Politecnico di Milano - Dipartimento di Progettazione dell’Architettura
Università degli Studi di Napoli Federico II-Dipartimento di Progettazione Urbana
tesi di dottorato di Barbara Bogoni
tutor: prof. arch. Gianni Ottolini
coordinatore: prof. arch. Cesare Stevan
Dottorato di ricerca in Arredamento e Architettura degli Interni
XVI ciclo - anno accademico 2001-2002
INTERNITÀ DELLA SOGLIA
Il passaggio come gesto e come luogo
Fonti delle illustrazioni:
(nel frontespizio)
1. Varco d’ingresso al giardino di una casa
marocchina (da: Bernard Rudofky, Le
meraviglie dell’architettura spontanea,
Laterza, Bari, 1979).
2. Trilite del Santuario di Mnaijadra, Malta
(da: Bernard Rudofky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Bari,
1979).
3. Charles Rennie Mackintosh, Corridoio
d’ingresso della Mackintosh House,
Glasgow (Gran Bretagna), c. 1900 (da:
Pamela Robertson, The Mackintosh
House, Hunterian Art Gallery, University of Glasgow, Glasgow).
4. Le Corbusier, Sous le soeil, Schizzo.
Grazie ad Elena Montanari.
E ad Elisa Coghi, Martina Ceschi e Luca
Schiaroli.
Grazie ad Adelmina Dall’Acqua.
Grazie a Massimiliano Nocchi e alla signora
Flora Weichmann Savioli.
Grazie ad Eleonora Bersani.
Grazie a Gianni Ottolini.
Indice
Ambito, ragioni e metodo della ricerca
1
Parte prima Il varco
LA SOGLIA
7
La dialettica degli opposti
Cos’è una soglia in architettura? Necessità, fragilità e resistenza del varco
Elementi che individuano una soglia
9
13
21
LIVELLI DI SOGLIA
29
La non-soglia: continuità tra interno ed esterno
La soglia come linea
La dimensione spaziale
31
33
35
Parte seconda Il gesto e il luogo
IL GESTO SULLA SOGLIA: ATTENDERE, VARCARE, ESSERE ACCOLTI
41
Davanti al limite. L’attesa
Il limite. Il momento del passaggio. Soglie valicabili e invalicabili: il problema dell’accessibilità
Oltre i limite. L’accesso
La soglia come luogo del gesto. Alcune letture e interpretazioni
43
INTERNITA’ DELLA SOGLIA: IL PASSAGGIO COME LUOGO
55
Quando la soglia diventa luogo?
La localizzazione del varco fra interno ed esterno come segnale e come simbolo
La figura ‘anima’ il varco
La misura, fra convenienza funzionale, appropriatezza formale e problemi costruttivi
La materia, fra trasparenza e opacità
Il rapporto tra luce ed ombra
Il colore potenzia il significato
La decorazione come valore estetico e narrativo
La presenza della natura
Attrezzature per ‘abitare’ la soglia
Problematicità e simbolismi del passaggio
Coinvolgimento sensoriale
45
47
49
57
59
65
73
77
83
89
95
105
111
121
131
Parte terza
Verifiche ‘sul luogo’ della soglia
1
PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE (CAMERUN)
Decorazione simbolica e significati iniziatici
2
MAESTRO NICOLÒ, PROTIRO E PORTALE DELLA BASILICA DI SAN ZENO, VERONA (ITALIA), 1123
La fusione delle arti tra narratività e memoria
3
CHARLES RENNIE MACKINTOSH, CORRIDOIO DI ACCESSO DELLA
MACKINTOSH HOUSE, GLASGOW, SCOZIA (GRAN BRETAGNA), c. 1900
Arredi e attrezzature articolano il gesto
4
ADOLF LOOS, VESTIBOLO DI VILLA KARMA, LA TOUR DE PELIZ,
MONTREUX (SVIZZERA), 1904-06
Lusso, rigore, geometria e decorazione
5
PIERRE CHAREAU E BERNARD BIJVOËT, PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE, RUE SAINT GUILLARME 31, PARIGI (FRANCIA), 1928-1932
Luce naturale e luce artificiale generatrici di spazio
6
ALVAR AALTO, PENSILINA DI VILLA MAIREA, NOORMARKKU (FINLANDIA), 1938-39
La natura come connettore tra interno ed esterno
7
LE CORBUSIER, CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET,
LA PLATA (ARGENTINA), 1949
Lo spostamento del limite
8
CARLO SCARPA, PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO, VERONA (ITALIA), 1957-73
L’articolazione della forma genera il movimento
9
LEONARDO SAVIOLI, BUSSOLA DI INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI,
GALLUZZO, FIRENZE (ITALIA), 1966
La dimensione umana e lo spazio esistenziale
139
147
161
173
183
195
209
219
235
10
PETER ZUMTHOR, APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN
BENEDEGT, SOGN BENEDEGT (SVIZZERA), 1988
Continuità e contrasto: la mediazione della soglia-ponte
11
ETTORE SOTTSASS JR., PORTICO DI CASA BISHOFBERGER, SVIZZERA,
1991-96
Forme totemiche e scarti cromatici
247
261
Parte quarta Internità della Soglia, oggi
IL FUTURO DELLA SOGLIA
273
Nuova sensibilità e modelli di fruizione dello spazio: la dinamica della vita contemporanea. Riflessioni sulle soglie informatiche
Senso e non-senso della soglia
Abbiamo ancora bisogno di ‘luoghi’ per passare? Quali luoghi?
275
277
279
Per concludere
Appendice
283
Il libro delle soglie - Schede
1
2
Porta d’ingresso della casa del Capo Bamileke (Camerun)
1123, Maestro Nicolò, Protiro e portale della Basilica di San Zeno, Verona (Italia)
3 1900 c., Charles Rennie Mackintosh, Corridoio di accesso di Casa
Mackintosh, Glasgow, Scozia (Gran Bretagna)
4 1904-06, Adolf Loos, Vestibolo di Villa Karma, La Tour de Peliz, Montreux (Svizzera)
5 1928-32, Pierre Chareau e Bernard Bijvoët, Portico e corridoio d’ingresso
della Maison de Verre, Rue Saint Guillarme 31, Parigi (Francia)
6 1938-39, Alvar Aalto, Pensilina di Villa Mairea, Noormarkku (Finlandia)
7 1949, Le Corbusier, Cancello della Casa del dottor Currutchet, La Plata
(Argentina)
8 1957-73, Carlo Scarpa, Percorso di accesso del Museo di Castelvecchio,
Verona (Italia)
9 1966, Leonardo Savioli, Bussola di ingresso dello Studio Savioli, Galluzzo,
Firenze (Italia)
10 1988, Peter Zumthor, Appendice d’ingresso della Cappella Sogn Benedegt, Sogn Benedegt (Svizzera)
11 1991-96, Ettore Sottsass jr., Portico di Casa Bishofberger, Svizzera
286
288
290
292
294
296
298
300
302
304
306
12 Porta d’abitazione con decorazione pittorica ad arabeschi, Walata (Mauritania)
13 Facciata attrezzata d’ingresso della ginna del capofamiglia Dogon (Mali)
14 Portali decorati delle case di Kano (Nigeria)
15 Galleria d’accesso delle case ipogee di Matmata (Tunisia)
16 1190-1200, Intradossi e portali ad anelli della Cattedrale di Laon (Francia)
17 1470, Leon Battista Alberti, Portico d’ingresso della Basilica di Sant’Andrea, Mantova (Italia)
18 1519-59, Michelangelo Buonarroti, Vestibolo della Biblioteca Laurenziana, Firenze (Italia)
19 1532, Baldassarre Peruzzi, Portico d’accesso del Palazzo Massimo alle
Colonne, Roma (Italia)
20 1549 c., Michele Sanmicheli, Porta Palio, Verona (Italia)
21 1822-28, Karl Friedrich Schinkel, Altes Museum - Edificio d’ingresso dell’Isola dei Musei, Berlino (Germania)
22 1883-85, Antoni Gaudì, Torre-portico d’ingresso di Casa ‘El Capricho’,
Barcellona (Spagna)
23 1897, Frank Lloyd Wright, Loggia d’ingresso dello Studio Wright, Oak
Park, Chicago (Illinois, USA)
24 1898-1909, Charles Rennie Mackintosh, Scalinata e doppia porta d’ingresso della School of Modern Art, Glasgow (Scozia)
25 1900-01, Peter Behrens, Porta d’ingresso di Casa Behrens, Darmstadt (Austria)
26 1901, Joseph Maria Olbrich, Portale d’ingresso della Ernst Ludwig House,
Darmstadt (Austria)
27 1905, Frank Lloyd Wright, Doppia bussola circolare del Rookery Building, Chicago, (Illinois, USA)
28 1908, Adolf Loos, Interstizio d’ingresso dell’American Bar, Vienna (Austria)
29 1918-20, Gunnar Asplund, Percorso d’ingresso della Cappella nel Bosco,
Stoccolma (Svezia)
30 1920-28, Gunnar Asplund, Scalinate e portale d’ingresso della Biblioteca
di Stoccolma (Svezia)
31 1923, Frank Lloyd Wright, Percorso d’accesso di Casa Storer, Los Angeles, California (USA)
32 1929, Le Corbusier, Portico di ingresso della Cité de Refuge, Parigi (Francia)
33 1929-30, Rudolph Schwarz, Porte d’ingresso della Chiesa parrocchiale del
Corpus Domini, Aquisgrana (Germania)
34 1929-33, Alvar Aalto, Pensilina d’ingresso del Sanatorio di Paimio (Finlandia)
35 1932-36, Giuseppe Terragni, Porte automatiche della Casa del Fascio, Como (Italia)
308
310
312
314
316
318
320
322
324
326
328
330
332
334
336
338
340
342
344
346
348
350
352
354
36 1939, Franco Albini, Porta d’ingresso dell’Istituto di bellezza ‘Elizabeth
Arden’, via Montenapoleone, Milano (Italia)
37 1948-50, Frank Lloyd Wright, Portale e tunnel d’ingresso del Negozio
Morris, San Francisco (California, USA)
38 1945-51, Ludwig Mies van der Rohe, Basamento e gradini di Casa Farnswhort, Plano (Illinois, USA)
39 1950-55, Le Corbusier, Portale meridionale della Chapelle de Notre-Dame-du-Haut, Rochamp (Svizzera)
40 1953, Asnago e Vender, Cancello d’ingresso del condominio XXI Aprile,
Milano (Italia)
41 1956, Luigi Caccia Dominioni, Bussola d’ingresso della Banca Popolare di
Commercio e Industria, via Moscova, Milano (Italia)
42 1956, Carlo de Carli, Sagrato sopraelevato della Chiesa di Sant’Idelfonso,
Milano (Italia)
43 1957-58, Carlo Scarpa, Porta di servizio del Negozio Olivetti, Venezia (Italia)
44 1958, BBPR, Pensilina ‘abitata’ e bussola d’ingresso della Torre Velasca,
Milano (Italia)
45 1958, Ludwig Mies van der Rohe, Philiph Jonhson, Bussole a battenti girevoli del Seagram Building, New York (USA)
46 1960, Giò Ponti, Pensiline e bussole d’ingresso del Grattacielo Pirelli, Milano (Italia)
47 1962, Enrico Castiglioni, Bussola d’ingresso dell’oratorio San Luigi, Busto Arsizio, Varese (Italia)
48 1962, Robert Venturi, John Rauch, Porta d’ingresso di Casa Vanna Venturi, Chesnut Hill, Philadelphia (Pennsylvania, USA)
49 1964, Carlo Scarpa, Percorso d’accesso della Fondazione Querini-Stampalia, Venezia (Italia)
50 1964, Carlo de Carli, Scalinate, atrii e portici di accesso della Chiesa di
San Gerolamo Emiliani, Cimiano, Milano (Italia)
51 1969-78, Carlo Scarpa, Cancello del Cimitero Brion, San Vito d’Altivole,
Treviso (Italia)
52 1984-89, Ieoh-Ming Pei, Pyramide d’ingresso del Museo del Louvre, Parigi (Francia)
53 1985, Aldo Rossi, Percorso e portali d’ingresso della Biennale, Venezia
(Italia)
54 1986-87, Imre Makovecz, Portale della Chiesa luterana del Parco Oulu,
Siofok (Ungheria)
55 1988, Peter Zumthor, Porta di ingresso dello Studio Zumthor, Haldenstein
(Svizzera)
56 1988-89, Umberto Riva, Corridoio d’ingresso di Casa Insinga, Milano
(Italia)
57 1988-93, Alvaro Siza Vieira, Atrio esterno del Centro Galego di Arte Contemporanea, Santiago de Compostela (Spagna)
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396
398
58 1990-96, Alvaro Siza Vieira, Portale principale della Chiesa di Santa Maria, Marco de Canavezes (Portogallo)
59 1991-97, Frank O. Gehry, Ponte, scalinata e vestibolo del Guggenheim
Museum, Bilbao (Spagna)
60 1995, Aichinger + Partner Baukunst, Porta d’ingresso allo Shop-Konzept,
Monaco di Baviera (Germania)
61 1995-97, Carlos Puente, Porta della Cappella del Cimitero in Camarma de
Esternelas, Madrid (Spagna)
62 1996-98, Ettore Sottsass jr., Sequenza di spazi d’ingresso di Casa Van Impe, St. Lievens, Houtiem (Belgio)
63 1997, Alberto Campo Baeza, Porta dei Fiori, San Donà di Piave, Venezia
(Italia)
64 1997, Aarhus Arkitekti, Scale e pensiline d’ingresso di un edificio ad appartamenti, Brabrand (Danimarca)
65 2000, Tagasaki Yamaguchi, Porta d’ingresso della Ihai Hall, Kyoto (Giappone)
400
402
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406
408
410
412
414
1
Ambito, ragioni e metodo della ricerca
Il luogo del passaggio, dell’accedere o dell’essere immessi in
uno spazio, ha assunto nella storia valenze simboliche e configurazioni formali, materiche, decorative molto varie. Oltre a questi aspetti, dalla lettura dei progetti si colgono anche caratteri per così dire non formali, legati ai simboli attribuiti di volta in volta alla soglia.
L’uomo religioso, per esempio, da sempre ha affidato significati
iniziatici a questo luogo che ora genericamente chiamiamo ‘soglia’, ma
a cui daremo, nel corso di questo lavoro, una più precisa connotazione.
Nella concezione religiosa, il transito fisico del corpo umano è fatto
corrispondere a un transito, altrettanto umano ma immateriale, da uno
stato di incoscienza (non-conoscenza) a quello di una totale affermazione del sé. Per questo motivo gli elementi che costituiscono lo spazio
del passaggio sono stati realizzati con intenti antropologici e filosofici,
forse ancor prima che pratici e funzionali.
La soglia è un limite, una linea che separa, divide, distanzia, ma
anche unisce due mondi (interno/esterno, pubblico/privato, luce/ombra, etc.). Portata al massimo grado di astrazione, può essere pensata
come un nulla che sta tra la fine di un evento e l’inizio di un altro; calata, invece, nel mondo fisico dell’architettura, essa si presenta come
elemento costruttivo bidimensionale, componente orizzontale del varco di passaggio, sistema di consolidamento e distanziatore a pavimento dei due stipiti della porta.
Segno, lastra, al massimo piastra, la soglia è priva di un carattere
spaziale tridimensionale, solo accenna alla tridimensionalità ed è quindi incapace di accogliere integralmente lo ‘stare dell’uomo nello spazio’, quella che lo psicologo Edward T. Hall definisce la ‘bolla ambientale umana’1.
Per questa sua astrazione, il tema ha suscitato analogie e interpretazioni in settori molto diversi. Un esempio valga per tutti: il corpo umano ha in sé molte soglie disegnate ovunque, nel taglio degli occhi, nel
timpano delle orecchie, nelle narici, negli orifizi anali e genitali, su tutta l’epidermide. Ognuno di questi punti, linee o superfici, rappresenta
“quel punto di spaccatura in cui il corpo si contrappone al mondo”2.
La comunicazione tra l’ambiente e l’uomo (e viceversa) avviene
tramite tali canali di percezione, attraverso cui vengono scambiate le
informazioni. Nel momento in cui il transito immateriale delle informazioni viene tradotto in termini fisici, cioè nel transito del corpo nello spazio, il passaggio si trasforma in gesto, il gesto in luogo, il luogo
in varco, soglia, porta, cioè negli elementi dell’architettura che realizzano le relazioni tra due ambiti spaziali distinti.
Quindi: cos’è fisicamente una soglia?
È un elemento del varco di passaggio. Un oggetto materiale,
“una pietra infissa nel terreno, un gradino, un palo”3, quindi una struttura bidimensionale, generalmente una superficie su cui l’uomo, nell’atto di accedere, poggia il piede.
“Che cos’è una porta? Una superficie piana
che comporta dei cardini, una serratura che
definisce una frattura terribilmente dura.
Quando superate tale porta, non siete forse
divisi? Spaccati in due! Forse non lo notate
neanche più. Pensate soltanto a questo: un
rettangolo. Che orribile povertà. E’ forse
questa la realtà di una porta?”
Aldo Van Eych,
Forum, 4, 1960, Amsterdam
2
“In latino ha due traduzioni: la prima, solea, come suola, calzare;
[...] l’altra, limen, limite, si distingue in limen inferum, che era il varco, e
limen superum, che era l’architrave del portale d’ingresso; questi due elementi, assieme agli stipiti, costituivano i veri e propri confini della proprietà domestica, i limiti fra accessibile e inaccessibile all’estraneo”4.
L’articolazione etimologica deriva dai numerosi significati attribuiti dagli antichi all’atto dell’accedere e dalla complessità dell’articolazione tettonica corrispondente.
Una descrizione di dettaglio sul piano tecnologico e costruttivo
si trova nelle ‘Lezioni di architettura’ di J.N.L. Durand, dove si parla
della porta, delle sue parti componenti, delle loro funzioni, degli usi e
delle tecniche costruttive in voga al tempo: “i piedritti delle porte e delle finestre sono collegati da piattabande, etc. Proprio come le colonne
da architravi. Quando i piedritti e le piattabande hanno una sporgenza
continua, questa prende il nome di cornice o stipite. Per impedire che
l’acqua spinta dal vento contro la parte del muro al di sopra delle porte e delle finestre caschi sulla soglia o sul davanzale, talvolta si mette
una cimasa al di sopra della cornice. Quando le colonne o i piedritti sono molto distanziati tra loro e le piattebande hanno luci troppo grandi
si collegano i sostegni con degli archi”. E, sulla geometria e il dimensionamento: “le porte e le finestre si fanno ad arco quando sono molto
larghe, e si disegnano in forma rettangolare quando hanno una larghezza normale. [...] Sulla cornice delle porte si mette a volte un frontone
per respingere l’acqua sui lati; [...] l’altezza del frontone é tra il quarto
e il quinto della sua base. A volte alle cornici si sostituiscono dei pilastri e una trabeazione”5.
Genericamente, nel varco di passaggio si riconoscono quattro
elementi: la soglia, lo stipite, il traverso superiore e l’anta. In questa accezione il termine soglia descrive un elemento costruttivo bidimensionale. Da qui si può operare una estensione di significato, intendendo la
soglia come sviluppo nella terza dimensione delle parti componenti,
così da definire una superficie in cui si riconoscono tre ambiti spaziali
distinti: davanti al limite, il limite (il varco di passaggio), oltre il limite; che corrispondono a tre momenti del gesto del passare: attendere,
varcare, essere accolti.
Per soglia, in questa sede, intendiamo uno spazio, quello in cui è
espressa la relazione tra l’interno e l’esterno e, contemporaneamente,
un luogo, quello in cui l’uomo sta in attesa, accede, è accolto. Abbiamo così esteso ulteriormente il significato del termine: da soglia-spazio, con connotazioni formali e architettoniche (localizzazione, dimensione, grado di illuminazione, colore, etc.), a soglia-luogo, che traduce
la semplice ‘lastra su cui poggia il piede nel passare’, o la semplice linea sul pavimento, in qualcosa di più complesso, legato al gesto e al
comportamento umani, agli usi e alle tradizioni di un popolo e di un
paese, alla memoria e ai simboli.
3
Questa definizione del luogo del passaggio ci consente di analizzare soglie diverse: quelle di valore estetico o solo pratico o tettonico;
quelle ancora esistenti o che non esistono più ma che permangono nella
storia dei luoghi; quelle nascoste e quelle manifeste; quelle in uso e quelle inutili. Ci permette, per esempio, di studiare quei progetti in cui non
sono più leggibili gli elementi di separazione tra l’interno e l’esterno, a
causa dell’uso di pareti vetrate, trasparenze, continuità percettive, etc.
Ci sono, infatti, casi in cui il varco (che non può non esistere per
ovvi motivi funzionali) è portato a un tale livello di smaterializzazione
figurativa da risultare quasi completamente privo dei caratteri che lo
identificano in quanto luogo di passaggio. La Glass House di Philiph
Johnson ne è un esempio: l’interno è dilatato nel fuori, nella natura, nel
bosco, tra gli alberi, riconoscibile solo per la diversità formale, materica e cromatica dei suoi componenti.
In casi come questo si è ancora in presenza di una soglia?
Certo non intesa nella sua accezione tradizionale, ma una soglia
esiste, anche qui, reinterpretata attraverso parametri non abituali e trasposta in elementi architettonici nuovi.
Un esempio significativo di questo procedimento lo troviamo in
Casa Farnsworth, dove Mies van der Rohe affida il valore di soglia non
più al varco nel muro, ma al podio e ai gradini che collegano la terra
all’atmosfera in cui è sollevato l’edificio. Stare sul basamento significa, qui, essere già nell’interno della casa; è il basamento il vero spazio
di soglia, che sancisce l’avvenuto passaggio da un interno ‘nella natura’, con pareti arboree e il cielo come soffitto, a un interno ‘nell’edificio’, con soffitto e pavimento costruiti. È un esempio di spostamento
del limite, in cui la soglia non appare fisicamente là dove il varco nel
margine costruito la rende utile e necessaria, ma acquista libertà e autonomia spaziale e iconografica.
Un altro caso di traslazione si riscontra in casa Insinga a Milano, dove Umberto Riva sposta il segno pavimentale del passaggio all’interno del soggiorno, quasi a creare una accelerazione dell’accedere
lungo il corridoio, dalla porta di ingresso al cuore della casa.
Dal punto di vista gestuale, il problema sollevato in questa
analisi è: come si entra in un edificio? Quindi, il problema architettonico é: quale forma dare al passaggio e quale forma gli é stata data nel tempo? E se intendiamo la soglia come luogo significativo:
quando il varco nel muro diventa importante in quanto luogo? Oggi
l’architettura ha ancora interesse a risolvere questo problema? L’uomo
moderno ha ancora bisogno di un ‘luogo’ per passare? Quali significati nuovi si possono attribuire alla soglia? Lo svuotamento di valore delle soglie fisiche a favore di soglie più labili che mettono in relazione
persone e spazi anche lontani, come quelle informatiche, ha fatto perdere alla soglia il valore di luogo, o esso si é mantenuto e si mantiene
tuttora? Ha senso, oggi, produrre spazi di soglia, in un contesto che
4
esprime bisogni di mobilità e ubiquità sempre più complessi e si affida
in modo sempre più preminente alle pratiche di virtualità e multimedialità? Come si può creare un nuovo livello di significato, non nostalgico,
da affidare alla soglia? Quali specificità, oltre a quella dimensionale,
connotano gli attuali luoghi di passaggio, domestici e collettivi (se di
luoghi ancora si parla)? Quali sono, oggi, gli elementi, se esistono, che
fanno del ‘varco di passaggio’ un luogo che accoglie il gesto umano?
Quali potenzialità tecniche, tecnologiche e costruttive vengono messe in
gioco? Quali caratteri formali, legati alla tradizione locale, alla poetica
progettuale e alla prassi costruttiva vengono utilizzati?
Ma soprattutto: questo insieme di problemi è pertinente alla disciplina di interni?
Una risposta immediata ci è data dalla definizione di soglia-come-luogo. Abbiamo detto che questa condizione si verifica se esiste un
preciso legame tra lo spazio e il comportamento umano, cioé se si realizzano quei presupposti per cui anche il punto (la linea, la superficie)
del passaggio sono strettamente correlati all’articolazione del gesto del
passare, proteggere, difenedere, aprire e chiudere, schermare, filtrare,
annunciare, incontrare e incontrarsi, dialogare, etc.
Allora si manifesta il fenomeno, che è il vero movente dell’architettura, della traduzione in termini di spazio, oggetti, attrezzature e
dispositivi che supportano, assistono e anche promuovono l’azione, in
una dialettica continua tra la fornitura di un servizio (l’ideazione, la
progettazione e la realizzazione) e l’esprimersi di una necessità.
L’architettura d’interni, che si occupa e ‘si preoccupa’, a una scala di dettaglio, di interpretare l’uomo e i suoi gesti minuti è direttamente coinvolta nell’allestimento dei luoghi di passaggio, che non sono astratte linee di margine ma veri e propri spazi umani.
Note:
1. Si veda: Edward T. Hall, La dimensione
nascosta, Bompiani, Milano, 1988.
2. Si veda, a questo proposito: Carlo Sini,
Pensare il progetto, Tranchida, Milano,
1992.
3. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992.
4. J.N.L. Durand, Lezioni di architettura, a
cura di Ernesto D’alfonso, Clup, Milano,
1986, pp. 35-44.
5. Adriano Rabacchini, ‘Accedere / Itinerario di archetipi’, in: Adriano Cornoldi,
Architettura dei luoghi domestici, Jaca
Book, Milano, 1994, p. 38.
La ricerca si avvale di contributi raccolti da discipline molto diverse (architettura, letteratura, poesia, arti figurative in genere), che
esprimono, con modalità diverse, un grande interesse per la soglia, i
suoi significati e il suo valore.
L’intento del lavoro è quello di sviluppare un atteggiamento critico rispetto ai modi di progettare e di vivere contemporanei, che hanno cambiato il punto di vista sul valore della soglia.
Il metodo utilizzato é l’analisi di un numero discreto di esempi significativi sul piano della qualità formale e dei valori espressi, ma soprattutto interessanti per la loro caratterizzazione in termini di luogo
(per gli aspetti formali, costruttivi, percettivi e simbolici), al fine di costruire un percorso tematico con contributi articolati. Per alcuni di questi progetti sono stati eseguiti i ridisegni, che sono stati integrati nel testo e riportati in allegato alle scale 1:100, 1:50 e 1:20. Gli esempi presentati nelle schede finali sono solo alcuni dei molti analizzati nel corso
della ricerca, ma ritengo siano esplicativi per definire un panorama sufficientemente esauriente sul piano storico, geografico e tipologico.
Parte prima
Il varco
LA SOGLIA
“Ci si protegge, ci si barrica, le porte bloccano e separano. La porta
rompe lo spazio. Lo scinde, vieta l’osmosi, impone la compartimentazione, da un lato, ci sono io e casa mia, il privato, il domestico (lo spazio sovraccarico della mie proprietà: il mio letto, la mia moquette, il
mio tavolo, la mia macchina da scrivere, i miei libri, i miei numeri
spaiati di “La Nouvelle Revue Française”...) dall’altro, ci sono gli altri, il mondo, il pubblico, il politico. Non si può andare dall’uno all’altro lasciandosi scivolare, non si passa dall’uno all’altro, né in un
senso, né nell’altro: ci vuole una parola d’ordine, bisogna oltrepassare
la soglia, bisogna farsi riconoscere, bisogna comunicare, come il prigioniero comunica con il mondo esterno”.
Georges Perec, Specie di spazi, Bollati Boringhieri, Torino, 1989
Fonti delle illustrazioni:
(nella pagina precedente)
1. Tadeusz Kantor, Uomo con porta, 1972
(da: Specchio, 331, 22 giugno 2002).
I Il varco / LA SOGLIA. La dialettica degli opposti
9
La dialettica degli opposti
Due sistemi formali diversi posti in adiacenza o in prossimità generano un forte contrasto. Il punto, la linea o il campo, che rappresentano il luogo notevole in cui questo contrasto si manifesta, concentrano una forte tensione. La soglia è la sede di questa tensione. In essa si
innesca il dialogo tra gli opposti, vengono sottolineate le diversità (è il
luogo della separazione) e, contemporaneamente, le differenze trovano
un motivo di scambio (è il luogo della sintesi).
L’essere umano è un elemento di soglia, in quanto si trova costantemente “tra la terra e il cielo, tra la nascita e la morte, tra gioia e
dolore, tra lavoro e parola”1 e rappresenta il luogo della loro sintesi. Il
concetto di limite può essere applicato nella interpretazione della soglia
sulla superficie epidermica del corpo umano, in cui risiedono importanti canali sensoriali attraverso cui il mondo esterno si rende manifesto2.
Un’altra soglia che interessa il pensiero e il comportamento
umani è quella prodotta dall’uso e dai significato del linguaggio. L’uomo, l’‘essere socchiuso’ per eccellenza, come lo definisce Gaston Bachelard, è continuamente coinvolto in movimenti di chiusura e di apertura verso il mondo (spesso invertiti e carichi di esitazioni), in un alternarsi continuo tra il bisogno di manifestarsi e quello di nascondersi,
del rendersi protagonista o comparsa. Dice Bachelard : “Con il senso
l’uomo si chiude, con l’espressione poetica, si apre”3. Questa interpretazione dell’uomo-in-quanto-soglia è, però, molto teorica e di norma
l’essere umano è visto come colui che percepisce i limiti posti fuori di
sé, piuttosto che limite esso stesso.
Le relazioni tra gli opposti si manifestano ovunque intorno a noi:
siamo praticamente circondati da margini fisici o virtuali, astratti o reali, soglie fisiche, filtri, porte, edifici per il transito. Le più diverse discipline restituiscono interpretazioni oginali di questi elementi; per
esempio, in ambito tecnico-scientifico il ‘valore di soglia’ indica il grado cui deve giungere una data grandezza perché si produca un certo fenomeno (fenomeno ‘a soglia’: soglia della percezione, della coscienza,
del dolore, soglia uditiva, olfattiva, etc); in geografia fisica è una soglia
il dislivello in forma di gradino, di origine erosiva, che collega una valle secondaria a una valle principale, o che è in corrispondenza di una
cascata; la ‘soglia del tempo’ e la ‘soglia della realtà’ rappresentano il
limite e il punto di contatto tra due mondi, come ‘la soglia della vecchiaia’ indica una condizione esistenziale (“Se non di vecchiezza La
detestata soglia Evitar non impetro”, recita Giacomo Leopardi); ‘siamo
alle soglie del XXI secolo’ abbiamo ripetuto per tutti gli anni Novanta,
e a fine autunno diciamo: ‘l’inverno è ormai alle soglie’.
Soglie e spazi di transizione sono luoghi di scambio tra fenomeni
opposti, talvolta conflittuali. I due poli sono di natura diversa: positivo/negativo, chiaro/scuro, grande/piccolo, naturale/artificiale; e nello
specifico dell’architettura: luce/ombra, interno/esterno, pubblico/privato.
“E’ al limite del giorno che è possibile affacciarsi verso la notte e sostare nella soglia,
ma è proprio da questa che è possibile guardare e comprendere notte e giorno”.
E. Aceti, Abitare la soglia
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I Il varco / LA SOGLIA. La dialettica degli opposti
1. Accesso allo spazio pubblico. J.M. Olbrich, Ingresso principale all’Esposizione
della Colonia degli Artisti a Darmstadt,
Germania, 1901
4. Accesso alla città. Portoni della Bra, Verona, stampa del 1620
2. Accesso allo spazio pubblico. Gunnar
Asplund, Biblioteca di Stoccolma, Svezia,
1920-28
3. Accesso allo spazio privato. Adolf Loos,
Casa Moller, Vienna, 1927-28
“Sta sulla soglia a filar la vecchierella”, in Giacomo Leopardi,
perché è proprio sulla soglia, luogo della cerimonia di ingresso (che è
scandita dai momenti dell’attesa, del passaggio e dell’accoglienza), che
lo spirito protettivo del dio-guardiano risiede, vigile e attento; ed è sulla soglia, luogo di contatto tra due mondi, che l’uomo si pone per congiungere tra loro l’interno intimo e privato dell’abitazione e l’esterno
che appartiene alla collettività.
Trovo questa immagine dell’ingresso come cerniera tra lo spazio
pubblico e lo spazio privato particolarmente interessante. Com’è questa soglia? Come avviene il passaggio dal luogo accessibile, trasparente, visibile, rappresentativo, aggregativo della comunità e lo spazio inviolabile, personale, protettivo dell’individuo? Il passaggio si coglie,
per esempio, nelle discontinuità materiche o decorative, negli scarti dimensionali, nei cambi di luce o di colore; o nell’uso di particolari strutture costruite: dislivelli, scale e gradinate, atrii, portali, portoni e porte,
colonnati, cancellate.
In generale non c’è mai un collegamento diretto tra il pubblico e
il privato, come non esiste una continuità perfetta tra l’interno e l’esterno, per cui il luogo dello scambio è un punto nevralgico perché rappresenta la verifica dell’esistenza delle due polarità. La sua forma sarà determinante del significato che incorpora (e viceversa) e caratterizzata
dal particolare trattamento dei singoli elementi, dello spazio atmosferico e geometrico, del pavimento, del soffitto, delle pareti e degli arredi.
Il ruolo dello spazio di transizione, che deve essere rappresenta-
I Il varco / LA SOGLIA. La dialettica degli opposti
5. La soglia come transizione tra spazio pubblico e spazio privato. Mikonos, Londra, Amsterdam,
Haarlem
tivo dell’interno in cui immette e significativo per l’esterno da cui muove, decide anche il carattere della soglia: la dimensione monumentale
piuttosto che la decorazione domestica, o la presenza dell’attrezzatura
per sostare e intrattenersi piuttosto che solo per passare velocemente o
comunicare con l’interno.
In astratto potremmo dire che la soglia di per sé è una generatrice di forme spaziali e di comportamenti, ed è un luogo complesso perché in essa, come dice Bachelard, “il dentro e il fuori, che sono ambedue intimi, formano una dialettica lacerante e sono sempre pronti a ca-
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I Il varco / LA SOGLIA. La dialettica degli opposti
povolgersi, a scambiare le loro ostilità”5. La superficie limite tra dentro
e fuori è quindi sempre dolorosa da ambedue le parti.
Questa tensione è stata rilevata anche da Robert Venturi6, che individua nel punto in cui si manifestano il contatto e il contrasto tra interno ed esterno una forte complessità architettonica. Questa tensione il
Movimento Moderno ha cercato di superare con la creazione di spazi
in continuità tra interno ed esterno, che promuovessero un’immediata
accessibilità percettiva dell’interno dall’esterno. A questa tendenza ha
reagito la sensibilità post-moderna che ha rivalutato il significato e il
ruolo della soglia, sottolineandone i caratteri e valorizzandone l’immagine.
Note:
1. Martin Heidegger, Hebel der Hausfreund, Pfuelingen, 1957, p. 13.
2. Carlo Sini, Pensare il progetto, Tranchida, Milano, 1992.
3. Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975, p. 243.
4. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo,
Hoepli, Milano, 1992, p. 16.
5. Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975, p. 239.
6. Robert Venturi, Complessità e contraddizione in architettura, Dedalo, Bari, 1980.
Fonti delle illustrazioni:
1. R. Vemer (a cura di), J.M. Olbrich. Architettura. Rioproduzione completa dei
tre volumi originali 1901-1914, Jaca
Book, Milano, 1988.
2. C. Candelby, O. Hultin, Asplund, Ginko
Press, Amburgo, 1977.
3. L. Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Laterza, Roma-Bari, 1999, p. 317.
4. Il tempo e la storia 6. I segni della Verona veneziana: il Seicento, Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e
Ancona, Verona, 1982.
5. Detail, 6, 1995.
I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura?
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Cos’è una soglia in architettura? Necessità, fragilità e resistenza del
varco
Soglia (dal latino solea, ‘suola’ e dal germanico swalja, ‘soglia’)
è la parte inferiore del vano della porta, solitamente (nel passato) in legno o in pietra. Essa ha avuto spesso significato apotropaico (risalente
alla rottura dell’incanto della soglia ma anche agli atti di sovranità, che
di solito venivano celebrati dinanzi a un portale)”1. Nel ‘Dizionario di
Architettura’ Nikolaus Pevsner ne rileva sia gli aspetti tecnico-costruttivi sia quelli rituali e simbolici; per cui la soglia viene ad essere la lastra in pietra, la striscia di cemento o di legno che unisce al livello del
pavimento gli stipiti di una porta, ma anche il segnale del luogo in cui
si celebra un rito.
“La compagnia piena di doglia / tutta pensosa entrò dentro alla soglia”, recita Poliziano, che ne estende il significato al concetto di casa, dimora, o, genericamente, luogo abitabile; e Dante scrive nel ‘Paradiso’:
“Vidi specchiarsi in più di mille soglie / Quanto di noi là sù ha ritorno”,
facendo coincidere il passaggio a diversi stati della grazia con l’ascesa
dei gradini (o, più anticamete, i gradi) di una scalinata monumentale.
Walter Benjamin la definisce come “il varco nel recinto che sorveglia il dispositivo di inclusione ed esclusione”2, e Martin Heidegger
come “una figura liminare, uno spazio della transizione, un luogo di discrimine”, come “espressione emblematica del limite, che non è il punto in cui una cosa finisce, ma, come per i Greci, ciò a partire dal quale
una cosa inizia la sua essenza”3.
Il primo aspetto sul quale siamo chiamati a dare un giudizio è
quello estetico-cognitivo. Com’è e cos’è questa soglia?, ci chiediamo.
Quale tipo di passaggio genera? O, ancora, che cosa è ‘soglia’? Quando la percepiamo come tale? Si può arrivare a darle una configurazione specifica senza che diventi qualcos’altro, un altro spazio, un corridoio, un atrio? Quando si è in grado di attribuire al limite tra il dentro
e il fuori il carattere di elemento spaziale autonomo e riconoscibile?
Nel campo della percezione sensoriale, il concetto di limite è istintivo e viene interpretato come un luogo complesso e molto problematico.
Una esemplificazione calzante di questo aspetto ci offerta, a mo’
d’esempio, dall’analisi delle capacità percettive dei soggetti malati di
Alzheimer, che soffrono anche di disturbi cognitivo-percettivi. In queste persone la visione del mondo esterno avviene per campi cromatici
o luminosi, per cui la soglia viene colta come linea assoluta, come ‘tutto’ o ‘nulla’. La ‘zona franca’ nel sistema percettivo del malato può, infatti, ampliarsi fino a divenire un campo, un luogo reale, nel quale il
soggetto non ha il coraggio di avventurarsi. Per questo motivo i malati
di Alzheimer si arrestano sempre di fronte a interruzioni di campo o a
brusche alterazioni dei fattori luministici.
Nel film ‘Risvegli’, interpretato da Robin Williams e Robert De
Niro, una delle pazienti, nei suoi andirivieni quotidiani, si ferma sempre bruscamente davanti all’ultimo corso di piastrelle bianche e nere
“Usciteci”, gridò: “qui è l’intrata”.
Dante Alighieri, Inferno, VIII, v. 81
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I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura?
2. La funzione esornativa e protettiva. Porta dei Leoni, Hattuša
del pavimento, ma all’estensione del disegno della scacchiera su tutta
la superficie pavimentale questa ha superato tranquillamente quella linea muovendosi liberamente nello spazio.
1. La valenza estetico-simbolica. Enrique
Egas, Portale dell’Hospital Real, Santiago
de Compostela, 1501-11
3. Le valenze estico-cognitiva e tecnicocostruttiva. Francesco Colonna, Magna Porta, dall’‘Hypnerotomachia Polyphili’, 1499
Nell’‘Hypnerotomachia Poliphili’ Francesco Colonna4 descrive i caratteri geometrici e stilistici di una generica Magna Porta (che
possiamo riconoscere in molte opere tardo quattrocentesche dell’area
padana, per esempio nel portale della Certosa e del Duomo di Pavia
o nel portale di S. Maria della Grazie a Milano). Lo schema del portale è a colonne libere e addossate alla parete, fiancheggianti un vano
d’ingresso retto da precisi rapporti matematici e proporzioni geometriche. Il podio, il plinto, gli stipiti, le ante, etc. sono descritti con dovizia di particolari. Dettagliata è anche la descrizione del processo di
progettazione seguito dagli architetti, che in passato hanno trovato in
queste pagine una guida manualistica per la soluzione dei problemi
tecnico-costruttivi. Per esempio, Colonna consiglia di alterare con
qualche aggiunta o detrazione il rigore della progettazione attraverso
oppurtuni aggiustamenti ottici, al fine di rendere il manufatto gradito
alla vista.
La componente estetico qui si fonde con quella tecnico-costruttiva, che riguarda i modi di aprire e di chiudere i varchi di passaggio, e riuguarda quindi i caratteri tipologici della soglia: da un lato porte principali, porte di servizio, porte carrabili o pedonali; dall’altro porte a battenti,
scorrevoli o girevoli, opache o trasparenti, pesanti, automatiche, a getti
d’aria calda o a raggi laser, etc.
Prima di questo, però, la soglia, in architettura, è un elemento
(strutturale o spaziale) che deve consentire il transito selettivo del corpo umano, ed è quindi un manufatto, perciò riveste una valenza pratico-funzionale: è utile e ineliminabile per l’uomo che deve poter accedere con continuità a luoghi distinti; inoltre essa svolge una funzione di
controllo sul passaggio di persone e cose. I suoi caratteri formali dipenderanno dallo scarto che esiste tra i due mondi (l’interno e l’esterno), e dalle loro capacità e volontà di relazionarsi. In questo fulcro di
I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura?
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relazioni, la soglia rappresenta il veicolo e il collettore dei flussi interattivi ed è, perciò, un punto nevralgico, in cui risiedono i meccanismi
di controllo e protezione dello spazio privato.
I modi in cui il tema del passaggio si traduce in spazio fisico dipende dalle specificità culturali e sociali del popolo che lo realizza o
dal tipo di utenza cui è destinato e dalle attività che si svolgono all’interno dell’edificio in cui immette. Così i luoghi d’entrata dello spazio
pubblico avranno valenze pratico-funzionali diverse da quelle di una
soglia che immette nello spazio privato; diversi saranno i caratteri del
passaggio tra due spazi aperti (come l’ingresso dalla strada in una piazza), o tra due diversi ‘paesaggi’; e diverso sarà accogliere un individuo
per volta piuttosto che un flusso costante di decine di persone, o di centinaia, come negli aeroporti, negli stadi di calcio o nei teatri.
Oltre all’aspetto quantitativo, vi sono anche altri parametri che
regolano la valenza pratico-funzionale dello spazio di ingresso, come
la tradizione culturale o le pratiche sociali di un determinato contesto
storico o geografico.
Uno specialissimo uso dello spazio d’ingresso per funzioni articolate è leggibile, per esempio, nelle case Liotang di Shanghai, dove la
soglia si sviluppa in profondità, in una sequenza di percorsi non in linea retta, una sorta di breve gicane che scherma e protegge il cuore della casa dagli spiriti maligni e da intrusi indesiderati. Questa distibuzione rappresenta un valido sistema di controllo e protezione della privacy, della cui tutela è particolarmente sensibile la cultura cinese. La
sua funzione, però, non si esaurisce qui. Oltre a consentire la penetrazione ‘filtrata’ nella corte interna, è anche deposito di biciclette, luogo
di contrattazioni commerciali o di scambi amicali e diviene spesso il
punto di vendita di oggetti artigianali, se non un vero e proprio laboratorio produttivo, rappresentazione dell’attività degli abitanti e scenografia del gesto quotidiano del lavoro.
In generale la soglia svolge anche un ruolo difensivo e protettivo dai pericoli esterni. Contraddittoriamente, lo spazio del passaggio è
il luogo di massima fragilità e permeabilità ma anche quello di massima forza e maggiore controllo (sugli ospiti desiderati e indesiderati, sui
valori termoigrometrici, luministici, sonori, visivi, etc.). Quindi, se il
muro è il filtro per il caldo o per il freddo e la barriera per la luce, la
soglia è l’interruttore e il connettore, perché può interrompere e collegare a piacere i flussi in ingresso e in uscita.
Per questo motivo le civiltà di tutti i tempi collocano proprio sulla soglia le icone dei numi tutelari della casa, di Giano Bifronte, dei
leoni guardiani. C’è da aggiungere che la presenza dei custodi della soglia (dragoni alati, sfingi, mostri) trasforma l’abituale gesto del passare in un rito significativo: “non è più l’atto del passare che costituisce
il passaggio; è invece una potenza individualizzata che assicura questo
4. La funzione di controllo e di mediazione.
Spazi di deposito e attività commerciali sulla soglia di casa. Case Liotang, Shanghai,
Repubblica Popolare Cinese
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I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura?
passaggio in modo immateriale”5.
Il carattere protettivo della soglia introduce un altro parametro,
quello simbolico, spesso fortemente interrelato con gli aspetti tecnicofunzionali, tant’è che “nelle civiltà primitive è quasi impossibile distinguere il ruolo funzionale da quello magico-religioso, perché la casa, le sue stanze e i suoi arredi, hanno assunto un significato che trascende lo scopo puramente pratico”6. Per esempio, per molti popoli la
porta ha un’importanza fondamentale, in quanto elemento che chiude,
apre e rende invisibili, e viene spesso intesa come simbolo di una particolare condizione. Nella civiltà sumera, per esempio, la porta viene
data in dote alla sposa come emblema della profondità e dell’interiorità
femminile che si appresta a dischiudersi7.
5. La valenza magico-simbolica. Francesco
Colonna, Le tre porte, dall’‘Hypnerotomachia Polyphili’, 1499
Sulla porta destra c’era scolpita la parola
‘THEODOXIA’, sulla sinistra ‘COSMODOXIA’ e la terza riportava questa scritta:
‘EROTOTROPHOS’.
La funzione rituale si coglie nelle soglie dei luoghi di culto ma
anche nelle abitazioni: “il passaggio della soglia domestica è accompagnato da una serie di riti: ci si inchina e ci si prostra di fronte ad essa,
la si sfiora con un pio gesto della mano, etc.; inoltre, la soglia ha i suoi
custodi, gli dei e gli spiriti che ostacolano l’entrata alla malafede degli
uomini e alle potenze demoniache e pestilenziali. Sulla soglia vengono
offerti sacrifici alle divinità custodi.
Per alcune culture paleorientali (Babilonia, Egitto, Israele) la soglia è il luogo del giudizio.
La soglia e la porta rivelano immediatamente, concretamente, la
soluzione di continuità dello spazio; di qui la loro importanza religiosa, essendo i simboli e insieme i mezzi del transito”8.
Intesa come punto di ingresso a un diverso stadio della vita umana, il luogo di passaggio ha da sempre rivestito un significato magicosimbolico, e su di essa si sono svolti molti riti di iniziazione. Ha rappresentato nelle civiltà primitive (e ancora oggi rappresenta in molte civiltà) una sorta di aggregazione sacra di elementi, oggetti o immagini
propiziatorie, lo strumento del passaggio a un altro universo.
Anche gli stessi confini territoriali sono stati consacrati dalle
tribù semicivilizzate a qualche dio di soglia o regolati da particolari
pratiche che oggi potremmo definire ‘daziarie’. Costituiti da limiti naturali (vallate, crinali, etc.), sono spesso rappresentati da un albero o da
un masso, da un ruscello o da un lago sacro, che è vietato oltrepassare
o superare, a pena di sanzioni soprannaturali. Di frequente il confine è
segnalato da un oggetto, un palo, un portico o una pietra infissa nel terreno, collocati nel punto dell’ingresso e accompagnati da precisi riti di
consacrazione. Solchi, mura, recinti e statute costituiscono gli antichi
limiti fisici di città o territori, ma i ‘contrassegni’, i segni simbolici di
questi confini non sono posti lungo la linea di frontiera, ma solo in punti notevoli. In questi luoghi per secoli è stato sufficiente collocare un
mucchietto di erbe, un pezzo di legno o un palo a cui è legato un ciuffo
d’erba per segnalarne la sacralità, ma con il tempo vi sono state costruite strutture complesse, costruzioni monumentali, portici decorati o
I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura?
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alti podi.
Nelle civiltà primitive e semicivilizzate la valenza magico-simbolica, caratterizza anche, oltre ai confini territoriali, le porte di accesso del villaggio, della città, del quartiere, o della casa d’abitazione.
Rimandando a un’altra parte di questo lavoro l’analisi dei significati del gesto, ci interessa qui sottolineare che il carattere sacro del
passaggio non viene attribuito solo alla lastra di pietra che la tecnologia definisce abitualmente ‘soglia’, ma a tutto il varco di passaggio e
agli elementi che lo compongono. Sono sacri gli architravi, gli stipiti,
la pusterla delle mura della città, il portale del quartiere, la porta di casa. In pratica, tutta l’armatura della porta è soglia. Come soglie sono i
portici, i pronao, i nartece e i vestiboli. Soglie sono pure le porte
triumphalis e gli archi di trionfo, che sono stati eretti in passato con intenti celebrativi, che incorporano e rappresentano un rito liminare e che
oggi rimangolno sono ‘porte che non portano da nessuna parte’9, non
sporte da attraversare ma da osservare a debita distanza, .
Un tempo il passaggio dei soldati sotto l’arco di trionfo rappresentava la loro separazione dagli influssi culturali e sociali subiti dall’esercito romano durante la sua permanenza nei territori nemici, e la
reintegrazione nel mondo e nelle tradizioni latine. A queste porte erano legate precise pratiche rituali: si pensi che al generale dell’esercito
era vietato di varcare la soglia triumphalis anzitempo, pena la privazione del diritto agli auspici di guerra, e, con essi, del diritto alla gloria10.
Il passare ‘attraverso la porta’ o ‘attraverso la soglia’, soprattutto attraverso la ‘porta stretta’ o attraverso la ‘cruna dell’ago’, aveva, un
tempo, e in modo particolare nella cultura cattolica, un ruolo purificante. Rappresentava il passaggio pericoloso, la prova da superare, la
conquista di un più alto grado di forza, conoscenza e maturità. Per questo di frequente nei popoli arcaici le transizioni da un’età o da una classe sociale all’altra venivano celebrate con l’‘apertura delle porte’ e il
transito attraverso la porta del villaggio o della casa, o da una stanza all’altra o attraversando strade o piazze.
Anche in civiltà più vicine alla nostra, e nella nostra stessa, il tema del passaggio ha un valore metaforico, poiché prevede un cambiamento di stato, visibile per esempio nella modificazione dei gesti e degli atteggiamenti in relazione al carattere dello spazio in cui si accede
(pubblico o privato, esterno o interno, etc.). Giorgio De Marchis descrive in poche righe questo aspetto: “la soglia della porta d’ingresso
principale, limite e passaggio da cui si accede all’interno, è un segno
che separa la strada dalla casa, l’esterno dall’interno. Ad essa possono
presentarsi il bene o, Dio ne guardi, il suo contrario. La soglia non si
varca per caso o a caso, ma con fausti auspici: varcandola il civis diventa dominus, l’associata al letto coniugale diventa, se ne è all’altezza, padrona di casa, l’estraneo virtuoso diventa ospite”13.
6. Porte di città. Michele Sanmicheli, Porta
Nuova, Verona, 1533-40
7. Archi triumphalis. Arco di Traiano, Timgad, Algeria, c. 100 d.C.
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I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura?
8. La soglia ‘sugli’ oggetti d’arredo. Letto estivo divisibile disegnato da Sheraton per coniugi che
vogliono dormire separati durante la stagione calda. L’accesso ai letti è segnato da un arco trionfale
Un aspetto fondamentale del tema del margine per questa ricerca, è la sua applicazione alla disciplina d’interni, agli spazi, agli arredi
e agli oggetti d’uso. La riduzione della scala dimensionale, dalla soglia
urbana ed edilizia a quella oggettuale, non modifica i termini della questione, anzi ne approfondisce alcuni aspetti, delineandone nuovi caratteri. Un esempio valga per tutti: la diversa categoria di gesti che prendono in considerazione le discipline d’interni e di progettazione dell’oggetto, non riguardano più il passaggio del corpo umano di uno o di
molti individui attraverso un varco, ma piuttosto lo stretto rapporto tra
l’oggetto, il suo modo d’uso nel tempo, e l’uomo.
Per esempio, la demarcazione della frontiera tra il pavimento e
la parete che chiamiamo abitualmente ‘zoccolino’ che accompagna
l’ingresso dall’esterno all’interno dell’edificio e definisce il limite tra il
piano verticale e il piano orizzontale, sottolinea il loro incontro e presiede ai loro intimi scambi, è chiaramente un segno di soglia.
La linea di margine tracciata lungo la sezione dei piani orizzon-
I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura?
tali di tavoli, mensole, panche, e piani d’appoggio evidenzia il preciso
confine entro il quale è ammesso il contenimento di parti del corpo
(l’appoggio delle braccia conserte sul piano del tavolo, il punto di snodo della gamba piegata tra il piano orizzontale della seduta e il piano
del pavimento, etc.) o di generici oggetti (si vedano certi profili colorati, metallici, in legno sagomato o decorato, etc.)
La linea colorata spesso tracciata sul bordo di vasi, brocche o
piatti demarca l’essenza e la singolarità dell’oggetto, per così dire lo separa dal mondo esterno e ne definisce al contempo il luogo del dialogo, il preciso punto (meglio: la linea) dello scambio, tra il contenitore,
il contenuto e l’atmosfera che contiene entrambi.
Ma è, forse, il limite disegnato sul bordo delle scodelle, o dei
bicchieri, a sintetizzare più di ogni altro margine oggettuale il significato di luogo di soglia, poiché esprime una precisa relazione tra l’oggetto inteso come entità autonoma con propri ruoli e caratteri formali,
e l’uomo, fruitore e agente di una precisa gestualità. La demarcazione
del bordo della scodella sottolinea e valorizza il luogo del contatto, specialissimo, perché delicato, tra le labbra, l’oggetto e il contenuto12.
Soglia, in questo lavoro, è, così, molte cose. Non solo segni, limiti o margini; non solo varchi, intervalli attraversabili, passaggi; né
semplicemente elementi architettonici o strutture materiali. Ma anche
superfici, spazi, articolazioni di ambienti, atmosfere e luoghi.
Il discorso intorno a questo tema si articola, quindi, in una vastità
di letture incrociate su piani paralleli e indipendenti (tecnologico-costruttivo, pratico-funzionale, estetico, simbolico) comunque sempre legate all’interpretazione della soglia-come-luogo-del-gesto e come luogo
abitabile.
L’analisi dello spazio architettonico, però, fa rilevare molte difficoltà nella definizione precisa dei margini.
Ce ne dà riprova Italo Calvino in una delle sue ‘Città invisibili’.
“Per parlarti di Pentesilea dovrei cominciare a descriverti l’ingresso
nella città. Tu certo immagini di vedere levarsi dalla pianura polverosa
una cinta di mura, d’avvicinarti passo passo alla porta, sorvegliata dai
gabellieri che già guatano storto ai tuoi fagotti. Fino a che non l’hai raggiunta ne sei fuori; passi sotto un archivolto e ti trovi dentro la città; il
suo spessore compatto ti circonda; intagliato nella sua pietra c’è un disegno che ti si rivelerà se ne segui il tracciato tutto spigoli.
Se credi questo, sbagli: a Pentesilea è diverso. Sono ore che
avanzi e non ti è chiaro se sei già in mezzo alla città o ancora fuori. Come un lago dalle rive basse che si perde in acquitrini, così Pentesilea si
spande per miglia intorno a una zuppa di città diluita nella pianura: casamenti pallidi che si danno le spalle in prati ispidi, tra steccati di tavole e tettoie di lamiera. Ogni tanto ai margini della strada un infittirsi
di costruzioni dalle magre facciate, alte alte o basse basse come in un
pettine sdentato, sembra indicare che di là in poi le maglie della città si
19
9. Demarcazione della soglia sugli oggetti
d’uso
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I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura?
Note:
1. Si veda: AAVV, Vocabolario Treccani
della Lingua Italiana, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 1987, voce ‘soglia’.
2. Walter Benjamin, Angelus Novus,
Schriften, Frankfürt am Mein, Einaudi,
Torino, 1962.
3. Martin Heidegger, Saggi e Discorsi, Milano, 1954.
4. Francesco Colonna, Hynerotomachia
Poliphili.
5. A. van Gennep, I riti di passaggio, Bollati Boringhieri, Torino, 1981, p. 19.
6. W. Andrae, Das Gotteshaus und die
Urformen des Bauens im alten Orient,
Berlin, 1930.
7. Christian Norberg Schulz, Intenzioni
in architettura, Officina, Roma, 1977,
p. 135.
8. Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino, 1973, pp. 21-22. Si
veda anche H.C. Trumbull, The Thresold Convenant, New York, 1896.
9. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 88.
10. V. F. Naak, Triumph und Triumphbogen,
Leipzig, 1928, p. 168.
11. Giorgio De Marchis, Dell’Abitare, Sellerio, Palermo, 1998, p. 15.
12. Sulla decorazione di soglia si veda:
Gianni Ottolini, Forma e significato in
architettura, Laterza, Bari-Roma, 1996,
pp. 58 e segg.
13. Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino, 1972, pp. 162-163.
Fonti delle illustrazioni:
1. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
2. H.W. Müller, S. Lloyd, Architettura delle origini, Electa, Milano, 1989.
3. Scritti rinascimentali di Architettura,
Edizioni Il Polifilo, Milano, 1978, pp.
208-228.
4. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
5. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio,
Palermo, 1992., p. 43.
6. L. Puppi, Michele Sanmicheli architetto: opera completa, Caliban, Roma,
1986.
7. D. Watkin, Storia dell’architettura occidentale, Zanichelli, Bologna, 1994.
8. R. Montenegro, Abitare nei secoli,
Mondadori, Milano, 1996.
9. Rielaborazione da: Rudolf Arnheim, La
dinamica della forma architettonica,
Feltrinelli, Milano, 1981.
restringono. Invece tu prosegui e trovi altri terreni vaghi, poi un sobborgo arruginito di officine e depositi, un cimitero, una fiera con le giostre, un mattatoio, ti inoltri per una via di botteghe macilente che si perde tra chiazze di campagna spelacchiata.
La gente che s’incontra, se gli chiedi: ‘Per Pentesilea?’ fanno un
gesto intorno che non sai se voglia dire: ‘Qui’, oppure: ‘Più in là’, o:
‘Tutt’in giro’, o ancora: ‘Dalla parte opposta’.
‘La città’, insisti a chiedere.
‘Noi veniamo qui a lavorare tutte le mattine’, ti rispondono alcuni, e altri: ‘Noi torniamo qui a dormire’.
‘Ma la città dove si vive?’ chiedi.
‘Dev’essere’, dicono, ‘per lì’, e alcuni levano il braccio obliquamente verso una concezione di poliedri opachi, all’orizzonte, mentre
altri indicano alle tue spalle lo spettro d’altre cuspidi.
‘Allora l’ho oltrepassata senza accorgermene?’
‘No, prova a andare ancora avanti’.
Così prosegui, passando da una periferia all’altra, e viene l’ora
di partire da Pentesilea. Chiedi la strada per uscire dalla città; ripercorri la sfilza dei sobborghi sparpagliati come un pigmento lattiginoso;
viene notte; s’illuminano le finestre ora più rade ora più dense.
Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slabbrato circondario esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi c’è stato,
oppure se Pentesilea è solo periferia di se stessa e ha il suo centro in
ogni luogo, hai rinunciato a capirlo. La domanda che adesso comincia
a rodere nella tua testa è più angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un
fuori? O per quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all’altro e non arrivi a uscirne?”13.
I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia
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Elementi che individuano una soglia
Prima che le porte venissero reputate indispensabili esisteva soltanto il varco nel muro e, prima ancora, la bocca della caverna. L’utilizzo dello spazio interno con funzione protettiva e intima ha innescato il bisogno di interporre tra esterno e interno una qualche palpebra,
per esempio una pelle d’animale (questa soluzione viene ancora impiegata in alcune città dell’Italia Meridionale, dove in estate gli ingressi
delle chiese vengono celati spesso dietro una pesante cortina di cuoio).
Sin dalle origini, dalla grotta e dalla capanna primitiva, fino al
tempio e alla stessa piazza all’aperto, l’architettura propone diverse
forme di mediazione tra il dentro e il fuori1.
La porta è per eccellenza l’emblema di questa integrazione. Essa controlla la permeabilità del limite e garantisce, oltre alla possibilità
di superare le discontinuità spaziali, diverse forme di protezione, difesa e rappresentatività.
Nikolaus Pevsner ne dà una definizione articolata nel suo ‘Dizionario di Architettura’: “la porta è un vano aperto entro un muro o
un’anta urbana, atta a consentire il passaggio. In basso si ha un elemento orizzontale (soglia), ai lati gli stipiti, sormontati dall’architrave
(che genera la geometria rettangolare del trilite, talvolta con fregio o
sopraporta); nello spessore del muro entro cui si apre la porta si ha
l’imbotte; l’ampiezza della porta è detta luce. Per porte di grandi dimensioni si parla spesso di portoni o portali”2; sono citate anche: fornici e porte urbicae (delle città), porte trionfali (archi onorari), porte
del castrum, praetoria, decumana, porte levatoie e saracinesche (nei
castelli medievali), porte dissimulate o segrete (false porte), porte dei
morti, porte sante, porte cocchiere, porte nuziali, porte-finestre, a ghigliottina, porte maggiori, di servizio, di sicurezza, porte stagne, etc.
Vengono inoltre specificate le componenti del serramento e del relativo
infisso: “i battenti sono inquadrati da un controtelaio che può essere
connesso direttamente al muro mediante grappe ma più spesso è avvitato a un telaio murato; il coprigiunto tra l’infisso e il muro è detto mostra. I battenti possono essere uno o due; talvolta in uno di essi è ricavata una porta più piccola (specie nelle fortificazioni) che fu detta gattaia”3. E infine vengono elencati i diversi tipi di battenti (alla mercantile, tamburato, antincendio, di sicurezza, antifurto, in acciaio) e di porte
‘di grande luce’ (scorrevoli, girevoli, a pendolo, a libro, etc.).
Sull’essenza e sul significato intrinseco della porta scrive Heinrich Tessenow: “Se la porta viene realizzata secondo una precisa idea
costruttiva, essa riflette nelle sue belle misure, nei rapporti, etc. tutte le
esigenze e anche la gioia stessa della costruzione, sì che diventa un piacere il fatto di usare la porta come tale, fino al punto di rallegrarci del
fatto che al mondo non si possa fare a meno delle porte; in questo caso
alla fine risulterà anche l’elemento decorativo, ma senza averlo voluto
e senza essercene preoccupati.”4
Decorazioni, sculture, citazioni e addobbi ornano la porta, e ne
sottolineano il ruolo di cerniera, aprendo a una vasta gamma di me-
“In molte civiltà si trovano degli elementi,
dotati di una forte qualità figurale, che servono a marcare la transizione tra esterno e
interno. Il portico (colonnato, arcata) è uno
di questi. […] Il portale è anche un elemento distintivo di uso comune, soggetto a svariate interpretazioni figurali, dal pilone egiziano all’arco di trionfo romano, sino ai vari tipi di porte cittadine.
Infine dobbiamo menzionare quei motivi subordinati e variabili che comunemente caratterizzano un insediamento. Elementi
esterni, di questo genere, sono anzitutto alcuni tipi di aperture come i portali e le finestre. Il loro aspetto è determinato dalla forma, la grandezza e la distribuzione.”
C. Norberg-Schulz, L’abitare
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I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia
1. Porte. Porta in legno, Santa Maria in
Capitolo, Colonia, Germania, 1050-1065
3. Portali. P’ai-lou cinese, Pechino, Repubblica Popolare Cinese
2. Porta: soglia, stipiti, architrave e anta. Componenti di una porta d’abitazione, Nuova Caledonia
tafore, immagini e significati simbolici, di cui avremo modo di parlare
in seguito (v. Problematicità e simbolismi del passaggio).
Le porte bronzee delle cattedrali romaniche e gotiche (si veda la
Porta del Paradiso di Francesco Ghiberti, la Porta del Battistero di Firenze di Andrea Pisano, etc.), le loro dimensioni, la pesantezza o la composizione in formelle narrative non rappresentano solo un sistema di
chiusura ermetica dello spazio interno, ma anche, sul piano dei contenuti, il luogo del transito del fedele dal profano al sacro. L’univocità del
senso (la decorazione è solo sull’esterno) sta ad indicare il valore della
sequenza profano-sacro (in opposizione al non-valore sacro-profano) e
sottolinea la preziosità dell’interno, sede del tesoro che è la fede.
I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia
23
Ma da cosa dipende l’unidirezionalità del varco dello spazio sacro? Perché la decorazione è solo all’esterno? Probabilmente è dovuta
al modello e al tempo di fruizione dello spazio: quando la porta è chiusa l’interno è inaccessibile (a meno che, come accade spesso per preservare il valore artistico delle porte antiche, la si mantenga normalmente chiusa e si faccia deviare il flusso di visitatori verso altri ingressi secondari). La porta, allora ‘parla’ a chi sta fuori, nello spazio dell’attesa, e se è chiusa perché protegge qualcuno che sta nell’interno, allora non ha motivo di esaltare il proprio ruolo di soglia attraverso un
forte apparato decorativo, perché i punti focali verso cui si rivolge l’attenzione del fedele sono altri (l’altare, le cappelle, il tabernacolo, etc.).
C’è da aggiungere, inoltre, che la soglia decorata all’interno attribuirebbe significati non corretti al punto del passaggio, valorizzando il
movimento verso l’esterno, meno importante, anche se il Vangelo raccomanda: “Andate e predicate al mondo!”.(v. La decorazione come valore estetico e narrativo)
In realtà la porta di cui stiamo parlando ha il suo valore massimo quando è aperta, e la decorazione dei due battenti, appoggiati alla
faccia interna degli stipiti, quella che guarda proprio sul varco, accompagna il passaggio. La decorazione allora partecipa al gesto del passare e amplifica simbolicamente la profondità e lo spessore del muro sul
quale il varco si apre.
Al di là degli aspetti interpretativi legati alle metafore e decorativi, la porta è in realtà “ciò di cui manca”5, lo spazio vuoto lasciato nel
muro nell’atto di costruire una casa, attraverso il quale avervi accesso;
uno spazio non colmato dal materiale, perché si costruisce la casa, ma
non si costruisce la porta. E’ proprio questo ‘mancare’ della porta, questa sua assenza, a rappresentarne l’essenza più intima e a definirne esplicitamente il ruolo.
Il portale, che potrebbe essere pensato come una ‘grande porta’,
o una ‘porta decorata’, in realtà è qualcosa di diverso. E’ una struttura
che potrebbe vivere indipendentemente rispetto all’edificio in cui immette, e alla cui facciata, spesso, si ‘appoggia’, caratterizzandone l’apetto. Archetipo di ogni transizione spaziale, ‘soglia della recinzione’
più che ‘soglia dell’edificio’, segnale di invito, guida percettiva dell’accesso, anticipazione della qualità e dell’importanza dell’edificio, il
portale arricchisce l’architettura dello spessore della citazione e conferisce dignità ai luoghi.
Dai primitivi ingressi nelle caverne, ai simbolici cumuli di pietra, ai triliti, ai più complessi e decorati p’ai-lou cinesi; dagli alti e decoratissimi portali d’ingresso delle moschee islamiche agli archi di
trionfo romani, ai portali delle cattedrali gotiche, agli archi porticati e
decorati di Boulée6, tutti questi portali hanno condensato significati
culturali e celebrativi di cui ancora oggi riconosciamo il valore. Potremo dire, quindi, che un portale è una struttura che provoca azioni rituali
e che in esso converge un preciso simbolismo.
4. Cancelli. Carlo Scarpa, Ingresso per i funerali del Cimitero Brion, S. Vito d’Altivole, Treviso, Italia, 1969-78
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I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia
5. Corti e cortili. Edoardo De la Sota, Patio
di casa mediterranea, Siviglia, Spagna, 1955
7. Percorsi, scale, Portici e atrii. Carlo de
Carli, Chiesa di San Gerolamo Emiliani,
Cimiano, Milano, Italia, 1954-65
8. Basamenti. Hephasteion, Atene, Grecia,
450-440 a.C.
6. Pensiline. Le Corbusier, Portico d’ingresso della Cité de Refuge, Parigi, Francia, 1929
Il cancello è un sistema di chiusura dell’ingresso (generalmente
in legno o in metallo, ma anche in pietra o in calcestruzzo, a uno o due
battenti) interposto tra due spazi aperti.
Carlo Scarpa ne dà una interpretazione originale progettando
per il cancello del Cimitero Brion, una grande anta scorrevole “riempita di cemento su cassaforma con superfici interne in vetro. Le ruote,
che nascondono i cuscinetti a sfere, sono in bronzo e sono situate all’estremità di un carrello che si muove su rotaie annegate nel calcestruzzo della pavimentazione. Il cancello non si può aprire completamente, ma solo per tre quarti, lasciando sempre in evidenza un maniglione in tondo pieno di acciaio del diametro di 40 mm. L’altezza del
I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia
25
cancello (163 cm) riprende l’allineamento del muro di cinta inclinato
e ne continua la barriera, se chiuso”7. Tuttavia lascia intravedere l’interno attraverso un’apertura a forma di croce collocata all’altezza dell’occhio umano. Questo pesante cancello rievoca i portali in pietra delle piramidi e dei templi Egizi.
Pensiline, aggetti o accessi ‘in avancorpo’ che proteggono la
spazio esterno del varco di passaggio, segnalano la presenza di una soglia. Il loro ruolo è funzionale, perché danno riparo a chi aspetta all’aperto, ma anche estetico e simbolico, perché sottolineano il ruolo prioritario della porta rispetto alla continuità indifferenziata della facciata e
indicano al visitatore il punto di accesso all’edificio.
Spazi di soglia che costruiscono dei diaframmi tra l’interno e l’esterno sono molto ricorrenti nelle architetture sacre: la corte con fontana delle moschee , chiusa sui quattro lati e aperta verso il cielo, ‘filtra’
e ‘purifica’ il passaggio dal profano al sacro; il quadriportico della basilica paleocristiana e il nartece porticato, che ritroviamo anche nelle
chiese romaniche, vengono usati come spazi d’attesa e di preparazione
per i fedeli prima di entrare nel luogo consacrato.
Il portico di accesso alla Chiesa di San Girolamo Emiliani a Cimiano, di Carlo De Carli, dà un’interpretazione nuova al tema dell’accedere al luogo del culto. Esso sembra sintetizzare nell’unico elemento di raccordo tra interno ed esterno momenti tra loro molto diversi. Il
portico, articolato con vari accessi, raccoglie il movimento dei fedeli
che vi si recano da diversi luoghi; è sopraelevato su un basamento, cui
si accede tramite alcuni gradini e restituisce, nel moto ascensionale, il
distacco delle cose terrene; si sviluppa lungo tutta la facciata principale e sottolinea, anche formalmente, il margine che separa l’interno dall’esterno; è uno spazio che prepara (è un percorso) e accoglie (è una
stanza protetta).
I basamenti e i pilotis, che sopraelevano l’edificio da terra, nel
primo caso consolidandolo fermamente nel secondo separandolo con
un cuscinetto d’aria intermedio, rappresentano delle soglie laddove, o
per la perdita del valore di luogo della porta d’accesso o per particolari necessità funzionali o formali, svolgono un ruolo di intermediazione
tra interno ed esterno.
Per esempio, nell’Hephasteion di Atene (450 -440 a.C.), il cui
accesso è segnalato da un basamento e da alcuni gradini, lo spazio einterno vero e proprio non è in realtà quello del Megaron, ma l’area porticata delimitata dal podio.
Il sagrato della Chiesa di S. Ildefonso a Milano, di Carlo De Carli, la sopraelevazione rispetto alla piazza Damiano Chiesa che gli è prospiciente, promuoveva un momento di pausa e di attesa di fronte all’ingresso, ma soprattutto dava ai fedeli l’occasione per incontrarsi e
per intrattenersi.
9. Basamenti. Carlo de Carli, Sagrato della
chiesa di S. Idelfonso, Milano, Italia, 1955
10. Scale e scalinate. Charles Rennie Mackintosh, Scalinata della School of Modern Art,
Glasgow, Scozia, Gran Bretagna, 1906-10
11. Ingressi in avancorpo. Alvaro Siza
Vieira, Ingresso al Centro servizi della Facoltà di Architettura dell’Università di Porto, Portogallo, 1986-96
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I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia
12. Teo Hotz, Pensilina e avancorpo d’ingresso del Centro Ricerche e Sviluppo, Baden, Svizzera, 1997
Come sostiene Georg Simmel, tutto ciò che separa per ricongiungere è soglia. Così gradini, scale, scalinate, che collegano tra loro
livelli diversi di esterni e interni, sono tutti elementi che indicano il
passaggio.
La scalinata di accesso alla Scuola d’Arte di Glasgow di Charles
Rennie Mackintosh, con la sua forma sinuosa, accoglie e invita verso
l’interno, mentre la lampada, posta come chiave di volta di un arco metallico proprio nell’invito della scala, e i suoi spessi muri laterali circoscrivono un luogo privo di pareti e soffitto, ma già, per i suoi caratteri
spaziali, fortemente connotato come interno.
Citiamo un’ultimo ‘tipo’ prodotto dallo sviluppo della soglia nella terza dimensione: la stanza di passaggio, che viene interpretata dal
punto di vista spaziale come bussola, avancorpo o cavità nell’edificio.
13. Atrio di una casa pompeiana, Pompei,
Italia
Alle strutture spaziali che individuano tradizionalmente un luogo di soglia e che abbiamo presentato finora, si possono aggiungere, infine, altre strutture, non ‘costruite’ ma legate alla sfera della percezione, come le repentine variazioni di luce, di materia, di colore, di dimensione, di decorazione.
Questi processi sono innescati dal ruolo antropologico che sono
in grado di svolgere gli elementi che individuano una soglia, che possono di per se stessi promuvere o orientare determinati comportamenti, oppure esprimere contenuti più complessi rispetto all’oggettività
della forma o alle necessità funzionali del varco.
Il portone di accesso all’abitazione, per esempio, “è il segno di
sé posto al confine con il mondo esterno e dalle dimensioni del portone e dall’enfasi del portale si misura la volontà di grandezza dell’abitante. Ma questo segnale è contraffatto anche dalla sua storia. Se infatti ancora oggi il portone di un condominio è molto più grande dei portoncini di accesso ai singoli alloggi, questo è perché il signore dell’Ottocento usciva dal portone in carrozza e ancora oggi il portone viene
I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia
decodificato come sinonimo dell’importanza sociale di chi vi abita.
La pensilina è la rielaborazione con alfabeti attuali del segnale
del tetto, quindi è percepita positivamente da chi ha il desiderio del tetto e vuol passare per moderno. Con la pensilina davanti all’ingresso chi
abita nella casa si riappropria di una porzione di spazio esterno riclassificandolo come propria area di influenza.
Se la riappropriazione dello spazio esterno si compie definitivamente la pensilina diviene porticato; il porticato è un segnale gratificante, perché stabilisce in termini di possesso, quindi di sicurezza, il
rapporto perduto della casa con il territorio e insieme trasferisce all’esterno il segnale dell’abitante a significare un raggiunto rapporto di socializzazione con il mondo”9.
Individuati fin qui gli elementi che segnalano la presenza di una
soglia, vediamo ora dove e in che modo essa si esprime in termini spaziali bi- e tri-dimensionali.
27
Note:
1. V. J. Ryckwert, La casa di Adamo in Paradiso, Adelphi, Milano, 1972, p. 524.
2. Nikolaus Pevsner, John Fleming, Hugh
Honour, Dizionario di Architettura, Einaudi, Torino, 1981, voce ‘porta’, pp.
523-524.
3. V. nota 2.
4. Heinrich Tessenow, Osservazioni elementari sul costruire, 1966, trad. it. Milano, 1974, pp. 125 e segg.
5. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 17.
6. Paolo Giambartolomei, Al piede dell’architettura, Officina, Roma, 1998, p. 108.
7. B. Albertini, S. Bagnoli, Scarpa. L’architettura nel dettaglio, Jaca Book, Milano, 1988, p. 220.
8. Adriano Cornoldi, L’architettura della
casa, Officina, Roma, 1988, p. 267.
9. Pier Lodovico Rupi, Architettura e antropologia, Edizioni Medicea, Firenze,
1981, pp. 33-34.
Fonti delle illustrazioni:
1. X. Barral i Altet, O mundo romanico,
Taschen, Colonia, 2001.
2. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1990.
3. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
4. B. Albertini, S. Bagnoli, Carlo Scarpa.
L’architettura nel dettaglio, Jaca Book,
Milano, 1988.
5. A. Cornoldi, L’architettura dei luoghi
domestici, Jaca Book, Milano, 1994.
