Politecnico di Milano - Dipartimento di Progettazione dell’Architettura Università degli Studi di Napoli Federico II-Dipartimento di Progettazione Urbana tesi di dottorato di Barbara Bogoni tutor: prof. arch. Gianni Ottolini coordinatore: prof. arch. Cesare Stevan Dottorato di ricerca in Arredamento e Architettura degli Interni XVI ciclo - anno accademico 2001-2002 INTERNITÀ DELLA SOGLIA Il passaggio come gesto e come luogo Fonti delle illustrazioni: (nel frontespizio) 1. Varco d’ingresso al giardino di una casa marocchina (da: Bernard Rudofky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Bari, 1979). 2. Trilite del Santuario di Mnaijadra, Malta (da: Bernard Rudofky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Bari, 1979). 3. Charles Rennie Mackintosh, Corridoio d’ingresso della Mackintosh House, Glasgow (Gran Bretagna), c. 1900 (da: Pamela Robertson, The Mackintosh House, Hunterian Art Gallery, University of Glasgow, Glasgow). 4. Le Corbusier, Sous le soeil, Schizzo. Grazie ad Elena Montanari. E ad Elisa Coghi, Martina Ceschi e Luca Schiaroli. Grazie ad Adelmina Dall’Acqua. Grazie a Massimiliano Nocchi e alla signora Flora Weichmann Savioli. Grazie ad Eleonora Bersani. Grazie a Gianni Ottolini. Indice Ambito, ragioni e metodo della ricerca 1 Parte prima Il varco LA SOGLIA 7 La dialettica degli opposti Cos’è una soglia in architettura? Necessità, fragilità e resistenza del varco Elementi che individuano una soglia 9 13 21 LIVELLI DI SOGLIA 29 La non-soglia: continuità tra interno ed esterno La soglia come linea La dimensione spaziale 31 33 35 Parte seconda Il gesto e il luogo IL GESTO SULLA SOGLIA: ATTENDERE, VARCARE, ESSERE ACCOLTI 41 Davanti al limite. L’attesa Il limite. Il momento del passaggio. Soglie valicabili e invalicabili: il problema dell’accessibilità Oltre i limite. L’accesso La soglia come luogo del gesto. Alcune letture e interpretazioni 43 INTERNITA’ DELLA SOGLIA: IL PASSAGGIO COME LUOGO 55 Quando la soglia diventa luogo? La localizzazione del varco fra interno ed esterno come segnale e come simbolo La figura ‘anima’ il varco La misura, fra convenienza funzionale, appropriatezza formale e problemi costruttivi La materia, fra trasparenza e opacità Il rapporto tra luce ed ombra Il colore potenzia il significato La decorazione come valore estetico e narrativo La presenza della natura Attrezzature per ‘abitare’ la soglia Problematicità e simbolismi del passaggio Coinvolgimento sensoriale 45 47 49 57 59 65 73 77 83 89 95 105 111 121 131 Parte terza Verifiche ‘sul luogo’ della soglia 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE (CAMERUN) Decorazione simbolica e significati iniziatici 2 MAESTRO NICOLÒ, PROTIRO E PORTALE DELLA BASILICA DI SAN ZENO, VERONA (ITALIA), 1123 La fusione delle arti tra narratività e memoria 3 CHARLES RENNIE MACKINTOSH, CORRIDOIO DI ACCESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE, GLASGOW, SCOZIA (GRAN BRETAGNA), c. 1900 Arredi e attrezzature articolano il gesto 4 ADOLF LOOS, VESTIBOLO DI VILLA KARMA, LA TOUR DE PELIZ, MONTREUX (SVIZZERA), 1904-06 Lusso, rigore, geometria e decorazione 5 PIERRE CHAREAU E BERNARD BIJVOËT, PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE, RUE SAINT GUILLARME 31, PARIGI (FRANCIA), 1928-1932 Luce naturale e luce artificiale generatrici di spazio 6 ALVAR AALTO, PENSILINA DI VILLA MAIREA, NOORMARKKU (FINLANDIA), 1938-39 La natura come connettore tra interno ed esterno 7 LE CORBUSIER, CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET, LA PLATA (ARGENTINA), 1949 Lo spostamento del limite 8 CARLO SCARPA, PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO, VERONA (ITALIA), 1957-73 L’articolazione della forma genera il movimento 9 LEONARDO SAVIOLI, BUSSOLA DI INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI, GALLUZZO, FIRENZE (ITALIA), 1966 La dimensione umana e lo spazio esistenziale 139 147 161 173 183 195 209 219 235 10 PETER ZUMTHOR, APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT, SOGN BENEDEGT (SVIZZERA), 1988 Continuità e contrasto: la mediazione della soglia-ponte 11 ETTORE SOTTSASS JR., PORTICO DI CASA BISHOFBERGER, SVIZZERA, 1991-96 Forme totemiche e scarti cromatici 247 261 Parte quarta Internità della Soglia, oggi IL FUTURO DELLA SOGLIA 273 Nuova sensibilità e modelli di fruizione dello spazio: la dinamica della vita contemporanea. Riflessioni sulle soglie informatiche Senso e non-senso della soglia Abbiamo ancora bisogno di ‘luoghi’ per passare? Quali luoghi? 275 277 279 Per concludere Appendice 283 Il libro delle soglie - Schede 1 2 Porta d’ingresso della casa del Capo Bamileke (Camerun) 1123, Maestro Nicolò, Protiro e portale della Basilica di San Zeno, Verona (Italia) 3 1900 c., Charles Rennie Mackintosh, Corridoio di accesso di Casa Mackintosh, Glasgow, Scozia (Gran Bretagna) 4 1904-06, Adolf Loos, Vestibolo di Villa Karma, La Tour de Peliz, Montreux (Svizzera) 5 1928-32, Pierre Chareau e Bernard Bijvoët, Portico e corridoio d’ingresso della Maison de Verre, Rue Saint Guillarme 31, Parigi (Francia) 6 1938-39, Alvar Aalto, Pensilina di Villa Mairea, Noormarkku (Finlandia) 7 1949, Le Corbusier, Cancello della Casa del dottor Currutchet, La Plata (Argentina) 8 1957-73, Carlo Scarpa, Percorso di accesso del Museo di Castelvecchio, Verona (Italia) 9 1966, Leonardo Savioli, Bussola di ingresso dello Studio Savioli, Galluzzo, Firenze (Italia) 10 1988, Peter Zumthor, Appendice d’ingresso della Cappella Sogn Benedegt, Sogn Benedegt (Svizzera) 11 1991-96, Ettore Sottsass jr., Portico di Casa Bishofberger, Svizzera 286 288 290 292 294 296 298 300 302 304 306 12 Porta d’abitazione con decorazione pittorica ad arabeschi, Walata (Mauritania) 13 Facciata attrezzata d’ingresso della ginna del capofamiglia Dogon (Mali) 14 Portali decorati delle case di Kano (Nigeria) 15 Galleria d’accesso delle case ipogee di Matmata (Tunisia) 16 1190-1200, Intradossi e portali ad anelli della Cattedrale di Laon (Francia) 17 1470, Leon Battista Alberti, Portico d’ingresso della Basilica di Sant’Andrea, Mantova (Italia) 18 1519-59, Michelangelo Buonarroti, Vestibolo della Biblioteca Laurenziana, Firenze (Italia) 19 1532, Baldassarre Peruzzi, Portico d’accesso del Palazzo Massimo alle Colonne, Roma (Italia) 20 1549 c., Michele Sanmicheli, Porta Palio, Verona (Italia) 21 1822-28, Karl Friedrich Schinkel, Altes Museum - Edificio d’ingresso dell’Isola dei Musei, Berlino (Germania) 22 1883-85, Antoni Gaudì, Torre-portico d’ingresso di Casa ‘El Capricho’, Barcellona (Spagna) 23 1897, Frank Lloyd Wright, Loggia d’ingresso dello Studio Wright, Oak Park, Chicago (Illinois, USA) 24 1898-1909, Charles Rennie Mackintosh, Scalinata e doppia porta d’ingresso della School of Modern Art, Glasgow (Scozia) 25 1900-01, Peter Behrens, Porta d’ingresso di Casa Behrens, Darmstadt (Austria) 26 1901, Joseph Maria Olbrich, Portale d’ingresso della Ernst Ludwig House, Darmstadt (Austria) 27 1905, Frank Lloyd Wright, Doppia bussola circolare del Rookery Building, Chicago, (Illinois, USA) 28 1908, Adolf Loos, Interstizio d’ingresso dell’American Bar, Vienna (Austria) 29 1918-20, Gunnar Asplund, Percorso d’ingresso della Cappella nel Bosco, Stoccolma (Svezia) 30 1920-28, Gunnar Asplund, Scalinate e portale d’ingresso della Biblioteca di Stoccolma (Svezia) 31 1923, Frank Lloyd Wright, Percorso d’accesso di Casa Storer, Los Angeles, California (USA) 32 1929, Le Corbusier, Portico di ingresso della Cité de Refuge, Parigi (Francia) 33 1929-30, Rudolph Schwarz, Porte d’ingresso della Chiesa parrocchiale del Corpus Domini, Aquisgrana (Germania) 34 1929-33, Alvar Aalto, Pensilina d’ingresso del Sanatorio di Paimio (Finlandia) 35 1932-36, Giuseppe Terragni, Porte automatiche della Casa del Fascio, Como (Italia) 308 310 312 314 316 318 320 322 324 326 328 330 332 334 336 338 340 342 344 346 348 350 352 354 36 1939, Franco Albini, Porta d’ingresso dell’Istituto di bellezza ‘Elizabeth Arden’, via Montenapoleone, Milano (Italia) 37 1948-50, Frank Lloyd Wright, Portale e tunnel d’ingresso del Negozio Morris, San Francisco (California, USA) 38 1945-51, Ludwig Mies van der Rohe, Basamento e gradini di Casa Farnswhort, Plano (Illinois, USA) 39 1950-55, Le Corbusier, Portale meridionale della Chapelle de Notre-Dame-du-Haut, Rochamp (Svizzera) 40 1953, Asnago e Vender, Cancello d’ingresso del condominio XXI Aprile, Milano (Italia) 41 1956, Luigi Caccia Dominioni, Bussola d’ingresso della Banca Popolare di Commercio e Industria, via Moscova, Milano (Italia) 42 1956, Carlo de Carli, Sagrato sopraelevato della Chiesa di Sant’Idelfonso, Milano (Italia) 43 1957-58, Carlo Scarpa, Porta di servizio del Negozio Olivetti, Venezia (Italia) 44 1958, BBPR, Pensilina ‘abitata’ e bussola d’ingresso della Torre Velasca, Milano (Italia) 45 1958, Ludwig Mies van der Rohe, Philiph Jonhson, Bussole a battenti girevoli del Seagram Building, New York (USA) 46 1960, Giò Ponti, Pensiline e bussole d’ingresso del Grattacielo Pirelli, Milano (Italia) 47 1962, Enrico Castiglioni, Bussola d’ingresso dell’oratorio San Luigi, Busto Arsizio, Varese (Italia) 48 1962, Robert Venturi, John Rauch, Porta d’ingresso di Casa Vanna Venturi, Chesnut Hill, Philadelphia (Pennsylvania, USA) 49 1964, Carlo Scarpa, Percorso d’accesso della Fondazione Querini-Stampalia, Venezia (Italia) 50 1964, Carlo de Carli, Scalinate, atrii e portici di accesso della Chiesa di San Gerolamo Emiliani, Cimiano, Milano (Italia) 51 1969-78, Carlo Scarpa, Cancello del Cimitero Brion, San Vito d’Altivole, Treviso (Italia) 52 1984-89, Ieoh-Ming Pei, Pyramide d’ingresso del Museo del Louvre, Parigi (Francia) 53 1985, Aldo Rossi, Percorso e portali d’ingresso della Biennale, Venezia (Italia) 54 1986-87, Imre Makovecz, Portale della Chiesa luterana del Parco Oulu, Siofok (Ungheria) 55 1988, Peter Zumthor, Porta di ingresso dello Studio Zumthor, Haldenstein (Svizzera) 56 1988-89, Umberto Riva, Corridoio d’ingresso di Casa Insinga, Milano (Italia) 57 1988-93, Alvaro Siza Vieira, Atrio esterno del Centro Galego di Arte Contemporanea, Santiago de Compostela (Spagna) 356 358 360 362 364 366 368 370 372 374 376 378 380 382 384 386 388 390 392 394 396 398 58 1990-96, Alvaro Siza Vieira, Portale principale della Chiesa di Santa Maria, Marco de Canavezes (Portogallo) 59 1991-97, Frank O. Gehry, Ponte, scalinata e vestibolo del Guggenheim Museum, Bilbao (Spagna) 60 1995, Aichinger + Partner Baukunst, Porta d’ingresso allo Shop-Konzept, Monaco di Baviera (Germania) 61 1995-97, Carlos Puente, Porta della Cappella del Cimitero in Camarma de Esternelas, Madrid (Spagna) 62 1996-98, Ettore Sottsass jr., Sequenza di spazi d’ingresso di Casa Van Impe, St. Lievens, Houtiem (Belgio) 63 1997, Alberto Campo Baeza, Porta dei Fiori, San Donà di Piave, Venezia (Italia) 64 1997, Aarhus Arkitekti, Scale e pensiline d’ingresso di un edificio ad appartamenti, Brabrand (Danimarca) 65 2000, Tagasaki Yamaguchi, Porta d’ingresso della Ihai Hall, Kyoto (Giappone) 400 402 404 406 408 410 412 414 1 Ambito, ragioni e metodo della ricerca Il luogo del passaggio, dell’accedere o dell’essere immessi in uno spazio, ha assunto nella storia valenze simboliche e configurazioni formali, materiche, decorative molto varie. Oltre a questi aspetti, dalla lettura dei progetti si colgono anche caratteri per così dire non formali, legati ai simboli attribuiti di volta in volta alla soglia. L’uomo religioso, per esempio, da sempre ha affidato significati iniziatici a questo luogo che ora genericamente chiamiamo ‘soglia’, ma a cui daremo, nel corso di questo lavoro, una più precisa connotazione. Nella concezione religiosa, il transito fisico del corpo umano è fatto corrispondere a un transito, altrettanto umano ma immateriale, da uno stato di incoscienza (non-conoscenza) a quello di una totale affermazione del sé. Per questo motivo gli elementi che costituiscono lo spazio del passaggio sono stati realizzati con intenti antropologici e filosofici, forse ancor prima che pratici e funzionali. La soglia è un limite, una linea che separa, divide, distanzia, ma anche unisce due mondi (interno/esterno, pubblico/privato, luce/ombra, etc.). Portata al massimo grado di astrazione, può essere pensata come un nulla che sta tra la fine di un evento e l’inizio di un altro; calata, invece, nel mondo fisico dell’architettura, essa si presenta come elemento costruttivo bidimensionale, componente orizzontale del varco di passaggio, sistema di consolidamento e distanziatore a pavimento dei due stipiti della porta. Segno, lastra, al massimo piastra, la soglia è priva di un carattere spaziale tridimensionale, solo accenna alla tridimensionalità ed è quindi incapace di accogliere integralmente lo ‘stare dell’uomo nello spazio’, quella che lo psicologo Edward T. Hall definisce la ‘bolla ambientale umana’1. Per questa sua astrazione, il tema ha suscitato analogie e interpretazioni in settori molto diversi. Un esempio valga per tutti: il corpo umano ha in sé molte soglie disegnate ovunque, nel taglio degli occhi, nel timpano delle orecchie, nelle narici, negli orifizi anali e genitali, su tutta l’epidermide. Ognuno di questi punti, linee o superfici, rappresenta “quel punto di spaccatura in cui il corpo si contrappone al mondo”2. La comunicazione tra l’ambiente e l’uomo (e viceversa) avviene tramite tali canali di percezione, attraverso cui vengono scambiate le informazioni. Nel momento in cui il transito immateriale delle informazioni viene tradotto in termini fisici, cioè nel transito del corpo nello spazio, il passaggio si trasforma in gesto, il gesto in luogo, il luogo in varco, soglia, porta, cioè negli elementi dell’architettura che realizzano le relazioni tra due ambiti spaziali distinti. Quindi: cos’è fisicamente una soglia? È un elemento del varco di passaggio. Un oggetto materiale, “una pietra infissa nel terreno, un gradino, un palo”3, quindi una struttura bidimensionale, generalmente una superficie su cui l’uomo, nell’atto di accedere, poggia il piede. “Che cos’è una porta? Una superficie piana che comporta dei cardini, una serratura che definisce una frattura terribilmente dura. Quando superate tale porta, non siete forse divisi? Spaccati in due! Forse non lo notate neanche più. Pensate soltanto a questo: un rettangolo. Che orribile povertà. E’ forse questa la realtà di una porta?” Aldo Van Eych, Forum, 4, 1960, Amsterdam 2 “In latino ha due traduzioni: la prima, solea, come suola, calzare; [...] l’altra, limen, limite, si distingue in limen inferum, che era il varco, e limen superum, che era l’architrave del portale d’ingresso; questi due elementi, assieme agli stipiti, costituivano i veri e propri confini della proprietà domestica, i limiti fra accessibile e inaccessibile all’estraneo”4. L’articolazione etimologica deriva dai numerosi significati attribuiti dagli antichi all’atto dell’accedere e dalla complessità dell’articolazione tettonica corrispondente. Una descrizione di dettaglio sul piano tecnologico e costruttivo si trova nelle ‘Lezioni di architettura’ di J.N.L. Durand, dove si parla della porta, delle sue parti componenti, delle loro funzioni, degli usi e delle tecniche costruttive in voga al tempo: “i piedritti delle porte e delle finestre sono collegati da piattabande, etc. Proprio come le colonne da architravi. Quando i piedritti e le piattabande hanno una sporgenza continua, questa prende il nome di cornice o stipite. Per impedire che l’acqua spinta dal vento contro la parte del muro al di sopra delle porte e delle finestre caschi sulla soglia o sul davanzale, talvolta si mette una cimasa al di sopra della cornice. Quando le colonne o i piedritti sono molto distanziati tra loro e le piattebande hanno luci troppo grandi si collegano i sostegni con degli archi”. E, sulla geometria e il dimensionamento: “le porte e le finestre si fanno ad arco quando sono molto larghe, e si disegnano in forma rettangolare quando hanno una larghezza normale. [...] Sulla cornice delle porte si mette a volte un frontone per respingere l’acqua sui lati; [...] l’altezza del frontone é tra il quarto e il quinto della sua base. A volte alle cornici si sostituiscono dei pilastri e una trabeazione”5. Genericamente, nel varco di passaggio si riconoscono quattro elementi: la soglia, lo stipite, il traverso superiore e l’anta. In questa accezione il termine soglia descrive un elemento costruttivo bidimensionale. Da qui si può operare una estensione di significato, intendendo la soglia come sviluppo nella terza dimensione delle parti componenti, così da definire una superficie in cui si riconoscono tre ambiti spaziali distinti: davanti al limite, il limite (il varco di passaggio), oltre il limite; che corrispondono a tre momenti del gesto del passare: attendere, varcare, essere accolti. Per soglia, in questa sede, intendiamo uno spazio, quello in cui è espressa la relazione tra l’interno e l’esterno e, contemporaneamente, un luogo, quello in cui l’uomo sta in attesa, accede, è accolto. Abbiamo così esteso ulteriormente il significato del termine: da soglia-spazio, con connotazioni formali e architettoniche (localizzazione, dimensione, grado di illuminazione, colore, etc.), a soglia-luogo, che traduce la semplice ‘lastra su cui poggia il piede nel passare’, o la semplice linea sul pavimento, in qualcosa di più complesso, legato al gesto e al comportamento umani, agli usi e alle tradizioni di un popolo e di un paese, alla memoria e ai simboli. 3 Questa definizione del luogo del passaggio ci consente di analizzare soglie diverse: quelle di valore estetico o solo pratico o tettonico; quelle ancora esistenti o che non esistono più ma che permangono nella storia dei luoghi; quelle nascoste e quelle manifeste; quelle in uso e quelle inutili. Ci permette, per esempio, di studiare quei progetti in cui non sono più leggibili gli elementi di separazione tra l’interno e l’esterno, a causa dell’uso di pareti vetrate, trasparenze, continuità percettive, etc. Ci sono, infatti, casi in cui il varco (che non può non esistere per ovvi motivi funzionali) è portato a un tale livello di smaterializzazione figurativa da risultare quasi completamente privo dei caratteri che lo identificano in quanto luogo di passaggio. La Glass House di Philiph Johnson ne è un esempio: l’interno è dilatato nel fuori, nella natura, nel bosco, tra gli alberi, riconoscibile solo per la diversità formale, materica e cromatica dei suoi componenti. In casi come questo si è ancora in presenza di una soglia? Certo non intesa nella sua accezione tradizionale, ma una soglia esiste, anche qui, reinterpretata attraverso parametri non abituali e trasposta in elementi architettonici nuovi. Un esempio significativo di questo procedimento lo troviamo in Casa Farnsworth, dove Mies van der Rohe affida il valore di soglia non più al varco nel muro, ma al podio e ai gradini che collegano la terra all’atmosfera in cui è sollevato l’edificio. Stare sul basamento significa, qui, essere già nell’interno della casa; è il basamento il vero spazio di soglia, che sancisce l’avvenuto passaggio da un interno ‘nella natura’, con pareti arboree e il cielo come soffitto, a un interno ‘nell’edificio’, con soffitto e pavimento costruiti. È un esempio di spostamento del limite, in cui la soglia non appare fisicamente là dove il varco nel margine costruito la rende utile e necessaria, ma acquista libertà e autonomia spaziale e iconografica. Un altro caso di traslazione si riscontra in casa Insinga a Milano, dove Umberto Riva sposta il segno pavimentale del passaggio all’interno del soggiorno, quasi a creare una accelerazione dell’accedere lungo il corridoio, dalla porta di ingresso al cuore della casa. Dal punto di vista gestuale, il problema sollevato in questa analisi è: come si entra in un edificio? Quindi, il problema architettonico é: quale forma dare al passaggio e quale forma gli é stata data nel tempo? E se intendiamo la soglia come luogo significativo: quando il varco nel muro diventa importante in quanto luogo? Oggi l’architettura ha ancora interesse a risolvere questo problema? L’uomo moderno ha ancora bisogno di un ‘luogo’ per passare? Quali significati nuovi si possono attribuire alla soglia? Lo svuotamento di valore delle soglie fisiche a favore di soglie più labili che mettono in relazione persone e spazi anche lontani, come quelle informatiche, ha fatto perdere alla soglia il valore di luogo, o esso si é mantenuto e si mantiene tuttora? Ha senso, oggi, produrre spazi di soglia, in un contesto che 4 esprime bisogni di mobilità e ubiquità sempre più complessi e si affida in modo sempre più preminente alle pratiche di virtualità e multimedialità? Come si può creare un nuovo livello di significato, non nostalgico, da affidare alla soglia? Quali specificità, oltre a quella dimensionale, connotano gli attuali luoghi di passaggio, domestici e collettivi (se di luoghi ancora si parla)? Quali sono, oggi, gli elementi, se esistono, che fanno del ‘varco di passaggio’ un luogo che accoglie il gesto umano? Quali potenzialità tecniche, tecnologiche e costruttive vengono messe in gioco? Quali caratteri formali, legati alla tradizione locale, alla poetica progettuale e alla prassi costruttiva vengono utilizzati? Ma soprattutto: questo insieme di problemi è pertinente alla disciplina di interni? Una risposta immediata ci è data dalla definizione di soglia-come-luogo. Abbiamo detto che questa condizione si verifica se esiste un preciso legame tra lo spazio e il comportamento umano, cioé se si realizzano quei presupposti per cui anche il punto (la linea, la superficie) del passaggio sono strettamente correlati all’articolazione del gesto del passare, proteggere, difenedere, aprire e chiudere, schermare, filtrare, annunciare, incontrare e incontrarsi, dialogare, etc. Allora si manifesta il fenomeno, che è il vero movente dell’architettura, della traduzione in termini di spazio, oggetti, attrezzature e dispositivi che supportano, assistono e anche promuovono l’azione, in una dialettica continua tra la fornitura di un servizio (l’ideazione, la progettazione e la realizzazione) e l’esprimersi di una necessità. L’architettura d’interni, che si occupa e ‘si preoccupa’, a una scala di dettaglio, di interpretare l’uomo e i suoi gesti minuti è direttamente coinvolta nell’allestimento dei luoghi di passaggio, che non sono astratte linee di margine ma veri e propri spazi umani. Note: 1. Si veda: Edward T. Hall, La dimensione nascosta, Bompiani, Milano, 1988. 2. Si veda, a questo proposito: Carlo Sini, Pensare il progetto, Tranchida, Milano, 1992. 3. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992. 4. J.N.L. Durand, Lezioni di architettura, a cura di Ernesto D’alfonso, Clup, Milano, 1986, pp. 35-44. 5. Adriano Rabacchini, ‘Accedere / Itinerario di archetipi’, in: Adriano Cornoldi, Architettura dei luoghi domestici, Jaca Book, Milano, 1994, p. 38. La ricerca si avvale di contributi raccolti da discipline molto diverse (architettura, letteratura, poesia, arti figurative in genere), che esprimono, con modalità diverse, un grande interesse per la soglia, i suoi significati e il suo valore. L’intento del lavoro è quello di sviluppare un atteggiamento critico rispetto ai modi di progettare e di vivere contemporanei, che hanno cambiato il punto di vista sul valore della soglia. Il metodo utilizzato é l’analisi di un numero discreto di esempi significativi sul piano della qualità formale e dei valori espressi, ma soprattutto interessanti per la loro caratterizzazione in termini di luogo (per gli aspetti formali, costruttivi, percettivi e simbolici), al fine di costruire un percorso tematico con contributi articolati. Per alcuni di questi progetti sono stati eseguiti i ridisegni, che sono stati integrati nel testo e riportati in allegato alle scale 1:100, 1:50 e 1:20. Gli esempi presentati nelle schede finali sono solo alcuni dei molti analizzati nel corso della ricerca, ma ritengo siano esplicativi per definire un panorama sufficientemente esauriente sul piano storico, geografico e tipologico. Parte prima Il varco LA SOGLIA “Ci si protegge, ci si barrica, le porte bloccano e separano. La porta rompe lo spazio. Lo scinde, vieta l’osmosi, impone la compartimentazione, da un lato, ci sono io e casa mia, il privato, il domestico (lo spazio sovraccarico della mie proprietà: il mio letto, la mia moquette, il mio tavolo, la mia macchina da scrivere, i miei libri, i miei numeri spaiati di “La Nouvelle Revue Française”...) dall’altro, ci sono gli altri, il mondo, il pubblico, il politico. Non si può andare dall’uno all’altro lasciandosi scivolare, non si passa dall’uno all’altro, né in un senso, né nell’altro: ci vuole una parola d’ordine, bisogna oltrepassare la soglia, bisogna farsi riconoscere, bisogna comunicare, come il prigioniero comunica con il mondo esterno”. Georges Perec, Specie di spazi, Bollati Boringhieri, Torino, 1989 Fonti delle illustrazioni: (nella pagina precedente) 1. Tadeusz Kantor, Uomo con porta, 1972 (da: Specchio, 331, 22 giugno 2002). I Il varco / LA SOGLIA. La dialettica degli opposti 9 La dialettica degli opposti Due sistemi formali diversi posti in adiacenza o in prossimità generano un forte contrasto. Il punto, la linea o il campo, che rappresentano il luogo notevole in cui questo contrasto si manifesta, concentrano una forte tensione. La soglia è la sede di questa tensione. In essa si innesca il dialogo tra gli opposti, vengono sottolineate le diversità (è il luogo della separazione) e, contemporaneamente, le differenze trovano un motivo di scambio (è il luogo della sintesi). L’essere umano è un elemento di soglia, in quanto si trova costantemente “tra la terra e il cielo, tra la nascita e la morte, tra gioia e dolore, tra lavoro e parola”1 e rappresenta il luogo della loro sintesi. Il concetto di limite può essere applicato nella interpretazione della soglia sulla superficie epidermica del corpo umano, in cui risiedono importanti canali sensoriali attraverso cui il mondo esterno si rende manifesto2. Un’altra soglia che interessa il pensiero e il comportamento umani è quella prodotta dall’uso e dai significato del linguaggio. L’uomo, l’‘essere socchiuso’ per eccellenza, come lo definisce Gaston Bachelard, è continuamente coinvolto in movimenti di chiusura e di apertura verso il mondo (spesso invertiti e carichi di esitazioni), in un alternarsi continuo tra il bisogno di manifestarsi e quello di nascondersi, del rendersi protagonista o comparsa. Dice Bachelard : “Con il senso l’uomo si chiude, con l’espressione poetica, si apre”3. Questa interpretazione dell’uomo-in-quanto-soglia è, però, molto teorica e di norma l’essere umano è visto come colui che percepisce i limiti posti fuori di sé, piuttosto che limite esso stesso. Le relazioni tra gli opposti si manifestano ovunque intorno a noi: siamo praticamente circondati da margini fisici o virtuali, astratti o reali, soglie fisiche, filtri, porte, edifici per il transito. Le più diverse discipline restituiscono interpretazioni oginali di questi elementi; per esempio, in ambito tecnico-scientifico il ‘valore di soglia’ indica il grado cui deve giungere una data grandezza perché si produca un certo fenomeno (fenomeno ‘a soglia’: soglia della percezione, della coscienza, del dolore, soglia uditiva, olfattiva, etc); in geografia fisica è una soglia il dislivello in forma di gradino, di origine erosiva, che collega una valle secondaria a una valle principale, o che è in corrispondenza di una cascata; la ‘soglia del tempo’ e la ‘soglia della realtà’ rappresentano il limite e il punto di contatto tra due mondi, come ‘la soglia della vecchiaia’ indica una condizione esistenziale (“Se non di vecchiezza La detestata soglia Evitar non impetro”, recita Giacomo Leopardi); ‘siamo alle soglie del XXI secolo’ abbiamo ripetuto per tutti gli anni Novanta, e a fine autunno diciamo: ‘l’inverno è ormai alle soglie’. Soglie e spazi di transizione sono luoghi di scambio tra fenomeni opposti, talvolta conflittuali. I due poli sono di natura diversa: positivo/negativo, chiaro/scuro, grande/piccolo, naturale/artificiale; e nello specifico dell’architettura: luce/ombra, interno/esterno, pubblico/privato. “E’ al limite del giorno che è possibile affacciarsi verso la notte e sostare nella soglia, ma è proprio da questa che è possibile guardare e comprendere notte e giorno”. E. Aceti, Abitare la soglia 10 I Il varco / LA SOGLIA. La dialettica degli opposti 1. Accesso allo spazio pubblico. J.M. Olbrich, Ingresso principale all’Esposizione della Colonia degli Artisti a Darmstadt, Germania, 1901 4. Accesso alla città. Portoni della Bra, Verona, stampa del 1620 2. Accesso allo spazio pubblico. Gunnar Asplund, Biblioteca di Stoccolma, Svezia, 1920-28 3. Accesso allo spazio privato. Adolf Loos, Casa Moller, Vienna, 1927-28 “Sta sulla soglia a filar la vecchierella”, in Giacomo Leopardi, perché è proprio sulla soglia, luogo della cerimonia di ingresso (che è scandita dai momenti dell’attesa, del passaggio e dell’accoglienza), che lo spirito protettivo del dio-guardiano risiede, vigile e attento; ed è sulla soglia, luogo di contatto tra due mondi, che l’uomo si pone per congiungere tra loro l’interno intimo e privato dell’abitazione e l’esterno che appartiene alla collettività. Trovo questa immagine dell’ingresso come cerniera tra lo spazio pubblico e lo spazio privato particolarmente interessante. Com’è questa soglia? Come avviene il passaggio dal luogo accessibile, trasparente, visibile, rappresentativo, aggregativo della comunità e lo spazio inviolabile, personale, protettivo dell’individuo? Il passaggio si coglie, per esempio, nelle discontinuità materiche o decorative, negli scarti dimensionali, nei cambi di luce o di colore; o nell’uso di particolari strutture costruite: dislivelli, scale e gradinate, atrii, portali, portoni e porte, colonnati, cancellate. In generale non c’è mai un collegamento diretto tra il pubblico e il privato, come non esiste una continuità perfetta tra l’interno e l’esterno, per cui il luogo dello scambio è un punto nevralgico perché rappresenta la verifica dell’esistenza delle due polarità. La sua forma sarà determinante del significato che incorpora (e viceversa) e caratterizzata dal particolare trattamento dei singoli elementi, dello spazio atmosferico e geometrico, del pavimento, del soffitto, delle pareti e degli arredi. Il ruolo dello spazio di transizione, che deve essere rappresenta- I Il varco / LA SOGLIA. La dialettica degli opposti 5. La soglia come transizione tra spazio pubblico e spazio privato. Mikonos, Londra, Amsterdam, Haarlem tivo dell’interno in cui immette e significativo per l’esterno da cui muove, decide anche il carattere della soglia: la dimensione monumentale piuttosto che la decorazione domestica, o la presenza dell’attrezzatura per sostare e intrattenersi piuttosto che solo per passare velocemente o comunicare con l’interno. In astratto potremmo dire che la soglia di per sé è una generatrice di forme spaziali e di comportamenti, ed è un luogo complesso perché in essa, come dice Bachelard, “il dentro e il fuori, che sono ambedue intimi, formano una dialettica lacerante e sono sempre pronti a ca- 11 12 I Il varco / LA SOGLIA. La dialettica degli opposti povolgersi, a scambiare le loro ostilità”5. La superficie limite tra dentro e fuori è quindi sempre dolorosa da ambedue le parti. Questa tensione è stata rilevata anche da Robert Venturi6, che individua nel punto in cui si manifestano il contatto e il contrasto tra interno ed esterno una forte complessità architettonica. Questa tensione il Movimento Moderno ha cercato di superare con la creazione di spazi in continuità tra interno ed esterno, che promuovessero un’immediata accessibilità percettiva dell’interno dall’esterno. A questa tendenza ha reagito la sensibilità post-moderna che ha rivalutato il significato e il ruolo della soglia, sottolineandone i caratteri e valorizzandone l’immagine. Note: 1. Martin Heidegger, Hebel der Hausfreund, Pfuelingen, 1957, p. 13. 2. Carlo Sini, Pensare il progetto, Tranchida, Milano, 1992. 3. Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975, p. 243. 4. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo, Hoepli, Milano, 1992, p. 16. 5. Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975, p. 239. 6. Robert Venturi, Complessità e contraddizione in architettura, Dedalo, Bari, 1980. Fonti delle illustrazioni: 1. R. Vemer (a cura di), J.M. Olbrich. Architettura. Rioproduzione completa dei tre volumi originali 1901-1914, Jaca Book, Milano, 1988. 2. C. Candelby, O. Hultin, Asplund, Ginko Press, Amburgo, 1977. 3. L. Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Laterza, Roma-Bari, 1999, p. 317. 4. Il tempo e la storia 6. I segni della Verona veneziana: il Seicento, Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona, Verona, 1982. 5. Detail, 6, 1995. I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura? 13 Cos’è una soglia in architettura? Necessità, fragilità e resistenza del varco Soglia (dal latino solea, ‘suola’ e dal germanico swalja, ‘soglia’) è la parte inferiore del vano della porta, solitamente (nel passato) in legno o in pietra. Essa ha avuto spesso significato apotropaico (risalente alla rottura dell’incanto della soglia ma anche agli atti di sovranità, che di solito venivano celebrati dinanzi a un portale)”1. Nel ‘Dizionario di Architettura’ Nikolaus Pevsner ne rileva sia gli aspetti tecnico-costruttivi sia quelli rituali e simbolici; per cui la soglia viene ad essere la lastra in pietra, la striscia di cemento o di legno che unisce al livello del pavimento gli stipiti di una porta, ma anche il segnale del luogo in cui si celebra un rito. “La compagnia piena di doglia / tutta pensosa entrò dentro alla soglia”, recita Poliziano, che ne estende il significato al concetto di casa, dimora, o, genericamente, luogo abitabile; e Dante scrive nel ‘Paradiso’: “Vidi specchiarsi in più di mille soglie / Quanto di noi là sù ha ritorno”, facendo coincidere il passaggio a diversi stati della grazia con l’ascesa dei gradini (o, più anticamete, i gradi) di una scalinata monumentale. Walter Benjamin la definisce come “il varco nel recinto che sorveglia il dispositivo di inclusione ed esclusione”2, e Martin Heidegger come “una figura liminare, uno spazio della transizione, un luogo di discrimine”, come “espressione emblematica del limite, che non è il punto in cui una cosa finisce, ma, come per i Greci, ciò a partire dal quale una cosa inizia la sua essenza”3. Il primo aspetto sul quale siamo chiamati a dare un giudizio è quello estetico-cognitivo. Com’è e cos’è questa soglia?, ci chiediamo. Quale tipo di passaggio genera? O, ancora, che cosa è ‘soglia’? Quando la percepiamo come tale? Si può arrivare a darle una configurazione specifica senza che diventi qualcos’altro, un altro spazio, un corridoio, un atrio? Quando si è in grado di attribuire al limite tra il dentro e il fuori il carattere di elemento spaziale autonomo e riconoscibile? Nel campo della percezione sensoriale, il concetto di limite è istintivo e viene interpretato come un luogo complesso e molto problematico. Una esemplificazione calzante di questo aspetto ci offerta, a mo’ d’esempio, dall’analisi delle capacità percettive dei soggetti malati di Alzheimer, che soffrono anche di disturbi cognitivo-percettivi. In queste persone la visione del mondo esterno avviene per campi cromatici o luminosi, per cui la soglia viene colta come linea assoluta, come ‘tutto’ o ‘nulla’. La ‘zona franca’ nel sistema percettivo del malato può, infatti, ampliarsi fino a divenire un campo, un luogo reale, nel quale il soggetto non ha il coraggio di avventurarsi. Per questo motivo i malati di Alzheimer si arrestano sempre di fronte a interruzioni di campo o a brusche alterazioni dei fattori luministici. Nel film ‘Risvegli’, interpretato da Robin Williams e Robert De Niro, una delle pazienti, nei suoi andirivieni quotidiani, si ferma sempre bruscamente davanti all’ultimo corso di piastrelle bianche e nere “Usciteci”, gridò: “qui è l’intrata”. Dante Alighieri, Inferno, VIII, v. 81 14 I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura? 2. La funzione esornativa e protettiva. Porta dei Leoni, Hattuša del pavimento, ma all’estensione del disegno della scacchiera su tutta la superficie pavimentale questa ha superato tranquillamente quella linea muovendosi liberamente nello spazio. 1. La valenza estetico-simbolica. Enrique Egas, Portale dell’Hospital Real, Santiago de Compostela, 1501-11 3. Le valenze estico-cognitiva e tecnicocostruttiva. Francesco Colonna, Magna Porta, dall’‘Hypnerotomachia Polyphili’, 1499 Nell’‘Hypnerotomachia Poliphili’ Francesco Colonna4 descrive i caratteri geometrici e stilistici di una generica Magna Porta (che possiamo riconoscere in molte opere tardo quattrocentesche dell’area padana, per esempio nel portale della Certosa e del Duomo di Pavia o nel portale di S. Maria della Grazie a Milano). Lo schema del portale è a colonne libere e addossate alla parete, fiancheggianti un vano d’ingresso retto da precisi rapporti matematici e proporzioni geometriche. Il podio, il plinto, gli stipiti, le ante, etc. sono descritti con dovizia di particolari. Dettagliata è anche la descrizione del processo di progettazione seguito dagli architetti, che in passato hanno trovato in queste pagine una guida manualistica per la soluzione dei problemi tecnico-costruttivi. Per esempio, Colonna consiglia di alterare con qualche aggiunta o detrazione il rigore della progettazione attraverso oppurtuni aggiustamenti ottici, al fine di rendere il manufatto gradito alla vista. La componente estetico qui si fonde con quella tecnico-costruttiva, che riguarda i modi di aprire e di chiudere i varchi di passaggio, e riuguarda quindi i caratteri tipologici della soglia: da un lato porte principali, porte di servizio, porte carrabili o pedonali; dall’altro porte a battenti, scorrevoli o girevoli, opache o trasparenti, pesanti, automatiche, a getti d’aria calda o a raggi laser, etc. Prima di questo, però, la soglia, in architettura, è un elemento (strutturale o spaziale) che deve consentire il transito selettivo del corpo umano, ed è quindi un manufatto, perciò riveste una valenza pratico-funzionale: è utile e ineliminabile per l’uomo che deve poter accedere con continuità a luoghi distinti; inoltre essa svolge una funzione di controllo sul passaggio di persone e cose. I suoi caratteri formali dipenderanno dallo scarto che esiste tra i due mondi (l’interno e l’esterno), e dalle loro capacità e volontà di relazionarsi. In questo fulcro di I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura? 15 relazioni, la soglia rappresenta il veicolo e il collettore dei flussi interattivi ed è, perciò, un punto nevralgico, in cui risiedono i meccanismi di controllo e protezione dello spazio privato. I modi in cui il tema del passaggio si traduce in spazio fisico dipende dalle specificità culturali e sociali del popolo che lo realizza o dal tipo di utenza cui è destinato e dalle attività che si svolgono all’interno dell’edificio in cui immette. Così i luoghi d’entrata dello spazio pubblico avranno valenze pratico-funzionali diverse da quelle di una soglia che immette nello spazio privato; diversi saranno i caratteri del passaggio tra due spazi aperti (come l’ingresso dalla strada in una piazza), o tra due diversi ‘paesaggi’; e diverso sarà accogliere un individuo per volta piuttosto che un flusso costante di decine di persone, o di centinaia, come negli aeroporti, negli stadi di calcio o nei teatri. Oltre all’aspetto quantitativo, vi sono anche altri parametri che regolano la valenza pratico-funzionale dello spazio di ingresso, come la tradizione culturale o le pratiche sociali di un determinato contesto storico o geografico. Uno specialissimo uso dello spazio d’ingresso per funzioni articolate è leggibile, per esempio, nelle case Liotang di Shanghai, dove la soglia si sviluppa in profondità, in una sequenza di percorsi non in linea retta, una sorta di breve gicane che scherma e protegge il cuore della casa dagli spiriti maligni e da intrusi indesiderati. Questa distibuzione rappresenta un valido sistema di controllo e protezione della privacy, della cui tutela è particolarmente sensibile la cultura cinese. La sua funzione, però, non si esaurisce qui. Oltre a consentire la penetrazione ‘filtrata’ nella corte interna, è anche deposito di biciclette, luogo di contrattazioni commerciali o di scambi amicali e diviene spesso il punto di vendita di oggetti artigianali, se non un vero e proprio laboratorio produttivo, rappresentazione dell’attività degli abitanti e scenografia del gesto quotidiano del lavoro. In generale la soglia svolge anche un ruolo difensivo e protettivo dai pericoli esterni. Contraddittoriamente, lo spazio del passaggio è il luogo di massima fragilità e permeabilità ma anche quello di massima forza e maggiore controllo (sugli ospiti desiderati e indesiderati, sui valori termoigrometrici, luministici, sonori, visivi, etc.). Quindi, se il muro è il filtro per il caldo o per il freddo e la barriera per la luce, la soglia è l’interruttore e il connettore, perché può interrompere e collegare a piacere i flussi in ingresso e in uscita. Per questo motivo le civiltà di tutti i tempi collocano proprio sulla soglia le icone dei numi tutelari della casa, di Giano Bifronte, dei leoni guardiani. C’è da aggiungere che la presenza dei custodi della soglia (dragoni alati, sfingi, mostri) trasforma l’abituale gesto del passare in un rito significativo: “non è più l’atto del passare che costituisce il passaggio; è invece una potenza individualizzata che assicura questo 4. La funzione di controllo e di mediazione. Spazi di deposito e attività commerciali sulla soglia di casa. Case Liotang, Shanghai, Repubblica Popolare Cinese 16 I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura? passaggio in modo immateriale”5. Il carattere protettivo della soglia introduce un altro parametro, quello simbolico, spesso fortemente interrelato con gli aspetti tecnicofunzionali, tant’è che “nelle civiltà primitive è quasi impossibile distinguere il ruolo funzionale da quello magico-religioso, perché la casa, le sue stanze e i suoi arredi, hanno assunto un significato che trascende lo scopo puramente pratico”6. Per esempio, per molti popoli la porta ha un’importanza fondamentale, in quanto elemento che chiude, apre e rende invisibili, e viene spesso intesa come simbolo di una particolare condizione. Nella civiltà sumera, per esempio, la porta viene data in dote alla sposa come emblema della profondità e dell’interiorità femminile che si appresta a dischiudersi7. 5. La valenza magico-simbolica. Francesco Colonna, Le tre porte, dall’‘Hypnerotomachia Polyphili’, 1499 Sulla porta destra c’era scolpita la parola ‘THEODOXIA’, sulla sinistra ‘COSMODOXIA’ e la terza riportava questa scritta: ‘EROTOTROPHOS’. La funzione rituale si coglie nelle soglie dei luoghi di culto ma anche nelle abitazioni: “il passaggio della soglia domestica è accompagnato da una serie di riti: ci si inchina e ci si prostra di fronte ad essa, la si sfiora con un pio gesto della mano, etc.; inoltre, la soglia ha i suoi custodi, gli dei e gli spiriti che ostacolano l’entrata alla malafede degli uomini e alle potenze demoniache e pestilenziali. Sulla soglia vengono offerti sacrifici alle divinità custodi. Per alcune culture paleorientali (Babilonia, Egitto, Israele) la soglia è il luogo del giudizio. La soglia e la porta rivelano immediatamente, concretamente, la soluzione di continuità dello spazio; di qui la loro importanza religiosa, essendo i simboli e insieme i mezzi del transito”8. Intesa come punto di ingresso a un diverso stadio della vita umana, il luogo di passaggio ha da sempre rivestito un significato magicosimbolico, e su di essa si sono svolti molti riti di iniziazione. Ha rappresentato nelle civiltà primitive (e ancora oggi rappresenta in molte civiltà) una sorta di aggregazione sacra di elementi, oggetti o immagini propiziatorie, lo strumento del passaggio a un altro universo. Anche gli stessi confini territoriali sono stati consacrati dalle tribù semicivilizzate a qualche dio di soglia o regolati da particolari pratiche che oggi potremmo definire ‘daziarie’. Costituiti da limiti naturali (vallate, crinali, etc.), sono spesso rappresentati da un albero o da un masso, da un ruscello o da un lago sacro, che è vietato oltrepassare o superare, a pena di sanzioni soprannaturali. Di frequente il confine è segnalato da un oggetto, un palo, un portico o una pietra infissa nel terreno, collocati nel punto dell’ingresso e accompagnati da precisi riti di consacrazione. Solchi, mura, recinti e statute costituiscono gli antichi limiti fisici di città o territori, ma i ‘contrassegni’, i segni simbolici di questi confini non sono posti lungo la linea di frontiera, ma solo in punti notevoli. In questi luoghi per secoli è stato sufficiente collocare un mucchietto di erbe, un pezzo di legno o un palo a cui è legato un ciuffo d’erba per segnalarne la sacralità, ma con il tempo vi sono state costruite strutture complesse, costruzioni monumentali, portici decorati o I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura? 17 alti podi. Nelle civiltà primitive e semicivilizzate la valenza magico-simbolica, caratterizza anche, oltre ai confini territoriali, le porte di accesso del villaggio, della città, del quartiere, o della casa d’abitazione. Rimandando a un’altra parte di questo lavoro l’analisi dei significati del gesto, ci interessa qui sottolineare che il carattere sacro del passaggio non viene attribuito solo alla lastra di pietra che la tecnologia definisce abitualmente ‘soglia’, ma a tutto il varco di passaggio e agli elementi che lo compongono. Sono sacri gli architravi, gli stipiti, la pusterla delle mura della città, il portale del quartiere, la porta di casa. In pratica, tutta l’armatura della porta è soglia. Come soglie sono i portici, i pronao, i nartece e i vestiboli. Soglie sono pure le porte triumphalis e gli archi di trionfo, che sono stati eretti in passato con intenti celebrativi, che incorporano e rappresentano un rito liminare e che oggi rimangolno sono ‘porte che non portano da nessuna parte’9, non sporte da attraversare ma da osservare a debita distanza, . Un tempo il passaggio dei soldati sotto l’arco di trionfo rappresentava la loro separazione dagli influssi culturali e sociali subiti dall’esercito romano durante la sua permanenza nei territori nemici, e la reintegrazione nel mondo e nelle tradizioni latine. A queste porte erano legate precise pratiche rituali: si pensi che al generale dell’esercito era vietato di varcare la soglia triumphalis anzitempo, pena la privazione del diritto agli auspici di guerra, e, con essi, del diritto alla gloria10. Il passare ‘attraverso la porta’ o ‘attraverso la soglia’, soprattutto attraverso la ‘porta stretta’ o attraverso la ‘cruna dell’ago’, aveva, un tempo, e in modo particolare nella cultura cattolica, un ruolo purificante. Rappresentava il passaggio pericoloso, la prova da superare, la conquista di un più alto grado di forza, conoscenza e maturità. Per questo di frequente nei popoli arcaici le transizioni da un’età o da una classe sociale all’altra venivano celebrate con l’‘apertura delle porte’ e il transito attraverso la porta del villaggio o della casa, o da una stanza all’altra o attraversando strade o piazze. Anche in civiltà più vicine alla nostra, e nella nostra stessa, il tema del passaggio ha un valore metaforico, poiché prevede un cambiamento di stato, visibile per esempio nella modificazione dei gesti e degli atteggiamenti in relazione al carattere dello spazio in cui si accede (pubblico o privato, esterno o interno, etc.). Giorgio De Marchis descrive in poche righe questo aspetto: “la soglia della porta d’ingresso principale, limite e passaggio da cui si accede all’interno, è un segno che separa la strada dalla casa, l’esterno dall’interno. Ad essa possono presentarsi il bene o, Dio ne guardi, il suo contrario. La soglia non si varca per caso o a caso, ma con fausti auspici: varcandola il civis diventa dominus, l’associata al letto coniugale diventa, se ne è all’altezza, padrona di casa, l’estraneo virtuoso diventa ospite”13. 6. Porte di città. Michele Sanmicheli, Porta Nuova, Verona, 1533-40 7. Archi triumphalis. Arco di Traiano, Timgad, Algeria, c. 100 d.C. 18 I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura? 8. La soglia ‘sugli’ oggetti d’arredo. Letto estivo divisibile disegnato da Sheraton per coniugi che vogliono dormire separati durante la stagione calda. L’accesso ai letti è segnato da un arco trionfale Un aspetto fondamentale del tema del margine per questa ricerca, è la sua applicazione alla disciplina d’interni, agli spazi, agli arredi e agli oggetti d’uso. La riduzione della scala dimensionale, dalla soglia urbana ed edilizia a quella oggettuale, non modifica i termini della questione, anzi ne approfondisce alcuni aspetti, delineandone nuovi caratteri. Un esempio valga per tutti: la diversa categoria di gesti che prendono in considerazione le discipline d’interni e di progettazione dell’oggetto, non riguardano più il passaggio del corpo umano di uno o di molti individui attraverso un varco, ma piuttosto lo stretto rapporto tra l’oggetto, il suo modo d’uso nel tempo, e l’uomo. Per esempio, la demarcazione della frontiera tra il pavimento e la parete che chiamiamo abitualmente ‘zoccolino’ che accompagna l’ingresso dall’esterno all’interno dell’edificio e definisce il limite tra il piano verticale e il piano orizzontale, sottolinea il loro incontro e presiede ai loro intimi scambi, è chiaramente un segno di soglia. La linea di margine tracciata lungo la sezione dei piani orizzon- I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura? tali di tavoli, mensole, panche, e piani d’appoggio evidenzia il preciso confine entro il quale è ammesso il contenimento di parti del corpo (l’appoggio delle braccia conserte sul piano del tavolo, il punto di snodo della gamba piegata tra il piano orizzontale della seduta e il piano del pavimento, etc.) o di generici oggetti (si vedano certi profili colorati, metallici, in legno sagomato o decorato, etc.) La linea colorata spesso tracciata sul bordo di vasi, brocche o piatti demarca l’essenza e la singolarità dell’oggetto, per così dire lo separa dal mondo esterno e ne definisce al contempo il luogo del dialogo, il preciso punto (meglio: la linea) dello scambio, tra il contenitore, il contenuto e l’atmosfera che contiene entrambi. Ma è, forse, il limite disegnato sul bordo delle scodelle, o dei bicchieri, a sintetizzare più di ogni altro margine oggettuale il significato di luogo di soglia, poiché esprime una precisa relazione tra l’oggetto inteso come entità autonoma con propri ruoli e caratteri formali, e l’uomo, fruitore e agente di una precisa gestualità. La demarcazione del bordo della scodella sottolinea e valorizza il luogo del contatto, specialissimo, perché delicato, tra le labbra, l’oggetto e il contenuto12. Soglia, in questo lavoro, è, così, molte cose. Non solo segni, limiti o margini; non solo varchi, intervalli attraversabili, passaggi; né semplicemente elementi architettonici o strutture materiali. Ma anche superfici, spazi, articolazioni di ambienti, atmosfere e luoghi. Il discorso intorno a questo tema si articola, quindi, in una vastità di letture incrociate su piani paralleli e indipendenti (tecnologico-costruttivo, pratico-funzionale, estetico, simbolico) comunque sempre legate all’interpretazione della soglia-come-luogo-del-gesto e come luogo abitabile. L’analisi dello spazio architettonico, però, fa rilevare molte difficoltà nella definizione precisa dei margini. Ce ne dà riprova Italo Calvino in una delle sue ‘Città invisibili’. “Per parlarti di Pentesilea dovrei cominciare a descriverti l’ingresso nella città. Tu certo immagini di vedere levarsi dalla pianura polverosa una cinta di mura, d’avvicinarti passo passo alla porta, sorvegliata dai gabellieri che già guatano storto ai tuoi fagotti. Fino a che non l’hai raggiunta ne sei fuori; passi sotto un archivolto e ti trovi dentro la città; il suo spessore compatto ti circonda; intagliato nella sua pietra c’è un disegno che ti si rivelerà se ne segui il tracciato tutto spigoli. Se credi questo, sbagli: a Pentesilea è diverso. Sono ore che avanzi e non ti è chiaro se sei già in mezzo alla città o ancora fuori. Come un lago dalle rive basse che si perde in acquitrini, così Pentesilea si spande per miglia intorno a una zuppa di città diluita nella pianura: casamenti pallidi che si danno le spalle in prati ispidi, tra steccati di tavole e tettoie di lamiera. Ogni tanto ai margini della strada un infittirsi di costruzioni dalle magre facciate, alte alte o basse basse come in un pettine sdentato, sembra indicare che di là in poi le maglie della città si 19 9. Demarcazione della soglia sugli oggetti d’uso 20 I Il varco / LA SOGLIA. Cos’è una soglia in architettura? Note: 1. Si veda: AAVV, Vocabolario Treccani della Lingua Italiana, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 1987, voce ‘soglia’. 2. Walter Benjamin, Angelus Novus, Schriften, Frankfürt am Mein, Einaudi, Torino, 1962. 3. Martin Heidegger, Saggi e Discorsi, Milano, 1954. 4. Francesco Colonna, Hynerotomachia Poliphili. 5. A. van Gennep, I riti di passaggio, Bollati Boringhieri, Torino, 1981, p. 19. 6. W. Andrae, Das Gotteshaus und die Urformen des Bauens im alten Orient, Berlin, 1930. 7. Christian Norberg Schulz, Intenzioni in architettura, Officina, Roma, 1977, p. 135. 8. Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino, 1973, pp. 21-22. Si veda anche H.C. Trumbull, The Thresold Convenant, New York, 1896. 9. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 88. 10. V. F. Naak, Triumph und Triumphbogen, Leipzig, 1928, p. 168. 11. Giorgio De Marchis, Dell’Abitare, Sellerio, Palermo, 1998, p. 15. 12. Sulla decorazione di soglia si veda: Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Bari-Roma, 1996, pp. 58 e segg. 13. Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino, 1972, pp. 162-163. Fonti delle illustrazioni: 1. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 2. H.W. Müller, S. Lloyd, Architettura delle origini, Electa, Milano, 1989. 3. Scritti rinascimentali di Architettura, Edizioni Il Polifilo, Milano, 1978, pp. 208-228. 4. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 5. