofaro, Legge 23 marzo 1981 n. 91 in Nuove leggi
civ. comm., 1982, 590.
70
La dottrina giuslavoristica definisce speciali quei rapporti che, in ragione della specifica posizione del
datore di lavoro e/o anche della peculiare attività svolta, come è nel caso del lavoro sportivo, richiedono
una disciplina, anche solo in parte, differenziata rispetto a quella generale dettata per il rapporto di lavoro
nell‟impresa, con conseguente adattamento del modello generale di tutela alla specificità del rapporto.
Ritengono il rapporto di lavoro sportivo annoverabile tra i rapporti speciali: Ghera E., Diritto del lavoro,
Bari, 2002, 508; Galantino L., Diritto del lavoro, Torino, 2001, 541; Ichino P., Il lavoro subordinato:
definizione ed inquadramento, Milano, 1992.
28
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1.2 – Natura del rapporto di lavoro sportivo
Quanto visto fino ad ora suggerisce l‟opportunità di soffermarci sul problema della
natura giuridica del rapporto tra atleta professionista e associazione sportiva; un
problema ancor oggi di grande attualità ed importanza e la cui soluzione è indispensabile
per superare le difficoltà d‟interpretazione dei singoli contratti che legano gli atleti alle
associazioni e per esaminare la liceità di talune clausole particolari contenute in detti
contratti.
In dottrina, come visto in precedenza, si sono sviluppati orientamenti non sempre univoci
e convincenti. Considerando per primi i contributi favorevoli alla tesi dell‟autonomia del
rapporto, una parte della dottrina72sostiene che il contratto sportivo non può essere
inquadrabile nell‟ambito del lavoro subordinato poiché la causa, intesa quale funzione
economico/sociale, è di diversa natura, e si presenta come uno scambio tra la prestazione
dell‟attività da parte dell‟atleta e la predisposizione da parte della società delle condizioni
ideali d‟agonismo. Tale rapporto sarebbe riconducibile alla categoria dei contratti
associativi nei quali il fine comune dei contraenti è costituito dallo svolgimento
dell‟attività sportiva; l‟atleta sarebbe quindi un membro della società sportiva in virtù di
un rapporto associativo sul quale si innesta, nel caso dei professionisti, un rapporto
economico di scambio. Questo rapporto economico non potrebbe essere configurato
come un rapporto di lavoro subordinato poiché l‟aspetto dell‟agonismo presuppone non
tanto un vincolo di dipendenza dell‟atleta dalla società quanto piuttosto un
coordinamento. La dottrina contraria a tale ricostruzione osservava che quando su un
rapporto associativo si instaura un rapporto di natura economica quest‟ultimo diviene
prevalente, data la maggior incidenza e importanza dello scambio sull‟animus
esclusivamente agonistico. Lo scopo comune di entrambi i contraenti non è più
rappresentato dal raggiungimento di un risultato sportivo, ma dal conseguimento di un
vantaggio economico che assimila il rapporto in questione ad un rapporto di lavoro.
71
Ed a titolo esemplificativo ricorda: il lavoro a domicilio, il lavoro domestico ossia lavori subordinati a
cui si applicano tassativamente tutte le norme in materia.
72
Sul punto, si veda Mangani M., Il contratto del calciatore inquadrato nella teoria generale dei contratti,
in Riv. dir. sport., 1950, 3-4, 23.
29
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Un secondo orientamento ha invece ricondotto il lavoro sportivo nell‟ambito dei contratti
innominati in quanto la subordinazione non sarebbe idonea ad individuare un tipo
contrattuale ben definito: solo il richiamo all‟autonomia della volontà delle parti
permette, se gli interessi perseguiti sono meritevoli di tutela, di stipulare contratti non
disciplinati dal codice civile. Tale tesi è stata sostenuta anche dal Tribunale di Torino73 in
occasione di una sentenza relativa ad una controversia tra l‟Associazione Football Club
Juventus e l‟Amministrazione delle Finanze; in tale sentenza si afferma che il rapporto
tra società e giocatore << è un contratto innominato che viene stipulato all‟atto della
firma del cartellino>>, il quale rappresenta la condizione „sine qua non‟ per la
stipulazione di un successivo contratto di lavoro.
Altri74 tendono ad escludere la subordinazione nei rapporti di lavoro sportivo per la
mancanza o per la poca incisività di quei requisiti ritenuti basilari per qualificare
un‟attività lavorativa come subordinata. Questa parte della dottrina obbietta che
l‟onerosità non è un elemento tipico della “locatio operarum” poiché qualificherebbe
anche altre forme lavorative, come ad esempio il contratto d‟opera dove il lavoratore
autonomo ha diritto al corrispettivo pattuito in cambio dell‟opus promesso.
Se, come abbiamo visto, una grande parte della dottrina ha avuto modo d‟esprimersi a
favore dell‟autonomia del rapporto di lavoro tra società e atleti, un‟altrettanta grande
parte si è espressa a favore della soluzione subordinata, proponendo la teoria del
contratto di lavoro.
Tale teoria si basa sull‟analisi degli elementi essenziali di questo contratto75rinvenibili
nella fattispecie in esame nella quale l‟atleta fornisce la propria prestazione mettendo a
disposizione dell‟ente da cui dipende una forza lavoro di natura speciale.
Nell‟attività sportiva “l‟homo ludens” diventa “homo faber” perché si pone all‟altrui
servizio in un rapporto obbligatorio a carattere oneroso. Pur tenendo conto che
dall‟attività sportiva proviene il loro sostentamento, gli atleti nell‟esplicazione delle
proprie capacità agonistiche sono soggetti al rispetto di istruzioni tecnico-tattiche, ed
anche sottoposti ai poteri disciplinari delle società sportive; la subordinazione si presenta
quindi in maniera evidente sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista
giuridico. In questo contesto la remunerazione viene a configurarsi come la
73
Tribunale di Torino 18 gennaio 1955, in Giur. it., 1955, I, 2, 312.
Bianchi D‟Urso F., Lavoro sportivo e ordinamento giuridico dello stato: calciatori professionisti e
società sportive, in Dir. lav., 1972, I, 409.
75
Il contratto di lavoro è definito come quello in virtù del quale una persona mette la propria attività, in
modo continuo o no al servizio di un‟altra, sotto la cui direzione e autorità presta il proprio servizio,
ricevendo la corrispondente retribuzione. Odriozola H.L., Natura giuridica del contratto relativo al
professionismo sportivo, Riv. dir. sport., 1964, 31.
74
30
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
controprestazione dell‟attività svolta dall‟atleta, diretta a retribuire l‟energia prestata dal
lavoratore nella struttura sinallagmatica del contratto.
In proposito la dottrina si è interrogata su quale potrebbe essere l‟oggetto di tale
subordinazione. Considerando la struttura ed i fini del rapporto, la dottrina ha spesso
finito per parlare di una subordinazione essenzialmente tecnica76 che consiste
nell‟osservanza, da parte del calciatore, delle disposizioni tecnico sportive dettate dalla
società d‟appartenenza77.
Questa soluzione offerta dalla dottrina è però riconducibile soltanto alle fasi preparatorie
delle competizioni, non potendo trovare la sua attuazione nel corso della gara quando
prevale la spinta a comportarsi in base alle esigenze ed alle occasioni offerte dalla partita
stessa.
Se si tiene conto che un tale tipo di subordinazione non caratterizza esclusivamente la
locatio operarum, ma anche altri negozi tipici, e che in ogni caso non costituisce
l‟elemento atto a differenziare il lavoro autonomo da quello subordinato, si deve
fortemente dubitare dell‟attendibilità della soluzione propugnata dalla maggioranza della
dottrina.
Comunque sia, tutte le analisi riguardanti il rapporto di lavoro sportivo sono state
superate dalla legge n. 91 che, come abbiamo già visto, ha sancito la natura subordinata
di detto rapporto.
Il rapporto in questione, secondo Duranti78, sarebbe tipico ed esclusivo dell‟ordinamento
sportivo nel quale, nei confronti degli atleti e dell‟attività da loro svolta, si potrebbe
parlare di lavoro solo in senso atecnico e non giuridico.
Analogamente ad ogni altro rapporto di lavoro subordinato, anche quello sportivo trae la
sua origine da un contratto. Non mancano, tuttavia, teorie che propugnano la natura
acontrattuale del rapporto in questione79, in ragione dello scarso rilievo dell‟autonomia
privata in materia di lavoro. Questa materia è infatti regolata prevalentemente da leggi
inderogabili, dalla contrattazione collettiva, e anche della previsione di cui all‟articolo
2126 c.c. che - contravvenendo ai principi generali in materia d‟invalidità contrattuale 76
Sul punto, si veda Bianchi D‟Urso F., op. cit., 409.
Tale affermazione troverebbe conferma nel contratto federale, ove è inoltre sancito che il giocatore di
calcio <<si obbliga ad osservare e seguire tutte le norme di carattere tecnico-sportivo che saranno emesse
dalla società e dai suoi incaricati>>. In dottrina, propende per l‟esistenza della sola subordinazione tecnica
Lega C., op. cit.
78
In Il lavoro sportivo, Cedam, 1983.
79
Tra i sostenitori della tesi acontrattualistica, sia pure fondata su diverse impostazioni teoriche:
Scognamiglio R., Diritto del lavoro, Napoli, 2000; Mazzoni G., L‟azione sindacale e lo „statuto dei
lavoratori‟, Milano, 1974, 313; Torrente A., I rapporti di lavoro, Milano, 1966, 89. In giurisprudenza:
Cassazione, Sez.Unite, 17 maggio 1996, n. 4570, in Foro it., 1996, I, 1989.
77
31
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
riconosce produttivo d‟effetti, per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, il
contratto di lavoro nullo o annullato.
In realtà, non trovano applicazione nei confronti del contratto di lavoro alcune delle
regole e dei rimedi dettati genericamente in materia contrattuale. Anche l‟autonomia
della volontà delle parti risulta in concreto ridotta a favore di norme imperative che
disciplinano in modo inderogabile il contenuto e gli effetti del contratto in ragione della
situazione di sostanziale disparità in cui, di fatto, le parti vengono a trovarsi.
Non sembra, infatti, dubitabile che alla base della costituzione e dello svolgimento del
rapporto di lavoro - compreso quello riguardante gli sportivi professionisti - vi sia pur
sempre un accordo frutto dell‟incontro delle volontà del datore di lavoro e del lavoratore:
attraverso questo accordo si intendono disciplinare contrapposti interessi di natura
prevalentemente patrimoniale.
Volendo individuare i plurimi caratteri del contratto di lavoro degli sportivi
professionisti, seguendo quelle che sono le indicazioni fornite dalla dottrina civilistica,
potremmo dire che si tratta di un contratto tipico80, a titolo oneroso81, consensuale82, ad
effetti obbligatori83, formale84, a prestazioni corrispettive, bilaterale.
L‟origine contrattuale del rapporto di lavoro, compreso quello sportivo, fa sì che a
fondamento della sua concretizzazione ci debba essere il consenso tra le parti: ciò rende
l‟accordo uno degli elementi essenziali del contratto.
La problematica relativa al raggiungimento dell‟accordo contrattuale, impostata in
termini di scambio tra proposta ed accettazione, trova, però relativamente al contratto
sportivo, un‟applicazione più teorica che pratica.
Quello sportivo è infatti un contratto tipicamente non paritario il cui contenuto potrebbe
risultare più verosimilmente quale espressione della volontà della parte contrattualmente
più forte anziché di una volontà comune, in quanto esito di un confronto tra le parti.
L‟esigenza di tutela della parte debole fa si che, nel rapporto di lavoro subordinato, il
consenso delle parti finisca per avere ad oggetto non il contenuto del contratto ma la sua
stipulazione secondo quelle che sono le condizioni determinate a livello di contrattazione
collettiva e questo è, come vedremo, fortemente sostenuto dalla stessa legge n. 91/198185.
80
In quanto previsto e disciplinato dalla legge.
Impone, infatti, un sacrificio ad entrambe le parti, una tenuta ad effettuare la prestazione lavorativa,
l‟altra a corrispondere la retribuzione.
82
In quanto si perfezione con il semplice consenso.
83
Nel contratto, infatti, sorgono obbligazioni per entrambe le parti.
84
Si tratta di una delle poche eccezioni che richiede la forma scritta, laddove il principio generale in
materia di costituzione dei rapporti di lavoro subordinato è quello della libertà di forma.
85
Articolo 4 primo comma.
81
32
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
La conformità del contratto individuale a quello tipo è prevista non solo a tutela dei diritti
dello sportivo ma anche al fine di garantire, attraverso l‟omogeneità regolamentare dei
vari contratti individuali, quelle finalità di ordine e certezza che da sole consentono il
regolare esercizio delle attività agonistiche.
33
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1.2.1 – Analisi e confutazione degli argomenti addotti contro la tesi che
l‟attività sportiva possa costituire oggetto di un contratto di lavoro
subordinato.
Prima di iniziare ad analizzare i singoli elementi del contratto di lavoro sportivo
sarà bene fare nuovamente un passo indietro per tornare ad esaminare gli scontri che si
sono avuti in dottrina prima della “nascita” della legge n.91 del 1981.
Se pur brevemente, merita passare in rassegna gli argomenti particolari addotti per negare
la possibilità di configurare il contratto di lavoro sportivo e per affermare la necessità di
considerarlo un contratto assolutamente atipico, non avvicinabile a nessuno di quelli già
considerati nel nostro codice civile86.
Questo scontro trova la sua origine in tempi abbastanza remoti: è infatti una sentenza
emessa dal Tribunale di Savona87 nel lontano 1954 ad affermare per prima l‟atipicità di
tale rapporto.
La questione che s‟impose all‟attenzione del collegio consisteva, appunto, nello stabilire
se il rapporto fra l‟associazione sportiva ed il calciatore fosse un tipico contratto di lavoro
e come tale sottoposto quindi a quella particolare tutela di ordine pubblico prevista dal
nostro ordinamento giuridico. Il collegio formulò una risposta negativa e concluse che il
contratto sportivo, pur avendo indubbie analogie con il contratto di lavoro, non poteva
essere con esso identificato e che pertanto, costituiva un contratto atipico.
Con il passare del tempo questa sentenza ha perso di importanza, in quanto seguita da
altre che hanno sostenuto differenti soluzioni; appare comunque interessante ricostruire
quelli che furono gli elementi su cui il Tribunale di Savona, nonché la dottrina88
concorde, fondarono la loro concezione del rapporto sportivo.
Innanzitutto si afferma che nell‟attività sportiva, comunque essa sia svolta, si trova un
elemento che non è dato trovare in nessun‟altra attività: lo spirito agonistico.
86
Sul punto, si veda Borruso R., Lineamenti del contratto di lavoro sportivo, in Riv. dir. sport., 1963, 52.
Sentenza Tribunale di Savona 11 febbraio 1954, in Riv. dir. sport., 1955, 51.
88
Borruso R., op. cit.; Toesca di Castellazzo G., Rapporto fra giucatori di calcio ed associazioni sportive
nel sistema del diritto, in Riv. dir. sport., 1953, 9; Vespigiani L., Il rapporto fra il giocatore e la società
sportiva, in Riv. dir. sport., 1960, 321.
87
34
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Si può facilmente obbiettare che, nonostante una prima apparenza contraria, questo sia un
elemento non esclusivamente proprio dell‟attività sportiva ma presente anche in molte
attività di lavoro subordinato.
Il vincolo della subordinazione, nello schema del rapporto di lavoro, non sempre implica,
infatti, un difetto di autonomia, d‟originalità o di impegno particolare nella propria
attività, ma sta solo ad indicare l‟inserimento continuativo di tale attività
nell‟organizzazione creata dal datore di lavoro ed il totale indirizzo verso nessun altro
fine oltre a quello voluto dall‟imprenditore. In quest‟ottica può essere prestatore di lavoro
subordinato anche un dirigente d‟azienda, un collaudatore, un detective privato etc.
Al dirigente d‟azienda può essere affidato dall‟imprenditore il compito di “battere” sul
piano commerciale o individuale un‟impresa concorrente; al detective privato potrà
essere chiesto lo svolgimento positivo d‟alcune indagini; al collaudatore di spingere fino
ai limiti massimi del rischio il rendimento della macchina. Tali prestazioni di lavoro, pur
svolte alle dipendenze altrui, non potrebbero mai essere fedelmente adempiute se
mancasse nei dipendenti uno spirito simile a quello agonistico89.
L‟unica differenza tra lo spirito agonistico dell‟atleta e lo spirito competitivo che anima
certi settori del lavoro subordinato è puramente apparente. Nello sport, solitamente, la
lotta è contro un avversario visibile, anch‟egli presente fisicamente ed impegnato nello
stesso sforzo, mentre nel settore del lavoro la lotta è contro un avversario invisibile.
Detto tutto ciò, si può concludere che lo spirito agonistico nelle prestazioni sportive non
rappresenti un ostacolo al loro inserimento nell‟ambito delle attività lavorative.
Altro aspetto dello sport ritenuto incompatibile con la possibilità di configurare l‟attività
sportiva come oggetto di lavoro consiste in una serie di limitazioni a cui è spesso
sottoposto l‟atleta, relativamente alla sua vita privata, al fine di assicurarne l‟integrità
fisica. In conseguenza di questo aspetto viene ricostruito il seguente assioma: se tali
limitazioni fossero apposte ad un qualsiasi rapporto di lavoro, esse dovrebbero
sicuramente considerarsi illecite in quanto lesive dei principi sulla libertà personale
sanciti dalla Costituzione. Da quest‟assioma si ricaverebbe la conclusione che il rapporto
sportivo, comportando tali limitazioni, non possa configurarsi come un rapporto di
lavoro.
La verità è, però, che tali limitazioni non sono affatto illegittime in quanto per nulla
lesive né della libertà né della dignità del cittadino quando sono legate da un vincolo
89
Rimanendo nel campo della competizione sportiva, sono ritenuti rapporti di lavoro subordinato quelli
che legano, rispettivamente il fantino alla scuderia ed il pilota d‟auto alla casa costruttrice. E non si può
negare che al fantino e al pilota non si richieda spirito agonistico.
35
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
logico di necessarietà alla natura del lavoro che il dipendente è chiamato a svolgere.
Tali limitazioni, poi, non sono affatto imposte esclusivamente agli atleti professionisti,
ma ad un largo e vario stuolo di lavoratori subordinati. Sarebbe illecito imporre dei
controlli alla vita fisica di un dipendente, quando il tenore di essa non abbia un riflesso
immediato e diretto sulla prestazione di lavoro. Appare, invece, lecito quando ciò
costituisce giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro, come nei casi di abituale
ubriachezza o nel caso di una vita moralmente riprovevole, tale da riflettersi
negativamente sulla serietà dell‟impresa cui il dipendente collabora.
Le limitazioni imposte agli sportivi sono indubbiamente restrizioni pesanti della propria
libertà ma, proprio perché sono liberamente accettate per un fine socialmente
apprezzabile, costituiscono manifestazione di autodisciplina. In più - come detto - sono
molte le prestazioni lavorative che richiedono severe restrizioni ai costumi di vita morale
e fisica, spesso non solo limitate agli anni della giovinezza come avviene nello sport,
bensì estese a tutto l‟arco produttivo dell‟esistenza.
Così anche l‟elemento delle limitazioni alla vita privata si rivela come un criterio non
idoneo a differenziare lo sport dal lavoro subordinato.
Per escludere che lo sport possa formare oggetto di lavoro subordinato si ricorre anche ad
altre considerazioni di carattere estrinseco e formale. Innanzitutto viene considerata la
clausola compromissoria, ammessa dal regolamento della F.I.G.C.90, che in base al nostro
codice di procedura civile91 non può afferire ad alcun contratto.
Comunque sia, da un contrasto del genere può sorgere soltanto un problema di
correlazione tra le due norme citate ma mai ciò potrà rappresentare la dimostrazione
sicura che non possa esistere in alcun modo un contratto di lavoro subordinato avente ad
oggetto una prestazione sportiva.
Con la seconda osservazione si dà rilievo al fatto che, per il rischio sportivo cui è esposto
l‟atleta, è prevista un‟apposita forma obbligatoria d‟assicurazione che ne tutela i danni
fisici in forma differente da quanto è previsto per il comune infortunio sul lavoro.
A tale affermazione si può controbattere che l‟elemento del rischio per la propria
incolumità fisica non è affatto un elemento caratteristico dell‟attività sportiva: ci sono
infatti alcuni sport in cui questo rischio manca quasi del tutto 92. Neppure sotto il profilo
del rischio è quindi possibile rintracciare un impedimento serio per cui la prestazione
90
All‟articolo 80. Ai tempi di tale scontro non era ancora esistente la legge n.91 del 1981, anch‟essa
riconosce, oggi, la possibilità di apporre al contratto sportivo professionistico una clausola compromissoria
all‟articolo 4, 5° comma.
91
Articolo 808 c.p.c.
92
Tennis, nuoto etc.
36
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
sportiva non possa essere considerata come possibile oggetto di un rapporto di lavoro
subordinato93.
Altro ostacolo al riconoscimento dello sport professionistico come lavoro, che deve
essere confutato, si ravvisa nella constatazione che per svolgere attività sportiva in senso
tecnico-giuridico
occorre
essere
iscritti
ad
una
federazione
sportiva.
Da questo presupposto la dottrina - favorevole alla natura atipica del rapporto sportivo –
fa discendere la conseguenza per cui, non essendo l‟attività lavorativa condizionata ad
alcun‟iscrizione, attività sportiva ed attività lavorativa non hanno niente in comune.
Il presupposto di tale ricostruzione è però inesatto e la sua conseguenza, pertanto, priva
di qualsiasi nesso logico94; certo è che non vi è alcun rapporto logico tra il ritenere
giuridicamente impossibile l‟attività sportiva quando chi la svolge non sia iscritto ad una
determinata associazione e il concludere che detta attività non possa mai costituire
oggetto di un contratto di lavoro subordinato. È chiaro, infatti, che le condizioni
estrinseche necessarie per permettere lo svolgimento di un‟attività non possono essere
confuse con la natura dell‟attività stessa.
Un altro argomento addotto contro la tesi che l‟attività sportiva possa costituire oggetto
del rapporto di lavoro si fonda sulla constatazione che al c.d. “giocatore apprendista” non
viene data alcuna retribuzione e ciò a differenza di quanto avviene nell‟ambito del
rapporto di lavoro nei confronti degli apprendisti.
In realtà per il calciatore apprendista non dovrebbe esistere alcun tipo di diritto del
genere e questo non perché l‟attività sportiva non possa costituire l‟oggetto di un
rapporto di lavoro ma soltanto perché l‟attività sportiva non nasce come attività di lavoro
ma può divenirlo solo successivamente. Quando l‟atleta avrà infatti raggiunto un
notevolissimo rendimento - tale che non si possa più parlare di apprendistato – potrà
decidere di fare dello sport il mezzo unico o prevalente del suo sostentamento
economico.
Infine i sostenitori della tesi secondo cui la prestazione dell‟atleta professionista non
potrebbe mai inquadrarsi nello schema del rapporto di lavoro mostrano spesso di trovare
le loro ultime risorse difensive in due osservazioni che, a torto, ritengono decisive.
93
Che, poi, sul piano delle assicurazioni obbligatorie si sia voluto dettare una disciplina particolare per gli
incidenti sportivi sembra rispondere più ad un criterio di opportunità legislativa per la particolarità del
rischio sportivo che ad altro motivo.
94
Seguendo la tesi di coloro che considerano sportiva soltanto l‟attività svolta da atleti tesserati, presso una
federazione sportiva, non dovrebbe considerarsi sportiva l‟attività svolta, ad esempio, dagli appartenenti
alle sezioni sportive dei corpi militarmente organizzati o di talune grandi imprese industriali quando, le
medesime non fanno parte dell‟organizzazione giuridica del C.O.N.I., anche se è innegabile che esse
37
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
La prima ha per oggetto la facoltà dell‟associazione sportiva di trasferire l‟atleta
professionista suo dipendente ad altra associazione95. Non v‟è dubbio che il contratto di
cessione di un atleta professionista presenti delle particolarità notevoli che rendono
complessa l‟indagine che il giurista deve compiere. Basta rilevare che la suddetta
cessione non è immaginabile senza il consenso dell‟atleta interessato, configurando così
un accordo trilaterale tra le due società (cedente e cessionaria) ed il giocatore stesso.
Non v‟è, perciò, in detta cessione alcun elemento che si rilevi incompatibile con la natura
del rapporto di lavoro subordinato e neppure per ritenere che il meccanismo di siffatte
cessioni da imprenditore a imprenditore non possa essere inserito in un comune contratto
di lavoro.
L‟altra osservazione concerne l‟esclusione della facoltà del recesso “ad nutum”.
Ma tale osservazione non ha alcun carattere decisivo, poiché una volta riconosciuto che
nel rapporto tra atleta professionista ed associazione sportiva ricorrono tutti gli elementi
necessari e sufficienti in modo che esso possa essere qualificato come un rapporto di
lavoro, l‟esclusione per il dipendente della libertà di dimettersi dovrebbe essere
considerata come, una semplice, anomalia del rapporto stesso. Dovrebbe, così, porsi il
problema se una tale esclusione sia giuridicamente valida alla luce dei principi che
regolano la materia del lavoro. A ciò si può rispondere che la violazione di un diritto non
potrà mai essere scambiata come prova dell‟inesistenza del diritto stesso.
A conclusione della disamina di tutti gli argomenti che si sono succeduti in dottrina ed in
giurisprudenza al fine di negare la configurabilità del rapporto che vincola l‟atleta
professionista all‟associazione sportiva come rapporto di lavoro mi sembra che si possa
dire che nessuno di essi sia veramente decisivo per escludere una siffatta configurabilità.
perseguono un chiaro fine sportivo, praticando uno sport ufficialmente riconosciuto e nel rispetto dei
regolamenti ufficialmente riconosciuti.
95
A seguito della legge n. 91 del 1981 quest‟aspetto è stato comunque notevolmente modificato a seguito
dell‟abolizione del vincolo sportivo.
38
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1.2.2 – Presupposti ed elementi oggettivi del rapporto
Continuando l‟analisi della natura del rapporto di lavoro sportivo, meritano
sicuramente attenzione quelli che sono i presupposti e gli elementi oggettivi del rapporto
stesso.
Quanto ai presupposti oggettivi del rapporto di lavoro subordinato professionistico,
attinenti ai profili istituzionali dell‟organizzazione sportiva nella quale il rapporto stesso
si inserisce, si possono riassumere nelle seguenti due ipotesi:
A) - L‟esercizio dell‟attività sportiva nell‟ambito delle discipline regolate dal C.O.N.I.:
in questo caso solo i tesserati e le società affiliate alle federazioni sportive nazionali
possono concludere un contratto di lavoro sportivo professionistico, in quanto la
legge n.91 si applica solamente ai contratti in essere tra soggetti appartenenti alle
federazione. Da questa situazione ne restano esclusi coloro che appartengono ad altri
organismi sportivi come, per esempio, coloro che fanno parte di enti di promozione
sportiva anche se associati al C.O.N.I.96. A maggior ragione quindi ne restano escluse
tutte quelle attività sportive estranee all‟organizzazione del C.O.N.I.
B) - La qualificazione delle discipline sportive da parte delle rispettive federazioni
d‟appartenenza, ossia il riconoscimento da parte di queste ultime di un settore di
attività specificamente regolato in forma professionistica. È stato osservato come con
tale disposizione il legislatore abbia inteso delegare alle federazioni la delimitazione
del campo d‟applicazione della legge n. 91. L‟intento primario del legislatore è stato
infatti quello di non turbare gli equilibri interni delle singole federazioni lasciando
loro piena autonomia decisionale in una delle materie più delicate della
regolamentazione dell‟attività sportiva. Tutto ciò deve comunque avvenire nel
rispetto del principio secondo cui le decisioni federali devono essere conformi alle
direttive stabilite dal C.O.N.I. che, a loro volta, devono rispecchiare quelle emanate
dagli organismi sportivi internazionali97. Più che di una delega alle varie federazioni a
determinare il campo d‟applicazione della legge n. 91, si è trattato del riconoscimento
96
Sul punto, vedi articolo 5 del D.Lgs. n. 242 del 1999
Attualmente il D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242, all articolo 5, 2° comma, lettera d, prevede fra i compiti del
consiglio nazionale del C.O.N.I. quello di stabilire, in armonia con l‟ordinamento sportivo internazionale e
97
39
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
del potere d‟autonoma regolamentazione della materia da parte delle stesse
federazioni e della predisposizione di uno strumento di disciplina dei rapporti di
lavoro per quelle che già avevano, o si sono date in seguito, un assetto
professionistico98. Ad oggi le federazioni con attività professionistica sono quelle del
calcio, del ciclismo, del motociclismo, del golf, del pugilato e della pallacanestro.
La norma, mantenendo comunque una certa elasticità, consente la variazione dei
soggetti destinatari ed anche del campo d‟applicazione della legge n. 91. È altrettanto
evidente che, in difetto di qualificazione professionistica, il rapporto - anche
sussistendo altri presupposti e/o elementi oggettivi - è da considerarsi formalmente
dilettantistico e conseguentemente, sottratto all‟applicazione della legge n.91.
La scelta del legislatore di affidare tale potere alle federazioni trova una sua ragione
nella necessità di evitare un‟eccessiva dilatazione dell‟area del professionismo
sportivo nella quale avrebbe finito per rientrare ogni attività sportiva svolta dietro
compenso e con carattere di continuità. Nello sport dilettantistico, superata la
concezione idealistica che ne riconduceva la pratica al puro spirito competitivo, sono
spesso previsti cospicui compensi erogati a vario titolo; in quest‟ottica è facile
comprendere come affidare l‟acquisizione dello status di professionista ai soli
elementi della continuità e della onerosità avrebbe finito per far confluire nel
professionismo la gran parte dello sport praticato in Italia. Ciò avrebbe comportato
un‟estensione del campo applicativo della disciplina speciale, dettata dalla legge n.
91, oltre i limiti consentiti dalla sua stessa particolarità e dal suo carattere fortemente
derogatorio, spesso peggiorativo rispetto alla generale tutela del lavoro dipendente.
Gli elementi oggettivi del rapporto attengono, invece, ai caratteri e alle modalità della
prestazione di lavoro offerta e più precisamente sono:
A) - L‟onerosità. La prestazione deve essere remunerata con un compenso avente il
carattere della corrispettività e pertanto proporzionato alla quantità e qualità della
prestazione stessa, indipendentemente dalla sua effettiva misura. In questo settore
dell‟attività lavorativa, tali elementi vengono, infatti, liberamente determinati dalle
parti contraenti con patto individuale, salva la predefinizione di minimi collettivi che
in genere sono assai inferiori ai compensi pattuiti in concreto. Non potrebbe pertanto
nell‟ambito di ciascuna federazione sportiva nazionale, criteri per la distinzione dell‟attività sportiva
dilettantistica da quella professionistica.
98
Sul punto, si veda Giugni G., La qualificazione di atleta professionista, in Riv. dir. sport., 1986, 166. In
quest‟articolo, Giugni, riconduce il potere di qualificazione delle federazioni a quello più generale di
regolamentazione ad esse riconosciuto, inoltre distingue tale potere di normazione astratta e generale dal
concreto atto d‟ammissione, cioè il tesseramento, che rimane comunque propedeutico alla costituzione del
rapporto di lavoro.
40
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
definirsi onerosa la prestazione sportiva che non riceva un vero e proprio
corrispettivo ma solo un emolumento versato, per esempio, a titolo di rimborso spese
o di indennizzo per mancato guadagno come accade, invece, spesso nell‟attività
dilettantistica c.d. onerosa. Poiché, in ogni caso, la legge ha elevato a presupposto
dell‟attività professionistica la qualificazione in tal senso della federazione, è
evidente che la questione relativa alla natura retributiva o indennitaria del compenso
ha scarso rilievo, una volta che l‟atleta o altro dei soggetti indicati dall‟articolo 2
della legge n. 9199sia stato inquadrato nel settore professionistico. Nel caso del
professionista sportivo la retribuzione rappresenta, solitamente, il mezzo esclusivo di
sostentamento sia del lavoratore che della sua famiglia e costituisce il corrispettivo
dell‟assorbimento da parte dell‟impresa di tutta la sua capacità. Affinché vi sia una
necessaria corrispondenza tra la totalità delle risorse che il dipendente offre
all‟imprenditore e la totalità delle esigenze primarie che il primo vuole dal secondo
veder soddisfare, la retribuzione trova la sua commisurazione non solo nella qualità e
quantità di lavoro oggettivamente considerato ma anche nell‟appagamento delle
necessità di vita personali e familiari dell‟atleta, con riguardo non solo ai bisogni
presenti, ma anche a quelli futuri. Che il compenso versato dall‟associazione sportiva
all‟atleta professionista abbia tutti i caratteri della retribuzione che remunera il lavoro
subordinato è dimostrato all‟evidenza del fatto che negli accordi stipulati di anno in
anno tra la Federazione Giuoco Calcio e l‟Associazione Italiana Calciatori è stabilito
che tale compenso debba essere commisurato, oltre che all‟importanza della
prestazione anche alle esigenze personali e familiari dell‟atleta ingaggiato.
L‟elemento dell‟onerosità è sempre stato ritenuto esistente ma non ha mai ostacolato
neppure quella parte della dottrina che propendeva per la configurazione del rapporto
di lavoro sportivo come autonomo. L‟onerosità della prestazione, infatti, non si può
dire che sia una caratteristica esclusiva del lavoro subordinato, giacché essa qualifica
anche il contratto d‟opera, avendo, anche, il lavoratore autonomo diritto al
corrispettivo pattuito in cambio dell‟opus promesso.
B) - Il rischio d‟impresa. Anche per quest‟elemento si può ripetere il discorso appena
fatto relativamente all‟onerosità. Parte della dottrina non ritiene decisivo un tale
elemento ai fini di una puntuale identificazione della locatio operarum; va tuttavia
sottolineato che nei rapporti de quo non si può non tenere conto dell‟alea che l‟atleta
corre in quanto si delineano una serie di situazioni per cui si deve ammettere che
99
Come avremo modo di vedere meglio nel paragrafo successivo
41
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
l‟atleta, entro certi limiti, sia partecipe dei rischi economici a cui l‟associazione è
esposta. Non appare quindi superfluo ricordare che i premi corrisposti al calciatore
sono per lo più proporzionati all‟importanza della gara da intraprendere, al livello
della posizione di classifica occupata dalla propria squadra e che l‟ingaggio annuale
dei giocatori sia anche commisurato agli incassi percepiti dalla società.
C) - La continuità dell‟esercizio dell‟attività sportiva o, meglio, delle prestazioni
sportive per tutto l‟arco della durata del contratto. Nell‟attività dell‟atleta
professionista ricorre poi l‟elemento della continuità della prestazione al servizio
integrale degli scopi produttivi di chi lo ha ingaggiato. Infatti, l‟atleta professionista,
vincolando dietro retribuzione la propria energia fisica e le sue specifiche attitudini sia tecniche che sportive - a favore dell‟associazione che l‟ha assunto, si impegna a
praticare il gioco sotto i colori della stessa associazione e a dedicare quindi
esclusivamente ad essa la sua attività agonistica partecipando non solo a singole gare
o manifestazioni specificatamente predeterminate ma a tutte le gare che
l‟imprenditore intenda fargli disputare in Italia o all‟estero. Si attua così l‟inserimento
profondo ed organico dell‟attività dell‟atleta professionista nella complessa
organizzazione economica e tecnica nel cui ambito è stato assunto e di cui egli
concorre a soddisfare, in concorso con tutti gli altri elementi, esigenze che si
coordinano intimamente ai fini propri di tale organizzazione. Può perciò
tranquillamente ritenersi che ricorra anche l‟elemento della collaborazione, che
costituisce – come è noto – uno degli elementi che caratterizzano la fattispecie del
rapporto di lavoro subordinato così come viene configurato dall‟articolo 2094 c.c.
D) - Obbligo di fedeltà. Una parte della dottrina inserisce infine tra gli elementi oggettivi
un altro requisito caratteristico del rapporto subordinato: quello dell‟obbligo di
fedeltà. Tale requisito è decisamente presente nel rapporto che si instaura tra l‟atleta
professionista e l‟associazione sportiva in qualità di imprenditore. Quest‟elemento si
manifesta nel rigoroso divieto per l‟atleta di partecipare a gare o manifestazioni
organizzate da altre associazioni sportive sia pure nei periodi di riposo o sospensione
dell‟attività agonistica. Se prima dell‟entrata in vigore della legge n.91 del 1981 tale
obbligo di fedeltà poteva estendersi anche dopo la conclusione del contratto, tramite
la stipula preventiva di patti di non concorrenza100, oggi tutto ciò non è più possibile
ed è anzi espressamente vietato dal sesto comma dell‟articolo quattro della legge
100
In base ai quali l‟atleta professionista si obbligava di astenersi per un certo periodo di tempo, dopo lo
scioglimento del rapporto che lo legava all‟associazione sportiva da cui era stato ingaggiato, dallo svolgere
attività in favore di altre organizzazioni sportive
42
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
n.91, in virtù del quale: << il contratto non può contenere clausole di non concorrenza
o, comunque limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo
successivo alla risoluzione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo
svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni>>.
Infine è stato osservato che le federazioni hanno aggiunto in alcuni casi agli elementi
oggettivi stabiliti dalla legge quello della prevalenza dell‟esercizio dell‟attività sportiva
rispetto ad altre possibili occupazioni. La F.I.G.C. ha - per esempio - definito
professionista colui che pratica tale attività come lavoro primario.
Delimitate così le condizioni necessarie e sufficienti affinché lo sport possa essere
concepito come lavoro, penso101 che il contratto di lavoro sportivo debba essere
definito102come l‟accordo che interviene fra un datore di lavoro (che di regola è
un‟associazione sportiva) ed un prestatore di lavoro (ossia l‟atleta professionista),
accordo diretto a costituire un vincolo giuridico consistenze per il primo nell‟obbligo di
pagare la retribuzione stabilita e per il secondo nell‟obbligo di “rendere” la prestazione
d‟opera sportiva.103
È stato osservato da più parti come il sistema delineato dalla legge n. 91 abbia in pratica
escluso dal suo ambito d‟applicazione tutti i casi del così detto professionismo di fatto e
cioè di tutti quegli atleti che hanno uno status dilettantistico unicamente perché le
Federazioni d‟appartenenza non hanno provveduto, nell‟ambito della loro disciplina
sportiva, a distinguere tra dilettanti e professionisti.
Questi atleti svolgono attività a titolo oneroso e continuativo in favore di società sportive
traendo da tale rapporto l‟unica – o, comunque, preponderante - fonte di sostentamento.
Di fronte a situazioni sostanzialmente identiche - pertanto- l‟elemento discretivo,
costituito dal provvedimento formale esterno della qualificazione da parte della
federazione, finirebbe con il determinare l‟applicazione al rapporto tra atleta e società di
diverse regolamentazioni giuridiche e ciò senza reale giustificazione.
A fronte di tali considerazioni, parte della dottrina ritiene che, anche in mancanza di
qualificazione da parte delle federazioni, il professionismo “di fatto” dovrebbe trovare
101
In tale direzione si veda anche Borruso R., Lineamenti del contratto di lavoro sportivo, in Riv. dir.
sport., 1963, 52.
102
Alla stessa stregua del contratto di lavoro artistico.
103
Del rapporto che lega l‟atleta professionista all‟associazione sportiva Giulio Toesca di Castellazzo, nel
lontano 1953, dava la seguente definizione: << un contratto atipico soggetto ad una speciale disciplina
convenzionale tipizzata secondo la sua natura di contratto di diritto pubblico ed, ove questa disciplina
manchi, regolata dalle comuni norme della disciplina contrattuale, salvo a rendersi applicabili, ove
concorrano sufficienti ragioni di analogia, le norme relative al contratto di lavoro>>.
43
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
tutela nelle norme di cui alla legge n.91 evitando così una palese disparità di trattamento,
che non è giustificata dall‟identità delle situazioni da disciplinare.
Tale impostazione interpretativa non sembra pur tuttavia praticabile in ragione
dell‟imprescindibilità - per la configurabilità del professionismo sportivo - del requisito
della qualificazione da parte delle federazioni.
44
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1.3 – Soggetti del rapporto. Differenza sportivo professionista e dilettante
Dopo aver analizzato gli elementi oggettivi del rapporto, meritano sicuramente
attenzione anche quelli soggettivi. Dall‟analisi di tutta la materia emerge come i soggetti
di questo rapporto di lavoro siano sostanzialmente due: lo sportivo104 e la società
sportiva.
Parte della dottrina fa però notare che in realtà nel rapporto emergerebbe anche una terza
parte; ogni contratto di lavoro stipulato tra le due parti sopra menzionate deve essere,
infatti, approvato da un terzo soggetto: la Federazione105.
Limitandoci per ora ai due soggetti - per così dire principali - ritengo opportuno partire
dall‟analisi di quella che normalmente è considerata la parte forte del rapporto, cioè
quella del datore di lavoro. Va comunque evidenziato che nel rapporto di lavoro sportivo
ciò può non sembrare vero più di tanto dato il sempre maggiore potere contrattuale che
gli atleti hanno acquisito con il passare del tempo.
Il ruolo del datore di lavoro nel contratto di lavoro sportivo è esercitato dalle società o
associazioni sportive, che rivestono un ruolo di assolute protagoniste nell‟ambito
dell‟ordinamento sportivo; sono esse, infatti, che consentono attraverso i propri associati
e tesserati lo svolgimento dell‟attività sportiva.
Tra le società si distinguono quelle professionistiche da quelle che perseguono un
naturale dilettantismo, anche di tipo amatoriale, e che si muovono per la realizzazione di
scopi puramente agonistici.
La prima previsione normativa di tali forme associative, aventi ad oggetto lo svolgimento
di attività sportiva, era già contenuta nella legge istitutiva del C.O.N.I. n. 426 del 1942.
L‟articolo 10 di tale legge prevedeva l‟esistenza di società e sezioni sportive per le quali
l‟inquadramento nell‟ordinamento sportivo nazionale era subordinato al riconoscimento
da parte del C.O.N.I. e al conseguente loro assoggettamento alla potestà disciplinare e
tecnica delle rispettive federazioni nazionali.
104
Tale termine risulta più appropriato rispetto al termine “atleta” - almeno in questa circostanza - in
quanto consente di ricomprendere al suo interno altre figure come quelle degli allenatori, preparatori,
direttori sportivi etc, altrimenti esclusi dalla qualifica d‟atleta.
105
Ma su questo punto vedremo più avanti ossia nel secondo capitolo.
45
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
In tempi più recenti, il titolo terzo del d.p.r. 28 marzo 1986, n.157, contenente “nuove
norme di attuazione della legge n.426 recante costituzione e ordinamento del C.O.N.I.”
ha previsto:
1. - che società, associazioni ed enti sportivi non hanno scopo di lucro e sono
riconosciute, ai fini sportivi, dal consiglio nazionale del C.O.N.I. o, per delega, dalle
federazioni sportive nazionali (art. 32);
2. - che tali organismi associativi sono retti da uno statuto approvato dall‟organo che
procede al loro riconoscimento (art. 33);
3. - che essi sono soggetti dell‟ordinamento sportivo ed esercitano le loro attività
secondo le norme e le consuetudini sportive (art. 34).
Attualmente, la disciplina sull‟ordinamento ed il riconoscimento delle associazioni e
delle società sportive è contenuta nello statuto del C.O.N.I., modificato a seguito del
decreto legislativo 23 luglio 1999, n.242.
Le associazioni o società sportive, quali soggetti dell‟ordinamento “piramidale”106
sportivo, sono tenute ad esercitare la loro attività con lealtà sportiva, osservando principi,
norme e consuetudini sportive, salvaguardando altresì la funzione popolare, educativa e
culturale dello sport.
Senza il riconoscimento e l‟affiliazione non è infatti possibile lo svolgimento di attività
agonistica, e la conseguente omologazione dei risultati raggiunti sia a livello nazionale
che internazionale, e neppure l‟acceso ai vantaggi di ordine fiscale o creditizi previsti
dall‟appartenenza all‟ordinamento sportivo.
Per quanto riguarda la legge n. 91 del 1981, la disciplina dettata - in tema di società - è
riservata solamente alle società professionistiche, ossia a quelle che intendono stipulare
contratti con sportivi professionisti; l‟articolo fondamentale in tema di società sportive è
il numero 10: <<possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive
costituite nella forma di società per azioni o società a responsabilità limitata>>.
L‟articolo dieci prosegue prevedendo un particolare raccordo nella fase costitutiva tra
ordinamento statale ed ordinamento sportivo.
L‟ordine è il seguente: la società deve ottenere l‟affiliazione alla federazione; l‟atto
costitutivo della società deve essere depositato presso l‟ufficio del registro delle imprese;
il Tribunale provvede all‟omologazione della società.
Accertato l‟adempimento delle condizioni previste dalla legge, il Tribunale ordina, con
decreto, l‟iscrizione della società nel registro; entro trenta giorni dal decreto, le società
46
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
sportive devono depositare l‟atto costitutivo presso la federazione. In mancanza di uno, o
più, di questi passaggi l‟affiliazione è priva d‟efficacia e alle società è inibito lo
svolgimento dell‟attività sportiva.
L‟affiliazione conferisce il c.d. titolo sportivo, in altre parole l‟abilitazione a svolgere
attività sportiva. L‟affiliazione può, nel corso del tempo, essere revocata dalla
federazione sportiva nazionale per gravi infrazioni all‟ordinamento sportivo; tale revoca
non comporta soltanto l‟inibizione per le società a svolgere attività sportiva ma, anche, la
perdita della capacità speciale di stipulare contratti con atleti professionisti, nonché lo
scioglimento della società per la sopravvenuta impossibilità di conseguire l‟oggetto
sociale ex articolo 2448 n. 2 c.c.107.
A norma dell‟articolo 12 della legge n.91 le società sportive sono inoltre sottoposte
all‟approvazione ed ai controlli sulla gestione da parte delle federazioni sportive
nazionali cui sono affiliate, per delega e secondo le modalità previste dal C.O.N.I..
L‟articolo 13 di detta legge regola invece la liquidazione della società sportiva in caso di
gravi irregolarità di gestione. In situazioni del genere spetta alla federazione sportiva
nazionale richiedere tal provvedimento al Tribunale, mediante la messa in liquidazione
della società e la nomina di un liquidatore.
Altra caratteristica che contraddistingueva le società sportive all‟epoca dell‟emanazione
della legge n.91 era la completa assenza di ogni fine di lucro, ossia, gli utili non venivano
distribuiti tra i soci ma dovevano essere reinvestiti esclusivamente nell‟esercizio
dell‟attività sportiva108. Con la sostituzione del secondo comma dell‟articolo 10 ad opera
del decreto legge n.485 del 1996, convertito con modificazioni dalla legge 18 novembre
1996, n. 586, il legislatore ha legittimato il perseguimento dello scopo di lucro da parte
delle società sportive professionistiche. Rimane comunque l‟obbligo per le stesse di
reinvestire una parte, pari ad almeno il dieci per cento, degli utili nel settore giovanile e
di formazione. Questo conferma che l‟interesse allo sviluppo e alla promozione dello
sport è ancora rilevante nel settore delle società professionistiche. La legge n. 586
determina un radicale mutamento nella posizione dei soci, che avranno diritto alla
distribuzione degli utili, potranno possedere azioni privilegiate, saranno legittimati ad
alienare azioni, vedranno maggiormente tutelati i lori diritti.
106
Al cui vertice si colloca il C.O.N.I. seguito dalle varie federazioni nazionali e poi, appunto, dalle
società.
107
Landolfi S., La legge n.91 del 1981 e la “emersione” dell‟ordinamento sportivo, in Riv. dir. sport.,
1982, 36.
108
Contrariamente a quanto indicato dal nostro diritto comune secondo cui gli utili perseguiti dalle società
di capitali, vengono divisi tra i soci, come, espresso da disposizioni di legge: le società commerciali,
devono produrre profitti, che poi verranno distribuiti tra i soci.
47
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Tra le grandi novità introdotte da questa legge vi è la possibilità della quotazione in borsa
anche delle società sportive: a proposito vanno ricordate le recenti quotazioni di società
calcistiche quali la Roma, la Juventus e la Lazio.
Si è trattato di una modifica molto attesa che, riconducendo a pieno titolo le società
sportive nel “genus” delle società lucrative, ha probabilmente posto un punto fermo nel
dibattito- ancora vivo in dottrina - sul rapporto tra le finalità sportive e lo scopo di lucro
di cui all‟articolo 2247 c.c..
L‟innovazione voluta soprattutto dai grandi club del settore calcistico intenzionati ad
importare modelli tipici di altre nazioni, è frutto di una diversa e più attuale visione del
mondo sportivo. I singoli eventi diventano soprattutto spettacolo e attorno ad essi ruotano
numerose attività economiche che poco o nulla hanno a che fare con lo scopo agonistico
ma che tuttavia ne possono condizionare l‟esistenza stessa.
Comunque sia, come abbiamo già visto, la società sportiva, pur essendo una società
atipica, è sottoposta alla disciplina del codice civile e per essa viene usato il modello
delle società di capitali aventi finalità di natura sportiva.
Quanto agli altri enti, si rileva l‟esistenza di una miriade di sodalizi sportivi dilettantistici
ed amatoriali costituiti sotto forma di semplici associazioni, riconosciute o di fatto, cui si
applica la disciplina tipica prevista dal codice civile in materia.
In effetti, a fronte della specifica normativa emanata per gli enti professionisti, vi è stato
un forte disinteresse del legislatore nei confronti di queste formazioni sociali sportive,
disinteresse assolutamente ingiustificato vista l‟enorme diffusione delle pratiche
dilettantistiche e parasportive109. In occasione della legge-quadro sul volontariato è stata
prospettata la possibilità di includere le associazioni sportive tra i destinatari della
riforma ma però questa proposta non ha avuto alcun seguito.
Seconda parte del contratto sportivo sono quelle persone fisiche che realizzano
concretamente la prestazione sportiva, la definizione offerta si riferisce in primo luogo
agli atleti, veri e propri attori protagonisti dell‟attività sportiva, ma riguarda anche i
dirigenti e i tecnici sportivi, ossia i c.d. non atleti che sono inquadrati nell‟ambito di
società ed associazioni sportive e che acquisiscono qualifiche previste dall‟ordinamento
sportivo alle quali è collegata una funzione regolata dalle stesse norme.
Gli atleti sono i reali destinatari della legge n. 91 del 1981; all‟interno del capo primo
- attraverso la tecnica redazionale dei cerchi concentrici, cioè l‟uno iscritto nell‟altro - il
legislatore ha infatti dapprima tracciato la linea discriminante tra dilettantismo e
48
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
professionismo (art. 2), quindi ha individuato nel campo del professionismo la
distinzione tra atleta subordinato ed atleta autonomo (art. 3) ed infine ha dettato una
disciplina speciale per quanto concerne il rapporto subordinato di lavoro sportivo (art. 4
ss.).
Alberto Marani Toro110 individua la figura dell‟atleta, in senso proprio, attraverso il
collegamento necessario al concetto d‟agonismo programmatico secondo cui può
definirsi atleta chi pratica un certo esercizio fisico e che vuole misurarsi con gli altri
praticanti di quel medesimo esercizio per tentare di riuscirne vincitore e/o comunque per
consentire la compilazione di una graduatoria dei valori atletici ed ottenere nel tempo
ulteriori miglioramenti.
Secondo l‟autore, per il raggiungimento di tale scopo, occorre naturalmente che altri
uomini pratichino quella determinata disciplina sportiva e competano tra loro.
Il confronto deve svolgersi all‟interno di un‟istituzione che si assuma i compiti di fissare
le regole precise dell‟esercizio e delle gare, di controllarne l‟applicazione, di organizzare
le gare stesse ed omologarne i risultati; Questa istituzione dovrà anche, compilare ed
aggiornare le graduatorie, risolvere le controversie, e amministrare l‟organizzazione.