6. W. Boesiger, Le Corbusier, Zanichelli,
Bologna, 1997, p. 49.
7. C. De Carli, Architettura. Spazio primario, Hoepli, Milano, 1982.
8. C. Norberg-Schulz, L’abitare, Electa,
Milano.
9. C. De Carli, Architettura. Spazio primario, Hoepli, Milano, 1982.
10. D. Watkin, Storia dell’architettura occidentale, Zanichelli, Bologna, 1994.
11. K. Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano, 1999.
12. Detail, 4, 1997.
13. M. Brion, Pompei ed Ercolano, Istituto
Geografico De Agostini, Novara, 1962.
LIVELLI DI SOGLIA
“Il solco tracciato nel suolo, il segno disposto nel terreno, o il varco misurato tra luoghi, restituiscono nel ricorso millenario, le molte versioni del transito dall’una all’altra regione, determinando punti, linee, superfici che, insieme, congiungono e dividono: ogni volta soglie, ovvero tramiti, passaggi,
demarcazioni, individuati dall’esistenza reale come dall’apparenza virtuale”.
Carlo Sini, Pensare il progetto, Tranchida, Milano, 1992, p. 10
Fonti delle illustrazioni:
(nella pagina precedente)
1. Veira da Silva, Les Treize Portes, 1972
(da: Gisela Rosenthal, Vieira da Silva
1908-1992, Taschen, Colonia, 1998).
I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La non-soglia
31
La non-soglia: continuità tra interno ed esterno
All’ingresso del Padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe
la soglia sembra non esistere. La porta non c’è. Essa è sostituita da
un’ampia lastra di vetro, da una parete trasparente che è margine e dispositivo di apertura al contempo.
Ma, dice Marco Biraghi, se ‘non c’è’ la porta non esiste nemmeno il problema di attraversarla o di non attraversarla. In realtà una
barriera fisica deve esistere, non foss’altro per garantire il mantenimento delle condizioni microclimatiche interne, anche se apparentemete non sembra esistere, data la trasparenza del vetro che, per definizione, garantisce una continuità totale tra esterno e interno. Visivamente e formalmente, quindi, la soglia di Mies non ha corpo. E’ una
membrana quasi impercettibile, una linea tanto esile da divenire quasi
astratta, inconsistente.
Nella miesiana Casa Farnswhort la porta a battente, trasparente e bidimensionale, difficile da identificare nella parete in vetro in cui
è ritagliata, priva delle linee di margine e della spazialità che renderebbe questo luogo riconoscibile e abitabile, non rappresenta un luogo di
soglia. La necessità del varco è infatti condizione necessaria per l’esistenza della porta d’ingresso, ma non sufficiente per la sua caratterizzazione in quanto luogo significativo.
Eppure ritengo che anche in Mies si possa riconoscere una spazialità nel punto dell’ingresso: nello spessore esilissimo della parete
trasparente si riconosce, infatti, una linea di discontinuità sul piano del
pavimento che identifica il margine astratto tra dentro e fuori. La soglia
miesiana non va cercata qui, però, ma in elementi per così dire ‘non tradizionali’, come il basamento, a Barcellona, e i vassoi aerei delle terrazze di casa Farnsworth. Entrambi sopraelevano l’edificio da terra e,
ciascuno con modalità diverse, scandiscono il processo di avvicinamento e progressiva penetrazione (quasi naturale) nello spazio interno.
Su questi elementi sono stati trasferiti i valori di margine di cui è stata
privata la porta.
Decade, così, l’ipotesi dell’inesistenza della soglia, che, ridotta a un minimo, quasi indefinibile segno, non è spazio, né ancora linea,
ma certamente è varco, ed è passaggio.
“Come si attraversa questa porta? Se la attraversi, allora c’è; se non la attraversi, allora come si fa ad entrare? Chi sa veramente
attraversarla lo faccia e mi faccia vedere
come si fa!”
Marco Biraghi, Porta multifrons, 1992
1. Ludwig Mies van der Rohe, Basamento
del Padiglione di Barcellona, Spagna, 1929
2. Ludwig Mies van der Rohe, ‘Vassoi’ d’accesso di Casa Farnswhort, Plano, Illinois,
USA, 1945-51
Note:
1. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio,
Palermo, 1992.
Fonti delle illustrazioni:
1. A. Drexler, The Mies van der Rohe
Archive. An illustrated catalogue of the
Mies van der Rohe drawings, The Museum
of Modern Art, Garland, New York, 1992.
2. W. Blaser, Mies van der Rohe. Farnsworth
House, Birkhäuser, Basel, 1999.
I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La soglia come linea
33
La soglia come linea
“Se ho un foglio di carta metà rosso e metà blu, la linea di divisione è rossa o blu? [...] E’ evidente che la linea non è né rossa né blu.
La linea non è propriamente una linea, perché la linea è un’apertura, è
quel nulla che pur ci deve essere perché io possa scandire il rosso dal
blu, perché io possa opporre rosso e blu”1.
Martin Heidegger definisce la soglia come il nulla che consente
il gesto, [...] che consente l’attraversamento, lo slancio, l’esercizio di tutti i miti e di tutte le pratiche d’iniziazione, e che consente tutte le leggi ‘qui dentro comando io, là fuori no’: al di là del Rubicone, e così via2.
Joseph Conrad la interpreta come la ‘linea d’ombra’ che separa il presente dal passato, la giovinezza dalla maturità3.
In architettura il muro incarna questa linea e, “poiché l’interno
è diverso dall’esterno, il muro, la zona di differenziazione, diventa un
avvenimento architettonico.
Porre un limite al pensiero, sosteneva Wittgestein, vuol dire
poterne pensare entrambi i lati: ciò che sta di qua e ciò che sta di là”5.
L’architettura incarna questo paradosso perché costruisce i muri, cioé
limina, pone dei limiti, delimita ‘luoghi’ nello spazio.
Diceva Elias: “il muro è il luogo del contrasto del dentro/fuori, dell’interno/esterno, e poi di tutte le coppie (non a caso Giano è bifronte!) uomo/natura, cultura/natura, città/campagna. Sicché si può
parlare appropriatamente di ethos del muro: il muro ha un ethos perché
ha un luogo, un luogo enigmatico e di conflitto, che è poi il luogo dell’uomo”4.
“Margini... sono i confini tra due diverse fasi,
interruzioni lineari di continuità. [...] Possono
costituire barriere, più o meno penetrabili, che
dividono una zona dall’altra, o possono essere
suture, linee secondo le quali due zone sono
messe in relazione ed unite l’una all’altra”.
Kevin Lynch, L’immagine della città, 1975
1. Trilite all’ingresso di una casa pompeiana
Il muro è il limite sottolineato dall’architettura tra ciò che sta
dentro e ciò che sta fuori, il punto di passaggio tra i due mondi; e il varco aperto nel suo tracciato è la soglia. Questa a volte ha un carattere bidimensionale, si presenta, cioè, come superficie verticale con uno spessore e una consistenza materica tanto esili da essere ridotta a un semplice segmento adimensionale.
Il trilite d’ingresso della Casa del Fauno a Pompei è una soglia
lineare, disegnata sul pavimento dell’ingresso, una semplice linea di discontinuità tra interno ed esterno che definisce l’identità della soglia.
Analogamente l’ingresso allo studio professionale di Zumthor,
ad Haldenstein, è segnalato da una esile cornice metallica che sembra
accennare a una spazialità, sporgendo dalla superficie del muro, ma, in
realtà, non costruisce alcun ponte tra dentro e fuori, e si limita a incorniciare il varco.
2. Peter Zumthor, Ingresso allo studio
Zumthor, Haldenstein, Svizzera, 1988
Note:
1. Ci si riferisce agli studi del filosofo americano
Charles Sanders Peirce sul ‘Nulla della soglia’.
2. Si veda: Martin Heidegger, ‘Il linguaggio’,
in: A. Caracciolo (a cura di), Il cammino verso il linguaggio, Milano, 1973, p. 39.
3. Joseph Conrad, ‘La linea d’ombra’, in: Racconti, Mondadori, Milano.
4. Si veda: Robert Venturi, Complexity and
Contradiction in Architecture, New York,
1966, p. 88.
Fonti delle illustrazioni:
1. M. Brion, Pompei ed Ercolano, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1962.
2. P. Zumthor, H. Binet, Peter Zumthor. Opere
architettoniche 1979-1997, Lars Müller, Baden, 1998.
I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La dimensione spaziale
35
La dimensione spaziale
“La soglia è il luogo che ha la capacità di ri-unire lo spazio che
si è in precedenza percepito come diviso, perché l’atto del costruire genera sempre e in ogni luogo una parcellizzazione dello spazio, una separazione tra spazio naturale e spazio artificiale. Lo spazio che relaziona i due ambiti pone una cerniera tra lo spazio dell’uomo e tutto ciò che
è fuori di esso e supera la separatezza tra interno ed esterno, unifica i
due ambiti senza essere selettivamente ‘dentro’ o ‘fuori’, poiché, a differenza della parete che, silenziosa, è estranea a ciò che sta al di là di
essa, la porta istituisce una doppia relazione con ognuno dei due mondi”1 e una terza relazione, inedita, che è la sintesi delle prime due relazioni (esterno-soglia, soglia-interno e interno-esterno) realizzate nel
luogo stesso del passaggio, cioé nel punto, sulla linea o dentro lo spazio della soglia.
Essa partecipa, quindi, di due realtà, appartenendo sia allo spazio
esterno, da cui ci si muove, sia a quello interno, verso cui ci si orienta (e
viceversa). Proprio in funzione di questo duplice ruolo e appartenenza, la
soglia acquista profondità e quindi spazialità e tridimensionalità.
“Le soglie e gli spazi di transizione diventano un ‘luogo’: il ‘luogo dove il mondo si
ribalta”.
P. Boudier, Esquisse d’une théorie
de la pratique, 1970
La soglia-spazio è il modello cui facciamo riferimento in questa ricerca, cioè il modello di uno spazio di passaggio in cui l’uomo
‘entra’, ‘sta’ ed ‘è raccolto’. I Propilei dell’Acropoli di Atene (c. 480
a.C.) o le antiche porte di città, aperte negli spessori di alcuni metri delle mura urbane, sono soglie tridimensionali.
Un esempio interessante di soglia tridimensionale è rappresentata dal ponte-levatoio dei castelli medievali o dal più attuale ponte mobile. L’originalità di questi ponti sta nel fatto in essi sono concentrati e
resi inscindibili due aspetti molto importanti, la spazialità della soglia e
l’accessibilità all’edificio: il ponte-levatorio è uno spazio solo quando è
calato, e permette di superare il fossato che circonda il castello, altrimenti è solo una ‘porta’ che ‘chiude’. Il ponte levatoio è perciò la sintesi di due strutture fondamentali, il ponte e la porta, che Georg Simmel
ha acutamente interpretato nel suo famoso saggio ‘Brücke und Tür’.
L’aspetto dinamico del ponte mobile lo troviamo anche nelle
porte girevoli, la cui configurazione, definita dal movimento rotatorio
dell’intera struttura intorno a un perno centrale, rappresenta una bolla
ambientale indipendentemente dal suo movimento. Nel caso del pontelevatoio lo spazio è generato solo nel momento dinamico del suo abbassamento sul fossato; nel caso della porta girevole, invece, è l’esigenza ‘a priori’ di far girare i battenti a determinarne la configurazione
cilindrica e la spazialità della soglia.
L’analisi della terza dimensione nel luogo della soglia introduce l’analisi degli ambienti (spazi, ambiti, sale, etc.) appositamente destinati all’ingresso e all’accoglienza.
L’intradosso dei portali ad anelli della Cattedrale di Laon, in
Francia, ha una profondità tale da definire una vera e propria sala d’at-
2. Portico d’ingresso della Chiesa di NotreDame, Le Puy-en-Velay, Francia, 1150
36
I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La dimensione spaziale
2. Propilei dell’Acropoli di Atene, Grecia, c. 480 a.C.
3. Antoni Gaudì, Torre-portico di Casa ‘El
Capricho’, Barcellona, Spagna, 1883-85
4. Ponte mobile all’uscita del porto di Amsterdam
tesa, riparata dalla pioggia e dal sole e costituisce, per la sua spazialità
e il suo ruolo protettivo, anche un luogo di riunione e di sosta.
Il portico di accesso del Palazzo Massimo alle Colonne di Baldassarre Peruzzi, con la sua ombra profonda che separa ciò che è fuori
dall’intimità, ancora solo annunciata, dell’interno, è senz’altro una soglia-spazio, che accoglie, protegge e conduce all’interno.
E’ proprio l’aspetto tridimensionale dello spazio d’ingresso
I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La dimensione spaziale
37
5. Profondo intradosso come spazio d’attesa nei portali ad anelli della Cattedrale di Laon, Francia, XII-XIII sec.
che andremo a indagare da qui in avanti, verificando come e attraverso
quali dispositivi esso è in grado di promuovere la stanzialità e la percezione cosciente dell’uomo del proprio stato di transizione e del compiersi del proprio gesto, al fine di dare una definizione precisa di ciò
che si intende per soglia-come-luogo.
Oltre al punto, la linea e la superficie di soglia dobbiamo citare un’altra struttura di soglia: gli ‘edifici per il passaggio’, cioé tutte
quelle strutture che accolgono un momento o un periodo di transizione.
In una considerazione molto generale potremmo raccogliere in questo
ambito tutti gli spazi in cui l’uomo subisce una qualche trasformazione
di stato, non foss’altro tra lo stare dentro e lo stare fuori, per cui: le
chiese, gli ospedali, le scuole, i cimiteri, le biblioteche, etc. In una ipotesi come questa però risulta molto difficile scorporare una categoria
ben identificata dalla generica produzione architettonica, perché tutti
gli edifici, che per loro natura accolgono l’uomo, che è un essere in
continua trasformazione, ricadrebbero in questo insieme (le abitazioni
stesse appartengono a questa specie, in quanto ospitano buona parte dei
momenti di crescita e quindi di metamorfosi umana).
Ognuno di questi edifici esprime una partciolare interpretazione del tema del ‘passaggio’.
Consideriamo, invece, più appropriatamente come architetture
del passaggio quelle che accolgono l’uomo in movimento, che allestiscono dei luoghi in cui, il ‘viaggiatore’ può sostare in attesa, utilizzare
un mezzo per i suoi spostamenti e partire: stazioni ferroviarie e metropolitane, autostazioni, porti, aeroporti, etc. Questi luoghi sono non solo terminals di partenze e di arrivi, ma anche spazi pubblici legati alla
vita culturale e sociale della città, perché, oltre ai servizi specifici per i
6. La porta girevole come bolla ambientale
38
I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La dimensione spaziale
7. Baldassarre Peruzzi, Portico di accesso del Palazzo Massimo alle Colonne, Roma, Italia, 1532
viaggiatori, contengono servizi informativi di vario genere, ristoranti e
spazi commerciali, centri fitness, centri medici, chiese, gallerie d’arte
contemporanea, etc. Sono veri e propri centri polifunzionali, che, soprattutto in epoca contemporanea, hanno tradotto il tema del passaggio
come stanzialità e interpretato il gesto del passare come sequenza molto articolata e complessa.
Note:
1. Georg Simmel, ‘Brücke und Tür’ (1909),
in: M. Cacciari, L. Perucchi (a cura di),
Saggi di estetica, Padova, 1970.
Fonti delle illustrazioni:
1. X. Barral i Altet, O mundo romanico, Taschen, Colonia, 2001, p. 60.
2. Roland Martin, Architettura greca, Electa, Milano, 1972.
3. Rainer Zerbst, Antoni Gaudì, Taschen,
Colonia, 1985, pp. 48-57.
4. Universo, Istituto Geografico De Agostini, Novara, vol. X.
5. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998.
6. E. Paoli, Quaderni vitrum n. 6. Gli “ingressi”, a cura del Cisav.
7. R. De Fusco, Mille ani d’architettura in
Europa, Laterza, Roma-Bari, 1993.
Parte seconda
Il gesto e il luogo
IL GESTO SULLA SOGLIA: ATTENDERE, VARCARE, ESSERE ACCOLTI
“Star seduti sulla soglia di casa aveva un che di domenica o di dopo lavoro. Si era fatto il proprio dovere
e ci si riposava. Se quelli che passavano ti vedevano lì così, seduto sulla soglia, diventavano amabili (...)
Quando una volta alcuni bambini più grandi m’inseguirono con dei bastoni, io mi rifugiai in casa ma li
aspettai sulla soglia, e loro mi salutarono e fecero un cenno come se niente fosse successo. Certe soglie erano molto alte: nel passarle, dovevi alzare le ginocchia e battevi la testa. Star seduti sulla soglia voleva dire: Qui la porta non può essere chiusa! (...) Le donne erano solite mettere una sedia sulla soglia e star lì a
lavorare a maglia. Dalla soglia io contemplavo spesso i temporali e mi lasciavo sfiorare dalle gocce o da
qualche grano di grandine. (...) A Pasqua, con le grandi pulizie di casa, si lavavano per bene anche le soglie. (...) A Pentecoste le soglie prendevano un’aria di festa, con gli alberelli di betulla ai lati. La soglia della stanza dei genitori mi sembrava particolarmente alta. Nella soglia della casa vicina erano incisi dei segni di una strana scrittura; avevano usato una pietra tombale di un qualche secolo passato. In caso di terremoto, dicevano in paese, non si doveva correre fuori ma mettersi sulla soglia, sotto l’architrave della porta: là si era al sicuro”.
Peter Handke, Il cinese del dolore, Milano, 1988
Fonti delle illustrazioni:
(nella pagina precedente)
1. Beato Angelico, Visitazione, prima metà
del XV sec. (da: I maestri del colore:
Beato Angelico, Fabbri, Milano, 1977)
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Davanti al limite
43
Davanti al limite. L’attesa
I tre momenti del gesto sulla soglia non sussistono indipendentemente l’uno dall’altro, partecipando tutti a un medesimo atto: entrare.
La loro analisi per ‘sezioni’ è, quindi, solo strumentale, anche se in ciascuna di esse possiamo riconoscere diversi gesti di senso compiuto. Per
esempio, la fase di avvicinamento e di attesa davanti al varco di ingresso è sì preparatoria al passaggio, ma nel contempo ammette potenzialmente una varietà di azioni, correlate a precisi luoghi o tradizioni (pulirsi i piedi, togliersi cappello, suonare il campanello, etc.).
Affrontiamo subito un tema che ritengo basilare per comprendere il significato del luogo che si trova prima del varco, cioé l’assimmetria della soglia. Il movimento direzionato, che genericamente inizia
in uno spazio d’origine e si conclude in uno arrivo, viene reso dal trattamento differenziato delle due facce della soglia.
Il luogo in cui si sta in attesa davanti al limite, accoglie anche
un movimento opposto a quello d’entrata, lo spostamento dall’interno
verso l’esterno, cioé l’uscita. Ma se si ribalta il percorso, invertendo il
senso di marcia, il risultato cambia profondamente e il luogo muta di
significato. Anche se quasi sempre l’ingresso coincide fisicamente con
l’uscita, non è detto che basti l’inversione dei punti di parenza e di arrivo per trasformare i significati dell’uno in quelli dell’altro (per esempio il portico di una chiesa, soglia del profano che si avvicina al sacro,
visto dall’interno diviene la soglia dei divino nei confronti dell’esterno
profano, o il foyer di un teatro, la soglia della città, etc.).
I due sensi non sono equivalenti, ed è per questo motivo che i
portali delle chiese sono decorati solo sulle facce esterne (v. Elementi
che individuano la soglia).
Nello spazio ‘davanti al limite’, quindi, avviene un doppio gesto, un movimento in ingresso e in uscita, che presenta caratteri molto
diversi per la dinamica della gestualità, il tipo di attrezzatura prevista,
la velocità di avvicinamento e allontanamento, etc.).
C’è da aggiungere che una situazione analoga si trova anche all’interno dell’edificio, nel luogo dell’accoglienza (v. Oltre il limite. L’accesso) e questo aspetto rende più complesso il ruolo e il significato dello
spazio.
Vediamo come si articola il gesto ‘davanti al limite’:
1. Movimento di avvicinamento. Si arriva a piedi, con un mezzo. Si segue un percorso diretto, si supera una successione di filtri, cancelli e recinzioni.
2. Comunicazione con l’interno e presentazione dell’identità
dell’ospite. Si percuote il battacchio, si suona il campanello, si bussa
alla porta. Ci si annuncia al citofono. Ci si avvicina allo spioncino o al
citofono, ci si guarda in giro.
3. Attesa davanti al limite. Si aspetta che qualcuno risponda alla chiamata, direttamente dallo spazio al di là della porta o tramite il citofono, apra la porta. Si posa l’ombrello. Ci si siede su un gradino, una
“Il giovane, quando arte e natura l’attirano,
crede di poter penetrare quanto prima, con
la vivacità del suo naturale istinto, nell’intimo del santuario: divenuto uomo, si accorge, dopo lungo peregrinare, di trovarsi ancor
sempre nel vestibolo. [...] Invero soltanto i
gradini, la porta, l’ingresso, l’atrio, lo spazio
fra l’interno e l’esterno, fra il sacro e il profano possono essere il posto in cui ci tratterremo per lo più coi nostri amici”.
J.W. Goethe, Introduzione ai propilei, 1914
44
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Davanti al limite
1. Donna al lavoro sulla soglia di casa
panca. Si guarda l’ora. Ci si sistema l’abito. Ci si toglie il cappello. Si
attende di essere riconosciuti, ammessi (Josè Saramago dipinge un’immagine ricorrente nella tradizione popolare: “...Allora accetti, e lei aveva risposto, Si, e da allora filavano insieme, secondo le buone regole
del fidanzamento, sulla soglia della porta, che per entrare era ancora
presto”1).
4. Apertura del varco. La porta viene aperta dall’interno, dal
padrone di casa, da un domestico. Viene sospinta verso l’interno dall’esterno. Si apre in modo automatico, manuale. Ci si protende in avanti. Si intravede l’interno.
5. Sosta e intrattenimento all’esterno. Si saluta il padrone di casa. Si scambiano due parole. In piedi, seduti. Ancora oggi, nei paesi rurali, le donne, nella bella stagione, cuciono, lavorano a maglia o all’uncinetto (“...ché sono esperte le donne del latifondo a mettere fondelli o
ginocchiere, sembra di vederle mentre rovistano nel cesto degli stracci alla ricerca di un ritaglio di cotone in buono stato, lo provano sul gambaletto liso e poi attaccano con la forbice prudente, si sente il filo stridere,
è un lavoro di grande precisione. Seduta me ne sto sul gradino della porta a rammendare questi calzoni del mio uomo, che non deve recarsi nudo a lavorare,...”2), mentre gli uomini chiacchierano o giocano a carte. Si
guardano i passanti. Si vende, si compra dai venditori ambulanti.
Nei trattati di architettura lo spazio antistante l’ingresso è descritto come un luogo la cui configurazione è in grado di produrre
un’atmosfera di vita “calma, tranquilla, dignitosa... gioiosa” e visto come luogo di purificazione e di preparazione all’esperienza domestica,
in prossimità del quale vanno posti “porticati ed emicicli, dove i vecchi
possano riunirsi a discorrere al tiepido sole invernale, la famiglia trascorra le giornate festive, e d’estate si goda un’ombra ristoratrice”3.
E’ evidente che quello che abbiamo genericamente definito
momento dell’attesa è in realtà una successione complessa di gesti, che
si conclude nell’istante preciso in cui ci si affaccia sulla linea di soglia,
nell’atto, ancora potenziale, di entrare.
Note:
1. Josè Saramago, Levantado do Chão,
trad. ital., Una terra chiamata Alentejo,
Bompiani, Milano, 1997, p. 154.
2. V. nota 1, p. 283.
3. Leon Battista Alberti, De Re Aedificatoria, Libro V, cap. XVII, tr. ital., Il Polifilo, Milano 1966.
Fonti delle illustrazioni:
1. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Il limite
45
Il limite. Il momento del passaggio. Soglie valicabili e invalicabili: il
problema dell’accessibilità
Il varco nel muro è il punto di cerniera tra dentro e fuori. Il limite è sintetizzato nella porta, la struttura che regola le relazioni tra i due
ambienti e che deve ‘contenere’ la dimensione e i movimenti umani.
Una sintesi dei significati pratici e simbolici della porta ci è
presentata da Bachelard: “La porta è tutto un cosmo del socchiuso. E’
almeno una immagine princeps, l’origine stessa di una rêverie in cui si
accumulano desideri e tentazioni, la tentazione di aprire l’essere nel
suo intimo, il desiderio di conquistare tutti gli esseri reticenti. La porta
schematizza due possibilità notevoli, che classificano nettamente due
tipi di rêveries. A volte, eccola ben chiusa, sbarrata con il paletto o col
catenaccio; a volte, eccola, aperta, cioé spalancata”2.
Ma l’aspetto in assoluto più importante della soglia-limite è il
suo esistere in funzione dell’uomo e del passaggio, quindi il suo essere ‘accessibile’ come struttura architettonica indipendente e in quanto
consente l’accessibilità all’edificio in cui immette.
Apriamo una parentesi importante sul tema dell’accessibilità
della soglia, che, per il suo essere per definizione un punto di discontinuità, rappresenta spesso un valico insormontabile in particolari condizioni. Secondo le recenti normative, una soglia accessibile deve essere
‘agibile’ da parte di tutti i soggetti e deve svolgere efficacemente, per
dimensione, praticità, localizzazione, etc., il compito di consentire il
movimento sia a persone autosufficienti, sia a persone che hanno bisogno di guide o protesi (sedie a rotelle, stampelle, etc.). Sono quindi
inaccessibili soglie con lunghe rampe di scale, con dislivelli, con forti
discontinuità o di difficile calpestabilità, porte con maniglie strane o sistemi di apertura troppo complessi, varchi poco visibili o poco individuabili, o soglie articolate in dislivelli, podii, gradini o scalinate, che
sono impraticabili, per esempio per i motolesi e per gli ipovedenti.
E’ necessario, ed è giusto, che l’architettura si faccia carico di
questo problema e lo affronti come tema progettuale, evitando l’inserimento a posteriori di soluzioni di emergenza, generalmente di scarsa
qualità.
E’ evidente che gli edifici storici normalmente non accessibili
devono essere messi a norma con nuovi interventi, e questo impone al
progettista di affrontare un altro tema, quello della trasformazione dell’edificio al fine di garantirne l’accessibilità, senza però falsarne la natura. Una soluzione è l’abbassamento dell’entrata al livello stradale o
l’aggiunta di una nuova entrata con l’installazione di una rampa d’accesso o di un ascensore all’interno, in modo da evitare l’invasività di
rampe d’accesso o elevatori esterni.
In presenza di dislivelli nel piano del pavimento è necessario
eliminare lo scalino abbassando la porta d’entrata e creando una rampa
interna o incassando l’entrata per sistemarvi una rampa esterna (le rampe devono avere una pendenza compresa tra il 6 e il 15%, consigliabile
il 10%, e una tessitura superficiale del pavimento rilevabile mediante la
“La porte me flaire, elle hésite”1.
Jean Pellerin, La romance du retour, 1921
46
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Il limite
1. Finta porta nella Sala Paolina di Castel
Sant’Angelo, Roma, Italia, c. 1534-49.
Lo stipite in marmo è vero, la porta, invece,
è dipinta, semiaperta, con un personaggio
che si affaccia nell’atto di uscire
Note:
1. Trad. ital.: “La porta mi fiuta, esita”.
2. Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975, p. 243.
3. Fabrizio Vescovo, ‘Soluzioni per il
comfort urbano al servizio di una utenza
ampliata’, in: Paesaggio urbano, maggio-giugno, 1995, pp. 106-115.
Fonti delle illustrazioni:
1. Riccardo Montenegro, Abitare nei secoli,
Milano, 1996.
percezione plantare, la percussione del bastone e il contrasto graficocromatico).
La progettazione dei punti di soglia è resa ancora più complessa dal fatto che non tutti gli individui presentano le stesse difficoltà di
movimento, per cui i gradi di accessibilità risultano molto variabili a
seconda della categoria d’utenza e il progetto deve poter soddisfare esigenze multiple, a volte anche in contrasto tra loro.
A questo proposito riporto un episodio tratto da un articolo di
Fabrizio Vescovo su ‘Paesaggio Urbano’3, che mi sembra pertinente
per chiarire questo aspetto. Nl 1995 l’Istituto per ciechi ‘Augusto Nicolodi’ di Firenze è stato sottoposto a un intervento di messa a norma
per renderlo accessibile ai motolesi su carrozzina. Il cortile d’ingresso,
originariamente raggiungibile tramite tre porte (la centrale carrabile e
le due laterali pedonali), in ghiaia e perimetrato da un marciapiede, è
stato pavimentato in cotto e travertino e portato alla quota della strada
esterna, eliminando i dislivelli tra cortile e marciapiede. Inoltre è stata
installata una monumentale rampa metallica in sostituzione dei precedenti gradini che sopraelevavano l’edificio.
Questo intervento, da un punto di vista formale chiaramente invasivo, ha prodotto effetti inaspettati sulla comunità di ciechi dell’Istituto, che, privati della rassicurante linea-guida del marciapiede, faticano oggi a raggiungere l’ingresso dell’edificio, ad imboccare la rampa e
a camminarvi con disinvoltura, perché è scivolosa e malsicura.
Date queste condizioni di vincolo, si aprono nuove questioni
formali e ci si chiede: cosa rimane della soglia? La sua essenza di ‘limite’ si trasforma o viene soppressa? E se si trasforma, come si trasforma? Nell’ottica di una totale continuità e di superamento delle discontinuità tra interno ed esterno, si percepisce ancora la linea di confine? E, nell’ipotesi di applicare rigorisamente la normativa contro le
barriere architettoniche, quanto e come inciderà la componente estetica o quella simbolica?
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Oltre il limite
47
Oltre il limite. L’accesso
Come accade nello spazio ‘davanti al limite’, anche in quello
‘oltre il limite’ si compie un doppio gesto, entrare e uscire (v. Davanti
al limite. L’attesa), ognuno dei quali presenta caratteri specifici. Prendere/riporre cappotto e ombrello, vestirsi/svestirsi, accogliere/essere accolti, accompagnare il battente/lasciarlo andare alle proprie spalle, etc.
sono azioni che si compiono nel medesimo luogo ma con direzione e
verso opposti e modalità di esecuzione differenti. Bachelard sostiene, a
questo proposito: “Il gesto che chiude è sempre più netto, più forte, più
veloce del gesto che apre”. Le differenze nel comportamento hanno motivazioni di ordine funzionale (cambiano i bisogni) ma anche di ordine
sociale. L’avvenuto passaggio all’interno definisce, infatti, una maggiore confidenza con l’ospite, in consegueza della quale si raggiunge un più
alto livello nel processo di avvicinamento e di appropriazione dello spazio. Questo momento conclusivo della sequenza d’ingresso, che genericamente abbiamo definito ‘accesso’, prevede, per l’appunto la penetrazione definitiva e l’accoglienza all’interno dell’edificio.
Parte da qui la fase dinamica dell’inoltrarsi (o addentrarsi), che
segue quella dell’arresto sulla soglia. Le sequenze spaziali che accolgono la successione dei gesti compiuti al di là della soglia, sono state ben
descritte dai trattatisti del Cinquecento. Nei TRattati si legge, per esempio, che gli spazi d’ingresso devono “lasciare l’ospite in dubbio se restare dove si trova per il diletto che ne trae, o andare verso altre parti che
lo attirano per la loro piacevole eleganza”1 e devono “avere prima l’altrio, el cortile e stanze per forestieri”2.
Telemaco “appena fu nella comoda casa, l’asta andò ad appoggiare ad un’alta colonna, e s’avviò all’interno; passò la soglia di pietra”3, ne riscoprì l’agiatezza, vi depose le armi e chiuse ogni ostilità con
il mondo esterno.
“L’atto dell’accogliere si manifesta principalmente, anche tenendo conto di una precisa successione temporale delle attività, in quei punti dello spazio architettonico in cui vengono messi in relazione l’interno
con l’esterno; non solo dal punto di vista fisico, ma anche relativamente
alla costruzione di categorie percettive e comportamentali che mediano
il passaggio dalle attività proprie dell’esterno a quelle caratterizzanti le
funzioni interiori. Tali funzioni sono quelle che realizzano il rapporto
sensibile che si instaura tra colui che viene accolto, l’ospite, o meglio
l’amico, e colui che accoglie scegliendo di rendere l’altro partecipe di
una parte più significativa della propria vita sociale e domestica. E’ indubbio che programmaticamente l’architettura si può conformare, relativamente al rapporto interno ed esterno, anche a negare tale dialogo, o
quantomeno a porre in soggezione colui che si appresta a entrare.
Ciò appartiene a modalità dell’essere o a funzioni che necessitano per loro natura di graduare e regolare i modi dell’accoglienza. Esistono dunque diversi gradi dell’accogliere ai quali si relazionano diversi luoghi dell’interno: c’è un primo livello che possiamo definire
‘introduttivo’ rispetto a un secondo, più intimo, che corrisponde a un
“Non varcherò mai la soglia del tempio. Se
mi trovassi all'interno, vedrei che è deserto e
che la porta chiusa non ha nascosto nulla,
non una statua, non una divinità, non un fedele. La porta si è chiusa nel vuoto, sul passato. Il tempio contiene ciò che da fuori posso intuire e che dentro non scoprirei. Contiene l’attesa. Sento l’attesa dietro la porta
chiusa”.
J. Roth, Le città bianche
48
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Oltre il limite
1. Ingresso a una casa libanese
Note:
1. Leon Battista Alberti, De Re Aedificatoria, trad. ital., Il Polifilo, Milano, 1972.
2. Francesco di Giorgio Martini, Trattati di
Architettura, Ingegneria e Arte Militare,
a cura di C. Maltese, Il Polifilo, Milano,
1967.
3. Omero, Odissea.
4. Agostino Bossi, Accogliere Raccogliersi,
Giannino, Napoli, 1999, pp. 18, 22.
5. Adriano Rabacchin, ‘Accedere. Itinerario di archetipi’, in: Adriano Cornoldi,
Architettura dei luoghi domestici, Jaca
Book, Milano, 1994, p. 38.
6. V. nota 5.
Fonti delle illustrazioni:
1. Adriano Cornoldi, Architettura dei luoghi domestici, Jaca Book, Milano, 1994.
rapporto che si sviluppa secondo tempi più lunghi e si compie in spazi
più interiori dell’assetto compositivo globale.
[...] L’accogliere si realizza temporalmente in luoghi che accompagnano, transitano da una dimensione di totale estraneità a una in
cui invece si aderisce a una serie di sensazioni e avvenimenti che appartengono alla sfera comportamentale, e di conseguenza spaziale di colui che accogliendo mette a disposizione di altri la sua persona e il proprio habitat. Tale fase di passaggio può assumere toni e sfaccettature
molto diverse a seconda delle culture e del tempo a cui è riferita. Può essere molto prolungata, e quindi, legata a un cerimoniale complesso, ovvero estremamente breve, figlia di mode e di culture più informali; aulica e monumentale, carica di simbologie di significato precisamente codificato, oppure discreta e lineare, affine a maniere di essere più dirette;
ma essa è pur sempre pertinemte alla esecuzione di un ‘cerimoniale’ che
concretizza, secondo diverse modalità, il rito della partecipazione”4.
Non sempre, però, la sequenza d’ingresso si conclude a buon
fine. Può capitare, e spesso capita, che il movimento si concluda davanti al limite e l’accesso all’interno non avvenga mai.
Alla richiesta di ‘permesso’ formulata dal visitatore, infatti, il padrone di casa può rispondere negativamente, può negarsi o, semplicemente può non poter rispondere, perchè non è in casa, per esempio. E’ un caso
significativo, questo della comunicazione che finisce e non si entra proprio,
non si è accettati all’interno e si è costretti a ripiegare. La successione
dei gesti si ripercorre, così, a ritroso, dalla soglia verso l’esterno, senza nemmeno aver oltrepassato il confine che separa i due ambienti.
Il duplice ruolo della porta che accoglie e respinge o ‘mette in
guardia’, è magistralmente rappresentato dal doppio arco di un portale
d’ingresso a una casa libanese. “Quello superiore, più grande e a sesto
acuto, si relaziona compositivamente con l’intero fronte dell’edificio e
con lo spazio urbano; l’altro, più piccolo, a sesto ribassato e incavato, incornicia il portone d’ingresso ridotto alle minime dimensioni; su un’anta
è ricavata una porticina che obbliga il passaggio di una persona con la testa e le ginocchia piegate, segno di potere e maggiore ‘controllo’ su chi
entra. Solo agli ospiti d’onore vengono spalancate le due ante”5. Ma questa soglia è espressione di ulteriore complessità e articolazione dei gesti:
“si considerino i piccoli piani d’appoggio ricavati sugli stipiti nel cavo
dell’apertura, tipici nella casa araba; questi consentono di depositare
eventuali oggetti che possono ostacolare l’azione del bussare, o permettono di sedersi nell’attesa, esprimendo assieme un primo dovere di accoglienza e un primo diritto al rispetto; i due battenti, con la loro preziosa fitta borchiatura, evidenziano il carattere attrattivo e insieme protettivo del luogo d’ingresso”6.
Il discorso intorno alle modalità di espressione del gesto sullo
spazio del passaggio è utile al fine della ricerca perché consente di affrontare il problema di come attrezzare questi spazi e, quindi, di quali
soluzioni proporre per renderlo utile e valido.
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto
49
La soglia come luogo del gesto. Alcune letture e interpretazioni
Riti sulla soglia
Leggiamo direttamente dal ‘Dizionario dei Simboli’: “Varcare
la soglia rappresenta simbolicamente la possibilità di una alleanza, di
una unione, di una riconciliazione. Tale possibilità si realizza se chi
giunge è accolto sulla soglia e introdotto all’interno, non si realizza se
costui resta sulla soglia e nessuno lo riceve. Per questo le soglie sono
decorate con tutte le insegne della casa o del tempio, sculture (Cristo,
Vergine, etc.), ornamenti e pitture che indicano il significato del passaggio e dell’accoglienza. Stare sulla soglia significa manifestare il desiderio di aderire alle regole che governano la casa, ma indica un desiderio che non è ancora completo né definitivo, né ratificato; respingere qualcuno sulla soglia della propria casa è come rinnegarlo, rifiutare
la sua adesione. Porsi sulla soglia vuol dire anche mettersi sotto la protezione del padrone di casa: dio, dignitario, semplice contadino. Per
varcare una soglia è necessaria una certa purezza di intenzione del corpo e dell’anima, che è indicata, ad esempio, dall’obbligo di togliersi le
scarpe sulla soglia di una moschea o di una casa giapponese.
In numerose tradizioni la soglia del tempio, del santuario, del
mausoleo è intoccabile. Bisogna far attenzione a varcarla con un solo
passo, senza toccarla con il piede”1. “Ci si prostra davanti ad essa, la si
bacia; la si tocca con la mano, la si bagna di sangue o di acqua lustrale; si aspergono di sangue gli stipiti e l’architrave, di profumi. Vi si appendono dei sacra, ci si cammina sopra, o al contrario, ci si toglie le
scarpe o si è portati al di sopra di essa”2.
Il suo valore rituale si ritrova nelle usanze popolari di molte
culture, e anche nelle leggende e nelle fiabe. Quando Alì Babà pronuncia il famosissimo ‘Apriti, Sesamo!’ espleta un rito sacro di denominazione, riconosce cioè la magia della porta e il potere dirompente
del nome, ne accetta il segreto e può essere, così, trasportato nel luogo
desiderato.
Il potere dei gesti simbolici
“Quando un’azione ha luogo, il luogo in cui l’azione accade
acquista significato, nel senso che esprime le possibilità dell’azione
stessa. Esso non partecipa soltanto di una struttura spaziale, ma è anche
legato a un sistema di valori e di significati, acquista un carattere definitivo e assurge a simbolo”3.
I gesti sulla soglia non sono quindi banali, ma significativi, e i
loro risvolti non solo sul comportamento ma anche sull’allestimento
dello spazio (arredi, dispositivi, attrezzature, etc.) non sono irrilevanti
(c’è un modo e un tempo precisi per bussare a una porta, per chiedere
‘permesso’, per presentarsi e salutare, etc.). Lo dimostra enfaticamente
Franz Kafka, nel racconto ‘Il colpo contro il portone’, la cui brevità ci
consente la sua lettura integrale senza perdere il filo del discorso.
“Le frasi, una volta dette, sono come porte,
rimangono aperte, quasi sempre entriamo,
ma a volte ne restiamo fuori, in attesa che
un’altra porta si apra, che un’altra frase si
dica,...”.
Josè Saramago, L’anno della morte di
Riccardo Reis, 1996
50
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto
“Era d’estate, una giornata afosa. Nel far ritorno a casa con
mia sorella passammo davanti al portone di una cascina. Non so se
per scherzo o per distrazione ella abbia picchiato un colpo contro il
portone, o se abbia solo fatto il gesto col pugno chiuso, senza picchiare. Cento passi più in là, lungo la strada provinciale che volgeva
a sinistra, cominciava il villaggio. Esso ci era sconosciuto, ma subito, oltrepassata la prima casa, ecco sbucar gente e farci dei gesti amichevoli o ammonitori, gente spaventata, incurvata dal terrore. Accennavano alla cascina davanti a cui eravamo passati or ora e ci ricordavano il colpo picchiato nel portone. I padroni della cascina ci accuserebbero, tosto s’inizierebbe il processo. Io ero pienamente tranquillo
e calmai anche mia sorella. Probabilmente quel colpo non l’aveva
neppure battuto, e l’avesse pur battuto, per una simile ragione in nessun luogo del mondo si può imbastire una causa. Cercai di farlo capire anche alla gente che ci circondava, mi ascoltarono, ma non si
pronunciarono. Più tardi dissero che non solo mia sorella, ma anche
io sarei imputato del fatto. Accennai di sì sorridendo. Tutti guardavamo verso il cascinale come si tien d’occhio una nube di fumo aspettando le fiamme. E infatti tosto vedemmo uno squadrone di cavalleggeri penetrare nel portone spalancato. Si alzò una nube di polvere nascondendo ogni cosa, solo le punte delle alte lance luccicavano. Lo
squadrone si era appena ingolfato nel portone e, come se avesse tosto
voltato i cavalli, eccolo di nuovo sullo stradone che veniva verso di
noi. Io spinsi via mia sorella, ero capace di sistemar tutto da solo. Lei
rifiutava di lasciarmi. Le dissi che almeno si mutasse d’abito per
comparire meglio vestita davanti a quei signori. Alla fine cedette e
prese il lungo cammino che menava a casa nostra. Già i cavalieri eran
giunti, dall’alto delle loro cavalcature chiesero subito di mia sorella.
Fu risposto loro tremando che pel momento non era lì, ma più tardi
verrebbe. La risposta fu accolta quasi con indifferenza; era chiaro che
la cosa più importante era l’aver trovato me. Si distinguevano nel
drappello due signori, il giudice, giovanotto vivace, e il suo taciturno
aiutante. Mi si ordinò di entrare nella casa di un contadino. Lentamente, dondolando il capo, riassettandomi le bretelle, mi misi in cammino sotto lo sguardo tagliente di quei signori. Avevo ancora la fiducia che una mia parola sarebbe bastata a liberarmi, io, il cittadino, a
trarmi da quella folla di contadini, e anzi con onore. Ma quando ebbi
oltrepassato la soglia della stanza, il giudice, che mi era balzato innanzi e già mi aspettava, disse: ‘Costui mi fa pena’. Era evidente che
egli non alludeva alla mia condizione presente ma a quel che accadrebbe di me. La camera somigliava più a una cella carceraria che alla stanza di una casa rustica. Grandi pietre squadrate, pareti scure e
nude, in un punto un anello di ferro ribadito al muro, in mezzo qualcosa che stava tra la branda e il letto operatorio.
Saprei ancora respirare un’aria diversa da quella delle carceri?
Ecco il gran quesito, o meglio ecco quel che sarebbe il gran quesito se
avessi ancora la speranza di venir rilasciato”4.
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto
Complessità delle azioni sulla soglia
In una accezione puramente funzionale del gesto, si potrebbero elencare le attività quotidiane che si svolgono all’interno delle stanze dell’appartamento in determinate ore del giorno e farne un modello
‘ad uso famiglia’ per lo spazio dell’ingresso, per esempio:
ore 08:00 il bambino prende il cappotto nell’ingresso e se ne va a scuola;
ore 08:15 il padre prende il cappotto nell’ingresso e se ne va in ufficio;
ore 09:30 la madre prende una sporta e il cappotto nell’ingresso e se
ne va a fare la spesa;
ore 10:30 la madre torna dal mercato e rimette il cappotto nell’ingresso;
ore 12:15 il padre torna dall’ufficio e appende il cappotto nell’ingresso;
ore 13:15 il padre prende il cappotto dall’ingresso e torna in ufficio;
ore 14:00 la madre prende il cappotto nell’ingresso ed esce a fare una
passeggiata o a fare spese prima di andare a prendere il
bambino all’uscita di scuola;
ore 16:15 la madre e il bambino ritornano e mettono i cappotti nell’ingresso;
ore 18:15 il padre torna dall’ufficio e mette il cappotto nell’ingresso.
Sappiamo che non funziona esattamente così. In questo modello
manca tutta la complessità e l’articolazione dei molti altri gesti che ‘ruotano’ intorno a questi, e manca anche il riferimento alla fitta rete di interazioni con i vicini, i parenti, i colleghi, gli amici di ciascuno dei componenti, e manca, infine, la varietà della moderna scansione di tempi e
luoghi di lavoro.
Quella descritta è quindi solo una caricatura della realtà, che ci
fa però meditare sul fatto che le azioni sono associate a precisi luoghi
che è giusto riconoscere e rispettare, evitando inefficaci frammistioni o
negazioni di valore di determinati spazi (l’ingresso e i disimpegni, per
capirci, non sono sempre metri quadrati persi!)
Dare il benvenuto
La servitù è stata per molto tempo (e ancora oggi lo è in alcuni particolari contesti) il primo interlocutore del visitatore, accoglie e fa accomodare l’ospite nella grande casa dell’alta borghesia; ne è testimonianza la costante presenza dei maggiordomi presso la hall d’ingresso delle ville nelle sceneggiature dei films di Luis Buñuel:
“[...] Oltre il cancello in ferro battuto che s’apre sul giardino di
una grande casa, sul portico d’ingresso di questa, un uomo in livrea segue e ferma, prendendolo per il braccio, un altro uomo vestito normalmente. L’uomo in livrea è il maggiordomo della villa.
[...] Nella grande hall della villa, le due cameriere stanno per
dirigersi verso il portone, ma sentono le voci degli invitati e si nascondono dietro un armadio a lato di una colonna, presso la grande scala che
51
52
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto
porta al piano superiore: stanno infatti entrando nella hall i numerosi
invitati dei padroni, gli uomini in smoking e le donne in lussuose toilettes da sera; dal gruppo si distacca il padrone di casa, Nobile, per cercare un servitore. Stupito di non trovarlo sulla porta, lo chiama”5.
“I fari della macchina illuminano la breve scala che conduce
alla porta della villa, sulla quale avanzano i quattro personaggi. Thévenot suona il campanello...
Una cameriera in grembiule bianco, magra e scolorita e dell’età apparente di 25-30 anni, attraversa il soggiorno della villa dirigendosi alla porta d’ingresso.
LA CAMERIERA: Buona sera.
Entrano prima le signore e poi i signori...
SIGNORA THEVÉNOT: Buona sera.
L’ambasciatore si toglie il cappotto, imitato da Thévenot, e lo
porge alla cameriera.
L’AMBASCIATORE (con accento spagnolo): Buona sera.
THEVÉNOT: Buona sera.
La cameriera richiude la porta, mentre la signora Thévenot avanza nel soggiorno della villa, di cui è evidentemente ospite abituale”6.
Il telefono nell’ingresso
Nell’Ottocento viene inventato l’apparecchio telefonico e nel
Novecento se ne diffonde lentamente l’uso, prima presso le famiglie
più abbienti e poi, in tutte le case di ogni ceto sociale ed economico, fino ad arrivare ad oggi, in cui ogni famiglia è dotata di molti apparecchi telefonici, fissi e mobili. Ebbene, per anni il luogo prediletto per la
collocazione del telefono (a muro o a tavolino) era l’ingresso. Un luogo scomodissimo perché poco schermato e molto disturbato, ma per
tradizione il luogo dell’accoglienza dell’ospite, sia in forma fisica che
in forma astratta (come in questo caso, in cui il contatto si esplica solo
attraverso la voce). Il fatto di riceverlo presso la soglia e non nel cuore
dell’alloggio significava rispettare i tempi e gli spazi dell’accoglienza
e mantenere in debito conto la privacy domestica.
I nuovi modelli culturali e, correlati a questi, i nuovi bisogni e
modi di abitare hanno ‘spostato’ il telefono in locali sempre più intimi,
così come hanno ‘tolto’ dall’ingresso molte delle attività di ricezione e
intrattenimento. Le moderne abitazioni, immettono direttamente nell’intimità del soggiorno e hanno come ‘spogliato’ la soglia di molti dei
rituali legati all’uso borghese dello spazio. La grazia e la raffinatezza gestuale hanno lasciato il posto a movimenti più istantanei, spesso indifferenti, come sottolinea T.W. Adorno, in un passo dei ‘Minima Moralia’:
“Non bussare. La tecnicizzazione – almeno per ora – rende le mosse brutali e precise, e così anche gli uomini. Elimina dai gesti ogni esitazione,
ogni prudenza, ogni garbo. Li sottopone alle esigenze spietate, vorrei dire astoriche delle cose. Così si disimpara a chiudere piano, con cautela
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto
e pur saldamente una porta. Quelle delle auto e dei frigiders vanno sbattute con forza, altre hanno la tendenza a scattare da sole e inducono chi
entra alla villania di non guardare dietro di sé, di non custodire l’interno che l’accoglie. Non si fa giustizia al nuovo tipo umano senza la coscienza di ciò che subisce continuamente, sin nelle fibre più riposte, dalle cose del mondo circostante. Che cosa significa per il soggetto che le
finestre non hanno più battenti da aprire, ma lastre di vetro da far scorrere con violenza, che i pomi girevoli hanno preso il posto delle molli
maniglie, che non ci sono più vestiboli, soglie verso la strada, mura intorno al giardino? [...] Tra le cause del deperimento dell’esperienza c’è,
non ultimo, il fatto che le cose, sottoposte alla legge della loro pura funzionalità, assumono una forma che riduce il contatto con esse alla pura
manipolazione, senza tollerare quel surplus – sia in libertà di contegno
che in dipendenza della cosa – che sopravvive come nocciolo dell’esperienza perché non è consumato dall’istante dell’azione”7.
Soglie occidentali
La velocità del progresso ha fatto presa anche sulla ritmica gestuale del passaggio, ha fatto dimenticare la presenza degli spiriti di soglia che hanno per secoli vegliato sul varco e che hanno presieduto gli
incontri, gli scambi, la sosta e il lavoro sulla soglia?
Risponde il Capo Tuiavii di Tiavea delle Isole Samoa, che in
un discorso al suo popolo, dopo un viaggio in Europa, racconta le sue
impressioni sul modo di vivere lo spazio dell’ingresso nella moderna
civiltà occidentale: “Spesso non conoscono che il nome degli altri, e
quando si incontrano presso il foro dal quale si sguscia dentro (il cassone di pietra), si scambiano controvoglia un saluto, oppure si brontolano incontro come insetti nemici. Come se fossero irritati perché devono vivere vicino agli altri. Se la famiglia abita in alto, sotto il tetto
della capanna, bisogna arrampicarsi per molti rami, messi a zig-zag o
formanti cerchi, per arrivare al posto dove è scritto alla parete il nome
della famiglia. Ci si trova davanti la bella imitazione di un capezzolo
femminile, sul quale si preme finché non risuona un grido che richiama la famiglia. La famiglia guarda attraverso un piccolo buco rotondo,
con una grata, fatto alla parete, per vedere se si tratta di un nemico: in
questo caso non apre; se però riconosce un amico, dischiude una grossa ala di legno, che è ben serrata, e la tira verso di sé, in modo che l’ospite possa entrare attraverso la fessura nella capanna vera e propria”8.
Il gesto e la forma del passaggio
Direi che, poiché abbiamo verificato che sulla soglia si compiono precisi gesti (presentarsi, chiedere permesso, attendere di entrare, varcare la soglia, etc.), e poiché, citando Carlo De Carli, lo spazio
53
Note:
1. Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986,
voce ‘soglia, p. 394.
2. G. van der Leeuw, Fenomenologia della
religione, trad. ital. Torino, 1975, p. 311.
Presso i Bambara del Mali la soglia è
uno dei luoghi sacri della casa, legato al
culto degli antenati; li si chiama battendo la soglia con un bastoncino, che ne
rappresenta la materializzazione fisica.
Ogni anno si offrono loro sacrifici sull’altare di famiglia posto sulla trave centrale della casa e sulla soglia.
In una delle leggende della vita anteriore
di Buddha si racconta: “Una grande porta (dvara) è governata e custodita da spiriti (devata; lett. divinità locali). Un brahmano... deve essere ucciso, il suo corpo e
il suo sangue devono essere donati come
offerta (bali), e il corpo deve essere collocato al di sotto mentre la porta deve essere edificata sopra di esso” (Si veda: G.
Tassoni, Arti e tradizioni popolari, La Vesconta, Bellinzona, 1973, pp. 120-121).
“Alle madri palestinesi è vietato castigare o allattare i figli sulla soglia, perché
un bambino picchiato sulla soglia potrebbe ammalarsi gravemente. Non ci si
può sedere sulla soglia, né lavorarvi,
etc.” (Si veda: Mircea Eliade, I riti del
costruire, Jaca Book, Milano, 1990).
“In molti paesi del lago di Como si usava, per tradizione, porre una scopa di traverso alla porta dove doveva passare la
sposa, in modo tale che fosse difficile vedere l’interno. Se la sposa inciampava in
essa, era di cattivo auspicio, e la donna
veniva considerata di poco conto; se la
toglieva in modo risoluto, veniva reputata come donna di casa; se, invece, la schivava scaltramente, la si giudicava buona
per il lavoro in campagna. E ancora:
quando una sposa novella entrava per la
prima volta nella casa del marito, allora
la suocera le andava incontro con una
tazza d’acqua, dove quella si lavava le
mani prima di calpestare la soglia e la-
54
II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto
sciava cadere nell’acqua una moneta, in
dono alla suocera” (Si veda: G. Tassoni, Arti e tradizioni popolari, La Vesconta, Bellinzona, 1973, pp. 120-121).
3. Christian Norberg-Schulz, Intenzioni in
architettura, Milano, 1967.
44. Franz Kafka, ‘Il colpo contro il portone’,
in: Franz Kafka, Il messaggio dell’imperatore, Milano, 1981, vol II, pp. 311312.
5. Luis Buñuel, sceneggiatura del film ‘L’angelo sterminatore’, in: L. Buñuel, Sette
film, Torino, 1974, pp. 217, 219-220.
6. Luis Buñuel, sceneggiatura del film ‘Il
fascino discreto della borghesia’, in: L.
Buñuel, Sette film, Torino, 1974, pp. 401402.
7. T.W. Adorno, Minima Moralia, Torino,
1979, pp. 35-36.
8. Discorso del Capo Tuiavii di Tiavea
delle Isole Samoa, PAPALAGI, Stampa
Alternativa, Tipografia Graffiti, Roma,
1988, pp. 14-15.
9. Gianni Ottolini, Forma e significato in
architettura, Laterza, Roma-Bari, 1966,
p. 93.
10. Adriano Cornoldi, L’architettura della
casa, Jaca Book, Milano, 1994.
Riferimenti bibliografici:
Segnalo di seguito una breve antologia di
saggi e letture specifiche sul tema della soglia, della porta e del passaggio.
1. E. Bloch, ‘Il tema della porta’, in: Tracce, Milano, 1989.
2. André Gide, La porta stretta, Einaudi,
Torino, 1981.
3. Jean Paul Sartre, La porta chiusa, Bompiani, Milano, 1995.
4. G. Pirrotta, L. Kremmer, La porta ermetica, Edizioni Mediterranee, Roma, 1979.
5. Mumon, La porta senza porta, a cura di
Z. Shibayama, Adelphi, Milano, 1987.
6. Senzaki, La porta senza porta, Il Punto
d’Incontro, 1998.
7. P. Bornia, ‘La porta magica’, in: Luce e
ombra, 1915.
8. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992.
9. Robert Musil, ‘Porte e portoni’, in: Robert Musil, Pagine postume pubblicate
in vita, Einaudi, Torino, 1970.
10. T.W. Adorno, Minima moralia, Einaudi,
Torino, 1979, pp. 35-36.
11. H.G. Wells, ‘La porta nel muro’, in:
H.G. Wells, Racconti e romanzi brevi,
Milano, 1966.
12. Jules Verne, Il dottor Oss, Torino, 1975,
(Cinquecento milioni della Begun).
13. Honoré de Balzac, Eugenia Grandet,
Mondadori, Milano, 1969.
14. Georg Simmel, ‘Brücke und Tür’, in:
M. Cacciari, L. Perucchi (a cura di),
Saggi di estetica, Padova, 1970.
del gesto, della relazione, è lo spazio primario, la soglia è un ‘luogo del
gesto’, e per questo “non può non fissare una convenzione di comportamento di vita degli individui e sociale, e un corrispondente modo d’uso dello spazio”9.
A sua volta, il gesto non viene insegnato, è acquisito dal soggetto ed è quindi una istituzione sociale, per cui il passare non è solo
un fatto fisico o fisiologico, ma è anche carico di regole e di ragioni
simboliche (si suona il campanello, si risponde al citofono, ci si presenta in un certo modo, si oltrepassa la soglia, si attende, si saluta, si dà
la mano secondo certe regole comportamentali, etc.)
Ci chiediamo a questo punto come è stato interpretato il gesto
nella forma (v. La figura ‘anima’ il varco)? Quali particolarità presenta nella forma del varco, il passaggio del singolo o della collettività (v.
La misura, fra convenienza funzionale e appropriatezza formale)? E,
prima di tutto, come si realizza il gesto sulla soglia?
Adriano Cornoldi rileva dalla lettura dei trattatisti tre precisi
momenti del gesto: “innanzitutto, l’accedere. Sulla sua importanza
simbolica si veda il ‘De Re Edificatoria’. Palladio propone a tale scopo ‘spazi nella più bella parte della casa... non meno larghi di dieci piedi, né più di venti... luogo ove stiano quelli che aspettano, che il padrone esca a salutarli per negotiar seco’.
Al momento dell’arresto, sulla soglia, segue quello dinamico
dell’inoltrarsi, o addentarsi, il quale implica adeguate sequenze spaziali.
[...] Al termine della sequenza sta il luogo dell’accogliere, o
dell’inoltrarsi. ‘La parte più importante dell’edificio è quella che, benché si possa pensare di chiamarla cortile o atrio, noi chiameremo cuore della casa”10.
INTERNITA’ DELLA SOGLIA: IL PASSAGGIO COME LUOGO
“La vita si svolge quasi sempre all’aperto, le famiglie si riuniscono davanti alla porta,
vi fanno colazione, vi pranzano, vi discutono”.
Honoré de Balzac, Eugenia Grandet, Milano, 1969
Fonti delle illustrazioni:
(nella pagina precedente)
1. da: U. Dileimer, Geschichte des Wohnens,
500-1800, Hausen-Wohnen-Residieren,
Deutsche Verlag-Austalt, Stuttgart, 1998.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Quando una soglia diventa luogo?
57
Quando una soglia diventa luogo?
Dall’affermazione di Le Corbusier secondo cui: “Il fuori è
sempre un dentro”, si deduce che l’uomo si trova sempre all’interno di
uno spazio e, perciò, che “tutta l’architettura è d’interni”. Ci muoviamo continuamente superando linee di separazione più o meno definite
e più o meno percepibili tra ambienti diversi.
Il superamento di questi margini è in genere identificato e sottolineato formalmente da un punto, da una linea, da una superficie o da
un ambiente tridimensionale, cui si affida il valore di luogo se vi si riconosce una sorta di ‘umanità’ (cioè una attenzione alle specificità dei
gesti umani, e in particolare, del gesto del ‘passare’, segmentato nei tre
momenti dell’attendere, del varcare e dell’essere accolti).
Superfici e spazi tridimensionali sono le soglie. Di per se stessi questi luoghi sono degli intermezzi tra due interni, con specificità loro proprie, riconoscibili perché circoscritti da margini.
Nella Bibbia il profeta Ezechiele descrive un’immagine del
margine assolutamente bidimensionale, (“la soglia accanto alla mia soglia e gli stipiti accanto ai miei stipiti, così che fra me e loro vi era solo
il muro”1), che riduce la spazialità della soglia a una semplice linea di
margine. In questa soglia dichiaratamente simbolica, astratta e priva di
fisicità architettonica, l’uomo non può sostare.
Presentano invece caratteri di internità le soglie di stanze, di
edifici, di piazze esterne o di vasti paesaggi che accolgono la corporeità
dell’uomo che vi passa, e rappresentano ‘luoghi’ se valorizzano il gesto, se accolgono la stanzialità dell’uomo nell’atto del passare e se, in
particolare, sottolineano il senso e il valore del passaggio; se, dice Norberg-Schulz2, presentano quei caratteri per cui l’uomo possa ancora
chiamarsi tale, se offrono una ‘struttura concepibile’ ricca di possibilità
di identificazione, se sono legati alla storia umana.
E la soglia acquisterà i caratteri di luogo se si è in grado di avvertire, nel passaggio, un cambiamento di stato. La luce di una candela in una cattedrale completamente immersa nel buio, per esempio, ha
una forza tale da concentrare in sé un universo che è insieme luogo e
soglia: il luogo della penombra che separa luce e ombra, che raccoglie
e concentra la meditazione sulla fede.
Il luogo può dirsi tale, quando è dotato di margini e di un punto di
accesso. E poiché “tutti i luoghi sono determinati dalla terra su cui ci muoviamo, dal cielo che ci sovrasta e dalla linea dell’orizzonte”3, tutti i luoghi
sono un interno, hanno dei margini e accolgono la fisicità umana. Da qui
si ribadisce la necessità della soglia: se esiste un interno esiste un punto cui
accedere (un luogo di accesso) e se esiste un luogo, esso è profondamente
legato, conquistato dalle attività dell’uomo”4 (un luogo del gesto).
Pur in presenza di tutte le funzioni e i caratteri che identificano un punto di passaggio, non tutte le soglie prodotte dall’architettura
sono però punti notevoli che interpretano in modo significativo il gesto. Elenchiamo di seguito alcuni dei parametri di lettura dello spazio,
la cui presenza presso il varco, ci fanno riconoscere un luogo nello spazio della soglia.
“Campo, bosco e giardino mi furono
solo spazi / fino a che tu mia cara non
li trasformasti in luoghi”.
J.W. Goethe, Vier Jahreszeiten
Note:
1. Ezechiele, 43, 8.
2. Christian Norberg-Schulz, L’abitare,
Electa, Milano.
3. V. nota 2.
4. O. F. Bollnow, Mensch und Raum, Stuttgard, 1936, p. 33.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione
59
La localizzazione del varco, come segnale e come simbolo
Dove aprire una porta? Perché lì? Come entrare in un edificio?
Come la scelta del luogo in cui fondare un insediamento o costruire un edificio, anche la decisione di dove aprire il varco non è affidata al caso e impone una precisa presa di posizione riguardo al tipo
e al significato delle relazioni che si vogliono instaurare con l’esterno.
La questione localizzativa, che investe temi di ordine pratico
(dove entrare?) e di ordine logistico (perché lì?), riveste un ruolo così
importante da divenire uno dei temi più dibattuti, in sede di progetto.
Ma non sempre: “Un bel giorno [il Consigluere Krespel] andò da un
bravo capomastro e lo pregò di recarsi l’indomani all’alba nel suo giardino con un’intera squadra di operai, garzoni, manovali, per costruirgli
la casa. Il capomastro chiese, naturalmente, di vedere il progetto e si
stupì non poco quando Krespel gli disse che non ce n’era affatto bisogno, perché tutto si sarebbe arrangiato lo stesso in modo soddisfacente… Il mattino dopo, giunto sul posto, il capomastro trovò un bel fossato, perfettamente quadrangolare; e Krespel gli disse: ‘Qui devono venir
poste le fondamenta della mia casa. La prego di tirar su le quattro mura
e di non fermarsi fino a quando non le dirò che sono alte abbastanza’.
‘Senza porte… finestre… muri divisori?…’, balbettò il capomastro,
come terrorizzato da tanta follia. ‘Faccia come le ho detto, mio caro’, rispose Krespel imperturbabile. ‘Tutto il resto troveremo il modo di aggiungercelo’. Soltanto la promessa di una ricca ricompensa potè indurre il bravo artigiano ad intraprendere quell’impresa insensata… continuarono a lavorare fino a quando, un bel giorno, Krespel gridò:
‘Alt!…’. Allora cazzuole e martelli si tacquero sull’istante, gli uomini
scesero dalle impalcature, si fecero intorno al consigliere e lo guardarono con visi ridenti e interrogativi, come per domandargli: ‘Beh?… E
adesso che facciamo?’. ‘Largo!’ comandò Krespel. Corse fino all’estremità del giardino e quindi si riavvicinò adagio adagio fino al muro
di quel suo cubo; scosse la testa contrariato, corse all’altro estremità del
giardino, tornò ad avvicinarsi al muro… Ripetè varie volte lo stesso
giochetto e finalmente, quasi toccando la parete col naso aguzzo, gridò
forte: ‘Qua… qua, ragazzi! Apritemi la porta… apritemi una porta,
qui…!’ Ne precisò lunghezza e altezza esattamente, in piedi e pollici,
e la porta fu aperta”1.
Diverso è il caso dei medievali costruttori di cattedrali ritratti
nella ‘Rappresentazione di un’opera in costruzione’ di Roman des Girart de Roussillon, dove sembra che ancor prima di costruire il muro,
forse contemporaneamente alla sua costruzione, sia stato previsto e realizzato il varco, completo di soglia e di decorazioni, quasi che le opere
di finitura venissero condotte in parallelo con quelle strutturali.
Un ruolo importante della scelta localizzativa, connesso a quelli
legati agli aspetti estetici, dimensionali o cromatici, è quello segnaletico e
comunicativo, perché consente l’immediata identificazione del luogo di
penetrazione nell’interno dell’edificio, evitando, come purtroppo spesso
accade, cartelli luminosi e frecce segnaletiche di ‘entrata’ e ‘uscita’.
“Al giovane studente domando: Come faresti una porta? Con quali dimensioni? Dove
la metteresti?… In quale angolo della casa
apriresti una porta?… Tu comprendi che
queste diverse soluzioni sono il fondamento
stesso dell’architettura? A seconda del modo in cui entri in un appartamento, secondo
dove sono messe le porte nei muri, tu provi
tali diverse sensazioni, e il muro che tu fori,
anche lui assume delle caratteristiche molto
diverse. Tu senti allora che questa è architettura”.
Le Corbusier
1. Roman des Girart de Roussillon, Rappresentazione di un’opera in costruzione, seconda metà del XV sec., Biblioteca Nazionale, Vienna, Austria, cod. 2554, foglio 164
60
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione
La percezione spontanea del luogo della soglia consente di rispondere immediatamente alla domanda più semplice: ‘da dove entro?’
Un esempio anomalo rispetto alla nostra tradizione costruttiva e
comportamentale, secondo la quale la sequenza d’ingresso si sviluppa seguendo un percorso orizzontale che congiunge l’esterno con l’interno, è
quello delle abitazioni di Çatal Hùyuk. Nell’antica cittadina australiana,
che non ha porte verso l’esterno e strade urbane, si accedeva nelle case
tramite un portello nel tetto. Questa localizzazione della soglia, determinata da una particolare tradizione tecnico-costruttiva o da esigenze di
protezione o di comfort microclimatico, pur assicurando la penetrazione
all’interno dell’abitazione sembra sovvertire l’idea di soglia come luogo
in cui ‘stare’, promuovendo gesti molto diversi da quelli tradizionali.
La sequenza d’ingresso (davanti al limite, sul limite, oltre il limite) si
trasforma qui in un passaggio al di sopra, in sospensione sul, sotto il limite. La relazione tra l’interno e l’esterno si traduce in quella tra il sopra e il sotto, e il superamento della discontinuità si compie attraverso
gesti (salire, aprire, scendere) e attrezzature molto connotati.
La soglia è il segnale che annuncia la natura dei luoghi cui dà
accesso e che tende a rappresentare; essa esprime la permeabilità o l’inaccessibilità dell’edificio inducendo precisi comportamenti nelle diverse fasi del movimento d’accesso. Il suo essere in avancorpo, o in cavità, in posizione centrale o laterale, sulla facciata principale o in quella secondaria, piuttosto che in un corpo indipendente collegato all’edificio tramite percorsi protetti, delinea il ruolo urbano della soglia come
ricettore di flussi, come sistema segnaletico o come strumento per realizzare un’articolata composizione architettonica.
Nella portineria del Convento di La Tourette di Le Corbusier,
l’ingresso è autonomo, spostato al di fuori dall’edificio e la sequenza degli spazi d’accesso si articola nei tre sistemi di fossato, ponte e portico,
che rappresentano altrettante soglie. Questo luogo assume un significato notevole non solo perché segnala l’entrata, che è già fortemente caratterizzata dalla zona sottostante i pilotis, né solo perché rappresenta un
riparo dalle intemperie, ma soprattutto perché rappresenta un punto di
cerniera tra la fine di un percorso di accesso e l’ingresso vero e proprio
all’edificio. E’ il luogo in cui avviene il ‘passaggio di testimone’ dalla
natura selvaggia all’artificio umano, un luogo indipendente, il cui valore è amplificato, quasi sublimato a quello di stanza indipendente.
Nel corridoio di ingresso di Casa Insinga di Umberto Riva (Milano, 1988-89) si legge un altro esempio di spostamento del limite oltre il varco nel muro. L’intento è quello di rendere indipendente il corridoio, cui viene affidata la precisa connotazione di luogo di filtro e di
transizione. Dice Riva in un’intervista: “Il corridoio è per me una zona
di decompressione tra uno spazio e l’altro, la spina dorsale sulla quale
si innestano gli spazi serviti. Lo considero sempre un luogo. […] Mi interessava pensare al corridoio come a una strada, a un lungo percorso”2.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione
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2. Umberto Riva, Corridoio di ingresso di
Casa Insinga, Milano, 1988-89
In generale il corridoio non si può definire come soglia, ma in
questo progetto la sua posizione presso la porta d’ingresso e, soprattutto,
la sua sottolineatura con un segno marcato nel pavimento e un cambiamento di direzione nella pavimentazione, lo rende un luogo di margine.
L’analisi superficiale di questa soglia ci fa dire che si tratta solo di un segno astratto, di un gesto formale in cui non si può riconoscere
alcuna spazialità. La semplice linea non accoglie lo svolgersi del gesto
umano, ridotto alla sola percezione istintiva del superamento del margine. Ritengo, però, che questo esempio risponda ancora ai requisiti di
stanzialità che abbiamo dato come prerogativa per il verificarsi dell’essere luogo della soglia, perché l’accedere in Casa Insinga non sembra concludersi presso la porta d’ingresso, ma si evolve nell’intero spazio del corridoio. Il gesto è fluido, naturale, dal fuori al dentro, filtrato
da un percorso di preparazione che si conclude con uno ‘stop’, un punto di affaccio significativo. Questo corridoio-soglia, che accoglie il movimento di accesso, è un luogo.
Un altro esempio di traslazione della soglia si legge nella sequenza degli accessi alla Chiesa del Corpus Domini di Aquisgrana, di
Rudolph Schwarz. Qui, la vera soglia è il luogo di incontro intimo quasi astratto con la divinità, ed è rappresentata fisicamente dalla zona dell’altare.
L’accesso a questa soglia, davanti alla quale il popolo si raduna,
è però subordinato al superamento di altre soglie, meno importanti sul
piano liturgico ma interessanti dal punto di vista architettonico: quattro
porte, tutte ritagliate sulla superficie delle facciate, e gerarchizzate per
forma, dimensione e ubicazione. Ogni ingresso svolge un ruolo preciso e promuove un preciso modo di accedere allo spazio sacro. Per
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II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione
3. Gerarchia degli ingressi. Rudolph Schwarz, Chiesa del Corpus Domini, Acquisgrana, Germania, 1929-30
4. Ingressi assiali. Alvaro Siza Vieira, Portale d’ingresso alla Chiesa di Santa Maria,
Marco de Canavezes, Portogallo, 1990-96
esempio la porta più importante sul piano funzionale non corrisponde
a quello più importante sul piano formale: è il piccolo atrio d’angolo a
svolgere la funzione di accoglienza dell’assemblea, piuttosto che il portale, che viene usato solo in occasione delle processioni. Uno scarto dimensionale e luministico separa l’atrio dalla navata laterale, ribassata
rispetto a quella centrale, quasi cinque volte più alta, più luminosa e aerea, e genera uno spazio di concentrazione e di raccoglimento, che costituisce un filtro tra la luce diffusa e indifferenziata dell’esterno e i fasci di luce provenienti dalle finestre delle pareti laterali.
Gli ingressi hanno una localizzazione dettata dalle diverse necessità: connettere in modo diretto le funzioni (per esempio l’accesso
sulla parete laterale sinistra consente un collegamento immediato con
la canonica); risolvere la cerniera tra esterno e interno (si vedano le
porte della parete laterale destra, che immettono nella navata ribassata
e nell’atrio vetrato); valorizzare il significato simbolico del movimento verso il punto ieratico dell’altare (l’ingresso sulla facciata principale sottolinea la direzione longitudinale).
La tradizionale localizzazione centrale della soglia sul fronte
d’ingresso, ricorrente e quasi d’obbligo in passato negli edifici religiosi e in generale, in tutti gli edifici pubblici, generatore di equilibrio e di
simmetria, nella prassi progettuale contemporanea ha perso la sua importanza. Spesso gli ingressi sono laterali, articolati in corpi complessi, in sequenze di spazi e, in molti casi, sono quasi mimetizzati nella
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione
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cortina continua delle pareti vetrate, indifferenziati rispetto a queste e
indifferenti rispetto alla vocazione segnaletica cui sono stati da sempre
chiamati (il Movimento Moderno si è mosso verso una totale smaterializzazione degli elementi di separazione, muri e pareti opache, e anche
della soglia, che nella storia ha sempre goduto di forte identità e per
questo è servita spesso come espediente per denunciare la solidità, la
materialità e l’identità del muro).
Concludiamo ricordando che il problema del dove aprire un
varco di passaggio rimane una questione importante nella definizione
della soglia in quanto luogo e che sulla sua localizzazione incidono fattori molto diversi: l’individuazione del flusso, la direzione e il verso del
movimento (quante e quali persone entrano o escono dall’edificio? da
dove si muovono? quali motivazioni li spingono all’ingresso?); la comunicatività della soglia in quanto segnale e simbolo del passaggio (il
varco si deve vedere oppure no? quali messaggi ‘logistici’ deve trasmettere?); il tipo di edificio (monumentale, pubblico, privato; una
scuola, una chiesa, un supermercato?); il contesto ambientale, culturale e urbano in cui è inserito il manufatto.
5. Ingressi laterali. Alvaro Siza Vieira, Portico di accesso al Centro Galego di Arte
Contemporanea, Santiago de Compostela,
Spagna, 1988-93
Note:
1. E.T.A. Hoffmann, ‘Il consigliere Krespel’,
citato in: Marco Biraghi, Porta multifrons,
Sellerio, Palermo, 1992, pp. 17-18.
2. Intervista di Marco Romanelli a Umberto
Riva, ‘Umberto Riva, Casa Insinga, Milano’, in: Domus, 704, sett. 1989, pp. 70-78.
Riferimenti bibliografici:
1. Christian Norberg-Schulz, Genius Loci,
Feltrinelli, Milano, 1979.
2. Christian Norberg-Schulz, Abitare, Electa, Milano.
3. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo,
Hoepli, Milano, 1992.
Fonti delle illustrazioni:
1. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998.
2. Domus, 704, settembre 1989.
3. Casabella, 640/641, dicembre 1996/gennaio 1997, pp. 40, 42.
4. K. Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere,
Electa, Milano, 1999.
5. K. Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere,
Electa, Milano, 1999.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura
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La figura ‘anima’ il varco
La forma non deriva dalla funzione, ma la interpreta. “Un requisito funzionale, infatti, in sé e per sé è privo di forma: è un puro principio di prestazione cui l’opera, con la sua forma, deve rispondere”1.