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992., p. 43. 6. L. Puppi, Michele Sanmicheli architetto: opera completa, Caliban, Roma, 1986. 7. D. Watkin, Storia dell’architettura occidentale, Zanichelli, Bologna, 1994. 8. R. Montenegro, Abitare nei secoli, Mondadori, Milano, 1996. 9. Rielaborazione da: Rudolf Arnheim, La dinamica della forma architettonica, Feltrinelli, Milano, 1981. restringono. Invece tu prosegui e trovi altri terreni vaghi, poi un sobborgo arruginito di officine e depositi, un cimitero, una fiera con le giostre, un mattatoio, ti inoltri per una via di botteghe macilente che si perde tra chiazze di campagna spelacchiata. La gente che s’incontra, se gli chiedi: ‘Per Pentesilea?’ fanno un gesto intorno che non sai se voglia dire: ‘Qui’, oppure: ‘Più in là’, o: ‘Tutt’in giro’, o ancora: ‘Dalla parte opposta’. ‘La città’, insisti a chiedere. ‘Noi veniamo qui a lavorare tutte le mattine’, ti rispondono alcuni, e altri: ‘Noi torniamo qui a dormire’. ‘Ma la città dove si vive?’ chiedi. ‘Dev’essere’, dicono, ‘per lì’, e alcuni levano il braccio obliquamente verso una concezione di poliedri opachi, all’orizzonte, mentre altri indicano alle tue spalle lo spettro d’altre cuspidi. ‘Allora l’ho oltrepassata senza accorgermene?’ ‘No, prova a andare ancora avanti’. Così prosegui, passando da una periferia all’altra, e viene l’ora di partire da Pentesilea. Chiedi la strada per uscire dalla città; ripercorri la sfilza dei sobborghi sparpagliati come un pigmento lattiginoso; viene notte; s’illuminano le finestre ora più rade ora più dense. Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slabbrato circondario esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi c’è stato, oppure se Pentesilea è solo periferia di se stessa e ha il suo centro in ogni luogo, hai rinunciato a capirlo. La domanda che adesso comincia a rodere nella tua testa è più angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all’altro e non arrivi a uscirne?”13. I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia 21 Elementi che individuano una soglia Prima che le porte venissero reputate indispensabili esisteva soltanto il varco nel muro e, prima ancora, la bocca della caverna. L’utilizzo dello spazio interno con funzione protettiva e intima ha innescato il bisogno di interporre tra esterno e interno una qualche palpebra, per esempio una pelle d’animale (questa soluzione viene ancora impiegata in alcune città dell’Italia Meridionale, dove in estate gli ingressi delle chiese vengono celati spesso dietro una pesante cortina di cuoio). Sin dalle origini, dalla grotta e dalla capanna primitiva, fino al tempio e alla stessa piazza all’aperto, l’architettura propone diverse forme di mediazione tra il dentro e il fuori1. La porta è per eccellenza l’emblema di questa integrazione. Essa controlla la permeabilità del limite e garantisce, oltre alla possibilità di superare le discontinuità spaziali, diverse forme di protezione, difesa e rappresentatività. Nikolaus Pevsner ne dà una definizione articolata nel suo ‘Dizionario di Architettura’: “la porta è un vano aperto entro un muro o un’anta urbana, atta a consentire il passaggio. In basso si ha un elemento orizzontale (soglia), ai lati gli stipiti, sormontati dall’architrave (che genera la geometria rettangolare del trilite, talvolta con fregio o sopraporta); nello spessore del muro entro cui si apre la porta si ha l’imbotte; l’ampiezza della porta è detta luce. Per porte di grandi dimensioni si parla spesso di portoni o portali”2; sono citate anche: fornici e porte urbicae (delle città), porte trionfali (archi onorari), porte del castrum, praetoria, decumana, porte levatoie e saracinesche (nei castelli medievali), porte dissimulate o segrete (false porte), porte dei morti, porte sante, porte cocchiere, porte nuziali, porte-finestre, a ghigliottina, porte maggiori, di servizio, di sicurezza, porte stagne, etc. Vengono inoltre specificate le componenti del serramento e del relativo infisso: “i battenti sono inquadrati da un controtelaio che può essere connesso direttamente al muro mediante grappe ma più spesso è avvitato a un telaio murato; il coprigiunto tra l’infisso e il muro è detto mostra. I battenti possono essere uno o due; talvolta in uno di essi è ricavata una porta più piccola (specie nelle fortificazioni) che fu detta gattaia”3. E infine vengono elencati i diversi tipi di battenti (alla mercantile, tamburato, antincendio, di sicurezza, antifurto, in acciaio) e di porte ‘di grande luce’ (scorrevoli, girevoli, a pendolo, a libro, etc.). Sull’essenza e sul significato intrinseco della porta scrive Heinrich Tessenow: “Se la porta viene realizzata secondo una precisa idea costruttiva, essa riflette nelle sue belle misure, nei rapporti, etc. tutte le esigenze e anche la gioia stessa della costruzione, sì che diventa un piacere il fatto di usare la porta come tale, fino al punto di rallegrarci del fatto che al mondo non si possa fare a meno delle porte; in questo caso alla fine risulterà anche l’elemento decorativo, ma senza averlo voluto e senza essercene preoccupati.”4 Decorazioni, sculture, citazioni e addobbi ornano la porta, e ne sottolineano il ruolo di cerniera, aprendo a una vasta gamma di me- “In molte civiltà si trovano degli elementi, dotati di una forte qualità figurale, che servono a marcare la transizione tra esterno e interno. Il portico (colonnato, arcata) è uno di questi. […] Il portale è anche un elemento distintivo di uso comune, soggetto a svariate interpretazioni figurali, dal pilone egiziano all’arco di trionfo romano, sino ai vari tipi di porte cittadine. Infine dobbiamo menzionare quei motivi subordinati e variabili che comunemente caratterizzano un insediamento. Elementi esterni, di questo genere, sono anzitutto alcuni tipi di aperture come i portali e le finestre. Il loro aspetto è determinato dalla forma, la grandezza e la distribuzione.” C. Norberg-Schulz, L’abitare 22 I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia 1. Porte. Porta in legno, Santa Maria in Capitolo, Colonia, Germania, 1050-1065 3. Portali. P’ai-lou cinese, Pechino, Repubblica Popolare Cinese 2. Porta: soglia, stipiti, architrave e anta. Componenti di una porta d’abitazione, Nuova Caledonia tafore, immagini e significati simbolici, di cui avremo modo di parlare in seguito (v. Problematicità e simbolismi del passaggio). Le porte bronzee delle cattedrali romaniche e gotiche (si veda la Porta del Paradiso di Francesco Ghiberti, la Porta del Battistero di Firenze di Andrea Pisano, etc.), le loro dimensioni, la pesantezza o la composizione in formelle narrative non rappresentano solo un sistema di chiusura ermetica dello spazio interno, ma anche, sul piano dei contenuti, il luogo del transito del fedele dal profano al sacro. L’univocità del senso (la decorazione è solo sull’esterno) sta ad indicare il valore della sequenza profano-sacro (in opposizione al non-valore sacro-profano) e sottolinea la preziosità dell’interno, sede del tesoro che è la fede. I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia 23 Ma da cosa dipende l’unidirezionalità del varco dello spazio sacro? Perché la decorazione è solo all’esterno? Probabilmente è dovuta al modello e al tempo di fruizione dello spazio: quando la porta è chiusa l’interno è inaccessibile (a meno che, come accade spesso per preservare il valore artistico delle porte antiche, la si mantenga normalmente chiusa e si faccia deviare il flusso di visitatori verso altri ingressi secondari). La porta, allora ‘parla’ a chi sta fuori, nello spazio dell’attesa, e se è chiusa perché protegge qualcuno che sta nell’interno, allora non ha motivo di esaltare il proprio ruolo di soglia attraverso un forte apparato decorativo, perché i punti focali verso cui si rivolge l’attenzione del fedele sono altri (l’altare, le cappelle, il tabernacolo, etc.). C’è da aggiungere, inoltre, che la soglia decorata all’interno attribuirebbe significati non corretti al punto del passaggio, valorizzando il movimento verso l’esterno, meno importante, anche se il Vangelo raccomanda: “Andate e predicate al mondo!”.(v. La decorazione come valore estetico e narrativo) In realtà la porta di cui stiamo parlando ha il suo valore massimo quando è aperta, e la decorazione dei due battenti, appoggiati alla faccia interna degli stipiti, quella che guarda proprio sul varco, accompagna il passaggio. La decorazione allora partecipa al gesto del passare e amplifica simbolicamente la profondità e lo spessore del muro sul quale il varco si apre. Al di là degli aspetti interpretativi legati alle metafore e decorativi, la porta è in realtà “ciò di cui manca”5, lo spazio vuoto lasciato nel muro nell’atto di costruire una casa, attraverso il quale avervi accesso; uno spazio non colmato dal materiale, perché si costruisce la casa, ma non si costruisce la porta. E’ proprio questo ‘mancare’ della porta, questa sua assenza, a rappresentarne l’essenza più intima e a definirne esplicitamente il ruolo. Il portale, che potrebbe essere pensato come una ‘grande porta’, o una ‘porta decorata’, in realtà è qualcosa di diverso. E’ una struttura che potrebbe vivere indipendentemente rispetto all’edificio in cui immette, e alla cui facciata, spesso, si ‘appoggia’, caratterizzandone l’apetto. Archetipo di ogni transizione spaziale, ‘soglia della recinzione’ più che ‘soglia dell’edificio’, segnale di invito, guida percettiva dell’accesso, anticipazione della qualità e dell’importanza dell’edificio, il portale arricchisce l’architettura dello spessore della citazione e conferisce dignità ai luoghi. Dai primitivi ingressi nelle caverne, ai simbolici cumuli di pietra, ai triliti, ai più complessi e decorati p’ai-lou cinesi; dagli alti e decoratissimi portali d’ingresso delle moschee islamiche agli archi di trionfo romani, ai portali delle cattedrali gotiche, agli archi porticati e decorati di Boulée6, tutti questi portali hanno condensato significati culturali e celebrativi di cui ancora oggi riconosciamo il valore. Potremo dire, quindi, che un portale è una struttura che provoca azioni rituali e che in esso converge un preciso simbolismo. 4. Cancelli. Carlo Scarpa, Ingresso per i funerali del Cimitero Brion, S. Vito d’Altivole, Treviso, Italia, 1969-78 24 I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia 5. Corti e cortili. Edoardo De la Sota, Patio di casa mediterranea, Siviglia, Spagna, 1955 7. Percorsi, scale, Portici e atrii. Carlo de Carli, Chiesa di San Gerolamo Emiliani, Cimiano, Milano, Italia, 1954-65 8. Basamenti. Hephasteion, Atene, Grecia, 450-440 a.C. 6. Pensiline. Le Corbusier, Portico d’ingresso della Cité de Refuge, Parigi, Francia, 1929 Il cancello è un sistema di chiusura dell’ingresso (generalmente in legno o in metallo, ma anche in pietra o in calcestruzzo, a uno o due battenti) interposto tra due spazi aperti. Carlo Scarpa ne dà una interpretazione originale progettando per il cancello del Cimitero Brion, una grande anta scorrevole “riempita di cemento su cassaforma con superfici interne in vetro. Le ruote, che nascondono i cuscinetti a sfere, sono in bronzo e sono situate all’estremità di un carrello che si muove su rotaie annegate nel calcestruzzo della pavimentazione. Il cancello non si può aprire completamente, ma solo per tre quarti, lasciando sempre in evidenza un maniglione in tondo pieno di acciaio del diametro di 40 mm. L’altezza del I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia 25 cancello (163 cm) riprende l’allineamento del muro di cinta inclinato e ne continua la barriera, se chiuso”7. Tuttavia lascia intravedere l’interno attraverso un’apertura a forma di croce collocata all’altezza dell’occhio umano. Questo pesante cancello rievoca i portali in pietra delle piramidi e dei templi Egizi. Pensiline, aggetti o accessi ‘in avancorpo’ che proteggono la spazio esterno del varco di passaggio, segnalano la presenza di una soglia. Il loro ruolo è funzionale, perché danno riparo a chi aspetta all’aperto, ma anche estetico e simbolico, perché sottolineano il ruolo prioritario della porta rispetto alla continuità indifferenziata della facciata e indicano al visitatore il punto di accesso all’edificio. Spazi di soglia che costruiscono dei diaframmi tra l’interno e l’esterno sono molto ricorrenti nelle architetture sacre: la corte con fontana delle moschee , chiusa sui quattro lati e aperta verso il cielo, ‘filtra’ e ‘purifica’ il passaggio dal profano al sacro; il quadriportico della basilica paleocristiana e il nartece porticato, che ritroviamo anche nelle chiese romaniche, vengono usati come spazi d’attesa e di preparazione per i fedeli prima di entrare nel luogo consacrato. Il portico di accesso alla Chiesa di San Girolamo Emiliani a Cimiano, di Carlo De Carli, dà un’interpretazione nuova al tema dell’accedere al luogo del culto. Esso sembra sintetizzare nell’unico elemento di raccordo tra interno ed esterno momenti tra loro molto diversi. Il portico, articolato con vari accessi, raccoglie il movimento dei fedeli che vi si recano da diversi luoghi; è sopraelevato su un basamento, cui si accede tramite alcuni gradini e restituisce, nel moto ascensionale, il distacco delle cose terrene; si sviluppa lungo tutta la facciata principale e sottolinea, anche formalmente, il margine che separa l’interno dall’esterno; è uno spazio che prepara (è un percorso) e accoglie (è una stanza protetta). I basamenti e i pilotis, che sopraelevano l’edificio da terra, nel primo caso consolidandolo fermamente nel secondo separandolo con un cuscinetto d’aria intermedio, rappresentano delle soglie laddove, o per la perdita del valore di luogo della porta d’accesso o per particolari necessità funzionali o formali, svolgono un ruolo di intermediazione tra interno ed esterno. Per esempio, nell’Hephasteion di Atene (450 -440 a.C.), il cui accesso è segnalato da un basamento e da alcuni gradini, lo spazio einterno vero e proprio non è in realtà quello del Megaron, ma l’area porticata delimitata dal podio. Il sagrato della Chiesa di S. Ildefonso a Milano, di Carlo De Carli, la sopraelevazione rispetto alla piazza Damiano Chiesa che gli è prospiciente, promuoveva un momento di pausa e di attesa di fronte all’ingresso, ma soprattutto dava ai fedeli l’occasione per incontrarsi e per intrattenersi. 9. Basamenti. Carlo de Carli, Sagrato della chiesa di S. Idelfonso, Milano, Italia, 1955 10. Scale e scalinate. Charles Rennie Mackintosh, Scalinata della School of Modern Art, Glasgow, Scozia, Gran Bretagna, 1906-10 11. Ingressi in avancorpo. Alvaro Siza Vieira, Ingresso al Centro servizi della Facoltà di Architettura dell’Università di Porto, Portogallo, 1986-96 26 I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia 12. Teo Hotz, Pensilina e avancorpo d’ingresso del Centro Ricerche e Sviluppo, Baden, Svizzera, 1997 Come sostiene Georg Simmel, tutto ciò che separa per ricongiungere è soglia. Così gradini, scale, scalinate, che collegano tra loro livelli diversi di esterni e interni, sono tutti elementi che indicano il passaggio. La scalinata di accesso alla Scuola d’Arte di Glasgow di Charles Rennie Mackintosh, con la sua forma sinuosa, accoglie e invita verso l’interno, mentre la lampada, posta come chiave di volta di un arco metallico proprio nell’invito della scala, e i suoi spessi muri laterali circoscrivono un luogo privo di pareti e soffitto, ma già, per i suoi caratteri spaziali, fortemente connotato come interno. Citiamo un’ultimo ‘tipo’ prodotto dallo sviluppo della soglia nella terza dimensione: la stanza di passaggio, che viene interpretata dal punto di vista spaziale come bussola, avancorpo o cavità nell’edificio. 13. Atrio di una casa pompeiana, Pompei, Italia Alle strutture spaziali che individuano tradizionalmente un luogo di soglia e che abbiamo presentato finora, si possono aggiungere, infine, altre strutture, non ‘costruite’ ma legate alla sfera della percezione, come le repentine variazioni di luce, di materia, di colore, di dimensione, di decorazione. Questi processi sono innescati dal ruolo antropologico che sono in grado di svolgere gli elementi che individuano una soglia, che possono di per se stessi promuvere o orientare determinati comportamenti, oppure esprimere contenuti più complessi rispetto all’oggettività della forma o alle necessità funzionali del varco. Il portone di accesso all’abitazione, per esempio, “è il segno di sé posto al confine con il mondo esterno e dalle dimensioni del portone e dall’enfasi del portale si misura la volontà di grandezza dell’abitante. Ma questo segnale è contraffatto anche dalla sua storia. Se infatti ancora oggi il portone di un condominio è molto più grande dei portoncini di accesso ai singoli alloggi, questo è perché il signore dell’Ottocento usciva dal portone in carrozza e ancora oggi il portone viene I Il varco / LA SOGLIA. Elementi che individuano una soglia decodificato come sinonimo dell’importanza sociale di chi vi abita. La pensilina è la rielaborazione con alfabeti attuali del segnale del tetto, quindi è percepita positivamente da chi ha il desiderio del tetto e vuol passare per moderno. Con la pensilina davanti all’ingresso chi abita nella casa si riappropria di una porzione di spazio esterno riclassificandolo come propria area di influenza. Se la riappropriazione dello spazio esterno si compie definitivamente la pensilina diviene porticato; il porticato è un segnale gratificante, perché stabilisce in termini di possesso, quindi di sicurezza, il rapporto perduto della casa con il territorio e insieme trasferisce all’esterno il segnale dell’abitante a significare un raggiunto rapporto di socializzazione con il mondo”9. Individuati fin qui gli elementi che segnalano la presenza di una soglia, vediamo ora dove e in che modo essa si esprime in termini spaziali bi- e tri-dimensionali. 27 Note: 1. V. J. Ryckwert, La casa di Adamo in Paradiso, Adelphi, Milano, 1972, p. 524. 2. Nikolaus Pevsner, John Fleming, Hugh Honour, Dizionario di Architettura, Einaudi, Torino, 1981, voce ‘porta’, pp. 523-524. 3. V. nota 2. 4. Heinrich Tessenow, Osservazioni elementari sul costruire, 1966, trad. it. Milano, 1974, pp. 125 e segg. 5. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 17. 6. Paolo Giambartolomei, Al piede dell’architettura, Officina, Roma, 1998, p. 108. 7. B. Albertini, S. Bagnoli, Scarpa. L’architettura nel dettaglio, Jaca Book, Milano, 1988, p. 220. 8. Adriano Cornoldi, L’architettura della casa, Officina, Roma, 1988, p. 267. 9. Pier Lodovico Rupi, Architettura e antropologia, Edizioni Medicea, Firenze, 1981, pp. 33-34. Fonti delle illustrazioni: 1. X. Barral i Altet, O mundo romanico, Taschen, Colonia, 2001. 2. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1990. 3. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 4. B. Albertini, S. Bagnoli, Carlo Scarpa. L’architettura nel dettaglio, Jaca Book, Milano, 1988. 5. A. Cornoldi, L’architettura dei luoghi domestici, Jaca Book, Milano, 1994. 6. W. Boesiger, Le Corbusier, Zanichelli, Bologna, 1997, p. 49. 7. C. De Carli, Architettura. Spazio primario, Hoepli, Milano, 1982. 8. C. Norberg-Schulz, L’abitare, Electa, Milano. 9. C. De Carli, Architettura. Spazio primario, Hoepli, Milano, 1982. 10. D. Watkin, Storia dell’architettura occidentale, Zanichelli, Bologna, 1994. 11. K. Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano, 1999. 12. Detail, 4, 1997. 13. M. Brion, Pompei ed Ercolano, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1962. LIVELLI DI SOGLIA “Il solco tracciato nel suolo, il segno disposto nel terreno, o il varco misurato tra luoghi, restituiscono nel ricorso millenario, le molte versioni del transito dall’una all’altra regione, determinando punti, linee, superfici che, insieme, congiungono e dividono: ogni volta soglie, ovvero tramiti, passaggi, demarcazioni, individuati dall’esistenza reale come dall’apparenza virtuale”. Carlo Sini, Pensare il progetto, Tranchida, Milano, 1992, p. 10 Fonti delle illustrazioni: (nella pagina precedente) 1. Veira da Silva, Les Treize Portes, 1972 (da: Gisela Rosenthal, Vieira da Silva 1908-1992, Taschen, Colonia, 1998). I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La non-soglia 31 La non-soglia: continuità tra interno ed esterno All’ingresso del Padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe la soglia sembra non esistere. La porta non c’è. Essa è sostituita da un’ampia lastra di vetro, da una parete trasparente che è margine e dispositivo di apertura al contempo. Ma, dice Marco Biraghi, se ‘non c’è’ la porta non esiste nemmeno il problema di attraversarla o di non attraversarla. In realtà una barriera fisica deve esistere, non foss’altro per garantire il mantenimento delle condizioni microclimatiche interne, anche se apparentemete non sembra esistere, data la trasparenza del vetro che, per definizione, garantisce una continuità totale tra esterno e interno. Visivamente e formalmente, quindi, la soglia di Mies non ha corpo. E’ una membrana quasi impercettibile, una linea tanto esile da divenire quasi astratta, inconsistente. Nella miesiana Casa Farnswhort la porta a battente, trasparente e bidimensionale, difficile da identificare nella parete in vetro in cui è ritagliata, priva delle linee di margine e della spazialità che renderebbe questo luogo riconoscibile e abitabile, non rappresenta un luogo di soglia. La necessità del varco è infatti condizione necessaria per l’esistenza della porta d’ingresso, ma non sufficiente per la sua caratterizzazione in quanto luogo significativo. Eppure ritengo che anche in Mies si possa riconoscere una spazialità nel punto dell’ingresso: nello spessore esilissimo della parete trasparente si riconosce, infatti, una linea di discontinuità sul piano del pavimento che identifica il margine astratto tra dentro e fuori. La soglia miesiana non va cercata qui, però, ma in elementi per così dire ‘non tradizionali’, come il basamento, a Barcellona, e i vassoi aerei delle terrazze di casa Farnsworth. Entrambi sopraelevano l’edificio da terra e, ciascuno con modalità diverse, scandiscono il processo di avvicinamento e progressiva penetrazione (quasi naturale) nello spazio interno. Su questi elementi sono stati trasferiti i valori di margine di cui è stata privata la porta. Decade, così, l’ipotesi dell’inesistenza della soglia, che, ridotta a un minimo, quasi indefinibile segno, non è spazio, né ancora linea, ma certamente è varco, ed è passaggio. “Come si attraversa questa porta? Se la attraversi, allora c’è; se non la attraversi, allora come si fa ad entrare? Chi sa veramente attraversarla lo faccia e mi faccia vedere come si fa!” Marco Biraghi, Porta multifrons, 1992 1. Ludwig Mies van der Rohe, Basamento del Padiglione di Barcellona, Spagna, 1929 2. Ludwig Mies van der Rohe, ‘Vassoi’ d’accesso di Casa Farnswhort, Plano, Illinois, USA, 1945-51 Note: 1. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992. Fonti delle illustrazioni: 1. A. Drexler, The Mies van der Rohe Archive. An illustrated catalogue of the Mies van der Rohe drawings, The Museum of Modern Art, Garland, New York, 1992. 2. W. Blaser, Mies van der Rohe. Farnsworth House, Birkhäuser, Basel, 1999. I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La soglia come linea 33 La soglia come linea “Se ho un foglio di carta metà rosso e metà blu, la linea di divisione è rossa o blu? [...] E’ evidente che la linea non è né rossa né blu. La linea non è propriamente una linea, perché la linea è un’apertura, è quel nulla che pur ci deve essere perché io possa scandire il rosso dal blu, perché io possa opporre rosso e blu”1. Martin Heidegger definisce la soglia come il nulla che consente il gesto, [...] che consente l’attraversamento, lo slancio, l’esercizio di tutti i miti e di tutte le pratiche d’iniziazione, e che consente tutte le leggi ‘qui dentro comando io, là fuori no’: al di là del Rubicone, e così via2. Joseph Conrad la interpreta come la ‘linea d’ombra’ che separa il presente dal passato, la giovinezza dalla maturità3. In architettura il muro incarna questa linea e, “poiché l’interno è diverso dall’esterno, il muro, la zona di differenziazione, diventa un avvenimento architettonico. Porre un limite al pensiero, sosteneva Wittgestein, vuol dire poterne pensare entrambi i lati: ciò che sta di qua e ciò che sta di là”5. L’architettura incarna questo paradosso perché costruisce i muri, cioé limina, pone dei limiti, delimita ‘luoghi’ nello spazio. Diceva Elias: “il muro è il luogo del contrasto del dentro/fuori, dell’interno/esterno, e poi di tutte le coppie (non a caso Giano è bifronte!) uomo/natura, cultura/natura, città/campagna. Sicché si può parlare appropriatamente di ethos del muro: il muro ha un ethos perché ha un luogo, un luogo enigmatico e di conflitto, che è poi il luogo dell’uomo”4. “Margini... sono i confini tra due diverse fasi, interruzioni lineari di continuità. [...] Possono costituire barriere, più o meno penetrabili, che dividono una zona dall’altra, o possono essere suture, linee secondo le quali due zone sono messe in relazione ed unite l’una all’altra”. Kevin Lynch, L’immagine della città, 1975 1. Trilite all’ingresso di una casa pompeiana Il muro è il limite sottolineato dall’architettura tra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori, il punto di passaggio tra i due mondi; e il varco aperto nel suo tracciato è la soglia. Questa a volte ha un carattere bidimensionale, si presenta, cioè, come superficie verticale con uno spessore e una consistenza materica tanto esili da essere ridotta a un semplice segmento adimensionale. Il trilite d’ingresso della Casa del Fauno a Pompei è una soglia lineare, disegnata sul pavimento dell’ingresso, una semplice linea di discontinuità tra interno ed esterno che definisce l’identità della soglia. Analogamente l’ingresso allo studio professionale di Zumthor, ad Haldenstein, è segnalato da una esile cornice metallica che sembra accennare a una spazialità, sporgendo dalla superficie del muro, ma, in realtà, non costruisce alcun ponte tra dentro e fuori, e si limita a incorniciare il varco. 2. Peter Zumthor, Ingresso allo studio Zumthor, Haldenstein, Svizzera, 1988 Note: 1. Ci si riferisce agli studi del filosofo americano Charles Sanders Peirce sul ‘Nulla della soglia’. 2. Si veda: Martin Heidegger, ‘Il linguaggio’, in: A. Caracciolo (a cura di), Il cammino verso il linguaggio, Milano, 1973, p. 39. 3. Joseph Conrad, ‘La linea d’ombra’, in: Racconti, Mondadori, Milano. 4. Si veda: Robert Venturi, Complexity and Contradiction in Architecture, New York, 1966, p. 88. Fonti delle illustrazioni: 1. M. Brion, Pompei ed Ercolano, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1962. 2. P. Zumthor, H. Binet, Peter Zumthor. Opere architettoniche 1979-1997, Lars Müller, Baden, 1998. I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La dimensione spaziale 35 La dimensione spaziale “La soglia è il luogo che ha la capacità di ri-unire lo spazio che si è in precedenza percepito come diviso, perché l’atto del costruire genera sempre e in ogni luogo una parcellizzazione dello spazio, una separazione tra spazio naturale e spazio artificiale. Lo spazio che relaziona i due ambiti pone una cerniera tra lo spazio dell’uomo e tutto ciò che è fuori di esso e supera la separatezza tra interno ed esterno, unifica i due ambiti senza essere selettivamente ‘dentro’ o ‘fuori’, poiché, a differenza della parete che, silenziosa, è estranea a ciò che sta al di là di essa, la porta istituisce una doppia relazione con ognuno dei due mondi”1 e una terza relazione, inedita, che è la sintesi delle prime due relazioni (esterno-soglia, soglia-interno e interno-esterno) realizzate nel luogo stesso del passaggio, cioé nel punto, sulla linea o dentro lo spazio della soglia. Essa partecipa, quindi, di due realtà, appartenendo sia allo spazio esterno, da cui ci si muove, sia a quello interno, verso cui ci si orienta (e viceversa). Proprio in funzione di questo duplice ruolo e appartenenza, la soglia acquista profondità e quindi spazialità e tridimensionalità. “Le soglie e gli spazi di transizione diventano un ‘luogo’: il ‘luogo dove il mondo si ribalta”. P. Boudier, Esquisse d’une théorie de la pratique, 1970 La soglia-spazio è il modello cui facciamo riferimento in questa ricerca, cioè il modello di uno spazio di passaggio in cui l’uomo ‘entra’, ‘sta’ ed ‘è raccolto’. I Propilei dell’Acropoli di Atene (c. 480 a.C.) o le antiche porte di città, aperte negli spessori di alcuni metri delle mura urbane, sono soglie tridimensionali. Un esempio interessante di soglia tridimensionale è rappresentata dal ponte-levatoio dei castelli medievali o dal più attuale ponte mobile. L’originalità di questi ponti sta nel fatto in essi sono concentrati e resi inscindibili due aspetti molto importanti, la spazialità della soglia e l’accessibilità all’edificio: il ponte-levatorio è uno spazio solo quando è calato, e permette di superare il fossato che circonda il castello, altrimenti è solo una ‘porta’ che ‘chiude’. Il ponte levatoio è perciò la sintesi di due strutture fondamentali, il ponte e la porta, che Georg Simmel ha acutamente interpretato nel suo famoso saggio ‘Brücke und Tür’. L’aspetto dinamico del ponte mobile lo troviamo anche nelle porte girevoli, la cui configurazione, definita dal movimento rotatorio dell’intera struttura intorno a un perno centrale, rappresenta una bolla ambientale indipendentemente dal suo movimento. Nel caso del pontelevatoio lo spazio è generato solo nel momento dinamico del suo abbassamento sul fossato; nel caso della porta girevole, invece, è l’esigenza ‘a priori’ di far girare i battenti a determinarne la configurazione cilindrica e la spazialità della soglia. L’analisi della terza dimensione nel luogo della soglia introduce l’analisi degli ambienti (spazi, ambiti, sale, etc.) appositamente destinati all’ingresso e all’accoglienza. L’intradosso dei portali ad anelli della Cattedrale di Laon, in Francia, ha una profondità tale da definire una vera e propria sala d’at- 2. Portico d’ingresso della Chiesa di NotreDame, Le Puy-en-Velay, Francia, 1150 36 I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La dimensione spaziale 2. Propilei dell’Acropoli di Atene, Grecia, c. 480 a.C. 3. Antoni Gaudì, Torre-portico di Casa ‘El Capricho’, Barcellona, Spagna, 1883-85 4. Ponte mobile all’uscita del porto di Amsterdam tesa, riparata dalla pioggia e dal sole e costituisce, per la sua spazialità e il suo ruolo protettivo, anche un luogo di riunione e di sosta. Il portico di accesso del Palazzo Massimo alle Colonne di Baldassarre Peruzzi, con la sua ombra profonda che separa ciò che è fuori dall’intimità, ancora solo annunciata, dell’interno, è senz’altro una soglia-spazio, che accoglie, protegge e conduce all’interno. E’ proprio l’aspetto tridimensionale dello spazio d’ingresso I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La dimensione spaziale 37 5. Profondo intradosso come spazio d’attesa nei portali ad anelli della Cattedrale di Laon, Francia, XII-XIII sec. che andremo a indagare da qui in avanti, verificando come e attraverso quali dispositivi esso è in grado di promuovere la stanzialità e la percezione cosciente dell’uomo del proprio stato di transizione e del compiersi del proprio gesto, al fine di dare una definizione precisa di ciò che si intende per soglia-come-luogo. Oltre al punto, la linea e la superficie di soglia dobbiamo citare un’altra struttura di soglia: gli ‘edifici per il passaggio’, cioé tutte quelle strutture che accolgono un momento o un periodo di transizione. In una considerazione molto generale potremmo raccogliere in questo ambito tutti gli spazi in cui l’uomo subisce una qualche trasformazione di stato, non foss’altro tra lo stare dentro e lo stare fuori, per cui: le chiese, gli ospedali, le scuole, i cimiteri, le biblioteche, etc. In una ipotesi come questa però risulta molto difficile scorporare una categoria ben identificata dalla generica produzione architettonica, perché tutti gli edifici, che per loro natura accolgono l’uomo, che è un essere in continua trasformazione, ricadrebbero in questo insieme (le abitazioni stesse appartengono a questa specie, in quanto ospitano buona parte dei momenti di crescita e quindi di metamorfosi umana). Ognuno di questi edifici esprime una partciolare interpretazione del tema del ‘passaggio’. Consideriamo, invece, più appropriatamente come architetture del passaggio quelle che accolgono l’uomo in movimento, che allestiscono dei luoghi in cui, il ‘viaggiatore’ può sostare in attesa, utilizzare un mezzo per i suoi spostamenti e partire: stazioni ferroviarie e metropolitane, autostazioni, porti, aeroporti, etc. Questi luoghi sono non solo terminals di partenze e di arrivi, ma anche spazi pubblici legati alla vita culturale e sociale della città, perché, oltre ai servizi specifici per i 6. La porta girevole come bolla ambientale 38 I Il varco / LIVELLI DI SOGLIA. La dimensione spaziale 7. Baldassarre Peruzzi, Portico di accesso del Palazzo Massimo alle Colonne, Roma, Italia, 1532 viaggiatori, contengono servizi informativi di vario genere, ristoranti e spazi commerciali, centri fitness, centri medici, chiese, gallerie d’arte contemporanea, etc. Sono veri e propri centri polifunzionali, che, soprattutto in epoca contemporanea, hanno tradotto il tema del passaggio come stanzialità e interpretato il gesto del passare come sequenza molto articolata e complessa. Note: 1. Georg Simmel, ‘Brücke und Tür’ (1909), in: M. Cacciari, L. Perucchi (a cura di), Saggi di estetica, Padova, 1970. Fonti delle illustrazioni: 1. X. Barral i Altet, O mundo romanico, Taschen, Colonia, 2001, p. 60. 2. Roland Martin, Architettura greca, Electa, Milano, 1972. 3. Rainer Zerbst, Antoni Gaudì, Taschen, Colonia, 1985, pp. 48-57. 4. Universo, Istituto Geografico De Agostini, Novara, vol. X. 5. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998. 6. E. Paoli, Quaderni vitrum n. 6. Gli “ingressi”, a cura del Cisav. 7. R. De Fusco, Mille ani d’architettura in Europa, Laterza, Roma-Bari, 1993. Parte seconda Il gesto e il luogo IL GESTO SULLA SOGLIA: ATTENDERE, VARCARE, ESSERE ACCOLTI “Star seduti sulla soglia di casa aveva un che di domenica o di dopo lavoro. Si era fatto il proprio dovere e ci si riposava. Se quelli che passavano ti vedevano lì così, seduto sulla soglia, diventavano amabili (...) Quando una volta alcuni bambini più grandi m’inseguirono con dei bastoni, io mi rifugiai in casa ma li aspettai sulla soglia, e loro mi salutarono e fecero un cenno come se niente fosse successo. Certe soglie erano molto alte: nel passarle, dovevi alzare le ginocchia e battevi la testa. Star seduti sulla soglia voleva dire: Qui la porta non può essere chiusa! (...) Le donne erano solite mettere una sedia sulla soglia e star lì a lavorare a maglia. Dalla soglia io contemplavo spesso i temporali e mi lasciavo sfiorare dalle gocce o da qualche grano di grandine. (...) A Pasqua, con le grandi pulizie di casa, si lavavano per bene anche le soglie. (...) A Pentecoste le soglie prendevano un’aria di festa, con gli alberelli di betulla ai lati. La soglia della stanza dei genitori mi sembrava particolarmente alta. Nella soglia della casa vicina erano incisi dei segni di una strana scrittura; avevano usato una pietra tombale di un qualche secolo passato. In caso di terremoto, dicevano in paese, non si doveva correre fuori ma mettersi sulla soglia, sotto l’architrave della porta: là si era al sicuro”. Peter Handke, Il cinese del dolore, Milano, 1988 Fonti delle illustrazioni: (nella pagina precedente) 1. Beato Angelico, Visitazione, prima metà del XV sec. (da: I maestri del colore: Beato Angelico, Fabbri, Milano, 1977) II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Davanti al limite 43 Davanti al limite. L’attesa I tre momenti del gesto sulla soglia non sussistono indipendentemente l’uno dall’altro, partecipando tutti a un medesimo atto: entrare. La loro analisi per ‘sezioni’ è, quindi, solo strumentale, anche se in ciascuna di esse possiamo riconoscere diversi gesti di senso compiuto. Per esempio, la fase di avvicinamento e di attesa davanti al varco di ingresso è sì preparatoria al passaggio, ma nel contempo ammette potenzialmente una varietà di azioni, correlate a precisi luoghi o tradizioni (pulirsi i piedi, togliersi cappello, suonare il campanello, etc.). Affrontiamo subito un tema che ritengo basilare per comprendere il significato del luogo che si trova prima del varco, cioé l’assimmetria della soglia. Il movimento direzionato, che genericamente inizia in uno spazio d’origine e si conclude in uno arrivo, viene reso dal trattamento differenziato delle due facce della soglia. Il luogo in cui si sta in attesa davanti al limite, accoglie anche un movimento opposto a quello d’entrata, lo spostamento dall’interno verso l’esterno, cioé l’uscita. Ma se si ribalta il percorso, invertendo il senso di marcia, il risultato cambia profondamente e il luogo muta di significato. Anche se quasi sempre l’ingresso coincide fisicamente con l’uscita, non è detto che basti l’inversione dei punti di parenza e di arrivo per trasformare i significati dell’uno in quelli dell’altro (per esempio il portico di una chiesa, soglia del profano che si avvicina al sacro, visto dall’interno diviene la soglia dei divino nei confronti dell’esterno profano, o il foyer di un teatro, la soglia della città, etc.). I due sensi non sono equivalenti, ed è per questo motivo che i portali delle chiese sono decorati solo sulle facce esterne (v. Elementi che individuano la soglia). Nello spazio ‘davanti al limite’, quindi, avviene un doppio gesto, un movimento in ingresso e in uscita, che presenta caratteri molto diversi per la dinamica della gestualità, il tipo di attrezzatura prevista, la velocità di avvicinamento e allontanamento, etc.). C’è da aggiungere che una situazione analoga si trova anche all’interno dell’edificio, nel luogo dell’accoglienza (v. Oltre il limite. L’accesso) e questo aspetto rende più complesso il ruolo e il significato dello spazio. Vediamo come si articola il gesto ‘davanti al limite’: 1. Movimento di avvicinamento. Si arriva a piedi, con un mezzo. Si segue un percorso diretto, si supera una successione di filtri, cancelli e recinzioni. 2. Comunicazione con l’interno e presentazione dell’identità dell’ospite. Si percuote il battacchio, si suona il campanello, si bussa alla porta. Ci si annuncia al citofono. Ci si avvicina allo spioncino o al citofono, ci si guarda in giro. 3. Attesa davanti al limite. Si aspetta che qualcuno risponda alla chiamata, direttamente dallo spazio al di là della porta o tramite il citofono, apra la porta. Si posa l’ombrello. Ci si siede su un gradino, una “Il giovane, quando arte e natura l’attirano, crede di poter penetrare quanto prima, con la vivacità del suo naturale istinto, nell’intimo del santuario: divenuto uomo, si accorge, dopo lungo peregrinare, di trovarsi ancor sempre nel vestibolo. [...] Invero soltanto i gradini, la porta, l’ingresso, l’atrio, lo spazio fra l’interno e l’esterno, fra il sacro e il profano possono essere il posto in cui ci tratterremo per lo più coi nostri amici”. J.W. Goethe, Introduzione ai propilei, 1914 44 II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Davanti al limite 1. Donna al lavoro sulla soglia di casa panca. Si guarda l’ora. Ci si sistema l’abito. Ci si toglie il cappello. Si attende di essere riconosciuti, ammessi (Josè Saramago dipinge un’immagine ricorrente nella tradizione popolare: “...Allora accetti, e lei aveva risposto, Si, e da allora filavano insieme, secondo le buone regole del fidanzamento, sulla soglia della porta, che per entrare era ancora presto”1). 4. Apertura del varco. La porta viene aperta dall’interno, dal padrone di casa, da un domestico. Viene sospinta verso l’interno dall’esterno. Si apre in modo automatico, manuale. Ci si protende in avanti. Si intravede l’interno. 5. Sosta e intrattenimento all’esterno. Si saluta il padrone di casa. Si scambiano due parole. In piedi, seduti. Ancora oggi, nei paesi rurali, le donne, nella bella stagione, cuciono, lavorano a maglia o all’uncinetto (“...ché sono esperte le donne del latifondo a mettere fondelli o ginocchiere, sembra di vederle mentre rovistano nel cesto degli stracci alla ricerca di un ritaglio di cotone in buono stato, lo provano sul gambaletto liso e poi attaccano con la forbice prudente, si sente il filo stridere, è un lavoro di grande precisione. Seduta me ne sto sul gradino della porta a rammendare questi calzoni del mio uomo, che non deve recarsi nudo a lavorare,...”2), mentre gli uomini chiacchierano o giocano a carte. Si guardano i passanti. Si vende, si compra dai venditori ambulanti. Nei trattati di architettura lo spazio antistante l’ingresso è descritto come un luogo la cui configurazione è in grado di produrre un’atmosfera di vita “calma, tranquilla, dignitosa... gioiosa” e visto come luogo di purificazione e di preparazione all’esperienza domestica, in prossimità del quale vanno posti “porticati ed emicicli, dove i vecchi possano riunirsi a discorrere al tiepido sole invernale, la famiglia trascorra le giornate festive, e d’estate si goda un’ombra ristoratrice”3. E’ evidente che quello che abbiamo genericamente definito momento dell’attesa è in realtà una successione complessa di gesti, che si conclude nell’istante preciso in cui ci si affaccia sulla linea di soglia, nell’atto, ancora potenziale, di entrare. Note: 1. Josè Saramago, Levantado do Chão, trad. ital., Una terra chiamata Alentejo, Bompiani, Milano, 1997, p. 154. 2. V. nota 1, p. 283. 3. Leon Battista Alberti, De Re Aedificatoria, Libro V, cap. XVII, tr. ital., Il Polifilo, Milano 1966. Fonti delle illustrazioni: 1. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Il limite 45 Il limite. Il momento del passaggio. Soglie valicabili e invalicabili: il problema dell’accessibilità Il varco nel muro è il punto di cerniera tra dentro e fuori. Il limite è sintetizzato nella porta, la struttura che regola le relazioni tra i due ambienti e che deve ‘contenere’ la dimensione e i movimenti umani. Una sintesi dei significati pratici e simbolici della porta ci è presentata da Bachelard: “La porta è tutto un cosmo del socchiuso. E’ almeno una immagine princeps, l’origine stessa di una rêverie in cui si accumulano desideri e tentazioni, la tentazione di aprire l’essere nel suo intimo, il desiderio di conquistare tutti gli esseri reticenti. La porta schematizza due possibilità notevoli, che classificano nettamente due tipi di rêveries. A volte, eccola ben chiusa, sbarrata con il paletto o col catenaccio; a volte, eccola, aperta, cioé spalancata”2. Ma l’aspetto in assoluto più importante della soglia-limite è il suo esistere in funzione dell’uomo e del passaggio, quindi il suo essere ‘accessibile’ come struttura architettonica indipendente e in quanto consente l’accessibilità all’edificio in cui immette. Apriamo una parentesi importante sul tema dell’accessibilità della soglia, che, per il suo essere per definizione un punto di discontinuità, rappresenta spesso un valico insormontabile in particolari condizioni. Secondo le recenti normative, una soglia accessibile deve essere ‘agibile’ da parte di tutti i soggetti e deve svolgere efficacemente, per dimensione, praticità, localizzazione, etc., il compito di consentire il movimento sia a persone autosufficienti, sia a persone che hanno bisogno di guide o protesi (sedie a rotelle, stampelle, etc.). Sono quindi inaccessibili soglie con lunghe rampe di scale, con dislivelli, con forti discontinuità o di difficile calpestabilità, porte con maniglie strane o sistemi di apertura troppo complessi, varchi poco visibili o poco individuabili, o soglie articolate in dislivelli, podii, gradini o scalinate, che sono impraticabili, per esempio per i motolesi e per gli ipovedenti. E’ necessario, ed è giusto, che l’architettura si faccia carico di questo problema e lo affronti come tema progettuale, evitando l’inserimento a posteriori di soluzioni di emergenza, generalmente di scarsa qualità. E’ evidente che gli edifici storici normalmente non accessibili devono essere messi a norma con nuovi interventi, e questo impone al progettista di affrontare un altro tema, quello della trasformazione dell’edificio al fine di garantirne l’accessibilità, senza però falsarne la natura. Una soluzione è l’abbassamento dell’entrata al livello stradale o l’aggiunta di una nuova entrata con l’installazione di una rampa d’accesso o di un ascensore all’interno, in modo da evitare l’invasività di rampe d’accesso o elevatori esterni. In presenza di dislivelli nel piano del pavimento è necessario eliminare lo scalino abbassando la porta d’entrata e creando una rampa interna o incassando l’entrata per sistemarvi una rampa esterna (le rampe devono avere una pendenza compresa tra il 6 e il 15%, consigliabile il 10%, e una tessitura superficiale del pavimento rilevabile mediante la “La porte me flaire, elle hésite”1. Jean Pellerin, La romance du retour, 1921 46 II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Il limite 1. Finta porta nella Sala Paolina di Castel Sant’Angelo, Roma, Italia, c. 1534-49. Lo stipite in marmo è vero, la porta, invece, è dipinta, semiaperta, con un personaggio che si affaccia nell’atto di uscire Note: 1. Trad. ital.: “La porta mi fiuta, esita”. 2. Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975, p. 243. 3. Fabrizio Vescovo, ‘Soluzioni per il comfort urbano al servizio di una utenza ampliata’, in: Paesaggio urbano, maggio-giugno, 1995, pp. 106-115. Fonti delle illustrazioni: 1. Riccardo Montenegro, Abitare nei secoli, Milano, 1996. percezione plantare, la percussione del bastone e il contrasto graficocromatico). La progettazione dei punti di soglia è resa ancora più complessa dal fatto che non tutti gli individui presentano le stesse difficoltà di movimento, per cui i gradi di accessibilità risultano molto variabili a seconda della categoria d’utenza e il progetto deve poter soddisfare esigenze multiple, a volte anche in contrasto tra loro. A questo proposito riporto un episodio tratto da un articolo di Fabrizio Vescovo su ‘Paesaggio Urbano’3, che mi sembra pertinente per chiarire questo aspetto. Nl 1995 l’Istituto per ciechi ‘Augusto Nicolodi’ di Firenze è stato sottoposto a un intervento di messa a norma per renderlo accessibile ai motolesi su carrozzina. Il cortile d’ingresso, originariamente raggiungibile tramite tre porte (la centrale carrabile e le due laterali pedonali), in ghiaia e perimetrato da un marciapiede, è stato pavimentato in cotto e travertino e portato alla quota della strada esterna, eliminando i dislivelli tra cortile e marciapiede. Inoltre è stata installata una monumentale rampa metallica in sostituzione dei precedenti gradini che sopraelevavano l’edificio. Questo intervento, da un punto di vista formale chiaramente invasivo, ha prodotto effetti inaspettati sulla comunità di ciechi dell’Istituto, che, privati della rassicurante linea-guida del marciapiede, faticano oggi a raggiungere l’ingresso dell’edificio, ad imboccare la rampa e a camminarvi con disinvoltura, perché è scivolosa e malsicura. Date queste condizioni di vincolo, si aprono nuove questioni formali e ci si chiede: cosa rimane della soglia? La sua essenza di ‘limite’ si trasforma o viene soppressa? E se si trasforma, come si trasforma? Nell’ottica di una totale continuità e di superamento delle discontinuità tra interno ed esterno, si percepisce ancora la linea di confine? E, nell’ipotesi di applicare rigorisamente la normativa contro le barriere architettoniche, quanto e come inciderà la componente estetica o quella simbolica? II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Oltre il limite 47 Oltre il limite. L’accesso Come accade nello spazio ‘davanti al limite’, anche in quello ‘oltre il limite’ si compie un doppio gesto, entrare e uscire (v. Davanti al limite. L’attesa), ognuno dei quali presenta caratteri specifici. Prendere/riporre cappotto e ombrello, vestirsi/svestirsi, accogliere/essere accolti, accompagnare il battente/lasciarlo andare alle proprie spalle, etc. sono azioni che si compiono nel medesimo luogo ma con direzione e verso opposti e modalità di esecuzione differenti. Bachelard sostiene, a questo proposito: “Il gesto che chiude è sempre più netto, più forte, più veloce del gesto che apre”. Le differenze nel comportamento hanno motivazioni di ordine funzionale (cambiano i bisogni) ma anche di ordine sociale. L’avvenuto passaggio all’interno definisce, infatti, una maggiore confidenza con l’ospite, in consegueza della quale si raggiunge un più alto livello nel processo di avvicinamento e di appropriazione dello spazio. Questo momento conclusivo della sequenza d’ingresso, che genericamente abbiamo definito ‘accesso’, prevede, per l’appunto la penetrazione definitiva e l’accoglienza all’interno dell’edificio. Parte da qui la fase dinamica dell’inoltrarsi (o addentrarsi), che segue quella dell’arresto sulla soglia. Le sequenze spaziali che accolgono la successione dei gesti compiuti al di là della soglia, sono state ben descritte dai trattatisti del Cinquecento. Nei TRattati si legge, per esempio, che gli spazi d’ingresso devono “lasciare l’ospite in dubbio se restare dove si trova per il diletto che ne trae, o andare verso altre parti che lo attirano per la loro piacevole eleganza”1 e devono “avere prima l’altrio, el cortile e stanze per forestieri”2. Telemaco “appena fu nella comoda casa, l’asta andò ad appoggiare ad un’alta colonna, e s’avviò all’interno; passò la soglia di pietra”3, ne riscoprì l’agiatezza, vi depose le armi e chiuse ogni ostilità con il mondo esterno. “L’atto dell’accogliere si manifesta principalmente, anche tenendo conto di una precisa successione temporale delle attività, in quei punti dello spazio architettonico in cui vengono messi in relazione l’interno con l’esterno; non solo dal punto di vista fisico, ma anche relativamente alla costruzione di categorie percettive e comportamentali che mediano il passaggio dalle attività proprie dell’esterno a quelle caratterizzanti le funzioni interiori. Tali funzioni sono quelle che realizzano il rapporto sensibile che si instaura tra colui che viene accolto, l’ospite, o meglio l’amico, e colui che accoglie scegliendo di rendere l’altro partecipe di una parte più significativa della propria vita sociale e domestica. E’ indubbio che programmaticamente l’architettura si può conformare, relativamente al rapporto interno ed esterno, anche a negare tale dialogo, o quantomeno a porre in soggezione colui che si appresta a entrare. Ciò appartiene a modalità dell’essere o a funzioni che necessitano per loro natura di graduare e regolare i modi dell’accoglienza. Esistono dunque diversi gradi dell’accogliere ai quali si relazionano diversi luoghi dell’interno: c’è un primo livello che possiamo definire ‘introduttivo’ rispetto a un secondo, più intimo, che corrisponde a un “Non varcherò mai la soglia del tempio. Se mi trovassi all'interno, vedrei che è deserto e che la porta chiusa non ha nascosto nulla, non una statua, non una divinità, non un fedele. La porta si è chiusa nel vuoto, sul passato. Il tempio contiene ciò che da fuori posso intuire e che dentro non scoprirei. Contiene l’attesa. Sento l’attesa dietro la porta chiusa”. J. Roth, Le città bianche 48 II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. Oltre il limite 1. Ingresso a una casa libanese Note: 1. Leon Battista Alberti, De Re Aedificatoria, trad. ital., Il Polifilo, Milano, 1972. 2. Francesco di Giorgio Martini, Trattati di Architettura, Ingegneria e Arte Militare, a cura di C. Maltese, Il Polifilo, Milano, 1967. 3. Omero, Odissea. 4. Agostino Bossi, Accogliere Raccogliersi, Giannino, Napoli, 1999, pp. 18, 22. 5. Adriano Rabacchin, ‘Accedere. Itinerario di archetipi’, in: Adriano Cornoldi, Architettura dei luoghi domestici, Jaca Book, Milano, 1994, p. 38. 