Gli individui che vogliono esercitare attività sportive agonistiche nell‟ambito dei
programmi federali nazionali e internazionali – se in possesso dell‟idoneità e
dell‟attitudine richiesta nonché dell‟età minima o massima prevista per ogni disciplina sono tenuti ad affiliarsi ad una delle federazioni, diventando quindi soggetti di tale
sistema. Una volta avvenuto il tesseramento, essi saranno a loro volta inquadrati in
determinate categorie a cui corrisponderà la capacità a partecipare ad un certo tipo di
competizioni secondo determinate regole.
Con questo atto formale l‟atleta acquisisce uno status e diventa titolare di un “fascio” di
rapporti giuridici che creano reciproci diritti ed obblighi nei confronti degli altri atleti,
dell‟associazione sportiva, della federazione nazionale, della federazione internazionale
e, in breve, di tutti gli altri soggetti dell‟ordinamento sportivo.
L‟atleta partecipa alle gare autorizzate sotto l‟osservanza dei principi, dei regolamenti,
degli usi e della lealtà sportiva.
Rimandando al paragrafo successivo la trattazione di quella categoria di soggetti che
abbiamo definito non atleti, conviene immediatamente affrontare un problema assai
delicato com‟è quello della distinzione tra sportivo professionista e sportivo dilettante.
109
Sul punto, si veda Di Nella L., Il fenomeno sportivo nell‟ordinamento giuridico, Edizioni Scientifiche
Italiane, 1999.
110
Gli ordinamenti sportivi, Milano, 1994, 44.
49
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Il complesso degli atleti non si presenta come un universo indifferenziato di soggetti.
Gli statuti ed i regolamenti federali, infatti, differenziano tale categoria sulla base di vari
criteri. Principale criterio di distinzione degli atleti è quello che prende in considerazione
la disciplina sportiva da loro praticata111; tale criterio di distinzione è fondamentale
perché le gare tra atleti, avendo per oggetto lo svolgimento di un dato esercizio fisico,
avvengono solo tra atleti che appartengono alla stessa categoria di specialità sportiva.
Altro criterio di differenziazione è quello che distingue gli atleti a seconda del
collocamento territoriale, quale ad esempio la città, la regione o la nazione.
Un altro dei criteri utilizzati è quello che differenzia gli atleti in base ai requisiti fisici. Il
principale di questi requisiti è sicuramente quello del sesso, ma non vanno dimenticati
altri requisiti come l‟età, il peso, l‟altezza e così via, il tutto per permettere uno
svolgimento delle competizioni il più possibile paritario.
L‟ultima e più importante categoria è, appunto, quella che differenzia gli atleti fra
professionisti e dilettanti112.
Individuare il confine tra le due categorie non è però assolutamente facile, anche perché
vi sono falsi dilettanti e falsi professionisti. È inoltre ben vero che entrambi sono
chiamati a dare una prestazione sportiva in senso tecnico che, cioè, è ugualmente
espressione di una volontà tesa spasmodicamente alla vittoria e ugualmente frutto di una
seria e costante preparazione.
Se da un lato non può negarsi l‟identità qualitativa delle prestazioni che dilettanti e
professionisti offrono, dall‟altro lato non può disconoscersi che esiste un‟apprezzabile
diversità quantitativa delle prestazioni medesime.
La distinzione tra professionisti e dilettanti è rimessa alle singole federazioni sportive
nazionali, secondo i propri regolamenti e con l‟osservanza delle direttive del C.O.N.I..
Infatti, secondo quanto disposto dall‟articolo 5 del d.p.r. n. 157 del 1986, è il Consiglio
Nazionale del Comitato Olimpico che fissa e limita, in armonia con l‟ordinamento
sportivo internazionale, i criteri per la suddetta distinzione. Si tratta di una distinzione
puramente formale in quanto, come detto, i praticanti sportivi di un certo livello anche di
discipline dilettantistiche svolgono la loro attività in forma continuativa percependo
compensi più o meno elevati.
Il legislatore, quindi, ha rifiutato di assumersi il compito della diretta individuazione dei
criteri per la distinzione tra professionismo e dilettantismo, scegliendo invece di
111
E‟ da segnalare che all‟interno delle singole discipline possono, poi, esservi anche più tipologie
d‟esercizio fisico, come ad esempio avviene per le varie discipline dell‟atletica leggera, che daranno luogo
a loro volta a partizioni differenziate all‟interno della solita disciplina.
50
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
demandare tale compito agli ordinamenti federali preposti alle singole discipline sportive,
per i quali la suddetta distinzione risulta più agevole in concreto, potendo fare riferimento
alla storia ed al contesto del movimento sportivo in tutto il mondo.
Tornando alla legge n. 91 del 1981, l‟articolo 2 qualifica come professionista l‟atleta che
esercita l‟attività sportiva a titolo oneroso, con carattere di continuità e purché sia
intervenuta la c.d. qualificazione da parte delle rispettive federazioni in osservanza delle
direttive stabilite dal C.O.N.I..
È opinione diffusa113che, ai fini della distinzione tra professionismo e dilettantismo, la
presenza nella prestazione resa dallo sportivo dei caratteri della continuità ed onerosità
sia lungi dall‟essere sufficiente. È invece necessario che la Federazione competente abbia
effettivamente individuato la figura tipologica dell‟atleta professionista all‟interno della
disciplina agonistica considerata.
La necessità del requisito formale della qualificazione, accanto ai due presupposti della
onerosità e della continuità, è stata criticata però dalla dottrina prevalente; su questa
falsariga sono state denunciate le profonde disparità di trattamento che si sono prodotte
soprattutto per quanto riguarda il fenomeno del professionismo di fatto. In questo caso,
per la sola ragione della mancanza dell‟intervento qualificatorio da parte della rispettiva
federazione, continuano ad essere inquadrati come dilettanti atleti che prestano la propria
attività a favore di società sportive in modo continuativo e a titolo oneroso114.
Proprio per non lasciare privi di tutela questi rapporti, dilettantistici solo formalmente, si
è da taluni suggerito di fare comunque riferimento alla normativa delineata dalla legge
n.91 prescindendo quindi dal requisito della qualificazione. Mercuri 115 fa notare come la
discrepanza di tutela tra tali soggetti che operano all‟interno di federazioni che
qualificano professionistica la loro attività e quelli che operano in altre federazioni non è
peraltro giustificata, l‟attività onerosa e continuativa svolta da uno sportivo a favore di
una società sportiva in entrambi i casi è infatti tipologicamente la stessa.
Altri invece ipotizzano il ricorso alla disciplina del diritto comune, fra questi Zoli 116che
fa notare come al di fuori della disciplina introdotta dalla legge n.91 restino gli sportivi
sostanzialmente o formalmente dilettanti, cioè rispettivamente coloro che svolgono tale
attività senza corrispettivo ovvero per puro diletto fisico, nonché quelli che, pur
112
Originariamente era prevista anche una terza categoria, vale a dire, quella dei semi-professionisti.
Sul punto, si veda Realmonte F., L‟atleta professionista e l‟atleta dilettante, in Riv. dir. sport., 1997,
371.
114
Tanto per fare un esempio è, questo, il caso dei giocatori di pallavolo.
115
In Sport professionistico, in Noviss. Dig. it., 1987, 519.
116
Sul rapporto di lavoro sportivo professionistico, in Giust. civ., 1985, I, 2088.
113
51
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
ricompensati in vario modo, non possono essere ricondotti in base alle previsioni
dell‟articolo 2 alla figura del lavoratore professionista. Solo per quest‟ultimi può
prospettarsi l‟applicazione dell‟ordinaria normativa vigente in tema di rapporto di lavoro
subordinato,
sempre
che
ovviamente
appaiano
sussistenti
gli
estremi
della
subordinazione stessa.
In verità, quest‟ultima soluzione non pare percorribile: ci si troverebbe, infatti, nella non
facile situazione di spiegare la ragione per la quale agli atleti esclusi dall‟ambito della
legge n.91 si finisca per riservare una tutela qualitativamente più intensa.
La scelta del legislatore di affidare tale potere di qualificazione alle federazioni - sia pure
temprato dalla devoluzione al C.O.N.I. – con l‟emanazione del decreto legislativo n. 242
del 1999, trova la sua ragione d‟essere nella necessità di evitare un‟eccessiva dilatazione
dell‟area del professionismo sportivo nel quale avrebbe finito poi con il rientrare ogni
attività sportiva svolta dietro compenso e con carattere di continuità. Se si pensa, infatti, a
come nello sport dilettantistico, superata la concezione ideale che ne riconnetteva la
pratica al puro spirito competitivo, siano previsti cospicui compensi a diverso titolo
erogati, è facile comprendere come l‟affidare l‟acquisizione dello status di professionista
ai soli elementi della continuità e dell‟onerosità dell‟attività sportiva avrebbe in concreto
fatto confluire nel professionismo la gran parte dello sport praticato in Italia.
Ciò avrebbe comportato un‟estensione del campo applicativo della disciplina speciale,
dettata dalla legge n. 91, oltre i limiti consentiti dalla sua specialità e dal suo carattere
fortemente derogatorio rispetto alla generale tutela del lavoro dipendente.
È stato osservato da più parti che il sistema delineato dalla legge n. 91 ha in concreto
escluso dal suo ambito d‟applicazione tutti i casi del così detto professionismo di fatto; i
professionisti di fatto sono tutti quegli atleti inquadrati come dilettanti unicamente perché
la loro federazione d‟appartenenza non ha provveduto, nell‟ambito della disciplina
sportiva, a distinguere tra dilettanti e professionisti ma che svolgono attività a titolo
oneroso e continuativo a favore di società sportive, traendo dalla stessa l‟unica
- o comunque la preponderante - fonte di sostentamento.
Quanto al professionista, la sua posizione giuridica nel sistema sportivo è centro
d‟imputazione di una serie di normative speciali volte, come accennato per lo sportivo in
generale, a rendere conto della particolare dinamica del rapporto di lavoro sportivo.
Di conseguenza, si può parlare in questo caso di vero e proprio status professionale.
Se si approfondisce l‟analisi del contenuto di questa situazione giuridica, si rilevano
innanzitutto diversi livelli di rapporti giuridici di cui lo sportivo è parte.
52
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
In primo luogo, al livello base, si colloca il rapporto giuridico di diritto privato
intercorrente
tra
il
professionista
e
la
sua
federazione
d‟appartenenza.
All‟affiliato in quanto tale è riconosciuta la capacità di essere centro d‟imputazione degli
effetti della normativa sportiva e gli è dunque attribuita la titolarità dei diritti e dei doveri
derivanti dal suo status di tesserato così come disciplinato nei regolamenti federali.
Da questo discende il suo diritto a partecipare a tutte quelle attività che sono organizzate
- direttamente o insieme ad altri enti nazionali ed internazionali - dalla federazione
oppure da essa semplicemente riconosciute.
In secondo luogo, emerge il rapporto giuridico con la società sportiva, che è di diritto
privato ed in particolare, come abbiamo visto, di fonte contrattuale.
In terzo luogo, vi è il rapporto giuridico intercorrente con gli atleti con cui si gareggia;
quest‟aspetto costituisce il nucleo funzionale dello status di sportivo professionista e,
rispetto ad esso, gli altri due si pongono in relazione strumentale di mezzo a fine.
Dall‟articolo 35 del d.p.r. n. 157 del 1986, recante la disposizione d‟attuazione della
legge n. 426 del 1942 istitutiva del C.O.N.I., si ricava che <<gli atleti sono inquadrati
presso le società, associazioni ed enti sportivi riconosciuti. L‟attività dell‟atleta
professionista è disciplinata da norme regolamentari particolari emanate dalla
federazione competente e secondo i principi dettati dalla rispettiva federazione
internazionale>>.
Da tale norma si ricavano due principi fondamentali:
A) - che gli atleti sono inquadrati presso società sportive riconosciute dal C.O.N.I..
B) - che gli atleti partecipano alle gare autorizzate osservando i regolamenti ed i principi
dell‟ordinamento sportivo.
Mentre il primo requisito è più generale, riguardando sia l‟atleta dilettante che quello
professionista, il secondo invece si riferisce espressamente all‟atleta professionista.
L‟ultimo comma dell‟articolo 35 rimanda alle regole poste in essere da ciascuna
federazione per gli atleti professionisti <<sono sportivi professionisti gli atleti, gli
allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici che esercitano l‟attività
sportiva a titolo oneroso e con carattere di continuità nell‟ambito delle discipline
regolamentate dal C.O.N.I. e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni Sportive
Nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l‟osservanza delle
direttive stabilite dal C.O.N.I. per la distinzione dell‟attività dilettantistica da quella
professionistica>>.
53
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Detta legge è intervenuta a collegare l‟attribuzione dello status di sportivo professionista
ad una serie di requisiti, oggettivi e soggettivi, tra i quali principale è il carattere della
onerosità della prestazione sportiva. Tale formulazione è coerente anche perché
cronologicamente successiva rispetto alla disciplina compiutamente dettata dal
legislatore in materia di società e sportivi professionisti (legge n. 91 del 1986).
Si è sostenuto in dottrina117 che lo sportivo professionista non è esclusivamente colui che
esercita l‟attività sportiva a titolo oneroso e in modo continuativo in quanto tale
situazione può essere infatti propria anche del dilettante; questa parte della dottrina
afferma allora che lo sportivo professionista è colui che pratica lo sport per professione e
per il quale l‟attività sportiva prevale rispetto ad altre, cosa che invece certamente non
accade per il dilettante118. Se poi l‟attività è svolta in modo continuativo alle dipendenze
di una società, il professionista è anche lavoratore subordinato.
Per quanto attiene lo studio del contenuto del contratto di lavoro dello sportivo
professionista rinvio al capitolo successivo, mentre adesso è opportuno spendere alcune
parole per l‟identificazione dello sportivo dilettante in contrapposizione alla sportivo
professionista.
A titolo puramente esemplificativo possiamo elencare quelli che in virtù della legge n. 91
e delle norme emanate dalle federazioni sportive nazionali sono considerati sportivi
professionisti: ossia atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi ed preparatori atletici, che
esercitano la loro attività sportiva a titolo oneroso e con carattere di continuità
nell‟ambito delle seguenti discipline:
Calcio: serie A, B, C1, e C2 maschili;
Pallacanestro: serie A1 e A2 maschili;
Ciclismo: gare su strada e su pista approvate dalla Lega ciclismo;
Motociclismo: velocità e motocross;
Pugilato I°, II° e III° serie delle quindici categorie di peso;
Golf.
L‟attività dilettantistica, a differenza di quella professionistica sportiva non trova alcuna
disciplina specifica nel nostro ordinamento giuridico119.
117
Sul punto, si veda Dalla Costa P., La disciplina giuridica del lavoro sportivo, Egida, 1993.
Mazzoni G., nel suo Dilettanti e professionisti, in Riv. dir. sport., 1968, 368 definisce professionista
colui che esercita, come lavoro abituale, uno sport determinato: ordinariamente egli non esercita
nessun‟altra attività poiché egli pratica lo sport in modo continuo e in forma professionale, ed ha come
scopo un lucro, uno stipendio, una partecipazione agli utili, una retribuzione periodica o differita,
qualunque sia il suo contratto.
119
Sul punto, si veda Di Salvatore P., Diritto nello sport, libreria dell‟università editrice, 2001.
118
54
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Per quanto concerne l‟atleta dilettante, sono le regole olimpiche sancite dalla Carta
Olimpica del C.I.O. a fornirne una definizione: è dilettante chi pratica lo sport per puro
divertimento e/o svago senza ricavarne alcun beneficio e/o profitto materiale.
A dire il vero, nel tempo si sono succedute tantissime definizioni del dilettante sia da
parte del C.I.O. sia anche da parte di esponenti - più o meno di spicco - della dottrina.
Pierre Larusse definì dilettante colui che ha un gusto spiccato, una predilezione
particolare per una cosa: colui che coltiva la poesia e/o le belli arti per diletto senza farne
una professione.
Secondo la definizione offerta dall‟articolo 26 dell‟edizione del 1967 della Carta
olimpica120 dopo aver affermato che <<per essere ammessi a partecipare ai Giochi
Olimpici121, i concorrenti devono essersi sempre dedicati alla pratica dello sport come
un‟attività marginale senza trarne alcun profitto materiale di qualunque genere esso
sia>>, l‟articolo prosegue affermando che gli atleti possono avvalersi di questa qualifica:
A) - se hanno una posizione di base di natura tale da assicurare la loro esistenza presente
e futura;
B) - se non ricevono e non hanno mai ricevuto alcuna remunerazione per la loro
partecipazione alle attività sportive;
C) - se osservano le regole della federazione preposta allo sport da essi praticato, nonché
le disposizioni del regolamento d‟applicazione del presente articolo.
Chiunque soddisfi queste condizioni è considerato dilettante dal punto di vista olimpico.
Tuttavia già dai giochi olimpici del 1976 era stata ammessa una forma di dilettantismo
oneroso - caratterizzato cioè da rimborsi spese, borse di studio, premi, compensi per
mancato guadagno - allo scopo di garantire agli atleti un trattamento economico
sostanzialmente sostitutivo della retribuzione.
Il regolamento d‟applicazione dell‟articolo 26 prevede tra l‟altro che non possono essere
considerati dilettanti:
1) - gli atleti che sono stati retribuiti per la loro partecipazione o che hanno convertito
premi in moneta o che hanno ricevuto premi di valore superiore a cinquanta dollari o
regali convertibili in denaro;
120
Al capitolo rubricato “Giochi Olimpici”, sotto la rubrica “qualificazione”.
Condizione essenziale per partecipare alle Olimpiadi era quella di essere un dilettante. Oggi non è più
propriamente così, di recente si registra un‟evoluzione nell‟orientamento del C.I.O. circa la questione della
partecipazione ai giochi olimpici di atleti non propriamente dilettanti; infatti, ad esempio a Barcellona 1992 sono
stati ammessi per la prima volta alle olimpiadi anche atleti professionisti, come i tennisti del circuito
professionistico (ATP), e i giocatori di pallacanestro dalla NBA, la lega professionistica americana.
121
55
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2) - gli atleti che hanno tratto guadagno, in un modo qualsiasi, dalla loro notorietà
sportiva e/o dal loro successo;
3) - gli atleti pagati per l‟uso del loro nome o della loro fotografia per apparire in
trasmissioni radiofoniche o televisive;
4) - gli atleti passati nei ranghi professionisti di un qualsiasi sport o che dichiarino di
voler diventare professionisti;
5) - coloro che sono retribuiti per allenare altri atleti in vista di gare sportive;
6) - coloro che ricevono borse di studio soprattutto in ragione della loro forma atletica;
7) - coloro che richiedono una remunerazione o il rimborso delle spese per un manager,
allenatore, parente o amico;
8) - coloro che hanno ricevuto un rimborso spese eccedente le spese reali;
9) - coloro che hanno interrotto la loro abituale occupazione lavorativa per partecipare
ad uno stage speciale di allenamento della durata superiore alle tre settimane.
Nel nostro ordinamento il termine attività dilettantistica non trova alcuna definizione
positiva, tant‟è che gli unici interventi legislativi rivolti a tale settore 122individuano
l‟attività dilettantistica in negativo, ossia come quell‟attività che non è professionistica.
Largamente trascurata nel dibattito della dottrina e della giurisprudenza, deve
considerarsi fondamentale per i dilettanti sportivi la questione del vincolo a tempo
indeterminato cui è soggetto l‟atleta tesserato che sottoscrive il proprio “cartellino” con
una società che svolge attività in campionati non professionistici: il vincolo sportivo
degli atleti dilettanti si costituisce come legame senza limiti di tempo e senza possibilità
di essere sciolto se non con il consenso della società d‟appartenenza.
Con il tesseramento, sul piano strettamente giuridico, l‟atleta dilettante instaura un
autentico rapporto contrattuale con la propria associazione e, conseguentemente, accetta
le clausole statutarie e regolamentari della relativa federazione, richiamate espressamente
nei moduli ai quali viene apposta una firma che, nell‟attuale ordinamento sportivo,
appare come atto necessario per poter praticare una disciplina individuale o di squadra
organizzata nell‟ambito del C.O.N.I..
Il problema coinvolge principalmente la libertà del soggetto che pratica attività
agonistica, in quanto l‟atleta è costretto a stipulare il vincolo e a devolvere
irrevocabilmente e senza limiti di tempo la piena titolarità dei poteri sulle proprie
prestazioni sportive alla società con la quale si affilia.
122
E più precisamente la legge 26 marzo 1986, n. 80 e la legge 16 dicembre 1991, n.398
56
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Del tutto improprio, dato che si tratta di atleti non professionisti, è inquadrare il problema
del vincolo sportivo esclusivamente all‟interno del rapporto di lavoro e discutere se il
divieto di recesso unilaterale costituisca una violazione della libertà di lavoro123 oppure
se l‟inammissibilità della rinuncia dell‟atleta alla prestazione sportiva rappresenti
un‟applicazione della disciplina del contratto d‟opera124.
Più appropriato è discutere la questione della libertà di praticare l‟attività sportiva e del
diritto d‟associazione tenendo conto del paradossale privilegio di cui godono gli atleti
professionisti. In quest‟ottica, secondo parte della dottrina125, dovrebbero ritenersi nulle
le clausole statuarie o regolamentari che prevedono l‟assunzione del vincolo sportivo a
tempo indeterminato da parte di un atleta militante in un‟associazione non riconosciuta
come sono solitamente quelle dilettantistiche, ed anche le norme che negano la possibilità
del diritto di recesso ad nutum del rapporto associativo126.
Il divieto imposto all‟atleta dilettante di recedere dalla qualifica, assunta al momento del
tesseramento, di associato di una società sportiva dovrebbe considerarsi nullo per
violazione di alcuni principi fondamentali dell‟ordinamento giuridico vigente.
Impedire il recesso a tempo indeterminato dal vincolo sportivo appare un‟evidente
lesione:
1. - del diritto di praticare senza difficoltà la propria attività agonistica che è sancito dai
principi generali dell‟ordinamento e rinvenibile positivamente nelle diverse libertà
individuali e sociali stabilite dalla carta costituzionale;
2. - della libertà d‟associazione tutelata dall‟articolo 18 della Costituzione che
comprende anche il diritto di non associarsi;
3. - del principio d‟uguaglianza sostanziale sancito dall‟articolo 3 della Costituzione,
data la parzialità del trattamento riservato illogicamente agli atleti professionisti dalla
legge n. 91.
In quanto al diritto di recedere dal rapporto associativo, in giurisprudenza127 si è
affermato
che
l‟adesione
ad
un‟associazione
non
riconosciuta
comporta
l‟assoggettamento dell‟aderente al relativo regolamento senza necessità di specifica
accettazione e con il solo limite derivante dal principio costituzionale della libertà
123
Libertà tutelata dall‟articolo quattro della nostra costituzione << La Repubblica riconosce a tutti i
cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha
il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un‟attività o una funzione che
concorra al progresso materiale o spirituale della società.>>
124
Articolo 2222 e susseguenti del nostro codice civile.
125
Sul punto, si veda Moro P., Questioni di diritto sportivo, Euro 92 editrice, 1999.
126
Recesso che invece è consentito ai professionisti dalla legge n. 91 del 1981 e successive modificazioni..
127
Cassazione civile, sez I, 9 maggio 1991, n. 5191, in Nuova giur. Civ. comm, 1992, I, 615.
57
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
d‟associazione, che implica la nullità di tutte quelle clausole che escludono o rendono
troppo oneroso il recesso.
Più recentemente128 è stato ribadito che il principio della libertà d‟associazione implica il
diritto di dissociarsi, come previsto dall‟articolo 20 della Dichiarazione dei diritti
dell‟uomo del 1948, secondo cui <<nessuno può essere costretto a far parte di
un‟associazione>>.
Tutto ciò fa, maggiormente, intendere la situazione di sfavore in cui si trova l‟atleta
dilettante soprattutto se contrapposta alla differente disciplina cui sono assoggettati gli
atleti professionisti.
Nella prassi, per opporsi al divieto di svincolo in via preventiva sempre più
frequentemente gli atleti stipulano accordi scritti che prevedono espressamente il diritto
di recesso del giocatore dalla società di militanza alla fine della stagione sportiva.
È chiaro che, nel caso in cui la società non rilasci il nulla osta nei modi e nei termini
stabiliti dalla pattuizione, l‟atleta potrà senz‟altro agire in giudizio per far valere
l‟inadempimento e richiedere il pagamento delle penali eventualmente previste.
Fino ad ora abbiamo osservato come uno dei tratti distintivi tra l‟atleta professionista e
quello dilettante consistesse nell‟onerosità del contratto. Tuttavia sovente accade che
anche nelle categorie minori, vale a dire quelle dilettantistiche, gli atleti percepiscano
comunque un compenso periodico sotto forma di rimborso spese.
Sebbene
si
tratti
formalmente
di
categorie
dilettantistiche,
sostanzialmente
semiprofessionistiche, questa retribuzione viene sancita da un accordo scritto che per la
sua struttura assume valore contrattuale; contratto che in ogni modo rimane estraneo alla
disciplina della legge n. 91 del 1981, trattandosi di normativa speciale insuscettibile
d‟applicazione analogica.
Concludendo, va ricordato che anche nel rapporto di lavoro sportivo dei dilettanti si
ripresenta il problema della natura autonoma o subordinata di detto rapporto129.
La risoluzione del problema concernente la qualificazione giuridica, autonoma o
subordinata del rapporto di lavoro degli sportivi esclusi dall‟applicazione della legge n.91
del 1981, si dovrà ricercare ricorrendo alle norme generali dell‟ordinamento giuridico;
stante la riconosciuta specialità del rapporto di lavoro posto in essere, l‟operazione
qualificatoria non potrà dirigersi lungo direzioni totalmente avulse dai principi fissati
dalla legge n. 91, dovendo, al contrario, muoversi entro assetti compatibili con la
128
Cassazione civile, sez. I, 14 maggio 1997, n. 4244, in Mass. giur. lav., 1998, 18.
Sul punto, si veda Martinelli G., Lavoro autonomo e subordinato nell‟attività dilettantistica, in Riv. dir.
sport., 1993, 13.
129
58
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
specialità del rapporto. L‟operatore giuridico sarà dunque tenuto a ricavare la regola del
caso non previsto rifacendosi estensivamente alla stessa interpretazione della legge
speciale nel suo complesso.
Quindi se per il legislatore è stato possibile fissare una presunzione a favore del rapporto
di lavoro subordinato per ciò che attiene all‟atleta professionista, non può verificarsi, per
le ragioni sopra esposte, lo stesso nei confronti degli atleti dilettanti il cui contratto deve
essere, pertanto, esaminato di volta in volta alla luce dei principi generali.
Qualora sussistano i requisiti previsti dall‟articolo 2094 c.c. nulla vieta di applicare,
anche ai rapporti di lavoro dei settori dilettantistici, la figura del rapporto di lavoro
subordinato. Però, come già detto, per i dilettanti non può operare la presunzione di cui
all‟articolo 3 della legge n. 91, essendo sempre necessario constatare la presenza degli
elementi di cui all‟articolo 2094 c.c. ed, eventualmente, di quelli integranti la fattispecie
del lavoro autonomo.
59
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1.4 - Tecnici, allenatori, direttori sportivi: qualificazione e funzioni
Oltre agli atleti sono numerosi i soggetti che agiscono nell‟ambito
dell‟ordinamento sportivo; sono tutte quelle figure che, a vari livelli e a vario titolo,
concorrono a compiere le operazioni connesse allo svolgimento dell‟evento sportivo,
quali gli allenatori, i dirigenti, i giudici, gli arbitri e così via dicendo.
Tra questi particolare rilevanza assumono gli allenatori, i preparatori atletici ed i direttori
tecnico-sportivi, giacché anche di essi si occupa espressamente la legge 23 marzo 1981,
n. 91.
Tutto quanto descritto in materia di professionismo sportivo a riguardo degli atleti è
riferibile anche a questi soggetti, che offrono le proprie prestazioni a titolo continuativo
ed oneroso nell‟ambito di discipline qualificate come professionistiche.
Come detto, la legge n. 91 all‟articolo 2riconosce tale qualifica – oltre che agli atleti –
anche agli allenatori, ai direttori tecnico-sportivi ed ai preparatori atletici.
Mentre alcuni autori considerano tale elencazione tassativa130, sembra più conforme alla
ratio della legge ritenere che il legislatore abbia inteso elencare, a puro titolo
esemplificativo, solo alcune tra le più note figure di lavoratori sportivi senza quindi
escludere dall‟ambito d‟applicazione e di tutela anche altre figure di professionisti
eventualmente previste dagli ordinamenti federali.
Con il termine allenatore e preparatore atletico, secondo la prassi sportiva, si intendono
coloro che sulla base delle normative federali sono qualificati a svolgere funzioni di
carattere strettamente tecnico nell‟ambito dell‟istruzione e dell‟allenamento di atleti e
talvolta anche nel campo della loro tutela fisica.
Secondo quanto previsto dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, rientrano nei quadri
tecnici anche i massaggiatori e i medici sociali; per queste figure di sportivi esistono
appositi albi professionali per accedere ai quali è necessaria un‟abilitazione
regolamentata dalle singole federazioni.
Dal regolamento del settore tecnico della Federazione Italiana Giuoco Calcio emerge
che:
130
Sul punto, si veda Piccardo E., Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, in
Nuove leggi civ., 1982, 563.
60
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1. - L'abilitazione ad Allenatore Professionista di prima categoria si consegue dopo la
partecipazione al Corso Centrale - organizzato presso il Centro Tecnico Federale di
Coverciano (FI) – e al superamento con esito positivo dell‟esame finale.
2. - I Preparatori Atletici a cui spetta la responsabilità della preparazione fisico-atletica
degli atleti delle società di calcio di ogni categoria, conseguono l'abilitazione dopo la
partecipazione, con esito positivo, ad un Corso Centrale organizzato dal Settore
Tecnico. Vengono ammessi a partecipare a questo Corso solo coloro che sono già in
possesso del diploma rilasciato dall'I.S.E.F..
A livello comunitario la libera circolazione degli allenatori, non essendovi ovviamente
preoccupazioni di tutela del vivaio nazionale e di equità competitiva, incontra solo
episodicamente ostacoli simili a quelli incontrati dagli atleti. Non mancano tuttavia, in
taluni stati e/o talune federazioni, barriere di fatto o di diritto nei confronti degli
allenatori stranieri.
Gli ostacoli più rilevanti derivano in genere dal mancato riconoscimento della
formazione e delle qualifiche conseguite all‟estero131. Agli allenatori sono così
indubbiamente applicabili, oltre ai principi generali in materia di libera circolazione,
anche i principi che la Corte di giustizia ha enunciato in occasione degli unici due casi in
cui ha avuto specificatamente a che fare con la libertà di circolazione e il riconoscimento
di qualifiche di allenatori, ossia i c.d. casi Walrave e Heylens132.
Questi due casi - soprattutto il secondo che riguarda un allenatore di calcio belga cui non
si voleva consentire di allenare in Francia – dimostrano che né gli stati membri né gli
organismi sportivi possono mantenere norme esplicitamente od occultamente
discriminatorie e che, anzi, sono tenuti a predisporre procedure che consentano di
accertare se gli allenatori provenienti da altri stati membri dell‟Unione Europea abbiano
qualifiche sostanzialmente equivalenti a quelle che di fatto sono richieste agli allenatori
nazionali per esercitare lo stesso tipo di lavoro.
In attuazione di ciò il regolamento del settore tecnico della F.I.G.C. contiene la seguente
disciplina all‟articolo 27:
1. - Gli allenatori provenienti da Federazioni Estere, per poter essere tesserati da una
Società italiana, devono essere inseriti in un Elenco Speciale degli Allenatori
provenienti da Federazioni Estere.
131
Tutto ciò è dovuto ad una disciplina assai carente e poco omogenea nei e trai vari stati membri
dell‟Unione Europea.
132
Sentenze del 12 dicembre 1974, causa 36/74, Walrave, in Raccolta, 1974, 1405; e del 15 ottobre 1987,
causa 222/86, Heylens, in Raccolta, 1987, 4097.
61
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2. - Le Società che intendono avvalersi di un allenatore proveniente da Federazione
Estera devono richiederne, tramite la Lega di appartenenza, il tesseramento al Settore
Tecnico corredando la domanda con le certificazioni relative al Diploma di
Allenatore conseguito presso la Federazione Estera e all'attività svolta come
allenatore.
3. - Le certificazioni indicate al comma precedente saranno valutate dal Comitato
Esecutivo del Settore Tecnico che potrà equiparare i titoli in possesso dell'allenatore
ad una delle seguenti qualifiche: a) Allenatore Professionista di 1a categoria; b)
Allenatore Professionista di 2a categoria; c) Allenatore Dilettante di 3a categoria.
4.
- Esperite le procedure, il Settore Tecnico iscriverà l'allenatore nell'Elenco Speciale e
lo tessererà per la Società richiedente.
È però quella del direttore tecnico-sportivo la figura di lavoratore sportivo di più difficile
definizione in quanto – data l‟ampiezza dei compiti svolti - assume spesso connotazioni
notevolmente diverse negli statuti e regolamenti federali; essendo incerto se si devono
considerare coloro che, alternativamente o congiuntamente con gli allenatori, partecipano
alla conduzione tecnica delle squadre o se devono invece essere ricompresi in tale
categoria solo i direttori sportivi in senso lato, cioè coloro che hanno esclusivamente
funzioni manageriali. Dato il parere della dottrina,
considerando anche le varie
configurazioni giuridiche che possono assumere i manager delle società, è sicuramente
da preferire la prima ipotesi. A tale figura sono quindi da ricondurre tutte quelle funzioni
che rientrano nell‟affidamento, totale o parziale, della conduzione tecnica con la
responsabilità sui risultati relativi alla promozione e allo sviluppo delle pratiche
agonistiche. Il direttore tecnico-sportivo, secondo gli ordinamenti federali è quel
dirigente che, in seguito alla sempre maggiore complessità del fenomeno sportivo,
collabora per lo sviluppo dello sport mettendo a disposizione la competenza e
l‟esperienza tecnica in suo possesso.
Per quanto riguarda la natura contrattuale del rapporto di lavoro di questi soggetti,
bisogna avvalersi ancora una volta della disciplina dettata dalla legge n. 91 del 1981, e
più precisamente vanno analizzati gli articoli 2 e 3 di detta legge.
L‟articolo 2 nell‟elencare i soggetti a cui si riferisce la legge parla di sportivi, indicando
con tale, ampio, termine non solo gli atleti veri e propri, ma anche i non atleti, ossia
allenatori, preparatori e direttori tecnico-sportivi.
Per ottenere la qualifica di professionisti i c.d non atleti – al pari degli atleti - devono
esercitare la loro attività a titolo oneroso con continuità nell‟ambito delle discipline
62
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
regolamentate dal C.O.N.I. e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive
nazionali. Quindi dalla lettura di questo articolo non sembrano emergere distinzione tra il
trattamento degli atleti e dei non atleti, distinzioni che invece appaiono molto più chiare
nel successivo articolo, dove non si parla più genericamente di sportivi, ma
specificatamente di atleti, quindi non sembra che questo articolo possa riferirsi ai non
atleti. Il silenzio nei confronti di quest‟ultimi non si ritiene casuale, ma giustamente
determinato. È evidente che il legislatore abbia voluto dar corso ad una disciplina
speciale ai fini dell‟individualizzazione della tipologia del rapporto, soprattutto degli
atleti, data la generalità della prestazione, fermo restando che per le altre categorie di
sportivi di cui è fatto cenno varranno le disposizioni di carattere generale di cui,
rispettivamente, agli articoli 2094 e 2222 del codice civile.
La norma dettata dall‟articolo 3 prevede, secondo la dottrina prevalente, una presunzione
legale di subordinazione a prescindere dalla verifica - volta per volta - dell‟esistenza dei
caratteri tipici del lavoro dipendente. Tale norma si applica esclusivamente nei confronti
degli atleti professionisti mentre gli altri sportivi professionisti – allenatori, preparatori
atletici e direttori tecnico-sportivi – non soggiacciono alla richiamata presunzione legale;
per questi la subordinazione non è presunta ma è da considerare l‟ipotesi, tipicamente
ricorrente in virtù della diversa attività lavorativa svolta, che si caratterizza per un
profondo inserimento nell‟organizzazione imprenditoriale della società d‟appartenenza.
Tuttavia, l‟esistenza di un rapporto di lavoro subordinato può essere accertata di volta in
volta attraverso l‟applicazione dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro133.
Relativamente al rapporto intercorrente tra professionisti sportivi e la società che li
ingaggia, la giurisprudenza134 ha riconosciuto il diritto di recesso dal contratto di lavoro
per giusta causa dovuta agli scarsi risultati ottenuti dalla squadra affidata alla conduzione
tecnico-sportiva di tali soggetti.
Per concludere, meritano due parole i soggetti appartenenti ad una particolare categoria
di ausiliari sportivi: i massaggiatori. Poco sopra abbiamo detto che secondo la dottrina
queste figure sarebbero assimilabili a quelle degli allenatori e dei preparatori ma in realtà
tale affermazione - alla luce di una recente sentenza della Pretura di Venezia135 - non
sembra poter essere considerata totalmente veritiera.
133
In tal senso Martinelli, Lavoro autonomo e subordinato nell‟attività dilettantistica, Riv. dir. sport, 1993,
13.
134
Sul punto, si veda un‟importantissima pronuncia del Tribunale di Venezia del 14 settembre 1993
(Società calcio Venezia contro Alberti), in Riv. dir. sport., 1996, 781.
135
Sentenza 22 luglio 1998.
63
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Tralasciando i motivi che hanno portato a tale sentenza si può, infatti, notare come da
essa emerga che il massaggiatore di una squadra di calcio non sia uno sportivo
professionista ed in virtù di ciò, quindi, il suo contratto non sia soggetto alla legge n. 91
del 1981. Questa conclusione non si basa su un divieto d‟interpretazione estensiva delle
categorie indicate dall‟articolo 2 della legge n. 91 ma sul fatto concreto per cui i
massaggiatori sportivi forniscono una prestazione, per così dire, esterna in quanto non
solo non sono chiamati alla prestazione atletica, ma non sono neppure coinvolti nella
programmata ottimizzazione di questa né delle scelte e strategie del gioco e/o
dell‟impegno dei singoli atleti.
L‟esclusione dell‟applicabilità al contratto di lavoro sportivo subordinato di alcune
norme della legge 20 maggio 1970 n. 300 e della legge 15 luglio 1966 n. 604 appare
dettata dalla considerazione della peculiarità della prestazione dell‟atleta e pertanto tali
norme dovrebbero tuttora considerarsi applicabili ai contratti di lavoro stipulati dai
tecnici.
A tutt‟oggi resiste una parte, peraltro minoritaria, della dottrina136che ritiene
l‟impossibilità di inquadrare la prestazione sportiva di un allenatore nell‟ambito del
lavoro subordinato137.
Al fine di sostenere questa convinzione vengono esposte numerose argomentazioni:
1. - Innanzitutto viene fatto notare come lo svolgimento dell‟attività in oggetto da parte
di un allenatore si realizzi in piena autonomia; è infatti solo lui che decide con quali
giocatori formare la squadra, come svolgere gli allenamenti, quali disposizioni
tattiche impartire e quali sostituzioni operare.
2. - L‟allenatore non riceve ordini da nessuno nella sfera delle sue competenze, neppure
dal proprio presidente.
3. - L‟allenatore determina autonomamente l‟orario più adatto per lo svolgimento della
sua attività in relazione a quelle che sono le esigenze della sua squadra.
4. – L‟allenatore è inoltre direttamente e personalmente responsabile nei confronti della
società non di una mera attività ma bensì specificamente di un risultato.
Sulla base di tali - ma anche di numerose altre - argomentazioni, questa parte della
dottrina ha cercato di ricondurre il rapporto di lavoro dei tecnici sportivi sotto i canoni
del lavoro autonomo trovando però la decisa opposizione sia del legislatore – con la
legge n. 91 – sia della dottrina maggioritaria in virtù delle motivazioni che abbiamo
136
Guidata da Grasselli, sul punto si veda La figura dell‟allenatore, in Grasselli S., Profili di diritto
sportivo, Lucarini, 1990.
64
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
analizzato qualche capoverso sopra e che ci portano a ritenere che anche l‟attività svolta
degli allenatori sia riconducibile al campo della subordinazione.
137
Questa tesi è sostenuta principalmente da coloro che per anni avevano ricostruito la prestazione
65
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1.5 – Sport individuali
La titolazione generica della legge 23 marzo 1981, n. 91, - “norme in materia di
rapporti tra società e sportivi professionisti” - non lascia dubbi sull‟ampiezza del campo
d‟applicazione della norma stessa tesa a regolamentare i rapporti tra società e sportivi
professionisti nell‟ambito di tutte le discipline regolamentate dal C.O.N.I..
È però un dato altrettanto inconfutabile che la legge in esame venne a suo tempo pensata
e modellata con esclusivo riferimento al calcio: sorge dunque il problema di verificare la
compatibilità di questa legge, modellata su uno sport di squadra, con le attività sportive
di natura individuale.
Su questo punto ha provato a far chiarezza il giurista Pecora che in un suo articolo138 ha
provato a chiarire l‟applicabilità degli articoli 2 e 3 della legge n. 91 agli sport individuali
e più specificatamente:
1. - Se e quale giocatore di tennis è sportivo professionista ai sensi dell‟articolo 2.
2. - Se la prestazione del tennista verso la società d‟appartenenza può costituire oggetto
del contratto di lavoro subordinato di cui all‟articolo 3, primo comma.
Partendo dal punto 1) ha fatto notare come l‟articolo 2 detti i criteri volti a delimitare
l‟ambito d‟operatività della legge n. 91, stabilendo che per la configurazione dello
sportivo professionista occorre esercitare un‟attività sportiva:
A) - a titolo oneroso;
B) - con carattere di continuità;
C) - di natura professionistica in base alla normativa federale sportiva;
D) - nell‟ambito di discipline regolamentate dal C.O.N.I..
L‟investitura a sportivo professionista è pertanto subordinata alla titolarità di requisiti
individuati
sia,
direttamente,
dall‟ordinamento
statale
sia,
in
via
delegata,
dall‟ordinamento sportivo.
Per quanto riguarda i requisiti A) e B), essi sono richiesti dall‟artico 2 in termini generici
in quanto non si esige né una specifica fonte della onerosità né tantomeno una continuità
dell‟atleta professionista in termini di lavoro autonomo.
138
Il giocatore di tennis è sportivo professionista e lavoratore subordinato ex articolo 2 e 3 della legge
91/1981, in Dir. lav. 1988, I, 306
66
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
di prestazioni verso un soggetto determinato, ma solo nell‟ambito della disciplina
sportiva regolamentata dal C.O.N.I...
Sul requisito C): a norma dell‟articolo 3, terzo comma, del regolamento interno della
F.I.T. <<è tesserato professionista colui che pratica l‟attività agonistico-sportiva o
didattica nonché gli istruttori ed i maestri, ricavandone proventi che costituiscono il
corrispettivo di un‟attività professionale>>.
In buona sostanza il tesserato che non fa della pratica tennistica una professione, anche se
in qualche modo ne ricava degli utili139, resta dilettante in quanto non si tratta di
compensi percepiti a carattere professionale. Di contro il tesserato che pratica e/o insegna
il tennis a titolo professionale, ricavando da tale attività dei proventi economici, è da
inquadrare tra i professionisti. Con specifico riferimento agli atleti, detta situazione è
riscontrabile in pratica solo tra i giocatori internazionali e di categoria “A” 140e solo
raramente tra quelli di categoria “B” 141.
Nessun dubbio esiste circa la configurabilità del requisito D): la F.I.T. 142è infatti
inquadrata quale organo dal C.O.N.I.143 ed è inserita nella relativa organizzazione
internazionale
Venendo al punto 2) bisogna chiedersi se la prestazione del tennista verso la società
d‟appartenenza possa costituire oggetto del contratto di lavoro subordinato di cui
all‟articolo 3, primo comma, legge n. 91.
La risposta negativa sembra però essere la più consona sia per l‟assenza della onerosità e
della continuità specifiche richieste dal primo comma dell‟articolo 3 sia per la natura
fondamentalmente individuale dell‟attività del giocatore di tennis nei cui confronti
appare quindi inadattabile lo schema subordinatorio.
L‟onerosità richiesta dall‟articolo 3, al fine di qualificare come subordinata la prestazione
dell‟atleta, ha una caratura diversa rispetto a quella di cui all‟articolo 2, che deve essere
considerata un‟onerosità generica. In pratica per l‟articolo 3, non è considerata come
onerosa la prestazione dell‟atleta che in qualche modo ottiene un profitto ma lo è
esclusivamente solo quella direttamente remunerata dalla società o associazione
d‟appartenenza. Ne consegue quindi che il tennista che ottiene profitti derivanti da
139
Quali potrebbero essere piccole sponsorizzazioni e premi di modesta entità.
La categoria “A” è composta da una fascia di giocatori qualificati come internazionali, comprendente
coloro che svolgono una significativa attività a livello mondiale con risultati tecnici di grande rilievo; sono
elencati in un‟unica graduatoria di valori decrescenti, periodicamente aggiornata nel corso dell‟anno.
141
Il settore dei classificati in categoria “B” ha carattere nazionale e comprende quei giocatori che
svolgono un‟attività semiprofesionistica e che raggiungono un livello tecnico superiore a quello dei
giocatori di categoria “C”.
142
Federazione Italiana Tennis.
140
67
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
contratti di sponsorizzazione pubblicitaria e/o dalla partecipazione a tornei ma non dalla
sua società a titolo di retribuzione non è certamente atleta lavoratore remunerato ai sensi
dell‟articolo 3, comma primo.
Riflessione sostanzialmente analoga può essere fatta con riferimento alla continuità delle
prestazioni.
Alla luce di queste affermazioni può concludersi che quello del tennista sia un rapporto
di lavoro da inquadrarsi normalmente in quelli di natura associativa e - in termini di mera
eventualità quando esista anche l‟onerosità in senso specifico144 come richiesta
dall‟articolo 3 - nello schema eccezionale di cui al secondo comma dell‟articolo 3, cioè
quello del lavoro autonomo.
Questa esemplificazione di un caso pratico dimostra appieno come la legge n. 91 del
1981 sia una legge che mal si adatta agli sportivi c.d. individuali nei confronti dei quali e
dunque difficilmente applicabile se non in casi eccezionali.
143
Articolo 5 della legge 462 del 1942.
Sono quei casi in cui l‟atleta riceve dalla società d‟appartenenza compensi connessi alla partecipazione
ai tornei inter-sociali.
144
68
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1.6 - Il rapporto di lavoro sportivo degli “azzurri”
Un discorso a parte richiede un altro, particolare, rapporto sportivo: quello che
riguarda gli atleti e le rappresentative nazionali. Anche in questo caso si ripresenta lo
scontro tra i sostenitori del rapporto sportivo come subordinato e quelli che, invece,
propendono per la tesi dell‟autonomia di detto rapporto.
È principio generale dell‟ordinamento sportivo che il tesseramento comporti l‟obbligo
per l‟atleta di rispondere positivamente alle convocazioni delle Federazioni Sportive
Nazionali del C.O.N.I. per la preparazione e la disputa d‟incontri internazionali145.
Ma, mentre il rapporto atleta-società, è regolato dalla legge n.91, quest‟altro rapporto non
è sorretto da alcun specifico supporto legislativo ragion per cui la soluzione può essere
trovata soltanto tramite l‟analisi di alcune decisioni giurisprudenziali intervenute in
materia.
Per gli aspetti qui trattati, la decisione che meglio si adatta ad essere analizzata è una
sentenza della Cassazione146sorta, originariamente, per motivi tributari147tra il C.O.N.I. e
l‟Amministrazione Finanziaria dello Stato148.
In particolare l‟ufficio distrettuale delle imposte dirette di Roma accertava a carico del
C.O.N.I. vari redditi - tra i quali una parte tassabili in R.M. categoria C/2 e in
complementare, con obbligo di rivalsa ai sensi degli articoli 127 e 163 del T.U. del 29
gennaio 1958, n. 645 - riguardanti delle entità economiche corrisposte dalla F.I.G.C. ai
propri “nazionali” per le quali non era stata effettuata né la ritenuta né la rivalsa.
Contro tale accertamento il C.O.N.I. propose ricorso alla Commissione Tributaria di
primo grado eccependo che non doveva essere effettuata alcuna ritenuta essendo quella
offerta dagli atleti alla Federcalcio una prestazione sportiva saltuaria e non una
prestazione lavorativa; precisava inoltre che tali compensi avrebbero dovuto essere
considerati non tassabili in categoria C/2 in quanto, qualora la prestazione offerta dagli
145
La violazione di questo onere è sanzionata dai codici di giustizia sportiva.
Sezione Civile, 20 aprile 1990, n. 3303.
147
Assoggettamento alle ritenute fiscali dei compensi corrisposti dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio
ai giocatori ed ai tecnici professionisti a titolo di premi partita per la loro partecipazione a gare
internazionali.
148
La contestazione riguardava i premi corrisposti dalla F.I.G.C. negli anni 1971, 1972, 1973.
146
69
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
atleti nell‟ambito delle rappresentative nazionali fosse stata qualificata come lavorativa,
la stessa doveva intendersi autonoma e non subordinata.
Il ricorso fu respinto dalla Commissione Tributaria sia di primo che di secondo grado per
l‟insufficienza della documentazione presentata dal C.O.N.I. a sostegno dell‟assunto;
scaduti i termini per il ricorso alla Commissione Centrale, il C.O.N.I. propose
impugnazione davanti alla Corte d‟Appello Civile di Roma che, con pronuncia resa nel
contraddittorio delle parti, respinse il gravame149.
La Corte d‟Appello di Roma motivò la decisione basandosi sull‟assunto che i “nazionali”
non possono essere considerati dei non lavoratori in quanto essi, oltre ad essere dei
tesserati della Federcalcio, sono anche dei professionisti e respinse inoltre la
qualificazione di lavoratori autonomi ad essi data dalla Federcalcio stessa.
In buona sostanza si sosteneva che il rapporto dello sportivo professionista con la società
d‟appartenenza abbia luogo senza soluzione di continuità perché, in conseguenza di una
disposizione dell‟ordinamento sportivo, la Federazione può avvalersi della prestazione
fisico-tecnica dei tesserati150: ne consegue che i dipendenti delle singole società risultino
come giuridicamente “distaccati” per il periodo di convocazione in nazionale.
Contro questa pronuncia il C.O.N.I. ricorse in Cassazione. La Corte di Cassazione ritenne
– ancora una volta – infondata l‟argomentazione giuridica del C.O.N.I. basata sul
contenuto principalmente ludico della prestazione offerta dagli azzurri ma, altresì, ritenne
non configurabile come comando o distacco la prestazione eseguita nell‟ambito delle
rappresentative nazionali. Per esclusione la Suprema Corte pervenne infine alla
conclusione che si trattasse di un rapporto giuridico autonomo anche alla luce dei
contenuti della legge sul professionismo sportivo, benché successiva al gravame.
Per quanto concerne la qualificazione del rapporto di lavoro intercorrente fra le
Federazioni Sportive Nazionali del C.O.N.I. e gli atleti, occorre precisare che anche se le
Federazioni possono assumere la veste di datori di lavoro, l‟articolo dieci, primo comma,
della legge n. 91, dispone che <<possono stipulare contratti con atleti professionisti solo
società sportive costituite nella forma di società per azioni o a responsabilità limitata>>.
Tale disposizione comporta, di conseguenza, che nel rapporto tra atleti professionisti e
Federazioni sportive sia esclusa la speciale configurazione contrattuale prevista dalla
legge n. 91 all‟articolo quattro e qualsiasi altro rapporto contrattuale di lavoro; infatti,
anche se non è ancora risolta la questione inerente alla natura delle Federazioni Sportive
149
Riv. dir. sport., 1985, 53.
Nella fattispecie una norma contenuta fra quelle organizzative interne della F.I.G.C., e più precisamente
l‟articolo 75 contenuto nel titolo V relativo all‟ordinamento delle squadre nazionali.
150
70
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
del C.O.N.I. deve osservarsi che, pur se volesse negarsi l‟aspetto pubblicistico, le stesse
non potrebbero comunque qualificarsi come società di capitali.