Anche ‘entrare’ (attendere, varcare, essere accolti) è, in definitiva, solo un verbo all’infinito cui l’architettura dà una interpretazione
in termini spaziali e culturali. Se la funzione del varco è quindi quella
di far passare (selettivamente), qual è la forma che lo identifica e ce lo
fa riconoscere come tale?
Le forme date al passaggio sono varie, diverse, tutte rispondenti a uno stesso bisogno astratto e tutte interpreti originali di un medesimo tema architettonico.
“Quello che mi attira è l’idea di una porta
che fa di tutto per mettere in vista la sua funzione di porta, ma che non si apre su nulla;
l’idea di una cornice lussuosa come per racchiudere qualcosa di estremamente prezioso, ma dentro alla quale non c’è niente”.
Italo Calvino, Collezioni di sabbia,
Milano, 1984
La forma è in grado di conferire alla soglia dinamismo o staticità, quindi traduce in modo più o meno esplicito il significato di luogo
del passaggio e del movimento, piuttosto che di luogo in cui è piacevole fermarsi e intrattenersi. In questo senso è lecito dire che la figura ‘anima’ il varco, perché gli attribuisce l’uso di un linguaggio (formale) attraverso cui può esprimere il suo carattere dinamico (“La parete è muta”, dice Simmel, “ma la porta parla!”2). Porte quadrate, rettangolari, ad
arco, passaggi cilindrici e sferici, soglie semplici o articolate, individuano modi differenti di entrare, e nel contempo esprimono attraverso
i caratteri che sono loro propri, una specifica intima essenza. La forma
data al passaggio, quindi, in quanto pura forma, lancia messaggi indipendenti dalla sua funzione di ‘far passare’, e sarà grande, piccola, regolare, simmetrica, alta, larga, etc. solo in quanto soggetto di architettura in sé e per sé, indipendentemente dal suo ruolo.
Molto raramente si incontrano casi di soglie con una forma
‘sintetica’ o organica in cui non sono più leggibili le parti che costituiscono il varco. In questi casi lo spazio di passaggio è un ambiente unitario e continuo, una specie di connettore naturale, come il varco aperto in una pesante parete rocciosa, smussato per agevolare l’accesso.
Qui la forma organica è dettata da ovvi motivi tecnico-costruttivi e funzionali (l’apertura sarà arrotondata e avrà le dimensioni minime richieste per far passare una persona per volta e per assicurare il massimo livello di protezione dagli agenti e dai pericoli esterni).
Invece, è la geometria lineare quadrata ma soprattutto rettangolare, ad essere la più diffusa in tema di porte e portali, almeno fino
all’antica Roma. Costituite da soglia, stipiti, architrave e anta, queste
strutture rappresentavano nell’antichità, e ancora oggi rappresentano,
le soluzioni più semplici, resistenti e veloci ai problemi statici e costruttivi sollevati dall’apertura di un foro nella parete.
Le innovazioni introdotte dai Romani nella prassi costruttiva, con
la scoperta e la diffusione di archi e volte, hanno trasformato anche la forma del passaggio. L’arco di Costantino, al di là dell’importanza storica e
narrativa della sua decorazione e delle sue dimensioni (è il più grande tra
1. René Magritte, La condizione umana II, 1935
66
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura
2. Soglie organiche tridimensionali. Justus Dahinden, Bussola d’ingresso al ristorante ‘La Boule d’argent’, Zurigo, Svizzera, 1961
3. Articolazione della forma. Portali ad
anelli della cattedrale di Notre-Dame di Parigi, Francia,1163-1200
gli archi trionfali), è significativo prima di tutto per l’uso che fa della volta, struttura architettonica di autocelebrazione di un popolo vittorioso tanto sul piano ingegneristico quanto su quello politico e bellico.
L’arco triunphalis è interessante anche per l’aspetto, più legato al tema figurativo, dell’articolazione formale. Nell’arco di Costantino in particolare, ma in generale in molti degli archi di trionfo romani,
il punto di passaggio non è unico, ma scomposto in tre o cinque fornici, e presenta precise gerarchie rilevabili nella dimensione (l’arco centrale è più grande, mentre i due laterali sono più piccoli), nel tipo di
utenza (distinzione, nel passaggio, tra imperatore, condottieri, legionari, soldati semplici, schiavi), nei modi di compiersi del gesto del passaggio (a piedi o a cavallo, in marcia, etc.).
Anche nelle cattedrali gotiche il varco si articola in più portali, corrispondenti ad ognuna delle navate interne della chiesa. Ci sono
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura
4. Forma organica. Ingresso al giardino di
una casa marocchina
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5. Forma analitica. Trilite del santuario di Mnaijadra, Malta
però esempi in cui questa correlazione soglia-navata non esiste, e l’articolazione dei portali in facciata sembra seguire regole indipendenti
dall’assetto spaziale interno.
Nella Cattedrale di Notre-Dame a Parigi, per esempio, le cinque navate interne non trovano una corrispondenza nel numero dei portali ad anelli del fronte principale, che sono solo tre, e nemmeno delle
porte, che sono sei! La forma di questa soglia è quindi autonoma e articolata, e questa articolazione si esprime non solo nel numero dei passaggi, ma anche nel loro disegno, apparentemente omogeneo (sono tutti portali ad arco acuto). In realtà la figura si differenzia nella presenza
di un diverso trattamento grafico (si veda la profonda incisione che
sembra citare un tetto a capanna nel primo arco a sinistra e che non è
presente negli altri due); nella varietà delle sculture che ornano ciascuno dei portali; nelle differenze dimensionali dei pilastrini che sorreggono le lunette; nella dimensione delle porte (il portale di sinistra è visibilmente più piccolo e con un architrave ribassato, a sottolineare il
ruolo della biblica ‘porta stretta’, ricorrente nella cultura cattolica).
Nei portali si legge anche una particolare scansione ritmica del
gesto, prodotta dalla sequenza delle cornici (anelli) che generano un effetto di profondità e che accompagnano l’incedere dei fedeli verso l’interno. Presso la soglia si riconosce un breve segmento di spazio in cui
l’uomo è accolto durante il passaggio, un luogo, quindi, del quale è
chiaramente riconoscibile la dimensione, la forma e l’articolazione delle parti. Il carattere analitico della forma, che ci permette di riconoscerne le componenti e le loro relazioni, trova nel trilite un esempio
6. Geometrie ‘anomale’. Carlo Scarpa, Porta
d’ingresso alla mostra ’Arte antica Cinese’,
Palazzo Ducale, Venezia, Italia, 1954
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II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura
7. Articolazione della forma. Spazi di ingresso delle cattedrali di Laon (iniziata intorno al 1170); di Noyon (iniziata intorno al
1150) e di Parigi (1163-1200), Francia
8. Articolazione della forma. Arco di Costantino, Roma, Italia, 313-15 d.C.
emblematico, il più antico ed elementare.
9. Richard Norman Shaw, Grims Dyke, Old
Redding, Harrow Weald, Middlesex, 1870-72
Ma vi sono anche soglie in cui la chiarezza e la leggibilità della composizione per parti sono compromesse, perchè la soglia viene resa con forme molto complesse, generate da scomposizioni e da riaggregazioni delle parti secondo regole che non sono più quelle costruttive dei capomastri di cantiere (si vedano le sperimentazioni compositive, le manipolazioni della materia con trattamenti plastici e scultorei,
o le sovrapposizione di diversi linguaggiformali). Per esempio, l’ingresso allestito da Robert Mallet-Stevens per la scenografia del film
‘L’inhumaine’ di Marcel L’Herbier, del 1923-24, non sembra nemmeno
più un meccanismo atto a consentire il passaggio, ma un’opera d’arte in
sé e per sé, sintesi di suggestioni cubiste, neoplastiche e art-decò, in cui
con difficoltà si riconoscono la natura e la forma della porta, celate dietro una maschera di campi cromatici intersecati e sovrapposti.
A soglie di geometria rigida e astratta, come l’ingresso della casa d’abitazione a Chesnut Hill, di Robert Venturi (Pennsylvania, 1962),
che denuncia il suo essere un ‘buco’ nella parete e, nel contempo, sostanzialmente ‘porta’, con le citazioni dell’arco e dell’architrave, si aggiungono figurazioni più flessibili, naturalistiche, zoomorfe o antropomorfe, per esempio (si vedano gli ingressi di Olbrich, esplicitamente le-
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura
10. Forma organica. Antoni Gaudì, Ingresso a Casa Battlò,
Barcellona (Spagna), 1904-06
69
11. Fotogramma del film ‘L’inhumaine’ di Marcel l’Herbier,
con scenografie di Robert Mallet-Stevens, 1923-24
gati alla sensibilità e all’eleganza del gusto di inizio Novecento).
Il tema dell’articolazione della soglia trova un’ulteriore espressione nei percorsi di accesso variamente scomposti in piani, trattati con
materiali e tecniche diversi e collegati tra loro tramite gradini e rampe,
aiuole, pensiline, vasche d’acqua, punti di sosta, sedute, etc.
Un caso significativo è il percorso di accesso di Casa Storer di
Frank Lloyd Wright, articolato, fin nell’interno, in una sequenza di gradini, piani sfalsati, vasche per fiori, setti che bloccano o incanalano il
passaggio, e animato dalla presenza vivente della vegetazione e da
quella monumentale dei pesanti blocchi in pietra, decorati come antichi
templi aztechi, che rievocano divinità e culti primordiali.
Una simile articolazione della forma si rileva anche nel percorso di accesso al Museo di Castelvecchio di Carlo Scarpa, in cui l’uso di
precise geometrie e di particolari tecniche di accostamento di materiali,
colori e lavorazioni, genera una successione ritmica di stanzialità e movimento, e promuove una precisa scansione nel gesto dell’accedere.
L’ingresso di Casa Müller di Adolf Loos (Praga, 1930) si articola, invece, in una sequenza tutta interna di ambienti, piani sfalsati,
gradini, punti di sosta e sedute, che corrispondono a precise sensazioni
e gestualità (benessere, invito all’ingresso, intimità, passaggio, senso di
12. Geometrie astratte. Robert Venturi, John
Rauch, Ingresso alla Casa Vanna Venturi,
Chesnut Hill (Pennsylvania, USA) 1962
70
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura
13. Forme sinuose e naturalistiche. Josef
Maria Olbrich, Porta d’ingresso alla Grosses Haus Glückert, Darmstadt, Austria, 1901
15. Forme sinuose e naturalistiche. Josef
Maria Olbrich, Porta d’ingresso alla Haus
Deiters, Darmstadt, Austria, 1901
Note:
1. Si veda a questo proposito: Rudolph
Arnheim, La dinamica della forma architettonica, Feltrinelli, Milano, 1981 e
Gianni Ottolini, Forma e significato in
architettura, Laterza, Roma-Bari, 1996.
2. Georg Simmel, ‘Brücke und Tür’, in:
M. Cacciari, L. Perucchi (a cura di),
Saggi di estetica, Padova, 1970.
3. Robert Scheu, ‘Kennst du das Haus?’,
in: Prager Tagblatt, gennaio 1931.
4. Si veda Ruggero Ragagnin, ‘Itineraio
Britannico. Sequenza d’entrata’, in: A.
Cornoldi, Architettura dei luoghi domestici, Jaca Book, Milano, 1994.
14. Articolazione della forma. Frank Lloid Wright, Percorso di accesso di Casa Storer, Los Angeles, California, USA, 1923
protezione, attesa e sorpresa). Leggiamo la descrizione che Robert
Scheu fa di questo spazio: “Davanti all’ingresso ti dà il benvenuto per
la prima volta un soffio di piacere. Nella pietra venata gialla, è inserita
al piano terreno una specie di loggia. Alcuni gradini e ci troviamo in un
atrio con un guardaroba, e già inizia l’esperienza spaziale. Su pilastri
quadrati d’un bianco neve si stende un soffitto il cui blu intenso rivaleggia con il cielo della notte veneziana. I termosifoni sono in vista, in
questo riconosco Loos. Ancora qualche gradino in uno stretto passaggio – che non ha nulla a che vedere con un corpo scale – e inaspettatamente ci balza incontro un locale imponente, una stanza senza porte, la
cui dirompente tranquillità ci lascia per un attimo senza fiato”3.
La sequenza di entrata di Loos, scomposta in: corridoio, portale d’ingresso nella sala, scala del portico, scala del soggiorno, si svolge
dall’esterno all’interno con una successione a ritmi serrati di gradini,
luoghi di sosta, sedute in nicchie e su pedane sopraelevate, tale da rendere il passaggio un fatto articolato ma fortemente unitario, così da riconoscersi, nel suo insieme, come luogo di soglia. Nello svolgersi del
gesto dell’addentrarsi, ai diversi livelli e piani si associano anche diver-
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura
71
Riferimenti bibliografici:
1. D. Katz, La psicologia della forma, Boringhieri, Torino, 1966.
2. Paul Klee, Teoria della forma e figurazione, Feltrinelli, Milano, 1976.
3. Rudolf Arnheim, La dinamica della forma architettonica, Feltrinelli, Milano,
1981.
4. P. Guillarme, La psicologia della forma,
Giunti-Barbera, Firenze, 1963.
5. K. Koffka, Principi di psicologia della
forma, Boringhieri, Torino, 1970.
6. W. Köler, La psicologia della Gestalt,
Feltrinelli, Milano, 1967.
7. W. Köler, Evoluzione e compiti di psicologia della forma, Armando, Roma,
1971.
8. Gianni Ottolini, Forma e significato in
architettura, Laterza, Bari-Roma, 1996.
9. Henry Focillon, Vita delle forme, Einaudi, Torino, 1987.
10. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo,
Hoepli, Milano, 1992.
11. F. Scrivano, Lo spazio e le forme, Alinea, Firenze, 1996.
12. G. Pigafetta, Architettura ed estetica,
Alinea, Firenze, 1984.
13. Maria Pia Arredi, Le ragioni della forma, Bulzoni, Roma, 1985.
16. Adolf Loos, Casa Müller, Praga, 1930 (sequenza di entrata, corridoio, portale d’ingresso nella sala e scala-portico)
si gradi di intimità, rilevabili nelle dimensioni più compresse e nell’uso
di materiali più caldi.
Una sensazione di ‘ritrosia dell’incontro’, prodotta dalla successione di filtri che si interpongono tra l’esterno e l’interno, si avverte
anche nella sequenza d’entrata della casa britannica4, una successione
di soglie che immettono in spazi via via sempre più privati: dall’Entrance Archway, all’Entrance Courtyard, al Porch, agli Screens, all’Entrance Hall, luogo, quest’ultimo, in cui si sancisce l’avvenuta preparazione del visitatore all’incontro intimo con il cuore dell’abitazione
e dei suoi abitanti.
La successione di filtri nella connessione tra Porch-ScreensPassage del Grims Dyke di Richard Norman Shaw produce la stessa
sensazione: il portale ad arco ogivale sottolineato dalla cornice ad anelli; i due gradini che sopraelevano il portico e che generano, con l’ombra
che si proietta in profondità, un senso di compressione e di concentrazione; la porta d’ingresso, non finestrata, che costituisce una barriera per
spiacevoli intrusioni visive; la zona a soffitto ribassato del vestibolo.
Fonti delle illustrazioni:
1. G.C. Argan, L’arte moderna, RCS Quotidiani Editoriali, Firenze, 1990.
2. E. Paoli, Quaderni vitrum 6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav.
3. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
4. B. Rudofsky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Roma-Bari,
1979.
5. B. Rudofsky, Le meraviglie ..., op. cit.,
1979.
6. Carlo Scarpa. Opera completa, Electa,
Milano, 1984.
7. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998.
8. D. Watkin, Storia dell’architettura occidentale, Zanichelli, Bologna, 1994, p. 65.
9. A. Cornoldi, L’architettura dei luoghi
domestici, Jaca Book, Milano, 1994.
10. K.-J. Sembach, Jugendstil. L’utopia dell’armonia, Taschen, Colonia, 1991, p. 74.
11. M. Tafuri, F. Dal Co, Architettura contemporanea, Electa, Milano, 1988, p. 229.
12. A. Cornoldi, L’architettura della casa,
Officina, Roma, 1988, p. 243.
13. B. Krimmel, P. Haiko, J.M. Olbrich. Architettura, Jaca Book, Milano, 1988.
14. R. McCarter, Frank Lloyd Wright architect, Phaidon, London, 1997.
15. B. Krimmel, P. Haiko, J.M. Olbrich. Architettura, Jaca Book, Milano, 1988.
16. A. Cornoldi, L’architettura dei luoghi
domestici, Jaca Book, Milano, 1994.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La misura
73
La misura, fra convenienza funzionale, appropriatezza formale e
problemi costruttivi
Il corpo dell’uomo è il metro e la misura dello spazio. Ciò significa che qualsiasi considerazione sugli aspetti dimensionali deve essere fatta non in senso generico e astratto ma correlato con la percezione e la scala umana. Da qui deriva una sorta di oggettività nella definizione della ‘giusta misura’, della ‘misura conveniente’ per l’edificio,
per la funzione che accoglie e per la dinamica dei gesti che vi si compiono1.
Molto spesso il parametro dimensionale dà una precisa connotazione al varco di passaggio non solo come luogo di transizione ma
anche come elemento segnaletico e rappresentativo. Questi due fattori, funzionale e simbolico, sono fondamentali e fortemente interrelati
tra loro e con un terzo, rappresentato dalle relazioni dello spazio con le
tradizioni e i modi d’uso istituiti nel tempo.
Per esempio, nelle abitazioni preistoriche erano molto ricorrenti le porte piccole, delle dimensioni di un buco, tali da permettere
che una solo persona per volta vi entrasse con una torsione del corpo.
Nella già citata Çatal Hùyuk, in Anatolia (v. La localizzazione
del varco fra interno ed esterno come segnale e come simbolo), le porte di comunicazione dei locali interni non erano più alte di un’ottantina di centimetri, più o meno pari all’altezza dell’apertura della classica stanza da tè giapponese, per passare attraverso la quale è necessario
rannicchiarsi; nelle gallerie d’ingresso degli igloo sono la particolare
condizione climatica, le misure ergonomiche dell’uomo e il particolare svolgersi del gesto dell’accedere a dettare le regole formali e dimensionali del varco. Aperture ovali più ampie e con una soglia esageratamente alta si trovavano, invece, più frequentemente negli antichi
santuari, dove rivestivano probabilmente un significato rituale di cui
non si è conservata la memoria.
La necessità di integrare nella ‘misura della soglia’ i diversi
caratteri di rappresentatività, funzionalità, coerenza con il contesto,
simbolismo, etc. ha prodotto soluzioni interessanti, come dimostrano,
per esempio, i casi di ‘soglia-nella-soglia’ dei palazzi medievali e rinascimentali, in cui una porta piccola destinata ai pedoni è ritagliata
nel più grande portone carrabile, a sua volta inquadrato da un più ampio fregio, una decorazione o una cornice, che fa risaltare l’aspetto
estetico e comunicativo del varco.
Soglie che mediano tra la scala a misura dell’uomo singolo e
quella a misura della collettività o della città sono rappresentate anche
dalle grandi porte di città.
Si veda ad esempio il doppio passaggio ricavato per ognuno dei
due sensi di marcia nella facciata urbana della romana Porta dei Borsari a Verona, che sintetizza in un’unica soluzione la funzionalità del passaggio (e del controllo sui passanti), la rappresentatività urbana e la
continuità formale con il contesto. Infatti, questa, come altre porte veronesi, oltre a regolare il flusso d’ingresso e di uscita nel centro urbano,
“Sembra che, in un’opera architettonica, alcuni membri debbano conservare, qualunque sia la grandezza dell’edificio, una dimensione pressoché invariabile: a prendere
le cose da un punto di vista puramente utilitario, l’altezza di una porta non avrebbe altra misura che l’altezza dell’uomo cui darà il
passaggio… Quest’ordine di considerazioni,
i Greci lo osservano tutt’al più nell’epoca
arcaica, ma ben presto lo perdono di vista:
tutti gli organi li sottomettono a poco a poco
al canone modulare, li ingrandiscono o li
rimpiccioliscono, a seconda che il modulo
aumenti o rimpicciolisca.
Se raddoppiano lo sviluppo della facciata,
raddoppiano l’altezza delle porte…”.
Auguste Choisy
1. Fernando Botero, La casa, 1995
74
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La misura
1. Corridoio di accesso all’igloo
2. Portoni dei Borsari, Verona, Italia, I sec. d.C.
ha una facciata articolata con archi sovrapposti, quasi a riprodurre nella
forma, nella dimensione e nella disposizione, il doppio ordine di finestre dei palazzi adiacenti.
Nella facciata della chiesa mantovana di Sant’Andrea di Leon
Battista Alberti, il grande arco classico centrale, fiancheggiato da aperture più piccole, richiama la scansione delle cappelle maggiori e minori sui fianchi della navata e collega organicamente l’esterno con l’interno tramite un profondo e ombroso intradosso (la forma e la dimensione citano e preparano l’ingresso nella navata con volta a botte dell’interno). In questo esempio la dimensione monumentale del varco,
che si apre sulla piccola piazzetta Mantegna, genera uno sconvolgente
‘effetto sorpresa’ e produce un senso di disorientamento, facendo deviare l’attenzione dal problema funzionale dell’accedere alla chiesa a
quello formale e percettivo della difficoltà di cogliere in un medesimo
campo visivo la complessità delle relazioni tra il portale e lo spazio
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La misura
75
1. Leon Battista Alberti, Basilica di Sant’Andrea, Mantova, Italia, iniziata nel 1470
aperto su cui affaccia. Nella profondità dell’intradosso, però, la presenza di una porta ancora di dimensioni significative ma meno imponenti conferisce al varco una dimensione ‘umana’ e ne ripristina il valore di luogo di passaggio.
Le porte di accesso alla chiesa sono però tre e generalmente
vengono usate solo quelle laterali, ancora più piccole, mentre la centrale viene utilizzata solo per le grandi cerimonie. Un altro aspetto ci interessa, dello spazio di accesso al Sant’Andrea, cioé il ruolo e l’articolazione dell’intradosso, che non è solo un luogo di attesa e d’incontro per
i fedeli, ma anche, data la sua sopraelevazione su un podio, una specie
di piccola balconata e punto di osservazione sulla piazza. La complessità di questo spazio è ulteriormente accresciuta dalla presenza di un
percorso che corre longitudinalmente proprio sotto l’intradosso e che
collega la piazza delle Erbe con un’altra piazzetta laterale, più intima,
sul lato occidentale della Basilica.
La chiesa a Marco de Canavezes, di Alvaro Siza, sembra invece
interpretare, nel sovradimensionamento del portale principale (alto circa
dieci metri!), la valenza simbolica della ‘Grande Casa di Dio’, che è la
Chiesa, e della ‘Grande Porta’, che accoglie a braccia spalancate non l’uomo solo ma la grande folla dei fedeli. In effetti sotto questo varco l’uomo,
annichilito, perde il senso delle proporzioni, quasi si annulla al cospetto di
Dio, così come accadeva un tempo nelle cattedrali gotiche francesi.
2. Alvaro Siza Vieira, Chiesa di Santa
Maria a Marco de Canavezes, Portogallo,
1990-96
76
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La misura
11. SITE, Best Scale Reference Showroom, 1979, modello di studio
Note:
1. Si veda: J. Panero, M. Zelnik, Spazi a misura d’uomo, Be-Ma, Milano, 1983.
2. Gianni Ottolini, Forma e significato in
architettura, Laterza, Roma-Bari, 1986,
p. 53.
Riferimenti bibliografici:
1. Gianni Ottolini, Forma e significato in
architettura, Laterza, Bari-Roma, 1996.
2. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo,
Hoepli, Milano, 1992.
Fonti delle illustrazioni:
1. ‘Botero’, in: Le grandi monografie, Fabbri, New York, 1997.
2. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980.
3. John B. Ward Perkins, Architettura romana, Electa, Milano, 1979.
4. F. Borsi, Leon Battista Alberti. L’opera
completa, Electa, Milano, 1989.
5. K. Frampton, Alvaro Siza, Electa, Milano, 1999.
6. Cristiano Toraldo di Francia (a cura di),
SITE. Architetture 1971-1988, Officina,
Roma, 1989.
E’ necessario chiederci a questo punto: in che termini la misura del varco contribuisce a definire il carattere di luogo? Come esce
l’uomo dall’esperienza del passaggio attraverso il ‘grande’ o il ‘piccolo’? Quale dimensione è ottimale affinché l’uomo percepisca il suo ‘essere-in-transizione’?
La risposta la troviamo nel concetto di ‘decor’ che Vitruvio
elabora nel ‘De Architectura’, secondo cui “non si può fare in una grande sala una porta piccola, e in un edificio magnifico le porte non saranno piccole”, perché la porta deve essere commisurata allo spazio, al
fine di conferire a questo dignità e, appunto, decoro. E: “Decor è la
convenienza della forma rispetto al suo scopo rappresentativo o alla sua
consueta coerenza di elemento in un insieme o alle sue stesse finalità
pratiche”2.
Convenienza funzionale e appropriatezza formale definiscono
la giusta dimensione, che si coglie, per esempio, negli spazi collettivi
in cui il grande portale sottolinea il suo essere pubblico, apre l’accesso
alla massa, genera relazioni gerarchiche con il contesto esterno; e negli
spazi privati in cui il modello d’uso della porta d’ingresso, la sua solidità, il suo carattere protettivo, e il suo significato simbolico producono porte di dimensione ‘umana’; e negli spazi intimi, dove il senso di
protezione e di raccoglimento genera ingressi a nicchia, come nello
‘spazio esistenziale’ della bussola di Leonardo Savioli al Galluzzo, di
cui parleremo in seguito.
Nei varchi, cioé, in cui la giustezza dimensionale si accompagna alla corretta percezione del carattere del luogo in cui si sta per accedere.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia
77
La materia, fra trasparenza e opacità
Il carattere di luogo della soglia si coglie anche negli aspetti
materici e tattili delle superfici.
Ogni struttura materica trasmette particolari segnali, poiché è
connotata da una forma propria e da un modo particolare di aggregarsi
e di svolgere certe funzioni. I materiali svolgono perciò un ruolo significante. Per esempio, certa materia ‘pesante’, come la terra e la pietra
(grezza, lavorata e decorata), esprime gli antichi legami con gli usi e le
tradizioni popolari che altri materiali, come il vetro o il metallo, connessi con la produzione seriale industriale e l’innovazione tecnica, non
esprimono o esprimono come relazione più attutita.
I materiali usati in architettura, pur essendo inerti sono ‘vivi’
poichè subiscono l’usura del tempo e degli agenti atmosferici, si trasformano, invecchiano con l’uomo che vi trasferisce la propria storia,
muoiono, scompaiono. Partecipano come soggetti attivi alla faticosa costruzione dei luoghi. Lo leggiamo nell’immagine che Martin Heiddeger
dipinge della soglia, vista come una ‘spaccatura’, una doppia sezione,
orizzontale e verticale, nella materia: “Stando là, verticalmente, la figura architettonica ricolloca la spaccatura nell’ostinato pesantore della
pietra, nella sorda resistenza del legno, nell’intensa vampa dei colori”1.
La descrizione della soglia ‘lettararia’ di Casa Grandet di Honoré de Balzac restituisce, attraverso la citazione dei materiali, del loro uso e del loro degrado, l’intensità dei valori sociali e culturali assegnati al punto del passaggio: “I due pilastri e l’arco, in mezzo a cui s’apriva il varco della porta, erano come il resto del fabbricato, costruiti
col tufo, pietra bianca che si trova sulle sponde della Loira ed è così
friabile da non superare mai in media i due secoli di durata.
I buchi ineguali e numerosi, che le intemperie avevano sparso
bizzarramente, davano all’arco e alle colonne del portone l’apparenza
delle pietre verminose dell’architettura francese e qualche somiglianza
anche con l’ingresso di una prigione. Sull’arco dominava un lungo bassorilievo di pietra dura scolpita, rappresentante le quattro stagioni in figure più logore e annerite, e sopra i bassorilievo sporgeva un plinto tutto coronato di piante spontanee; parietarie gialle, rampicanti convolvoli, muscolo e un piccolo ciliegio già abbastanza alto.
La porta di quercia massiccia, bruna, arida, con larghe fenditure da ogni parte, debole in apparenza, era solidamente munita da un sistema di chiavarde, disposte con simmetria. Un’inferriata quadra, piccola, dai ferri stretti e rossi di ruggine, spiccava nel centro e serviva di
motivo a un martello attaccato mediante un anello che si poggiava sulla testa di un grosso chiodo. Quel martello di forma oblunga o dello
stesso genere di quelli che i nostri antichi chiamavano jaquemart (specie di statuina in bronzo che meccanicamente batteva la campana dell’orologio), somigliava a un grosso punto esclamativo e, solo esaminandolo con attenzione, un antiquario avrebbe potuto scoprirvi qualche
traccia della figura umoristica che un tempo rappresentava e che il lungo uso aveva consumata.
“LA STATUA: Ti resta una via d’uscita: entrare nello specchio e passare al di là.
IL POETA: Non si entra negli specchi.
LA STATUA: Prova, prova sempre.”
J. Cocteau, Le sang du poète
(sceneggiatura del film), 1930
1. Jean Dubuffet, Door with Couch
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II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia
2. Michelangelo Buonarroti, Scalinata nel vestibolo d’ingresso della Biblioteca Laurenziana,
Firenze, Italia, 1519-59
3. Charles Rennie Mackintosh, Scalinata d’accesso della School of Modern Art, Glasgow, Scozia,
Gran Bretagna, 1906-10
Dall’angusto graticcio, attraverso cui si riconoscevano gli amici
nei tempi di guerra civile, si offriva allo sguardo dei curiosi, in fondo a
una volta scura e verdastra, qualche scalino slabbrato che dava accesso a
un giardino chiuso da mura grandi, umide e piene di arbusti malaticci.
Eran mura del bastione su cui si aprivano i giardini delle prossime case”2.
L’uso della pietra nella costruzione della soglia si è mantenuto
stabilmente nel tempo, dal trilite ai contemporanei portici d’ingresso di
musei e biblioteche: ancora oggi viene usato nella maggior parte dei
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia
4. Porta in legno di una casa Dogon, Mali
luoghi d’ingresso, proprio per le sue proprietà strutturali, per la sua solidità e per la sua resistenza. Si vedano: la Porta dei Leoni a Micene, gli
ingressi a templi e piramidi egizie, gli archi trionfali di città, i portali
delle cattedrali gotiche con il loro profuso apparato scultoreo-decorativo, etc.
Il già citato trilite del Santuario maltese di Mnaijdra è un esempio
interessante dal punto di vista materico-costruttivo, cui si aggiunge un’ornamentazione, con una texture omogenea puntiforme, le cui ombre generano un alleggerimento della superficie muraria e al contempo denunciano
l’essenza e la consistenza della materia (v. La figura ‘anima’ il varco).
Un forte effetto di coinvolgimento sensoriale prodotto dall’uso
omogeneo ed esteso della pietra si ha anche nel vestibolo d’ingresso alla Biblioteca Laurenziana di Michelangelo (Firenze, 1519-59), dove il
marmo della scalinata, i rivestimenti delle finte facciate urbane e le
cornici delle finte finestre sottolineano l’anomalo carattere ‘urbano’ di
questo spazio, che, invece, è sorprendentemente un interno.
La materia avvolge completamente il corpo umano, estesa
com’è a tutte le superfici orizzontali e verticali che circondano l’uomo
e ne definiscono gli ambienti di vita, come accade nella scalinata di accesso alla School of Modern Art di Mackintosh (Glasgow, 1906-10),
dove lo spazio di soglia, esteso all’intera scalinata fino alla bussola
d’ingresso, è interamente rivestito di lastre di pietra di grandi dimen-
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80
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia
5. Carlo Scarpa, Porta di servizio in pietra del negozio Olivetti, Venezia, Italia, 1957-58
sioni e sembra proporre la misteriosa e affascinante atmosfera degli ingressi degli antichi castelli medievali.
Rivestimenti in pietra caratterizzano anche il Museo di Arte Contemporanea di Santiago de Compostela, di Alvaro Siza Vieira. In particolare, l’atrio di ingresso ha un carattere di ‘nicchia’, intimo, di preparazione, ma anche di protezione e di raccoglimento. In esso si riconoscono: l’orditura delle lastre di rivestimento, la pesante trave che regge lo
sbalzo a copertura della zona d’ingresso, la semplicissima scala e la
rampa che connettono questo spazio con la strada e al contempo, sopraelevandolo, lo isolano dal flusso automobilistico.
Nel percorso di ingresso al Museo di Castelvecchio di Carlo
Scarpa, a Verona, si rileva un uso della pietra con funzione evocativa.
Qui la presenza di sculture, fontane e sarcofagi dell’antichità e l’utilizzo di lastre di pietra di varia colorazione nelle pavimentazioni e nei rivestimenti, rimanda a storie, tecniche e tradizioni costruttive locali tramandate da lontane generazioni. Un ruolo analogo ricopre la pietra
‘impressa’ con profuse decorazioni dei pilastri e dei capitelli del portico di accesso allo Studio di Frank Lloyd Wright a Oak Park, dove l’ascesa, dalla strada pubblica al piano dell’ingresso, è segnata da una sorta di percorso preparatorio (sequenze di gradini, passaggi attraverso
varchi nel muro di cinta, con pilastri e fioriere, statue e bassorilievi, di
esplicito intento narrativo e simbolico) dove predomina l’uso della pietra e della terra (mattoni, statue in terra cotta, terriccio delle aiuole).
Porte e portoni in pietra o in metallo (le porte blindate, i cancelli in ferro, etc.), così come le pesanti porte in legno, oltre a garanti-
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia
81
re una buona stabilità e un certo livello di sicurezza nella chiusura del
varco, a causa della loro caratteristica opacità, isolano completamente
l’interno dall’esterno e rendono necessari precisi meccanismi di supporto per riuscire ad istituire, un qualunque rapporto tra il dentro e il
fuori (v. Attrezzature per ‘abitare’ la soglia).
Ci sono casi intermedi di opacità/trasparenza, come le porte
con sopraluce, o le porte a vetri smerigliati o colorati. Attraverso queste porte non si può vedere (nel secondo caso si percepiscono solo le
ombre), ma la luce può penetrare nei due sensi: luce artificiale dall’interno verso l’esterno, luce naturale e luce artificiale dall’esterno verso
l’interno. Un altro caso di relazione tra trasparenza e opacità nel luogo
della soglia è rappresentato dalle porte ‘opache’ o dalle cornici di portali inserite in pareti vetrate, ricorrenti in molti ingressi di negozi con
ampie vetrine. E’ un caso di rovesciamento del ruolo del varco di passaggio: la parete ‘filtra’, la porta ‘ostacola’. In questi ingressi sembrano
decadere le tesi di Georg Simmel sul significato della porta, che ammette e regola il flusso e che, al contrario della parete (che chiude,
scherma e isola) dialoga con l’esterno. Il ruolo di ‘ostacolo’ e barriera al
passaggio che introduce questo esempio ci dà l’occasione per affrontare un altro aspetto legato alle scelte materiche, quello riguardante la robustezza della soglia. Abbiamo detto che il punto di contatto tra il dentro e il fuori è un punto nevralgico, perchè fragile (consente la penetrazione all’interno) e selettivo (opera un controllo sul flusso in movimento). I meccanismi di regolazione del passaggio di persone e cose attraverso il varco devono perciò garantire grande efficienza ed esprimere
solidità e resistenza, per far fronte alle intemperie o alle intrusioni indesiderate.
Ne sono un esempio le porte a getto d’aria calda o fredda dei
grandi magazzini (si veda quella realizzata da Rem Koolhaas per Prada: una porta ‘tagliafreddo’, con getti di aria calda ‘sparati’ dall’alto e
una soglia che ‘non c’è’!), o i varchi segnalati da fasci luminosi o raggi laser di pubs e discoteche, etc.
L’‘inesistenza’ della tradizionale porta è sinonimo di continuità fisica tra esterno e interno. La trasparenza delle porte a vetri, invece, garantisce una continuità solo percettiva, poiché il muro non si vede, ma c’è (è
di vetro!). Queste soglie non celano nemmeno ciò a cui immettono e divengono vetrine dello spazio interno, membrane che non separano più ma
solo congiungono, unificano. Lo abbiamo visto nelle soluzioni miesiane di
soglia-senza-soglia: in casa Farnsworth la tradizionale porta è sostituita da
una lastra in vetro completamente trasparente, dove la percezione visiva
del passaggio si perde quasi del tutto e quella tattile della materia si riduce
drasticamente (l’elemento di chiusura del varco si limita a una superficie liscia in vetro, completamente trasparente, montata su un esile telaio metallico, in perfetta continuità con la parete perimetrale esterna).
6. Carlo Scarpa, Cancello in ferro del negozio Gavina, Venezia, Italia
Note:
1. Martin Heidegger, ‘L’origine dell’opera
d’arte’, in: M. Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze, 1984, p. 48.
2. Honoré de Balzac, Eugenia Grandet,
Mondadori, Milano, pp. 31-32.
Fonti delle illustrazioni:
1. P. De Vecchi, E. Cerchiari, Arte nel tempo, Bompiani, Milano, 1982.
2. G.C. Argan, Michelangelo Architetto,
Electa, Milano, 1990.
3. Mackintosh Masterwork. The School of
Modern Art, Richard Drew Publishing,
Glasgow, 1993.
4. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1990.
5. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994.
6. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra
83
Rapporti fra luce e ombra
La linea che separa lo spazio illuminato dalla zona d’ombra è
una delle soglie più significative.
L’occhio umano ha capacità percettive che gli consentono di
cogliere brevissime variazioni luminose, di adattarle e attutirle all’interno di determinati limiti. Al mutare delle condizioni di illuminazione,
naturale o artificiale, l’uomo percepirà un semplice ‘cambiamento di
atmosfera’, ma quando la quantità di luce muta repentinamente, la percezione viene sconvolta da questo scarto subitaneo e lo trasforma in
esperienza psico-fisica del passaggio.
Ma come la luce, nell’ingresso, definisce un luogo? Quali sono gli aspetti che essa valorizza?
La luce isola lo spazio e gli dà autonomia rispetto al contesto
esterno, lo rende riconoscibile e significativo. La soglia è costituita dallo spazio ‘illuminato’, all’interno del quale l’uomo, come un attore sul
palcoscenico illuminato da uno spot a fascio concentrato, avverte il significato della scena che sta per interpretare.
“…e adesso le lucciole si sono posate sugli
stipiti della porta, all’altezza della testa, e
brillano, gloria all’uomo sulla terra e Manuel Espada vi passa in mezzo, che almeno
non manchino questi onori a chi ritorna dal
pesante lavoro e vi dovrà riandare prima del
sorgere del sole”.
José Saramago,
Una terra chiamata Atentejo, 1997
Negli effetti notturni di contrasto tra luce e ombra, la potenza
affascinante e sorprendente della luce che identifica il luogo, in opposizione all’indeterminatezza dell’oscurità esterna, costruisce la linea
che separa ciò che è fuori da ciò che è dentro (anche se si tratta in realtà
di un ‘interno’ in un interno più grande). In questo caso il fascio luminoso non solo costruisce il limite spaziale, ma rende visibile, e quindi
vivente, lo spazio. Durante il giorno il medesimo effetto è attutito dai
toni più pacati della luce solare diffusa e dell’ombra prodotta dagli oggetti su cui la medesima luce si infrange.
Il passaggio attraverso il varco che congiunge due diverse condizioni di illuminazione provoca uno shock più o meno forte a seconda
dell’intensità del contrasto. Questo aspetto è molto evidente negli ingressi delle chiese romaniche, dove l’istantanea variazione di stato che
si coglie muovendosi dall’esterno intensamente illuminato dalla luce
solare, all’interno in forte penombra, è così accentuata al fine di rendere manifesta l’opposizione tra il sacro e il profano. Il fatto che il sacro,
in questo caso, sia rappresentato da una zona d’ombra non deve trarre
in inganno circa i significati escatologici. Infatti l’ingresso nella ‘Casa
del Padre’ nella cultura cattolica è caratterizzato dal momento doloroso del riconoscimento e dell’espiazione delle colpe, ma mano a mano
che l’occhio si adatta al buio dell’interno la luce soffusa diviene elemento rassicurante di accoglienza e di protezione.
Il professor Gian Domenico Salotti, in uno degli incontri di
Dottorato, parlando di soglie, riportava la sua esperienza nell’interno
completamente buio della Basilica di Santa Anastasia, a Verona.
“Un immenso vuoto, privo di luce. L’ingresso in questo luogo
ha rappresentato per me l’esperienza di un totale disorientamento.
L’immersione nel nulla. Fino a quando ho scorto, in un punto preciso
1. Caravaggio, Madonna di Loreto, 1604
84
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra
3. La luce come soglia e come segnale di soglia
2. BBPR, Lampadario nell’atrio della Torre
Velasca, Milano, Italia, 1958
della chiesa, un po’ a destra nella navata, un punto di forte intensità,
una concentrazione di luce e di significati, insomma un luogo in cui potevo riconoscere la mia presenza in relazione allo spazio che mi accoglieva. L’intera chiesa si riduceva, per me, a quei tre metri quadrati illuminati da un tappeto di candele accese presso la statua di una Madonna regalmente addobbata. La luce aveva avuto la forza di guidare il
mio sguardo e orientare il mio incedere lì e solo lì. Tutto ciò che era intorno, l’involucro, gli arredi, l’altare, tutta la chiesa praticamente non
esistevano”.
Il valore simbolico di questa presenza architettonica della luce
è strettamente legato alla corrispondenza religiosa tra luce, divinità e
spazio sacro. Lo spazio circoscritto dal fascio luminoso, per le sue ridotte dimensioni e il suo raccoglimento, è una bolla ambientale a misura d’uomo ritagliata nella vastità destinata alle cerimonie pubbliche,
dove l’esperienza dell’ingresso è un fatto profondamente individuale,
sia nell’essenza sia nella forma. In essa l’uomo ‘entra’, ne percepisce i
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra
4. Scansioni luminose nell’Antro della
Sibilla, Tirinto, Grecia, 1300 a.C.
5. Effetti di luce all’interno el portale occidentale centrale della Cattedrale di NotreDame, Reims, Marne, Francia, 1252
limiti e può dire di apprtenervi oppure no. I margini di questo spazioluce sono solo apparenti, ma così nettamente definiti da riuscire a identificare un luogo significativo. L’immagine di questo luogo dall’esterno dell’area illuminata è quella di una ‘scatola trasparente in una più
grande scatola nera’, che concentra in sé attenzione e carica simbolica.
Dall’interno dell’area illuminata, invece, si percepisce la grande scatola nera come un paesaggio infinito e inesplorabile.
Alla definizione dello spazio di soglia non concorre soltanto la
luce: sua complice e controparte è l’ombra, che, come la luce, disegna
le forme, i confini dei corpi e dello spazio, quindi rileva il contrasto e
le opposizioni.
Il luogo, generato dalla combinazione tra il limite disegnato
dalla relazione luce-ombra e l’opposizione spaziale dentro-fuori, è la
soglia che stiamo cercando.
A seconda della sorgente di luce (naturale/artificiale), del tipo
di illuminazione (puntuale, diffusa, colorata, etc.), della modalità di trasmissione del flusso (diretta/indiretta) e del punto di emissione (dall’interno dell’edificio/sulla soglia/dall’esterno) si avranno soluzioni
che tendono ad esaltare valori diversi di soglia.
Per esempio il grande lampadario progettato dallo studio BBPR per l’atrio della Torre Velasca, a Milano, genera una luce diffusa di
grande intensità, in grado di illuminare in modo omogeneo tutto lo spazio vetrato di accoglienza al piano terra, compresa la bussola d’ingresso. L’effetto ‘notturno’ di questa soglia è particolarmente affascinante:
sembra una teca illuminata dall’interno che pare ‘staccarsi’ dall’edifi-
85
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II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra
6. Robert Adam, porta con finestre laterali
nel Crooked Pightle, Hampshire, Gran Bretagna, XVIII sec.
cio e, ‘svuotando’ il piano terra, far levitare la torre. La visione notturna è ben diversa da quella diurna: l’illuminazione naturale molto lieve
e attenuata dall’ombra profonda prodotta sulla bussola d’ingresso dal
portico e dai due avancorpi dei negozi.
Un esempio analogo si trova nella bussola d’ingresso allo studio di Leonardo Savioli, di cui l’illuminazione artificiale indiretta
proveniente dall’interno dell’edificio potenzia la labile fisicità e la
volumetria, che si perdono, invece, in condizioni di luce naturale.
In alcuni casi è l’illuminazione artificiale indiretta proveniente dall’esterno dell’edificio a costruire lo spazio (o la linea) di soglia, come accade nell’ingresso alla Maison de Verre di Pierre Chareau, di cui parleremo più avanti; in altri, la stessa luce artificiale si
fa soglia (oltre che generare effetti di soglia), come nelle lampade al
neon delle porte d’ingresso a pubs o discoteche, il cui valore simbolico e segnaletico è dominante su ogni altro aspetto. In questi esempi
la percezione del passaggio è tutta concentrata nel tubo di neon, che
costringe a una reinterpretazione della porta, quasi totalmente smaterializzata, tradotta in pura cornice, in varco luminoso che separa e
connette all’oscurità.
Invece la luce naturale produce effetti di soglia diversi. Si vedano: la pioggia di luce proveniente dal lucernario del vestibolo d’ingresso di Villa Karma di Adolf Loos e lo scarto luministico nella Cappella Sogn Benedegt di Peter Zumthor, di cui tratteremo specificamente più avanti; oppure le rifrazioni e i riverberi della luce solare sui portali e sulle sculture delle cattedrali gotiche; etc.
Per i suoi caratteri di diffusione, omogeneità e acromaticità, la
luce solare produce margini in relazione alle linee o superfici d’ombra
generate dall’articolazione della forma, dalla posizione dell’oggetto rispetto alla sorgente e infine dall’inclinazione, sempre variabile, delle radiazioni luminose. Inoltre, per il suo continuo trasformarsi nelle ore del
giorno, nelle stagioni, nelle condizioni atmosferiche, la luce permea lo
spazio della soglia di variabilità e temporalità.
Gli ingressi con porte a vetri, con porte-finestra o con porte
collocate presso ampie pareti vetrate, che facendo filtrare la luce illuminano il punto di passaggio, godono di una certa qualità spaziale e
consentono lo svolgimento ‘naturale’ di attività (riconoscimento dell’ospite, accoglienza e intrattenimento) che altrimenti richiederebbero
anche di giorno l’uso di fonti di luce artificiale.
Ora ci resta un aspetto da esplorare, cioè: in che modo l’uomo
percepisce il margine tra interno ed esterno come luogo significante?
Nello Zibaldone di Giacomo Leopardi leggiamo quali sono gli
effetti prodotti sull’uomo dalla luce naturale: “La luce del sole o della
luna, veduta in luoghi dov’essi non si vedano e non si scopra la sorgente della luce; un luogo solamente in parte illuminato da essa luce; il
riflesso di detta luce, e i vari effetti materiali che ne derivano; il pene-
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra
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7. Norman Foster, Ingresso alla metropolitana di Bilbao, Spagna, 1996
trare di detta luce in luoghi dov’ella divenga incerta e impedita, e non
bene si distingue, come attraverso un canneto in una selva, per li balconi socchiusi […] La detta luce veduta in luogo, oggetto […] dov’ella non penetri e non percota direttamente, ma vi sia ribattuta e diffusa
da qualche altro oggetto […] dov’ella venga a battere; in un andito veduto al di dentro o al di fuori, e in una loggia parimenti […] quei luoghi ove la luce si confonde con le ombre, come sotto un portico, o in
una loggia elevata e pensile tra le rupi e i burroni, in una valle, sui colli veduti dalla parte dell’ombra, in modo che ne siano indorate le cime,
il riflesso che produce, per esempio, un vetro colorato su quegli oggetti su cui si riflettono i raggi che passano per detto vetro; tutti quegli oggetti insomma che per diversi materiali e numerose circostanze giungono alla nostra vista e udito […] in modo incerto, mal distinto, imperfetto, incompleto e fuor dell’ordinario. E ci pasce e ci riempie l’anima indicibilmente, anche mediante i minimi oggetti”1.
Gli aspetti percettivi e sensoriali della luce sono emblematicinell’‘Architecture des Ombres’ di Ethienne-Louis Boullée, i cui principi,
come afferma Villard, si erano chiariti al suo autore mentre camminava al
chiaro di luna2. E’ facile trasporre gli effetti descritti sul luogo della soglia.
Note:
1. Giacomo Leopardi, Zibaldone, Mondadori, Milano, 1937.
2. Si veda: Emil Kaufmann, Tre architetti
rivoluzionari. Boullée-Ledoux-Lequeu,
Franco Angeli, Milano.
Fonti delle illustrazioni:
1. R. Causa, I maestri del colore: Caravaggio, II parte, Fabbri, Milano, 1977.
2. L. Fiori, M. Prizzon (a cura di), La Torre
Velasca, Abitare Segesta, Milano, 1982.
3. Guatemala, 2001.
4. L. Semerani, Dizionario critico illustrato
delle voci più utili all’architetto moderno,
Edizioni C.E.L.I., Faenza, 1993.
5. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998.
6. The element of Style, Simon & Schuster,
New York, 1996, p. 475.
7. Atlante di architettura contemporanea,
Könemann, Colonia, 2000, p. 72.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore
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Il colore potenzia il significato
La Porta della Vita descritta da Dante nel IX canto del ‘Purgatorio’ è una porta ‘stretta’ dalla morsa dei muri, ricavata nella roccia,
in cui si innesta una profonda fenditura, il varco. E’ chiusa da una doppia serratura e preceduta tre gradini, di colori e materiali diversi, significato allegorico delle tre parti del sacramento della confessione. Il primo gradino simboleggia la contrizione (contritio cordis) che richiede
un esame di coscienza, per guardarsi dentro, come riflettersi nel marmo bianco, così pulito e terso che ci si può specchiare. Il secondo gradino è di colore scuro, di un materiale pietroso e ruvido, su cui deve
spezzarsi la durezza dell’animo medinate la confessione orale (confessio oris). Il terzo gradino, di colore rosso vivo, è simbolo dell’ardore
che serve per formare il proponimento di non peccare più (satisfactio
operis).
“Vidi una porta, e tre gradi di sotto
Per gire ad essa, di color diversi,
E un portier ch’ancor non facea motto.
Là ne venimmo; e lo scaglione primario
Bianco marmo era si pulito e terso,
Ch’io mi specchiai in esso qual io paio
Era il secondo tinto più che perso,
D’una petrina ruvida e arsiccia, crepata
per lo lungo e per traverso.
Lo terzo, che di sopra s’ammassiccia,
Perfido mi parea, sì fiammeggiante
Come sangue che fuor di vena spiccia.”.
Dante Alighieri, Divina Commedia,
Purgatorio, IX, vv. 76-78, 94-102
Tra i colori e loro significati esistono precisi parallelismi, acquisiti e integrati nelle culture popolari nel corso dei secoli. Per esempio, i Greci e gli Egizi dipingevano i templi e gli edifici più importanti con ocra rossa e gialla e col nero, in una festa di colori che oggi non
siamo più in grado di vedere nelle rovine pervenuteci. Queste tinte,
usate per lo più allo stato puro, avevavo significati sociali e culturali
precisi.
Un importante esempio di soglia ‘colorata’ è la babilonese Porta di Isthar, oggi ricostruita presso lo Stadtliche Museum di Berlino,
che si trovava un tempo al termine della lunga via delle processioni della città. La sua potenza architettonica risiedeva nell’intenso colore azzurro di cui erano smaltati i mattoni, “interrotti soltanto da leoni, tori e
animali fantastici scanditi a intervalli regolari e circondati da fregi geometrici bianchi, rossi e gialli”1. Qui il blu, che ritroviamo in tutti i portali delle madrase e delle mederse islamiche (si vedano il Topkapi e la
Moschea Azzurra di Istambul), connota il luogo di ingresso alla città.
Il colore si presta con funzione di identificazione di luoghi importanti, di punti nodali o delegati a rappresentare un particolare significato, laddove si manifestano dissonanze cromatiche (magari associate a forti scarti dimensionali, all’uso originale dei materiali o alla definizione di forme articolate o inusuali).
Nella tradizione portoghese, la sottolineatura della soglia tramite il colore si trova in modo ricorrente in molte abitazioni tradizionali, dove i varchi di porte e finestre sono incorniciati con le tinte vivaci del sole, del mare e della natura. Sulle facciate bianche delle case,
in contrasto con i tetti in coppi, sono dipinte le cornici giallo-ocra, verdi, azzurre intorno a finestre e porte. Le porte sono anche dotate di una
‘soglia’ in pietra, di un certo spessore, e gli stipiti terminano a filo del
pavimento, dando continuità di segno allo zoccolino che sottolinea il
passaggio dall’orizzontale del marciapiede alla verticale della parete.
1. Willem De Kooning, Porta sul fiume,
1960, particolare, Whitney Museum of
American Art, New York
90
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore
3. Porta di Isthar, Babilonia, ricostruzione presso il Staadliches Museum di Berlino
Un caso particolare di uso del colore come ‘indicatore di luoghi’ lo troviamo negli ingressi alle abitazioni delle Siedlungen di Bruno Taut, per i quali elabora soluzioni cromatiche articolate e differenziate. Ogni porta d’ingresso ha un colore di identificazione che rende
riconoscibile e originale ogni singola unità.
Nel contesto postbellico, dice Taut, “il colore deve favorire la
ripresa, deve ridare fiducia; usarlo, in questo momento corrisponde
quasi ad una necessità patriottica. […] Le tinte sono forti e i toni decisi”2. In generale Taut usa il colore con scopi sociali, per riscattare l’interno domestico e per dare qualità ai nuovi insediamenti residenziali; lo
dimostra la gioia che esprime il libero accostamento cromatico, per
esempio, delle case blu a schiera, in testa alla Siedlung ‘Berlin Britz’,
con portoncini in rosso e giallo squillante.
Un uso più aristocratico del colore lo incontriamo, invece, nei
paramenti marmorei multicolore del pavimento e delle pareti del vestibolo di ingresso di Villa Karma di Adolf Loos; mentre ha un carattere
poetico-astratto la sequenza di marmi bianchi, rosa e rossi nel percorso
di accesso al Museo di Castelvecchio di Carlo Scarpa, a Verona.
2. Rijnvos Voorwinde, Ingressi di abitazioni
a Tilburg, Olanda, 1997
L’ingresso in mattoni multicolore della Hoechst AG di Peter
Behrens (Francoforte, 1920-24) è un grande involucro che coinvolge
emotivamente il visitatore in una atmosfera quasi irreale di luci e colori. In contrasto con l’uso rigoroso e con l’immagine più realistica del
mattone rosso, alternato a quello marrone, che caratterizza tutto l’esterno e parte dell’interno, i piloni dell’atrio sono dipinti in colori smaglianti che cristallizzano la luce proveniente dall’alto, modulandola in
infinite sfumature. L’uso espressivo dei cromatismi altera la percezione dello spazio: il piccolo atrio diventa enorme e l’altezza non è più di-
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore
91
rettamente dimensionabile3.
Il colore rappresenta, insieme alla generica decorazione, il modo più immediato per trasferire concetti astratti sulpiano materico concreto e “il metodo più semplice, più incisivo e più espressivo per esprimere un simbolo”4, perché contiene energie che influiscono sull’uomo
e perché partecipa alla definizione della materia e della forma. La presenza del colore nei punti di soglia non può essere perciò casuale o involontaria. Essa è collegata alla sfera della suggestione, del potere simbolico e della poesia e “influenza direttamente l’anima” (Kandinskij).
Wolfgang Goethe, ne ‘La teoria dei colori’, dà una interpretazione alle gradazioni cromatiche, concludendo che ogni tinta genera un
particolare stato d’animo, quindi, indipendentemente dalle sue relazioni di contrasto o integrazione cromatica con la forma dell’oggetto o con
il contesto che lo circonda, essa promuove, modifica, ostacola il comportamento umano.
Leggiamo direttamente dal capitolo ‘Azione sensibile e morale del colore’: “758: Il colore occupa un posto assai elevato nella serie
delle manifestazioni naturali originarie, in quanto riempie di una molteplicità ben definita il cerchio semplice che gli è assegnato. Non ci stupiremo quindi di apprendere che esso esercita un’azione, in particolare
sul senso della vista, a cui esso in maniera evidente appartiene e, per
suo tramite, sull’animo nelle sue più generali manifestazioni elementari, senza riferimento alla costituzione o alla forma del materiale, sulla
cui superficie lo vediamo. Si tratta, diremo, di un’azione specifica
quando il colore sia preso nella sua singolarità, mentre, in combinazione con altri, si tratta di un’azione in parte armonica, in parte caratteristica, spesso anche non-armonica, sempre tuttavia decisa e significativa, che si riallaccia direttamente al momento morale.
Questo è il motivo per il quale il colore, considerato come un
elemento dell’arte, può essere utilizzato come un momento che coopera ai più elevati fini estetici”5.
Come, attraverso il colore, alla soglia viene affidato il valore di
luogo?
Il colore, così come la luce, isola la soglia, sottolinea il punto
del passaggio rispetto all’omogeneità della facciata. Fa esplodere di significato il varco, che non semplicemente ‘si imbelletta’, ma esprime
un giudizio sulla qualità dello spazio e sul valore del gesto. Per esempio, i colori brillanti fanno risaltare l’effetto superficiale e riducono
l’impressione di profondità, mentre i colori pallidi accentuano la
profondità (l’architettura islamica ha utilizzato largamente questi effetti).
I colori scuri riducono le dimensioni, quelli chiari le aumentano6.
Concludiamo che il colore è un potente elemento di lettura e di
connotazione dello spazio, e la sua interpretazione in architettura deve
tenere conto di alcuni aspetti:
4. Bruno Taut, Porte d’ingresso alle
abitazioni delle Siedlungen realizzate tra il
1910 e il 1930 a Berlino, Germania
92
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore
6. Beck-Enz-Yelin-Rothgang, Ingressi e scale multicolore di abitazioni ‘Buxheimer Weg’, Monaco, Germania, 1995
Note:
1. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 188.
2. Gian Domenico Salotti, ‘Bruno Taut: alcune
note sul colore’, in: G. D. Salotti, M. A. Manfredini, Bruno Taut. Der Weltbaumeister. L’interno e la rappresentazione nelle ricerche verso
un’architettura di vetro, Franco Angeli, Milano, 1998.
3. Si veda: Peter Behrens, Umbautes Licht, Prestel
Verlag, Berlin, 1990.
4. Emanuele Tesauro, 1654.
5. Wolfgang Goethe, La teoria dei colori, a cura di
Renato Troncon, Il Saggiatore, Milano, 1979.
a)il significato dei colori è dinamico, continua a variare nel corso del
tempo e a seconda degli ambiti geografici. Quindi per individuare il
significato di un dato colore è necessario determinarne il contesto
preciso di applicazione. Infatti il luogo architettonico del colore si lega ai riti dell’identificazione culturale nello spazio abitato, che può
essere considerato secondo tre angolazioni: del luogo cromatico naturale, delle memorie coloristiche che ivi si trasmettono e delle trasformazioni a cui può essere sottoposto. In questo senso è fonda-
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore
6. Peter Behrens, Ingresso multicolore della Hoechs AEG, Francoforte, Germania,
1920-24
7. Soglie colorate delle abitazioni popolari
in Guatemala
2. Cornici colorate sulle soglie delle case
popolari portoghesi
mentale il rapporto tra memoria del colore e architettura colorata;
b)oggi i segni cromatici non sono più codificati come un tempo, sono
più liberi: così i colori si sovrappongono ai volumi, li seguono, li
contestualizzano, li spezzano, possono decorare, segnalare, simboleggiare o semplicemente autocitarsi.
93
764: “I colori del lato del Più sono il giallo, il
giallo-rosso (arancio), il rosso-giallo (minio, cinabro). Essi danno luogo a stati d’animo attivi,
vivaci, tendenti all’azione. 766: Allo stato di
massima purezza il giallo contiene sempre in sé
la natura del chiaro, e possiede una qualità, dolcemente stimolante, di serenità e gaiezza. 778:
Azzurro. Se il giallo conduce alla luce, si può dire che l’azzurro conduce con sé qualcosa di scuro. 779: […] esso è, nell’aspetto, una contraddizione composta di eccitazione e di pace. 793:
Chi conosce il sorgere prismatico del porpora
non troverà paradossale se affermiamo che esso
contiene, in atto o in potenza, tutti gli altri colori. 802: Verde. In esso il nostro occhio trova un
autentico appagamento. Se ambedue i colori-madre si equilibrano perfettamente nel composto, di
modo che l’uno non si nota prima dell’altro, occhio e animo riposano su questo semplice composto come se si trattasse di qualcosa di semplice. Non si vuole, né si può, procedere oltre. Perciò il verde è di solito prescelto per la tappezzeria delle stanze di soggiorno”.
6. Nell’interpretazione corrente:
Verde: solidità e tranquillità, costanza, stabilità e
sicurezza, forza, perseveranza e equilibrio (durante il periodo palladiano, per esempio, tra
1730 e 1750, gli inglesi addobbavano le sale di
rappresentanza con pesanti tendaggi di colore
verde scuro). Rosso: valore del cuore, dell’amore, della passione, della sensualità, dell’erotismo,
di ogni emozione violenta. E’ il colore simbolico
più antico e popolare. Colore della materialità e
dell’immediatezza, in opposizione all’azzurro,
spirituale. Afferma Kandinskij: “il rosso è energia, colore sconfinato, vivace e inquieto, ma privo del carattere spensierato del giallo”. Marrone:
colore della terra, simbolizza valori profondi e
perenni, qualità fondamentali ed elementari. Come la terra, il mattone, il legno e il cuoio sono
materiali marroni associabili alla confortevolezza e al benessere fisico, al caldo e al comfort.
Giallo: più brillante quando è saturo (tutti gli altri tendono ad opacizzare), sole, vita, attenzione,
allegria, vivacità. Il giallo si espande, il rosso
viene avanti e il blu sprofonda. Astratto, luce, iridescenza, vibrazione. Blu: silenzio, quiete, riflessione, spiritualità, pace, contemplazione, “il rosso balza in avanti, il blu sembra allontanarsi”,
freddo, anche tristezza e malinconia. Afferma
Goethe: “Il blu è una specie di contraddizione tra
eccitazione e riposo”. Viola: ambiguità e mistero,
inconscio, con sottofondo minaccioso, tenebre,
morte, sublimi amonie dello spirito.
Riferimenti bibliografici:
1. J. Wolfgang Goethe, La teoria dei colori, Leipzig, 1910.
2. T.W. Adorno, Dissonanze, Feltrinelli, Milano,
1959.
3. A. Shoenberg, Manuale di armonia, Il Saggiatore, Milano, 1963.
4. M. Brusatin, Storia dei colori, Einaudi, Torino,
1983.
5. P. Barocchi (a cura di), ‘Colore’, in: Scritti d’arte del Cinquecento, vol. IX, Torino, 1979.
6. P. Parini, M. Calvesi, Il linguaggio visivo, Firenze, 1980.
7. Paul Klee, Teoria della forma e della figurazione, Milano, 1976.
8. A. Guller, P.L. Rupi, In nome del colore. Uso e
abuso del colore in architettura, Alinea, Firenze, 1989.
Fonti delle illustrazioni:
1. R. Bossaglia, R. Siligato, F. Menna, L. Caramel,
M. Vescovo, Astrattismo, Art Dossier, Giunti,
Firenze, 1990.
2. Detail, 4, 1997.
3. Ridisegno di Barbara Bogoni.
4. W. Nerdinger, M. Speidel, Bruno Taut 18801938, Electa, Milano, 2001.
5. Detail, 6, 1995.
6. B. Buderhat, Peter Behrens. Umbautes Lichts,
Prestel, München, 1990.
7. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
8. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione
95
La decorazione come valore estetico e narrativo
La decorazione è una specifica caratteristica della forma, “una
sottolineatura espressiva della forma che può realizzarsi sia tramite aggiunte materiali, sia attraverso particolari trattamenti delle sue caratteristiche figurali, topologiche, materiche, luministiche, metriche, cromatiche, etc.”1.
Le matrici iconiche che si riconoscono nella decorazione degli
spazi di passaggio2 tendono a identificare nel varco precisi modi per attraversarlo e precisi contenuiti3. Questa sottolineatura, nel caso della
soglia, si esprime generalmente attraverso una cornice, che segnala, valorizza e in un certo senso ‘isola’ la soglia, ne esprime l’autonomia e
l’originalità, le conferisce importanza e significato.
La cornice della porta, che si carica di valenze cromatiche e
iconografiche e di citazioni spesso si amplifica e si dilata fino a inglobare lo stesso varco, deformarne la figura e integrarla in un disegno organico. Essa4 non è solo un ‘abbellimento del passaggio, ma anche un
‘isolatore’5 che incarna la frontiera fra le due regioni del muro e della
porta.
Esempi significativi si riconoscono nella ‘Porta con orecchioni’ all’ingresso della etrusca ‘Tomba della Casa’ a Cerveteri, interessante anche per le sedute laterali in pietra che attrezzano il luogo per
l’attesa e la meditazione; e nelle porte del Bramante, in cui l’apertura
del varco interrompe, in basso, la continuità geometrica della cornice.
Una soluzione molto simile a quella di Bramante è quella applicata nel
portale del tempio arcaico a Sto Palati, a Naxos, dove la decorazione,
che si interrompe per far passare l’uomo, unita alla grande dimensione,
oltre ad attribuire monumentalità alla soglia, affida un grande significato al gesto del passare e alla misura del corpo umano.
“Un secondo tipo posizionale di decorazione è quello che potrebbe definirsi di
soglia, consistente nella sottolineatura di un
margine tra due superfici o fra due spazi
tridimensionali, in particolare fra interno ed
esterno. Come esempi, si possono considerare il tratto colorato con cui una semplice
gemellata del vasaio sottolinea il bordo di
una scodella, nevralgico punto di passaggio
fra dentro e fuori, dove posano le labbra; la
cornice di una finestra o di una porta; …”
Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Roma-Bari, 1986, p.59
La cornice della porta svolge un ruolo analogo a quello della
cornice di un dipinto. E’ la cornice di un quadro invisibile, che incornicia il vuoto del varco.
Presso la porta di accesso alla Ernst Ludwing Haus di Olbrich
sono collocati elementi decorativi che acquistano un forte carattere metaforico e traducono l’accesso fisico all’edificio come accesso allo spazio dell’operare artistico “per mezzo dei simboli della nostra cultura”6.
Questa soglia, che mette in gioco diversi temi figurativi e spaziali (sopraelevazione, scalinata, sovrapposizione di figure geometriche – cerchio, quadrato, ellisse – relazioni tra le arti – pittura, scultura e architettura), si risolve, in realtà, in pochi elementi semplici: le due colossali statue dello scultore Habich ai lati del portale e la cornice a semicerchio.
La Golden Door del Transportation Building di Sullivan (Chicago, 1893), grazie alla sua pesante decorazione scultorea, i paramenti
marmorei e l’acceso cromatismo (rosso, arancione e oro) costituisce
1. Dietric Bouts, Visitazione, 1445, Museo del Prado, Madrid, Spagna
96
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione
4. Portale di tempio arcaico, Sto Palati, Naxos,
Grecia
4. SITE, Door within a door a dorr within a door..., 1985, modello di studio
una struttura formalmente autonoma rispetto ai bianchi edifici fieristici cui fa da ingresso monumentale.
2. Porta con orecchioni, Tomba della Casa,
Necropoli Bauditaccia, Cerveteri, Roma,
Italia, VII sec. a.C.
Sullo spazio del passaggio troviamo un altro tipo di decorazione, non geometrico-astratta, ma narrativa, collocata sovente presso i
portali ad anelli delle chiese medioevali. Con l’abbondare delle decorazioni, la volontà dei soggetti e delle scene che l’adornano, questo varco si presenta come un’enciclopedia di tutto il sapere medievale; i guardiani di soglia sono sfingi di pietra, irsute chimere, buffoni, figurine,
mascheroni, draghi e vampiri.
La decorazione assume un ruolo evocativo e si presenta come
un vero e proprio allestimento scenico di immagini viventi, libere, movimentate, pittoresche, a volte disordinate.
Questi spazi per secoli hanno fatto da sfondo a riti e cerimonie magico-simboliche, si pensi che nel XIV secolo le riunioni settimanali degli alchimisti si tenevano presso la Basilica di Notre-Dame
di Parigi, sia sotto il grande portico, sia davanti al portale di San Marcello, o davanti alla piccola Porta Rossa, completamente decorata di
salamandre7.
L’ornamentazione marmorea di questi portali contiene quindi
precisi riferimenti alla simbologia alchemica (vi sono rappresentati
l’athanor, il crogiuolo degli alchimisti, una donna che addita il corvo,
– stato iniziale dell’opera alchemica –, un cavaliere che addita un leone – elemento fisso dello zolfo –, un altro che soffoca un drado – elemento mobile del Mercurio –, etc.).
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione
5. La cornice ‘isola’ la soglia. Antonio da Sangallo il Giovane, Facciata d’ingresso a Palazzo
Strozzi, Firenze, Italia, 1489
97
6. Cornice decorata con motivi floreali,
astratti e zoomorfi. Portale laterale sud dell’abbazia di Sant’Antimo, Montalcino, Siena, Italia, XI sec.
I significati filosofali si intrecciano con narrazioni bibliche ed
evangeliche negli apparati decorativi dei portali delle chiese romaniche, le cui formelle bronzee narrano eventi dell’Antico e del Nuovo Testamento che si riferiscono in moltissimi casi a metamorfosi (si veda la
Creazione di Eva), a transiti (il Passaggio attraverso il Mar Rosso) o a
vicende iniziatiche.
I portali ad anelli delle cattedrali medievali introducono al tema della soglia-nella-soglia. In essi la sequenza di cornici che si ingrandiscono per conferire maestosità al varco o, viceversa, si rimpiccioliscono per inquadrarne l’apertura (come le bambole russe contenute nelle loro copie sempre più grandi), da una parte esprime la potenza
simbolica della soglia, dall’altra concentra l’attenzione sull’essenza fisica del passaggio. Nel tempio di Karnak, in Egitto, la serie graduale di
finte porte-cornici in bassorilievo produce questo stesso effetto.
In genere la decorazione della soglia è localizzata anche sul
battente che apre e chiude il varco. Nell’architettura religiosa queste
porte decorate proliferano: si vedano i portali di ingresso agli antichi
templi e piramidi egizie, quelli delle moschee islamiche e i portali
bronzei delle cattedrali romaniche.
Ma soluzioni molto originali si trovano anche sulle soglie delle più misere abitazioni delle medine mediorientali. In questi contesti
la porta assume un significato culturale, perché rappreseta l’unico elemento della casa che dialoga con l’esterno e riveste perciò un ruolo rappresentativo del privato celato dalla porta nella profondità del lotto,
protetto dalla luce accecante del sole, tutelato e difeso da intrusioni in-
7. João de Castilho, portale della chiesa del
Convento de Cristo, Tomar, Portogallo, 1515
98
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione
8. Louis Sullivan, Golden Door del Transportation Building, Chicago, Illinois, USA, 1893
9. Joseph Maria Olbrich, Ingresso alla Ernst Ludwig House, Darmstadt,
Austria, 1901
discrete. La loro decorazione si estende agli stipiti e all’architrave, e in
molti casi ripiega sulla lastra orizzontale a pavimento producendo un
effetto unitario e avvolgente. Le matrici decorative sono molto varie e
i loro contenuti spaziano dall’astrattismo al naturalismo, a volte sovrapponendosi e integrandosi.
C’è da dire anche che la decorazione di queste soglie è spesso
realizzata con il concorso di diverse discipline artistiche: l’opera scultorea, ricca e proliferante di immagini, orna la cornice del varco; l’ebanisteria e la pittura decorano i battenti con intagli e colorazioni intensi;
i fabbri, gli incisori e, nelle soluzioni di più alto pregio, gli stessi orefici, si occupano della lavorazione delle componenti metalliche, borchie, maniglie, catenacci, battacchi e serrature.
Per quanto riguarda i tipi di matrici iconiche utilizzati per decorare i luoghi del passaggio, possiamo dire che si riscontrano spesso disegni floreali e di ispirazione naturalistica in genere. Molte è la stessa
vegetazione reale ad autorappresentarsi in veste di elemento ornamentale (vedremo più avanti come essa entra nel luogo della soglia definendone i valori e le atmosfere). In quanto matrice iconica, invece, la natura è quella ‘raccontata’, solidificata nelle figure e nei tratti cromatici o
scultorei di immagini solo citate. Zoomorfismi, Antropomorfismi e Iconografie vegetali rientrano in queste categorie.
Casi significativi sono i mascheroni di fattezze animalesche e
mostruose che incorniciano i padiglioni dei giardini cinquecenteschi o
le sinuose linee floreali dei portali Art Nouveau di Primo Novecento.
Un esempio è rappresentato dal mascherone di Casa Zuccari ,
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione
99
11. Paul Hankar, Ingresso di negozio,
Bruxelles, Belgio, 1900 ca.
10. Adolf Loos, Ingresso alla Loos Haus in Michaeler Platz, Vienna, Austria
realizzato a Roma da Federico Zuccari nel 1591. Le sue fauci spalancate sono l’apertura della porta, il naso è la chiave di volta; gli occhi
sono il frontespizio “frastagliato e ondeggiante, velloso e bulbiforme,
il quale nel mezzo (‘in fronte’) tiene uno stemma”9, le orecchie sono la
decorazione che sottolinea la soglia e separa tra loro stipiti e lesene bugnate. In questo caso la forma è un capriccio, una fantasia ornamentale e posticcia che non deforma il varco nella sostanza, perché l’ingresso continua ad essere una semplice porta ad arco, solo ‘addobbata’.
12. Victor Horta, Ingresso di Casa Tassel,
Bruxelles, Belgio, 1893
100
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione
13. Sequenza di cornici, Tempio di Karnak,
Egitto
15. Portale nord di accesso al tempio di
Hons, Karnak, Egitto
14. Porta decorata della Tomba di Tutankhamon, El Cairo, Egitto
L’uso della decorazione narrativa e simbolica ha subito una
battuta d’arresto con il Movimento Moderno, che con il suo atteggiamento demistificante ha segnato il tramonto dell’ornamentazione ‘libera e disinvolta’. Rivisitata e reinterpretata, è stata resa più essenziale,
discreta a volte quasi silenziosa, attraverso l’applicazione di matrici
inedite, legate per esempio alla tecnologia e all’impiantistica, e ha in
definitiva acquisito ruoli e significati completamente nuovi.
16. Decorazione zoomorfa sulla soglia del
tempio di Mnajdra, Malta
Rimane da affrontare la questione da affrontare di come e
quando, la componente decorativa traduce l’‘essere luogo’ della soglia,
la sua internità, e accoglie i gesti dell’entrare e dell’essere accolti.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione
101
17. Decorazione pittorica ad arabeschi della casa di Oualata, Mauritania
18. Decorazioni pittoriche con l’effige del
sole sulla porta d’ingresso di una abitazione
nella medina di Tunisi, Tunisia
In risposta a questo quesito riporto integralmente il testo di
Norberg-Schulz che descrive il portale di Casa Behrens a Darmstadt, in
cui vengono chirite le relazioni tra la decorazione, le tecniche costruttive, i significati e i caratteri spaziali della soglia.
“(L’ingresso), data la sua funzione di apertura nella parete, che
permette la penetrazione della casa, è trattato come un recesso e affiancato da un fascio di fusti zig-zagati che si ritraggono verso la porta. La concavità così formatasi trova il suo contrappunto più alto in un
bay window convesso, ove pannelli di vetri sono intercalati a frammenti di simili fusti verdi. Un dettaglio significativo è l’uso di mattoni
rossi ad ambo i lati dell’entrata, che esercita un effetto di pacificazione
e stasi del movimento concavo-convesso.
La composizione si basa quindi sugli stessi elementi di articolazione di tutto l’esterno, ma la funzione del penetrare è espressa dal
fatto che qui si presentano frammentati. Possiamo aggiungere che nei
pilastri che fiancheggiano il cancello è già introdotto il tema fondamentale dell’esterno: una massa solida di mattoni rossi interpenetrata
da vibranti verticali verdi e incoronata da un terminale movimentato.
[…] Si accede alla porta d’ingresso per mezzo di una piattaforma ottagonale interposta tra il cancello e la casa. Definita da mura peri-
Note:
1. Gianni Ottolini, Forma e significato in
architettura, Laterza, Bari-Roma, 1986,
pp. 55-56.