6. V. nota 5. Fonti delle illustrazioni: 1. Adriano Cornoldi, Architettura dei luoghi domestici, Jaca Book, Milano, 1994. rapporto che si sviluppa secondo tempi più lunghi e si compie in spazi più interiori dell’assetto compositivo globale. [...] L’accogliere si realizza temporalmente in luoghi che accompagnano, transitano da una dimensione di totale estraneità a una in cui invece si aderisce a una serie di sensazioni e avvenimenti che appartengono alla sfera comportamentale, e di conseguenza spaziale di colui che accogliendo mette a disposizione di altri la sua persona e il proprio habitat. Tale fase di passaggio può assumere toni e sfaccettature molto diverse a seconda delle culture e del tempo a cui è riferita. Può essere molto prolungata, e quindi, legata a un cerimoniale complesso, ovvero estremamente breve, figlia di mode e di culture più informali; aulica e monumentale, carica di simbologie di significato precisamente codificato, oppure discreta e lineare, affine a maniere di essere più dirette; ma essa è pur sempre pertinemte alla esecuzione di un ‘cerimoniale’ che concretizza, secondo diverse modalità, il rito della partecipazione”4. Non sempre, però, la sequenza d’ingresso si conclude a buon fine. Può capitare, e spesso capita, che il movimento si concluda davanti al limite e l’accesso all’interno non avvenga mai. Alla richiesta di ‘permesso’ formulata dal visitatore, infatti, il padrone di casa può rispondere negativamente, può negarsi o, semplicemente può non poter rispondere, perchè non è in casa, per esempio. E’ un caso significativo, questo della comunicazione che finisce e non si entra proprio, non si è accettati all’interno e si è costretti a ripiegare. La successione dei gesti si ripercorre, così, a ritroso, dalla soglia verso l’esterno, senza nemmeno aver oltrepassato il confine che separa i due ambienti. Il duplice ruolo della porta che accoglie e respinge o ‘mette in guardia’, è magistralmente rappresentato dal doppio arco di un portale d’ingresso a una casa libanese. “Quello superiore, più grande e a sesto acuto, si relaziona compositivamente con l’intero fronte dell’edificio e con lo spazio urbano; l’altro, più piccolo, a sesto ribassato e incavato, incornicia il portone d’ingresso ridotto alle minime dimensioni; su un’anta è ricavata una porticina che obbliga il passaggio di una persona con la testa e le ginocchia piegate, segno di potere e maggiore ‘controllo’ su chi entra. Solo agli ospiti d’onore vengono spalancate le due ante”5. Ma questa soglia è espressione di ulteriore complessità e articolazione dei gesti: “si considerino i piccoli piani d’appoggio ricavati sugli stipiti nel cavo dell’apertura, tipici nella casa araba; questi consentono di depositare eventuali oggetti che possono ostacolare l’azione del bussare, o permettono di sedersi nell’attesa, esprimendo assieme un primo dovere di accoglienza e un primo diritto al rispetto; i due battenti, con la loro preziosa fitta borchiatura, evidenziano il carattere attrattivo e insieme protettivo del luogo d’ingresso”6. Il discorso intorno alle modalità di espressione del gesto sullo spazio del passaggio è utile al fine della ricerca perché consente di affrontare il problema di come attrezzare questi spazi e, quindi, di quali soluzioni proporre per renderlo utile e valido. II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto 49 La soglia come luogo del gesto. Alcune letture e interpretazioni Riti sulla soglia Leggiamo direttamente dal ‘Dizionario dei Simboli’: “Varcare la soglia rappresenta simbolicamente la possibilità di una alleanza, di una unione, di una riconciliazione. Tale possibilità si realizza se chi giunge è accolto sulla soglia e introdotto all’interno, non si realizza se costui resta sulla soglia e nessuno lo riceve. Per questo le soglie sono decorate con tutte le insegne della casa o del tempio, sculture (Cristo, Vergine, etc.), ornamenti e pitture che indicano il significato del passaggio e dell’accoglienza. Stare sulla soglia significa manifestare il desiderio di aderire alle regole che governano la casa, ma indica un desiderio che non è ancora completo né definitivo, né ratificato; respingere qualcuno sulla soglia della propria casa è come rinnegarlo, rifiutare la sua adesione. Porsi sulla soglia vuol dire anche mettersi sotto la protezione del padrone di casa: dio, dignitario, semplice contadino. Per varcare una soglia è necessaria una certa purezza di intenzione del corpo e dell’anima, che è indicata, ad esempio, dall’obbligo di togliersi le scarpe sulla soglia di una moschea o di una casa giapponese. In numerose tradizioni la soglia del tempio, del santuario, del mausoleo è intoccabile. Bisogna far attenzione a varcarla con un solo passo, senza toccarla con il piede”1. “Ci si prostra davanti ad essa, la si bacia; la si tocca con la mano, la si bagna di sangue o di acqua lustrale; si aspergono di sangue gli stipiti e l’architrave, di profumi. Vi si appendono dei sacra, ci si cammina sopra, o al contrario, ci si toglie le scarpe o si è portati al di sopra di essa”2. Il suo valore rituale si ritrova nelle usanze popolari di molte culture, e anche nelle leggende e nelle fiabe. Quando Alì Babà pronuncia il famosissimo ‘Apriti, Sesamo!’ espleta un rito sacro di denominazione, riconosce cioè la magia della porta e il potere dirompente del nome, ne accetta il segreto e può essere, così, trasportato nel luogo desiderato. Il potere dei gesti simbolici “Quando un’azione ha luogo, il luogo in cui l’azione accade acquista significato, nel senso che esprime le possibilità dell’azione stessa. Esso non partecipa soltanto di una struttura spaziale, ma è anche legato a un sistema di valori e di significati, acquista un carattere definitivo e assurge a simbolo”3. I gesti sulla soglia non sono quindi banali, ma significativi, e i loro risvolti non solo sul comportamento ma anche sull’allestimento dello spazio (arredi, dispositivi, attrezzature, etc.) non sono irrilevanti (c’è un modo e un tempo precisi per bussare a una porta, per chiedere ‘permesso’, per presentarsi e salutare, etc.). Lo dimostra enfaticamente Franz Kafka, nel racconto ‘Il colpo contro il portone’, la cui brevità ci consente la sua lettura integrale senza perdere il filo del discorso. “Le frasi, una volta dette, sono come porte, rimangono aperte, quasi sempre entriamo, ma a volte ne restiamo fuori, in attesa che un’altra porta si apra, che un’altra frase si dica,...”. Josè Saramago, L’anno della morte di Riccardo Reis, 1996 50 II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto “Era d’estate, una giornata afosa. Nel far ritorno a casa con mia sorella passammo davanti al portone di una cascina. Non so se per scherzo o per distrazione ella abbia picchiato un colpo contro il portone, o se abbia solo fatto il gesto col pugno chiuso, senza picchiare. Cento passi più in là, lungo la strada provinciale che volgeva a sinistra, cominciava il villaggio. Esso ci era sconosciuto, ma subito, oltrepassata la prima casa, ecco sbucar gente e farci dei gesti amichevoli o ammonitori, gente spaventata, incurvata dal terrore. Accennavano alla cascina davanti a cui eravamo passati or ora e ci ricordavano il colpo picchiato nel portone. I padroni della cascina ci accuserebbero, tosto s’inizierebbe il processo. Io ero pienamente tranquillo e calmai anche mia sorella. Probabilmente quel colpo non l’aveva neppure battuto, e l’avesse pur battuto, per una simile ragione in nessun luogo del mondo si può imbastire una causa. Cercai di farlo capire anche alla gente che ci circondava, mi ascoltarono, ma non si pronunciarono. Più tardi dissero che non solo mia sorella, ma anche io sarei imputato del fatto. Accennai di sì sorridendo. Tutti guardavamo verso il cascinale come si tien d’occhio una nube di fumo aspettando le fiamme. E infatti tosto vedemmo uno squadrone di cavalleggeri penetrare nel portone spalancato. Si alzò una nube di polvere nascondendo ogni cosa, solo le punte delle alte lance luccicavano. Lo squadrone si era appena ingolfato nel portone e, come se avesse tosto voltato i cavalli, eccolo di nuovo sullo stradone che veniva verso di noi. Io spinsi via mia sorella, ero capace di sistemar tutto da solo. Lei rifiutava di lasciarmi. Le dissi che almeno si mutasse d’abito per comparire meglio vestita davanti a quei signori. Alla fine cedette e prese il lungo cammino che menava a casa nostra. Già i cavalieri eran giunti, dall’alto delle loro cavalcature chiesero subito di mia sorella. Fu risposto loro tremando che pel momento non era lì, ma più tardi verrebbe. La risposta fu accolta quasi con indifferenza; era chiaro che la cosa più importante era l’aver trovato me. Si distinguevano nel drappello due signori, il giudice, giovanotto vivace, e il suo taciturno aiutante. Mi si ordinò di entrare nella casa di un contadino. Lentamente, dondolando il capo, riassettandomi le bretelle, mi misi in cammino sotto lo sguardo tagliente di quei signori. Avevo ancora la fiducia che una mia parola sarebbe bastata a liberarmi, io, il cittadino, a trarmi da quella folla di contadini, e anzi con onore. Ma quando ebbi oltrepassato la soglia della stanza, il giudice, che mi era balzato innanzi e già mi aspettava, disse: ‘Costui mi fa pena’. Era evidente che egli non alludeva alla mia condizione presente ma a quel che accadrebbe di me. La camera somigliava più a una cella carceraria che alla stanza di una casa rustica. Grandi pietre squadrate, pareti scure e nude, in un punto un anello di ferro ribadito al muro, in mezzo qualcosa che stava tra la branda e il letto operatorio. Saprei ancora respirare un’aria diversa da quella delle carceri? Ecco il gran quesito, o meglio ecco quel che sarebbe il gran quesito se avessi ancora la speranza di venir rilasciato”4. II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto Complessità delle azioni sulla soglia In una accezione puramente funzionale del gesto, si potrebbero elencare le attività quotidiane che si svolgono all’interno delle stanze dell’appartamento in determinate ore del giorno e farne un modello ‘ad uso famiglia’ per lo spazio dell’ingresso, per esempio: ore 08:00 il bambino prende il cappotto nell’ingresso e se ne va a scuola; ore 08:15 il padre prende il cappotto nell’ingresso e se ne va in ufficio; ore 09:30 la madre prende una sporta e il cappotto nell’ingresso e se ne va a fare la spesa; ore 10:30 la madre torna dal mercato e rimette il cappotto nell’ingresso; ore 12:15 il padre torna dall’ufficio e appende il cappotto nell’ingresso; ore 13:15 il padre prende il cappotto dall’ingresso e torna in ufficio; ore 14:00 la madre prende il cappotto nell’ingresso ed esce a fare una passeggiata o a fare spese prima di andare a prendere il bambino all’uscita di scuola; ore 16:15 la madre e il bambino ritornano e mettono i cappotti nell’ingresso; ore 18:15 il padre torna dall’ufficio e mette il cappotto nell’ingresso. Sappiamo che non funziona esattamente così. In questo modello manca tutta la complessità e l’articolazione dei molti altri gesti che ‘ruotano’ intorno a questi, e manca anche il riferimento alla fitta rete di interazioni con i vicini, i parenti, i colleghi, gli amici di ciascuno dei componenti, e manca, infine, la varietà della moderna scansione di tempi e luoghi di lavoro. Quella descritta è quindi solo una caricatura della realtà, che ci fa però meditare sul fatto che le azioni sono associate a precisi luoghi che è giusto riconoscere e rispettare, evitando inefficaci frammistioni o negazioni di valore di determinati spazi (l’ingresso e i disimpegni, per capirci, non sono sempre metri quadrati persi!) Dare il benvenuto La servitù è stata per molto tempo (e ancora oggi lo è in alcuni particolari contesti) il primo interlocutore del visitatore, accoglie e fa accomodare l’ospite nella grande casa dell’alta borghesia; ne è testimonianza la costante presenza dei maggiordomi presso la hall d’ingresso delle ville nelle sceneggiature dei films di Luis Buñuel: “[...] Oltre il cancello in ferro battuto che s’apre sul giardino di una grande casa, sul portico d’ingresso di questa, un uomo in livrea segue e ferma, prendendolo per il braccio, un altro uomo vestito normalmente. L’uomo in livrea è il maggiordomo della villa. [...] Nella grande hall della villa, le due cameriere stanno per dirigersi verso il portone, ma sentono le voci degli invitati e si nascondono dietro un armadio a lato di una colonna, presso la grande scala che 51 52 II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto porta al piano superiore: stanno infatti entrando nella hall i numerosi invitati dei padroni, gli uomini in smoking e le donne in lussuose toilettes da sera; dal gruppo si distacca il padrone di casa, Nobile, per cercare un servitore. Stupito di non trovarlo sulla porta, lo chiama”5. “I fari della macchina illuminano la breve scala che conduce alla porta della villa, sulla quale avanzano i quattro personaggi. Thévenot suona il campanello... Una cameriera in grembiule bianco, magra e scolorita e dell’età apparente di 25-30 anni, attraversa il soggiorno della villa dirigendosi alla porta d’ingresso. LA CAMERIERA: Buona sera. Entrano prima le signore e poi i signori... SIGNORA THEVÉNOT: Buona sera. L’ambasciatore si toglie il cappotto, imitato da Thévenot, e lo porge alla cameriera. L’AMBASCIATORE (con accento spagnolo): Buona sera. THEVÉNOT: Buona sera. La cameriera richiude la porta, mentre la signora Thévenot avanza nel soggiorno della villa, di cui è evidentemente ospite abituale”6. Il telefono nell’ingresso Nell’Ottocento viene inventato l’apparecchio telefonico e nel Novecento se ne diffonde lentamente l’uso, prima presso le famiglie più abbienti e poi, in tutte le case di ogni ceto sociale ed economico, fino ad arrivare ad oggi, in cui ogni famiglia è dotata di molti apparecchi telefonici, fissi e mobili. Ebbene, per anni il luogo prediletto per la collocazione del telefono (a muro o a tavolino) era l’ingresso. Un luogo scomodissimo perché poco schermato e molto disturbato, ma per tradizione il luogo dell’accoglienza dell’ospite, sia in forma fisica che in forma astratta (come in questo caso, in cui il contatto si esplica solo attraverso la voce). Il fatto di riceverlo presso la soglia e non nel cuore dell’alloggio significava rispettare i tempi e gli spazi dell’accoglienza e mantenere in debito conto la privacy domestica. I nuovi modelli culturali e, correlati a questi, i nuovi bisogni e modi di abitare hanno ‘spostato’ il telefono in locali sempre più intimi, così come hanno ‘tolto’ dall’ingresso molte delle attività di ricezione e intrattenimento. Le moderne abitazioni, immettono direttamente nell’intimità del soggiorno e hanno come ‘spogliato’ la soglia di molti dei rituali legati all’uso borghese dello spazio. La grazia e la raffinatezza gestuale hanno lasciato il posto a movimenti più istantanei, spesso indifferenti, come sottolinea T.W. Adorno, in un passo dei ‘Minima Moralia’: “Non bussare. La tecnicizzazione – almeno per ora – rende le mosse brutali e precise, e così anche gli uomini. Elimina dai gesti ogni esitazione, ogni prudenza, ogni garbo. Li sottopone alle esigenze spietate, vorrei dire astoriche delle cose. Così si disimpara a chiudere piano, con cautela II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto e pur saldamente una porta. Quelle delle auto e dei frigiders vanno sbattute con forza, altre hanno la tendenza a scattare da sole e inducono chi entra alla villania di non guardare dietro di sé, di non custodire l’interno che l’accoglie. Non si fa giustizia al nuovo tipo umano senza la coscienza di ciò che subisce continuamente, sin nelle fibre più riposte, dalle cose del mondo circostante. Che cosa significa per il soggetto che le finestre non hanno più battenti da aprire, ma lastre di vetro da far scorrere con violenza, che i pomi girevoli hanno preso il posto delle molli maniglie, che non ci sono più vestiboli, soglie verso la strada, mura intorno al giardino? [...] Tra le cause del deperimento dell’esperienza c’è, non ultimo, il fatto che le cose, sottoposte alla legge della loro pura funzionalità, assumono una forma che riduce il contatto con esse alla pura manipolazione, senza tollerare quel surplus – sia in libertà di contegno che in dipendenza della cosa – che sopravvive come nocciolo dell’esperienza perché non è consumato dall’istante dell’azione”7. Soglie occidentali La velocità del progresso ha fatto presa anche sulla ritmica gestuale del passaggio, ha fatto dimenticare la presenza degli spiriti di soglia che hanno per secoli vegliato sul varco e che hanno presieduto gli incontri, gli scambi, la sosta e il lavoro sulla soglia? Risponde il Capo Tuiavii di Tiavea delle Isole Samoa, che in un discorso al suo popolo, dopo un viaggio in Europa, racconta le sue impressioni sul modo di vivere lo spazio dell’ingresso nella moderna civiltà occidentale: “Spesso non conoscono che il nome degli altri, e quando si incontrano presso il foro dal quale si sguscia dentro (il cassone di pietra), si scambiano controvoglia un saluto, oppure si brontolano incontro come insetti nemici. Come se fossero irritati perché devono vivere vicino agli altri. Se la famiglia abita in alto, sotto il tetto della capanna, bisogna arrampicarsi per molti rami, messi a zig-zag o formanti cerchi, per arrivare al posto dove è scritto alla parete il nome della famiglia. Ci si trova davanti la bella imitazione di un capezzolo femminile, sul quale si preme finché non risuona un grido che richiama la famiglia. La famiglia guarda attraverso un piccolo buco rotondo, con una grata, fatto alla parete, per vedere se si tratta di un nemico: in questo caso non apre; se però riconosce un amico, dischiude una grossa ala di legno, che è ben serrata, e la tira verso di sé, in modo che l’ospite possa entrare attraverso la fessura nella capanna vera e propria”8. Il gesto e la forma del passaggio Direi che, poiché abbiamo verificato che sulla soglia si compiono precisi gesti (presentarsi, chiedere permesso, attendere di entrare, varcare la soglia, etc.), e poiché, citando Carlo De Carli, lo spazio 53 Note: 1. Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986, voce ‘soglia, p. 394. 2. G. van der Leeuw, Fenomenologia della religione, trad. ital. Torino, 1975, p. 311. Presso i Bambara del Mali la soglia è uno dei luoghi sacri della casa, legato al culto degli antenati; li si chiama battendo la soglia con un bastoncino, che ne rappresenta la materializzazione fisica. Ogni anno si offrono loro sacrifici sull’altare di famiglia posto sulla trave centrale della casa e sulla soglia. In una delle leggende della vita anteriore di Buddha si racconta: “Una grande porta (dvara) è governata e custodita da spiriti (devata; lett. divinità locali). Un brahmano... deve essere ucciso, il suo corpo e il suo sangue devono essere donati come offerta (bali), e il corpo deve essere collocato al di sotto mentre la porta deve essere edificata sopra di esso” (Si veda: G. Tassoni, Arti e tradizioni popolari, La Vesconta, Bellinzona, 1973, pp. 120-121). “Alle madri palestinesi è vietato castigare o allattare i figli sulla soglia, perché un bambino picchiato sulla soglia potrebbe ammalarsi gravemente. Non ci si può sedere sulla soglia, né lavorarvi, etc.” (Si veda: Mircea Eliade, I riti del costruire, Jaca Book, Milano, 1990). “In molti paesi del lago di Como si usava, per tradizione, porre una scopa di traverso alla porta dove doveva passare la sposa, in modo tale che fosse difficile vedere l’interno. Se la sposa inciampava in essa, era di cattivo auspicio, e la donna veniva considerata di poco conto; se la toglieva in modo risoluto, veniva reputata come donna di casa; se, invece, la schivava scaltramente, la si giudicava buona per il lavoro in campagna. E ancora: quando una sposa novella entrava per la prima volta nella casa del marito, allora la suocera le andava incontro con una tazza d’acqua, dove quella si lavava le mani prima di calpestare la soglia e la- 54 II Il gesto e il luogo / IL GESTO SULLA SOGLIA. La soglia come luogo del gesto sciava cadere nell’acqua una moneta, in dono alla suocera” (Si veda: G. Tassoni, Arti e tradizioni popolari, La Vesconta, Bellinzona, 1973, pp. 120-121). 3. Christian Norberg-Schulz, Intenzioni in architettura, Milano, 1967. 44. Franz Kafka, ‘Il colpo contro il portone’, in: Franz Kafka, Il messaggio dell’imperatore, Milano, 1981, vol II, pp. 311312. 5. Luis Buñuel, sceneggiatura del film ‘L’angelo sterminatore’, in: L. Buñuel, Sette film, Torino, 1974, pp. 217, 219-220. 6. Luis Buñuel, sceneggiatura del film ‘Il fascino discreto della borghesia’, in: L. Buñuel, Sette film, Torino, 1974, pp. 401402. 7. T.W. Adorno, Minima Moralia, Torino, 1979, pp. 35-36. 8. Discorso del Capo Tuiavii di Tiavea delle Isole Samoa, PAPALAGI, Stampa Alternativa, Tipografia Graffiti, Roma, 1988, pp. 14-15. 9. Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Roma-Bari, 1966, p. 93. 10. Adriano Cornoldi, L’architettura della casa, Jaca Book, Milano, 1994. Riferimenti bibliografici: Segnalo di seguito una breve antologia di saggi e letture specifiche sul tema della soglia, della porta e del passaggio. 1. E. Bloch, ‘Il tema della porta’, in: Tracce, Milano, 1989. 2. André Gide, La porta stretta, Einaudi, Torino, 1981. 3. Jean Paul Sartre, La porta chiusa, Bompiani, Milano, 1995. 4. G. Pirrotta, L. Kremmer, La porta ermetica, Edizioni Mediterranee, Roma, 1979. 5. Mumon, La porta senza porta, a cura di Z. Shibayama, Adelphi, Milano, 1987. 6. Senzaki, La porta senza porta, Il Punto d’Incontro, 1998. 7. P. Bornia, ‘La porta magica’, in: Luce e ombra, 1915. 8. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992. 9. Robert Musil, ‘Porte e portoni’, in: Robert Musil, Pagine postume pubblicate in vita, Einaudi, Torino, 1970. 10. T.W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino, 1979, pp. 35-36. 11. H.G. Wells, ‘La porta nel muro’, in: H.G. Wells, Racconti e romanzi brevi, Milano, 1966. 12. Jules Verne, Il dottor Oss, Torino, 1975, (Cinquecento milioni della Begun). 13. Honoré de Balzac, Eugenia Grandet, Mondadori, Milano, 1969. 14. Georg Simmel, ‘Brücke und Tür’, in: M. Cacciari, L. Perucchi (a cura di), Saggi di estetica, Padova, 1970. del gesto, della relazione, è lo spazio primario, la soglia è un ‘luogo del gesto’, e per questo “non può non fissare una convenzione di comportamento di vita degli individui e sociale, e un corrispondente modo d’uso dello spazio”9. A sua volta, il gesto non viene insegnato, è acquisito dal soggetto ed è quindi una istituzione sociale, per cui il passare non è solo un fatto fisico o fisiologico, ma è anche carico di regole e di ragioni simboliche (si suona il campanello, si risponde al citofono, ci si presenta in un certo modo, si oltrepassa la soglia, si attende, si saluta, si dà la mano secondo certe regole comportamentali, etc.) Ci chiediamo a questo punto come è stato interpretato il gesto nella forma (v. La figura ‘anima’ il varco)? Quali particolarità presenta nella forma del varco, il passaggio del singolo o della collettività (v. La misura, fra convenienza funzionale e appropriatezza formale)? E, prima di tutto, come si realizza il gesto sulla soglia? Adriano Cornoldi rileva dalla lettura dei trattatisti tre precisi momenti del gesto: “innanzitutto, l’accedere. Sulla sua importanza simbolica si veda il ‘De Re Edificatoria’. Palladio propone a tale scopo ‘spazi nella più bella parte della casa... non meno larghi di dieci piedi, né più di venti... luogo ove stiano quelli che aspettano, che il padrone esca a salutarli per negotiar seco’. Al momento dell’arresto, sulla soglia, segue quello dinamico dell’inoltrarsi, o addentarsi, il quale implica adeguate sequenze spaziali. [...] Al termine della sequenza sta il luogo dell’accogliere, o dell’inoltrarsi. ‘La parte più importante dell’edificio è quella che, benché si possa pensare di chiamarla cortile o atrio, noi chiameremo cuore della casa”10. INTERNITA’ DELLA SOGLIA: IL PASSAGGIO COME LUOGO “La vita si svolge quasi sempre all’aperto, le famiglie si riuniscono davanti alla porta, vi fanno colazione, vi pranzano, vi discutono”. Honoré de Balzac, Eugenia Grandet, Milano, 1969 Fonti delle illustrazioni: (nella pagina precedente) 1. da: U. Dileimer, Geschichte des Wohnens, 500-1800, Hausen-Wohnen-Residieren, Deutsche Verlag-Austalt, Stuttgart, 1998. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Quando una soglia diventa luogo? 57 Quando una soglia diventa luogo? Dall’affermazione di Le Corbusier secondo cui: “Il fuori è sempre un dentro”, si deduce che l’uomo si trova sempre all’interno di uno spazio e, perciò, che “tutta l’architettura è d’interni”. Ci muoviamo continuamente superando linee di separazione più o meno definite e più o meno percepibili tra ambienti diversi. Il superamento di questi margini è in genere identificato e sottolineato formalmente da un punto, da una linea, da una superficie o da un ambiente tridimensionale, cui si affida il valore di luogo se vi si riconosce una sorta di ‘umanità’ (cioè una attenzione alle specificità dei gesti umani, e in particolare, del gesto del ‘passare’, segmentato nei tre momenti dell’attendere, del varcare e dell’essere accolti). Superfici e spazi tridimensionali sono le soglie. Di per se stessi questi luoghi sono degli intermezzi tra due interni, con specificità loro proprie, riconoscibili perché circoscritti da margini. Nella Bibbia il profeta Ezechiele descrive un’immagine del margine assolutamente bidimensionale, (“la soglia accanto alla mia soglia e gli stipiti accanto ai miei stipiti, così che fra me e loro vi era solo il muro”1), che riduce la spazialità della soglia a una semplice linea di margine. In questa soglia dichiaratamente simbolica, astratta e priva di fisicità architettonica, l’uomo non può sostare. Presentano invece caratteri di internità le soglie di stanze, di edifici, di piazze esterne o di vasti paesaggi che accolgono la corporeità dell’uomo che vi passa, e rappresentano ‘luoghi’ se valorizzano il gesto, se accolgono la stanzialità dell’uomo nell’atto del passare e se, in particolare, sottolineano il senso e il valore del passaggio; se, dice Norberg-Schulz2, presentano quei caratteri per cui l’uomo possa ancora chiamarsi tale, se offrono una ‘struttura concepibile’ ricca di possibilità di identificazione, se sono legati alla storia umana. E la soglia acquisterà i caratteri di luogo se si è in grado di avvertire, nel passaggio, un cambiamento di stato. La luce di una candela in una cattedrale completamente immersa nel buio, per esempio, ha una forza tale da concentrare in sé un universo che è insieme luogo e soglia: il luogo della penombra che separa luce e ombra, che raccoglie e concentra la meditazione sulla fede. Il luogo può dirsi tale, quando è dotato di margini e di un punto di accesso. E poiché “tutti i luoghi sono determinati dalla terra su cui ci muoviamo, dal cielo che ci sovrasta e dalla linea dell’orizzonte”3, tutti i luoghi sono un interno, hanno dei margini e accolgono la fisicità umana. Da qui si ribadisce la necessità della soglia: se esiste un interno esiste un punto cui accedere (un luogo di accesso) e se esiste un luogo, esso è profondamente legato, conquistato dalle attività dell’uomo”4 (un luogo del gesto). Pur in presenza di tutte le funzioni e i caratteri che identificano un punto di passaggio, non tutte le soglie prodotte dall’architettura sono però punti notevoli che interpretano in modo significativo il gesto. Elenchiamo di seguito alcuni dei parametri di lettura dello spazio, la cui presenza presso il varco, ci fanno riconoscere un luogo nello spazio della soglia. “Campo, bosco e giardino mi furono solo spazi / fino a che tu mia cara non li trasformasti in luoghi”. J.W. Goethe, Vier Jahreszeiten Note: 1. Ezechiele, 43, 8. 2. Christian Norberg-Schulz, L’abitare, Electa, Milano. 3. V. nota 2. 4. O. F. Bollnow, Mensch und Raum, Stuttgard, 1936, p. 33. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione 59 La localizzazione del varco, come segnale e come simbolo Dove aprire una porta? Perché lì? Come entrare in un edificio? Come la scelta del luogo in cui fondare un insediamento o costruire un edificio, anche la decisione di dove aprire il varco non è affidata al caso e impone una precisa presa di posizione riguardo al tipo e al significato delle relazioni che si vogliono instaurare con l’esterno. La questione localizzativa, che investe temi di ordine pratico (dove entrare?) e di ordine logistico (perché lì?), riveste un ruolo così importante da divenire uno dei temi più dibattuti, in sede di progetto. Ma non sempre: “Un bel giorno [il Consigluere Krespel] andò da un bravo capomastro e lo pregò di recarsi l’indomani all’alba nel suo giardino con un’intera squadra di operai, garzoni, manovali, per costruirgli la casa. Il capomastro chiese, naturalmente, di vedere il progetto e si stupì non poco quando Krespel gli disse che non ce n’era affatto bisogno, perché tutto si sarebbe arrangiato lo stesso in modo soddisfacente… Il mattino dopo, giunto sul posto, il capomastro trovò un bel fossato, perfettamente quadrangolare; e Krespel gli disse: ‘Qui devono venir poste le fondamenta della mia casa. La prego di tirar su le quattro mura e di non fermarsi fino a quando non le dirò che sono alte abbastanza’. ‘Senza porte… finestre… muri divisori?…’, balbettò il capomastro, come terrorizzato da tanta follia. ‘Faccia come le ho detto, mio caro’, rispose Krespel imperturbabile. ‘Tutto il resto troveremo il modo di aggiungercelo’. Soltanto la promessa di una ricca ricompensa potè indurre il bravo artigiano ad intraprendere quell’impresa insensata… continuarono a lavorare fino a quando, un bel giorno, Krespel gridò: ‘Alt!…’. Allora cazzuole e martelli si tacquero sull’istante, gli uomini scesero dalle impalcature, si fecero intorno al consigliere e lo guardarono con visi ridenti e interrogativi, come per domandargli: ‘Beh?… E adesso che facciamo?’. ‘Largo!’ comandò Krespel. Corse fino all’estremità del giardino e quindi si riavvicinò adagio adagio fino al muro di quel suo cubo; scosse la testa contrariato, corse all’altro estremità del giardino, tornò ad avvicinarsi al muro… Ripetè varie volte lo stesso giochetto e finalmente, quasi toccando la parete col naso aguzzo, gridò forte: ‘Qua… qua, ragazzi! Apritemi la porta… apritemi una porta, qui…!’ Ne precisò lunghezza e altezza esattamente, in piedi e pollici, e la porta fu aperta”1. Diverso è il caso dei medievali costruttori di cattedrali ritratti nella ‘Rappresentazione di un’opera in costruzione’ di Roman des Girart de Roussillon, dove sembra che ancor prima di costruire il muro, forse contemporaneamente alla sua costruzione, sia stato previsto e realizzato il varco, completo di soglia e di decorazioni, quasi che le opere di finitura venissero condotte in parallelo con quelle strutturali. Un ruolo importante della scelta localizzativa, connesso a quelli legati agli aspetti estetici, dimensionali o cromatici, è quello segnaletico e comunicativo, perché consente l’immediata identificazione del luogo di penetrazione nell’interno dell’edificio, evitando, come purtroppo spesso accade, cartelli luminosi e frecce segnaletiche di ‘entrata’ e ‘uscita’. “Al giovane studente domando: Come faresti una porta? Con quali dimensioni? Dove la metteresti?… In quale angolo della casa apriresti una porta?… Tu comprendi che queste diverse soluzioni sono il fondamento stesso dell’architettura? A seconda del modo in cui entri in un appartamento, secondo dove sono messe le porte nei muri, tu provi tali diverse sensazioni, e il muro che tu fori, anche lui assume delle caratteristiche molto diverse. Tu senti allora che questa è architettura”. Le Corbusier 1. Roman des Girart de Roussillon, Rappresentazione di un’opera in costruzione, seconda metà del XV sec., Biblioteca Nazionale, Vienna, Austria, cod. 2554, foglio 164 60 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione La percezione spontanea del luogo della soglia consente di rispondere immediatamente alla domanda più semplice: ‘da dove entro?’ Un esempio anomalo rispetto alla nostra tradizione costruttiva e comportamentale, secondo la quale la sequenza d’ingresso si sviluppa seguendo un percorso orizzontale che congiunge l’esterno con l’interno, è quello delle abitazioni di Çatal Hùyuk. Nell’antica cittadina australiana, che non ha porte verso l’esterno e strade urbane, si accedeva nelle case tramite un portello nel tetto. Questa localizzazione della soglia, determinata da una particolare tradizione tecnico-costruttiva o da esigenze di protezione o di comfort microclimatico, pur assicurando la penetrazione all’interno dell’abitazione sembra sovvertire l’idea di soglia come luogo in cui ‘stare’, promuovendo gesti molto diversi da quelli tradizionali. La sequenza d’ingresso (davanti al limite, sul limite, oltre il limite) si trasforma qui in un passaggio al di sopra, in sospensione sul, sotto il limite. La relazione tra l’interno e l’esterno si traduce in quella tra il sopra e il sotto, e il superamento della discontinuità si compie attraverso gesti (salire, aprire, scendere) e attrezzature molto connotati. La soglia è il segnale che annuncia la natura dei luoghi cui dà accesso e che tende a rappresentare; essa esprime la permeabilità o l’inaccessibilità dell’edificio inducendo precisi comportamenti nelle diverse fasi del movimento d’accesso. Il suo essere in avancorpo, o in cavità, in posizione centrale o laterale, sulla facciata principale o in quella secondaria, piuttosto che in un corpo indipendente collegato all’edificio tramite percorsi protetti, delinea il ruolo urbano della soglia come ricettore di flussi, come sistema segnaletico o come strumento per realizzare un’articolata composizione architettonica. Nella portineria del Convento di La Tourette di Le Corbusier, l’ingresso è autonomo, spostato al di fuori dall’edificio e la sequenza degli spazi d’accesso si articola nei tre sistemi di fossato, ponte e portico, che rappresentano altrettante soglie. Questo luogo assume un significato notevole non solo perché segnala l’entrata, che è già fortemente caratterizzata dalla zona sottostante i pilotis, né solo perché rappresenta un riparo dalle intemperie, ma soprattutto perché rappresenta un punto di cerniera tra la fine di un percorso di accesso e l’ingresso vero e proprio all’edificio. E’ il luogo in cui avviene il ‘passaggio di testimone’ dalla natura selvaggia all’artificio umano, un luogo indipendente, il cui valore è amplificato, quasi sublimato a quello di stanza indipendente. Nel corridoio di ingresso di Casa Insinga di Umberto Riva (Milano, 1988-89) si legge un altro esempio di spostamento del limite oltre il varco nel muro. L’intento è quello di rendere indipendente il corridoio, cui viene affidata la precisa connotazione di luogo di filtro e di transizione. Dice Riva in un’intervista: “Il corridoio è per me una zona di decompressione tra uno spazio e l’altro, la spina dorsale sulla quale si innestano gli spazi serviti. Lo considero sempre un luogo. […] Mi interessava pensare al corridoio come a una strada, a un lungo percorso”2. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione 61 2. Umberto Riva, Corridoio di ingresso di Casa Insinga, Milano, 1988-89 In generale il corridoio non si può definire come soglia, ma in questo progetto la sua posizione presso la porta d’ingresso e, soprattutto, la sua sottolineatura con un segno marcato nel pavimento e un cambiamento di direzione nella pavimentazione, lo rende un luogo di margine. L’analisi superficiale di questa soglia ci fa dire che si tratta solo di un segno astratto, di un gesto formale in cui non si può riconoscere alcuna spazialità. La semplice linea non accoglie lo svolgersi del gesto umano, ridotto alla sola percezione istintiva del superamento del margine. Ritengo, però, che questo esempio risponda ancora ai requisiti di stanzialità che abbiamo dato come prerogativa per il verificarsi dell’essere luogo della soglia, perché l’accedere in Casa Insinga non sembra concludersi presso la porta d’ingresso, ma si evolve nell’intero spazio del corridoio. Il gesto è fluido, naturale, dal fuori al dentro, filtrato da un percorso di preparazione che si conclude con uno ‘stop’, un punto di affaccio significativo. Questo corridoio-soglia, che accoglie il movimento di accesso, è un luogo. Un altro esempio di traslazione della soglia si legge nella sequenza degli accessi alla Chiesa del Corpus Domini di Aquisgrana, di Rudolph Schwarz. Qui, la vera soglia è il luogo di incontro intimo quasi astratto con la divinità, ed è rappresentata fisicamente dalla zona dell’altare. L’accesso a questa soglia, davanti alla quale il popolo si raduna, è però subordinato al superamento di altre soglie, meno importanti sul piano liturgico ma interessanti dal punto di vista architettonico: quattro porte, tutte ritagliate sulla superficie delle facciate, e gerarchizzate per forma, dimensione e ubicazione. Ogni ingresso svolge un ruolo preciso e promuove un preciso modo di accedere allo spazio sacro. Per 62 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione 3. Gerarchia degli ingressi. Rudolph Schwarz, Chiesa del Corpus Domini, Acquisgrana, Germania, 1929-30 4. Ingressi assiali. Alvaro Siza Vieira, Portale d’ingresso alla Chiesa di Santa Maria, Marco de Canavezes, Portogallo, 1990-96 esempio la porta più importante sul piano funzionale non corrisponde a quello più importante sul piano formale: è il piccolo atrio d’angolo a svolgere la funzione di accoglienza dell’assemblea, piuttosto che il portale, che viene usato solo in occasione delle processioni. Uno scarto dimensionale e luministico separa l’atrio dalla navata laterale, ribassata rispetto a quella centrale, quasi cinque volte più alta, più luminosa e aerea, e genera uno spazio di concentrazione e di raccoglimento, che costituisce un filtro tra la luce diffusa e indifferenziata dell’esterno e i fasci di luce provenienti dalle finestre delle pareti laterali. Gli ingressi hanno una localizzazione dettata dalle diverse necessità: connettere in modo diretto le funzioni (per esempio l’accesso sulla parete laterale sinistra consente un collegamento immediato con la canonica); risolvere la cerniera tra esterno e interno (si vedano le porte della parete laterale destra, che immettono nella navata ribassata e nell’atrio vetrato); valorizzare il significato simbolico del movimento verso il punto ieratico dell’altare (l’ingresso sulla facciata principale sottolinea la direzione longitudinale). La tradizionale localizzazione centrale della soglia sul fronte d’ingresso, ricorrente e quasi d’obbligo in passato negli edifici religiosi e in generale, in tutti gli edifici pubblici, generatore di equilibrio e di simmetria, nella prassi progettuale contemporanea ha perso la sua importanza. Spesso gli ingressi sono laterali, articolati in corpi complessi, in sequenze di spazi e, in molti casi, sono quasi mimetizzati nella II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La localizzazione 63 cortina continua delle pareti vetrate, indifferenziati rispetto a queste e indifferenti rispetto alla vocazione segnaletica cui sono stati da sempre chiamati (il Movimento Moderno si è mosso verso una totale smaterializzazione degli elementi di separazione, muri e pareti opache, e anche della soglia, che nella storia ha sempre goduto di forte identità e per questo è servita spesso come espediente per denunciare la solidità, la materialità e l’identità del muro). Concludiamo ricordando che il problema del dove aprire un varco di passaggio rimane una questione importante nella definizione della soglia in quanto luogo e che sulla sua localizzazione incidono fattori molto diversi: l’individuazione del flusso, la direzione e il verso del movimento (quante e quali persone entrano o escono dall’edificio? da dove si muovono? quali motivazioni li spingono all’ingresso?); la comunicatività della soglia in quanto segnale e simbolo del passaggio (il varco si deve vedere oppure no? quali messaggi ‘logistici’ deve trasmettere?); il tipo di edificio (monumentale, pubblico, privato; una scuola, una chiesa, un supermercato?); il contesto ambientale, culturale e urbano in cui è inserito il manufatto. 5. Ingressi laterali. Alvaro Siza Vieira, Portico di accesso al Centro Galego di Arte Contemporanea, Santiago de Compostela, Spagna, 1988-93 Note: 1. E.T.A. Hoffmann, ‘Il consigliere Krespel’, citato in: Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, pp. 17-18. 2. Intervista di Marco Romanelli a Umberto Riva, ‘Umberto Riva, Casa Insinga, Milano’, in: Domus, 704, sett. 1989, pp. 70-78. Riferimenti bibliografici: 1. Christian Norberg-Schulz, Genius Loci, Feltrinelli, Milano, 1979. 2. Christian Norberg-Schulz, Abitare, Electa, Milano. 3. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo, Hoepli, Milano, 1992. Fonti delle illustrazioni: 1. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998. 2. Domus, 704, settembre 1989. 3. Casabella, 640/641, dicembre 1996/gennaio 1997, pp. 40, 42. 4. K. Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano, 1999. 5. K. Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano, 1999. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura 65 La figura ‘anima’ il varco La forma non deriva dalla funzione, ma la interpreta. “Un requisito funzionale, infatti, in sé e per sé è privo di forma: è un puro principio di prestazione cui l’opera, con la sua forma, deve rispondere”1. Anche ‘entrare’ (attendere, varcare, essere accolti) è, in definitiva, solo un verbo all’infinito cui l’architettura dà una interpretazione in termini spaziali e culturali. Se la funzione del varco è quindi quella di far passare (selettivamente), qual è la forma che lo identifica e ce lo fa riconoscere come tale? Le forme date al passaggio sono varie, diverse, tutte rispondenti a uno stesso bisogno astratto e tutte interpreti originali di un medesimo tema architettonico. “Quello che mi attira è l’idea di una porta che fa di tutto per mettere in vista la sua funzione di porta, ma che non si apre su nulla; l’idea di una cornice lussuosa come per racchiudere qualcosa di estremamente prezioso, ma dentro alla quale non c’è niente”. Italo Calvino, Collezioni di sabbia, Milano, 1984 La forma è in grado di conferire alla soglia dinamismo o staticità, quindi traduce in modo più o meno esplicito il significato di luogo del passaggio e del movimento, piuttosto che di luogo in cui è piacevole fermarsi e intrattenersi. In questo senso è lecito dire che la figura ‘anima’ il varco, perché gli attribuisce l’uso di un linguaggio (formale) attraverso cui può esprimere il suo carattere dinamico (“La parete è muta”, dice Simmel, “ma la porta parla!”2). Porte quadrate, rettangolari, ad arco, passaggi cilindrici e sferici, soglie semplici o articolate, individuano modi differenti di entrare, e nel contempo esprimono attraverso i caratteri che sono loro propri, una specifica intima essenza. La forma data al passaggio, quindi, in quanto pura forma, lancia messaggi indipendenti dalla sua funzione di ‘far passare’, e sarà grande, piccola, regolare, simmetrica, alta, larga, etc. solo in quanto soggetto di architettura in sé e per sé, indipendentemente dal suo ruolo. Molto raramente si incontrano casi di soglie con una forma ‘sintetica’ o organica in cui non sono più leggibili le parti che costituiscono il varco. In questi casi lo spazio di passaggio è un ambiente unitario e continuo, una specie di connettore naturale, come il varco aperto in una pesante parete rocciosa, smussato per agevolare l’accesso. Qui la forma organica è dettata da ovvi motivi tecnico-costruttivi e funzionali (l’apertura sarà arrotondata e avrà le dimensioni minime richieste per far passare una persona per volta e per assicurare il massimo livello di protezione dagli agenti e dai pericoli esterni). Invece, è la geometria lineare quadrata ma soprattutto rettangolare, ad essere la più diffusa in tema di porte e portali, almeno fino all’antica Roma. Costituite da soglia, stipiti, architrave e anta, queste strutture rappresentavano nell’antichità, e ancora oggi rappresentano, le soluzioni più semplici, resistenti e veloci ai problemi statici e costruttivi sollevati dall’apertura di un foro nella parete. Le innovazioni introdotte dai Romani nella prassi costruttiva, con la scoperta e la diffusione di archi e volte, hanno trasformato anche la forma del passaggio. L’arco di Costantino, al di là dell’importanza storica e narrativa della sua decorazione e delle sue dimensioni (è il più grande tra 1. René Magritte, La condizione umana II, 1935 66 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura 2. Soglie organiche tridimensionali. Justus Dahinden, Bussola d’ingresso al ristorante ‘La Boule d’argent’, Zurigo, Svizzera, 1961 3. Articolazione della forma. Portali ad anelli della cattedrale di Notre-Dame di Parigi, Francia,1163-1200 gli archi trionfali), è significativo prima di tutto per l’uso che fa della volta, struttura architettonica di autocelebrazione di un popolo vittorioso tanto sul piano ingegneristico quanto su quello politico e bellico. L’arco triunphalis è interessante anche per l’aspetto, più legato al tema figurativo, dell’articolazione formale. Nell’arco di Costantino in particolare, ma in generale in molti degli archi di trionfo romani, il punto di passaggio non è unico, ma scomposto in tre o cinque fornici, e presenta precise gerarchie rilevabili nella dimensione (l’arco centrale è più grande, mentre i due laterali sono più piccoli), nel tipo di utenza (distinzione, nel passaggio, tra imperatore, condottieri, legionari, soldati semplici, schiavi), nei modi di compiersi del gesto del passaggio (a piedi o a cavallo, in marcia, etc.). Anche nelle cattedrali gotiche il varco si articola in più portali, corrispondenti ad ognuna delle navate interne della chiesa. Ci sono II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura 4. Forma organica. Ingresso al giardino di una casa marocchina 67 5. Forma analitica. Trilite del santuario di Mnaijadra, Malta però esempi in cui questa correlazione soglia-navata non esiste, e l’articolazione dei portali in facciata sembra seguire regole indipendenti dall’assetto spaziale interno. Nella Cattedrale di Notre-Dame a Parigi, per esempio, le cinque navate interne non trovano una corrispondenza nel numero dei portali ad anelli del fronte principale, che sono solo tre, e nemmeno delle porte, che sono sei! La forma di questa soglia è quindi autonoma e articolata, e questa articolazione si esprime non solo nel numero dei passaggi, ma anche nel loro disegno, apparentemente omogeneo (sono tutti portali ad arco acuto). In realtà la figura si differenzia nella presenza di un diverso trattamento grafico (si veda la profonda incisione che sembra citare un tetto a capanna nel primo arco a sinistra e che non è presente negli altri due); nella varietà delle sculture che ornano ciascuno dei portali; nelle differenze dimensionali dei pilastrini che sorreggono le lunette; nella dimensione delle porte (il portale di sinistra è visibilmente più piccolo e con un architrave ribassato, a sottolineare il ruolo della biblica ‘porta stretta’, ricorrente nella cultura cattolica). Nei portali si legge anche una particolare scansione ritmica del gesto, prodotta dalla sequenza delle cornici (anelli) che generano un effetto di profondità e che accompagnano l’incedere dei fedeli verso l’interno. Presso la soglia si riconosce un breve segmento di spazio in cui l’uomo è accolto durante il passaggio, un luogo, quindi, del quale è chiaramente riconoscibile la dimensione, la forma e l’articolazione delle parti. Il carattere analitico della forma, che ci permette di riconoscerne le componenti e le loro relazioni, trova nel trilite un esempio 6. Geometrie ‘anomale’. Carlo Scarpa, Porta d’ingresso alla mostra ’Arte antica Cinese’, Palazzo Ducale, Venezia, Italia, 1954 68 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura 7. Articolazione della forma. Spazi di ingresso delle cattedrali di Laon (iniziata intorno al 1170); di Noyon (iniziata intorno al 1150) e di Parigi (1163-1200), Francia 8. Articolazione della forma. Arco di Costantino, Roma, Italia, 313-15 d.C. emblematico, il più antico ed elementare. 9. Richard Norman Shaw, Grims Dyke, Old Redding, Harrow Weald, Middlesex, 1870-72 Ma vi sono anche soglie in cui la chiarezza e la leggibilità della composizione per parti sono compromesse, perchè la soglia viene resa con forme molto complesse, generate da scomposizioni e da riaggregazioni delle parti secondo regole che non sono più quelle costruttive dei capomastri di cantiere (si vedano le sperimentazioni compositive, le manipolazioni della materia con trattamenti plastici e scultorei, o le sovrapposizione di diversi linguaggiformali). Per esempio, l’ingresso allestito da Robert Mallet-Stevens per la scenografia del film ‘L’inhumaine’ di Marcel L’Herbier, del 1923-24, non sembra nemmeno più un meccanismo atto a consentire il passaggio, ma un’opera d’arte in sé e per sé, sintesi di suggestioni cubiste, neoplastiche e art-decò, in cui con difficoltà si riconoscono la natura e la forma della porta, celate dietro una maschera di campi cromatici intersecati e sovrapposti. A soglie di geometria rigida e astratta, come l’ingresso della casa d’abitazione a Chesnut Hill, di Robert Venturi (Pennsylvania, 1962), che denuncia il suo essere un ‘buco’ nella parete e, nel contempo, sostanzialmente ‘porta’, con le citazioni dell’arco e dell’architrave, si aggiungono figurazioni più flessibili, naturalistiche, zoomorfe o antropomorfe, per esempio (si vedano gli ingressi di Olbrich, esplicitamente le- II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura 10. Forma organica. Antoni Gaudì, Ingresso a Casa Battlò, Barcellona (Spagna), 1904-06 69 11. Fotogramma del film ‘L’inhumaine’ di Marcel l’Herbier, con scenografie di Robert Mallet-Stevens, 1923-24 gati alla sensibilità e all’eleganza del gusto di inizio Novecento). Il tema dell’articolazione della soglia trova un’ulteriore espressione nei percorsi di accesso variamente scomposti in piani, trattati con materiali e tecniche diversi e collegati tra loro tramite gradini e rampe, aiuole, pensiline, vasche d’acqua, punti di sosta, sedute, etc. Un caso significativo è il percorso di accesso di Casa Storer di Frank Lloyd Wright, articolato, fin nell’interno, in una sequenza di gradini, piani sfalsati, vasche per fiori, setti che bloccano o incanalano il passaggio, e animato dalla presenza vivente della vegetazione e da quella monumentale dei pesanti blocchi in pietra, decorati come antichi templi aztechi, che rievocano divinità e culti primordiali. Una simile articolazione della forma si rileva anche nel percorso di accesso al Museo di Castelvecchio di Carlo Scarpa, in cui l’uso di precise geometrie e di particolari tecniche di accostamento di materiali, colori e lavorazioni, genera una successione ritmica di stanzialità e movimento, e promuove una precisa scansione nel gesto dell’accedere. L’ingresso di Casa Müller di Adolf Loos (Praga, 1930) si articola, invece, in una sequenza tutta interna di ambienti, piani sfalsati, gradini, punti di sosta e sedute, che corrispondono a precise sensazioni e gestualità (benessere, invito all’ingresso, intimità, passaggio, senso di 12. Geometrie astratte. Robert Venturi, John Rauch, Ingresso alla Casa Vanna Venturi, Chesnut Hill (Pennsylvania, USA) 1962 70 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura 13. Forme sinuose e naturalistiche. Josef Maria Olbrich, Porta d’ingresso alla Grosses Haus Glückert, Darmstadt, Austria, 1901 15. Forme sinuose e naturalistiche. Josef Maria Olbrich, Porta d’ingresso alla Haus Deiters, Darmstadt, Austria, 1901 Note: 1. Si veda a questo proposito: Rudolph Arnheim, La dinamica della forma architettonica, Feltrinelli, Milano, 1981 e Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Roma-Bari, 1996. 2. Georg Simmel, ‘Brücke und Tür’, in: M. Cacciari, L. Perucchi (a cura di), Saggi di estetica, Padova, 1970. 3. Robert Scheu, ‘Kennst du das Haus?’, in: Prager Tagblatt, gennaio 1931. 4. Si veda Ruggero Ragagnin, ‘Itineraio Britannico. Sequenza d’entrata’, in: A. Cornoldi, Architettura dei luoghi domestici, Jaca Book, Milano, 1994. 14. Articolazione della forma. Frank Lloid Wright, Percorso di accesso di Casa Storer, Los Angeles, California, USA, 1923 protezione, attesa e sorpresa). Leggiamo la descrizione che Robert Scheu fa di questo spazio: “Davanti all’ingresso ti dà il benvenuto per la prima volta un soffio di piacere. Nella pietra venata gialla, è inserita al piano terreno una specie di loggia. Alcuni gradini e ci troviamo in un atrio con un guardaroba, e già inizia l’esperienza spaziale. Su pilastri quadrati d’un bianco neve si stende un soffitto il cui blu intenso rivaleggia con il cielo della notte veneziana. I termosifoni sono in vista, in questo riconosco Loos. Ancora qualche gradino in uno stretto passaggio – che non ha nulla a che vedere con un corpo scale – e inaspettatamente ci balza incontro un locale imponente, una stanza senza porte, la cui dirompente tranquillità ci lascia per un attimo senza fiato”3. La sequenza di entrata di Loos, scomposta in: corridoio, portale d’ingresso nella sala, scala del portico, scala del soggiorno, si svolge dall’esterno all’interno con una successione a ritmi serrati di gradini, luoghi di sosta, sedute in nicchie e su pedane sopraelevate, tale da rendere il passaggio un fatto articolato ma fortemente unitario, così da riconoscersi, nel suo insieme, come luogo di soglia. Nello svolgersi del gesto dell’addentrarsi, ai diversi livelli e piani si associano anche diver- II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La figura 71 Riferimenti bibliografici: 1. D. Katz, La psicologia della forma, Boringhieri, Torino, 1966. 2. Paul Klee, Teoria della forma e figurazione, Feltrinelli, Milano, 1976. 3. Rudolf Arnheim, La dinamica della forma architettonica, Feltrinelli, Milano, 1981. 4. P. Guillarme, La psicologia della forma, Giunti-Barbera, Firenze, 1963. 5. K. Koffka, Principi di psicologia della forma, Boringhieri, Torino, 1970. 6. W. Köler, La psicologia della Gestalt, Feltrinelli, Milano, 1967. 7. W. Köler, Evoluzione e compiti di psicologia della forma, Armando, Roma, 1971. 8. Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Bari-Roma, 1996. 9. Henry Focillon, Vita delle forme, Einaudi, Torino, 1987. 10. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo, Hoepli, Milano, 1992. 11. F. Scrivano, Lo spazio e le forme, Alinea, Firenze, 1996. 12. G. Pigafetta, Architettura ed estetica, Alinea, Firenze, 1984. 13. Maria Pia Arredi, Le ragioni della forma, Bulzoni, Roma, 1985. 16. Adolf Loos, Casa Müller, Praga, 1930 (sequenza di entrata, corridoio, portale d’ingresso nella sala e scala-portico) si gradi di intimità, rilevabili nelle dimensioni più compresse e nell’uso di materiali più caldi. Una sensazione di ‘ritrosia dell’incontro’, prodotta dalla successione di filtri che si interpongono tra l’esterno e l’interno, si avverte anche nella sequenza d’entrata della casa britannica4, una successione di soglie che immettono in spazi via via sempre più privati: dall’Entrance Archway, all’Entrance Courtyard, al Porch, agli Screens, all’Entrance Hall, luogo, quest’ultimo, in cui si sancisce l’avvenuta preparazione del visitatore all’incontro intimo con il cuore dell’abitazione e dei suoi abitanti. La successione di filtri nella connessione tra Porch-ScreensPassage del Grims Dyke di Richard Norman Shaw produce la stessa sensazione: il portale ad arco ogivale sottolineato dalla cornice ad anelli; i due gradini che sopraelevano il portico e che generano, con l’ombra che si proietta in profondità, un senso di compressione e di concentrazione; la porta d’ingresso, non finestrata, che costituisce una barriera per spiacevoli intrusioni visive; la zona a soffitto ribassato del vestibolo. Fonti delle illustrazioni: 1. G.C. Argan, L’arte moderna, RCS Quotidiani Editoriali, Firenze, 1990. 2. E. Paoli, Quaderni vitrum 6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav. 3. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 4. B. Rudofsky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Roma-Bari, 1979. 5. B. Rudofsky, Le meraviglie ..., op. cit., 1979. 6. Carlo Scarpa. Opera completa, Electa, Milano, 1984. 7. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998. 8. D. Watkin, Storia dell’architettura occidentale, Zanichelli, Bologna, 1994, p. 65. 9. A. Cornoldi, L’architettura dei luoghi domestici, Jaca Book, Milano, 1994. 10. K.-J. Sembach, Jugendstil. L’utopia dell’armonia, Taschen, Colonia, 1991, p. 74. 11. M. Tafuri, F. Dal Co, Architettura contemporanea, Electa, Milano, 1988, p. 229. 12. A. Cornoldi, L’architettura della casa, Officina, Roma, 1988, p. 243. 13. B. Krimmel, P. Haiko, J.M. Olbrich. Architettura, Jaca Book, Milano, 1988. 