Da quest‟assunto, ne consegue che per chiarire quali rapporti intercorrano fra gli atleti e
le Federazioni sia necessario valutare la fattispecie secondo le norme comuni e speciali
del diritto del lavoro in combinazione con le regole ed i principi vigenti nell‟ordinamento
sportivo.
La Suprema Corte, nella sentenza in oggetto, ha superato l‟ipotesi secondo cui si sarebbe
in presenza di lavoro subordinato nella forma del comando o del distacco 151 sulla base di
una previsione dell‟ordinamento sportivo che determina un “pati” nei confronti delle
società d‟appartenenza al momento della convocazione in nazionale dei propri tesserati
senza peraltro che venga ad integrarsi quell‟obbligo di “facere” che è il presupposto per
la configurazione della fattispecie in termini di comando o distacco152.
L‟atleta nazionale non stipula, dunque, neanche verbalmente un contratto di lavoro
subordinato con la Federazione Sportiva ma adempie, semplicemente, all‟obbligo
stabilito nell‟ordinamento sportivo di rispondere alla convocazione.
Superata la possibile qualificazione di questo rapporto come di lavoro subordinato, ci si
accorge rilevabile che anche la definizione del rapporto giuridico in esame come di
lavoro autonomo - sebbene più realistica della precedente - possa trovare dei limiti153sia
nelle norme dell‟ordinamento sportivo sia nel già citato articolo 10 della legge n. 91
dell‟1981. Infatti, pur essendo presente nell‟ordinamento sportivo il principio secondo
cui è obbligo dei tesserati di rispondere positivamente alle convocazioni per la
formazione di rappresentative nazionali, non esiste alcun obbligo da parte delle
Federazioni di corrispondere a questi atleti un corrispettivo in denaro.
Poiché nessun obbligo particolare incontra la Federazione, si può ritenere possibile una
convocazione sia di atleti dilettanti che professionisti alle stesse condizioni e cioè anche
senza la corresponsione di alcun compenso. La possibilità che gli atleti possano
intrattenere rapporti giuridici non necessariamente a titolo oneroso con le Federazioni
151
L‟istituto, in parola, prevede la possibilità per il datore di lavoro di inviare un proprio dipendente a
svolgere attività in favore di un terzo che, diventando beneficiario della prestazione, è legittimato
all‟esercizio dei poteri disciplinari e di controllo. Attraverso tale meccanismo si realizza una semplice
modifica delle modalità d‟esecuzione dell‟attività lavorativa; restano viceversa immutati la titolarità e
l‟oggetto del rapporto, verificandosi soltanto una scissione tra datore di lavoro ed effettivo utilizzatore della
prestazione.
152
Inoltre, solitamente, le ipotesi di distacco o comando sono accompagnate da un interesse anche del
datore di lavoro distaccante, cosa che in questa situazione non si ha, in quanto, la società d‟appartenenza
può avere maggiore interesse affinché il suo tesserato non partecipi alle gare della nazionale. Viene così
meno un importante requisito di questo istituto giuridico.
153
Sul punto, si veda Cianchi V., Il rapporto di lavoro sportivo degli ”azzurri”, in Riv. dir. sport., 1991,
283.
71
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
porterebbe ad escludere anche la ricostruzione del rapporto come autonomo resa dalla
Corte di Cassazione154.
A completamento di questa analisi del rapporto di lavoro intercorrente con le Federazioni
Sportive Nazionali, merita spendere qualche parola circa i lavoratori sportivi non atleti.
Se per quanto riguarda la prestazione degli atleti nazionali si è parlato - per espressa
pronuncia della Cassazione - di lavoro autonomo, per quanto riguarda invece i tecnici
professionisti si impone una distinta conclusione con giustificata prevalenza della locatio
operis, dato che i tecnici prestano il loro lavoro non soltanto con ridotta continuità ma
anche con rilevanti margini d‟autonomia tecnica ed organizzativa e non essendo
sottoposti a quei condizionamenti che i loro colleghi di club sono tenuti a subire per
effetto delle scelte economiche ed imprenditoriali dei loro presidenti.
Concludendo si può dividere il personale delle Federazione Sportive Nazionali in tre
gruppi:
1. - Personale amministrativo da adibire agli uffici centrali, il cui rapporto è regolato
dalla legge n.70 del 20 marzo 1975 sul “parastato”;
2. - Personale da adibire agli organi periferici, soggetto ad accordi di diritto privato;
3. - Personale che svolge attività di carattere tecnico e sportivo, anch‟esso assunto in
base a rapporti di diritto privato.
154
Secondo Cianchi si dovrebbe optare per l‟inquadramento di tale prestazione nella categoria del lavoro
gratuito cui si accompagnano compensi configurabili come mere liberalità da parte delle federazioni.
Secondo Bianchi D‟Urso-Vidiri la fattispecie in oggetto si articola in due momenti interdipendenti:
sospensione del rapporto di lavoro con la società d‟appartenenza e costituzione di un nuovo rapporto di
lavoro con la F.I.G.C.
72
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1.7 - Normativa lavoratori stranieri
Se per l‟atleta di nazionalità italiana l‟unico limite ipotizzabile al diritto di
prestare la propria attività lavorativa è solo quello riconducibile a ragioni di carattere
tecnico, così non è stato, per molto tempo, per gli atleti stranieri che hanno subito a lungo
discriminazioni in ragione della loro nazionalità.
Dunque è necessario fare un discorso a parte per gli atleti stranieri; i regolamenti federali,
specie per quanto riguarda gli sport di squadra, hanno spesso elevato barriere al
tesseramento e all‟impiego di sportivi di nazionalità estera in nome di varie esigenze tra
cui quella primaria di tutelare i vivai nazionali e la formazione delle squadre nazionali.
Analizzando il fenomeno calcio vi è stato un periodo - fino agli inizi degli anni ottanta in cui la preclusione al tesseramento e all‟impiego di atleti stranieri era assoluta; in tale
ottica il possesso della nazionalità italiana ha rappresentato un requisito soggettivo di
capacità a concludere un contratto di lavoro sportivo professionistico.
Con il passare degli anni la normativa dei lavoratori sportivi stranieri ha subito continui
cambiamenti che hanno stravolto quella che era la normativa dei primi anni ottanta alla
c.d. “riapertura delle frontiere”.
Un campo, questo, dove è di recente intervenuto anche il nostro governo con la legge
“Bossi–Fini”155 che si è occupata anche dei lavoratori sportivi extracomunitari.
Se alla “riapertura delle frontiere” non vi era stata alcuna distinzione tra stranieri
comunitari e stranieri extracomunitari156, oggi sono invece due situazioni giuridiche
profondamente diverse. Il momento di rottura di tale “equilibrio” è rappresentato dalla
famosissima sentenza Bosman che ha sancito la libera circolazione degli atleti tra i paesi
della comunità europea ritenendo illegittimo qualsiasi tipo di limitazione a tale
eguaglianza.
Ricostruendo più accuratamente quelli che sono stati gli sviluppi della disciplina è
opportuno partire proprio dalla fase successiva alla già citata riapertura delle frontiere: in
un primo momento venne data la possibilità di tesserare due stranieri e pochi anni dopo il
155
Legge 30 luglio 2002, n.189.
Nelle disposizioni federali mancava qualsiasi tipo di distinzione tra calciatori comunitari ed
extracomunitari riferendosi esse unicamente ai <<calciatori provenienti da Federazione estera>>.
156
73
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
limite fu portato a tre. Ciò avvenne a seguito di una decisione della Corte Federale157
della F.I.G.C. che in data 26 e 27 febbraio 1998 riconobbe la possibilità per le società di
serie A di tesserare tre stranieri a partire dalla stagione agonistica 1988-89. Queste
modifiche andarono ad incidere sull‟articolo 40 delle Norme organizzative interne
federali (N.O.I.F.) e di lì a poco la discplina fu modificata nuovamente: venne
liberalizzato il numero degli stranieri tesserabili ma vennero confermati i limiti alla
possibilità di schierare giocatori stranieri in ciascuna squadra per ciascuna partita158.
Il sistema protezionistico accennato - in un primo tempo ed in un certo senso tollerato
dalla giurisprudenza italiana e dalla stessa autorità comunitaria - è stato invece
rivoluzionato da una serie di decisioni della Corte di Giustizia della Comunità europea
culminate, appunto, con la sentenza Bosman.
Innanzitutto la Corte di Giustizia della Comunità europea, con sentenze 12 dicembre
1974159 e 10 luglio 1976160, aveva ritenuto le attività sportive soggette alla
regolamentazione del diritto comunitario se configurabili <<come attività economiche ai
sensi dell‟articolo 2 del trattato>> ed aveva specificatamente affermato che <<riveste
carattere economico l‟attività dei calciatori professionisti o semiprofessionisti, che
svolgono un lavoro subordinato o effettuano prestazione di servizi retribuita>>.
Infine si è giunti alla c.d. sentenza Bosman; la Corte, interpellata nell‟ambito di una
complessa vicenda giudiziaria - promossa dal calciatore belga – riguardo i principi del
Trattato comunitario delle norme emesse da associazioni sportive internazionali161
implicanti distinzioni fondate sulla cittadinanza nella regolamentazione del lavoro
sportivo, ha risposto che esse contrastano con l‟articolo 48162 del Trattato di Roma163 e
costituiscono un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori.
Non possono esistere norme che limitino il diritto dei cittadini di altri stati membri a
partecipare, come professionisti, ad incontri di calcio, e ciò anche se non riguardano il
loro ingaggio ma solo la possibilità per le società di farli scendere in campo nelle partite
157
in Dir. lav. 1988, I, 300.
L‟allora vigente comma settimo dell‟articolo 40 delle Norme organizzative interne federali (N.O.I.F.),
prescriveva che il tesseramento di calciatore proveniente da federazione estera poteva essere effettuato solo
con l‟autorizzazione del Presidente federale, qualora fosse stato rilasciato il transfert internazionale dalla
federazione di provenienza, e che lo schieramento in campo delle squadre di serie A doveva comprendere
almeno otto giocatori italiani e, quindi, solo tre stranieri e nessuno per le serie inferiori, salvo il caso di
squadre retrocesse in serie B che potevano mantenere due giocatori tra quelli utilizzati nella stagione
precedente.
159
Sentenza n. 36/74, Walrave e Koch contro Unione Ciclistica internazionale, in Foro it., 1975, IV, 81.
160
Sentenza n. 13/76, Donà contro Montero, in Foro it., 1976, IV, 361.
161
F.I.F.A., U.E.F.A, e federazioni nazionali.
162
Divenuto ora articolo 39.
163
Trattato istitutivo della Comunità Economica europea (CEE) firmato a Roma il 25 marzo 1957 ed
entrato in vigore il 1° gennaio 1958 con durata illimitata.
158
74
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
ufficiali dato che queste ultime costituiscono l‟oggetto essenziale dell‟attività di un
calciatore164.
La decisione della Corte di Giustizia ha fatto cadere ogni vincolo e ogni forma di
discriminazione nel tesseramento e nell‟impiego dei cittadini comunitari, siano essi
calciatori o atleti praticanti altre discipline sportive a livello professionistico, essendo
solo essenziale lo svolgimento d‟attività sportiva remunerata e, quindi, avente carattere
economico. Ed infatti una volta ammesso che lo sport professionistico costituisce
prestazione lavorativa esercitata a titolo oneroso si da configurarsi come attività
economica ai sensi dell‟articolo 2 del trattato, ed affermata la diretta operatività nel
nostro ordinamento dell‟articolo 48 del trattato – che sancisce la libera circolazione dei
lavoratori vietando qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità - e dei diversi
regolamenti emanati al fine di garantire un‟equilibrata integrazione tra i diversi mercati
del lavoro, ne consegue la illegittimità di tutte le disposizioni dell‟ordinamento sportivo
che impediscono la mobilità dei calciatori professionisti comunitari.
Costituisce quindi corollario di quanto appena detto l‟assunto secondo cui l‟ordinamento
sportivo italiano, essendosi inserito per effetto della legge n. 91 del 1981
nell‟ordinamento generale tale da acquistare un‟efficacia esterna, non possa disattendere i
principi fissati dalle norme comunitarie tramite norme federali comportanti il blocco,
anche solo parziale, dei calciatori comunitari.
Per quanto riguarda il trattamento degli extracomunitari, le norme che ne limitavano il
tesseramento e l‟impiego hanno resistito ancora qualche tempo dopo la pronuncia della
Corte di Giustizia, finché, anche per la sopravvivenza, nell‟ambito comunitario, di nuovi
accordi di associazione di stati terzi e, in ambito nazionale, delle nuove leggi
sull‟immigrazione e sulla condizione dello straniero, la giurisprudenza ha decretato
l‟incompatibilità delle norme originarie con quelle sopravvenute.
Sotto il primo aspetto, la Corte di Giustizia165 ha ampliato la tutela antidiscriminatoria a
favore degli atleti provenienti da stati associati con i quali sia in vigore un accordo esteso
alla libera circolazione dei lavoratori, quando il giocatore sia già in possesso di un
contratto di lavoro con una società sportiva di uno stato membro, nei confronti del qual
giocatore la federazione non può validamente imporre limitazioni d‟impiego.
Su quest‟argomento vi è anche della recentissima giurisprudenza comunitaria che
possiamo analizzare. Innanzitutto si ha una sentenza della Corte di Giustizia della
164
165
Corte di Giustizia C.E.E., 15 dicembre 1995, causa C-415/93, in Riv. dir. sport., 1996, 541.
Sentenza 8 maggio 2003, in Guida dir., 2003, n. 20, 111.
75
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Comunità europea166in base alla quale <<il riconoscimento, in un accordo di associazione
tra la Comunità ed uno stato terzo, del principio di non discriminazione relativamente
alla circolazione dei lavoratori ha, come conseguenza, che una federazione sportiva non
può porre limiti allo svolgimento dell‟attività lavorativa di atleti professionisti
provenienti dallo stato con il quale sussiste tale accordo. Pur non incidendo sul diritto
d‟accesso al lavoro, in presenza di un regolare contratto tra una società sportiva e un
atleta di uno stato associato, al giocatore deve essere garantito un trattamento, per quanto
riguarda le condizioni lavorative, la retribuzione e il licenziamento, identico a quello
previsto per i cittadini comunitari. La disposizione dell‟accordo d‟associazione è
direttamente applicabile anche alle federazioni sportive e può essere azionata dal singolo
dinanzi ai giudici nazionali dello stato nel quale intende svolgere l‟attività sportiva>>.
Questa sentenza ha preso il via da una questione pregiudiziale sull‟interpretazione
dell‟articolo 38, n. 1 dell‟accordo che istituisce un‟associazione tra la Comunità e gli
Stati membri da una parte e la Repubblica slovacca dall‟altra167.
Tale questione è stata sollevata nell‟ambito di una controversia tra la federazione tedesca
di pallamano (D.H.B.) ed il signor Kolpak con riguardo al rilascio di un cartellino di
giocatore professionista.
Questo cittadino slovacco aveva stipulato un contratto di lavoro con una squadra tedesca
di pallamano; la federazione gli aveva rilasciato il cartellino contrassegnato dalla lettera
“A”, attribuita ai cittadini di stati terzi che rispetto ai comunitari sono soggetti a diverse
limitazioni.
L‟articolo 38 dell‟accordo „Comunità/Slovacchia‟ intitolato <<Circolazione dei
lavoratori>> dispone che non devono esservi trattamenti discriminatori nei confronti dei
lavoratori di nazionalità della Repubblica slovacca legalmente occupati nel territorio di
uno stato membro. Ovviamente come visto la Corte di Giustizia ha riconosciuto il divieto
di discriminazione dei lavoratori slovacchi in virtù dell‟accordo d‟associazione con la
Comunità.
Questa pronuncia della corte, ha dato vita ad una serie di conseguenze negli ordinamenti
delle federazioni sportive degli stati membri, prima fra tutte quella per cui tali federazioni
saranno tenute, dove gli accordi d‟associazione contengono una norma nella quale si
riconosca il principio di non discriminazione dei lavoratori, ad applicare agli sportivi
166
Sentenza 8 maggio 2003, causa C-438/00 Deutscher Handballbund contro Maros Kolpak.
Accordo firmato a Lussemburgo il 4 ottobre 1993 ed approvato con decisione del Consiglio e della
Commissione il 19 dicembre 1994
167
76
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
degli stati associati la stessa libertà prevista per i cittadini comunitari, con l‟esclusione
del solo diritto di cercare lavoro.
Situazione analoga si è avuta anche relativamente al calcio ed in tempi molto recenti: il
russo Igor Simutenkov, vecchia conoscenza del calcio italiano, ha ottenuto il parere
positivo da parte di un consulente legale della Corte di Giustizia della Comunità Europea
circa la sua richiesta di giocare nella Liga168spagnola con gli stessi diritti dei comunitari.
Christine Stix-Hackl169, si è pronunciata in favore del Simutenkov, il quale ha presentato
la sua richiesta in base ad un accordo170 del 1994 tra la Russia e la Comunità Europea che
proibisce
la
discriminazione
in
campo
lavorativo
dei
cittadini
russi.
La convenzione, secondo il calciatore russo, sarebbe stata violata dalla lega spagnola, che
proibì a Simutenkov di essere equiparato ai giocatori comunitari quando era al Tenerife.
Il parere espresso dalla Stix-Hackl non avrà però effetti immediati171ma dovrà essere
ratificato nel corso del 2005 dal Tribunale europeo, che nell‟ottanta per cento dei casi
segue, comunque, il parere dei consulenti. In caso di sentenza positiva, i calciatori russi
diventerebbero di fatto comunitari172.
Sotto il secondo aspetto, si ha un caso deciso dal Tribunale di Reggio Emilia173, il quale
intervenne sul settimo comma dell‟articolo 40 delle norme organizzative interne federali
(N.O.I.F.) della F.I.G.C., che non consentiva alle società di calcio di serie C il
tesseramento di calciatori extracomunitari174, determinando una discriminazione in
ragione della nazionalità, con l‟effetto di comprimere l‟esercizio di una libertà
fondamentale in campo economico e, in particolare, del diritto d‟esercitare l‟attività di
calciatore in Italia. Tale disposizione venne ritenuta, dal Tribunale, in contrasto con
168
La massima serie calcistica spagnola.
Già avvocato generale nel caso Kolpak.
170
Più precisamente in base all‟articolo 23, n. 1 di tale accordo si ha che: <<Conformemente alle leggi,
condizioni e procedure applicabili in ciascuno stato membro, la Comunità e i suoi stati membri evitano che
i cittadini russi legalmente impiegati sul territorio di uno stato membro siano oggetto, rispetto ai loro
cittadini, di discriminazioni basate sulla nazionalità per quanto riguarda le condizioni di lavoro, di
retribuzione o di licenziamento>>.
171
Le conclusioni sono state presentate l‟11 gennaio 2005.
172
Un altro caso simile si è verificato in Francia ed ha avuto per protagonista una giocatrice di
pallacanestro polacca: Lilia Malaja, alla quale era stato rifiutato il tesseramento in quanto la propria
squadra aveva già raggiunto il limite di giocatrici extracomunitarie (n.d.r. 2). La giocatrice presento un
ricorso avverso tale rifiuto sulla base di un accordo di associazione fra Polonia e l‟Unione Europea
stipulato nel 1991, per cui come nei casi precedenti i cittadini della nazione firmataria dell‟accordo con
l‟Unione Europea, dovevano essere trattati alle medesime condizioni dei cittadini comunitari. Dopo un
lungo iter burocratico nel 2000 la Corte d‟appello di Nancy diede ragione alla giocatrice polacca.
173
Ordinanza 2 novembre 2000, in Corr. Giur., 2001, 236.
174
Tale articolo, più volte modificato, al tempo di questa ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia invece
consentiva la possibilità di tesserare cinque extracomunitari per le squadre di serie A ed uno solo per le
squadre di serie B.
169
77
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
l‟articolo 43 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286175, e con l‟articolo 16 della legge 23 luglio
1999, n. 242, e ne venne sancita l‟illegittimità.
Calò176, riguardo tale ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia, ossia quella del c.d caso
“Ekong”177fa notare come l‟articolo 40, comma settimo N.O.I.F. sia contrario, ai principi
contenuti negli articoli 2, comma secondo178 e 6, comma primo179 della Convenzione di
New York180, nonché alla disciplina dello straniero extracomunitario in Italia dettata
dagli articoli 43 e 44 del D.Lgs 286 del 1998181, questi, ultimi, due articoli vietano e
sanzionano ogni forma di discriminazione per motivi razziali, etnici e religiosi182.
Analogo giudizio è stato reso dal Tribunale di Teramo183 in riferimento al diniego di
tesseramento di un giocatore di pallacanestro184, già vincolato con contratto di lavoro
professionistico, in applicazione di una norma regolamentare della Federazione Italiana
Pallacanestro (F.I.P.) secondo cui le società possono tesserare giocatori provenienti da
federazione straniera non comunitaria nel numero massimo di due unità185.
Opinione contrastante è stata invece espressa dal Tribunale di Pescara186, a proposito
della pallanuoto, in quanto tale pratica sportiva non forma oggetto di alcuna delle libertà
fondamentali tutelate dalla Costituzione, né è compromesso il diritto al lavoro non
essendo il campionato di pallanuoto organizzato su base professionistica.
Le limitazioni al tesseramento degli atleti extracomunitari sono state considerate
illegittime anche dalla giurisdizione sportiva. Sul punto, si veda una decisione della Corte
175
Recante disciplina sull‟immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
in Via libera agli atleti extracomunitari: i casi Ekong e Sheppard, in Corr. Giurid., 2001, 236.
177
Prince Ikpe Ekong è il calciatore nigeriano che il 27 settembre 2000 conveniva in giudizio ex articolo 44
D.Lgs 25 luglio 1998, n. 286 la F.I.G.C. al fine di ottenere la cessazione di un comportamento
discriminatorio in proprio danno.
178
<<Gli stati parte del Patto si impegnano a garantire che i diritti in esso enunciati verranno esercitati
senza discriminazione alcuna sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione,
l‟opinione politica o qualsiasi altra opinione, l‟origine nazionale o sociale, la condizione economica, la
nascita o qualsiasi altra condizione>>.
179
Quest‟articolo si limita invece ad assicurare il diritto di ogni individuo di guadagnarsi la vita con un
lavoro liberamente scelto.
180
Convenzione Internazionale sull‟eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale aperta alla
firma a New York il 7 marzo 1966.
181
C.d. Turco – Napolitano.
182
Nel caso di specie Ekong era stato discriminato in base alla propria nazionalità con compromissione del
diritto di esercitare l‟attività lavorativa.
183
Sezione distaccata di Giulianova, ordinanza 4 dicembre 2000, in Corr. Giur., 2001, 238.
184
Jeffrey Kyle Sheppard, il quale con ricorso depositato il 28 ottobre 2000 ha chiesto l‟adozione dei
provvedimenti idonei a rimuovere l‟asserita condizione di discriminazione per motivi di nazionalità
determinata dal diniego al suo tesseramento, quale giocatore professionista assunto dalla società Roseto
Basket Lido delle Rose.
185
Nello specifico si tratta dell‟articolo 12 del Regolamento esecutivo della Federazione Italiana
Pallacanestro.
186
Sentenza 14 dicembre 2001. Questa sentenza è commentata da Calò E. nel suo articolo Sport e diritti
fondamentali , in Corr. giur., 2002, II, 225.
176
78
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Federale della F.I.G.C. del 3 maggio 2001187. Tale illegittimità è stata desunta da una
serie di norme, nazionali e non, che sono peraltro identiche a quelle rinvenute nelle
sopracitate ordinanze, più precisamente la Corte Federale ha ritenuto illegittimo l‟articolo
40, settimo comma N.O.I.F. nella parte in cui prevedeva che soltanto tre dei calciatori
tesserati e provenienti da paesi diversi dall‟Unione Europea possano essere inseriti
nell‟elenco ufficiale di cui all‟articolo 61 ed essere utilizzati nelle gare ufficiali in ambito
nazionale188. Inoltre in detta decisione la Corte Federale ha sancito che le disposizioni
dell‟articolo 40, settimo comma, che ponevano limiti al tesseramento dei cittadini di
paesi non appartenenti all Unione Europea, avrebbero avuto efficacia fino a quando il
C.O.N.I. non avesse formulato i propri indirizzi e criteri relativi alla dichiarazione di
assenso al lavoro dei calciatori extracomunitari.
La decisione dell‟organo di giustizia sportiva assume una notevole importanza, da un
punto di vista processuale, per la protezione accordata ai diritti fondamentali e, da un
punto di vista sostanziale, per la complessa interpretazione della normativa statale in
materia d‟immigrazione e condizione giuridica dello straniero e dei suoi effetti
nell‟ambito dell‟ordinamento sportivo. Proprio in quest‟ultima prospettiva, anzi, essa
rappresenta un momento significativo dell‟evoluzione dei rapporti tra esso e
l‟ordinamento statale.
In materia, in seguito a queste ordinanze e decisioni, il legislatore è intervenuto
recentemente con la legge 30 luglio 2002, n. 189189, che reca modifiche alla normativa in
materia d‟immigrazione e di asilo e che, con il suo articolo 22 190 ha aggiunto all‟articolo
27191 del D.Lgs. n. 286 del 1998192 il comma cinque bis in base al quale il C.O.N.I. ha il
compito di proporre al Ministro per i beni e le attività culturali il limite massimo annuale
d‟ingresso degli sportivi stranieri da ripartire tra le federazioni sportive nazionali.
Insieme alla ripartizione, il C.O.N.I. delibera i criteri generali di assegnazione e di
187
in Corr. Giurid. 2001, 820 con commento di Calò E.
In virtù di tale disposizione ogni squadra di serie A poteva tesserare fino ad un massimo di cinque atleti
extracomunitari ma soltanto tre di questi erano utilizzabili nelle competizioni nazionali.
189
C.d. legge Bossi – Fini.
190
Sul punto, si veda Dondi G.(a cura di) Il lavoro degli immigrati in Leggi e Lavoro, Ipsoa, 2003.
191
Nel testo originario l‟articolo 27 aveva escluso che per gli sportivi professionisti si applicasse il sistema
delle quote, con rinvio alle apposite previsioni del regolamento.
192
E‟ bene ricordare che la legge 286 a norma dell‟articolo 1 trova applicazione solo nei confronti degli
stranieri extracomunitari ma non nei confronti degli stranieri comunitari, se non in quanto si tratti di norme
più favorevoli e salvo il disposto dell‟articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40.
188
79
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
tesseramento per ogni stagione agonistica anche al fine di assicurare la tutela dei vivai
giovanili193.
Pertanto il regime attuale per il tesseramento e l‟impiego degli atleti professionisti di
nazionalità straniera può essere sintetizzato come segue:
1. - piena libertà di tesseramento e d‟impiego per gli atleti comunitari o comunque in
possesso di passaporto di paese comunitario, ma anche per gli atleti di paesi che
hanno concluso un accordo d‟associazione con la Comunità europea;
2. - tesseramento ed assegnazione alle federazioni degli atleti extracomunitari nel limite
massimo annuale proposto dal C.O.N.I. ed approvato dal ministro vigilante194.
Da tale ricostruzione emerge un trattamento di maggior favore per gli stranieri
appartenenti alla Comunità Europea rispetto a coloro che non sono cittadini comunitari.
Questa differenza di trattamento trova la sua ragione nell‟esigenza di istituire nell‟Unione
Europea un mercato comune, nel quale possano circolare liberamente i fattori della
produzione.
193
Questa norma, fa riferimento all‟attività sportiva comunque retribuita, comprendendo così nella sua
sfera d‟applicazione anche l‟attività non qualificata come professionistica in base all‟articolo 1 della legge
n. 91.
194
Ad esempio in prossimità dell‟approvazione della legge n. 189 del 2002, il Consiglio Federale della
F.I.G.C. ha deliberato, con effetto immediato per almeno una stagione calcistica di ammettere le società di
serie A e B al tesseramento di un solo calciatore extracomunitario, oltre a quelli già in forza, salvo che i
contratti relativi ai nuovi ingressi non fossero già stati depositati in Lega o non fossero già state avanzate le
80
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1.8 - Il minore195 nello sport
Qualche parola, infine, deve essere spesa in favore di un altro argomento che ha
sempre rappresentato uno dei punti centrali del diritto del lavoro, vale a dire, la tutela
giuridica dei lavoratori minorenni.
Lo sport praticato a livello agonistico dai minori induce ad una serie d‟interrogativi per la
peculiarità del soggetto del rapporto e, per i limiti che la legge pone al potere dispositivo
dei genitori.
Quello del minore è uno status che non trova una grande regolamentazione nel mondo
sportivo, la legge di riferimento dell‟intero sistema – ossia la legge n.91 – sull‟argomento
tace completamente ed anche le norme federali sono scarne di previsioni normative in
materia. È pur vero che sono pochi gli atleti che svolgono attività sportiva a livello
professionista al di sotto della maggiore età, ma questo fenomeno si sta espandendo
sempre di più, data la continua ricerca di “baby fenomeni” un po‟ in tutti gli sport.
Dalle norme organizzative interne della Federazione Italiana Giuoco Calcio emerge come
i calciatori, tesserati presso la federazione stessa, siano suddivisi in tre categorie:
A) - PROFESSIONISTI
B) - NON PROFESSIONISTI
C) - GIOVANI
L‟articolo 31 delle norme organizzative interne della F.I.G.C. qualifica come giovani i
calciatori che abbiano compiuto anagraficamente l‟ottavo anno e che al primo gennaio
dell‟anno in cui ha inizio la stagione sportiva non abbiano compiuto in sedicesimo anno.
Questi atleti possono essere tesserati per società associate nelle Leghe ovvero che
svolgono attività esclusiva nel settore per l‟attività giovanile e scolastica.
Il “calciatore giovane” è vincolato alla società per la quale è tesserato per la sola durata
della stagione sportiva, al termine della quale è libero di diritto196.
richieste di dichiarazione nominativa di assenso, cioè le richieste di permesso di soggiorno da parte della
società. Nessun nuovo tesseramento è stato invece autorizzato per le società di serie C.
195
L‟articolo 2 c.c. fisa il raggiungimento della maggiore età al compimento del diciottesimo anno di vita.
Con la maggiore età – prosegue il primo comma – si acquista la capacità a compiere tutti gli atti per i quali
non sia stabilità un‟età diversa.
196
Questa norma prevista dal regolamento della F.I.G.C. rappresenta però più un‟eccezione che una norma
tipica di tutto l‟ordinamento sportivo.
81
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Tuttavia l‟atleta in età dai dodici ai quattordici anni può assumere vincolo biennale con la
società per la quale chiede il tesseramento.
L‟articolo 33 introduce un‟altra categoria, ossia, i c.d.”giovani di serie”, tale qualifica è
assunta al compimento del quattordicesimo anno, da coloro che sono tesserati per una
società associata ad una delle Leghe professionistiche197.
I calciatori con la qualifica “giovani di serie” assumono un particolare vincolo, atto a
permettere alla società di addestrarli e prepararli all‟impiego nei campionati disputati
dalla stessa, fino al termine della stagione sportiva che ha inizio nell‟anno in cui il
calciatore compie anagraficamente il diciannovesimo anno d‟età.
Nell‟ultima stagione sportiva del periodo di vincolo, l‟atleta, entro il termine stabilito
annualmente dal Consiglio Federale, ha diritto ad un‟indennità determinata annualmente
dalla Lega cui appartiene la società. La società per il quale l‟atleta è tesserato, da parte
sua, ha diritto di stipulare con l‟atleta il primo contratto di calciatore professionista della
durata massima di tre anni198.
L‟articolo prosegue affermando che tali atleti, al compimento del sedicesimo anno d‟età e
purché non tesserati a titolo temporaneo, possono stipulare contratti professionistici.
Il calciatore “giovane di serie” ha comunque diritto ad ottenere la qualifica di
professionista e la stipulazione del relativo contratto da parte della società per la quale è
tesserato, quando:
1) - abbia preso parte ad almeno dieci gare di campionato o di coppa italia, se in serie „A‟
2) - abbia preso parte ad almeno dodici gare di campionato o di coppa italia, se in serie „B‟
3) - abbia preso parte ad almeno tredici gare di campionato o di coppa italia, se in serie „C/1‟
4) - abbia preso parte ad almeno diciassette gare di campionato o di coppa italia, se in serie
„C/2‟
in queste circostanze è ammessa una durata del rapporto contrattuale non superiore alle
cinque stagioni sportive, compresa quella in cui avviene la stipulazione del contratto.
Al minore in virtù delle disposizioni del codice civile è riconosciuta solo la capacità di
esercitare i diritti ed esperire le azioni derivanti dai contratti stipulati dai genitori nel suo
interesse, quindi è riconosciuta capacità processuale ma non capacità negoziale.
Queste limitazioni non esulano i minorenni anche se sportivi, non vi è dubbio quindi che
il contratto d‟ingaggio non possa essere validamente sottoscritto dal minore poiché privo
della capacità d‟agire. Toccherà quindi ai genitori sottoscrivere tale contratto, e qui è
ovvio il richiamo all‟articolo 320 del codice civile rubricato “rappresentanza e
197
Per essere più pratici se fanno parte di una squadra che partecipa ai campionati di serie A, B, C1 o C2.
82
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
amministrazione”, in base al quale <<i genitori congiuntamente, o quello di essi che
esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti
civili e ne amministrano i beni>>.
In attuazione del principio relativo all‟attribuzione dell‟esercizio della potestà ad
entrambi i coniugi, la rappresentanza dei genitori sui figli minori si qualifica come
rappresentanza legale, per cui i poteri del rappresentante derivano direttamente dalla
legge ed il titolo, in base al quale il rappresentante spende il nome del rappresentato,
risiede nella stessa legge.
La riferibilità al minore del contratto stipulato dal genitore è tuttavia esclusa qualora il
contratto stesso risulti nullo o contrario a norme imperative, quali quelle dettate
dall‟articolo 320 c.c. a tutela degli interessi del minore.
Nel rapporto sportivo, quello che viene redatto in nome dell‟atleta e sottoscritto dai
genitori è, ovviamente, un contratto d‟opera. Interessante può essere verificare se la
conclusione di tale contratto sia da considerare atto d‟amministrazione ordinaria o atto
d‟amministrazione straordinaria. In parole più pratiche se questo contratto possa essere
sottoscritto disgiuntamente da ciascun genitore (e questo è il caso degli atti
d‟amministrazione ordinaria), ovvero se diversamente richieda l‟autorizzazione del
giudice tutelare (questo è quello che avviene per gli atti d‟amministrazione straordinaria).
C‟è da ritenere che si tratti d‟attività straordinaria199 da compiersi dai coniugi
congiuntamente previa autorizzazione del giudice tutelare, ciò in considerazione della
natura del rapporto e dell‟oggetto, mentre contratti riguardanti la cessione dell‟esercizio
dei diritti di sfruttamento pubblicitario del nome e dell‟immagine dell‟atleta minore, sono
da considerare atti di ordinaria amministrazione
Essenzialmente si può dire che ai minori che praticano sport affidandosi alle federazioni
del
C.O.N.I.
si
applica
la
medesima
normativa
che
riguarda
i
dilettanti.
Di conseguenza accade spesso che, raggiunta la maggiore età, l‟atleta debba comunque
restare vincolato alla società con la quale ha stipulato un accordo privo di scadenza e,
dunque, non possa recedere più dal tesseramento, secondo quanto previsto dalle
disposizioni generali della maggior parte delle norme federali. Solo in alcuni casi, infatti,
198
Tale diritto va esercitato esclusivamente nell‟ultimo mese di pendenza del tesseramento quale “giovane
di serie” con le modalità annualmente stabilite del Consiglio Federale.
199
Si ricordi che, ai sensi dell‟articolo 322 c.c. e considerando il rimedio giudiziario eventualmente
attivabile, la mancanza d‟autorizzazione per gli atti eccedenti l‟ordinaria amministrazione riguardanti i
minori d‟età non da luogo ad inesistenza o a nullità degli atti stessi, che chiunque può far valere, bensì alla
loro annullabilità, la quale può essere fatta valere soltanto dal genitore che abbia agito in rappresentanza
del figlio o dal figlio medesimo (cfr. Cassazione civile, sez. II, 12 agosto 1996, n. 7495, in Giust. civ.
Mass., 1996, 1171).
83
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
il vincolo sottoscritto dai genitori non è superiore ad un anno, come previsto dal
regolamento della F.I.G.C. per i minori di quindici anni, ma si tratta di ipotesi che, data la
loro esplicita natura eccezionale, ribadiscono il principio generale del “cartellino” senza
limiti di tempo.
Sulla questione relativa al trasferimento internazionale degli atleti di età inferiore a
diciotto anni è recentemente intervenuta la F.I.F.A., che nella riunione tenutasi a
Bruxelles in data 5 marzo 2001 ha affermato che al fine di assicurare un ambiente stabile
per la formazione e l‟educazione dei giocatori, i trasferimenti internazionali o il primo
tesseramento dei giocatori con meno di diciotto anni saranno consentiti alle seguenti
condizioni:
1. - se, la famiglia del giocatore si trasferisce per ragioni non legate al calcio nel paese
del nuovo club formatore;
2. - se, all‟interno del territorio dell‟Unione Europea e nel caso di giocatori di età
compresa tra l‟età minima lavorativa nel paese del nuovo club formatore e i diciotto
anni, il nuovo club formatore assicura loro un adeguato trattamento per la formazione
sportiva e l‟istruzione scolastica. A questo scopo, le istituzioni calcistiche
stabiliranno e metteranno in pratica un apposito codice di comportamento.
84
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
CAPITOLO 2. – CONTRATTO DI LAVORO SPORTIVO
Parte prima
2.1 – Costituzione e forma del contratto
Passando ad esaminare gli aspetti più pratici è sicuramente interessante analizzare
quelle che sono le modalità in cui avviene la costituzione del contratto di lavoro sportivo.
L‟instaurazione di un rapporto di lavoro di natura subordinata non determina
l‟applicabilità “de plano” della disciplina di diritto comune200, fondamentale in
quest‟ottica è l‟articolo 4 della legge n. 91 del 1981, che regola la costituzione ed il
contenuto del contratto di lavoro subordinato, nei primi sei commi.
Innanzitutto l‟articolo 4 – rubricato Disciplina del lavoro subordinato sportivo201stabilisce che la costituzione del rapporto avvenga mediante assunzione diretta202, con
200
Sul punto, si veda Realmonte F., L‟atleta professionista e l‟atleta dilettante, in Riv. dir. sport., 1997,
371.
201
La rubrica dell‟articolo 4 potrebbe far pensare che tale disciplina riguardi solo gli atleti, ma è la pratica
stessa a dimostrare come la norma abbia avuto attuazione oltre la categoria degli atleti e, in specie, per gli
allenatori nelle federazioni aperte al professionismo sportivo.
202
Secondo il primo comma: << il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante
assunzione diretta e con la stipula di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la
85
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
esclusione della applicabilità degli articoli 33 e 34, dello Statuto dei lavoratori in materia
di collocamento203. Assunzione diretta significa, essenzialmente, senza il tramite
dell‟ufficio di collocamento, che è funzione pubblica dello stato.
Quando è stata emanata, tale disposizione costituiva una vistosa deroga al principio di
carattere generale secondo il quale il mercato del lavoro - cioè l‟incontro tra la domanda
e l‟offerta di lavoro proveniente la prima dalle imprese e la seconda dai lavoratori doveva svolgersi sotto il controllo pubblico, al fine di evitare discriminazioni
nell‟accesso al lavoro e abusi a danno dei lavoratori, e doveva seguire il criterio della c.d.
chiamata numerica, inoltrata agli uffici pubblici nelle cui liste di collocamento erano
obbligati ad iscriversi204 i soggetti che intendevano “avviarsi” al lavoro.
Oggi, che si è concluso il processo di liberalizzazione del sistema delle assunzioni205,
nonché quello di sburocratizzazione dei processi di incontro tra domanda ed offerta di
lavoro206 la disposizione di cui all‟articolo 4 ha perso quella carica fortemente
derogatoria ed innovativa che aveva quando fu emanata e che, tuttavia, risultava
ampiamente giustificata nel quadro di una interpretazione sistematica dell‟intera legge, la
cui ratio ruotava intorno all‟abolizione del vincolo sportivo e alla restituzione della piena
libertà contrattuale in favore dell‟atleta professionista.
Per quanto riguarda gli elementi essenziali del contratto, essi sono essenzialmente due:
1. - ACCORDO;
2. - FORMA.
L‟origine contrattuale del rapporto di lavoro, compreso quello sportivo, fa sì che a
fondamento della sua conclusione, stia l‟accordo tra le parti; e ciò, nonostante che
l‟esigenza di tutela dei lavoratori determini sin dal suo momento genetico, l‟emergere
d‟elementi di specialità del contratto di lavoro rispetto a tutti gli altri contratti.
società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente
all‟accordo stipulato ogni tre anni, dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie
interessate>>.
203
Tale principio era già stato affermato più volte dalla giurisprudenza prima dell‟intervento del legislatore
del 1981, e così ricordiamo due importanti sentenze della Cassazione che sancirono la non applicabilità
della normativa sul collocamento ai lavoratori sportivi: Cassazione 3 aprile 1963, n. 811, in Riv. dir. sport.,
1963, 100; Cassazione 29 aprile 1970, n. 1349, in Riv. dir. sport., 1971, 450. Con la legge n. 91 del 1981 si
è definitivamente sottratto in modo inequivocabile il settore sportivo dall‟ambito della normativa sul
collocamento.
204
Tale disciplina dettata dalla legge 29 aprile 1949, n. 264, così come modificata dalla legge 10 febbraio
1961, n. 264 è stata comunque abrogata.
205
Avviato con legge 23 luglio 1991, n.223 e portato avanti con legge 28 novembre 1996, n. 608 e con il
decreto legislativo n. 297 del 2002.
206
Decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 e decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, c.d. „legge
Biagi‟
86
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
L‟esigenza di tutela della parte debole fa sì, pertanto, che nel rapporto di lavoro
subordinato l‟accordo o consenso delle parti finisca per avere ad oggetto non il contenuto
del contratto, ma la stipulazione dello stesso, alle condizioni determinate a livello
collettivo, rispetto alle quali potrebbero essere previste soltanto clausole di trattamento di
miglior favore per il lavoratore. Ed è proprio in questa direzione che va il primo comma
dell‟articolo 4 dove è previsto espressamente che il contratto, tra lo sportivo e la società
destinataria delle prestazioni, venga stipulato sulla base di quello tipo, predisposto
all‟accordo stipulato ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai
rappresentanti delle categorie interessate. La cadenza triennale nella quale viene
rinnovato il contratto collettivo trova la sua ratio nella necessità di adattare costantemente
il contratto di lavoro sportivo alle eventuali modificazioni normative o contrattuali sia a
livello nazionale che a livello europeo.
I contenuti del contratto tipo devono essere “concertati” d‟intesa con i rappresentanti
delle categorie interessate. Come appare evidente, deve esserci un‟intesa tra i
rappresentanti, non sono solo quelli delle società ma anche quelli dei prestatori di lavoro,
con tale previsione la legge n. 91, dunque, precorre i tempi perché si giunge ad una
disposizione normativa che ha incoraggiato l‟associazionismo fra atleti professionisti207.
Ma è bene ricordare che a differenza della disciplina generale sul lavoro subordinato208,
se il lavoratore sportivo non aderisce ad alcun sindacato, l‟accordo collettivo ed il
contratto tipo hanno egualmente valore nei suoi confronti, il che significa che egli non
può concludere un contratto di lavoro se non alle condizioni stabilite dal contratto tipo.
In altri termini l‟articolo 4 conferisce alla contrattazione collettiva una sorta di efficacia
erga omnes. Nei confronti di tale soluzione sono stati sollevati diversi dubbi di legittimità
costituzionale sotto l‟aspetto della violazione del principio di libertà d‟associazione
sindacale209. Tuttavia è stato osservato che l‟articolo 4 non istituisce una forma di
rappresentanza legale a favore dei rappresentanti delle categorie interessate, ma trova la
sua spiegazione nel vincolo d‟appartenenza di società e sportivi professionisti alle
federazioni.
La giurisprudenza210 ha affermato che il rapporto contrattuale tra lo sportivo
professionista e la società destinataria delle prestazioni sportive non è qualificabile come
207
Ed in quest‟ottica che è nata l‟associazione italiana calciatori, che, negli anni, ha riportato notevoli
successi, specie per la tutela previdenziale del calciatore, ma purtroppo sono ancora molto pochi gli sport in
cui esistono associazioni di questo tipo.
208
In cui gli accordi collettivi vincolano solo coloro che sono iscritti ai sindacati stipulanti.
209
Libertà garantita dal primo comma del articolo 39 della nostra Costituzione.
210
Cassazione civile, sezione lavoro, 8 giugno 1995, n. 6439, in Giust. civ. Mass., 1995, IV.; Cassazione, 5
marzo 1993, n. 4063, in Foro it., 1994, I, 136.
87
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
rapporto di lavoro subordinato sportivo ai fini dell‟applicabilità della disciplina della
legge n. 91, ove manchi un contratto tipo. In tal caso, il rapporto, se ne ricorrono i
presupposti costituisce un comune rapporto di lavoro subordinato, quindi, non soggetto
alle deroghe rispetto alla disciplina comune di cui al comma nono dell‟articolo 4, tra
queste spicca l‟applicabilità della legge 18 aprile 1962, n.230, e successive modifiche, in
materia di disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato. In altre parole il
rapporto di lavoro sportivo, che assume carattere di specialità per via delle deroghe
imposte dalla disciplina della legge n. 91 è solo quello che sorge secondo gli schemi del
contratto tipo; ogni altra tipologia di rapporto deve essere valutata secondo le regole
generali del diritto comune211.
La necessità di conformazione tra il contratto individuale e quello tipo212 (vedi
Appendice) non esclude che la regolamentazione dei molteplici aspetti del rapporto - tra
cui spicca, certamente, la determinazione dei compensi – sia rimessa alla piena
autonomia contrattuale delle parti. Molto diffuso è, pertanto, a tutela degli interessi in
gioco, il ricorso alla figura del procuratore sportivo213, cui affidarsi - mediante un
rapporto giuridico modellato sul mandato – per essere assistiti nella conclusione del
contratto di lavoro e nella tutela dei diritti che ne derivano214.
Tale figura ha assunto particolare rilevanza e diffusione nel gioco del calcio, tant‟è che la
F.I.G.C. ha provveduto a regolarne l‟attività e controllarne la correttezza del
comportamento mediante appositi regolamenti215. Secondo questa normativa federale è
agente di calciatore colui che, avendone ricevuto l‟incarico, cura e promuove i rapporti
tra un calciatore e una società in vista della stipula del contratto di prestazione sportiva e,
presta opera di consulenza a favore del calciatore nelle trattative dirette alla stipula dello
stesso.
Molti giuristi si sono a lungo adoperati, in fase d‟interpretazione del primo comma
dell‟articolo 4, per dare un‟esatta qualificazione al rapporto esistente tra l‟accordo
211
Sul punto, si veda Frediani F., La disciplina del rapporto di diritto sportivo, in Biagi M. – Suwa Y.( a
cura di), Il diritto dei disoccupati, Giuffrè, 1996.
212
Il contratto individuale deve essere conforme al contratto tipo, il quale deve essere conforme al contratto
collettivo.
213
L‟articolo 2 del regolamento disciplinare della F.I.G.C. vieta ai soggetti dell‟ordinamento federale di
avvalersi di mediatori. Si ritiene, comunque, che il termine “mediatore” vada inteso tecnicamente e,
pertanto, il divieto non sia estensibile a figure affini quali agenti e procuratori.
214
Sul punto, si veda Zoppini A. I procuratori sportivi nella evoluzione del diritto dello sport, in Riv. dir.
sport., 1999, 283.
215
La F.I.G.C. ha adottato un regolamento conforme a quanto previsto dal regolamento F.I.F.A. per gli
“agents des joueurs”.
88
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
collettivo ed il contratto tipo. Secondo De Cristofaro216<< il legislatore ha parlato
d‟accordo per intendere il consenso tra le parti sociali in ordine alla predisposizione del
contratto tipo, distinguendo il contratto collettivo - concluso quando sia raggiunto
l‟accordo - dal suo oggetto, ossia dall‟insieme delle clausole del contratto tipo.
Si chiarisce, così, la connessione tra il contratto collettivo e il contratto tipo, che ne
costituisce la parte normativa>>.
Si può quindi concludere che la relazione esistente tra l‟accordo collettivo ed il contratto
tipo sia di perfetta equiparazione poiché risultano identiche la natura giuridica, l‟efficacia
ed i soggetti contraenti, cosicché il contratto tipo si pone come clausola complessa
dell‟accordo collettivo217.
La prevista esistenza di un contratto tipo, cui conformare il contenuto del contratto
individuale, nonché la necessità di consentire un controllo sull‟osservanza di tale obbligo
e sul rispetto delle norme di legge che escludono o impongono la presenza di determinate
clausole contrattuali, non poteva non sfociare nell‟imposizione al contratto di lavoro
sportivo della forma scritta ad substantiam.
Una tale previsione che nella disciplina generale del contratto di lavoro subordinato
costituisce l‟eccezione218, nel contratto di lavoro sportivo viene eretta a regola, ed
imposta a pena di nullità del contratto stesso, escludendo così la possibilità che sia data
per testi la prova di pattuizioni che costituiscono parte integrante dell‟assetto negoziale
realizzato con il contratto219.
Questa previsione, dettata dall‟articolo 4 della legge n. 91 del 1981, risulta coerente con
il sistema di tutele e garanzie apprestate dall‟ordinamento giuridico in favore del
lavoratore, che stipuli contratti per i quali sia prevista una regolamentazione difforme, ed
in genere meno garantista di quella dettata in via generale per il rapporto di lavoro
subordinato.
216
De Cristofaro M., Norme in materia di rapporti tra società sportive e sportivi professionisti,
commentato a cura di Persiani M, in Nuove leggi civili commentate, Cedam, 1982, p. 586.
217
Per un approfondimento sull‟argomento, si veda Cianchi V., Profili sindacali del rapporto di lavoro
sportivo, in Riv. dir. sport., 1990, 285.
218
La forma scritta ad substantiam è, infatti, richiesta soltanto per il patto di prova di cui all‟articolo 2096
c.c., per il contratto a termine a norma del D.Lgs. 368 del 2001, per il contratto di somministrazione e per il
contratto di inserimento – articoli 21 e 56 D.Lgs. 276/2003, per il contratto di formazione lavoro in virtù
della legge 451 del 1994 e per il contratto di arruolamento marittimo; non è invece richiesta in tutte le altre
circostanze.
219
Così Cassazione 28 dicembre 1996, n.11540, in Giust. civ. Mass., 1996, 1799 secondo la quale
l‟applicazione del principio posto dall‟articolo 2725 c.c. non trova deroghe nel rito del lavoro, posto che
l‟articolo 421 c.p.c., quando consente al giudice di ammettere mezzi di prova al di fuori dei limiti stabiliti
dal codice civile, si riferisce ai limiti fissati da detto codice alla prova testimoniale in via generale negli
articoli 2721, 2722, 2723 c.c., e non invece a quelli stabiliti dall‟ordinamento per determinati e specifici atti
in ordine alla forma sia ad substantiam che ad probationem.
89
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Non si deve dimenticare che nella disciplina del lavoro sportivo tale requisito è previsto
non solo a tutela dello sportivo-lavoratore, ma anche per rendere possibile il controllo
della conformità del contratto individuale agli accordi tra federazioni e rappresentanti
delle categorie interessate, ed è proprio per tale finalità che l‟articolo 4 impone il
deposito del contratto presso la federazione sportiva nazionale per la sua approvazione.
Questa sentenza è però difficilmente condivisibile. A ben vedere, la sanzione della
nullità, disposta dal primo comma dell‟articolo 4 legge n. 91, è esclusivamente riferita
alla mancanza della forma scritta, come ben si desume dalla collocazione della clausola
“a pena di nullità”, e non può essere riferita alle ipotesi di difformità del contratto che
intercorre tra lo sportivo e la società, rispetto al contratto tipo
La costituzione e l‟efficacia del contratto individuale di lavoro sportivo si presta come
una
fattispecie
complessa
a
formazione
progressiva,
in
cui
più
fasi
successive220concorrono, con valenza e funzioni giuridiche diverse, al perfezionamento
della fattispecie stessa e alla produzione degli effetti voluti dalle parti.