2. “Oltre alla matrice astratta, che gioca sui
valori espressivi di figure, misure…, texture, colori, luci, etc., privi di immediati
rimandi alle forme del mondo organico
(limitandosi a volte a prendere suggestioni dalla natura inorganica, ad esempio ai
cristalli, portatori delle forme geometriche
più astratte) o alle forme artistiche del passato, possiamo riconoscere due altre grandi matrici di ogni forma architettonica e in
particolare della decorazione: quella naturalistica, in cui il tema figurale è esplicitamente un oggetto di natura (fiore, albero,
animale, persona, etc., in una delle infinite sfaccettature e alterazioni figurali, topologiche, dimensionali, materiche, cromatiche con cui possono essere traslati in opera); e quella degli stili storici che, soprattutto in architettura, sono stati il costante
ed esplicito riferimento di ogni ripresa
classicista”. Si veda: Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza,
Bari-Roma, 1986.
3. L’iconografia astratta, basata sull’uso di
figure geometriche (se ne possono contare più di 5000), è densa di significati in
tutte le aree culturali, in particolare nelle
102
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione
religioni aniconiche come l’Islam e il
Giudaismo, che, per timore dell’idolatria,
non ammettono la rappresentazione di
esseri viventi. Riporto di seguito la descrizione dell’apparato ornamentale dell’anta di una porta ebraica presentata da
Chevalier e Gheerbart nel loro Dizionario dei simboli (Rizzoli, Milano, 1986,
pp. 493-494) che costituisce di per sé lo
strumento del passaggio fisico ma anche
l’emblema di un passaggio iniziatico:
“La celebre porta del sepolcro di Kefer
Yesef, in Palestina (visibile oggi al Louvre), offre un grande esempio del simbolismo geometrico. La forma verticale che
divide il pannello – con sei pannelli e le
due boccole triangolari alle estremità –
suggerisce una creatura, simbolo di fecondità; a destra della fascia sono sovrapposti
tre motivi: in alto una rosetta, al centro sei
quadrati imbricati, in basso un’elica. La
rosetta e l’elica formano una coppia e la
rosetta è associata all’Apollo solare, mentre l’elica è simbolo di Artemide lunare.
Fra i due cerchi si trovano sei quadrati magici: questo è il segno della mediazione fra
il principio e la sua manifestazione (il
mondo fu creato in sei giorni) e i quadrati
rappresentano la creazione. L’insieme delle due figure a destra rappresenterebbe
l’unione dei due astri, il sole e la luna, che
regolano il tempo della vita terrestre, ossia lo sviluppo cosmico nel tempo e nello
spazio. A sinistra della porta sepolcrale
sono egualmente sovrapposti tre altri elementi: in alto, il candelabro a nove braccia che appartiene all’arredo religioso del
regno di Gerusalemme; al centro, un motivo floreale geometrico in un esagono, a
sua volta inscritto in un cerchio, che è il
simbolo sia del ciclo delle rivoluzioni terrestri (il poligono) sia della durata infinita (il cerchio), l’eternità, l’universalità; alla base una sorta di cofano che racchiude
il libro della legge, sormontato da una
conchiglia. Il cofano che racchiude il libro sacro della rivelazione – rappresentato dal quadrato con un cerchio al centro –
unisce le due immagini del cielo e della
terra. Il triangolo con la punta diretta verso l’alto potrebbe significare, nella prospettiva neoplatonica, il ritorno della
19. Peter Behrens, Porta d’ingresso a Casa Behrens, Darmstadt, Austria, 1900-01
metrali basse, che continuano poi lungo le scale, che su ambo i lati conducono al giardino, la piattaforma si presenta come uno spazio sia isolato, che connesso. Dal punto di vista fenomenologico essa può dirsi un
‘ponte’, che definisce il rapporto tra l’ambiente circostante e la casa”10.
E continua, in un altro saggio: “la porta d’ingresso è già di per
se stessa un’introduzione all’interno. L’ornamento in alluminio bronzeo, su fondo scuro, visualizza e condensa il carattere vitale dei fusti laterali zig-zagati. Questo ornamento rimonta e si espande in direzione
della sua origine: uno stilizzato motivo solare in vetro traslucente, che
contiene un ovale di cristallo luminoso. La composizione colpisce ed
esalta come una nota tonale che può essere giustamente espressa dal
termine tedesco feierlich. Piuttosto che in un castelletto si ha l’impressione di entrare in un ‘santuario’.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione
20. Le Corbusier, Decorazioni pittoriche astratte sul portale principale dell’edificio delle Assemblee Generali, Chandigarh, India, 1953-61
Una porta rappresenta sempre l’incontro di interno ed esterno;
in questo caso i raggi solari dorati dell’ornamento si accomunano ad un
tipo più astratto di geometria che sembra originare dall’interno.
L’essenza della porta, come la soglia ove ha luogo un’importante trasformazione, è così espressa. (Data la sua costruzione metallica, la porta si è fortunatamente salvata dalla distruzione della guerra,
ma il prospicente ‘sole di cristallo’ è andato in frantumi, ed è oggi sostituito da un ovale semplice con suddivisioni che non accordano con
la figurazione originale)”11.
103
creazione, attraverso la rivoluzione del
tempo e per grazia della legge, al suo centro celeste. I due triangoli rovesciati della
cintura a sei anelli significherebbero allora la potenza creatrice che feconda l’universo e l’ascensione del creato verso l’eterno, segnando così un doppio movimento, discendente e ascendente”.
4. Si veda: Georg Simmel, La Cornice,
1902, e J. Ortega Y. Gasset, ‘Meditazione
sulla cornice’, 1916 in: C. Bo (a cura di),
Lo spettatore, 1984.
5. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 166.
6. Peter Behrens, ‘Feste des Lebens und der
Kunst’, 1900, in: M. Tafuri, La sfera e il
labirinto, Torino, 1980, p. 115.
7. Si veda: Fulcanelli, il Mistero delle cattedrali, Edizioni Mediteranee, Roma, 1972.
8. Robert Venturi, Complessità e contraddizione nell’architettura, Dedalo, Bari,
1980, p. 92.
9. V. nota 5, p.140.
10. Christian Norberg-Schulz, Il mondo dell’architettura, Electa, Milano, 1986, pp. 125126.
11. Christian Norberg-Schulz, Casa Behrens.
Darmstadt, Officina, Roma, 1986, p. 2.
Fonti delle illustrazioni:
1. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998.
2. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Einaudi, Torino, 1992.
3. C. Toraldo di Francia (a cura di), SITE.
Architetture 1971-1988, Officina, Roma,
1989.
4. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario ..., op. cit., 1992.
5. R. De Fusco, Mille anni d’architettura in
Europa, Laterza, Roma-Bari, 1993, p. 172.
6. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
7. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
8. J. Zukowsky (a cura di), Chicago Architecture 1872-1922, Prestel, Munich-London-New York, 2000, p. 132.
9. K.J. Sembach, Jugendstil. L’utopia dell’armonia, Taschen, Colonia, 1991, p. 145.
10. L. Semerani, Dizionario critico illustrato
delle voci più utili all’architetto moderno,
Edizioni C.E.L.I., Faenza, 1993.
11. K.J. Sembach, Jugendstil..., op. cit. 1991,
p. 45.
12. K.J. Sembach, Jugendstil..., op. cit. 1991,
p. 31.
13. Robert Venturi, Complessità e contraddizioni nell’architettura, Dedalo, Bari,
1980, p. 92.
14. J. Seray, Le livre des belles portes, H. Vial
Ed., Dourdan Ledex, 1997.
15. H.W. Müller, S. Lloyd, Archittetura delle
origini, Electa, Milano, 1989, p. 145.
16. L’uomo e i simboli. Enciclopedia tematica aperta, Jaca Book, Milano, 2002.
17. B. Rudofsky, Le meraviglie dell’architettura spotanea, Laterza, Bari, 1979.
18. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
19. K.J. Sembach, Jugendstil..., op. cit. 1991,
p. 156.
20. G. Rocchi Coopmans de Yoldi (a cura di),
Le Corbusier, Terragni, Michelucci, Alinea, Firenze, 2000.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura
105
La presenza della natura
La presenza della natura sulla soglia le conferisce qualità, rende ameno il luogo e piacevole il gesto del passare.
C’è da dire però che l’uomo, incapace da sempre di penetrare
fino in fondo i misteri che presiedono all’ordine naturale, nei confronti della natura ha assunto atteggiamenti diversi, di integrazione o di rifiuto. Vediamone le interpretazioni nell’ambito architettonico e le applicazioni al tema della soglia.
“Parliamo di spazi paesistici e pensiamo al
paesaggio come se fosse una casa. Vediamo
le montagne come pareti, il fondo della valle è il pavimento, i fiumi le vie, le coste del
mare sono le soglie e dove la montagna si
abbassa c’è la porta.”
Rudolph Schwarz,
Von der Bebauung der Erde, 1949
La vegetazione, utilizzata dall’architettura come mezzo e tecnica costruttiva, trova un esempio originale nella pensilina di accesso
di Villa Mairea di Alvar Aalto, dove gli alti tronchi dei pini, rivisitati
e reinterpretati dal progetto, hanno rappresentato una fonte di ispirazione per la realizzazione dei fasci di pali che sostengono la copertura.
In questa soglia natura e artificio si fondono e si completano.
Un uso diverso della vegetazione sul luogo del passaggio si rileva nei percorsi di accesso alle wrightiane Ennis House e Storer House, o nella sequenza di pietre, siepi, vasche, brevi corsi d’acqua che
conducono all’ingresso del Museo di Castelvecchio di Carlo Scarpa.
Qui lo spazio sembra animato da figure, statiche e in movimento, che
producono suoni, profumi, sensazioni tattili. Le metamorfosi stagionali e ambientali che subisce il mondo vegetale si traducono in cicliche
trasformazioni dello spazio, che muta nella forma e nei colori, con il
germogliare e il cadere delle foglie o lo sbocciare dei fiori; nelle dimensioni, con l’infoltirsi delle chiome; nei rumori, nei profumi, etc.
In Casa Ennis il punto di passaggio allo spazio interno non è
rappresentato solo dal varco nella parete dell’edificio, ma si estende all’intero percorso esterno che conduce alla porta d’ingresso. Questo inizia ben prima della porta, al varcare del limite di proprietà, sviluppandosi attraverso dislivelli, vasche con rampicanti e fiori coltivati, aree di
sosta e sedute. L’intera composizione si caratterizza per la presenza costante della pietra, la cui decorazione ‘racconta’ di presenze umane e
tradizioni costruttive ormai lontane.
E’ una specie di foresta pietrificata, costituita da siepi geometriche, potate a spigolo vivo, pietre lavorate, lisciate, decorate, tappeti
d’erba e passatoie marmoree, vasche d’acqua e ruscelli artificiali convogliati in brevi condotti, fontane di storica memoria. Un tentativo ben
riuscito di far sposare artificio e natura, ma con delicatezza, senza forzature, sul terreno e con le regole della tradizione e, in definitiva, della natura stessa.
Il contrasto tra l’esterno e l’interno, che nella Ennis e nella
Storer letteralmente si fondono e fluiscono l’uno nell’altro, è attutito e
trova una sintesi in questo luogo di soglia, che somiglia più a un atriogiardino in cui è bello e gradevole stare, piuttosto che a un percorso
esterno di accesso. Si arriva in questo modo, a stravolgere il concetto
stesso di soglia, quasi ad eliminarla.
1. Da una illustrazione di Ernst H. Shepard
per ‘The Tao of Pooh’ di Benjamin Hoff
106
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura
2. Frank Lloyd Wright, Ingresso della Ennis
House, Los Angeles, California, USA, 1923
3. Frank Lloyd Wright, Percorso di accesso della Storer House, Los Angeles, California, USA, 1923
4. Gunnar Asplund, Percorso di accesso alla Cappella nel Bosco, Stoccolma, Svezia, 1918-20
George Perec tratta proprio di questo quando, nel descrivere
una delle abitazioni progettate da Wright, racconta della sensazione di
assenza di soglia provata nell’atto dell’entrarvi: “Evidentemente è difficile immaginare una casa senza porta. Ne ho vista una, un giorno, parecchi anni fa, a Lansing, Michigan, Stati Uniti d’America. Era stata
costruita da Frank Lloyd Wright: si cominciava col seguire un sentiero
leggermente sinuoso, sulla sinistra del quale si innalzava, con forte
progressione, e perfino con una noncuranza estrema, un leggero declivio che, dapprima obliquo, si avvicinava poco per volta alla verticale.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura
107
5. Piante ornamentali negli ingressi degli edifici pubblici e negli spazi comuni degli edifici residenziali collettivi
A poco a poco, come per caso, senza rendersene conto, senza che a un
istante preciso si fosse in grado di affermare di aver percepito qualcosa che assomigliasse a una transizione, a una rottura, a un passaggio o
a una soluzione di continuità, il sentiero diventava pietroso, ovvero:
dapprima non c’era altro che erba, poi iniziavano a esserci delle pietre
in mezzo all’erba, c’erano un po’ più di pietre e diventava come un vialetto lastricato ed erboso, mentre sulla sinistra, la pendenza del terreno
cominciava a somigliare, molto vagamente, a un muretto, poi a un muro in opus incertum. Poi appariva una specie di tetto graticciato praticamente indissociabile dalla vegetazione che l’invadeva. Ma di fatto,
era già troppo tardi per sapere se si era fuori o dentro: in fondo al sentiero, le lastre combaciavano e ci si trovava in ciò che si è soliti chiamare un’entrata, la quale si apriva direttamente su una stanza piuttosto
gigantesca, uno dei prolungamenti della quale sfociava su una terrazza
oltre tutto ravvivata da una grande piscina”1.
Nella soglia descritta da Perec, ‘disegnata’ dal progetto, ma ‘plasmata’ dalla realtà, l’atto dell’accogliere è spontaneo, naturale, come naturale è l’accesso, l’introduzione definitiva e l’accoglienza nell’abitazione.
Lo stretto legame con la vegetazione si esprime anche, nei limiti delle possibilità contingenti, con la collocazione di piante ornamentali o di vasche con ciottoli o acqua presso i luoghi di transito pubblici o privati. La vegetazione per così dire ‘in scatola’ è testimone di
una ricerca di equilibrio tra la fissità del costruito e il ciclico rinnovarsi della natura vivente.
A spiegare il perchè di questa citazione della natura concorre anche una componente funzionale, legata alla capacità che hanno le piante, di
definire ambienti, di creare filtri, schermi e paraventi, di articolare spazi e
6. Auguste Perret, Ingresso della Casa in
Rue Franklin, Parigi, Francia, 1903-04
108
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura
7. La natura presso gli ingressi delle case
d’abitazione
di produrre precise gerarchie nei caratteri di privatizzazione degli interni.
La presenza della natura negli spazi di passaggio va interpretata anche per un significato allegorico. Fin dai tempi arcaici, infatti, la
nascita è stata associata al sorgere del sole; le stagioni dell’anno e le attività umane ad esse connesse sono state messe in relazione con il ciclo
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura
109
8. W. Dietterlin, Porta 24, da: ‘Architectura’, 1598
lunare; lo sbocciare dei fiori e il germogliare degli alberi, lo sfiorire, il
cadere delle foglie sono stati correlati alle diverse fasi della vita dell’uomo. Per il suo essere viva, soggetta al tempo e al luogo, la natura
‘racconta’ quindi molte cose sul tema del passaggio. Si veda a questo
proposito il significativo esempio del percorso di accesso alla Cappella nel Bosco, di Gunnar Asplund, dove il rumore dell’acqua e del vento accompagna il lento incedere lungo il sentiero sterrato che conduce
al portico sotto cui si aprono gli ingressi.
La vegetazione entra spesso a far parte dell’ambiente domestico
in generale, ma sulla soglia essa acquista un ruolo particolare, poiché rende manifesto all’esterno, in uno dei punti più comunicativi, la necessità
dell’uomo, di consolidare il legame con la terra e con le tradizioni, e di
‘arricchire’ con ‘abbellimenti’ l’immagine di sé e del proprio ambiente.
Concludo accennando a un ultimo tipo di presenza naturale presso i luoghi di transito, quella che possiamo definire ‘natura artificializzata’, quella scolpita, dipinta o disegnata sugli elementi che compongono il
varco. Essa, pur nella sua assoluta staticità e astrazione, contribuisce a
lanciare un preciso messaggio estetico (rende ameno il momento dell’ingresso) e culturale (esprime il coinvolgimento del mondo naturale nella
vicenda). Si vedano a questo proposito il portale decorato con fiori e
piante della Casa in Rue Franklin a Parigi, di Auguste Perret, o i leoni di
guardia ai portali delle basiliche romaniche, o ancora, gli animali mitici e le figure mostruose che ornano la ‘Porta 24’ di Dietterlin2.
Note:
1. Georges Perec, Specie di spazi, Bollati
Boringhieri, Torino, 1989, pp. 47-48.
2. W. Dietterlin, Architectura von Ausstheilung Symmetrie und Proportion der
Fünf Seulen, Norimberga, 1598.
Fonti delle illustrazioni:
1. B. Hoff, Il Tao di Winnie Puh, Guanda,
Parma, 1993.
2. Frank Lloyd Wright, Taschen, Colonia,
1994.
3. Frank Lloyd Wright, op. cit., 1994.
4. C. Caldenby, O. Hultin, Asplund, Ginko
Press, Hamburg, 1985.
5. E. Paoli, Quaderni vitrum 6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav.
6. L. Semerani, Dizionario critico illustrato
delle voci più utili all’architetto moderno,
Edizioni C.E.L.I., Faenza, 1993, p. 142.
7. Detail, 6, 1995.
8. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio,
Palermo, 1992.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature
111
Attrezzature per ‘abitare’ la soglia
Per attrezzatura della soglia intendiamo tutti i dispositivi, gli
arredi e gli accessori che consentono il passaggio e il compiersi dei
molti gesti ad esso connessi. Raccogliamo, quindi, sotto questa voce,
serrature e chiavistelli, maniglie, spioncini, campanelli meccanici o
elettrici, zerbini, ma anche sedute esterne e interne, cassette per la posta, cestelli per il pane, passavivande, apparecchi illuminanti o di controllo. Tutte queste apparecchiature per la ricezione e l’accoglienza
promuovono precisi modi di attraversare la soglia.
“Non ti lasceremo passare –, dicono i chiavistelli di questa porta –, finché tu non avrai
detto il nostro nome”.
Vladimir Propp,
Le radici storiche dei racconti di magia, 1928
Si vedano, per esempio, le panchine di seduta che Olbrich colloca nel vestibolo della Kleines Haus Glückert, inserite in una nicchia
e in una struttura molto articolata di piani d’appoggio, scatole che mascherano apparecchi per la ventilazione e il riscaldamento e contenitori adiacenti alla porta d’ingresso. Esse ci presentano un modo d’uso di
questo spazio con momenti di sosta e di intrattenimento per incontri di
breve durata, o informali, o per i saluti, seduti comodamente.
Interessante a questo proposito è anche il ruolo di intrattenimento che svolge il porch diffuso nelle case nordamericane di fine Ottocento. Pur riparato da una copertura, esso è completamente aperto
verso l’esterno e rappresenta il principale luogo di mediazione tra il
giardino, o la strada, e l’interno dell’abitazione. Il portico della
Redwood House di W.R. Emerson (Maine, 1879) svolge questa funzione di accoglienza e promuove la stanzialità in uno spazio indipendente rispetto all’abitazione vera e propria, anche se ad essa addossato.
Un esempio importante di attrezzatura della soglia, in questo
caso non esterno ma interno all’abitazione, è il corridoio d’ingresso di
Casa Mackintosh a Glasgow, dove gli arredi, una panca, un portaombrelli, un attaccapanni, uno specchio e i dispositivi elettrici o meccanici, le lampade, gli interruttori e lo spioncino, oltre a svolgere un preciso ruolo strumentale, godono anche di particolare pregio artistico. Di
casa Mackitosh avremo modo di parlare in modo più esteso in seguito,
ma fin da ora è importante rilevare come la scomposizione e l’articolazione del gesto dell’entrare e dell’accogliere, in questo spazio peraltro
piuttosto piccolo, orientino in modo significativo il progetto.
In alcuni casi l’attrezzatura non si limita a semplici dispositivi,
ma si articola in una sequenza di ambienti specializzati con funzioni di
supporto. L’articolazione degli spazi che conducono dall’esterno all’interno dell’abitazione e i loro ruoli funzionali, è descritta da Jean-François
de Bastide, ne ‘La petit maison’: “questa casa, unica nel suo genere, sorge ai bordi della Senna. Un viale diretto a un crocevia conduce alla porta di una graziosa corte d’ingresso tappezzata di verde, comunicante a destra e a manca, con cortili disposti simmetricamente in cui si possono vedere un intero serraglio di animali esotici e domestici e una bella latteria
decorata di marmi e conchiglie, ove il calore del giorno viene temperato
1. Ingresso ‘attrezzato’ di una abitazione
nella medina di Tunisi, Tunisia
112
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature
2. Joseph Maria Olbrich, Attrezzature d’ingresso della Kleines Haus Glückert, Darmstadt, Austria
da acque copiose e purissime. In questo luogo è inoltre possibile reperire tutto quello che serve al mantenimento e alla pulizia degli equipaggi,
nonché all’approvvigionamento richiesto da un genere di vita raffinato e
sensuale. Il secondo cortile accoglie una stalla doppia, un bel maneggio
e un canile destinato ai cani di ogni razza...”1.
Il percorso d’ingresso in questa casa prevede una fruizione specialissima e molto articolata dello spazio, legata a un preciso contesto
storico e a modi d’uso non più attuali. Potremmo riconoscerne una rivisitazione in alcuni ipermercati di grandi dimensioni, dove presso gli
ingressi sono collocati i contenitori per i depositi delle borse, i carrelli
per la spesa, i servizi igienici, il posto telefonico pubblico, il bar e il
punto informazioni.
Presso le soglie delle case Dogon, in Mali, le primitive attrezzature d’ingresso consistono in una parete attrezzata esterna con nicchie, vasi, ceste e contenitori per conservare utensili e per depositare indumenti e attrezzi da lavoro.
Un esempio originale di soglia attrezzata con funzione espositiva, è rappresentato dalle porte-vetrina nella Scuola Montessori a Delft
di Hermann Hertzberger. A queste porte che danno accesso alle aule
d’insegnamento è stata data la configurazione di veri e propri ingressi
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature
3. Parete esterna attrezzata all’ingresso delle case tradizionali Dogon, Mali
esterni, nell’ipotesi che ogni classe fosse, in realtà, una casa con una
soglia sua propria. L’atmosfera ‘da esterno’ è resa dall’illuminazione
naturale proveniente da un lucernario e all’articolazione del varco in
porta, finestra, davanzale e vetrina, la quale, oltre a sottolineare il punto di superamento del margine, permette anche la visione di ciò che sta
dentro. La vetrina è l’attrezzatura della soglia, serve a esporre gli oggetti prediletti dagli alunni, dai disegni ai lavori di artigianato, ai fiori,
alle piante, ai ninnoli, e rappresenta un ‘quadro’ della vita degli abitanti, informando, nel momento dell’attesa davanti all’ingresso, sull’operosità della comunità. Attraverso questo espediente Hertzberger consente agli alunni di appropriarsi dello spazio esterno, trasformandolo da
anonimo e indifferenziato a luogo identificativo di ogni classe.
Gli elementi che ‘attrezzano il luogo di soglia sono di vario genere, per esempio i meccanismi e i congegni con funzioni segnaletiche,
ricettive o di controllo rappresentano i primi veicoli della comunicazione tra l’esterno e l’interno.
Il primo di questi meccanismi è il battacchio (successivamente
sostituito dalla campanella e poi dal campanello elettrico), che, percosso o azionato dal visitatore sull’anta o sugli stipiti della porta, ne segnala la presenza e l’intenzione di essere accolto. Battacchio e campanello
113
114
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature
4. Hermann Herzberger, Porta-vetrina delle aule della Montessori Primary School di Delft, Olanda, 1960-66, 1968, 1970, 1981
reinterpretano l’antico gesto del bussare alla porta, lo traducono in una
forma strumentale, e lo ‘supportano’ nel senso che lo aiutano e lo facilitano. La prima comunicazione tra l’esterno e l’interno, che si compie
attraverso la segnalazione della presenza dell’ospite e l’utilizzo di questi dispositivi, ancora indiretta perché non si è ancora compiuto il contatto fisico, ha un’importanza fondamentale per chiarire le intenzioni di
approccio del visitatore. Un tempo l’intermediazione strumentale non
esisteva e la comunicazione avveniva annunciandosi alla soglia, bussando leggermente alla porta, scostando il battente, e aprendo una fessura attraverso cui chiedere il permesso. L’uso dei meccanism di intermediazione, che interpongono una distanza di sicurezza tra la comunicazione dell’uno e la decisione dell’altro sull’accoglierlo o respingerlo
è stato istituito per evitare l’intrusione nella privaticità domestica.
Ci sono casi in cui il suono del campanello di frequentatori abituali o di familiari ha il solo scopo di comunicare il loro sopraggiunge-
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature
5. Gerrit Thomas Rietvelt, Casa Schröeder,Utrecht, Olanda, 1924. L’ingresso è dotato di un tubo per comunicare con l’interno
115
6. Alvaro Siza Vieira, Zerbino all’ingresso del Centro Galego di Arte
Contemporanea, Santiago de Compostela, Spagna, 1988-93
re, e spesso è in grado di rendere esplicita anche la predisposizione d’animo del visitatore (i nostri nonni ricordano l’allegro arrivo del venditore ambulante presso le loro case, annunciato da un doppio colpo deciso sulla porta di casa, e le nostre mamme, l’atteso arrivo dei fidanzati, preceduto dall’inconfondibile, rapido e timido, squillo del campanello d’ingresso).
Oltre alla funzione segnaletica, il dispositivo acustico svolge
anche una certa forma di controllo sulla soglia, ulteriormente assicurato dall’uso di altre apparecchiature, per esempio dello spioncino, che
consente un contatto visivo diretto sul visitatore e ne permette il riconoscimento. Lo spioncino correntemente in uso si trova sull’anta della
porta e consiste in un piccolo foro, con una lente d’ingrandimento attraverso cui è possibile vedere (solo dall’interno verso l’esterno perché
nel viceversa l’immagine è sfocata e ridotta). In passato la sua funzione era svolta da aperture più grandi, praticate sulla porta o nella parete
presso l’ingresso, chiuse da una grata o un portellino apribile (si veda
a questo proposito lo spioncino sulla porta d’ingresso di Casa Mackintosh a Glasgow).
La combinazione campanello-spioncino sintetizza la sequenza
del doppio movimento esterno (di avvicinamento) e interno (di riconoscimento).
Oggi allo spioncino sono stati sostituiti altri meccanismi elettrici, come il citofono e il videocitofono (con videocamera esterna). Nel
primo caso al controllo visivo è subentrato quello uditivo sul visitatore, cui viene richiesto di presentarsi con l’usuale ‘Chi è?’. Nel secondo
caso, invece, i due sistemi percettivi funzionano contemporaneamente;
in molte occasioni vengono utilizzati in combinazione, in altre circostanze, invece, in cui la semplice visione sull’esterno elimina la richie-
7. Carlo Scarpa, Maniglia della porta d’ingresso alla Sala Boggian di Castelvecchio,
Verona, Italia, 1954-73
8. H. Tessenow, Progetto di porta con buca
portalettere
116
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature
9. Otto Wagner, Maniglia della porta d’ingresso della Postsparkasse, Vienna, Austria
10. Dispositivi di sicurezza: serrature
11. Dispositivo di controllo: spioncino. Joseph
Maria Olbrich, Studio di porta d’ingresso
sta di presentazione innesca direttamente la fase successiva di ‘apertura della porta’. L’utilizzo di queste attrezzature ha rappresentato una
innovazione soprattutto nel settore delle abitazioni multiappartamento
dove non esiste quasi un contatto diretto tra l’interno e il luogo dell’accesso posto in un luogo lontano e schermato da una successione di
filtri (porte, percorsi, scale, ascensori, etc.).
Un esempio ‘primitivo’ di citofono vocale è rappresentato dal
‘tubo-ricetrasmittente’ installato nella parete presso l’ingresso di Casa
Schroeder di Gerrit Rietvelt. Si tratta di un dispositivo attraverso cui,
parlandoci dentro, era possibile comunicare con il piano superiore, un
po’ come accadeva nei sistemi di trasmissione tramite tubi, dalle cabine di comando alle sale macchine delle navi. Non ho da portare esempi significativi in cui il progetto della videocamera esterna, del citofono o degli elementi architettonici che li ospitano esprima una particolare qualità architettonica e oggettuale. Infatti fino ad oggi questi apparecchi hano rappresentato una strumentazione prodotta in serie con design tecnologico, acquistata sul mercato e ‘applicata’ a posteriori.
Un aspetto importante da valutare è quello della unidirezionalità della visione e del controllo sull’esterno, un tema piuttosto delicato, in quanto questa prassi può risultare lesiva per chi si trova anche solo a passare in modo disinteressato presso la soglia: “eccoci circondati
da nude pareti e da porte buie, i cui occhi – gli spioncini – ci ricordano
che siamo forse sotto osservazione nella nostra gabbia”2.
C’è da tener presente però che la comunicazione visiva diretta
da entrambe le parti comprometterebbe la privacy dello spazio interno
e quindi sarebbe inaccettabile. Dobbiamo rilevare comunque che, nella maggior parte dei casi, questi dispositivi, a parte lo spioncino, sono
attivabili solo nel momento in cui il visitatore ‘suona alla porta’ e quindi lo ritraggono solo nell’atto intenzionale di manifestarsi.
Un elementare sistema meccanico a protezione della soglia
contro visite sconvenienti ancora oggi utilizzato ma meno frequentemente di un tempo a causa della diffusione di apparecchiature più sofisticate, è la catenella, che collega il battente con lo stipite della porta.
La sua lunghezza ridotta consente di aprire un piccolo spiraglio attraverso cui si può guardare all’esterno; è stata utilizzata in alternativa allo spioncino o in combinazione con questo e con la serratura, a garanzia di una maggiore sicurezza o chiusura.
L’ospite, in attesa sulla soglia, per cortesia, per rispetto o per
abitudine, nell’apprestarsi ad entrare, si pulisce le scarpe su uno zerbino, o un tappetino che rappresentano accessori che ‘completano’ il gesto dell’accedere, conferendogli ‘decoro’ (il farsi avanti senza rischiare di insudiciare la casa altrui è un’attenzione e una gentilezza; offrire
al visitatore un mezzo per ‘rassettarsi’ è, oltre che un modo per proteggere il proprio pavimento, un segno di ospitalitàverso il prossimo.
Alvaro Siza Vieira progetta, per l’atrio di ingresso del Centro
Galego di Arte Contemporanea di Santiago de Compostela, uno zerbi-
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature
117
no in fibra naturale, inserito nella pavimentazione, che, coadiuvato anche dal portaombrelli adiacente alla porta, svolge la sua precisa funzione di eliminare o limitare l’imbrattamento dei pavimenti; è integrato nel progetto (non è appoggiato, ma inserito nella pavimentazione) e
ruotato rispetto alla direzione del movimento in ingresso, per far confluire il flusso verso il più ampio spazio dell’atrio, dove è possibile anche sostare seduti su lunghe panche in pietra appoggiate alla parete.
Se in Occidente è sufficiente ‘offrire’ al visitatore l’opportunità
dello zerbino all’ingresso, in Oriente non solo ci si pulisce le scarpe,
ma ce le si toglie addirittura. All’ingresso delle case popolari giapponesi un ampio vano ricavato nel pavimento ospita i contenitori per gli
zoccoli, gli indumenti e qualt’altro non deve sporcare l’interno. E’ leggermente rialzato rispetto al pavimento e costituito da tavole mobili che
si possono sollevare. Questa semplice attrezzatura si trasforma in uno
spazio più articolato negli ingressi delle abitazioni aristocratiche, dove
si trova, in genere, una stanzetta, separata dal vestibolo da shoij in cui ci
sono dei ripostigli per riporre gli accessori da viaggio, come ombrelli,
lanterne e zoccoli di legno.
Tale spazio viene usato anche come sala d’aspetto, ed è il luogo in cui, di solito, quando in casa si tengono riunioni d’affari, il domestico attende gli ospiti.
Dal punto di vista spaziale gli ingressi delle case tradizionali
giapponesi sono ben più complessi di quanto ci trasmette la loro apparente semplicità compositiva: spesso vi è più di un’entrata, si può accedere dal giardino e scambiare il saluto sulla veranda, oppure entrare
valicando una non ben definita linea di demarcazione nel pavimento situata nei pressi della cucina, una specie di porta di servizio. Le case di
categoria più elevata hanno anche un ampio portico aggettante, coperto da uno speciale tetto a due falde, con un’accurata decorazione a intaglio nella parte anteriore e un’apertura (l’ingresso vero e proprio) che
occupa tutta l’ampiezza del portico. Questi spazi sono attrezzati in modo moltooriginale, con dispositivi inediti per il mondo occidentale, e
molto utili, come gli amado, le ‘porte per la pioggia’, pannelli composti da grandi tavole in legno disposte perpendicolarmente rispetto alla
soglia, che vengono installati la notte, quando si chiude la casa, in una
scanalatura appositamente ricavata nel pavimento.
Campanelli, citofoni e videocitofoni, zerbini e spioncini, sono
dispositivi di intercomunicazione; catenelle, serrature, chiavistelli e,
oggi, i moderni allarmi, rappresentano l’attrezzatura di protezione della soglia (la traduzione in termini strumentali della funzione simbolica
degli dei-guardiani); maniglie, fermaporta e gli attuali sensori fotoelettrici, che fanno funzionare le porte ad apertura automatica, costituiscono gli accessori indispensabili al transito attraverso il varco; cestelli per
il pane, cassette per le lettere, portaombrelli, attaccapanni, portachiavi
e passavivande sono attrezzature di supporto per la ricezione di ogget-
12. Dispositivi di apertura e chiusura:
maniglie e serrature
118
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature
13. Torno passavivande presso le celle del Chiostro Grande della Certosa di Pavia, Italia, XIV sec.
ti dall’esterno; contenitori e sedute interne sono, infine, attrezzature per
l’accoglienza e l’intrattenimento dell’ospite.
Un esempio interessante di congegno meccanico di scambio tra
esterno e interno è il torno passavivande della cella dei monaci al piano terra del Chiostro Grande della Certosa di Pavia (XIV sec.)3.
La cella, che è il luogo del silenzio, della preghiera e della meditazione, viene isolata completamente dai percorsi comuni e dalle fonti di disturbo, e separata dal portico del chiostro tramite un piccolo vestibolo. Nel muro che divide il portico dal vestibolo, a un’altezza di circa un metro da terra, è stata posizionata una piccola bussola cilindrica
montata su un perno verticale e schermata per metà, che consente di far
passare i cibi dall’esterno all’interno senza essere visti.
Concludo questa parentesi sulle attrezzature con una riflessione sulle trasformazioni nel tempo dei bisogni e dei modelli d’uso dello
spazio che hanno modificato nel tempo il modo di attrezzare la soglia.
In passato (e ancora oggi nei piccoli centri storici o nei vecchi
quartieri popolari) un gradino, un muretto o una seggiolina mobile,
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature
119
14. Arredi e attrezzature d’ingresso della casa giapponese. Zona d’accoglienza, vano portascarpe, rastrelliera
hanno costituito un arredo essenziale dello spazio d’ingresso, che nei
periodi estivi diveniva luogo di soggiorno, di interazione sociale o di
lavoro. Anche le sedute esterne fisse, usate per l’attesa sulla soglia o
per brevi inconti informali, erano molto diffuse un tempo, quando il
passaggio all’interno degli edifici era scandito da ritmi meno frenetici
e, soprattutto, quando l’intrattenimento e la permanenza all’esterno non
erano vincolati dalle moderne paure verso ciò che non si conosce, dalla necessità di una maggiore privacy o dal disinteresase per la condivisione e per i rapporti di vicinato.
L’attrezzatura degli attuali spazi di passaggio si concentra, invece, non sulla stanzialità dell’uomo sulla soglia, ma sulle capacità dei
dispositivi di assicurare controllo e protezione. Gli arredi fissi per una
permanenza prolungata sul limite tra il privato e il pubblico, quindi, sono praticamente decaduti a favore di meccanismi che si interpongono
come mediatori nella comunicazione, amplificano le distanze e accelerano l’azione dell’entrare.
Note:
1. Jean-François de Bastide, La petit maison, Sellerio, Palermo, 1981, p. 30.
2. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo,
Hoepli, Milano, 1992, p. 162
3. Si veda: Remo Dorigati, Il Chiostro
Grande della Certosa di Pavia, Sagep,
Genova, 1995.
Fonti delle illustrazioni:
1. Da una cartolina di Tunisi.
2. B. Krimmel, P. Haiko, J.M. OLbrich.Architettura. Riproduzione completa dei
tre volumi originali 1901-1914, Jaca
Book, Milano, 1988.
3. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980.
4. R. Continenza, Architetture di Hermann
Hertzberger, Gangemi, 1988.
5. C. Norberg-Schulz, Il mondo dell’architettura, Electa, Milano, 1986.
6. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
7. B. Albertini, S. Bagnoli (a cura di), Carlo Scarpa. l’architettura nel dettaglio,
Jaca Book, Milano, 1988.
8. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio,
Palermo, 1992.
9. Detail, 4, 1997.
10. The Element of Style, Simon & Schuster,
New York, 1996.
11. B. Krimmel, P. Haiko, J.M. Olbrich. Architettura, Jaca Book, Milano, 1988.
12. The Element of Style, op. cit., 1996.
13. Remo Dorigati, Il Chiostro Grande della
Certosa di Pavia, Sagep, Genova, 1995.
14. E.S. Morse, La casa giapponese, Rizzoli, Milano, 1994.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi
121
Problematicità e simbolismi di passaggio
Come abbiamo visto fino ad ora, il valore della soglia risiede
nella sua natura funzionale, protettiva e formale, ma certamente anche
nella sua carica simbolica. I significati attribuiti alla soglia sono moltissimi: si pensi alle diverse interpretazioni datele nel corso dei secoli in
aree geografiche e culturali molto lontane, o si vedano le profonde differenze che esistono ancora oggi tra i due mondi, orientale e occidentale, che poggiano su presupposti teorici antitetici (scienza e conoscenza,
intelletto e sentimento, silenzi e parole), e che producono forme e spazi
per usi completamente differenti.
Possiamo però affermare con certezza che da sempre la soglia è
stata connessa ai riti di passaggio o di iniziazione. Un esempio ci è dato
dall’antica tradizione romana di far passare l’esercito sconfitto sotto un
trilite costituito da tre lance tenute in equilibrio da due soldati, che esprime il riconoscimento del valore del vincitore e la sottomissione del vinto.
Il cielo, il mare, le nubi, la luna,
tutto insomma quello che tu vedi intorno, la
mia mano può chiuderlo e aprirlo.
Io solo sono il custode dell’immenso mondo,
Io solo ho il potere di sconvolgere i cardini.
Se mi piace lasciar uscire la pace dalla sua
tranquilla dimora,
essa liberamente procede per vie interrotte e
se ferrei catenacci non tengono rinchiuse le
guerre,
tutto quanto il mondo sarà sconvolto con
sangue e stragi.
Con le miti Ore reggo le porte del cielo.”
Ovidio, Fasti,vv.117-125
Il nartece1 delle cattedrali paleocristiane o bizantine aveva l’esplicita funzione di riunire i catecumeni (che non potevano entrare in
chiesa con gli altri fedeli) e di accoglieri, prima della loro accoglienza
con la cerimonia del battesimo.
Il simbolo più esplicito del passaggio è la porta2.
Mircea Eliade definisce il senso e il significato dei riti arcaici
legati alla porta della casa: “è sulla soglia che si offrono i sacrifici alle
divinità custodi. Ed è ancora lì che alcune culture paleo-orientali (Babilonia, Egitto, Israele) emettevano le sentenze. La soglia e la porta
mostrano in modo immediato e concreto, la soluzione di continuità dello spazio; da qui la loro grande importanza religiosa, dal momento che
esse sono, contemporaneamente, simbolo e veicolo di passaggio”3.
Diametralmente opposto è il significato simbolico delle decorazioni dei capitelli figurati con tematiche dionisiache presso gli ingressi delle case dei ricchi Pompeiani. Sui capitelli delle colonne all’entrata della ‘Casa dei Capitelli figurati’ svolge un intero programma
dionisiaco: sul capitello di destra è rappresentato il proprietario, con la
porta superiore del corpo nuda, a banchetto insieme con la moglie, che
attira rapidamente a sé. Di fronte a loro, un vecchio satiro si appoggia
a una menade. Sul lato rivolto verso l’ingresso sono raffigurate due
coppie di cittadini che partecipano al simposio. Questa rappresentazione connota il padrone di casa come amante del vino e delle belle donne, un’immagine rispondente al piacere del vivere dionisiaco diffuso in
tutto il mondo greco.
La soglia ‘mobile’ descritta nelle fiabe russe, che immette nella izbà di Baba Yaga, rimane chiusa e nascosta fino a quando il principe Ivan non recita la formula magica che spalanca i battenti!4 La fiaba
è ricca di questi significati iniziatici, che trasformano il gesto in rito e
il rito in metamorfosi. Sulla soglia delle case delle fiabe è ricorrente
l’enunciazione di una frase o di una formula magica, spesso scritta sugli stipiti o sull’architrave, è molto ricorrente.
1. Dietterlin, Porta della morte, da: ‘Architectura’,
1524
122
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi
2. Nartece. Chiesa di San Giovanni Battista di
Studios, Costantinopoli, tardo V sec.
3. Capitelli presso la ‘Casa dei Capitelli figurati’, Pompei, Italia, I sec. d.C.
Iscrizioni magiche, simboliche o esoteriche, sono diffuse anche
in molte architetture reali: nel progetto di portale mascherato di Francesco Borromini, sugli stipiti e sull’arco è scritto: “Lasciate ogni pensiero o voi che intrate”, un invito a entrare certamente più disimpegnato rispetto allo sconfortante monito apposto sulla porta dell’Inferno
dantesco: “Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. […] ‘Lasciate ogni speranza, voi
ch’intrate’. Queste parole di colore oscuro vid’io scritte al sommo di
una porta”5.
In genere il significato metaforico del passaggio viene tradotto
con incisioni o emblemi, e molto frequentemente tramite la rappresentazione di un labirinto che riveste anche un ruolo iniziatico. Anzi, il la-
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi
4. Bernardo Buontalenti, Porta delle suppliche, Uffizi,
Firenze, Italia, XVI sec.
5. Francesco Borromini, Incorniciatura di potrale
birinto è forse la rappresentazione più emblematica del processo di iniziazione: il suo spazio interno viene completamente isolato dall’ambiente circostante da un alto muro di cinta, perché l’esperienza iniziatica deve essere profonda e individuale, ed è dotato di un solo piccolo
ingresso. Il completamento del percorso che si dipana lungo molte circonvoluzioni dove la percezione dello spazio è resa terribilmente complessa, richiede il raggiungimento di un alto grado di maturità, di conoscenza, di pazienza e di forza fisica.
Significativi sono i labirinti delle chiese medievali, che in genere solo raffigurano ma anche, se sono di grandi dimensioni, allestiscono tracciati penitenziali fisicamente percorribili (si veda il labirinto
pavimentale che si trova in prossimità del portale occidentale della Cattedrale di Ely6). Si trovano presso i portali occidentali, immediatamente dopo l’ingresso, e rievocano la funzione iniziatica del labirinto pagano (che era semplicemente interpretato come qualcosa in cui si entra,
che ha un ingresso e che deve essere perciò collocato in principio). Il
percorso lungo le circonvoluzioni purifica e prepara all’entrata definitiva nell’edificio sacro, mentre l’uscita dal labirinto va intesa come momento di redenzione (la via da seguire è indicata da Cristo, la cui morte e resurrezione conducono alla salvezza).
Sui labirinti delle Cattedrali di Auxerre e di Sens, il vescovo o
il decano e il Capitolo eseguivano particolari cerimonie durante la ce-
123
124
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi
7. Labirinto sull’esornatece del Duomo di San Martino, Lucca, Italia
lebrazione della Pasqua, o veri e propri giochi (della palla) e danze (del
cerchio) durante l’ufficio festivo settimanale.
6. Labirinti disegnati dalle donne sulle porte di
case d’abitazione in India
Nel labirinto in bassorilievo che si trova su una pietra murata
nell’esonartece occidentale del Duomo di San Martino a Lucca all’apetto simbolico si aggiunge un’esperienza tattile: su di esso gli abitanti della città si divertivano a muovere le dita seguendo lo svolgersi delle linee
dall’esterno verso il centro. Forse un gioco, o un gesto propiziatorio, quest’usanza si è ripetuta negli anni, fino quasi a cancellare la raffigurazione, che è interessante sia da un punto di vista estetico-formale (si tratta
di un labirinto del tipo di Chartres, con undici circonvoluzioni) sia da
quello simbolico-liturgico (i punti di inversione del moto sono disposti in
modo da costruire una croce e la localizzazione del labirinto presso l’ingresso occidentale esprime un preciso riferimento alla morte del sole e
alla speranza della rinascita).
Il labirinto raffigurato sulla soglia svolge anche un ruolo protettivo. Si vedano ad esempio quelli disegnati sulle porte delle case indiane, per difendersi contro gli spiriti.
Interessante è la notazione riportata dal Kern sulle modalità di
esecuzione e sui significati magici di queste rappresentazioni: “disegni
come questo vengono tracciati talvolta sulla soglia di casa e quindi all’esterno della casa stessa, sulla via soprattutto nell’India sudorientale,
nella regione del Tamil. Essi vengono eseguiti solo da donne indù, prima del levar del sole; e solo nel margalì, il mese infausto dei Tamil
(dalla metà di dicembre alla metà di gennaio), ossia quando si suppone
– dopo il solstizio invernale – che il sole debba morire; questo mese infausto termina con la più grande festa dell’India meridionale, il Pongal,
con la quale viene festeggiata la rinascita del sole. Per l’esecuzione del
disegno viene scelta una superficie – di un metro quadrato circa – che
viene lavata con acqua, e spruzzata ancora umida con polvere bianca
(gesso, calce, farina) dalla donna di casa, che disegna in tal modo una
linea dal tracciato labirintico. Questa operazione viene ripetuta nel mese di margalì ogni mattina prima del levar del sole; non si pone alcuna
cura nel tentare di conservare il disegno, che va ben presto distrutto; ciò
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi
125
9. Leone stiloforo presso il portale della Cattedrale di Ferrara, Italia, XII secolo
8. Labirinto di Augusta, da un antico manoscritto
dimostra che la sua efficacia non si esplica al livello ottico; in realtà si
tratta di una magia apotropaica, come risulta dalla localizzazione temporale e spaziale del disegno, così come dal tracciato stesso”7.
La soglia è la rappresentazione simbolica del passaggio dalla
realtà esterna, collettiva, caotica e profana, allo spazio interno tranquillo e rappacificante, protettivo e sacro8.
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II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi
10. S.L.M. Laweriks, Ingresso in angolo di Casa Stein, Gottingen, Germania, 1912
L’ornamentazione delle porte e dei portali dei luoghi di culto
sottolineano lo specifico significato di transito dal profano al sacro,
mentre la ‘porta di casa’ rappresenta (in passato più di oggi) il benessere e lo status sociale degli abitanti. In molte cascine, per esempio, si
riconoscono sugli stipiti delle porte i segni di vecchie iscrizioni bibliche, espressioni della fede popolare e in molte case urbane medievali i
simboli araldici le forme e le modanature alludono al ceto e al livello
sociale acquisito di diritto o conquistato dai suoi abitanti.
Marco Biraghi riporta la descrizione della porta di ingresso a
Casa Stein di J.L.M. Laweriks (Gottingen 1912), che esprime, nella
forma e negli apparati decorativi, un contenuto rappresentativo che va
al di là del suo essere funzionalmente una porta: “[…] il battente massiccio, non grande, ma imponente, leggermente ricurvo e bronzeo come uno scudo antico; la cornice larga e profonda, e due colonne in pietra naturale, sbozzate in grossi blocchi riecheggianti un classico bugnato. […] Questa porta elevata di alcuni gradi – porta a cui si ‘ascende’ ancora più che accedere – doveva essere varcata quotidianamente
dal milieu del Niedersachse. Il monogramma del padrone di casa, una
grande ‘S’ geometrica incisa sul battente […] doveva dare il benvenuto a questi ospiti come un biglietto da visita. […] In un altro disegno
[…] la ‘S’ del monogramma si scompone, si rompe in un intreccio di
linee senza senso fino a diventare una composizione astratta, evocante
i compatti dedali acentrici di Piet Mondrian. La figura, cioè, da chiara
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi
11. S.L.M. Laweriks, Podio, portico e porta d’ingresso con la decorazione simbolica a circonvoluzioni di Casa
Stein, Gottingen, Germania, 1912
lettera si è trasformata in labirinto”9. E il labirinto “ha una duplice ragion d’essere, nel senso che permette o impedisce, secondo il caso,
l’accesso a un certo luogo in cui non devono penetrare tutti indistintamente, ma soltanto coloro che sono ‘qualificati’”10.
Un significato difensivo e protettivo si coglie, invece, nella
presenza dei cosiddetti guardiani11, presso le soglie domestiche o le
grandi porte urbane12: dei, leoni, figure zoomorfe, teschi e quant’altro
di mostruoso funga da deterrente per incursioni nemiche o intrusioni
sgradevoli.
I leoni stilofori collocati nei protiri delle basiliche romaniche,
oltre che rappresentare una interpretazione formale e decorativa di un
elemento strutturale (la base della colonna che regge la copertura), sono i vigili custodi della soglia, che impediscono l’accesso a quanti non
entrano in pace.
Nell’antica Roma, a difesa delle porte dei templi erano collocate coppie fraterne e gemellari di mitici dei o re, come i Dioscuri (il
culto è attestato a Lavinio dalla fine del VI secolo). Simbolo dei Dioscuri era il telaio della porta (dokanon), composto da due legni paralleli (gli stipiti) congiunti da due traverse (la soglia e l’architrave). Anche
i latini collocavano i Lari sulle loro porte (iuga): Picumuo (demone del
picchio e della scure) e Pilumno (demone della lancia) negli stipiti,
Fauno nella soglia e Stercuzio nell’architrave. Questi demoni in qualità
127
Note:
1. Nartece: è un atrio coperto, situato all’ingresso di una chiesa e separato dalla
navata interna mediante colonnati, cancelli o pareti.
2. Soglia, stipiti, traverso e anta, costituiscono la struttura della porta e raccondano di essa molto più di quanto esternamente appaia.
“La porta rappresenta il luogo di passaggio fra due stati, fra due mondi, fra il conosciuto e l’incognito, la luce e le tenebre, la ricchezza e la miseria, la porta si
apre su un mistero. Ma essa ha un valore dinamico, psicologico, perché non solo indica un passaggio, ma invita a superarlo. E’ l’invito al viaggio verso l’aldilà… la porta è l’apertura che permette
di entrare e di uscire, dunque il passaggio possibile – oltre che unico – da un
campo all’altro: spesso, nell’accezione
simbolica, dal campo profano al campo
sacro. Lo stesso dicasi dei portali delle
cattedrali, dei torana indù, delle porte
dei templi o delle città, dei torii giapponesi, etc…”. In: Jean Chevalier Alain
Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986, p. 240.
3. La formula magica citata nelle fiabe russe per aprire la porta dell’Izbà è: “Casetta, casetta, volta a me il musetto e al bosco il culetto! Fammi entrare dentro e
mangiare a piacimento!” e varianti simili.
4. Mircea Eliade, Il sacro e il profano, II
ed., Boringheri, Torino, 1973.
5. Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, III, vv. 1-3, 9-11.
6. Il labirinto è stato realizzato nel 1870 da
Gilbert Scott nel corso dei lavori di restauro alla Cattedrale; Si veda: V.
Matthews W. H., Mares and Labyrinths.
Their History and Development, London,
1922 (Ristampa New York, 1970, p. 66).
7. Hermann Kern, Labirinti, Feltrinelli,
Milano, 1981, p. 377.
8. Nella tradizione giudaico-cristiana l’importanza della porta è immensa, perché
essa dà accesso alla rivelazione e perchè
su di essa si riflettono le armonie dell’universo. Nei timpani dei portali delle cattedrali è raffigurato il Cristo glorioso,
poiché egli, per mistero della Redenzione, è la porta attraverso la quale si accede al Regno dei Cieli: ‘Io sono la porta,
se qualcuno entra attraverso di me, sarà
salvato’. (Giovanni, 10,9) […] Anche la
Vergine è detta porta del Cielo […] Maria è talvolta rappresentata dall’iconografia medievale sotto l’aspetto di una
porta chiusa. Nell’architettura romana il
portale ha un significato escatologico.
Come luogo di passaggio e, soprattutto,
di arrivo, esso diventa il simbolo dell’imminenza dell’accesso e della possibilità di accesso a una realtà superiore (o
inversamente dell’effusione di doni celesti sulla terra).
Anche il ritorno di Cristo è annunciato e
descritto come quello di un viaggiatore
che bussa alla porta (Marco, 13, 28).
Il Cristo dell’Apocalisse dice: ‘Ecco, sono alla porta e chiedo di entrare. Se qual-
128
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi
cuno ascolta la mia voce ed apre la porta, io entrerò e consumerò la cena con lui
e con me’. La porta è una designazione
simbolica del Cristo stesso (Giovanni,
10, 1-10): è la sola porta attraverso la
quale le pecore possono giungere all’ovile, cioè al regno degli eletti.
La porta si presta anche a numerose interpretazioni esoteriche, e rappresenta la
comunicazione con l’oggetto occulto e
con lo strumento segreto. Per i Massoni
la Porta del Tempio è posta fra due colonne e si apre su una facciata murata
sormontata da un frontone triangolare; al
di sopra del frontone sta un compasso,
con le punte rivolte verso il Cielo. La
porta del Tempio deve essere molto bassa, perchè ‘penetrando nel Tempio, il
profano deve curvarsi, non in segno di
umiltà, ma per sottolineare le difficoltà
del passaggio dal mondo profano a quello iniziatico. Questo gesto gli ricorda che
morto alla vita profana, rinasce a una
nuova vita, alla quale si accede in modo
simile a quello del bambino che viene al
mondo’. La Porta del Tempio è designata, in genere, come Porta d’Occidente.
Questo ci ricorda che il sole si corica alla sua soglia, cioè che la luce si spegne.
Si veda: Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli,
Milano, 1986, pp. 241-244.
9. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio,
Palermo, 1992.
10. R. Guémon, Simboli della scienza sacra, Milano, 1975, p. 180.
11. “Il simbolismo dei guardiani mutua dall’iniziazione (= entrata) che può essere
interpretata come il superamento della
porta. Giano, dio latino dell’iniziazione
ai misteri, custodiva le chiavi delle porte
solstiziali, cioè delle fasi ascendente e discendente del cielo annuale. Si tratta rispettivamente della porta degli dei e della porta degli uomini, che danno accesso
alle due vie di cui Giano (come Ganesha
in India) è il maestro: pitri-yana e devayana, dice la tradizione indù, via degli
avi e vie degli dei. Le due porte sono ancora Ianua inferi e Ianua caeli, porta degli inferi e dei cieli.” In: Jean Chevalier,
Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986, p. 241.
12. “Le città cinesi avevano quattro porte
cardinali. Attraverso di esse erano
espulse le influenze malvage, accolte le
buone, ricevuti gli ospiti, estesa alle
quattro regioni dell’impero la virtù imperiale, regolate le ore del giorno e le
stagioni. Le quattro ore cardinali di
Angkor-Thorn mostravano, nei quattro
orientamenti, la faccia raggiante di
Lokeshvaro, sovrano dell’universo, e
permettevano l’accesso, dalle quattro direzioni, a quel centro del mondo. I portali delle chiese e i portici dei templi sono
l’apertura del pellegrinaggio sacro, che
conduce fino alla cella, al Santo dei Santi, luogo della presenza reale della Divinità. Esso assume il simbolismo del Santuario stesso, che è la porta del cielo. Le
porte dei templi sono spesso provviste di
12. Rappresenazione del Dokanon
di Lari Pubblici sono i protettori delle porte e delle mura delle città e
delle case. Nella tradizione si è conservata memoria di un rito celebrato dai Romani per impedire che il demone Fauno uscisse dalla soglia
delle case che si compiva invocando la protezione dei Lari. Per proteggere una puerpera dal demone Fauno, che di notte voleva entrare in casa per violentarla, si invocano altri tre demoni. Nel rituale i custodi erano impersonati da tre uomini che, percorsi i limiti della casa, si recavano di notte alla soglia della porta principale. Qui il primo (rappresentante di Picumno) colpiva la soglia con un’ascia, il secondo (Pilumno)
colpiva la soglia con una lancia o un pestello e il terzo (Stercuzio) puliva (dai trucioli) la soglia con una scopa14.
La porta cita sovente ruoli, immagini o tradizioni costruttive di
antica memoria. Per esempio, la porta di servizio del Negozio Olivetti,
di Carlo Scarpa (Venezia, 1957-58) è una pesante anta in pietra che
reinterpreta le pesanti porte dei templi egizi. A definire l’importanza
architettonica e il significato di questa soglia concorrono diversi fattori: la gravità del materiale del battente (marmo) che fa perno su se stesso, quasi ad aiutarsi e ad aiutare nel difficoltoso gesto del dischiudere;
l’apparato decorativo che rompe le tradizioni geometriche e statiche e
genera nuove relazioni con la parete; la continuità della decorazione
che conferisce unità alla facciata; il leggero dislivello tra i piani di pavimento esterno e interno; i differenti scorci generati dal movimento
dell’aprirsi e del chiudersi del battente.
Qui il superamento della soglia è snodo, gesto e cerimonia, come nelle Porte Sante murate presso le Basiliche Patriarcali romane,che
sono in realtà ‘porte-che-non-portano’, se non in determinati momenti
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi
(ogni venticinque anni, in occasione del Giubileo). Esse esprimono una
protezione suprema e, aprendole solo ciclicamente, stabiliscono, ordinano e impongono precisi tempi e modi del passaggio. Il transito fisico loro attraverso ha un grande valore liturgico per la Chiesa Cattolica,
che concede, per questo, l’indulgenza plenaria.
Dalle soglie-simbolo che rappresentano l’immateriale, a quelle simbolo dello spazio interno, fino alle soglie simbolo solo di se stesse, quasi indifferenti alla loro funzione originaria utilitaria: tutte sono
luoghi di transizione, ed esprimono significati simbolici.
Ma, come e quando il simbolo trasforma la soglia in luogo?
Perché possiamo dire che essa, in quanto spazio simbolico, assume un
carattere di internità e accoglie significativamente lo ‘stare’ dell’uomo?
Ritengo che il valore del luogo prodotto dai simbolismi del
passaggio non risieda tanto nel significato astratto o allegorico della soglia, quanto piuttosto nel suo essere significativa per l’uomo, per il popolo e per la cultura che l’ha prodotta e per tutti quelli che, anche estranei, vi leggono in quello spazio valori universali.
Se l’uomo riconosce nei simbolismi della soglia la propria storia, la propria umanità, con il carico delle paure, della sensibilità, della
memoria collettiva o individuale, se vi contempla parte del proprio vissuto o se avverte in quello spazio il luogo di un gesto significativo (e
questo ‘avvertire’ è percepito coscientemente e produce emozioni), allora sulla soglia si verifica la presenza di un luogo.
129
guardiani feroci (animali favolosi, dvàrapàla nei templi dell’Asia, come si vede
nei mandala tantrici, guardie armate nelle
logge delle società segrete). Si tratta a un
tempo di impedire l’entrata nel sacro recinto alle forze impure e malefiche e di
proteggere l’accesso agli aspiranti che ne
sono degni. Sono loro che entreranno
‘nella città attraverso le porte’ (Apocalisse, 22, 14); gli altri verranno rigettati nelle tenebre eterne”. In: Jean Chevalier,
Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli,
Rizzoli, Milano, 1986, p. 240.
13. Si veda: Varrone, in: Agostino, La città
di Dio, VI, 9, 1.
Riferimenti bibliografici:
1. Rudolph Wittkover, Allegoria e migrazione dei simboli, Einaudi, Torino, 1987.
2. Zermani, ‘Dopo la decorazione’, in: Materia, 9, 1992.
3. M. Wingley, ‘La contraddizione decorata’, in: Ottagono, 94, marzo 1990.
4. Robert Venturi, Complessità e contraddizione nell’architettura, Dedalo, Bari, 1980.
5. Paolo Portoghesi, ‘La decorazione’, in:
Materia, 9, 1992.
6. R. Masiero, ‘Elogio della decorazione
contro la superficialità’, in: Rassegna,
41, 1 marzo 1990.
7. Rudolph Arnheim, La dinamica della
forma architettonica, Feltrinelli, Milano,
1991.
8. Gianni Ottolini, Forma e significato in
architettura, Laterza, Roma-Bari, 1992.
9. Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986.
10. Ernst Gombrich, Immagini simboliche,
Einaudi, Torino, 1978.
11. E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, Firenze, 1964, vol. II.
12. Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino, 1973.
13.Mircea Eliade, I riti del costruire, Jaca
Book, Milano, 1990.
14. Mircea Eliade, Immagini e simboli, Jaca
Book, Milano, 1984.
Fonti delle illustrazioni:
1. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio,
Palermo, 1992.
2. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Einaudi, Torino,
1992.
3. P. Zanker, Pompei, Einaudi, Torino, 1993.
4. A. Fara, Bernardo Buontalenti, Electa,
Milano, 1995.
5. M. Biraghi, Porta multifrons, op. cit.,
1992.
6. H. Kern, Labirinti. Forme e interpretazioni. 5000 anni di presenza di un archetipo, Feltrinelli, Milano, 1981.
7. H. Kern, Labirinti ..., op. cit., 1981.
8. H. Kern, Labirinti ..., op. cit., 1981.
9. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
10. M. Biraghi, Porta multifrons, op. cit.,
1992.
11. M. Biraghi, Porta multifrons, op. cit.,
1992.
12. A. Carandini, R. Cappelli, Roma. Romolo, Remo e la fondazione della città,
Electa, Milano.
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale
131
Coinvolgimento sensoriale
Nell’atto di varcare la soglia, l’uomo coglie attraverso i propri
canali sensoriali la totalità e la complessità degli aspetti materico-formali, tecnico-costruttivi, mnemonici e percettivi fin qui descritti.
Leggiamo in ‘Il tema della porta’ di Ernst Bloch: “è singolare
il modo in cui la porta colpisce emotivamente ogni volta che sia raffigurata in immagini o storie; [...] è il momento giusto per citare la storia del vecchio pittore che stava mostrando agli amici il suo ultimo quadro: vi si vedeva un parco, uno stretto sentiero, dolcemente serpeggiante, che lambiva alberi e corsi d’acqua e infine arrivava alla porticina rossa di un palazzo. Ma come gli amici fecero per voltarsi verso il
pittore, che rosso singolare, questi non era più lì accanto ma nel quadro, e si dirigeva per lo stretto sentiero verso la porta favolosa, si fermava silenziosamente davanti a essa, si girava, sorrideva, apriva la porta e scompariva”1.
La discesa alle antiche case ipogee di Matmata, in Tunisia,
esprime chiaramente il coinvolgimento sensoriale che si prova muovendosi dall’esterno verso l’interno. L’accesso alla galleria che conduce al patio circolare è letteralmente un buco scavato nel terreno su cui
affacciano le abitazioni, nel quale ci si cala. Si percorre quindi una galleria di 7-8 metri scavata in profondità, con l’imbocco collocato ad una
certa distanza rispetto al patio in cui immette. Dall’esterno (siamo in un
territorio desertico) si scorgono solo dei cunicoli, molto simili a quelli
scavati dalle talpe, mentre mano a mano che si scende in profondità si
avverte una crescente sensazione di avvolgimento nella terra che circonda completamente il corpo. L’ingresso definitivo nel patio, con pareti alte da sette fino a dieci metri, è caratterizzato da una forte sensazione di internità e da una accecante luminosità, caratteristica di questi
luoghi. La galleria è una specie di sospensione, concessa alla vista e al
corpo, protetto, in questo breve tratto buio e fresco, dalle condizioni
estreme di illuminazione solare e di temperatura. Alla fine del percorso si trova una piccola porta in legno che protegge l’interno più dagli
animali selvatici che dalle intrusioni indesiderate2.
Questa esperienza è molto simile a quella della discesa nel Museo
ipogeo del Tesoro di San Lorenzo di Franco Albini (Genova, 1954-56).
A differenza di quella tunisina, questa galleria è completamente ‘artificiale’, nel senso che le condizioni di illuminazione, l’atmosfera e la
temperatura sono controllate tramite dispositivi, ma il trattamento dello spazio allude esplicitamente ai temi cosmici della caverna, della catacomba e dell’architettura funeraria arcaica, micenea ed etrusca. Si accede al Museo tramite due ingressi, uno per il pubblico e uno per il clero, da cui partono due gallerie che si abbassano, tramite rampe e scale,
fino a tre metri sotto il livello del cortile. Il pubblico accede dalla sacrestia della chiesa. Il corridoio è angusto e illuminato lievissimamente, e convoglia i visitatori verso il centro del museo, su cui gravitano le
quattro tholos. Le sensazioni dominanti sono di mistero e di meraviglia.
“Guardare, vedere, notare sono maniere distinte di usare l’organo della vista, ciascuno
con una sua intensità… solo il notare può arrivare ad essere visione completa, quando in
un punto determinato o successivamente
l’attenzione si concentra, il che può capitare
sia per effetto di una deliberazione della volontà sia per una specie di stato sintetico involontario in cui ciò che è visto sollecita di
essere visto nuovamente, passando così da
una sensazione all’altra, trattenendo, trascinando lo sguardo, come se l’immagine dovesse prodursi in due punti distinti il cervello, con una differenza temporale di un centesimo di secondo, prima il segnale amplificato, poi il contorno netto, la definizione nitida
di una grossa maniglia di ottone giallo, brillante, su una porta scura, lucida, che improvvisamente diventa presenza assoluta.
Davanti a questa porta, tante e tante volte
Raimundo Silva ha aspettato che gliela aprissero dall’interno, il rumore di uno sparo che
fa la serratura elettrica, e mai come oggi ha
avuto una coscienza così acuta, spaventosa
quasi, della materialità delle cose, una maniglia che non è soltanto la sua superficie lucente, lustra, ma un corpo di cui può avvertire la densità fino a trovare quell’altra densità,
quella del legno, ed è come se tutto ciò fosse
sentito, sperimentato, palpato dentro il cervello, come se i suoi sensi, adesso tutti insieme, e non soltanto la vista, notassero il
mondo perché finalmente hanno notato una
maniglia e una porta. La serratura ha schioccato, le dita hanno spinto la porta, all’interno la luce sembra fortissima, e non lo è, …”.
Josè Saramago,
Storia dell’assedio di Lisbona, 2000
1. Ensor, Le maschere scandalizzate, 1883
132
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale
2. Ingresso alle case ipogee di Matmata, Tunisia
Le case di Matmata e il Tesoro di San Lorenzo, rinunciano entrambi al carattere segnaletico del varco, e valorizzano altri aspetti, il
carattere di internità, il senso di avvolgimento del corpo e di convolgimento dei sensi.
Nell’ingresso ipogeo al Museo del Louvre a Parigi di Pei, il segnale che comunica la posizione del varco aperto nel pavimento c’è, è
la costruzione in vetro esterna che cita una antica piramide egizia e, come in un romanzo di Joules Verne, sottolinea il punto di ‘immersione’
nel sottosuolo.
Analoghe considerazioni si possono fare per la cosiddetta
‘Bocca dell’Inferno’, uno dei padiglioni allegorici del Giardino dei
Mostri nel Sacro Bosco di Bomarzo (Viterbo), un’enorme testa di uomo impietrita in un grido di spavento, le cui fauci spalancate sembrano
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale
133
4. I.M. Pei, ‘Pyramide’ di Ingresso al Museo del
Louvre, Parigi, Francia, 1987
3. Franco Albini, Discesa al Tesoro di San Lorenzo, Genova, Italia, 1954-56
‘inghiottire’ il visitatore3. Questo luogo in cui si presentifica l’antenato mitico che ingurgita e risputa l’uomo in un’altra dimensione, più che
a una porta somiglia a una caverna e più che invitare sembra allontanare i visitatori. Lo chiamano ‘Orco’, alterazione di orcus, uno dei nomi del re degli Inferi e bisogna scorgervi l’entrata nel mondo sotterraneo, come attesta la parafrasi di Dante scritta sulle sue labbra: “Ogni
pensiero vola”. Simbolo della sensibilità manierista amante di brutalismi e mostruosità. Questa soglia ha rapito, e ancora oggi rapisce i visitatori e produce stati di sorpresa e curiosità.
Concludo citando un ultimo esempio che ritengo interessante
perché innesca particolari processi percettivi e gestuali: l’ingresso al
Guggenheim Museum di Bilbao di Frank O. Gehry. Questo progetto ci
dà l’occasione per meditare sull’apporto che il coivolgimento sensoriale dà alla soglia nella sua accezione di luogo abitabile.
La poderosa mole dell’edificio, articolata e voluttuosa, costituisce un potente segnale verso cui lo sguardo muove, attratto dai riflessi della luce sulle pareti dei volumi sovrapposti e intersecati in un
caos compositivo apparentemente arbitrario.
L’ingresso non è dichiarato, eppure il percorso di accesso indica chiaramente il punto di penetrazione. E’ un varco molto semplice incastrato tra le masse, e se non esistesse il ponte che indica il percorso
5. Frank O. Gehry, Ingresso al Guggenheim
Museum, Bilbao, Spagna, 1997
134
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale
di accesso e ‘incanala’ il movimento, e al suo posto vi fosse invece una
grande piazza: ‘da dove entro?’ verrebbe da chiedersi.
L’anomalia di questa soglia ‘celata tra le masse’ costringe l’uomo a una ricostruzione mnemonica di tutte le immagini dell’ingresso
esperite nel corso della vita, per capire cos’è e dov’è ciò che connota il
passaggio. La ricerca e la rievocazione di suoni e di rumori, di luci e di
colori, di odori, costruiscono, nella mente e nella memoria, il tipo e
l’archetipo della soglia, chiarendone la forma.
6. Bocca dell’Inferno, Sacro Bosco di Bomarzo,
Viterbo, Italia, 1552
Un processo analogo a questo è narrato da Doris Lessing nella
descrizione del primo varcare la soglia di casa ‘da moglie’ di Mary, la
protagonista di ‘L’erba canta’. Qui la soglia si anima nel buio della notte, percezioni e sensazioni che si trasformano il realtà quando, con la
luce, irrompe la vista, e con lei si svela l’interno dell’abitazione.
“Mary guardò la casa. Sotto quei lunghi raggi lunari questa appariva chiusa, buia e soffocante. Una bordura di sassi mandava dei bagliori bianchi davanti a lei, e lei si incamminò lungo quelle pietre, allontanandosi dalla casa e verso gli alberi che vedeva diventare grandi e
soffici man mano che si avvicinava. [...] E mentre incespicava con i
tacchi alti sul terreno irregolare e cercava di riprendere l’equilibrio, si
udì uno scompiglio e un chiocciare soffocato di animali da cortile che
erano stati svegliati dai fari della macchina; quel rumore familiare la
confortò. Si fermò davanti alla casa e allungò una mano a toccare le foglie di una pianta che cresceva in un barattolo sul muretto della veranda. Sulle dita rimase la fraganza dell’odore secco dei gerani. Poi sul
muro bianco della casa comparve un quadro di luce, e Mary vide la sagoma di Dick che trafficava all’interno, alla luce della candela che reggeva in mano davanti a sé. Salì i gradini fino alla porta d’ingresso e rimase in attesa. Dick era scomparso di nuovo lasciando la candela sul
II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale
7. Hector Guimard, Entrata della stazione del metrò di Porte Dauphine, Parigi, c. 1900
tavolo. In quella luce gialla e tremolante la stanza appariva piccola piccola e molto bassa; il tetto era quello stesso metallo ondulato che aveva visto all’esterno; c’era un forte odore di muffa, un sentore quasi animalesco. Dick ricomparve con un vecchio barattolo di cacao appiattito
sul bordo a formare un beccuccio, e salì su una sedia per riempire la
lampada che pendeva dal soffitto. La paraffina cominciò a sgocciolare
sporcando di grasso il pavimento, e quell’odore penetrante la nauseò.
La luce si accese, tremolò violentemente, poi si stabilizzò in una bassa
fiamma giallognola”4.
135
Note:
1. Ernst Bloch, Tracce, Coliseum, 1989.
2. Questa soglia interpreta un’usanza precisa: l’ospite, giunto alla fine della galleria,
sul limite del patio, che è un luogo molto
privato della casa, non può accedervi se
non è invitato. Infatti presso la porticina
in legno di accesso si trova di norma la
stanza della primogenita, che per tradizione non può mostrare il volto, ma deve
nvece rendere manifeste le proprie doti
femminili. Questo spazio è quindi dedicato alla tessitura e il varco che vi immette
è completamente schermato dal telaio.
3. Un’immagine simile a quella dell’ingresso al Sacro Bosco di Bomarzo è quella di
un’altra porta, il torana indù, associato al
kala, il ghiottone. La porta è, in questo
caso, la gola del mostro, che rappresenta
il passaggio dalla vita alla morte, ma anche dalla morte alla liberazione; è la doppia corrente ciclica, espansione e reintegrazione, kalpa e pralaya. Nell’arte kmer,
il kala espelle due makara divegenti (mostri marini che hanno un doppio simbolismo: salvatori o divoratori, a seconda che
l’essere inghiottiti significhi annullamento o superamento delle condizioni dell’esistenza temporale), i quali sviluppano,
espellendo letteralmente se stessi, l’architrave della porta. Si veda a questo proposito: Jean Chevelier, Alain Gheerbrant,
Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano,
1986, pp. 55, 241.
4. Doris Lessing, The grass in singing,
1950, (ed. ital. M. A. Saracino, L’erba
canta, La Tartaruga Edizioni, Milano,
1989, pp. 66-67).
Fonti delle illustrazioni:
1. M.de Mejer, I maestri del colore: Ensor,
Fabbri, Milano, 1978.
2. Matmata. Orientamenti progettuali per
una città segreta, Tesi di Laurea di Francesca De Tomasi, rel. prof. Marina Molon, Politecnico di Milano – Facoltà di
Architettura, a.a. 1994-95.
3. L’architettura, 14, 1956, p. 556.
4. Atlante di architettura contemporanea,
Könemann, Colonia, 2000, p. 294.
5. Abitare, 171, marzo 1998.
6. Archivio fotografico e ridisegni di Barbara Bogoni.
7. K.J. Sembach, Jugendstil. L’utopia dell’armonia, Taschen, Colonia, 1991, p. 22.
Parte terza
Verifiche ‘sul luogo’ della soglia
1
PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE
(CAMERUN)
1. Veduta esterna della soglia deccorata della casa del capo tribù, usata anche come seduta durante le riunioni del Consiglio
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE
141
Decorazione simbolica e significati iniziatici
La soglia della casa del Capo Bamileke è un luogo che concentra in sé immagini articolate, figure e decorazioni, e sottende funzioni, riti sacri, valori e tradizioni sociali e culturali del popolo.
“Punirò in quel giorno chiunque salta la soglia, chi riempie di rapine e di frodi il palazzo del suo padrone”.
Sofonia 1, 9
Nella ‘Stanza’ di Klee gli ‘spiriti’, tracciati con semplici linee
geometriche e macchie di colore, abitano la scena di un interno indefinito, in cui l’unica informazione sulla sua spazialità ci è data dalla porta, alta, misteriosa, oscura. Il carattere simbolico di questo varco risiede non nella decorazione narrativa (è un’apertura completamente spoglia, contornata solo da una cornice larga e liscia), ma nelle atmosfere
eteree che esso produce e nella sensazione che al di là della porta si celi qualcosa di arcano. Forse un guardiano di soglia inquietante e potente, che sorveglia il passaggio e intrappola all’interno della stanza, forse solo il nulla che incute timore.
L’esistenza invisibile ed enigmatica (spirituale o più probabilmente ‘spiritistica’) di questo custode si presentifica, invece, nelle figure scultoree totemiche che ornano la soglia della casa del capo villaggio Bamileke.
I Bamileke sono un popolo di agricoltori del Camerun. Le loro
case si raggruppano in file parallele ai lati di uno spazio centrale destinato alle cerimonie e alle riunioni, e la distribuzione interna ha un semplice impianto cruciforme. Le case familiari sono di pianta quadrata, coperte con un tetto conico in paglia; le loro dimensioni e i materiali utilizzati nella costruzione, prevalentemente legno, bambù, terra e paglia,
sono differenziati a seconda del ruolo e dello status sociale degli abitanti. Le costruzioni pubbliche sono molto grandi e divise internamente in
quattro stanze intercomunicanti; sono costruite in bambù e fibre vegetali intrecciate; hanno una copertura conica o piramidale e sono circondate da un colonnato esterno di pilastri decorati. Presso la porta d’ingresso si trovano le statue intagliate nel legno che effigiano gli antenati.