14. R. McCarter, Frank Lloyd Wright architect, Phaidon, London, 1997. 15. B. Krimmel, P. Haiko, J.M. Olbrich. Architettura, Jaca Book, Milano, 1988. 16. A. Cornoldi, L’architettura dei luoghi domestici, Jaca Book, Milano, 1994. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La misura 73 La misura, fra convenienza funzionale, appropriatezza formale e problemi costruttivi Il corpo dell’uomo è il metro e la misura dello spazio. Ciò significa che qualsiasi considerazione sugli aspetti dimensionali deve essere fatta non in senso generico e astratto ma correlato con la percezione e la scala umana. Da qui deriva una sorta di oggettività nella definizione della ‘giusta misura’, della ‘misura conveniente’ per l’edificio, per la funzione che accoglie e per la dinamica dei gesti che vi si compiono1. Molto spesso il parametro dimensionale dà una precisa connotazione al varco di passaggio non solo come luogo di transizione ma anche come elemento segnaletico e rappresentativo. Questi due fattori, funzionale e simbolico, sono fondamentali e fortemente interrelati tra loro e con un terzo, rappresentato dalle relazioni dello spazio con le tradizioni e i modi d’uso istituiti nel tempo. Per esempio, nelle abitazioni preistoriche erano molto ricorrenti le porte piccole, delle dimensioni di un buco, tali da permettere che una solo persona per volta vi entrasse con una torsione del corpo. Nella già citata Çatal Hùyuk, in Anatolia (v. La localizzazione del varco fra interno ed esterno come segnale e come simbolo), le porte di comunicazione dei locali interni non erano più alte di un’ottantina di centimetri, più o meno pari all’altezza dell’apertura della classica stanza da tè giapponese, per passare attraverso la quale è necessario rannicchiarsi; nelle gallerie d’ingresso degli igloo sono la particolare condizione climatica, le misure ergonomiche dell’uomo e il particolare svolgersi del gesto dell’accedere a dettare le regole formali e dimensionali del varco. Aperture ovali più ampie e con una soglia esageratamente alta si trovavano, invece, più frequentemente negli antichi santuari, dove rivestivano probabilmente un significato rituale di cui non si è conservata la memoria. La necessità di integrare nella ‘misura della soglia’ i diversi caratteri di rappresentatività, funzionalità, coerenza con il contesto, simbolismo, etc. ha prodotto soluzioni interessanti, come dimostrano, per esempio, i casi di ‘soglia-nella-soglia’ dei palazzi medievali e rinascimentali, in cui una porta piccola destinata ai pedoni è ritagliata nel più grande portone carrabile, a sua volta inquadrato da un più ampio fregio, una decorazione o una cornice, che fa risaltare l’aspetto estetico e comunicativo del varco. Soglie che mediano tra la scala a misura dell’uomo singolo e quella a misura della collettività o della città sono rappresentate anche dalle grandi porte di città. Si veda ad esempio il doppio passaggio ricavato per ognuno dei due sensi di marcia nella facciata urbana della romana Porta dei Borsari a Verona, che sintetizza in un’unica soluzione la funzionalità del passaggio (e del controllo sui passanti), la rappresentatività urbana e la continuità formale con il contesto. Infatti, questa, come altre porte veronesi, oltre a regolare il flusso d’ingresso e di uscita nel centro urbano, “Sembra che, in un’opera architettonica, alcuni membri debbano conservare, qualunque sia la grandezza dell’edificio, una dimensione pressoché invariabile: a prendere le cose da un punto di vista puramente utilitario, l’altezza di una porta non avrebbe altra misura che l’altezza dell’uomo cui darà il passaggio… Quest’ordine di considerazioni, i Greci lo osservano tutt’al più nell’epoca arcaica, ma ben presto lo perdono di vista: tutti gli organi li sottomettono a poco a poco al canone modulare, li ingrandiscono o li rimpiccioliscono, a seconda che il modulo aumenti o rimpicciolisca. Se raddoppiano lo sviluppo della facciata, raddoppiano l’altezza delle porte…”. Auguste Choisy 1. Fernando Botero, La casa, 1995 74 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La misura 1. Corridoio di accesso all’igloo 2. Portoni dei Borsari, Verona, Italia, I sec. d.C. ha una facciata articolata con archi sovrapposti, quasi a riprodurre nella forma, nella dimensione e nella disposizione, il doppio ordine di finestre dei palazzi adiacenti. Nella facciata della chiesa mantovana di Sant’Andrea di Leon Battista Alberti, il grande arco classico centrale, fiancheggiato da aperture più piccole, richiama la scansione delle cappelle maggiori e minori sui fianchi della navata e collega organicamente l’esterno con l’interno tramite un profondo e ombroso intradosso (la forma e la dimensione citano e preparano l’ingresso nella navata con volta a botte dell’interno). In questo esempio la dimensione monumentale del varco, che si apre sulla piccola piazzetta Mantegna, genera uno sconvolgente ‘effetto sorpresa’ e produce un senso di disorientamento, facendo deviare l’attenzione dal problema funzionale dell’accedere alla chiesa a quello formale e percettivo della difficoltà di cogliere in un medesimo campo visivo la complessità delle relazioni tra il portale e lo spazio II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La misura 75 1. Leon Battista Alberti, Basilica di Sant’Andrea, Mantova, Italia, iniziata nel 1470 aperto su cui affaccia. Nella profondità dell’intradosso, però, la presenza di una porta ancora di dimensioni significative ma meno imponenti conferisce al varco una dimensione ‘umana’ e ne ripristina il valore di luogo di passaggio. Le porte di accesso alla chiesa sono però tre e generalmente vengono usate solo quelle laterali, ancora più piccole, mentre la centrale viene utilizzata solo per le grandi cerimonie. Un altro aspetto ci interessa, dello spazio di accesso al Sant’Andrea, cioé il ruolo e l’articolazione dell’intradosso, che non è solo un luogo di attesa e d’incontro per i fedeli, ma anche, data la sua sopraelevazione su un podio, una specie di piccola balconata e punto di osservazione sulla piazza. La complessità di questo spazio è ulteriormente accresciuta dalla presenza di un percorso che corre longitudinalmente proprio sotto l’intradosso e che collega la piazza delle Erbe con un’altra piazzetta laterale, più intima, sul lato occidentale della Basilica. La chiesa a Marco de Canavezes, di Alvaro Siza, sembra invece interpretare, nel sovradimensionamento del portale principale (alto circa dieci metri!), la valenza simbolica della ‘Grande Casa di Dio’, che è la Chiesa, e della ‘Grande Porta’, che accoglie a braccia spalancate non l’uomo solo ma la grande folla dei fedeli. In effetti sotto questo varco l’uomo, annichilito, perde il senso delle proporzioni, quasi si annulla al cospetto di Dio, così come accadeva un tempo nelle cattedrali gotiche francesi. 2. Alvaro Siza Vieira, Chiesa di Santa Maria a Marco de Canavezes, Portogallo, 1990-96 76 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La misura 11. SITE, Best Scale Reference Showroom, 1979, modello di studio Note: 1. Si veda: J. Panero, M. Zelnik, Spazi a misura d’uomo, Be-Ma, Milano, 1983. 2. Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Roma-Bari, 1986, p. 53. Riferimenti bibliografici: 1. Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Bari-Roma, 1996. 2. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo, Hoepli, Milano, 1992. Fonti delle illustrazioni: 1. ‘Botero’, in: Le grandi monografie, Fabbri, New York, 1997. 2. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980. 3. John B. Ward Perkins, Architettura romana, Electa, Milano, 1979. 4. F. Borsi, Leon Battista Alberti. L’opera completa, Electa, Milano, 1989. 5. K. Frampton, Alvaro Siza, Electa, Milano, 1999. 6. Cristiano Toraldo di Francia (a cura di), SITE. Architetture 1971-1988, Officina, Roma, 1989. E’ necessario chiederci a questo punto: in che termini la misura del varco contribuisce a definire il carattere di luogo? Come esce l’uomo dall’esperienza del passaggio attraverso il ‘grande’ o il ‘piccolo’? Quale dimensione è ottimale affinché l’uomo percepisca il suo ‘essere-in-transizione’? La risposta la troviamo nel concetto di ‘decor’ che Vitruvio elabora nel ‘De Architectura’, secondo cui “non si può fare in una grande sala una porta piccola, e in un edificio magnifico le porte non saranno piccole”, perché la porta deve essere commisurata allo spazio, al fine di conferire a questo dignità e, appunto, decoro. E: “Decor è la convenienza della forma rispetto al suo scopo rappresentativo o alla sua consueta coerenza di elemento in un insieme o alle sue stesse finalità pratiche”2. Convenienza funzionale e appropriatezza formale definiscono la giusta dimensione, che si coglie, per esempio, negli spazi collettivi in cui il grande portale sottolinea il suo essere pubblico, apre l’accesso alla massa, genera relazioni gerarchiche con il contesto esterno; e negli spazi privati in cui il modello d’uso della porta d’ingresso, la sua solidità, il suo carattere protettivo, e il suo significato simbolico producono porte di dimensione ‘umana’; e negli spazi intimi, dove il senso di protezione e di raccoglimento genera ingressi a nicchia, come nello ‘spazio esistenziale’ della bussola di Leonardo Savioli al Galluzzo, di cui parleremo in seguito. Nei varchi, cioé, in cui la giustezza dimensionale si accompagna alla corretta percezione del carattere del luogo in cui si sta per accedere. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia 77 La materia, fra trasparenza e opacità Il carattere di luogo della soglia si coglie anche negli aspetti materici e tattili delle superfici. Ogni struttura materica trasmette particolari segnali, poiché è connotata da una forma propria e da un modo particolare di aggregarsi e di svolgere certe funzioni. I materiali svolgono perciò un ruolo significante. Per esempio, certa materia ‘pesante’, come la terra e la pietra (grezza, lavorata e decorata), esprime gli antichi legami con gli usi e le tradizioni popolari che altri materiali, come il vetro o il metallo, connessi con la produzione seriale industriale e l’innovazione tecnica, non esprimono o esprimono come relazione più attutita. I materiali usati in architettura, pur essendo inerti sono ‘vivi’ poichè subiscono l’usura del tempo e degli agenti atmosferici, si trasformano, invecchiano con l’uomo che vi trasferisce la propria storia, muoiono, scompaiono. Partecipano come soggetti attivi alla faticosa costruzione dei luoghi. Lo leggiamo nell’immagine che Martin Heiddeger dipinge della soglia, vista come una ‘spaccatura’, una doppia sezione, orizzontale e verticale, nella materia: “Stando là, verticalmente, la figura architettonica ricolloca la spaccatura nell’ostinato pesantore della pietra, nella sorda resistenza del legno, nell’intensa vampa dei colori”1. La descrizione della soglia ‘lettararia’ di Casa Grandet di Honoré de Balzac restituisce, attraverso la citazione dei materiali, del loro uso e del loro degrado, l’intensità dei valori sociali e culturali assegnati al punto del passaggio: “I due pilastri e l’arco, in mezzo a cui s’apriva il varco della porta, erano come il resto del fabbricato, costruiti col tufo, pietra bianca che si trova sulle sponde della Loira ed è così friabile da non superare mai in media i due secoli di durata. I buchi ineguali e numerosi, che le intemperie avevano sparso bizzarramente, davano all’arco e alle colonne del portone l’apparenza delle pietre verminose dell’architettura francese e qualche somiglianza anche con l’ingresso di una prigione. Sull’arco dominava un lungo bassorilievo di pietra dura scolpita, rappresentante le quattro stagioni in figure più logore e annerite, e sopra i bassorilievo sporgeva un plinto tutto coronato di piante spontanee; parietarie gialle, rampicanti convolvoli, muscolo e un piccolo ciliegio già abbastanza alto. La porta di quercia massiccia, bruna, arida, con larghe fenditure da ogni parte, debole in apparenza, era solidamente munita da un sistema di chiavarde, disposte con simmetria. Un’inferriata quadra, piccola, dai ferri stretti e rossi di ruggine, spiccava nel centro e serviva di motivo a un martello attaccato mediante un anello che si poggiava sulla testa di un grosso chiodo. Quel martello di forma oblunga o dello stesso genere di quelli che i nostri antichi chiamavano jaquemart (specie di statuina in bronzo che meccanicamente batteva la campana dell’orologio), somigliava a un grosso punto esclamativo e, solo esaminandolo con attenzione, un antiquario avrebbe potuto scoprirvi qualche traccia della figura umoristica che un tempo rappresentava e che il lungo uso aveva consumata. “LA STATUA: Ti resta una via d’uscita: entrare nello specchio e passare al di là. IL POETA: Non si entra negli specchi. LA STATUA: Prova, prova sempre.” J. Cocteau, Le sang du poète (sceneggiatura del film), 1930 1. Jean Dubuffet, Door with Couch 78 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia 2. Michelangelo Buonarroti, Scalinata nel vestibolo d’ingresso della Biblioteca Laurenziana, Firenze, Italia, 1519-59 3. Charles Rennie Mackintosh, Scalinata d’accesso della School of Modern Art, Glasgow, Scozia, Gran Bretagna, 1906-10 Dall’angusto graticcio, attraverso cui si riconoscevano gli amici nei tempi di guerra civile, si offriva allo sguardo dei curiosi, in fondo a una volta scura e verdastra, qualche scalino slabbrato che dava accesso a un giardino chiuso da mura grandi, umide e piene di arbusti malaticci. Eran mura del bastione su cui si aprivano i giardini delle prossime case”2. L’uso della pietra nella costruzione della soglia si è mantenuto stabilmente nel tempo, dal trilite ai contemporanei portici d’ingresso di musei e biblioteche: ancora oggi viene usato nella maggior parte dei II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia 4. Porta in legno di una casa Dogon, Mali luoghi d’ingresso, proprio per le sue proprietà strutturali, per la sua solidità e per la sua resistenza. Si vedano: la Porta dei Leoni a Micene, gli ingressi a templi e piramidi egizie, gli archi trionfali di città, i portali delle cattedrali gotiche con il loro profuso apparato scultoreo-decorativo, etc. Il già citato trilite del Santuario maltese di Mnaijdra è un esempio interessante dal punto di vista materico-costruttivo, cui si aggiunge un’ornamentazione, con una texture omogenea puntiforme, le cui ombre generano un alleggerimento della superficie muraria e al contempo denunciano l’essenza e la consistenza della materia (v. La figura ‘anima’ il varco). Un forte effetto di coinvolgimento sensoriale prodotto dall’uso omogeneo ed esteso della pietra si ha anche nel vestibolo d’ingresso alla Biblioteca Laurenziana di Michelangelo (Firenze, 1519-59), dove il marmo della scalinata, i rivestimenti delle finte facciate urbane e le cornici delle finte finestre sottolineano l’anomalo carattere ‘urbano’ di questo spazio, che, invece, è sorprendentemente un interno. La materia avvolge completamente il corpo umano, estesa com’è a tutte le superfici orizzontali e verticali che circondano l’uomo e ne definiscono gli ambienti di vita, come accade nella scalinata di accesso alla School of Modern Art di Mackintosh (Glasgow, 1906-10), dove lo spazio di soglia, esteso all’intera scalinata fino alla bussola d’ingresso, è interamente rivestito di lastre di pietra di grandi dimen- 79 80 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia 5. Carlo Scarpa, Porta di servizio in pietra del negozio Olivetti, Venezia, Italia, 1957-58 sioni e sembra proporre la misteriosa e affascinante atmosfera degli ingressi degli antichi castelli medievali. Rivestimenti in pietra caratterizzano anche il Museo di Arte Contemporanea di Santiago de Compostela, di Alvaro Siza Vieira. In particolare, l’atrio di ingresso ha un carattere di ‘nicchia’, intimo, di preparazione, ma anche di protezione e di raccoglimento. In esso si riconoscono: l’orditura delle lastre di rivestimento, la pesante trave che regge lo sbalzo a copertura della zona d’ingresso, la semplicissima scala e la rampa che connettono questo spazio con la strada e al contempo, sopraelevandolo, lo isolano dal flusso automobilistico. Nel percorso di ingresso al Museo di Castelvecchio di Carlo Scarpa, a Verona, si rileva un uso della pietra con funzione evocativa. Qui la presenza di sculture, fontane e sarcofagi dell’antichità e l’utilizzo di lastre di pietra di varia colorazione nelle pavimentazioni e nei rivestimenti, rimanda a storie, tecniche e tradizioni costruttive locali tramandate da lontane generazioni. Un ruolo analogo ricopre la pietra ‘impressa’ con profuse decorazioni dei pilastri e dei capitelli del portico di accesso allo Studio di Frank Lloyd Wright a Oak Park, dove l’ascesa, dalla strada pubblica al piano dell’ingresso, è segnata da una sorta di percorso preparatorio (sequenze di gradini, passaggi attraverso varchi nel muro di cinta, con pilastri e fioriere, statue e bassorilievi, di esplicito intento narrativo e simbolico) dove predomina l’uso della pietra e della terra (mattoni, statue in terra cotta, terriccio delle aiuole). Porte e portoni in pietra o in metallo (le porte blindate, i cancelli in ferro, etc.), così come le pesanti porte in legno, oltre a garanti- II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La materia 81 re una buona stabilità e un certo livello di sicurezza nella chiusura del varco, a causa della loro caratteristica opacità, isolano completamente l’interno dall’esterno e rendono necessari precisi meccanismi di supporto per riuscire ad istituire, un qualunque rapporto tra il dentro e il fuori (v. Attrezzature per ‘abitare’ la soglia). Ci sono casi intermedi di opacità/trasparenza, come le porte con sopraluce, o le porte a vetri smerigliati o colorati. Attraverso queste porte non si può vedere (nel secondo caso si percepiscono solo le ombre), ma la luce può penetrare nei due sensi: luce artificiale dall’interno verso l’esterno, luce naturale e luce artificiale dall’esterno verso l’interno. Un altro caso di relazione tra trasparenza e opacità nel luogo della soglia è rappresentato dalle porte ‘opache’ o dalle cornici di portali inserite in pareti vetrate, ricorrenti in molti ingressi di negozi con ampie vetrine. E’ un caso di rovesciamento del ruolo del varco di passaggio: la parete ‘filtra’, la porta ‘ostacola’. In questi ingressi sembrano decadere le tesi di Georg Simmel sul significato della porta, che ammette e regola il flusso e che, al contrario della parete (che chiude, scherma e isola) dialoga con l’esterno. Il ruolo di ‘ostacolo’ e barriera al passaggio che introduce questo esempio ci dà l’occasione per affrontare un altro aspetto legato alle scelte materiche, quello riguardante la robustezza della soglia. Abbiamo detto che il punto di contatto tra il dentro e il fuori è un punto nevralgico, perchè fragile (consente la penetrazione all’interno) e selettivo (opera un controllo sul flusso in movimento). I meccanismi di regolazione del passaggio di persone e cose attraverso il varco devono perciò garantire grande efficienza ed esprimere solidità e resistenza, per far fronte alle intemperie o alle intrusioni indesiderate. Ne sono un esempio le porte a getto d’aria calda o fredda dei grandi magazzini (si veda quella realizzata da Rem Koolhaas per Prada: una porta ‘tagliafreddo’, con getti di aria calda ‘sparati’ dall’alto e una soglia che ‘non c’è’!), o i varchi segnalati da fasci luminosi o raggi laser di pubs e discoteche, etc. L’‘inesistenza’ della tradizionale porta è sinonimo di continuità fisica tra esterno e interno. La trasparenza delle porte a vetri, invece, garantisce una continuità solo percettiva, poiché il muro non si vede, ma c’è (è di vetro!). Queste soglie non celano nemmeno ciò a cui immettono e divengono vetrine dello spazio interno, membrane che non separano più ma solo congiungono, unificano. Lo abbiamo visto nelle soluzioni miesiane di soglia-senza-soglia: in casa Farnsworth la tradizionale porta è sostituita da una lastra in vetro completamente trasparente, dove la percezione visiva del passaggio si perde quasi del tutto e quella tattile della materia si riduce drasticamente (l’elemento di chiusura del varco si limita a una superficie liscia in vetro, completamente trasparente, montata su un esile telaio metallico, in perfetta continuità con la parete perimetrale esterna). 6. Carlo Scarpa, Cancello in ferro del negozio Gavina, Venezia, Italia Note: 1. Martin Heidegger, ‘L’origine dell’opera d’arte’, in: M. Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze, 1984, p. 48. 2. Honoré de Balzac, Eugenia Grandet, Mondadori, Milano, pp. 31-32. Fonti delle illustrazioni: 1. P. De Vecchi, E. Cerchiari, Arte nel tempo, Bompiani, Milano, 1982. 2. G.C. Argan, Michelangelo Architetto, Electa, Milano, 1990. 3. Mackintosh Masterwork. The School of Modern Art, Richard Drew Publishing, Glasgow, 1993. 4. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1990. 5. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994. 6. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra 83 Rapporti fra luce e ombra La linea che separa lo spazio illuminato dalla zona d’ombra è una delle soglie più significative. L’occhio umano ha capacità percettive che gli consentono di cogliere brevissime variazioni luminose, di adattarle e attutirle all’interno di determinati limiti. Al mutare delle condizioni di illuminazione, naturale o artificiale, l’uomo percepirà un semplice ‘cambiamento di atmosfera’, ma quando la quantità di luce muta repentinamente, la percezione viene sconvolta da questo scarto subitaneo e lo trasforma in esperienza psico-fisica del passaggio. Ma come la luce, nell’ingresso, definisce un luogo? Quali sono gli aspetti che essa valorizza? La luce isola lo spazio e gli dà autonomia rispetto al contesto esterno, lo rende riconoscibile e significativo. La soglia è costituita dallo spazio ‘illuminato’, all’interno del quale l’uomo, come un attore sul palcoscenico illuminato da uno spot a fascio concentrato, avverte il significato della scena che sta per interpretare. “…e adesso le lucciole si sono posate sugli stipiti della porta, all’altezza della testa, e brillano, gloria all’uomo sulla terra e Manuel Espada vi passa in mezzo, che almeno non manchino questi onori a chi ritorna dal pesante lavoro e vi dovrà riandare prima del sorgere del sole”. José Saramago, Una terra chiamata Atentejo, 1997 Negli effetti notturni di contrasto tra luce e ombra, la potenza affascinante e sorprendente della luce che identifica il luogo, in opposizione all’indeterminatezza dell’oscurità esterna, costruisce la linea che separa ciò che è fuori da ciò che è dentro (anche se si tratta in realtà di un ‘interno’ in un interno più grande). In questo caso il fascio luminoso non solo costruisce il limite spaziale, ma rende visibile, e quindi vivente, lo spazio. Durante il giorno il medesimo effetto è attutito dai toni più pacati della luce solare diffusa e dell’ombra prodotta dagli oggetti su cui la medesima luce si infrange. Il passaggio attraverso il varco che congiunge due diverse condizioni di illuminazione provoca uno shock più o meno forte a seconda dell’intensità del contrasto. Questo aspetto è molto evidente negli ingressi delle chiese romaniche, dove l’istantanea variazione di stato che si coglie muovendosi dall’esterno intensamente illuminato dalla luce solare, all’interno in forte penombra, è così accentuata al fine di rendere manifesta l’opposizione tra il sacro e il profano. Il fatto che il sacro, in questo caso, sia rappresentato da una zona d’ombra non deve trarre in inganno circa i significati escatologici. Infatti l’ingresso nella ‘Casa del Padre’ nella cultura cattolica è caratterizzato dal momento doloroso del riconoscimento e dell’espiazione delle colpe, ma mano a mano che l’occhio si adatta al buio dell’interno la luce soffusa diviene elemento rassicurante di accoglienza e di protezione. Il professor Gian Domenico Salotti, in uno degli incontri di Dottorato, parlando di soglie, riportava la sua esperienza nell’interno completamente buio della Basilica di Santa Anastasia, a Verona. “Un immenso vuoto, privo di luce. L’ingresso in questo luogo ha rappresentato per me l’esperienza di un totale disorientamento. L’immersione nel nulla. Fino a quando ho scorto, in un punto preciso 1. Caravaggio, Madonna di Loreto, 1604 84 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra 3. La luce come soglia e come segnale di soglia 2. BBPR, Lampadario nell’atrio della Torre Velasca, Milano, Italia, 1958 della chiesa, un po’ a destra nella navata, un punto di forte intensità, una concentrazione di luce e di significati, insomma un luogo in cui potevo riconoscere la mia presenza in relazione allo spazio che mi accoglieva. L’intera chiesa si riduceva, per me, a quei tre metri quadrati illuminati da un tappeto di candele accese presso la statua di una Madonna regalmente addobbata. La luce aveva avuto la forza di guidare il mio sguardo e orientare il mio incedere lì e solo lì. Tutto ciò che era intorno, l’involucro, gli arredi, l’altare, tutta la chiesa praticamente non esistevano”. Il valore simbolico di questa presenza architettonica della luce è strettamente legato alla corrispondenza religiosa tra luce, divinità e spazio sacro. Lo spazio circoscritto dal fascio luminoso, per le sue ridotte dimensioni e il suo raccoglimento, è una bolla ambientale a misura d’uomo ritagliata nella vastità destinata alle cerimonie pubbliche, dove l’esperienza dell’ingresso è un fatto profondamente individuale, sia nell’essenza sia nella forma. In essa l’uomo ‘entra’, ne percepisce i II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra 4. Scansioni luminose nell’Antro della Sibilla, Tirinto, Grecia, 1300 a.C. 5. Effetti di luce all’interno el portale occidentale centrale della Cattedrale di NotreDame, Reims, Marne, Francia, 1252 limiti e può dire di apprtenervi oppure no. I margini di questo spazioluce sono solo apparenti, ma così nettamente definiti da riuscire a identificare un luogo significativo. L’immagine di questo luogo dall’esterno dell’area illuminata è quella di una ‘scatola trasparente in una più grande scatola nera’, che concentra in sé attenzione e carica simbolica. Dall’interno dell’area illuminata, invece, si percepisce la grande scatola nera come un paesaggio infinito e inesplorabile. Alla definizione dello spazio di soglia non concorre soltanto la luce: sua complice e controparte è l’ombra, che, come la luce, disegna le forme, i confini dei corpi e dello spazio, quindi rileva il contrasto e le opposizioni. Il luogo, generato dalla combinazione tra il limite disegnato dalla relazione luce-ombra e l’opposizione spaziale dentro-fuori, è la soglia che stiamo cercando. A seconda della sorgente di luce (naturale/artificiale), del tipo di illuminazione (puntuale, diffusa, colorata, etc.), della modalità di trasmissione del flusso (diretta/indiretta) e del punto di emissione (dall’interno dell’edificio/sulla soglia/dall’esterno) si avranno soluzioni che tendono ad esaltare valori diversi di soglia. Per esempio il grande lampadario progettato dallo studio BBPR per l’atrio della Torre Velasca, a Milano, genera una luce diffusa di grande intensità, in grado di illuminare in modo omogeneo tutto lo spazio vetrato di accoglienza al piano terra, compresa la bussola d’ingresso. L’effetto ‘notturno’ di questa soglia è particolarmente affascinante: sembra una teca illuminata dall’interno che pare ‘staccarsi’ dall’edifi- 85 86 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra 6. Robert Adam, porta con finestre laterali nel Crooked Pightle, Hampshire, Gran Bretagna, XVIII sec. cio e, ‘svuotando’ il piano terra, far levitare la torre. La visione notturna è ben diversa da quella diurna: l’illuminazione naturale molto lieve e attenuata dall’ombra profonda prodotta sulla bussola d’ingresso dal portico e dai due avancorpi dei negozi. Un esempio analogo si trova nella bussola d’ingresso allo studio di Leonardo Savioli, di cui l’illuminazione artificiale indiretta proveniente dall’interno dell’edificio potenzia la labile fisicità e la volumetria, che si perdono, invece, in condizioni di luce naturale. In alcuni casi è l’illuminazione artificiale indiretta proveniente dall’esterno dell’edificio a costruire lo spazio (o la linea) di soglia, come accade nell’ingresso alla Maison de Verre di Pierre Chareau, di cui parleremo più avanti; in altri, la stessa luce artificiale si fa soglia (oltre che generare effetti di soglia), come nelle lampade al neon delle porte d’ingresso a pubs o discoteche, il cui valore simbolico e segnaletico è dominante su ogni altro aspetto. In questi esempi la percezione del passaggio è tutta concentrata nel tubo di neon, che costringe a una reinterpretazione della porta, quasi totalmente smaterializzata, tradotta in pura cornice, in varco luminoso che separa e connette all’oscurità. Invece la luce naturale produce effetti di soglia diversi. Si vedano: la pioggia di luce proveniente dal lucernario del vestibolo d’ingresso di Villa Karma di Adolf Loos e lo scarto luministico nella Cappella Sogn Benedegt di Peter Zumthor, di cui tratteremo specificamente più avanti; oppure le rifrazioni e i riverberi della luce solare sui portali e sulle sculture delle cattedrali gotiche; etc. Per i suoi caratteri di diffusione, omogeneità e acromaticità, la luce solare produce margini in relazione alle linee o superfici d’ombra generate dall’articolazione della forma, dalla posizione dell’oggetto rispetto alla sorgente e infine dall’inclinazione, sempre variabile, delle radiazioni luminose. Inoltre, per il suo continuo trasformarsi nelle ore del giorno, nelle stagioni, nelle condizioni atmosferiche, la luce permea lo spazio della soglia di variabilità e temporalità. Gli ingressi con porte a vetri, con porte-finestra o con porte collocate presso ampie pareti vetrate, che facendo filtrare la luce illuminano il punto di passaggio, godono di una certa qualità spaziale e consentono lo svolgimento ‘naturale’ di attività (riconoscimento dell’ospite, accoglienza e intrattenimento) che altrimenti richiederebbero anche di giorno l’uso di fonti di luce artificiale. Ora ci resta un aspetto da esplorare, cioè: in che modo l’uomo percepisce il margine tra interno ed esterno come luogo significante? Nello Zibaldone di Giacomo Leopardi leggiamo quali sono gli effetti prodotti sull’uomo dalla luce naturale: “La luce del sole o della luna, veduta in luoghi dov’essi non si vedano e non si scopra la sorgente della luce; un luogo solamente in parte illuminato da essa luce; il riflesso di detta luce, e i vari effetti materiali che ne derivano; il pene- II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Rapporti fra luce e ombra 87 7. Norman Foster, Ingresso alla metropolitana di Bilbao, Spagna, 1996 trare di detta luce in luoghi dov’ella divenga incerta e impedita, e non bene si distingue, come attraverso un canneto in una selva, per li balconi socchiusi […] La detta luce veduta in luogo, oggetto […] dov’ella non penetri e non percota direttamente, ma vi sia ribattuta e diffusa da qualche altro oggetto […] dov’ella venga a battere; in un andito veduto al di dentro o al di fuori, e in una loggia parimenti […] quei luoghi ove la luce si confonde con le ombre, come sotto un portico, o in una loggia elevata e pensile tra le rupi e i burroni, in una valle, sui colli veduti dalla parte dell’ombra, in modo che ne siano indorate le cime, il riflesso che produce, per esempio, un vetro colorato su quegli oggetti su cui si riflettono i raggi che passano per detto vetro; tutti quegli oggetti insomma che per diversi materiali e numerose circostanze giungono alla nostra vista e udito […] in modo incerto, mal distinto, imperfetto, incompleto e fuor dell’ordinario. E ci pasce e ci riempie l’anima indicibilmente, anche mediante i minimi oggetti”1. Gli aspetti percettivi e sensoriali della luce sono emblematicinell’‘Architecture des Ombres’ di Ethienne-Louis Boullée, i cui principi, come afferma Villard, si erano chiariti al suo autore mentre camminava al chiaro di luna2. E’ facile trasporre gli effetti descritti sul luogo della soglia. Note: 1. Giacomo Leopardi, Zibaldone, Mondadori, Milano, 1937. 2. Si veda: Emil Kaufmann, Tre architetti rivoluzionari. Boullée-Ledoux-Lequeu, Franco Angeli, Milano. Fonti delle illustrazioni: 1. R. Causa, I maestri del colore: Caravaggio, II parte, Fabbri, Milano, 1977. 2. L. Fiori, M. Prizzon (a cura di), La Torre Velasca, Abitare Segesta, Milano, 1982. 3. Guatemala, 2001. 4. L. Semerani, Dizionario critico illustrato delle voci più utili all’architetto moderno, Edizioni C.E.L.I., Faenza, 1993. 5. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998. 6. The element of Style, Simon & Schuster, New York, 1996, p. 475. 7. Atlante di architettura contemporanea, Könemann, Colonia, 2000, p. 72. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore 89 Il colore potenzia il significato La Porta della Vita descritta da Dante nel IX canto del ‘Purgatorio’ è una porta ‘stretta’ dalla morsa dei muri, ricavata nella roccia, in cui si innesta una profonda fenditura, il varco. E’ chiusa da una doppia serratura e preceduta tre gradini, di colori e materiali diversi, significato allegorico delle tre parti del sacramento della confessione. Il primo gradino simboleggia la contrizione (contritio cordis) che richiede un esame di coscienza, per guardarsi dentro, come riflettersi nel marmo bianco, così pulito e terso che ci si può specchiare. Il secondo gradino è di colore scuro, di un materiale pietroso e ruvido, su cui deve spezzarsi la durezza dell’animo medinate la confessione orale (confessio oris). Il terzo gradino, di colore rosso vivo, è simbolo dell’ardore che serve per formare il proponimento di non peccare più (satisfactio operis). “Vidi una porta, e tre gradi di sotto Per gire ad essa, di color diversi, E un portier ch’ancor non facea motto. Là ne venimmo; e lo scaglione primario Bianco marmo era si pulito e terso, Ch’io mi specchiai in esso qual io paio Era il secondo tinto più che perso, D’una petrina ruvida e arsiccia, crepata per lo lungo e per traverso. Lo terzo, che di sopra s’ammassiccia, Perfido mi parea, sì fiammeggiante Come sangue che fuor di vena spiccia.”. Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, IX, vv. 76-78, 94-102 Tra i colori e loro significati esistono precisi parallelismi, acquisiti e integrati nelle culture popolari nel corso dei secoli. Per esempio, i Greci e gli Egizi dipingevano i templi e gli edifici più importanti con ocra rossa e gialla e col nero, in una festa di colori che oggi non siamo più in grado di vedere nelle rovine pervenuteci. Queste tinte, usate per lo più allo stato puro, avevavo significati sociali e culturali precisi. Un importante esempio di soglia ‘colorata’ è la babilonese Porta di Isthar, oggi ricostruita presso lo Stadtliche Museum di Berlino, che si trovava un tempo al termine della lunga via delle processioni della città. La sua potenza architettonica risiedeva nell’intenso colore azzurro di cui erano smaltati i mattoni, “interrotti soltanto da leoni, tori e animali fantastici scanditi a intervalli regolari e circondati da fregi geometrici bianchi, rossi e gialli”1. Qui il blu, che ritroviamo in tutti i portali delle madrase e delle mederse islamiche (si vedano il Topkapi e la Moschea Azzurra di Istambul), connota il luogo di ingresso alla città. Il colore si presta con funzione di identificazione di luoghi importanti, di punti nodali o delegati a rappresentare un particolare significato, laddove si manifestano dissonanze cromatiche (magari associate a forti scarti dimensionali, all’uso originale dei materiali o alla definizione di forme articolate o inusuali). Nella tradizione portoghese, la sottolineatura della soglia tramite il colore si trova in modo ricorrente in molte abitazioni tradizionali, dove i varchi di porte e finestre sono incorniciati con le tinte vivaci del sole, del mare e della natura. Sulle facciate bianche delle case, in contrasto con i tetti in coppi, sono dipinte le cornici giallo-ocra, verdi, azzurre intorno a finestre e porte. Le porte sono anche dotate di una ‘soglia’ in pietra, di un certo spessore, e gli stipiti terminano a filo del pavimento, dando continuità di segno allo zoccolino che sottolinea il passaggio dall’orizzontale del marciapiede alla verticale della parete. 1. Willem De Kooning, Porta sul fiume, 1960, particolare, Whitney Museum of American Art, New York 90 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore 3. Porta di Isthar, Babilonia, ricostruzione presso il Staadliches Museum di Berlino Un caso particolare di uso del colore come ‘indicatore di luoghi’ lo troviamo negli ingressi alle abitazioni delle Siedlungen di Bruno Taut, per i quali elabora soluzioni cromatiche articolate e differenziate. Ogni porta d’ingresso ha un colore di identificazione che rende riconoscibile e originale ogni singola unità. Nel contesto postbellico, dice Taut, “il colore deve favorire la ripresa, deve ridare fiducia; usarlo, in questo momento corrisponde quasi ad una necessità patriottica. […] Le tinte sono forti e i toni decisi”2. In generale Taut usa il colore con scopi sociali, per riscattare l’interno domestico e per dare qualità ai nuovi insediamenti residenziali; lo dimostra la gioia che esprime il libero accostamento cromatico, per esempio, delle case blu a schiera, in testa alla Siedlung ‘Berlin Britz’, con portoncini in rosso e giallo squillante. Un uso più aristocratico del colore lo incontriamo, invece, nei paramenti marmorei multicolore del pavimento e delle pareti del vestibolo di ingresso di Villa Karma di Adolf Loos; mentre ha un carattere poetico-astratto la sequenza di marmi bianchi, rosa e rossi nel percorso di accesso al Museo di Castelvecchio di Carlo Scarpa, a Verona. 2. Rijnvos Voorwinde, Ingressi di abitazioni a Tilburg, Olanda, 1997 L’ingresso in mattoni multicolore della Hoechst AG di Peter Behrens (Francoforte, 1920-24) è un grande involucro che coinvolge emotivamente il visitatore in una atmosfera quasi irreale di luci e colori. In contrasto con l’uso rigoroso e con l’immagine più realistica del mattone rosso, alternato a quello marrone, che caratterizza tutto l’esterno e parte dell’interno, i piloni dell’atrio sono dipinti in colori smaglianti che cristallizzano la luce proveniente dall’alto, modulandola in infinite sfumature. L’uso espressivo dei cromatismi altera la percezione dello spazio: il piccolo atrio diventa enorme e l’altezza non è più di- II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore 91 rettamente dimensionabile3. Il colore rappresenta, insieme alla generica decorazione, il modo più immediato per trasferire concetti astratti sulpiano materico concreto e “il metodo più semplice, più incisivo e più espressivo per esprimere un simbolo”4, perché contiene energie che influiscono sull’uomo e perché partecipa alla definizione della materia e della forma. La presenza del colore nei punti di soglia non può essere perciò casuale o involontaria. Essa è collegata alla sfera della suggestione, del potere simbolico e della poesia e “influenza direttamente l’anima” (Kandinskij). Wolfgang Goethe, ne ‘La teoria dei colori’, dà una interpretazione alle gradazioni cromatiche, concludendo che ogni tinta genera un particolare stato d’animo, quindi, indipendentemente dalle sue relazioni di contrasto o integrazione cromatica con la forma dell’oggetto o con il contesto che lo circonda, essa promuove, modifica, ostacola il comportamento umano. Leggiamo direttamente dal capitolo ‘Azione sensibile e morale del colore’: “758: Il colore occupa un posto assai elevato nella serie delle manifestazioni naturali originarie, in quanto riempie di una molteplicità ben definita il cerchio semplice che gli è assegnato. Non ci stupiremo quindi di apprendere che esso esercita un’azione, in particolare sul senso della vista, a cui esso in maniera evidente appartiene e, per suo tramite, sull’animo nelle sue più generali manifestazioni elementari, senza riferimento alla costituzione o alla forma del materiale, sulla cui superficie lo vediamo. Si tratta, diremo, di un’azione specifica quando il colore sia preso nella sua singolarità, mentre, in combinazione con altri, si tratta di un’azione in parte armonica, in parte caratteristica, spesso anche non-armonica, sempre tuttavia decisa e significativa, che si riallaccia direttamente al momento morale. Questo è il motivo per il quale il colore, considerato come un elemento dell’arte, può essere utilizzato come un momento che coopera ai più elevati fini estetici”5. Come, attraverso il colore, alla soglia viene affidato il valore di luogo? Il colore, così come la luce, isola la soglia, sottolinea il punto del passaggio rispetto all’omogeneità della facciata. Fa esplodere di significato il varco, che non semplicemente ‘si imbelletta’, ma esprime un giudizio sulla qualità dello spazio e sul valore del gesto. Per esempio, i colori brillanti fanno risaltare l’effetto superficiale e riducono l’impressione di profondità, mentre i colori pallidi accentuano la profondità (l’architettura islamica ha utilizzato largamente questi effetti). I colori scuri riducono le dimensioni, quelli chiari le aumentano6. Concludiamo che il colore è un potente elemento di lettura e di connotazione dello spazio, e la sua interpretazione in architettura deve tenere conto di alcuni aspetti: 4. Bruno Taut, Porte d’ingresso alle abitazioni delle Siedlungen realizzate tra il 1910 e il 1930 a Berlino, Germania 92 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore 6. Beck-Enz-Yelin-Rothgang, Ingressi e scale multicolore di abitazioni ‘Buxheimer Weg’, Monaco, Germania, 1995 Note: 1. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 188. 2. Gian Domenico Salotti, ‘Bruno Taut: alcune note sul colore’, in: G. D. Salotti, M. A. Manfredini, Bruno Taut. Der Weltbaumeister. L’interno e la rappresentazione nelle ricerche verso un’architettura di vetro, Franco Angeli, Milano, 1998. 3. Si veda: Peter Behrens, Umbautes Licht, Prestel Verlag, Berlin, 1990. 4. Emanuele Tesauro, 1654. 5. Wolfgang Goethe, La teoria dei colori, a cura di Renato Troncon, Il Saggiatore, Milano, 1979. a)il significato dei colori è dinamico, continua a variare nel corso del tempo e a seconda degli ambiti geografici. Quindi per individuare il significato di un dato colore è necessario determinarne il contesto preciso di applicazione. Infatti il luogo architettonico del colore si lega ai riti dell’identificazione culturale nello spazio abitato, che può essere considerato secondo tre angolazioni: del luogo cromatico naturale, delle memorie coloristiche che ivi si trasmettono e delle trasformazioni a cui può essere sottoposto. In questo senso è fonda- II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Il colore 6. Peter Behrens, Ingresso multicolore della Hoechs AEG, Francoforte, Germania, 1920-24 7. Soglie colorate delle abitazioni popolari in Guatemala 2. Cornici colorate sulle soglie delle case popolari portoghesi mentale il rapporto tra memoria del colore e architettura colorata; b)oggi i segni cromatici non sono più codificati come un tempo, sono più liberi: così i colori si sovrappongono ai volumi, li seguono, li contestualizzano, li spezzano, possono decorare, segnalare, simboleggiare o semplicemente autocitarsi. 93 764: “I colori del lato del Più sono il giallo, il giallo-rosso (arancio), il rosso-giallo (minio, cinabro). Essi danno luogo a stati d’animo attivi, vivaci, tendenti all’azione. 766: Allo stato di massima purezza il giallo contiene sempre in sé la natura del chiaro, e possiede una qualità, dolcemente stimolante, di serenità e gaiezza. 778: Azzurro. Se il giallo conduce alla luce, si può dire che l’azzurro conduce con sé qualcosa di scuro. 779: […] esso è, nell’aspetto, una contraddizione composta di eccitazione e di pace. 793: Chi conosce il sorgere prismatico del porpora non troverà paradossale se affermiamo che esso contiene, in atto o in potenza, tutti gli altri colori. 802: Verde. In esso il nostro occhio trova un autentico appagamento. Se ambedue i colori-madre si equilibrano perfettamente nel composto, di modo che l’uno non si nota prima dell’altro, occhio e animo riposano su questo semplice composto come se si trattasse di qualcosa di semplice. Non si vuole, né si può, procedere oltre. Perciò il verde è di solito prescelto per la tappezzeria delle stanze di soggiorno”. 6. Nell’interpretazione corrente: Verde: solidità e tranquillità, costanza, stabilità e sicurezza, forza, perseveranza e equilibrio (durante il periodo palladiano, per esempio, tra 1730 e 1750, gli inglesi addobbavano le sale di rappresentanza con pesanti tendaggi di colore verde scuro). Rosso: valore del cuore, dell’amore, della passione, della sensualità, dell’erotismo, di ogni emozione violenta. E’ il colore simbolico più antico e popolare. Colore della materialità e dell’immediatezza, in opposizione all’azzurro, spirituale. Afferma Kandinskij: “il rosso è energia, colore sconfinato, vivace e inquieto, ma privo del carattere spensierato del giallo”. Marrone: colore della terra, simbolizza valori profondi e perenni, qualità fondamentali ed elementari. Come la terra, il mattone, il legno e il cuoio sono materiali marroni associabili alla confortevolezza e al benessere fisico, al caldo e al comfort. Giallo: più brillante quando è saturo (tutti gli altri tendono ad opacizzare), sole, vita, attenzione, allegria, vivacità. Il giallo si espande, il rosso viene avanti e il blu sprofonda. Astratto, luce, iridescenza, vibrazione. Blu: silenzio, quiete, riflessione, spiritualità, pace, contemplazione, “il rosso balza in avanti, il blu sembra allontanarsi”, freddo, anche tristezza e malinconia. Afferma Goethe: “Il blu è una specie di contraddizione tra eccitazione e riposo”. Viola: ambiguità e mistero, inconscio, con sottofondo minaccioso, tenebre, morte, sublimi amonie dello spirito. Riferimenti bibliografici: 1. J. Wolfgang Goethe, La teoria dei colori, Leipzig, 1910. 2. T.W. Adorno, Dissonanze, Feltrinelli, Milano, 1959. 3. A. Shoenberg, Manuale di armonia, Il Saggiatore, Milano, 1963. 4. M. Brusatin, Storia dei colori, Einaudi, Torino, 1983. 5. P. Barocchi (a cura di), ‘Colore’, in: Scritti d’arte del Cinquecento, vol. IX, Torino, 1979. 6. P. Parini, M. Calvesi, Il linguaggio visivo, Firenze, 1980. 7. Paul Klee, Teoria della forma e della figurazione, Milano, 1976. 8. A. Guller, P.L. Rupi, In nome del colore. Uso e abuso del colore in architettura, Alinea, Firenze, 1989. Fonti delle illustrazioni: 1. R. Bossaglia, R. Siligato, F. Menna, L. Caramel, M. Vescovo, Astrattismo, Art Dossier, Giunti, Firenze, 1990. 2. Detail, 4, 1997. 3. Ridisegno di Barbara Bogoni. 4. W. Nerdinger, M. Speidel, Bruno Taut 18801938, Electa, Milano, 2001. 5. Detail, 6, 1995. 6. B. Buderhat, Peter Behrens. Umbautes Lichts, Prestel, München, 1990. 7. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 8. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione 95 La decorazione come valore estetico e narrativo La decorazione è una specifica caratteristica della forma, “una sottolineatura espressiva della forma che può realizzarsi sia tramite aggiunte materiali, sia attraverso particolari trattamenti delle sue caratteristiche figurali, topologiche, materiche, luministiche, metriche, cromatiche, etc.”1. Le matrici iconiche che si riconoscono nella decorazione degli spazi di passaggio2 tendono a identificare nel varco precisi modi per attraversarlo e precisi contenuiti3. Questa sottolineatura, nel caso della soglia, si esprime generalmente attraverso una cornice, che segnala, valorizza e in un certo senso ‘isola’ la soglia, ne esprime l’autonomia e l’originalità, le conferisce importanza e significato. La cornice della porta, che si carica di valenze cromatiche e iconografiche e di citazioni spesso si amplifica e si dilata fino a inglobare lo stesso varco, deformarne la figura e integrarla in un disegno organico. Essa4 non è solo un ‘abbellimento del passaggio, ma anche un ‘isolatore’5 che incarna la frontiera fra le due regioni del muro e della porta. Esempi significativi si riconoscono nella ‘Porta con orecchioni’ all’ingresso della etrusca ‘Tomba della Casa’ a Cerveteri, interessante anche per le sedute laterali in pietra che attrezzano il luogo per l’attesa e la meditazione; e nelle porte del Bramante, in cui l’apertura del varco interrompe, in basso, la continuità geometrica della cornice. Una soluzione molto simile a quella di Bramante è quella applicata nel portale del tempio arcaico a Sto Palati, a Naxos, dove la decorazione, che si interrompe per far passare l’uomo, unita alla grande dimensione, oltre ad attribuire monumentalità alla soglia, affida un grande significato al gesto del passare e alla misura del corpo umano. “Un secondo tipo posizionale di decorazione è quello che potrebbe definirsi di soglia, consistente nella sottolineatura di un margine tra due superfici o fra due spazi tridimensionali, in particolare fra interno ed esterno. Come esempi, si possono considerare il tratto colorato con cui una semplice gemellata del vasaio sottolinea il bordo di una scodella, nevralgico punto di passaggio fra dentro e fuori, dove posano le labbra; la cornice di una finestra o di una porta; …” Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Roma-Bari, 1986, p.59 La cornice della porta svolge un ruolo analogo a quello della cornice di un dipinto. E’ la cornice di un quadro invisibile, che incornicia il vuoto del varco. Presso la porta di accesso alla Ernst Ludwing Haus di Olbrich sono collocati elementi decorativi che acquistano un forte carattere metaforico e traducono l’accesso fisico all’edificio come accesso allo spazio dell’operare artistico “per mezzo dei simboli della nostra cultura”6. Questa soglia, che mette in gioco diversi temi figurativi e spaziali (sopraelevazione, scalinata, sovrapposizione di figure geometriche – cerchio, quadrato, ellisse – relazioni tra le arti – pittura, scultura e architettura), si risolve, in realtà, in pochi elementi semplici: le due colossali statue dello scultore Habich ai lati del portale e la cornice a semicerchio. La Golden Door del Transportation Building di Sullivan (Chicago, 1893), grazie alla sua pesante decorazione scultorea, i paramenti marmorei e l’acceso cromatismo (rosso, arancione e oro) costituisce 1. Dietric Bouts, Visitazione, 1445, Museo del Prado, Madrid, Spagna 96 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione 4. Portale di tempio arcaico, Sto Palati, Naxos, Grecia 4. SITE, Door within a door a dorr within a door..., 1985, modello di studio una struttura formalmente autonoma rispetto ai bianchi edifici fieristici cui fa da ingresso monumentale. 2. Porta con orecchioni, Tomba della Casa, Necropoli Bauditaccia, Cerveteri, Roma, Italia, VII sec. a.C. Sullo spazio del passaggio troviamo un altro tipo di decorazione, non geometrico-astratta, ma narrativa, collocata sovente presso i portali ad anelli delle chiese medioevali. Con l’abbondare delle decorazioni, la volontà dei soggetti e delle scene che l’adornano, questo varco si presenta come un’enciclopedia di tutto il sapere medievale; i guardiani di soglia sono sfingi di pietra, irsute chimere, buffoni, figurine, mascheroni, draghi e vampiri. La decorazione assume un ruolo evocativo e si presenta come un vero e proprio allestimento scenico di immagini viventi, libere, movimentate, pittoresche, a volte disordinate. Questi spazi per secoli hanno fatto da sfondo a riti e cerimonie magico-simboliche, si pensi che nel XIV secolo le riunioni settimanali degli alchimisti si tenevano presso la Basilica di Notre-Dame di Parigi, sia sotto il grande portico, sia davanti al portale di San Marcello, o davanti alla piccola Porta Rossa, completamente decorata di salamandre7. L’ornamentazione marmorea di questi portali contiene quindi precisi riferimenti alla simbologia alchemica (vi sono rappresentati l’athanor, il crogiuolo degli alchimisti, una donna che addita il corvo, – stato iniziale dell’opera alchemica –, un cavaliere che addita un leone – elemento fisso dello zolfo –, un altro che soffoca un drado – elemento mobile del Mercurio –, etc.). II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione 5. La cornice ‘isola’ la soglia. Antonio da Sangallo il Giovane, Facciata d’ingresso a Palazzo Strozzi, Firenze, Italia, 1489 97 6. Cornice decorata con motivi floreali, astratti e zoomorfi. Portale laterale sud dell’abbazia di Sant’Antimo, Montalcino, Siena, Italia, XI sec. I significati filosofali si intrecciano con narrazioni bibliche ed evangeliche negli apparati decorativi dei portali delle chiese romaniche, le cui formelle bronzee narrano eventi dell’Antico e del Nuovo Testamento che si riferiscono in moltissimi casi a metamorfosi (si veda la Creazione di Eva), a transiti (il Passaggio attraverso il Mar Rosso) o a vicende iniziatiche. I portali ad anelli delle cattedrali medievali introducono al tema della soglia-nella-soglia. In essi la sequenza di cornici che si ingrandiscono per conferire maestosità al varco o, viceversa, si rimpiccioliscono per inquadrarne l’apertura (come le bambole russe contenute nelle loro copie sempre più grandi), da una parte esprime la potenza simbolica della soglia, dall’altra concentra l’attenzione sull’essenza fisica del passaggio. Nel tempio di Karnak, in Egitto, la serie graduale di finte porte-cornici in bassorilievo produce questo stesso effetto. In genere la decorazione della soglia è localizzata anche sul battente che apre e chiude il varco. Nell’architettura religiosa queste porte decorate proliferano: si vedano i portali di ingresso agli antichi templi e piramidi egizie, quelli delle moschee islamiche e i portali bronzei delle cattedrali romaniche. Ma soluzioni molto originali si trovano anche sulle soglie delle più misere abitazioni delle medine mediorientali. In questi contesti la porta assume un significato culturale, perché rappreseta l’unico elemento della casa che dialoga con l’esterno e riveste perciò un ruolo rappresentativo del privato celato dalla porta nella profondità del lotto, protetto dalla luce accecante del sole, tutelato e difeso da intrusioni in- 7. João de Castilho, portale della chiesa del Convento de Cristo, Tomar, Portogallo, 1515 98 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione 8. Louis Sullivan, Golden Door del Transportation Building, Chicago, Illinois, USA, 1893 9. Joseph Maria Olbrich, Ingresso alla Ernst Ludwig House, Darmstadt, Austria, 1901 discrete. La loro decorazione si estende agli stipiti e all’architrave, e in molti casi ripiega sulla lastra orizzontale a pavimento producendo un effetto unitario e avvolgente. Le matrici decorative sono molto varie e i loro contenuti spaziano dall’astrattismo al naturalismo, a volte sovrapponendosi e integrandosi. C’è da dire anche che la decorazione di queste soglie è spesso realizzata con il concorso di diverse discipline artistiche: l’opera scultorea, ricca e proliferante di immagini, orna la cornice del varco; l’ebanisteria e la pittura decorano i battenti con intagli e colorazioni intensi; i fabbri, gli incisori e, nelle soluzioni di più alto pregio, gli stessi orefici, si occupano della lavorazione delle componenti metalliche, borchie, maniglie, catenacci, battacchi e serrature. Per quanto riguarda i tipi di matrici iconiche utilizzati per decorare i luoghi del passaggio, possiamo dire che si riscontrano spesso disegni floreali e di ispirazione naturalistica in genere. Molte è la stessa vegetazione reale ad autorappresentarsi in veste di elemento ornamentale (vedremo più avanti come essa entra nel luogo della soglia definendone i valori e le atmosfere). In quanto matrice iconica, invece, la natura è quella ‘raccontata’, solidificata nelle figure e nei tratti cromatici o scultorei di immagini solo citate. Zoomorfismi, Antropomorfismi e Iconografie vegetali rientrano in queste categorie. Casi significativi sono i mascheroni di fattezze animalesche e mostruose che incorniciano i padiglioni dei giardini cinquecenteschi o le sinuose linee floreali dei portali Art Nouveau di Primo Novecento. Un esempio è rappresentato dal mascherone di Casa Zuccari , II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione 99 11. Paul Hankar, Ingresso di negozio, Bruxelles, Belgio, 1900 ca. 10. Adolf Loos, Ingresso alla Loos Haus in Michaeler Platz, Vienna, Austria realizzato a Roma da Federico Zuccari nel 1591. Le sue fauci spalancate sono l’apertura della porta, il naso è la chiave di volta; gli occhi sono il frontespizio “frastagliato e ondeggiante, velloso e bulbiforme, il quale nel mezzo (‘in fronte’) tiene uno stemma”9, le orecchie sono la decorazione che sottolinea la soglia e separa tra loro stipiti e lesene bugnate. In questo caso la forma è un capriccio, una fantasia ornamentale e posticcia che non deforma il varco nella sostanza, perché l’ingresso continua ad essere una semplice porta ad arco, solo ‘addobbata’. 