Possono concorrere a formare la struttura del contratto di lavoro sportivo anche due
elementi accidentali tipici dei contratti, e cioè la condizione ed il termine. I quali, una
volta inseriti nella fattispecie contrattuale ne modificano il contenuto o ne condizionano
l‟efficacia, obbligando, di fatto, le parti al loro rispetto.
Per esemplificare si può ricordare come anche nel rapporto di lavoro sportivo possono
essere previste delle clausole che condizionano la definitiva assunzione del lavoratore al
superamento di un periodo di prova.
Per quanto riguarda il termine, soprattutto, a seguito della legge n. 91 del 1981 e la
conseguente abolizione del vincolo sportivo esso è diventato nella pratica un elemento
fondamentale di tutti i contratti e consiste nella previsione di un termine di durata del
contratto. La legge sul lavoro sportivo, ponendosi in antitesi con la tradizionale posizione
di sfavore del legislatore italiano nei confronti del rapporto di lavoro a tempo
determinato, consente espressamente, all‟articolo 5, che il contratto di lavoro subordinato
dello sportivo professionista contenga l‟apposizione di un termine finale non superiore a
cinque anni; e ammette la possibilità di successione di più contratti a termine tra gli stessi
soggetti, escludendo (art. 4, ottavo comma) che al rapporto così instaurato si applichi la
legge 18 aprile 1962 n. 230 sul contratto di lavoro a termine221.
220
Costituite, riassumendo, dalla redazione di un contratto scritto conforme al contratto tipo, dal suo
deposito presso le rispettive federazioni e dalla conseguente approvazione da parte delle stesse
221
Secondo Cassazione, 5 settembre 1986, n.5430, in Foro It., Rep. 1986, voce Sport, n. 45, l‟articolo 4,
ottavo comma, legge n. 91 del 1981 si riferisce ai contratti di lavoro sportivo stipulati in conformità di
accordi collettivi tra le federazioni e i rappresentanti delle categorie interessate, cosicché in mancanza di
90
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
La previsione di un termine di durata del rapporto di lavoro sportivo trova giustificazione
sia nell‟interesse dello sportivo che delle società a non vincolarsi a tempo indeterminato
o, comunque, per tempi molto lunghi incompatibili con quegli obbiettivi di continui
successi, in campo agonistico ed economico, che solo il dinamismo nelle scelte
organizzative può essere in grado di assicurare.
Comunque sia anche in virtù della previsione di un tale termine, è da ritenere possibile ad
entrambe le parti risolvere in ogni momento il contratto prima della scadenza del termine,
allorché ricorra una giusta causa, così come si dirà oltre a proposito delle ipotesi di
rescissione ed estinzione del rapporto di lavoro sportivo.
È bene comunque ricordare che parte della dottrina222 afferma come il contratto possa
essere sia a tempo determinato – come visto – sia a tempo indeterminato.
Diversamente da quanto accade nell‟ordinario rapporto di lavoro, nel lavoro sportivo il
lavoratore più tutelato è quello assunto a termine che, almeno per la durata del contratto,
è garantito in ordine alla continuità del rapporto.
Chi è invece assunto a tempo indeterminato si trova paradossalmente nella più totale
incertezza, dal momento che la legge n. 91 esclude l‟applicabilità delle norme di legge
limitative del potere di licenziamento del datore di lavoro.
L‟articolo 4 della legge n. 91 impone al sesto comma un importante divieto che deve
essere rispettato nella conclusione del contratto. Più precisamente <<il contratto di lavoro
sportivo non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della
libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto
stesso né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali
pattuizioni>>. L‟articolo 4 in questo caso si rifà ad una disposizione del codice civile,
ossia, l‟articolo 2125 in base al quale l‟eventuale patto con cui si limita lo svolgimento
dell‟attività del prestatore di lavoro, per il periodo successivo alla cessazione del
contratto è nullo se non risulta da atto scritto.
Questa scelta fatta dal legislatore si rivela però coerente con le finalità della normativa
dettata dalla legge n. 91 del 1981, infatti, esaminando gli articoli 6 e 16, con i quali è
stato abolito il c.d. vincolo sportivo, emerge che, non escludendo il patto di non
concorrenza a conclusione del rapporto di lavoro con la precedente società sportiva, si
tali accordi restano operanti le disposizioni di cui alla legge n. 230 del 1962 in materia di rapporto di lavoro
a termine. Analogamente Cassazione, 8 giugno 1995, n. 6439, in Foro it., Rep 1995, voce Sport, n. 58.
Ancora oggi, non più vigente la legge n. 230 del 1962 perché abrogata dal decreto legislativo 6 settembre
2001 n. 368, l‟apposizione del termine non è lasciata alla libera determinazione delle parti, ma deve trovare
giustificazione in ragioni d‟ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
222
Sono concordi con questa ricostruzione Bonavitacola R., Manuale di diritto sportivo, Edizioni Maros,
1991; Spadafora M.T., Diritto del lavoro sportivo, Giappichelli, 2004.
91
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
sarebbero poste non poche difficoltà al nuovo rapporto, vanificando l‟altra finalità della
legge, che è, appunto, quella di limitare il citato vincolo.
Le regole stabilite per la costituzione del rapporto si applicano anche ai contratti
preliminari e ai patti aggiunti al contratto e, quindi, estensivamente, a qualsiasi
integrazione o modifica che fosse concordata dalle parti, considerata l‟esigenza del
controllo federale anche su tali atti223.
A norma dell‟artico 43 dello statuto F.I.G.C. le società – oltre alla approvazione della
federazione - sono tenute a depositare presso la Lega, nei termini e con le modalità
stabilite dal consiglio di Lega, tali contratti di lavoro sportivo; i calciatori professionisti il
cui contratto non sia stato depositato presso la Lega non possono partecipare a gare di
coppa Italia o campionato.
92
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.1.1 – Approvazione del contratto
Il secondo comma dell‟articolo 4 legge n. 91 del 1981 afferma che << la società
ha l‟obbligo di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per
l‟approvazione>>. In precedenza, abbiamo già anticipato che quella dell‟approvazione
rappresenta una delle fasi che concorrono, con valenza e funzioni giuridiche diverse, al
perfezionamento della fattispecie stessa e alla produzione degli effetti voluti dalle parti.
È una situazione abbastanza strana, si ha, infatti, un contratto individuale fra il datore di
lavoro e il lavoratore che deve essere approvato da un terzo soggetto: la federazione
Nonostante l‟uso del termine “approvazione” - tecnicamente riferibile ad un controllo di
merito sull‟atto che ne è oggetto - parte della dottrina224 ritiene che il controllo operato
dalle federazioni di competenza, sia limitato alla legittimità, ovvero alla verifica della
non difformità del contratto individuale rispetto a quanto stabilito dal contratto tipo
predisposto in sede di contrattazione collettiva.
Poiché la legge prescrive l‟obbligo di conformità del contratto individuale al contratto
tipo e poiché il controllo federale ha la finalità principale di preservare la stabilità e
l‟equilibrio economico e finanziario delle società sportive, è palese che siffatto controllo,
oltre alla verifica formale della coincidenza delle clausole dei contratti in questione,
imponga anche la valutazione di merito sulla congruità dell‟impegno economico assunto
dalle società, valutazione che, per essere esauriente e dimostrativa della situazione
effettiva, non può essere circoscritta al singolo contratto ma deve essere estesa a tutti i
contratti che risultano depositati in un dato momento da una determinata società sportiva
comparandone il contenuto economico alle emergenze del bilancio della stessa società.
Sotto l‟aspetto del controllo formale, è interessante chiedersi quale sorte spetti alle
clausole difformi rispetto al contratto tipo e quale debba essere, nei diversi casi, la
delibera federale riguardante l‟approvazione.
1. - Per quanto riguarda le clausole peggiorative, per l‟atleta, è la legge stessa a trovare
una soluzione, sancendone l‟inefficacia e la sostituzione con quelle corrispondenti al
223
Per i contratti preliminari vedi Tribunale di Roma, ordinanza 3 agosto 1994, in Riv. dir. sport., 1995,
638; per i patti aggiunti vedi Cassazione, 4 marzo 1999, n.1855, in Giust. civ., 1999, I, 1611.
224
Sul punto, si veda Duranti D., L‟attività sportiva come prestazione di lavoro, in Riv. it. dir. lav., 1983, I,
699.
93
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
contratto tipo. Tale disciplina è dettata dal terzo comma225 del, già più volte citato,
articolo 4 e non fa altro che riprodurre per il contratto di lavoro sportivo, il principio
generale già stabilito dall‟articolo 2077 c.c., con l‟avvertenza, tuttavia, che l‟articolo
4 implica un‟importantissima deviazione rispetto alla norma di diritto comune, la
quale secondo un principio radicato, disciplina i rapporti tra lavoratori e datori di
lavoro che aderiscono alle associazioni sindacali stipulanti, mentre l‟articolo 4
obbliga anche i soggetti non appartenenti alle associazioni stipulanti.
2. - Nell‟ipotesi di contratto individuale con clausole più favorevoli per l‟atleta, non
sembra invece immediato il principio della loro prevalenza sulle clausole
dell‟accordo collettivo. Così, per esempio, la clausola che dispensi l‟atleta dalla
preparazione e dagli allenamenti sotto la direzione della società, quando essa sia,
invece, stabilita dall‟accordo collettivo e dal contratto tipo226, non potrebbe ottenere
l‟approvazione federale in forza dell‟obbligo di conformità richiesto dal legislatore
del 1981.
L‟articolo 4 tace invece completamente su quelle che sono le modalità del deposito e le
eventuali conseguenze dell‟omissione di tale atto, ma anche in ordine all‟omissione di
qualsiasi provvedimento, positivo o negativo, da parte della federazione.
A porre rimedio a questo vuoto legislativo, sono, tuttavia, gli accordi collettivi.
In particolare l‟accordo fra l‟associazione calciatori e le società sportive prevede
l‟obbligo per le società di depositare il contratto in triplice copia entro cinque giorni dalla
stipulazione presso l‟organo federale competente227.
Secondo la giurisprudenza228, tale incombenza può essere eseguita anche dal
professionista il quale, in ogni caso, ha diritto al risarcimento del danno per l‟eventuale
negligenza della società.
La federazione a sua volta deve dare immediata notizia alle parti dell‟eventuale mancata
approvazione, mentre nel caso di mancata pronuncia entro il trentesimo giorno
successivo al deposito, il contratto s‟intende approvato.
Poiché la federazione è parte contraente dell‟accordo collettivo quest‟ipotesi di silenzioassenso sembra legittima ma comunque non appare consona al rigore della legge almeno
quando funzioni come rimedio al mancato esame della federazione.
225
<<Le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto
tipo>>.
226
Come avviene nel caso dei calciatori professionisti.
227
Sul punto, si veda l‟articolo 3 dell‟accordo collettivo F.I.G.C. – A.I.C. e, analogamente, l‟articolo 2
dell‟accordo F.I.G.C. – A.I.A.C. Le formalità stabilite dall‟accordo F.I.P. – G.I.B.A. sono pressoché
identiche.
228
Cassazione, sezione lavoro, 12 ottobre 1999, n. 11462.
94
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Parte della giurisprudenza229 ritiene che in mancanza della, detta, approvazione da parte
della Federazione il contratto sia egualmente valido ed efficace e le conseguenze della
mancata approvazione potranno riguardare esclusivamente l‟ambito sportivo, dando
origine a conseguenze di tipo sanzionatorio in capo alla società
Ove il contratto non sia approvato per incapacità economica della società, il
professionista ha diritto ad un equo indennizzo per la determinazione del quale non è
indicato alcun criterio.
In caso di rifiuto dell‟approvazione da parte della federazione competente sembra
ammissibile – ai sensi dell‟articolo 12, ultimo comma, della legge n. 91 – il ricorso alla
giunta esecutiva del C.O.N.I., che deve pronunciarsi entro sessanta giorni dalla ricezione
del ricorso. Tale opinione
230
poggia sulla considerazione che il contratto a titolo oneroso
tra società ed atleta, oltre ad implicare sovente notevoli esposizioni finanziarie dei
sodalizi sportivi, può essere classificato come atto di straordinaria ammissione,
determinando investimenti di capitali non privi di rischio.
229
Sul punto, si veda Bonavitacola R., Manuale di diritto sportivo, Edizioni Maros, 1991
95
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.1.2 – Cause di invalidità del contratto di lavoro sportivo
Non sempre il contratto che viene concluso, tra le parti, presenta tutti i requisiti
necessari a garantirne la piena validità.
Può, infatti, accadere che nell‟iter formativo, precedentemente descritto, venga a mancare
uno degli elementi essenziali voluti dalla legge, oppure che la volontà delle parti sia
condizionata da fattori esterni che ne alterino la formazione.
Per cui in caso di mancanza di uno degli elementi essenziali si potrà determinare
un‟ipotesi di nullità a norma dell‟articolo 1418 c.c. Mentre quando la volontà risulti
viziata da dolo, violenza morale o errore potrà essere origine di una situazione di
annullabilità ex articolo 1425 c.c.
La possibilità che la volontà delle parti, al momento della conclusione del contratto, sia
viziata da violenza - intesa come minaccia di un male ingiusto prospettato al fine di
indurre alla conclusione del contratto – o da dolo – e cioè da inganni o raggiri in cui è
stata tratta la controparte inducendola a stipulare il contratto – non presenta aspetti
particolari se riferita al contratto di lavoro, ivi compreso quello sportivo.
Maggiore rilevanza può, invece, assumere l‟errore, soprattutto se attiene alle qualità
personali dell‟altro contraente231, posto che le attitudini professionali del prestatore di
lavoro subordinato costituiscono certamente un elemento determinante per la conclusione
del contratto. Tuttavia, poiché le qualità personali e professionali del lavoratore hanno
modi di evidenziarsi soltanto attraverso l‟esecuzione delle prestazioni, difficilmente la
loro mancanza, concretamente verificata, viene dedotta come motivo di annullamento del
contratto per errore, traducendosi, piuttosto, in causa di recesso del rapporto.
Quanto alle ipotesi di nullità, le stesse possono ricorrere non soltanto quando manchi uno
degli elementi essenziali del contratto, ma anche quando il contratto di lavoro risulti
230
Bianchi D‟Urso F. – Vidiri G., La nuova disciplina del lavoro sportivo, in Riv. dir. sport., 1982, 3.
Articolo 1429, n. 3 c.c. per cui l‟errore è essenziale <<quando cade sull‟identità o sulle qualità della
persona dell‟altro contraente, sempre che l‟una o le altre siano state determinanti del consenso>>.
231
96
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
contrario a norme imperative232 oppure quando la causa sia illecita o, ancora, quando
l‟oggetto sia illecito233, impossibile, oppure indeterminato o indeterminabile234.
Nel rapporto di lavoro sportivo la possibilità che la nullità consegua alla mancanza di un
elemento costitutivo del contratto assume concreta rilevanza con riferimento all‟assenza
della forma scritta. Il difetto di forma scritta, peraltro, deve ritenersi ricorrente non solo
in mancanza di tale forma di manifestazione della volontà contrattuale, ma anche qualora
il contratto non sia conforme a quello tipo, approvato dalle organizzazioni collettive di
categoria.
Benché l‟elemento letterale, costituito dall‟inserimento, nell‟articolo 4, legge n. 91 del
1981, dell‟inciso “a pena di nullità” subito dopo la prevista stipulazione del contratto in
forma scritta, abbia portato parte della dottrina235 a ritenere che il legislatore abbia inteso
sanzionare con la nullità soltanto la mancanza della forma scritta, e non anche la non
conformità
sembra
del
contratto
condivisibile
individuale
l‟opinione,
a
quello
maggiormente
tipo
collettivamente
accreditata
in
redatto;
dottrina236e
giurisprudenza237 che ricostruendo il contratto di lavoro sportivo come una fattispecie
formale complessa a formazione progressiva, ritiene che la sanzione della nullità
consegua ogni qual volta l‟iter formativo della fattispecie contrattuale non trovi compiuta
realizzazione. E quindi, non soltanto se non si è osservata la forma scritta, ma anche se
non si riscontra la conformità del contratto a quello tipo.
A titolo esemplificativo è possibile analizzare una delle sentenze riportate nella nota
precedente - ossia Cassazione n. 1855 del 1999 – ove un calciatore aveva ottenuto dal
Pretore di Pescara la condanna del Pescara calcio al pagamento di un compenso
232
Salvo il caso che tale contrarietà riguardi singole clausole suscettibili di essere sostituite di diritto da
norme imperative (articoli 1339 e 1419, secondo comma c.c.), mantenendo, così, in vita il rapporto a tutela
del contraente debole che, in caso contrario, si vedrebbe privare del posto di lavoro.
233
Ad esempio è illecito l‟oggetto di un contratto concluso con soggetti di età inferiore a quella minima
prevista dalla legge.
234
Riguardo il requisito della determinatezza e della determinabilità si veda Pretura di Vicenza, 7 aprile
1993, Vicenza Calcio s.p.a. contro Cerilli, in Riv. it. dir. lav., 1994, II, 466. Questa sentenza ha ritenuto
<<nullo per indeterminatezza dell‟oggetto il contratto di lavoro stipulato tra un calciatore professionista ed
una società di calcio, avente per contenuto una generica attività di collaborazione da svolgersi sotto la
direzione della società stessa ( nel caso di specie il giudice ha ritenuto che la prestazione non fosse neppure
determinabile in quanto, poco dopo la stipula del contratto, al calciatore era stato proibito di svolgere
qualsiasi attività nell‟ambito della Federazione Italiana Giuco Calcio per un periodo di tempo più lungo
della durata del contratto stesso)>>.
235
Sul punto, si veda Caringella F. Brevi considerazioni in tema di forma del contratto di lavoro sportivo,
in Riv. dir. sport., 1994, 686.
236
Vidiri G., Sulla forma scritta del contratto di lavoro sportivo, in Giust. civ., 1993, 2839; Dalmasso
C.M., Il contratto di lavoro professionistico sportivo alla luce della legge 23 marzo 1981 n. 91, in Riv. dir.
sport., 1982, 148.
237
Cassazione 4 marzo 1999, n. 1855, in Riv. dir. sport., 1999, 705; Tribunale Treviso, 3 marzo 1994, in
Giur. mer., 1994, I, 609; Tribunale Pescara, 16 marzo 1995, in Rass. Dir. civ., 1996, 449.
97
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
aggiuntivo, previsto da una scrittura integrativa ma non dal contratto federale depositato
presso la Lega Calcio.
La società sportiva, a sua difesa, sostenne che, in base al citato articolo 4, la scrittura
integrativa doveva ritenersi nulla e che, quindi, il compenso aggiuntivo non dovesse
essere corrisposto al calciatore.
La Cassazione238 ribaltò la decisione del Pretore dando, così ragione al Pescara calcio, in
particolare nella sentenza si sostiene che la legge n. 91 prevede la nullità delle pattuizioni
non incluse nel contratto tipo, e ciò al fine di rendere possibili i controlli delle federazioni
sulle esposizioni finanziarie delle società sportive.
In base ai principi generali in materia di nullità e annullabilità dei contratti, un contratto
nullo, vista la gravità dell‟invalidità da cui è affetto, è come se non fosse mai stato
stipulato, cosicché dallo stesso non deriverà nessuno degli effetti cui era destinato
nell‟intenzione delle parti.
Il contratto annullabile, invece, produce i suoi effetti fino a quando, con la dichiarazione
di annullamento, i suoi effetti cessano per il futuro e vengono rimossi quelli fino a quel
momento prodotti.
In entrambi i casi, dunque, gli effetti cui era diretto il contratto cessano ex tunc, vale a
dire sin dal momento della sua stipulazione, con conseguente ripristino della situazione di
fatto precedente alla conclusione del contratto stesso.
Con riferimento al contratto di lavoro il legislatore ha, però, previsto delle rilevanti
deroghe rispetto alla disciplina generale dell‟invalidità, stabilendo all‟articolo 2126 c.c.
che l‟invalidità del contratto non travolge gli effetti imputabili alle prestazioni lavorative
già eseguite e non più ripetibili. La disciplina di particolare favore prevista per il
contratto di lavoro trova giustificazione nella circostanza che, pur se il contratto è viziato,
dalla sua esecuzione si è, comunque, avvantaggiato il datore di lavoro il quale, ha,
dunque, l‟obbligo di remunerare il lavoratore per le prestazioni eseguite.
L‟articolo 2126 c.c. deve ritenersi applicabile anche al rapporto di lavoro sportivo, ogni
qualvolta il contratto venga annullato o dichiarato nullo, non essendo condivisibile la tesi
secondo la quale, nell‟ipotesi di mancato rispetto della forma scritta, il contratto invalido
ai fini della costituzione di un rapporto di lavoro sportivo, sarebbe, comunque, valido per
la costituzione di un contratto di lavoro di diritto comune, con conseguente applicazione
al
rapporto
della
disciplina
generale
in
materia
di
subordinazione.
Nonostante la nullità dell‟atto negoziale, infatti, la prestazione eseguita ricalca, in via di
238
Cassazione 4 marzo 1999, n. 1855.
98
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
fatto, la fattispecie contrattuale viziata, con conseguente applicazione, sia pur nel rispetto
dei limiti di efficacia previsti dall‟articolo 2126 c.c., della disciplina prevista dalla legge
sul lavoro sportivo.
99
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.1.3 – Vincolo sportivo
Il principio generale della libertà dell‟attività sportiva, sancito dall‟articolo 1 della
legge n. 91, trova la sua espressione più significativa nella nuova regolamentazione della
mobilità dell‟atleta professionista da società a società, derivante dall‟abolizione, per lo
sport professionistico, del vincolo sportivo.
Nel corso dei precedenti paragrafi abbiamo più volte fatto riferimento al vincolo sportivo,
per non lasciare un alone di dubbio su quello che rappresenti, realmente, tale “istituto” è
opportuno ricostruire quella che ne è stata l‟evoluzione, dalla sua istituzione fino alla sua
abolizione.
Detto istituto, che oggi permane in vigore solo nello sport dilettantistico, consisteva in un
legame insolubile a tempo indeterminato dell‟atleta con la società d‟appartenenza, in
ragione del quale il rapporto può essere sciolto solo con il consenso della società, salvo
rinunzia dell‟atleta al tesseramento.
Tale vincolo nasceva con il tesseramento dell‟atleta da parte della società sportiva e
comportava il diritto esclusivo di quest‟ultima di disporre delle sue prestazioni a tempo
indeterminato e di decidere ed attuare il trasferimento, nel qual caso il vincolo proseguiva
a favore della società acquirente.
Il vincolo è una posizione giuridicamente definibile solo nell‟ambito dell‟ordinamento
sportivo, in quanto si configura come una situazione di soggezione che consegue al
tesseramento presso una società sportiva affiliata ad una federazione nazionale, per
effetto del quale è impossibile il trasferimento ad altra società.
Pasqualin239, in un Convegno di diritto sportivo nel 1979240 sintetizzo gli effetti
dell‟instaurazione del vincolo fra una società ed un atleta in due preposizioni:
A) - la società sportiva ha in primo luogo il diritto di utilizzare le prestazioni dell‟atleta
ed in secondo luogo, ha il potere di inibire a quest‟ultimo di prestare la propria
attività a favore di altra compagine;
B) - il giocatore, in primo luogo, ha il dovere di fornire le proprie prestazioni alla società
per cui è vincolato ed, in secondo luogo, ha il dovere di non prestare la propria
attività per un‟altra società, senza il consenso di quella per cui è vincolato.
239
Claudio Pasqualin all‟epoca del Convegno era vice presidente dell‟Associazione italiana calciatori.
1° Convegno di diritto sportivo organizzato con il patrocinio del C.O.N.I. sul tema <<giustizia sportiva
e giustizia ordinaria>>. Convegno tenutosi a Roma il 23 novembre 1979.
240
100
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Da queste parole emerge come i doveri che derivavano all‟atleta dal vincolo sportivo
erano essenzialmente due: uno di contenuto positivo, ossia prestare la propria attività alla
società titolare del vincolo; l‟altro di contenuto negativo, vale a dire non prestare la
propria attività per altra società241.
Al tempo della sua vigenza, il vincolo poteva essere sciolto solo in particolari
circostanze, secondo le modalità appositamente previste dalle federazioni sportive.
Analizzando quello che era il Regolamento Organico della F.I.G.C. dall‟articolo 45
emergeva come il vincolo poteva essere sciolto solo in determinati casi:
1. - per rinuncia della società, realizzata attraverso la procedura della lista di svincolo;
2. - per accordo bilaterale tra calciatore e società, ratificato degli organi federali
competenti nel settore;
3. - per inattività o esclusione della stessa società;
4. - inattività involontaria del giocatore;
5. - per riscatto del vincolo, eseguito secondo particolari modalità stabilite dal
Regolamento del settore professionisti242;
6. - per persistente morosità della società243;
7. - inoltre lo svincolo era concesso a coloro che superati i trent‟anni volevano tesserarsi
per società del settore dilettantistico.
In questo “sistema” il calciatore professionista che non aveva esercitato il riscatto del
vincolo – secondo una delle modalità sopra elencate – non poteva rifiutare il
trasferimento, a qualunque titolo esso avvenisse, pena il deferimento agli organi
disciplinari244.
Tale particolare situazione giuridica, introdotta originariamente in Inghilterra alla fine del
diciannovesimo secolo245, era giustificata da ragioni, sia di natura economica, sia di
natura tecnica. Anzitutto - evitando la collocazione degli atleti di maggiori potenzialità
241
Il primo di questi doveri rimaneva comunque subordinato alla volontà dell‟atleta, infatti, se quest‟ultimo
avesse deciso di non giocare più, il vincolo avrebbe perso automaticamente la sua efficacia, e con esso
sarebbe decaduto il dovere in parola, senza che la società avesse potuto avanzare alcuna pretesa in
contrario.
242
Questo istituto era applicabile solo ai giocatori di serie A e B.
243
Questa ipotesi si verificava quando non fossero state corrisposte al giocatore almeno due mensilità
consecutive, ed il giocatore avesse provveduto a costituire in mora la società. In tal caso lo svincolo aveva
effetto al termine della stagione.
244
Si specifica successivamente la possibilità di rifiutare invece il trasferimento nel c.d. mercato di
riparazione, ma solo ove la società cessionaria non fosse in grado di offrire un contratto economico di
importo almeno pari a quello già stipulato con la società cedente e debitamente ratificato dalla Lega
nazionale.
245
Micali G., in un suo intervento - ad un Convegno promosso dal Centro nazionale studi di diritto del
lavoro << Domenico Napolitano>>, tenutosi ad Ascoli Piceno il 19 dicembre 1987 – fa risalire l‟origine del
vincolo, addirittura, ai tempi del sorgere dell‟attività agonistica nell‟antica Roma, dove gli schiavi erano
costretti dal “dominus” a combattere incappucciati e legati.
101
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
nei sodalizi più ricchi e prestigiosi - tutelava le società economicamente più deboli
mantenendo
un
certo
equilibrio
nei
rapporti
di
forza
tra
i
vari
club.
Inoltre, costituiva un incentivo all‟addestramento e all‟istruzione dei giovani, in quanto
tutelava le società dai rischi economici derivanti dalla libera scelta dell‟atleta di
trasferirsi a società più ricche, vanificando gli sforzi e gli investimenti compiuti.
Nell‟ampia problematica del diritto sportivo il tema del “vincolo” tra società ed atleti è
stato certamente uno dei più dibattuti e complessi della materia; dottrina e
giurisprudenza, nel tempo, hanno, infatti, formulato varie ipotesi sulla natura giuridica
del vincolo sportivo.
Superata l‟antiquata posizione che configurava il vincolo sportivo come una specie di
patto di non concorrenza246, di cui all‟articolo 2125 c.c.
247
, un altro orientamento248,
condiviso anche dall‟Associazione Italiana Calciatori identificava il vincolo come un
divieto di recesso unilaterale da parte del lavoratore ponendone in dubbio la legittimità,
dal punto di vista giuridico, per contrasto con l‟articolo 2118 del codice civile249 e con
l‟articolo 4 della Costituzione che garantisce la libertà di scelta dell‟attività lavorativa.
Tale orientamento è stato oggetto anch‟esso di critiche, le quali hanno evidenziato la
diversità profonda tra il recesso unilaterale e la facoltà di stipulare altro contratto di
lavoro nello stesso ramo d‟attività; sarebbe, infatti, solo quest‟ultima facoltà ad essere
limitata dalla presenza del vincolo sportivo, il quale non potrebbe vietare allo sportivo di
risolvere il contratto con la precedente società e di praticare altra attività lavorativa.
L‟equiparazione del vincolo al divieto di recesso ad nutum è stata poi sostenuta da altri
autori250, che hanno ritenuto di inquadrare l‟attività sportiva nell‟ambito delle prestazioni
para-intellettuali, trovando conseguentemente piena applicazione la disciplina di cui agli
articoli 2222 ss. c.c., i quali prevedono l‟ammissibilità del recesso unilaterale da parte del
prestatore d‟opera251. Il vicolo veniva in questo modo qualificato come un divieto di
recesso ad nutum perfettamente legittimo, in quanto conforme alle disposizioni
dell‟ordinamento statale.
246
Le critiche che si possono muovere a questa concezione dottrinale, derivano dal netto contrasto tra il
carattere essenzialmente volontario del patto di non concorrenza e il carattere, invece obbligatorio, del
vincolo sportivo, conseguenza automatica del tesseramento.
247
Così Pagliara F., La libertà contrattuale dell‟atleta, in Riv. dir. sport., 1990, 33. In giurisprudenza
Cassazione 2 aprile 1963, n. 811, in Giust. civ., 1963, I, 1892.
248
Smuraglia C., Il vincolo tra atleti e società, in Riv. dir. sport., 1966, 128.
249
Che prevede appunto l‟illimitato diritto di recesso unilaterale in un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato.
250
Tra questi Tortora M.(a cura di), Diritto sportivo, Utet, 1998.
251
Tale soluzione - sostenuta tra gli altri anche da Grasselli S., in Il vincolo sportivo dei calciatori
professionisti, in Dir. lav., 1974, 399 – si basava a differenza delle altre su una ricostruzione del rapporto di
lavoro sportivo in termini di lavoro autonomo.
102
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Oltre alla dottrina anche la giurisprudenza si è interessata della natura giuridica del
vincolo sportivo. Una delle decisioni di rilievo della Suprema Corte di Cassazione252fu
assunta successivamente alla sciagura di Superga nella quale, come detto, perì l‟intera
squadra del Torino.
In quella occasione la Suprema Corte riconobbe l‟esistenza di un diritto reale su bene
materiale da parte della società sportiva sull‟atleta tesserato. Questa tesi apparve però
insostenibile in quanto era assolutamente non assimilabile ad un diritto reale su bene
materiale quello che la società sportiva esercitava sull‟atleta.
Si è sostenuto253, inoltre, che il vincolo sportivo potesse essere contemporaneamente
considerato in una prospettiva privatistica ovvero pubblicistica.
Sotto il profilo privatistico, l‟istituto in esame riguarda anzitutto le società sportive,
mentre per l‟atleta sarebbe solo una conseguenza, un riflesso secondario dell‟atto
volontario del tesseramento. In sostanza funzionerebbe come un accordo consortile
mediante il quale i club sportivi limitano tra di loro la possibilità di concorrenza in
materia di ingaggio dei calciatori.
Sotto il profilo pubblicistico, il vincolo, pur nella sua atipicità, integra gli estremi di un
rapporto somigliante a quello di “cittadinanza”. Vincolandosi con una società sportiva,
l‟atleta partecipa ad un‟organizzazione riconducibile al C.O.N.I. e diviene membro
dell‟ordinamento sportivo. Tale rapporto, in fondo è un rapporto tipico del diritto: è
precisamente il rapporto che intercorre tra ogni corpo sociale organizzato ed i suoi
componenti o membri.
Successivamente, si ritenne opportuno abolire il vincolo, poiché ci si era accorti che lo
sport, e soprattutto il calcio, erano diventati un grande spettacolo.
Le società sportive potevano considerarsi delle vere e proprie imprese, di conseguenza
anche i rapporti tra società e tesserati cominciarono ad essere ispirati a quelli che
intercorrevano tra l‟impresa ed i protagonisti dello spettacolo. Era, così, la logica di
mercato che imponeva di eliminare le distorsioni che il vincolo provocava254.
Così a porre fine a questi scontri dottrinali sulla natura giuridica del vincolo sportivo
intervenne la legge n. 91 del 1981 la quale ha eliminato il problema alla radice.
Tale legge ha, infatti, abolito il vincolo sportivo, eliminando tutti gli ostacoli al libero
mutamento del posto di lavoro. Oggi in presenza di un contratto sportivo a termine, il
252
Cassazione 4 luglio 1953, n. 2085.
Sul punto, si veda Bianchi D‟Urso F., Riflessioni sulla natura giuridica del vincolo sportivo, in Dir.
Giur., 1979, 8.
254
Sul punto, si veda Mennea P.P. – Olivieri M., Diritto e ordinamento istituzionale sportivo, Società
stampa sportiva, 1996.
253
103
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
trasferimento può essere attuato, secondo quanto disposto dal secondo comma
dell‟articolo 5 – legge n. 91 – tramite una cessione del contratto in armonia con l‟articolo
1406 del c.c., purché vi sia il consenso del giocatore e siano osservate le modalità delle
singole federazioni sportive255. Ad esempio la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha
stabilito che il prezzo di cessione del contratto “ante tempus” può essere determinato
liberamente dalle parti contraenti.
Può sorgere il problema che, alla presenza di richieste particolarmente esose da parte
della società cedente, si tenda a riavvicinarsi al vecchio sistema del mercato
trasferimenti, in quanto all‟atleta è consentito accettare o meno la cessione, ma gli è
comunque inibita la libertà contrattuale di scelta.
Più interessante è la disciplina prevista nel caso di trasferimento alla scadenza del
contratto. Mentre prima il vincolo continuava a limitare l‟atleta anche in seguito alla
scadenza del suo contratto, oggi l‟atleta è completamente libero di scegliere il suo futuro,
una volta scaduto il precedente contratto.
La libera mobilità del lavoratore sportivo è assicurata, inoltre, dal primo e dal sesto
comma dell‟articolo 4, di detta legge, i quali prevedono l‟assunzione diretta e vietano
qualsiasi tipo di clausola contrattuale dopo la scadenza del contratto.
Oggi il legame tra atleta e società risulta attenuato, anche in ragione del principio della
libera recedibilità, data l‟applicazione degli articoli 2118 – 2119 del codice civile.
L‟unica limitazione alla scelta del posto di lavoro – che ha resistito al legislatore del 1981
– è costituita dal privilegio della società di stipulare il primo contratto professionistico
con i propri atleti del settore giovanile256, per la durata minima di due anni e con la
retribuzione minima di volta in volta in vigore a titolo di conguaglio per la scoperta e la
formazione degli stessi.
Si tratta di una disposizione chiaramente diretta a tutelare gli interessi delle società
sportive a mantenere e potenziare i settori giovanili. Tale diritto può essere esercitato, in
pendenza del precedente tesseramento, nei tempi e nei modi stabiliti dalle diverse
federazioni sportive.
La legge n. 91 nella sua normativa – in attuazione dell‟abolizione del vincolo sportivo aveva originariamente previsto, per sopperire a quello che era il valore economico del
255
La legge opera un rinvio alle disposizioni emanate dalle federazioni, nel pieno rispetto dell‟autonomia
dell‟ordinamento sportivo; spetta a quest‟ultime stabilire se la cessione deve avvenire a titolo oneroso, in
base a coefficienti e a parametri prestabiliti o a contrattazione libera, oppure a titolo gratuito.
256
Articolo 6, comma terzo legge n. 91 del 1981. Questa norma fu aggiunta in sede di emendamento per
tutelare gli interessi delle società a mantenere gli allenamenti giovanili, che si temeva sarebbero stati
fortemente ridotti dall‟entrata in vigore di questi nuovi meccanismi.
104
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
vincolo, che in caso di cessione alla scadenza del contratto la società cedente avesse
diritto ad un‟indennità di preparazione e promozione, da determinarsi secondo parametri
e coefficienti fissati dalle stesse federazioni257.
Tale indennità doveva essere corrisposta dalla società firmataria del nuovo contratto e
poteva sia pure indirettamente, costituire un grave onere ed ostacolo alla piena e libera
mobilità degli atleti, soprattutto in riferimento al principio comunitario della libera
circolazione del lavoratore258.
L‟istituto, a tal fine, è stato di recente profondamente modificato dal decreto legge n. 485
del 1996 convertito in legge n. 586 del 18 novembre 1996. Quindi la richiamata indennità
è stata sostituita con un premio d‟addestramento e formazione tecnica259, collegato
unicamente allo svolgimento dell‟ultima attività dilettantistica o giovanile. È stato questo
uno dei tanti riflessi della sentenza Bosman nell‟ordinamento italiano260.
L‟articolo 6 della legge n. 91 è stato sostituito dall‟articolo 1 della legge n. 586, il quale
stabilisce al primo comma che << nel caso di primo contratto deve essere stabilito dalle
Federazioni nazionali sportive un premio d‟addestramento e formazione tecnica in favore
della società od associazione sportiva presso la quale l‟atleta ha svolto la sua attività
dilettantistica o giovanile>>.
È bene comunque far presente che a detta del terzo
comma – articolo 1 legge n. 586 – il premio d‟addestramento e formazione tecnica dovrà
essere reinvestito nel perseguimento di fini sportivi.
La sentenza Bosman ha, dunque, affermato che il trasferimento di un giocatore
comunitario da un club ad un altro, da un paese ad un altro, non può essere subordinato al
257
Nel calcolo dell‟indennità venne lasciata ampia libertà alle federazioni. Secondo la Federcalcio
andavano così tenuti di conto vari criteri quali: l‟età dell‟atleta, la misura degli emolumenti percepiti, la
categoria d‟appartenenza della società, la durata del precedente contratto, l‟eventuale provenienza dal
vivaio e così via dicendo. Soltanto la Federcalcio e la Federciclismo avevano dato attuazione a tale tipo di
indennità.
258
E‟ bene comunque ricordare che la corresponsione di detta indennità nei termini e con le modalità
indicate dalle rispettive federazioni, è irrilevante ai fini della validità del contratto stipulato tra l‟atleta e la
nuova società, con conseguente competenza a giudicare sulla controversia tra la nuova e vecchia società
affidata in prima istanza, alla Commissione Vertenze Economiche ed in seconda istanza alla Commissione
d‟Appello Federale. Il rilascio del certificato di svincolo - che doveva essere rilasciato dalla Federazione
alla società acquirente – poteva essere negato solo quando il giocatore non avesse interamente adempiuto
alle obbligazioni contrattuali nei confronti della società precedente o fosse sorta una controversia di
carattere non economico tra le due società interessate al trasferimento.
259
Tale “premio” viene riconosciuto solo in caso di stipula del primo contratto professionistico e solo a
favore della società o dell‟associazione sportiva presso la quale l‟atleta ha svolto la sua ultima attività
dilettantistica o giovanile. Sotto il profilo soggettivo, alla società è riservato un vero e proprio diritto di
preferenza in occasione della stipula del primo contratto professionistico , mentre sul piano oggettivo, il
premio di addestramento deve essere reinvestito nell‟attività giovanile e vivaistica e gode di esenzione
dall‟imposta sul valore aggiunto.
260
L‟indennità è stata soppressa anche dalla F.I.F.A. con effetto dal 1 aprile 1999 sia per i trasferimenti di
giocatori comunitari tra società dei paesi comunitari e dello spazio economico europeo (S.E.E.), sia di
giocatori extracomunitari, che vengono così equiparati ai comunitari.
105
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
pagamento di un'indennità, poiché questo costituisce un ostacolo alla libera circolazione
degli sportivi.
In attuazione dell‟articolo 16261 della legge n. 91 le limitazioni alla libertà contrattuale
dei calciatori professionisti, individuate come vincolo sportivo, furono eliminate nei
cinque anni successivi all‟emanazione della legge con la seguente gradualità:
1. - per i calciatori professionisti nati nel 1949 e precedenti, il vincolo sportivo è scaduto
automaticamente al termine della stagione 1981/1982;
2. - per i calciatori professionisti nati negli anni 1950, 1951, 1952 il vincolo sportivo è
scaduto automaticamente al termine della stagione 1982/1983;
3. - per i calciatori professionisti nati negli anni 1953, 1954, 1955 il vincolo sportivo è
scaduto automaticamente al termine della stagione 1983/1984;
4. - per i calciatori professionisti nati negli anni 1956, 1957, 1958 il vincolo sportivo è
scaduto automaticamente al termine della stagione 1984/1985;
5. - per i calciatori professionisti nati negli anni 1959, 1960, 1961, 1962 il vincolo
sportivo è scaduto automaticamente al termine della stagione 1985/1986.
Quindi i calciatori rimasero soggetti al regime vincolistico fino alla scadenza prevista per
il relativo anno di nascita, dopo di che divennero soggetti al solo regime liberistico
previsto dalla legge n. 91 e dai relativi regolamenti federali.
La norma che ha portato all‟abolizione del vincolo, è una norma di alto contenuto umano
e civile, poiché rende giustizia ai professionisti sportivi. I quali possono ora, decidere
finalmente in piena autonomia della loro vita lavorativa, sprigionando aspirazioni,
desideri e speranze tenute represse per anni quando per ciascuno di loro decideva la
società di appartenenza262.
Certo l‟avvenuta abolizione del vincolo non è passata inosservata alla dottrina, ma nel
tempo le obbiezioni di coloro che si opponevano a ciò sono state molto deboli.
Alcune delle motivazioni erano dovute dal timore, che le società, nell‟impossibilità di
vincolare i propri giocatori, rinunciassero a coltivare e sviluppare i settori giovanili, ma
ciò è stato smentito dai fatti.
Altra remora all‟abolizione del vincolo era, che essendo il giocatore considerato
patrimonio sociale, con l‟eliminazione del vincolo si causava una notevole perdita nel
261
<<le limitazioni alla libertà contrattuale dell‟atleta professionista, individuate come un vincolo sportivo
nel vigente ordinamento sportivo saranno gradualmente eliminate entro cinque anni dalla entrata in vigore
della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle Federazioni Sportive Nazionali e
approvati dal C.O.N.I., in relazione all‟età degli atleti, alla durata ed al contenuto del rapporto con le
società>>.
262
Sul punto, si veda Santoro F., Abolizione del vincolo sportivo, Società stampa sportiva, 1986
106
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
patrimonio attivo delle società; ma coloro che erano favorevoli all‟abolizione del vincolo,
sostenevano che il giocatore poteva essere considerato patrimonio della società solo per
quanto riguardava l‟ambito sportivo, non potendo essere considerato un bene di interesse
commerciale al di fuori del mercato esistente tra le società stesse; e pertanto, l‟attivo
rappresentato dal giocatore era solo fittizio.
Le prestazioni degli atleti sono, infatti, infungibili poiché possono essere rese
esclusivamente nell‟ambito dello “spettacolo sportivo” e fra società regolarmente
costituite. A tale proposito va evidenziato che quello che la società possiede non è
l‟atleta, bensì il diritto di utilizzare le sue prestazioni agonistiche sportive.
Ed è il mercato, che richiede queste prestazioni, a darne valutazione e prezzo.
Infine prima di concludere, può essere interessante per una volta uscire dal mondo del
calcio, merita, così, attenzione una normativa – in tema di riscatto del vincolo - che ha
anticipato le previsioni della legge n. 91.
La Federazione Italiana Pallavolo (F.I.P.A.V.) ha introdotto la disciplina del riscatto del
vincolo già a partire dalla stagione agonistica 1980-81, dopo l‟approvazione della relativa
normativa,
da
parte
del
Consiglio
Federale,
nel
giugno
del
1980263.
Successivamente in materia quando è intervenuta la legge n.91 non ha trovato
applicazione in questa disciplina sportiva in quanto, a tutt‟oggi, la pallavolo rimane uno
sport dilettantistico e quindi estraneo al campo d‟applicazione della legge n. 91.
La normativa relativa al riscatto del vincolo è stata inserita accanto a quella concernente
lo scioglimento del vincolo per giusta causa264, di cui all‟articolo 31 del Regolamento
Affiliazioni, tesseramenti e gare (R.A.T.G.).
La disciplina del riscatto del vincolo è riportata negli articoli 32 e 32-bis del R.A.T.G, ed
in primo luogo emerge che tale diritto viene riconosciuto solamente agli atleti che, nella
stagione al termine della quale intendono esercitare il diritto di riscatto, siano stati
tesserati per la partecipazione ai campionati di serie A-1 o A-2265.
263
Per un approfondimento, si veda Ambrosio G., Libertà d‟esercizio dell‟attività sportiva pallavolistica e
riscatto del vincolo, in Riv. dir. sport., 1983, 363.
264
La disciplina dello scioglimento per giusta causa risale ad una decina di anni prima, quando si volle
fornire all‟atleta - che aveva ricevuto un ingiustificato diniego da parte del sodalizio al suo trasferimento
presso altra società – lo strumento normativo e processuale attraverso il quale, in presenza di motivi ritenuti
equi da parte di un organo giudicante, potesse essere sciolto dal vincolo con il sodalizio d‟appartenenza.
265
È quindi escluso in modo tassativo che il diritto di riscatto possa essere esercitato da atleti tesserati per
società di serie B o di serie inferiore. A quest‟ultimi è lasciata la sola possibilità di richiedere lo
scioglimento del vincolo per giusta causa.
107
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Il riscatto del vincolo si ottiene da parte dell‟atleta mediante il versamento al sodalizio
d‟appartenenza di una somma in denaro a titolo di indennizzo266 per le spese sostenute
nell‟interesse dello stesso atleta.
Al fine di evitare che una società di rilevanti disponibilità economiche possa assicurarsi,
attraverso lo strumento del riscatto del vincolo tutti gli atleti tecnicamente più forti, è
previsto che nessun sodalizio possa tesserare più di due atleti che abbiano riscattato il
vincolo al termine della stagione agonistica immediatamente precedente.
Questa normativa sul riscatto del vincolo, anche se limitata agli atleti di serie A, sembra
attuare il disposto dell‟articolo 16 della legge n. 91, benché il precetto riguardi
espressamente solo gli atleti professionisti.
266
Tale indennizzo coattivo è dato dalla somma di una serie di parametri economicamente qualificabili, tra
cui assumono particolare rilievo : a) le spese dirette ed indirette sostenute nell‟interesse dell‟atleta; b) la
108
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Parte seconda
2.2 – Svolgimento
Dal momento del tesseramento il contratto stipulato fra atleta e società sportiva
comincia a produrre i suoi effetti; in altri termini, il tesseramento si pone come la
condizione dal cui verificarsi dipende l‟efficacia del contratto, l‟atleta da quell‟istante
assume la “qualifica” di tesserato267.
Con la stipulazione del contratto ed il conseguente tesseramento lo sportivo, sia atleta sia
non atleta, diventa titolare di una serie di obblighi e diritti nei confronti della società con
la quale ha concluso il contratto.
Iniziando ad analizzare quelli che sono gli obblighi cui è sottoposto lo sportivo, si può
notare come obbligazione principale sia quella di prestare l‟attività atletica, intesa come
l‟obbligo di partecipare a tutte le competizioni, ufficiali ed amichevoli, a cui la società
intende prendere parte tanto in Italia quanto all‟estero. A questa obbligazione, che
abbiamo definito principale, fanno seguito una serie di obbligazioni accessorie collegate
alla prima da un evidente nesso di strumentalità.
Fra tali obblighi oltre a quelli della sottoposizione al potere direttivo e disciplinare della
società, che meritano un‟analisi più approfondita e per la quale rimandiamo il discorso a
qualche paragrafo più avanti, meritano di essere tenuti in considerazione:
1. - l‟obbligo di mantenere un contegno disciplinato e corretto ed osservare un tenore di
vita, ed una condotta sportiva e civile irreprensibile;
2. - l‟obbligo di tenersi a disposizione, in correlazione di tale obbligo ad esempio lo
sportivo è tenuto a fissare il proprio domicilio nel luogo indicato dalla società268;
somma aggiuntiva nel caso il vincolo sia durato più di due anni; c) l‟ulteriore somma aggiuntiva se l‟atleta
che esercita il diritto di riscatto appartiene alla categoria juniores o ad altra categoria inferiore.
267
Questa definizione è data da Fontana A., Il potere disciplinare delle associazioni sportive sui giucatori
di calcio professionisti, in Riv. dir. sport., 1967, 46.
268
Lo sportivo è invece lasciato libero di determinare la propria residenza.
109
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
3. - altro obbligo è quello di attenersi a particolari disposizioni della società, quali ad
esempio il divieto d‟utilizzo di mezzi di trasporto particolarmente pericolosi, e
l‟obbligo di utilizzare per le trasferte i mezzi messi a disposizione dalla società;
4. - l‟obbligo di diligenza e di obbedienza. Questi due obblighi sono individuati dalla
lettura dell‟articolo 2104 c.c.269. Per quanto riguarda il primo profilo, e cioè la
diligenza, il primo comma dell‟articolo 2104 impone al lavoratore subordinato di
adempiere le proprie prestazioni usando la diligenza richiesta dal tipo di mansioni che
gli sono state affidate. In applicazione di questo disposto, lo sportivo professionista è
tenuto a mettere a disposizione della società d‟appartenenza le proprie prestazioni
lavorative in vista del conseguimento del risultato cui le stesse tendono, e che
corrisponde anche con le aspettative della società datrice di lavoro. Completa
l‟obbligo di diligenza quello della cura degli strumenti di lavoro forniti dal datore, sul
quale incombe il corrispondente onere, del datore di lavoro, di mettere a disposizione
l‟occorrente per lo svolgimento del lavoro, obbligo questo richiamato espressamente
dagli accordi collettivi270. Il secondo requisito di cui all‟articolo 2104 caratterizzante
la subordinazione è l‟obbedienza, in base alla quale il lavoratore dipendente deve
osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro o dai suoi collaboratori.
L‟obbligo di obbedienza a mio avviso non è altro che la situazione soggettiva del
lavoratore rispetto al potere direttivo di cui gode il datore di lavoro e per la cui
trattazione rimandiamo più avanti;
5. - l‟obbligo di fedeltà, a cui abbiamo già brevemente accennato nel corso del primo
capitolo la dove si analizzavano gli elementi oggettivi del rapporto di lavoro sportivo.
Quest‟obbligo è desumibile sia dall‟articolo 2105271 del c.c., sia dagli accordi
collettivi, in quest‟ultimi può emergere o mediante un generico richiamo - come
avviene nell‟accordo collettivo per i calciatori - oppure attraverso una più accentuata
individuazione del contenuto dello stesso, come accade nell‟accordo per i giocatori di
pallacanestro dove espressamente si sottolinea che l‟atleta è tenuto al più stretto
269
<<Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta,
dall‟interesse dell‟impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l‟esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite
dall‟imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende>>.
270
A titolo esemplificativo si può, infatti, analizzare l‟articolo 14 dell‟accordo collettivo per i calciatori
professionisti secondo il quale questi devono custodire con diligenza gli indumenti e i materiali sportivi
forniti dalla società e si impegnano a rifondere il valore degli stessi se smarriti o deteriorati per colpa loro.
Analogamente l‟accordo collettivo per i giocatori di pallacanestro rende gli atleti custodi del materiale
fornitogli dalla società, della cui perdita, deterioramento o distruzione rispondono personalmente, se non
imputabili al normale uso o a cause di forza maggiore.