La capanna del capo si trova al centro del villaggio, in una posizione privilegiata e protetta da altri edifici destinati agli adulti e alle
cerimonie sacre, alla fine del percorso d’ingresso nel villaggio. E’ una
costruzione circolare in bambù e fibre vegetali, di dimensioni almeno
doppie rispetto a quello delle altre abitazioni e distinta da queste ultime per l’apparato decorativo di alto pregio che le orna. Si tratta di una
decorazione scultorea a intaglio molto minuta, articolata in statue e statuette che riproducono figure umane, astratte o allegoriche di diversa
forma e dimensione, collocate in prossimità dell’ingresso, sugli stipiti,
sull’architrave e ai lati della porta.
La decorazione è il mezzo attraverso cui la dinastia dominante
sancisce il proprio ruolo di guida, autocelebrandosi e celebrando, con la
presentazione della stirpe, la profonda distinzione tra la discendenza divina del capo e l’umanità comune. Talune statue vengono lì collocate per
proteggere la soglia, altre sono rappresentative del ruolo sociale dell’abi-
2. Paul Klee, Stanza degli spiriti con porta
alta, 1925
142
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE
3. Veduta esterna delle sculture degli antenati e delle decorazioni a intaglio sugli stipiti, sull’architrave,
sull’alta ‘soglia’ e sui pilastri del portico
tante, altre ancora ne indicano le capacità intellettuali, fisiche, diplomatiche, altre infine ne manifestano il coraggio, l’indole combattiva o pacifista.
La porta d’ingresso, sollevata da terra di circa 50 centimetri,
per proteggere l’interno dalle incursioni degli animali selvatici, somiglia più a una finestra ‘bassa’ che a una porta vera e propria. Il ‘davanzale-soglia’ (di questa finestra o di questa porta?) viene anche usato come seduta dal capo villaggio durante le riunioni del Consiglio (per tradizione gli altri membri si siedono a terra, in modo tale che il capo goda sempre della posizione più elevata).
Il varco ha in genere dimensioni molto modeste. Il tipo, le dimensioni ela qualità dell’ornamentazione variano da caso a caso, in relazione a molti fattori, come la tradizione artistica e artigianale della
tribù, le capacità di governo del capo, il suo successo pubblico e il suo
favore politico, etc.). Molte statue raggiungono dimensioni umane, a
rappresentazione di una famiglia numerosa, di una grande forza fisica
o, più frequentemente, di un forte consenso popolare.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE
143
3. Veduta esterna delle sculture a tutto tondo che popolano il luogo del passaggio
Oltre alla scultura a tutto tondo vengono realizzati anche ricchi
intagli in bassorilievo con disegni vegetali e più spesso con figure totemiche, umane o mitologiche. Queste immagini ornano gli stipiti, l’architrave e i pilastri del portico, con iconografie molto varie e originali.
Perché la soglia della casa del capo nella cultura primitiva del
popolo Bamileke riveste un ruolo preminente, e può essere considerata un luogo significativo?
L’interesse di questa struttura risiede nel suo essere un segnale dell’eccezionalità dell’edificio e un simbolo dell’importanza ‘quasi
divina’ di colui che vi abita, realizzato tramite una profusa decorazione tridimensionale. Ne risulta una soglia ‘animata’ in cui si presentificano figure ‘viventi’ di antenati reali o mitici, che proteggono l’interno. Qui la custodia della porta non è affidata a un efficiente ma impersonale sistema di controllo meccanico o elettrico, quanto piuttosto alla fede popolare in un complesso sistema simbolico-animistico, che è
in grado di funzionare in modo altrettanto efficace.
La soglia Bamileke è quindi un luogo nella misura in cui l’uomo si sente parte del sistema, ne riconosce il valore e l’importanza, e
li rispetta, nel senso che non li viola e li ‘difende’. In questo caso varcare la soglia ha un significato molto preciso e un’altissimo valore (è
molto difficile essere ammessi nell’intimità della casa del capo), e prevede una ben determinata cerimonia: si entra sempre e solo se invitati,
con una precisa sequenza di gesti, per esempio, l’accoglienza non avviene all’esterno o all’interno dell’edificio, quindi ‘prima’ o ‘dopo’ il
limite, ma ‘sul’ limite stesso, tra l’interno e l’esterno, in spazi separati
tra l’accogliente e l’accolto, l’uno dentro, l’altro fuori. Quasi che il
varco stesso funzionasse come dispositivo di filtro della comunicazione. Inoltre abbiamo detto che sulla soglia si svolge non solo il gesto
dell’accoglienza, ma anche le riunioni del Consiglio degli Anzian, i ricevimenti formali e le udienze delle delegazioni di altre tribù.
Qui risiede il suo valore di luogo.
Riferimenti bibliografici:
1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva,
Electa, Milano, 1980.
2. Ludovico Quaroni, L’architettura delle
città I: la preistoria, la protostoria, l’oriente antico, Sansoni, Roma.
3. Alberto Arecchi, La casa africana, Città
Studi, Milano, 1991.
4. Sonia Lolli, Marco Zaoli, Per una lettura
semantica dell’architettura: gli spazi
pubblici e privati dell’architettura spontanea, Università degli Studi di Firenze,
Firenze.
5. Bernard Rudofsky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Bari, 1979.
Fonti delle illustrazioni:
1. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa,
Milano, 1980.
2. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio,
Palermo, p. 221.
3. E. Guidoni, Architettura primitiva, op. cit.,
1980.
4. E. Guidoni, Architettura primitiva, op. cit.,
1980.
144
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE
Raccolta dei disegni
145
2
MAESTRO NICOLÒ, PROTIRO E PORTALE DELLA BASILICA DI SAN ZENO
VERONA (ITALIA), 1138
1. Veduta esterna del protiro e del portale principale
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO
149
La fusione delle arti tra narratività e memoria
Il portale della Basilica San Zeno di Verona, è una ‘porta che
racconta una storia’.
“Una soglia è una cosa sacra”.
Porfirio, L’antro delle ninfe
Ne ‘Il nome della rosa’ di Umberto Eco c’è la descrizione di un
altro luogo e di un’altra chiesa, che sembra però pertinente per comprendere il coinvolgimento emotivo che produce il grande portale e che
riecheggia nel protiro di San Zeno.
“La chiesa non era maestosa come le altre che vidi in seguito a
Strasburgo, a Chartres, a Bamberga e a Parigi. Assomigliava piuttosto a
quelle che già avevo visto in Italia, poco inclini a elevarsi vertiginosamente verso il cielo e saldamente posate a terra, spesso più larghe che alte; ...
Due colonne dritte e pulite antistavano l’ingresso, che appariva a prima vista come un solo grande arco: ma dalle colonne si dipartivano due strombature che, sormontate da altri e molteplici archi, conducevano lo sguardo, come nel cuore di un abisso, verso il portale vero e proprio, che si intravvedeva nell’ombra, sovrastata da un gran timpano, retto ai lati da due piedritti e al centro da un pilastro scolpito, che
suddivideva l’entrata in due aperture, difese da porte di quercia rinforzate di metallo. In quell’ora del giorno il sole pallido batteva quasi a
picco sul tetto e la luce cadeva di sghimbescio sulla facciata senza illuminare il timpano: così che, superate le due colonne, ci trovammo di
colpo sotto la volta quasi silvestre delle arcate che si dipartivano dalla
sequenza di colonne minori che proporzionalmente rinforzavano i contrafforti. Abituati finalmente gli occhi alla penombra, di colpo il muto
discorso della pietra istoriata, accessibile com’era immediatamente alla vista e alla fantasia di chiunque (perchè pictura est laicorum literatura), folgorò il mio sguardo e mi immerse in una visione di cui ancor
oggi a stento la mia lingua riesce a dire”1.
La visione straordinaria di Eco è prodotta dal complesso apparato scultoreo, che non solo sorprende per le sue qualità artistiche, ma
anche coinvolge per le vicende che mette in scena.
Nella decorazione ‘spontanea’ sulla porta di Giacomo Balla
(non meno significativa di quella di San Zeno benché spontanea!), così pregna di significati umani e di storie vissute, più di qualsiasi altra
porta finemente cesellata, le storie sono più semplici, quotidiane, di
bambini che sostano sulla soglia, che vi trascorrono del tempo, giocando. Magari imparano qui a tracciare i primi segni idiomatici, insieme ai
più grandi, che già possono raggiungere il riquadro più alto per lasciare la testimonianza indelebile del proprio personalissimo passaggio.
Storie di vite umane, queste di Balla, messe a confronto con storie di
santi e di popoli vissuti migliaia di anni fa, quelle delle decorazioni del
protiro e del portale di San Zeno.
Si giunge all’ingresso della basilica romanica (progettata presumibilmente da Martino, realizzata nel 1123 e ampliata e ricostruita
nel 1138 per incerta mano di Nicolò) attraversando la grande piazza
2. Giacomo Balla, Fallimento, 1902, Collezione privata
150
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO
3. Veduta esterna di piazza San Zeno e della Basilica omonima
4. Pianta della Basilica allo stato attuale
San Zeno, quasi magicamente attratti da un punto magnetico, un luogo
notevole che non solo individua un passaggio, ma anche induce all’avvicinamento e all’attraversamento.
La chiesa originaria fu costruita intorno all’815-850 grazie a un
intervento finanziario di Pipino, figlio di Carlo Magno. Nel 961 fu ricostruita e completata. Venne quindi demolita e ricostruita nuovamente, con l’aggiunta di un monastero, sulla medesima area.
Le principali imprese architettoniche sono testimoniate da epigrafi murate che riportano il nome di un valente costruttore, un certo
Martino, che citiamo come fautore della fabbrica nella sua configurazione attuale. Siamo nel XII secolo.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO
5. Veduta della Basilica di San Zeno in una litografia inglese del 1845 in cui è riconoscibile l’ampio basamento leggermente rialzato dal piano della piazza (tre gradini), sostituito
oggi da un podio di dimensiobni più ridotte e sopraelevato a un’altezza di circa un metro
Il protiro si trovava un tempo su un basamento più ampio e
meno alto. Oggi la sua superficie è invece stata ridotta a quella coperta del protiro. Due leoni, accovacciati ai lati, portano sulle spalle le
esili colonne che reggono il tetto a capanna che protegge lo spazio di
attesa e di sosta dei fedeli che si soffermano a leggere i messaggi che
contiene e trasmette questa soglia.
Le parti laterali della facciata, il protiro, la lunetta, la porta
stessa sono tutti decorati con sculture lapidee e formelle in bronzo, a
testimonianza del valore narrativo che un tempo, più che oggi, veniva
affidato a questo spazio. La realizzazione dell’intero apparato iconografico fu affidata al maestro Nicolò, un artista itinerante che, come
Wiligelmo, è tra gli scultori più celebri del XII secolo in Italia. Egli
operò anche in importanti cantieri in Francia e in Germania.
Oltre la soglia, che si dischiude tramite una porta a doppio battente, su cui sono montate le formelle bronzee2, opera di Guglielmo,
oltrepassata una seconda porta interna che costruisce una specie di
‘camera di purificazione’, ci si trova su un piccolo podio sopraelevato
rispetto al piano del pavimento della chiesa, che probabilmente già prima dell’abbassamento della piazza si trovava a una quota inferiore (all’interno i gradini da superare sono otto e non cinque, come all’esterno) e si è immersi in una forte penombra.
La differenza di quota tra esterno e interno è da imputarsi probabilmente agli interventi di restauro e ampliamento realizzati nel
1138. La facciata della chiesa del 1138 (con il protiro di Nicolò) “si sarebbe trovata ipoteticamente all’incirca dove oggi si immorsano il pa-
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO
ramento bicromo e quello in solo tufo”3. Tra la fine del XII e i primi decenni del XIII secolo l’edificio sarebbe stato prolungato fino al fronte
attuale, dove sono stati ricollocati il protiro e i rilievi laterali, e innalzato fino a raggiungere le dimensioni e la configurazione attuali. Nel
XIV secolo sono state rifatte l’abside e la copertura a carena di nave.
Probabilmente nel cantiere attivo a partire dal 1138 furono realizzati tutta la struttura inferiore della facciata e i primi due settori e
mezzo, partendo dal lato occidentale, al fine di mantenere in piedi la
costruzione più antica, demolita in un secondo momento.
6. Raffigurazione dell’Annunciazione in
una delle formelle bronzee del portale
La sequenza d’ingresso è molto breve, quasi istantanea, ma la
forza attrattiva generata dalla presenza e dalla qualità dell’apparato decorativo e dell’importanza dei fatti biblici narrati, induce a una prolungata sosta davanti alla soglia. Una fase di preparazione, di monito e di
‘acculturamento’.
L’apparato decorativo è localizzato solo sulla faccia esterna del
portale (v. ‘Elementi che individuano la soglia’ e ‘La decorazione come valore estetico e narrativo’), mentre nella parte interna il punto di
passaggio è oggi sottolineato da una monumentale struttura lignea con
una porta a doppio battente, che probabilmente non esisteva un tempo.
All’esterno, il portale, su cui si aprono i famosi battenti con le
formelle bronzee presenta una articolata e complessa iconografia, con
scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, ma sono forse le decorazioni scultoree della facciata e del protiro a rappresentare, per i contenuti e i significati, l’aspetto più interessante di questa soglia.
“La facciata a salienti, ossia caratterizzata dai profili a doppio
spiovente del tetto, è tripartita da due robusti contrafforti che preannunciano la suddivisione in tre navate dell’interno. Una serie di bifore
per lo più cieche articola la facciata in senso orizzontale, in una sorta
di galleria e riequilibra così il rapporto con le partiture verticali, delle
sottilissime lesene collegate da archetti ciechi. Sulla zona centrale si
concentra un complesso programma figurativo. Il suo culmine è costituito dalla lunetta, che si configura come un vero e proprio manifesto
politico: san Zeno (il primo vescovo di Verona), infatti, benedicendo il
vessillo portato dai milites e dai pedites, ossia le componenti del populus veronese, consacra l’autonomia comunale. Il messaggio è che la
creazione del Comune è voluta da Dio e benedetta dal santo protettore
di Verona.
Il gesto del santo è collegato alla mano di Dio benedicente al
colmo dell’archivolto della lunetta, a sua volta ripreso dalla Destra divina all’apice del protiro, pronta a benedire i fedeli che entrano in chiesa, dove la porta è allegoria della Risurrezione e della Salvezza. Sull’architrave sono scolpite le storie e i miracoli di san Zeno, mentre l’archivolto è decorato da un tralcio abitato da animali.
La copertura a volta a botte del protiro richiama la volta celeste,
infatti al suo culmine è scolpita la dextera Dei e ai suoi fianche i due san
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO
7. Veduta del portale con le formelle in bronzo raffiguranti scene dell’Antico e del Nuovo Testamento
Giovanni, che hanno profetizzato la prima e la seconda venuta di Cristo:
il Battista che come precursore del Messia indica l’Agnello di Cristo, e
l’Evangelista, la cui mente è salita fino alle stelle per cogliere dal petto
di Cristo le leggi arcane del maestro e incarna importanti qualità profetiche.
[...] Il protiro è sostenuto da due colonne che appoggiano su due
leoni stilofori, simboli degli inferi. Tra l’inferno e il cielo è posta la vita dell’uomo, simboleggiata dal trascorrere ciclico del tempo attraverso
la raffigurazione dei mesi, scolpiti entro arcatelle, tre per lato. I mesi sono interpretati dal lavoro dell’uomo in relazione al mutare delle stagioni, lavoro inteso come conseguenza del peccato originale e della male-
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8. Vedute esterne delle sculture a bassorilievo dei fianchi laterali del protiro con raffigurazioni bibliche
dizione divina. La Cacciata dal Paradiso e il castigo di Adamo ed Eva
sono raffigurate nelle scene bibliche scolpite a destra del portale e riproposte anche sulle formelle del portale.
Gli stessi telamoni, scolpiti sulla fronte degli architravi con i mesi, l’uno giovane e imberbe, l’altro anziano e barbato, sono simboli delle diverse età dell’uomo, ma anche raffigurazioni allegoriche della terra.
[...] La narrazione inizia dal basso, a destra.
Assai rovinate per l’uso secolare di far stridere dei sassi sulla
pietra, per provocare scintille e far sentire odore di bruciato e di Inferno (secondo un gioco diffuso tra i monelli veronesi, già attestato nel
Seicento e in voga ancora pochi decenni orsono), le due lastre inferiori di destra raffigurano la Cacciata infernale di Teodorico. Il tema, reso
celebre da Giosué Carducci, riprende un’antica leggenda germanica.
[...] Si narra che mentre il re ostrogoto si lavava in una distesa
d’acqua chiamata bagno di Teodorico sfrecciasse un bellissimo cervo.
Teodorico balzò in piedi, e chiese il cavallo e i suoi cani. I servi si affrettarono e Teodorico inforcò un cavallo nero come un corvo. I cani
non riuscirono a seguire la bestia che correva più veloce di un uccello.
Teodorico si accorse allora di non essere a cavallo di un animale terreno, cercò di balzare giù ma non ci riuscì, rendendosi così drammaticamente conto di stare cavalcando un mostro che lo avrebbe portato dritto all’inferno. Il testo della leggenda chiarisce anche le due piccole fi-
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO
gure inserite in due cornici a perline e fusaiole, scolpite in un piccolo
blocco alla base inferiore della lesena, che risultano parte integrante
della raffigurazione. Vi sono rappresentati il falco, [...] che costituisce
il termine di paragone per la velocità del cavallo, e un cantore che suona l’arpa. Il significato simbolico e morale della rappresentazione è duplice: vuole ammonire il fedele a non seguire l’esempio di Teodorico,
condannato all’inferno, e a non lasciarsi soggiogare dal canto che distoglie dalla contemplazione di Dio.
[...] (Nei rilievi della Genesi) il racconto biblico inizia con la
Creazione degli animali e la Creazione dell’Uomo, la Creazione di Eva.
[...] Il fondo è decorato da motivi in cui sono scolpiti fiori e vegetali che alludono al paradiso terrestre.
[...] Seguono la Cacciata e il Castigo dell’Uomo, raffigurato da
Adamo che zappa ed Eva che allatta i due figli e nel contempo lavora
col fuso. Concludono le storie della Genesi un centrauro che suona la
siringa, affrontato da un cane che si succhia i genitali, e un lupo che
suona l’apicordo: due figure che ancora ammoniscono a non credere alle lusinghe del peccato.
[...] Il tema della discordia e dell’ira associato a quello dell’omicidio, è argomento assai diffuso nella predicazione medievale, che
invita a mondarsi dall’ira e dall’odio prima di entrare nella chiesa, frequente nelle Scritture e in tutta la letteratura cristiana, e in molte epigrafi anche riferite a portali”3.
La scultura, a rilievo schiacciato, a bassorilievo o ad altorilievo
è collocata qui per rivelare ciò che è scritto nel Libro Sacro che si riconosce su tanti timpani di chiese sorretto dal Cristo che lo indica col dito. La decorazione testimonia, predica l’esempio, ma anche ammonisce
e incute paura: il Cristo pantocratore, seduto nella mandorla ci guarda
con occhio terribile, e i demoni che divorano i peccatori mostrano quello che ci attende se ci lasciamo travolgere dai vizi che l’artista romanico non esita a raffigurare con grande realismo.
Inoltre, in queste sculture non mancano l’umorismo e l’arguzia
e anche i ritratti di vita quotidiana, come nella raffigurazione dei mesi,
o la rappresentazione, nelle mensole e sotto i cornicioni, di tutto un
mondo quotidiano e pieno di vita, fatto di acrobati, di innamorati, di conigli, di lupi, di civette e di vacche.
In questo periodo in cui tutto è simbolo, la chiesa stessa è imago mundi (nella sua iconografia tradizionale rappresenta le creature
dell’universo) e tutte le sue parti condensano contenuti e significati
simbolici. Significativa, per esempio, è la figura del leone, che, oltre a
una funzione protettiva di custodia della soglia e strutturale di sostegno
alle colonne che reggono il tetto a salienti del protiro, nell’allegoria
medievale simboleggia il Cristo in tre diversi modi. Esso, infatti, cancella le tracce del proprio passaggio come il Salvatore nascose agli uomini i segni della sua natura divina; dorme con gli occhi aperti come il
9. Veduta della lunetta del protiro
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10. Veduta verso l’ingresso in cui è visibile la monumentale struttura in legno del portale più interno
Cristo dormì sulla croce mentre la sua natura divina vegliava; a tre
giorni dalla nascita il leone soffia sul cucciolo nato morto fino a riportarlo in vita, come Dio resuscitò suo Figlio al terzo giorno; e, infine, il
leone teme il gallo bianco.
Vorrei fare un unico breve accenno a un altro aspetto interessante in questa soglia, cioè la sequenza gerarchica di tre porte nel medesimo punto di passaggio, porte che hanno funzioni, significati e configurazioni diverse.
Una prima si compone di quattro ante, è incernierata sulla cornice marmorea più esterna, e si chiude a pacchetto verso l’esterno. Ciascun battente è ripartito in dieci registri orizzontali e due registri verticali, per un totale di venti riquadri, molto semplici. Questa porta non è
veicolo di alcun contenuto artistico o religioso, ma svolge un ruolo protettivo, non dell’interno ma della ben più preziosa seconda porta, sulla
quale sono montate le formelle istoriate, già molto compromesse e più
volte restaurate. Questa è la porta più importante e significativa delle tre.
La funzione didattica e le qualità artistiche che concentra in sé la rendono un oggetto prezioso che, un tempo destinato a proteggere l’interno della chiesa si trova ora a dover essere protetta dai pericoli esterni.
Si tratta di un grande portone in legno a due battenti, completamente rivestito, nella faccia esterna, con lastre di bronzo scolpito e
cesellato. Ogni battente è ripartito in otto registri orizzontali e tre regi-
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO
stri verticali, per un totale di ventiquattro formelle e decorato con una
serie di altre piastre più piccole con figure di santi e le rappresentazioni dei mesi. Ciascuna formella è riquadrata da una cornice decorata e
da una maschera che sottolinea il punto di incontro tra i traversi e i
montanti. Si apre verso l’esterno, e quando è completamente aperta i
battenti si appoggiano alle ante della porta a pacchetto più esterna.
Una volta superata questa soglia, non si è ancora definitivamente entrati nella chiesa: è necessario superare il terzo sbarramento,
un’altra porta in legno a doppio battente, che si apre verso l’interno. La
sua presenza consente, all’apertura delle due precedenti, segnale della
possibilità di accedere alla chiesa,di isolare l’interno e di proteggere lo
svolgimento delle cerimonie sacre.
Per concludere ci chiediamo: in che senso possiamo dire che
questa soglia, in quanto ‘porta che racconta una storia’ rappresenta un
luogo significativo?
E’ il ruolo educativo che essa esercita tramite la decorazione
scultorea e la ricostruzione delle scene bibliche, che fanno di questa soglia uno spazio ricco di tradizione e di cultura, profondamente umano,
perché l’uomo, il fedele, vi legge parte della propria storia, del passato
ma anche del futuro.
“Io sono la porta: chi entrerà attraverso me sarà salvo”4, cita
Giovanni nel Nuovo Testamento, e la figura di Cristo nel timpano all’ingresso di molte cattedrali romaniche e gotiche sottolinea proprio il
significato escatologico della soglia come luogo dell’accesso al cospetto di Dio.
La presenza di queste pagine di storia religiosa ma anche di
storia comunale, laica, fissate nella pietra o forgiate nel bronzo, promuove il carattere di stanzialità dell’ingresso che abbiamo dato come
presupposto per l’esistenza del luogo di soglia. In questo posto il fedele, ma anche il profano visitatore, non può esimersi dal guardare, dal ricostruire e dal porsi delle domande sulla fede o sui contenuti storici e
letterari narrati; e il cittadino veronese non può non riconoscersi in questa soglia.
La porta di San Zeno ‘parla’, quindi, educa e racconta qualcosa, non di sé, della sua solidità o preziosità, forma o dimensione, ma del
ruolo che essa ha svolto, per la divulgazione della fede, da più di mille
anni, fino ad oggi.
E il fatto che essa si protenda tutta verso l’esterno, quasi per
andare incontro ai visitatori che vi si dirigono, testimonia il ruolo didattico e narrativo di una porta che ‘chiama a raccolta’ per essere vista,
toccata, oltrepassata, perché ha qualcosa da dire.
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Note:
1. Umberto Eco, Il nome della rosa, Tascabili Bompiani, Milano, 2001.
2. Si veda: G.L. Mellini, I maestri dei bronzi di San Zeno, Banca Popolare di Verona, Verona, 1992.
3. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di
Modena e la Basilica di San Zeno, Banca
Popolare di Verona – Banco di S. Gimignano e Prospero, Verona, 2000, p. 151.
4. Vangelo secondo Giovanni, 10, 9.
Riferimenti bibliografici:
1. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di
Modena e la Basilica di San Zeno, Banca Popolare di Verona – Banco di S. Gimignano e Prospero, Verona, 2000.
2. G. L. Mellini, I maestri dei bronzi di San
Zeno, Banca Popolare di Verona, Verona, 1992.
3. Virgilio Gilardoni (a cura di), Il romanico, Mondadori, Milano, 1963.
4. L’architettura romanica, Jaca Book, Milano, 1986.
5. Romanico mediopadano: strada, città,
ecclesia, Artegrafica Silva, Parma, 1983.
Fonti delle illustrazioni:
1. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di
Modena e la Basilica di San Zeno, Banca Popolare di Verona – Banco di S. Gimignano e Prospero, Verona, 2000.
2. Pontus Hulten (a cura di), Futurismo e futurismi, Bompiani, Torino.
3. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di
Modena ..., op. cit., 2000.
4. Xavier Barral i Altet, O mundo romanico.
Cidades, catedrais e moisteiros, Taschen, Colonia, 2001, pp. 190-191.
5. Camillo Semenzato, Carlo e Marcus Perini, Verona illustrata, Studio Editoriale
Programma, 1990.
6. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di
Modena ..., op. cit., 2000.
7. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di
Modena ..., op. cit., 2000.
8. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di
Modena ..., op. cit., 2000.
9. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di
Modena ..., op. cit., 2000.
10. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo
di Modena ..., op. cit., 2000.
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO
Raccolta dei disegni
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3
CHARLES RENNIE MACKINTOSH, CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE
GLASGOW, SCOZIA (GRAN BRETAGNA), c.1900
1. Veduta interna del corridoio attrezzato
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE
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Arredi e attrezzature articolano il gesto
Il corridoio di ingresso di Casa Mackintosh è una stanza attrezzata che accoglie una sequenza di precisi e minuti gesti i quali articolano lo spazio e scandiscono i momenti dell’accedere e dell’accogliere.
Nella stanza deformata di Botero un ipotetico e omonimo ospite (chissà in quale dei due significati?) sta sulla soglia, in attesa. Anche
l’interno sembra in attesa di qualcuno, attrezzato, o meglio imbandito
per intrattenersi, per bere e per mangiare.
Il personaggio sullo sfondo fa capire anche che in questo spazio è possibile sedersi. Forse su una sedia? Forse proprio su una sedia
collocata presso l’uscio, o spostata lì per accogliere e già invitare ad accomodarsi.
La lettura del ‘Buongiorno signor Botero’ ci dice anche qualcosa in più riguardo ai caratteri degli elementi che definiscono la soglia, del luogo e della sequenza dei gesti che vi si compiono. Il battente spalancato verso l’interno, con un grosso pomello circolare e una
serratura e la presenza della tappezzeria sul pianerottolo esterno, per
esempio, mettono in scena una soglia di appartamento probabilmente
in una casa multipiano, dove l’accesso dall’esterno è mediato da una
scala o da un ascensore o comunque da un’altra porta comune; il ‘darsi la mano’ come saluto di benvenuto racconta di una conoscenza tra i
due, ma l’eleganza degli abiti non descrive un’eccessiva confidenza; il
tavolo imbandito con la frutta e la brocca delinea un atteggiamento di
buona disposizione all’accoglienza, l’essere in attesa della visita, e
quindi esprime il piacere dell’incontro.
“GARCIN: Te ne vai? Arrivederci. (Il cameriere arriva fino all’uscio) Un momento.
(Il cameriere si volta) Quello è un campanello? (Il cameriere accenna di sì) Posso
suonare quando voglio, e tu devi venire?
IL CAMERIERE: Si, in teoria. Ma è un
campanello capriccioso. Il meccanismo
qualche volta s’incanta. (Garcin va al campanello e tocca il bottone. Si sente suonare)
GARCIN: Cammina!
IL CAMERIERE (stupefatto): Cammina?!
(Anche lui suona) Ma non si esalti, non durerà...”
Jean Paul Sartre, Porta chiusa, 1945
Nella sequenza di accesso a Casa Mackintosh: dalla strada, tramite un piccolo varco, segnato da due bassi pilastri quadrati, aperto nel
muretto che delimita la proprietà privata dallo spazio pubblico, superati cinque gradini, si accede a una breve successione di piani che coprono il dislivello tra l’ingresso dell’abitazione e il marciapiede. Una ringhiera metallica, a sinistra, costituisce il parapetto della scala, la protezione contro eventuali cadute e la delimitazione di proprietà.
Si giunge alla porta d’ingresso, una struttura in legno, a un solo battente, inserita in un portale in pietra a pilastri e architrave. Su di
essa è ritagliata una piccola apertura con un portellino che si apre verso
l’interno, collocato sotto quattro vetrini di un azzurro intenso, un apparato decorativo semplice che fa filtrare una gradevole luce colorata.
All’interno, l’anta è dotata di una serratura metallica e di una
piccola maniglia che consente di aprire la porta tirandola verso di sé.
Questi elementi interni della porta di per se stessi ci dicono già tutto sulla sequenza d’accoglienza (riconoscere, disserare e aprire), mentre all’esterno, davanti alla soglia, dove è collocato anche un campanello elettrico, la successione dei gesti può essere così identificata: avvicinarsi, suonare il campanello, farsi riconoscere, sospingere il battente, accedere.
2. Fernando Botero, Buongiorno signor Botero, 1972, Collezione privata
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE
3. Veduta esterna del percorso di ingresso in una foto storica
Una volta ammessi all’interno, superata la soglia, si è in un
corridoio attrezzato per accogliere l’ospite.
Dal punto di vista geometrico-compositivo lo spazio ha una
configurazione lineare, rettangolare, si sviluppa su una lunghezza di
circa sei metri e una larghezza di due metri, ed è connotato da un leggero restringimento in prossimità della porta d’ingresso, dove sono posizionati due pannelli in legno, inclinati rispetto alla giacitura delle pareti laterali. Questi pannelli schermano la mazzetta della porta e danno
continuità e omogeneità allo spazio. Su quello di destra si trova un interruttore elettrico per l’accensione e lo spegnimento delle quattro lampade del corridoio, un congegno metallico a scatto molto semplice.
Il corridoio è un ambiente unitario, ben connotato in quanto
luogo di ingresso, piuttosto che luogo di distribuzione alle altre parti
della casa. Oltre ai pannelli di cui abbiamo parlato, altri elementi conferiscono identità allo spazio, per esempio il sistema di partiture delle
pareti realizzato con montanti e correnti in legno scuro che incorniciano porzioni di parete e, in un certo senso, scandiscono l’azione in fasi
e lo spazio in sottoambienti, ciascuno caratterizzato dalla presenza di
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE
4. Veduta esterna del percorso e della porta d’ingresso nella configurazione attuale, dopo la ricostruzione
arredi (un attaccapanni, una panca, un portaombrelli), di attrezzature
(lo spioncino, la maniglie, la serratura, etc.) o di dispositivi elettrici (il
campanello, l’interruttore, le lempade aplic, etc.).
A questo punto ci poniamo la domanda sul significato di questa soglia e sulla sua validità in quanto luogo del passaggio.
Abbiamo rilevato che la presenza dell’attrezzatura nello spazio
di soglia favorisce e qualifica fortemente la stanzialità, e sottolinea i
momenti del gesto, ma quali comportamenti e quali gesti vengono promossi, per quali utenti e in quale contesto storico e culturale?
Si immagina, per questo luogo, un’uso domestico, sobrio ma
aristocratico dell’ambiente dell’ingresso e utenti di un certo livello sociale e culturale, con abbigliamenti eleganti, cappello, bastone, cappotto, ombrello, abiti lunghi, movimenti composti; e si presuppone un uso
articolato dei luoghi e degli oggetti, specializzato, configurato sulle
azioni precise e sulle attività che vi si svolgono.
Oltrepassato il cancello in legno si accede al giardino, si percorre il sentiero, si superano i gradini, si raggiunge il pianerottolo, si
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5. Veduta interna della porta di accesso ‘attrezzata’ con portellino apribile come spioncino, serratura e maniglia
suona il campanello, si attende; e dall’interno: allo squillo del campanello ci si muove verso la porta, si apre lo spioncino, si guarda all’esterno, si saluta, si allontana il visitatore indesiderato o si esprime il
piacere di riceverlo, si chiude lo spioncino, si disserra la porta, si tira
l’anta dalla piccola maniglia, si accoglie l’ospite; si varca la soglia, si
saluta, si chiude la porta alle proprie spalle. Si è dentro. Si consegna
cappello e ombrello, ci si sofferma per qualche istante, si presenta il
motivo della visita e, a seconda dell’intimità del rapporto, della previsione del tempo di intrattenimento, delle motivazioni, etc., si sta in piedi sulla soglia, seduti nel corridoio d’ingresso o si entra più verso l’interno della casa.
Pur nella sua unitaria e, in definitiva, semplice spazialità, l’ingresso di Mackintosh presenta molte sfaccettature nell’interpretazione
dei significati e anche delle scelte materiche e costruttive operate dal-
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE
l’autore. A questo proposito vorrei fare alcune osservazioni sui caratteri
generali e sulle soluzioni di dettaglio emerse nel corso dell’analisi e del ridisegno dell’opera.
Una prima osservazione riguarda la geometria dello spazio che
Mackintosh altera con l’inserimento di due pannelli inclinati posti all’interno del corridoio ai lati della porta d’ingresso, che producono un
effetto a imbuto. In questo punto Mackintosh stringe il corridoio e nasconde la mazzetta. Così facendo produce una dinamica importante del
passaggio tra la porta e il corridoio, una specie di anello di congiunzione, attraverso l’uso di un materiale di colore scuro che contrasta con
la tinta chiara della parete, con le luci vibranti e con la decorazione naturalistica della sala da pranzo. I pannelli, inoltre, sono scanditi dalla
successione di cinque esili lesene che ripartiscono la superficie e producono un effetto dinamico (si potrebbe istituire una analogia con i
portali ad anelli delle cattedrali gotiche o le sequenze di cornici presso
i templi egizi) (v. La decorazione come valore estetico e narrativo).
Questo espediente provoca una accelerazione del movimento,
scandito, nel percorso che muove dall’interno verso l’esterno, dalle
partiture irregolari delle pareti del corridoio.
Tali considerazioni non valgono più per il movimento contrario, dall’esterno verso l’interno: presso la porta non si percepisce un restringimento ma una apertura, e i pannelli in legno creano una atmosfera di intimità, una specie di nicchia di accoglienza in cui è piacevole soffermarsi, anche se per pochi istanti.
Una seconda riflessione riguarda l’irregolarità con la quale sono state realizzate le cornici in legno che ripartiscono la superficie delle pareti laterali del corridoio. La loro disposizione, infatti, sembra dipendere non da un disegno astratto, ma dalla volontà di generare dei
micro-ambienti specializzati, ciascuno per attività o ruoli ben precisi.
Per esempio, la prima cornice di sinistra, entrando, inquadra la finestra
e la panca, dove ci si può sedere per togliersi le scarpe e le ghette, dopo aver deposto cappotto e cappello. Nella cornice di fronte alla finestra lo specchio, che amplifica l’illuminazione riflettendo la luce solare e il portaombrelli definiscono un altro ambito d’azione. La seconda
cornice di destra inquadra, invece, la porta del soggiorno, ma in modo
piuttosto anomalo, seguendo una disposizione non simmetrica.
Perché questa soluzione irregolare?
Ritengo verosimile l’ipotesi che la dimensione data all’ultima
cornice di destra dipenda dalla volontà di sottolineare l’estremo limite
del corridoio, all’imbocco della scala che conduce ai piani superiori.
Questo ha determinato, per esempio, la collocazione dell’ultimo montante a pochi centimetri dalla cornice della porta.
Una soluzione analoga l’ha applicata per il primo montante che
si incontra dopo i pannelli inclinati, collocato proprio nella mezzeria
della porzione di parete tra la fine del pannello e la finestra. Le cornici
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6. Particolare del bracciolo della panca
7. Particolare delle lampade aplic
8. Particolare dello spioncino sulla porta
d’ingresso
sono posizionate a un’altezza di circa due metri (si veda l’altezza della
porta del soggiorno) e definiscono una specie di ribassamento del soffitto, peraltro piuttosto alto rispetto all’esigua superficie di pavimento
del corridoio, che produce un maggior effetto di raccoglimento.
La posizione dei punti luce, la loro configurazione e il tipo di
illuminazione che producono, introducono a un’altra osservazione circa l’atmosfera di questo ambiente.
La luce confluisce nel corridoio da otto punti e con sei modalità diverse. Quella naturale penetra dall’esterno: in modo diretto, dalla finestra con vetro trasparente inquadrato in uno spesso telaio a griglia, e dal sopraluce della porta, anch’esso con vetro trasparente e infisso a grandi riquadri (piove dall’alto con un fascio inclinato e illumina il centro del corridoio); in modo indiretto dalla porta del soggiorno
e dai quattro vetri azzurri sul battente della porta d’ingresso.
La luce artificiale è invece concentrata in quattro punti, in corrispondenza dell’intersezione tra i montanti e il corrente delle cornici.
Qui sono installate le lampade a parete, di fine composizione a ‘goccia’
con lampadine a incandescenza che producono un’atmosfera molto calda, sui toni del giallo/arancio.
Lo specchio rappresenta un’altra fonte di illuminazione indiretta; esso infatti che produce luce riflessa. In ogni caso la zona in cui
si apre la porta rimane sempre piuttosto in ombra, sia nella condizione
di luce naturale sia in quella di luce artificiale.
Questo accresce l’effetto di nicchia dello spazio dell’ingresso.
Un altro aspetto da considerare è il modo in cui Mackintosh
trasforma i problemi tecnico-costruttivi del varco in una questione formale e funzionale. Egli posiziona la porta proprio sul filo più interno
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della mazzetta e si sposta leggermente verso l’esterno con le due lesene e l’architrave che incorniciano l’ingresso all’esterno, in modo tale
da creare all’esterno uno spazio protetto dall’architrave del portale lievemente aggettante.
L’effetto imbuto che abbiamo rilevato all’interno del corridoio
di fuori è solo accennato dalla leggera strombatura della cornice in legno scuro che inquadra il portoncino d’ingresso.
La porta, realizzata in legno dipinto di bianco, merita una particolare considerazione per almeno due motivi: da una parte svolge un
ruolo segnaletico, poiché genera un forte contrasto cromatico sia all’esterno (con la pietra di colore grigio del portale) sia all’interno (con i
pannelli in legno scuro); dall’altra incorpora i dispositivi di comunicazione (spioncino), di movimentazione (maniglia, serratura) e di decorazione (vetrini colorati). Gli altri dispositivi, come il campanello e
l’interruttore interno, che richiedono una installazione su una struttura
più statica, sono invece collocati in prossimità della porta, sullo stipite
e su uno dei pannelli di rivestimento della parete.
Un’ultima riflessione va fatta sul modo con cui Mackintosh interpreta il gesto e lo risolve in termini architettonici.
Ritengo che in questo ambiente l’uso delle partiture a campi
pieni e vuoti e la collocazione studiata degli arredi, delle attrezzature e
degli apparti illuminanti definiscano una precisa scansione temporale e
una successione delle azioni nello spazio e, di conseguenza, siano in
grado di dare significato al progressivo avvicinamento e alla penetrazione nel privato. Questo movimento è molto simile a quello di una cerimonia di ingresso, in cui sono scanditi con precisione i ritmi, le soste
e le accelerazioni. Per questo ha senso affermare che ‘arredi e attrezzature articolano il gesto’.
Questi aspetti ci fanno riconoscere nella soglia di Mackintosh
i caratteri di luogo che stiamo cercando.
Riferimenti bibliografici:
1. Pamela Robertson, The Mackintosh House, Hunterian Art Gallery, University of
Glasgow, Glasgow.
2. C. e P. Fiell, Charles Rennie Mackintosh,
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5. R. Macleod, Charles Rennie Mackintosh,
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6. Charles Rennie Mackintosh, Richard
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7. Jean-Claude Garcias, Mackintosh, Hazan,
Parigi, 1989.
8. Alan Crawford, Charles Rennie Mackintosh, Thames and Hudson, London, 1995.
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Mackintosh, Il Balcone, Milano, 1950.
Fonti delle illustrazioni:
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Hunterian Art Gallery, University of Glasgow, Glasgow.
2. G. Crepaldi, XX secolo Pittura, Electa,
Milano, 2001.
3. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit.
4. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit.
5. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit.
6. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit.
7. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit.
8. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit.
170
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE
Raccolta dei disegni
171
4
ADOLF LOOS, CORRIDOIO D’INGRESSO DI VILLA KARMA
CLARENS, MONTREAUX (SVIZZERA), 1904-06
1. Veduta interna del vestibolo ovale
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA
175
Lusso, rigore, geometria e decorazione
Il vestibolo d’ingresso d Villa Karma è un piccolo ‘sacello’,
uno scrigno prezioso, simbolo di modelli d’uso dello spazio molto ricercati e di comportamenti raffinati.
Dice Loos: “L’ingresso di una casa dovrebbe essere tale da far
lasciare all’ospite, nel guardaroba, assieme al cappello, la sua inimicizia verso il padrone di casa”. E proprio questo sembra dirci questo spazio ricco, vivace di colori, prezioso nei materiali e nelle finiture, che
trasforma il gesto dell’accoglienza in una cerimonia in cui non sembrano tanto importanti le attrezzature e gli arredi, quanto piuttosto l’opulenza dei materiali e il dettaglio delle finiture.
Più che essere ‘usata’, questa soglia, sembrerebbe voler essere
‘vissuta’, esperita. Più che starvi dentro, varcarla, tale è la bellezza e la
varietà dei marmi policromi e della componentistica metallica finemente lavorata, il rigore delle geometrie e il lusso delle decorazioni.
“Al vestibolo si accede dalla porta d’ingresso principale varcando la soglia che lo separa dalla strada. Non è più la strada ma non è
ancora la casa. Una spessa cortina pendente
all’interno, dopo la soglia, parallelamente al
vano della porta, evita all’aprirsi di questa
che la comunicazione tra esterno e interno
sia troppo diretta.
Nel vestibolo si spoglia la veste cotidiana
piena di fango e di loto, si depongono e si lasciano gli oggetti e gli accessori propri dell’esterno: il cappello, il mantello, il soprascarpe, l’ombrello, i guanti, le chiavi dell’automobile, e anche le voci alte, i gesti incomposti, le passioni circensi e forensi: la
Cour était un lieu où l’on parlait très bas et
où l’on faisait très peu de gestes”.
Giorgio de Marchis, Dell’Abitare, 1998
Il carattere aristocratico che si rileva nell’ingresso di Villa Karma lo troviamo messo in scena in uno dei dipinti di Edward Vuillard,
‘La signora elegante’, dove il lusso della soglia, descritta solo attraverso una porta socchiusa e macchie eteree di colore, è solo immaginato,
dedotto dalla presenza elegante della figura in primo piano, sulla quale potremmo traslare i significati attribuiti invece da Loos all’architettura: ricercatezza formale, grazia e raffinatezza.
L’ambiente descritto è indefinito, privo del rigore geometrico
del vestibolo di Loos, ma ugualmente opulento e vario, nei colori e nei
materiali utilizzati. Inoltre, l’immagine della signora in primo piano, in
abito lungo e cappello, in attesa di qualcuno che da un momento all’altro comparirà sull’uscio semiaperto, mette in scena con verosimiglianza i gesti composti e aggraziati della borghesia di fine Ottocento.
La villa è collocata all’interno di un vasto parco, ed è frutto di
una ristrutturazione conclusasi nel 1906 con la cessazione dei rapporti
per inadempienze contrattuali del proprietario Theodor Beer. L’edificio
è un sunto di temi classici “che, interpretati con leggerezza, nulla concedono al folclore degli stili nazionali, preferendo un linguaggio semplice e chiaramente definito dagli elementi architettonici”1.
L’ingresso si trova sul lato orientale dell’edificio ed è segnato
da un solenne portico gradonato a quattro colonne. Esso “mostra il volto solenne della porta in bronzo sulla quale sono incisi i simboli dello
Yin e dello Yang, inquadrato dalle torri d’angolo che risolvono compositivamente l’incontro tra la vecchia e la nuova struttura. Lo stesso
Theodor Beer aveva tracciato un disegno per questo fronte, con accessi laterali (modificato nel progetto loosiano). Un ingresso a pianta ovale a doppia altezza dà accesso a un corridoio centrale che prosegue in
un atrio, cuore del sistema di distribuzione del piano rialzato...”2.
La porta in bronzo separa l’interno dall’esterno e introduce direttamente in un ambiente a pianta ovale, lussuosamente rivestito con
2. Edward Vuillard, La signora elegante,
1891-92
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA
3. Veduta esterna del fronte verso il giardino
5. Pianta del piano d’ingresso
4. Veduta del fronte d’ingresso con il podio e il colonnato del portico
grandi lastre di marmi policromi. Su questa porta sono incisi i simboli
del movimento di andata e ritorno, di ingresso e di uscita, che sono
l’emblema di tutte le coppie di opposti (in architettura: della luce e dell’ombra, del dentro e del fuori, etc.).
Il vestibolo ovale è a doppia altezza, coperto con una cupola rivestita di mosaici dorati con un foro circolare al centro (il balcone del
piano superiore da cui ci si può affacciare). Le pareti sono completamente ricoperte di marmi gialli e rossi e il pavimento ha un paramento
di piastrelle in marmo lucidato di colore bianco e nero, disposte a scacchiera. Il disegno della pavimentazione è concentrico e indica il punto
in cui il visitatore, illuminato dalla luce proveniente dall’alto, si sente
il solo protagonista della ‘scena’ dell’ingresso.
Al dischiudersi dell’uscio si svela via via la bellezza e la profusione dei marmi che, come le pietre preziose di uno scrigno, ‘tempestano’ questo ambiente, producendo effetti di grande meraviglia. Da qui,
lungo l’asse principale dell’abitazione, parte l’ampio corridoio d’ingresso con un guardaroba sulla destra e una nicchia con un camino e con
delle sedute, ricavata sotto la scala che conduce ai piani superiori.
Nello spazio del vestibolo, che è il primo ambiente di rappresentanza della casa e di autorappresentazione del ruolo sociale e della
forza economica del suo proprietario, Loos riprende i valori cromatici
e figurativi dei materiali locali (questa zona della Svizzera è ricca di cave di marmo venato) e li mette in gioco valorizzandoli per le loro textures decorative, semplificandone le geometrie e le forme, lasciando
che la ricchezza dei materiali parli da sola della ricchezza della casa, ne
sia il simbolo e il mezzo espressivo.
Il significato dell’opera è quindi intrinseco nella costituzione
materico-formale dell’opera stessa; non va cercato altrove se non, semplicemente, nella natura del materiale.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA
6. Schizzo di studio della nicchia in uno degli spazi d’ingresso presso il vestibolo
7. Schizzo di studio del podio e del portico colonnato
C’è un altro aspetto che va considerato, oltre al lusso e alla decorazione, cioè la geometria rigorosa della quale lo spazio è fortemente permeato.
Il vestibolo è ovale. Non circolare, che elimina qualsiasi gerarchizzazione nelle direzioni del movimento. Non rettangolare, la cui direzione predominante e il principio di ortogonalità annullano la componente dinamica. Non ellittico, in cui, per la presenza di due fuochi distinti, viene meno il carattere di centralità e di concentricità. Ma ovale,
gerarchizzato, dinamico e concentrico. Uno spazio avvolgente e coinvolgente sia per il trattamento della forma sia per il coinvolgimento
sensoriale che esso produce. Ci si lascia suggestionare da questa piccola stanza, la si ascolta con il cuore.
Il vestibolo di Loos ci parla, quindi, ma di che cosa? La lettura dell’opera ci comunica l’attenzione l’attenzione tutta loosiana per le
qualità intrinseche della materia, lo sforzo per comprenderne le matrici; ci comunica il desiderio della società borghese di quel tempo di liberarsi dagli ‘orpelli’ e dalle finzioni, dagli spazi grevi e iperdecorati;
177
178
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA
8. Vedute del corridoio di distribuzione, di uno degli ambienti d’ingresso, del vestibolo rivestito
con lastre di marmo venato e pavimentato con piastrelle bianche e nere; particolare della porta
d’ingresso
e ci comunica ancora la ricerca di un linguaggio essenziale, della forma pura della purezza della forma e della geometria semplice come
mezzo per il riscatto politico dell’individuo e dell’arte.
E in quanto opera d’arte che ci comunica dei contenuti esistenziali, ci chiediamo: questo spazio è un luogo?
Possiamo motivare in molti modi una risposta affermativa, affidandoci per esempio ai contenuti simbolici ed esoterici di cui abbiamo parlato, o anche pratici, ma ritengo che gli aspetti espressivi e formali siano i più significativi in questo lavoro (si veda per esempio l’uso rigoroso della materia impiegata per le sue intrinseche potenzialità
comunicative e ornamentali).
C’è da aggiungere che questi aspetti sono già di per sè portatori di significati allegorici ed esorerici: per esempio, la giustapposizione
del bianco e del nero nel pavimento a mosaico è emblema della dialettica opposizione tra luce e tenebre, giorno e notte, e quindi simboleggia
tutte le coppie di opposti e complementari, com’è citato esplicitamente
nella iconografia T’ai Ki della porta bronzea.
Il movimento dello Yin e dello Yang, della partenza e del ritorno, può essere letto come matrice iconografica e come tema fondativo
dell’intero progetto.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA
179
Note:
1. Giovanni Denti, Silvia Peirone, Adolf
Loos. Opera completa, Officina, Roma,
1997, p. 57.
2. V. nota 1.
3. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, pp. 253-254.
9. Veduta dal basso dell’oculo del soffitto del vestibolo con il lucernario della copertura superiore
A questo proposito è interessante l’analisi di Marco Biraghi
condotta proprio sul vestibolo di Villa Karma: “Al tacito invito a percorrere il vestibolo da Porta a Porta (la seconda porta si apre di fronte a
quella che collega con l’esterno, rappresenta il completamento logico
del meccanismo d’ingresso) seguendo un semicerchio anziché una linea
retta, decisamente non si può resistere. Nel vestibolo l’idea di rotazione
si presenta strettamente a quella del ritorno. In ciò condivide la sorte
della porta girevole. Non però la ‘canzone da organetto’. L’avvicendante ritorno dei contrari, qui, è pensato piuttosto in una prospettiva unificante, che spezza come per magia la prigionia del cerchio. ‘Un’alternanza di Yin e Yang si chiama Tao’. Le porte ed il vestibolo di Villa Karma ne sono la precisa rappresentazione. Il loro aprire nel segno del Tao
è la dichiarazione d’appartenenza al corso naturale delle cose, all’harmonia mundi, e al tempo stesso la solenne promessa di incarnarli in forma durevole. Lo psichiatra Theodor Beer, commissionando la casa a
Loos, aveva espresso il desiderio che apparisse come una sorta di rifugio protettivo per sè e per la moglie. Loos conosceva il segreto per soddisfare il suo cliente. L’essenza del Tao [...] è paragonabile al centro, o
all’asse di una ruota in continua rotazione. Al centro la garanzia di immobilità ha validità permanente. Perciò ‘essere nel Tao’ è il miglior rifugio per il saggio, che senza uscire dalla porta conosce ogni cosa, e
ogni cosa vede senza guardare dalla finestra. Nel Tao non vi è nulla che
non si compia. Anche l’immobilità nel vorticare del mondo”3.
Riferimenti bibliografici:
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2. Benedetto Gravagnuolo, Adolf Loos: teoria e opere, IDEA, Milano, 1981.
3. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos,
P. Mardage Editor, Wien, 1982.
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5. Roberto Trevisol, Adolf Loos, Laterza,
Bari, 1995.
6. Giovanni Denti, Silvia Peirone, Adolf Loos.
Opera completa, Officina, Roma, 1997.
7. Kurt Lustenberger, Adolf Loos, Artemis,
Zurigo, 1994.
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York, 1996.
Fonti delle illustrazioni:
1. B. Gravagnuolo, Adolf Loos, Rizzoli, New
York, 1982.
2. G. Cogeval, Il tempo dei Nabis, Artificio
Edizioni, Firenze, 1998.
3. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos,
op. cit., 1982.
4. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos,
op. cit., 1982.
5. G. Denti, S. Peirone, Adolf Loos. Opera
completa, Officina, Roma, 1997.
6. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos,
op. cit., 1982.
7. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos,
op. cit., 1982.
8. B. Gravagnuolo, Adolf Loos, op. cit., 1982.
9. B. Gravagnuolo, Adolf Loos, op. cit., 1982.
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA
Raccolta dei disegni
181
5
PIERRE CHAREAU E BERNARD BIJVOËT,
PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
RUE DE SAINT GUILLARME, 31 PARIGI (FRANCIA) 1928-32
1. Veduta esterna della porta a vetri e del corridoio d’ingresso
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
185
Luce naturale e luce artificiale generatrici di spazio
La soglia della Maison de Verre è il luogo della variabilità luminosa, dell’alterazione percettiva e della trasformazione spaziale.
Uno spazio (portico-porta-corridoio) completamente vetrato, la cui trasparenza spinge l’occhio in profondità, fin nel cuore della casa.
“Ovunque le porte si nascondono. Non vogliono disturbare le pareti”.
J. Roth, Le città bianche
Nel ‘Ritratto di mia madre’ la pittrice Florine Stettheimer mette in scena un analogo ambiente etereo, in cui solo lievemente si percepisce la linea di confine tra il dentro e il fuori. La parete è vetrata; la
porta è spalancata, e pure completamente trasparente. Non ci sono infissi, giunti o maniglie. La trasparenza del vetro mette in comunicazione l’esterno con l’interno, annulla le differenze dando continuità allo
spazio, che partecipa contemporaneamete all’azione lenta e pacata della figura in primo piano, quasi statica, nell’interno allestito con cura e
con un gusto ricercato, e all’azione esterna, più dinamica di un gruppo
di bambini che giocano. La continuità temporale e spaziale è resa dall’incorporeità del limite della parete e dal varco completamente aperto.
Chareau utilizza i medesimi elementi: un esterno con qualche
cespuglio coltivato, una parete trasparente, uno spazio d’ingresso minimamente attrezzato in cui già si percepisce l’interno. Ma se nel dipinto l’ingresso al soggiorno è diretto e la parete dell’edificio è smaterializzata, quasi inesistente a livello percettivo, nella Maison de Verre
questo limite pur essendo in vetro ha una consistenza notevole, una
identità e un significato precisi e l’accesso al cuore dell’abitazione è
mediato dalla presenza di un corridoio.
Lo spazio dell’ingresso è figurativamente indipendente dall’edificio, differenziato da questo per il diverso trattamento materico dei
suoi margini, per i quali Chareau ha usato lastre completamente trasparenti, a grandi moduli rettangolari, in contrasto con i pannelli composti
da una orditura di 24 piastrelle di vetrocemento traslucido, ma anche per
una concreta separazione fisica degli spazi, resa attraverso una porta
scorrevole che separa il corridoio dall’interno dell’abitazione e, soprattutto, dall’‘architrave’ che distanzia la porta dal soffitto del portico. Tale discontinuità produce un’ombra che conferisce autonomia formale e
volumetrica allo spazio del passaggio e della comunicazione con l’esterno nei confronti dalla parte più intima e privata dell’abitazione.
La sequenza d’ingresso è molto interessante.
Da Rue de Saint Guillarme si accede, tramite un portone, a un
piccolo cortile interno, sul quale domina la facciata dell’edificio, originale e innovativa per la Parigi degli anni Trenta.
Il punto di accesso si trova in posizione centrale rispetto all’asse della facciata, ma la composizione generale non si può definire
simmetrica. Infatti, il movimento di avvicinamento effettua almeno due
scarti direzionali, spostandosi prima verso destra (per accedere alla zona protetta, di attesa davanti alla porta d’ingresso) e poi verso sinistra,
per aprire la porta, varcare definitivamente la soglia, ed entrare.
2. Florine Stettheimer, Ritratto di mia madre,
1925, Museum of Modern Art, New York
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
4. Veduta diurna della facciata d’ingresso in cui si leggono i fronti degli edifici prospicienti riflessi nelle pareti vetrate del corridoio d’ingresso
3. Planimetria generale
5. Veduta notturna della facciata d’ingresso: l’illuminazione interna lascia intravvedere le sagome delle persone e dei mobili del soggiorno, mentre la zona d’ingresso rimane sostanzialmente in ombra
La porta, a doppio battente in vetro, con telaio metallico, si
apre su un breve corridoio, attraverso cui si accede al cuore della casa
e alle sale d’attesa dell’ambulatorio medico (in alternativa c’è un percorso lineare che porta ad altri spazi di servizio).
La successione degli spazi, il portico coperto, la porta a vetri e
il corridoio di distribuzione, e i dispositivi e le attrezzature collocati in
questo luogo articolano il movimento di accesso, lo arricchiscono di
dettagli e ne scandiscono i tempi e i gesti.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
6. Veduta esterna diurna del portico
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7. Particolare della facciata d’ingresso in cui è visibile la differenza di
texture tra le piastrelle traslucide in vetrocemento della facciata e le vetrate trasparenti del corridoio
Per esempio, la colonna con gli interruttori è un oggetto formalmente e spazialmente indipendente e per queste sue caratteristiche
possiamo dire che dà una forte connotazione al gesto dell’annunciarsi;
il portaombrelli metallico con ripiano mobile che si trova oltre il varco, insieme alla grata dell’impianto di riscaldamento a pavimento, offre la prima ospitalità a chi viene da fuori, dall’umido e perturbabile
clima parigino; la presenza della natura, di un semplice frammento di
vegetazione, di fiori e piante coltivati in una piccola aiuola esterna, garantisce un minimo di privacy allo spazio interno e rende vivace e ameno l’ambiente.
L’aspetto più interessante della soglia di Chareau riguarda
però la trasformabilità di questo luogo in relazione alla variazione atmosferica e percettiva prodotta dal mutare delle condizioni di illuminazione naturale e artificiale, diurna e notturna.
Durante il giorno la luce solare che entra a fatica nel cortile e all’interno dell’edificio produce un’ombra profonda nello spazio d’ingresso e contribuisce a produrre l’immagine di un antro oscuro, di uno spazio misterioso di cui non si è ancora in grado di distinguere i caratteri,
tale da rendere un senso di maggiore intimità e protezione ma anche di
timore. La scelta di Chareau di utilizzare lastre di vetro trasparente per
l’ingresso, in contrasto con i pannelli smerigliati a piastrelle di vetrocemento della facciata, consente alla luce di penetrare il più possibile nel
cuore dell’abitazione e genera un effetto specchiante che sembra annullare la parete facendovi riflettere i fronti degli edifici prospicienti.
Di notte, invece, l’edificio si ‘anima’. Le sue pareti rivelano i
movimenti, gli arredi, la vita dell’interno. La luce che proviene dal
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
8. Veduta interna del corridoio di accesso
soggiorno, dalla cucina, dalle sale di attesa per le visite mediche rende
manifesta la complessità del progetto d’interni, silenziosamente celata
durante il giorno.
L’ingresso non ha fonti di luce proprie. Sia nei disegni di progetto, sia nel rilievo a vista non risulta alcuna presenta (o previsione) di
lampade all’interno del corridoio, né al di sopra del varco, né nello spazio di sosta. Sembra infatti che Chareau abbia affidato il compito di illuminare indirettamente questi ambienti esclusivamente alle lampade
esterne montate sui due tralicci metallici che sostengono strutturalmente l’edificio e a cui il progettista attribuisce grande valore compo-
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
9. Veduta dello spazio d’ingresso con il portico con la colonna degli interruttori, la porta e il corridoio vetrati, le grate per lo scolo dell’acqua e l’aiuola con la vegetazione esterna
sitivo e formale ‘portandoli in primo piano’. In questo modo il corridoio vetrato e lo spazio coperto d’attesa, rischiarati da una fonte di luce diffusa ‘esterna’, sembrano staccarsi idealmente dall’edificio, rendersi autonomi per effetto del forte contrasto tra l’illuminazione ‘dall’interno’ dei piani superiori e quella delle lampade esterne sugli spazi
d’ingresso.
Si accede al portico superando diverse soglie tracciate nel pavimento: un piccolo dislivello, una successione lineare di grate di scolo e una discontinuità nella pavimentazione. Una volta giunti nello spazio protetto presso l’ingresso, si coglie il ruolo predominante della colonna degli interruttori e dei campanelli di in metallo cromato nero.
Qui non vi sono altre attrezzature, e la spazialità è sottolineata solo da
pochi elementi semplici, come la particolare tessitura della pavimentazione e il pilastro d’angolo.
La porta è semplice: vetrata, a due battenti, con un telaio in metallo verniciato di nero. Sulla facciata esterna si trovano una piccola maniglia che consente solo la presa e la spinta dell’anta, e una serratura a chiave. All’interno la maniglia è a pomello e si apre a rotazione, la serratura è a scatto e anch’essa funziona con il movimento rotatorio di un piccolo pomello.
La linea di soglia è segnata dal cambiamento dei materiali di
rivestimento del pavimento: all’esterno una lastra unica di linoleum e
all’interno piastrelle quadrate dello stesso materiale e della medesima
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10. Lampada esterna montata su uno dei tralicci strutturali dell’edificio
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
11.Veduta della paretre vetrata del corridoio
con la grata del riscaldamento a pavimento
e il traliccio esterno su cui sono montate le
lampade
12, 13. Vedute interne del corridoio trasversale a quello d’ingresso che conduce e alle sale d’attesa per i pazienti ambulatoriali e alle stanze private dell’abitazione
texture (il loro disegno a cerchi in rilievo sembra quello delle piastrelle in vetrocemento della facciata).
Sul pavimento del corridoio è disegnato un’altro limite, quello
della guida metallica della porta scorrevole tra il corridoio d’ingresso e
quello che conduce all’ambulatorio ginecologico e alla scala principale dell’abitazione.
La trasparenza delle pareti assicura la totale continuità tra il
dentro e il fuori, tant’è che, soprattutto nella visione dall’interno, la vegetazione sembrerebbe appartenere allo spazio del corridoio e non a
quello del cortile, e l’aiuola esterna divenire una serra.
Per concludere, ci chiediamo: quali sono i caratteri di questo
spazio che ci permettono di definirlo ‘luogo di soglia’?
Nell’esposizione di questo progetto abbiamo usato indifferentemente più volte i due ternimi, spazio e luogo, non inavvertitamente,
ma perché sussitono precise ragioni, che rendono, per così dire, ‘naturale’ l’attribuzione di questi diversi significati alla soglia di Chareau.
All’edificio si accede, come abbiamo visto, attraverso un corridoio, ma in realtà, il vero punto d’ingresso all’‘interno della casa’ è
già il varco tra la strada pubblica e il cortile interno. Il cortile è un piccolo atrio privato e la sequenza d’entrata di cui abbiamo parlato interpreta l’elemento l’elemento di distribuzione ai locali interni. ‘Entrare
nel cortile della Maison de Verre’ è come penetrare in un recinto: infatti, pur essendo ancora un esterno semiprivato, questo spazio è in gra-
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
14. Veduta della guida metallica a pavimento per lo scorrimomento della porta tra i due corridoi
do di produrre un forte senso di internità e di accoglienza. A sottolineare tale effetto c’è anche il corridoio vetrato d’ingresso, la cui configurazione e le semplici attrezzature che vi sono collocate (un portaombrelli e la colonna degli interruttori) definiscono con chiarezza i tre momenti dell’attesa, del passaggio e dell’accoglienza, e articolano i gesti
nelle diverse fasi dell’annunciarsi, aprire/chiudere la porta, riporre gli
accessori usati all’esterno, etc.
In realtà ciò che davvero distingue questo spazio e che gli conferisce valore in termini di luogo è però proprio il significato attribuito
al rapporto tra la luce e l’ombra, e naturalmente l’originalità con la quale è stato interpretato il ruolo degli apparati illuminanti esterni. L’originale effetto ‘isolante’ prodotto dalla luce, è potenziato dalla particolare configurazione del corridoio che si stacca formalmente dai piani superiori dell’edificio. Ne risulta uno spazio ‘in biblico’, quasi in sospensione tra l’esterno e l’interno, che non appartiene fino in fondo né
all’uno né all’altro, formalmente, funzionalmente e idealmente. Questo
spazio è luogo perché sa valorizzare il gesto, accoglierlo premurosamente, favorirlo e coadiuvarlo e perché suggerisce, attraverso i dispositivi fissi che mette a disposizione, precisi ritmi e precise ‘regole di
comportamento’ nel segmento di accesso.
191
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Fonti delle illustrazioni:
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Maison de Verre..., op. cit., 1988.
7. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La
Maison de Verre..., op. cit., 1988.
8. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La
Maison de Verre..., op. cit., 1988.
9. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La
Maison de Verre..., op. cit., 1988.
10. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La
Maison de Verre..., op. cit., 1988.
11. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La
Maison de Verre..., op. cit., 1988.
12. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La
Maison de Verre..., op. cit., 1988.
13. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La
Maison de Verre..., op. cit., 1988.
14. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La
Maison de Verre..., op. cit., 1988.
192
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
Raccolta dei disegni
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6
ALVAR AALTO, PENSILINA DI VILLA MAIREA
NOORMARKKU (FINLANDIA), 1938-39
1. Veduta esterna della pensilina d’ingresso
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
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La natura come connettore tra interno ed esterno
La pensilina d’ingresso di Villa Mairea è la traduzione, nel linguaggio dell’architettura, del ruolo protettivo e accogliente della natura.
La ‘prospettiva’ di Magritte, in cui il fuoco della composizione si concentra nella grande foglia che per sineddoche ha assunto le
sembianze dell’albero, verso la quale si orienta il ‘sentimento amoroso’, irrompe in un interno attraverso una porta sfondata. In Magritte
questo passaggio significa attraversare l’infinito, valicare la porta che
separa dal mondo reale e penetrare in un’altra dimensione. In Aalto, invece, il passaggio è una naturale continuazione di un mondo che è fuori, foresta, cielo, materia, ma che è anche un dentro: la natura partecipa dello spazio privato aaltiano, ne definisce i caratteri materici e formali, spesso ne detta le regole distributive.
“L’essenza del principio del Legno Grezzo è
che la semplicità originaria delle cose racchiude un potere naturale, un potere che si
deteriora e si perde con facilità quando quella semplicità viene alterata”
Benjamin Hoff, Il Tao di Winnie Puh, 1993
Si giunge al limitare del bosco di pini e betulle, si percorre un
ampio sentiero sterrato, e tra la fitta vegetazione, dopo poche decine di
metri si intravvede la sagoma di un edificio. Ci si avvicina lentamente,
salendo, accompagnati dalla rassicurante presenza degli alberi. La casa si
intravede a poco a poco, mano a mano che si sale, fino ad arrivare spontaneamente a un luogo ‘sicuro’, un riparo tra i rami degli alberi. La tettoia ha una forma sinuosa e organica, come quella di una strana macchia
d’olio, ed è sorretta da fasci di pilastri di legno disposti in modo apparentemente casuale e con forme e orientamenti espressamente naturali.
La continuità tra l’interno e l’esterno, mediata dalla presenza e
dalla protezione della natura, non è una novità in architettura. Questo tema viene proposto infatti in molti spazi d’ingresso. L’originalità di Aalto
sta nell’aver interpretato in forme moderne una tradizione che in realtà
esiste da sempre.
Lo stesso concetto lo abbiamo visto interpretato con altre modalità nella Glass House di Philiph Johnson (come annullamento della consistenza materica del margine) e nel basamento e nei gradini di Casa Farsworth e del Padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe (come spostamento del limite).
Nella ennis House Wright ha fatto un’operazione analoga a
quella di Aalto, utilizzando però strutture materiche e componenti naturali molto diversi. Egli raccoglie la materia dal mondo naturale, la lavora, la plasma e, in un certo senso, la progetta facendola filtrare attraverso la storia e la tradizione dei popoli, le loro tecniche costruttive, i
loro segni e i loro simboli.
Anche Aalto procede così, nel rispetto delle specificità dei materiali, degli alberi, dei fiori, dei colori e delle textures: il legno conserva le sue caratteristiche, il colore e la venatura, che la lavorazione non
altera. La pietra, i cespugli, tutto è, con un gesto semplice e spontaneo,
‘raccolto’ nel bosco e allestito nello spazio costruito, di cui costituisce
parte integrante e del quale sottolinea la presenza di uno spirito panico,
proprio nel punto di massima fragilità, cioè sulla soglia.
2. René Magritte, La prospettiva amorosa,
1935, Collezione privata
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
3. Veduta della pensilina rivestita di listelli di legno, sostenuta da fasci di pali di varie dimensioni e sezioni che danno continuità al paesaggio boschivo fitto di vegetazione ad alto fusto
4. Decorazioni naturalistiche e antropomorfe sulla soglia di una casa a Katmandu, Nepal
I molti schizzi di Aalto per la soluzione d’ingresso testimoniano di una grande ricerca intorno ai problemi formali ma anche tecnicocostruttivi. L’ambiente d’ingresso era inizialmente più compresso e rigido nella configurazione (si veda la soluzione con la pensilina di forma rettangolare e con angoli smussati sorretta da quattro pilastri su tre
angoli), poi via via la tettoia si è protesa verso l’esterno, definendo uno
spazio protetto più ampio.
Anche il disegno dei gradini è molto cambiato nel corso del
tempo: da una soluzione più geometrica, con pedate a grandi lastre rettangolari in pietra, Aalto è approdato per fasi successive a un progetto
più organico, con quattro gradini costituiti da piccole lastre di pietra tagliata a spacco letteralmente incastrate nella terra, in leggera pendenza.
Nella versione definitiva la pensilina copre quindi una superficie sopraelevata rispetto al piano strada, con pavimentazione ad opus
incertum, su cui poggiano i fasci di pilastri di legno che sostengono la
copertura. I fasci di esili pilastri sono tenuti insieme con un legaccio di
iuta, come la mano tiene il mazzo di stecchi colorati nel gioco dello
Shanghai.
La pensilina ha uno spessore di circa 35 cm e si compone di
due tettoie indipendenti tra loro. La prima è staccata dall’edificio, sorretta solo dai pilastri e in una posizione più bassa; la seconda è più alta, in aggetto dalla facciata, ha un unico punto d’appoggio in angolo.
La leggera sovrapposizione delle due parti e la loro sfalsatura di livel-
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
5-8. Vedute esterne da e verso l’ingresso
lo consente di illuminare fievolmente la zona d’ingresso proprio di
fronte alla porta e, all’uscita, di vedere il cielo attraverso la stretta fessura che viene a crearsi.
Aalto utilizza una forma organica molto simile a quella di Villa Mairea anche all’ingresso del Sanatorio di Paimio, ma con un ruolo
e uno sviluppo molto diversi. A Paimio, infatti, la superficie ‘protetta’
non è uno spazio omogeneo e ampio dove è possibile soffermarsi, ma
un sistema di connessioni (gradini e pianerottolo) che inducono a procedere oltre. La superficie della tettoia copre non solo questi elementi
ma anche lo spazio d’arrivo delle auto e protegge così i pazienti che raggiungono in macchina l’ingresso dell’ospedale.
Fin dall’antichità l’architettura ha valorizzato lo stretto legame
tra l’uomo e la natura attraverso diverse forme e rappresentazioni plastiche e allegoriche, al fine di ingrazirsi le forze incontrollabili degli
elementi, del vento, dell’acqua, del fuoco, e di preservare e proteggere così i luoghi più sacri.
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200
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
9. Schizzi di studio
L’interpretazione antropomorfa che Vincenzo Scamozzi dà agli
elementi che configurano lo spazio d’ingresso ripropone chiaramente
questo concetto: “le porte vengono ad essere di tre sorti; cioè principali, meno principali, & ordinarie, ò accessorie: le principali imitano la
bocca dell’animale, la quale si come la natura la fece nel mezo della
faccia, così l’Architetto deve collocare la porta principale, nel mezo
della faccia dell’edificio”1.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
10. Schizzi di studio
Anche in molte popolazioni preistoriche o arcaiche l’uso di una
iconografia legata agli elementi naturali aveva lo scopo di comunicare
con gli spiriti e con gli altri esseri non-umani, a cui per antropomorfismo venivano attribuite capacità e specificità umane. Uccelli, alberi sacri, fiori di proporzioni smisurate e coloratissimi si trovano sugli architravi e sugli stipiti di molte primitive soglie. Per esempio ai due lati dell’ingresso di una casa a Katmandu, in Nepal, sono dipinti occhi minacciosi a protezione dell’abitazione e sull’architrave sono tracciati dei
motivi religiosi. Ma la composizione è dominata dalla presenza di figure di uccelli, vasi con tralci, erbusti e fiori che testimoniano il bisogno di un contatto più stretto con la natura2.
Lo spirito che anima il progetto di Aalto è però diverso. Egli non
attribuisce al rapporto con la natura in generale e alla sua soglia in particolare precisi caratteri apotropaici, nè inserisce speciali iconografie o decorazioni con figure vegetali, floreali o animali, ma elabora un progetto
che esprime un modo di sentire lo spazio che è tipico del mondo nordico.
In Aalto l’impiego di materiali naturali come il legno e la pietra,
di forme organiche e di tecniche di lavorazione artigianali sono espressione di una grande sensibilità verso le necessità pratiche della gente, i loro usi, la disponibilità di materie prime e l’adeguamento alle condizioni
climatiche estreme.
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
11. Schizzi di studio
Nonostante ciò non si deve pensare che la soglia di Aalto sia
priva di significati simbolici, anzi. Chiediamoci quindi quali sono questi significati e, per concludere: è, questa soglia, un luogo?
Gli antichi riti di passaggio ci danno l’occasione per fare alcune considerazioni, per esempio, sul ruolo iniziatico della betulla, uno
dei legni più utilizzati da Aalto, non solo in questo progetto. Presso la
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
12. Schizzi di studio
popolazione primitiva dei Kancidali, l’uso della betulla è molto ricorrente: “subito dopo si portarono nella iurta dei rami di betulla, secondo
il numero delle famiglie. Ognuno dei Kamciadali prese un ramo per la
propria famiglia e dopo averlo piegato a forma di cerchio, lo fece attraversare due volte dalla moglie e dai figli. Questi, una volta usciti dal
cerchio, si misero a girare in tondo. Presso i Kamciadali questo si chiama purificarsi dalle proprie colpe”3.
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
13. Veduta del piccolo spazio-filtro tra la porta d’ingresso e l’atrio
interno
14. Veduta dell’atrio interno
“Risulta che la betulla è per i Kamciadali un albero sacro, impiegato nella maggior parte delle cerimonie, che depura e santifica.
Una volta purificati, gli individui possono entrare nella iurta, passando
attraverso la porta principale. Gli archi di betulle rappresentano il portico che separa il mondo sacro dal mondo profano”4.
La pensilina di Aalto più che purificare attraverso un rituale
sembrerebbe proteggere e accogliere con cura, e affidare allo spirito
che è nei tronchi, nelle fronde e nella foresta intera, il compito di difendere il visitatore dalla neve e dal freddo.
15. Veduta esterna di una delle porte secondarie della villa
Il dialogo di Aalto con il mondo della natura, sia nei progetti
edilizi che in quelli d’interni e negli oggetti d’arredo, sono costanti,
dialettici, sempre orientati a esplorare le potenzialità della materia, la
sua lavorabilità, i suoi limiti. Mai come in Villa Mairea, però, la componente naturale è stata messa in gioco in modo così letterale, sia nello spazio esterno dell’ingresso, quello protetto dalla pensilina, sia nell’interno, nel piccolo atrio e nel soggiorno, dove i pilastri, la scala, i rivestimenti, tutto parla della ‘natura che sta fuori’. Come se non si volesse mai lasciare il bosco, l’aria aperta, i suoi colori e i suoi materiali,
mai, nemmeno dopo essere entrati (e lo dimostra la grande vetrata che
‘apre’ il soggiorno verso la piscina e la boscaglia di pini).