12. Victor Horta, Ingresso di Casa Tassel, Bruxelles, Belgio, 1893 100 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione 13. Sequenza di cornici, Tempio di Karnak, Egitto 15. Portale nord di accesso al tempio di Hons, Karnak, Egitto 14. Porta decorata della Tomba di Tutankhamon, El Cairo, Egitto L’uso della decorazione narrativa e simbolica ha subito una battuta d’arresto con il Movimento Moderno, che con il suo atteggiamento demistificante ha segnato il tramonto dell’ornamentazione ‘libera e disinvolta’. Rivisitata e reinterpretata, è stata resa più essenziale, discreta a volte quasi silenziosa, attraverso l’applicazione di matrici inedite, legate per esempio alla tecnologia e all’impiantistica, e ha in definitiva acquisito ruoli e significati completamente nuovi. 16. Decorazione zoomorfa sulla soglia del tempio di Mnajdra, Malta Rimane da affrontare la questione da affrontare di come e quando, la componente decorativa traduce l’‘essere luogo’ della soglia, la sua internità, e accoglie i gesti dell’entrare e dell’essere accolti. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione 101 17. Decorazione pittorica ad arabeschi della casa di Oualata, Mauritania 18. Decorazioni pittoriche con l’effige del sole sulla porta d’ingresso di una abitazione nella medina di Tunisi, Tunisia In risposta a questo quesito riporto integralmente il testo di Norberg-Schulz che descrive il portale di Casa Behrens a Darmstadt, in cui vengono chirite le relazioni tra la decorazione, le tecniche costruttive, i significati e i caratteri spaziali della soglia. “(L’ingresso), data la sua funzione di apertura nella parete, che permette la penetrazione della casa, è trattato come un recesso e affiancato da un fascio di fusti zig-zagati che si ritraggono verso la porta. La concavità così formatasi trova il suo contrappunto più alto in un bay window convesso, ove pannelli di vetri sono intercalati a frammenti di simili fusti verdi. Un dettaglio significativo è l’uso di mattoni rossi ad ambo i lati dell’entrata, che esercita un effetto di pacificazione e stasi del movimento concavo-convesso. La composizione si basa quindi sugli stessi elementi di articolazione di tutto l’esterno, ma la funzione del penetrare è espressa dal fatto che qui si presentano frammentati. Possiamo aggiungere che nei pilastri che fiancheggiano il cancello è già introdotto il tema fondamentale dell’esterno: una massa solida di mattoni rossi interpenetrata da vibranti verticali verdi e incoronata da un terminale movimentato. […] Si accede alla porta d’ingresso per mezzo di una piattaforma ottagonale interposta tra il cancello e la casa. Definita da mura peri- Note: 1. Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Bari-Roma, 1986, pp. 55-56. 2. “Oltre alla matrice astratta, che gioca sui valori espressivi di figure, misure…, texture, colori, luci, etc., privi di immediati rimandi alle forme del mondo organico (limitandosi a volte a prendere suggestioni dalla natura inorganica, ad esempio ai cristalli, portatori delle forme geometriche più astratte) o alle forme artistiche del passato, possiamo riconoscere due altre grandi matrici di ogni forma architettonica e in particolare della decorazione: quella naturalistica, in cui il tema figurale è esplicitamente un oggetto di natura (fiore, albero, animale, persona, etc., in una delle infinite sfaccettature e alterazioni figurali, topologiche, dimensionali, materiche, cromatiche con cui possono essere traslati in opera); e quella degli stili storici che, soprattutto in architettura, sono stati il costante ed esplicito riferimento di ogni ripresa classicista”. Si veda: Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Bari-Roma, 1986. 3. L’iconografia astratta, basata sull’uso di figure geometriche (se ne possono contare più di 5000), è densa di significati in tutte le aree culturali, in particolare nelle 102 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione religioni aniconiche come l’Islam e il Giudaismo, che, per timore dell’idolatria, non ammettono la rappresentazione di esseri viventi. Riporto di seguito la descrizione dell’apparato ornamentale dell’anta di una porta ebraica presentata da Chevalier e Gheerbart nel loro Dizionario dei simboli (Rizzoli, Milano, 1986, pp. 493-494) che costituisce di per sé lo strumento del passaggio fisico ma anche l’emblema di un passaggio iniziatico: “La celebre porta del sepolcro di Kefer Yesef, in Palestina (visibile oggi al Louvre), offre un grande esempio del simbolismo geometrico. La forma verticale che divide il pannello – con sei pannelli e le due boccole triangolari alle estremità – suggerisce una creatura, simbolo di fecondità; a destra della fascia sono sovrapposti tre motivi: in alto una rosetta, al centro sei quadrati imbricati, in basso un’elica. La rosetta e l’elica formano una coppia e la rosetta è associata all’Apollo solare, mentre l’elica è simbolo di Artemide lunare. Fra i due cerchi si trovano sei quadrati magici: questo è il segno della mediazione fra il principio e la sua manifestazione (il mondo fu creato in sei giorni) e i quadrati rappresentano la creazione. L’insieme delle due figure a destra rappresenterebbe l’unione dei due astri, il sole e la luna, che regolano il tempo della vita terrestre, ossia lo sviluppo cosmico nel tempo e nello spazio. A sinistra della porta sepolcrale sono egualmente sovrapposti tre altri elementi: in alto, il candelabro a nove braccia che appartiene all’arredo religioso del regno di Gerusalemme; al centro, un motivo floreale geometrico in un esagono, a sua volta inscritto in un cerchio, che è il simbolo sia del ciclo delle rivoluzioni terrestri (il poligono) sia della durata infinita (il cerchio), l’eternità, l’universalità; alla base una sorta di cofano che racchiude il libro della legge, sormontato da una conchiglia. Il cofano che racchiude il libro sacro della rivelazione – rappresentato dal quadrato con un cerchio al centro – unisce le due immagini del cielo e della terra. Il triangolo con la punta diretta verso l’alto potrebbe significare, nella prospettiva neoplatonica, il ritorno della 19. Peter Behrens, Porta d’ingresso a Casa Behrens, Darmstadt, Austria, 1900-01 metrali basse, che continuano poi lungo le scale, che su ambo i lati conducono al giardino, la piattaforma si presenta come uno spazio sia isolato, che connesso. Dal punto di vista fenomenologico essa può dirsi un ‘ponte’, che definisce il rapporto tra l’ambiente circostante e la casa”10. E continua, in un altro saggio: “la porta d’ingresso è già di per se stessa un’introduzione all’interno. L’ornamento in alluminio bronzeo, su fondo scuro, visualizza e condensa il carattere vitale dei fusti laterali zig-zagati. Questo ornamento rimonta e si espande in direzione della sua origine: uno stilizzato motivo solare in vetro traslucente, che contiene un ovale di cristallo luminoso. La composizione colpisce ed esalta come una nota tonale che può essere giustamente espressa dal termine tedesco feierlich. Piuttosto che in un castelletto si ha l’impressione di entrare in un ‘santuario’. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La decorazione 20. Le Corbusier, Decorazioni pittoriche astratte sul portale principale dell’edificio delle Assemblee Generali, Chandigarh, India, 1953-61 Una porta rappresenta sempre l’incontro di interno ed esterno; in questo caso i raggi solari dorati dell’ornamento si accomunano ad un tipo più astratto di geometria che sembra originare dall’interno. L’essenza della porta, come la soglia ove ha luogo un’importante trasformazione, è così espressa. (Data la sua costruzione metallica, la porta si è fortunatamente salvata dalla distruzione della guerra, ma il prospicente ‘sole di cristallo’ è andato in frantumi, ed è oggi sostituito da un ovale semplice con suddivisioni che non accordano con la figurazione originale)”11. 103 creazione, attraverso la rivoluzione del tempo e per grazia della legge, al suo centro celeste. I due triangoli rovesciati della cintura a sei anelli significherebbero allora la potenza creatrice che feconda l’universo e l’ascensione del creato verso l’eterno, segnando così un doppio movimento, discendente e ascendente”. 4. Si veda: Georg Simmel, La Cornice, 1902, e J. Ortega Y. Gasset, ‘Meditazione sulla cornice’, 1916 in: C. Bo (a cura di), Lo spettatore, 1984. 5. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 166. 6. Peter Behrens, ‘Feste des Lebens und der Kunst’, 1900, in: M. Tafuri, La sfera e il labirinto, Torino, 1980, p. 115. 7. Si veda: Fulcanelli, il Mistero delle cattedrali, Edizioni Mediteranee, Roma, 1972. 8. Robert Venturi, Complessità e contraddizione nell’architettura, Dedalo, Bari, 1980, p. 92. 9. V. nota 5, p.140. 10. Christian Norberg-Schulz, Il mondo dell’architettura, Electa, Milano, 1986, pp. 125126. 11. Christian Norberg-Schulz, Casa Behrens. Darmstadt, Officina, Roma, 1986, p. 2. Fonti delle illustrazioni: 1. R. Toman (a cura di), Die Kunst der Gotik. Architektur, Skulptur, Malerei, Könemann, Colonia, 1998. 2. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Einaudi, Torino, 1992. 3. C. Toraldo di Francia (a cura di), SITE. Architetture 1971-1988, Officina, Roma, 1989. 4. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario ..., op. cit., 1992. 5. R. De Fusco, Mille anni d’architettura in Europa, Laterza, Roma-Bari, 1993, p. 172. 6. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 7. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 8. J. Zukowsky (a cura di), Chicago Architecture 1872-1922, Prestel, Munich-London-New York, 2000, p. 132. 9. K.J. Sembach, Jugendstil. L’utopia dell’armonia, Taschen, Colonia, 1991, p. 145. 10. L. Semerani, Dizionario critico illustrato delle voci più utili all’architetto moderno, Edizioni C.E.L.I., Faenza, 1993. 11. K.J. Sembach, Jugendstil..., op. cit. 1991, p. 45. 12. K.J. Sembach, Jugendstil..., op. cit. 1991, p. 31. 13. Robert Venturi, Complessità e contraddizioni nell’architettura, Dedalo, Bari, 1980, p. 92. 14. J. Seray, Le livre des belles portes, H. Vial Ed., Dourdan Ledex, 1997. 15. H.W. Müller, S. Lloyd, Archittetura delle origini, Electa, Milano, 1989, p. 145. 16. L’uomo e i simboli. Enciclopedia tematica aperta, Jaca Book, Milano, 2002. 17. B. Rudofsky, Le meraviglie dell’architettura spotanea, Laterza, Bari, 1979. 18. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 19. K.J. Sembach, Jugendstil..., op. cit. 1991, p. 156. 20. G. Rocchi Coopmans de Yoldi (a cura di), Le Corbusier, Terragni, Michelucci, Alinea, Firenze, 2000. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura 105 La presenza della natura La presenza della natura sulla soglia le conferisce qualità, rende ameno il luogo e piacevole il gesto del passare. C’è da dire però che l’uomo, incapace da sempre di penetrare fino in fondo i misteri che presiedono all’ordine naturale, nei confronti della natura ha assunto atteggiamenti diversi, di integrazione o di rifiuto. Vediamone le interpretazioni nell’ambito architettonico e le applicazioni al tema della soglia. “Parliamo di spazi paesistici e pensiamo al paesaggio come se fosse una casa. Vediamo le montagne come pareti, il fondo della valle è il pavimento, i fiumi le vie, le coste del mare sono le soglie e dove la montagna si abbassa c’è la porta.” Rudolph Schwarz, Von der Bebauung der Erde, 1949 La vegetazione, utilizzata dall’architettura come mezzo e tecnica costruttiva, trova un esempio originale nella pensilina di accesso di Villa Mairea di Alvar Aalto, dove gli alti tronchi dei pini, rivisitati e reinterpretati dal progetto, hanno rappresentato una fonte di ispirazione per la realizzazione dei fasci di pali che sostengono la copertura. In questa soglia natura e artificio si fondono e si completano. Un uso diverso della vegetazione sul luogo del passaggio si rileva nei percorsi di accesso alle wrightiane Ennis House e Storer House, o nella sequenza di pietre, siepi, vasche, brevi corsi d’acqua che conducono all’ingresso del Museo di Castelvecchio di Carlo Scarpa. Qui lo spazio sembra animato da figure, statiche e in movimento, che producono suoni, profumi, sensazioni tattili. Le metamorfosi stagionali e ambientali che subisce il mondo vegetale si traducono in cicliche trasformazioni dello spazio, che muta nella forma e nei colori, con il germogliare e il cadere delle foglie o lo sbocciare dei fiori; nelle dimensioni, con l’infoltirsi delle chiome; nei rumori, nei profumi, etc. In Casa Ennis il punto di passaggio allo spazio interno non è rappresentato solo dal varco nella parete dell’edificio, ma si estende all’intero percorso esterno che conduce alla porta d’ingresso. Questo inizia ben prima della porta, al varcare del limite di proprietà, sviluppandosi attraverso dislivelli, vasche con rampicanti e fiori coltivati, aree di sosta e sedute. L’intera composizione si caratterizza per la presenza costante della pietra, la cui decorazione ‘racconta’ di presenze umane e tradizioni costruttive ormai lontane. E’ una specie di foresta pietrificata, costituita da siepi geometriche, potate a spigolo vivo, pietre lavorate, lisciate, decorate, tappeti d’erba e passatoie marmoree, vasche d’acqua e ruscelli artificiali convogliati in brevi condotti, fontane di storica memoria. Un tentativo ben riuscito di far sposare artificio e natura, ma con delicatezza, senza forzature, sul terreno e con le regole della tradizione e, in definitiva, della natura stessa. Il contrasto tra l’esterno e l’interno, che nella Ennis e nella Storer letteralmente si fondono e fluiscono l’uno nell’altro, è attutito e trova una sintesi in questo luogo di soglia, che somiglia più a un atriogiardino in cui è bello e gradevole stare, piuttosto che a un percorso esterno di accesso. Si arriva in questo modo, a stravolgere il concetto stesso di soglia, quasi ad eliminarla. 1. Da una illustrazione di Ernst H. Shepard per ‘The Tao of Pooh’ di Benjamin Hoff 106 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura 2. Frank Lloyd Wright, Ingresso della Ennis House, Los Angeles, California, USA, 1923 3. Frank Lloyd Wright, Percorso di accesso della Storer House, Los Angeles, California, USA, 1923 4. Gunnar Asplund, Percorso di accesso alla Cappella nel Bosco, Stoccolma, Svezia, 1918-20 George Perec tratta proprio di questo quando, nel descrivere una delle abitazioni progettate da Wright, racconta della sensazione di assenza di soglia provata nell’atto dell’entrarvi: “Evidentemente è difficile immaginare una casa senza porta. Ne ho vista una, un giorno, parecchi anni fa, a Lansing, Michigan, Stati Uniti d’America. Era stata costruita da Frank Lloyd Wright: si cominciava col seguire un sentiero leggermente sinuoso, sulla sinistra del quale si innalzava, con forte progressione, e perfino con una noncuranza estrema, un leggero declivio che, dapprima obliquo, si avvicinava poco per volta alla verticale. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura 107 5. Piante ornamentali negli ingressi degli edifici pubblici e negli spazi comuni degli edifici residenziali collettivi A poco a poco, come per caso, senza rendersene conto, senza che a un istante preciso si fosse in grado di affermare di aver percepito qualcosa che assomigliasse a una transizione, a una rottura, a un passaggio o a una soluzione di continuità, il sentiero diventava pietroso, ovvero: dapprima non c’era altro che erba, poi iniziavano a esserci delle pietre in mezzo all’erba, c’erano un po’ più di pietre e diventava come un vialetto lastricato ed erboso, mentre sulla sinistra, la pendenza del terreno cominciava a somigliare, molto vagamente, a un muretto, poi a un muro in opus incertum. Poi appariva una specie di tetto graticciato praticamente indissociabile dalla vegetazione che l’invadeva. Ma di fatto, era già troppo tardi per sapere se si era fuori o dentro: in fondo al sentiero, le lastre combaciavano e ci si trovava in ciò che si è soliti chiamare un’entrata, la quale si apriva direttamente su una stanza piuttosto gigantesca, uno dei prolungamenti della quale sfociava su una terrazza oltre tutto ravvivata da una grande piscina”1. Nella soglia descritta da Perec, ‘disegnata’ dal progetto, ma ‘plasmata’ dalla realtà, l’atto dell’accogliere è spontaneo, naturale, come naturale è l’accesso, l’introduzione definitiva e l’accoglienza nell’abitazione. Lo stretto legame con la vegetazione si esprime anche, nei limiti delle possibilità contingenti, con la collocazione di piante ornamentali o di vasche con ciottoli o acqua presso i luoghi di transito pubblici o privati. La vegetazione per così dire ‘in scatola’ è testimone di una ricerca di equilibrio tra la fissità del costruito e il ciclico rinnovarsi della natura vivente. A spiegare il perchè di questa citazione della natura concorre anche una componente funzionale, legata alla capacità che hanno le piante, di definire ambienti, di creare filtri, schermi e paraventi, di articolare spazi e 6. Auguste Perret, Ingresso della Casa in Rue Franklin, Parigi, Francia, 1903-04 108 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura 7. La natura presso gli ingressi delle case d’abitazione di produrre precise gerarchie nei caratteri di privatizzazione degli interni. La presenza della natura negli spazi di passaggio va interpretata anche per un significato allegorico. Fin dai tempi arcaici, infatti, la nascita è stata associata al sorgere del sole; le stagioni dell’anno e le attività umane ad esse connesse sono state messe in relazione con il ciclo II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. La presenza della natura 109 8. W. Dietterlin, Porta 24, da: ‘Architectura’, 1598 lunare; lo sbocciare dei fiori e il germogliare degli alberi, lo sfiorire, il cadere delle foglie sono stati correlati alle diverse fasi della vita dell’uomo. Per il suo essere viva, soggetta al tempo e al luogo, la natura ‘racconta’ quindi molte cose sul tema del passaggio. Si veda a questo proposito il significativo esempio del percorso di accesso alla Cappella nel Bosco, di Gunnar Asplund, dove il rumore dell’acqua e del vento accompagna il lento incedere lungo il sentiero sterrato che conduce al portico sotto cui si aprono gli ingressi. La vegetazione entra spesso a far parte dell’ambiente domestico in generale, ma sulla soglia essa acquista un ruolo particolare, poiché rende manifesto all’esterno, in uno dei punti più comunicativi, la necessità dell’uomo, di consolidare il legame con la terra e con le tradizioni, e di ‘arricchire’ con ‘abbellimenti’ l’immagine di sé e del proprio ambiente. Concludo accennando a un ultimo tipo di presenza naturale presso i luoghi di transito, quella che possiamo definire ‘natura artificializzata’, quella scolpita, dipinta o disegnata sugli elementi che compongono il varco. Essa, pur nella sua assoluta staticità e astrazione, contribuisce a lanciare un preciso messaggio estetico (rende ameno il momento dell’ingresso) e culturale (esprime il coinvolgimento del mondo naturale nella vicenda). Si vedano a questo proposito il portale decorato con fiori e piante della Casa in Rue Franklin a Parigi, di Auguste Perret, o i leoni di guardia ai portali delle basiliche romaniche, o ancora, gli animali mitici e le figure mostruose che ornano la ‘Porta 24’ di Dietterlin2. Note: 1. Georges Perec, Specie di spazi, Bollati Boringhieri, Torino, 1989, pp. 47-48. 2. W. Dietterlin, Architectura von Ausstheilung Symmetrie und Proportion der Fünf Seulen, Norimberga, 1598. Fonti delle illustrazioni: 1. B. Hoff, Il Tao di Winnie Puh, Guanda, Parma, 1993. 2. Frank Lloyd Wright, Taschen, Colonia, 1994. 3. Frank Lloyd Wright, op. cit., 1994. 4. C. Caldenby, O. Hultin, Asplund, Ginko Press, Hamburg, 1985. 5. E. Paoli, Quaderni vitrum 6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav. 6. L. Semerani, Dizionario critico illustrato delle voci più utili all’architetto moderno, Edizioni C.E.L.I., Faenza, 1993, p. 142. 7. Detail, 6, 1995. 8. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature 111 Attrezzature per ‘abitare’ la soglia Per attrezzatura della soglia intendiamo tutti i dispositivi, gli arredi e gli accessori che consentono il passaggio e il compiersi dei molti gesti ad esso connessi. Raccogliamo, quindi, sotto questa voce, serrature e chiavistelli, maniglie, spioncini, campanelli meccanici o elettrici, zerbini, ma anche sedute esterne e interne, cassette per la posta, cestelli per il pane, passavivande, apparecchi illuminanti o di controllo. Tutte queste apparecchiature per la ricezione e l’accoglienza promuovono precisi modi di attraversare la soglia. “Non ti lasceremo passare –, dicono i chiavistelli di questa porta –, finché tu non avrai detto il nostro nome”. Vladimir Propp, Le radici storiche dei racconti di magia, 1928 Si vedano, per esempio, le panchine di seduta che Olbrich colloca nel vestibolo della Kleines Haus Glückert, inserite in una nicchia e in una struttura molto articolata di piani d’appoggio, scatole che mascherano apparecchi per la ventilazione e il riscaldamento e contenitori adiacenti alla porta d’ingresso. Esse ci presentano un modo d’uso di questo spazio con momenti di sosta e di intrattenimento per incontri di breve durata, o informali, o per i saluti, seduti comodamente. Interessante a questo proposito è anche il ruolo di intrattenimento che svolge il porch diffuso nelle case nordamericane di fine Ottocento. Pur riparato da una copertura, esso è completamente aperto verso l’esterno e rappresenta il principale luogo di mediazione tra il giardino, o la strada, e l’interno dell’abitazione. Il portico della Redwood House di W.R. Emerson (Maine, 1879) svolge questa funzione di accoglienza e promuove la stanzialità in uno spazio indipendente rispetto all’abitazione vera e propria, anche se ad essa addossato. Un esempio importante di attrezzatura della soglia, in questo caso non esterno ma interno all’abitazione, è il corridoio d’ingresso di Casa Mackintosh a Glasgow, dove gli arredi, una panca, un portaombrelli, un attaccapanni, uno specchio e i dispositivi elettrici o meccanici, le lampade, gli interruttori e lo spioncino, oltre a svolgere un preciso ruolo strumentale, godono anche di particolare pregio artistico. Di casa Mackitosh avremo modo di parlare in modo più esteso in seguito, ma fin da ora è importante rilevare come la scomposizione e l’articolazione del gesto dell’entrare e dell’accogliere, in questo spazio peraltro piuttosto piccolo, orientino in modo significativo il progetto. In alcuni casi l’attrezzatura non si limita a semplici dispositivi, ma si articola in una sequenza di ambienti specializzati con funzioni di supporto. L’articolazione degli spazi che conducono dall’esterno all’interno dell’abitazione e i loro ruoli funzionali, è descritta da Jean-François de Bastide, ne ‘La petit maison’: “questa casa, unica nel suo genere, sorge ai bordi della Senna. Un viale diretto a un crocevia conduce alla porta di una graziosa corte d’ingresso tappezzata di verde, comunicante a destra e a manca, con cortili disposti simmetricamente in cui si possono vedere un intero serraglio di animali esotici e domestici e una bella latteria decorata di marmi e conchiglie, ove il calore del giorno viene temperato 1. Ingresso ‘attrezzato’ di una abitazione nella medina di Tunisi, Tunisia 112 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature 2. Joseph Maria Olbrich, Attrezzature d’ingresso della Kleines Haus Glückert, Darmstadt, Austria da acque copiose e purissime. In questo luogo è inoltre possibile reperire tutto quello che serve al mantenimento e alla pulizia degli equipaggi, nonché all’approvvigionamento richiesto da un genere di vita raffinato e sensuale. Il secondo cortile accoglie una stalla doppia, un bel maneggio e un canile destinato ai cani di ogni razza...”1. Il percorso d’ingresso in questa casa prevede una fruizione specialissima e molto articolata dello spazio, legata a un preciso contesto storico e a modi d’uso non più attuali. Potremmo riconoscerne una rivisitazione in alcuni ipermercati di grandi dimensioni, dove presso gli ingressi sono collocati i contenitori per i depositi delle borse, i carrelli per la spesa, i servizi igienici, il posto telefonico pubblico, il bar e il punto informazioni. Presso le soglie delle case Dogon, in Mali, le primitive attrezzature d’ingresso consistono in una parete attrezzata esterna con nicchie, vasi, ceste e contenitori per conservare utensili e per depositare indumenti e attrezzi da lavoro. Un esempio originale di soglia attrezzata con funzione espositiva, è rappresentato dalle porte-vetrina nella Scuola Montessori a Delft di Hermann Hertzberger. A queste porte che danno accesso alle aule d’insegnamento è stata data la configurazione di veri e propri ingressi II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature 3. Parete esterna attrezzata all’ingresso delle case tradizionali Dogon, Mali esterni, nell’ipotesi che ogni classe fosse, in realtà, una casa con una soglia sua propria. L’atmosfera ‘da esterno’ è resa dall’illuminazione naturale proveniente da un lucernario e all’articolazione del varco in porta, finestra, davanzale e vetrina, la quale, oltre a sottolineare il punto di superamento del margine, permette anche la visione di ciò che sta dentro. La vetrina è l’attrezzatura della soglia, serve a esporre gli oggetti prediletti dagli alunni, dai disegni ai lavori di artigianato, ai fiori, alle piante, ai ninnoli, e rappresenta un ‘quadro’ della vita degli abitanti, informando, nel momento dell’attesa davanti all’ingresso, sull’operosità della comunità. Attraverso questo espediente Hertzberger consente agli alunni di appropriarsi dello spazio esterno, trasformandolo da anonimo e indifferenziato a luogo identificativo di ogni classe. Gli elementi che ‘attrezzano il luogo di soglia sono di vario genere, per esempio i meccanismi e i congegni con funzioni segnaletiche, ricettive o di controllo rappresentano i primi veicoli della comunicazione tra l’esterno e l’interno. Il primo di questi meccanismi è il battacchio (successivamente sostituito dalla campanella e poi dal campanello elettrico), che, percosso o azionato dal visitatore sull’anta o sugli stipiti della porta, ne segnala la presenza e l’intenzione di essere accolto. Battacchio e campanello 113 114 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature 4. Hermann Herzberger, Porta-vetrina delle aule della Montessori Primary School di Delft, Olanda, 1960-66, 1968, 1970, 1981 reinterpretano l’antico gesto del bussare alla porta, lo traducono in una forma strumentale, e lo ‘supportano’ nel senso che lo aiutano e lo facilitano. La prima comunicazione tra l’esterno e l’interno, che si compie attraverso la segnalazione della presenza dell’ospite e l’utilizzo di questi dispositivi, ancora indiretta perché non si è ancora compiuto il contatto fisico, ha un’importanza fondamentale per chiarire le intenzioni di approccio del visitatore. Un tempo l’intermediazione strumentale non esisteva e la comunicazione avveniva annunciandosi alla soglia, bussando leggermente alla porta, scostando il battente, e aprendo una fessura attraverso cui chiedere il permesso. L’uso dei meccanism di intermediazione, che interpongono una distanza di sicurezza tra la comunicazione dell’uno e la decisione dell’altro sull’accoglierlo o respingerlo è stato istituito per evitare l’intrusione nella privaticità domestica. Ci sono casi in cui il suono del campanello di frequentatori abituali o di familiari ha il solo scopo di comunicare il loro sopraggiunge- II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature 5. Gerrit Thomas Rietvelt, Casa Schröeder,Utrecht, Olanda, 1924. L’ingresso è dotato di un tubo per comunicare con l’interno 115 6. Alvaro Siza Vieira, Zerbino all’ingresso del Centro Galego di Arte Contemporanea, Santiago de Compostela, Spagna, 1988-93 re, e spesso è in grado di rendere esplicita anche la predisposizione d’animo del visitatore (i nostri nonni ricordano l’allegro arrivo del venditore ambulante presso le loro case, annunciato da un doppio colpo deciso sulla porta di casa, e le nostre mamme, l’atteso arrivo dei fidanzati, preceduto dall’inconfondibile, rapido e timido, squillo del campanello d’ingresso). Oltre alla funzione segnaletica, il dispositivo acustico svolge anche una certa forma di controllo sulla soglia, ulteriormente assicurato dall’uso di altre apparecchiature, per esempio dello spioncino, che consente un contatto visivo diretto sul visitatore e ne permette il riconoscimento. Lo spioncino correntemente in uso si trova sull’anta della porta e consiste in un piccolo foro, con una lente d’ingrandimento attraverso cui è possibile vedere (solo dall’interno verso l’esterno perché nel viceversa l’immagine è sfocata e ridotta). In passato la sua funzione era svolta da aperture più grandi, praticate sulla porta o nella parete presso l’ingresso, chiuse da una grata o un portellino apribile (si veda a questo proposito lo spioncino sulla porta d’ingresso di Casa Mackintosh a Glasgow). La combinazione campanello-spioncino sintetizza la sequenza del doppio movimento esterno (di avvicinamento) e interno (di riconoscimento). Oggi allo spioncino sono stati sostituiti altri meccanismi elettrici, come il citofono e il videocitofono (con videocamera esterna). Nel primo caso al controllo visivo è subentrato quello uditivo sul visitatore, cui viene richiesto di presentarsi con l’usuale ‘Chi è?’. Nel secondo caso, invece, i due sistemi percettivi funzionano contemporaneamente; in molte occasioni vengono utilizzati in combinazione, in altre circostanze, invece, in cui la semplice visione sull’esterno elimina la richie- 7. Carlo Scarpa, Maniglia della porta d’ingresso alla Sala Boggian di Castelvecchio, Verona, Italia, 1954-73 8. H. Tessenow, Progetto di porta con buca portalettere 116 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature 9. Otto Wagner, Maniglia della porta d’ingresso della Postsparkasse, Vienna, Austria 10. Dispositivi di sicurezza: serrature 11. Dispositivo di controllo: spioncino. Joseph Maria Olbrich, Studio di porta d’ingresso sta di presentazione innesca direttamente la fase successiva di ‘apertura della porta’. L’utilizzo di queste attrezzature ha rappresentato una innovazione soprattutto nel settore delle abitazioni multiappartamento dove non esiste quasi un contatto diretto tra l’interno e il luogo dell’accesso posto in un luogo lontano e schermato da una successione di filtri (porte, percorsi, scale, ascensori, etc.). Un esempio ‘primitivo’ di citofono vocale è rappresentato dal ‘tubo-ricetrasmittente’ installato nella parete presso l’ingresso di Casa Schroeder di Gerrit Rietvelt. Si tratta di un dispositivo attraverso cui, parlandoci dentro, era possibile comunicare con il piano superiore, un po’ come accadeva nei sistemi di trasmissione tramite tubi, dalle cabine di comando alle sale macchine delle navi. Non ho da portare esempi significativi in cui il progetto della videocamera esterna, del citofono o degli elementi architettonici che li ospitano esprima una particolare qualità architettonica e oggettuale. Infatti fino ad oggi questi apparecchi hano rappresentato una strumentazione prodotta in serie con design tecnologico, acquistata sul mercato e ‘applicata’ a posteriori. Un aspetto importante da valutare è quello della unidirezionalità della visione e del controllo sull’esterno, un tema piuttosto delicato, in quanto questa prassi può risultare lesiva per chi si trova anche solo a passare in modo disinteressato presso la soglia: “eccoci circondati da nude pareti e da porte buie, i cui occhi – gli spioncini – ci ricordano che siamo forse sotto osservazione nella nostra gabbia”2. C’è da tener presente però che la comunicazione visiva diretta da entrambe le parti comprometterebbe la privacy dello spazio interno e quindi sarebbe inaccettabile. Dobbiamo rilevare comunque che, nella maggior parte dei casi, questi dispositivi, a parte lo spioncino, sono attivabili solo nel momento in cui il visitatore ‘suona alla porta’ e quindi lo ritraggono solo nell’atto intenzionale di manifestarsi. Un elementare sistema meccanico a protezione della soglia contro visite sconvenienti ancora oggi utilizzato ma meno frequentemente di un tempo a causa della diffusione di apparecchiature più sofisticate, è la catenella, che collega il battente con lo stipite della porta. La sua lunghezza ridotta consente di aprire un piccolo spiraglio attraverso cui si può guardare all’esterno; è stata utilizzata in alternativa allo spioncino o in combinazione con questo e con la serratura, a garanzia di una maggiore sicurezza o chiusura. L’ospite, in attesa sulla soglia, per cortesia, per rispetto o per abitudine, nell’apprestarsi ad entrare, si pulisce le scarpe su uno zerbino, o un tappetino che rappresentano accessori che ‘completano’ il gesto dell’accedere, conferendogli ‘decoro’ (il farsi avanti senza rischiare di insudiciare la casa altrui è un’attenzione e una gentilezza; offrire al visitatore un mezzo per ‘rassettarsi’ è, oltre che un modo per proteggere il proprio pavimento, un segno di ospitalitàverso il prossimo. Alvaro Siza Vieira progetta, per l’atrio di ingresso del Centro Galego di Arte Contemporanea di Santiago de Compostela, uno zerbi- II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature 117 no in fibra naturale, inserito nella pavimentazione, che, coadiuvato anche dal portaombrelli adiacente alla porta, svolge la sua precisa funzione di eliminare o limitare l’imbrattamento dei pavimenti; è integrato nel progetto (non è appoggiato, ma inserito nella pavimentazione) e ruotato rispetto alla direzione del movimento in ingresso, per far confluire il flusso verso il più ampio spazio dell’atrio, dove è possibile anche sostare seduti su lunghe panche in pietra appoggiate alla parete. Se in Occidente è sufficiente ‘offrire’ al visitatore l’opportunità dello zerbino all’ingresso, in Oriente non solo ci si pulisce le scarpe, ma ce le si toglie addirittura. All’ingresso delle case popolari giapponesi un ampio vano ricavato nel pavimento ospita i contenitori per gli zoccoli, gli indumenti e qualt’altro non deve sporcare l’interno. E’ leggermente rialzato rispetto al pavimento e costituito da tavole mobili che si possono sollevare. Questa semplice attrezzatura si trasforma in uno spazio più articolato negli ingressi delle abitazioni aristocratiche, dove si trova, in genere, una stanzetta, separata dal vestibolo da shoij in cui ci sono dei ripostigli per riporre gli accessori da viaggio, come ombrelli, lanterne e zoccoli di legno. Tale spazio viene usato anche come sala d’aspetto, ed è il luogo in cui, di solito, quando in casa si tengono riunioni d’affari, il domestico attende gli ospiti. Dal punto di vista spaziale gli ingressi delle case tradizionali giapponesi sono ben più complessi di quanto ci trasmette la loro apparente semplicità compositiva: spesso vi è più di un’entrata, si può accedere dal giardino e scambiare il saluto sulla veranda, oppure entrare valicando una non ben definita linea di demarcazione nel pavimento situata nei pressi della cucina, una specie di porta di servizio. Le case di categoria più elevata hanno anche un ampio portico aggettante, coperto da uno speciale tetto a due falde, con un’accurata decorazione a intaglio nella parte anteriore e un’apertura (l’ingresso vero e proprio) che occupa tutta l’ampiezza del portico. Questi spazi sono attrezzati in modo moltooriginale, con dispositivi inediti per il mondo occidentale, e molto utili, come gli amado, le ‘porte per la pioggia’, pannelli composti da grandi tavole in legno disposte perpendicolarmente rispetto alla soglia, che vengono installati la notte, quando si chiude la casa, in una scanalatura appositamente ricavata nel pavimento. Campanelli, citofoni e videocitofoni, zerbini e spioncini, sono dispositivi di intercomunicazione; catenelle, serrature, chiavistelli e, oggi, i moderni allarmi, rappresentano l’attrezzatura di protezione della soglia (la traduzione in termini strumentali della funzione simbolica degli dei-guardiani); maniglie, fermaporta e gli attuali sensori fotoelettrici, che fanno funzionare le porte ad apertura automatica, costituiscono gli accessori indispensabili al transito attraverso il varco; cestelli per il pane, cassette per le lettere, portaombrelli, attaccapanni, portachiavi e passavivande sono attrezzature di supporto per la ricezione di ogget- 12. Dispositivi di apertura e chiusura: maniglie e serrature 118 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature 13. Torno passavivande presso le celle del Chiostro Grande della Certosa di Pavia, Italia, XIV sec. ti dall’esterno; contenitori e sedute interne sono, infine, attrezzature per l’accoglienza e l’intrattenimento dell’ospite. Un esempio interessante di congegno meccanico di scambio tra esterno e interno è il torno passavivande della cella dei monaci al piano terra del Chiostro Grande della Certosa di Pavia (XIV sec.)3. La cella, che è il luogo del silenzio, della preghiera e della meditazione, viene isolata completamente dai percorsi comuni e dalle fonti di disturbo, e separata dal portico del chiostro tramite un piccolo vestibolo. Nel muro che divide il portico dal vestibolo, a un’altezza di circa un metro da terra, è stata posizionata una piccola bussola cilindrica montata su un perno verticale e schermata per metà, che consente di far passare i cibi dall’esterno all’interno senza essere visti. Concludo questa parentesi sulle attrezzature con una riflessione sulle trasformazioni nel tempo dei bisogni e dei modelli d’uso dello spazio che hanno modificato nel tempo il modo di attrezzare la soglia. In passato (e ancora oggi nei piccoli centri storici o nei vecchi quartieri popolari) un gradino, un muretto o una seggiolina mobile, II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Attrezzature 119 14. Arredi e attrezzature d’ingresso della casa giapponese. Zona d’accoglienza, vano portascarpe, rastrelliera hanno costituito un arredo essenziale dello spazio d’ingresso, che nei periodi estivi diveniva luogo di soggiorno, di interazione sociale o di lavoro. Anche le sedute esterne fisse, usate per l’attesa sulla soglia o per brevi inconti informali, erano molto diffuse un tempo, quando il passaggio all’interno degli edifici era scandito da ritmi meno frenetici e, soprattutto, quando l’intrattenimento e la permanenza all’esterno non erano vincolati dalle moderne paure verso ciò che non si conosce, dalla necessità di una maggiore privacy o dal disinteresase per la condivisione e per i rapporti di vicinato. L’attrezzatura degli attuali spazi di passaggio si concentra, invece, non sulla stanzialità dell’uomo sulla soglia, ma sulle capacità dei dispositivi di assicurare controllo e protezione. Gli arredi fissi per una permanenza prolungata sul limite tra il privato e il pubblico, quindi, sono praticamente decaduti a favore di meccanismi che si interpongono come mediatori nella comunicazione, amplificano le distanze e accelerano l’azione dell’entrare. Note: 1. Jean-François de Bastide, La petit maison, Sellerio, Palermo, 1981, p. 30. 2. Pierre von Meiss, Dalla forma al luogo, Hoepli, Milano, 1992, p. 162 3. Si veda: Remo Dorigati, Il Chiostro Grande della Certosa di Pavia, Sagep, Genova, 1995. Fonti delle illustrazioni: 1. Da una cartolina di Tunisi. 2. B. Krimmel, P. Haiko, J.M. OLbrich.Architettura. Riproduzione completa dei tre volumi originali 1901-1914, Jaca Book, Milano, 1988. 3. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980. 4. R. Continenza, Architetture di Hermann Hertzberger, Gangemi, 1988. 5. C. Norberg-Schulz, Il mondo dell’architettura, Electa, Milano, 1986. 6. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 7. B. Albertini, S. Bagnoli (a cura di), Carlo Scarpa. l’architettura nel dettaglio, Jaca Book, Milano, 1988. 8. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992. 9. Detail, 4, 1997. 10. The Element of Style, Simon & Schuster, New York, 1996. 11. B. Krimmel, P. Haiko, J.M. Olbrich. Architettura, Jaca Book, Milano, 1988. 12. The Element of Style, op. cit., 1996. 13. Remo Dorigati, Il Chiostro Grande della Certosa di Pavia, Sagep, Genova, 1995. 14. E.S. Morse, La casa giapponese, Rizzoli, Milano, 1994. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi 121 Problematicità e simbolismi di passaggio Come abbiamo visto fino ad ora, il valore della soglia risiede nella sua natura funzionale, protettiva e formale, ma certamente anche nella sua carica simbolica. I significati attribuiti alla soglia sono moltissimi: si pensi alle diverse interpretazioni datele nel corso dei secoli in aree geografiche e culturali molto lontane, o si vedano le profonde differenze che esistono ancora oggi tra i due mondi, orientale e occidentale, che poggiano su presupposti teorici antitetici (scienza e conoscenza, intelletto e sentimento, silenzi e parole), e che producono forme e spazi per usi completamente differenti. Possiamo però affermare con certezza che da sempre la soglia è stata connessa ai riti di passaggio o di iniziazione. Un esempio ci è dato dall’antica tradizione romana di far passare l’esercito sconfitto sotto un trilite costituito da tre lance tenute in equilibrio da due soldati, che esprime il riconoscimento del valore del vincitore e la sottomissione del vinto. Il cielo, il mare, le nubi, la luna, tutto insomma quello che tu vedi intorno, la mia mano può chiuderlo e aprirlo. Io solo sono il custode dell’immenso mondo, Io solo ho il potere di sconvolgere i cardini. Se mi piace lasciar uscire la pace dalla sua tranquilla dimora, essa liberamente procede per vie interrotte e se ferrei catenacci non tengono rinchiuse le guerre, tutto quanto il mondo sarà sconvolto con sangue e stragi. Con le miti Ore reggo le porte del cielo.” Ovidio, Fasti,vv.117-125 Il nartece1 delle cattedrali paleocristiane o bizantine aveva l’esplicita funzione di riunire i catecumeni (che non potevano entrare in chiesa con gli altri fedeli) e di accoglieri, prima della loro accoglienza con la cerimonia del battesimo. Il simbolo più esplicito del passaggio è la porta2. Mircea Eliade definisce il senso e il significato dei riti arcaici legati alla porta della casa: “è sulla soglia che si offrono i sacrifici alle divinità custodi. Ed è ancora lì che alcune culture paleo-orientali (Babilonia, Egitto, Israele) emettevano le sentenze. La soglia e la porta mostrano in modo immediato e concreto, la soluzione di continuità dello spazio; da qui la loro grande importanza religiosa, dal momento che esse sono, contemporaneamente, simbolo e veicolo di passaggio”3. Diametralmente opposto è il significato simbolico delle decorazioni dei capitelli figurati con tematiche dionisiache presso gli ingressi delle case dei ricchi Pompeiani. Sui capitelli delle colonne all’entrata della ‘Casa dei Capitelli figurati’ svolge un intero programma dionisiaco: sul capitello di destra è rappresentato il proprietario, con la porta superiore del corpo nuda, a banchetto insieme con la moglie, che attira rapidamente a sé. Di fronte a loro, un vecchio satiro si appoggia a una menade. Sul lato rivolto verso l’ingresso sono raffigurate due coppie di cittadini che partecipano al simposio. Questa rappresentazione connota il padrone di casa come amante del vino e delle belle donne, un’immagine rispondente al piacere del vivere dionisiaco diffuso in tutto il mondo greco. La soglia ‘mobile’ descritta nelle fiabe russe, che immette nella izbà di Baba Yaga, rimane chiusa e nascosta fino a quando il principe Ivan non recita la formula magica che spalanca i battenti!4 La fiaba è ricca di questi significati iniziatici, che trasformano il gesto in rito e il rito in metamorfosi. Sulla soglia delle case delle fiabe è ricorrente l’enunciazione di una frase o di una formula magica, spesso scritta sugli stipiti o sull’architrave, è molto ricorrente. 1. Dietterlin, Porta della morte, da: ‘Architectura’, 1524 122 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi 2. Nartece. Chiesa di San Giovanni Battista di Studios, Costantinopoli, tardo V sec. 3. Capitelli presso la ‘Casa dei Capitelli figurati’, Pompei, Italia, I sec. d.C. Iscrizioni magiche, simboliche o esoteriche, sono diffuse anche in molte architetture reali: nel progetto di portale mascherato di Francesco Borromini, sugli stipiti e sull’arco è scritto: “Lasciate ogni pensiero o voi che intrate”, un invito a entrare certamente più disimpegnato rispetto allo sconfortante monito apposto sulla porta dell’Inferno dantesco: “Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. […] ‘Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate’. Queste parole di colore oscuro vid’io scritte al sommo di una porta”5. In genere il significato metaforico del passaggio viene tradotto con incisioni o emblemi, e molto frequentemente tramite la rappresentazione di un labirinto che riveste anche un ruolo iniziatico. Anzi, il la- II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi 4. Bernardo Buontalenti, Porta delle suppliche, Uffizi, Firenze, Italia, XVI sec. 5. Francesco Borromini, Incorniciatura di potrale birinto è forse la rappresentazione più emblematica del processo di iniziazione: il suo spazio interno viene completamente isolato dall’ambiente circostante da un alto muro di cinta, perché l’esperienza iniziatica deve essere profonda e individuale, ed è dotato di un solo piccolo ingresso. Il completamento del percorso che si dipana lungo molte circonvoluzioni dove la percezione dello spazio è resa terribilmente complessa, richiede il raggiungimento di un alto grado di maturità, di conoscenza, di pazienza e di forza fisica. Significativi sono i labirinti delle chiese medievali, che in genere solo raffigurano ma anche, se sono di grandi dimensioni, allestiscono tracciati penitenziali fisicamente percorribili (si veda il labirinto pavimentale che si trova in prossimità del portale occidentale della Cattedrale di Ely6). Si trovano presso i portali occidentali, immediatamente dopo l’ingresso, e rievocano la funzione iniziatica del labirinto pagano (che era semplicemente interpretato come qualcosa in cui si entra, che ha un ingresso e che deve essere perciò collocato in principio). Il percorso lungo le circonvoluzioni purifica e prepara all’entrata definitiva nell’edificio sacro, mentre l’uscita dal labirinto va intesa come momento di redenzione (la via da seguire è indicata da Cristo, la cui morte e resurrezione conducono alla salvezza). Sui labirinti delle Cattedrali di Auxerre e di Sens, il vescovo o il decano e il Capitolo eseguivano particolari cerimonie durante la ce- 123 124 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi 7. Labirinto sull’esornatece del Duomo di San Martino, Lucca, Italia lebrazione della Pasqua, o veri e propri giochi (della palla) e danze (del cerchio) durante l’ufficio festivo settimanale. 6. Labirinti disegnati dalle donne sulle porte di case d’abitazione in India Nel labirinto in bassorilievo che si trova su una pietra murata nell’esonartece occidentale del Duomo di San Martino a Lucca all’apetto simbolico si aggiunge un’esperienza tattile: su di esso gli abitanti della città si divertivano a muovere le dita seguendo lo svolgersi delle linee dall’esterno verso il centro. Forse un gioco, o un gesto propiziatorio, quest’usanza si è ripetuta negli anni, fino quasi a cancellare la raffigurazione, che è interessante sia da un punto di vista estetico-formale (si tratta di un labirinto del tipo di Chartres, con undici circonvoluzioni) sia da quello simbolico-liturgico (i punti di inversione del moto sono disposti in modo da costruire una croce e la localizzazione del labirinto presso l’ingresso occidentale esprime un preciso riferimento alla morte del sole e alla speranza della rinascita). Il labirinto raffigurato sulla soglia svolge anche un ruolo protettivo. Si vedano ad esempio quelli disegnati sulle porte delle case indiane, per difendersi contro gli spiriti. Interessante è la notazione riportata dal Kern sulle modalità di esecuzione e sui significati magici di queste rappresentazioni: “disegni come questo vengono tracciati talvolta sulla soglia di casa e quindi all’esterno della casa stessa, sulla via soprattutto nell’India sudorientale, nella regione del Tamil. Essi vengono eseguiti solo da donne indù, prima del levar del sole; e solo nel margalì, il mese infausto dei Tamil (dalla metà di dicembre alla metà di gennaio), ossia quando si suppone – dopo il solstizio invernale – che il sole debba morire; questo mese infausto termina con la più grande festa dell’India meridionale, il Pongal, con la quale viene festeggiata la rinascita del sole. Per l’esecuzione del disegno viene scelta una superficie – di un metro quadrato circa – che viene lavata con acqua, e spruzzata ancora umida con polvere bianca (gesso, calce, farina) dalla donna di casa, che disegna in tal modo una linea dal tracciato labirintico. Questa operazione viene ripetuta nel mese di margalì ogni mattina prima del levar del sole; non si pone alcuna cura nel tentare di conservare il disegno, che va ben presto distrutto; ciò II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi 125 9. Leone stiloforo presso il portale della Cattedrale di Ferrara, Italia, XII secolo 8. Labirinto di Augusta, da un antico manoscritto dimostra che la sua efficacia non si esplica al livello ottico; in realtà si tratta di una magia apotropaica, come risulta dalla localizzazione temporale e spaziale del disegno, così come dal tracciato stesso”7. La soglia è la rappresentazione simbolica del passaggio dalla realtà esterna, collettiva, caotica e profana, allo spazio interno tranquillo e rappacificante, protettivo e sacro8. 126 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi 10. S.L.M. Laweriks, Ingresso in angolo di Casa Stein, Gottingen, Germania, 1912 L’ornamentazione delle porte e dei portali dei luoghi di culto sottolineano lo specifico significato di transito dal profano al sacro, mentre la ‘porta di casa’ rappresenta (in passato più di oggi) il benessere e lo status sociale degli abitanti. In molte cascine, per esempio, si riconoscono sugli stipiti delle porte i segni di vecchie iscrizioni bibliche, espressioni della fede popolare e in molte case urbane medievali i simboli araldici le forme e le modanature alludono al ceto e al livello sociale acquisito di diritto o conquistato dai suoi abitanti. Marco Biraghi riporta la descrizione della porta di ingresso a Casa Stein di J.L.M. Laweriks (Gottingen 1912), che esprime, nella forma e negli apparati decorativi, un contenuto rappresentativo che va al di là del suo essere funzionalmente una porta: “[…] il battente massiccio, non grande, ma imponente, leggermente ricurvo e bronzeo come uno scudo antico; la cornice larga e profonda, e due colonne in pietra naturale, sbozzate in grossi blocchi riecheggianti un classico bugnato. […] Questa porta elevata di alcuni gradi – porta a cui si ‘ascende’ ancora più che accedere – doveva essere varcata quotidianamente dal milieu del Niedersachse. Il monogramma del padrone di casa, una grande ‘S’ geometrica incisa sul battente […] doveva dare il benvenuto a questi ospiti come un biglietto da visita. […] In un altro disegno […] la ‘S’ del monogramma si scompone, si rompe in un intreccio di linee senza senso fino a diventare una composizione astratta, evocante i compatti dedali acentrici di Piet Mondrian. La figura, cioè, da chiara II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi 11. S.L.M. Laweriks, Podio, portico e porta d’ingresso con la decorazione simbolica a circonvoluzioni di Casa Stein, Gottingen, Germania, 1912 lettera si è trasformata in labirinto”9. E il labirinto “ha una duplice ragion d’essere, nel senso che permette o impedisce, secondo il caso, l’accesso a un certo luogo in cui non devono penetrare tutti indistintamente, ma soltanto coloro che sono ‘qualificati’”10. Un significato difensivo e protettivo si coglie, invece, nella presenza dei cosiddetti guardiani11, presso le soglie domestiche o le grandi porte urbane12: dei, leoni, figure zoomorfe, teschi e quant’altro di mostruoso funga da deterrente per incursioni nemiche o intrusioni sgradevoli. I leoni stilofori collocati nei protiri delle basiliche romaniche, oltre che rappresentare una interpretazione formale e decorativa di un elemento strutturale (la base della colonna che regge la copertura), sono i vigili custodi della soglia, che impediscono l’accesso a quanti non entrano in pace. Nell’antica Roma, a difesa delle porte dei templi erano collocate coppie fraterne e gemellari di mitici dei o re, come i Dioscuri (il culto è attestato a Lavinio dalla fine del VI secolo). Simbolo dei Dioscuri era il telaio della porta (dokanon), composto da due legni paralleli (gli stipiti) congiunti da due traverse (la soglia e l’architrave). Anche i latini collocavano i Lari sulle loro porte (iuga): Picumuo (demone del picchio e della scure) e Pilumno (demone della lancia) negli stipiti, Fauno nella soglia e Stercuzio nell’architrave. Questi demoni in qualità 127 Note: 1. Nartece: è un atrio coperto, situato all’ingresso di una chiesa e separato dalla navata interna mediante colonnati, cancelli o pareti. 