110
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
riserbo sugli aspetti sia tecnici che generali, legati alla vita della squadra e della
società. Dal disposto dell‟articolo 2105 emerge in primo luogo, che un soggetto
legato contrattualmente ad una società non può contemporaneamente prestare la
propria attività anche in favore di altre. Non rientrano sotto tale divieto gli impegni
con la squadra nazionale, alle cui convocazioni gli atleti hanno l‟obbligo di
rispondere positivamente. Il divieto di non concorrenza fissato dall‟articolo 2105 è
destinato ad avere efficacia esclusivamente durante la permanenza del rapporto di
lavoro, è infatti la stessa legge n. 91 all‟articolo 4 ad affermare la illegittimità di
eventuali clausole limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo
successivo alla risoluzione del contratto stesso. Quanto all‟obbligo di non divulgare
notizie o farne uso in modo da arrecare pregiudizio alla società, tale principio trova
piena applicazione nel lavoro sportivo dove “fughe” di notizie su strategie di gioco o
di mercato possono nuocere gravemente alla società d‟appartenenza;
6. - infine vi sono una serie numerosa di altri obblighi di minore importanza che
comunque vale la pena elencare e così possiamo ricordare l‟obbligo dello sportivo di
partecipare agli allenamenti nelle ore e nei luoghi fissati dalla società; l‟obbligo di
indossare in determinate circostanze l‟abbigliamento fornito dalla società; l‟obbligo
generale di rispettare gli ulteriori obblighi integrativi previsti dagli accordi collettivi
ed infine il dovere – più che obbligo – di comportarsi secondo correttezza e buona
fede, così da salvaguardare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.
Al fianco di questi obblighi a cui è sottoposto il lavoratore sportivo, esiste un‟ampia serie
di diritti che servono a riequilibrare il rapporto sinallagmatico esistente tra sportivo e
società. Diritti dell‟atleta che si traducono, quindi, in doveri per la società, tenuta a
rispettarli durante tutto l‟arco della durata del rapporto sportivo.
Il diritto più importante di cui gode lo sportivo è quello alla retribuzione, di cui è forse
più opportuno trattare in sede separata, per tanto per il momento limitiamoci ad
analizzare quelli che sono gli altri diritti di cui gode il lavoratore sportivo, rinviando
invece al paragrafo successivo la trattazione del diritto alla retribuzione.
Il primo diritto di cui gode ogni lavoratore - e nel caso di specie il lavoratore sportivo - è
il diritto alla prestazione dell‟attività lavorativa. Essenzialmente si può affermare che lo
svolgimento dell‟attività lavorativa costituisce, per il lavoratore dipendente, non soltanto
un obbligo ma un diritto tutelato dall‟ordinamento giuridico. In virtù di tale diritto lo
271
<< Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con
l‟imprenditore, ne divulgare notizie attinenti all‟organizzazione e ai metodi di produzione dell‟impresa o
farne uso in modo da potere recare ad essa pregiudizio >>.
111
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
sportivo professionista deve essere messo in grado di rendere la propria prestazione
partecipando agli allenamenti, ai ritiri nonché ad ogni altra iniziativa assunta dalla società
d‟appartenenza in vista dello svolgimento delle competizioni.
Ma ciò a cui ogni atleta ha maggiormente diritto è certamente la partecipazione alle
manifestazioni ufficiali, tale interesse può essere limitato soltanto per ragioni d‟ordine
tecnico. Quindi in mancanza di tali ragioni una forzata, prolungata ed ingiustificata
inattività può legittimare la richiesta del relativo risarcimento del danno ed anche la
richiesta di risoluzione contrattuale.
In correlazione con l‟obbligo d‟esecuzione della prestazione sportiva, il lavoratore ha
diritto a periodi di riposo settimanali e annuali272 la cui durata è stabilita dalle norme
collettive. Nella determinazione dei giorni e dei periodi di riposo settimanale gioca un
ruolo importante l‟esigenza del rispetto dei calendari agonistici; cosicché non si adatta al
lavoro sportivo la regola del rispetto del riposo domenicale affermata dalla legge 273, così
come quella della sospensione del lavoro nei giorni in cui cadono le festività nazionali e
infrasettimanali, essendo in genere la domenica e gli altri giorni festivi per lunga
tradizione
deputati
allo
svolgimento
delle
manifestazioni
sportive.
Compatibilmente con eventuali impegni nei giorni feriali è il lunedì la giornata dedicata
al riposo274.
La pausa annuale è generalmente fissata in quattro settimane consecutive, compresi i
giorni festivi e di riposo settimanale, e solitamente questo periodo corrisponde alla
sospensione estiva dell‟attività agonistica275.
Ulteriori giorni di esonero dal lavoro sono previsti per gli sportivi, così come per tutti i
lavoratori subordinati, in occasione del matrimonio, l‟accordo collettivo dei calciatori,
prevede in tali circostanze il diritto ad almeno cinque giorni consecutivi di congedo
retribuito.
Ad ulteriore tutela della personalità e delle aspirazioni del lavoratore è da ritenere
applicabile l‟articolo 10 dello Statuto dei lavoratori relativo agli studenti lavoratori, i cui
principi ben si adattano al lavoro sportivo, per cui le società, in riconoscimento del diritto
272
È questo un diritto espressamente riconosciuto dall‟articolo 36 della nostra Costituzione a tutti i
lavoratori.
273
Articolo 2109, primo comma codice civile e articolo 9 D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66.
274
La possibilità di fruire del riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica è previsto dal secondo
comma dell‟articolo 9 D.Lgs n. 66, quando sia dovuto ad esigenze tecniche dell‟impresa. Così a titolo
esemplificativo, l‟accordo per i calciatori (articolo 22, primo comma) stabilisce che il riposo sia goduto
entro i primi due giorni della settimana, mentre quello dei giocatori di pallacanestro prevede che l‟atleta
abbia diritto ad una giornata di riposo settimanale da effettuarsi di norma il lunedì.
275
Questo è quello che avviene soprattutto negli sport di squadra, in altri sport come ad esempio il tennis,
l‟atletica, il ciclismo e gli sport motoristici il periodo di „ferie‟ si ha invece durante l‟inverno.
112
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
allo studio dei propri tesserati, hanno il dovere di promuoverlo e sostenerlo, secondo le
condizioni stabilite d‟intesa fra le parti collettive, compatibilmente con le esigenze
dell‟attività sportiva.
Mentre del trattamento spettante nei casi di malattia ed infortunio si dirà in un successivo
paragrafo, resta ora da esaminare il tema del diritto di sciopero, delle modalità del suo
esercizio e delle conseguenze sul contratto di lavoro.
Analogamente a quanto avviene in favore di tutti i lavoratori subordinati, anche ai
lavoratori sportivi è da riconoscere accanto alla libertà d‟organizzazione e di svolgimento
dell‟attività sindacale276, il diritto di ricorrere al principale strumento di lotta sindacale
costituito dal diritto di sciopero, previsto e garantito dall‟articolo 40 della Costituzione277.
In effetti, nello sport lo strumento dello sciopero ha trovato una ridottissima applicazione,
soprattutto per le forti divisioni esistenti tra gli interessi dei campioni super pagati e i
normali professionisti, che sono la maggioranza degli sportivi, divisioni che certo non
favoriscono la compattezza e la combattività delle categorie dei lavoratori sportivi.
L‟ordinamento sportivo sembrerebbe in grado di punire disciplinarmente lo sciopero
degli atleti professionisti con sanzioni addebitabili alle società, ma anche con sanzioni nei
confronti degli scioperanti278, ciò crea indubbiamente dei problemi di coordinamento con
l‟ordinamento statale, e si può concludere che le federazioni sportive nazionali non
possono legittimamente punire uno sciopero dei lavoratori sportivi, poiché questi, con il
loro comportamento esercitano un diritto che è garantito dalla Costituzione.
276
Il diritto all‟organizzazione sindacale in favore dei lavoratori sportivi era stato già riconosciuto nel
maggio del 1964 allorquando Mazzoni G., partendo dal postulato che il rapporto d‟attività sportiva è un
vero e proprio rapporto speciale di lavoro subordinato, ipotizzava la nascita di sindacati dei lavoratori
sportivi ed una loro attività tendente essenzialmente alla definizione di una disciplina collettiva del
rapporto di lavoro sportivo. Tale ipotesi veniva giustificata dal fatto che, nell‟attività sportiva, come
avviene per ogni altra attività lavorativa, esistono, accanto all‟interesse dei singoli, interessi collettivi
meritevoli di essere curati e tutelati da organizzazioni di categoria che avrebbero assunto la natura di
sindacati di fatto in quanto organizzate nei limiti dell‟articolo 18 e del primo comma dell‟articolo 39 Cost.
A corollario di tali affermazioni Mazzoni rileva come i lavoratori sportivi godano della più assoluta libertà
nell‟organizzarsi collettivamente per la tutela dei loro interessi professionali, con la possibilità anche di
formare associazioni che rappresentino una particolare categoria di sportivi o che assumano forme più
complesse.
277
In virtù del significato attribuito dalla giurisprudenza allo sciopero, può ricavarsi che l‟esercizio del
diritto di sciopero di cui all‟articolo 40 Cost. legittimi qualsiasi forma d‟astensione collettiva
indipendentemente dal danno subito dall‟imprenditore; unici limiti all‟esercizio del diritto di sciopero
consistono nella illegittimità di quegli scioperi che ledano altri diritti garantiti dalla Costituzione o che
danneggiano gli impianti produttivi dell‟imprenditore. Sulla base di queste considerazioni è ritenuto
legittimo anche lo sciopero c.d. a sorpresa, ossia senza preavviso, attuato dai lavoratori sportivi nel corso di
una competizione ufficiale. Situazioni del genere possono essere accolte solo in sport dove il pubblico
assiste ancora con solo spirito sportivo e non in sport - come il calcio, pallacanestro, ed altri sport più
popolari – dove la popolarità paga il prezzo della violenza tra i tifosi, nei quali è dunque non ipotizzabile
uno sciopero a sorpresa a causa delle conseguenze che potrebbe comportare.
278
Per un approfondimento, si veda Cianchi V., Profili sindacali del rapporto di lavoro, in Riv. dir. sport.,
1990, 285.
113
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Il provvedimento disciplinare delle federazioni è invece lecito qualora la forma della
protesta sia indirizzata ad alterare l‟eguaglianza competitiva della gara.
Quindi si può affermare che rispetto alle norme d‟autotutela collettiva gli sportivi
professionisti potranno, senza incorrere in sanzioni disciplinari, astenersi dal partecipare
alle gare, alle manifestazioni o agli allenamenti, ovvero provocare ritardi all‟inizio delle
stesse; mentre attraverso altre forme d‟autotutela collettiva, quali la non collaborazione,
lo sciopero di rendimento non farebbero altro che violare principi di lealtà e di
correttezza tali da consentire il legittimo intervento degli organi di giustizia sportiva.
Un'altra distinzione può essere quella tra sciopero di singole squadre e sciopero di
un‟intera categoria279. Nel caso di sciopero proclamato dai lavoratori sportivi di una
singola società, non nascono particolari problemi in quanto le norme federali degli sport
di squadra prevedono che le società siano oggettivamente responsabili dell‟operato dei
loro tesserati e prevedono che nel caso la società non disputi una gara ufficiale subirà la
sconfitta a tavolino e la penalizzazione di un punto in classifica. Se per coincidenza
entrambe le squadre disertassero la competizione a causa di uno sciopero – non di
categoria – la sanzione precedentemente vista dovrebbe essere comminata ad entrambe le
società.
Nel caso in cui invece lo sciopero interessasse l‟intera categoria le soluzioni prospettabili
sono almeno due:
1. - potrebbe essere disposta la ripetizione delle gare per evitare che venga alterato il
regolare svolgimento dei campionati280;
2. - potrebbe prospettarsi uno svolgimento delle gare senza che le stesse siano ripetute
avvantaggiando, così, quelle società che non hanno aderito allo sciopero o che
avendo un settore giovanile forte hanno fatto ricorso alla squadra primavera281.
Comunque sia le sanzioni applicate dall‟ordinamento sportivo alle società per il mancato
o ritardato inizio delle gare ufficiali non possono essere motivo di rivalsa sui lavoratori,
anche se la mancata o ritardata partecipazione della società alla competizione dipende da
279
Sandulli P., Autotutela collettiva e diritto sportivo, in il diritto del lavoro, 1988, 285.
Questa è la soluzione decisa dalla F.I.G.C. in occasione sia dello sciopero dei calciatori del 1977, sia in
occasione dello sciopero delle formazioni di serie B, che ebbe luogo nella prima giornata della stagione
2003/04 per protestare contro il ripescaggio in serie B di quattro società, fra cui anche la Fiorentina.
281
Questa è la soluzione che si ebbe in occasione di uno sciopero dei calciatori tenutosi in Spagna nel
1984, ed è anche la soluzione che era stata per prima ipotizzata in occasione dello sciopero delle società di
serie B di cui alla nota precedente.
280
114
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
loro. Tuttavia in caso d‟astensione collettiva, è ovvio che il datore di lavoro avrà il diritto
di trattenere i compensi diversamente spettanti ai lavoratori scioperanti282.
La difficoltà sotto questo punto sta nello stabilire la quantità della retribuzione che deve
essere trattenuta. Parte della dottrina283ha proposto che debba essere trattenuto lo
stipendio di un‟intera settimana, dovendosi in tal caso tenere conto della perdita di
proficuità della preparazione svolta per la gara medesima.
282
È principio generale, infatti, che lo sciopero sospende il diritto alla retribuzione per i lavoratori che vi
abbiano partecipato.
283
Bianchi D‟Urso – Vidiri, op. ult. Cit.; Sandulli op. cit. 285.
115
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.2.1 – Retribuzione
Il carattere sinallagmatico del contratto di lavoro subordinato, contrappone
all‟obbligo del lavoratore di rendere la prestazione, quello del datore di lavoro di
corrisponderne la retribuzione e, cioè il relativo trattamento economico ex articolo 2094
c.c..
Pagare la retribuzione costituisce la principale obbligazione del datore di lavoro, non
soltanto perché volta a remunerare l‟attività eseguita dal lavoratore ma, soprattutto
perché essa rappresenta il mezzo normalmente esclusivo di sostentamento del lavoratore
e della sua famiglia. Costituisce inoltre il corrispettivo dell‟assorbimento da parte
dell‟impresa, di tutta la capacità lavorativa del dipendente.
Nel rapporto di lavoro sportivo il compenso versato dalla società all‟atleta professionista
ha tutti i caratteri della retribuzione che remunera il lavoro subordinato e ciò è dimostrato
dal fatto che negli accordi stipulati di anno in anno tra la F.I.G.C. e l‟Associazione
calciatori è stabilito che tale compenso debba essere commisurato, oltre che
all‟importanza della prestazione anche alle esigenze personali e familiari dell‟atleta
ingaggiato.
In vista della rilevanza sociale, che la remunerazione assume, occorre assicurare non
soltanto la corrispettività, la continuità e la determinatezza, ma soprattutto la sua
proporzionalità e sufficienza rispetto alle esigenze di vita del lavoratore, requisiti questi
cui si riferisce l‟articolo 36, primo comma della Costituzione.
In base al requisito della proporzionalità, la retribuzione deve tener conto della quantità
del lavoro prestato e dell‟impegno profuso in relazione alla durata della prestazione,
nonché della qualità delle mansioni svolte.
La sufficienza impone, invece, una misura minima di retribuzione che garantisca non
soltanto al lavoratore ma anche alla sua famiglia un‟esistenza libera dal bisogno e
dignitosa.
I principi costituzionali relativi alla retribuzione trovano applicazione anche nei confronti
del lavoro sportivo. Posto che la maggior parte degli sportivi gareggia in campionati di
basso livello non percependo compensi astronomici, diviene fondamentale, al pari di tutte
116
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
le altre categorie di lavoratori, la necessità di tutela dei livelli minimi salariali e,
soprattutto, di una regolare e puntuale erogazione della retribuzione.
Di minimi salariali non sembrano, invece, avere necessità i grandi campioni i quali, in
forza della fama, raggiunta, riescono ad assicurarsi con il contratto individuale, compensi
di gran lunga più elevati di quanto possa raggiungere qualsiasi tariffa sindacale.
Al contrario, data la perdurante crisi economica in cui è caduto anche il mondo sportivo,
si è proposto di far ricorso alla fissazione di “tetti” massimi di remunerazione, per
impedire che il continuo aumento degli ingaggi travolga definitivamente il sistema
sportivo, a danno soprattutto dei club economicamente meno forti284.
Comunque sia se, da un lato la possibilità di porre dei “tetti” massimi all‟entità
dell‟ingaggio è destinata a rimanere un miraggio, dall‟altro lato l‟individualizzazione dei
minimi salariali è affidata alla contrattazione collettiva.
Proprio dall‟esame degli accordi risulta una sostanziale differenza tra la determinazione
della remunerazione dei normali lavoratori subordinati e quella dei lavoratori sportivi.
In linea generale la retribuzione corrisposta al lavoratore presenta una struttura complessa
comprendendo oltre alla retribuzione base285 e gli elementi accessori che, a vario titolo, si
sommano alla prima286, nonché le maggiorazioni dovute nel caso di lavoro notturno o
feriale.
Dall‟esame degli accordi relativi ai calciatori ed ai giocatori di pallacanestro risulta,
invece, un diverso sistema di determinazione della retribuzione, il cui importo è
ragguagliato all‟anno, ed è costituito da un compenso annuo lordo che assorbe ogni altro
emolumento o indennità cui il professionista possa aver diritto per trasferte, ritiri, gare
notturne, ferie, permessi ed altro.
Alla retribuzione fissa si aggiungono, poi gli eventuali premi collettivi o individuali287
aventi anch‟essi natura retributiva e relativi al rendimento della squadra o del singolo
atleta288.
284
Ritiene incompatibile con la qualificazione di lavoro subordinato, l‟eccessiva lievitazione dei compensi
dei calciatori: Costa F., Peculiarità del rapporto di giocatori professionisti, in Dir. lav., 1988, I, 317.
285
Vale a dire quella minima fissata in relazione alla qualifica e all‟unità di misura della prestazione di
lavoro.
286
In particolare rientrano tra gli elementi accessori i superminimi, individuali o collettivi, la tredicesima e,
a volte, la quattordicesima mensilità, nonché i premi di produzione.
287
Tali premi, sono consentiti esclusivamente purché risultino da accordi depositati presso la Lega
competente entro il termine perentorio del 39 settembre di ciascuna stagione sportiva. I premi nell‟ambito
di ciascuna competizione agonistica non sono cumulabili.
288
Anche questa parte della retribuzione deve essere determinata ed individuata nel contratto. Per la
validità di qualunque patto riguardante la retribuzione è necessario che esso risulti dal documento
depositato ed approvato dalla federazione competente.
117
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Fanno parte della retribuzione anche le quote di partecipazione alle eventuali iniziative
pubblicitarie della società, mentre sono da escludere gli importi che i singoli atleti
possono percepire in forza di contratti di sfruttamento della propria immagine.
Quanto alle modalità di corresponsione è previsto che l‟importo fisso della retribuzione
venga corrisposto in dodici mensilità uguali e posticipate e non sia suscettibile di
riduzione o sospensione, salvo specifiche disposizioni contrattuali in tal senso.
Il ritardo di oltre un mese dà diritto agli interessi pari al tasso ufficiale di sconto, in base
all‟accordo F.I.G.C. – A.I.C. la morosità della società che si protragga per altri venti
giorni oltre il suddetto termine è motivo di risoluzione del contratto. Competente alla
decisione è il Collegio arbitrale che agisce su richiesta del calciatore e che, deve essere
proceduta dalla messa in mora dalla società.
La società può evitare la risoluzione del contratto pagando il dovuto entro venti giorni dal
ricevimento della raccomandata di messa in mora e, se non vi provvede o non si oppone
con delle contestazioni motivate e documentate dinanzi al Collegio, quest‟ultimo
pronuncia la risoluzione del contratto.
Detto ciò, va ricordato che, nel rispetto dei minimi salariali289, la misura del compenso
individuale è pur sempre rimessa alla libera pattuizione delle parti, le quali sono libere di
stabilire qualsiasi cifra. Solitamente tali accordi sono raggiunti fra un rappresentante
della società ed un rappresentante del calciatore, il procuratore sportivo.
Una volta che le parti hanno raggiunto l‟accordo, la società sarà tenuta a corrispondere
all‟atleta l‟ingaggio stabilito anche nel caso di mancato utilizzo dell‟atleta.
Questo principio è confermato da una sentenza del Tribunale di Genova290per cui <<nel
caso che il giocatore di calcio abbia posto le proprie prestazioni calcistiche a disposizione
della società che lo ha ingaggiato, la società stessa è tenuta a corrispondergli il compenso
pattuito essendo irrilevante la circostanza che essa non si sia avvalsa in concreto delle
prestazioni stesse>>.
Dunque i trattamenti economici nei vari settori di attività sportiva sono costituiti da
compensi; questi devono essere indicati solo ed esclusivamente “al lordo”, con
l‟avvertimento che qualunque indicazione “al netto” sarà nulla a tutti gli effetti.
289
Ad esempio l‟accordo collettivo F.I.P – G.I.B.A. nella stagione 1994-1995 aveva stabilito un minimo
salariale di ventiquattro milioni, delle vecchie lire, per i giocatori di A1 e A2 e di tredici milioni per gli
atleti giovani di serie.
118
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.2.2 – Potere direttivo, disciplinare
Alla posizione di soggezione del lavoratore corrispondono situazioni giuridiche
attive del datore di lavoro, individuabili nel potere direttivo e nel potere disciplinare.
Innanzitutto, espressione del potere direttivo del datore di lavoro è la scelta di
determinare il luogo di svolgimento dell‟attività lavorativa, infatti, come emerge nei
diversi accordi collettivi291gli atleti sono tenuti a svolgere le prestazioni nei luoghi
indicati dalle società di appartenenza per quanto riguarda gli allenamenti. Mentre per
quanto riguarda lo svolgimento delle competizioni, nel luogo risultante dal calendario
fissato all‟inizio di ogni stagione sportiva dalle rispettive federazioni.
Il potere direttivo nel rapporto di lavoro sportivo, inteso come potere di organizzazione
globale dell‟attività svolta nell‟impresa, si estrinseca, poi nell‟emanazione di disposizioni
attraverso le quali l‟imprenditore determina e conforma la condotta del lavoratore, in
vista del raggiungimento degli obbiettivi prefissati. Questo potere di cui gode il datore di
lavoro nei confronti dello sportivo, trova il suo riconoscimento legislativo sia nella legge
n. 91 del 1981 sia nel codice civile. Nel quarto comma dell‟articolo 4 legge n. 91, si
afferma che << nel contratto individuale dovrà essere prevista una clausola contenente
l‟obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite
per il conseguimento degli scopi agonistici>>.
Nel codice civile invece trova fondamento in diversi articoli:
1. - articolo 2086 - secondo cui - l‟imprenditore è capo dell‟impresa e da lui dipendono
gerarchicamente i suoi collaboratori;
2. - articolo 2094 - per il quale - il prestatore di lavoro subordinato si obbliga a prestare
la propria attività nell‟impresa alle dipendenze e sotto la direzione dell‟imprenditore;
3. - articolo 2104 - per cui - il prestatore di lavoro subordinato si obbliga ad osservare le
disposizioni per l‟esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall‟imprenditore
e dai suoi collaboratori, dai quali gerarchicamente dipende.
Dal combinato, disposto da tali norme emerge che il potere direttivo, di cui il datore di
lavoro è titolare, viene da questi esercitato attraverso la piramide gerarchica del suo
personale e, si esprime attraverso l‟emanazione di disposizioni che attengono sia
290
Tribunale di Genova, 2 maggio 1972, Carpanesi contro Soc. Sampdoria, in Riv, dir. sport. 1973, 56.
119
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
all‟esecuzione del lavoro sia alla relativa disciplina. Tutto ciò si traduce da un lato nel
potere di specificare contenuto, modalità, tempi e luogo della prestazione dovuta dal
lavoratore in attuazione dell‟obbligazione assunta e di controllare l‟esecuzione della
prestazione di lavoro. Dall‟altro nel potere di dettare le regole attinenti alla disciplina del
lavoro in vista di un ordinato svolgimento dell‟attività.
Questa disposizione presuppone, appunto, il diritto potestativo del datore di lavoro e dei
suoi collaboratori di emettere istruzioni ed ordini, non solo di carattere tecnico, ma anche
qualsiasi disposizione attinente all‟organizzazione e all‟esecuzione del lavoro.
Analogamente a quanto avviene per la generalità dei rapporti di lavoro subordinato anche
in ambito sportivo il lavoratore non è tenuto all‟osservanza degli ordini illegittimi o che
si traducono nell‟esposizione a pericoli per la propria salute od incolumità fisica.
Complementare al potere direttivo è il potere disciplinare, che le società sportive
esercitano nei confronti dei loro tesserati.
L‟articolo 2106 c.c. stabilisce che la violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà, può
dar luogo all‟applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell‟infrazione.
Il codice civile si è limitato a porre un generico limite di proporzionalità della sanzione
alla infrazione commessa.
Il potere disciplinare delle società, va ad affiancarsi allo stesso potere esercitato dalle
competenti federazioni nei confronti dell‟atleta.
In parole più semplici, il professionista sportivo soggiace, anche al potere disciplinare
della federazione per le violazioni delle norme regolamentari di qualsiasi tipo e le
sanzioni irrogate possono ripercuotersi sul rapporto di lavoro sportivo fino a
comprometterlo nei casi più gravi.
Su queste circostanze si è pronunciata la giurisprudenza, la quale ha sottolineato che certi
provvedimenti disciplinari irrogati dalla federazione al giocatore, come una squalifica per
un lungo periodo di tempo, colpiscono oltre al giocatore - inibendogli l‟attività agonistica
– anche la società – impedendone l‟utilizzo dello stesso – provvedimenti così che si
riflettono sul rapporto di lavoro con la conseguente attenuazione dei diritti che ne
derivano292.
Mentre sotto il potere disciplinare delle federazioni rientrano essenzialmente
comportamenti qualificabili come illeciti sportivi, che possono assumere le forme più
291
292
In quello della pallacanestro parte seconda – doveri generali dell‟atleta -; in quello del calcio articolo 12.
Pret. di Roma, 17 luglio 1981, in Riv. dir. sport., 1983, 438.
120
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
svariate, il professionista sportivo soggiace al potere disciplinare della società per gli
inadempimenti contrattuali293.
Dall‟analisi degli accordi esistenti tra la F.I.G.C. e le associazioni calciatori ed allenatori
emerge che le sanzioni applicabili in forza del potere disciplinare connesso al rapporto di
lavoro, possono essere: l‟ammonizione scritta, la multa, la riduzione dei compensi,
l‟esclusione temporanea dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato con la
prima squadra, ed infine la risoluzione del contratto294.
L‟osservanza delle modalità prescritte per l‟adozione delle sanzioni è stabilita a pena di
nullità.
L‟ammonizione scritta può essere adottata direttamente dalla società e deve essere
preceduta dalla contestazione dell‟addebito come risulta dal dettato dell‟articolo 7,
secondo comma, dello Statuto dei lavoratori.
Spesso i procedimenti contrattuali stabiliscono una forma di difesa posteriore
all‟irrogazione della sanzione: infatti la società comunica all‟interessato il provvedimento
deliberato entro dieci giorni dalla data in cui è stata accertata l‟infrazione, con
l‟indicazione dei motivi che hanno determinato il provvedimento nonché i termini e le
modalità per ricorre ad un Collegio arbitrale295 che deciderà in un'unica istanza in caso
d‟impugnazione.
Nei casi in cui sia esclusa la possibilità di una contestazione preventiva rispetto
all‟irrogazione della pena, si ha certamente un contrasto con l‟articolo 7 dello Statuto dei
lavoratori. Soprattutto, perché il ricorso al Collegio arbitrale, senza essere ammessi
preventivamente a far valere le proprie ragioni e come unico mezzo per evitare la
definitiva applicazione della sanzione, è un rimedio intrinsecamente gravoso e
dispendioso.
Per tutte le sanzioni più gravi dell‟ammonizione, la società ha solo il potere di proporre
motivatamente la sanzione al Collegio arbitrale che le adotta in via definitiva a seguito di
un procedimento in un'unica istanza296. Non è invece precisato, se il Collegio debba
293
Per l‟approfondimento di questo e degli altri aspetti dell‟apparato disciplinare sportivo si veda Frattarolo
V., I procedimenti disciplinari sportivi, in Riv. dir. sport., 1992, 555.
294
Dall‟analisi dell‟Accordo esistente tra la Federazione Italiana Pallacanestro e L‟associazione dei
giocatori (G.I.B.A.)emerge la stessa classificazione delle sanzioni applicabili con un'unica differenza per
cui all‟ammonizione scritta si sostituisce il richiamo verbale.
295
Il Collegio arbitrale è composto di tre membri di cui due designati di volta in volta rispettivamente dalla
società e dallo sportivo tra le persone nominate in elenchi depositati dalle Leghe e dall‟Associazione
calciatori (o allenatori) presso la Federazione. Anche il Presidente deve essere scelto in un elenco
depositato presso la Federazione e preventivamente concordato tra le parti firmatarie dell‟accordo
collettivo.
296
Nella pallacanestro la disciplina è differente da quella prevista dal calcio. Nell‟accordo collettivo F.I.P.G.I.B.A., infatti, tutte le sanzioni sono adottate direttamente dalla società con il solo obbligo della
121
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
limitarsi ad accogliere o respingere la proposta, oppure abbia anche il potere di stabilire
una diversa sanzione297. La seconda soluzione sembra preferibile dato che il Collegio
deve pur sempre valutare la congruità della sanzione, così l‟accoglimento ed il rigetto
della proposta racchiudono anche la soluzione intermedia della riduzione.
L‟importo massimo della multa è del trenta per cento (quaranta per cento per gli
allenatori) di un dodicesimo del compenso annuo lordo e la riduzione di tale compenso
non può superare il quaranta per cento della quota relativa al periodo per il quale è
richiesta la riduzione. Inoltre la riduzione del compenso può essere ancora richiesta in
misura fino al sessanta per cento, degli importi relativi al periodo in cui deve essere
scontata una squalifica comminata dalla F.I.G.C., dall‟U.E.F.A., o dalla F.I.F.A..
La sospensione temporanea degli allenamenti e della preparazione precampionato nonché
la risoluzione del contratto devono essere proposte dalla società entro dieci giorni dalla
data in cui è stata accertata l‟infrazione. La risoluzione del contratto può essere proposta
oltre che per una grave inadempienza contrattuale, per inabilità, per malattia o infortunio
dipendente da condotta sregolata o da altre cause attribuibili a colpa del professionista e
per condanna a pena detentiva per reati non colposi, passata in giudicato e non sospesa o
condonata298.
Per le sanzioni più gravi si è preferito investire fin dall‟inizio il competente organo della
Giustizia sportiva, in modo da assicurare una maggiore garanzia per il tesserato299.
Ma, in effetti, la differenza fra le due ipotesi non è poi così marcata, poiché la decisione
spetta in ogni caso al Collegio di disciplina e conciliazione che giudica in un'unica
istanza.
motivazione per iscritto del provvedimento a pena di nullità, se più grave del richiamo verbale e, in ogni
caso, dell‟obbligo di comunicarlo all‟atleta entro quindici giorni dalla commissione del fatto o dalla sua
scoperta. Non è invece previsto l‟obbligo di preventiva contestazione dell‟addebito né la concessione del
termine per la difesa del giocatore. Pertanto le norme collettive sono nulle in via di principio perché
confliggenti con l‟ultimo comma dell‟articolo 4 della legge n. 91 e con l‟articolo 7 dello statuto dei
lavoratori e, se osservate nel caso concreto, determinano la nullità della sanzione. Altri tratti distintivi del
sistema disciplinare in questione sono: l‟istituto della recidiva, valida solo in riferimento alle infrazioni
commesse durante la medesima stagione sportiva, con la specificazione della sanzione applicabile in tal
caso, e cioè quella gradatamente più severa della precedente; la predeterminazione di pene edittali
differenti, nel caso di applicazione della multa, per singole violazioni contrattuali ben individuate,
includenti quelle tecniche commesse durante la gara. La cognizione dei ricorsi contro i provvedimenti
disciplinari è devoluta ad un Collegio Permanente di Conciliazione, istituito presso la Lega di serie A e a
composizione mista Lega – G.I.B.A., che funziona come collegio arbitrale per tutte le controversie
originate dall‟accordo collettivo e dal contratto di lavoro. Il Collegio decide all‟esito di un procedimento
che ricalca nelle fasi essenziali il processo civile.
297
Il potere di ridurre la sanzione è specificatamente conferito al Collegio di conciliazione di cui alla nota
precedente.
298
L‟accordo collettivo F.I.P. – G.I.B.A. afferma che - oltre alle ipotesi viste a proposito dei calciatori –
sono cause di risoluzione del contratto l‟uso di sostanze dopanti, situazioni di frode sportiva, assenze
ingiustificate a più di una gara nel corso della stagione.
122
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
In merito a tali poteri, l‟ampia facoltà d‟esercizio riconosciuta, praticamente senza limiti
dal codice civile ha subito un notevole ridimensionamento per effetto delle norme dello
Statuto dei lavoratori.
Si tratta di disposizioni contenute nel titolo I, che nell‟intento di tutelare la dignità e la
libertà
del
lavoratore,
hanno
compresso
l‟autorità
del
datore
di
lavoro.
Circondando di cautele e limiti il potere di controllare il lavoratore durante lo
svolgimento della sua attività.
Di tali norme alcune sono applicabili, senza dubbio al lavoro sportivo, altre invece sono
state espressamente escluse da tale ambito applicativo dalla legge n. 91.
Non incompatibili con il lavoro sportivo sono le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 6, 8.
L‟articolo 2 concerne il divieto imposto al datore di lavoro di impiegare guardie giurate
per scopi diversi dalla salvaguardia del patrimonio aziendale.
Coerentemente con tale limite la norma vieta al datore di lavoro di adibire le guardie
giurate a compiti di vigilanza sull‟attività lavorativa, interdicendone l‟accesso ai locali in
cui si svolge l‟attività lavorativa durante l‟orario di lavoro.
L‟articolo 6 invece vieta la possibilità di visite personali di controllo sul lavoratore a
meno che le stesse non risultino indispensabili ai fini della tutela del patrimonio
aziendale.
Tali norme sono astrattamente riferibili al lavoro sportivo anche se di fatto non sembra
esserci, in tale ambito, spazio per una loro concreta applicazione.
Trova invece piena ed indiscutibile applicazione anche nel rapporto di lavoro sportivo
l‟articolo 8 dello Statuto dei lavoratori, il quale vieta al datore di lavoro, sia ai fini
dell‟assunzione sia nel corso di svolgimento del rapporto, l‟effettuazione di indagini sulle
opinioni politiche religiose o sindacali del lavoratore.
La legge n. 91 come abbiamo già visto nel primo capitolo, e ripetuto poco sopra, esclude
espressamente l‟applicazione al rapporto di lavoro sportivo di alcuni articoli dello Statuto
dei lavoratori, come gli articoli 4, 5
L‟articolo 4 – concernente il divieto d‟uso di impianti audiovisivi o di altre
apparecchiature per finalità di controllo – trova la sua ragione di non applicazione nel
rapporto di lavoro sportivo in virtù del fatto che gli eventi agonistici sono costantemente
seguiti per il tramite di strumenti di ripresa. Analogamente è esclusa l‟applicazione
dell‟articolo 5 che vieta accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro sull‟idoneità e
sull‟infermità per malattia o infortuni del lavoratore. Anche l‟applicabilità di tale norma
299
Sul punto, si veda Sensale M., Il potere di iniziativa delle società di calcio in relazione ai procedimenti
123
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
nel mondo dello sport risulta giustificata dalla peculiarità della prestazione dell‟atleta, i
cui risultati agonistici non possono andare disgiunti dalla forma fisica, la cui tutela
richiede un costante monitoraggio, diversamente non assicurato dalle disposizioni di cui
all‟articolo 5.
Con l‟espressione di vincolo giustizia è stata designata una particolare disposizione,
presente fra le norme di tutte le federazioni. Mediante la quale, con varia formulazione, i
soggetti affiliati assumono l‟obbligo di non adire autorità diversa da quelle federali precostituite - per la tutela dei loro interessi e per le controversie di qualsiasi natura
derivanti dall‟attività sportiva. Inoltre tali soggetti sono tenuti ad accettare le decisioni
degli organi federali e comunque ad astenersi dal compiere atti tendenti ad eludere il
divieto300.
La violazione di queste disposizioni, comporta in genere la radiazione, salvo alcuni casi
in cui il rigore delle sanzioni è mitigato dalla previsione della possibilità d‟applicazione
alternativa di provvedimenti non espulsivi.
La ragione di siffatta disposizione è evidente: essa mira a difendere l‟ordinamento
sportivo da possibili interventi estranei e dal pericolo che nella sua sfera giuridica
prevalgano principi alieni e norme contrastanti.
Sul punto torneremo in modo più approfondito poco più avanti, allorché si tratterà di
analizzare la clausola compromissoria.
disciplinari a carico di tesserati F.I.G.C., in Riv. dir. sport., 1984, 36.
124
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.2.3 – Tutela sanitaria
Tra gli obblighi gravanti sul datore di lavoro, oltre a quello, certamente principale,
di corrispondere la retribuzione, particolare rilievo assume l‟obbligo connesso alla tutela
della salute e delle condizioni di lavoro.
Della tutela sanitaria nell‟attività sportiva si occupa l‟articolo 7 - della legge n. 91 – il
quale stabilisce quanto segue:
<<L‟attività sportiva professionistica è svolta sotto controlli medici, secondo norme
stabilite dalle federazioni sportive nazionali ed approvate, con decreto del Ministro della
sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, entro tre mesi dalla entrata in vigore della
presente legge.
Le norme di cui al comma precedente devono prevedere tra l‟altro, l‟istituzione di una
scheda sanitaria per ciascuno sportivo professionista, il cui aggiornamento deve avvenire
con periodicità almeno semestrale.
In sede di aggiornamento della scheda devono essere ripetuti gli accertamenti clinici e
diagnostici che sono fissati con decreto del Ministro della sanità.
La scheda sanitaria è istituita, aggiornata e custodita a cura della società sportiva e, per
gli atleti di cui al secondo comma dell‟articolo 3, dagli atleti stessi, i quali devono
depositarne duplicato presso la federazione sportiva nazionale d‟appartenenza.
Gli oneri relativi all‟istituzione e all‟aggiornamento della scheda degli atleti
professionisti gravano sulle società sportive. Per gli atleti di cui al secondo comma
dell‟articolo 3, detti oneri sono a carico degli stessi.
Le competenti federazioni possono stipulare apposite convenzioni con le regioni al fine
di garantire l‟espletamento delle indagini e degli esami necessari per l‟aggiornamento
della scheda.
L‟istituzione e l‟aggiornamento della scheda sanitaria costituiscono condizione per
l‟autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell‟attività degli
sportivi professionisti.
Per gli adempimenti di cui al presente articolo le regioni potranno eventualmente istituire
appositi centri di medicina sportiva>>.
300
Sul punto, si veda Frattarolo V., Il procedimento disciplinare sportivo, in Riv. dir. sport., 1992, 555.
125
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
L‟articolo 7 ha consolidato il regime di tutela preventiva della salute dei professionisti
sportivi, già instaurato dalla legge n. 1099 del 1971 per la generalità dei praticanti
dell‟attività agonistica, con la previsione d‟accertamenti periodici obbligatori 301la cui
operatività, a seguito dell‟entrata in vigore della legge n.91, deve considerarsi ormai
riferita all‟attività sportiva non professionistica.
Da una prima analisi testuale, questo articolo appare molto chiaro e meticoloso, sembra,
infatti, non dar luogo alle contraddizioni che invece hanno caratterizzato il testo di quasi
tutta la legge n. 91 del 1981.
In realtà una prima lacuna è subito facilmente individualizzabile, si tratta, infatti, di una
norma esclusivamente diretta alla tutela preventiva dell‟attività sportiva, mancando un
qualsiasi riferimento alle forme di tutela di carattere curativo e riabilitativo. Per questo
motivo si è prospettato302 un‟esclusione degli sportivi professionisti dall‟assistenza
prevista dal servizio sanitario nazionale, istituito con la legge n. 833 del 1978.
Ma, si deve precisare che la tutela sanitaria prevista dall‟articolo 7 non sostituisce, né
assorbe, la tutela generale prevista dalla legge 833, avendo le due normative finalità
diverse. Per la peculiarità dell‟attività sportiva il legislatore ha, infatti, volutamente
introdotto una forma di tutela specifica, più incisiva nella fase preventiva.
Dato il carattere subordinato del lavoro sportivo, tutte le forme di tutela garantite ai
lavoratori dalla legge 833/1978, di carattere curativo e riabilitativo, spettano anche ai
lavoratori sportivi303.
Per quanto riguarda gli sportivi titolari di un rapporto di lavoro autonomo, la tutela
sanitaria trova origine, non tanto nella normativa dei lavoratori, ma in quella dei cittadini,
avendo la tutela carattere generale.
In conformità a quanto detto, gli atleti professionisti devono sottoporsi preventivamente e
periodicamente a specifici controlli diagnostici, che ne attestino l‟idoneità fisica in
relazione alle specifiche discipline sportive. Il riconoscimento di tale idoneità è
condizione indispensabile per la partecipazione alle attività agonistiche.
Gli accertamenti sanitari previsti, non son uguali in tutte le discipline sportive ma variano
in base alle caratteristiche dell‟attività sportiva svolta (vedi Appendice).
301
Le modalità di esercizio della tutela, in base all‟articolo 2, secondo comma, della legge n. 109, sono
state definite dai D.M. 5 luglio e 18 febbraio le cui disposizioni sono assistite da sanzioni pecuniarie nei
casi d‟inosservanza.
302
Bellini V., Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, in Nuove leggi civ., 1982,
605.
303
Siniscalchi L., Profili previdenziali del lavoro sportivo: la legge 23 marzo 1981 n. 91, in Dir. lav., 1988,
I, 292.
126
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Inoltre è bene ricordare che tali accertamenti costituiscono il livello minimo di controllo
delle condizioni fisiche dell‟atleta. Al medico sociale, infatti, rimane sempre la facoltà di
richiedere ulteriori esami specialistici nei casi di motivato sospetto clinico304.
L‟articolo 7 parla poi dell‟obbligo di tenere una scheda sanitaria (vedi Appendice) per
ogni sportivo. La scheda sanitaria attesta l‟avvenuta effettuazione degli accertamenti
sanitari prescritti e contiene una sintetica valutazione medico-sportiva dello stato di
salute attuale dell‟atleta, nonché, eventuali controindicazioni, anche temporanee, alla
pratica agonistica.
Questa scheda sanitaria deve essere obbligatoriamente istituita dalla società all‟atto della
costituzione del primo contratto di lavoro sportivo e dovrà essere costantemente
aggiornata a cura del medico sociale, che ne ha la custodia per l‟intera durata del
rapporto di lavoro305. In caso di trasferimento dell‟atleta professionista ad un‟altra
società, la scheda sanitaria aggiornata deve essere trasmessa d‟ufficio, dal medico della
società sportiva di provenienza al medico della nuova società306.
L‟istituzione
e
l‟aggiornamento
della
scheda
costituiscono
condizione
per
l‟autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell‟attività degli
sportivi professionisti. Quello operato dalle federazioni è un potere di controllo più vasto
di quello che il tenore letterale della norma potrebbe lasciar intendere. Non si tratta,
infatti, di limitarsi a constatare se la scheda ci sia e se sia stata aggiornata, ma di
verificare nel merito gli esami clinici e diagnostici che sono stati eseguiti.
Non può essere infatti negato, alle federazioni, il potere di far ripetere gli esami che non
convincono ed eventualmente disporre d‟ufficio l‟esecuzione di accertamenti diversi da
quelli già fatti. Con la conseguenza che le federazioni potranno non concedere
l‟autorizzazione all‟esercizio dell‟attività sportiva professionistica, ovvero revocare o
sospendere l‟autorizzazione già concessa, nonostante il fatto che la scheda sanitaria
dell‟atleta sia stata regolarmente istituita e aggiornata. L‟omissione di tali adempimenti
può, dunque, ripercuotersi sull‟esecuzione del contratto di lavoro, qualora la federazione
inibisca l‟effettuazione delle prestazioni sportive.
I controlli medici previsti dalle norme federali e gli accertamenti clinici e diagnostici
semestrali, non esauriscono i doveri gravanti sui sodalizi sportivi.
304
Articolo 3 del decreto del ministro della sanità 18 febbraio 1982.
Quando l‟attività svolta dall‟atleta è di lavoro autonomo deve essere l‟atleta stesso ad istituirla,
aggiornarla e custodirla, nonché a depositarne un duplicato presso la federazione sportiva d‟appartenenza.
306
Nel caso in cui alla cessazione del rapporto di lavoro con l‟atleta non segua il trasferimento ad altra
società professionistica, la scheda sanitaria è inviata, all‟atto della cessazione del rapporto stesso, al medico
della federazione sportiva d‟appartenenza, il quale ne curerà la conservazione e la trasmissione alla società
sportiva titolare dell‟eventuale rapporto di lavoro.
305
127
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Nei confronti dei lavoratori sportivi, in quanto lavoratori subordinati, trova puntuale
applicazione l‟articolo 2087 c.c.. Il quale stabilisce che <<l‟imprenditore è tenuto ad
adottare nell‟esercizio dell‟impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro,
l‟esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l‟integrità fisica e la personalità
morale dei prestatori di lavoro>>307. Quindi se da un lato si possono cogliere degli
obblighi datoriali che impongono alla società di curare e mantenere la miglior efficienza
fisica degli atleti, fornendo impianti ed attrezzature idonee alla preparazione e mettendo a
disposizione un ambiente consono alla loro dignità professionale308, dall‟altro sta però il
dovere dell‟atleta di preservare la propria integrità fisica mantenendo una condotta di vita
sana e regolata, pena la risoluzione del contratto.
Nei confronti degli atleti, si può delineare anche una responsabilità – di natura
extracontrattuale – da parte del medico sociale, ai sensi dell‟articolo 2043 c.c., secondo il
quale <<qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga
colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno>>. Si ritiene che i criteri ordinari di
valutazione della colpa risultino attenuati per effetto dell‟articolo 2236 c.c.; di
conseguenza il medico, in presenza di situazioni di particolare difficoltà, è responsabile
solamente per dolo o colpa grave309.
Al medico si richiede diligenza, prudenza, competenza ed osservanza alle leggi,
regolamenti, ordini o discipline310. La casistica giurisprudenziale conferma che si sono
avuti giudizi di responsabilità soprattutto nelle ipotesi in cui, alla presenza di situazioni
poco tranquillizzanti sulle condizioni dell‟atleta sono stati omessi accertamenti più
approfonditi e accurati311.
Si deve infine rilevare che la società sportiva può essere responsabile dell‟operato del
medico, secondo quanto disposto dall‟articolo 2049 c.c.; il che significa che la società e
307
Significa che, indipendentemente dai numerosi obblighi dettati dalle leggi speciali e al di fuori del loro
ambito d‟applicazione, l‟imprenditore è sempre responsabile per violazione dell‟obbligo di adottare tutte
quelle cautele che sono richieste per la tutela dell‟integrità fisica del proprio dipendente.
308
Così, la società dovrà garantire che i campi in cui si svolgono gli allenamenti, le attrezzature messe a
disposizione per lo svolgimento delle prestazioni sportive e, ancora, i locali gestiti dalle società stesse
presentino caratteristiche tali da prevenire il rischio di infortuni e salvaguardare l‟integrità fisica dell‟atleta.
Conseguentemente la società potrà essere chiamata a rispondere contrattualmente ex articolo 2087 c.c., dei
danni occorsi in capo ad uno sportivo ogni qualvolta risultino delle lacune nelle misure protettive che
dovevano e potevano essere adottate a tutela del lavoratore, perché previste da disposizioni legislative e
regolamentari o perché suggerite dalle conoscenze tecniche in materia di sicurezza nello sport.
309
Sul punto, si veda Cassazione, 24 maggio 1996, n. 1329, in Foro it. rep., 1966, 1595.
310
Cassazione 9 giugno 1981, in Foro it., 1982, II, 268.
311
Tribunale di Forlì, 12 giugno 1981, in Foro it., 1982, I, 268; in relazione al caso Vendemini, in cui il
tribunale affermava che<< risponde del reato di omicidio colposo il medico che, senza svolgere
accertamenti clinici, abbia rilasciato un certificato attestante le buone condizioni generali e cardiovascolatorie di un giocatore di pallacanestro poi deceduto, nel corso di una partita, affetto da morbo di
Marfan>>.
128
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
per essa il presidente o responsabile, sono tenuti a rispondere dei fatti illeciti commessi
dal medico sportivo nell‟attività di controllo dell‟idoneità e delle condizioni fisiche
dell‟atleta.
Rientrano nella tutela sanitaria oltre gli aspetti preventivi - disciplinati dall‟articolo 7 –
anche gli aspetti previdenziali, riguardanti le forme assicurative contro le malattie
professionali e gli infortuni312, tale aspetto è regolato dall‟articolo 8, legge n. 91.
Prevenzione e previdenza sono tra loro in successione logica e cronologica. Il punto di
confine tra l‟una e l‟altra è costituito dall‟evento dannoso che determina la situazione di
menomazione e quindi di bisogno. Riguardo al singolo caso, la prevenzione esaurisce la
propria sfera allorché l‟evento si è verificato e, d‟altra parte, la verificazione dell‟evento
rappresenta il presupposto e quindi l‟inizio della previdenza313.
L‟articolo 8 stabilisce che << le società sportive devono stipulare una polizza individuale
a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni
che possono pregiudicare il proseguimento dell‟attività sportiva professionistica, nei
limiti assicurativi stabiliti, in relazione all‟età ed al contenuto patrimoniale del contratto,
dalle federazioni sportive nazionali, d‟intesa con i rappresentanti delle categorie
interessate>>.
Diversamente da quanto previsto per la tutela sanitaria preventiva – di cui all‟articolo 7 questa disposizione si applica a tutte le figure di sportivi previste dall‟articolo 2, vale a
dire oltre che agli atleti anche agli allenatori, i direttori tecnici ed ai preparatori atletici,
che svolgono attività sportiva sia di natura subordinata, sia autonoma.
La polizza assicurativa deve essere stipulata entro la data di convocazione dell‟atleta per
l‟inizio della stagione sportiva. In caso d‟inadempimento la società sportiva sarà soggetta
a provvedimenti di natura disciplinare e tenuta al diretto risarcimento degli eventuali
danni subiti dal proprio tesserato non coperto dalla polizza.
Prima di proseguire nell‟analisi della disposizione, è opportuno soffermarsi brevemente
sul concetto d‟infortunio sportivo.
Per infortunio sportivo si intende un evento improvviso di causa violenta ed esterna che
si verifica indipendentemente dalla volontà dell‟atleta, nell‟esercizio dell‟attività
sportiva, producendo immediatamente lesioni corporali.
L‟infortunio sportivo presenta delle peculiarità che lo differenziano dall‟infortunio
lavorativo, derivanti dalla particolarità della prestazione sportiva, caratterizzata da una
312
L‟assicurazione deve riguardare anche la morte o l‟inabilità derivanti da eventi estranei all‟esercizio
dell‟attività sportiva.
129
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
continua tendenza a superare i limiti, ne deriva che i rischi sono, nella maggioranza dei
casi, liberamente e volontariamente assunti.
L‟assicurazione contro gli infortuni era già prevista antecedentemente alla legge n. 91 e
rappresenta la forma più remota di tutela previdenziale degli atleti, essendo stata istituita
nel 1934 con la costituzione in seno al C.O.N.I. della Cassa di Previdenza per
l‟assicurazione degli sportivi – in seguito denominata Sportass314 – che, con legge 5
gennaio 1939, n. 133315, venne autorizzata all‟esercizio diretto delle assicurazioni a
favore degli atleti di tutti gli sport e con oneri a carico delle singole federazioni316.
Il campo d‟applicazione della Sportass è circoscritto agli infortuni occorsi nello
svolgimento dell‟attività sportiva, ivi compresi gli allenamenti e i viaggi, ed abbraccia
qualsiasi tipo d‟attività agonistica, sia essa professionistica, dilettante, giovanile.
Dunque scopo della Sportass è quello di assicurare, senza fini di lucro, tutti gli sportivi –
professionisti o dilettanti – nonché tutti gli ausiliari sportivi317.