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
205
Note:
1. Vincenzo Scamozzi, Dell’idea dell’architettura universale, Venezia, 1615, p. 318.
2. Sul significato apotropaico dell’arte primitiva si veda: J. Eibl-Eibensbeldt, Etologia umana, Bollati-Boringhieri, Milano,
2001, pp. 450 e segg.
3. S.P. Krascheninnikov, Histoire et description du Kamtchatka, Amsterdam, 1760, I,
pp. 130 e segg..
4. V.A. Van Gennep, I riti di passaggio, Bollati-Boringhieri, Torino, 1981, pp. 176-177.
16. Alvar Aalto sulla soglia della sua casa a Noormarkku
Nemmeno la piccola stanzetta di filtro, quella che si trova appena appena oltre la porta in legno dell’ingresso, chiusa tra due porte, sembra poter fare a meno di legarsi indissolubilmente con l’esterno, aperta
verso il cielo con un lucernario circolare che la illumina di luce diffusa.
Questo spazio non assolve alcun ruolo ‘depurativo’ o preparatorio e rappresenta solo il luogo in cui ci si pulisce e ci si toglie le scarpe, si ripongono i cappotti, ci si acclimata al tepore dell’interno e si ricacciano spifferi e folate di vento. Eppure la sua configurazione (la dimensione compressa, l’illuminazione zenitale, il tenue color crema delle pareti, l’essenzialità e la geometria dello spazio) si traduce in una esperienza spaziale
cui non si resta indifferenti.
La sequenza d’ingresso si riassume, quindi, in una successione di
spazi con caratteri diversi e in una articolazione di gesti: dal fuori, protetto dalla pensilina, davanti alla soglia, ampio per poter riporre gli oggetti e
gli indumenti pesanti o ingombranti; alla porta d’ingresso rivestita in listelli di legno, grande per accogliere amichevolmente e attrezzata con
spioncino per non ‘spalancare alla cieca’; alla piccolissima zona-filtro, di
decompressione; fino all’interno, quasi nel cuore della casa, dove un piccolo spazio, a questo punto sufficientemente schermato e difeso dal clima
rigido, accoglie il benvenuto ospite in un ambiente caldo e confortevole.
E’ piacevole soffermarsi brevemente in questo luogo. Non che ci
sia modo di sedersi davanti o presso la soglia, eppure ci si ferma, rapiti e
commossi.
Riferimenti bibliografici:
1. Göran Schildt (a cura di), The architectural drawings of Alvar aalto: 1917-1939,
Garland, New York, 1994, vol. X.
2. Peter Reed (a cura di), Alvar Aalto 18981976, Catalogo della mostra, Electa, Milano, 1998.
3. Karl Fleig, Alvar Aalto, Zanichelli, Bologna, 1978.
4. Leonardo Mosso, L’opera di Alvar Aalto,
Edizioni di Comunità, Milano, 1965.
5. Richard Weston, Villa Mairea: Alvar Aalto, Phaidon Press, Londra, 1992.
6. Richard Westo, Alvar Aalto, Phaidon,
Londra, 1995.
7. Scott Poole, ‘Elemental Matter in the Villa Mairea’, in: The New Finnish Architecture, Rizzoli, New York, 1992, pp. 18-27.
8. Göran Schildt, Alvar Aalto: The Complete Catalogue of Architecture, Design and
Art, Rizzoli, New York, 1994.
Fonti delle illustrazioni:
1. P. Reed (a cura di), Alvar Aalto 18981976, Catalogo della mostra, Electa, Milano, 1998.
2. G. Crepaldi, XX secolo Pittura, Electa,
Milano, 2001.
3. Karl Fleig, Alvar Aalto, Zanichelli, Bologna, 1978.
4. J. Eibl-Eibensbeldt, Etologia umana, Bollati-Boringhieri, Milano, 2001.
5. R. Weston, Villa Mairea: Alvar Aalto,
Phaidon Press, Londra, 1992.
6. R. Weston, Villa Mairea..., op. cit., 1992.
7. R. Weston, Villa Mairea..., op. cit., 1992.
8. R. Weston, Villa Mairea..., op. cit., 1992.
9. G. Schildt (a cura di), The architectural
drawings of Alvar Aalto: 1917-1939,
Garland, New York, 1994, vol. X.
10.G. Schildt (a cura di), The architectural...,
op. cit., 1994.
11. G. Schildt (a cura di), The architectural...,
op. cit., 1994.
12.G. Schildt (a cura di), The architectural...,
op. cit., 1994.
13.R. Weston, Alvar Aalto, Phaidon, Londra,
1995.
14.R. Weston, Alvar Aalto, op. cit., 1995.
15. R. Weston, Villa Mairea..., op. cit., 1992.
16.A. Cornoldi, L’architettura della casa,
Officina, Roma, 1988.
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA
Raccolta dei disegni
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7
LE CORBUSIER, CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUCHET
LA PLATA, (ARGENTINA), 1949
1. Veduta esterna del cancello d’ingresso. Il portale in cemento e la porta metallica
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET
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Lo spostamento del limite
Il cancello d’ingresso di Casa Currutchet è un esempio di sogliaoltre-la-soglia, in cui il vero ingresso dell’abitazione è spostato tutto verso
l’esterno e la tradizionale separazione tra il dentro e il fuori viene tradotta
nell’opposizione tra un esterno pubblico e un ‘privato ancora esterno’.
La casa occupa un lotto urbano con affaccio su strada, ed è delimitata su tre lati da muri di confine spartifuoco e sul quarto lato da un
ampio viale pubblico che costeggia il parco sul quale affaccia l’edificio.
Vi si accede superando una soglia ‘esterna’, un cancello ma anche una
porta, incorniciata da una struttura in cemento che genera una sorta di
nicchia, posta su un piccolo podio, luogo di attesa e di presentazione.
“Il cancelletto, con i suoi ricci e volute, è
quasi una postierla da cui si entra nella casa
con un percorso più discreto e meno formale: stridea l’uscio dell’orto. Infissi esternamente al muro del giardino che continua
la fronte, tra il cancelletto e la porta d’ingresso principale, sono un paio d’anelli di
ferro, del tipo detto campanella o sonaglio,
dove una volta si legavano le cavalcature,
ora le biciclette”.
Giorgio de Marchis, Dell’Abitare, 1998
Come nella ‘Casa’ di Botero anche qui la tradizionale posizione del varco di accesso sembra essere negata dall’uso inedito dello spazio e delle sue relazioni con l’uomo e con l’ambiente. Il personaggio
maschile nel dipinto, che sembra uscire dall’edificio, non si passa dall’usuale porta d’ingresso, ma da un punto laterale, come se il passaggio
fosse indifferente alla necessità di un varco e la porta fosse solo la rappresentazione di se stessa o il veicolo di un messaggio, di una indicazione sull’interno, non una struttura funzionalmente utile o indispensabile come è nella realtà.
La ‘Casa’ di Botero ci presenta un caso di spostamento del limite, solo percepito e immaginato nella sua localizzazione anomala.
Nel progetto di Le Corbusier le porte d’ingresso all’abitazione e
all’ambulatorio medico sono interne, non si vedono da fuori e non sono
significative in termini spaziali e compositivi. La soglia interessante è invece quella rappresentata dal cancello d’ingresso, una specie di porta-totem che ribalta la storica interpretazione della ‘porta come varco nel muro’: non c’è più, qui, la parete opaca e invalicabile, delimitante e protettiva dello spazio, ma una ringhiera metallica a maglie quadrate molto
larghe, che lascia intravvedere l’interno. La porta d’ingresso è l’esatto
opposto: trasparenza e apertura si trasformano in opacità e chiusura.
Le Corbusier rovescia le parti contrapponendo la massa muraria della porta alla recinzione diafana e immateriale.
Il portale è costituito da un’anta metallica incorniciata da una
struttura in cemento armato a vista molto spessa, la cui composizione
essenziale e compatta e la cui posizione rispetto allo spazio esterno e
allo stesso edificio ci inducono a fare alcune osservazioni.
Una prima considerazione va fatta in merito alla localizzazione del punto di passaggio, tutto esterno rispetto all’edificio, con un valore più urbano che residenziale, tale da istituire relazioni più col parco e con lo spazio pubblico che con la casa vera e propria. Lo spostamento del limite consente a Le Corbusier di trattare già come un interno lo spazio aperto che sta oltre il cancello da cui parte una rampa (come un corridoio in salita) che conduce agli ingressi veri e propri.
2. Fernando Botero, La casa, 1995
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET
3. Veduta esterna dal parco
4. Modello dell’edificio in cui sono riconoscibili i diversi elementi che compongono la facciata:
la copertura su pilotis, la parete brise-soleil, il portale d’ingresso
La sequenza cancello-rampa-porte d’ingresso ha una tale unità
e continuità, da rappresentare, a mio giudizio, la soglia-luogo che stiamo cercando.
Una seconda osservazione va fatta sulla forma della porta. Le
Corbusier progetta un punto di passaggio molto semplice, rigoroso nella sua geometria rettangolare, ma vi inserisce alcuni particolari che ne
rendono complesso il significato.
La porta è un’anta in ferro, liscia, con una semplice maniglia
metallica di geometria squadrata. Nient’altro. La cornice è una struttura in cemento a vista appoggiata su un piccolo podio rettangolare che
separa leggermente lo spazio dell’attesa da quello del movimento esterno e pubblico. La riquadratura della porta definisce un breve spazio,
profondo circa cinquanta centimetri, in cui è possibile fermarsi, protetti dall’architrave della porta. I due stipiti hanno una sezione trapezioidale e disegnano una specie di ‘spazio a imbuto’, un portale strombato
che fa confluire il movimento e concentra l’attenzione sulla porta d’ingresso. Questa geometria non prosegue all’interno, magari in direzione
opposta, ma si conclude con la porta metallica, quasi a definire l’ormai
avvenuto ingresso nella proprietà. Sul lato di destra si trovano un campanello e un citofono per comunicare con l’interno.
In questo progetto Le Corbusier conferisce totale autonomia
alle parti, all’anta, alla cornice, al podio, alla recinzione, alla rampa e
all’intera composizione del cancello rispetto alla facciata dell’edificio.
Per contrasto possiamo mettere a confronto questo ingresso
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET
5. Pianta del piano terra
con quello di Villa Savoye a Poissy, dove la porta (difficilmente individuabile all’esterno) è anonimamente ritagliata nella parete curvavetrata del piano terra, dove solo per intuito, dopo aver girato intorno alla casa, si deduce vi sia l’accesso.
Il cancello d’ingresso di La Plata è una presenza plastica, scultorea. L’ombra profonda ne sottolinea la geometria e fa risaltare la scabrosità delle superfici. Plastico è anche il trattamento del fronte principale dell’edificio, con la grande grata brise-soleil ‘appoggiato’ alla facciata di cui definisce il disegno complessivo.
Tutto il progetto sembra quindi risolversi nella varietà e articolazione dei rapporti tra i pieni e i vuoti, tra la luce e l’ombra, nell’incrocio delle linee orizzontali e verticali e nella scomposizione delle parti.
Un’ultima considerazione va fatta in merito al significato di
questa soglia, che, come abbiamo detto, definisce e supera la discontinuità tra il pubblico e il privato, piuttosto che tra l’esterno e l’interno.
Essa non è la tradizionale porta d’ingresso all’abitazione, e nemmeno
un semplice cancello a chiusura della recinzione esterna, ma rappresenta, a tutti gli effetti, il vero punto d’ingresso allo spazio privato, articolato internamente in giardino coperto, abitazione e studio medico.
Superato questo limite, si presenta al visitatore una ‘passeggiata architettonica’, un percorso articolato in rampe pedonali e carrabili, in
un patio coperto, alberi, aiuole.
Il punto dell’ingresso diviene il luogo significativo dell’accedere solo grazie alla presenza di pochi elementi importanti quali la piastra
(il ‘podio’) che delimita lo spazio e ne caratterizza la funzione sia rispetto alla strada pubblica che al patio interno coperto; il portale strombato, una specie di rivisitazione in chiave moderna dei portali ad anelli
delle cattedrali gotiche (qui l’effetto di profondità è generato dalla texture prodotta dalla disposizione verticale dei legni dei casseri in cui è
stato gettato il cemento piuttosto che dal complesso apparato scultoreo);
la porta in ferro che sottolinea l’importanza e il ruolo predominante di
controllo del flusso sul varco di passaggio, totalmente opaca rispetto alla recinzione che consente, invece, una totale permeabilità visiva.
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET
6, 7. Le Corbusier, Ville Savoye, Poissy,
Francia, 1929-30
8. Veduta esterna del cancello d’ingresso
L’uomo è accolto brevemente in questo spazio esiguo.
Il gesto è essenziale, ridotto alla comunicazione della presenza
del visitatore tramite il campanello e all’accesso.
Non è prevista l’accoglienza fisica, diretta, da parte del padrone di casa, che al più risponde al citofono, né la possibiltà di soffermarsi a dialogare.
Eppure ritengo che questa soglia, benché ‘spoglia’ nei suoi caratteri formali e decorativi, rappresenti un luogo significativo, per la
sua sua localizzazione su una inedita linea di confine tra il dentro e il
fuori, per i suoi caratteri figurali e plastici che la isolano rispetto al tutto e le attribuiscono un importante ruolo comunicativo e, infine, per la
creazione di una spazialità semplice ma articolata nel contempo (stret-
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET
9. Veduta della rampa che dal cancello conduce al livello di accesso dello studio medico e dell’abitazione privata
toia d’ingresso, podio sopraelevato, protezione tramite la copertura superiore) e di una complessa sequenza di gesti (si sale il gradino, si è
raccolti in uno spazio chiuso su tre lati, si suona e si parla al citofono
sulla destra, si afferra la maniglia e si apre la porta sulla sinistra).
Questa soglia è un luogo.
215
Riferimenti bibliografici:
1. Willy Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, Zanichelli, Bologna, 1987.
2. Le Corbusier. Project Roq and Rob, Requebrune - Cap Martin and other buildings and projects, 1948-1950, Foundation Le Corbusier, Parigi, 1984.
3. Giuliano Gresleri (a cura di), 80 disegni
di Le Corbusier, Alinea, Firenze, 1987.
4. H. Allen Brooks (a cura di), Le Corbusier
1887-1965, Electa, Milano, 1993.
5. Le Corbusier Carnets, Electa, Milano,
1982.
6. W. Boesiger (a cura di), Le Corbusier et
Pierre Jeanneret 1910-1929, Les Edition
d’Architecture, 1988.
7. François Choay, Le Corbusier, Il Saggiatore, Milano, 1960.
Fonti delle illustrazioni:
1. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, Zanichelli, Bologna, , 1987.
2. ‘Botero’, in: Le grandi monografie, Fabbri, New York, 1997.
3. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987.
4. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987.
5. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987.
6. M. Tafuri, F. Dal Co, Architettura Contemporanea, Electa, Milano, 1988.
7. A. Cornoldi, L’architettura della casa,
Officina, Roma, 1988.
8. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987.
9. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987.
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET
Raccolta dei disegni
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CARLO SCARPA, PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
VERONA (ITALIA), 1957-73
1. Veduta del percorso di accesso al Museo
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
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L’articolazione della forma genera il movimento
Il percorso di ingresso del Museo di Castelvecchio1 è una sequenza articolata di segni, di frammenti e di spazi; una successione di
passaggi e pause, che invitano ora al movimento ora alla sosta, alla ricerca e alla meditazione.
Si supera il fossato che separa il castello dalla città, calpestando l’antico legno del ponte levatoio e si entra nell’atmosfera pesante e
umida della torre d’ingresso. La sensazione è istantanea e brevissima.
Si è già fuori, all’aperto, e si cammina sulla ghiaia fine. Proprio di
fronte due siepi corrono parallelamente lungo l’asse longitudinale del
cortile e assorbono il leggero digradare del terreno da est a ovest, generando, all’altezza dell’occhio umano, una linea orizzontale che conduce lo sguardo a destra e a sinistra. Si vede la facciata del palazzo con
le finestre binate in gotico veneziano. Si vede la statua di Cangrande,
in una profonda frattura della fabbrica. E si vede l’ingresso, tutto spostato a destra. Oltre le siepi si percepisce un lieve rumore d’acqua in
movimento e si intravedono i piani, i volumi e i colori della pietra. Si
muovono pochi passi sulla ghiaia, che produce un rumore secco, fino
alle prime lastre di pietra rosa. Il percorso di ingresso vero e proprio
emerge dalla superficie indifferenziata della ghiaia, segnato dalla pavimentazione in pietra levigata e da un muretto su cui si può sostare a
riposare. Le lastre di pietra non sono tutte uguali, non tutte lisce, la superficie di alcune è tagliata a spacco, alcune sono bianche, altre rosa,
alcune molto grandi. Su questo percorso si susseguono siepi, basse vasche d’acqua, fontane, sculture, fino ad arrivare ad un muro che, piegandosi su se stesso, divide in due l’ingresso, supera il limite della porta vetrata e raggiunge lo spazio dell’atrio. In questo punto è come se
l’interno facesse capolino e invitasse il visitatore a penetrare il mistero dello spazio.
“Ogni soglia superata è un passo avanti
compiuto con grande fatica, ogni porta attraversata un gradino salito, in un eterno ricominciare, in cui la ruota dell’esistenza si
amplia e si alleggerisce, trascinando l’universo in un girotondo a spirale”.
O. Marc
Un dipinto di Beato Angelico raffigura una analoga articolazione spaziale e temporale. Il trittico di Perugia mette in scena una sequenza di eventi della vita di San Nicola (la Nascita, la Vocazione e l’Elemosina alle tre fanciulle povere), presentati tutti sulle soglie di diversi edifici. I luoghi di connessione tra l’interno e l’esterno, offrono all’autore l’occasione per ‘spiare’ azioni ed eventi, ma anche, e lo si scorge nelle figurina affacciata alla porta della chiesa in ultimo piano, per
introdurre un altro significato: essi non rappresentano solo le aperture
attraverso cui ‘guardare’ l’azione, ma anche un luogo in cui l’azione si
compie. Nella rappresentazione della consequenzialità e della contemporaneità dei gesti, si racconta di diverse soglie, portali, ante, cornici,
dislivelli, gradini, rapporti cromatici e luministici, una articolazione di
piani temporali, di situazioni e di eventi.
Come è leggibile nell’intero processo di progettazione del Museo di Castelvecchio, basato su una dialettica continua tra i momenti
della mano e i momenti del pensiero, anche nello specifico percorso
2. Beato Angelico, Trittico di Perugia con
storie di San Nicola, 1437, Roma, Pinacoteca Vaticana
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
3. Planimetria generale del castello
4. Veduta del percorso di accesso
d’ingresso si realizza una sintesi dei due ritmi della dinamica e della
statica, del movimento e dell’attesa, del lavoro e del riposo; e si dipana un itinerario di emozioni e di frammenti (gli attimi concessi alla natura, alle pietre, all’erba e all’acqua, raccolta e condotta in modo da
mostrarsi e da non disperdersi, o fatta scorrere in modo da rendersi
poeticamente sonora). Scarpa mette in scena un cerimoniale che inizia
appena si oltrepassa il ponte levatoio, con la visione d’insieme del cortile. Le dimensioni e le proporzioni di questo luogo ampio, arioso e
tranquillo trasportano il visitatore in un altro livello dello spazio e del
tempo, un’oasi lontana dai rumori della città e così vicina invece ai
suoni della natura e del fiume.
All’interno del cortile si è già all’interno del museo, alla presenza dell’arte e delle sue opere. Da qui Scarpa conduce il visitatore in un
tragitto non assiale, sottoposto a cambiamenti di livelli, di materiali, di
geometrie, di dimensioni, di tessiture e di colori che si svela di passo in
passo mostrando eventi e dettagli sempre più approfonditi.
Sembra la partitura musicale dei ‘Quadri di un’esposizione’ di
Musorgskij2, che traduce in suoni l’esperienza della visita alla mostra
di olii e acquarelli dell’amico architetto russo Victor Hatmann, allestita a Mosca nel 18743.
I ‘Quadri’ sono una composizione semplice, basata sull’alternanza di movimento e pause meditative, ma articolata da variazioni,
alterazioni, connotazioni timbriche che ogni quadro imprime al passaggio, come se questo lasciasse un’impronta di sè nel visitatore, la
memoria dell’esperienza della percezione artistica.
Una sequenza analoga si riconosce nel percorso di Scarpa: con
il movimento dell’incedere il visitatore accumula esperienze e informazioni diverse, fino ad arrivare alla sala d’ingresso, su cui gravitano molti ambienti e molte soglie. Il percorso scarpiano si riassume nella sintesi di passaggi e pause tra eventi naturali e opere d’arte, con rimandi, ritorni e ripetizioni, e in questo si può cogliere il carattere formativo del
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
5. Assetto primitivo del cortile con giardino all’italiana e percorso carrabile assiale
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6. Prima ipotesi di spostamento della statua del Cangrande presso l’ingresso all’estremità destra della facciata principale
‘progetto del movimento’ come del ‘progetto dell’architettura’ di Castelvecchio, che poggia sull’idea di lasciare al visitatore la libertà di
scegliere il proprio cammino e le relazioni da instaurare di volta in volta con lo spazio, con l’opera d’arte e con il dettaglio di architettura.
L’intervento di Scarpa modifica l’originario percorso d’accesso al museo (prima si accedeva a una sala al centro dell’attuale galleria delle sculture attraversando un ampio percorso sterrato che divideva in due un giardino all’italiana) spostandolo all’estremità destra del
fronte principale nord, per renderlo più complesso e movimentato. Il
cortile assume così una configurazione più unitaria e si trasforma in
una pecie di antica agorà, in cui il visitatore può muoversi liberamente tra le torri, le mura, i canali, le vasche specchianti, le siepi, i colori
e i materiali della natura e dell’architettura costruita.
Il movimento del visitatore non è lineare e rettilineo, ma segmentato in continue partenze e ritorni del corpo e della memoria, come
nel ‘Laberinto’4 di J.L. Borges, quello del Minotauro, dell’oscillare continuo tra incertezze e corse disperate, del procedere per prove ed errori,
del ritmo e della ripetizione. La metafora della respirazione sembra calzante: “come nell’ispirazione il torace si espande, così chi entra nel labirinto viene portato dapprima, con una sorta di respiro vigoroso, verso
l’interno, e poi, dopo l’espirazione, in prossimità del centro, viene condotto di nuovo verso l’esterno nella fase di successiva respirazione, e si
ritrova, dopo una nuova espirazione, al centro”5; o come il movimento
sviante del ‘Kleines Harmonisches Labyrinth’ di J.S. Bach, dove la varietà della struttura armonica, il numero delle modulazioni e delle tonalità toccate, provocano una momentanea perdita di orientamento nel nesso delle funzioni armoniche.
La lettura analitica dell’opera di Scarpa mette in luce i diversi
temi di cui abbiamo fin qui discusso.
Scomponendo l’itinerario in una successione di momenti del
gesto e nella sequenza di spazi (percorso di ingresso, spazio dell’attesa, porta/e, sala d’ingresso) si colgono interessanti particolari.
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
7. J.S. Bach, Kleines Harmonisces Labyrinth
8. Veduta del percorso di ingresso
Il percorso d’ingresso inizia con la sequenza di tre lastre quadrate in pietra di Prun di colore rosso, di dimensioni variabili e fiancheggiate da un basso muretto in calcestruzzo che racchiude la pavimentazione e fa confluire i visitatori verso i tre ingressi separati del museo, degli uffici e della sala Boggian. Quello in prossimità del muretto è
anche il primo spazio di sosta attrezzato, luogo di meditazione e di contemplazione della più vasta opera d’arte esposta (il castello) nella più
grande sala espositiva del museo (il cortile). Da questo punto il visitatore intravvede l’ingresso, scorge il percorso e le tappe per arrivarvi. Da
qui inizia una successione di tredici lastre in pietra levigata, di colore bianco (Biancone di Prun), di dimensioni 160x318x8 cm, intervallate da due
lastre più strette con superficie a spacco, di dimensioni 26x318x8 cm,
in corrispondenza dell’innesto dell’approdo a una piccola fontana.
Questo scarto dimensionale delle lastre in pietra evidenzia il compiersi di
un primo evento allegorico, la cerimonia dell’acqua: l’accedere alla fonte
per dissetarsi si trasforma in un rituale col semplice gesto di appoggiare un
solo piede su una pietra che pare galleggiare sull’acqua.
Superfici e linee spezzate, piani sovrapposti, mensole e sbalzi,
vassoi di pietra o di calcestruzzo e aiuole di varie forme e dimensioni caratterizzano lo spazio d’ingresso alla sala Boggian. Da questo punto parte una grande vasca d’acqua, poco profonda (sul modello dei giardini arabi), con la superficie dell’acqua a filo del pavimento. A questo specchio
d’acqua e alla grande fontana, ricollocata qui dalla sua sede originale sulla facciata nord, Scarpa offre una scenografia di fondo costituita da un
muro spezzato che nasconde parzialmente le porte di accesso degli uffici, per i quali crea un piccolo spazio di ingresso esterno schermato. Il percorso è in graduale salita, per cui in prossimità dell’ingresso il filo dell’acqua della vasca viene ad essere allo stesso livello del pavimento.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
9. Schizzi di progetto
Lungo il percorso cresce l’intimità di relazione con il luogo,
l’arte, la storia, e questo è leggibile per esempio nella riduzione dimensionale degli elementi, nell’aumentare delle soluzioni di dettaglio,
e nell’allestimento di un vero e proprio ‘interno’ delimitato da piani
orizzontali e verticali, presso la zona dell’ingresso. In questo spazio
non si può non rimaenere affascinati dall’originalità delle soluzioni
formali, materiche e cromatiche e dalla particolare interazione tra le linee semplici (le soglie, le congiunzioni tra le lastre, le discontinuità tra
i materiali) e le superfici bidimensionali (le pietre e gli specchi d’acqua, il prato, la ghiaia e le pareti verticali).
Nello spazio dell’attesa in prossimità dell’ingresso, la presenza di setti verticali (il muro passante attraverso il varco di entrata/uscita) e di volumi compatti (il sacello e il sarcofago) genera la sensazione di stare all’interno di una stanza all’aperto,
Il sacello (chiamato da Scarpa il ‘bunker’), dove sono esposti
preziosi reperti longobardi, consiste in un volume compatto che si protende verso l’esterno passando attraverso una apertura ad arco. Quasi
nascosto da un muro obliquo in calcestruzzo, è rivestito da blocchetti
di pietra di colori diversi (bianco, rosa e malva), di superfici scabre e
lisce, secondo un motivo decorativo ripreso da un quadro di Alberg.
Accanto al sacello si trova un sarcofago in pietra di colore rosa riccamente scolpito.
Il rapporto di vicinanza e il trattamento decorativo dei due volumi (la minuta istoriazione dell’uno e la geometrica configurazione
dell’altro) producono un immediato contrasto. Nella pavimentazione
di questa parte si leggono, invece, variazioni nel colore e nelle tecniche di lavorazione delle superfici, irregolarità nelle giunzioni tra le la-
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
stre e riduzione delle loro dimensioni, come se movimento da un lato
venissero posti gli ultimi filtri, e dall’altro si imprimesse urgenza e accelerazione.
10. Il percorso di ingresso. La fontana presso il percorso di accesso
11. Il percorso di ingresso. La lastra in pietra sulla vasca d’acqua, per appoggiare il
piede e accedere alla fontana
Nell’ingresso a Castelvecchio l’atto dell’accedere è separato
idealmente e fisicamente da quello dell’uscire, infatti il varco di passaggio unisce e separa i gesti attraverso la distinzione tra le due porte,
una per entrare e una per uscire, divise da un muro che svolta ad angolo retto alle estremità e che si protende verso l’esterno ad accogliere i visitatori e nel movimento dall’interno verso l’esterno, a dirigerli
verso l’uscita. In una prima soluzione il muro svoltava in modo da proteggere la porta d’uscita, con un carattere meno dinamico; successivamente Scarpa modifica il verso del ripiegamento al fine di generare un
ultimo breve spazio di attesa prima dell’accesso vero e proprio.
La divisione in due del varco d’ngresso sembrerebbe una reinterpretazione dell’epica frase di Alberto il Grande: “Vi erano, in Germania, bambini gemelli, di cui uno apriva le porte toccandole col suo
braccio destro e l’altro le chiudeva toccandole col sinistro”, che delinea la presenza di due esseri nella porta, di due direzioni di sogno e di
due significati simbolici6. L’atto umano viene tradotto in un evento cerimoniale e in una architettura che reinterpreta la labirintica esperienza del perdersi e del ritrovarsi al punto di partenza.
Facciamo ancora qualche considerazione sul significato della
distinzione tra i due movimenti di ingresso e uscita.
Otto Friedrich Bollnow, nel saggio ‘Mensch und Raum’, osserva: “Il doppio movimento dell’andare e del ritornare riflette una differenziazione dello spazio in due zone, quella interna più ridotta, circondata concentricamente da un’altra esterna più grande: l’una rappresenta il mondo intimo della casa, l’altra il mondo esterno, in cui l’uomo esce e da cui rientra. La distinzione tra le due zone è di importanza fondamentale per la strutturazione dello spazio esistenziale”7.
Questo concetto è portato alle estreme conseguenze, amplificato nel valore formale ed espressivo, nelle porte urbane di Michele
Sanmicheli. Nella Porta Palio di Verona i due fronti, quello rivolto al
centro urbano e quello rivolto alla campagna, presentano un trattamento decorativo e materico molto diversi. Nel progetto c’era la volontà di trasmettere una informazione sull’oggetto, sul suo ruolo e sul
suo significato: chi si muoveva dalla campagna verso la città si trovava davanti a una porta classica, di nobili paramenti marmorei, in stile ionico, leggero ed elegante, di composizione rigorosa ed equilibrata; chi,
al contrario, giungeva ai margini del centro e andava verso la periferia
oltrepassava un pesante portale bugnato, in stile dorico, di grande effetto plastico, esaltato dalle ombre e dalla matericità della pietra grezza.
Questa porta esprime la doppia immagine della vita: da una
parte quella cittadina, raffinata e colta, dall’altra quella agreste, semplice e rozza.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
12. Veduta del percorso con la meridiana e la grande vasca d’acqua in primo piano
Nel muro che divide in due il varco Scarpa sottolinea il doppio
senso e il doppio significato del movimento anche con una differenziazione del colore nelle due facce: quella rivolta verso l’entrata è grigia e
quella rivolta all’uscita è di colore nero Germania. Il tempo ha contribuito a sottolineare la diversità, tanto che oggi la faccia d’entrata, dilavata dall’acqua piovana e dalle colature di ruggine, presenta una sfumatura rosata, in contrasto con il lato nero, meno battuto dal sole e dall’acqua, dove si è fissata una patina opaca.
Lo ‘stare in mezzo’ del muro, sospeso tra un dentro e un fuori, mette il luce altro aspetto nell’opera scarpiana, cioè il senso di continuità, che ritroviamo anche nel percorso di ingresso alla Fondazione
Querini-Stampalia a Venezia. E’ l’acqua ad accompagnare il visitatore, e a stabilire gli elementi e le regole della composizione (il ponte, la
vetrata, la vasca di pietra). Questo tema si coglie anche nell’originario
portale del palazzo storico, oggi non utilizzato come accesso. Per questo varco Scarpa progetta un cancello che si apre a livello del canale e
accoglie l’onda della marea. Così l’acqua può raggiungere le canalizzazioni liberamente, secondo il naturale ciclo lunare.
Come qui, anche a Castelvecchio i punti passaggio sono delicati, e Scarpa li studia in molte, moltissime varianti. Significativi, al riguardo, sono gli schizzi di studio del muro e della porta d’ingresso. A
un certo punto, infatti, compaiono alcuni disegni con una doppia bussola per ciascuna delle due porte del varco d’ingresso e con un particolare paramento decorativo del muretto, con tessere di marmo colorato simili a quelle usate per il sacello.
Alla fine si è abbandonata l’idea delle bussole e si è optato per una
rifinitura a calce rasatapiù simile a quella degli interni, trattati con gli stessi materiali. Scarpa chiude il varco con una doppia porta vetrata, con un
telaio d’acciaio rivestito da tavole di larice smussate agli angoli, in modo
13. Il varco di passaggio
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
14. Lo spazio dell’attesa. Il sacello e il sarcofago
15. Il varco di passaggio. Interno
da lasciare in vista la struttura metallica. Il disegno del telaio riprende i ritmi verticali della facciata e conferisce alle vetrate un grande dinamismo.
16. Michele Sanmicheli, Porta Palio, Verona, c. 1549
La sala d’ingresso, spostata dal centro della facciata nord all’angolo destro del cortile, è un ambiente di forma quadrata, con una distribuzione spaziale complessa, sintesi di percorsi, di porte e di attrezzature di servizio (biglietteria, bookshop e deposito bagagli). Su questo
spazio gravitano ben quattro soglie, oltre alle due di entrata e uscita:
una che dà accesso alla galleria delle sculture, una che introduce alla
piccola saletta in spessore di muro, una che porta alla biblioteca e, infine, una che all’uscita, a conclusione della visita. Ognuna di queste
soglie è sottolineata da elementi diversi:
a) il portale della galleria delle sculture, ad arco, con due grandi lastre in
pietra di Prun rosa finite a spacco, e appoggiate verticalmente ai lati
del varco, ha una pavimentazione in riquadri di calcestruzzo frattazzato a staggia e lisciato con liste in pietra di Prun. La discontinuità della linea di soglia, data da una differenza di quota tra il piano di pavimento dell’atrio e quello della galleria, è assorbita da una sequenza di
livelli sfalsati nello spessore del muro. Le lastre della pavimentazione non si concludono a ridosso della parete, ma rimangono leggermente staccate da questa, incorniciate da un cordolo di marmo bianco che sottolinea la forma chiusa, una costante dell’opera scarpiana;
b) la nicchia, ricavata nello spessore del muro proprio di fronte all’entrata, è leggermente compressa e rialzata, uno spazio angusto da cui
è possibile scorgere il fiume. A questo spazio si accede tramite una
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
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17. La sala d’ingresso. Le quattro ‘soglie: il portale ad arco della galleria delle sculture, la porta sagomata della nicchia, la scala in pietra della galleria dei dipinti, i gradini di accesso alla biblioteca
porta sagomata, con una soglia a gradino ritagliata nella mezzaluna
della parete. E’ un semplice luogo di sosta e di riflessione, e uno dei
momenti più poetici del museo;
c) la scala in pietra che collega la galleria dei dipinti al primo piano con
l’ingresso e chiude il percorso espositivo, è schermata da un pannello a gradoni e dal corpo del radiatore. In questo punto si può scegliere se ritornare alla biglietteria e al bookshop o se uscire direttamente. Nella prima ipotesi si supera un altro dislivello di circa venti centimetri risolto con un gradino ricavato da un unico blocco di
marmo rosso, di composizione asimmetrica e a sbalzo;
d) l’ingresso alla biblioteca è sottolineato da un altro gradino di marmo
rosso sagomato con riquadri rettangolari di dimensioni diverse (una
rappresentazione della diversa pressione esercitata sulla superficie
della pietra nell’atto del salire col piede destro e con il sinistro).
Per concludere, alcune riflessioni e un ultimo interrogativo rivolto a Scarpa ‘sulla’ soglia: che senso ha l’ingresso al Museo di Castelvecchio? Cosa vuole dire o rappresentare?
Note:
1. Rimando alle opere monografiche gli approfondimenti sul progetto scarpiano.
2. L’opera fu scritta in origine da Musorgskij
per pianoforte e orchestrata nel 1929 da
Maurice Ravel.
3. I quadri sono dieci e intervallati da un tema,
la passeggiata (Promenade), che accopampagna il visitatore lungo le sale dell’immaginaria pinacoteca. Questo tema non si presenta
però sempre uguale: nel corso dell’Esposizione esso subisce delle variazioni, come se il
bagaglio culturale ed emotivo del visitatore
crescesse di quadro in quadro, tanto da modificare il ritmo della percezione nel passaggio
lungo le diverse tappe, fino ad arrivare all’ultimo quadro, ‘La grande Porta di Kiev’ (che
descrive una monumentale soglia urbana),
con una musica violenta e inarrestabile,
un’ultima corsa del visitatore verso l’epilogo
trionfale, l’apoteosi dell’ingresso. Il passaggio si compie qui.
La visione dei dipinti si completa nella piena
soddisfazione del loro fruitore e la raggiunta
meta è effigiata nell’immagine della porta
monumentale.
4. J.L. Borges, ‘Laberinto’, in: Elogio de la
sombra, Emecé Editores, S.A., Buenos Ai-
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
res, 1969: “No habrá nunca una puerta.
Estás adentro y el alcázar abarca el universo / y no tiene ni anverso ni reverso / ni
extrerno muro ni secreto centro. / No esperes que el rigor de cu camino / que tercamente se bifurca en otro, / que tercamente
se bifurca en otro, / tendra fin. Es de hierro tu destino / como tu juez. No aguardes
la embestida / del toro que es un hombre y
cuya extraña / forma plural da horror a la
maraña / de interminable piedra entretejida. / No existe. Nada esperes. Ni siquiera /
en el negro crepuscolo la fiera.”
Si veda anche ‘El laberinto’, dove è citato
il movimento lungo le circonvoluzioni interne del Labirinto di Creta: “[...] sigo el
odiado camino / de monótonas paredes /
que es mi destino. Rectas galerías que se
curvan en círculos secretos / al cabo de los
años. Parapetos / que ha agrietado la usura de los días. ...”
5. Hermann Kern, Labirinti. Forme e interpretazioni. 5000 anni di presenza di un archetipo, Feltrinelli, Milano, 1981.
Questo movimento è descritto anche in un
manoscritto dell’XI secolo da una poesia
che accompagna il disegno di un labirinto
attribuito a re Salomone. Un passo, significativamente, recita: “Il labirinto ha una
porta disposta obliquamente e difficilmente
accessibile: / Per quanto tu corra, se dall’esterno vuoi affrettarti a raggiungere il centro, / di altrettanto ti riporta, con i suoi
compatti meandri, / dalle spire più interne
a quelle più lontane”.
6. Si veda: Gaston Bachelard, La poetica dello
spazio, Dedalo, Bari, 1975, p. 245.
7. O.F. Bulluow, Mensch und Raum, Stuttgart, 1963, p. 81.
Riferimenti bibliografici:
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Arrigo Rudi), Arsenale Editrice, Venezia,
1991.
2. Guido Beltramini, Kurt W. Foster, Paola
Morini (a cura di), Carlo Scarpa. Mostre
e musei 1944-1976. Case e paesaggi
1972-1978, Catalogo della mostra, Electa, Milano, 2000.
3. B. Albertini, S. Bagnoli, Scarpa. L’architettura nel dettaglio, Jaca Book, Milano,
1988.
4. Sergio Los, Carlo Scarpa: an architectural guide, Arsenale, Venezia, 1995.
5. Maria Antonietta Crippa, Carlo Scarpa:
il pensiero, il disegno, i progetti, Jaca
Book, Milano, 1984.
6. Carlo Scarpa, A+U Publ., Tokyo, 1985.
7. Ada Francesca Marcianò (a cura di), Carlo
Scarpa, Zanichelli, Bologna, 1984.
8. L. Magagnato, ‘Cangrande della Scala a
Castelvecchio di Verona’, in: M. Gamberi e A. Piva (a cura di), L’opera d’arte e
lo spazio architettonico, Milano, 1988,
pp. 49-58.
9. C. Hoh-Slodczyk, Carlo Scarpa und das
Museum, Berlino, 1987, pp. 90-103.
10. Alba di Lieto, ‘Alcune note sui materiali
del restauro di Scarpa a Castelvecchio’ in:
Civiltà veronese, 7, 1987, pp. 75-82.
11. L. Magagnato, ‘Il museo di Castelvecchio
e la continuità dei criteri museologici, in:
G. Rezzonico (a cura di), Museo oggi,
Milano, 1986, pp. 122-129.
18. Carlo Scarpa, Fondazione Querini-Stampalia, Venezia, 1961-63
La soglia di Scarpa va letta in termini spaziali come successione di ‘ambienti’ che connettono dentro e fuori, e congiungono il
mondo della natura e quello dell’operare artistico. La porta che segna
il definitivo accesso all’edificio non rappresenta ciò che separa, ma ciò
che unisce i due mondi, non li recide ma li collega; e il percorso che
scandisce il suo raggiungimento si sviluppa per tappe e produce un
senso di coinvolgimento. In un certo senso esso contribuisce anche a
educare il visitatore, come avviene in un processo didattico di lenta e
paziente trasmissione del sapere tramite suggerimenti e rimandi, delusioni e conquiste, evoluzioni e ritorni.
La frattura che si rileva nei punti nevralgici del passaggio va
quindi letta non come separazione, ma come continuità tra due momenti diversi ma intimamente legati. Questo tema, che è in realtà un problema di progettazione, del confine e della connessione tra due territori, è
ricorrente nell’opera di Scarpa, quindi ne è pertinente la ricerca e l’analisi: Scarpa usa i punti di soglia come espedienti per approfondimenti di
dettaglio e ricerche sul significato delle relazioni tra gli spazi architettonici. Nella soglia di Castelvecchio sono presenti molti di questi espedienti, li abbiamo visti: setti che ‘forano’ pareti e oltrepassano varchi,
volumi che si pongono a metà tra la linea dell’essere-dentro e dell’essere-fuori, separazioni di gesti (entrare e uscire) e unificazione di spazi
(porta di ingresso e porta di uscita), sequenza di eventi, ciclicità del movimento, andate e ritorni, tempi per incedere e tempi per fermarsi. La soglia è quindi cerniera, gesto e cerimonia. Il punto in cui si manifesta la
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
19. Carlo Scarpa ‘sulla’ soglia della Fondazione QueriniStampalia, Venezia
drammaticità del rito e la tensione del luogo che accoglie il cambiamento di stato.
Vista l’importanza e il significato attribuiti al gesto del passare, ogni passaggio in Scarpa è quindi un luogo notevole che egli sottolinea e fa risaltare; e ogni passaggio, restringimento o strozzatura, si
trasforma in un punto magico, oltrepassato il quale non si è più gli stessi (la ricchezza dei dettagli, dei segni e dei materiali preziosi utilizzati
ne sono testimoni). E in risposta al passaggio vi è sempre una pausa,
un guidato distacco momentaneo dell’attenzione, una brezza, un istante per divagare.
Il percorso di ingresso al Museo di Castelvecchio sembra suggerire ai suoi visitatori di procedere con calma, di concedersi il tempo
della pausa e del silenzio, senza fretta, per comprendere, assimilare e
apprezzare; e per assaporare ciò che il luogo, la natura e l’arte hanno
disseminato lungo il cammino. Perché solo dopo aver raggiunto una
sufficiente sensibilità artistica, allora saranno in grado di avvicinarsi
all’arte. Quindi di entrare.
231
12. S. Marinelli, Museo di Castelvecchio,
Verona, Venezia, 1983.
13. AAVV, Carlo Scarpa et le musée de Verone, Catalogo della mostra, Institut Culturel Italien de Paris, Parigi, 1983.
14. L. Magagnato, ‘Il museo di Scarpa: il percorso museografico del Castelvecchio di
Verona’, in: Lotus International, 35, 1981,
pp. 75-85.
15. L. Magagnato (a cura di), Carlo Scarpa a
Castelvecchio, Catologo della mostra, Milano, 1981.
16. S. Esposito, ‘Carlo Scarpa a Castelvecchio. Ineffabilità e correlazione’, in:
Casabella, 483, 1981.
17. AAVV,
‘Carlo
Scarpa. Frammenti
(1926/1978), in: Rassegna, 7, 1981, a. III,
pp. 30-34.
18. F. Tentori, ‘Carlo Scarpa’, in: Casabella,
443, 1979, p. 2.
19. A. Piva, La fabbrica di cultura. La questione dei musei in Italia dal 1945 ad oggi, Milano, 1978, pp. 44-51.
20. AAVV, ‘Carlo Scarpa. Castelvecchio Museum’, in: SD Space Design, 6, 1977, Tokyo, pp. 110-117.
21. M. Brusatin, ‘Carlo Scarpa architetto Veneziano’, in: Controspazio, 3-4, 1972, pp.
72-73.
22. R. Chiarelli, L. Magagnato, Castelvecchio e
le Arche Scaligere, Firenze, 1969.
23. H. Kiel, ‘Verona. Museo di Castelvecchio’,
in: Pantheon, Internationale Zeitschrift
für Kunst, Monaco, 1966, p. 134.
24. AAVV, ‘L’opera di Carlo Scarpa al Museo
di Castelvecchio a Verona’, in: Domus,
369, 1960, pp. 39-53.
Fonti delle illustrazioni:
1. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994.
2. I maestri del colore. Beato Angelico, F.lli
Fabbri, Milano, 1977.
3. G. Beltramini, K.W. Foster, P. Morini (a
cura di), Carlo Scarpa. Mostre e musei
1944-1976. Case e paesaggi 1972-1978,
Catalogo della mostra, Electa, Milano,
2000.
4. R. Murphy, Carlo Scarpa e Castelvecchio,
(ed. ital. a cura di Alba di Lieto e Arrigo
Rudi), Arsenale Editrice, Venezia, 1991.
5. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991.
6. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991.
7. H. Kern, Labirinti. Forme e interpretazioni. 5000 anni di presenza di un archetipo,
Feltrinelli, Milano, 1981.
8. M.A. Crippa, Carlo Scarpa: il pensiero, il
disegno, i progetti, Jaca Book, Milano,
1984.
9. G. Beltramini, K.W. Foster, P. Morini (a
cura di), Carlo Scarpa..., op. cit., 2000.
10. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994.
11. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991.
12. S. Los, Carlo Scarpa: an architectural
guide, Arsenale, Venezia, 1995.
13. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994.
14. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991.
15. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991.
16. L. Puppi, Michele Sanmicheli architetto.
Opera completa, Laliban, Roma, 1986.
17. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991.
18. R. Murphy, Querini Stampalia Foundation:
Carlo Scarpa, Phaidon, London, 1993.
19. R. Murphy, Querini Stampalia Foundation:
Carlo Scarpa, Phaidon, London, 1993.
232
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
Raccolta dei disegni
233
9
LEONARDO SAVIOLI, BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
GALLUZZO, FIRENZE (ITALIA), 1966
1. Veduta esterna del percorso-ponte, del patio aperto e della bussola vetrata
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
237
La dimensione umana e lo spazio esistenziale
La bussola d’ingresso dello Studio di Leonardo Savioli è una
piccola stanza di cristallo in cui si compie il passaggio fisico dell’uomo nello spazio interno e rappresenta, su un piano simbolico, la preparazione all’incontro intimo dell’uomo con l’operare artistico.
Si tratta di un volume di vetro completamente trasparente, che
circoscrive uno spazio di circa un metro quadrato e di un’altezza di poco più di due metri, incastrato, come una pietra preziosa su una montatura, nel fronte di accesso dell’edificio, proprio in fondo a un percorso diagonale che collega la strada con l’interno della proprietà.
“C’è un portone di un lungo viale che porta,
in discesa, alla casa di ..., a cui facevo visita
tutte le sere. Poi lei ha traslocato e da quel
momento ho avuto davanti il vano del portone come un orecchio che abbia perso l’udito”.
Walter Benjamin, Strada a senso unico
L’ingresso nella ‘Cabina dei bagni’ di Maurice Denis, definitivamente sancito dai due gesti del piede che supera la linea di soglia sul
pavimento e della mano della bambina che appoggiandosi allo stipite
della porta, aiuta e guida l’incedere, e incorniciato dagli stipiti di una
porta spalancata che contiene le sagome dei due bambini in attesa,
esprime il significato profondamente umano dell’apertura di un varco
nella parete e dei gesti che questo fatto promuove.
L’uomo è il protagonista principale e ineliminabile.
In sua assenza verrebbe meno il ruolo della soglia. Se non vi fosse il bisogno di accedere (imposto dalla fisicità dei corpi) di proteggere, di limitare e di delimitare non vi sarebbero varchi, soglie e porte.
L’umanità della soglia è quindi un aspetto fondamentale sotteso alla
costruzione stessa del passaggio.
La bussola di Savioli esprime coscientemente questa necessaria
umanità, attraverso la dimensione contenuta dello spazio e la valorizzazione del gesto che essa promuove.
Si accede alla proprietà da un varco aperto nel muro di cinta; si
supera la bassa catenella che separa il parcheggio dal giardino. Non ci
sono monumentalità né costruzioni scenografiche: semplicemente, con
naturalità, si giunge a una passerella a sbalzo incastrata nel breve digradare della collina, leggermente sopraelevata da terra, circondata dagli ulivi, invasa dalle fronde. E’ un sentiero costruito nel bosco, lastricato in mattoni rossi di cotto fiorentino e bordato da due cordoli in pietra bianca che conduce a un piccolo patio all’aperto, i cui margini sono segnati da un alto muro (quello che contine e la rampa che collega
questo con il piano dell’abitazione), dal fronte dello studio e da barriere naturali di alberi ad alto fusto. E’ uno spazio intimo, protetto e accogliente, dove la presenza della grande vasca d’acqua circolare, di
un’aiuola e degli stessi alberi, introduce il tema della relazione tra natura e artificio.
Il percorso-ponte approda qui seguendo una direzione lievemente inclinata, definita dal leggero digradare della collina su cui poggia la passerella. Dal percorso si gode di una magnifica vista sul paesaggio circostante, mentre ci si avvicina discretamente allo studio, che
2. Maurice Denis, La cabina dei bagni,
1913-15
238
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
3. Veduta del patio esterno con la vasca d’acqua in primo piano
4. Veduta esterna del fronte d’ingresso con la bussola vetrata
era per Savioli un rifugio, una seconda casa, da accudire e da vivere
pienamente. Savioli stesso racconta in più occasioni del suo intimo
rapporto con lo spazio di lavoro e dei significati sottesi al suo operare
artistico. Egli racconta di essersi recato quotidianamente in questo studio, anche senza ispirazione, solo per ‘essere a disposizione’ dell’ispirazione. Scendere da casa per recarsi al lavoro è per lui un gesto semplice e naturale, uno spostamento breve ma significativo, come significativi sono il luogo del lavoro e l’ambiente che lo circonda.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
5. Disegni di progetto. Planimetria genereale e fronte d’ingresso
L’ingresso è in posizione decentrata rispetto al fronte dell’edificio, inserito nella collina su cui sorge l’abitazione ma traslato più in
basso cosicché il prato intorno alla casa funga da copertura, e di scorcio rispetto alla direzione del percorso-ponte. Savioli lo inserisce qui
come un ‘oggetto’ autonomo e smaterializzato.
La bussola ha pareti completamente vetrate sulle facce frontali,
sulle quali sono ritagliate due porte in vetro, una esterna e una interna,
mentre su quelle laterali vi è una lastra metallica verniciata di nero fino a un metro di altezza, poi vetro. Il pavimento è leggermente rialzato su un basamento alto circa cinque centimetri, rivestito con lastre di
pietra del Cardoso nera tagliata in figure geometriche triangolari, il cui
disegno direziona il movimento dall’esterno verso l’interno. Inoltre, il
volume della bussola si ‘stacca’ dal soffitto tramite un distanziatore in
profilato metallico nero.
Come detto, Savioli innesta questo corpo vetrato nel muro perimetrale (frammentato in finestre, aggetti e piccole nicchie) e, nel far questo,
le conferisce dignità e riconoscibilità in quanto ‘stanza’ indipendente.
L’immagine complessiva che se ne ha è quella di un oggetto autonomo rispetto all’edificio in cui è inserito, dotato di una spazialità e
di un linguaggio propri. Per questo e per la scala umana su cui si con-
239
240
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
6. Veduta dall’interno verso l’esterno
7. Veduta esterna della bussola
figura, la bussola riassume l’idea di spazio di Savioli, slegato “dalla
funzione, dalla struttura, dalla distribuzione stessa dell’edificio, ma ricondotto [...] a una immagine più astratta, potrei dire quasi aprioristica ed intenzionale dello spazio; spazio non in senso strettamente costruttivo, ma piuttosto in senso esistenziale”1.
E’ una parte autonoma rispetto al tutto, leggibile come piccola
teca espositiva di se stessa o dell’uomo che, al pari di un oggetto prezioso, vi abita nel breve istante in cui ‘passa’. A sottolineare il desiderio di Savioli di “fare un’architettura come un allestimento”, questo
spazio diviene il luogo dell’esporre, ma anche, sintomaticamente, rappresenta l’opera architettonica che si autoespone e si offre alla percezione, segnala una funzione (connettere l’interno con l’esterno), accoglie un gesto (accedere) e sottolinea un valore emozionale (essere accolti ‘con cura’). Perciò quella che stiamo studiando non è solo una generica bussola d’ingresso, ma, per le sue dimensioni, per la geometria,
per i materiali utilizzati, è prima di tutto un luogo, un luogo che esaurisce, potenzia e significa il semplice atto umano dell’entrare.
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
241
Vediamo come il luogo mette in scena tali caratteri e di quali
ruoli è investito.
La funzione segnaletica (dell’accedere dell’architetto, della moglie
Flora, di un amico, di un cliente) è svolto da un volume ‘a sbalzo’ tra l’interno e l’esterno e dal vetro, materiale trasparente di qualità specialissime,
riflettenti e astratte, che conferisce alla bussola una sorta di immaterialità.
Il carattere formativo, prepartorio al contatto con l’interno, è reso dalla dimensione ridottissima dello spazio che trasforma la funzione connettiva in un momento intimo di raccoglimento, in una pausa in
attesa, nell’impossibilità di fare alcunché se non semplicemente, umanamente, ‘passare’. Al più: aprire, chiudere, sostare, e, di nuovo, come
gesti ripetuti di un rituale, aprire, richiudere, entrare.
Infine, il valore emozionale, reso, ancora una volta dalle dimensioni contenute e protettive della bussola, che avvolge l’uomo, soggetto
del gesto e oggetto dello spazio, attribuendogli uno straordinario valore.
La bussola, spazio espositivo e ‘spazio di coinvolgimento’2, trova un motivo d’essere nell’idea di Savioli di raggiungere unità di ‘forma-funzione’, ‘forma-colore’ e ‘forma-materia’, nell’ipotesi che la
forma sia spazio concreto, reale, da vivere e da invadere completamente. Uno spazio umano, per l’appunto, che deve plasmare il movimento dell’uomo e a sua volta esserne plasmato, quello che Carlo De
Carli definisce ‘spazio primario’, “lo spazio del gesto autentico e semplice, di apertura agli altri e al mondo”3.
In Savioli c’é quindi una fìgrande attenzione per il gesto umano,
per i bisogni di ambienti e attrezzature che esso esprime e per la loro
qualità spaziale. Registrando, come d’abitudine, immagini e fatti di vita, Savioli dice, in un passaggio: “A volte, quando non so che fare,
spinto dal caso o dalla necessità, mi trovo alla Certosa. Visito le celle.
Qui un’etica è diventata un’estetica. Resto sempre stupito di fronte alla purezza di un gesto: la mano, il braccio ribalta contro la nicchia della parete il piano del tavolo, dove il monaco scriveva, mangiava”4.
Si tratta di arredi semplici, poche cose. Sono l’umanità e l’essenzialità del gesto ad essere ineliminabili. Il resto è accessorio.
Sintomaticamente la bussola d’ingresso allo studio Savioli non
accoglie, non può e probabilmente non vuole, accogliere se non questo, l’uomo.
La poetica di Savioli, estesa a tutta la sua produzione artistica,
basata sulla dimensione umana e sullo spazio emozionale, è verificata
anche qui. E lo spazio emozionale, pregno di valori e di significati, è il
veicolo delle relazioni dell’uomo con la natura e con la storia, come
sottolinea più volte Savioli, sollecitando i suoi studenti ad “imparare
ad osservare minutamente tutti i particolari, sia della natura, sia dell’architettura, delle persone del passato e del presente”5. L’elementouomo (elemento in quanto componente del processo di progettazione e
8. Veduta della passerella che congiunge l’ingresso carrabile con il patio. In fondo si intravvede la rampa che conduce all’abitazione
242
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
9. Veduta interna della parete in cui è inserita la bussola vetrata
dell’opera di architettura vera e propria) diviene l’ineliminabile soggetto-oggetto dello spazio, fruitore e generatore autentico.
L’esiguo spazio della bussola accoglie e raccoglie entro i suoi
margini, esperiti fisicamente al tatto, anche se smaterializzati dalla trasparenza del vetro. Analogamente a quanto accade negli ingressi degli
igloo, dove l’abitante, strisciando sul pavimento e sulle pareti del corridoio di ghiaccio, strettissimo per proteggere dal freddo e dai venti polari, accede a un ambiente interno dove ‘tutto è a misura d’uomo’, anche nella piccola ‘stanza trasparente’ della bussola, l’esperienza dell’accedere è emozionante. Anche dal punto di vista della percezione
simbolica: essa accoglie una fase riflessiva, catartica e preparatoria all’ingresso nella ‘stanza del lavoro e dell’arte’.
Interessante, a questo proposito, è la lettura di un passo di André
Gide, che ci aiuta a spostare il tema della ‘misura’ su un piano allegorico. Gide traspone la biblica ‘porta stretta’ della retta via, nell’immagine onirica della ‘porta stretta’ descritta dal protagonista della sua opera: “E io vedevo quella porta stretta dalla quale bisognava sforzarsi di
entrare. Immerso nel mio sogno, me la raffiguravo come una specie di
fessura in cui mi introducevo con sforzo, con un dolore straordinario al
quale tuttavia si univa come un presentimento della fisicità celeste. E
quella porta si identificava con la porta della camera di Alissa: per entrarvi mi facevo piccolo e mi liberavo dagli ultimi residui che c’erano
in me di egoismo”6.
La soglia descritta è umana, psicologica, anche fisica o sessuale.
In essa vi riconosciamo almeno due significati importanti che ci aiutano a comprendere la scala umana della soglia-spazio di Savioli. In Gide, il ‘farsi piccolo’ dell’uomo che si adatta alle dimensioni di un var-
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
co costruito nella mente, sembra raccontare il senso di intimità e di accoglienza della bussola del Galluzzo; e il ‘liberarsi’ descrive gli effetti
di un processo di catarsi e di iniziazione, ricorrente nei simbolismi del
passaggio. Nell’ingresso al Galluzzo entra una persona per volta. Può
girare su se stessa. Può guardare fuori e guardare dentro. Essere vista
da fuori e da dentro. Può aspettare e può penetrare nel centro dello spazio. Un gesto per volta. Una sola direzione. Un solo verso. E pochi bagagli appresso. Inevitabilmente non in compagnia.
Ebbene, cosa vuole dirci questa architettura? Perché è qui? Così?
Certamente rappresenta, da un punto di vista tecnico, la soluzione più efficiente per eliminare scomode infiltrazioni d’aria all’apertura
della porta e per assicurare un isolamento quasi totale dal freddo, con
la camera di vetro a doppia porta, una soluzione molto diffusa negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.
Ma è la lettura dei caratteri espressivi e poetici, a dirci che la bussola di Savioli è compiutamente il luogo in cui l’uomo si prepara all’incontro con la grande arte, con l’operare e con l’opera. Infatti, lì dentro
l’uomo viene valorizzato, quasi un oggetto prezioso egli stesso, mostrato all’ospite o al lavoro, che lo attendono all’interno, e al paesaggio, che
lo allieta e lo accompagna dall’esterno.
E’ una soglia intima, in cui non solo fuggevolmente transitare,
ma è anche piacevole ‘stare’, per un breve istante ‘abitare’, nell’accezione heideggeriana. Una specie di piccola soglia-casa, qualcosa in più
di una soglia-stanza. La primissima interpretazione della bussola come
‘piccola stanza di cristallo’ acquista così il significato di luogo in cui è
ammesso e accolto ‘con cura’ lo ‘stare’, anche breve, dell’uomo; di
luogo significativo, quindi.
243
Note:
1. Da un’intervista di Massimo Beccattini
a Leonardo Savioli, in: Rosalia Manno
Tolu, Lara-Vinca Masini, Alessandro Poli (a cura di), Leonardo Savioli: il segno
generatore di forma-spazio, Edmond, Perugia, 1995.
2. Paolo Galli, ‘Appunti sul professor Savioli’, in: Rosalia Manno Tolu, Lara-Vinca Masini, Alessandro Poli (a cura di),
Leonardo Savioli..., op. cit., 1995.
3. Gianni Ottolini, Forma e significato in
architettura, Laterza, Roma-Bari, 1966,
p. 6.
4. V. nota 1.
5. Flora Wiechmann Savioli, ‘Dagli appunti
di Leonardo Savioli’, in: Rosalia Manno
Tolu, Lara-Vinca Masini, Alessandro Poli (a cura di), Leonardo Savioli..., op. cit.,
1995.
6. André Gide, La porta stretta, Einaudi,
Torino, 1981.
Riferimenti bibliografici:
1. Rosalia Manno Tolu, Lara-Vinca Masini,
Alessandro Poli, Leonardo Savioli: il segno generatore di forma-spazio, Edimond, Perugia, 1995.
2. ‘Scomposizione del paesaggio’, in: Ville
e giardini, 69, 1973, pp. 25-28.
3. ‘Finestre come quadri’, in: Ville e giardini, 93, 1975, pp. 31-33.
4. AAVV, Leonardo Savioli grafico e architetto, Catalogo della mostra, Firenze,
1982, pp. 22-23, 76-77.
5. Giulio Carlo Argan e altri, Leonardo Savioli, Uniedit, Firenze.
6. Fabrizio Brunetti, Leonardo Savioli architetto, Dedalo, Bari, 1982.
7. Leonardo Savioli, Ed. Centro Proposte,
1966.
Fonti delle illustrazioni:
1. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
2. Guy Cogeval Claire Frèches-Thory, Il
tempo dei Nabis, Artificio Edizioni, Firenze, 1998.
3. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
4. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
5. Rosalia Manno Tolu, Lara-Vinca Masini,
Alessandro Poli, Leonardo Savioli: il segno generatore di forma-spazio, Edimond, Perugia, 1995. 6.
Archivio
fotografico di Barbara Bogoni.
7. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
8. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
9. Archivio fotografico di Barbara Bogoni.
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III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
Raccolta dei disegni
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10
PETER ZUMTHOR, APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
SOGN BENEDEGT, (SVIZZERA), 1988
1. Veduta esterna dell’appendice d’ingresso
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
249
Continuità e contrasto: la mediazione della soglia-ponte
L’ingresso della Cappella Sogn Benedegt è uno spazio brevissimo e minuto, una sorta di appendice generata da una ‘sezione’ del percorso di montagna che dal villaggio conduce all’edificio, un punto di raccolta e di confluenza del movimento di avvicinamento, fluido e continuo.
Beato Angelico traduce sulla soglia dell’Annunciazione del
1435 questa stessa continuità: i due diversi mondi che mette in scena,
il Paradiso Terrestre, con le sue storie e i suoi ambienti, e l’hic et nunc
del mondo reale, dove la Madonna interrompe la sua lettura per accogliere il messaggio dell’angelo, sono legati l’uno all’altro dal fascio di
luce che proviene dall’angolo superiore sinistro del dipinto e che descrive simbolicamente l’onnipresenza di Dio.
L’Angelico costruisce un ‘ponte’ tra il passato e il presente, tra
l’Antico e il Nuovo Testamento, tra la ‘Cacciata’ e la ‘Venuta’, tra l’esterno e l’interno e lo sguardo transita continuamente sul raggio di luce, dal volto della Madonna al punto di massima intensità luminosa.
Anche Zumthor mette in scena un ‘segmento di spazio che
connette natura e artificio, fuori e dentro la cappella, attraverso un piccolissimo ambiente, il vestibolo d’ingresso.
“Il ponte conferisce a un ultimo senso, sublime, superiore a ogni sensibilità, un’apparizione unica, non mediata da alcuna riflessione astratta, che assume in sé il significato
dello scopo pratico del ponte e lo porta a
forma visibile, così come l’opera d’arte fa
con il suo oggetto”.
Georg Simmel, Brücke und Tür, 1909
La cappella si articola in un volume unico, con una originale
forma a lemniscata1. Sorge su una vasta superficie a prato, proprio su
un’impennata del terreno alle spalle del villaggio Sogn Benedegt, da
cui si isola, per forma e localizzazione. Vi si accede risalendo un vecchio sentiero in curva, da cui si apre mano a mano la vista sull’edificio, il quale in una visione dal basso appare come un’alta torre cilindrica, ma avvicinandosi si riduce alle proporzioni di un edificio a un
solo piano e in prossimità dell’accesso ‘svela’ la sua soglia, una porta
alta e stretta, cui si accede direttamente dal sentiero sterrato tramite
cinque gradini di cemento.
La chiesa di Sogn Benedegt, così come tutti i luoghi di culto,
adotta, in quanto luogo sacro, una forma, una dimensione e un ruolo
‘speciali’, che la distinguono dagli altri edifici secolari, pubblici o privati. La sua identità è sottolineata anche dalla particolare ubicazione in un
sito privilegiato e dominante, come accade spesso per i luoghi carichi di
valenze simboliche e divinatorie.
Spazio d’ingresso e corpo principale hanno forme diverse, pur
essendo generati da uno stesso movimento fluido: il primo, di dimensioni contenutissime, ospita l’uomo da solo, nell’intimo gesto di avvicinarsi a Dio; l’aula della cappella, invece, più ampia e ariosa, accoglie
l’assemblea in una luce diffusa, in netto contrasto con la forte penombra del piccolo atrio.
L’ingresso ha una forma molto semplice. E’ costituito da una
specie di cuneo di legno inserito in una fenditura aperta nella parete
curva. Esso si innesta nel percorso, lo devia e lo fa confluire verso l’interno inducendo un movimento quasi spontaneo, inevitabile.
2. Beato Angelico, Annunciazione, 1430
250
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
3. Veduta esterna della cappella con l’ingresso in primo piano
4. Veduta della cappella dal basso, con la parete curva rivestita da un manto di scandole in legno
e le finestre a nastro nel coronamento superiore
Nella sua semplicità esso descrive il passaggio come un evento naturale, un fatto necessario, anche se scandito dal ‘rito dell’apertura del varco’ che arresta momentaneamente il transito. E lo spazio è reso con umiltà, senza presunzione di autonomia o esaltazioni enfatiche.
E spontaneo è il gesto della materia che si ‘apre’ ad accogliere il movimento dell’uomo, reso naturale, semplice e istintivo dall’uso
di materiali elementari, di geometrie pure, quasi matematiche, di elementi naturali come la luce.
Lo spazio dell’ingresso sembra essere generato da una incisione
e da un risvolto del manto di scandole in legno che riveste l’edificio piuttosto che da un accostamento e incastro di un volume indipendente.
L’omogeneità del materiale utilizzato, il legno, costante costruttiva e formale dell’intera opera conferisce continuità al movimento e unità all’intero manufatto. Inoltre, la presenza dominante del legno
in quanto materiale umile e diffuso nelle costruzioni tradizionali, testimonia la semplicità della fede rurale e il contributo della comunità alla costruzione dell’edificio.
Nella sequenza d’entrata non è prevista la sosta. C’è spazio solo per appoggiare un piede, per far leva e aprire la pesante porta in legno che si deve spingere con tutto il peso del corpo. Questa particolare scansione del gesto dell’entrare determinata dalla pesantezza della
porta d’ingresso può essere letta come una delle fasi del processo di
avvicinamento al luogo sacro, quella del sacrificio che anticipa la gioia
dell’essere accolti, come una specie di interpretazione moderna del
dogma cattolico dell’espiazione. Tale rito, che ha conferito grande valore architettonico e simbolico al tema della soglia in ambito religioso,
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
5. Veduta esterna del cuneo dell’appendice che si inserisce nel manto di scandole di rivestimento
si ritrova frequentemente nell’immagine della ‘Porta dei Morti’ diffusa
nelle culture popolari dell’Italia centrale, che, come la Porta Santa2 che
viene aperta solo in occasione dei Giubilei, è murata e viene abbattuta
solo per far passare i feretri.
Nella cultura cattolica ‘aprire la porta’, così come ‘varcare la
soglia’, ha un preciso significato liturgico, di avvicinamento al sacro e
di passaggio all’aldilà, e il transito spirituale è scandito da precisi gesti e riti: l’attesa fiduciosa del Paradiso; l’apertura sofferta e difficoltosa della porta; il superamento del limite; e, infine, l’ingresso solenne e
festoso nella comunità.
Questo tema lo troviamo spesso riproposto sulle soglie delle
chiese cattoliche, particolarmente diffuso, per esempio, presso i portali delle basiliche romaniche e gotiche (v. 2 Protiro e portale della Basilica di San Zeno).
La narratività di queste soglie, la decorazione sui battenti, sugli stipiti e sugli architravi, oltre a incarnare il significato cattolico del
trapasso, induce e promuove la sosta davanti alla porta d’ingresso, per
leggere i fatti, meditare sui significati, riflettere sulle scelte. Essa rappresenta (ha rappresentato in passato più che oggi) un ineliminabile
veicolo di cultura e informazione popolare. La soglia è quindi non solo passaggio, ma anche luogo di concentrazione e formazione personale, una sorta di grande libro aperto, da cui trarre insegnamenti biblici.
Al contrario di quella delle chiese del passato, nella porta di
Zumthor la decorazione non è né narrativa né simbolica, anzi direi che
non esiste proprio (c’è solo un rivestimento in legno a lamelle verticali e una maniglia metallica), ma la carica simbolica di questa porta sta
6. Veduta laterale
251
252
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
7. Veduta interna dall’altare verso lo spazio di ingresso, segnalato
solo dalla presenza dell’acquasantiera
8. Veduta interna dello spazio assembleare
comunque nel suo essere una porta ‘pesante’ che richiede sforzo, impegno e concentrazione.
Alla naturalità del movimento dal sentiero alla cappella, del superamento di una breve sequenza di quattro gradini, dell’approdo al
pianerottolo, si oppone la gravità di una porta semplice e pesante in doghe di legno che celebra il rito dell’accedere.
L’ingresso di Zumthor costringe l’uomo in un piccolissimo
adito, lo intrappola, lo avvolge e lo sigilla in una scatola, uno scrigno
di legno. Per pochi istanti, il tempo necessario per avvertire la trasformazione di stato e di luogo. All’apertura della porta però non si è ancora dentro la cappella, ma in uno spazio di filtro, isolato dall’aula principale da una sequenza di pilastri in legno che si distribuiscono lungo
tutta la parete interna, chiudono la forma e separano visivamente i due
spazi.
Una volta entrati si avverte istantaneamente l’effetto di transizione generato dallo scarto luministico tra il piccolo vestibolo d’ingresso, più raccolto, con pavimento e soffitto ribassati, e lo spazio assembleare, inondato di luce diffusa ed eterea e caratterizzato da un contrasto improvviso dei valori dimensionali e geometrici. I due spazi sono fortemente connessi nella composizione planimetrica e nell’immagine complessiva esterna, ma nettamente separati all’interno, dove la
forma dell’aula, chiudendosi su se stessa, sembra escludere ogni possibilità di penetrazione. La cortina ininterrotta di pilastri rastremati contribuisce a sottolineare questa autonomia; e l’opposizione tra la conti-
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
9. Veduta interna dello spazio di ingresso
nuità materica e le differenze nel grado di illuminazione, nelle dimensioni, nella configurazione planimetrica e volumetrica, etc., produce effetti di tensione e di sorpresa.
A sancire definitivamente il compiersi del gesto è la presenza
del gradino che assorbe il dislivello tra i due spazi e dell’unica attrezzatura fissa presente presso il luogo del passaggio, l’acquasantiera, collocata proprio sul limite tra lo spazio-soglia e l’aula assembleare. Il
‘farsi il segno della croce’ avviene però già all’interno della cappella,
quindi il vestibolo d’ingresso è altro rispetto alla cappella vera e propria, è fuori dal ‘recinto sacro’.
Il movimento d’entrata, mediato dalle presenze familiari e rassicuranti del legno, della luce e del paesaggio, è semplice, reale; non è
quello celebrativo e magniloquente delle cattedrali, ma quello umile,
spogliato dei potenti caratteri simbolici o esoterici, e ridotto al puro
‘stare’ dell’uomo ‘davanti’ allo spazio.
Si potrebbe istituire una analogia indiretta tra questo gesto e
quello dell’accedere alle case popolari del Nord-Europa, realizzate con
tronchi di legno grezzo, dove lo spazio dell’ingresso è ridotto a una sorta di piccolo pianerottolo in pietra o in legno, cui si accede tramite pochi gradini, oppure a un tronco d’albero semplicemente appoggiato sul
pavimento, che rappresenta la soglia dell’abitazione.
Anche Zumthor lavora con pochi elementi semplici: quattro gradini in cemento, una pedana, una soglia in pietra, una pesante porta in le-
10. Stav e loft, Telemark, Norvegia
253
254
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
11, 12. Disegni di progetto. Sezione longitudinale e pianta
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
13. Disegni di progetto. Pianta e sezione dell’appendice d’ingresso
gno. Questi, combinati con lo scarto dimensionale e luministico, traducono il significato del ‘varcare la soglia’, inteso in senso fisico e religioso.
L’esperienza dell’ingresso si esaurisce qui, brevissima ma intensa, arricchita di significati da un uso semplice, quasi mite, della materia (luce, ombra, legno, paesaggio naturale) e dello spazio.
Nella configurazione generale della cappella, come un ‘sacro
vassoio’ che, “privo di riferimenti al terreno naturale, senza tracce visibili di fissaggio ai montanti verticali, sembra levitare nello spazio”4,
la soglia di Zumthor rappresenta una specie di pontile che ‘attracca’
stabilmente alla terraferma la ‘zattera’ in legno del pavimento della
cappella.
Nella radicale opposizione tra la ‘pesantezza’ della realtà fisica e il leggero librare del mondo spirituale, bisogna riconoscere all’ingresso di Zumthor non solo la funzione strumentale di consentire l’accesso, ma anche il compito di mettere in relazione tra loro le due realtà.
Questa soglia è quindi un ponte.
Il tema del ponte, riferimento costante nell’interpretazione dei
luoghi del passaggio, è oggetto di un famoso saggio di Georg Simmel,
in cui ne vengono chiariti i significati pratici e simbolici. Leggiamo direttamente: “[…] Noi sentiamo come collegato, soltanto ciò che abbiamo in precedenza e in qualche modo isolato. Le cose devono essere prima divise l’una dall’altra, per essere poi unite. Dal punto di vista
pratico come da quello logico, sarebbe senza senso legare ciò che non
era diviso, ancor più ciò che in qualche senso rimane ancora diviso.
255
14. Disegni di progetto. Sezione trasversale
sulla scaletta e vista della porta d’ingresso
256
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
15. Veduta esterna notturna
Note:
1. La lemniscata è una curva algebrica di
quarto ordine che descrive una figura
piana a forma di ‘8’. La cappella occupa
la parte frontale di questa figura, il cui
vertice costituisce il punto di attacco di
uno spazio idealmente posto dietro l’edificio.
2. La Porta Santa è una piccola porta collocata alla destra di quella principale
delle basiliche patriarcali romane (San
Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo Fuori le Mura), murata e aperta solo
ogni venticinque anni in occasione dell’Anno Santo Giubilare.
3. Marco Biraghi, Porta multifrons, Selle-
[…] Il costruire strade è un’impresa specificamente umana.
Anche la bestia supera di continuo, e spesso nel modo più abile ed arduo, una distanza, ma inizio e fine rimangono separati. Ciò non dà il
meraviglioso effetto della strada: far coagulare il movimento verso una
creazione solida, che deriva dal movimento e nella quale il movimento
finisce. Nella costruzione del ponte quest’opera raggiunge il suo punto
più alto. Qui sembra opporsi alla volontà di unione dell’uomo non solo la passiva separatezza dello spazio, ma un’attiva specifica configurazione. Superando questo ostacolo il ponte simboleggia l’espandersi
della sfera della nostra volontà sopra lo spazio”5.
In quanto ponte la soglia di Zumthor, svolge l’importante funzione di convogliare il flusso e di favorire il movimento, perché poco
si presta ad ospitare lo ‘stare’ dell’uomo, non incitato a sostare all’esterno di fronte alla porta d’ingresso, sul pianerottolo troppo piccolo, o
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
a soffermarsi sullo spazio di accoglienza all’interno perché l’ambiente
è angusto, in ombra, non attrezzato6.
Ma allora, se per ipotesi sosteniamo che il luogo, per sussistere, deve ammettere uno stare, ci chiediamo: è davvero un luogo, questo ingresso? E’ la soglia che stiamo cercando?
Zumthor progetta questo come una struttura indipendente, separato, gli dà autnomia e riconoscibilità. L’uomo che vi transita avverte
il passaggio di stato grazie alla presenza di forti contrasti. Il gesto dell’accedere è scandito con precisione. Ognuno dei piccoli spazi allestiti
(la scala, la porta, il vestibolo) è connesso con un gesto preciso (avvicinarsi, aprire, essere accolti) e da una ben definita scansione temporale.