2. Soglia, stipiti, traverso e anta, costituiscono la struttura della porta e raccondano di essa molto più di quanto esternamente appaia. “La porta rappresenta il luogo di passaggio fra due stati, fra due mondi, fra il conosciuto e l’incognito, la luce e le tenebre, la ricchezza e la miseria, la porta si apre su un mistero. Ma essa ha un valore dinamico, psicologico, perché non solo indica un passaggio, ma invita a superarlo. E’ l’invito al viaggio verso l’aldilà… la porta è l’apertura che permette di entrare e di uscire, dunque il passaggio possibile – oltre che unico – da un campo all’altro: spesso, nell’accezione simbolica, dal campo profano al campo sacro. Lo stesso dicasi dei portali delle cattedrali, dei torana indù, delle porte dei templi o delle città, dei torii giapponesi, etc…”. In: Jean Chevalier Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986, p. 240. 3. La formula magica citata nelle fiabe russe per aprire la porta dell’Izbà è: “Casetta, casetta, volta a me il musetto e al bosco il culetto! Fammi entrare dentro e mangiare a piacimento!” e varianti simili. 4. Mircea Eliade, Il sacro e il profano, II ed., Boringheri, Torino, 1973. 5. Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, III, vv. 1-3, 9-11. 6. Il labirinto è stato realizzato nel 1870 da Gilbert Scott nel corso dei lavori di restauro alla Cattedrale; Si veda: V. Matthews W. H., Mares and Labyrinths. Their History and Development, London, 1922 (Ristampa New York, 1970, p. 66). 7. Hermann Kern, Labirinti, Feltrinelli, Milano, 1981, p. 377. 8. Nella tradizione giudaico-cristiana l’importanza della porta è immensa, perché essa dà accesso alla rivelazione e perchè su di essa si riflettono le armonie dell’universo. Nei timpani dei portali delle cattedrali è raffigurato il Cristo glorioso, poiché egli, per mistero della Redenzione, è la porta attraverso la quale si accede al Regno dei Cieli: ‘Io sono la porta, se qualcuno entra attraverso di me, sarà salvato’. (Giovanni, 10,9) […] Anche la Vergine è detta porta del Cielo […] Maria è talvolta rappresentata dall’iconografia medievale sotto l’aspetto di una porta chiusa. Nell’architettura romana il portale ha un significato escatologico. Come luogo di passaggio e, soprattutto, di arrivo, esso diventa il simbolo dell’imminenza dell’accesso e della possibilità di accesso a una realtà superiore (o inversamente dell’effusione di doni celesti sulla terra). Anche il ritorno di Cristo è annunciato e descritto come quello di un viaggiatore che bussa alla porta (Marco, 13, 28). Il Cristo dell’Apocalisse dice: ‘Ecco, sono alla porta e chiedo di entrare. Se qual- 128 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi cuno ascolta la mia voce ed apre la porta, io entrerò e consumerò la cena con lui e con me’. La porta è una designazione simbolica del Cristo stesso (Giovanni, 10, 1-10): è la sola porta attraverso la quale le pecore possono giungere all’ovile, cioè al regno degli eletti. La porta si presta anche a numerose interpretazioni esoteriche, e rappresenta la comunicazione con l’oggetto occulto e con lo strumento segreto. Per i Massoni la Porta del Tempio è posta fra due colonne e si apre su una facciata murata sormontata da un frontone triangolare; al di sopra del frontone sta un compasso, con le punte rivolte verso il Cielo. La porta del Tempio deve essere molto bassa, perchè ‘penetrando nel Tempio, il profano deve curvarsi, non in segno di umiltà, ma per sottolineare le difficoltà del passaggio dal mondo profano a quello iniziatico. Questo gesto gli ricorda che morto alla vita profana, rinasce a una nuova vita, alla quale si accede in modo simile a quello del bambino che viene al mondo’. La Porta del Tempio è designata, in genere, come Porta d’Occidente. Questo ci ricorda che il sole si corica alla sua soglia, cioè che la luce si spegne. Si veda: Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986, pp. 241-244. 9. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992. 10. R. Guémon, Simboli della scienza sacra, Milano, 1975, p. 180. 11. “Il simbolismo dei guardiani mutua dall’iniziazione (= entrata) che può essere interpretata come il superamento della porta. Giano, dio latino dell’iniziazione ai misteri, custodiva le chiavi delle porte solstiziali, cioè delle fasi ascendente e discendente del cielo annuale. Si tratta rispettivamente della porta degli dei e della porta degli uomini, che danno accesso alle due vie di cui Giano (come Ganesha in India) è il maestro: pitri-yana e devayana, dice la tradizione indù, via degli avi e vie degli dei. Le due porte sono ancora Ianua inferi e Ianua caeli, porta degli inferi e dei cieli.” In: Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986, p. 241. 12. “Le città cinesi avevano quattro porte cardinali. Attraverso di esse erano espulse le influenze malvage, accolte le buone, ricevuti gli ospiti, estesa alle quattro regioni dell’impero la virtù imperiale, regolate le ore del giorno e le stagioni. Le quattro ore cardinali di Angkor-Thorn mostravano, nei quattro orientamenti, la faccia raggiante di Lokeshvaro, sovrano dell’universo, e permettevano l’accesso, dalle quattro direzioni, a quel centro del mondo. I portali delle chiese e i portici dei templi sono l’apertura del pellegrinaggio sacro, che conduce fino alla cella, al Santo dei Santi, luogo della presenza reale della Divinità. Esso assume il simbolismo del Santuario stesso, che è la porta del cielo. Le porte dei templi sono spesso provviste di 12. Rappresenazione del Dokanon di Lari Pubblici sono i protettori delle porte e delle mura delle città e delle case. Nella tradizione si è conservata memoria di un rito celebrato dai Romani per impedire che il demone Fauno uscisse dalla soglia delle case che si compiva invocando la protezione dei Lari. Per proteggere una puerpera dal demone Fauno, che di notte voleva entrare in casa per violentarla, si invocano altri tre demoni. Nel rituale i custodi erano impersonati da tre uomini che, percorsi i limiti della casa, si recavano di notte alla soglia della porta principale. Qui il primo (rappresentante di Picumno) colpiva la soglia con un’ascia, il secondo (Pilumno) colpiva la soglia con una lancia o un pestello e il terzo (Stercuzio) puliva (dai trucioli) la soglia con una scopa14. La porta cita sovente ruoli, immagini o tradizioni costruttive di antica memoria. Per esempio, la porta di servizio del Negozio Olivetti, di Carlo Scarpa (Venezia, 1957-58) è una pesante anta in pietra che reinterpreta le pesanti porte dei templi egizi. A definire l’importanza architettonica e il significato di questa soglia concorrono diversi fattori: la gravità del materiale del battente (marmo) che fa perno su se stesso, quasi ad aiutarsi e ad aiutare nel difficoltoso gesto del dischiudere; l’apparato decorativo che rompe le tradizioni geometriche e statiche e genera nuove relazioni con la parete; la continuità della decorazione che conferisce unità alla facciata; il leggero dislivello tra i piani di pavimento esterno e interno; i differenti scorci generati dal movimento dell’aprirsi e del chiudersi del battente. Qui il superamento della soglia è snodo, gesto e cerimonia, come nelle Porte Sante murate presso le Basiliche Patriarcali romane,che sono in realtà ‘porte-che-non-portano’, se non in determinati momenti II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Problematicità e simbolismi (ogni venticinque anni, in occasione del Giubileo). Esse esprimono una protezione suprema e, aprendole solo ciclicamente, stabiliscono, ordinano e impongono precisi tempi e modi del passaggio. Il transito fisico loro attraverso ha un grande valore liturgico per la Chiesa Cattolica, che concede, per questo, l’indulgenza plenaria. Dalle soglie-simbolo che rappresentano l’immateriale, a quelle simbolo dello spazio interno, fino alle soglie simbolo solo di se stesse, quasi indifferenti alla loro funzione originaria utilitaria: tutte sono luoghi di transizione, ed esprimono significati simbolici. Ma, come e quando il simbolo trasforma la soglia in luogo? Perché possiamo dire che essa, in quanto spazio simbolico, assume un carattere di internità e accoglie significativamente lo ‘stare’ dell’uomo? Ritengo che il valore del luogo prodotto dai simbolismi del passaggio non risieda tanto nel significato astratto o allegorico della soglia, quanto piuttosto nel suo essere significativa per l’uomo, per il popolo e per la cultura che l’ha prodotta e per tutti quelli che, anche estranei, vi leggono in quello spazio valori universali. Se l’uomo riconosce nei simbolismi della soglia la propria storia, la propria umanità, con il carico delle paure, della sensibilità, della memoria collettiva o individuale, se vi contempla parte del proprio vissuto o se avverte in quello spazio il luogo di un gesto significativo (e questo ‘avvertire’ è percepito coscientemente e produce emozioni), allora sulla soglia si verifica la presenza di un luogo. 129 guardiani feroci (animali favolosi, dvàrapàla nei templi dell’Asia, come si vede nei mandala tantrici, guardie armate nelle logge delle società segrete). Si tratta a un tempo di impedire l’entrata nel sacro recinto alle forze impure e malefiche e di proteggere l’accesso agli aspiranti che ne sono degni. Sono loro che entreranno ‘nella città attraverso le porte’ (Apocalisse, 22, 14); gli altri verranno rigettati nelle tenebre eterne”. In: Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986, p. 240. 13. Si veda: Varrone, in: Agostino, La città di Dio, VI, 9, 1. Riferimenti bibliografici: 1. Rudolph Wittkover, Allegoria e migrazione dei simboli, Einaudi, Torino, 1987. 2. Zermani, ‘Dopo la decorazione’, in: Materia, 9, 1992. 3. M. Wingley, ‘La contraddizione decorata’, in: Ottagono, 94, marzo 1990. 4. Robert Venturi, Complessità e contraddizione nell’architettura, Dedalo, Bari, 1980. 5. Paolo Portoghesi, ‘La decorazione’, in: Materia, 9, 1992. 6. R. Masiero, ‘Elogio della decorazione contro la superficialità’, in: Rassegna, 41, 1 marzo 1990. 7. Rudolph Arnheim, La dinamica della forma architettonica, Feltrinelli, Milano, 1991. 8. Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Roma-Bari, 1992. 9. Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986. 10. Ernst Gombrich, Immagini simboliche, Einaudi, Torino, 1978. 11. E. Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, Firenze, 1964, vol. II. 12. Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino, 1973. 13.Mircea Eliade, I riti del costruire, Jaca Book, Milano, 1990. 14. Mircea Eliade, Immagini e simboli, Jaca Book, Milano, 1984. Fonti delle illustrazioni: 1. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992. 2. N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Einaudi, Torino, 1992. 3. P. Zanker, Pompei, Einaudi, Torino, 1993. 4. A. Fara, Bernardo Buontalenti, Electa, Milano, 1995. 5. M. Biraghi, Porta multifrons, op. cit., 1992. 6. H. Kern, Labirinti. Forme e interpretazioni. 5000 anni di presenza di un archetipo, Feltrinelli, Milano, 1981. 7. H. Kern, Labirinti ..., op. cit., 1981. 8. H. Kern, Labirinti ..., op. cit., 1981. 9. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 10. M. Biraghi, Porta multifrons, op. cit., 1992. 11. M. Biraghi, Porta multifrons, op. cit., 1992. 12. A. Carandini, R. Cappelli, Roma. Romolo, Remo e la fondazione della città, Electa, Milano. II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale 131 Coinvolgimento sensoriale Nell’atto di varcare la soglia, l’uomo coglie attraverso i propri canali sensoriali la totalità e la complessità degli aspetti materico-formali, tecnico-costruttivi, mnemonici e percettivi fin qui descritti. Leggiamo in ‘Il tema della porta’ di Ernst Bloch: “è singolare il modo in cui la porta colpisce emotivamente ogni volta che sia raffigurata in immagini o storie; [...] è il momento giusto per citare la storia del vecchio pittore che stava mostrando agli amici il suo ultimo quadro: vi si vedeva un parco, uno stretto sentiero, dolcemente serpeggiante, che lambiva alberi e corsi d’acqua e infine arrivava alla porticina rossa di un palazzo. Ma come gli amici fecero per voltarsi verso il pittore, che rosso singolare, questi non era più lì accanto ma nel quadro, e si dirigeva per lo stretto sentiero verso la porta favolosa, si fermava silenziosamente davanti a essa, si girava, sorrideva, apriva la porta e scompariva”1. La discesa alle antiche case ipogee di Matmata, in Tunisia, esprime chiaramente il coinvolgimento sensoriale che si prova muovendosi dall’esterno verso l’interno. L’accesso alla galleria che conduce al patio circolare è letteralmente un buco scavato nel terreno su cui affacciano le abitazioni, nel quale ci si cala. Si percorre quindi una galleria di 7-8 metri scavata in profondità, con l’imbocco collocato ad una certa distanza rispetto al patio in cui immette. Dall’esterno (siamo in un territorio desertico) si scorgono solo dei cunicoli, molto simili a quelli scavati dalle talpe, mentre mano a mano che si scende in profondità si avverte una crescente sensazione di avvolgimento nella terra che circonda completamente il corpo. L’ingresso definitivo nel patio, con pareti alte da sette fino a dieci metri, è caratterizzato da una forte sensazione di internità e da una accecante luminosità, caratteristica di questi luoghi. La galleria è una specie di sospensione, concessa alla vista e al corpo, protetto, in questo breve tratto buio e fresco, dalle condizioni estreme di illuminazione solare e di temperatura. Alla fine del percorso si trova una piccola porta in legno che protegge l’interno più dagli animali selvatici che dalle intrusioni indesiderate2. Questa esperienza è molto simile a quella della discesa nel Museo ipogeo del Tesoro di San Lorenzo di Franco Albini (Genova, 1954-56). A differenza di quella tunisina, questa galleria è completamente ‘artificiale’, nel senso che le condizioni di illuminazione, l’atmosfera e la temperatura sono controllate tramite dispositivi, ma il trattamento dello spazio allude esplicitamente ai temi cosmici della caverna, della catacomba e dell’architettura funeraria arcaica, micenea ed etrusca. Si accede al Museo tramite due ingressi, uno per il pubblico e uno per il clero, da cui partono due gallerie che si abbassano, tramite rampe e scale, fino a tre metri sotto il livello del cortile. Il pubblico accede dalla sacrestia della chiesa. Il corridoio è angusto e illuminato lievissimamente, e convoglia i visitatori verso il centro del museo, su cui gravitano le quattro tholos. Le sensazioni dominanti sono di mistero e di meraviglia. “Guardare, vedere, notare sono maniere distinte di usare l’organo della vista, ciascuno con una sua intensità… solo il notare può arrivare ad essere visione completa, quando in un punto determinato o successivamente l’attenzione si concentra, il che può capitare sia per effetto di una deliberazione della volontà sia per una specie di stato sintetico involontario in cui ciò che è visto sollecita di essere visto nuovamente, passando così da una sensazione all’altra, trattenendo, trascinando lo sguardo, come se l’immagine dovesse prodursi in due punti distinti il cervello, con una differenza temporale di un centesimo di secondo, prima il segnale amplificato, poi il contorno netto, la definizione nitida di una grossa maniglia di ottone giallo, brillante, su una porta scura, lucida, che improvvisamente diventa presenza assoluta. Davanti a questa porta, tante e tante volte Raimundo Silva ha aspettato che gliela aprissero dall’interno, il rumore di uno sparo che fa la serratura elettrica, e mai come oggi ha avuto una coscienza così acuta, spaventosa quasi, della materialità delle cose, una maniglia che non è soltanto la sua superficie lucente, lustra, ma un corpo di cui può avvertire la densità fino a trovare quell’altra densità, quella del legno, ed è come se tutto ciò fosse sentito, sperimentato, palpato dentro il cervello, come se i suoi sensi, adesso tutti insieme, e non soltanto la vista, notassero il mondo perché finalmente hanno notato una maniglia e una porta. La serratura ha schioccato, le dita hanno spinto la porta, all’interno la luce sembra fortissima, e non lo è, …”. Josè Saramago, Storia dell’assedio di Lisbona, 2000 1. Ensor, Le maschere scandalizzate, 1883 132 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale 2. Ingresso alle case ipogee di Matmata, Tunisia Le case di Matmata e il Tesoro di San Lorenzo, rinunciano entrambi al carattere segnaletico del varco, e valorizzano altri aspetti, il carattere di internità, il senso di avvolgimento del corpo e di convolgimento dei sensi. Nell’ingresso ipogeo al Museo del Louvre a Parigi di Pei, il segnale che comunica la posizione del varco aperto nel pavimento c’è, è la costruzione in vetro esterna che cita una antica piramide egizia e, come in un romanzo di Joules Verne, sottolinea il punto di ‘immersione’ nel sottosuolo. Analoghe considerazioni si possono fare per la cosiddetta ‘Bocca dell’Inferno’, uno dei padiglioni allegorici del Giardino dei Mostri nel Sacro Bosco di Bomarzo (Viterbo), un’enorme testa di uomo impietrita in un grido di spavento, le cui fauci spalancate sembrano II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale 133 4. I.M. Pei, ‘Pyramide’ di Ingresso al Museo del Louvre, Parigi, Francia, 1987 3. Franco Albini, Discesa al Tesoro di San Lorenzo, Genova, Italia, 1954-56 ‘inghiottire’ il visitatore3. Questo luogo in cui si presentifica l’antenato mitico che ingurgita e risputa l’uomo in un’altra dimensione, più che a una porta somiglia a una caverna e più che invitare sembra allontanare i visitatori. Lo chiamano ‘Orco’, alterazione di orcus, uno dei nomi del re degli Inferi e bisogna scorgervi l’entrata nel mondo sotterraneo, come attesta la parafrasi di Dante scritta sulle sue labbra: “Ogni pensiero vola”. Simbolo della sensibilità manierista amante di brutalismi e mostruosità. Questa soglia ha rapito, e ancora oggi rapisce i visitatori e produce stati di sorpresa e curiosità. Concludo citando un ultimo esempio che ritengo interessante perché innesca particolari processi percettivi e gestuali: l’ingresso al Guggenheim Museum di Bilbao di Frank O. Gehry. Questo progetto ci dà l’occasione per meditare sull’apporto che il coivolgimento sensoriale dà alla soglia nella sua accezione di luogo abitabile. La poderosa mole dell’edificio, articolata e voluttuosa, costituisce un potente segnale verso cui lo sguardo muove, attratto dai riflessi della luce sulle pareti dei volumi sovrapposti e intersecati in un caos compositivo apparentemente arbitrario. L’ingresso non è dichiarato, eppure il percorso di accesso indica chiaramente il punto di penetrazione. E’ un varco molto semplice incastrato tra le masse, e se non esistesse il ponte che indica il percorso 5. Frank O. Gehry, Ingresso al Guggenheim Museum, Bilbao, Spagna, 1997 134 II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale di accesso e ‘incanala’ il movimento, e al suo posto vi fosse invece una grande piazza: ‘da dove entro?’ verrebbe da chiedersi. L’anomalia di questa soglia ‘celata tra le masse’ costringe l’uomo a una ricostruzione mnemonica di tutte le immagini dell’ingresso esperite nel corso della vita, per capire cos’è e dov’è ciò che connota il passaggio. La ricerca e la rievocazione di suoni e di rumori, di luci e di colori, di odori, costruiscono, nella mente e nella memoria, il tipo e l’archetipo della soglia, chiarendone la forma. 6. Bocca dell’Inferno, Sacro Bosco di Bomarzo, Viterbo, Italia, 1552 Un processo analogo a questo è narrato da Doris Lessing nella descrizione del primo varcare la soglia di casa ‘da moglie’ di Mary, la protagonista di ‘L’erba canta’. Qui la soglia si anima nel buio della notte, percezioni e sensazioni che si trasformano il realtà quando, con la luce, irrompe la vista, e con lei si svela l’interno dell’abitazione. “Mary guardò la casa. Sotto quei lunghi raggi lunari questa appariva chiusa, buia e soffocante. Una bordura di sassi mandava dei bagliori bianchi davanti a lei, e lei si incamminò lungo quelle pietre, allontanandosi dalla casa e verso gli alberi che vedeva diventare grandi e soffici man mano che si avvicinava. [...] E mentre incespicava con i tacchi alti sul terreno irregolare e cercava di riprendere l’equilibrio, si udì uno scompiglio e un chiocciare soffocato di animali da cortile che erano stati svegliati dai fari della macchina; quel rumore familiare la confortò. Si fermò davanti alla casa e allungò una mano a toccare le foglie di una pianta che cresceva in un barattolo sul muretto della veranda. Sulle dita rimase la fraganza dell’odore secco dei gerani. Poi sul muro bianco della casa comparve un quadro di luce, e Mary vide la sagoma di Dick che trafficava all’interno, alla luce della candela che reggeva in mano davanti a sé. Salì i gradini fino alla porta d’ingresso e rimase in attesa. Dick era scomparso di nuovo lasciando la candela sul II Il gesto e il luogo / INTERNITA’ DELLA SOGLIA. Coinvolgimento sensoriale 7. Hector Guimard, Entrata della stazione del metrò di Porte Dauphine, Parigi, c. 1900 tavolo. In quella luce gialla e tremolante la stanza appariva piccola piccola e molto bassa; il tetto era quello stesso metallo ondulato che aveva visto all’esterno; c’era un forte odore di muffa, un sentore quasi animalesco. Dick ricomparve con un vecchio barattolo di cacao appiattito sul bordo a formare un beccuccio, e salì su una sedia per riempire la lampada che pendeva dal soffitto. La paraffina cominciò a sgocciolare sporcando di grasso il pavimento, e quell’odore penetrante la nauseò. La luce si accese, tremolò violentemente, poi si stabilizzò in una bassa fiamma giallognola”4. 135 Note: 1. Ernst Bloch, Tracce, Coliseum, 1989. 2. Questa soglia interpreta un’usanza precisa: l’ospite, giunto alla fine della galleria, sul limite del patio, che è un luogo molto privato della casa, non può accedervi se non è invitato. Infatti presso la porticina in legno di accesso si trova di norma la stanza della primogenita, che per tradizione non può mostrare il volto, ma deve nvece rendere manifeste le proprie doti femminili. Questo spazio è quindi dedicato alla tessitura e il varco che vi immette è completamente schermato dal telaio. 3. Un’immagine simile a quella dell’ingresso al Sacro Bosco di Bomarzo è quella di un’altra porta, il torana indù, associato al kala, il ghiottone. La porta è, in questo caso, la gola del mostro, che rappresenta il passaggio dalla vita alla morte, ma anche dalla morte alla liberazione; è la doppia corrente ciclica, espansione e reintegrazione, kalpa e pralaya. Nell’arte kmer, il kala espelle due makara divegenti (mostri marini che hanno un doppio simbolismo: salvatori o divoratori, a seconda che l’essere inghiottiti significhi annullamento o superamento delle condizioni dell’esistenza temporale), i quali sviluppano, espellendo letteralmente se stessi, l’architrave della porta. Si veda a questo proposito: Jean Chevelier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano, 1986, pp. 55, 241. 4. Doris Lessing, The grass in singing, 1950, (ed. ital. M. A. Saracino, L’erba canta, La Tartaruga Edizioni, Milano, 1989, pp. 66-67). Fonti delle illustrazioni: 1. M.de Mejer, I maestri del colore: Ensor, Fabbri, Milano, 1978. 2. Matmata. Orientamenti progettuali per una città segreta, Tesi di Laurea di Francesca De Tomasi, rel. prof. Marina Molon, Politecnico di Milano – Facoltà di Architettura, a.a. 1994-95. 3. L’architettura, 14, 1956, p. 556. 4. Atlante di architettura contemporanea, Könemann, Colonia, 2000, p. 294. 5. Abitare, 171, marzo 1998. 6. Archivio fotografico e ridisegni di Barbara Bogoni. 7. K.J. Sembach, Jugendstil. L’utopia dell’armonia, Taschen, Colonia, 1991, p. 22. Parte terza Verifiche ‘sul luogo’ della soglia 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE (CAMERUN) 1. Veduta esterna della soglia deccorata della casa del capo tribù, usata anche come seduta durante le riunioni del Consiglio III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE 141 Decorazione simbolica e significati iniziatici La soglia della casa del Capo Bamileke è un luogo che concentra in sé immagini articolate, figure e decorazioni, e sottende funzioni, riti sacri, valori e tradizioni sociali e culturali del popolo. “Punirò in quel giorno chiunque salta la soglia, chi riempie di rapine e di frodi il palazzo del suo padrone”. Sofonia 1, 9 Nella ‘Stanza’ di Klee gli ‘spiriti’, tracciati con semplici linee geometriche e macchie di colore, abitano la scena di un interno indefinito, in cui l’unica informazione sulla sua spazialità ci è data dalla porta, alta, misteriosa, oscura. Il carattere simbolico di questo varco risiede non nella decorazione narrativa (è un’apertura completamente spoglia, contornata solo da una cornice larga e liscia), ma nelle atmosfere eteree che esso produce e nella sensazione che al di là della porta si celi qualcosa di arcano. Forse un guardiano di soglia inquietante e potente, che sorveglia il passaggio e intrappola all’interno della stanza, forse solo il nulla che incute timore. L’esistenza invisibile ed enigmatica (spirituale o più probabilmente ‘spiritistica’) di questo custode si presentifica, invece, nelle figure scultoree totemiche che ornano la soglia della casa del capo villaggio Bamileke. I Bamileke sono un popolo di agricoltori del Camerun. Le loro case si raggruppano in file parallele ai lati di uno spazio centrale destinato alle cerimonie e alle riunioni, e la distribuzione interna ha un semplice impianto cruciforme. Le case familiari sono di pianta quadrata, coperte con un tetto conico in paglia; le loro dimensioni e i materiali utilizzati nella costruzione, prevalentemente legno, bambù, terra e paglia, sono differenziati a seconda del ruolo e dello status sociale degli abitanti. Le costruzioni pubbliche sono molto grandi e divise internamente in quattro stanze intercomunicanti; sono costruite in bambù e fibre vegetali intrecciate; hanno una copertura conica o piramidale e sono circondate da un colonnato esterno di pilastri decorati. Presso la porta d’ingresso si trovano le statue intagliate nel legno che effigiano gli antenati. La capanna del capo si trova al centro del villaggio, in una posizione privilegiata e protetta da altri edifici destinati agli adulti e alle cerimonie sacre, alla fine del percorso d’ingresso nel villaggio. E’ una costruzione circolare in bambù e fibre vegetali, di dimensioni almeno doppie rispetto a quello delle altre abitazioni e distinta da queste ultime per l’apparato decorativo di alto pregio che le orna. Si tratta di una decorazione scultorea a intaglio molto minuta, articolata in statue e statuette che riproducono figure umane, astratte o allegoriche di diversa forma e dimensione, collocate in prossimità dell’ingresso, sugli stipiti, sull’architrave e ai lati della porta. La decorazione è il mezzo attraverso cui la dinastia dominante sancisce il proprio ruolo di guida, autocelebrandosi e celebrando, con la presentazione della stirpe, la profonda distinzione tra la discendenza divina del capo e l’umanità comune. Talune statue vengono lì collocate per proteggere la soglia, altre sono rappresentative del ruolo sociale dell’abi- 2. Paul Klee, Stanza degli spiriti con porta alta, 1925 142 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE 3. Veduta esterna delle sculture degli antenati e delle decorazioni a intaglio sugli stipiti, sull’architrave, sull’alta ‘soglia’ e sui pilastri del portico tante, altre ancora ne indicano le capacità intellettuali, fisiche, diplomatiche, altre infine ne manifestano il coraggio, l’indole combattiva o pacifista. La porta d’ingresso, sollevata da terra di circa 50 centimetri, per proteggere l’interno dalle incursioni degli animali selvatici, somiglia più a una finestra ‘bassa’ che a una porta vera e propria. Il ‘davanzale-soglia’ (di questa finestra o di questa porta?) viene anche usato come seduta dal capo villaggio durante le riunioni del Consiglio (per tradizione gli altri membri si siedono a terra, in modo tale che il capo goda sempre della posizione più elevata). Il varco ha in genere dimensioni molto modeste. Il tipo, le dimensioni ela qualità dell’ornamentazione variano da caso a caso, in relazione a molti fattori, come la tradizione artistica e artigianale della tribù, le capacità di governo del capo, il suo successo pubblico e il suo favore politico, etc.). Molte statue raggiungono dimensioni umane, a rappresentazione di una famiglia numerosa, di una grande forza fisica o, più frequentemente, di un forte consenso popolare. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE 143 3. Veduta esterna delle sculture a tutto tondo che popolano il luogo del passaggio Oltre alla scultura a tutto tondo vengono realizzati anche ricchi intagli in bassorilievo con disegni vegetali e più spesso con figure totemiche, umane o mitologiche. Queste immagini ornano gli stipiti, l’architrave e i pilastri del portico, con iconografie molto varie e originali. Perché la soglia della casa del capo nella cultura primitiva del popolo Bamileke riveste un ruolo preminente, e può essere considerata un luogo significativo? L’interesse di questa struttura risiede nel suo essere un segnale dell’eccezionalità dell’edificio e un simbolo dell’importanza ‘quasi divina’ di colui che vi abita, realizzato tramite una profusa decorazione tridimensionale. Ne risulta una soglia ‘animata’ in cui si presentificano figure ‘viventi’ di antenati reali o mitici, che proteggono l’interno. Qui la custodia della porta non è affidata a un efficiente ma impersonale sistema di controllo meccanico o elettrico, quanto piuttosto alla fede popolare in un complesso sistema simbolico-animistico, che è in grado di funzionare in modo altrettanto efficace. La soglia Bamileke è quindi un luogo nella misura in cui l’uomo si sente parte del sistema, ne riconosce il valore e l’importanza, e li rispetta, nel senso che non li viola e li ‘difende’. In questo caso varcare la soglia ha un significato molto preciso e un’altissimo valore (è molto difficile essere ammessi nell’intimità della casa del capo), e prevede una ben determinata cerimonia: si entra sempre e solo se invitati, con una precisa sequenza di gesti, per esempio, l’accoglienza non avviene all’esterno o all’interno dell’edificio, quindi ‘prima’ o ‘dopo’ il limite, ma ‘sul’ limite stesso, tra l’interno e l’esterno, in spazi separati tra l’accogliente e l’accolto, l’uno dentro, l’altro fuori. Quasi che il varco stesso funzionasse come dispositivo di filtro della comunicazione. Inoltre abbiamo detto che sulla soglia si svolge non solo il gesto dell’accoglienza, ma anche le riunioni del Consiglio degli Anzian, i ricevimenti formali e le udienze delle delegazioni di altre tribù. Qui risiede il suo valore di luogo. Riferimenti bibliografici: 1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980. 2. Ludovico Quaroni, L’architettura delle città I: la preistoria, la protostoria, l’oriente antico, Sansoni, Roma. 3. Alberto Arecchi, La casa africana, Città Studi, Milano, 1991. 4. Sonia Lolli, Marco Zaoli, Per una lettura semantica dell’architettura: gli spazi pubblici e privati dell’architettura spontanea, Università degli Studi di Firenze, Firenze. 5. Bernard Rudofsky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Bari, 1979. Fonti delle illustrazioni: 1. E. Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980. 2. M. Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, p. 221. 3. E. Guidoni, Architettura primitiva, op. cit., 1980. 4. E. Guidoni, Architettura primitiva, op. cit., 1980. 144 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE Raccolta dei disegni 145 2 MAESTRO NICOLÒ, PROTIRO E PORTALE DELLA BASILICA DI SAN ZENO VERONA (ITALIA), 1138 1. Veduta esterna del protiro e del portale principale III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO 149 La fusione delle arti tra narratività e memoria Il portale della Basilica San Zeno di Verona, è una ‘porta che racconta una storia’. “Una soglia è una cosa sacra”. Porfirio, L’antro delle ninfe Ne ‘Il nome della rosa’ di Umberto Eco c’è la descrizione di un altro luogo e di un’altra chiesa, che sembra però pertinente per comprendere il coinvolgimento emotivo che produce il grande portale e che riecheggia nel protiro di San Zeno. “La chiesa non era maestosa come le altre che vidi in seguito a Strasburgo, a Chartres, a Bamberga e a Parigi. Assomigliava piuttosto a quelle che già avevo visto in Italia, poco inclini a elevarsi vertiginosamente verso il cielo e saldamente posate a terra, spesso più larghe che alte; ... Due colonne dritte e pulite antistavano l’ingresso, che appariva a prima vista come un solo grande arco: ma dalle colonne si dipartivano due strombature che, sormontate da altri e molteplici archi, conducevano lo sguardo, come nel cuore di un abisso, verso il portale vero e proprio, che si intravvedeva nell’ombra, sovrastata da un gran timpano, retto ai lati da due piedritti e al centro da un pilastro scolpito, che suddivideva l’entrata in due aperture, difese da porte di quercia rinforzate di metallo. In quell’ora del giorno il sole pallido batteva quasi a picco sul tetto e la luce cadeva di sghimbescio sulla facciata senza illuminare il timpano: così che, superate le due colonne, ci trovammo di colpo sotto la volta quasi silvestre delle arcate che si dipartivano dalla sequenza di colonne minori che proporzionalmente rinforzavano i contrafforti. Abituati finalmente gli occhi alla penombra, di colpo il muto discorso della pietra istoriata, accessibile com’era immediatamente alla vista e alla fantasia di chiunque (perchè pictura est laicorum literatura), folgorò il mio sguardo e mi immerse in una visione di cui ancor oggi a stento la mia lingua riesce a dire”1. La visione straordinaria di Eco è prodotta dal complesso apparato scultoreo, che non solo sorprende per le sue qualità artistiche, ma anche coinvolge per le vicende che mette in scena. Nella decorazione ‘spontanea’ sulla porta di Giacomo Balla (non meno significativa di quella di San Zeno benché spontanea!), così pregna di significati umani e di storie vissute, più di qualsiasi altra porta finemente cesellata, le storie sono più semplici, quotidiane, di bambini che sostano sulla soglia, che vi trascorrono del tempo, giocando. Magari imparano qui a tracciare i primi segni idiomatici, insieme ai più grandi, che già possono raggiungere il riquadro più alto per lasciare la testimonianza indelebile del proprio personalissimo passaggio. Storie di vite umane, queste di Balla, messe a confronto con storie di santi e di popoli vissuti migliaia di anni fa, quelle delle decorazioni del protiro e del portale di San Zeno. Si giunge all’ingresso della basilica romanica (progettata presumibilmente da Martino, realizzata nel 1123 e ampliata e ricostruita nel 1138 per incerta mano di Nicolò) attraversando la grande piazza 2. Giacomo Balla, Fallimento, 1902, Collezione privata 150 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO 3. Veduta esterna di piazza San Zeno e della Basilica omonima 4. Pianta della Basilica allo stato attuale San Zeno, quasi magicamente attratti da un punto magnetico, un luogo notevole che non solo individua un passaggio, ma anche induce all’avvicinamento e all’attraversamento. La chiesa originaria fu costruita intorno all’815-850 grazie a un intervento finanziario di Pipino, figlio di Carlo Magno. Nel 961 fu ricostruita e completata. Venne quindi demolita e ricostruita nuovamente, con l’aggiunta di un monastero, sulla medesima area. Le principali imprese architettoniche sono testimoniate da epigrafi murate che riportano il nome di un valente costruttore, un certo Martino, che citiamo come fautore della fabbrica nella sua configurazione attuale. Siamo nel XII secolo. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO 5. Veduta della Basilica di San Zeno in una litografia inglese del 1845 in cui è riconoscibile l’ampio basamento leggermente rialzato dal piano della piazza (tre gradini), sostituito oggi da un podio di dimensiobni più ridotte e sopraelevato a un’altezza di circa un metro Il protiro si trovava un tempo su un basamento più ampio e meno alto. Oggi la sua superficie è invece stata ridotta a quella coperta del protiro. Due leoni, accovacciati ai lati, portano sulle spalle le esili colonne che reggono il tetto a capanna che protegge lo spazio di attesa e di sosta dei fedeli che si soffermano a leggere i messaggi che contiene e trasmette questa soglia. Le parti laterali della facciata, il protiro, la lunetta, la porta stessa sono tutti decorati con sculture lapidee e formelle in bronzo, a testimonianza del valore narrativo che un tempo, più che oggi, veniva affidato a questo spazio. La realizzazione dell’intero apparato iconografico fu affidata al maestro Nicolò, un artista itinerante che, come Wiligelmo, è tra gli scultori più celebri del XII secolo in Italia. Egli operò anche in importanti cantieri in Francia e in Germania. Oltre la soglia, che si dischiude tramite una porta a doppio battente, su cui sono montate le formelle bronzee2, opera di Guglielmo, oltrepassata una seconda porta interna che costruisce una specie di ‘camera di purificazione’, ci si trova su un piccolo podio sopraelevato rispetto al piano del pavimento della chiesa, che probabilmente già prima dell’abbassamento della piazza si trovava a una quota inferiore (all’interno i gradini da superare sono otto e non cinque, come all’esterno) e si è immersi in una forte penombra. La differenza di quota tra esterno e interno è da imputarsi probabilmente agli interventi di restauro e ampliamento realizzati nel 1138. La facciata della chiesa del 1138 (con il protiro di Nicolò) “si sarebbe trovata ipoteticamente all’incirca dove oggi si immorsano il pa- 151 152 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO ramento bicromo e quello in solo tufo”3. Tra la fine del XII e i primi decenni del XIII secolo l’edificio sarebbe stato prolungato fino al fronte attuale, dove sono stati ricollocati il protiro e i rilievi laterali, e innalzato fino a raggiungere le dimensioni e la configurazione attuali. Nel XIV secolo sono state rifatte l’abside e la copertura a carena di nave. Probabilmente nel cantiere attivo a partire dal 1138 furono realizzati tutta la struttura inferiore della facciata e i primi due settori e mezzo, partendo dal lato occidentale, al fine di mantenere in piedi la costruzione più antica, demolita in un secondo momento. 6. Raffigurazione dell’Annunciazione in una delle formelle bronzee del portale La sequenza d’ingresso è molto breve, quasi istantanea, ma la forza attrattiva generata dalla presenza e dalla qualità dell’apparato decorativo e dell’importanza dei fatti biblici narrati, induce a una prolungata sosta davanti alla soglia. Una fase di preparazione, di monito e di ‘acculturamento’. L’apparato decorativo è localizzato solo sulla faccia esterna del portale (v. ‘Elementi che individuano la soglia’ e ‘La decorazione come valore estetico e narrativo’), mentre nella parte interna il punto di passaggio è oggi sottolineato da una monumentale struttura lignea con una porta a doppio battente, che probabilmente non esisteva un tempo. All’esterno, il portale, su cui si aprono i famosi battenti con le formelle bronzee presenta una articolata e complessa iconografia, con scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, ma sono forse le decorazioni scultoree della facciata e del protiro a rappresentare, per i contenuti e i significati, l’aspetto più interessante di questa soglia. “La facciata a salienti, ossia caratterizzata dai profili a doppio spiovente del tetto, è tripartita da due robusti contrafforti che preannunciano la suddivisione in tre navate dell’interno. Una serie di bifore per lo più cieche articola la facciata in senso orizzontale, in una sorta di galleria e riequilibra così il rapporto con le partiture verticali, delle sottilissime lesene collegate da archetti ciechi. Sulla zona centrale si concentra un complesso programma figurativo. Il suo culmine è costituito dalla lunetta, che si configura come un vero e proprio manifesto politico: san Zeno (il primo vescovo di Verona), infatti, benedicendo il vessillo portato dai milites e dai pedites, ossia le componenti del populus veronese, consacra l’autonomia comunale. Il messaggio è che la creazione del Comune è voluta da Dio e benedetta dal santo protettore di Verona. Il gesto del santo è collegato alla mano di Dio benedicente al colmo dell’archivolto della lunetta, a sua volta ripreso dalla Destra divina all’apice del protiro, pronta a benedire i fedeli che entrano in chiesa, dove la porta è allegoria della Risurrezione e della Salvezza. Sull’architrave sono scolpite le storie e i miracoli di san Zeno, mentre l’archivolto è decorato da un tralcio abitato da animali. La copertura a volta a botte del protiro richiama la volta celeste, infatti al suo culmine è scolpita la dextera Dei e ai suoi fianche i due san III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO 7. Veduta del portale con le formelle in bronzo raffiguranti scene dell’Antico e del Nuovo Testamento Giovanni, che hanno profetizzato la prima e la seconda venuta di Cristo: il Battista che come precursore del Messia indica l’Agnello di Cristo, e l’Evangelista, la cui mente è salita fino alle stelle per cogliere dal petto di Cristo le leggi arcane del maestro e incarna importanti qualità profetiche. [...] Il protiro è sostenuto da due colonne che appoggiano su due leoni stilofori, simboli degli inferi. Tra l’inferno e il cielo è posta la vita dell’uomo, simboleggiata dal trascorrere ciclico del tempo attraverso la raffigurazione dei mesi, scolpiti entro arcatelle, tre per lato. I mesi sono interpretati dal lavoro dell’uomo in relazione al mutare delle stagioni, lavoro inteso come conseguenza del peccato originale e della male- 153 154 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO 8. Vedute esterne delle sculture a bassorilievo dei fianchi laterali del protiro con raffigurazioni bibliche dizione divina. La Cacciata dal Paradiso e il castigo di Adamo ed Eva sono raffigurate nelle scene bibliche scolpite a destra del portale e riproposte anche sulle formelle del portale. Gli stessi telamoni, scolpiti sulla fronte degli architravi con i mesi, l’uno giovane e imberbe, l’altro anziano e barbato, sono simboli delle diverse età dell’uomo, ma anche raffigurazioni allegoriche della terra. [...] La narrazione inizia dal basso, a destra. Assai rovinate per l’uso secolare di far stridere dei sassi sulla pietra, per provocare scintille e far sentire odore di bruciato e di Inferno (secondo un gioco diffuso tra i monelli veronesi, già attestato nel Seicento e in voga ancora pochi decenni orsono), le due lastre inferiori di destra raffigurano la Cacciata infernale di Teodorico. Il tema, reso celebre da Giosué Carducci, riprende un’antica leggenda germanica. [...] Si narra che mentre il re ostrogoto si lavava in una distesa d’acqua chiamata bagno di Teodorico sfrecciasse un bellissimo cervo. Teodorico balzò in piedi, e chiese il cavallo e i suoi cani. I servi si affrettarono e Teodorico inforcò un cavallo nero come un corvo. I cani non riuscirono a seguire la bestia che correva più veloce di un uccello. Teodorico si accorse allora di non essere a cavallo di un animale terreno, cercò di balzare giù ma non ci riuscì, rendendosi così drammaticamente conto di stare cavalcando un mostro che lo avrebbe portato dritto all’inferno. Il testo della leggenda chiarisce anche le due piccole fi- III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO gure inserite in due cornici a perline e fusaiole, scolpite in un piccolo blocco alla base inferiore della lesena, che risultano parte integrante della raffigurazione. Vi sono rappresentati il falco, [...] che costituisce il termine di paragone per la velocità del cavallo, e un cantore che suona l’arpa. Il significato simbolico e morale della rappresentazione è duplice: vuole ammonire il fedele a non seguire l’esempio di Teodorico, condannato all’inferno, e a non lasciarsi soggiogare dal canto che distoglie dalla contemplazione di Dio. [...] (Nei rilievi della Genesi) il racconto biblico inizia con la Creazione degli animali e la Creazione dell’Uomo, la Creazione di Eva. [...] Il fondo è decorato da motivi in cui sono scolpiti fiori e vegetali che alludono al paradiso terrestre. [...] Seguono la Cacciata e il Castigo dell’Uomo, raffigurato da Adamo che zappa ed Eva che allatta i due figli e nel contempo lavora col fuso. Concludono le storie della Genesi un centrauro che suona la siringa, affrontato da un cane che si succhia i genitali, e un lupo che suona l’apicordo: due figure che ancora ammoniscono a non credere alle lusinghe del peccato. [...] Il tema della discordia e dell’ira associato a quello dell’omicidio, è argomento assai diffuso nella predicazione medievale, che invita a mondarsi dall’ira e dall’odio prima di entrare nella chiesa, frequente nelle Scritture e in tutta la letteratura cristiana, e in molte epigrafi anche riferite a portali”3. La scultura, a rilievo schiacciato, a bassorilievo o ad altorilievo è collocata qui per rivelare ciò che è scritto nel Libro Sacro che si riconosce su tanti timpani di chiese sorretto dal Cristo che lo indica col dito. La decorazione testimonia, predica l’esempio, ma anche ammonisce e incute paura: il Cristo pantocratore, seduto nella mandorla ci guarda con occhio terribile, e i demoni che divorano i peccatori mostrano quello che ci attende se ci lasciamo travolgere dai vizi che l’artista romanico non esita a raffigurare con grande realismo. Inoltre, in queste sculture non mancano l’umorismo e l’arguzia e anche i ritratti di vita quotidiana, come nella raffigurazione dei mesi, o la rappresentazione, nelle mensole e sotto i cornicioni, di tutto un mondo quotidiano e pieno di vita, fatto di acrobati, di innamorati, di conigli, di lupi, di civette e di vacche. In questo periodo in cui tutto è simbolo, la chiesa stessa è imago mundi (nella sua iconografia tradizionale rappresenta le creature dell’universo) e tutte le sue parti condensano contenuti e significati simbolici. Significativa, per esempio, è la figura del leone, che, oltre a una funzione protettiva di custodia della soglia e strutturale di sostegno alle colonne che reggono il tetto a salienti del protiro, nell’allegoria medievale simboleggia il Cristo in tre diversi modi. Esso, infatti, cancella le tracce del proprio passaggio come il Salvatore nascose agli uomini i segni della sua natura divina; dorme con gli occhi aperti come il 9. Veduta della lunetta del protiro 155 156 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO 10. Veduta verso l’ingresso in cui è visibile la monumentale struttura in legno del portale più interno Cristo dormì sulla croce mentre la sua natura divina vegliava; a tre giorni dalla nascita il leone soffia sul cucciolo nato morto fino a riportarlo in vita, come Dio resuscitò suo Figlio al terzo giorno; e, infine, il leone teme il gallo bianco. Vorrei fare un unico breve accenno a un altro aspetto interessante in questa soglia, cioè la sequenza gerarchica di tre porte nel medesimo punto di passaggio, porte che hanno funzioni, significati e configurazioni diverse. Una prima si compone di quattro ante, è incernierata sulla cornice marmorea più esterna, e si chiude a pacchetto verso l’esterno. Ciascun battente è ripartito in dieci registri orizzontali e due registri verticali, per un totale di venti riquadri, molto semplici. Questa porta non è veicolo di alcun contenuto artistico o religioso, ma svolge un ruolo protettivo, non dell’interno ma della ben più preziosa seconda porta, sulla quale sono montate le formelle istoriate, già molto compromesse e più volte restaurate. Questa è la porta più importante e significativa delle tre. La funzione didattica e le qualità artistiche che concentra in sé la rendono un oggetto prezioso che, un tempo destinato a proteggere l’interno della chiesa si trova ora a dover essere protetta dai pericoli esterni. Si tratta di un grande portone in legno a due battenti, completamente rivestito, nella faccia esterna, con lastre di bronzo scolpito e cesellato. Ogni battente è ripartito in otto registri orizzontali e tre regi- III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO stri verticali, per un totale di ventiquattro formelle e decorato con una serie di altre piastre più piccole con figure di santi e le rappresentazioni dei mesi. Ciascuna formella è riquadrata da una cornice decorata e da una maschera che sottolinea il punto di incontro tra i traversi e i montanti. Si apre verso l’esterno, e quando è completamente aperta i battenti si appoggiano alle ante della porta a pacchetto più esterna. Una volta superata questa soglia, non si è ancora definitivamente entrati nella chiesa: è necessario superare il terzo sbarramento, un’altra porta in legno a doppio battente, che si apre verso l’interno. La sua presenza consente, all’apertura delle due precedenti, segnale della possibilità di accedere alla chiesa,di isolare l’interno e di proteggere lo svolgimento delle cerimonie sacre. Per concludere ci chiediamo: in che senso possiamo dire che questa soglia, in quanto ‘porta che racconta una storia’ rappresenta un luogo significativo? E’ il ruolo educativo che essa esercita tramite la decorazione scultorea e la ricostruzione delle scene bibliche, che fanno di questa soglia uno spazio ricco di tradizione e di cultura, profondamente umano, perché l’uomo, il fedele, vi legge parte della propria storia, del passato ma anche del futuro. “Io sono la porta: chi entrerà attraverso me sarà salvo”4, cita Giovanni nel Nuovo Testamento, e la figura di Cristo nel timpano all’ingresso di molte cattedrali romaniche e gotiche sottolinea proprio il significato escatologico della soglia come luogo dell’accesso al cospetto di Dio. La presenza di queste pagine di storia religiosa ma anche di storia comunale, laica, fissate nella pietra o forgiate nel bronzo, promuove il carattere di stanzialità dell’ingresso che abbiamo dato come presupposto per l’esistenza del luogo di soglia. In questo posto il fedele, ma anche il profano visitatore, non può esimersi dal guardare, dal ricostruire e dal porsi delle domande sulla fede o sui contenuti storici e letterari narrati; e il cittadino veronese non può non riconoscersi in questa soglia. La porta di San Zeno ‘parla’, quindi, educa e racconta qualcosa, non di sé, della sua solidità o preziosità, forma o dimensione, ma del ruolo che essa ha svolto, per la divulgazione della fede, da più di mille anni, fino ad oggi. E il fatto che essa si protenda tutta verso l’esterno, quasi per andare incontro ai visitatori che vi si dirigono, testimonia il ruolo didattico e narrativo di una porta che ‘chiama a raccolta’ per essere vista, toccata, oltrepassata, perché ha qualcosa da dire. 157 Note: 1. Umberto Eco, Il nome della rosa, Tascabili Bompiani, Milano, 2001. 2. Si veda: G.L. Mellini, I maestri dei bronzi di San Zeno, Banca Popolare di Verona, Verona, 1992. 3. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena e la Basilica di San Zeno, Banca Popolare di Verona – Banco di S. Gimignano e Prospero, Verona, 2000, p. 151. 4. Vangelo secondo Giovanni, 10, 9. Riferimenti bibliografici: 1. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena e la Basilica di San Zeno, Banca Popolare di Verona – Banco di S. Gimignano e Prospero, Verona, 2000. 2. G. L. Mellini, I maestri dei bronzi di San Zeno, Banca Popolare di Verona, Verona, 1992. 3. Virgilio Gilardoni (a cura di), Il romanico, Mondadori, Milano, 1963. 4. L’architettura romanica, Jaca Book, Milano, 1986. 5. Romanico mediopadano: strada, città, ecclesia, Artegrafica Silva, Parma, 1983. Fonti delle illustrazioni: 1. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena e la Basilica di San Zeno, Banca Popolare di Verona – Banco di S. Gimignano e Prospero, Verona, 2000. 2. Pontus Hulten (a cura di), Futurismo e futurismi, Bompiani, Torino. 3. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena ..., op. cit., 2000. 4. Xavier Barral i Altet, O mundo romanico. Cidades, catedrais e moisteiros, Taschen, Colonia, 2001, pp. 190-191. 5. Camillo Semenzato, Carlo e Marcus Perini, Verona illustrata, Studio Editoriale Programma, 1990. 6. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena ..., op. cit., 2000. 7. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena ..., op. cit., 2000. 8. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena ..., op. cit., 2000. 9. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena ..., op. cit., 2000. 10. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena ..., op. cit., 2000. 