I rischi assicurati e le prestazioni della Sportass devono riferirsi ad infortuni verificatisi
durante l‟attività agonistica o di preparazione fisico atletica, preventivamente autorizzata
e controllata dall‟organizzazione sportiva e riguardano:
1. - in caso di morte dell‟assicurato, erogazione agli aventi diritto, del capitale stabilito
dalle specifiche condizioni assicurative di cui beneficiava l‟atleta o l‟ausiliario
sportivo;
2. - in caso d‟invalidità permanente, un indennizzo proporzionale al grado di inabilità,
calcolato in base ad apposite tabelle;
3. - in caso di inabilità temporanea, un indennizzo sotto forma di diaria dal nono giorno
successivo a quello dell‟infortunio e fino alla cessazione dell‟assistenza sanitaria e
comunque per un minimo di centoventi giorni.
Al fianco di queste assicurazioni previste dall‟ordinamento sportivo, che costituiscono il
lato più strettamente pubblicistico di tale sistema, esiste una vasta organizzazione privata
che interviene a completare il trattamento previdenziale dell‟atleta.
313
Per approfondimenti, sulla differenza previdenza-prevenzione si veda Ciannella P., La tutela della
salute nell‟attività sportiva: aspetti prevenzionali e previdenziali, in Riv. dir. sport., 1985, 409.
314
Dall‟articolo 1 dello statuto della Sportass emerge che l‟ente <<ha per scopo fondamentale di assicurare,
senza fine di lucro, tutti gli sportivi contro i danni derivanti dagli infortuni e danni arrecati a terzi ed a cose
di terzi che si verifichino durante l‟esercizio, individuale o collettivo, dello sport da ciascuno praticato e la
cui assicurazione da parte della Cassa sia espressamente autorizzata dalla legge>>.
315
Il D.P.R. 1 luglio 1952, n. 1451 ha approvato il nuovo statuto della Sportass. Il D.P.R. 1 aprile 1978 ne
ha affermato la natura di ente pubblico non economico a cui è affidata la cura di forme obbligatorie di
previdenza e di assistenza.
316
Per un riepilogo dell‟istituto, si veda Germano, Lavoro Sportivo, in Digesto discipline priv. – sez.
comm., VII, 462, 1992; La Cava, Problemi assicurativi dello sport, in Riv. dir. sport., 1963, 185.
317
Giudici, arbitri, ufficiali di gara, cronometristi, allenatori, sanitari, accompagnatori, massaggiatori etc.
130
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Sul punto si può vedere una sentenza del Tribunale di Firenze318, il quale - a proposito
dell‟articolo 54 del Regolamento organico della F.I.G.C. e dell‟articolo 130 Regolamento
Lega Nazionale – afferma che <<le società calcistiche sono tenute a contrarre a favore
dei propri giocatori le assicurazioni integrative contro i rischi inerenti all‟esercizio
dell‟attività sportiva ed il suddetto obbligo assicurativo non può ritenersi adempiuto,
mediante la stipulazione di polizze cumulative nelle quali i singoli giocatori non sono
parti del contratto, destinatari della garanzia assicurativa, ma semplici portatori del
rischio assicurato, considerato esclusivamente sotto il riflesso del danno che
l‟associazione può risentire nel suo patrimonio calcistico>>.
Nel settore del calcio, mentre l‟assicurazione base Sportass è regolata dall‟articolo 3 del
Regolamento organico della F.I.G.C., il Regolamento del settore professionistico
contiene una parte intitolata <<obblighi assistenziali, previdenziali ed assicurativi>> che
prevede il controllo e la cura delle condizioni fisiche dei giocatori da parte di un medico
sociale, nonché un trattamento speciale in caso di infortunio che consiste nel pagamento
di compensi all‟atleta da parte della società per tutto il periodo dell‟inabilità, mentre la
società beneficia delle eventuali indennità assicurative per il periodo di tempo della
inabilità temporanea319.
Interessante è l‟articolo 49, del Regolamento ultimo citato, per cui indipendentemente
dall‟assicurazione prevista dal Regolamento organico320 le società sono tenute ad
assicurare i propri tesserati321 per i rischi di morte e di invalidità permanente specifica
dipendente dall‟attività sportiva, con massimali integrativi322 secondo le modalità ed i
limiti stabiliti annualmente dalla Lega.
Dall‟articolo 50 del regolamento federale della F.I.G.C. emerge che le società devono
nominare un sanitario scelto tra i medici chirurghi iscritti nell‟apposito albo, tenuto dalla
F.I.G.C., con la funzione di medico sociale.
Come si è già detto, il medico sociale provvede all‟istituzione ed all‟aggiornamento della
scheda sanitaria, per conto della società sportiva. Ne cura la compilazione, sulla base
delle risultanze degli accertamenti eseguiti alle scadenze stabilite ed in ogni altro
318
Tribunale di Firenze, 2 maggio 1967, A.c. Fiorentina contro Duimovich, in Giur. tosc., 1968, 94.
Qualora l‟inabilità per malattia od infortunio si protragga oltre i sei mesi, comporta la facoltà per la
società di rinunciare al vincolo ed ottenere la risoluzione del contratto, dandone comunicazione in forma
scritta al calciatore ed alla Lega.
320
Ossia l‟assicurazione base, Sportass.
321
Le società che contravvengono a tale divieto saranno soggette alle sanzioni previste dalla disciplina
sportiva. La Lega Nazionale ha facoltà, in caso di inadempienza delle società, di sostituirsi alle stesse per la
stipulazione e per il perfezionamento della polizza.
322
Tali massimali sono contenuti nelle norme relative ai rapporti economici annuali fissate dalla Lega e
sono superiori a quelli ordinari base Sportass.
319
131
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
momento si verifichi un rilevante mutamento delle condizioni di salute. Oltre a quanto
stabilito per la scheda sanitaria, il medico sociale deve provvedere alla stesura per
ciascun atleta, di una cartella clinica proposta dalla federazione sportiva d‟appartenenza e
conforme al modello approvato dal Ministero della Sanità. Anche questa cartella è
affidata alla custodia personale del medico sociale per l‟intero periodo del rapporto di
lavoro tra l‟atleta ed il sodalizio sportivo, con il vincolo del segreto professionale323.
Infine prima di chiudere, va ricordata, sempre in un‟ottica di salvaguardia della salute
degli atleti, la recente legge 14 dicembre 2000, n. 376 la quale, superando la
frammentarietà che aveva caratterizzato la legislazione precedente in materia 324, ha
regolamentato in maniera organica il fenomeno doping, che viene ridefinito e punito
come un reato.
La legge in questione ha demandato ad un apposito decreto del Ministero della Sanità la
ripartizione in classi dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche mediche dopanti, e
quindi vietate ed ha istituito un‟apposita Commissione per la vigilanza ed il controllo sul
doping e la tutela della salute nelle attività sportive.
Lo scopo di questa legge è quello di vietare il doping non solo perché in grado di alterare
i risultati e quindi la regolarità delle competizioni sportive, ma anche perché in grado di
compromettere la salute, ossia un diritto costituzionalmente tutelato (articolo 32 Cost.).
Garanti della attuazione delle finalità della legge e tenuti a predisporre tutti gli atti
necessari a garantirne il rispetto, sono il C.O.N.I., le federazioni sportive, le società e le
associazioni; nonché gli enti di promozione sportiva pubblici e privati, i quali, ai sensi
dell‟articolo 6, legge 376/2000, devono adeguare i loro regolamenti alle disposizioni
contenute nella legge stessa, prevedendo in particolare, le sanzioni e le procedure
disciplinari nei confronti dei tesserati in caso di doping o rifiuto di sottoporsi ai
controlli325, che a livello sanzionatorio equivale all‟assunzione di sostanze dopanti.
323
All‟atto della cessazione del rapporto di lavoro con la società, la cartella clinica dovrà essere consegnata
in copia all‟atleta e non ad altri anche se da questi delegato. Mentre l‟originale dovrà essere conservato per
almeno dieci anni, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, presso la società sportiva a cura del medico
sociale.
324
Legge 26 ottobre 1971, n. 1099; legge 29 novembre 1995, n. 522 per la ratifica della convenzione
contro il doping adottata a Strasburgo il 16 novembre 1989.
325
Ad esempio coerentemente con quanto stabilito dall‟articolo 6, legge 376 del 2000, l‟articolo 15 del
regolamento della F.I.G.C. prevede che l‟atleta risultato positivo alle analisi sia sospeso dall‟attività
sportiva con provvedimento dell‟organo di giustizia di primo grado statuariamente competente, da adottarsi
in via d‟urgenza. La sospensione cautelare viene revocata, e le eventuali sanzioni annullate, se le
controanalisi danno esito negativo, e l‟atleta può continuare a partecipare alle competizioni. In ogni caso, è
esclusa ogni possibilità di rivalsa, a qualsiasi titolo, da parte dell‟atleta e/o della società di appartenenza per
la sospensione subita. Qualora dall‟esito dell‟istruttoria, risultino accertate violazioni alle norme antidoping è prevista l‟apertura di un procedimento disciplinare, innanzi agli organi di giustizia sportiva, che
può portare alla comminazione della sanzione della squalifica, secondo le modalità stabilite dall‟articolo 18
del regolamento federale.
132
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
La violazione delle norme anti-doping, da luogo a conseguenze anche sul rapporto di
lavoro, configurandosi come violazione degli obblighi di diligenza e correttezza nella
esecuzione delle prestazioni. Cosicché alle sanzioni applicate dalla federazione possono
aggiungersi sanzioni disciplinari da parte della società, fino alla possibilità di richiedere
la declaratoria di risoluzione del contratto326.
326
È da ritenere , invece, che la società sportiva non possa legittimamente applicare sanzioni disciplinari
qualora la positività ai controlli anti-doping dell‟atleta configuri fondati motivi di responsabilità a carico
della società stessa.
133
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.2.4 – Responsabilità e obblighi delle società sportive nella tutela della
salute degli atleti
Per ricostruire in termini più pratici quelle che sono le responsabilità e gli
obblighi delle società sportive nella tutela della salute dei propri atleti, può essere
interessante far ricorso ad alcune sentenze giurisprudenziali. Fra queste, a mio modo di
vedere, una può rappresentare tutte le altre, sia per l‟argomento trattato, ma soprattutto
per la sua attualità, poiché tale pronuncia della Cassazione327 è del gennaio 2003.
Il tutto ebbe inizio con ricorso al Pretore del lavoro di Novara, da parte di Filippo Rotolo
che conveniva in giudizio la s.p.a. Novara calcio e Assitalia.
Rotolo esponeva che fino al 30 giugno 1989 aveva svolto l‟attività di calciatore
professionista alle dipendenze del Novara Calcio s.p.a., e che in data 10 febbraio 1989 il
Novara aveva chiesto ed ottenuto dalla Lega professionisti di serie C la risoluzione del
contratto – che legava il Rotolo alla società - a seguito dell‟inabilità derivata da un
infortunio subito in una partita d‟allenamento il 25 luglio 1988328.
Rotolo nel suo ricorso chiedeva che, previo accertamento della responsabilità ex articoli
2087 e 2043 c.c. del Novara calcio, la stessa società ed il suo istituto assicuratore fossero
condannati al risarcimento dei danni subiti. Il pretore di Novara però non accettò le
richieste del ricorrente e rigettò il ricorso.
A seguito dell‟appello, proposto dalla parte soccombente, il Tribunale di Novara, dopo
l‟espletamento di una consulenza richiesta dal Rotolo, con sentenza 31 gennaio 2000
- riformando la sentenza impugnata - dichiarava il Novara calcio responsabile
dell‟infortunio subito dal giocatore e conseguentemente condannava il sodalizio al
risarcimento dei danni, liquidati in trecento milioni di “vecchie” lire.
Nel pervenire a tale soluzione il Tribunale osservava in punto di fatto che non poteva
dubitarsi, in base alle risultanze della consulenza espletata, che il Rotolo era stato
costretto ad abbandonare l‟attività agonistica per le ripetute fratture riportate alla caviglia
ed in particolare per l‟infortunio subito il 25 luglio 1988.
327
Cassazione, sezione lavoro, 8 gennaio 2003, n.85, in Mass. giur. lav., 2003, 232.
Come emerge dagli atti del procedimento, questo infortunio non era il primo occorso al Rotolo, ma il
terzo nel giro di un anno e mezzo e sempre tutti della stessa specie – frattura del metatarso destro – che
328
134
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Avverso tale sentenza il Novara calcio propose ricorso per Cassazione, affidato a due
motivi.
Con il primo motivo329 la società ricorrente deduceva una falsa applicazione degli articoli
2043 e 2087 c.c. nonché mancanza e/o manifesta illogicità delle motivazioni su un punto
decisivo della controversia.
In particolare si faceva notare come il Rotolo era stato curato ed assistito fino al luglio
1988 da soggetti estranei alla società stessa330 e che inoltre il Rotolo era stato sottoposto a
visita medica presso l‟istituto di medicina dello sport “Anna Maria di Giorgio” di
Torino331che ne aveva accertato l‟idoneità all‟attività agonistica.
La parte ricorrente in Cassazione contestava inoltre l‟addebito, mosso dal Tribunale di
Novara, per cui la società non avrebbe messo a disposizione dell‟istituto medico tutta la
documentazione relativa alle fratture e agli interventi subiti dall‟atleta, impedendo in tal
modo l‟effettuazione di una visita accurata.
Secondo gli avvocati difensori del Novara calcio, dunque, non sussisteva alcun nesso di
causalità tra il comportamento tenuto dalla società e l‟infortunio subito dal Rotolo e
pertanto non poteva ravvisarsi alcuna violazione dell‟articolo 2087 c.c.
La Suprema Corte analizzata tutta la normativa sportiva, che prevede la massima
attenzione nell‟accertamento dello stato di salute degli atleti, e ritenendo non accettabili
le motivazioni addotte in sede di ricorso dal Novara calcio, confermò la sentenza del
Tribunale di Novara.
La massima che emerge dalla sentenza della Cassazione è la seguente: << Nell‟esercizio
di attività sportiva a livello professionistico, le società sportive sono tenute a tutelare la
salute degli atleti sia attraverso la prevenzione degli eventi pregiudizievoli della loro
integrità psico-fisica, sia attraverso la cura degli infortuni e delle malattie che possono
trovare causa nei rilevanti sforzi caratterizzanti la pratica professionale di uno sport,
potendo essere chiamate a rispondere in base al disposto degli articoli 1218 e 2049 c.c.
dell'operato dei propri medici sportivi e del personale comunque preposto a tutelare la
salute degli atleti ed essendo comunque tenute, come datore di lavoro del calciatore, ad
adottare tutte le cautele necessarie, secondo le norme tecniche e di esperienza, a tutelare
avevano così procurato un‟inabilità totale alla attività agonistica, nonché un‟inabilità generale permanente
del dodici per cento.
329
Il secondo motivo attiene al calcolo dei danni dovuti al giocatore per la sua inabilità.
330
Infatti i primi due infortuni erano avvenuti mentre il giocatore esercitava le sue prestazioni per altro
sodalizio – la Pro Vercelli – e nel luglio del 1988 era stato ceduto in prestito al Novara che era stato
comunque accuratamente avvisato di quella che era la situazione clinica del giocatore.
331
Uno degli istituti deputati ai sensi dell‟articolo 5 del D.M. 18 febbraio 1982 al rilascio del certificato di
idoneità all‟attività sportiva agonistica.
135
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
l‟integrità fisica del lavoratore, tenuto conto in particolare del fatto che le cautele a tutela
della salute cui è tenuto il datore di lavoro devono parametrarsi alla specifica attività
svolta dallo sportivo professionista ed alla sua particolare esposizione al rischio di
infortuni>>.
La Suprema Corte, dunque, nella sentenza che abbiamo analizzato afferma la
responsabilità contrattuale di una società di calcio nei confronti di un proprio giocatore,
infortunatosi gravemente durante un allenamento e costretto a porre anticipatamente fine
alla carriera sportiva.
In particolare alla società si contesta di non aver svolto gli opportuni accertamenti
sanitari nei confronti del calciatore, già vittima nei mesi precedenti di due infortuni di
analoga natura alla stessa caviglia. Inoltre viene imputato alla società di non aver fornito
l‟idonea documentazione sanitaria all‟istituto di medicina dello sport.
Il grande merito di questa sentenza è quello di aver approfondito, per la prima volta, la
problematica relativa alla definizione del contenuto dell‟obbligo di sicurezza che grava
sulla società sportiva e sullo staff medico di quest‟ultima332.
Nel caso in questione la ricostruzione della posizione debitoria che grava in materia di
sicurezza sulla società, quale datore di lavoro, si inserisce in una prospettiva civilistica, al
fine di accertare profili d‟inadempimento contrattuale che fondino il conseguente obbligo
risarcitorio.
Ricondotto – in base a quanto disposto dalla legge n. 91 del 1981 – il rapporto di lavoro
sportivo professionistico nell‟area del lavoro subordinato, il riferimento normativo
primario in materia di sicurezza è costituito certamente dall‟articolo 2087333c.c., che
impone a tutti i datori di lavoro l‟adozione delle misure necessarie a tutelare l‟integrità
fisica e la personalità morale dei lavoratori.
L‟operatività, anche per il lavoro sportivo, di una norma a contenuto aperto quale
l‟articolo 2087, delinea significativi spazi interpretativi nella definizione del contenuto
dell‟obbligo di sicurezza.
332
Tematica sinora affrontata in modo sporadico dalla giurisprudenza penalistica, per lo più in
concomitanza di tragici aventi che hanno determinato la morte dell‟atleta. Cfr. Cassazione penale, Sez. IV,
9 giugno 1981, in Foro it., 1982, II, 268, in riferimento alla morte, avvenuta nel corso di una partita di
calcio, del giocatore del Perugia Renato Curi dovuta ad una non diagnosticata anomalia cardiaca. Vedi
anche Tribunale Forlì, 12 giugno 1981, in Foro it., 1982, II, 269, relativa alla morte del giocatore di
pallacanestro Luciano Vendemini, atleta giudicato dal medico sportivo in buone condizioni generali e
cardio-vascolari ma in realtà affetto dal morbo di Marfan; Tribunale di Milano, 3 aprile 1989, in Foro it.,
1989, I, 2951, riguardo alla contestata responsabilità dei dirigenti e dei preparatori federali per la morte
dello sciatore Leonardo David in occasione della Coppa del mondo di sci di Lake Placid.
333
Sul punto, si veda Lanotte M., Responsabilità e obblighi delle società sportive nella tutela della salute
degli atleti, in Mass. giur. lav., 2003, 232.
136
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Da questa norma deriva un‟obbligazione contrattuale in capo al datore di lavoro, la quale
deve essere adempiuta con continuità, anche giorno dopo giorno, al fine di tutelare il
bene primario della salute nell‟esecuzione dell‟attività di lavoro, qualunque essa sia,
consentendo la continuità del rapporto contrattuale.
Accertamenti continui ed accurati sulle condizioni fisiche dell‟atleta rispondono ad un
preciso interesse dello stesso calciatore, nonché della società sportiva, cui appartiene il
lavoratore sportivo, poiché all‟integrità psico-fisica sono collegati i risultati delle
competizioni con i vantaggi ed i migliori profitti conseguenti334.
La violazione dell‟obbligo di sicurezza è fonte di responsabilità contrattuale, con
conseguente obbligo della società sportiva di risarcire i danni subiti dall‟atleta.
Nel caso esaminato i giudici imputano alla società la mancata adozione dei controlli
necessari ad accertare l‟effettiva idoneità del giocatore alla ripresa dell‟attività agonistica,
facendo esclusivo affidamento al certificato rilasciato dall‟istituto di medicina dello sport
di Torino. Quest‟ultimo, d‟altra parte, non sarebbe stato posto in condizione di valutare
con piena cognizione le condizioni del calciatore, non essendogli stata fornita la
documentazione relativa alle fratture e agli infortuni precedenti.
In altri termini, è ravvisabile una violazione dell‟obbligo di sicurezza non solo quando
vengano omessi i controlli sanitari, ma anche qualora siano effettuati con negligenza ed
imperizia, determinando un‟errata valutazione dello stato di salute del giocatore.
Tali inadempienze, oltre a fondare la responsabilità risarcitoria della società nei confronti
del giocatore, assumono altresì rilievo nei rapporti interni tra società e medico sociale.
Infatti, per prima è la società ad essere chiamata a rispondere dell‟infortunio del
giocatore per violazione degli obblighi di sorveglianza sanitaria, che incombono sul
medico sociale, ma in seguito la società stessa può esercitare azione di rivalsa nei
confronti del medico sociale.
137
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.2.5 – Clausola compromissoria
Tutte le eventuali controversie che possono sorgere nel corso dello svolgimento
del rapporto, nell‟attuazione dei vari aspetti che abbiamo analizzato, devono essere
deferite ad un collegio di arbitri a norma del quinto comma dell‟articolo 4 della legge n.
91.
Tale possibilità deve essere espressamente prevista in ogni contratto di lavoro e prende il
nome di clausola compromissoria.
Tali “organi” decidono essenzialmente in ordine alle controversie aventi ad oggetto:
1. – la corretta applicazione delle norme disciplinanti il funzionamento dell‟agonismo
sportivo (giudizio tecnico);
2. – la corretta esplicazione dei poteri demandati dal C.O.N.I. alle Federazioni sportive
(giudizio amministrativo);
3. – l‟osservanza degli statuti e dei regolamenti (giudizio disciplinare);
4. – le norme di relazione a contenuto economico fra i privati aderenti
all‟organizzazione (giudizio economico).
La clausola compromissoria rappresenta, come tutte le forme di arbitrato, una
manifestazione dell‟autonomia dei privati nel risolvere e comporre i conflitti senza
l‟intervento della giustizia statale, infatti, di fronte alla giustizia arbitrale l‟ordinamento
dello stato tende a riconoscere e a recepire il „dictum‟ arbitrale.
In relazione ai rapporti tra la competenza degli organi di giustizia sportiva e la
competenza dei collegi arbitrali, è stato osservato335che sono da attribuire a quest‟ultimi
tutte le controversie che non rientrano nella competenza degli organi sportivi previsti dai
regolamenti federali; si tratta quindi, di competenze residuali, definite dai regolamenti e
dagli statuti federali.
All‟interno dell‟area in cui si svolge il giudizio, l‟arbitrato rappresenta una deroga alla
competenza del giudice ordinario. La validità della deroga alla competenza della giustizia
ordinaria trova una propria giustificazione, sia riguardo alla teoria degli ordinamenti
334
Sul punto, si veda Minale E., Specialità del lavoro sportivo, obbligo di sorveglianza sanitaria e
responsabilità risarcitoria della società sportiva, in Nuova giur. civ. comm., 2004, IV, pt. 1, 480.
335
Punzi C., Le clausole compromissorie nell‟ordinamento sportivo, in Riv. dir. sport., 1987, 239.
138
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
giuridici336, in virtù della quale ogni corpo sociale ha diritto di darsi delle proprie norme
regolatrici, sia riguardo al contenuto contrattuale dei regolamenti federali, che vedono
nelle clausole compromissorie una possibile espressione dell‟articolo 36 del codice
civile. La clausola compromissoria, inoltre, prevenendo l‟intervento dell‟ordinamento
dello Stato, salvaguarda l‟autonomia dell‟ordinamento sportivo.
La disciplina dettata per la clausola compromissoria deve necessariamente essere
rapportata alle norme in materia di processo del lavoro sancite dalla legge n. 533 del
1973, al fine di verificare la compatibilità tra le stesse.
L‟articolo 4 di tale legge stabilisce che le controversie individuali in materia di lavoro
possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla contrattazione collettiva, purché ciò
avvenga senza pregiudizio della facoltà delle parti di adire l‟autorità giudiziaria.
Detto articolo stabilisce inoltre la nullità della clausola compromissoria che autorizza gli
arbitri a pronunciare secondo equità e che dichiara il lodo non impugnabile.
Dall‟esame di questa disposizione emergono chiaramente due principi fondamentali che,
tuttavia, non sempre trovano puntuale applicazione.
In base al primo, la parte litigante può disattendere la clausola compromissoria, potendo
comunque adire il giudice ordinario, rappresentato dal Pretore del lavoro: lo strumento
arbitrale non può mai essere ostativo né obbligatorio, in quanto ciò contrasterebbe con il
diritto inviolabile alla difesa, garantito dall‟articolo 24 della nostra Costituzione337.
Il secondo principio riguarda il divieto di inoppugnabilità delle decisioni arbitrali; il lodo
rituale è impugnabile per le nullità previste dall‟articolo 829 c.p.c e per violazione e falsa
applicazione di contratti e accordi collettivi. L‟impugnabilità è direttamente collegata alla
possibilità di attuare un controllo giurisdizionale sull‟attività arbitrale.
In merito a tali principi, si osserva che la clausola compromissoria prevista dalla legge n.
91 del 1981 differisce decisamente da quella disciplinata dalla legge 533 del 1973.
A dimostrazione di ciò si possono analizzare due articoli:
1. – Articolo 15 (lettera f) dell‟accordo collettivo Federazione Italiana Giuco Calcio –
Associazione Italiana Calciatori.
2. – Articolo 4 del contratto tipo dei calciatori professionisti.
L‟articolo 15 a differenza di quanto previsto dalla legge 533 stabilisce che << tutti i
provvedimenti irrogati dal Collegio Arbitrale sono considerati provvedimenti a carattere
definitivo avverso i quali non è ammesso ricorso>>.
336
Vedi introduzione.
Tale facoltà di adire l‟autorità giudiziaria ordinaria, sebbene non sia sempre prevista nelle clausole
compromissorie inserite nei contratti collettivi, viene ritenuta automaticamente consentita.
337
139
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Ciò significa che i calciatori non hanno alcuna possibilità di impugnare le decisioni
arbitrali e si devono necessariamente conformare ad esse.
L‟articolo 4 del contratto tipo dei calciatori, nel richiamo delle norme statutarie e dei
regolamenti federali, impone il vincolo di giustizia338 sancito dall‟articolo 26 dello
statuto F.I.G.C., in base al quale il calciatore non può adire, per la tutela dei propri diritti,
l‟autorità giudiziaria. Questo perché, secondo l‟ordinamento sportivo, l‟unico organismo
competente a decidere in ordine alle controversie di lavoro è, obbligatoriamente, il
Collegio Arbitrale.
Quindi in entrambi i casi è palese il contrasto con la legge 533. A parziale giustificazione
si è sostenuto che la legge n. 91 deroga alle disposizioni dettate in materia di processo di
lavoro, ma ciò non è sufficiente a giustificare il divieto d‟esercizio del diritto alla libera
azione in giudizio.
Si tratta senza dubbio di un contrasto insanabile poiché, mentre per l‟ordinamento statale
l‟azione è legittima, per quello sportivo è illegittima e sanzionata addirittura con
l‟espulsione.
A questo proposito basti ricordare il caso Pasolini – Janni: in uno scontro di gioco, il
primo riportò un grave infortunio che ne pregiudicò la carriera; in seguito a ciò decise di
adire il Giudice penale. A seguito di tale azione intervenne la F.I.G.C. che squalificò a
vita il giocatore, in quanto con la sua azione aveva provocato l‟intervento di autorità
giudiziarie estranee alla federazione stessa, pregiudicando l‟autonomia dell‟ordinamento
sportivo.
A parziale spiegazione di ciò, è stato affermato339che, mentre nell‟ordinamento statale
l‟arbitrato è volontario, gli arbitri dell‟ordinamento sportivo sarebbero necessari, in
quanto il collegio arbitrale è il solo competente a conoscere di quelle controversie.
Quindi tra i soggetti aderenti alle federazioni sportive, l‟arbitrato diventa un mezzo
necessario di soluzione delle controversie. Ciò salvo eccezioni, visto che in alcuni statuti
federali il ricorso al giudizio arbitrale è meramente facoltativo e alternativo con altre
forme di tutela; ad esempio, il regolamento di giustizia della Federazione Italiana Tennis
stabilisce che ogni controversia insorta tra gli appartenenti alla federazione << può essere
devoluta da ciascuna delle parti al giudizio inappellabile di un Collegio Arbitrale>>.
338
Il vincolo di giustizia è l‟obbligo, assunto dagli associati, enti e persone fisiche, all‟atto di ingresso nella
comunità sportiva (il che avviene con il tesseramento per le persone fisiche, e l‟affiliazione per gli enti), di
adire per le controversie, insorte tra tali soggetti, ed aventi attinenza con l‟attività sportiva esclusivamente
gli organi federali o altri organi indicati dalle federazioni.
339
Luiso F.P., La giustizia sportiva, Milano, 1975, 499.
140
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Di diverso orientamento è il contenuto dell‟articolo 25 dell‟accordo collettivo F.I.G.C. –
A.I.C., il quale stabilisce che la soluzione di tutte le controversie fra società e calciatori
sarà deferita ad un Collegio Arbitrale, rendendo in pratica obbligatoria la clausola
compromissoria. La disposizione viene rafforzata da una serie di sanzioni disciplinari,
tendenti ad impedire l‟intervento di autorità estranee all‟ordinamento sportivo nella
risoluzione delle controversie insorte tra gli affiliati.
Il problema più complesso da risolvere è definire la natura di questi arbitrati, stabilire
cioè se si tratti di arbitrati rituali o irrituali, dato che, a seconda di tale definizione, è
diversa la natura della soluzione data dall‟arbitro.
Nel caso di arbitrato irrituale, o libero, la decisione ha un valore puramente negoziale e
non comporta l‟esercizio di un‟attività giudiziale. Mediante tale forma di arbitrato le parti
affidano
a
uno
o
più
arbitri
il
potere
di
risolvere
una
controversia.
Tale decisione è impugnabile solo nel caso di vizi della volontà, o incapacità delle parti
e/o degli arbitri.
Gli arbitri rituali, invece, sostituiscono il giudice e pronunciano un lodo che acquista
efficacia di sentenza a seguito del provvedimento di esecutorietà del Pretore, contro il
quale sono esplicabili le azioni stabilite dagli articoli 827 e seguenti del codice di
procedura civile.
Si può dire che l‟elemento che differenzia i due tipi di arbitrato è la volontà delle parti
interessate; esse possono propendere per una decisione arbitrale avente piena efficacia di
sentenza (arbitrato rituale), oppure per una pronuncia avente valore solamente negoziale
(arbitrato irrituale).
Riguardo alla natura della clausola compromissoria – presente nel contratto di lavoro
sportivo -, le posizioni in dottrina sono contrastanti.
Secondo alcuni340 in virtù del rinvio alla legge 533 si tratterebbe di un arbitrato irrituale,
in quanto il fatto stesso che una disposizione legislativa preveda un arbitrato, ne esclude
il carattere rituale.
Decisamente opposta è la posizione di altri autori341che propendono per il carattere
rituale dell‟arbitrato. A sostegno di tale tesi è stata messa in evidenza come la
formulazione del quinto comma dell‟articolo 4 della legge n. 91 sarebbe identica a quella
del secondo comma dell‟articolo 809 del codice di procedura civile. A favore della natura
rituale dell‟arbitrato vanno interpretate anche le locuzioni come “decisione” “difesa”,
“giudicano” contenute nel Regolamento del Collegio Arbitrale dei calciatori
340
Bianchi D‟Urso F. – Vidiri G., op. cit., p. 18.
141
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
professionisti342 (vedi Appendice) che secondo la giurisprudenza, costituiscono elementi
di assoluto rilievo ai sensi della qualificazione dell‟arbitrato come rituale343.
Da un punto di vista soggettivo, il giudizio arbitrale è limitato solamente alle società ed
alle associazioni affiliate, nonché ai soggetti che, svolgendo la loro attività nell‟ambito
federale, sono da queste tesserati; di conseguenza, non rientrano nella sfera di
competenza degli arbitri le controversie insorte tra le federazioni e i loro affiliati e
tesserati, nonché le controversie che coinvolgono terzi estranei, non tesserati, come ad
esempio gli sponsor.
Per quanto riguarda l‟ambito oggettivo, le controversie devono riferirsi all‟attuazione del
contratto.
Nei singoli statuti e regolamenti federali, sono previste soluzioni diverse, essendo
menzionate controversie “originate”344 oppure “direttamente derivanti”345 dall‟attività
sportiva.
Altri statuti non prevedono alcuna limitazione, ma impongono ai loro associati e tesserati
di deferire ai collegi arbitrali << qualsiasi controversia che dovesse tra loro
insorgere…per qualsiasi fatto o causa>>346. Tale formula è stata però oggetto di critiche,
si è, infatti, osservato347 che, in tal modo, si potrebbe ricomprendere nell‟oggetto del
giudizio anche quelle controversie insorte tra soci per motivi estranei all‟attività sportiva.
Le materie oggetto di arbitrato incontrano alcune limitazioni:innanzitutto sono limitate
dalle disposizioni dell‟articolo 806 c.p.c e dall‟articolo 1966 c.c., in base ai quali non
possono essere oggetto di arbitrato le questioni che attengono a diritti indisponibili, in
quanto non possono formare oggetto di transizione.
Non sono compromettibili le controversie che implicano l‟accertamento dell‟esistenza o
inesistenza di un reato348.
Altri limiti al giudizio degli arbitri, sono posti dalla già citata natura residuale della
competenza che si estende alle controversie che non rientrano nella competenza di organi
federali, secondo quanto stabilito dai singoli statuti e regolamenti.
341
Duranti D., op. cit. p. 715; Bonavitacola R., op. cit., p. 31.
Locuzioni riportate rispettivamente agli articoli 1, 4, 7 di detto regolamento.
343
Cassazione, 12 gennaio 1984, n. 268, in Giust. civ. rep., 1984, 90; Cassazione, 20 aprile 1985, n. 2611,
in Giust. civ. mass, 1985, 809.
344
Statuto Federazione Italiana Tennis.
345
Statuto Federazione Italiana Pallacanestro.
346
Statuto Federazione Ciclistica Italiana; Regolamento organico Federazione Italiana Giuco Calcio;
Statuto Federazione Italiana Rugby.
347
Luiso F.P., op. cit..
348
Tuttavia, sembra più corretto sostenere che la rilevanza penale del fatto costituisca solamente un
ostacolo allo svolgimento del giudizio arbitrale e necessiti della sua sospensione, sino a quando il penale
non sia concluso.
342
142
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Per quanto riguarda la forma, in base all‟articolo 808 c.p.c., le clausole compromissorie
devono risultare da atto scritto a pena di nullità. Tuttavia si ritiene che il requisito della
forma risulti soddisfatto con la semplice sottoscrizione di un atto con il quale si dichiari
di avere preso visione e di accettare un determinato statuto con il relativo regolamento di
giustizia, contenente la clausola compromissoria.
Nell‟ambito della Federazione Italiana Giuco Calcio, l‟articolo 4 del contratto tipo
dispone che << con la firma del contratto le parti assumono l‟obbligo di osservare le
norme dello Statuto e quelle Federali>>.
Tale obbligo deriva direttamente dall‟atto d‟ingresso volontario, di un soggetto
nell‟ordinamento sportivo. È proprio da tale volontarietà che si desume la disponibilità
del soggetto ad accettare che << i rapporti con l‟ordinamento sportivo siano regolati dalle
norme e dalle disposizioni delle federazioni…e si obbliga quindi alla loro osservanza>>.
In nessuno statuto o regolamento appaiono indicazioni relative ai limiti di efficacia
temporale delle clausole compromissorie. È stato sostenuto che la loro validità sia
limitata al tempo in cui sussiste il rapporto associativo. Tale opinione non sembra poter
essere condivisa, in quanto ciò precluderebbe la possibilità di instaurare dei giudizi
arbitrali in relazione a fatti o atti posti in essere durante il rapporto associativo, ma emersi
solo dopo lo scioglimento del medesimo.
Le condizioni legali dei lodi rituali - relative alla nomina degli arbitri – previste
dall‟articolo 809 c.p.c. richiedono che il numero degli arbitri sia dispari e che la clausola
compromissoria contenga la nomina degli stessi oppure il modo per sceglierli.
Generalmente, i collegi arbitrali sono costituiti da tre componenti. Diversi sono invece i
modi di nomina previsti dalle clausole dei vari statuti federali. Ad esempio. il
regolamento della F.I.G.C. attribuisce a ciascuna delle parti il potere di nominare il
proprio arbitro e prevede che il terzo venga nominato da gli altri due, tra le persone
indicate negli elenchi depositati presso la federazione stessa.
Nel caso in cui il potere di nominare il presidente o l‟intero collegio sia attribuito agli
organi federali, deve essere ugualmente rispettato il requisito della terzietà degli arbitri
rispetto alle parti in causa.
Per quanto riguarda il procedimento arbitrale, questo viene regolato dei singoli statuti
federali; in mancanza di disposizioni, trovano applicazione le norme di cui agli articoli
816 e seguenti del codice di procedura civile.
143
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Parte terza
2.3 - Cessione, recesso e risoluzione del contratto. Sospensione
Dopo aver analizzato, nei paragrafi precedenti, quelle che sono le modalità di
costituzione e svolgimento del contratto di lavoro sportivo, rimane adesso da analizzare
quali sono le situazioni in cui questo rapporto viene meno.
Già dal titolo del presente paragrafo si può intuire come vi sia più di una possibilità per
porre fine al contratto di lavoro sportivo, e così in rigoroso ordine alfabetico sono state
elencate: la cessione, il recesso ed infine la risoluzione.
Sono tutte situazioni che hanno un‟identica conseguenza, cioè quella dello scioglimento,
anticipato, del rapporto di lavoro esistente tra lo sportivo e la società sportiva.
Le differenze si hanno, invece, quanto alle motivazioni che sono alla base di tale
conseguenza.
Motivazioni che possono trovare la loro giustificazione nella semplice volontà concorde
delle parti, oppure possono essere la conseguenza del mancato adempimento degli
obblighi contrattuali ad opera di una delle due parti, oppure per l‟impossibilità
sopravvenuta di una delle controprestazioni.
Dunque, analogamente a quanto può accadere per tutti gli altri contratti di durata e a
prestazioni corrispettive, anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro sportivo si
possono verificare situazioni che, di fatto, impediscono ad una delle parti di adempiere
alle obbligazioni assunte.
Mentre l‟inadempimento – come vedremo – dà sempre luogo alla risoluzione del
contratto, l‟impossibilità sopravvenuta non ha conseguenze immediate così drastiche, sia
che si tratti di esigenze aziendali o di eventi relativi alla persona del lavoratore, che lo
rendano fisicamente inidoneo a svolgere la propria attività sportiva. Infatti, al verificarsi
di tali situazioni consegue, innanzitutto, la sospensione del rapporto di lavoro per il
tempo previsto dalla legge e/o dai contratti collettivi.
144
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Andando più nello specifico, tra le cause che interessano gli sportivi le più diffuse sono
quelle riguardanti: infortuni, malattie, gravidanze e puerperio, che regolate dall‟articolo
2110349 c.c. sono ugualmente applicabili a qualsiasi lavoratore o lavoratrice anche non
sportivi.
La garanzia prevista dall‟articolo 2110 c.c., non ha durata indefinita, infatti, è lo stesso
articolo a riconoscere al datore di lavoro il diritto di recedere dal contratto a norma
dell‟articolo 2118 c.c. quando sia decorso il periodo stabilito dalla legge, dagli usi o
secondo equità.
In realtà, alla determinazione del c.d. periodo di comporto per malattia o infortunio più
che la legge provvede espressamente la contrattazione collettiva.
Ad esempio, l‟accordo collettivo dei calciatori prevede che durante il periodo di malattia
o assenza dal lavoro per infortunio, spettano all‟atleta i compensi stabiliti dal contratto
fino alla scadenza dello stesso. Ove il periodo di inabilità si protragga oltre sei mesi, è
data facoltà alla società di chiedere la risoluzione del contratto con ricorso al collegio
arbitrale, oppure di ridurre a metà i compensi contrattuali fino alla cessazione della
inabilità e non oltre il termine di scadenza del contratto.
Tuttavia se l‟infortunio o la malattia risultano imputabili a colpa grave del giocatore, la
società ha facoltà di risolvere il contratto o di ridurre i compensi a titolo di sanzione
disciplinare.
Infine è previsto che se dall‟infortunio derivi la definitiva inidoneità a svolgere attività
agonistica, la società ha il diritto di risolvere immediatamente il contratto350.
Disposizioni analoghe sono riportate anche nell‟accordo collettivo dei giocatori di
pallacanestro351, con l‟unica eccezione che il periodo di comporto per malattia o
infortunio è esteso a nove mesi.
Dopo questo breve “excursus” su un istituto simile a quelli oggetto di questo paragrafo
qual è quello della sospensione - che come visto può anche degenerare e dar luogo a
risoluzione del contratto – è opportuno riprendere le fila del discorso, iniziato qualche
riga sopra ed analizzare una ad una le ipotesi in cui il contratto smette definitivamente di
produrre i suoi effetti.
349
L‟articolo 2110 c.c. stabilisce che in tali ipotesi, se la legge non prevede forme equivalenti di previdenza
o assistenza è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o l‟indennità nella misura e per il tempo
determinati dalle leggi speciali dagli usi o secondo equità.
350
Articoli 18 e 19 accordo collettivo calciatori professionisti.
351
Parte seconda, articolo 16.
145
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.3.1 - Risoluzione consensuale del contratto di lavoro: cessione
La disciplina della cessione del contratto è oggi regolata dall‟articolo 5, secondo
comma della legge n. 91. È bene far notare come su questo istituto l‟intervento del
legislatore abbia posto in essere dei grossi cambiamenti, infatti, con l‟introduzione del
principio di libertà di svolgimento dell‟attività sportiva e la previsione della libera
recedibilità dal rapporto di lavoro, la legge n. 91 ha abolito il c.d vincolo sportivo.
Come visto nella prima parte di questo capitolo, all‟epoca della vigenza di tale istituto,
l‟atleta era privo di qualsiasi libertà contrattuale; era la società che lo aveva ingaggiato
l‟unica che poteva deciderne le sorti.
La società poteva così disporre il trasferimento di uno dei suoi atleti ad un altro sodalizio
sportivo352 senza neppure bisogno del suo consenso. Sotto questo regime all‟atleta non
era data alcuna possibilità di sottrarsi alla volontà della propria società.
Era questo un sistema che se da un lato tutelava le società, dall‟altro privava l‟atleta di
qualsiasi libertà di scelta una volta concluso il primo contratto353.
Oggi grazie all‟abolizione del vincolo sportivo, gli atleti hanno sicuramente un peso
maggiore nelle loro scelte, anche se la società può sempre limitare la volontà dei propri
tesserati, allorché, ad esempio, preferisca cedere un proprio giocatore ad una società
piuttosto che ad un‟altra.
Sicuramente a differenza del passato la società avrà comunque bisogno del consenso
dell‟atleta senza il quale la cessione a qualsiasi società sarà illegittima, ed è proprio in
questa direzione che va l‟articolo 5 della legge n. 91, la dove al secondo comma afferma
che << è ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva
ad un‟altra, purché vi consenta l‟altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle
federazioni sportive nazionali>>.
Come si può notare l‟articolo 5, ha specificato l‟esistenza di un requisito fondamentale
perché si possa dar luogo all‟istituto della cessione del contratto sportivo, ossia ha usato
la locuzione “prima della scadenza”.
352
Nel qual caso il vincolo proseguiva a favore della società acquirente.
È bene comunque far presente che prima della sua abolizione, l‟istituto del vincolo sportivo era stato in
parte rivisitato, ed il consenso dell‟atleta aveva assunto una certa importanza.
353
146
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Quindi la dove si abbia un contratto ormai scaduto, oggi, a seguito dell‟abolizione del
vincolo sportivo la società non avrà più alcun diritto su quell‟atleta il quale sarà
pienamente libero di decidere il proprio futuro, scegliendo tra il rinnovo del contratto e la
possibilità di stipularne uno nuovo con una diversa società sportiva. In questo caso non si
potrà parlare di vera e propria cessione ma semplicemente di svincolo354.
Si parlerà quindi, propriamente di cessione, quando essa avviene per volontà delle parti
ma durante la valenza di un contratto, in virtù del quale la società cedente avrà diritto ad
ottenere un utile dalla cessione del proprio tesserato.
Si tratta di una speciale applicazione dell‟articolo 1406355 c.c. in materia di cessione del
contratto, in forza del quale il cedente sostituisce a se un terzo - il cessionario – nel
rapporto derivante da un contratto, con la conseguenza che il cessionario assume rispetto
al ceduto la medesima posizione del cedente, salve eventuali modifiche che siano
introdotte direttamente nel rapporto tra ceduto e cessionario.
In altre parole, prima della scadenza del contratto, e sempre che vi sia il consenso 356 è
possibile che lo sportivo professionista357 prosegua la sua attività alle dipendenze di
un‟altra società sportiva.
Le norme federali prevedono che la cessione debba essere certificata da atto scritto358,
mediante utilizzazione di moduli speciali - predisposti dalle federazioni stesse sottoscritti dall‟atleta359 e da coloro che possono impegnare validamente le società
contraenti.
La cessione del contratto avviene normalmente a titolo oneroso, cioè dietro il versamento
di un corrispettivo in denaro, versato dalla società cessionaria alla società cedente.
Alla quantificazione di tale corrispettivo provvedono direttamente la due società per
mezzo dei loro dirigenti.
354
Il passaggio di un atleta professionista a fine contratto da una società all‟altra non comporta nessun
esborso da parte della società di destinazione e nessun introito per la società di provenienza; salvo
l‟eccezione prevista dall‟articolo 6 della legge n. 91, così come è stata modificata dalla legge 586 del 1996.
355
<<Ciascuna parte può sostituire a se un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni
corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l‟altra parte vi consenta>>.
356
Il consenso dello sportivo alla cessione è richiesto da quasi tutte le federazioni sportive europee e anche
nelle legislazioni in materia degli stati dell‟America latina. Così, ad esempio, in Venezuela (Ley Organica
del Trabajo – LOT, articolo 312) è data la possibilità allo sportivo di opporsi alla cessione se sussiste una
giusta causa. In Messico ( Ley Federal de Trabajo – LFT, 1970) è previsto un premio di trasferimento in
favore dello sportivo calcolato in percentuale alla somma corrisposta alla società cedente.
357
L‟articolo 5 si riferisce in generale agli sportivi, il che significa che non limitando il suo campo
d‟applicazione ai soli atleti esso trova applicazione anche nei confronti dei c.d. non atleti, vale a dire
allenatori, preparatori atletici, direttori sportivi etc.
358
Il documento deve contenere le eventuali clausole di risoluzione dipendenti dalla posizione del
giocatore ai fini del servizio militare e dell‟esito della visita medica.
147
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
In attuazione di tale principio, ad esempio, la normativa federale della Federazione
Italiana Giuoco Calcio nel suo regolamento organico prevede all‟articolo 52 – rubricato
trasferimento dei calciatori – che << le pratiche di trasferimento dei calciatori devono
essere svolte esclusivamente dai dirigenti in carica o dai collaboratori della società
interessata. La formalizzazione degli accordi di trasferimento di ogni genere deve
avvenire presso la sede delle società o presso le sedi federali>>.
Una volta avvenuta la cessione ed il trasferimento con il consenso dell‟atleta, questi non
può accampare diritti verso la società cedente a causa dell‟inadempimento della società
cessionaria360. Invece nel caso di controversie sul trasferimento o sulla cessione, la
società cedente è tenuta all‟adempimento delle obbligazioni economiche nei confronti
dell‟atleta, con eventuale diritto di rivalsa nei confronti della società cessionaria, per tutta
la durata della controversia e fino alla decisione definitiva.
Le cessioni di contratto possono essere anche temporanee361 nel limite di una sola
stagione sportiva, con la facoltà di rinnovo fra le stesse società per la stagione successiva.
Scaduto il periodo della cessione temporanea, l‟atleta è obbligato ad adempiere il
contratto con la società originaria senza che questa debba pagare alcuna indennità di
cessione.
La cessione temporanea potrà avvenire a titolo gratuito oppure a titolo oneroso, sul punto
nel silenzio del legislatore, la determinazione del corrispettivo è rimessa puramente alla
volontà delle parti.
È ammesso, con il consenso del giocatore, il diritto d‟opzione362 a favore della
cessionaria per la trasformazione dell‟accordo in cessione definitiva, così come il diritto
di contro-opzione a favore della società cedente, qualora il diritto d‟opzione venga
esercitato dalla cessionaria.
Prima dell‟abolizione del vincolo, il prestito dell‟atleta equivaleva ad un trasferimento
provvisorio di due anni, trascorsi i quali egli ritornava ad appartenere automaticamente
alla precedente società.
359
Nell‟ipotesi di trasferimento, in mancanza di sottoscrizione del giocatore, la società è tenuta a dargliene
notizia non oltre il giorno di chiusura del periodo dei trasferimenti e se il giocatore lo rifiuta, l‟accordo
diviene definitivamente inefficace.
360
In questa direzione è andato il Collegio arbitrale della F.I.G.C. allorché in data 20 aprile 1995 ha
stabilito che << ove la società cessionaria sia morosa nel pagamento delle retribuzioni e venga perciò
risolto il contratto, il giocatore non ha titolo per ottenere dalla società cedente le differenze retributive
derivanti dall‟avere pattuito con la cessionaria condizioni più svantaggiose>>.
361
Il numero dei giocatori tesserabili con cessione temporanea può essere limitato dalle federazioni.
362
C.d. diritto di riscatto.
148
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Riassumendo le società italiane possono quindi acquistare e cedere giocatori a titolo
definitivo o temporaneo sia in Italia che all‟estero363, purché ciò avvenga nel rispetto
della disciplina dettata dalla legge n. 91 e dalle disposizioni stabilite dalle varie
federazioni. Oltre al rispetto degli obblighi già visti, quali forma scritta, sottoscrizione,
pagamento di un corrispettivo e così via dicendo, bisogna ricordare un'altra limitazione
alla cessione dei contratti sportivi: limitazione che definirei di carattere temporale, in
quanto tali cessioni possono avvenire solo in determinati periodi dell‟anno e cioè
innanzitutto al termine della stagione agonistica ma anche nel corso della stessa nei
periodi espressamente previsti a tal fine dalle federazioni sportive364.
363
I trasferimenti internazionali sono regolati dal Regulations Governing The Status and Transfer of
Football Players della F.I.F.A. .
364
Ad esempio nel fenomeno calcistico si ha il c.d. mercato di riparazione che va dal 1 al 31 gennaio.
149
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.3.2 – Risoluzione unilaterale del contratto di lavoro sportivo
Vi sono poi delle ipotesi in cui il contratto tra il datore di lavoro ed i propri
lavoratori, viene meno indipendentemente dalla volontà concorde delle due parti, ossia
situazioni riconducibili ad un inadempimento dei doveri contrattuali di una delle parti.
Sono comunque ipotesi espressamente previste e regolate dalla legge, al fine di evitare
uno smoderato ricorso a tali forme di cessazione del contratto, altrimenti utilizzabili
soprattutto a danno dalla parte più debole, cioè il lavoratore.
Si parla così di risoluzione relativamente ai contratti di lavoro a tempo indeterminato e di
recesso nei contratti di lavoro a tempo determinato.
Il “favor” nei confronti del lavoratore si manifesta in una serie di limitazioni poste alla
libera recedibilità da parte del datore di lavoro, nonché nella previsione di idonei
strumenti di tutela a favore del lavoratore illegittimamente licenziato.
Sotto il primo punto a partire dal 1966, per effetto della legge n. 604 365, non è più
concesso al datore di lavoro licenziare liberamente, essendo stata subordinata la
legittimità del recesso da parte datoriale alla ricorrenza di una giusta causa366 o di un
giustificato motivo367.
Sotto il secondo aspetto sono state invece apprestate in favore dei lavoratori particolari
forme di tutela che prevedono ad esempio in caso di licenziamento - dichiarato
illegittimo in sede giudiziale – il diritto del lavoratore ad essere reintegrato nel posto di
lavoro con conseguente ricostruzione della posizione lavorativa, a norma dell‟articolo 18
della legge n. 300 del 1970368.
La complessa ed articolata tutela apprestata dal legislatore italiano contro i licenziamenti
illegittimi non si applica, tuttavia, al lavoro sportivo.