Ebbene, per quanto brevissime, in queste frazioni di tempo riconosciamo uno stare dell’uomo, di cui Zumthor ha definito, nel progetto, gli intervalli e i modi dello svolgimento.
Per esempio, la collocazione della porta, tutta spostata verso
l’esterno della breve ‘appendice di ingresso’, definisce le modalità di
compimento dei due momenti dell’attesa e dell’accoglienza.
Il primo, quasi istantaneo, fugace (“Non si sosta davanti a questa porta!”, sembra dire quest’architettura); il secondo, breve ma intenso, in cui si assapora la forte cesura tra l’essere fuori, nel buio, e l’essere dentro, ammessi nell’aula e immersi nella luce.
Il gesto si consuma in brevi istanti, scanditi dalla sequenza:
inerpicarsi sulla collina, scorgere il varco, salire i pochi gradini, aprire
con forza, richiudere, incedere nell’ombra, accedere alla luce.
Lo stare dell’uomo c’è, nella pausa tra il gesto di chiusura della porta e la lenta ripresa delle capacità percettive, nella penombra, e il
seguente movimento dell’incedere.
Brevemente, quindi, ma l’uomo ‘sta’ e arricchisce questo spazio in termini di luogo.
257
rio, Palermo, 1992, p. 140.
4. Christoph Mayr Fingerle, Neues Bauen in
den Alpen / Architettura contemporanea
alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992, Raetia, Bolzano, 1992.
5. Georg Simmel, ‘Brücke und Tür’, 1909,
trad. it. in: M. Cacciari, L. Perucchi (a
cura di), Saggi di estetica, Padova, 1970.
6. Sul tema del ponte si veda anche l’ingresso alla Fondazione Querini-Stampalia, a Venezia, di Carlo Scarpa.
Riferimenti bibliografici:
1. Christoph Mayr Fingerle, Neues Bauen in
den Alpen / Architettura contemporanea
alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992, Raetia, Bolzano, 1992.
2. Schweizer Architektur führer 19201990, 1, Verk Verlag, Zurich, 1992.
3. D. Sconbächler, Caplutta Sogn Benedegt. Gedanken und Bilder zur Architektur und Symbolik, Sumvitg, Cussegl da
fundazium Caplutta Sogn Benedegt,
1992.
4. Architese 20, 6, 1990, pp. 29-33.
5. Domus, 710, 1989, pp.44-51.
6. Werk, Bauen+Wohnen, 76/43, 4, 1989,
pp. 24-31.
7. Peter Zumthor, Helen Binet, Peter
Zumthor: opere architettoniche 19791997, Lars Müller, Baden, 1998.
8. Danuser, Partituren und Bilder: architectonische Arbeiten aus dem Atelier Peter Zumthor 1885-1988, Architekturgalerie, Luzern, 1989.
Fonti delle illustrazioni:
1. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen in den
Alpen / Architettura contemporanea alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992, Raetia, Bolzano, 1992.
2. I maestri del colore: Beato Angelico,
Fabbri, Milano, 1977.
3. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit.,
1992.
4. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit.,
1992.
5. Domus, 710, 1989.
6. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit.,
1992.
7. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit.,
1992.
8. Domus, 710, 1989.
9. Domus, 710, 1989.
10. Domus, 710, 1989.
11. C. Norberg-Schulz, Il mondo dell’architettura, Electa, Milano, 1986.
12. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit.,
1992.
13. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit.,
1992.
14. Domus, 710, 1989.
15. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit.,
1992.
258
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
Raccolta dei disegni
259
11
ETTORE SOTTSASS, PORTICO DI CASA BISHOFBERGER
(SVIZZERA), 1991-96
1. Veduta esterna del portico d’ingresso
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER
263
Forme totemiche e scarti cromatici
Il portico d’ingresso di Casa Bischofberger è un piccolo volume di forma geometrica astratta annesso all’edificio princiale, una sorta di figura totemica di valore espressivo sottolineato anche dall’uso incisivo del colore e dagli effetti di contrasto che questo produce.
L’utilizzo di elementi geometrici ‘puri’ e di cromatismi violenti ricorre anche in molte delle opere di De Chirico, di cui l’‘Offerta
al sole’ del 1968 può essere brevemente analizzata per cogliere delle
analogie significative con l’opera di Sottsass.
Anche qui è ritratta una soglia, l’accesso a un ipotetico interno
segnato dal cambiamento del materiale di rivestimento della pavimentazione, che sancisce l’avvenuto ingresso nell’ambiente chiuso. Dalla
porta spalancata si muove il ‘segno’ di un percorso tracciato dall’uomo
che lascia la propria dimora, vive, cresce e, come nel mito dell’eterno
ritorno, compie il tragitto a ritroso, per tornare e morire ‘presso la soglia di casa’.
Giallo, rosso, nero e bianco sono le dominanti cromatiche che
‘isolano’ gli oggetti e danno una identità ai singoli eventi; e l’utilizzo
di forme semplici, anche in questo caso quasi totemiche e astratte (il sole, la luna, il varco, l’altare) potenzia l’autonomia degli oggetti e degli
ambienti.
Anche nei molti disegni di Sottasass si ritrova proprio quest’uso ‘allegro’ dei colori, proposti prevalentemente come colori saturi,
omogenei, puri.
Un atteggiamento analogo a questo lo ritroviamo in molti progetti di Aldo Rossi, dove le singole componenti (architravi, stipiti, cornicioni, davanzali) sono messe in risalto da un uso semplice dei parametri figurativi e cromatici.
“Nel regno dei simboli i colori più significativi sono il bianco e il nero. Essi rappresentano l’alfa e l’omega, il buono e il cattivo, il
giorno e la notte, il bene e il male, la vita e
la morte. Il nero, di cui si ha paura è anche
una tremenda sorgente di forza, unisce al
male il mistero e la potenza”.
A. Guller, P.L. Rupi, In nome del colore.
Uso e abuso del colore in Architettura,
1989
Le figure di Sottsass sono totemiche perché sono elementi tridimensionali puri e perché rivelano una fortissima identità formale e
anche simbolica. I dipinti ‘liberi’ sottssiani si traducono sempre in architetture ‘libere’ astratte, dove l’artificialità degli spazi abitati istituisce apparenti contrasti con l’indeterminatezza e la spontaneità della vegetazione, apparenti poiché lo stesso Sottsass sostiene in molte occasioni di ricercare nel progetto l’istituzione di stretti legami tra l’architettura e l’ambiente. Queste relazioni sono però non banalmente di mimesi o di integrazione, ma di confronto e di dialogo continui.
Si oltrepassa il cancello che immette nella proprietà e, da un
ampio cortile, si raggiunge l’edificio, che è interamente rivestito di lastre di ardesia nera. Vi si accede tramite un piccolo portico in pietra d’Istria bianca collocato su un podio cui si arriva superando quattro gradini. Lo spazio è angusto e spoglio: un citofono e una porta in legno dipinta di giallo.
Il gesto dell’accedere è ridotto all’essenziale, ma non si conclude all’apertura della porta gialla: oltre si trova un altro piccolo adito, una
2. Giorgio De Chirico, Offerta al sole, 1968
264
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER
3. Geometrie pure, composizioni volumetriche e libero uso del colore nei disegni di
architettura di Sottsass
sorta di bussola interna rivestita in piastrelle quadrate di ceramica color
mastice, di dimensioni 5x5 centimetri, con uno zerbino di forma semiellittica in fibre vegetali ritagliato nel pavimento. Qui si apre, in asse con
la prima, una seconda porta che conduce all’ambiente di accoglienza
vero e proprio, dove si trova un ascensore, un bagno e lo spazio di distribuzione agli altri locali.
Ritengo che questa soglia sia interessante per almeno tre motivi. Il primo riguarda la configurazione spaziale e la composizione volumetrica; il secondo lo speciale uso del colore; il terzo si riferisce alla
successione dei gesti previsti dalla sequenza degli spazi e delle attrezzature d’entrata.
Definirei la forma semplice e il trattamento geometrico del volume del portico una sorta di totemismo dell’architettura, elaborato per
lanciare pochi, brevi ma intensi messaggi.
Primo fra tutti la stretta relazione dell’edificio son il terreno,
sancita dalla gravità del volume compatto e irregolare del portico d’ingresso. Ne risulta un corpo molto statico, con un asse di simmetria, pesante sulla terra, ben ancorato al suolo e figurativamente indipendente
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER
265
4. Disegno ad acquarello di Casa Bishofberger
dall’edificio cui è appoggiato e a cui dà accesso. In questo volume pieno è scavato uno spazio voltato a botte, protetto per l’attesa davanti alla soglia.
Una seconda osservazione riguarda l’utilizzo delle tinte forti,
dei colori puri, quasi shoccanti, che producono un assalto improvviso
delle emozioni e la sorpresa inaspettata prodotta dalla semplicità del
progetto.
Il colore dal canto suo, unitamente agli aspetti geometrici, dimensionali, decorativi, etc. (v. Internità della soglia: il passaggio come
luogo), contribuisce a svolgere un ruolo segnaletico non di poco conto.
Sottsass attribuisce grande importanza a questo aspetto, e lo dimostrano gli studi condotti sull’architettura spontanea popolare in cui l’uso
del colore rappresenta il mezzo semplice e ‘libero’ (inteso in senso politico, in questo caso) per dare gioia agli spazi del vivere. I costanti riferimenti progettuali per esempio alle ‘soglie colorate’ delle case sudamericane, con decorazioni astratte e accesi cromatismi, si leggono chiaramente nella poetica di Sottsass.
Nel portico di accesso a casa Bishofberger il forte effetto di
contrasto cromatico prodotto dall’accostamento dei due materiali lapidei di colori diversi, addirittura opposti, il bianco e il nero, produce una
forte discontinuità cromatica, rappresentazione, a sua volta, di un’altra
discontinuità, quella spaziale e ambientale che distingue e separa i due
mondi dell’interno e dell’esterno. Quasi la definizione e la sottolineatura, tramite il colore, di un luogo significativo.
In Sottsass, sotteso all’uso del colore, della geometria e della
composizione c’è quindi un attento simbolismo, dichiarato dallo stesso
autore: “Non mi interessa la misura”, dice, “mi interessa cosa succede
con quella misura, se uso quella misura”2.
5. Riferimenti alle soglie delle case popolari sudamericane
266
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER
6. Veduta esterna della porta gialla dell’annesso dei garages
7. Pianta del piano terra
Sono perciò gli effetti prodotti o indotti dal progetto ad essere
importanti e, forse, non è rilevante lo spazio in quanto spazio, ma lo
spazio in quanto luogo, portatore di valori umani e ambientali, se così
vogliamo definirlo. Lo spazio costruito per l’uomo, che non solo agisce, ma soprattutto “pensa, sente, curiosa”3.
8. Ettore Sottsass ‘sulla soglia’ di casa Nanon
Un’ultima osservazione riguarda la considerazione di questa
soglia in qualità di luogo significativo, che risulta verificata in quanto
in essa si legge il progetto consapevole dei ‘modi’ dell’accoglienza e
del movimento, insieme a quello degli spazi che li accolgono. La sequenza d’ingresso definisce infatti una precisa successione di azioni
che il progettista ha rilevato grazie a una lettura attenta e curiosa del
comportamento umano.
Come i volumi, le forme e i colori, anche il gesto dell’entrare è
stato scomposto analiticamente: le fasi sono state messe in sequenza e
gli spazi composti secondo le regole dell’aggregazione e dell’accostamento (non della fusione, frammistione o intrusione) di elementi tra loro indipendenti e ben distinti l’uno dall’altro. Nello spazio ancora esterno al podio si riconoscono il basamento e la breve rampa di scale, lo
spazio del movimento e dell’ascesa. Arrivati qui si è accolti in un ambiente intermedio interposto tra l’esterno e l’interno. Ci si trova di fronte una prima porta gialla. Si sta, per pochi istanti, e si avverte la protezione della copertura, si suona il campanello e si attende una risposta.
Si entra in un piccolo adito, una zona di filtro, ormai un interno, ci si
pulisce le scarpe, si lasciano gli indumenti pesanti. Ma non si è ancora
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER
9. Veduta esterna del portico d’ingresso e dell’annesso dei garages
267
10. Veduta esterna del fronte d’accesso
accolti nel cuore della casa fino a quando non si oltrepassa un secondo
varco, che immette nell’ingresso vero e proprio, dove il cambiamento
di pavimentazione (listelli di legno di faggio) segnala l’atmosfera domestica e privata dell’interno definitivamente raggiunto.
La successione delle azioni che abbiamo descritto delinea una
interessante sequenza d’entrata: podio-gradini esterni, portico, bussolafiltro interna, ingresso.
Il significato di questa soglia in termini di luogo risiede, quindi, proprio nel forte legame tra gli elementi dello spazio costruito e i
momenti dell’atto del passaggio, e quindi tra l’architettura e l’umanità.
Del resto questo legame si riconosce in tutta l’opera di Sottsass. Egli afferma, infatti: “Io penso sempre che ci sia una differenza
fra la parola ‘spazialità’ e la parola ‘spazio’. Per me lo spazio è un luogo, non è un’entità geometrica, non è misurabile con il metro. E che cosa vuol dire che è un luogo? Vuole dire appunto che è uno spazio architettonico; non disegno soltanto una misura, disegno soprattutto uno
stato psichico, uno stato culturale, dove arrivano echi, vibrazioni da tutte le parti. Uno spazio di mattoni è diverso da uno spazio di cemento,
uno spazio di cristallo è diverso da uno spazio di intonaco. Per cui lo
spazio nello stesso momento in cui si definisce architettonicamente, diviene un luogo. Infatti si discute su come fare il pavimento, si discute
su che colore dare alle pareti, si discute su quanto devono essere grandi le finestre e così via, lo spazio architettonico non è spazialità, è natura, in un certo senso. Non so come dire, è metafora esistenziale”4.
Cosa significa, quindi, che la soglia di Sottsass è un luogo, se
non proprio (e solo! non in senso riduttivo, però) che con una semplice
pennellata di colore, un volume netto, pulito, che sembrerebbe tracciato
senza alzare mai la matita dal foglio, e una logica analisi del gesto, egli
ha saputo fare di uno spazio così piccolo, un reale luogo di vita?
Note:
1. Gianni Pettena, Sottsass. L’arte del progetto, M&M, 1999, p. 31.
2. V. nota 1, p. 21.
3. V. nota 1, p. 17.
Riferimenti bibliografici:
1. Giovanni D’Ambrosio, Ettore Sottsass
jr. Nomade Shiva Pop, Testo 1 Immagine, Torino, 1997.
2. Gianni Pettena, Sottsass. L’arte del progetto, M&M, 1999.
3. Barbara Radice, Ettore Sottsass, Electa,
Milano, 1993.
4. Milco Carboni (a cura di), Sottsass Associati: 1980-1999 frammenti, Rizzoli,
Milano, 1999.
5. Gilles de Bure, Ettore Sottsass jr., Rivage, Paris, 1987.
6. Jean Burney, Ettore Sottsass, Trefail,
London, 1991.
7. Renny Sparke, Ettore Sottsass jr., The
design Council, London, 1982.
8. Hans Hoger, Ettore Sottsass jr.: designer,
artist, architect, Wasmuth, Tubingen,
Berlin, 1993.
9. Lotus, 107, Electa, Milano, 2000.
Fonti delle illustrazioni:
1. Giovanni D’Ambrosio, Ettore Sottsass
jr. Nomade Shiva Pop, Testo 1 Immagine, Torino, 1997.
2. Jole de Sanna, De Chirico, Rizzoli, New
York, 1998.
3. Barbara Radice, Ettore Sottsass, Electa,
Milano, 1993.
4. Lotus, 107, Electa, Milano, 2000, p. 75.
5. G. Pettena (a cura di), Sottsass. L’arte
del progetto, M&M, 1999, p. 88.
6. Lotus, 107, Electa, Milano, 2000, p. 75.
7. Giovanni D’Ambrosio, Ettore Sottsass,
op. cit., 1997.
8. Abitare, 387, 1999, p. 155.
9. Lotus, 107, Electa, Milano, 2000, p. 75.
10.Lotus, 107, Electa, Milano, 2000, p. 75.
268
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER
III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER
Raccolta dei disegni
269
Parte quarta
Internità della soglia, oggi
IL FUTURO DELLA SOGLIA
“I bei giorni delle porte sono ormai lontani. [...] Le porte appartengono al passato. [...] Come possono esservi le porte,
quando la ‘casa’ non c’è più?”.
Robert Musil, Porte e portoni, 1970
Fonti delle illustrazioni:
(nella pagina precedente)
1. René Magritte, La risposta imprevista,
1933 (tratto da: Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 239).
IV Internità della soglia, oggi / NUOVA SENSIBILITA’. La dinamica della vita contemporanea
275
Nuova sensibilità e modelli di fruizione dello spazio: la dinamica della vita contemporanea. Riflessioni sulle soglie informatiche
Le soglie informatiche sono, conseguentemente alla nascita e
divulgazione del computer, la grande invenzione del nostro secolo, istituite per ‘autoproteggere’ il flusso informativo e comunicativo che, per
sua natura, tende a essere invasivo rispetto agli altri mondi del reale.
Ma cos’è in realtà una soglia informatica? Come si riconosce? Come
avviene il passaggio? Come si entra in una rete?
“Quello che conta per l’individuo è il processo, l’azione, il movimento.
Attraversare la metropoli senza alcuna ossessione di interpretare il mondo, di conoscere il fondamento e l’origine delle cose, di
definire e sistematizzare la molteplicità e il
fluire della vita. L’individuo è un evento di
superficie, appartiene alla superficie del
mondo. E’ uno spirito libero...”.
Nel mondo informatico la comunicazione tra universi diversissimi è istantanea. Gli spazi interattivi possono essere molto lontani tra
loro oppure tanto vicini da intersecarsi. Sono spazi virtuali o cibernetici entro cui le informazioni corrono rapidamente attraverso i canali telematici che stanno soppiantando ad altissima velocità e con un ritmo
inarrestabile, il tradizionale spazio delle relazioni umane. Questi ambienti hanno via via sostituito i tradizionali luoghi in cui si svolgono le
relazioni umane affidando alla macchina il compito di interfacciarsi
nelle relazioni tra individui. Nella societ contemporanea alla macchina
è stato attribuito un grandissimo valore ed è divenuta un supporto praticamente ineliminabile nella gestione delle relazioni economiche, politiche, sociali e personali: si compra e si vende tramite Internet, non ci
si incontra al bar ma si chatta col computer, telefoni, videotelefoni, cellulari di ultima generazione sembrano ‘manipolare’ lo spazio, attribuendogli nuovi significati.
Massimo Ilardi, L’individuo in rivolta.
Una riflessione sulla miseria
della cittadinanza, 1995
Ci si sposta con maggior frequenza da un luogo all’altro, e lo
si fa subito, di corsa, in velocità, con i computers, che hanno generato
assetti comportamentali e modelli di gestione di tempo e spazio mai
sperimentati prima d’ora. Le ‘nuove soglie’, portali informatici, frasi in
codice, password di accesso a luoghi in cui la fisicità e la corporeità
non sono più ammesse, hanno sostituito le tradizionali porte.
L’uomo, standosene comodamente seduto in poltrona, può raggiungere qualunque punto del pianeta e avere libero accesso a ogni spazio interno pubblico o privato, ad ogni ora del giorno e della notte, da
solo o in compagnia,... solo digitando un codice, una parola chiave, una
sequenza di numeri e lettere che fa scattare il meccanismo di apertura
(una serratura, in definitiva!).
Ma a quali interni danno accesso queste porte? Non allo spazio
tradizionalmente inteso, con arredi e attrezzature costruiti sull’ergonomia e i bisogni umani, ma alla sua simulazione, ad ambienti virtuali la
cui ‘realtà’ si fonda sull’esigenza dell’uomo moderno di esplorare
mondi diversi e di fare continue esperienze ‘al limite’.
La velocità con cui si consumano e si susseguono le esperienze inducono alla costante ricerca e creazione di nuovi ambienti, anche
immaginari.
Già nei primi decenni del secolo scorso il Movimento Moderno aveva promosso l’idea di un’architettura in cui fosse “sostanzialmente modificato il senso tradizionale del ‘dentro’. Continuità spazia-
276
IV Internità della soglia, oggi / NUOVA SENSIBILITA’. La dinamica della vita contemporanea
le, scomposizione della parete, scollatura delle giunture, grandi aggetti, sfalsamenti dei livelli, membrane trasparenti avevano messo in crisi
il dentro come rifugio e il fuori come rischio o terreno di lotta. Ma, c’è
da domandarsi, questa rivoluzione corrisponde veramente allo stato
evolutivo dell’uomo di oggi, alla sua reale condizione psicologica?”1.
Dal Movimento Moderno ad oggi molte cose sono cambiate, le
modalità di espressione dei gesti e i caratteri formali e simbolici degli
spazi si sono evoluti.
Biblioteche virtuali (elenchi di titoli, autori e collocazioni) si
sono affiancate, e in certi casi hanno sostituito, biblioteche e archivi
reali, gli scaffali di libri e di ‘carte’; lo shopping virtuale si fa in compagnia di un mouse e con carta di credito alla mano, niente più spiccioli, borse e pacchetti, né il contatto diretto con la merce e il venditore. Arriva tutto a casa. Preconfezionato.
1. Fabio Novembre, Porta del Bar Lodi, Milano, 1998
Ma allora, oggi ha ancora senso parlare di soglia nei termini di
cui abbiamo trattato finora? E’ giusto porsi ancora il problema o possiamo farne a meno?
Il varco nel muro non si può omettere nè si può negarne l’importanza per l’uomo, che deve poter passare liberamente da un dentro
a un fuori. Questo significa che anche il mondo informatico, astratto
per definizione, per quanto diffuso nella società contemporanea deve
obbligatoriamente confrontarsi con i bisogni assolutamente reali del
vivere e dell’abitare dell’essere umano.
Se ne conclude che ancora oggi il tema del ‘passaggio’ rappresenta un problema da risolvere, ed è quindi lecito porsi delle domande
sulla soglia. Si tratta solo di trovare nuovi valori da attribuire alle soglie contemporanee, i cui caratteri sono molto diversi da quelli del passato.
Note:
1. Paolo Coppola Pignatelli, I luoghi dell’abitare. Note di progettazione, Officina,
Roma, 1977, p. 126.
Fonti delle illustrazioni:
1. Domus, 809, 1998.
Una riflessione su questo aspetto ci fa comprendere i motivi
dell’esistenza delle ‘porte a chiavi magnetiche’ delle banche, delle autostrade o delle camere d’albergo, che più che regolare la dimensione,
controllano la qualità e l’identità del flusso in movimento; o delle ‘porte automatiche’, che aprono e chiudono grazie a speciali sensori che
monitorano lo spazio e avvertono i movimenti presso l’ingresso.
Queste porte rappresentano una specie di compromesso ancora sperimentale tra l’innovazione tecnologica e il mondo reale. Attualmente sono molto più utilizzate negli ingressi dei grandi spazi pubblici, piuttosto che nelle abitazioni private, perché qui l’uomo sembra più
disponibile ad accogliere le novità e le sperimentazioni, anche nell’ambito dell’architettura. Nei grandi grandi magazzini, per esempio,
sono molto diffuse le porte automatiche che ‘assolvono’ i clienti dalla
fatica di aprire da sé il varco; nei pubs e nelle discoteche ricorrono le
‘porte manifesto’,il cui senso si scorge nel ruolo segnaletico e simbolico più che in quello protettivo dello spazio interno, etc.
IV Internità della soglia, oggi / IL FUTURO DELLA SOGLIA. Senso e non-senso della soglia
277
Senso e non-senso della soglia
Nella configurazione che abbiamo brevemente delineato della
realtà contemporanea, ci chiediamo: quali valori potremmo attribuire
alla soglia, oggi? Quali caratteri fisici avranno o potrebbero avere questi spazi?
Nel corso del lavoro abbiamo rilevato che la soglia si percepisce in ambiti e a livelli diversi: essa definisce l’ingresso sia nello spazio urbano (ingressi di città, piazze, etc.) sia nell’edificio (relazioni tra
la città e l’edificio, tra l’edificio e l’alloggio, tra l’alloggio e gli altri alloggi, tra l’alloggio e i locali interni, etc.).
I nuovi modelli di fruizione dello spazio sono ben esemplificati nel caso degli edifici multiappartamenti, dove si è in presenza di un sistema integrato di soglie (cancelli, porte, spazi-filtro, percorsi, etc.) che
regola l’afflusso di persone in ingresso e uscita, tutela la privacy degli
abitanti e genera il senso di protezione. In questi edifici lo spazio di soglia dell’alloggio è, a tutti gli effetti, il pianerottolo, cui si accede attraverso la sequenza parcheggio sotterraneo-ascensore, oppure oltrepassando cortili o giardini. Raramente il pianerottolo instaura qualche relazione con l’esterno, spesso nemmeno una vista o un punto di aerazione
naturale: l’illuminazione è artificiale, innescata dall’uomo tramite un
pulsante luminoso che aziona un interruttore a tempo (spesso confuso
con il campanello del vicino!); l’aerazione è forzata o condizionata, etc.
Si arriva a questo livello di soglia passando attraverso diversi
spazi o ambiti interposti tra l’abitazione e la strada, o tra il quartiere e
la città, che hanno prodotto tra loro una profonda frattura. Lo spazio interstiziale che ne risulta è un luogo anonimao, di proprietà ‘di nessuno’,
tale da non saper dire se appartenga alla città o all’alloggio.
Questo spostamento della soglia in un esterno-sempre-piùesterno, allontanata dallo spazio semiprivato dell’edificio e dal cortile
e da quello privato dell’alloggio, ha generato negli abitanti una sorta di
abbandono del senso di responsabilità sulla sua gestione. Questo ha
comportato la trasformazione di molti spazi dell’ingresso, in luoghi
oscuri e anonimi, spesso abbandonati a se stessi o al ‘controllo di altri’.
Da qui nasce l’esigenza di ‘difendere’ l’entrata con sorveglianti, agenti, telecamere a circuito chiuso e sistemi d’allarme.
Anche all’interno dell’abitazione lo spazio di soglia si è notevolmente trasformato: da una iniziale tendenza a collocarvi, in prossimità dell’ingresso, un vestibolo o un atrio ben delimitati che impedissero la penetrazione visiva negli spazi più privati, si è orientati oggi a
‘inglobare’ lo spazio di filtro nella generica zona giorno, sintesi di molti spazi (ingresso, soggiorno, pranzo, cucina, ma anche, biblioteca, sala lettura, studio, etc.) e funzioni (entrare, accogliere, essere accolti, salutare, riporre indumenti, penetrare nell’alloggio, intrattenersi, guaradare la TV, etc., fino a: riordinare stoviglie, lavare i piatti e, saltuariamente, stirare).
“Per anni ero stata lontana da casa
e ora davanti alla porta
non osavo entrare, per paura che un volto
che non avevo mai visto prima
fissasse stoltamente il mio
e mi chiedesse cosa volevo.
‘Solo una vita che ho lasciato.
Forse ne è rimasta una così?’
Mi appoggiai sul timore.
Induguiai col prima.
L’attimo si gonfiò come un oceano
e si franse contro il mio orecchio.
Risi una risata spezzata
che potessi temere una porta
io che conoscevo la costernazione
e mai prima ero trasalita.
Avvicinai al chiavistello la mano,
con cura tremante per paura
che la porta tremenda si spalancasse
e mi lasciasse in mezzo al pavimento.
Poi tirai via le dita
cautamente come fossero vetro,
mi tappai le orecchie, e come una ladra
ansimando fuggii da casa”
Emily Dickinson
278
IV Internità della soglia, oggi / IL FUTURO DELLA SOGLIA. Senso e non-senso della soglia
Il tentativo è quello di sopprimere i corridoi che, pare, ‘non servono a nulla’ e di destinare tutta la superficie a disposizione per attività
primarie, senza considerare che lo spazio della connessione tra ambienti diversi ha rappresentato fin dall’antichità un luogo importante.
Ancora oggi esso può generare interessanti stimoli dal punto di vista
dell’attrezzabilità e dell’articolazione spaziale, che lo possono qualificare come luogo abitabile, distinto e riconoscibile, e non una superficie
per il transito veloce. C’è da aggiungere che, poiché l’accesso e il movimento ‘attraverso’ spazio sono un bisogno umano irrinunciabile, la
ricerca di soluzioni innovative e funzionali per le moderne necessità è
inevitabile. Del resto già molti progettisti stanno denunciando con forza l’assenza di filtri negli spazi contemporanei.
Ritengo quindi che la realizzazione di uno spazio di transizione tra l’esterno e l’interno rappresenti un elemento qualificante del progetto per il controllo microclimatico delle correnti d’aria indesiderate,
dell’illuminazione naturale, etc.
Si registra comunque una maggiore attenzione alle questioni
tecnologiche e formali e una produzione di sistemi di chiusura per così dire ‘originali’, piuttosto diffusa (abbiamo già citato le porte tagliafreddo a getti d’aria calda, le porte ad apertura e chiusura automatica,
le bussole a porte girevoli ad azionamento elettrico innescato tramite
sensori, porte a fasci di luce, etc.). Tutte varianti contemporanee a un
tema antico.
IV Internità della soglia, oggi / IL FUTURO DELLA SOGLIA. Vogliamo ancora ‘luoghi’ per passare?
279
Vogliamo ancora ‘luoghi’ per passare? Quali luoghi?
Gli antichi custodi delle soglie hanno abbandonato, oggi, i nostri luoghi di passaggio? Eppure oggi, forse, più che in passato abbiamo bisogno di proteggere e difendere i nostri varchi.
Della soglia non possiamo fare a meno (dobbiamo pur passare!) ma queste soglie sono ancora per noi luoghi significativi? I moderni Port Autority, i punti di snodo dei parcheggi, le stazioni ferroviarie e i terminals degli autobus, gli aeroporti, le stazioni delle metropolitane e i caselli autostradali sono le nuove porte urbane collettive, ma
sono anche spazi in cui il passaggio veloce quasi impedisce la stanzialità e il senso di luogo. In essi si trovano spesso cinema, ristoranti, palestre e cappelle, il cui scopo prioritario è quello di ‘catturare’ il passeggero in corsa. L’entrata agli spazi privati contemporanei invece è
stata ridotta a un dispositivo tecnico di regolazione e protezione, più
che un luogo con caratteri simbolici.
Anche il gesto del passare è stato spogliato dei caratteri di varietà e articolazione di cui ha goduto in passato: difficilmente ci si intrattiene sulla soglia di casa, poco protetta e poco intima, o quasi mai
come un tempo vi si svolgono, oltre a quelle legate al passaggio, altre
attività, il lavoro, il gioco, il riposo, l’intratt.
Dice Norberg-Schulz: “Gli insediamenti contemporanei non
presentano più né mura di cinta né porte cittadine e solo raramente appaiono nel paesaggio in qualità di ‘figure’. I loro contorni non sono più
accentuati da forme simboliche come quelle delle torri e delle cupole...
[...] La perdita dell’insediamento tradizionale è quindi la perdita del
luogo”1.
E’ lecito estendere questo concetto al tema della soglia? Al
ruolo che essa riveste per l’uomo? Cioè: oggi, come progettisti e fruitori nella contemporaneità, vogliamo ancora soglie significative, ‘luoghi’ di passaggio? O è forse sufficiente (a questo proposito gli esempi
storici e contemporanei non mancano) predisporre dei dispositivi che
non prevedono nè promuovono la stanzialità? E infine: il riconoscimento da parte dell’uomo dello spazio di soglia in quanto portatore di
significati non è più un valore da perseguire?
Norberg-Schulz ribadisce che solo negli spazi strutturati in modo complesso e sfaccettato l’uomo può riconoscersi, in quegli spazi,
cioè, che rappresentano un’alternativa alla totale mobilità e al vuoto,
sono ricchi di portato esperienziale”2.
Solo a queste condizioni gli spazi si connotano in quanto luoghi, e gli ‘spazi di soglia’ in quanto ‘luoghi del passaggio’. Virtualità e
automatismi che hanno messo in crisi la tradizione costruttiva e tecnica della soglia devono ora fornire soluzioni non nostalgiche, efficaci e
innovative al tema del passaggio. Poiché l’uomo contemporaneo chiede praticità d’uso e istantaneità di interazioni, gli spazi di passaggio dovranno essere ridotti, semplificati, essenziali.
“Nessun dio sosta presso le porte automatiche!”
Marco Biraghi, Porta multifrons, 1992
280
IV Internità della soglia, oggi / IL FUTURO DELLA SOGLIA. Vogliamo ancora luoghi per passare?
1. SITE, Cutler Ridge Showroom, Miami, Florida (USA), 1979
Note:
1. Christian Norberg-Schulz, L’abitare,
Electa, Milano, p. 50.
2. Si veda: Christian Norberg-Schulz, Il
mondo dell’architettura, Electa, Milano,
1988, p. 38.
Fonti delle illustrazioni:
1. C. Toraldo di Francia (a cura di), SITE.
Architetture 1971-1988, Officina, Roma,
1989.
La porta automatica incarna questo proposito: l’uomo non deve tendere il braccio per bussare o per aprire perché la porta fa tutto da
sé, incorpora sensori fotoelettrici che rilevano presenze e movimenti e
dischiudono il varco. Queste porte individuano un nuovo ruolo della
soglia, un anonimo invito ad entrare, un atteggiamento di totale apertura, una manifestazione di fiducia nelle buone intenzioni del prossimo,
o più semplicemente un automatismo al servizio della comodità.
In molti casi la tradizionale porta nemmeno esiste più, trasformata in una astratta linea di confine (di luce o d’aria) di cui si avverte
flebilmente l’esistenza solo nel momento in cui si varca, per il cambiamento di stato microclimatico (temperatura, ventilazione, illuminazione, etc.).
Questi sono ancora ‘luoghi’ del passaggio?
283
Per concludere
Il problema della soglia esiste come problema progettuale e architettonico e ha implicazioni con la disciplina degli Interni.
Gli esempi analizzati mettono in luce che c’è modo e modo di
affrontare e risolvere il problema. Concludiamo che ogni modo è
ugualmente valido se soddisfa i requisiti prestazionali, costruttivi, formali e simbolici che la soglia richiede; ed è anche significativo, nelle
considerazioni fatte finora, se oltre a ciò esprime il carattere di luogo.
Lo abbiamo verificato su alcuni esempi storici e contemporanei.
Ma oggi, noi, in quanto progettisti di spazi interni, in che termini ci poniamo il problema e quali soluzioni proponiamo come mediazione tra la nuova sensibilità, i nuovi bisogni e i nuovi linguaggi?
Ritengo che per la disciplina di Interni rimanga una questione
aperta, questa, della ricerca di un punto di intersezione tra il bisogno fisico ineliminabile e ‘reale’ di una spazialità che ‘contenga’ l’uomo e le
tendenze contemporanee alla virtualità, all’astrazione, alla praticità
d’uso e all’istantaneità d’interazione tra individui. E’ un problema
complesso tradurre in password informatiche e portali multimediali i
luoghi in cui l’uomo può muoversi fisicamente e a cui può affidare i
propri valori. Ci si chiede se è poi possibile.
Una risposta è stata data con la simulazione di ambienti virtuali
che ricreano spazi e arredi in cui l’uomo può entrare e che può utilizzare tramite speciali apparecchiature (casco, guanti, etc.) collegate a
dei sensori e a un terminale. Queste immagini di spazi (perché gli spazi, qui, sono immagini) provengono da una origine numerica, dalla simulazione matematica di un modello, ma vanno ormai acquistando lo
statuto di cose vere e proprie.
Nella realtà multimediale, impostata quasi totalmente sull’aspetto comunicativo, alla soglia vengono affidati nuovi contenuti. Essa
rimane ancora uno spazio di passaggio, ma inteso come luogo di accesso a pseudoambienti, pseudorealtà o pseudoesperienze. Si corre il
rischio di produrre un ‘finto realismo’ e di generare dei ‘quasi-oggetti’
dotati di nuova materialità. Resta solo da verificare se e come questi
contenuti hanno ancora a che fare con la spazialità, dalla quale, peraltro, non possiamo prescindere, tant’è che questa stessa ricerca ha posto
tra le premesse l’assioma dell’esistenza e della necessità del varco per
la vita fisica e culturale dell’uomo.
Nel corso del lavoro sono state fatte alcune considerazioni e
tratte delle conclusioni sommarie sugli orientamenti compositivi e formali che potremmo utilizzare in qualità di progettisti dello spazio interno nella costruzione della soglia contemporanea. Senza troppe pretese, li riassumo brevemente nelle note che seguono:
a) Autonomia spaziale.
Ritengo importante che il progetto dia una forte identità di
forma e di spazio al luogo dell’ingresso, isolandolo rispetto
284
agli altri ambienti della casa o ai percorsi di distribuzione, in
modo da evitare da una parte scomode frammistioni d’uso
tra chi entra, esce, è accolto sulla soglia e chi se ne sta seduto in poltrona o a tavola, con conseguenti forti limitazioni della privacy, e dall’altra incontrollabili spifferi d’aria
fredda d’inverno e folate d’aria calda d’estate negli spazi interni riscaldati o rinfrescati forzatamente.
Questa scelta garantisce una buona qualità sul piano funzionale e tecnologico, ma anche sul piano figurativo, poiché affida a un ambiente circoscritto, una bussola, una stanza o un
portico il compito preciso dell’accoglienza.
b) Evidenziazione formale. Il progetto dovrebbe rendere riconoscibile, facilmente individuabile e raggiungibile il punto
di passaggio allo spazio interno.
c) L’attrezzatura. Se la soglia non è una semplice linea, ma uno
spazio, il progetto dovrebbe prevedere l’inserimento di arredi, di attrezzature e di dispositivi che supportano in vario
modo il gesto del passare, in modo da favorirne la fruizione
non solo come luogo di transito ma anche come spazio per
coltivare piante, per leggere, per intrattenersi o per conservare oggetti e indumenti. In questo modo si evita di ‘isolare’ lo spazio d’ingresso e si contribuisce invece ad arricchirne i significati.
d) La stanzialità e il carattere di luogo. Il progetto di una soglia
che accoglie fisicamente l’uomo e ne promuove lo stare è
progetto non solo di uno spazio ma anche di un luogo cui
l’uomo può attribuire un valore legato al proprio vissuto con
il passare del tempo.
La strada da seguire non è quella della rivisitazione nostalgica
di vecchi modelli, ma la progettazione di luoghi per nuove sensibilità e
nuovi bisogni.
In conclusione, un buon progetto dello spazio del passaggio
deve essere una sintesi di diversi aspetti: in quanto varco nella parete,
la soglia deve consentire e promuovere il gesto; in quanto sottolineatura espressiva della forma (attraverso la decorazione, il colore, il simbolismo, etc.) deve conferire al gesto senso e significato; in quanto spazio che accoglie, contiene e protegge l’atto umano deve acquistare la
valenza di luogo.
Appendice
Il libro delle soglie
Schede
286
Il libro delle soglie / SCHEDA 1
1
PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE
(CAMERUN)
Il libro delle soglie / SCHEDA 1
287
Questa soglia è un luogo che concentra in sé immagini articolate, figure
e decorazioni, e sottende funzioni, riti
sacri, valori e tradizioni sociali e culturali del popolo.
La capanna del capo si trova al centro del villaggio, in una posizione privilegiata, alla fine del percorso d’ingresso nel villaggio. E’ una costruzione circolare in bambù e fibre vegetali, di dimensioni almeno doppie rispetto a
quello delle altre abitazioni e distinta da
queste per l’apparato decorativo di alto
pregio che le orna. Si tratta di una decorazione scultorea a intaglio molto minuta, articolata in statue e statuette che
riproducono figure umane, astratte o allegoriche di diversa forma e dimensione. La porta d’ingresso è sollevata da
terra di circa 50 centimetri, per proteggere l’interno dalle incursioni degli animali selvatici, ed è usata spesso come
seduta durante le riunioni del Consiglio
Il varco ha in genere dimensioni molto
modeste. Il tipo, le dimensioni ela qualità dell’ornamentazione variano da caso a caso, in relazione a molti fattori,
come la tradizione artistica e artigianale della tribù, le capacità di governo del
capo, il suo successo pubblico e il suo
favore politico, etc.). Molte statue raggiungono dimensioni umane, a rappresentazione di una famiglia numerosa, di
una grande forza fisica o, più frequentemente, di un forte consenso popolare.
Riferimenti bibliografici:
1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980.
288
Il libro delle soglie / SCHEDA 2
2
NICOLÒ
PROTIRO E PORTALE DELLA BASILICA DI SAN ZENO
VERONA (ITALIA), 1123
Il libro delle soglie / SCHEDA 2
289
Il portale della basilica di San Zeno
è una ‘porta che racconta una storia’.
Il protiro sottolinea il varco e poggia
su un basamento cui si accede tramite
cinque gradini. Due leoni stilofori sono
posizionati ai lati dello spazio sopraelevato e reggono la copertura.
Le parti laterali della facciata, il
protiro, la lunetta, la porta stessa sono
tutti istoriati con decorazioni scultoree
e formelle bronzee, a testimonianza del
valore narrativo che un tempo, più che
oggi, veniva affidato a questo spazio.
Qui si trova una sequenza di tre portecon funzioni e significati diversi. La
più importante sul piano artistico e
simbolico è quella intermedia, a doppio
battente, su cui sono montate le formelle bronze, opera di Guglielmo, con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento. La sequenza d’ingresso è molto breve, ma la forza attrattiva generata dalla
decorazione induce a una prolungata sosta davanti questa soglia.
La porta di San Zeno ‘parla’, quindi, non di sé, della sua solidità o preziosità, forma o dimensione, ma del
ruolo che essa ha svolto, per la divulgazione della fede, da più di mille anni,
fino ad oggi.
Riferimenti bibliografici:
1. G.L. Mellini, I maestri dei bronzi di
San Zeno, Banca Popolare di Verona,
Verona, 1992.
2. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena e la Basilica di San
Zeno, Banca Popolare di Verona Banco di San Gimignano e Prospero,
Verona, 2000.
290
Il libro delle soglie / SCHEDA 3
3
CHARLES RENNIE MACKINTOH
CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE
GLASGOW, SCOZIA (GRAN BRETAGNA), C. 1900
Il libro delle soglie / SCHEDA 3
291
Questo spazio d’ingresso è costituito da un corridoio attrezzato, la cui spazialità accoglie una sequenza di precisi
e minuti gesti che rendono articolato il
luogo e più complessi i momenti dell’accedere e dell’accogliere.
Il suo valore consiste nella presenza
dell’attrezzatura nello spazio cui si accede superata la porta esterna, spazio
che in questo progetto svolge prioritariamente una funzione di accoglienza
più che di distribuzione. All’esterno:
un campanello, uno spioncino e un piccolo luogo di attesa. All’interno: un attaccapanni con portaombrelli, una panca, un altro portaombrelli, uno specchio.
La porta d’ingresso è in legno, a un
solo battente, inserita in un portale in
pietra a pilastri e architrave. Sull’anta è
ritagliata una piccola apertura con un
portellino che si apre verso l’interno,
collocato sotto quattro vetrini colorati
di un azzurro intenso. Nella parte interna si trovano una serratura metallica, e
una piccola maniglia.
Il corridoio è un ambiente unitario,
ben connotato in quanto luogo di ingresso, dove è piacevole soffermarsi a
scambiare due parole e i saluti di benvenuto o di commiato.
Riferimenti bibliografici:
1. T. Howarth, ‘The House of Charles
Rennie Mackintosh’, in: Journal of
the Royal Institute of British Architects, LIII, 1946.
2. N. Pevsner, Pionieri del Movimento
Moderno, Milano, 1945.
3. J. Steele, Charles Rennie Mackintosh. Syntesis in form, Academy Editions, Londra, 1994.
292
Il libro delle soglie / SCHEDA 4
4
ADOLF LOOS
VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA
TOUR DE PELIZ, MONTREUX (SVIZZERA), 1904-06
Il libro delle soglie / SCHEDA 4
293
Questa stanza d’ingresso è un piccolo ‘sacello’, uno scrigno prezioso, simbolo di modelli d’uso dello spazio molto ricercati e di comportamenti raffinati.
Questo spazio, ricco, vivace di colori, prezioso nei materiali e nelle finiture, trasforma il gesto dell’accoglienza
in una cerimonia formale, in cui non è
tanto importante l’attrezzatura, quanto
piuttosto la rappresentatività. I marmi
policromi e le componenti metalliche finemente lavorate, il rigore e il lusso delle
geometrie e delle decorazioni caratterizzano lo spazio del vestibolo.
Superato il massiccio portale in
bronzo, su cui sono sono incisi i simboli dello Yin e dello Yang, l’ospite entra in un atrio ovale a doppia altezza,
con pareti rivestite in marmo giallo e
rosso, e con una volta a cupola ricoperta di mosaici dorati. La pavimentazione
a piastrelle bianche e nere segna il centro della sala, sottolineato anche da un
fascio di luce proveniente dall’alto.
“Al tacito invito a percorrere
il vestibolo da Porta a Porta (la seconda porta, che si apre in opposizione a
quella che collega con l’esterno, rappresenta il completamento logico del
meccanismo d’ingresso) seguendo un
semicerchio anziché una linea retta, decisamente non si può resistere. Nel vestibolo l’idea di rotazione si presenta
strettamente a quella del ritorno. In ciò
condivide la sorte della porta girevole.(Marco Biraghi)
Riferimenti bibliografici:
1. B. Gravagnuolo, Adolf Loos, Rizzoli, New York, 1988.
2. G. Denti, S. Perione, Adolf Loos. Opera completa, Officina, Roma, 1997.
3. K. Lustenberger (a cura di), Adolf
Loos, Zanichelli, Bologna, 1998.
5. V. Behalova, ‘Die Villa Karma von
Adolf Loos’, in: Alte un moderne
Kunst, 113, 1970.
294
Il libro delle soglie / SCHEDA 5
5
PIERRE CHAREAU E BERNARD BIJVOËT
PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE
RUE SAINT GUILLARME 31, PARIGI (FRANCIA), 1928-31
Il libro delle soglie / SCHEDA 5
295
Questa soglia è il luogo della variabilità luminosa, della alterazione percettiva e della trasformazione spaziale.
Uno spazio (portico-porta-corridoio)
completamente vetrato, la cui trasparenza spinge l’occhio in profondità, fin
nel cuore della casa.
L’aspetto più interessante di questo
spazio d’ingresso riguarda la sua trasformabilità in relazione alla variazione atmosferica e percettiva prodotta dal mutare delle condizioni di illuminazione
naturale e artificiale, diurna e notturna.
Durante il giorno la luce solare che
entra a fatica nel cortile e all’interno
dell’edificio produce un’ombra profonda nello spazio d’ingresso e contribuisce a produrre l’immagine di un
antro oscuro, di uno spazio misterioso
di cui non si è ancora in grado di distinguere i caratteri, Di notte, invece,
l’edificio si ‘anima’. Le sue pareti rivelano i movimenti, gli arredi, la vita dell’interno. La luce che proviene dal soggiorno, dalla cucina, dalle sale di attesa
per le visite mediche rende manifesta la
complessità del progetto d’interni,
silenziosamente celata durante il giorno.
Riferimenti bibliografici:
1. Yukio Futagawa (a cura di), La Maison de Verre, A.D.A. EDITA, Tokyo,
1988.
2. Brian Brace Taylor, Pierre Chareau.
Designer and architect, Benedikt Taschen, Colonia, 1982.
3. Kenneth Frampton, ‘Maison de Verre’ in: Perspecta (The Yale Architectural Journal), 12, 1969, pp. 77-126.
296
Il libro delle soglie / SCHEDA 6
6
ALVAR AALTO
PENSILINA D’INGRESSO DI VILLA MAIREA
NOORMARKKU (FINLANDIA), 1938-39
Il libro delle soglie / SCHEDA 6
297
La pensilina all’ingresso di villa Mairea è la traduzione, nel linguaggio dell’architettura, del ruolo protettivo e accogliente della natura.
Nella soglia di Aalto la natura è solo ciò che è, nella sua semplicità, gli alberi, i fiori, i colori e le textures. Il legno conserva le sue specificità, il colore, la venatura, che la lavorazione non
altera. La pietra, i cespugli, tutto è, con
un gesto semplice e spontaneo, ‘raccolto’ nel bosco e allestito in questo luogo
che ne è parte integrante, per sottolineare la presenza di uno spirito panico
proprio nel punto di massima fragilità
della casa.
La pensilina copre una piccola superficie, leggermente sopraelevata dal
piano strada, pavimentata ad opus incertum. Sulla pietra poggiano anche i
fasci di pilastri in legno che sorreggono
la pensilina, tenuti insieme da un legaccio di iuta.
La tettoia ha uno spessore di circa 35
cm e si scompone in due lastre indipendenti: la prima completamente indipendente rispetto all’edificio, sorretta solo
dai fasci di pilastri e più bassa; la seconda, più alta, in aggetto dalla facciata
d’ingresso, ha un unico punto d’appoggio in un pilastro d’angolo che, forando
la prima pensilina, prosegue il suo corso
fino a raggiungere il secondo livello.
Riferimenti bibliografici:
1. Peter Reed (a cura di), Alvar Aalto
1898-1976, Electa, Milano, 1998.
2. Karl Fleig (a cura di), Alvar Aalto,
Zanichelli, Bologna, 1978.
3. Richard Weston, Villa Mairea: Alvar
Aalto, Phaidon Press, London, 1992.
4. Richard Weston, Alvar Aalto, Phaidon Press, London, 1995.
298
Il libro delle soglie / SCHEDA 7
7
LE CORBUSIER
CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET
LA PLATA (ARGENTINA), 1949
Il libro delle soglie / SCHEDA 7
299
Questa struttura d’ingresso rappresenta un esempio di soglia-oltre-la-soglia, in cui il vero accesso all’abitazione è spostato tutto verso l’esterno e la
tradizionale separazione tra il dentro e
il fuori viene tradotta nell’opposizione
tra un esterno pubblico ed un ‘privato
ancora esterno’.
Il cancello rappresenta la vera soglia
dell’edificio. Consiste in un’anta in ferro, liscia, con una maniglia molto semplice, che chiude un varco incorniciato
da una struttura in cemento armato leggermente strombata, che definisce una
specie di ‘imbuto’ e poggiata su un podio, anch’esso in cemento armato, luogo di attesa, protetto e attrezzato con
campanello e citofono.
Il punto dell’ingresso diviene il luogo significativo dell’accedere, solo grazie alla presenza di pochi elementi importanti: la piastra, il portale strombato,
la porta in ferro.
Nel piccolo spazio del cancello
l’uomo è accolto brevemente, ma la sua
configurazione evidenzia un particolare modo di varcare una particolare soglia che sta a cavallo tra il privato della funzione residenziale e il pubblico di
quella ambulatoriale.
Riferimenti bibliografici:
1. Willy Boesiger, Le Corbusier, Zanichelli, Bologna, 1991, pp. 92-93.
2. F. Chaoay, Le Corbusier, Il Saggiatore, Milano, 1960.
300
Il libro delle soglie / SCHEDA 8
8
CARLO SCARPA
PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO
VERONA (ITALIA), 1957-73)
Il libro delle soglie / SCHEDA 8
301
Il percorso di Castelvecchio è una
sequenza articolata di segni, di frammenti e di spazi; una successione di
passaggi e pause, che invitano ora al
movimento ora alla sosta, alla ricerca e
alla meditazione.
Dal ponte levatoio del castello si accede al cortile interno in ghiaia, quindi
a un sentiero lastricato in pietra, leggermente inclinato, che conduce alla
porta d’ingresso. Sul sentiero si snodano in sequenza: un biario di siepi, un
muretto, una meridiana, un’aiuola, due
vasche d’acqua con fontana, siepi e arbusti, un sarcofago, il sacello, un’altra
meridiana sulla parete di fondo.
L’approdo allo spazio interno avviene attraverso una porta a vetri tagliata
in due da un muro che, passando trasversalmente nel varco, penetra nell’interno, dà continuità al passaggio e separa i due gesti dell’entrare e dell’uscire. Il trattamento della superficie del
muro, con colori diversi, sottolinea il
doppio senso e significato dei movimenti di ingresso e uscita dall’edificio:
dal lato dell’entrata è di colore grigio,
da quello dell’uscita è di colore nero
Germania.
Il percorso, interpretato come una
successione di passaggi e pause che invitano ora al movimento ora alla sosta,
è un luogo del passaggio ritmato da dinamici momenti di ricerca, da attese e
silenzi dedicati alla meditazione.
Riferimenti bibliografici:
1. Richard Murphy, Carlo Scarpa e
Castelvecchio, (ed. ital. a cura di
Alba di Lieto e Arrigo Rudi), Arsenale Editrice, Venezia, 1991.
302
Il libro delle soglie / SCHEDA 9
9
LEONARDO SAVIOLI
BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI
GALLUZZO, FIRENZE (ITALIA), 1966
Il libro delle soglie / SCHEDA 9
303
La bussola di Savioli è una piccola
stanza di cristallo che consente il passaggio fisico nello spazio interno e, su
un piano simbolico, la preparazione all’incontro intimo dell’uomo con l’operare artistico.
Si tratta di un volume di vetro trasparente e metallo; le connessioni sono
realizzate per accostamento delle lastre
di vetro, che sono agganciate tra loro
grazie a semplici piastre metalliche ad
‘L’. E’ sostenuta lateralmente dai muri
perimetrali e superiormente da una specie di ‘coperchio’ metallico, collegato
al soffitto con una sorta di trave metallica con profilo a doppia ‘U’.
Le pareti della bussola sono vetrate
sulle facce frontali, con doppia porta in
vetro, esterna e interna, mentre quelle
laterali hanno una lastra metallica verniciata di nero fino a un metro di altezza, poi vetrate. Il pavimento è leggermente rialzato rispetto al piano esterno,
su un basamento alto circa cinque centimetri, rivestito in pietra del Cardoso
nera, tagliata in figure geometriche
triangolari.
n questa minuscola stanza l’uomo è
accolto e avvolto. L’esperienza dell’accedervi è emozionante, anche dal punto di vista della percezione simbolica,
poiché lo spazio accoglie un momento
riflessio, catartico e preparatorio all’ingresso nella ‘stanza del lavoro e dell’arte’.
Riferimenti bibliografici:
1. R. Manno Tolu, L.-V. Masini, A. Poli (a cura di), Leonardo Savioli: il segno generatore di forma-spazio, Edmond Edizioni, Perugia, 1995.
304
Il libro delle soglie / SCHEDA 10
10
PETER ZUMTHOR
APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT
SOGN BENEDEGT (SVIZZERA), 1988
Il libro delle soglie / SCHEDA 10
305
Questa soglia è uno spazio brevissimo e minuto, una sorta di ‘appendice’generata da una sezione del percorso di
montagna che dal villaggio conduce all’edificio, un punto di raccolta e di confluenza del movimento di avvicinamento, fluido e continuo .
E’ costituita da una sorta di cuneo in
legno incastrato in una fenditura aperta
nella parete curva. Vi si accede direttamente dal sentiero sterrato, salendo
qualche gradino. Non c’è spazio per la
sosta, solo per appoggiare il piede, per
far forza e aprire la pesante porta in legno che il visitatore, in una posizione
piuttosto scomoda, dovrà spingere con
tutto il peso del corpo.
Zumthor costringe il visitatore in un
piccolissimo adito, lo intrappola, lo avvolge e lo sigilla in una scatola di legno, per pochi istanti, il tempo necessario per avvertire la trasformazione di
stato e di luogo.
Il legno, con la sequenza delle scandole esterne, dei listelli interni di rivestimento e dei pilastri strutturali, ancora
con forza il luogo alla realtà e promuove un gesto che non è quello celebrativo
delle cattedrali, ma quello semplice,
spoglio dei caratteri simbolici e ridotto
al puro ‘stare’ dell’uomo ‘davanti’ allo
spazio, delle piccole pievi di montagna.
Riferimenti bibliografici:
1. Christoph Mayr Fingerle (a cura di),
Neues Bauen in den Alpen. Architettura contemporanea alpina, Edition
Raetia, Bolzano, 1992.
306
Il libro delle soglie / SCHEDA 11
11
ETTORE SOTTSASS
PORTICO DI CASA BISCHOFBERGER
SVIZZERA, 1991-96
Il libro delle soglie / SCHEDA 11
307
Il portico di Sottsass è un piccolo
volume annesso all’abitazione, di forma geometrica astratta, una sorta di figura totemica il cui valore espressivo è
sottolineato anche dall’uso incisivo del
colore e dagli effetti di contrasto che
esso produce.
Il portico è rivestito in pietra d’Istria
bianca e collocato su un podio raggiungibile tramite quattro gradini. Lo spazio
è angusto e spoglio: un citofono e una
porta.
Il contrasto cormatico prodotto dalla
vicinanza dei materiali di rivestimento
(pietra bianca e nera), genera una forte
discontinuità, rappresentazione di un’altra discontinuità quella spaziale e ambientale tra l’interno e l’esterno.
Oltre il portico si trova un altro adito di dimensioni contenute, una specie
di bussola interna completamente rivestita in piastrelle di ceramica color mastice, di dimensioni 5x5 centimetri, con
uno zerbino di forma semiellittica in
materiale vegetale ritagliato nel pavimento.
Riferimenti bibliografici:
1. Giovanni D’Ambrosio, Ettore Sottsass Jr. Nomade Shiva Pop, Universale di Architettura, 26, 1997.
2. Gianni Pettena, Sottsass. L’arte del
progetto, M&M, 1999.
3. H. Hoger, Ettore Sottsass jr., Wasmuth, Berlino, 1993.
308
Il libro delle soglie / SCHEDA 12
12
PORTA D’ABITAZIONE CON DECORAZIONE PITTORICA AD ARABESCHI
WALATA (MAURITANIA)
Il libro delle soglie / SCHEDA 12
309
La geometria di questa soglia è molto elementare, definita dallo scavo di
un foro ad altezza uomo nella parete
perimetrale.
Il varco viene chiuso con semplici
porte in legno a due battenti.
L’aspetto interessante risiede senza
dubbio nella ricchezza e qualità dell’apparato decorativo della facciata che
ingloba il varco, ne sottolinea il valore
e, come vuole la tradizione mauritana,
ingentilisce l’austerità dell’aspetto dell’architettura domestica.
La decorazione non si limita agli
arabeschi dipinti, ma coinvolge anche
la materia e la forma della parete, scavando nicchie nello spessore e modellando cornici scultoree in rilievo.
L’iconografia deriva da una reinterpretazione della matrice naturalistica in
chiave geometrico-astratta.
Una nota di rilievo va segnalata nel
modo diretto in cui la decorazione si relaziona con il terreno (non esiste uno
zoccolo, nè un risvolto a sancire la
chiusura della cornice che, invece, termina direttamente sul piano della strada).
L’uso del monocromatismo e del
contrasto cromatico produce un grande
impatto visivo e una forte concentrazione nel luogo della soglia, che è sede
esclusiva del gesto dell’entrare e dell’uscire (sulla soglia, infatti, non si
svolgono altre attività ‘stanziali’, a causa delle condizioni climatiche estreme).
Riferimenti bibliografici:
1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980.
2. Bernard Rudofsky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Bari, 1979.
310
Il libro delle soglie / SCHEDA 13
13
FACCIATA ATTREZZATA D’INGRESSO DELLA GINNA DEL CAPOFAMIGLIA DOGON
(MALI)
Il libro delle soglie / SCHEDA 13
Il rappresentante più anziano della
famiglia dogon non risiede in un luogo
comune, ma nella cosiddetta ‘casa della famiglia’ (ginna, da giu na, casa
grande), che si differenzia dalle abitazioni comuni per le più ampie dimensioni, l’altezza e, soprattutto, per il trattamento della facciata della stanza del
capo famiglia, che corrisponde alla parete esterna del vestibolo. L’intera costruzione è realizzata in terra cruda, su
una struttura in esili tronchi di legno.
La facciata si articola simmetricamente intorno a un asse centrale, su cui
si apre la porta d’ingresso e, nel piano
superiore, la porta del granaio princi-
pale, che è un luogo consacrato in cui
sono conservati gli altari degli antenati. Questo rappresenta un elemento
fondamentale della cultura dei dogon.
Per tradizione la porta del granaio è
lavorata a bassorilievo, con le rappresentazioni degli avi (sulla serratura) e
delle generazioni che, in tempi sucessivi, hanno fondato il popolo dogon.
Sulla porta d’ingresso si trova un
altare consacrato alla famiglia, contornato da due nicchie e decorato con figure simili alle immagini totemiche
degli antenati contenute nel granaio.
Una serie di montanti verticali e di
traverse dividono la superficie della
311
facciata in nicchie e scomparti, rettangolari nel piano inferiore, più piccoli e
quadrati al piano superiore. Queste nicchie si chiamano ‘nidi della golondrina’,
e vengono considerati come le abitazioni degli antenati. In esse vengono depositate le offerte e il loro numero è sempre un multiplo di otto, corrispondente
agli otto antenati del popolo dogon.
Le nicchie costituiscono il motivo
più originale dell’architettura della facciata delle ginna, e vengono trattate in
modo molto particolare, molto diverso
rispetto a quello con cui vengono realizzate le ordinarie abitazioni dogon. Le
partiture verticali sono realizzate con pilastri, nel numero convenzionale di dieci, come le dita delle mani. Le porte in
legno, a due battenti, sono provviste di
serrature di due tipi. Il primo (duro kunu) si usa prevalentemente per chiudere
la porta principale della casa che dà accesso alla grande stanza centrale. La serratura è nascosta, all’interno, e per aprirla si introduce la chiave inserendo il
braccio in una fessura aperta appositamente nella parete, sulla sinistra della
porta.Il secondo tipo (ta kogûru) si impiega soprattutto nelle porte dei granai.
La serratura rappresenta l’elemento
più importante del varco del passaggio e
il punto di massima concentrazione dell’apparato decorativo, con rappresentazioni di animali e di antenati mitici.
Riferimenti bibliografici:
1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980.
2. N’Diaye, ‘Contribution à l’étude de
l’architecture du pays dogon’, in:
Objets et Mondes, XII, 3, 1972, pp.
269-286.
3. Griaule, Dio d’acqua, Milano,
1978, pp. 114-115.
312
Il libro delle soglie / SCHEDA 14
14
PORTALI DECORATI DELLE CASE DI KANO
(NIGERIA)
Il libro delle soglie / SCHEDA 14
313
Nella cultura popolare e nelle tradizioni nigeriane, la facciata d’ingresso
delle abitazioni è il luogo della rappresentazione dello status sociale degli
abitanti.
Le ricche e particolarissime decorazioni che si riconoscono intorno al varco di passaggio sono di derivazione
islamica, ma sono state per così dire
rielaborate e ‘geometrizzate’ dalla cultura africana.
La porta dell’abitazione, realizzata
in terra cruda, come l’intero edificio, si
differenzia visibilmente da questo per
la sua forma (assomiglia a una torre
d’angolo) e per la sua decorazione monumentale.
Questi due aspetti ‘isolano’ il punto
di soglia e ne sottolineano l’importanza.
L’omogeneità del materiale utilizzato che dà continuità non solo alla facciata dell’edificio ma anche all’intero
villaggio, non limita, però, la capacità
del portale di ‘autodenunciarsi’ all’esterno.
La decorazione scultore in risalto e
a bassorilievo è lo strumento che produce gli effetti di concentrazione e di
valorizzazione. Il semplice varco rettangolare d’ingresso è infatti incorniciato da ornamentazioni geometriche o
floreali, che culminano, nella parte finale della torre, con delle ‘orecchie
d’asino’, sorta di merli di coronamento.
Riferimenti bibliografici:
1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980.
314
Il libro delle soglie / SCHEDA 15
15
GALLERIA D’ACCESSO DELLE CASE IPOGEE DI MATMATA
(TUNISIA)
Il libro delle soglie / SCHEDA 15
315
L’ingresso al tunnel è un semplice
buco scavato nel terreno, tanto che il
paesaggio che si percepisce è molto simile a quello di un terreno scavato dalle talpe. Vi ci si cala e lo si percorre per
circa una decina di metri. La discesa
nella terra, caratterizzata da un forte
scarto termo-igrometrico e luministico
è un’esperienza avvolgente, generata
anche dalle dimensioni esigue dell’ambiente, che pare adattarsi come un
guanto al corpo umano.
Alla fine del percorso, che si sviluppa con tratti in discesa e serie di gradini, si trova una piccola porta in legno
che immette selettivamente all’interno
del patio.
Matmata è una cittadina tunisina le
cui origini risalgono probabilemente
intorno al VI secolo a.C.
Le sue abitazioni trogloditiche ipogee sono realizzate con strumenti e
tecnologie molto semplici, attraverso
uno scavo nel terreno profondo circa
sette-otto metri, l’apertura di un patio
interno e la costruzione di una serie di
celle (le stanze dell’abitazione) distribuite tutt’intorno al patio e affacciate
su di esso, da cui prendono luce e aria.
L’accesso al cortile avviene attraverso una galleria che parte a circa una
decina di metri dall’abitazione, aperta
nel fianco di una collina.
La galleria, come tutto l’edificio sono in terra cruda e non rinforzati, quindi ad ogni stagione delle piogge vengono allagati, distrutti e ricostruiti.
Il significato di questa soglia risiede
nella carica emozionale che trasmette il
percorso in galleria, la discesa e l’approdo nel patio illuminato.
Riferimenti bibliografici:
1. Gianni Ottolini (a cura di), Civiltà
dell’abitare, Galleria del Design e
dell’arredamento, Cantù, 1997.
2. Matmata. Orientamenti progettuali
per una città segreta, Tesi di laurea di
Francesca De Tomasi, rel. prof. Marina Molon, Politecnico di Milano Facoltà di Architettura, a.a. 1994-95.
316
Il libro delle soglie / SCHEDA 16
16
PORTALI AD ANELLI DELLA CATTEDRALE DI LAON
(FRANCIA), 1190-1200
Il libro delle soglie / SCHEDA 16
317
che inquadrano il portale e producono
un restringimento dello spazio che accoglie l’uomo e lo accompagna nel gesto di penetrare nello spazio interno.
Ciascuno dei tre intradossi della
Cattedrale di Laon è popolato di figure
di santi, di vescovi e di animali, e di
rappresentazioni floreali e vegetali
scolpite nella pietra.
Le porte che vi si aprono hann,o ante in legno, lineari, senza particolari
trattamenti decorativi.
Un altro aspetto è interessante, nella
lettura di questi spazi, cioè le relazioni
che vengono istituite tra i portali ad
anelli esterni e l’interno dell’edificio.
In alcuni esempi non esiste una corrispondenza tra il numero delle porte, o
dei portali, e quello delle navate; in altri
esempi non ci sono analogie dimensionali tra le strutture esetrne e le partiture
spaziali interne, come in questo caso, in
cui i due portali laterali immettono in
spazi che non sono le navate, ma piccoli aditi quadrati coperti con una volta a
crociera, indipendenti da queste.
L’intradosso dei portali ad anelli
delle cattedrali gotiche è uno spazio
protetto (tre o cinque ambienti separati uno dall’altro) su cui si aprono le
porte che immettono nell’interno.
Questo elemento svolge ruoli diversi: segnala il punto di penetrazione
(svolge quindi un ruolo comunicativo
del valore e della dimensione dell’edificio); consente e protegge il transito
dei fedeli sulla soglia (svolge quindi
un ruolo strumentale); racconta, attra-
verso le sue decorazioni scultoree e pittoriche, di eventi storici e biblici (svolge quindi un ruolo didattico); esprime
un alto valore estetico-formale in quanto prodotto di capacità artistiche universalmente riconosciute (svolge quindi un ruolo rappresentativo e culturale).
I portali ad anelli, nello specifico,
uniscono a ciascuno di questi aspetti il
carattere dinamico, definito dalle sequenze di costoloni, statue e cornici
Riferimenti bibliografici:
1. Andrew Martindale, Arte gotica, Rusconi, Milano, 1990.
2. Il gotico. Architettura, Scultura, Pittura, Könemann, Colonia, 1998.
318
Il libro delle soglie / SCHEDA 17
17
LEON BATTISTA ALBERTI
PORTICO D’INGRESSO DELLA BASILICA DI SANT’ANDREA
MANTOVA (ITALIA), 1470
Il libro delle soglie / SCHEDA 17
319
presenza di una porta più piccola ridimensiona il varco e ne ridefinisce il
ruolo di luogo di passaggio e ripristina
la scala umana.
Le porte di accesso alla chiesa sono
tre: in genere si usano solo quelle laterali, più piccole, mentre la centrale viene aperta solo per le grandi cerimonie.
L’intradosso del Sant’Andrea non è
solo un luogo di attesa e d’incontro per
i fedeli, ma anche, data la sua sopraelevazione su un podio, una specie di piccola balconata e punto di osservazione
sulla piazza.
La sua complessità è ulteriormente
accresciuta dalla presenza di aperture
laterali che consentono di percorrere
longitudinalmente il portico.
Questo spazio, così, viene ad essere
contemporaneamente luogo di sosta e
di passaggio in due diverse direzioni.
Il grande arco classico centrale del
fronte principale, fiancheggiato da
aperture più piccole, richiama la scansione delle cappelle maggiori e minori
sui fianchi della navata e collega organicamente l’esterno con l’interno tramite un profondo intradosso (la forma
e la dimensione citano e preparano
l’ingresso nella navata con volta a botte dell’interno).
In questo esempio la dimensione
monumentale del varco, che affaccia
su una piazza molto esigua, genera uno
sconvolgente ‘effetto sorpresa’ e produce un senso di disorientamento, facendo deviare l’attenzione dal problema funzionale dell’accedere a quello
formale e percettivo dell’improvviso
scarto dimensionale.
Nella profondità dell’intradosso la
Riferimenti bibliografici:
1. F. Borsi, Leon Battista Alberti. L’opera completa, Electa, Milano, 1989.
2. Joseph Rykwert, Anne Engel (a cura
di), Leon Battista Alberti, Olivetti
Electa, Milano, 1994.
320
Il libro delle soglie / SCHEDA 18
18
MICHELANGELO BUONARROTI
VESTIBOLO DELLA BIBLIOTECA LAURENZIANA
FIRENZE (ITALIA), 1519-59
Il libro delle soglie / SCHEDA 18
321
Questa soglia è costituita da una
stanza quadrata quasi completamente
occupata da una scalinata monumentale in marmo, che conduce alla porta vetrata d’ingresso alla sala di lettura, inserita in un grande portale sovrastato
da un timpano classico.
La scala, divisa in tre rampe di cui la
centrale, più ampia, prosegue fino al
piano d’imposta del pavimento della biblioteca, mentre le due laterali si fermano a un pianerottolo intermedio. Inoltre
la centrale ha una forma più sinuosa, e
sembra citare una cascata di marmo che
invade tutto lo spazio del vestibolo.
Il carattere più intressante di questa
soglia risiede nel suo appartenere contemporaneamete a un interno e a un
esterno. Essa ripropone, infatti, nel trattamento delle pareti come facciate urbane e della porta d’ingresso alla sala
di lettura come portale monumentale,
simbolico e rappresentativo. D’altra
parte è però difficile stabilire definitivamente se questo spazio sia un dentro
o un fuori e questa incertezza provoca
lo stupore che ci assale all’ingresso in
questo luogo.
Riferimenti bibliografici:
1. Paolo Portoghesi, Bruno Zevi, Michelangelo Architetto, Einaudi, Torino, 1964.
2. Giulio Carlo Argan, Michelangelo
Architetto, Electa, Milano, 1990.
3. B. Zevi, C. Benincasa, Venti monumenti italiani, Seat, Torino, 1984.
4. B.M. Apolloni, Opere architettoniche di Michelangelo a Firenze, Libreria dello Stato, Roma, 1934.
322
Il libro delle soglie / SCHEDA 19
19
BALDASSARRE PERUZZI
PORTICO D’ACCESSO DEL PALAZZO MASSIMO ALLE COLONNE
ROMA (ITALIA), 1532
Il libro delle soglie / SCHEDA 19
323
luogo del passaggio e la sua soluzione
dipende da molti fattori, tra cui la foma
e la composizione (la configurazione
dello spazio ne può promuovere, per
esempio, un particolare uso da parte di
un’utenza individuale o collettiva,
etc.), la localizzazione (l’interposizione
dello spazio tra i due ambienti della
strada e della casa, per esempio, può indurre a un suo utilizzo per attività commerciali, culturali o rappresentative,
come nell’antica Roma, etc.).
Il tema dello spazio-filtro interposto tra l’interno e l’esterno (non ancora un ‘dentro’ chiuso tra pareti ma delimitato da confini permeabili; non del
tutto un ‘fuori’ perché coperto e circoscritto), è ricorrente nella storia dell’architettura fin dall’antichità (si pensi alle fauces della casa romana di cui
Pompei ci dà ancora testimonianza,
per esempio).
La soglia di Palazzo Massimo è di
esplicita ispirazione classica.
L’edificio affaccia direttamente sulla strada pubblica e il suo punto d’accesso è fortemente connotato da
un’ombra profonda e da una sequenza
di colonne coronate da capitelli ionici.
Lo spazio si sviluppa longitudinal-
mente lungo il tracciato curvo della
strada e si conclude ai lati con due nicchie semicircolari.
Nella parte centrale, in corrispondenza del varco d’ingresso segnalato
da una maggiore distanza tra le due colonne in facciata, si immette un ampio
corridoio che conduce a un cortile interno e alla scala principale.
Questo luogo è particolarmente interessante per il tipo di relazioni che la
sua localizzazione e la sua forma innescano tra lo spazio pubblico e lo spazio
privato e per il suo appartenere contemporaneamente all’uno e all’altro.
Questo aspetto è, infatti, uno dei temi architettonici (e dei problemi, in fin
dei conti) più complessi applicati al
Riferimenti bibliografici:
1. Renato De Fusco, Mille anni di architettura in Europa, pp. 266-267.
324
Il libro delle soglie / SCHEDA 20
20
MICHELE SANMICHELI
PORTA PALIO
VERONA (ITALIA), 1549
Il libro delle soglie / SCHEDA 20
325
Queste differenze trovano una spiegazione nella diversa funzione di ciascuna delle due facce e nel diverso modo d’uso previsto per questi spazi da
parte dei gabellieri o dei passanti, a piedi, a cavallo o su carri.
Davanti al fronte rivolto verso la
campagna esisteva un tempo una grande area libera per la sosta e all’ingresso
si accedeva con riserve, pochi per volta, passando al vaglio dei doganieri attraverso quella centrale, più ampia, delle tre porte aperte su questo lato.
La faccia rivolta verso la città offriva la possibilità di ripararsi, di sostare o
di accatastare materiali sotto un
profondo portico con cinque grandi
campate ad arco, coperto con volte a
crociera.
In questa soglia urbana i due fronti, quello rivolto verso la città e quello rivolto verso la campagna presentano delle caratteristiche molto diverse.
Nel primo caso: raffinatezza dei paramenti marmore, stile ionico classico
e decorazioni pregiate; nel secondo:
trattamento grossolano dei materiali e
della composizione generale, uso del
bugnato.
In questa scelta c’era la volontà di
trasmettere una precisa informazione
sull’oggetto, sul suo ruolo e sui suoi significati rispetto alla città: chi si muoveva dalla campagna verso il centro si
trovava davanti a una porta ‘nobile’ ed
elegante, di disegno rigoroso ed equili-
brato; chi, al contrario, arrivava ai margini urbani e si dirigeva verso la periferia, doveva oltrepassare un pesante
portale in stile dorico di grande effetto
plastico, reso misterioso dalle ombre
prodotte dal portico e dalla scabrosità
della pietra grezza.
Questa porta vuole esprimere la
doppia immagine della vita, quella cittadina, raffinata e colta, e quella agreste, semplice e rozza.
Dal punto di vista compositivo si rilevano alcuni caratteri interessanti, per
esempio: i due lati sono diversi tra loro
per il numero e il tipo di aperture, per
la loro dimensione, per la loro disposizione e per i diversi spazi cui danno
accesso.
Riferimenti bibliografici:
1. Eric Langenkioeld, Michele Sanmicheli: the architect of Verona: his life and works, Almquist & Wikells
Boktryckeri, Uppsala, 1938.
2. Lionello Puppi, Michele Sanmicheli
architetto. Opera completa, Laliban,
Roma, 1986.
3. Lionello Puppi, Michele Sanmicheli
architetto di Verona, Marsilio, Venezia, 1971.
326
Il libro delle soglie / SCHEDA 21
21
KARL FRIEDRICH SCHINKEL
ALTES MUSEUM - EDIFICIO D’INGRESSO DELL’ISOLA DEI MUSEI
BERLINO (GERMANIA), 1822-28
Il libro delle soglie / SCHEDA 21
327
In questo esempio la soglia non è
rappresentata da una linea, né da una
porta o da una superficie a pavimento,
ma da un vero e proprio edificio, il cui
spazio tridimensionale rappresenta il
punto di accesso, di raccolta e di distribuzione dei visitatori al vasto e complesso sistema museale.