158 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 2 PROTIRO E PORTALE DI SAN ZENO Raccolta dei disegni 159 3 CHARLES RENNIE MACKINTOSH, CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE GLASGOW, SCOZIA (GRAN BRETAGNA), c.1900 1. Veduta interna del corridoio attrezzato III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE 163 Arredi e attrezzature articolano il gesto Il corridoio di ingresso di Casa Mackintosh è una stanza attrezzata che accoglie una sequenza di precisi e minuti gesti i quali articolano lo spazio e scandiscono i momenti dell’accedere e dell’accogliere. Nella stanza deformata di Botero un ipotetico e omonimo ospite (chissà in quale dei due significati?) sta sulla soglia, in attesa. Anche l’interno sembra in attesa di qualcuno, attrezzato, o meglio imbandito per intrattenersi, per bere e per mangiare. Il personaggio sullo sfondo fa capire anche che in questo spazio è possibile sedersi. Forse su una sedia? Forse proprio su una sedia collocata presso l’uscio, o spostata lì per accogliere e già invitare ad accomodarsi. La lettura del ‘Buongiorno signor Botero’ ci dice anche qualcosa in più riguardo ai caratteri degli elementi che definiscono la soglia, del luogo e della sequenza dei gesti che vi si compiono. Il battente spalancato verso l’interno, con un grosso pomello circolare e una serratura e la presenza della tappezzeria sul pianerottolo esterno, per esempio, mettono in scena una soglia di appartamento probabilmente in una casa multipiano, dove l’accesso dall’esterno è mediato da una scala o da un ascensore o comunque da un’altra porta comune; il ‘darsi la mano’ come saluto di benvenuto racconta di una conoscenza tra i due, ma l’eleganza degli abiti non descrive un’eccessiva confidenza; il tavolo imbandito con la frutta e la brocca delinea un atteggiamento di buona disposizione all’accoglienza, l’essere in attesa della visita, e quindi esprime il piacere dell’incontro. “GARCIN: Te ne vai? Arrivederci. (Il cameriere arriva fino all’uscio) Un momento. (Il cameriere si volta) Quello è un campanello? (Il cameriere accenna di sì) Posso suonare quando voglio, e tu devi venire? IL CAMERIERE: Si, in teoria. Ma è un campanello capriccioso. Il meccanismo qualche volta s’incanta. (Garcin va al campanello e tocca il bottone. Si sente suonare) GARCIN: Cammina! IL CAMERIERE (stupefatto): Cammina?! (Anche lui suona) Ma non si esalti, non durerà...” Jean Paul Sartre, Porta chiusa, 1945 Nella sequenza di accesso a Casa Mackintosh: dalla strada, tramite un piccolo varco, segnato da due bassi pilastri quadrati, aperto nel muretto che delimita la proprietà privata dallo spazio pubblico, superati cinque gradini, si accede a una breve successione di piani che coprono il dislivello tra l’ingresso dell’abitazione e il marciapiede. Una ringhiera metallica, a sinistra, costituisce il parapetto della scala, la protezione contro eventuali cadute e la delimitazione di proprietà. Si giunge alla porta d’ingresso, una struttura in legno, a un solo battente, inserita in un portale in pietra a pilastri e architrave. Su di essa è ritagliata una piccola apertura con un portellino che si apre verso l’interno, collocato sotto quattro vetrini di un azzurro intenso, un apparato decorativo semplice che fa filtrare una gradevole luce colorata. All’interno, l’anta è dotata di una serratura metallica e di una piccola maniglia che consente di aprire la porta tirandola verso di sé. Questi elementi interni della porta di per se stessi ci dicono già tutto sulla sequenza d’accoglienza (riconoscere, disserare e aprire), mentre all’esterno, davanti alla soglia, dove è collocato anche un campanello elettrico, la successione dei gesti può essere così identificata: avvicinarsi, suonare il campanello, farsi riconoscere, sospingere il battente, accedere. 2. Fernando Botero, Buongiorno signor Botero, 1972, Collezione privata 164 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE 3. Veduta esterna del percorso di ingresso in una foto storica Una volta ammessi all’interno, superata la soglia, si è in un corridoio attrezzato per accogliere l’ospite. Dal punto di vista geometrico-compositivo lo spazio ha una configurazione lineare, rettangolare, si sviluppa su una lunghezza di circa sei metri e una larghezza di due metri, ed è connotato da un leggero restringimento in prossimità della porta d’ingresso, dove sono posizionati due pannelli in legno, inclinati rispetto alla giacitura delle pareti laterali. Questi pannelli schermano la mazzetta della porta e danno continuità e omogeneità allo spazio. Su quello di destra si trova un interruttore elettrico per l’accensione e lo spegnimento delle quattro lampade del corridoio, un congegno metallico a scatto molto semplice. Il corridoio è un ambiente unitario, ben connotato in quanto luogo di ingresso, piuttosto che luogo di distribuzione alle altre parti della casa. Oltre ai pannelli di cui abbiamo parlato, altri elementi conferiscono identità allo spazio, per esempio il sistema di partiture delle pareti realizzato con montanti e correnti in legno scuro che incorniciano porzioni di parete e, in un certo senso, scandiscono l’azione in fasi e lo spazio in sottoambienti, ciascuno caratterizzato dalla presenza di III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE 4. Veduta esterna del percorso e della porta d’ingresso nella configurazione attuale, dopo la ricostruzione arredi (un attaccapanni, una panca, un portaombrelli), di attrezzature (lo spioncino, la maniglie, la serratura, etc.) o di dispositivi elettrici (il campanello, l’interruttore, le lempade aplic, etc.). A questo punto ci poniamo la domanda sul significato di questa soglia e sulla sua validità in quanto luogo del passaggio. Abbiamo rilevato che la presenza dell’attrezzatura nello spazio di soglia favorisce e qualifica fortemente la stanzialità, e sottolinea i momenti del gesto, ma quali comportamenti e quali gesti vengono promossi, per quali utenti e in quale contesto storico e culturale? Si immagina, per questo luogo, un’uso domestico, sobrio ma aristocratico dell’ambiente dell’ingresso e utenti di un certo livello sociale e culturale, con abbigliamenti eleganti, cappello, bastone, cappotto, ombrello, abiti lunghi, movimenti composti; e si presuppone un uso articolato dei luoghi e degli oggetti, specializzato, configurato sulle azioni precise e sulle attività che vi si svolgono. Oltrepassato il cancello in legno si accede al giardino, si percorre il sentiero, si superano i gradini, si raggiunge il pianerottolo, si 165 166 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE 5. Veduta interna della porta di accesso ‘attrezzata’ con portellino apribile come spioncino, serratura e maniglia suona il campanello, si attende; e dall’interno: allo squillo del campanello ci si muove verso la porta, si apre lo spioncino, si guarda all’esterno, si saluta, si allontana il visitatore indesiderato o si esprime il piacere di riceverlo, si chiude lo spioncino, si disserra la porta, si tira l’anta dalla piccola maniglia, si accoglie l’ospite; si varca la soglia, si saluta, si chiude la porta alle proprie spalle. Si è dentro. Si consegna cappello e ombrello, ci si sofferma per qualche istante, si presenta il motivo della visita e, a seconda dell’intimità del rapporto, della previsione del tempo di intrattenimento, delle motivazioni, etc., si sta in piedi sulla soglia, seduti nel corridoio d’ingresso o si entra più verso l’interno della casa. Pur nella sua unitaria e, in definitiva, semplice spazialità, l’ingresso di Mackintosh presenta molte sfaccettature nell’interpretazione dei significati e anche delle scelte materiche e costruttive operate dal- III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE l’autore. A questo proposito vorrei fare alcune osservazioni sui caratteri generali e sulle soluzioni di dettaglio emerse nel corso dell’analisi e del ridisegno dell’opera. Una prima osservazione riguarda la geometria dello spazio che Mackintosh altera con l’inserimento di due pannelli inclinati posti all’interno del corridoio ai lati della porta d’ingresso, che producono un effetto a imbuto. In questo punto Mackintosh stringe il corridoio e nasconde la mazzetta. Così facendo produce una dinamica importante del passaggio tra la porta e il corridoio, una specie di anello di congiunzione, attraverso l’uso di un materiale di colore scuro che contrasta con la tinta chiara della parete, con le luci vibranti e con la decorazione naturalistica della sala da pranzo. I pannelli, inoltre, sono scanditi dalla successione di cinque esili lesene che ripartiscono la superficie e producono un effetto dinamico (si potrebbe istituire una analogia con i portali ad anelli delle cattedrali gotiche o le sequenze di cornici presso i templi egizi) (v. La decorazione come valore estetico e narrativo). Questo espediente provoca una accelerazione del movimento, scandito, nel percorso che muove dall’interno verso l’esterno, dalle partiture irregolari delle pareti del corridoio. Tali considerazioni non valgono più per il movimento contrario, dall’esterno verso l’interno: presso la porta non si percepisce un restringimento ma una apertura, e i pannelli in legno creano una atmosfera di intimità, una specie di nicchia di accoglienza in cui è piacevole soffermarsi, anche se per pochi istanti. Una seconda riflessione riguarda l’irregolarità con la quale sono state realizzate le cornici in legno che ripartiscono la superficie delle pareti laterali del corridoio. La loro disposizione, infatti, sembra dipendere non da un disegno astratto, ma dalla volontà di generare dei micro-ambienti specializzati, ciascuno per attività o ruoli ben precisi. Per esempio, la prima cornice di sinistra, entrando, inquadra la finestra e la panca, dove ci si può sedere per togliersi le scarpe e le ghette, dopo aver deposto cappotto e cappello. Nella cornice di fronte alla finestra lo specchio, che amplifica l’illuminazione riflettendo la luce solare e il portaombrelli definiscono un altro ambito d’azione. La seconda cornice di destra inquadra, invece, la porta del soggiorno, ma in modo piuttosto anomalo, seguendo una disposizione non simmetrica. Perché questa soluzione irregolare? Ritengo verosimile l’ipotesi che la dimensione data all’ultima cornice di destra dipenda dalla volontà di sottolineare l’estremo limite del corridoio, all’imbocco della scala che conduce ai piani superiori. Questo ha determinato, per esempio, la collocazione dell’ultimo montante a pochi centimetri dalla cornice della porta. Una soluzione analoga l’ha applicata per il primo montante che si incontra dopo i pannelli inclinati, collocato proprio nella mezzeria della porzione di parete tra la fine del pannello e la finestra. Le cornici 167 168 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE 6. Particolare del bracciolo della panca 7. Particolare delle lampade aplic 8. Particolare dello spioncino sulla porta d’ingresso sono posizionate a un’altezza di circa due metri (si veda l’altezza della porta del soggiorno) e definiscono una specie di ribassamento del soffitto, peraltro piuttosto alto rispetto all’esigua superficie di pavimento del corridoio, che produce un maggior effetto di raccoglimento. La posizione dei punti luce, la loro configurazione e il tipo di illuminazione che producono, introducono a un’altra osservazione circa l’atmosfera di questo ambiente. La luce confluisce nel corridoio da otto punti e con sei modalità diverse. Quella naturale penetra dall’esterno: in modo diretto, dalla finestra con vetro trasparente inquadrato in uno spesso telaio a griglia, e dal sopraluce della porta, anch’esso con vetro trasparente e infisso a grandi riquadri (piove dall’alto con un fascio inclinato e illumina il centro del corridoio); in modo indiretto dalla porta del soggiorno e dai quattro vetri azzurri sul battente della porta d’ingresso. La luce artificiale è invece concentrata in quattro punti, in corrispondenza dell’intersezione tra i montanti e il corrente delle cornici. Qui sono installate le lampade a parete, di fine composizione a ‘goccia’ con lampadine a incandescenza che producono un’atmosfera molto calda, sui toni del giallo/arancio. Lo specchio rappresenta un’altra fonte di illuminazione indiretta; esso infatti che produce luce riflessa. In ogni caso la zona in cui si apre la porta rimane sempre piuttosto in ombra, sia nella condizione di luce naturale sia in quella di luce artificiale. Questo accresce l’effetto di nicchia dello spazio dell’ingresso. Un altro aspetto da considerare è il modo in cui Mackintosh trasforma i problemi tecnico-costruttivi del varco in una questione formale e funzionale. Egli posiziona la porta proprio sul filo più interno III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE 169 della mazzetta e si sposta leggermente verso l’esterno con le due lesene e l’architrave che incorniciano l’ingresso all’esterno, in modo tale da creare all’esterno uno spazio protetto dall’architrave del portale lievemente aggettante. L’effetto imbuto che abbiamo rilevato all’interno del corridoio di fuori è solo accennato dalla leggera strombatura della cornice in legno scuro che inquadra il portoncino d’ingresso. La porta, realizzata in legno dipinto di bianco, merita una particolare considerazione per almeno due motivi: da una parte svolge un ruolo segnaletico, poiché genera un forte contrasto cromatico sia all’esterno (con la pietra di colore grigio del portale) sia all’interno (con i pannelli in legno scuro); dall’altra incorpora i dispositivi di comunicazione (spioncino), di movimentazione (maniglia, serratura) e di decorazione (vetrini colorati). Gli altri dispositivi, come il campanello e l’interruttore interno, che richiedono una installazione su una struttura più statica, sono invece collocati in prossimità della porta, sullo stipite e su uno dei pannelli di rivestimento della parete. Un’ultima riflessione va fatta sul modo con cui Mackintosh interpreta il gesto e lo risolve in termini architettonici. Ritengo che in questo ambiente l’uso delle partiture a campi pieni e vuoti e la collocazione studiata degli arredi, delle attrezzature e degli apparti illuminanti definiscano una precisa scansione temporale e una successione delle azioni nello spazio e, di conseguenza, siano in grado di dare significato al progressivo avvicinamento e alla penetrazione nel privato. Questo movimento è molto simile a quello di una cerimonia di ingresso, in cui sono scanditi con precisione i ritmi, le soste e le accelerazioni. Per questo ha senso affermare che ‘arredi e attrezzature articolano il gesto’. Questi aspetti ci fanno riconoscere nella soglia di Mackintosh i caratteri di luogo che stiamo cercando. Riferimenti bibliografici: 1. Pamela Robertson, The Mackintosh House, Hunterian Art Gallery, University of Glasgow, Glasgow. 2. C. e P. Fiell, Charles Rennie Mackintosh, Taschen, Colonia, 1997. 3. James Steele, Charles Rennie Mackintosh. Syntesis in form, Academy Editions, London, 1994. 4. Jackie Cooper, Mackintosh architecture: the complete buildings and selected projects, Academy, London, 1978. 5. R. Macleod, Charles Rennie Mackintosh, Hamlin, London, 1968. 6. Charles Rennie Mackintosh, Richard Drew, Glasgow, 1987. 7. Jean-Claude Garcias, Mackintosh, Hazan, Parigi, 1989. 8. Alan Crawford, Charles Rennie Mackintosh, Thames and Hudson, London, 1995. 9. Nikolaus Pevsner, Charles Rennie Mackintosh, Il Balcone, Milano, 1950. Fonti delle illustrazioni: 1. P. Robertson, The Mackintosh House, Hunterian Art Gallery, University of Glasgow, Glasgow. 2. G. Crepaldi, XX secolo Pittura, Electa, Milano, 2001. 3. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit. 4. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit. 5. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit. 6. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit. 7. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit. 8. P. Robertson, The Mackintosh House, op. cit. 170 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 3 CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE Raccolta dei disegni 171 4 ADOLF LOOS, CORRIDOIO D’INGRESSO DI VILLA KARMA CLARENS, MONTREAUX (SVIZZERA), 1904-06 1. Veduta interna del vestibolo ovale III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA 175 Lusso, rigore, geometria e decorazione Il vestibolo d’ingresso d Villa Karma è un piccolo ‘sacello’, uno scrigno prezioso, simbolo di modelli d’uso dello spazio molto ricercati e di comportamenti raffinati. Dice Loos: “L’ingresso di una casa dovrebbe essere tale da far lasciare all’ospite, nel guardaroba, assieme al cappello, la sua inimicizia verso il padrone di casa”. E proprio questo sembra dirci questo spazio ricco, vivace di colori, prezioso nei materiali e nelle finiture, che trasforma il gesto dell’accoglienza in una cerimonia in cui non sembrano tanto importanti le attrezzature e gli arredi, quanto piuttosto l’opulenza dei materiali e il dettaglio delle finiture. Più che essere ‘usata’, questa soglia, sembrerebbe voler essere ‘vissuta’, esperita. Più che starvi dentro, varcarla, tale è la bellezza e la varietà dei marmi policromi e della componentistica metallica finemente lavorata, il rigore delle geometrie e il lusso delle decorazioni. “Al vestibolo si accede dalla porta d’ingresso principale varcando la soglia che lo separa dalla strada. Non è più la strada ma non è ancora la casa. Una spessa cortina pendente all’interno, dopo la soglia, parallelamente al vano della porta, evita all’aprirsi di questa che la comunicazione tra esterno e interno sia troppo diretta. Nel vestibolo si spoglia la veste cotidiana piena di fango e di loto, si depongono e si lasciano gli oggetti e gli accessori propri dell’esterno: il cappello, il mantello, il soprascarpe, l’ombrello, i guanti, le chiavi dell’automobile, e anche le voci alte, i gesti incomposti, le passioni circensi e forensi: la Cour était un lieu où l’on parlait très bas et où l’on faisait très peu de gestes”. Giorgio de Marchis, Dell’Abitare, 1998 Il carattere aristocratico che si rileva nell’ingresso di Villa Karma lo troviamo messo in scena in uno dei dipinti di Edward Vuillard, ‘La signora elegante’, dove il lusso della soglia, descritta solo attraverso una porta socchiusa e macchie eteree di colore, è solo immaginato, dedotto dalla presenza elegante della figura in primo piano, sulla quale potremmo traslare i significati attribuiti invece da Loos all’architettura: ricercatezza formale, grazia e raffinatezza. L’ambiente descritto è indefinito, privo del rigore geometrico del vestibolo di Loos, ma ugualmente opulento e vario, nei colori e nei materiali utilizzati. Inoltre, l’immagine della signora in primo piano, in abito lungo e cappello, in attesa di qualcuno che da un momento all’altro comparirà sull’uscio semiaperto, mette in scena con verosimiglianza i gesti composti e aggraziati della borghesia di fine Ottocento. La villa è collocata all’interno di un vasto parco, ed è frutto di una ristrutturazione conclusasi nel 1906 con la cessazione dei rapporti per inadempienze contrattuali del proprietario Theodor Beer. L’edificio è un sunto di temi classici “che, interpretati con leggerezza, nulla concedono al folclore degli stili nazionali, preferendo un linguaggio semplice e chiaramente definito dagli elementi architettonici”1. L’ingresso si trova sul lato orientale dell’edificio ed è segnato da un solenne portico gradonato a quattro colonne. Esso “mostra il volto solenne della porta in bronzo sulla quale sono incisi i simboli dello Yin e dello Yang, inquadrato dalle torri d’angolo che risolvono compositivamente l’incontro tra la vecchia e la nuova struttura. Lo stesso Theodor Beer aveva tracciato un disegno per questo fronte, con accessi laterali (modificato nel progetto loosiano). Un ingresso a pianta ovale a doppia altezza dà accesso a un corridoio centrale che prosegue in un atrio, cuore del sistema di distribuzione del piano rialzato...”2. La porta in bronzo separa l’interno dall’esterno e introduce direttamente in un ambiente a pianta ovale, lussuosamente rivestito con 2. Edward Vuillard, La signora elegante, 1891-92 176 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA 3. Veduta esterna del fronte verso il giardino 5. Pianta del piano d’ingresso 4. Veduta del fronte d’ingresso con il podio e il colonnato del portico grandi lastre di marmi policromi. Su questa porta sono incisi i simboli del movimento di andata e ritorno, di ingresso e di uscita, che sono l’emblema di tutte le coppie di opposti (in architettura: della luce e dell’ombra, del dentro e del fuori, etc.). Il vestibolo ovale è a doppia altezza, coperto con una cupola rivestita di mosaici dorati con un foro circolare al centro (il balcone del piano superiore da cui ci si può affacciare). Le pareti sono completamente ricoperte di marmi gialli e rossi e il pavimento ha un paramento di piastrelle in marmo lucidato di colore bianco e nero, disposte a scacchiera. Il disegno della pavimentazione è concentrico e indica il punto in cui il visitatore, illuminato dalla luce proveniente dall’alto, si sente il solo protagonista della ‘scena’ dell’ingresso. Al dischiudersi dell’uscio si svela via via la bellezza e la profusione dei marmi che, come le pietre preziose di uno scrigno, ‘tempestano’ questo ambiente, producendo effetti di grande meraviglia. Da qui, lungo l’asse principale dell’abitazione, parte l’ampio corridoio d’ingresso con un guardaroba sulla destra e una nicchia con un camino e con delle sedute, ricavata sotto la scala che conduce ai piani superiori. Nello spazio del vestibolo, che è il primo ambiente di rappresentanza della casa e di autorappresentazione del ruolo sociale e della forza economica del suo proprietario, Loos riprende i valori cromatici e figurativi dei materiali locali (questa zona della Svizzera è ricca di cave di marmo venato) e li mette in gioco valorizzandoli per le loro textures decorative, semplificandone le geometrie e le forme, lasciando che la ricchezza dei materiali parli da sola della ricchezza della casa, ne sia il simbolo e il mezzo espressivo. Il significato dell’opera è quindi intrinseco nella costituzione materico-formale dell’opera stessa; non va cercato altrove se non, semplicemente, nella natura del materiale. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA 6. Schizzo di studio della nicchia in uno degli spazi d’ingresso presso il vestibolo 7. Schizzo di studio del podio e del portico colonnato C’è un altro aspetto che va considerato, oltre al lusso e alla decorazione, cioè la geometria rigorosa della quale lo spazio è fortemente permeato. Il vestibolo è ovale. Non circolare, che elimina qualsiasi gerarchizzazione nelle direzioni del movimento. Non rettangolare, la cui direzione predominante e il principio di ortogonalità annullano la componente dinamica. Non ellittico, in cui, per la presenza di due fuochi distinti, viene meno il carattere di centralità e di concentricità. Ma ovale, gerarchizzato, dinamico e concentrico. Uno spazio avvolgente e coinvolgente sia per il trattamento della forma sia per il coinvolgimento sensoriale che esso produce. Ci si lascia suggestionare da questa piccola stanza, la si ascolta con il cuore. Il vestibolo di Loos ci parla, quindi, ma di che cosa? La lettura dell’opera ci comunica l’attenzione l’attenzione tutta loosiana per le qualità intrinseche della materia, lo sforzo per comprenderne le matrici; ci comunica il desiderio della società borghese di quel tempo di liberarsi dagli ‘orpelli’ e dalle finzioni, dagli spazi grevi e iperdecorati; 177 178 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA 8. Vedute del corridoio di distribuzione, di uno degli ambienti d’ingresso, del vestibolo rivestito con lastre di marmo venato e pavimentato con piastrelle bianche e nere; particolare della porta d’ingresso e ci comunica ancora la ricerca di un linguaggio essenziale, della forma pura della purezza della forma e della geometria semplice come mezzo per il riscatto politico dell’individuo e dell’arte. E in quanto opera d’arte che ci comunica dei contenuti esistenziali, ci chiediamo: questo spazio è un luogo? Possiamo motivare in molti modi una risposta affermativa, affidandoci per esempio ai contenuti simbolici ed esoterici di cui abbiamo parlato, o anche pratici, ma ritengo che gli aspetti espressivi e formali siano i più significativi in questo lavoro (si veda per esempio l’uso rigoroso della materia impiegata per le sue intrinseche potenzialità comunicative e ornamentali). C’è da aggiungere che questi aspetti sono già di per sè portatori di significati allegorici ed esorerici: per esempio, la giustapposizione del bianco e del nero nel pavimento a mosaico è emblema della dialettica opposizione tra luce e tenebre, giorno e notte, e quindi simboleggia tutte le coppie di opposti e complementari, com’è citato esplicitamente nella iconografia T’ai Ki della porta bronzea. Il movimento dello Yin e dello Yang, della partenza e del ritorno, può essere letto come matrice iconografica e come tema fondativo dell’intero progetto. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA 179 Note: 1. Giovanni Denti, Silvia Peirone, Adolf Loos. Opera completa, Officina, Roma, 1997, p. 57. 2. V. nota 1. 3. Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, pp. 253-254. 9. Veduta dal basso dell’oculo del soffitto del vestibolo con il lucernario della copertura superiore A questo proposito è interessante l’analisi di Marco Biraghi condotta proprio sul vestibolo di Villa Karma: “Al tacito invito a percorrere il vestibolo da Porta a Porta (la seconda porta si apre di fronte a quella che collega con l’esterno, rappresenta il completamento logico del meccanismo d’ingresso) seguendo un semicerchio anziché una linea retta, decisamente non si può resistere. Nel vestibolo l’idea di rotazione si presenta strettamente a quella del ritorno. In ciò condivide la sorte della porta girevole. Non però la ‘canzone da organetto’. L’avvicendante ritorno dei contrari, qui, è pensato piuttosto in una prospettiva unificante, che spezza come per magia la prigionia del cerchio. ‘Un’alternanza di Yin e Yang si chiama Tao’. Le porte ed il vestibolo di Villa Karma ne sono la precisa rappresentazione. Il loro aprire nel segno del Tao è la dichiarazione d’appartenenza al corso naturale delle cose, all’harmonia mundi, e al tempo stesso la solenne promessa di incarnarli in forma durevole. Lo psichiatra Theodor Beer, commissionando la casa a Loos, aveva espresso il desiderio che apparisse come una sorta di rifugio protettivo per sè e per la moglie. Loos conosceva il segreto per soddisfare il suo cliente. L’essenza del Tao [...] è paragonabile al centro, o all’asse di una ruota in continua rotazione. Al centro la garanzia di immobilità ha validità permanente. Perciò ‘essere nel Tao’ è il miglior rifugio per il saggio, che senza uscire dalla porta conosce ogni cosa, e ogni cosa vede senza guardare dalla finestra. Nel Tao non vi è nulla che non si compia. Anche l’immobilità nel vorticare del mondo”3. Riferimenti bibliografici: 1. Benedetto Gravagnuolo, Adolf Loos, Rizzoli, New York, 1982. 2. Benedetto Gravagnuolo, Adolf Loos: teoria e opere, IDEA, Milano, 1981. 3. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos, P. Mardage Editor, Wien, 1982. 4. K. Lustsenberger, Adolf Loos, Studio Paperback, Zurigo, 1994. 5. Roberto Trevisol, Adolf Loos, Laterza, Bari, 1995. 6. Giovanni Denti, Silvia Peirone, Adolf Loos. Opera completa, Officina, Roma, 1997. 7. Kurt Lustenberger, Adolf Loos, Artemis, Zurigo, 1994. 8. Roberto Schezen, Adolf Loos: architecture 1903-1932, The Monicelli Press, New York, 1996. Fonti delle illustrazioni: 1. B. Gravagnuolo, Adolf Loos, Rizzoli, New York, 1982. 2. G. Cogeval, Il tempo dei Nabis, Artificio Edizioni, Firenze, 1998. 3. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos, op. cit., 1982. 4. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos, op. cit., 1982. 5. G. Denti, S. Peirone, Adolf Loos. Opera completa, Officina, Roma, 1997. 6. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos, op. cit., 1982. 7. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos, op. cit., 1982. 8. B. Gravagnuolo, Adolf Loos, op. cit., 1982. 9. B. Gravagnuolo, Adolf Loos, op. cit., 1982. 180 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 4 VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA Raccolta dei disegni 181 5 PIERRE CHAREAU E BERNARD BIJVOËT, PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE RUE DE SAINT GUILLARME, 31 PARIGI (FRANCIA) 1928-32 1. Veduta esterna della porta a vetri e del corridoio d’ingresso III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE 185 Luce naturale e luce artificiale generatrici di spazio La soglia della Maison de Verre è il luogo della variabilità luminosa, dell’alterazione percettiva e della trasformazione spaziale. Uno spazio (portico-porta-corridoio) completamente vetrato, la cui trasparenza spinge l’occhio in profondità, fin nel cuore della casa. “Ovunque le porte si nascondono. Non vogliono disturbare le pareti”. J. Roth, Le città bianche Nel ‘Ritratto di mia madre’ la pittrice Florine Stettheimer mette in scena un analogo ambiente etereo, in cui solo lievemente si percepisce la linea di confine tra il dentro e il fuori. La parete è vetrata; la porta è spalancata, e pure completamente trasparente. Non ci sono infissi, giunti o maniglie. La trasparenza del vetro mette in comunicazione l’esterno con l’interno, annulla le differenze dando continuità allo spazio, che partecipa contemporaneamete all’azione lenta e pacata della figura in primo piano, quasi statica, nell’interno allestito con cura e con un gusto ricercato, e all’azione esterna, più dinamica di un gruppo di bambini che giocano. La continuità temporale e spaziale è resa dall’incorporeità del limite della parete e dal varco completamente aperto. Chareau utilizza i medesimi elementi: un esterno con qualche cespuglio coltivato, una parete trasparente, uno spazio d’ingresso minimamente attrezzato in cui già si percepisce l’interno. Ma se nel dipinto l’ingresso al soggiorno è diretto e la parete dell’edificio è smaterializzata, quasi inesistente a livello percettivo, nella Maison de Verre questo limite pur essendo in vetro ha una consistenza notevole, una identità e un significato precisi e l’accesso al cuore dell’abitazione è mediato dalla presenza di un corridoio. Lo spazio dell’ingresso è figurativamente indipendente dall’edificio, differenziato da questo per il diverso trattamento materico dei suoi margini, per i quali Chareau ha usato lastre completamente trasparenti, a grandi moduli rettangolari, in contrasto con i pannelli composti da una orditura di 24 piastrelle di vetrocemento traslucido, ma anche per una concreta separazione fisica degli spazi, resa attraverso una porta scorrevole che separa il corridoio dall’interno dell’abitazione e, soprattutto, dall’‘architrave’ che distanzia la porta dal soffitto del portico. Tale discontinuità produce un’ombra che conferisce autonomia formale e volumetrica allo spazio del passaggio e della comunicazione con l’esterno nei confronti dalla parte più intima e privata dell’abitazione. La sequenza d’ingresso è molto interessante. Da Rue de Saint Guillarme si accede, tramite un portone, a un piccolo cortile interno, sul quale domina la facciata dell’edificio, originale e innovativa per la Parigi degli anni Trenta. Il punto di accesso si trova in posizione centrale rispetto all’asse della facciata, ma la composizione generale non si può definire simmetrica. Infatti, il movimento di avvicinamento effettua almeno due scarti direzionali, spostandosi prima verso destra (per accedere alla zona protetta, di attesa davanti alla porta d’ingresso) e poi verso sinistra, per aprire la porta, varcare definitivamente la soglia, ed entrare. 2. Florine Stettheimer, Ritratto di mia madre, 1925, Museum of Modern Art, New York 186 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE 4. Veduta diurna della facciata d’ingresso in cui si leggono i fronti degli edifici prospicienti riflessi nelle pareti vetrate del corridoio d’ingresso 3. Planimetria generale 5. Veduta notturna della facciata d’ingresso: l’illuminazione interna lascia intravvedere le sagome delle persone e dei mobili del soggiorno, mentre la zona d’ingresso rimane sostanzialmente in ombra La porta, a doppio battente in vetro, con telaio metallico, si apre su un breve corridoio, attraverso cui si accede al cuore della casa e alle sale d’attesa dell’ambulatorio medico (in alternativa c’è un percorso lineare che porta ad altri spazi di servizio). La successione degli spazi, il portico coperto, la porta a vetri e il corridoio di distribuzione, e i dispositivi e le attrezzature collocati in questo luogo articolano il movimento di accesso, lo arricchiscono di dettagli e ne scandiscono i tempi e i gesti. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE 6. Veduta esterna diurna del portico 187 7. Particolare della facciata d’ingresso in cui è visibile la differenza di texture tra le piastrelle traslucide in vetrocemento della facciata e le vetrate trasparenti del corridoio Per esempio, la colonna con gli interruttori è un oggetto formalmente e spazialmente indipendente e per queste sue caratteristiche possiamo dire che dà una forte connotazione al gesto dell’annunciarsi; il portaombrelli metallico con ripiano mobile che si trova oltre il varco, insieme alla grata dell’impianto di riscaldamento a pavimento, offre la prima ospitalità a chi viene da fuori, dall’umido e perturbabile clima parigino; la presenza della natura, di un semplice frammento di vegetazione, di fiori e piante coltivati in una piccola aiuola esterna, garantisce un minimo di privacy allo spazio interno e rende vivace e ameno l’ambiente. L’aspetto più interessante della soglia di Chareau riguarda però la trasformabilità di questo luogo in relazione alla variazione atmosferica e percettiva prodotta dal mutare delle condizioni di illuminazione naturale e artificiale, diurna e notturna. Durante il giorno la luce solare che entra a fatica nel cortile e all’interno dell’edificio produce un’ombra profonda nello spazio d’ingresso e contribuisce a produrre l’immagine di un antro oscuro, di uno spazio misterioso di cui non si è ancora in grado di distinguere i caratteri, tale da rendere un senso di maggiore intimità e protezione ma anche di timore. La scelta di Chareau di utilizzare lastre di vetro trasparente per l’ingresso, in contrasto con i pannelli smerigliati a piastrelle di vetrocemento della facciata, consente alla luce di penetrare il più possibile nel cuore dell’abitazione e genera un effetto specchiante che sembra annullare la parete facendovi riflettere i fronti degli edifici prospicienti. Di notte, invece, l’edificio si ‘anima’. Le sue pareti rivelano i movimenti, gli arredi, la vita dell’interno. La luce che proviene dal 188 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE 8. Veduta interna del corridoio di accesso soggiorno, dalla cucina, dalle sale di attesa per le visite mediche rende manifesta la complessità del progetto d’interni, silenziosamente celata durante il giorno. L’ingresso non ha fonti di luce proprie. Sia nei disegni di progetto, sia nel rilievo a vista non risulta alcuna presenta (o previsione) di lampade all’interno del corridoio, né al di sopra del varco, né nello spazio di sosta. Sembra infatti che Chareau abbia affidato il compito di illuminare indirettamente questi ambienti esclusivamente alle lampade esterne montate sui due tralicci metallici che sostengono strutturalmente l’edificio e a cui il progettista attribuisce grande valore compo- III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE 9. Veduta dello spazio d’ingresso con il portico con la colonna degli interruttori, la porta e il corridoio vetrati, le grate per lo scolo dell’acqua e l’aiuola con la vegetazione esterna sitivo e formale ‘portandoli in primo piano’. In questo modo il corridoio vetrato e lo spazio coperto d’attesa, rischiarati da una fonte di luce diffusa ‘esterna’, sembrano staccarsi idealmente dall’edificio, rendersi autonomi per effetto del forte contrasto tra l’illuminazione ‘dall’interno’ dei piani superiori e quella delle lampade esterne sugli spazi d’ingresso. Si accede al portico superando diverse soglie tracciate nel pavimento: un piccolo dislivello, una successione lineare di grate di scolo e una discontinuità nella pavimentazione. Una volta giunti nello spazio protetto presso l’ingresso, si coglie il ruolo predominante della colonna degli interruttori e dei campanelli di in metallo cromato nero. Qui non vi sono altre attrezzature, e la spazialità è sottolineata solo da pochi elementi semplici, come la particolare tessitura della pavimentazione e il pilastro d’angolo. La porta è semplice: vetrata, a due battenti, con un telaio in metallo verniciato di nero. Sulla facciata esterna si trovano una piccola maniglia che consente solo la presa e la spinta dell’anta, e una serratura a chiave. All’interno la maniglia è a pomello e si apre a rotazione, la serratura è a scatto e anch’essa funziona con il movimento rotatorio di un piccolo pomello. La linea di soglia è segnata dal cambiamento dei materiali di rivestimento del pavimento: all’esterno una lastra unica di linoleum e all’interno piastrelle quadrate dello stesso materiale e della medesima 189 10. Lampada esterna montata su uno dei tralicci strutturali dell’edificio 190 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE 11.Veduta della paretre vetrata del corridoio con la grata del riscaldamento a pavimento e il traliccio esterno su cui sono montate le lampade 12, 13. Vedute interne del corridoio trasversale a quello d’ingresso che conduce e alle sale d’attesa per i pazienti ambulatoriali e alle stanze private dell’abitazione texture (il loro disegno a cerchi in rilievo sembra quello delle piastrelle in vetrocemento della facciata). Sul pavimento del corridoio è disegnato un’altro limite, quello della guida metallica della porta scorrevole tra il corridoio d’ingresso e quello che conduce all’ambulatorio ginecologico e alla scala principale dell’abitazione. La trasparenza delle pareti assicura la totale continuità tra il dentro e il fuori, tant’è che, soprattutto nella visione dall’interno, la vegetazione sembrerebbe appartenere allo spazio del corridoio e non a quello del cortile, e l’aiuola esterna divenire una serra. Per concludere, ci chiediamo: quali sono i caratteri di questo spazio che ci permettono di definirlo ‘luogo di soglia’? Nell’esposizione di questo progetto abbiamo usato indifferentemente più volte i due ternimi, spazio e luogo, non inavvertitamente, ma perché sussitono precise ragioni, che rendono, per così dire, ‘naturale’ l’attribuzione di questi diversi significati alla soglia di Chareau. All’edificio si accede, come abbiamo visto, attraverso un corridoio, ma in realtà, il vero punto d’ingresso all’‘interno della casa’ è già il varco tra la strada pubblica e il cortile interno. Il cortile è un piccolo atrio privato e la sequenza d’entrata di cui abbiamo parlato interpreta l’elemento l’elemento di distribuzione ai locali interni. ‘Entrare nel cortile della Maison de Verre’ è come penetrare in un recinto: infatti, pur essendo ancora un esterno semiprivato, questo spazio è in gra- III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE 14. Veduta della guida metallica a pavimento per lo scorrimomento della porta tra i due corridoi do di produrre un forte senso di internità e di accoglienza. A sottolineare tale effetto c’è anche il corridoio vetrato d’ingresso, la cui configurazione e le semplici attrezzature che vi sono collocate (un portaombrelli e la colonna degli interruttori) definiscono con chiarezza i tre momenti dell’attesa, del passaggio e dell’accoglienza, e articolano i gesti nelle diverse fasi dell’annunciarsi, aprire/chiudere la porta, riporre gli accessori usati all’esterno, etc. In realtà ciò che davvero distingue questo spazio e che gli conferisce valore in termini di luogo è però proprio il significato attribuito al rapporto tra la luce e l’ombra, e naturalmente l’originalità con la quale è stato interpretato il ruolo degli apparati illuminanti esterni. L’originale effetto ‘isolante’ prodotto dalla luce, è potenziato dalla particolare configurazione del corridoio che si stacca formalmente dai piani superiori dell’edificio. Ne risulta uno spazio ‘in biblico’, quasi in sospensione tra l’esterno e l’interno, che non appartiene fino in fondo né all’uno né all’altro, formalmente, funzionalmente e idealmente. Questo spazio è luogo perché sa valorizzare il gesto, accoglierlo premurosamente, favorirlo e coadiuvarlo e perché suggerisce, attraverso i dispositivi fissi che mette a disposizione, precisi ritmi e precise ‘regole di comportamento’ nel segmento di accesso. 191 Riferimenti bibliografici: 1. Yukio Futagawa, Bernard Bauchet, Marc Vellay, La Maison de Verre. Pierre Chareau, A.D.A. Edita, Tokyo, 1988. 2. Brian Brace Taylor, Pierre Chareau. Designer and Architect, Taschen, Colonia, 1992. 3. Olivier Boissière, Les maisons du XX siècle. Europe, Terrail, Paris, 1998. 4. Gianni Ottolini, Vera De Prizio, La casa attrezzata, Liguori, Napoli, 1993, pp. 132135. 5. Adriano Cornoldi, L’architettura della casa, Officina, Roma, 1988, pp. 192-193. 6. Domus, 443, ottobre 1966. 7. P. Melis, ‘Il grande vetro nell’architettura’, in: Domus, 640, giugno 1983, pp. 22-29. 8. K. Frampton, M. Vellay, Pierre Chareau Architect and crafts man 1883-1950, Rizzoli, New York, 1985, pp. 57 e segg. 9. L. Rubino, Pierre Chareau, Bernard Bijvoët, Kappa, Roma, 1982. 10. Modo, 12, aprile 1979. 11. Spazio e società, 12, dicembre 1980. Fonti delle illustrazioni: 1. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre. Pierre Chareau, A.D.A. Edita, Tokyo, 1988. 2. B.J. Bloemink, The life and the art of Florine Stettheimer,Yale University Press, USA, 995. 3. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 4. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 5. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 6. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 7. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 8. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 9. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 10. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 11. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 12. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 13. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 14. Y. Futagawa, B. Bauchet, M. Vellay, La Maison de Verre..., op. cit., 1988. 192 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 5 PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE Raccolta dei disegni 193 6 ALVAR AALTO, PENSILINA DI VILLA MAIREA NOORMARKKU (FINLANDIA), 1938-39 1. Veduta esterna della pensilina d’ingresso III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA 197 La natura come connettore tra interno ed esterno La pensilina d’ingresso di Villa Mairea è la traduzione, nel linguaggio dell’architettura, del ruolo protettivo e accogliente della natura. La ‘prospettiva’ di Magritte, in cui il fuoco della composizione si concentra nella grande foglia che per sineddoche ha assunto le sembianze dell’albero, verso la quale si orienta il ‘sentimento amoroso’, irrompe in un interno attraverso una porta sfondata. In Magritte questo passaggio significa attraversare l’infinito, valicare la porta che separa dal mondo reale e penetrare in un’altra dimensione. In Aalto, invece, il passaggio è una naturale continuazione di un mondo che è fuori, foresta, cielo, materia, ma che è anche un dentro: la natura partecipa dello spazio privato aaltiano, ne definisce i caratteri materici e formali, spesso ne detta le regole distributive. “L’essenza del principio del Legno Grezzo è che la semplicità originaria delle cose racchiude un potere naturale, un potere che si deteriora e si perde con facilità quando quella semplicità viene alterata” Benjamin Hoff, Il Tao di Winnie Puh, 1993 Si giunge al limitare del bosco di pini e betulle, si percorre un ampio sentiero sterrato, e tra la fitta vegetazione, dopo poche decine di metri si intravvede la sagoma di un edificio. Ci si avvicina lentamente, salendo, accompagnati dalla rassicurante presenza degli alberi. La casa si intravede a poco a poco, mano a mano che si sale, fino ad arrivare spontaneamente a un luogo ‘sicuro’, un riparo tra i rami degli alberi. La tettoia ha una forma sinuosa e organica, come quella di una strana macchia d’olio, ed è sorretta da fasci di pilastri di legno disposti in modo apparentemente casuale e con forme e orientamenti espressamente naturali. La continuità tra l’interno e l’esterno, mediata dalla presenza e dalla protezione della natura, non è una novità in architettura. Questo tema viene proposto infatti in molti spazi d’ingresso. L’originalità di Aalto sta nell’aver interpretato in forme moderne una tradizione che in realtà esiste da sempre. Lo stesso concetto lo abbiamo visto interpretato con altre modalità nella Glass House di Philiph Johnson (come annullamento della consistenza materica del margine) e nel basamento e nei gradini di Casa Farsworth e del Padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe (come spostamento del limite). Nella ennis House Wright ha fatto un’operazione analoga a quella di Aalto, utilizzando però strutture materiche e componenti naturali molto diversi. Egli raccoglie la materia dal mondo naturale, la lavora, la plasma e, in un certo senso, la progetta facendola filtrare attraverso la storia e la tradizione dei popoli, le loro tecniche costruttive, i loro segni e i loro simboli. Anche Aalto procede così, nel rispetto delle specificità dei materiali, degli alberi, dei fiori, dei colori e delle textures: il legno conserva le sue caratteristiche, il colore e la venatura, che la lavorazione non altera. La pietra, i cespugli, tutto è, con un gesto semplice e spontaneo, ‘raccolto’ nel bosco e allestito nello spazio costruito, di cui costituisce parte integrante e del quale sottolinea la presenza di uno spirito panico, proprio nel punto di massima fragilità, cioè sulla soglia. 2. René Magritte, La prospettiva amorosa, 1935, Collezione privata 198 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA 3. Veduta della pensilina rivestita di listelli di legno, sostenuta da fasci di pali di varie dimensioni e sezioni che danno continuità al paesaggio boschivo fitto di vegetazione ad alto fusto 4. Decorazioni naturalistiche e antropomorfe sulla soglia di una casa a Katmandu, Nepal I molti schizzi di Aalto per la soluzione d’ingresso testimoniano di una grande ricerca intorno ai problemi formali ma anche tecnicocostruttivi. L’ambiente d’ingresso era inizialmente più compresso e rigido nella configurazione (si veda la soluzione con la pensilina di forma rettangolare e con angoli smussati sorretta da quattro pilastri su tre angoli), poi via via la tettoia si è protesa verso l’esterno, definendo uno spazio protetto più ampio. Anche il disegno dei gradini è molto cambiato nel corso del tempo: da una soluzione più geometrica, con pedate a grandi lastre rettangolari in pietra, Aalto è approdato per fasi successive a un progetto più organico, con quattro gradini costituiti da piccole lastre di pietra tagliata a spacco letteralmente incastrate nella terra, in leggera pendenza. Nella versione definitiva la pensilina copre quindi una superficie sopraelevata rispetto al piano strada, con pavimentazione ad opus incertum, su cui poggiano i fasci di pilastri di legno che sostengono la copertura. I fasci di esili pilastri sono tenuti insieme con un legaccio di iuta, come la mano tiene il mazzo di stecchi colorati nel gioco dello Shanghai. La pensilina ha uno spessore di circa 35 cm e si compone di due tettoie indipendenti tra loro. La prima è staccata dall’edificio, sorretta solo dai pilastri e in una posizione più bassa; la seconda è più alta, in aggetto dalla facciata, ha un unico punto d’appoggio in angolo. La leggera sovrapposizione delle due parti e la loro sfalsatura di livel- III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA 5-8. Vedute esterne da e verso l’ingresso lo consente di illuminare fievolmente la zona d’ingresso proprio di fronte alla porta e, all’uscita, di vedere il cielo attraverso la stretta fessura che viene a crearsi. Aalto utilizza una forma organica molto simile a quella di Villa Mairea anche all’ingresso del Sanatorio di Paimio, ma con un ruolo e uno sviluppo molto diversi. A Paimio, infatti, la superficie ‘protetta’ non è uno spazio omogeneo e ampio dove è possibile soffermarsi, ma un sistema di connessioni (gradini e pianerottolo) che inducono a procedere oltre. La superficie della tettoia copre non solo questi elementi ma anche lo spazio d’arrivo delle auto e protegge così i pazienti che raggiungono in macchina l’ingresso dell’ospedale. Fin dall’antichità l’architettura ha valorizzato lo stretto legame tra l’uomo e la natura attraverso diverse forme e rappresentazioni plastiche e allegoriche, al fine di ingrazirsi le forze incontrollabili degli elementi, del vento, dell’acqua, del fuoco, e di preservare e proteggere così i luoghi più sacri. 199 200 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA 9. Schizzi di studio L’interpretazione antropomorfa che Vincenzo Scamozzi dà agli elementi che configurano lo spazio d’ingresso ripropone chiaramente questo concetto: “le porte vengono ad essere di tre sorti; cioè principali, meno principali, & ordinarie, ò accessorie: le principali imitano la bocca dell’animale, la quale si come la natura la fece nel mezo della faccia, così l’Architetto deve collocare la porta principale, nel mezo della faccia dell’edificio”1. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA 10. Schizzi di studio Anche in molte popolazioni preistoriche o arcaiche l’uso di una iconografia legata agli elementi naturali aveva lo scopo di comunicare con gli spiriti e con gli altri esseri non-umani, a cui per antropomorfismo venivano attribuite capacità e specificità umane. Uccelli, alberi sacri, fiori di proporzioni smisurate e coloratissimi si trovano sugli architravi e sugli stipiti di molte primitive soglie. Per esempio ai due lati dell’ingresso di una casa a Katmandu, in Nepal, sono dipinti occhi minacciosi a protezione dell’abitazione e sull’architrave sono tracciati dei motivi religiosi. Ma la composizione è dominata dalla presenza di figure di uccelli, vasi con tralci, erbusti e fiori che testimoniano il bisogno di un contatto più stretto con la natura2. Lo spirito che anima il progetto di Aalto è però diverso. Egli non attribuisce al rapporto con la natura in generale e alla sua soglia in particolare precisi caratteri apotropaici, nè inserisce speciali iconografie o decorazioni con figure vegetali, floreali o animali, ma elabora un progetto che esprime un modo di sentire lo spazio che è tipico del mondo nordico. In Aalto l’impiego di materiali naturali come il legno e la pietra, di forme organiche e di tecniche di lavorazione artigianali sono espressione di una grande sensibilità verso le necessità pratiche della gente, i loro usi, la disponibilità di materie prime e l’adeguamento alle condizioni climatiche estreme. 201 202 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA 11. Schizzi di studio Nonostante ciò non si deve pensare che la soglia di Aalto sia priva di significati simbolici, anzi. Chiediamoci quindi quali sono questi significati e, per concludere: è, questa soglia, un luogo? Gli antichi riti di passaggio ci danno l’occasione per fare alcune considerazioni, per esempio, sul ruolo iniziatico della betulla, uno dei legni più utilizzati da Aalto, non solo in questo progetto. Presso la III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA 12. Schizzi di studio popolazione primitiva dei Kancidali, l’uso della betulla è molto ricorrente: “subito dopo si portarono nella iurta dei rami di betulla, secondo il numero delle famiglie. Ognuno dei Kamciadali prese un ramo per la propria famiglia e dopo averlo piegato a forma di cerchio, lo fece attraversare due volte dalla moglie e dai figli. Questi, una volta usciti dal cerchio, si misero a girare in tondo. Presso i Kamciadali questo si chiama purificarsi dalle proprie colpe”3. 203 204 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA 13. Veduta del piccolo spazio-filtro tra la porta d’ingresso e l’atrio interno 14. Veduta dell’atrio interno “Risulta che la betulla è per i Kamciadali un albero sacro, impiegato nella maggior parte delle cerimonie, che depura e santifica. Una volta purificati, gli individui possono entrare nella iurta, passando attraverso la porta principale. Gli archi di betulle rappresentano il portico che separa il mondo sacro dal mondo profano”4. La pensilina di Aalto più che purificare attraverso un rituale sembrerebbe proteggere e accogliere con cura, e affidare allo spirito che è nei tronchi, nelle fronde e nella foresta intera, il compito di difendere il visitatore dalla neve e dal freddo. 15. Veduta esterna di una delle porte secondarie della villa Il dialogo di Aalto con il mondo della natura, sia nei progetti edilizi che in quelli d’interni e negli oggetti d’arredo, sono costanti, dialettici, sempre orientati a esplorare le potenzialità della materia, la sua lavorabilità, i suoi limiti. Mai come in Villa Mairea, però, la componente naturale è stata messa in gioco in modo così letterale, sia nello spazio esterno dell’ingresso, quello protetto dalla pensilina, sia nell’interno, nel piccolo atrio e nel soggiorno, dove i pilastri, la scala, i rivestimenti, tutto parla della ‘natura che sta fuori’. Come se non si volesse mai lasciare il bosco, l’aria aperta, i suoi colori e i suoi materiali, mai, nemmeno dopo essere entrati (e lo dimostra la grande vetrata che ‘apre’ il soggiorno verso la piscina e la boscaglia di pini). III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA 205 Note: 1. Vincenzo Scamozzi, Dell’idea dell’architettura universale, Venezia, 1615, p. 318. 2. Sul significato apotropaico dell’arte primitiva si veda: J. Eibl-Eibensbeldt, Etologia umana, Bollati-Boringhieri, Milano, 2001, pp. 450 e segg. 3. S.P. Krascheninnikov, Histoire et description du Kamtchatka, Amsterdam, 1760, I, pp. 130 e segg.. 4. V.A. Van Gennep, I riti di passaggio, Bollati-Boringhieri, Torino, 1981, pp. 176-177. 