365
La cui disciplina è stata estesa, per quanto riguarda il suo ambito applicativo, ad opera della legge n. 108
del 1990.
366
Intesa come il verificarsi di un evento che incide in modo irrimediabile sul rapporto di fiducia tra le
parti, con conseguente licenziamento senza preavviso, e cioè senza il diritto ad un periodo di tempo
compreso tra la comunicazione del licenziamento e la sua efficacia, durante il quale il lavoratore licenziato
potrebbe attivarsi nella ricerca di una nuova occupazione.
367
Inteso come notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore o come il
verificarsi di esigenze aziendali attinenti al regolare funzionamento dell‟attività produttiva e al suo aspetto
organizzativo.
368
Così come modificato dalla legge n. 108 del 1990.
150
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
È la stessa legge n. 91 all‟ottavo comma dell‟articolo 4 ad escludere, espressamente,
l‟applicabilità al rapporto di lavoro sportivo professionistico sia dell‟articolo 18 dello
statuto dei lavoratori sia di alcuni articoli della legge n. 604.
Il lavoro sportivo è, pertanto, una delle poche ipotesi in cui – dove il rapporto venga
costituito a tempo indeterminato369 - è operante il c.d. recesso ad nutum e cioè quel
particolare tipo di recesso che non richiede alcuna giustificazione, e la cui disciplina è
contenuta negli articoli 2118 e 2119 del codice civile.
A norma dell‟articolo 2118 in caso di contratto a tempo indeterminato ciascun contraente
può recedere a sua discrezione dando preavviso o, in mancanza, corrispondendo
un‟indennità di mancato preavviso370.
L‟artico 2119 invece esclude che spetti il preavviso nel caso di recesso per giusta causa,
salvo che non sia il lavoratore a dare le dimissioni per giusta causa.
Dall‟applicazione di dette disposizioni al rapporto di lavoro degli sportivi professionisti
discende che non sussistono, per l‟ordinamento statale, vincoli o limiti di sorta alla
volontà di sciogliersi dal contratto, né particolari formalità da adempiere.
Sarebbe, infatti, fortemente penalizzante impedire alle società sportive di recedere dal
contratto quando, anche al di fuori di qualsiasi ipotesi di inadempimento, si determini una
situazione che impedisca, di fatto allo sportivo di rendere al meglio la prestazione,
venendosi così a compromettere gli esiti delle competizioni.
Analogamente l‟applicazione di tale norma porta ad escludere che ci siano limiti al
recesso da parte dello sportivo il quale potrebbe legittimamente recedere dal contratto
anche nel corso del campionato.
369
Infatti, purché l‟articolo 5 della legge n. 91 preveda come regola principale la fissazione di un termine di
scadenza del contratto di lavoro sportivo, non può essere esclusa neppure la possibilità di concludere
contratti a tempo indeterminato.
151
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.3.3 – Recesso ante tempus del contratto di lavoro sportivo
Nelle ipotesi di contratto a tempo determinato – che sono, poi quelle che si
riscontrano in concreto - è consentita, prima della scadenza del termine, la risoluzione
consensuale del contratto oppure il recesso unilaterale in caso di giusta causa, e cioè nel
caso in cui si realizzi una situazione che renda impossibile per una delle due parti
proseguire negli impegni assunti.
La ricorrenza di una giusta causa di recesso va accertata in concreto, caso per caso, non
essendo ipotizzabile una classificazione di tutte le possibili ipotesi oggetto di recesso.
Indicazioni su ipotesi di giusta causa di recesso sono fornite dagli accordi collettivi, ad
esempio l‟accordo collettivo dei calciatori371 prevede come giusta causa di recesso per
l‟atleta la morosità della società oltre certi limiti temporali e, più in generale l‟accordo
collettivo riconosce - ad entrambe le parti del contratto – la possibilità di risolvere il
contratto in caso di violazione degli obblighi contrattuali reciprocamente assunti372.
Secondo parte della dottrina373 sembra legittimo ritenere che costituisca giusta causa di
recesso, negli sport di squadra, la reiterata esclusione dalla formazione titolare, in quanto
ciò si tradurrebbe in una lesione del diritto alla prestazione da parte dell‟atleta, con
conseguente compromissione della sua immagine professionale.
A mio avviso un‟affermazione del genere non può essere condivisa, mi sembra
decisamente eccessivo rimettere unilateralmente ad un atleta la possibilità di sciogliere
un contratto a causa del suo scarso utilizzo, almeno che non sia una decisione presa in
accordo con la società stessa, tale cioè da poter parlare di recesso consensuale.
Secondo una sentenza della Cassazione374 nel recesso per giusta causa <<il potere di
liberarsi dal legame contrattuale viene attribuito in base ad una duttile ed elastica
previsione dell‟ordinamento che fonda il giudizio di incompatibilità del vincolo a carico
della parte al sopraggiungere di eventi non preventivamente definiti, caratterizzati più
370
Equivalente all‟importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
Le ipotesi in cui il calciatore ha diritto di ottenere, con ricorso al Collegio Arbitrale, il risarcimento del
danno e/o la declaratoria di risoluzione del contratto sono indicate negli articoli 16 e 17 dell‟accordo
collettivo tra calciatori professionisti e società sportive.
372
Sulle diverse ipotesi di inadempimenti contrattuali previsti dall‟accordo collettivo dei calciatori: De
Silvestri A., Il contenzioso tra pariordinati, in Riv. dir. sport., 2000, p. 558.
373
Tra cui Spadafora M.T., op. cit. pag. 147.
374
Cassazione, 20 settembre 1979, n. 4851, in Giur. it. Mass., 1979.
371
152
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
che in base ai loro dati obbiettivi, dalle modalità in cui incidono sul rapporto preesistente:
cioè dalla carica di intollerabilità che determinano>>.
La giusta causa è, dunque, condizione di validità del recesso dal contratto a tempo
determinato; costituisce cioè l‟unica ragione idonea a determinare l‟estinzione del
rapporto prima della scadenza del termine a norma dell‟articolo 2119 c.c..
È però vero che l‟applicabilità dell‟articolo 2119 al rapporto di lavoro sportivo appare
controversa. Da un lato, si reputa che la legge n.91 del 1981 abbia ripristinato il principio
della libera recedibilità dal contratto di lavoro sportivo ai sensi degli articoli 2118 e 2119
c.c., permettendo alle parti di recedere prima del tempo alla presenza di una qualsiasi
giusta causa. Dall‟altro è stato evidenziato che ipotizzare una così vasta gamma di
possibilità di recesso, non classificabili, darebbe luogo a forti tensioni nei rapporti
contrattuali con riflessi sull‟organizzazione societaria e sulla regolarità stessa dei
campionati.
Nessuna disposizione, invece, risulta espressamente diretta a regolare l‟ipotesi della
rottura anticipata del rapporto non sorretta da alcuna causa giustificatrice.
Certamente in mancanza di giusta causa il recesso è illegittimo ed implica l‟obbligo del
risarcimento
dei
danni
in
favore
della
parte
non
inadempiente.
Così se a recedere ingiustificatamente è la società sportiva, questa sarà tenuta ex articolo
1223 c.c., a corrispondere al lavoratore le retribuzioni che avrebbe percepito se il
rapporto non fosse stato risolto in maniera anticipata375.
Nonostante dottrina e giurisprudenza si siano occupate prevalentemente del solo recesso
del datore di lavoro, è chiaro che analogamente anche il calciatore è tenuto al
risarcimento del danno nei confronti della società qualora receda ante tempus senza una
giusta causa376.
In questo caso è molto più difficile stabilire i criteri per la liquidazione del danno subito
dalla società, perché possono entrare in gioco diversi fattori anche di segno opposto: dal
costo non ammortizzato del giocatore, agli stipendi risparmiati, dal costo per l‟ingaggio
di un sostituto.
Emerge con evidenza come i rimedi legali concessi dall‟ordinamento alle società sportive
che subiscono il recesso di un loro atleta siano tutt‟altro che adeguati.
375
Da tale cifra devono essere detratti quei proventi che il lavoratore si è procurato o si sarebbe potuto
procurare dopo l‟avvenuto licenziamento da un‟occupazione che ha trovato o che avrebbe potuto trovare
usando l‟ordinaria diligenza. In questa direzione si veda Cassazione, 10 novembre 1964, n. 2725, in Mass.
giur. lav., 1965, 689.
376
Sul punto Cassazione, 8 giugno 1995, n. 6439, in Foro it., Rep. 1995, voce lavoro (rapporto), n. 560.
153
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Ad ogni modo l‟ordinamento sportivo sanziona assai pesantemente il comportamento
dell‟atleta che receda dal rapporto di lavoro senza giusta causa.
Le federazioni possono, infatti, spingersi fino ad impedire all‟atleta di prestare la propria
attività nelle competizioni organizzate sotto il proprio controllo mediante il rifiuto del
tesseramento – che è condizione necessaria per lo svolgimento dell‟attività sportiva
professionistica - .
In situazioni del genere l‟atleta non potrà prestare la propria attività per altra società
sportiva in ragione dei limiti al suo tesseramento. Lo sportivo sarà comunque libero di
cambiare professione ovvero, di esercitare l‟attività sportiva fuori dall‟ambito delle
strutture organizzative previste dalle leggi n. 426 del 1942 e n. 91 del 1981.
154
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.4 - Trattamento di fine carriera
Tra i diritti di natura patrimoniale spettanti ai lavoratori subordinati va ricordato il
trattamento di fine rapporto, che, ai sensi dell‟articolo 2120 c.c. come sostituito dalla
legge 29 maggio 1982, n. 297, viene riconosciuto, in proporzione all‟anzianità di servizio
maturata, all‟atto della cessazione del rapporto di lavoro.
Al trattamento di fine rapporto (TFR) viene attribuita natura di retribuzione differita con
finalità previdenziale, nel senso che si tratta di una somma di denaro risultante da
accantonamenti di quote di retribuzione, disposti durante il rapporto di lavoro e che sono
consegnati al lavoratore, in un‟unica soluzione, alla cessazione del rapporto stesso al fine
di provvedere alle sue future necessità.
L‟ammontare del trattamento di fine rapporto è calcolato sommando, da una parte quelli
che sono stati gli anni di servizio, e dall‟altra una quota pari o comunque non superiore
all‟importo della retribuzione dovuta per l‟anno successivo divisa per 13,5377.
Il trattamento di fine rapporto spetta, in via di principio, anche ai lavoratori sportivi
professionisti, ma la legge n. 91 del 1981 nel suo testo non parla, espressamente, di tale
istituto ma di qualcosa di simile che potremmo forse più opportunamente definire
trattamento di fine carriera.
L‟articolo 4, comma settimo, infatti, dispone che le federazioni possono prevedere la
costituzione di un fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi per la
corresponsione dell‟indennità d‟anzianità al termine dell‟attività sportiva a norma
dell‟articolo 2123 c.c.
Questa disposizione si presenta abbastanza ambigua, e trova la sua origine, in un accordo
collettivo del 1974 che per primo aveva previsto la costituzione di un fondo per
l‟indennità di fine carriera per i calciatori e gli allenatori appartenenti alla F.I.G.C.
La lettura del testo e le vicende che hanno accompagnato la promulgazione della legge
rafforzano l‟idea che si tratti di una legge mal fatta non tanto per i fini perseguiti, quanto
377
A norma dell‟articolo 2120 c.c. la retribuzione annua è comprensiva delle somme percepite e
dell‟equivalente delle prestazioni in natura corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non
occasionale e con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese, la somma così calcolata viene
incrementata al 31 dicembre di ogni anno con l‟applicazione di un tasso costituito dall‟1,5% in misura fissa
e dal 75% dell‟aumento dell‟indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati accertati
dall‟ISTAT.
155
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
per le soluzioni tecnico-giuriche adottate, e l‟istituto del trattamento di fine carriera ne è
un esempio lampante.
Basti pensare che il disegno di legge originario era basato sullo schema della
collaborazione continua e coordinata tipicamente riconducibile allo schema del lavoro
autonomo, ed a seguito del ribaltamento operato dal Parlamento nessuno si è fatto carico
di ricomporre adeguatamente il tutto, secondo la nuova linea tracciata.
Tornando alla norma in oggetto, essa permette la costituzione di un fondo378, gestito dai
rappresentanti delle parti contrapposte e abilitato alla corresponsione dell‟indennità
d‟anzianità al termine dell‟attività sportiva.
La legge parla di indennità d‟anzianità al termine dell‟attività sportiva, questa è
certamente un‟interpretazione contraddittoria, perché l‟indennità d‟anzianità spetta alla
fine di ogni singolo rapporto, mentre l‟indennità di fine carriera è un'altra cosa.
Per dirimere il contrasto, si sono quindi prospettate tre possibilità379:
1. - la prima sostenuta da Grasselli380 prevedeva che fosse corrisposta la normale
indennità d‟anzianità, o in alternativa si costituisse un fondo, che era poi, in pratica, il
fondo operante già dal 1974, chiamato appunto “per la fine di carriera sportiva”
nell‟ambito della Federcalcio.
2. - Sempre Grasselli381 ha sostenuto una seconda ipotesi, per cui nel lavoro sportivo
l‟indennità d‟anzianità in una certa misura degraderebbe, diventando indennità di fine
carriera sportiva; ed allora potrebbe spettare ai lavoratori sportivi solo ove si
costituisca il fondo già operante per esempio presso la Federcalcio dal 1974.
3. - Infine per la terza ipotesi382 si potrebbe concludere che il legislatore abbia voluto
riconoscere il diritto all‟indennità d‟anzianità come normalmente inteso, nonché
l‟eventuale diritto a forme di previdenza facoltative che erogano prestazioni quando
termina l‟attività sportiva.
Bonavitacola nel suo Manuale di diritto sportivo critica tutte e tre le possibili soluzioni, a
suo parere, infatti, non è sicuramente sostenibile l‟ultima tesi perché l‟articolo 2123 del
378
La costituzione di un fondo di previdenza obbligato, in sostituzione del datore di lavoro, alla
corresponsione dell‟indennità di anzianità non rappresenta un fenomeno nuovo, essendo ad esempio
previsto per il personale delle esattorie tramite l‟articolo 2 della legge 2 aprile 1958, n. 377.
379
Per un approfondimento, si veda Bianchi D‟Urso F. – Vidiri G., La nuova disciplina del lavoro sportivo,
in Riv. dir. sport., 1982, 3; Grasselli S., L‟attività sportiva professionistica: disciplina giuridica delle
prestazioni degli atleti e degli sportivi professionisti, in Dir. lav., 1982, I, 27; Bonavitacola R., Manuale di
diritto sportivo, Edizioni Maros 1991.
380
In Convegno Ipsoa di San Remo 1981, p. 122.
381
Op. cit., p. 123.
382
D‟Harmant F., Note sulla disciplina giuridica del rapporto di lavoro sportivo, in Mass. giur. lav., 1981,
851.
156
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
codice civile prevede che l‟imprenditore possa dedurre dall‟indennità d‟anzianità quanto
il prestatore di lavoro abbia diritto di percepire per effetto degli atti di previdenza.
Neanche la seconda tesi può essere, a suo avviso, accolta perché l‟indennità d‟anzianità
spetta a tutti i lavoratori subordinati383.
Però neppure la prima tesi sembra fondata, perché se non è costituito il fondo spetterebbe
allo sportivo l‟indennità d‟anzianità ad ogni singola risoluzione del rapporto ed in più
l‟eventuale eccedenza alla fine dell‟attività sportiva, mentre per Grasselli spetterebbe la
sola indennità di fine carriera.
In materia non è mancato nemmeno l‟intervento giurisprudenziale così nel 1980 384 la
Pretura di Napoli ha affermato che << tra il giocatore professionista e la società calcistica
che l‟abbia ingaggiato intercorre un rapporto di lavoro subordinato atipico a tempo
indeterminato, al termine del quale non va corrisposta l‟indennità d‟anzianità>>.
Tutto questo dibattito dottrinale e giurisprudenziale non ha fatto altro che rendere
complicatissimo questo aspetto del rapporto di lavoro sportivo, e la soluzione che siamo
in grado di offrire lascia irrisolti ancora molti interrogativi.
Considerando le tre ipotesi, sopra riportate, le critiche mosse da Bonavitacola e la
dottrina prevalente385, non sembra esservi dubbio che la maldestra formulazione del
settimo comma – articolo 4 legge n. 91 – non possa avere altro significato plausibile se
non che il fondo di cui si tratta, allorché sia stato costituito, sostituisce il trattamento di
fine rapporto, mentre in assenza di tale fondo il t.f.r viene corrisposto al termine del
rapporto di lavoro, secondo le disposizioni della legge n. 297 del 1982386.
In conclusione, nel rapporto di lavoro sportivo i fondi di previdenza volontaria, in quanto
previsti dalle federazioni, tengono luogo del trattamento di fine rapporto.
Ed in quest‟ottica va anche l‟accordo collettivo F.I.P. – G.I.B.A. il quale sembra ignorare
la disposizione sul termine dell‟attività sportiva, quando afferma che i versamenti
effettuati al fondo sono sostitutivi di ogni prestazione, indennità o trattamento cui l‟atleta
abbia diritto in relazione alla cessazione del rapporto.
383
L‟articolo 4, comma ottavo, nel riportare quali sono le norme di diritto del lavoro non applicabili al
rapporto di lavoro sportivo, infatti non esclude l‟applicabilità dell‟articolo 9 della legge 604 del 1966.
L‟articolo 9 prevede appunto che l‟indennità d‟anzianità – ora indennità di fine rapporto – è dovuta al
prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro.
384
Questo intervento giurisprudenziale ha comunque un‟importanza abbastanza limitata perché precedente
all‟emanazione della legge n. 91 che ha dettato la disciplina in materia.
385
Frattarolo V., Il rapporto di lavoro sportivo, Giuffrè 2004.
386
Bianchi D‟Urso F. – Vidiri G., op. cit.
157
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Essenzialmente si può terminare affermando che la costituzione del fondo è rimessa alla
volontà delle federazioni in accordo con le parti interessate, e come visto tale fondo è
stato istituito sia dalla F.I.G.C. sia dalla F.I.P.
Dall‟articolo 24 dell‟accordo collettivo tra calciatori professionisti e società sportive
risulta che << In adempimento dell‟articolo 6 dell‟A.E.C del 3 dicembre 1974 ed in base
all‟articolo 4, comma settimo della legge 23 marzo 1981, n. 91, la società verserà al
Fondo di accantonamento dell‟indennità di fine carriera, acceso presso la F.I.G.C. un
contributo a suo carico del 6,25% sul compenso globale annuo e sui premi percepiti dal
calciatore ed un contributo dell‟1,25% a carico dello stesso (che sarà trattenuto in rivalsa)
nel limite dell‟attuale massimale mensile previsto dall‟ENPALS>>387.
In quest‟ottica, pur con i dubbi che permangono sulla natura dell‟istituto, è auspicabile
che iniziative analoghe siano adottate, con disposizione del C.O.N.I., da tutte le
federazioni sportive.
158
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
2.5 – Trattamento previdenziale
Quando si parla di previdenza si ha riguardo a tre aspetti fondamentali: quello
relativo all‟assicurazione contro le malattie, quello riguardante l‟assicurazione
infortunistica e contro le malattie professionali, quello, infine, pensionistico.
Se dei primi due aspetti abbiamo già parlato relativamente alla tutela sanitaria, non ci
resta che analizzare il terzo, ossia, il trattamento pensionistico cui sono sottoposti gli
sportivi professionisti.
Ovviamente anche quest‟aspetto del rapporto di lavoro sportivo è disciplinato dalla legge
n. 91 del 1981, ma il legislatore si era già interessato in precedenza di questo punto.
Prima dell‟emanazione della legge n. 91, infatti, il legislatore italiano si era occupato dei
problemi previdenziali nel settore sportivo con la legge 14 giugno 1973, n. 366388.
Tale provvedimento, colmando la lacuna legislativa esistente in materia, aveva previsto
l‟estensione dell‟assicurazione obbligatoria per l‟invalidità, la vecchiaia ed i superstiti
gestita dall‟Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo
(ENPALS)389 ai giocatori di calcio vincolati da un contratto con società sportive affiliate
alla F.I.G.C., ed agli allenatori federali che operano direttamente alle dipendenze della
F.I.G.C.
Fino al 1973 dunque i calciatori e gli altri sportivi erano privi di qualsiasi tutela
previdenziale, nonostante l‟esigenza di garantire una reale protezione assicurativa di
questi soggetti fosse già stata avvertita, soprattutto in ragione della durata abbastanza
limitata del loro esercizio professionale.
387
Lo stesso testo è riportato all‟articolo 21 dell‟accordo collettivo tra gli allenatori professionisti e le
società sportive.
388
In Gazzetta Ufficiale, n. 173 del 9 luglio 1973.
389
Il sistema previdenziale italiano è caratterizzato da una struttura pluralistica, originata, sia dalla
molteplicità degli eventi protetti, che dalla diversità dei soggetti deputati ad assicurare la prescritta tutela.
Così accanto ad un regime ordinario di previdenza facente capo all‟INPS quale Ente a competenza
generale, è dato registrare la presenza di altri regimi speciali, gestiti da Enti dotati di una competenza
specifica in materia. Uno di questi è, appunto, l‟Ente nazionale di previdenza per i lavoratori dello
spettacolo, istituito con il D.lgs. 6 luglio 1947, n. 708, ratificato con le relative modifiche dalla legge 29
novembre 1952, n. 2388. All‟ENPALS sono obbligatoriamente iscritti tutti i soggetti appartenenti alle
categorie elencate, in modo tassativo, dall‟articolo 3 del citato testo normativo.
159
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
In virtù di tale disciplina, l‟attività sportiva veniva inquadrata, ai fini previdenziali, nel
settore dello spettacolo, in ragione della dimensione spettacolare riconosciuta al calcio390.
Successivamente, con l‟emanazione della legge n. 91 l‟assicurazione in questione è stata
estesa, dall‟articolo 9, primo comma391, a tutti gli sportivi professionisti di cui all‟articolo
2 della medesima legge392.
In base al quarto comma393 i contributi per il finanziamento di tale assicurazione - per i
lavoratori subordinati - sono a carico delle società sportive nella misura di due terzi, e
degli atleti stessi per la parte restante. Il versamento dei contributi deve essere eseguito
mensilmente a cura del datore di lavoro e la quota a carico del lavoratore viene
recuperata mediante rivalsa all‟atto del pagamento dei compensi.
Nel caso di lavoratori sportivi titolari di un contratto di lavoro autonomo il finanziamento
è invece interamente a loro carico394.
Sembrerebbe invece da escludere – in ragione dello specifico riferimento del predetto
articolo agli sportivi professionisti - che la tutela previdenziale in oggetto possa
applicarsi agli sportivi dilettanti, e tantomeno a coloro che svolgano attività sportiva al di
fuori delle discipline regolate dal C.O.N.I.
Tuttavia, poiché l‟identificazione della gestione previdenziale del lavoratore va effettuata
sulla base del settore d‟inquadramento del datore di lavoro, anche lo sportivo dilettante
qualora risulti titolare di un rapporto di lavoro subordinato con una società sportiva inquadrata nel settore dell‟industria e dello spettacolo - sarà assicurato presso
l‟ENPALS395.
390
Su tale configurazione sono stati espressi dei dubbi, in ordine alla correttezza di tale inquadramento, in
ragione della presenza nei due tipi di manifestazione di connotati non comuni come sono ad esempio la
finzione nello spettacolo e la competizione nello sport. Sul punto, si veda Guadagnino A., La previdenza
dei calciatori, in Informazione prev., 1997, 661; in giurisprudenza Tribunale di Firenze, 8 giugno 1994, in
Giust. civ., 1995, I, 1385, ha ritenuto corretto l‟inquadramento delle società sportive nel settore dello
spettacolo giacchè una struttura improntata alla realizzazione dello scopo della ricreatività del pubblico
risulta puntualmente ed esclusivamente inquadrabile nel settore dello spettacolo.
391
<<L‟assicurazione obbligatoria per l‟invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, previsti dalla legge 14
giugno 1973, n. 366, per i giocatori e gli allenatori di calcio è estesa a tutti gli sportivi professionisti di cui
all‟articolo 2 della presente legge>>.
392
L‟assicurazione presso l‟ENPALS è prevista anche in favore degli addetti agli impianti sportivi per
effetto della legge 2388 del 1952, e ciò anche nell‟ipotesi in cui la società datrice di lavoro che gestisca
detti impianti non sia inquadrabile nel settore dello spettacolo.
393
<<I contributi sono ripartiti tra società sportive e assicurati nella proporzione di due terzi ed un terzo;
sono interamente a carico degli assicurati i contributi riguardanti gli sportivi titolari di contratti di lavoro
autonomo>>.
394
Cassazione, 25 luglio 2001, n. 10159, in Foro it.., 2002, I, 118 ha affermato che <<l‟obbligo
assicurativo sussiste solo rispetto agli sportivi professionisti lavoratori subordinati e non anche rispetto agli
stessi sportivi aventi un rapporto di lavoro autonomo, ancorché caratterizzato da onerosità e continuità
della prestazione, per i quali l‟assicurazione obbligatoria riveste caratteri di specialità e grava
esclusivamente sugli stessi lavoratori>>.
395
Tra coloro che sostengono questa tesi Cinelli M., Sull‟inquadramento ai fini previdenziali, in Giust. civ.,
1995, I, 1385. Secondo Cinelli analoga tutela previdenziale dovrà essere assicurata al dilettante qualora il
160
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Il regime pensionistico, formato dall‟integrazione della legge n. 366 con l‟articolo 9, è
stato in seguito profondamente modificato, nel quadro della riforma generale e
dell‟armonizzazione dei sistemi pensionistici, dal D.Lgs 30 aprile 1997, n. 166396, ora è
la fonte normativa di riferimento per quanto concerne la determinazione dei contributi, i
criteri di calcolo ed i requisiti di accesso al trattamento pensionistico.
In applicazione dei principi generali in materia, l‟obbligo contributivo, sorge
automaticamente con il verificarsi delle condizioni previste dalla legge per cui lo sportivo
professionista397 avrà diritto alle prestazioni previdenziali anche in caso di omessa
contribuzione.
In tal caso il datore di lavoro sarà responsabile nei confronti del lavoratore del danno che
a questi sia derivato dalla mancata o irregolare contribuzione.
È evidente come il regime contributivo e pensionistico degli sportivi professionisti
presenti dei tratti di specificità rispetto al regime previsto per gli altri lavoratori
subordinati, in ragione soprattutto della carriera più breve di tali lavoratori.
Così per quanto riguarda i requisiti d‟accesso alla pensione, per i soggetti iscritti
all‟ENPALS prima del 31 dicembre 1995, l‟età pensionabile è gradualmente elevata in
ragione di un anno anagrafico ogni diciotto mesi, fino al raggiungimento dell‟età di
quarantasette anni per le donne e di cinquantadue per gli uomini 398, purché siano passati
almeno venti anni dalla data iniziale di assicurazione presso l‟ENPALS o risultino versati
almeno venti anni di contributi giornalieri, compresi quelli volontari.
Per coloro iscritti dopo il 31 dicembre 1995 è prevista la maturazione di una pensione di
vecchiaia al compimento dei cinquantasette anni con il concorso di almeno cinque anni di
effettiva contribuzione.
Per quanto riguarda, invece, il regime del calcolo delle pensioni, anche per gli sportivi
professionisti, varia a seconda dell‟anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1995,
così come avviene nei confronti dei lavoratori iscritti al regime della assicurazione
generale obbligatoria399.
suo rapporto di lavoro risulti inquadrabile nell‟ambito della parasubordinazione, e ciò in applicazione della
legge n. 573 del 1993 che ha esteso in favore di tale categoria di lavoratori l‟obbligo della contribuzione
previdenziale. Al contrario, continua l‟autore, lo sportivo dilettante, lavoratore autonomo, non godrà di tale
tutela non ricorrendo nei suoi confronti né il carattere professionistico dell‟attività svolta, né la dipendenza
da un imprenditore dello spettacolo, ai sensi della disciplina generale in materia previdenziale.
396
Questo decreto legislativo ha armonizzato la disciplina di settore, dando attuazione alla delega conferita
dall‟articolo 2, ventiduesimo e ventitreesimo comma, della legge n. 355 del 1995.
397
Ciò in applicazione del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali di cui all‟articolo 2116,
primo comma, del codice civile.
398
Questo a norma dell‟articolo 1, primo comma D.Lgs n. 166 del 1997; in precedenza l‟età era fissata a
quaranta per le donne e quarantacinque per gli uomini.
399
Articolo 2 D.Lgs n. 166 del 1997.
161
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Così, per gli iscritti al fondo, che al 31 dicembre 1995 avevano maturato un‟anzianità
contributiva di almeno diciotto anni interi di contribuzione il calcolo della pensione
avverrà con il sistema c.d. retributivo, che tiene conto delle retribuzioni percepite dal
lavoratore durante il rapporto di lavoro400.
Per gli iscritti al fondo che, al 31 dicembre 1995, non avevano maturato una tale
anzianità contributiva, la pensione è calcolata in base al criterio c.d. pro-rata, ossia con il
sistema retributivo fino al 31 dicembre 1995 e successivamente con quello contributivo.
Infine per coloro iscritti al fondo dopo l‟1 gennaio 1996 il calcolo della pensione avverrà
esclusivamente con il sistema contributivo401.
In caso di decesso dello sportivo la normativa ENPALS prevede l‟erogazione della
pensione di reversibilità ai superstiti. Soggetti beneficiari della pensione di reversibilità
sono solo quelli indicati dalla legge e cioè: coniuge superstite, figli, genitori, fratelli,
sorelle. Il diritto alla pensione ai superstiti è subordinato alla sussistenza di determinate
condizioni – soprattutto di natura economica - che devono sussistere al momento della
morte del pensionato. Quanto alla misura, la pensione ai superstiti è commisurata alla
pensione di cui era titolare il dante causa, ed in relazione al grado di parentela tra i
superstiti ed il deceduto.
Anche in tema di trattamento previdenziale si ripropone la differenza tra cittadini italiani
e stranieri, per quest‟ultimi occorre distinguere se si tratti di soggetti appartenenti
all‟Unione Europea402 oppure si tratti di extracomunitari.
Nel primo caso, si applica il principio della totalizzazione, in base al quale si sommano i
periodi di lavoro svolti nei diversi paesi dell‟Unione Europea e l‟importo della pensione
viene determinato da ciascun paese in proporzione ai contributi versati, secondo. il
sistema pro-rata. La totalizzazione presuppone che in ciascun paese lo sportivo abbia
maturato un periodo minimo di contributi403, in caso contrario vengono utilizzati
dall‟altro stato, che provvede ad erogare la pensione.
Per gli sportivi provenienti da paesi extracomunitari è prevista la possibilità di richiedere
all‟ENPALS la restituzione dei contributi versati in loro favore, qualora non abbiano
400
In base a tale sistema, il calcolo della pensione è fatto tenendo conto dell‟anzianità contributiva (cioè dal
numero di settimane coperte da contribuzione fino ad un massimo di settimane corrispondenti a quaranta
anni) e dalla retribuzione pensionabile (costituita dalla media delle retribuzioni lorde percepite nel periodo
di riferimento stabilito dalla legge) ed è tale da assicurare una pensione pari all‟ottanta per cento della
retribuzione media.
401
Con tale sistema l‟ammontare della pensione si determina moltiplicando il montante contributivo (vale a
dire la somma di tutti i contributi accantonati durante la vita lavorativa e relativi interessi) per il
coefficiente di trasformazione che varia in misura crescente con l‟aumentare dell‟età con cui si decide di
andare in pensione.
402
O a paesi con i quali esistono specifiche convenzioni.
162
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
maturato presso tale ente il diritto alla pensione, così il legislatore 404ha previsto
espressamente che i lavoratori extracomunitari che hanno cessato l‟attività lavorativa in
Italia e hanno intenzione di lasciare il territorio nazionale, possano richiedere la
liquidazione dei contributi che risultano versati in loro favore presso forme di previdenza
obbligatoria maggiorati del cinque per cento annuo405.
L‟equiparazione dei lavoratori sportivi ai lavoratori del mondo dello spettacolo e la
conseguente previsione, anche, per la categoria degli sportivi di un regime previdenziale
sostitutivo, qual è quello dell‟ENPALS, rispetto all‟assicurazione generale I.V.S. ha
sempre destato non poche perplessità.
Inizialmente l‟inquadramento degli sportivi nella categoria dei lavoratori dello spettacolo
poteva essere in parte giustificato dalla particolare natura che rivestiva l‟altro soggetto
del rapporto di lavoro e cioè le società sportive professionistiche, a cui era fatto divieto di
perseguire qualsiasi fine di lucro.
Oggi dopo l‟emanazione della legge n. 586 del 18 novembre 1996 – che ha eliminato tale
divieto – lo scenario è profondamente variato. Le società a seguito di tale riforma hanno
iniziato a porre le basi per un cambiamento della loro struttura organizzativa e gestionale,
improntata sempre più alla spasmodica ricerca del perseguimento di utili.
Viene da chiedersi se quella di una società sportiva possa ancora definirsi una struttura
improntata alla ricreatività del pubblico, tale da potersi ancora inquadrare tra le aziende
dello spettacolo e se, conseguentemente, abbia ancora un senso considerare gli sportivi
dei lavoratori dello spettacolo.
Certamente per effetto della novella del 1996 le perplessità risultano accentuate ed in
questa situazione una futura collocazione dei calciatori professionisti all‟interno
dell‟assicurazione generale obbligatoria I.V.S. potrebbe costituire un‟eventualità meno
remota che in passato.
Del resto recentemente sono stati molti i segnali che sono andati verso questa direzione
soprattutto grazie al D.lgs 166 del 1997, che come analizzato ha esteso agli sportivi tutta
una serie di norme dettate in materia di assicurazione generale obbligatoria I.V.S..
A margine delle considerazioni svolte, si impone un‟osservazione relativamente agli
impiegati amministrativi e tecnici, dipendenti delle società di calcio.
Questi soggetti risultano iscritti all‟ENPALS in quanto le predette società sono a tutt‟ora
- pur a fronte del dibattito dottrinale sopra esposto – considerate imprese esercenti
403
Almeno cinquantadue settimane.
Articolo 3, tredicesimo comma, legge 8 agosto 1995, n.355.
405
Sul punto, si veda Carbone L., La previdenza degli sportivi, in Foro it., 2002, I, 118.
404
163
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
pubblici spettacoli, secondo la locuzione di cui all‟articolo 3, n. 20 del D.Lgs. n. 708 del
1947 e successive modificazioni.
Quindi, anche per l‟inquadramento previdenziale di questi soggetti valgono, a maggior
ragione, le conclusioni in precedenza evidenziate per gli sportivi.
164
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
APPENDICE
Legge 23 marzo 1981, n. 91 – Norme in materia di rapporti tra società e
sportivi professionisti - aggiornata con le modifiche apportate dal decreto
legge 272 del 1996 e dal decreto legge 486 del 1996 convertito in legge
18 novembre 1996, n. 586.
Accordo collettivo tra la Federazione Italiana Giuoco Calcio, la Lega
Nazionale Professionisti e l‟Associazione Italiana Calciatori
Contratto tipo tra calciatori professionisti e società sportive
Contratto tipo tra allenatori professionisti e società sportive
Esempio di contratto d‟attività sportiva dilettantistica
Regolamento del collegio arbitrale
165
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Legge 23 marzo 1981, n. 91
Riportiamo di seguito il testo aggiornato della Legge comprendente le modifiche introdotte a
seguito della “Sentenza Bosman” con D.L. 20 settembre 1996 n° 485.
CAPO I
SPORT PROFESSIONISTICO
Articolo 1
Attività sportiva
L'esercizio della attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma
professionistica o dilettantistica, è libero.
Articolo 2
Professionismo sportivo
Ai fini dell'applicazione della presente legge, sono sportivi professionisti gli atleti, gli
allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a
titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e
che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme
emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la
distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.
Articolo 3
Prestazione sportiva dell'atleta
La prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato,
regolato dalle norme contenute nella presente legge. Essa costituisce, tuttavia, oggetto di
contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti:
166
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni
tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di
preparazione od allenamento;
c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto
ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.
Articolo 4
Disciplina del lavoro subordinato sportivo
Il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e
con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società
destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente
all'accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dei rappresentanti
delle categorie interessate. La società ha l'obbligo di depositare il contratto presso la
federazione sportiva nazionale per l'approvazione.
Le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del
contratto tipo.
Nel contratto individuale dovrà essere prevista la clausola contenente l'obbligo dello sportivo al
rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi
agonistici.
Nello stesso contratto potrà essere prevista una clausola compromissoria con la quale le
controversie concernenti l'attuazione del contratto e insorte fra la società sportiva e lo sportivo
sono deferite ad un collegio arbitrale. La stessa clausola dovrà contenere la nomina degli arbitri
oppure stabilire il numero degli arbitri e il modo di nominarli. Il contratto non può contenere
clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo
per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo
svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni.
Le federazioni sportive nazionali possono prevedere la costituzione di un fondo gestito da
rappresentanti delle società e degli sportivi per la corresponsione della indennità di anzianità al
termine dell'attività sportiva a norma dell'articolo 2123 del codice civile. Ai contratti di cui al
presente articolo non si applicano comunque le norme contenute negli articoli 4, 5, 13, 18, 33,
34 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e negli articoli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, della legge 15 luglio
1966, n. 604. Ai contratti di lavoro a termine non si applicano le norme della legge 18 aprile
167
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
1962, n. 230. L'articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300 non si applica alle sanzioni
disciplinari irrogate dalle federazioni sportive nazionali.
Articolo 5
Cessione del contratto
Il contratto di cui all'articolo precedente può contenere l'apposizione di un termine risolutivo,
non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto. È ammessa la successione di
contratto a termine fra gli stessi soggetti. È ammessa la cessione del contratto, prima della
scadenza, da una società sportiva ad un'altra, purché‚ vi consenta l'altra parte e siano osservate
le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali.
Articolo 6
Premio di addestramento e formazione tecnica
1. Nel caso di primo contratto deve essere stabilito dalle Federazioni sportive nazionali un
premio di addestramento e formazione tecnica in favore della società od associazione sportiva
presso la quale l'atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile.
2. Alla società od alla associazione sportiva che, in virtù di tesseramento dilettantistico o
giovanile, ha provveduto all'addestramento e formazione tecnica dell'atleta, viene riconosciuto
il diritto di stipulare il primo contratto professionistico con lo stesso atleta.
Tale diritto può essere esercitato in pendenza del precedente tesseramento, nei tempi e con le
modalità stabilite dalle diverse federazioni sportive nazionali in relazione all'età degli atleti ed
alle caratteristiche delle singole discipline sportive.
3. Il premio di addestramento e formazione tecnica dovrà essere reinvestito, dalle società od
associazioni che svolgono attività dilettantistica o giovanile, nel perseguimento dei fini sportivi.
Articolo 7
Tutela sanitaria
L'attività sportiva professionistica è svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite dalle
federazioni sportive nazionali ed approvate, con decreto dal Ministro della sanità, sentito il
Consiglio Sanitario Nazionale, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
168
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Le norme di cui al precedente comma devono prevedere, tra l'altro, l'istituzione di una scheda
sanitaria per ciascuno sportivo professionista, il cui aggiornamento deve avvenire con
periodicità almeno semestrale.
In sede di aggiornamento della scheda devono essere ripetuti gli accertamenti clinici e
diagnostici che sono fissati con decreto dal Ministro della sanità.
La scheda sanitaria è istituita, aggiornata e custodita a cura delle società sportive e, per gli atleti
di cui al secondo comma dell'articolo 3, dagli atleti stessi, i quali devono depositarne duplicato
presso la federazione sportiva nazionale. Gli oneri relativi alla istituzione e all'aggiornamento
della scheda per gli atleti professionisti gravano sulle società sportive. Per gli atleti di cui al
secondo comma dell'articolo 3, detti oneri sono a carico degli atleti stessi.
Le competenti federazioni possono stipulare apposite convenzioni con le regioni al fine di
garantire l'espletamento delle indagini e degli esami necessari per l'aggiornamento della scheda.
L'istituzione e l'aggiornamento della scheda sanitaria costituiscono condizione per
l'autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell'attività degli sportivi
professionisti.
Per gli adempimenti di cui al presente articolo le regioni potranno eventualmente istituire
appositi centri di medicina sportiva.
Articolo 8
Assicurazione contro i rischi
Le società sportive devono stipulare una polizza assicurativa individuale a favore degli sportivi
professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni che possono pregiudicare il
proseguimento dell'attività sportiva professionista, nei limiti assicurativi stabiliti, in relazione
all'età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle federazioni sportive nazionali, d'intesa
con i rappresentanti delle categorie interessate.
Articolo 9
Trattamento pensionistico
L'assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia, ed i superstiti, prevista dalla legge 14
giugno 1973, n. 366, per i giocatori e gli allenatori di calcio è estesa a tutti gli sportivi
professionisti di cui all'articolo 2 della presente legge.
169
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
I contributi per il finanziamento dell'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia dovuti per gli
assicurati di cui al presente articolo sono calcolati sul compenso globale annuo, nei limiti del
massimale mensile e nelle misure previste dalla legge 14 giugno 1973, n. 366, per i giocatori e
gli allenatori di calcio.
Ai fini del calcolo del contributo e delle prestazioni l'importo del compenso mensile degli
sportivi professionisti titolari di contratto di lavoro autonomo è determinato convenzionalmente
con decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con il Ministro del
Turismo e Spettacolo, sentite le federazioni sportive nazionali.
I contributi sono ripartiti tra società sportive e assicurati nella proporzione dei due terzi e un
terzo; sono interamente a carico degli assicurati i contributi riguardanti gli sportivi titolari di
contratto di lavoro autonomo.
Del Comitato di vigilanza previsto dall'articolo 5 della legge 14 giugno 1973, n. 366, fanno
parte anche due rappresentanti dei professionisti sportivi previsti dal presente articolo designati
dalle organizzazioni sindacali di categoria a base nazionale. In mancanza di tali organizzazioni,
i due rappresentanti sono nominati con decreto legge del Ministro del Lavoro e della
Previdenza Sociale di concerto con il Ministro per il Turismo e Spettacolo su proposta del
Presidente del CONI.
Ai fini della determinazione del diritto alla pensione e della misura di essa, i professionisti
sportivi di cui al presente articolo possono riscattare, a domanda i periodi di attività svolta
anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge con le norme e le modalità di
cui all'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n.1338.
Gli sportivi professionisti iscritti al fondo speciale, istituito con legge 14 giugno 1973, n. 366,
possono conseguire il diritto alla pensione al compimento del quarantacinquesimo anno di età
per gli uomini e del quarantesimo anno di età per le donne, quando risultino versati o accreditati
in loro favore contributi per almeno venti anni, compresi quelli versati per prosecuzione
volontaria.
La contribuzione di cui al comma precedente deve essere versata per lavoro svolto con la
qualifica di professionista sportivo.
170
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
CAPO II
SOCIETÀ SPORTIVE E FEDERAZIONI SPORTIVE NAZIONALI
Articolo 10
Costituzione e affiliazione
Possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di
società per azioni o di società a responsabilità limitata. In deroga all'art. 2488 del codice civile è
in ogni caso obbligatoria per le società professionistiche la nomina del collegio sindacale.
"L'atto costitutivo deve prevedere che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive
ed attività ad esse connesse o strumentali";
"L'atto costitutivo deve prevedere che una quota parte degli utili, non inferiore al 10 per cento,
sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva";
Prima di procedere al deposito dell'atto costitutivo, a norma dell'articolo 2330 del codice civile,
la società deve ottenere l'affiliazione da una o da più federazioni sportive nazionali riconosciute
dal CONI.
Gli effetti derivanti dall'affiliazione restano sospesi fino all'adempimento degli obblighi di cui
all'articolo 11.
L'atto costitutivo può sottoporre a speciali condizioni l'alienazione delle azioni o delle quote.
L'affiliazione può essere revocata dalla federazione sportiva nazionale per gravi infrazioni
all'ordinamento sportivo. La revoca dell'affiliazione determina l'inibizione dello svolgimento
dell'attività sportiva.
Avverso le decisioni della federazione sportiva nazionale è ammesso ricorso alla giunta
esecutiva del CONI, che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento del ricorso.
Articolo 11
Deposito degli atti costitutivi
Le società sportive, entro trenta giorni dal decreto del tribunale previsto dal quarto comma
dell'articolo 2330 del codice civile, devono depositare l'atto costitutivo presso la federazione
sportiva nazionale alla quale sono affiliate.
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Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Devono, altresì, dare comunicazione alla federazione sportiva nazionale, entro venti giorni dalla
deliberazione, di ogni avvenuta deliberazione, di ogni avvenuta variazione dello statuto o delle
modificazioni concernenti gli amministratori ed i revisori dei conti.
Articolo 12
Garanzia per il regolare svolgimento dei campionati sportivi
Al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, le società di cui
all'art. 10 sono sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio finanziario, ai controlli ed ai
conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo
modalità e principi da questo approvati.
Articolo 13
Potere di denuncia al tribunale
Le federazioni sportive nazionali possono procedere, nei confronti delle società di cui all'art.
10, alla denuncia di cui all'art. 2409 del codice civile
Articolo 14
Federazioni sportive nazionali
Le federazioni sportive nazionali sono costituite dalle Società e dagli organismi ad esse affiliati
e sono rette da norme statutarie e regolamenti sulla base del principio di democrazia interna.
Alle federazioni sportive nazionali è riconosciuta l'autonomia tecnica, organizzativa e di
gestione, sotto la vigilanza del CONI.
Per l'espletamento di attività di amministrazione da parte degli uffici centrali, le federazioni
sportive nazionali si avvalgono di personale del CONI, il cui rapporto di lavoro è regolato dalla
legge 20 marzo 1975, n. 70.
Per le attività di carattere tecnico e sportivo e presso gli organi periferici, le federazioni sportive
nazionali possono avvalersi, laddove ne ravvisano l'esigenza, dell'opera del personale, assunto
pertanto, in base a rapporti di diritto privato. La spesa relativa graverà, sul bilancio delle
federazioni sportive nazionali.
Le federazioni sportive nazionali devono adeguare il proprio ordinamento alle norme della
presente legge entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa.
172
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
CAPO III
DISPOSIZIONI DI CARATTERE TRIBUTARIO
Articolo 15
Trattamento tributario
Ai redditi derivati dalle prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo si
applicano le disposizioni dell'articolo 49, terzo comma, lettera a), del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, e successive modificazioni ed integrazioni.
L'indennità prevista dal settimo comma dell'articolo 4 della presente legge è soggetta a
tassazione separata, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, a norma
dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, e
successive modificazioni ed integrazioni.
L'imposta sul valore aggiunto per le cessioni dei contratti previste dall'articolo 5 della presente
legge si applica esclusivamente nei modi normali ed in base all'aliquota dell'8 per cento di cui
alla tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, e successive modificazioni ed integrazioni.
Per l'attività relativa a tali operazioni le società sportive debbono osservare le disposizioni del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni ed
integrazioni, distintamente dalle altre attività esercitate, tenendo conto anche del rispettivo
volume di affari.
Le somme versate a titolo di premio di addestramento e formazione tecnica, ai sensi
dell'articolo 6, sono equiparate alle operazioni esenti dall'imposta sul valore aggiunto ai sensi
dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Le trasformazioni, compiute nel termine di cui al primo comma dell'articolo 17, in società per
azioni o in società a responsabilità limitata delle associazioni sportive che abbiano per oggetto
esclusivo l'esercizio di attività sportive sono soggette alla sola imposta di registro in misura
fissa.
173
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
È fatta salva l'applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 598, recante istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone
giuridiche.
Le cessioni dei diritti di prestazioni sportive degli atleti effettuate anteriormente alla data di
entrata in vigore della presente legge, in applicazioni di norme emanate dalle federazioni
sportive, non costituiscono cessioni di beni agli effetti dell'imposta del valore aggiunto.
CAPO IV
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Articolo 16
Abolizione del vincolo sportivo
Le limitazioni alla libertà contrattuale dell'atleta professionista, individuate come "vincolo
sportivo" nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro cinque anni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle
federazioni sportive nazionali e approvati dal CONI, in relazione all'età degli atleti, alla durata
ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le società.
Le società sportive previste dalla presente legge possono iscrivere nel proprio bilancio tra le
componenti attive, in apposito conto, un importo massimo pari al valore delle indennità di
preparazione e promozione maturate alla data del 30 giugno 1996, in base ad una apposita
certificazione rilasciata dalla federazione sportiva competente conforme alla normativa in
vigore.
Le società che si avvalgono della facoltà di cui al comma precedente debbono procedere ad
ogni effetto all'ammortamento del valore iscritto entro tre anni a decorrere dalla data del 15
maggio 1996, fermo restando l'obbligo del controllo da parte di ciascuna federazione sportiva ai
sensi dell'art. 12.
Le società appartenenti a federazioni sportive che abbiano introdotto nei rispettivi ordinamenti
il settore professionistico in epoca successiva alla data di entrata in vigore della presente legge,
oltre che avvalersi della facoltà prevista dal secondo comma, possono altresì provvedere ad un
ammortamento delle immobilizzazioni, iscritte in sede di trasformazione o di prima
174
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
applicazione del vincolo di cui al primo comma, entro un periodo non superiore a tre anni, a
decorrere dalla data del 15 maggio 1996.
Articolo 17
Trasformazioni delle società e decorrenza degli articoli 3, 4 e 5
Le società di cui all'articolo 10 devono adeguare il loro ordinamento alle norme della presente
legge entro un anno dall'entrata in vigore della legge stessa.
La disciplina prevista dagli articoli 3, 4 e 5 si applica dal 1° luglio 1981 e non ha effetto
retroattivo.
Articolo 18
Applicazione della legge 8 luglio 1977, n. 406, agli organi del CONI
Nei confronti dei membri degli organi di amministrazione del CONI per i quali è prevista la
designazione elettiva, si applica l'articolo unico della legge 8 luglio 1977, n. 406, ancorché‚
siano nominati con decreto ministeriale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi
e dei decreti della Repubblica italiana.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
175
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
ACCORDO COLLETTIVO
Tra la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) - Lega Nazionale Professionisti e
Lega Professionisti di Serie C – e l‟Associazione Italiana Calciatori (A.I.C.) si è
convenuto, sulla base delle intese raggiunte ed in attuazione dell‟art. 4 della Legge
23/3/1981 n. 91, di stipulare il presente Accordo Collettivo per la disciplina dei rapporti
tra le Società facenti parte degli Enti federali organizzativi dell‟attività professionale ed i
calciatori professionisti.
Articolo 1
Il presente accordo collettivo regola il trattamento economico e normativo dei rapporti tra
calciatori professionisti e Società partecipanti ai campionati nazionali di Serie A, B, C1 e
C2.
Articolo 2
Il rapporto tra il calciatore professionista e la Società si costituisce con la stipulazione di
un contratto che, a pena di nullità, deve essere redatto in forma scritta e firmato dal legale
rappresentante della Società e dal calciatore professionista. Ai sensi dell‟art. 4, VI
comma della Legge 23/3/1981 n° 91 sono nulli, e ne è vietata la stipulazione, i patti
limitativi della libertà professionale del calciatore. Sono altresì nulli, e ne è vietata la
stipulazione, il patto di opzione e/o di prelazione a favore della Società.
Articolo 3
La Società ha l‟obbligo di deposita re, dandone comunicazione contestuale al calciatore,
entro cinque giorni dalla stipula, salvo il rispetto del primo termine utile per il deposito, il
contratto in triplice copia presso la Lega competente per la relativa approvazione ai sensi
dell‟art. 4 della Legge 23/3/1981 n° 91. Qualora la Società non vi provveda, il deposito
può essere effettuato dal calciatore entro sessanta giorni dal giorno della stipula.
Della avvenuta o mancata approvazione deve essere data immediata comunicazione al
calciatore, alla Società e all‟Ufficio del Lavoro della F.I.G.C.. In mancanza di pronuncia
dell‟Ente federale entro il trentesimo giorno successivo al deposito ovvero nel minor
termine eventualmente previsto per il rila-scio del visto di esecutività, il contratto si
intende approvato. È riconosciuto il diritto ad un equo indennizzo per il calciatore il cui
contratto non ottenga il visto di esecutività per fatto a lui non imputabile.