Proprio per la sua configurazione a
padiglioni indipendenti, l’Isola dei Musei di Berlino ha affidato a un intero
edificio il ruolo di accesso.
L’Altes Museum di Schinkel quindi,
oltre a svolgere una funzione espositiva
nelle sue sale perimetrali (è prima di
tutto un museo), offre ai gruoppi in visita una prima maestosa accoglienza
nella grande sala circolare coperta da
una cupola a cassettoni.
L’impianto centrale, la presenza del
colonnato e della statuaria a tutto tondo
lungo il perimetro della sala, il paramento marmoreo degli iterni, la raffinatezza delle finiture e la luce zenitale
proveniente dall’oculo della cupola
producono un forte coinvolgimento
emotivo e affidano a questo spazio un
carattere più di stanzialità che di semplice transito verso altri luoghi.
Riferimenti bibliografici:
1. G.F. Waagen, ‘Karl Friedrich Schinkel
als Mensch und als Künstler’, da:
‘Berliner Kalender’, 1844, pp. 305428, in: 1781-1841. Schinkel l’architetto del principe, Electa, Milano.
2. B. Bergdoll, Karl Friedrich Schinkel.
An Architecture for Prussia, Rizzoli
International, New York, 1994.
328
Il libro delle soglie / SCHEDA 22
22
ANTONI GAUDI’
TORRE-PORTICO D’INGRESSO DI CASA ‘EL CAPRICHO’
BARCELLONA (SPAGNA), 1883-85
Il libro delle soglie / SCHEDA 22
329
Avvicinandosi all’ingresso ci si imbatte
subito nella prima stravaganza: la porta
d’entrata è quasi nascosta da quattro colonne massicce che, terminanti in capitelli a filigrana, fanno da sostegno ad archi plastici
dall’aspetto piuttosto goffo.
Tre scale uguali, a cinque gradini ciascuna, una frontale e due laterali, conducono al centro del piccolo portico su cui si
apre la porta d’ingresso.
Oltre questa porta si trova un piccolo
vestibolo, uno spazio-filtro tra l’interno e
l’esterno che immette, tramite un’altra porta, in una nicchia di dimensioni molto contenute, una strozzatura del percorso, che
rende manifesto anche a livello fisico, il
definitivo ingresso nello spazio interno.
Questo ingresso è particolarmente emblematico dei caratteri di autonomia e di
monumentalità della soglia.
Costituito da un piccolo portico con
quattro pesanti colonne che poggiano su
un podio, cui si accede tramite tre brevi
rampe di scale, è uno spazio autonomo rispetto all’edificio cui dà accesso, pur essendone addossato e comunque fortemente
interrelato sul piano espressivo, materico e
decorativo.
Il trattamento del volume e delle superfici è tipicamete manierista: le colonne sono tozze e pesanti, i capitelli floreali hanno
una profusione e una decorazione quasi barocca, i materiali sono lavorati come creta,
la torre sovrasta pesantemente il portico,
somiglia molto a un minareto orientale.
Riferimenti bibliografici:
1. Rainer Zerbst, Antoni Gaudì, Taschen, Colonia, 1985, pp. 48-57.
2. Lara-Vinca Masini, Antoni Gaudì,
Sadea Sansoni, Firenze, 1969.
330
Il libro delle soglie / SCHEDA 23
23
FRANK LLOYD WRIGHT
LOGGIA D’INGRESSO DELLO STUDIO WRIGHT
OAK PARK, CHICAGO, ILLINOIS (USA), 1897
Il libro delle soglie / SCHEDA 23
331
La loggia è un piccolo spazio porticato
molto riccamente decorato, cui si accede
oltrepassando una sequenza di filtri,
eventi e spazi con funzioni catartiche.
Vi si giunge direttamente dalla strada,
da un ampio marciapiede alberato tramite quattro gradini. La decorazione
scultorea (sui capitelli e ai lati del cornicione) rappresenta l’aspetto più interessante di questo luogo: è simbolica e
riproduce figure del mondo vegetale e
animale.
La scultura ad altorilievo di uno dei
pilastri raffigura una pianta della stessa
casa di Wright a Oak Park, sormontata
da un libro aperto e fiancheggiata da
due animali, probabilmente due cicogne.
Questa soglia è significativa anche
dal punto di vista spaziale in quanto si
articola in una sequenza di ambienti e
di elementi molto particolari che ne
fanno una struttura piuttosto complessa: il percorso di avvicinamento, che si
svolge via via con gradini, fioriere, statue, etc.; il portico con i quattro pilastri
istoriati; le due porte d’ingresso che si
aprono lateralmente; la vetrata ripartita
in tre campate da altri quattro pilasti
più interni che dà luce al vestibolo d’ingresso, uno spazio di attesa e di accoglienza, attrezzato con delle sedute e un
grande tavolo da disegno collocato proprio sotto la finestra.
Riferimenti bibliografici:
1. William Allin Storrer, The Frank
Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago
and London, 1993, pp. 4-7.
2. Robert McCarter, Frank Lloyd Wright,
Phaidon, Londra, 1997, pp. 62-71.
3. E. Hannington, H. Blessing, Frank
Lloyd Wright Home and Studio, Oak
Park, Edition Axel Menges, Stuttgart,
1996.
332
Il libro delle soglie / SCHEDA 24
24
CHARLES RENNIE MACKINTOSH
SCALINATA E DOPPIA PORTA D’INGRESSO DELLA SCHOOL OF MODERN ART
GLASGOW, SCOZIA (GRAN BRETAGNA), 1898-1909
Il libro delle soglie / SCHEDA 24
333
Nella scalinata di Mackintosh lo
spazio di soglia si sviluppa in profondità, estendendosi dalla strada fino alla
porta d’entrata, e oltre, fin nella bussola interna con due porte a doppi battenti basculanti.
La scala è interamente rivestita di
lastre in pietra, di grandi dimensioni e
ripropone la misteriosa e affascinante
atmosfera degli ingressi degli antichi
castelli medievali.
Il limite più esterno è segnato da una
lanterna posta come chiave di volta al
culmine di un arco metallico che definisce una sorta di grande portale d’ingresso. Questo segno si interpone direttamente tra l’esterno (pubblico) del
marciapiede e della strada e lo spazio
della scalinata che, delimitata dall’arco
metallico e da spessi muri laterali con
andamento sinuoso è di per sè uno spazio chiuso, privo di pareti e soffitto, e
già fortemente connotato come interno.
La sua forma è ‘morbida’ e accogliente, invita alla salita e indirizza il
movimento verso il fulcro della porta,
la cui configurazione consente il transito veloce e contemporaneo nelle due
direzioni di entrata e di uscita.
Il brevissimo spazio quadrato che
segue è delimitato da una seconda porta, decorata con linee sinuose e sobrie
come la porta più esterna.
Riferimenti bibliografici:
1. Mackintosh Masterwork: The School of
Modern Art, Richard Drew Publishing,
Glasgow, 1989.
2. James Macanley (a cura di), Glasgow
School of Modern Art di Charles Rennie
Mackintosh, Phaidon, 1993.
3. ‘Glasgow School of Art, in: The Architect’s Journal, 24, giugno 1989, pp. 40-52.
334
Il libro delle soglie / SCHEDA 25
25
PETER BEHRENS
PORTA D’INGRESSO DI CASA BEHRENS
DARMSTADT (AUSTRIA), 1900-01
Il libro delle soglie / SCHEDA 25
“(L’ingresso), data la sua funzione di
apertura nella parete, che permette la penetrazione della casa, è trattato come un
recesso e affiancato da un fascio di fusti
zig-zagati che si ritraggono verso la porta.
La concavità così formatasi trova il
suo contrappunto più alto in un bay window convesso, ove pannelli di vetri sono
intercalati a frammenti di simili fusti verdi. Un dettaglio significativo è l’uso di
mattoni rossi ad ambo i lati dell’entrata,
che esercita un effetto di pacificazione e
stasi del movimento concavo-convesso.
La composizione si basa quindi sugli
stessi elementi di articolazione di tutto
l’esterno, ma la funzione del penetrare è
espressa dal fatto che qui si presentano
frammentati. Possiamo aggiungere che
nei pilastri che fiancheggiano il cancello
è già introdotto il tema fondamentale
dell’esterno: una massa solida di mattoni
rossi interpenetrata da vibranti verticali
verdi e incoronata da un terminale movimentato. […] Si accede alla porta d’ingresso per mezzo di una piattaforma ottagonale interposta tra il cancello e la casa. Definita da mura perimetrali basse,
che continuano poi lungo le scale, che su
ambo i lati conducono al giardino, la
piattaforma si presenta come uno spazio
sia isolato, che connesso. Dal punto di
vista fenomenologico essa può dirsi un
‘ponte’, che definisce il rapporto tra
l’ambiente circostante e la casa. [...] La
porta d’ingresso è già di per se stessa
un’introduzione all’interno. L’ornamento in alluminio bronzeo, su fondo scuro,
visualizza e condensa il carattere vitale
dei gusti laterali zigzagati. Questo orna-
335
mento rimonta e si espande in direzione
della sua origine: uno stilizzato motivo
solare in vetro traslucente, che contiene
un ovale di cristallo luminoso. La composizione colpisce ed esalta come una
nota tonale che può essere giustamente
espressa dal termine tedesco feierlich.
Piuttosto che in un castelletto si ha l’impressione di entrare in un ‘santuario’.
Una porta rappresenta sempre l’incontro di interno ed esterno; in questo caso i raggi solari dorati dell’ornamento si
accomunano ad un tipo più astratto di
geometria che sembra originare dall’interno. L’essenza della porta come la soglia ove ha luogo un’importante trasformazione è così espressa. (Data la sua costruzione metallica, la porta si è fortunatamente salvata dalla distruzione della
guerra, ma il prospicente ‘sole di cristallo’ è andato in frantumi, ed è oggi sostituito da un ovale semplice con suddivisioni che non accordano con la figurazione originale)”. (C. Norberg-Schulz).
Riferimenti bibliografici:
1. Christian Norberg-Schulz, Casa
Behrens. Darmstadt, Officina, Roma, 1980.
2. AAVV, Fascicolo monografico di
Casabella, dedicato a Peter Behrens,
n. 240, 1960.
3. Adriano Cornoldi, L’architettura
della casa, Officina, Roma, 1998,
pp. 160-161.
4. Christian Norberg-Schulz, Il mondo
dell’architettura, Electa, Milano,
1986, pp. 125-140.
336
Il libro delle soglie / SCHEDA 26
26
JOSEPH MARIA OLBRICH
PORTALE D’INGRESSO DELLA ERNST LUDWIG HAUS
DARMSTADT (AUSTRIA), 1901
Il libro delle soglie / SCHEDA 26
337
Questo ingresso monumentale, decorato e fiancheggiato da due statue gigantesche scolpite da Habich, segnala
il punto di penetrazione in uno degli
edifici residenziali della Colonia di
Darmstadt. La facciata in una alta e
spoglia facciata traforata da finestre
orizzontali, che nascondeva la vetrata
esposta a nord del retro, con un ingresso circolare decorato.
Il portale ad omega, come un occhio
gigantesco, cattura lo sguardo del visitatore, lo attrae guidandolo lungo il
percorso esterno, attraverso la sequenza di gradini della scala monumentale
fino al portico e lo fa arrestare di fronte alla porta d’ingresso, in ammirazione
estatica, in attesa.
La forma della cornice, sottolineata
da un ispessimento all’esterno, sembra
chiudere un ipotetico cerchio, il cui fuoco sta proprio al centro del varco. La sua
decorazione rappresenta l’apetto determinante non solo dell’ingresso, ma anche dell’intera facciata: oro, cerchi,
triangoli, colori tenuemente armonizzati.
La decorazione geometrica e floreale di questa soglia, con i suoi due granitici guardiani è portatrice di precisi
contenuti simbolici. “Ha il compito di
tenere lontani i visitatori, di evitare
ogni contatto con essi, e di sottrarre la
porta a qualsiasi profanazione. [...] Essa suggerisce una distanza ‘ottimale’
dalla quale osservare l’opera. [...] In
questo modo la grande porta, per mezzo della cornice e dei suoi ornamenti,
allontana più di quanto non metta in
contatto, separa più di quanto non colleghi’ (Marco Biraghi).
Riferimenti bibliografici:
1. B. Krimmel, P. Haiko, J. M. Olbrich.
Architettura, Jaca Book, Milano, 1988.
338
Il libro delle soglie / SCHEDA 27
27
FRANL LLOYD WRIGHT
DOPPIA BUSSOLA CIRCOLARE DEL ROOKERY BUILDING
CHICAGO (ILLINOIS, USA), 1905
Il libro delle soglie / SCHEDA 27
339
ne del valore di internità.
Va aggiunto che anche per questo,
come del resto per tutti gli elementi
dell’interno, Wright ha dato prova della su a grande attenzione per il dettaglio
e la qualità delle finiture (si vedano, per
esempio, il trattamento raffinato del telaio in legno verniciato, le maniglie, i
corrimani e le serrature in ottone, etc.).
Superato lo spazio-filtro della bussola, il percorso di accesso procede attraverso un ampio corridoio ribassato
su cui si aprono gli ascensori, fino ad
arrivare al cuore dell’edificio, allo
straordinario atrio quadrato, a doppia
altezza e illuminato dall’alto, da cui
parte la monumentale scala in ferro di
Wright.
L’ingresso al Rookery Building è
una struttura scatolare in legno, con tre
porte a vetri su telaio in legno, con due
battenti basculanti ciascuna.
La bussola è interamente contenuta
nello spessore del grande portale ad arco che immette nell’edificio. La geo-
metria, i materiali usati e le dimensioni
rendono questo spazio autonomo rispetto al varco .
All’interno di questo brevissimo
segmento di spazio, con soffitto ribassato, molto intimo e contenuto, è forte
il senso di raccoglimento e la percezio-
Riferimenti bibliografici:
1. John Zukowsky, Chicago Architecture 1872-1922, Prestel, Munich, London, New York, 2000, pp. 160-165.
2. William Allin Storrer, The Frank
Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago
and London, 1993, p. 112.
340
Il libro delle soglie / SCHEDA 28
28
ADOLF LOOS
INTERSTIZIO D’INGRESSO DELL’AMERICAN BAR
VIENNA (AUSTRIA), 1908
Il libro delle soglie / SCHEDA 28
341
Questo brevissimo segmento di spazio è intressante per diversi motivi. In
primo luogo va rilevata l’originalità
dell’aspetto esterno, con la facciata rivestita con lastre di marmo venato, il
prisma triangolare che sovrasta la porta
d’ingresso con la bandiera degli americana e il nome del negozio a tinte vivacissime.
Uno dei caratteri più significativi di
questa soglia è però la sua configurazione spaziale e le sue dimensioni molto esigue che definiscono un modo di
percepire e di usare questo spazio molto particolare. Il fronte esterno è tripartito da quattro lesene rivestite in marmo interposte tra tre vetrate identiche
nella forma ma diverse nella funzione:
quella di destra è una vetrina espositiva
apribile dall’esterno ma non accessibile; la centrale rappresenta il punto di
passaggio vero e proprio; la vetrata di
destra individua un piccolissimo luogo
che accoglie una o due persone al massimo intorno a un tavolino. Vi si accede con difficoltà bypassando le porte
aperte nelle diverse direzioni, che rendono macchinoso l’uso di questi spazi
minuscoli.
Il modello di fruizione dello spazio
d’ingresso fin qui descritto è coerente
con quello dello stesso bar, volutamente angusto, intimo ed elitario.
Riferimenti bibliografici:
1. Kurt Lustenberger, Adolf Loos, Artemis, Zurigo, 1994, p. 64.
2. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf
Loos, Pierre Mardaga èditeur, Vienna, 1987, p. 459.
342
Il libro delle soglie / SCHEDA 29
29
GUNNAR ASPLUND
PERCORSO D’INGRESSO DELLA CAPPELLA NEL BOSCO
STOCCOLMA (SVEZIA) 1918-20
Il libro delle soglie / SCHEDA 29
343
Gli studi di Asplund per il varco
d’ingresso, il percorso e il portico della cappella, rivelano una grande sensibilità per il tema della soglia, che in
questo progetto viene esplorata e proposta in termini di luogo.
L’ingresso si risolve in un tragitto
che prepara, emoziona e, alla fine, accoglie e protegge sotto il profondo portico colonnato.
La fitta boscaglia in cui è inserita la
costruzione trasmette l’idea di uno spazio interno denso di elementi e avvolgente, e la strada in esso ritagliata, i cui
margini sono segnati dalla presenza dei
pini e dal percorso in terra battuta, somiglia molto a un corridoio di distribuzione.
Il forte carattere di luogo percepibile in questo progetto è generato dalla
presenza della natura, la vegetazione
ad alto fusto che popolano il bosco, del
vento che produce rumori e fruscii tra
gli alberi, dell’acqua che si muove in
piccoli corsi e del sole che illuminando
dall’alto la radura prospiciente l’edificio, crea un ambiente riconoscibile e
fortemente connotato, una sorta di sala
d’attesa o un luogo di pre-parazione all’ingresso.
Riferimenti bibliografici:
1. C.Caldenby, O. Hultin , Asplund,
Ginko Press, Hamburg, 1985, p. 66-71
344
Il libro delle soglie / SCHEDA 30
30
GUNNAR ASPLUND
SCALINATE E PORTALE D’INGRESSO DELLA BIBLIOTECA DI STOCCOLMA
SVEZIA, 1920-28
Il libro delle soglie / SCHEDA 30
345
Un aspetto intressante dell’ingresso
alla Biblioteca di Stoccolma è il suo
ruolo comunicativo e rappresentativo
della funzione pubblica dello spazio in
cui immette.
Le dimensioni della scala e del portale esterno sono monumentali, come
monumentale, massiccia e rigorosa è
l’immagine generale dell’edificio.
La scalinata esterna in pietra conduce a un grandioso portale con una cornice in marmo alta circa dieci metri.
Una grande lastra di vetro con un telaio
a riquadri chiude il varco.
Superata la porta a vetri ritagliata nel
centro in questa vetrata ci si trova in un
vano quadrato piccolo ma molto complesso dal punto di vista dell’organizzazione dl movimento, in quanto costituisce il punto di confluenza di quattro diversi percorsi. Quello che dall’esterno
porta all’interno dell’edificio con una
scalinata monumentale, superato un secondo portale più piccolo al di là del vano quadrato, prosegue fin nel cuore della sala di lettura con una scala più stretta chiusa tra due pareti; i due laterali
con scale larghe poco più di un metro
seguono l’andamento curvo del muro
della sala di lettura a pianta centrale.
I rivestimenti in marmo, le soluzioni di dettaglio e le finiture sono di alta
qualità.
Riferimenti bibliografici:
1. C. Caldenby, O. Hultin, Asplund,
Gingko Press, Amburgo, 1997.
346
Il libro delle soglie / SCHEDA 31
31
FRANK LLOYD WRIGHT
PERCORSO D’ACCESSO DI CASA STORER
LOS ANGELES, CALIFORNIA (USA), 1923
Il libro delle soglie / SCHEDA 31
La vera soglia di Casa Ennis è rappresentata dal percorso d’ingresso che
dal limite di proprietà giunge fino alla
porta d’entrata dell’abitazione, articolandosi in una sequenza di dislivelli,
siepi, vasche d’acqua, aiuole e fioriere,
sedute, terrazze, alberi d’alto fusto,
ciottoli, etc.
La porta d’ingresso non costituisce
il limite fra l’esterno e l’interno ma,
per la sua configurazione e la sua posizione, è integrata nel percorso come
ciascuno degli elementi naturali che ne
fanno parte, tanto da risultare quasi assente la porta nel senso tradizionale del
termine.
Sull’intera composizione domina la
presenza costante della pietra, la cui
decorazione ‘racconta’ di presenze
umane e tradizioni costruttive del passato.
Il percorso è quindi una specie di foresta pietrificata, costituita da siepi
geometriche potate a spigolo vivo, pietre lavorate, lisciate, decorate, tappeti
d’erba e passatoie marmoree, vasche
d’acqua e ruscelli artificiali convogliati
in brevi condotti e in fontane di storica
memoria. Un tentativo ben riuscito di
sposare artificio e natura, ma con delicatezza, senza forzature, come un gesto
spontaneo e naturale.
“Evidentemente è difficile immaginare una casa senza porta. Ne ho vista
una, un giorno, parecchi anni fa, a Lansing, Michigan, Stati Uniti d’America.
Era stata costruita da Frank Lloyd Wright: si cominciava col seguire un sen-
347
tiero leggermente sinuoso, sulla sinistra
del quale si innalzava, con forte progressione, e perfino con una noncuranza estrema, un leggero declivio che,
dapprima obliquo, si avvicinava poco
per volta alla verticale. A poco a poco,
come per caso, senza rendersene conto,
senza che a un istante preciso si fosse
in grado di affermare di aver percepito
qualcosa che assomigliasse a una transizione, a una rottura, a un passaggio o
a una soluzione di continuità, il sentiero diventava pietroso, ovvero: dapprima non c’era altro che erba, poi iniziavano a esserci delle pietre in mezzo all’erba, c’erano un po’ più di pietre e diventava come un vialetto lastricato ed
erboso, mentre sulla sinistra, la pendenza del terreno cominciava a somigliare, molto vagamente, a un muretto,
poi a un muro in opus incertum. Poi appariva una specie di tetto graticciato
praticamente indissociabile dalla vegetazione che l’invadeva. Ma di fatto, era
già troppo tardi per sapere se si era fuori o dentro: in fondo al sentiero, le lastre combaciavano e ci si trovava in ciò
che si è soliti chiamare un’entrata, la
quale si apriva direttamente su una
stanza piuttosto gigantesca, uno dei
prolungamenti della quale sfociava su
una terrazza oltre tutto ravvivata da una
grande piscina”. (george Perec)
Riferimenti bibliografici:
1. Frank Lloyd Wright, Taschen, Colonia, 1994.
2. William Allin Storrer, The Frank
Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago
and London, 1993, p. 220.
3. Robert McCarter, Frank Lloyd Wright,
Phaidon, Londra, 1997, pp. 167-173.
348
Il libro delle soglie / SCHEDA 32
32
LE CORBUSIER
PORTICO D’INGRESSO DELLA CITÉ DE REFUGE
PARIGI (FRANCIA), 1929
Il libro delle soglie / SCHEDA 32
349
La pensilina di Le Corbusier è una
struttura molto semplice, costituita da
una piastra rettangolare di circa 40
centimetri di spessore, sorretta da 4 pilastri molto snelli, in metallo, inclinati
e abbinati a due a due.
I punti di congiunzione tra la tettoia
e i pilastri sono risolti in semplice
adiacenza dei due sistemi, fissati tra loro con viti e bulloni.
Le caratteristiche formali di questa
soglia (essenzialità di linee, volumi e
superfici; uso vivace del colore; etc.) le
conferiscono un esplicito ruolo comunicativo; invece la sua posizione e la
sua articolazione assicurato una totale
protezione dalle intemperie lungo il
percorso che dall’esterno conduce all’interno dell’edificio.
Riferimenti bibliografici:
1. Willy Boesiger (a cura di), Le Corbusier, Zanichelli, Bologna, 1991,
pp. 48-49.
350
Il libro delle soglie / SCHEDA 33
33
RUDOLPH SCHWARZ
PORTE D’INGRESSO DELLA CHIESA PARROCCHIALE DEL CORPUS DOMINI
AQUISGRANA (GERMANIA), 1929-30
Il libro delle soglie / SCHEDA 33
351
quasi cinque volte più alta, più luminosa e aerea, e genera uno spazio di
profonda concentrazione e raccoglimento.
In questo ambiente si trova anche il
fonte battesimale, isolato dall’aula della chiesa da una lastra di vetro a specchio.
Gli ingressi hanno una localizzazione dettata dalle diverse necessità: connettere in modo diretto le funzioni
(l’accesso sulla parete laterale sinistra
consente un collegamento immediato
con la canonica); risolvere la cerniera
tra interno ed esterno (si vedano le porte della parete laterale destra, che immettono nella navata ribassata e nell’atrio vetrato); sottolineare il valore simbolico del movimento verso il punto ieratico dell’altare (il portale della facciata principale sottolinea la direzione
longitudinale).
Alla chiesa si accede tramite quattro porte diverse per forma, dimensione e ubicazione.
Ogni ingresso svolge un ruolo ben
determinato, promuove un particolare
modo di accedere e soprattutto esprime
un preciso significato dinamico.
La porta più importante sul piano
funzionale non corrisponde a quella
più importante sul piano formale, infatti è il piccolo atrio in angolo a svolgere la funzione di accoglienza dell’assemblea piuttosto che il portale, che
viene usato solo in occasione delle
processioni.
Uno scarto dimensionale e luministico separa l’atrio dalla navata laterale, ribassata rispetto a quella centrale,
Riferimenti bibliografici:
1. Rudolph Schwarz, Costruire la chiesa. Il senso liturgico nell’architettura sacra, a cura di Roberto Masiero
e Franco de Faveri, Morcelliana,
Brescia, 1999.
2. Roberto Masiero, ‘Rudolph Schwarz:
l’altra modernità’, in: Casabella,
640/641, dicembre 1996-gennaio
1997, pp. 28-33.
3. Chiara Baglione, ‘Il mondo sulla soglia, in: Casabella, 640-641, dicembre 1996-gennaio 1997, pp. 34-55.
4. Wolfgang Penth, ‘La luce nell’oscurità’, in: Casabella, 640/641, dicembre 1996-gennaio 1997, pp. 56-59.
352
Il libro delle soglie / SCHEDA 34
34
ALVAR AALTO
PENSILINA D’INGRESSO DEL SANATORIO DI PAIMIO
PAIMIO (FINLANDIA), 1929-33
Il libro delle soglie / SCHEDA 34
353
La zona d’ingresso al Sanatorio di
Aalto è sottolineata da una pensilina di
forma organica (di cui abbiamo visto
una soluzione analoga nell’ingresso di
Villa Mairea) molto aggettante, che
produce un’ombra profonda nel punto
del contatto e dello scambio tra l’esterno e l’interno.
Essa copre non solo le scale che collegano il pavimento esterno a quello interno leggermente sopraelevato, ma anche lo spazio in cui si fermano le automobili per far scendere i pazienti.
E’ realizzata in calcestruzzo alleggerito e rinforzato nei punti di attacco
alla facciata, per lo sforzo a cui è sottoposta a causa della configurazione in
forte aggetto e del peso proprio.
Riferimenti bibliografici:
1. Peter Reed, Alvar Aalto, Electa, Milano, 1998, pp. 166-173.
2. Goran Schildt (a cura di), The architectural drawings of Alvar Aalto:
1917-1939, Garland, New York,
1994, vol IV.
354
Il libro delle soglie / SCHEDA 35
35
GIUSEPPE TERRAGNI
PORTE AUTOMATICHE DELLA CASA DEL FASCIO
COMO (ITALIA), 1932-36
Il libro delle soglie / SCHEDA 35
355
La soglia della Casa del Fascio (una
sequenza di porte vetrate automatiche
che producono una totale continuità visiva tra l’interno e l’esterno, attraverso
lo spazio dell’ingresso) è uno spazio
fluido, aperto e ‘disponibile’ ad essere
fruito ‘da tutti’.
Nell’interno c’è un grande atrio, accessibile direttamente passando da queste
porte, originariamente organizzato intorno a una corte aperta. Successivamente il
cortile divenne una sala centrale per riunioni, illuminata dall’alto attraverso una
copertura in vetro-cemento.
L’intenzionalità politica della costruzione è espressa in termini letterali dalla
serie di porte in vetro della facciata d’ingresso, la cui apertura simultanea di queste porte, grazie ad un meccanismo elettrico, avrebbe unito l’agorà interna del cortile con la piazza, consentendo in tal modo
il flusso ininterrotto delle adunate di massa dalla strada all’interno dell’edificio.
“Oggi le porte che si chiudono automaticamente sono un bene comune. Ma
le porte che si aprono automaticamente
potrebbero avere ben presto una analoga
diffusione. Non è necessario che ciò avvenga per le porte esterne, ma se le porte interne si apriranno da sole, ciò darà
l’impressione di una amichevole accoglienza da parte del padrone di casa, senza che questi abbia bisogno di muovere
un dito. Il meccanismo è semplice: basta
premere col piede su di una lastra mobile; l’invenzione e il brevetto sono già
stati perfezionati, il meccanismo è già in
funzione in alcuni locali berlinesi. Ma si
può andare anche più in là; si possono
inserire nelle porte dei cristalli rotanti, e
accendere dei riflettori: ne risulterà
un’accoglienza più gradevole di quella
che è in grado di assicurare un annoiato
servitore in livrea”. (Paul Sceerbart)
Riferimenti bibliografici:
1. Ada Francesca Marcianò, Giuseppe
Terragni. Opera completa 1925-1943,
Officina, Roma, 1987, pp. 83-102.
356
Il libro delle soglie / SCHEDA 36
36
FRANCO ALBINI
PORTA D’INGRESSO DELL’ISTITUTO DI BELLEZZA ‘ELIZABETH ARDEN’
VIA MONTENAPOLEONE, MILANO (ITALIA), 1939
Il libro delle soglie / SCHEDA 36
357
La sistemazione ha avuto luogo nel
pian terreno di una vecchia casa di Milano, la cui facciata neoclassica è stata
rispettata interamente: l’arco centrale è
stato continuato all’interno dell’atrio
con una volta a botte, è stato chiuso nella parte superiore con un cristallo e nella parte inferiore con una parete di ebano nella quale è stata tagliata la porta.
Il marmo di ornavasso grigio dei
gradini continua nel pavimento dell’atrio a grandi lastre.
Alla sala si accede attraverso una
porta a due battenti di securit. Le pareti sono di cementite battuta grigio pallido.
Riferimenti bibliografici:
1. Antonio Piva, Vittorio Prina, Franco
Albini 1905-1977, Electa, Milano,
1998, pp. 126-127
2. Domus, 144, dicembre 1939.
3. Stile, maggio-giugno 1941
4. Quaderni di Domus, 2, Editoriale
Domus, Milano, 1945.
5. Quaderni di Domus, 6, Editoriale
Domus, Milano, 1948.
358
Il libro delle soglie / SCHEDA 37
37
FRANK LLOYD WRIGHT
PORTALE E TUNNEL D’INGRESSO DEL NEGOZIO MORRIS
SAN FRANCISCO, (CALIFORNIA, USA), 1948-50
Il libro delle soglie / SCHEDA 37
359
Il Negozio Morris è una ristrutturazione di uno spazio preesistente, ma al
posto della solita vetrina, Wright ha introdotto una parete cieca in laterizio,
con un’unica apertura ad arco di mattoni e vetro.
Il suo disegno è geometrico, quasi
rigido, all’esterno, ma all’interno il varco si trasforma in un tunnel e convoglia
il visitatore verso uno spazio avvolgente, con una rampa a spirale che collega
il piano terra con il primo piano. Il breve percorso d’ingresso rappresenta un
elemento di sutura e di connessione diretta tra l’interno e l’esterno.
La porta di Wright è quindi contemporaneamente espressione di un dentro
e di un fuori che si negano a vicenda,
attraverso l’uso di linguaggi molto diversi: nelle viste dall’atrio verso l’esterno l’ingresso appare aereo, trasparente, coinvolgente, e dalla strada verso
l’interno del negozio, invece, l’immagine è quella di un varco di geometria
rigorosa e astratta, severo, in alcuni casi misterioso.
Riferimenti bibliografici:
1. Frank Lloyd Wright, Taschen, Colonia, 1994.
2. Frank Lloyd Wright. Per la causa dell’architettura, Gangemi, Roma, 1989.
3. William Allin Storrer, The Frank
Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago
and London, 1993, p. 323.
360
Il libro delle soglie / SCHEDA 38
38
LUDWIG MIES VAN DER ROHE
BASAMENTO E GRADINI DI CASA FARSWHORT
PLANO (ILLINOIS, USA), 1945-51
Il libro delle soglie / SCHEDA 38
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E’ difficile dire quale sia in realtà il
segno di soglia in Casa Farswhort,
quello che delimita il confine tra l’edificio e la natura.
La negazione delle differenze tra
esterno e interno promossa dal Movimento Moderno e l’idea di istituire tra
loro una continuità visiva e spaziale ha
prodotto molti ambienti privi delle nette, tradizionali pareti verticali in muratura, sostituite da pareti vetrate completamente trasparenti.
Qui le linee di margine sono talmente sottili e il varco nella parete al
tal punto ‘bidimensionale’ (privo cioè
della spazialità concessa alla soglia
dallo spessore del muro tradizionale)
da non essere quasi percepibile.
Ma la differenziazione tra spazio
abitato e natura non può essere abilita.
Mies però qui, come in molte altre sue
architetture, la reinterpreta e la affida
altri elementi: in Casa Farnswhort, per
esempio, al podio e alle sequenze di
gradini e di ‘vassoi’ esterni che costituiscono i momenti di un percorso di
progressivo avvicinamento e penetrazione nello spazio ‘chiuso’. Questi sono gli spazi di passaggio miesiani.
Riferimenti bibliografici:
1. Werner Blaser (a cura di), Mies van
der Rohe. Farnsworth House,
Birkhäuser, Basilea, 1999.
2. Gianni Ottolini, Vera de Prizio, La
casa attrezata, Liguori, Napoli,
1993, pp. 174-176.
362
Il libro delle soglie / SCHEDA 39
39
LE CORBUSIER
PORTALE MERIDIONALE DELLA CHAPELLE DE NOTRE-DAME-DU-HAUT
ROCHAMP (SVIZZERA), 1950-55
Il libro delle soglie / SCHEDA 39
363
vanno a battere le parti terminali del battente, con forma ad ogiva. Sulla struttura reticolare del portone sono stati fissati una maniglia in bronzo e sedici pannelli in lamiera d’acciaio larghi 135 cm
e alti dai 67 ai 69 cm (le misure alle quali si riferiva Le Corbusier erano in realtà
139x70 cm, direttamente derivate dal
Modulor), fissati alla struttura mediante
viti in ottone da 6 mm e rondelle in
piombo, e dipinti personalmente da Le
Corbusier (disegni originali datati 4
maggio 1955).
Questa porta è girevole in modo imperfetto, nel senso che riducendosi a un
solo battente ruotante su un perno centrale, è capace al massimo di coprire
l’ampiezza di un angolo retto, producendo una doppia apertura che consente l’entrata e l’uscita contemporanee.
Apertura e chiusura non procedono
ininterrottamente l’una dall’altra per
trasformarsi perennemente l’una nell’altra ma scandiscono spazi e momenti
diversi.
Per questo motivo la pporta di Le
Corbusier non è girevole in senso assoluto.
Il portone meridionale della Cappella, in acciaio, è una grande porta girevole, dipita da Le Corbusier ispirandosi
al ‘retablo’ di Boulbon. Ha una forma
pseudo quadrata, pesa circa 2,3 tonnellate, ed è costituito internamente da una
struttura metallica reticolare. La struttura è simmetrica e nel suo asse centrale
verticale è collocato un pivot che permette l’apertura, per rotazione, verso
l’interno della cappella. Gli stipiti sono
costituiti da due montanti contro cui
Riferimenti bibliografici:
1. Charles Jencks, Le Corbusier and
the Continual Revolution in Architecture, The Monacelli Press, New
York, 2000, pp. 262-265.
2. Giuseppe Rocchi Coopmans de Yoldi (a cura di), Le Corbusier, Terragni, Michelucci, Alinea, Firenze,
2000, pp. 85-132.
364
Il libro delle soglie / SCHEDA 40
40
ASNAGO EVENDER
CANCELLO D’INGRESSO DEL CONDOMINIO XXI APRILE
MILANO (ITALIA), 1953
Il libro delle soglie / SCHEDA 40
365
Il punto di accesso pedonale alla
proprietà privata è segnato da un cancello ricavato in uno dei due muretti
posti ai lati di un ampio varco destinato al passaggio delle automobili.
Nel muretto di destra è inserita una
porta sussidiaria, utilizzata solo quando
il cancello è chiuso, protetta da una
pensilina in cristallo temperato, montata su una struttura metallica con quattro
pilastri molto esili.
Due di questi si agganciano direttamente alla lastra, gli altri due vanno a
sorreggere una mensola metallica, cui
si aggancia la lastra stessa.
Nel complesso, la posizione della
porta d’ingresso, la struttura di copertura e la sisposizione degli elementi di
sostegno definiscono un disegno non
simmetrico, originale e dinamico rispetto al rigore della facciata del condominio, quindi questa soglia svolge
un significativo ruolo di identificazione
del passaggio.
Riferimenti bibliografici:
1. E. Paoli, Quaderni Vitrum n.6, Gli
“ingressi”, a cura del Cisav, p. 16
366
Il libro delle soglie / SCHEDA 41
41
LUIGI CACCIA DOMINIONI
BUSSOLA D’INGRESSO DELLA BANCA POPOLARE DI COMMERCIO E INDUSTRIA
VIA MOSCOVA, MILANO (ITALIA), 1956
Il libro delle soglie / SCHEDA 41
367
I battenti di cristallo a filo libero sono retti da cardini metallici a pavimento e immorsati al sopraluce tramite piastrine metalliche ad ‘L’ nella parte alta.
Questa soglia è destinata ad accogliere non l’individuo singolo ma un
flusso di persone in un andirivieni continuo. E’ proprio questo aspetto a determinare lo specialissimo trattamento
dello spazio, nelle dimensioni, nelle finiture e nella composizione formale in
genere.
Il significato espressivo del progetto di Caccia Dominioni risiede nel tentativo di rendere di facile controllo il
flusso e piacevole l’atto dell’entrare
(come in un gioco, in una stanza degli
specchi), reso attraverso l’articolazione spaziale e l’accostamento di colori e
materiali diversi.
Le pareti laterali sono in lamiera
smaltata blu cobalto, il pavimento è di
granito, lo zerbino circolare è di fibre
naturali di cocco.
Questoo spazio d’ingresso è costituito da un sistema di porte a vetri disposte lungo due direttrici oblique, a
costituire una doppia bussola con pianta a forma di due triangoli che si incontrano al vertice. Interamente realizzata in cristallo, a parte l’esile pilastro
centrale metallico, a pianta esagonale,
che regge la struttura, si compone di
quattro lastre di cristallo temperato che
si diramano dal pilastro centrale e defi-
niscono quattro ambienti indipendenti.
Sotto i quattro volumi dei sopraluce
si trovano altre quattordici lastre più
piccole, tre esterne, e quattro interne
per ciascuno dei quattro ambienti triangolari.
Di queste, otto sono apribili con
oscillazione sfalsata, quattro sono fissate al pilastro centrale, altre due sono fisse, addossate alle pareti laterali, e formano un angolo ottuso verso la strada.
Riferimenti bibliografici:
1. E. Paoli, Quaderni vitrum n.6, Gli
“ingressi”, a cura del Cisav, p. 79.
2. Maria Antonietta Crippa, Luigi Caccia Dominioni: flussi spazi e architettura, Universale di Architettura,
Torino, 1996.
368
Il libro delle soglie / SCHEDA 42
42
CARLO DE CARLI
SAGRATO SOPRAELEVATO DELLA CHIESA DI SANT’IDELFONSO
MILANO (ITALIA), 1956
Il libro delle soglie / SCHEDA 42
369
Il sagrato di forma trapezioidale di
Sant’Idelfonso, sopraelevato di circa
un metro e mezzo dal piano stradale,
isola il punto d’ingresso e gli conferisce una certa intimità rispetto allo spazio pubblico indifferenziato. L’intimità
non gli deriva dalla presenza di margini fisici costruiti (pareti e copertura)
ma dalla sopraelevazione, che elimina
ogni possibile interazione o, peggio,
frammistione, con movimenti e attività
incompatibili.
Questo spazio è quindi ancora un
esterno ma chiaramente circoscritto e
identificato come luogo per sostare prima e dopo le funzioni religiose, in grado di affidare una precisa identità e riconoscibilità al punto di passaggio.
L’accesso al podio, però, non sancisce la definitiva penetrazione nello spazio interno della chiesa, ma prepara l’evento e traduce, amplificandolo a una
scala urbana (monumetale, nella sua
semplicità), il gesto naturale ma liturgicamente significativo dell’ingresso nello spazio sacro.
Riferimenti bibliografici:
1. Carlo De Carli, Architettura Spazio
Primario, Hoepli, Milano, 1982.
370
Il libro delle soglie / SCHEDA 43
43
CARLO SCARPA
PORTA DI SERVIZIO DEL NEGOZIO OLIVETTI
VENEZIA (ITALIA), 1957-58
Il libro delle soglie / SCHEDA 43
371
Questa porta consiste in una grande
lastra di pietra che si apre ruotando intorno a un perno.
E’ ritagliata su una facciata costituita da lastre di pietra lavorata con tecniche diverse, accostate e sovrapposte, in
modo da definire campi di vari colori e
rugosità.
I materiali utilizzati sono i marmi
locali, vicentini e veronesi, color crema, bianco e rosa. La decorazione si
basa sia sulla varietà delle textures sia
sulla lavorazione a bassorilievo e ad altorilievo delle cornici e dei disegni
geometrici ornamentali.
Questa ‘pesante’ soglia svolge prima di tutto una funzione decorativa.
Secondaria è la funzione strumentale di
consentire il passaggio e di controllarne il flusso. Quasi assente è la funzione
segnaletica, mimetizzata com’è nella
composizione generale della facciata.
Un aspetto da sottolineare è la modalità di apertura a rotazione intorno a
un asse non centrale, che conferisce alla porta forte asimmetria e quindi grande dinamicità.
Riferimenti bibliografici:
1. Ada Francesca Marcianò (a cura di),
Carlo Scarpa, Zanichelli, Bologna,
pp. 112-117.
2. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia,
1994.
3. Gigi Scarpa, ‘Un negozio in piazza
San Marco a Venezia’, in: L’architettura, Cronache e storia, 43, maggio
1959.
4. B. Albertini, S. Bagnoli (a cura di),
Scarpa: l’architettura nel dettaglio,
Jaca Book, Milano, 1988.
5. AAVV, Carlo Scarpa Architect. Intervening withhistory, Canadian
Centre for Architecture, The Monacelli Press, 1999.
372
Il libro delle soglie / SCHEDA 44
44
BBPR
PENSILINA ABITATA E BUSSOLA D’INGRESSO DELLA TORRE VELASCA
MILANO (ITALIA), 1958
Il libro delle soglie / SCHEDA 44
373
passaggio allo spazio pubblico (accoglie più persone per volta); sia per il valore che assume in relazione alle diverse condizioni di illuminazione naturale
o artificiale che ne trasformano l’immagine e il senso nelle diverse ore del
giorno.
Per esempio, i lampadari a più punti luce progettati per l’atrio producono
una illuminazione diffusa molto intensa che raggiunge tutto lo spazio vetrato
di accoglienza al piano terra, compresa
la bussola. Ne risulta un effetto ‘notturno’ molto affascinante: la bussola sembra una teca illuminata dall’interno che
si stacca dall’edificio e che, ‘svuotando’ il piano terra, fa levitare la torre.
L’effetto diurno è molto diverso: l’illuminazione naturale è lieve e attenuata,
e a fatica raggiunge il punto di accesso,
che rimane sempre in forte penombra.
Questo ingresso è costituito da diversi elementi: uno spazio di accoglienza esterno, protetto da una pensilina e attrezzato con negozi aperti al
pubblico; una pensilina ‘abitata’ molto
aggettante, appoggiata ai negozi sottostanti; e da una bussola vetrata, l’elemento forse più interessante di tutto il
sistema d’ingresso.
La bussola è una struttura tridimensionale a lastre di vetro trasparente e
con telaio in ferro verniciato.
E’ un punto importante nella composizione generale dell’edificio, sia per
la sua localizzazione, per la configurazione planimetrica, per la dimensione
e per la spazialità interna; sia per la
funzione prioritaria di consentire il
Riferimenti bibliografici:
1. ‘La Torre Velasca a Milano’, in: Casabella, 232, ottobre 1959.
2. Serena Maffioletti (a cura di), BBPR,
Zanichelli, Bologna, 1994, pp. 136141.
3. Leonardo Fiori, Massimo Prizzon (a
cura di), La Torre Velasca, Abitare
Segesta, Milano, 1982.
4. Giuseppe Samonà, ‘La Torre Velasca a
Milano’, in: L’architettura cronache e
storia, 40, febbraio 1959, pp. 659-674.
374
Il libro delle soglie / SCHEDA 45
45
LUDWIG MIES VAN DER ROHE, PHILIPH JOHNSON
BUSSOLE A BATTENTI GIREVOLI DEL SEAGRAM BUILDING
NEW YORK6 (USA), 1958
Il libro delle soglie / SCHEDA 45
375
Il piano terra del Seagram, completamente ‘aperto’ dal punto di vista della
percezione visiva, liberato dal vincolo
delle murature opache che compromettono la continuità tra interno ed esterno, e delimitato invece da diaframmi
vetrati trasparenti, è accessibile tramite
tre bussole circolari vetrate con battenti girevoli su un asse centrale.
La totale trasparenza della facciata e
dei varchi di ingresso rende quasi impercettibile la dimensione, la forma e
l’esistenza stessa del varco, che è solo
lievemente segnato da esili serramenti
in bronzo.
Manca qualsiasi elemento, linea o superficie, che dia una precisa identità allo spazio del passaggio vero e proprio:
il pavimento esterno continua indifferentemente anche all’interno dell’edificio e il limite della soglia si riduce al
concetto puramente astratto di ‘punto’
di soglia, il punto in cui è fissato il pilastrino intorno a cui ruotano i battenti.
Riferimenti bibliografici:
1. Franz Schulze, Mies van der Rohe,
Jaca Book, Milano, 1989, pp. 274275.
2. Phyllis Lambert, Mies in America,
New York, 2001.
3. E. Paoli, Quaderni vitrum n.6, Gli
“ingressi”, a cura del Cisav, p. 104.
376
Il libro delle soglie / SCHEDA 46
46
GIO’ PONTI
PENSILINE-BUSSOLE D’INGRESSO DEL GRATTACIELO PIRELLI
MILANO (ITALIA), 1960
Il libro delle soglie / SCHEDA 46
377
L’ingresso consiste in due pensiline
aggettanti in acciaio, che proteggono
dalle intemperie nel tratto dall’auto all’atrio e che, prolungandosi all’interno
della parete vetrata della facciata principale, formano la copertura di due
bussole di accesso, alte tre metri e completamente trasparenti.
Le pensiline hanno una struttura in
acciaio rivestita di alluminio anodizzato e sono leggermente rialzate verso la
parte più esterna per convogliare il movimento verso l’interno dell’edificio; le
bussole sono realizzate in cristallo temperato, ad eccezione della copertura,
metallica come la pensilina esterna.
Nella parte interna, alla fine della
breve galleria protetta dalla pensilina,
le due porte che si susseguono nella
bussola, danno accesso a un grande vestibolo.
I battenti sono in cristallo temperato
a filo libero, e si muovono su cerniere
metalliche.
Riferimenti bibliografici:
1. E. Paoli, Quaderni vitrum n. 6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav, pp. 42-43.
2. G. Ardini, C. Serratto, Giò Ponti.
Venti cristalli di architettura, Il Cardo, Venezia, 1994, pp. 141-159.
3. AAVV, ‘Il centro Pirelli’, in: Edilizia
moderna, 71.
378
Il libro delle soglie / SCHEDA 47
47
ENRICO CASTIGLIONI
BUSSOLA D’INGRESSO DELL’ORATORIO S. LUIGI
BUSTO ARSIZIO, MILANO (ITALIA), 1962
Il libro delle soglie / SCHEDA 47
379
La parete dell’atrio rivolta verso il
cortile riservato ai giochi dei ragazzi, è
costituita da una grande vetrata in cui è
inserita una bussola a pianta quadrata,
ruotata in modo tale che il diaframma
in vetro la taglia a metà in corrispondenza degli angoli. In questo modo la
bussola si presenta con la particolare
configurazione triangolare sia verso il
vestibolo, sia verso il cortile.
I battenti e le lastre fisse, ancorate
con piccole piastre a pavimento e con
una cornice metallica ad ‘L’ nella parte
superiore, sono di vetro acidato, mentre
il cielino è di cristallo temperato trasparente. Le parti metalliche sono di ottone spazzolato.
Come risulta dalla pianta, la bussola
si apre in tre punti: uno dalla parte del
cortile e due verso l’atrio in modo da
poter indirizzare i visitatori direttamente verso lo spazio di accoglienza e di
distribuzione agli altri ambienti dell’oratorio.
Riferimenti bibliografici:
1. E. Paoli, Quaderni Vitrum n. 6, Gli
“ingressi”, a cura del Cisav, p. 94.
380
Il libro delle soglie / SCHEDA 48
48
ROBERT VENTURI, JOHN RAUCH
PORTA D’INGRESSO DI CASA VANNA VENTURI,
CHESTNUT HILL, PHILADELPHIA (PENNSYLVANIA, USA), 1959-64
Il libro delle soglie / SCHEDA 48
381
prosegue oltre i limiti della porta stessa, a sua volta sormontato da una linea
arcuata che spezza la rigida geometria
rettangolare.
Nella parte superiore, inoltre si presenta una profonda frattura che separa i
due lati della facciata provocando una
forte tensione nel punto del passaggio.
Nello sfondo del portico d’ingresso
c’è una finestra, la cui posizione spostata rispetto all’asse di simmetria sottolinea la non-assialità del percorso
d’ingresso.
Lo spazio dell’ingresso è qui sintesi
di movimenti incrociati e di elementi
dinamici in forte tensione, tuttavia esso
viene usato anche come luogo di sosta,
come sottolineano le foto ormai famose di Vanna Venturi seduta sulla soglia
della propria casa.
Il prospetto principale dell’edificio è
concepito come uno schermo bidimensionale che appartiene sia allo spazio
esterno che a quello interno.
A definire questo varco concorrono
diversi aspetti: in primo luogo la figura.
Il disegno è insieme simmetrico e
asimmetrico: la simmetria si coglie
nella collocazione del varco all’interno
del fronte principale; l’asimmetria, in-
vece, nello sviluppo spaziale che prevede un accesso attraverso una porta
laterale posta sotto il breve intradosso
del portale e una configurazione del
vano ‘ad imbuto’, più ampio e aperto
verso la porta d’ingresso.
Si tratta di una semplicissima apertura rettangolare (quasi quadrata) ritagliata nella superficie di facciata e sottolineata da un architrave lineare che
Riferimenti bibliografici:
1. C. Vaccaro, F. Schwartz, Venturi
Scott Brown e Associati, Zanichelli,
Bologna, 1991, pp. 25-27.
2. Adriano Cornoldi, L’architettura
della casa, Officina, Roma, pp. 242243.
3. Robert Venturi, Complessità e contraddizione nell’architettura, Dedalo, Bari, 1980.
382
Il libro delle soglie / SCHEDA 49
49
CARLO SCARPA
PERCORSO D’ACCESSO DELLA FONDAZIONE QUERINI-STAMPALIA
VENEZIA (ITALIA), 1964
Il libro delle soglie / SCHEDA 49
383
L’acqua raggiunge le sale in modo
naturale, come il visitatore accede a
questi luoghi con spontaneità e fluidità.
Gli spazi d’ingresso della Fondazione Querini-Stampalia sono costituiti da
un sistema di elementi e ambienti piuttosto complesso e articolato: l’accesso
non avviene dall’originario portale del
palazzo storico, ma da una porticina secondaria laterale cui si arriva superando
un breve pontile; all’interno si sviluppa
una sequenza di ambienti disposti su livelli diversi connessi tra loro da piastre,
gradini, vasche in pietra; da qui parte un
corridoio che si articola in una serie di
nicchie e altri piccoli spazi; etc.
La varietà e l’articolazione che caratterizzano il percorso non producono,
però un senso di disorientamento o di
caos compositivo. Questo perché i diversi ‘eventi’ sono tenuti insieme dalla
presenza costante e unificante dell’acqua che, nell’accompagnare l’incedere
del visitatore dal pontile alle sale espositive, convogliata in canalette artificiali fino a confluire in una grande vasca
di pietra, congiunge definitivamente,
senza fratture e discontinuità, l’interno
con l’esterno.
Riferimenti bibliografici:
1. Richard Murphy, Querini Stampalia
Foundation. Carlo Scarpa, Phaidon,
London, 1993.
2. Marta Mazza (a cura di), Carlo Scarpa alla Querini Stampalia, Il Cardo,
1996.
3. Ada Francesca Marcianò (a cura di),
Carlo Scarpa, Zanichelli, Bologna,
pp. 112-117.
4. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia,
1994.
5. B. Albertini, S. Bagnoli (a cura di),
Scarpa: l’architettura nel dettaglio,
Jaca Book, Milano, 1988.
6. AAVV, Carlo Scarpa Architect. Intervening withhistory, Canadian
Centre for Architecture, The Monacelli Press, 1999.
7. Carlo Scarpa, A+U Publishing,
Tokyo, 1985.
8. Maria Antonietta Crippa, Carlo
Scarpa: il pensiero, il disegno, i progetti, Jaca Book, Milano, 1984.
9. Sergio Los, Carlo Scarpa: an architectural guide, Arsenale, Venezia,
1995.
384
Il libro delle soglie / SCHEDA 50
50
CARLO DE CARLI
SCALINATE, ATRII E PORTICI DI ACCESSO DELLA CHIESA DI SAN GEROLAMO EMILIANI
CIMIANO, MILANO (ITALIA), 1964
Il libro delle soglie / SCHEDA 50
385
Il complesso sistema di accesso alla
Chiesa di San Girolamo Emiliani attraverso scale, portici e atrii differenziati
offre l’occasione per riflettere brevemente sul significato dell’accedere allo
spazio sacro che De Carli ha interpretato qui come percorso, come successione di situazioni, strutture e ambienti diversi.
Il punto di contatto fra l’interno e
l’esterno ospita, in questo progetto,
momenti significativi sul piano liturgico: le tappe dell’avvicinamento, dell’ascesa, dell’attesa, della sosta e dell’ingresso.
Le scalinate accolgono il movimento dei fedeli che si recano alla chiesa da
luoghi diversi, generano una sorta di
distanziamento dalla strada (la quotidianità, la materialità, le ‘cose terrene’
nell’interpretazione religiosa) e immettono, attraverso un percorso indiretto,
laterale, prima in portici, poi in piccoli
atrii che sanciscono il definitivo ingresso nello spazio interno della chiesa.
Riferimenti bibliografici:
1. Carlo De Carli, Architettura Spazio
Primario, Hoepli, Milano, 1982.
386
Il libro delle soglie / SCHEDA 51
51
CARLO SCARPA
CANCELLO DEL CIMITERO BRION
SAN VITO D’ALTIVOLE, TREVISO (ITALIA), 1969-78
Il libro delle soglie / SCHEDA 51
387
E’ alto 163 centimetri, come il muro
di cinta nel quale è ritagliato, ed è realizzato con gli stessi materiali. Questo dà totale contuinuità al perimetro esterno.
La presenza del varco è denunciata
solo da pochi dispositivi (il carrello delle ruote e la maniglia) e da alcuni elementi decorativi (l’apertura a forma di
croce nella parte superiore dell’anta, il
listello metallico orizzontale annegato
nel calcestruzzo e la cornice di finitura).
La struttura rievoca, con la sua gravità, i portali in pietra delle piramidi e
dei templi degli antichi Egizi.
Il cancello dell’ingresso dei funerali della Tomba Brion è una grande porta scorrevole costituita da un pannello
di cemento gettato in cassero, con una
lastra di vetro incastrata internamente.
Questa massa apparentemente irremovibile, in realtà scorre facilmente su
ruote con cuscinetti a sfera in bronzo
montate all’estremità di un carrello,
lungo una rotaia annegata nel cemento
della pavimentazione.
L’apertura del cancello non è mai
completa, in quanto prevede che rimanga sempre in vista un maniglione
in tondo pieno di acciaio di 40 millimetri di sezione.
Riferimenti bibliografici:
1. Peter Noever (a cura di), The other
city. Carlo Scarpa: the architect’s
working method as shown by the
Brion Cemetery in San Vito d’Altivole, Ernst & Sohn, Berlino, 1989.
2. AAVV, Carlo Scarpa Architect. Intervening withhistory, Canadian
Centre for Architecture, The Monacelli Press, 1999.
3. Peter Buchanan, ‘Brion Cemetery’, in:
The architectural Review, II, 1985.
4. Carlo Scarpa, A+U Publishing,
Tokyo, 1985.
5. Maria Antonietta Crippa, Carlo
Scarpa: il pensiero, il disegno, i
progetti, Jaca Book, Milano, 1984.
6. Pierluigi Nicolin, ‘Carlo Scarpa: cimitero-tomba Brion a San Vito di
Altivole’ in: Lotus, 38, 1983.
7. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia,
1994.
8. Ada Francesca Marcianò (a cura di),
Carlo Scarpa, Zanichelli, Bologna,
pp. 112-117.
388
Il libro delle soglie / SCHEDA 52
52
IEOH-MING PEI
PYRAMIDE D’INGRESSO DEL MUSEO DEL LUOVRE
PARIGI (FRANCIA), 1984-89
Il libro delle soglie / SCHEDA 52
389
La costruzione piramidale, posta
proprio al centro della grande piazza
del Louvre, è in realtà solo la copertura
degli spazi sotterranei di distribuzione
del museo, ma per le sue dimensioni, la
geometria e l’uso di materiali tecnologici (vetro e acciaio) in forte contrasto
con quelli degli edifici storici prospicienti, costituisce un forte segnale di
identificazione dell’ingresso e di polarizzazione dell’attenzione.
In una della facce della piramide sono collocati i dispositivi di accesso, un
complesso sistema di porte e di scale
mobili che conducono all’atrio sotterraneo.
Riferimenti bibliografici:
1. Leonardo Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Laterza, RomaBari, 2001, p. 1013.
2. Atlante di architettura contemporanea, Könemann, Colonia, 2000, pp.
294-295.
390
Il libro delle soglie / SCHEDA 53
53
ALDO ROSSI
PERCORSO E PORTALI D’INGRESSO DELLA BIENNALE
VENEZIA (ITALIA), 1985
Il libro delle soglie / SCHEDA 53
391
Rossi allestisce la Biennale del 1985
e progetta un originale viale che connette l’ingresso col padiglione italiano e
gli altri padiglioni stranieri.
Il percorso di accesso è segnato dalla sequenza di tre grandi portali che introducono a un quarto portale più grande collocato sotto la cupola d’ingresso.
Su ciascun arco è posta una scritta a
grandi caratteri maiuscoli, realizzata in
lamiera rossa: ‘Biennale’, ‘Venezia’,
‘Architettura’.
I primi tre portali, quelli del giardino, sono tappezzati di manifesti policromi, come mosaici veneziani o strade
urbane; il quarto è dipinto bianco, con
un consistente zoccolo in alluminio e
su di esso troneggia la scritta ‘Italia’, illuminata dalla luce della cupola.
La costruzione provvisoria e il valore attribuito alla tipografia di queste
‘porte urbane’, le avvicina a un tipo di
manifesto pubblicitario tridimensionale
in cartapesta più che a una solida struttura difensiva o celebrativa, come vuole la tradizione delle porte urbane.
Riferimenti bibliografici:
1. Gianni Braghieri (a cura di), Aldo
Rossi, Zanichelli, Bologna, 1981.
2. Alberto Ferlenga, Aldo Rossi 1959-87,
Electa, Milano, 1987, pp. 264-265.
392
Il libro delle soglie / SCHEDA 54
54
IMRE MAKOVECZ
PORTALE DELLA CHIESA LUTERANA DEL PARCO OULU
SIOFOK (UNGHERIA), 1986-87
Il libro delle soglie / SCHEDA 54
393
Ricco di invenzione fantasiosa, rievocatrice di figure primordiali e fiabesche, il portale della Chiesa Luterana nel
Parco Oulu, in Ungheria dà una particolare interpretazione al gesto dell’entrare,
tradotto in forme e significati mitici.
Come per la celebrazione dei riti di
iniziazione primitivi, secondo cui i neofiti venivano ‘ingoiati’ dalle fauci del
dio, per essere digeriti e poi sputati fuori, le soglie degli edifici sacri venivano
decorate con figure zoomorfe o antropomorfe e realizzate con le fattezze di un
enorme mostro con le fauci spalancate,
anche nella porta di Makovecz l’intento
simbolico e la valenza comunicativa
prevalgono su ogni altro aspetto.
La citazione delle forme animalesche mette in scena l’antica relazione
tra le ‘parti dell’architettura’ e le ‘parti
del volto’. Quindi questa soglia, appentemente semplice portale ad arco a sesto acuto con porta sagomata, in legno
e a doppio battente, è in realtà sintesi di
una ben più complessa articolazione di
elementi, cornici, aperture e decorazioni di memoria gotica, e di contenuto allegorico.
Ne esce un monumentale simbolo
del passaggio, in cui la comunità si
identifica fortemente.
Riferimenti bibliografici:
1. Adriano Cornoldi, L’architettura dell’edificio sacro, Officina, Roma, pp.
260-261.
2. H. Dvorszky (a cura di), Architettura
organica ungherese, La Biennale,
Venezia, 1991.
394
Il libro delle soglie / SCHEDA 55
55
PETER ZUMTHOR
PORTA D’INGRESSO DELLO STUDIO ZUMTHOR
HALDENSTEIN (SVIZZERA), 1988-89
Il libro delle soglie / SCHEDA 55
395
matico quanto risolto con semplicità: al
fine di rendere riconoscibile e abitabile
(anche minimamente) questo punto, il
progettista ha delimitato lo spazio con
una semplicissima tenda che scorre su
un binario semicircolare in tondino di
metallo, posto a un’altezza di circa tre
metri dal pavimento.
Questa porta esemplifica perfettamente un esempio di soglia lineare,
nella quale l’uonico elemento che accenna alla spazialità è una cornice metallica esterna di spessore tale da consentire di accogliere brevemente il corpo umano.
Tutta protesa verso l’esterno, sollevata di circa venti centimetri da terra,
questa soglia produce un dislivello che
isola figurativamente il dispositivo
d’ingresso dalla parete esterna rivestita
in lamelle di legno.
La porta mette in comunicazione direttamente l’esterno con lo stretto corridoio interno che corre trasversalmente rispetto alla direzione d’ingresso.
Il punto di itersezione tra il dispositivo di introduzione e il percorso di distribuzione è tanto nevralgico e proble-
Riferimenti bibliografici:
1. Mayr Fingerle, Christoph Ed., Neues
Bauen in den Alpen / Architettura
contemporanea alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992,
Raetia, Bolzano, 1992.
2. Schweizer Architektur führer 19201990, 1, Verk Verlag, Zurich, 1992.
3. E. Hubelin, P. Fumagalli, ‘Eigenes
Atelier in Haldenstein 1986’, in:
Werk, Bauen+Wohnen, 74/41, 10,
1987, pp. 34-39.
4. Architese 20, 6, 1990, pp. 29-33.
5. P. Zumthor, ‘Ateliergebäude in Haldenstein, in: Detail, Serie 28, 5, 1988,
pp. 493-498.
6. Werk, Bauen+Wohnen, 76/43, 4,
1989, pp. 24-31.
7. Peter Zumthor, Helen Binet, Peter
Zumthor: opere architettoniche
1979-1997, Lars Müller, Baden,
1998.
8. Danuser, Partituren und Bilder: architectonische Arbeiten aus dem Atelier Peter Zumthor 1885-1988, Architekturgalerie, Luzern, 1989.
396
Il libro delle soglie / SCHEDA 56
56
UMBERTO RIVA
CORRIDOIO D’INGRESSO DI CASA INSINGA
MILANO (ITALIA), 1988-89
Il libro delle soglie / SCHEDA 56
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d’ingresso e la sua sottolineatura con
un segno marcato nel pavimento e un
cambiamento di direzione nella pavimentazione, lo rende un luogo di margine.
Questa soglia potrebbe apparire
semplicemente come una linea astratta,
un gesto formale in cui non si può riconoscere alcuna spazialità.
Infatti il semplice segno sul pavimento, pur rappresentando una demarcazione molto forte del limite, non accoglie il corpo e lo svolgersi del gesto
umano. La percezione del superamento
del margine si limita quindi a un’esperienza sensoriale e non esperienziale.
Nel corridoio di ingresso di Casa Insinga si legge un esempio di spostamento del limite oltre il varco nel muro.
L’intento è quello di rendere indipendente il corridoio, cui viene affidata la precisa connotazione di luogo di
filtro e di transizione.
Dice Riva in un’intervista: “Il corridoio è per me una zona di decompres-
sione tra uno spazio e l’altro, la spina
dorsale sulla quale si innestano gli spazi serviti. Lo considero sempre un luogo. […] Mi interessava pensare al corridoio come a una strada, a un lungo
percorso”.
In generale il corridoio non si può
definire come soglia, ma in questo progetto la sua posizione presso la porta
Riferimenti bibliografici:
1. Marco Romanelli, ‘Umberto Riva,
Casa Insinga’, in: Domus, 708, 1989.
2. Lotus, 63, 1989.
3. Zodiac, 20, 1989.
4. Umberto Riva, Album dei disegni,
Quaderni di Lotus, 10, Electa, Milano, 1989.
398
Il libro delle soglie / SCHEDA 57
57
ALVARO SIZA VIEIRA
ATRIO ESTERNO DEL CENTRO GALEGO DI ARTE CONTEMPORANEA
SANTIAGO DE COMPOSTELA (SPAGNA), 1988-93
Il libro delle soglie / SCHEDA 57
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Lo spazio d’ingresso al museo di
Santiago consiste in un patio esterno
sopraelevato rispetto alla strada e raggiungibile tramite una lunga rampa e
una scala e da un atrio interno molto
vasto.
La transizione tra dentro e fuori avviene tramite un’ampia porta vetrata a
tre ante.
Oltrepassata la soglia, segnata all’interno da un tappeto in fibre naturali di
forma irregolare, inserito nel marmo
della pavimentazione, lo spazio di accoglienza ospita semplici attrezzature,
come un attaccapanni, un portaombrelli e una lunga panca di marmo addossata alla parete frontale.
Riferimenti bibliografici:
1. Kenneth Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano, 1999, pp.
338-351.
2.Atlante di architettura contemporanea, Könemann, Colonia, 2000, pp.
310-311.
3. P. Testa, Alvaro Siza, Birkäuser Verlag, Basel, Boston, Berlin, 1996, pp.
163-169.
400
Il libro delle soglie / SCHEDA 58
58
ALVARO SIZA VIEIRA
PORTALE PRINCIPALE DELLA CHIESA DI SANTA MARIA
MARCO DE CANAVEZES (PORTOGALLO), 1990-96
Il libro delle soglie / SCHEDA 58
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Questa soglia esplora il tema ddella
‘Grande Porta’ che accoglie la collettività religiosa e ne valorizza il significato simbolico del gesto del ‘passare attraverso’ e dell’accedere.
E’ alta circa dieci metri, a due battenti, ciascuno di circa un metro e mezzo di larghezza, ripartiti in 38 riquadri.
Nella sua assoluta essenzialità geometrica questo varco costituisce un elemento segnaletico di forte impatto.
Riferimenti bibliografici:
1. Kenneth Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano, 1999, pp.
379-393.
2. Atlante di architettura contemporanea, Könemann, Colonia, 2000, pp.
386-387.
402
Il libro delle soglie / SCHEDA 59
59
FRANK O. GEHRY
PONTE, SCALINATA E VESTIBOLO DEL GUGGENHEIM MUSEUM
BILBAO (SPAGNA), 1991-97
Il libro delle soglie / SCHEDA 59
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L’ingresso al Guggeheim di Bilbao
è costituito da una sequenza di elementi che dapprima segnalano la direzione
(ponte), quindi preparano all’ingresso
(patio e scalinata) e infine immettono
definitivamente nello spazio interno
(porta a vetri).
Il punto di accesso non è dichiarato
esplicitamete, si scorge in una specie di
interstizio molto simile alla fenditura
tra due pareti rocciose.
E’ quindi il gioco dinamico dei volumi, il loro sovrapporsi, intersecarsi e
lambirsi che produce il fortissimo impatto dell’edificio e, conseguentemente, il grande coinvolgimento emotivo,
la sorpresa, il mistero, nel progressivo
movimento di avvicinamento.
Riferimenti bibliografici:
1. Abitare, 171, marzo 1998.
404
Il libro delle soglie / SCHEDA 60
60
AICHINGER + PARTNER BAUKUNST
PORTA D’INGRESSO ALLO SHOP-KONZEPT
MONACO DI BAVIERA (GERMANIA), 1995
Il libro delle soglie / SCHEDA 60
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L’aspetto significativo di questo ingresso a un negozio sta nella sua trasformabilità nelle due configurazioni di
apertura e di chiusura.
Realizzato in profilati e lamiere metalliche consiste in una sorta di cancello esterno a due battenti decorato con la
grafica del negozio, e in una struttura
scatolare a soffitto ribassato, inserita in
un varco più ampio.
Nello spessore del volume, due gradini coprono il dislivello tra il piano
stradale e la quota del pavimento del
negozio.
Una lastra in vetro completamente
trasparente posta sul filo interno del
portale d’ingresso costituisce l’ultimo
filtro all’entrata
Riferimenti bibliografici:
1. Detail, 6, 1995, pp. 1046-1047.
406
Il libro delle soglie / SCHEDA 61
61
CARLOS PUENTE
PORTA DI ACCESSO DELLA CAPPELLA DEL CIMITERO IN CAMARMA DE ESTERNELAS
MADRID (SPAGNA), 1995-97
Il libro delle soglie / SCHEDA 61
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Questa soglia è un simbolo di semplicità e di concentrazione.
Semplici sono il materiale utilizzato
e il suo trattamento (una doppia tavola
di legno grezzo con cardini in ferro), e
semplici sono il disegno, la forma e le
relazioni che essa istituisce con la facciata principale e l’edificio in generale.
La concentrazione simbolica si legge invece nella decorazione astratta e
naturalistica insieme (si veda il disegno
della croce stilizzata e degli arbusti che
da essa sembrano prendere vita).
La presenza e il ruolo della porta sono valorizzati anche dalla presenza di
una pensilina (se così può essere definita), che non ha la pretesa di svolgere
alcun ruolo protettivo, ma, solo con un
segno, è in grado di rievocare la memoria di un antico timpano.
Riferimenti bibliografici:
1. ‘Arquitectura espanola’, El Croquis,
90, 1997-98, pp. 234-237.
408
Il libro delle soglie / SCHEDA 62
62
ETTORE SOTTSASS JR.
SEQUENZA DI SPAZI D’INGRESSO DI CASA VAN IMPE
ST. LIEVENS, HOUTIEN (BELGIO), 1996-98
Il libro delle soglie / SCHEDA 62
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La soglia di casa Van Impe è apparentemente ridotta a una semplice porticina ‘ritagliata’ nella facciata esterna
dell’edificio, ma in realtà il suo sviluppo interno rivela un’articolazione spaziale ben più complessa.
Si tratta di una sequenza di spazi
che dal parcheggio, tramite un percorso
segnato da un cambio di materiali di
pavimentazione, giunge ad un patio coperto in cui si trova una aiuola con
piante ornamentali e una porta che immette in uno spazio di dimensioni molto ridotte (circa due metri quadrati) che
porta agli ambienti privati.
Questa successione spaziale rappresenta in termini fisici il passaggio del
pubblico al privato toccando tutte le diverse tappe intermedie, come un percorso preparatorio decadono via via
tutte le bariere che si interpongono tra
il visitatore e l’interno.
Riferimenti bibliografici:
1. Ettore Sottsass jr., Universale di Architettura - Testo e immagine, Milano, 1997, pp. 84-85.
410
Il libro delle soglie / SCHEDA 63
63
ALBERTO CAMPO BAEZA
PORTA DEI FIORI
SAN DONA’ DI PIAVE, VENEZIA (ITALIA), 1997
Il libro delle soglie / SCHEDA 63
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tro della città, sulle rive del fiume
Miljaka.
Elevarono al cubo diecimila fiori
bianchissimi: aromatiche magnolie, rose fragranti, camelie splendide e semplici margherite.
E fu il prodigio: nell’elevarsi al cubo, diecimila fiori divennero matematicamente un milione di milioni.
Un milione di milioni di fiori che,
con la loro forma e il loro profumo
inondarono sarajevo; i bosniaci, i serbi,
e i croati, da allora, vivono per sempre
felici e nella pace”. (Alberto Campo
Baeza, da El Pais, Madrid, 11 settembre 1993)
Si tratta di una struttura commemorativa per la porta d’ingresso al parco
dell’azienda DimensioneFuoco Vetroveneto.
L’idea di base, molto semplice, consiste nella realizzazione di un cubo,
che, attraversato diagonalmente, indichi il punto di accesso e la direzione
del movimento.
Due muri bianchi di 6x6 metri ciascuno si innalzano a formare un angolo
retto, in modo tale che il visitatore che
vi si trova di fronte possa percepirli come un cubo perfetto. In corrispondenza
dell’angolo è ricavato un varco di 2x2
metri, attraversabile come una porta.
All’interno sono piantati rampicanti
con fiori bianchi, gelsomini e glicini,
che sono destinati a ricoprire interamente questa soglia.
Questa porta ‘monumento di se
stessa’, privata del ruolo strumentale di
elemento d’ingresso, è significativa solo per i contenuti simbolici, politici e
culturali che sottende, al di là della
possibilità di essere utilizzata in quanto ‘port’, essa lancia un messaggio ben
preciso sul valore storico e al significato umano del passaggio.
“Nessuno seppe mai da dove vennero tanti fiori così splendidi e così profumati. Però con loro arrivò la pace a
Sarajevo.
L’architetto ideò un’architettura cubica: un cubo. Gli albanesi costruirono
le poderose fabbriche di pietra nel cen-
Riferimenti bibliografici:
1. Alberto Campo Baeza. Progetti e
costruzioni, Electa, Milano, 1999,
pp. 144-145.
412
Il libro delle soglie / SCHEDA 64
64
AARHUS ARKITEKTI
SCALE E PENSILINE D’INGRESSO DI UN EDIFICIO AD APPARTAMENTI
BRABRAND (DANIMARCA), 1997
Il libro delle soglie / SCHEDA 64
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In questo progetto la soglia sottolinea formalmente il punto di accesso non
all’interno dell’edificio, ma al sistema di
distribuzione esterno a ballatoio.
Consiste in una struttura molto semplice: una scala lineare in cemento divisa
in due rampe da un pianerottolo intermedio. Il passaggio è protetto da una copertura in ondulina metallica sorretta da otto
pilastri in profilato metallico a sezione
circolare.
Su un lato della scala, in corrispondenza del pianerottolo, si trova un telaio
di irrigidimento e di controventatura.
Questa soluzione è interessante più
che per le soluzioni tecniche che introduce per il tipo di connessione che realizza (non diretta tra un esterno pubblico e un interno privato), ma tra spazi liberamente accessibili, anche attrezzati
per la sosta (ci sono sedute, alberi, etc.).
Scala e pensilina svolgono efficacemente il ruolo segnaletico senza apporre vincoli e controlli sul flusso in ingresso e in uscita, e per questo suo
mancare dei ruoli protettivo e selettivo,
potremmo definire questa una soglia
‘imperfetta’.
Riferimenti bibliografici:
1. Detail, 4, 1997, pp. 540-543.
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Il libro delle soglie / SCHEDA 65
65
TAGASAKI YAMAGUCHI
PORTA D’INGRESSO DELLA IHAI HALL
JYOTO (GIAPPONE), 2000
Il libro delle soglie / SCHEDA 65
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Sintomaticamente questa soglia è
stata posta alla fine del lavoro con lo
scopo di sollevare una questione circa
il ruolo dello spazio del passaggio.
Nella Ihai Hall non si entra.
La porta di ingresso fa passare solo
lo sguardo, e il ‘vassoio’ che di primo
acchito potrebbe essere letto come un
invito all’ingresso (sollevato da terra,
come se librasse leggero nell’aria) è solo una terrazza da cui si può vedere
l’interno, ma attraverso cui non vi si
può accedere.
La porta è un’immagine, un desiderio e una tentazione del passaggio.
Nient’altro.
Assenza ed essenzialità sul piano
formale ( non ci sono sottolineature enfatiche né decorazioni). Essenzialità sul
piano dei contenuti (pochi elementi e
materiali usati con semplicità). Assenza sul piano funzionale (questa porta
non porta!).
Eppure in questo progetto la percezione della soglia è forte. Una soglia
esiste. Ma non è un passaggio.
Riferimenti bibliografici:
1. Lotus, 107, Electa, Milano, pp. 106108.