176
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo 4
Le pattuizioni non risultanti dai contratti o accordi depositati per l‟approvazione sono
vietate e pertanto non trovano tutela nell‟ordi-namento federale.
Articolo 5
I contratti individuali tra Società e calciatori professionisti devono essere redatti
sull‟apposito modulo federale conforme al contratto tipo che viene allegato al presente
accordo, del quale fa parte integrante a tutti gli effetti.
Articolo 6
La retribuzione è costituita da un compenso annuo lordo, da eventuali premi individuali
lordi e da premi collettivi lordi. Nell‟ipotesi di contratti pluriennali dovrà essere indicato
l‟importo pattuito per il compenso annuo lordo ed eventuali premi individuali lordi per
ciascuna stagione sportiva. La quota lorda spettante quale partecipazione alle eventuali
iniziative promo-pubblicitarie della Società deve risultare da apposito separato accordo,
ex art. 9 della Convenzione per la pubblicità, che la Società è tenuta a depositare entro
cinque giorni dalla stipula. Se tale accordo è contestuale al contratto economico, la
suddetta quota deve essere specificatamente indicata nel suo esatto ammontare.
Articolo 7
Il compenso annuo lordo previsto dall‟art. 6 assorbe ogni emolumento, indennità od
assegno cui il calciatore abbia diritto a titolo di corrispettivo, anche in occasione di
trasferte, gare notturne ed eventuali ritiri. Detto compenso deve essere corrisposto in
dodici rate mensili eguali, scadenti alla fine di ogni mese, e non è soggetto ad alcuna
riduzione o sospensione, salvo quanto previ-sto dal presente accordo. La retribuzione
viene erogata in contanti o assegni circolari presso la sede della Società o presso il
domicilio del calciatore ove questi ne faccia richiesta.
In caso di morosità di oltre un mese nel pagamento dei compensi, il calciatore ha diritto
agli interessi in misura pari al tasso ufficiale di sconto, a decorrere dal primo giorno
successivo a quello in cui il pagamento avrebbe dovuto essere effettuato, fatta salva la
facoltà di cui all‟art. 17.
177
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo 8
Il trattamento economico del rapporto, articolato per le varie serie nazionali, sarà
determinato con apposito e separato accordo collettivo tra le stesse parti contraenti. Le
eventuali integrazioni non potranno derogare dalla tassativa classificazione tipologica
specificata nell‟accordo di cui al comma precedente.
Articolo 9
La Società ha il dovere di promuovere e sostenere, in armonia con le aspirazioni dei
calciatori con cui è legata da rapporto contrattuale, iniziative o istituzioni per il
miglioramento ed incremento della cultura. Spetta alla F.I.G.C., d‟intesa con l‟A.I.C.,
indicare le condizioni cui devono attenersi le Società, compatibilmente con le esigenze
dell‟attività sportiva, per agevolare la frequenza dei corsi e la preparazione agli esami dei
calciatori che intendano proseguire gli studi o conseguire una qualificazione
professionale.
Articolo 10
La Società si impegna a curare la migliore efficienza sportiva del calciatore, fornendo
attrezzature idonee alla preparazione atletica e mettendo a disposizione un ambiente
consono alla sua dignità professionale. In ogni caso il calciatore ha diritto a partecipare
agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra, salvo il
disposto di cui all‟art. 15 del presente accordo.
Articolo 11
Al calciatore professionista è vietato svolgere altra attività sportiva nel periodo di durata
del contratto, salvo esplicita e preventiva autorizzazione della Società. È inoltre vietato
svolgere nello stesso periodo ogni altra attività lavorativa o imprenditoriale incompatibile
con l‟esercizio dell‟attività agonistico-sportiva. In ogni caso, quando il calciatore
professionista intenda iniziare una di tali attività, deve darne preventiva notizia, per
iscritto, alla Società. In caso di opposizione da parte della Società, il giudizio sulla
compatibilità è di competenza del Collegio Arbitrale.
Articolo 12
La prestazione sportiva deve essere eseguita, nell‟ambito dell‟organizzazione predisposta
dalla Società, con l‟osservanza delle istruzioni tecniche e delle altre prescrizioni impartite
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Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
per il conseguimento degli scopi agonistici. Il calciatore è altresì tenuto ad osservare il
dovere di fedeltà nei confronti della Società. Le prescrizioni attinenti il comportamento di
vita del calciatore sono legittime e vincolanti soltanto se giustificate da esigenze proprie
dell‟attività professionistica da svolgere, salvo in ogni caso il rispetto della dignità
umana.
Articolo 13
Il calciatore è tenuto a partecipare, salvo i casi di malattia od infortunio accertati, a tutti
gli allenamenti nelle ore e nei luoghi fissati dalla Società, nonché a tutte le gare ufficiali o
amichevoli, che la Società stessa intenda disputare tanto in Italia quanto all‟estero. Fermo
il disposto dell‟art. 10, 2° comma, il calciatore dovrà partecipare a gare per altra Società,
sia in Italia che all‟estero quando vi sia occasionalmente invitato dalla Società di
appartenenza. In occasione di trasferte o ritiri il calciatore deve usufruire di adeguati
mezzi di trasporto - di volta in volta stabiliti dalla Società – a cura e spese della stessa , la
quale è tenuta altresì a fornire al calciatore alloggio e vitto.
Articolo 14
Il calciatore deve custodire con diligenza gli indumenti ed i materiali sportivi forniti dalla
Società e si impegna a rifondere il valore degli stessi se smarriti o deteriorati per sua
colpa.
Articolo 15
Al calciatore che sia venuto meno ai suoi obblighi contrattuali verso la Società, sono
applicabili i seguenti provvedimenti, graduati in relazione alla gravità dell‟infrazione:
- ammonizione scritta;
- multa;
- riduzione dei compensi;
- esclusione temporanea dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato con la
prima squadra;
- risoluzione del contratto.
I provvedimenti devono essere adottati a pena di nullità, con le seguenti modalità
procedurali:
a) l‟ammonizione scritta è adottata direttamente dalla Società, previa contestazione
dell‟addebito.La Società è tenuta a comunicare all‟interessato, con lettera raccomandata
179
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
A.R., il provvedimento deliberato, entro dieci giorni dalla data in cui è stata accertata
l‟infrazione. Nella comunicazione (copia della quale deve essere trasmessa sempre con
lettera raccomandata A.R. al Collegio Arbitrale) devono essere indicati i motivi che
hanno determinato il provvedimento e richiamati i termini e le modalità per ricorrere al
Collegio suddetto, la cui pronuncia ha carattere definitivo.
b) La multa e la riduzione dei compensi sono irrogate dal competente Collegio Arbitrale,
a seguito di un procedimento in unica istanza su motivata proposta della Società, da
inoltrarsi con lettera raccomandata A.R. entro dieci giorni dalla data in cui è stata
accertata l‟infrazione. La Società è tenuta ad inviare, conte-stualmente, copia della
proposta all‟interessato con lettera raccomandata A.R.; il talloncino della raccomandata
deve essere allegato alla proposta inoltrata al Collegio suddetto. Il calciatore ha diritto di
inviare al Collegio medesimo e per conoscenza alla Società, entro dieci giorni dal
ricevimento della copia della proposta, le proprie controdeduzioni con lettera
raccomandata A.R.. Il Collegio Arbitrale sarà composto dal Presidente, nominato ai sensi
dell‟art. 3 del Regolamento del Collegio Arbitrale, e da due arbitri di parte che, ove non
nominati dalle parti interessate, verranno nominati dal presidente stesso tra i nominativi
designati dalla Lega competente e dall‟Associazione di categoria.
c) L‟importo della multa non può superare il 30% di un dodicesimo del compenso annuo
lordo. La riduzione dei compensi non può superare il 40% della quota di compenso
annuo lordo relativo al periodo per il quale si chiede la riduzione stessa, salvo l‟ipotesi
che il calciatore non si ponga a disposizione della Società, ovvero interrompa le
prestazioni, e non può eccedere il termine della stagione sportiva.
d) In caso di squalifica da parte della F.I.G.C., dell‟U.E.F.A. o della F.I.F.A., la Società
potrà proporre una riduzione del compenso annuo lordo al Collegio Arbitrale, nei modi e
nei tempi previsti dal precedente punto b), per il periodo corrispondente alla durata della
squalifica e per una misura non superiore al 60% degli importi dovuti per tale periodo. Il
Collegio Arbitrale, ai fini della decisone, valuterà la gravità e/o volontarietà della o delle
violazioni che hanno dato origine alla squalifica.
e) La società può altresì proporre al competente Collegio Arbitrale, entro dieci giorni
dalla data in cui è stata accertata l‟infrazione e nelle forme previste dal Regolamento
(procedura ordinaria o di urgenza), la sospensione temporanea dagli allenamenti o dalla
preparazione precampionato con la prima squadra e la declaratoria di risoluzione del
contratto. La declaratoria di risoluzione del contratto potrà essere proposta nei seguenti
casi:
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Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
- grave e constatata inadempienza contrattuale;
- inabilità per malattia o per infortunio dipendenti da condotta sregolata del calciatore o
da altre cause attribuibili a sua colpa grave, salvo quanto previsto dal successivo art. 19,
3° comma;
- condanna a pena detentiva per reati non colposi, passata in giudicato e non sospesa
condizionalmente condonata.
f) Tutti i provvedimenti irrogati o confermati dal Collegio Arbitrale sono considerati
provvedimenti a carattere definitivo, avverso i quali non è ammesso ricorso.
Articolo 16
Il calciatore ha diritto di ottenere, con ricorso al Collegio Arbitrale, il risarcimento del
danno e/o la risoluzione del contratto quando la Società abbia commesso violazioni degli
obblighi contrattuali cui è tenuta nei suoi confronti. Nell‟ipotesi di violazione dell‟art. 10,
2° comma, il comportamento della Società che, diffidata dal calciatore, non provveda alla
reintegrazione nel termine perentorio di giorni tre, costituisce grave inadempimento e
comporta per il calciatore il diritto di ottenere, a sua scelta, la reintegrazione ovvero la
risoluzione del contratto con conseguente perdita totale dell‟indennità di preparazione e
promozione. In entrambi i casi il calciatore ha altresì diritto al risarcimento del danno in
misura non inferiore al 30% del compenso annuo lordo.
Fermo, in ogni altra ipotesi, il principio di cui all‟articolo 15, lettera e), in caso di gravi
violazioni da parte del calciatore degli obblighi contrattuali, tali da non consentire, senza
obiettivo immediato nocumento per la Società, la partecipazione dello stesso alla
preparazione e/o agli allenamenti con la prima squadra, la Società, previa contestazione
telegrafica al calciatore degli addebiti, può disporre in via provvisoria l‟esclusione,
purché contestualmente inoltri al Collegio Arbitrale, con la procedura d‟urgenza,
proposta di irrogazione della sanzione dell‟esclusione tem-poranea dalla preparazione
precampionato e/o dagli allenamenti con la prima squadra. Qualora il Collegio ritenga
ingiustificata l‟esclusione - comunque disposta –del calciatore dalla preparazione
precampionato o dagli allenamenti, adotterà automaticamente, su richiesta dello stesso, i
provvedimenti di cui al 2° comma del presente articolo.
Nell‟ipotesi che, successivamente alla pronuncia del Collegio Arbitrale di reintegrazione
del calciatore, la Società non vi provveda entro il termine di giorni tre dalla
comunicazione telegrafica del dispositivo del lodo a cura della Segreteria del Collegio, il
calciatore ha diritto di ottenere dal Collegio medesimo la risoluzione del contratto, con la
181
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
conseguente perdita totale da parte della Società dell‟indennità di preparazione e
promozione, oppure la perdita da parte della Società della indennità di preparazione e
promozione nella misura di 1/3, fermo restando il dovere della Società di rispettare
integralmente il contratto nel suo contenuto economico fino alla scadenza. In questa
seconda ipotesi, l‟eventuale successiva volontà della Società di reintegrare il calciatore
determina l‟obbligo dello stesso di rispettare integralmente il contratto, fermi restando gli
effetti della precedente pronuncia del Collegio Arbitrale. Il Collegio, se accoglie il
ricorso e ravvisa infrazioni di carattere disciplinare, provvede a rimettere gli atti avanti la
Commissione Disciplinare per eventuali provvedimenti di competenza. In ogni ipotesi in
cui il calciatore sia escluso, anche in via preventiva, dalla preparazione e/o dagli
allenamenti con la prima squadra, resta comunque fermo l‟obbligo della Società di cui
all‟art. 10, 1° comma, salva espressa rinuncia scritta del calciatore.
Articolo 17
Costituisce, comunque, motivo di risoluzione del contratto la morosità della Società nel
paga mento del rateo mensile degli emolumenti fissi, qualora si protragga oltre il
ventesimo giorno successivo al termine previsto nel precedente art. 7. In tale caso, il
calciatore, in deroga alle modalità procedurali previste dall‟art. 15, ottiene la risoluzione
del contratto, sempre che abbia provveduto a mettere in mora la Società stessa con lettera
raccomandata A.R. inviata in copia alla Lega competente e spedita dopo maturato
l‟intero periodo della morosità.
Nel caso di calciatore che sia tesserato per Società in conseguenza di cessione
temporanea del contratto di cui alla Legge 23/3/81, n° 91, la comunicazione di cui al
precedente comma, con le stesse modalità e termini, deve essere inviata anche alla
società cedente il contratto a titolo temporaneo. La risoluzione del contratto è tuttavia
esclusa qualora si provveda al pagamento, da effettuarsi in contanti o in assegni circolari,
entro venti giorni dal ricevimento della raccomandata presso il domicilio del calciatore.
Rimasta inefficace la costituzione in mora, il calciatore, per ottenere la declaratoria di
risoluzione del contratto, deve farne richiesta al Collegio Arbitrale competente a mezzo
lettera raccomandata A.R. da inviarsi per conoscenza anche alla Società inadempiente e,
se del caso, alla Società cointeressata entro e non oltre il 20 giugno. La Società ha diritto
di opporre le proprie contestazioni motivate e documentate, mediante lettera
raccomandata A.R. indirizzata al Collegio Arbitrale e, in copia, sempre a mezzo
raccomandata A.R., anche al calciatore ed all‟eventuale Società cointeressata, entro e non
182
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
oltre dieci giorni dal ricevimento della richiesta. La mancata opposizione da parte della
Società entro i termini prescritti deve essere considerata adesione alla richiesta del
calciatore. Il calciatore ha diritto alla retribuzione pattuita fino al termine della stagione o
fino alla stipulazione di un nuovo contratto se questa interviene antecedentemente.
Nel caso di calciatore tesserato a seguito di cessione temporanea del contratto, la
risoluzione determina il ripristino, con decorrenza dalla declaratoria di risoluzione,
dell‟originario rapporto tra la Società cedente ed il calciatore fino al termine previsto per
tale rapporto, a condizione che la Società cedente provveda all‟integrale pagamento,
salvo regresso ed entro il termine di venti giorni dalla comunicazione della declaratoria di
risoluzione di tutte le competenze previste a carico della Società cessionaria e già
maturate. Fino al termine della stagione in corso la Società cedente dovrà corrispondere
al calciatore l‟eventuale maggior compenso pattuito con la Società cessionaria, salvo
regresso verso quest‟ultima per la parte di compenso eccedente il corrispetti- vo da essa
pattuito. La declaratoria di risoluzione del contratto da parte del Collegio Arbitrale per
tutte le ipotesi previste dal presente articolo costituisce provvedimento a carattere
definitivo, avverso il quale non è ammesso ricorso.
Articolo 18
In caso di malattia ovvero di infortunio, per il periodo di inabilità spettano al calciatore i
compensi stabiliti dal contratto fino alla scadenza dello stesso, mentre la Società
beneficerà delle eventuali indennità assicurative pattuite a proprio favore. Le spese di
assistenza sanitaria e farmaceutica, degli eventuali interventi chirurgici e quelle di
degenza in Istituti ospedalieri o in Case di cura sono a carico della Società per quanto
non sia coperto dalle prestazioni del servizio sanitario nazionale.
Nell‟ipotesi in cui il calciatore non intenda usufruire dell‟assistenza sanitaria proposta
dalla Società, quest‟ultima sarà tenuta a concor-rere alle spese relative, ivi compresi
interventi chirurgici, medicinali e spese di degenza in Istituti ospedalieri o Case di cura,
sostenute dal calciatore, in misura non superiore al costo normalmente necessario per
assicurare al calciatore medesimo un‟assistenza specialistica e di idonea qualificazione.
La presente norma troverà applicazione anche nell‟ipotesi di infortunio occorso al
calciatore militare, in occasione di gare od allenamenti organizzati dall‟Autorità da cui
dipende, salve diverse disposizioni dell‟Autorità Militare stessa.
183
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo 19
Qualora l‟inabilità per malattia od infortunio si protragga oltre i sei mesi, è data facoltà
alla Società di chiedere la risoluzione del contratto con ricorso al Collegio Arbitrale
oppure, previa comunicazione scritta al calciatore ed alla Lega competente, di
corrispondere al calciatore stesso i compensi contrattuali ridotti della metà, dalla data di
comunicazione fino alla cessazione dell‟inabilità, comunque non oltre il termine di
scadenza del contratto.
La risoluzione del contratto e la riduzione del compenso sono consentite soltanto in
costanza di malattia e/o infortunio. Se la malattia o la menomazione delle condizioni
fisiche del calciatore risultino dipendenti da condotta sregolata o comunque da cause
attribuibili a sua colpa grave, la Società può applicare nei confronti dello stesso, con le
modalità di cui all‟art. 15, il provvedimento di riduzione dei compensi o, nei casi più
gravi, della risoluzione del contratto. Qualora la malattia o l‟infortunio dovessero
determinare la inidoneità del calciatore a svolgere in modo definitivo l‟attività agonistica,
inidoneità risultante da certificazione rilasciata dalla competente U.S.L. o equivalente
struttura pubblica, la Società avrà diritto di richiedere immediatamente la risoluzione del
contratto, con le modalità dell‟art. 15.
Articolo 20
La Società è tenuta ad assicurare presso Compagnia di primaria importanza il calciatore
contro gli infortuni con massimali integrativi rispetto all‟assicurazione base, secondo le
condizioni di polizza, le modalità, i termini ed i minimi stabiliti annualmente dagli
Organi preposti all‟attività agonistica, in accordo con l‟Associazione di categoria. La
Lega competente, in caso di inadempimento della Società, ha facoltà di sostituirsi alla
stessa per la stipulazione od il perfezionamento della polizza. Beneficiario delle
prestazioni assicurative, anche per somme di garanzia superiori a quelle concordate con
l‟Associazione di categoria, si intende in ogni caso il calciatore o i suoi aventi diritto e
sarà nullo qualsiasi patto contrario anche se sottoscritto dal calciatore stesso, salvo il
diritto della Società agli indennizzi previsti da eventuali altre polizze stipulate a proprio
beneficio.
Il calciatore, quale beneficiario della polizza assicurativa, rinuncia ad ogni effetto per sé e
per i suoi aventi diritto ad ogni azione nei confronti della Società, o di chi per essa, per il
risarcimento dei danni subiti. La polizza di assicurazione deve essere stipulata entro la
data di convocazione del calciatore per l‟inizio dell‟attività di ogni stagione sportiva. Il
184
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
calciatore non coperto da assicurazione non può svolgere alcuna attività sportiva. La
Società inadempiente agli obblighi assicurativi concordati con l‟Associazione di
categoria è soggetta a provvedimenti disciplinari ed è tenuta al risarcimento dei danni
subiti dal calciatore e dai suoi aventi diritto. In caso di infortunio avvenuto al di fuori
dell‟ambito dell‟attività svolta per la Società di appartenenza, il calciatore ha l‟obbligo di
darne tempestiva comunicazione scritta alla Società al fine di consentire a quest‟ultima di
poter ottemperare nei termini di legge agli adempimenti formali con le Compagnie di
assicurazione, previsti dal succes-sivo comma. L‟onere della denuncia e di ogni altro
successivo adempimento previsti dalla polizza e/o dalla legge, necessari per far
conseguire al calciatore o ai suoi aventi diritto gli indennizzi spettanti per l‟assicurazione
base e per l‟assicurazione integrativa, sono a carico della Società, che pertanto è
responsabile ad ogni effetto di tutte le eventuali omissioni al riguardo.
Articolo 21
La Società effettuerà all‟E.N.P.A.L.S. e all‟I.N.P.S. i versamenti previsti dalla legge per
l‟assicurazione contro l‟invalidità, vecchiaia e superstiti e quella contro le malattie, anche
per la parte a carico del calciatore, ed i relativi importi saranno trattenuti in rivalsa dai
compensi e dagli emolumenti versati allo stesso.
Articolo 22
Il calciatore ha diritto ad un giorno di riposo settimanale, di regola entro i due giorni della
settimana. Ha anche diritto ad un periodo di riposo annuale della durata di quattro
settimane, comprensive dei giorni festivi e di riposo settimanale. La scelta del periodo di
godimento del riposo annuale spetta alla Società, che decide in relazione alle esigenze
dell‟attività sportiva. Il riposo annuale ha normalmente carattere continuativo. Qualora il
calciatore venga richiamato in sede durante il periodo di riposo annuale, la Società è
tenuta a rimborsargli le spese di viaggio sia per il rientro in sede sia per il ritorno alla
località ove trascorreva detto riposo. Il calciatore ha diritto di usufruire, in altro periodo
dell‟anno, dei giorni di riposo annuale non goduti a causa del richiamo in sede.
Articolo 23
Il calciatore ha diritto ad un congedo matrimoniale retribuito di almeno cinque giorni
consecutivi. Il periodo del congedo sarà concordato tra il calciatore e la Società, tenendo
conto delle esigenze dell‟attività agonistica.
185
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo 24
In adempimento all‟art. 6 dell‟A.E.C. ed in base all‟art. 4, 7° comma della Legge 23/3/81
n° 91, la Società verserà al Fondo di accantonamento dell‟indennità di fine carriera,
acceso presso la F.I.G.C., un contributo a suo carico del 6,25% sul compenso globale
annuo e sui premi percepiti dal calciatore ed un contributo dell‟1,25% a carico dello
stesso (che sarà trattenuto in rivalsa) nel limite dell‟attuale massimale men-sile previsto
dall‟E.N.P.A.L.S., pari a Lire 8.190.000. Resta peraltro convenuto che, in deroga a
quanto sopra, il massimale sarà pari:
- per la stagione 1989/90 a L. 3.600.000 mensili
-per la stagione 1990/91 a L. 6.000.000 mensili.
Articolo 25
La soluzione di tutte le controversie concernenti l‟attuazione del contratto o comunque il
rapporto tra Società e calciatori, sarà deferita ad un Collegio Arbitrale composto da tre
membri, di cui due designati, di volta in volta, rispettivamente dalla società e dal
calciatore, tra le persone indicate negli elenchi depositati presso la F.I.G.C. dalle
competenti Leghe e dall‟A.I.C., secondo le disposizioni delle Carte Federali. Il
Presidente sarà designato con la procedura di cui al Regolamento per il funzionamento
del Collegio Arbitrale, tra le persone inserite in altro elenco depositato presso la F.I.G.C.,
preventivamente concordato dalle parti firmatarie del presente accordo.
Articolo 26
Le formalità procedurali ed i termini per adire il Collegio, per produrre memorie e
deduzioni, ove non diversamente disposto dal presente accordo, sono quelli previsti
dall‟allegato Regolamento per il funzionamento del Collegio Arbitrale, che si considera
parte integrante dell‟Accordo Collettivo.
Articolo 27
Le parti contraenti si impegnano a costituire, entro due mesi dalla data odierna, una
Commissione paritetica, con la partecipazione di quattro membri in rappresentanza degli
Organi federali che organizzano l‟attività professionistica e di quattro membri in
rappresentanza dell‟A.I.C., per risolvere i problemi di applicazione e di interpretazione
derivanti dal presente Accordo Collettivo.
186
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Presiede la Commissione, senza diritto di voto, un membro esterno designato d‟intesa tra
le parti. Le risoluzioni della Commissione faranno stato fino alla stipulazione del
successivo Accordo Collettivo.
Articolo 28
Le parti contraenti si impegnano a tenere consultazioni periodiche, con appositi incontri,
per valutare congiuntamente i problemi di organizzazione e regolamentazione
dell‟attività sportiva e dei rapporti tra calciatori e Società.
Articolo 29
Le norme statutarie e regolamentari della F.I.G.C. si intendono richiamate per quanto non
previsto dal presente Accordo e dal contratto tipo che ne fa parte integrante.
Articolo 30
Il presente Accordo ha la durata di tre anni dalla data del 1° luglio 1989 e si intende
tacitamente rinnovato per un identico periodo, salvo disdetta da intimare a cura della
parte interessata con un preavviso da fornire per iscritto a mezzo lettera raccomandata
A.R. almeno sei mesi prima della scadenza dello stesso Accordo.
Norma transitoria
Tutte le controversie instaurate entro il 30/6/1990 saranno definite dai Collegi di
Disciplina e Conciliazione e dai Collegi Arbitrali previsti dalla precedente normativa e
secondo le norme di procedura previgenti.
187
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
CONTRATTO – TIPO
(Calciatori)
Con la presente scrittura privata, da valere ad ogni effetto di legge, tra la Società ed il
calciatore professionista sotto indicati, si stipula e si conviene quanto segue:
______
_________________
(Società)
__________________
(Sede)
(Numero P IVA)
Rappresentata da ________________________ Qualifica _______________________
COGNOME E NOME DEL CALCIATORE
DATA E LUOGO Dl NASCITA
_________________________________
__________________________
(Data)
(Località) (Provincia)
DOMICILIO
CODICE FISCALE
MATRICOLA
_____________________
________________
_____________
(via, piazza, n°. civico, CAP, local.e prov.)
Art.1. - II Sig. ____________________________________________ si impegna,
nella sua qualità di calciatore professionista tesserato della F.l.G.C. (come sarà fin d'ora
individuato in contratto), a prestare la sua attività nelle squadre della Società
_____________________________________________a
decorrere
dal_______________ e fino al 30 giugno _________________________
Art.2. - La Società si impegna a corrispondere al Sig. ________________________
a) Compenso annuo lordo di £. ___________________________________________
(__________________________________________) (per contratti pluriennali indicare
l'importo
pattuito
per
ciascuna
stagione
sportiva)
_______________________________________________________________________
_______________________________________________________________
b) Eventuali premi individuali lordi concordati (specificare tipo, importo e modalità; per
contratti pluriennali indicare gli importi e le condizioni di ciascuna stagione sportiva):
188
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
_______________________________________________________________________
_______________________________________________________________
c) Premi collettivi lordi come da separata pattuizione, che la Società è tenuta a depositare
in Lega entro cinque giorni dalla stipulazione;
d) Quota lorda spettante quale partecipazione alle eventuali iniziative promo-pubblicitarie
della Società (da indicare specificatamente in caso di accordo contestuale al contratto);
£. ____________________________
In caso di mancato accordo contestuale al contratto l'importo sarà previsto da separato
accordo ai sensi della Convenzione per la pubblicità che la Società è tenuta a depositare
entro cinque giorni dalla stipulazione.
Art.1. - Le parti, con la sottoscrizione del presente contratto di prestazione sportiva, si
impegnano a recepire e rispettare integralmente le pattuizioni che - in sede di stipulazione
del nuovo accordo collettivo, verranno concordate tra F.l.G.C., Lega Nazionale
Professionisti, Lega Professionisti Serie C ed A.l.C.
Art.2. - Con la firma del presente contratto le parti assumono l'obbligo di osservare le
norme dello Statuto e quelle Federali. Assumono altresì impegno di accettare la piena e
definitiva efficacia di tutti i provvedimenti generali e di tutte le decisioni particolari
adottate dalla F.l.G.C., dai suoi Organi e Soggetti delegati nelle materie comunque
attinenti all'attività sportiva e nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed
economico. Ogni violazione od azione comunque tendente alla elusione dell'obbligo di
cui sopra determina le sanzioni disciplinari, previste dallo Statuto e dai Regolamenti.
Art.3. - A tutti gli effetti del presente contratto la Società elegge domicilio presso la
propria sede, il calciatore nel luogo indicato in epigrafe, salvo variazioni delle quali
dovrà essere data comunicazione scritta alla Società.
189
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Luogo e data
Per la Società
_______________
Il Calciatore
________________
Le parti dichiarano di aver preso esatta cognizione del contenuto delle clausole
previste dagli articoli 3, 4 e 5 dei presente contratto e le approvano specificatamente.
Per la Società
Il Calciatore
_______________
_________________
N.B.: il presente contratto, in quadruplice esemplare, deve essere depositato a cura della
Società presso l'Organo Federale competente, entro il quinto giorno successivo alla data
di stipulazione. Un'ulteriore copia del contratto, regolarmente sottoscritta, deve essere
consegnata al calciatore al momento della stipulazione.
190
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
CONTRATTO-TIPO
(Allenatori)
Con la presente scrittura privata, da valere ad ogni effetto di Legge, tra la Società
_______________________________________________________________________
con sede in ______________________________________________________numero
partita IVA_______________________________________________ rappresentata dal
sig.___________________________________nellaqualitàdi_____________________ed
il sig._____________________ nato a __________________ il __________ domiciliato
in______________ via/piazza __________________________ n. ______ codice fiscale
n.________________________ matricola n. ______________________
Si stipula e si conviene quanto segue:
Art.1. - Il Sig. _________________________________ si impegna, nella sua qualità
di406 __________________________ tesserato della F.I.G.C. (fin d'ora individuato in
contratto come“allenatore”), a prestare la propria attività quale407 __________________
a decorrere dal______________ e fino al 30 giugno _______________.
Art.2.
-
La
Società
si
obbliga
a
corrispondere
all'allenatore
per
l'anno
sportivo________________ i seguenti compensi:
a) compenso annuo lordo £. ___________________________________________(per
contratti lordi pluriennali indicare l'importo pattuito per ciascuna stagione sportiva);
b) eventuali premi individuali lordi concordati (specificare tipo, importo e modalità; per
contratti pluriennali indicare gli importi e le condizioni di ciascuna stagione
sportiva):_________________________________________________________
c) premi collettivi lordi come da separata pattuizione che la Società è tenuta a depositare
in Lega entro cinque giorni dalla stipulazione.
Art.3. - Il presente contratto di prestazione sportiva è regolato dal vigente Accordo
Collettivo, tra F.I.G.C. - Lega Nazionale Professionisti - Lega Professionisti Serie C ed
A.I.A.C., che si intende integralmente riportato e trascritto.
406
Indicare se: Allenatore di prima categoria, ovvero Istruttore professionista di giovani calciatori, ovvero
Allenatore di seconda categoria, ovvero Direttore Tecnico.
191
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Art.4. - Con la firma del presente contratto le parti assumono l'obbligo di osservare le
Norme dello Statuto e quelle Federali. Assumono altresì impegno di accettare la piena e
definitiva efficacia di tutti i provvedimenti generali e di tutte le decisioni particolari
adottate dalla F.I.G.C., dai suoi Organi e soggetti delegati nelle materie comunque
attinenti all'attività sportiva e nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed
economico. Ogni violazione od azione comunque tendente alla elusione dell'obbligo di
cui sopra determina le sanzioni disciplinari previste dallo Statuto e dai Regolamenti.
Art.5. - A tutti gli effetti del presente contratto la società elegge domicilio presso la
propria sede, l'allenatore nel luogo indicato in epigrafe. Egli comunque si impegna a dare
preventiva comunicazione scritta alla società, alla Lega ed all'A.I.A.C., di ogni eventuale
variazione.
________________________ lì ______________________
Per la Società
L'Allenatore
_______________________
__________________
Le parti dichiarano di aver preso esatta cognizione del contenuto delle clausole previste
dagli articoli 3, 4 e 5 del presente contratto e le approvano specificatamente.
Resta inteso che le parti convengono nel ritenere che l'indennità di fine carriera maturata
fino alla data dell'1 gennaio 1975 deve considerarsi compresa negli emolumenti a suo
tempo contrattati ed ottenuti ed in questo senso l'allenatore rinunzia espressamente a
qualsiasi rivendicazione in proposito per il periodo precedente.
Per la Società
L‟Allenatore
______________________
__________________
N.B.: II presente contratto, in quadruplice esemplare, unitamente alla richiesta di
tesseramento, deve essere depositato a cura della società presso gli Organi federali
competenti entro il quinto giorno successivo alla data di stipulazione. Una ulteriore copia
del contratto, regolarmente sottoscritta deve essere consegnata all'allenatore al momento
della stipulazione.
407
Indicare se: Allenatore (o Direttore Tecnico) responsabile della prima squadra, ovvero Allenatore della
192
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
CONTRATTO PER ESERCIZIO DI ATTIVITA' SPORTIVA
DILETTANTISTICA
Tra la associazione sportiva dilettantistica denominata _____________con sede in
______ via_____________________, n.__, nella persona del suo legale rappresentante
protempore__________________di seguito per brevità denominata Associazione
sportiva
E
il Sig.__________________ residente a ___________ via _________________,
C.F.:______________ in seguito denominato Tecnico
PREMESSO
- che il Tecnico ha dichiarato di possedere una specifica competenza in ordine all'attività
di istruttore di ________________________ essendo tesserato al Centro Nazionale
Sportivo Libertas;
- che la Associazione sportiva ha necessità di assicurarsi una assistenza tecnica
professionale per i propri iscritti;
- che il Tecnico si è dichiarato disposto a collaborare con la Associazione sportiva e che
svolge/non svolge la medesima attività in favore di terzi;
- che le parti intendono disciplinare il presente accordo sulla base di quanto previsto dal
combinato disposto degli artt. 25 L. n. 133/1999, così come modificato dall'art. 37 legge
21.11.2000, n. 342, e art. 81 lett. m) del D.P.R. n. 917/1986;
- che la Associazione sportiva è giunta nella determinazione di avvalersi della opera
professionale del Tecnico.
- che l'attività oggetto del presente contratto è da considerarsi svolta nell'esercizio diretto
di una attività sportiva a carattere dilettantistico per espressa volontà delle parti essendo
la Associazione sportiva affiliata alla Federazione Italiana ___________________(o al
Centro Nazionale Sportivo Libertas) e che le stesse escludono che il presente rapporto
possa in alcun modo essere riconducibile tra quelli disciplinati dalla Legge 91/81
Tutto ciò premesso tra le parti si conviene e stipula quanto segue:
prima e/o seconda e/o terza etc., squadra giovanile
193
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo 1
Premessa
Le premesse costituiscono parte integrante e sostanziale del presente accordo e forma con
essa pattuizione espressa.
Articolo 2
Oggetto del contratto
Il Tecnico presterà la sua attività professionale nell'interesse della Associazione sportiva
nel settore _____________ con autonomia tecnica nell'ambito dei programmi che
verranno concordati con la Associazione sportiva e con il solo obbligo di relazione, di
volta in volta, circa le prestazioni effettuate e i risultati ottenuti.
Il rapporto contrattuale di cui alla presente scrittura è disciplinato, ai fini civilistici, dagli
artt. 2230 e seguenti del codice civile mentre, ai fini fiscali si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni in materia di compensi erogati dalle società sportive
riconosciute dal Coni di cui all'art. 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133 come
modificato dall'art. 37 della legge 21.11.2000, n. 342. La collaborazione oggetto del
presente contratto resa dal tecnico, data la fattispecie e le modalità di esecuzione delle
prestazioni e perché così esplicitamente voluto e dichiarato dai contraenti, esula da
qualsiasi rapporto di lavoro subordinato.
Stante la specifica caratteristica del presente atto, l'Associazione sportiva non si assume
alcun obbligo di indennità di preavviso, di anzianità, né assume alcun obbligo
riguardante malattie, né per stipulare polizze assicurative per incidenti o infortuni in
favore del tecnico. Pertanto faranno capo a costui tutti gli oneri in merito nonché le
responsabilità riguardanti eventuali incidenti o infortuni che dovessero interessare lo
stesso durante l periodo effettivo di svolgimento delle prestazioni indicate nel presente
contratto.
194
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo 3
Impegni del tecnico
Il Tecnico si impegna alla dovuta riservatezza circa i metodi seguiti nello svolgimento
dell'incarico affidatogli e a non fare uso, in alcun modo durante il periodo in cui svolgerà
la propria attività professionale ai sensi del presente incarico, delle tecniche utilizzate nei
confronti degli iscritti della Associazione sportiva, in favore di altri soggetti non
autorizzati dalla contraente nonché si impegna a non divulgare eventuali notizie sulle
attività svolte, di cui sia in possesso nonché a rispettare scrupolosamente il regolamento
antidoping federale. Il Tecnico dichiara di essere disponibile a svolgere la propria attività
nei giorni___________________ e per la fascia oraria ________________.
Articolo 4
Diritti di immagine
Il Tecnico si impegna a non sollevare eccezioni ad eventuali riprese televisive, interviste
radiotelevisive, manifestazioni organizzate dai partner promo-pubblicitari della
Associazione sportiva a cui quest'ultima gli chiederà di partecipare. L'intervento alle
predette trasmissioni o manifestazioni non darà diritto ad alcun compenso ulteriore. Si
impegna, inoltre, ad indossare l'eventuale materiale sportivo che gli venisse fornito dalla
Associazione sportiva.
Il Tecnico dichiara di essere a conoscenza che nulla può pretendere (compensi o altro
tipo di rimborso) nel caso che i partner promo-pubblicitari della Associazione sportiva
intendessero usufruire della sua immagine di istruttore di ______________ per scopi
pubblicitari in cui lo Sponsor richiedesse la sua partecipazione.
Articolo 5
Prestazioni a carico del tecnico
Il Tecnico dovrà dirigere personalmente le attività prestabilite e concordate con i
responsabili della Associazione sportiva. Il Tecnico sarà libero di autodeterminarsi le
195
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
modalità di tempo e di luogo delle prestazioni pur nel rispetto dei programmi di massima
che verranno concordati tra le parti.
Il tecnico rimarrà libero di svolgere qualsiasi altra attività, di lavoro autonomo o
subordinato gli venisse proposta purché non in contrasto con gli obiettivi e le finalità del
presente accordo.
Articolo 6
Compenso del tecnico
A fronte del rituale adempimento delle prestazioni a carico del tecnico, la Associazione
sportiva si impegna a corrispondergli un compenso parametrato alle prestazioni
effettivamente rese nell'ambito di quanto previsto dall'art. 81 lett. m) del D.P.R. n.
917/86. Le parti ritengono che l'impegno ed il numero delle prestazioni richieste
corrispondano ad un emolumento per ogni stagione sportiva di durata del presente
accordo e cioè dal ______ al ________ pari a € __________ al lordo della ritenuta fiscale
prevista dalla citata normativa per la parte eccedente gli € 5.164,57. Per comodità di
entrambe le parti, le prestazioni richieste si ritengono equivalenti per ogni mese di durata
della citata stagione agonistica.
Pertanto la cifra sopra indicata sarà suddivisa in rate di uguale importo che verranno
versate al tecnico entro e non oltre il giorno di ogni mese.
Il compenso così come previsto è comprensivo ed assorbente ogni altro emolumento che
il tecnico pretenda a titolo di corrispettivo, anche in occasione di trasferte, gare notturne
ed eventuali ritiri.
Le parti danno reciprocamente atto che nella determinazione del compenso annuo, nel
presente contratto pattuito, si è tenuto conto che il tecnico è sportivo dilettante, che il
compenso è commisurato alle prestazioni pattuite con riguardo alla natura ed alle
caratteristiche delle stesse ed è liquidato in base all'attività dedotta nel presente contratto.
Il Tecnico è conscio che ove la parte imponibile dei propri redditi da attività sportiva
dilettantistica fosse superiore a quaranta milioni l'anno, la ritenuta che applicherà la
Associazione sportiva dovrà essere considerata a titolo d'acconto.
196
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo 7
Durata dell’incarico
La Associazione sportiva si impegna ad utilizzare le prestazioni del Tecnico per il
periodo dal _______________ al _________________ data in cui scadrà di pieno diritto
essendo espressamente escluso il tacito rinnovo. Ogni ulteriore accordo concernente
l'eventuale prolungamento del presente rapporto oltre il termine di scadenza dovrà
risultare da atto sottoscritto dalle parti e avrà, comunque, valore di novazione
dell'accordo.
Articolo 8
Risoluzione anticipata
Resta inteso che, in relazione alla natura del presente contratto, la Associazione sportiva
può, in qualsiasi momento, revocare l'incarico di collaborazione professionale, pagando
la prestazione svolta fino a quel momento ai sensi dell'art. 2237 Cod. Civ..
Articolo 9
Definizione del rapporto
Le parti dichiarano di avere integralmente regolato il loro rapporto con la sottoscrizione
del presente accordo, conseguentemente il tecnico dichiara di nulla avere a pretendere ad
alcun titolo e/o ragione dalla Associazione sportiva per attività diverse da quelle previste
dal presente accordo.
Per quanto non espressamente previsto, le parti si richiamano ai regolamenti sportivi in
materia ivi compreso il regolamento interno della Associazione sportiva che il tecnico
dichiara di conoscere e di accettare integralmente nonché alle norme del Codice Civile in
materia di lavoro autonomo.
197
Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo 10
Autorizzazione al trattamento dei dati personali
Con la sottoscrizione del presente la Associazione sportiva dichiara, ai sensi e per gli
effetti di cui all'art. 10 L. 31.12. 1996 n. 675, che i dati forniti dal tecnico all'atto
dell'iscrizione, formeranno oggetto di trattamento nel rispetto della normativa di cui alla
legge sopra richiamata e degli obblighi di riservatezza. Tali dati verranno pertanto trattati
esclusivamente per l'espletamento delle finalità istituzionali
Articolo 11
Clausola compromissoria
Tutte le controversie derivanti dal presente accordo saranno devolute al collegio arbitrale
costituito secondo i vigenti regolamenti del Centro Nazionale Sportivo Libertas;
Roma, lì ________
LA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA
_________________________
IL TECNICO
_________________________
Le parti espressamente dichiarano che ogni clausola e patto del presente contratto è stata
oggetto di trattativa individuale e, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1341 e 1342 codice
civile, dichiarano di approvare espressamente le clausole di cui agli artt. 2 - oggetto del
contratto - 4 - diritti di immagine - 6 - compenso del tecnico - 8 - risoluzione anticipata 10 - autorizzazione al trattamento dati -11 - clausola compromissoria –
LA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA
_________________________
IL TECNICO
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Il rapporto di lavoro sportivo
REGOLAMENTO
DEL COLLEGIO ARBITRALE
Procedura ordinaria
Articolo 1
II Collegio Arbitrale decide le controversie concernenti i rapporti regolati dall'Accordo
Collettivo anche nel caso di avvenuta retrocessione della società e/o iscrizione ad un
Campionato della Lega Nazionale Dilettanti o di assunzione da parte del calciatore della
qualifica di dilettante, purché la controversia sia stata instaurata nei termini.
E‟ costituito un Collegio Arbitrale per le controversie con società di Serie A e B ed altro
Collegio per le controversie con società di Serie C, per la rispettiva competenza rileva la
serie cui appartiene la società al momento della proposizione della domanda.
Le persone incluse negli elenchi degli Arbitri e dei Presidenti del Collegio Arbitrale non
possono svolgere attività di assistenza e rappresentanza di parti avanti lo stesso Collegio.
Articolo 2
Salva la diversa procedura prevista in materia disciplinare dagli Accordi Collettivi, il
ricorso, sottoscritto dal tesserato o dalla Società contenente la succinta esposizione della
materia della controversia, con allegata la relativa documentazione e la designazione
dell'Arbitro prescelto dagli appositi elenchi, deve essere inviato al Collegio Arbitrale
presso la Lega di competenza per raccomandata con avviso di ricevimento. Una copia del
ricorso deve essere inviata per raccomandata con avviso di ricevimento alla controparte,
avendo cura di allegare il talloncino postale della relativa raccomandata alla lettera
indirizzata al Collegio Arbitrale.
E‟ improcedibile il ricorso che non contenga la designazione dell'Arbitro prescelto.
L'improcedibilità è rilevata con provvedimento del Presidente del Collegio costituito
nella prima riunione successiva alla proposizione del ricorso ed è comunicato dalla
Segreteria del Collegio al ricorrente.
Articolo 3
La Segreteria del Collegio cura la redazione di due registri-protocollo:
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Il rapporto di lavoro sportivo
A) per le opposizioni alle ammonizioni scritte irrogate da società, per le proposte di
multa e di riduzione dei compensi;
B) per tutti gli altri ricorsi.
La Segreteria del Collegio attribuisce ai ricorsi immediatamente e nell'ordine in cui
pervengono, il numero di protocollo progressivo che risulta dal relativo registro.
La ripartizione dei ricorsi di cui alla categoria B tra le persone designate a presiedere il
Collegio Arbitrale, incluse nell'apposito elenco, è effettuata, senza necessità di
provvedimento di assegnazione, a gruppi di cinque ricorsi consecutivi.
II turno di assegnazione dei gruppi di controversie alle persone designate a presiedere si
determina con sorteggio effettuato alla presenza di un rappresentante della Lega e di uno
della Associazione di categoria. Ai sorteggi successivi non partecipano le persone già
designate fino all'esaurimento del turno.
Per i ricorsi della categoria A i Presidenti si alterneranno nella funzione con turni della
durata di un mese ciascuno, fissati all'inizio della stagione agonistica.
La Segreteria comunica periodicamente, alle persone designate a presiedere i Collegi,
estratti dai registri di protocollo con l'indicazione dei ricorsi iscritti e pendenti.
Dall'iscrizione del ricorso, gli Arbitri designati possono prendere visione o chiedere copia
degli atti della vertenza.
Articolo 4
La parte contro la quale è proposto il ricorso deve, entro quindici giorni dalla ricezione
dello stesso, comunicare, con raccomandata A.R. diretta al Collegio presso la Lega di
competenza ed alla parte ricorrente, la designazione del proprio Arbitro, memoria
difensiva ed eventuali documenti.
Nella memoria di cui al capo che precede la parte deve esporre compiutamente le sue
difese in relazione all'oggetto del ricorso.
Scaduto il termine di cui sopra, ove la parte resistente non abbia provveduto alla nomina
del proprio Arbitro, la Segreteria del Collegio ne dà immediata comunicazione al
Presidente della Lega di competenza se resistente sia la società, ovvero al Presidente
della relativa Associazione di categoria negli altri casi.
II Presidente della Lega o dell'Associazione deve provvedere alla designazione in surroga
dell'Arbitro entro e non oltre il termine di cinque giorni dalla data della comunicazione.
Ove non si provveda, l‟Arbitro è scelto tra i nominativi del corrispondente elenco di
categoria dal Presidente del Collegio Arbitrale di turno, ai sensi dell'art. 3.
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Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo5
II Presidente, costituito il Collegio, fissa la data della riunione per sentire le parti,
personalmente o per mezzo di un loro mandatario, e per l'eventuale istruzione probatoria.
Tale data è comunicata con lettera raccomandata alle parti, a cura della Segreteria,
almeno dieci giorni prima della riunione. Le parti che intendono produrre ulteriori
documenti o memorie devono farli pervenire al Collegio (in triplice copia) ed alla
controparte, a mezzo di lettera raccomandata, almeno cinque giorni liberi prima della
data fissata per la riunione.
Successivamente alla scadenza del termine di cui al precedente comma, non possono
essere proposte nuove eccezioni né nuove deduzioni che estendano la materia del
contendere o rendano necessari nuovi accertamenti.
Articolo 6
Di ogni riunione del Collegio viene redatto un verbale sottoscritto dal Presidente e dagli
Arbitri.
La parte in caso di impedimento dell'Arbitro da essa direttamente designato, ha l'onere di
provvedere alla sostituzione, di comunicarla al Collegio e di avvertire il nuovo designato
della data della riunione ove sia già fissata.
L'assenza di uno solo degli Arbitri designati non impedisce la prosecuzione del giudizio
arbitrale.
La riunione non può essere rinviata se non per giustificata istanza di entrambe le parti o
per grave motivo addotto da una di esse, riscontrato dal Collegio.
II Collegio, prima della decisione, deve esperire un tentativo di conciliazione e, ove
questo abbia esito positivo, il verbale riproducente l'accordo, sottoscritto dalle parti
dell'accordo stesso o dai loro mandatari e dal Presidente del Collegio, è vincolante tra le
parti ed immediatamente esecutivo.
Qualora il tentativo di conciliazione abbia esito negativo, o non possa essere espletato per
mancata comparizione di una o entrambe le parti o loro rappresentanti o per difetto del
potere di transigere del rappresentante comparso, il Collegio può nella stessa riunione
deliberare nel merito.
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Marco Verrini
Il rapporto di lavoro sportivo
Articolo 7
II Collegio decide, in unica istanza, sulla base degli atti conformi alle disposizioni
regolamentari, documenti non regolamentari hanno valore meramente indicativo.
Possono essere ammesse eccezionalmente prove testimoniali.
Qualora dall'esame degli atti il Collegio rilevi violazione di disposizioni federali, deve
deferire alla competente Commissione Disciplinare, per le sanzioni del caso, le società ed
i tesserati che ne appaiono responsabili.
Articolo 8
II lodo, anche quando è formato a maggioranza, è espresso dal Collegio senza menzione
dell'Arbitro dissenziente.
Salvo diverso accordo delle parti, il Collegio deve depositare il dispositivo del lodo entro
quindici giorni dalla riunione di cui all'art. 5. Tale dispositivo, redatto per iscritto e
sottoscritto dai componenti del Collegio, deve essere immediatamente trasmesso, a cura
del suo Presidente, al Presidente della Lega di competenza ed inviato in copia, tramite la
Lega stessa, a ciascuna delle parti con lettera raccomandata.
La motivazione può essere depositata anche successivamente.
Procedura d'urgenza
Articolo 9
È proponibile avanti il Collegio Arbitrale la procedura d'urgenza di cui agli articoli che
seguono, in ordine a ogni controversia in cui il diritto del ricorrente subirebbe
irreparabile pregiudizio nel tempo necessario allo svolgimento del procedimento
ordinario.
II Collegio Arbitrale adito con ricorso d'urgenza, ove ritenga non sussistere le condizioni
per detto rito, adotta i provvedimenti idonei per il ripristino della procedura ordinaria.
Articolo 9
Il ricorso, da depositare presso la Lega competente entro dieci giorni dalla data in cui è
stata accertata l'infrazione regolamentare, deve indicare l'Arbitro prescelto a pena di
inammissibilità del ricorso stesso, la Segreteria del Collegio dà immediata
comunicazione telegrafica del ricorso e relativo contenuto alla parte contro cui è
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Il rapporto di lavoro sportivo
proposto, la quale, entro giorni cinque, deve far pervenire al Collegio le proprie contro
deduzioni e la designazione dell'Arbitro prescelto.
Articolo 11
È designato a presiedere il Collegio il Presidente di turno individuato ai sensi dell'art. 3 comma 3 - del Regolamento del Collegio Arbitrale.
In caso di impedimento della persona così designata, si procederà a sorteggio per gli altri
nominativi dell'apposito elenco con le modalità di cui all'art. 3 - comma 4 - del citato
Regolamento.
II Presidente designato fissa la data della discussione del ricorso e provvede alla nomina
dell'Arbitro per la parte resistente, ove questa non vi abbia provveduto, scegliendolo tra
quelli del corrispondente elenco di categoria.
Di quanto sopra la Segreteria dà immediata comunicazione telegrafica alle parti ed agli
Arbitri designati.
È onere delle parti procedere alla sostituzione degli Arbitri rispettivi ove quelli da esse
designati siano impediti per la riunione fissata.
Articolo 12
All'udienza fissata le parti possono depositare ulteriore memoria illustrativa delle proprie
difese.
II Collegio Arbitrale deve espletare il tentativo di conciliazione, ove questo non riesca,
sentite le parti, decide la controversia.
Articolo 13
Per tutto quanto non previsto nei precedenti articoli si applicano le norme sul
funzionamento ordinario del Collegio Arbitrale.
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