16. Alvar Aalto sulla soglia della sua casa a Noormarkku Nemmeno la piccola stanzetta di filtro, quella che si trova appena appena oltre la porta in legno dell’ingresso, chiusa tra due porte, sembra poter fare a meno di legarsi indissolubilmente con l’esterno, aperta verso il cielo con un lucernario circolare che la illumina di luce diffusa. Questo spazio non assolve alcun ruolo ‘depurativo’ o preparatorio e rappresenta solo il luogo in cui ci si pulisce e ci si toglie le scarpe, si ripongono i cappotti, ci si acclimata al tepore dell’interno e si ricacciano spifferi e folate di vento. Eppure la sua configurazione (la dimensione compressa, l’illuminazione zenitale, il tenue color crema delle pareti, l’essenzialità e la geometria dello spazio) si traduce in una esperienza spaziale cui non si resta indifferenti. La sequenza d’ingresso si riassume, quindi, in una successione di spazi con caratteri diversi e in una articolazione di gesti: dal fuori, protetto dalla pensilina, davanti alla soglia, ampio per poter riporre gli oggetti e gli indumenti pesanti o ingombranti; alla porta d’ingresso rivestita in listelli di legno, grande per accogliere amichevolmente e attrezzata con spioncino per non ‘spalancare alla cieca’; alla piccolissima zona-filtro, di decompressione; fino all’interno, quasi nel cuore della casa, dove un piccolo spazio, a questo punto sufficientemente schermato e difeso dal clima rigido, accoglie il benvenuto ospite in un ambiente caldo e confortevole. E’ piacevole soffermarsi brevemente in questo luogo. Non che ci sia modo di sedersi davanti o presso la soglia, eppure ci si ferma, rapiti e commossi. Riferimenti bibliografici: 1. Göran Schildt (a cura di), The architectural drawings of Alvar aalto: 1917-1939, Garland, New York, 1994, vol. X. 2. Peter Reed (a cura di), Alvar Aalto 18981976, Catalogo della mostra, Electa, Milano, 1998. 3. Karl Fleig, Alvar Aalto, Zanichelli, Bologna, 1978. 4. Leonardo Mosso, L’opera di Alvar Aalto, Edizioni di Comunità, Milano, 1965. 5. Richard Weston, Villa Mairea: Alvar Aalto, Phaidon Press, Londra, 1992. 6. Richard Westo, Alvar Aalto, Phaidon, Londra, 1995. 7. Scott Poole, ‘Elemental Matter in the Villa Mairea’, in: The New Finnish Architecture, Rizzoli, New York, 1992, pp. 18-27. 8. Göran Schildt, Alvar Aalto: The Complete Catalogue of Architecture, Design and Art, Rizzoli, New York, 1994. Fonti delle illustrazioni: 1. P. Reed (a cura di), Alvar Aalto 18981976, Catalogo della mostra, Electa, Milano, 1998. 2. G. Crepaldi, XX secolo Pittura, Electa, Milano, 2001. 3. Karl Fleig, Alvar Aalto, Zanichelli, Bologna, 1978. 4. J. Eibl-Eibensbeldt, Etologia umana, Bollati-Boringhieri, Milano, 2001. 5. R. Weston, Villa Mairea: Alvar Aalto, Phaidon Press, Londra, 1992. 6. R. Weston, Villa Mairea..., op. cit., 1992. 7. R. Weston, Villa Mairea..., op. cit., 1992. 8. R. Weston, Villa Mairea..., op. cit., 1992. 9. G. Schildt (a cura di), The architectural drawings of Alvar Aalto: 1917-1939, Garland, New York, 1994, vol. X. 10.G. Schildt (a cura di), The architectural..., op. cit., 1994. 11. G. Schildt (a cura di), The architectural..., op. cit., 1994. 12.G. Schildt (a cura di), The architectural..., op. cit., 1994. 13.R. Weston, Alvar Aalto, Phaidon, Londra, 1995. 14.R. Weston, Alvar Aalto, op. cit., 1995. 15. R. Weston, Villa Mairea..., op. cit., 1992. 16.A. Cornoldi, L’architettura della casa, Officina, Roma, 1988. 206 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 6 PENSILINA DI VILLA MAIREA Raccolta dei disegni 207 7 LE CORBUSIER, CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUCHET LA PLATA, (ARGENTINA), 1949 1. Veduta esterna del cancello d’ingresso. Il portale in cemento e la porta metallica III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET 211 Lo spostamento del limite Il cancello d’ingresso di Casa Currutchet è un esempio di sogliaoltre-la-soglia, in cui il vero ingresso dell’abitazione è spostato tutto verso l’esterno e la tradizionale separazione tra il dentro e il fuori viene tradotta nell’opposizione tra un esterno pubblico e un ‘privato ancora esterno’. La casa occupa un lotto urbano con affaccio su strada, ed è delimitata su tre lati da muri di confine spartifuoco e sul quarto lato da un ampio viale pubblico che costeggia il parco sul quale affaccia l’edificio. Vi si accede superando una soglia ‘esterna’, un cancello ma anche una porta, incorniciata da una struttura in cemento che genera una sorta di nicchia, posta su un piccolo podio, luogo di attesa e di presentazione. “Il cancelletto, con i suoi ricci e volute, è quasi una postierla da cui si entra nella casa con un percorso più discreto e meno formale: stridea l’uscio dell’orto. Infissi esternamente al muro del giardino che continua la fronte, tra il cancelletto e la porta d’ingresso principale, sono un paio d’anelli di ferro, del tipo detto campanella o sonaglio, dove una volta si legavano le cavalcature, ora le biciclette”. Giorgio de Marchis, Dell’Abitare, 1998 Come nella ‘Casa’ di Botero anche qui la tradizionale posizione del varco di accesso sembra essere negata dall’uso inedito dello spazio e delle sue relazioni con l’uomo e con l’ambiente. Il personaggio maschile nel dipinto, che sembra uscire dall’edificio, non si passa dall’usuale porta d’ingresso, ma da un punto laterale, come se il passaggio fosse indifferente alla necessità di un varco e la porta fosse solo la rappresentazione di se stessa o il veicolo di un messaggio, di una indicazione sull’interno, non una struttura funzionalmente utile o indispensabile come è nella realtà. La ‘Casa’ di Botero ci presenta un caso di spostamento del limite, solo percepito e immaginato nella sua localizzazione anomala. Nel progetto di Le Corbusier le porte d’ingresso all’abitazione e all’ambulatorio medico sono interne, non si vedono da fuori e non sono significative in termini spaziali e compositivi. La soglia interessante è invece quella rappresentata dal cancello d’ingresso, una specie di porta-totem che ribalta la storica interpretazione della ‘porta come varco nel muro’: non c’è più, qui, la parete opaca e invalicabile, delimitante e protettiva dello spazio, ma una ringhiera metallica a maglie quadrate molto larghe, che lascia intravvedere l’interno. La porta d’ingresso è l’esatto opposto: trasparenza e apertura si trasformano in opacità e chiusura. Le Corbusier rovescia le parti contrapponendo la massa muraria della porta alla recinzione diafana e immateriale. Il portale è costituito da un’anta metallica incorniciata da una struttura in cemento armato a vista molto spessa, la cui composizione essenziale e compatta e la cui posizione rispetto allo spazio esterno e allo stesso edificio ci inducono a fare alcune osservazioni. Una prima considerazione va fatta in merito alla localizzazione del punto di passaggio, tutto esterno rispetto all’edificio, con un valore più urbano che residenziale, tale da istituire relazioni più col parco e con lo spazio pubblico che con la casa vera e propria. Lo spostamento del limite consente a Le Corbusier di trattare già come un interno lo spazio aperto che sta oltre il cancello da cui parte una rampa (come un corridoio in salita) che conduce agli ingressi veri e propri. 2. Fernando Botero, La casa, 1995 212 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET 3. Veduta esterna dal parco 4. Modello dell’edificio in cui sono riconoscibili i diversi elementi che compongono la facciata: la copertura su pilotis, la parete brise-soleil, il portale d’ingresso La sequenza cancello-rampa-porte d’ingresso ha una tale unità e continuità, da rappresentare, a mio giudizio, la soglia-luogo che stiamo cercando. Una seconda osservazione va fatta sulla forma della porta. Le Corbusier progetta un punto di passaggio molto semplice, rigoroso nella sua geometria rettangolare, ma vi inserisce alcuni particolari che ne rendono complesso il significato. La porta è un’anta in ferro, liscia, con una semplice maniglia metallica di geometria squadrata. Nient’altro. La cornice è una struttura in cemento a vista appoggiata su un piccolo podio rettangolare che separa leggermente lo spazio dell’attesa da quello del movimento esterno e pubblico. La riquadratura della porta definisce un breve spazio, profondo circa cinquanta centimetri, in cui è possibile fermarsi, protetti dall’architrave della porta. I due stipiti hanno una sezione trapezioidale e disegnano una specie di ‘spazio a imbuto’, un portale strombato che fa confluire il movimento e concentra l’attenzione sulla porta d’ingresso. Questa geometria non prosegue all’interno, magari in direzione opposta, ma si conclude con la porta metallica, quasi a definire l’ormai avvenuto ingresso nella proprietà. Sul lato di destra si trovano un campanello e un citofono per comunicare con l’interno. In questo progetto Le Corbusier conferisce totale autonomia alle parti, all’anta, alla cornice, al podio, alla recinzione, alla rampa e all’intera composizione del cancello rispetto alla facciata dell’edificio. Per contrasto possiamo mettere a confronto questo ingresso III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET 5. Pianta del piano terra con quello di Villa Savoye a Poissy, dove la porta (difficilmente individuabile all’esterno) è anonimamente ritagliata nella parete curvavetrata del piano terra, dove solo per intuito, dopo aver girato intorno alla casa, si deduce vi sia l’accesso. Il cancello d’ingresso di La Plata è una presenza plastica, scultorea. L’ombra profonda ne sottolinea la geometria e fa risaltare la scabrosità delle superfici. Plastico è anche il trattamento del fronte principale dell’edificio, con la grande grata brise-soleil ‘appoggiato’ alla facciata di cui definisce il disegno complessivo. Tutto il progetto sembra quindi risolversi nella varietà e articolazione dei rapporti tra i pieni e i vuoti, tra la luce e l’ombra, nell’incrocio delle linee orizzontali e verticali e nella scomposizione delle parti. Un’ultima considerazione va fatta in merito al significato di questa soglia, che, come abbiamo detto, definisce e supera la discontinuità tra il pubblico e il privato, piuttosto che tra l’esterno e l’interno. Essa non è la tradizionale porta d’ingresso all’abitazione, e nemmeno un semplice cancello a chiusura della recinzione esterna, ma rappresenta, a tutti gli effetti, il vero punto d’ingresso allo spazio privato, articolato internamente in giardino coperto, abitazione e studio medico. Superato questo limite, si presenta al visitatore una ‘passeggiata architettonica’, un percorso articolato in rampe pedonali e carrabili, in un patio coperto, alberi, aiuole. Il punto dell’ingresso diviene il luogo significativo dell’accedere solo grazie alla presenza di pochi elementi importanti quali la piastra (il ‘podio’) che delimita lo spazio e ne caratterizza la funzione sia rispetto alla strada pubblica che al patio interno coperto; il portale strombato, una specie di rivisitazione in chiave moderna dei portali ad anelli delle cattedrali gotiche (qui l’effetto di profondità è generato dalla texture prodotta dalla disposizione verticale dei legni dei casseri in cui è stato gettato il cemento piuttosto che dal complesso apparato scultoreo); la porta in ferro che sottolinea l’importanza e il ruolo predominante di controllo del flusso sul varco di passaggio, totalmente opaca rispetto alla recinzione che consente, invece, una totale permeabilità visiva. 213 214 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET 6, 7. Le Corbusier, Ville Savoye, Poissy, Francia, 1929-30 8. Veduta esterna del cancello d’ingresso L’uomo è accolto brevemente in questo spazio esiguo. Il gesto è essenziale, ridotto alla comunicazione della presenza del visitatore tramite il campanello e all’accesso. Non è prevista l’accoglienza fisica, diretta, da parte del padrone di casa, che al più risponde al citofono, né la possibiltà di soffermarsi a dialogare. Eppure ritengo che questa soglia, benché ‘spoglia’ nei suoi caratteri formali e decorativi, rappresenti un luogo significativo, per la sua sua localizzazione su una inedita linea di confine tra il dentro e il fuori, per i suoi caratteri figurali e plastici che la isolano rispetto al tutto e le attribuiscono un importante ruolo comunicativo e, infine, per la creazione di una spazialità semplice ma articolata nel contempo (stret- III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET 9. Veduta della rampa che dal cancello conduce al livello di accesso dello studio medico e dell’abitazione privata toia d’ingresso, podio sopraelevato, protezione tramite la copertura superiore) e di una complessa sequenza di gesti (si sale il gradino, si è raccolti in uno spazio chiuso su tre lati, si suona e si parla al citofono sulla destra, si afferra la maniglia e si apre la porta sulla sinistra). Questa soglia è un luogo. 215 Riferimenti bibliografici: 1. Willy Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, Zanichelli, Bologna, 1987. 2. Le Corbusier. Project Roq and Rob, Requebrune - Cap Martin and other buildings and projects, 1948-1950, Foundation Le Corbusier, Parigi, 1984. 3. Giuliano Gresleri (a cura di), 80 disegni di Le Corbusier, Alinea, Firenze, 1987. 4. H. Allen Brooks (a cura di), Le Corbusier 1887-1965, Electa, Milano, 1993. 5. Le Corbusier Carnets, Electa, Milano, 1982. 6. W. Boesiger (a cura di), Le Corbusier et Pierre Jeanneret 1910-1929, Les Edition d’Architecture, 1988. 7. François Choay, Le Corbusier, Il Saggiatore, Milano, 1960. Fonti delle illustrazioni: 1. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, Zanichelli, Bologna, , 1987. 2. ‘Botero’, in: Le grandi monografie, Fabbri, New York, 1997. 3. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987. 4. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987. 5. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987. 6. M. Tafuri, F. Dal Co, Architettura Contemporanea, Electa, Milano, 1988. 7. A. Cornoldi, L’architettura della casa, Officina, Roma, 1988. 8. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987. 9. W. Boesiger, H. Girsberger, Le Corbusier, op. cit., 1987. 216 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 7 CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET Raccolta dei disegni 217 8 CARLO SCARPA, PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO VERONA (ITALIA), 1957-73 1. Veduta del percorso di accesso al Museo III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO 221 L’articolazione della forma genera il movimento Il percorso di ingresso del Museo di Castelvecchio1 è una sequenza articolata di segni, di frammenti e di spazi; una successione di passaggi e pause, che invitano ora al movimento ora alla sosta, alla ricerca e alla meditazione. Si supera il fossato che separa il castello dalla città, calpestando l’antico legno del ponte levatoio e si entra nell’atmosfera pesante e umida della torre d’ingresso. La sensazione è istantanea e brevissima. Si è già fuori, all’aperto, e si cammina sulla ghiaia fine. Proprio di fronte due siepi corrono parallelamente lungo l’asse longitudinale del cortile e assorbono il leggero digradare del terreno da est a ovest, generando, all’altezza dell’occhio umano, una linea orizzontale che conduce lo sguardo a destra e a sinistra. Si vede la facciata del palazzo con le finestre binate in gotico veneziano. Si vede la statua di Cangrande, in una profonda frattura della fabbrica. E si vede l’ingresso, tutto spostato a destra. Oltre le siepi si percepisce un lieve rumore d’acqua in movimento e si intravedono i piani, i volumi e i colori della pietra. Si muovono pochi passi sulla ghiaia, che produce un rumore secco, fino alle prime lastre di pietra rosa. Il percorso di ingresso vero e proprio emerge dalla superficie indifferenziata della ghiaia, segnato dalla pavimentazione in pietra levigata e da un muretto su cui si può sostare a riposare. Le lastre di pietra non sono tutte uguali, non tutte lisce, la superficie di alcune è tagliata a spacco, alcune sono bianche, altre rosa, alcune molto grandi. Su questo percorso si susseguono siepi, basse vasche d’acqua, fontane, sculture, fino ad arrivare ad un muro che, piegandosi su se stesso, divide in due l’ingresso, supera il limite della porta vetrata e raggiunge lo spazio dell’atrio. In questo punto è come se l’interno facesse capolino e invitasse il visitatore a penetrare il mistero dello spazio. “Ogni soglia superata è un passo avanti compiuto con grande fatica, ogni porta attraversata un gradino salito, in un eterno ricominciare, in cui la ruota dell’esistenza si amplia e si alleggerisce, trascinando l’universo in un girotondo a spirale”. O. Marc Un dipinto di Beato Angelico raffigura una analoga articolazione spaziale e temporale. Il trittico di Perugia mette in scena una sequenza di eventi della vita di San Nicola (la Nascita, la Vocazione e l’Elemosina alle tre fanciulle povere), presentati tutti sulle soglie di diversi edifici. I luoghi di connessione tra l’interno e l’esterno, offrono all’autore l’occasione per ‘spiare’ azioni ed eventi, ma anche, e lo si scorge nelle figurina affacciata alla porta della chiesa in ultimo piano, per introdurre un altro significato: essi non rappresentano solo le aperture attraverso cui ‘guardare’ l’azione, ma anche un luogo in cui l’azione si compie. Nella rappresentazione della consequenzialità e della contemporaneità dei gesti, si racconta di diverse soglie, portali, ante, cornici, dislivelli, gradini, rapporti cromatici e luministici, una articolazione di piani temporali, di situazioni e di eventi. Come è leggibile nell’intero processo di progettazione del Museo di Castelvecchio, basato su una dialettica continua tra i momenti della mano e i momenti del pensiero, anche nello specifico percorso 2. Beato Angelico, Trittico di Perugia con storie di San Nicola, 1437, Roma, Pinacoteca Vaticana 222 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO 3. Planimetria generale del castello 4. Veduta del percorso di accesso d’ingresso si realizza una sintesi dei due ritmi della dinamica e della statica, del movimento e dell’attesa, del lavoro e del riposo; e si dipana un itinerario di emozioni e di frammenti (gli attimi concessi alla natura, alle pietre, all’erba e all’acqua, raccolta e condotta in modo da mostrarsi e da non disperdersi, o fatta scorrere in modo da rendersi poeticamente sonora). Scarpa mette in scena un cerimoniale che inizia appena si oltrepassa il ponte levatoio, con la visione d’insieme del cortile. Le dimensioni e le proporzioni di questo luogo ampio, arioso e tranquillo trasportano il visitatore in un altro livello dello spazio e del tempo, un’oasi lontana dai rumori della città e così vicina invece ai suoni della natura e del fiume. All’interno del cortile si è già all’interno del museo, alla presenza dell’arte e delle sue opere. Da qui Scarpa conduce il visitatore in un tragitto non assiale, sottoposto a cambiamenti di livelli, di materiali, di geometrie, di dimensioni, di tessiture e di colori che si svela di passo in passo mostrando eventi e dettagli sempre più approfonditi. Sembra la partitura musicale dei ‘Quadri di un’esposizione’ di Musorgskij2, che traduce in suoni l’esperienza della visita alla mostra di olii e acquarelli dell’amico architetto russo Victor Hatmann, allestita a Mosca nel 18743. I ‘Quadri’ sono una composizione semplice, basata sull’alternanza di movimento e pause meditative, ma articolata da variazioni, alterazioni, connotazioni timbriche che ogni quadro imprime al passaggio, come se questo lasciasse un’impronta di sè nel visitatore, la memoria dell’esperienza della percezione artistica. Una sequenza analoga si riconosce nel percorso di Scarpa: con il movimento dell’incedere il visitatore accumula esperienze e informazioni diverse, fino ad arrivare alla sala d’ingresso, su cui gravitano molti ambienti e molte soglie. Il percorso scarpiano si riassume nella sintesi di passaggi e pause tra eventi naturali e opere d’arte, con rimandi, ritorni e ripetizioni, e in questo si può cogliere il carattere formativo del III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO 5. Assetto primitivo del cortile con giardino all’italiana e percorso carrabile assiale 223 6. Prima ipotesi di spostamento della statua del Cangrande presso l’ingresso all’estremità destra della facciata principale ‘progetto del movimento’ come del ‘progetto dell’architettura’ di Castelvecchio, che poggia sull’idea di lasciare al visitatore la libertà di scegliere il proprio cammino e le relazioni da instaurare di volta in volta con lo spazio, con l’opera d’arte e con il dettaglio di architettura. L’intervento di Scarpa modifica l’originario percorso d’accesso al museo (prima si accedeva a una sala al centro dell’attuale galleria delle sculture attraversando un ampio percorso sterrato che divideva in due un giardino all’italiana) spostandolo all’estremità destra del fronte principale nord, per renderlo più complesso e movimentato. Il cortile assume così una configurazione più unitaria e si trasforma in una pecie di antica agorà, in cui il visitatore può muoversi liberamente tra le torri, le mura, i canali, le vasche specchianti, le siepi, i colori e i materiali della natura e dell’architettura costruita. Il movimento del visitatore non è lineare e rettilineo, ma segmentato in continue partenze e ritorni del corpo e della memoria, come nel ‘Laberinto’4 di J.L. Borges, quello del Minotauro, dell’oscillare continuo tra incertezze e corse disperate, del procedere per prove ed errori, del ritmo e della ripetizione. La metafora della respirazione sembra calzante: “come nell’ispirazione il torace si espande, così chi entra nel labirinto viene portato dapprima, con una sorta di respiro vigoroso, verso l’interno, e poi, dopo l’espirazione, in prossimità del centro, viene condotto di nuovo verso l’esterno nella fase di successiva respirazione, e si ritrova, dopo una nuova espirazione, al centro”5; o come il movimento sviante del ‘Kleines Harmonisches Labyrinth’ di J.S. Bach, dove la varietà della struttura armonica, il numero delle modulazioni e delle tonalità toccate, provocano una momentanea perdita di orientamento nel nesso delle funzioni armoniche. La lettura analitica dell’opera di Scarpa mette in luce i diversi temi di cui abbiamo fin qui discusso. Scomponendo l’itinerario in una successione di momenti del gesto e nella sequenza di spazi (percorso di ingresso, spazio dell’attesa, porta/e, sala d’ingresso) si colgono interessanti particolari. 224 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO 7. J.S. Bach, Kleines Harmonisces Labyrinth 8. Veduta del percorso di ingresso Il percorso d’ingresso inizia con la sequenza di tre lastre quadrate in pietra di Prun di colore rosso, di dimensioni variabili e fiancheggiate da un basso muretto in calcestruzzo che racchiude la pavimentazione e fa confluire i visitatori verso i tre ingressi separati del museo, degli uffici e della sala Boggian. Quello in prossimità del muretto è anche il primo spazio di sosta attrezzato, luogo di meditazione e di contemplazione della più vasta opera d’arte esposta (il castello) nella più grande sala espositiva del museo (il cortile). Da questo punto il visitatore intravvede l’ingresso, scorge il percorso e le tappe per arrivarvi. Da qui inizia una successione di tredici lastre in pietra levigata, di colore bianco (Biancone di Prun), di dimensioni 160x318x8 cm, intervallate da due lastre più strette con superficie a spacco, di dimensioni 26x318x8 cm, in corrispondenza dell’innesto dell’approdo a una piccola fontana. Questo scarto dimensionale delle lastre in pietra evidenzia il compiersi di un primo evento allegorico, la cerimonia dell’acqua: l’accedere alla fonte per dissetarsi si trasforma in un rituale col semplice gesto di appoggiare un solo piede su una pietra che pare galleggiare sull’acqua. Superfici e linee spezzate, piani sovrapposti, mensole e sbalzi, vassoi di pietra o di calcestruzzo e aiuole di varie forme e dimensioni caratterizzano lo spazio d’ingresso alla sala Boggian. Da questo punto parte una grande vasca d’acqua, poco profonda (sul modello dei giardini arabi), con la superficie dell’acqua a filo del pavimento. A questo specchio d’acqua e alla grande fontana, ricollocata qui dalla sua sede originale sulla facciata nord, Scarpa offre una scenografia di fondo costituita da un muro spezzato che nasconde parzialmente le porte di accesso degli uffici, per i quali crea un piccolo spazio di ingresso esterno schermato. Il percorso è in graduale salita, per cui in prossimità dell’ingresso il filo dell’acqua della vasca viene ad essere allo stesso livello del pavimento. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO 9. Schizzi di progetto Lungo il percorso cresce l’intimità di relazione con il luogo, l’arte, la storia, e questo è leggibile per esempio nella riduzione dimensionale degli elementi, nell’aumentare delle soluzioni di dettaglio, e nell’allestimento di un vero e proprio ‘interno’ delimitato da piani orizzontali e verticali, presso la zona dell’ingresso. In questo spazio non si può non rimaenere affascinati dall’originalità delle soluzioni formali, materiche e cromatiche e dalla particolare interazione tra le linee semplici (le soglie, le congiunzioni tra le lastre, le discontinuità tra i materiali) e le superfici bidimensionali (le pietre e gli specchi d’acqua, il prato, la ghiaia e le pareti verticali). Nello spazio dell’attesa in prossimità dell’ingresso, la presenza di setti verticali (il muro passante attraverso il varco di entrata/uscita) e di volumi compatti (il sacello e il sarcofago) genera la sensazione di stare all’interno di una stanza all’aperto, Il sacello (chiamato da Scarpa il ‘bunker’), dove sono esposti preziosi reperti longobardi, consiste in un volume compatto che si protende verso l’esterno passando attraverso una apertura ad arco. Quasi nascosto da un muro obliquo in calcestruzzo, è rivestito da blocchetti di pietra di colori diversi (bianco, rosa e malva), di superfici scabre e lisce, secondo un motivo decorativo ripreso da un quadro di Alberg. Accanto al sacello si trova un sarcofago in pietra di colore rosa riccamente scolpito. Il rapporto di vicinanza e il trattamento decorativo dei due volumi (la minuta istoriazione dell’uno e la geometrica configurazione dell’altro) producono un immediato contrasto. Nella pavimentazione di questa parte si leggono, invece, variazioni nel colore e nelle tecniche di lavorazione delle superfici, irregolarità nelle giunzioni tra le la- 225 226 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO stre e riduzione delle loro dimensioni, come se movimento da un lato venissero posti gli ultimi filtri, e dall’altro si imprimesse urgenza e accelerazione. 10. Il percorso di ingresso. La fontana presso il percorso di accesso 11. Il percorso di ingresso. La lastra in pietra sulla vasca d’acqua, per appoggiare il piede e accedere alla fontana Nell’ingresso a Castelvecchio l’atto dell’accedere è separato idealmente e fisicamente da quello dell’uscire, infatti il varco di passaggio unisce e separa i gesti attraverso la distinzione tra le due porte, una per entrare e una per uscire, divise da un muro che svolta ad angolo retto alle estremità e che si protende verso l’esterno ad accogliere i visitatori e nel movimento dall’interno verso l’esterno, a dirigerli verso l’uscita. In una prima soluzione il muro svoltava in modo da proteggere la porta d’uscita, con un carattere meno dinamico; successivamente Scarpa modifica il verso del ripiegamento al fine di generare un ultimo breve spazio di attesa prima dell’accesso vero e proprio. La divisione in due del varco d’ngresso sembrerebbe una reinterpretazione dell’epica frase di Alberto il Grande: “Vi erano, in Germania, bambini gemelli, di cui uno apriva le porte toccandole col suo braccio destro e l’altro le chiudeva toccandole col sinistro”, che delinea la presenza di due esseri nella porta, di due direzioni di sogno e di due significati simbolici6. L’atto umano viene tradotto in un evento cerimoniale e in una architettura che reinterpreta la labirintica esperienza del perdersi e del ritrovarsi al punto di partenza. Facciamo ancora qualche considerazione sul significato della distinzione tra i due movimenti di ingresso e uscita. Otto Friedrich Bollnow, nel saggio ‘Mensch und Raum’, osserva: “Il doppio movimento dell’andare e del ritornare riflette una differenziazione dello spazio in due zone, quella interna più ridotta, circondata concentricamente da un’altra esterna più grande: l’una rappresenta il mondo intimo della casa, l’altra il mondo esterno, in cui l’uomo esce e da cui rientra. La distinzione tra le due zone è di importanza fondamentale per la strutturazione dello spazio esistenziale”7. Questo concetto è portato alle estreme conseguenze, amplificato nel valore formale ed espressivo, nelle porte urbane di Michele Sanmicheli. Nella Porta Palio di Verona i due fronti, quello rivolto al centro urbano e quello rivolto alla campagna, presentano un trattamento decorativo e materico molto diversi. Nel progetto c’era la volontà di trasmettere una informazione sull’oggetto, sul suo ruolo e sul suo significato: chi si muoveva dalla campagna verso la città si trovava davanti a una porta classica, di nobili paramenti marmorei, in stile ionico, leggero ed elegante, di composizione rigorosa ed equilibrata; chi, al contrario, giungeva ai margini del centro e andava verso la periferia oltrepassava un pesante portale bugnato, in stile dorico, di grande effetto plastico, esaltato dalle ombre e dalla matericità della pietra grezza. Questa porta esprime la doppia immagine della vita: da una parte quella cittadina, raffinata e colta, dall’altra quella agreste, semplice e rozza. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO 12. Veduta del percorso con la meridiana e la grande vasca d’acqua in primo piano Nel muro che divide in due il varco Scarpa sottolinea il doppio senso e il doppio significato del movimento anche con una differenziazione del colore nelle due facce: quella rivolta verso l’entrata è grigia e quella rivolta all’uscita è di colore nero Germania. Il tempo ha contribuito a sottolineare la diversità, tanto che oggi la faccia d’entrata, dilavata dall’acqua piovana e dalle colature di ruggine, presenta una sfumatura rosata, in contrasto con il lato nero, meno battuto dal sole e dall’acqua, dove si è fissata una patina opaca. Lo ‘stare in mezzo’ del muro, sospeso tra un dentro e un fuori, mette il luce altro aspetto nell’opera scarpiana, cioè il senso di continuità, che ritroviamo anche nel percorso di ingresso alla Fondazione Querini-Stampalia a Venezia. E’ l’acqua ad accompagnare il visitatore, e a stabilire gli elementi e le regole della composizione (il ponte, la vetrata, la vasca di pietra). Questo tema si coglie anche nell’originario portale del palazzo storico, oggi non utilizzato come accesso. Per questo varco Scarpa progetta un cancello che si apre a livello del canale e accoglie l’onda della marea. Così l’acqua può raggiungere le canalizzazioni liberamente, secondo il naturale ciclo lunare. Come qui, anche a Castelvecchio i punti passaggio sono delicati, e Scarpa li studia in molte, moltissime varianti. Significativi, al riguardo, sono gli schizzi di studio del muro e della porta d’ingresso. A un certo punto, infatti, compaiono alcuni disegni con una doppia bussola per ciascuna delle due porte del varco d’ingresso e con un particolare paramento decorativo del muretto, con tessere di marmo colorato simili a quelle usate per il sacello. Alla fine si è abbandonata l’idea delle bussole e si è optato per una rifinitura a calce rasatapiù simile a quella degli interni, trattati con gli stessi materiali. Scarpa chiude il varco con una doppia porta vetrata, con un telaio d’acciaio rivestito da tavole di larice smussate agli angoli, in modo 13. Il varco di passaggio 227 228 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO 14. Lo spazio dell’attesa. Il sacello e il sarcofago 15. Il varco di passaggio. Interno da lasciare in vista la struttura metallica. Il disegno del telaio riprende i ritmi verticali della facciata e conferisce alle vetrate un grande dinamismo. 16. Michele Sanmicheli, Porta Palio, Verona, c. 1549 La sala d’ingresso, spostata dal centro della facciata nord all’angolo destro del cortile, è un ambiente di forma quadrata, con una distribuzione spaziale complessa, sintesi di percorsi, di porte e di attrezzature di servizio (biglietteria, bookshop e deposito bagagli). Su questo spazio gravitano ben quattro soglie, oltre alle due di entrata e uscita: una che dà accesso alla galleria delle sculture, una che introduce alla piccola saletta in spessore di muro, una che porta alla biblioteca e, infine, una che all’uscita, a conclusione della visita. Ognuna di queste soglie è sottolineata da elementi diversi: a) il portale della galleria delle sculture, ad arco, con due grandi lastre in pietra di Prun rosa finite a spacco, e appoggiate verticalmente ai lati del varco, ha una pavimentazione in riquadri di calcestruzzo frattazzato a staggia e lisciato con liste in pietra di Prun. La discontinuità della linea di soglia, data da una differenza di quota tra il piano di pavimento dell’atrio e quello della galleria, è assorbita da una sequenza di livelli sfalsati nello spessore del muro. Le lastre della pavimentazione non si concludono a ridosso della parete, ma rimangono leggermente staccate da questa, incorniciate da un cordolo di marmo bianco che sottolinea la forma chiusa, una costante dell’opera scarpiana; b) la nicchia, ricavata nello spessore del muro proprio di fronte all’entrata, è leggermente compressa e rialzata, uno spazio angusto da cui è possibile scorgere il fiume. A questo spazio si accede tramite una III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO 229 17. La sala d’ingresso. Le quattro ‘soglie: il portale ad arco della galleria delle sculture, la porta sagomata della nicchia, la scala in pietra della galleria dei dipinti, i gradini di accesso alla biblioteca porta sagomata, con una soglia a gradino ritagliata nella mezzaluna della parete. E’ un semplice luogo di sosta e di riflessione, e uno dei momenti più poetici del museo; c) la scala in pietra che collega la galleria dei dipinti al primo piano con l’ingresso e chiude il percorso espositivo, è schermata da un pannello a gradoni e dal corpo del radiatore. In questo punto si può scegliere se ritornare alla biglietteria e al bookshop o se uscire direttamente. Nella prima ipotesi si supera un altro dislivello di circa venti centimetri risolto con un gradino ricavato da un unico blocco di marmo rosso, di composizione asimmetrica e a sbalzo; d) l’ingresso alla biblioteca è sottolineato da un altro gradino di marmo rosso sagomato con riquadri rettangolari di dimensioni diverse (una rappresentazione della diversa pressione esercitata sulla superficie della pietra nell’atto del salire col piede destro e con il sinistro). Per concludere, alcune riflessioni e un ultimo interrogativo rivolto a Scarpa ‘sulla’ soglia: che senso ha l’ingresso al Museo di Castelvecchio? Cosa vuole dire o rappresentare? Note: 1. Rimando alle opere monografiche gli approfondimenti sul progetto scarpiano. 2. L’opera fu scritta in origine da Musorgskij per pianoforte e orchestrata nel 1929 da Maurice Ravel. 3. I quadri sono dieci e intervallati da un tema, la passeggiata (Promenade), che accopampagna il visitatore lungo le sale dell’immaginaria pinacoteca. Questo tema non si presenta però sempre uguale: nel corso dell’Esposizione esso subisce delle variazioni, come se il bagaglio culturale ed emotivo del visitatore crescesse di quadro in quadro, tanto da modificare il ritmo della percezione nel passaggio lungo le diverse tappe, fino ad arrivare all’ultimo quadro, ‘La grande Porta di Kiev’ (che descrive una monumentale soglia urbana), con una musica violenta e inarrestabile, un’ultima corsa del visitatore verso l’epilogo trionfale, l’apoteosi dell’ingresso. Il passaggio si compie qui. La visione dei dipinti si completa nella piena soddisfazione del loro fruitore e la raggiunta meta è effigiata nell’immagine della porta monumentale. 4. J.L. Borges, ‘Laberinto’, in: Elogio de la sombra, Emecé Editores, S.A., Buenos Ai- 230 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO res, 1969: “No habrá nunca una puerta. Estás adentro y el alcázar abarca el universo / y no tiene ni anverso ni reverso / ni extrerno muro ni secreto centro. / No esperes que el rigor de cu camino / que tercamente se bifurca en otro, / que tercamente se bifurca en otro, / tendra fin. Es de hierro tu destino / como tu juez. No aguardes la embestida / del toro que es un hombre y cuya extraña / forma plural da horror a la maraña / de interminable piedra entretejida. / No existe. Nada esperes. Ni siquiera / en el negro crepuscolo la fiera.” Si veda anche ‘El laberinto’, dove è citato il movimento lungo le circonvoluzioni interne del Labirinto di Creta: “[...] sigo el odiado camino / de monótonas paredes / que es mi destino. Rectas galerías que se curvan en círculos secretos / al cabo de los años. Parapetos / que ha agrietado la usura de los días. ...” 5. Hermann Kern, Labirinti. Forme e interpretazioni. 5000 anni di presenza di un archetipo, Feltrinelli, Milano, 1981. Questo movimento è descritto anche in un manoscritto dell’XI secolo da una poesia che accompagna il disegno di un labirinto attribuito a re Salomone. Un passo, significativamente, recita: “Il labirinto ha una porta disposta obliquamente e difficilmente accessibile: / Per quanto tu corra, se dall’esterno vuoi affrettarti a raggiungere il centro, / di altrettanto ti riporta, con i suoi compatti meandri, / dalle spire più interne a quelle più lontane”. 6. Si veda: Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975, p. 245. 7. O.F. Bulluow, Mensch und Raum, Stuttgart, 1963, p. 81. Riferimenti bibliografici: 1. Richard Murphy, Carlo Scarpa e Castelvecchio, (ed. ital. a cura di Alba di Lieto e Arrigo Rudi), Arsenale Editrice, Venezia, 1991. 2. Guido Beltramini, Kurt W. Foster, Paola Morini (a cura di), Carlo Scarpa. Mostre e musei 1944-1976. Case e paesaggi 1972-1978, Catalogo della mostra, Electa, Milano, 2000. 3. B. Albertini, S. Bagnoli, Scarpa. L’architettura nel dettaglio, Jaca Book, Milano, 1988. 4. Sergio Los, Carlo Scarpa: an architectural guide, Arsenale, Venezia, 1995. 5. Maria Antonietta Crippa, Carlo Scarpa: il pensiero, il disegno, i progetti, Jaca Book, Milano, 1984. 6. Carlo Scarpa, A+U Publ., Tokyo, 1985. 7. Ada Francesca Marcianò (a cura di), Carlo Scarpa, Zanichelli, Bologna, 1984. 8. L. Magagnato, ‘Cangrande della Scala a Castelvecchio di Verona’, in: M. Gamberi e A. Piva (a cura di), L’opera d’arte e lo spazio architettonico, Milano, 1988, pp. 49-58. 9. C. Hoh-Slodczyk, Carlo Scarpa und das Museum, Berlino, 1987, pp. 90-103. 10. Alba di Lieto, ‘Alcune note sui materiali del restauro di Scarpa a Castelvecchio’ in: Civiltà veronese, 7, 1987, pp. 75-82. 11. L. Magagnato, ‘Il museo di Castelvecchio e la continuità dei criteri museologici, in: G. Rezzonico (a cura di), Museo oggi, Milano, 1986, pp. 122-129. 18. Carlo Scarpa, Fondazione Querini-Stampalia, Venezia, 1961-63 La soglia di Scarpa va letta in termini spaziali come successione di ‘ambienti’ che connettono dentro e fuori, e congiungono il mondo della natura e quello dell’operare artistico. La porta che segna il definitivo accesso all’edificio non rappresenta ciò che separa, ma ciò che unisce i due mondi, non li recide ma li collega; e il percorso che scandisce il suo raggiungimento si sviluppa per tappe e produce un senso di coinvolgimento. In un certo senso esso contribuisce anche a educare il visitatore, come avviene in un processo didattico di lenta e paziente trasmissione del sapere tramite suggerimenti e rimandi, delusioni e conquiste, evoluzioni e ritorni. La frattura che si rileva nei punti nevralgici del passaggio va quindi letta non come separazione, ma come continuità tra due momenti diversi ma intimamente legati. Questo tema, che è in realtà un problema di progettazione, del confine e della connessione tra due territori, è ricorrente nell’opera di Scarpa, quindi ne è pertinente la ricerca e l’analisi: Scarpa usa i punti di soglia come espedienti per approfondimenti di dettaglio e ricerche sul significato delle relazioni tra gli spazi architettonici. Nella soglia di Castelvecchio sono presenti molti di questi espedienti, li abbiamo visti: setti che ‘forano’ pareti e oltrepassano varchi, volumi che si pongono a metà tra la linea dell’essere-dentro e dell’essere-fuori, separazioni di gesti (entrare e uscire) e unificazione di spazi (porta di ingresso e porta di uscita), sequenza di eventi, ciclicità del movimento, andate e ritorni, tempi per incedere e tempi per fermarsi. La soglia è quindi cerniera, gesto e cerimonia. Il punto in cui si manifesta la III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO 19. Carlo Scarpa ‘sulla’ soglia della Fondazione QueriniStampalia, Venezia drammaticità del rito e la tensione del luogo che accoglie il cambiamento di stato. Vista l’importanza e il significato attribuiti al gesto del passare, ogni passaggio in Scarpa è quindi un luogo notevole che egli sottolinea e fa risaltare; e ogni passaggio, restringimento o strozzatura, si trasforma in un punto magico, oltrepassato il quale non si è più gli stessi (la ricchezza dei dettagli, dei segni e dei materiali preziosi utilizzati ne sono testimoni). E in risposta al passaggio vi è sempre una pausa, un guidato distacco momentaneo dell’attenzione, una brezza, un istante per divagare. Il percorso di ingresso al Museo di Castelvecchio sembra suggerire ai suoi visitatori di procedere con calma, di concedersi il tempo della pausa e del silenzio, senza fretta, per comprendere, assimilare e apprezzare; e per assaporare ciò che il luogo, la natura e l’arte hanno disseminato lungo il cammino. Perché solo dopo aver raggiunto una sufficiente sensibilità artistica, allora saranno in grado di avvicinarsi all’arte. Quindi di entrare. 231 12. S. Marinelli, Museo di Castelvecchio, Verona, Venezia, 1983. 13. AAVV, Carlo Scarpa et le musée de Verone, Catalogo della mostra, Institut Culturel Italien de Paris, Parigi, 1983. 14. L. Magagnato, ‘Il museo di Scarpa: il percorso museografico del Castelvecchio di Verona’, in: Lotus International, 35, 1981, pp. 75-85. 15. L. Magagnato (a cura di), Carlo Scarpa a Castelvecchio, Catologo della mostra, Milano, 1981. 16. S. Esposito, ‘Carlo Scarpa a Castelvecchio. Ineffabilità e correlazione’, in: Casabella, 483, 1981. 17. AAVV, ‘Carlo Scarpa. Frammenti (1926/1978), in: Rassegna, 7, 1981, a. III, pp. 30-34. 18. F. Tentori, ‘Carlo Scarpa’, in: Casabella, 443, 1979, p. 2. 19. A. Piva, La fabbrica di cultura. La questione dei musei in Italia dal 1945 ad oggi, Milano, 1978, pp. 44-51. 20. AAVV, ‘Carlo Scarpa. Castelvecchio Museum’, in: SD Space Design, 6, 1977, Tokyo, pp. 110-117. 21. M. Brusatin, ‘Carlo Scarpa architetto Veneziano’, in: Controspazio, 3-4, 1972, pp. 72-73. 22. R. Chiarelli, L. Magagnato, Castelvecchio e le Arche Scaligere, Firenze, 1969. 23. H. Kiel, ‘Verona. Museo di Castelvecchio’, in: Pantheon, Internationale Zeitschrift für Kunst, Monaco, 1966, p. 134. 24. AAVV, ‘L’opera di Carlo Scarpa al Museo di Castelvecchio a Verona’, in: Domus, 369, 1960, pp. 39-53. Fonti delle illustrazioni: 1. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994. 2. I maestri del colore. Beato Angelico, F.lli Fabbri, Milano, 1977. 3. G. Beltramini, K.W. Foster, P. Morini (a cura di), Carlo Scarpa. Mostre e musei 1944-1976. Case e paesaggi 1972-1978, Catalogo della mostra, Electa, Milano, 2000. 4. R. Murphy, Carlo Scarpa e Castelvecchio, (ed. ital. a cura di Alba di Lieto e Arrigo Rudi), Arsenale Editrice, Venezia, 1991. 5. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991. 6. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991. 7. H. Kern, Labirinti. Forme e interpretazioni. 5000 anni di presenza di un archetipo, Feltrinelli, Milano, 1981. 8. M.A. Crippa, Carlo Scarpa: il pensiero, il disegno, i progetti, Jaca Book, Milano, 1984. 9. G. Beltramini, K.W. Foster, P. Morini (a cura di), Carlo Scarpa..., op. cit., 2000. 10. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994. 11. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991. 12. S. Los, Carlo Scarpa: an architectural guide, Arsenale, Venezia, 1995. 13. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994. 14. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991. 15. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991. 16. L. Puppi, Michele Sanmicheli architetto. Opera completa, Laliban, Roma, 1986. 17. R. Murphy, Carlo Scarpa ..., op. cit. 1991. 18. R. Murphy, Querini Stampalia Foundation: Carlo Scarpa, Phaidon, London, 1993. 19. R. Murphy, Querini Stampalia Foundation: Carlo Scarpa, Phaidon, London, 1993. 232 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 8 PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO Raccolta dei disegni 233 9 LEONARDO SAVIOLI, BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI GALLUZZO, FIRENZE (ITALIA), 1966 1. Veduta esterna del percorso-ponte, del patio aperto e della bussola vetrata III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI 237 La dimensione umana e lo spazio esistenziale La bussola d’ingresso dello Studio di Leonardo Savioli è una piccola stanza di cristallo in cui si compie il passaggio fisico dell’uomo nello spazio interno e rappresenta, su un piano simbolico, la preparazione all’incontro intimo dell’uomo con l’operare artistico. Si tratta di un volume di vetro completamente trasparente, che circoscrive uno spazio di circa un metro quadrato e di un’altezza di poco più di due metri, incastrato, come una pietra preziosa su una montatura, nel fronte di accesso dell’edificio, proprio in fondo a un percorso diagonale che collega la strada con l’interno della proprietà. “C’è un portone di un lungo viale che porta, in discesa, alla casa di ..., a cui facevo visita tutte le sere. Poi lei ha traslocato e da quel momento ho avuto davanti il vano del portone come un orecchio che abbia perso l’udito”. Walter Benjamin, Strada a senso unico L’ingresso nella ‘Cabina dei bagni’ di Maurice Denis, definitivamente sancito dai due gesti del piede che supera la linea di soglia sul pavimento e della mano della bambina che appoggiandosi allo stipite della porta, aiuta e guida l’incedere, e incorniciato dagli stipiti di una porta spalancata che contiene le sagome dei due bambini in attesa, esprime il significato profondamente umano dell’apertura di un varco nella parete e dei gesti che questo fatto promuove. L’uomo è il protagonista principale e ineliminabile. In sua assenza verrebbe meno il ruolo della soglia. Se non vi fosse il bisogno di accedere (imposto dalla fisicità dei corpi) di proteggere, di limitare e di delimitare non vi sarebbero varchi, soglie e porte. L’umanità della soglia è quindi un aspetto fondamentale sotteso alla costruzione stessa del passaggio. La bussola di Savioli esprime coscientemente questa necessaria umanità, attraverso la dimensione contenuta dello spazio e la valorizzazione del gesto che essa promuove. Si accede alla proprietà da un varco aperto nel muro di cinta; si supera la bassa catenella che separa il parcheggio dal giardino. Non ci sono monumentalità né costruzioni scenografiche: semplicemente, con naturalità, si giunge a una passerella a sbalzo incastrata nel breve digradare della collina, leggermente sopraelevata da terra, circondata dagli ulivi, invasa dalle fronde. E’ un sentiero costruito nel bosco, lastricato in mattoni rossi di cotto fiorentino e bordato da due cordoli in pietra bianca che conduce a un piccolo patio all’aperto, i cui margini sono segnati da un alto muro (quello che contine e la rampa che collega questo con il piano dell’abitazione), dal fronte dello studio e da barriere naturali di alberi ad alto fusto. E’ uno spazio intimo, protetto e accogliente, dove la presenza della grande vasca d’acqua circolare, di un’aiuola e degli stessi alberi, introduce il tema della relazione tra natura e artificio. Il percorso-ponte approda qui seguendo una direzione lievemente inclinata, definita dal leggero digradare della collina su cui poggia la passerella. Dal percorso si gode di una magnifica vista sul paesaggio circostante, mentre ci si avvicina discretamente allo studio, che 2. Maurice Denis, La cabina dei bagni, 1913-15 238 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI 3. Veduta del patio esterno con la vasca d’acqua in primo piano 4. Veduta esterna del fronte d’ingresso con la bussola vetrata era per Savioli un rifugio, una seconda casa, da accudire e da vivere pienamente. Savioli stesso racconta in più occasioni del suo intimo rapporto con lo spazio di lavoro e dei significati sottesi al suo operare artistico. Egli racconta di essersi recato quotidianamente in questo studio, anche senza ispirazione, solo per ‘essere a disposizione’ dell’ispirazione. Scendere da casa per recarsi al lavoro è per lui un gesto semplice e naturale, uno spostamento breve ma significativo, come significativi sono il luogo del lavoro e l’ambiente che lo circonda. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI 5. Disegni di progetto. Planimetria genereale e fronte d’ingresso L’ingresso è in posizione decentrata rispetto al fronte dell’edificio, inserito nella collina su cui sorge l’abitazione ma traslato più in basso cosicché il prato intorno alla casa funga da copertura, e di scorcio rispetto alla direzione del percorso-ponte. Savioli lo inserisce qui come un ‘oggetto’ autonomo e smaterializzato. La bussola ha pareti completamente vetrate sulle facce frontali, sulle quali sono ritagliate due porte in vetro, una esterna e una interna, mentre su quelle laterali vi è una lastra metallica verniciata di nero fino a un metro di altezza, poi vetro. Il pavimento è leggermente rialzato su un basamento alto circa cinque centimetri, rivestito con lastre di pietra del Cardoso nera tagliata in figure geometriche triangolari, il cui disegno direziona il movimento dall’esterno verso l’interno. Inoltre, il volume della bussola si ‘stacca’ dal soffitto tramite un distanziatore in profilato metallico nero. Come detto, Savioli innesta questo corpo vetrato nel muro perimetrale (frammentato in finestre, aggetti e piccole nicchie) e, nel far questo, le conferisce dignità e riconoscibilità in quanto ‘stanza’ indipendente. L’immagine complessiva che se ne ha è quella di un oggetto autonomo rispetto all’edificio in cui è inserito, dotato di una spazialità e di un linguaggio propri. Per questo e per la scala umana su cui si con- 239 240 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI 6. Veduta dall’interno verso l’esterno 7. Veduta esterna della bussola figura, la bussola riassume l’idea di spazio di Savioli, slegato “dalla funzione, dalla struttura, dalla distribuzione stessa dell’edificio, ma ricondotto [...] a una immagine più astratta, potrei dire quasi aprioristica ed intenzionale dello spazio; spazio non in senso strettamente costruttivo, ma piuttosto in senso esistenziale”1. E’ una parte autonoma rispetto al tutto, leggibile come piccola teca espositiva di se stessa o dell’uomo che, al pari di un oggetto prezioso, vi abita nel breve istante in cui ‘passa’. A sottolineare il desiderio di Savioli di “fare un’architettura come un allestimento”, questo spazio diviene il luogo dell’esporre, ma anche, sintomaticamente, rappresenta l’opera architettonica che si autoespone e si offre alla percezione, segnala una funzione (connettere l’interno con l’esterno), accoglie un gesto (accedere) e sottolinea un valore emozionale (essere accolti ‘con cura’). Perciò quella che stiamo studiando non è solo una generica bussola d’ingresso, ma, per le sue dimensioni, per la geometria, per i materiali utilizzati, è prima di tutto un luogo, un luogo che esaurisce, potenzia e significa il semplice atto umano dell’entrare. III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI 241 Vediamo come il luogo mette in scena tali caratteri e di quali ruoli è investito. La funzione segnaletica (dell’accedere dell’architetto, della moglie Flora, di un amico, di un cliente) è svolto da un volume ‘a sbalzo’ tra l’interno e l’esterno e dal vetro, materiale trasparente di qualità specialissime, riflettenti e astratte, che conferisce alla bussola una sorta di immaterialità. Il carattere formativo, prepartorio al contatto con l’interno, è reso dalla dimensione ridottissima dello spazio che trasforma la funzione connettiva in un momento intimo di raccoglimento, in una pausa in attesa, nell’impossibilità di fare alcunché se non semplicemente, umanamente, ‘passare’. Al più: aprire, chiudere, sostare, e, di nuovo, come gesti ripetuti di un rituale, aprire, richiudere, entrare. Infine, il valore emozionale, reso, ancora una volta dalle dimensioni contenute e protettive della bussola, che avvolge l’uomo, soggetto del gesto e oggetto dello spazio, attribuendogli uno straordinario valore. La bussola, spazio espositivo e ‘spazio di coinvolgimento’2, trova un motivo d’essere nell’idea di Savioli di raggiungere unità di ‘forma-funzione’, ‘forma-colore’ e ‘forma-materia’, nell’ipotesi che la forma sia spazio concreto, reale, da vivere e da invadere completamente. Uno spazio umano, per l’appunto, che deve plasmare il movimento dell’uomo e a sua volta esserne plasmato, quello che Carlo De Carli definisce ‘spazio primario’, “lo spazio del gesto autentico e semplice, di apertura agli altri e al mondo”3. In Savioli c’é quindi una fìgrande attenzione per il gesto umano, per i bisogni di ambienti e attrezzature che esso esprime e per la loro qualità spaziale. Registrando, come d’abitudine, immagini e fatti di vita, Savioli dice, in un passaggio: “A volte, quando non so che fare, spinto dal caso o dalla necessità, mi trovo alla Certosa. Visito le celle. Qui un’etica è diventata un’estetica. Resto sempre stupito di fronte alla purezza di un gesto: la mano, il braccio ribalta contro la nicchia della parete il piano del tavolo, dove il monaco scriveva, mangiava”4. Si tratta di arredi semplici, poche cose. Sono l’umanità e l’essenzialità del gesto ad essere ineliminabili. Il resto è accessorio. Sintomaticamente la bussola d’ingresso allo studio Savioli non accoglie, non può e probabilmente non vuole, accogliere se non questo, l’uomo. La poetica di Savioli, estesa a tutta la sua produzione artistica, basata sulla dimensione umana e sullo spazio emozionale, è verificata anche qui. E lo spazio emozionale, pregno di valori e di significati, è il veicolo delle relazioni dell’uomo con la natura e con la storia, come sottolinea più volte Savioli, sollecitando i suoi studenti ad “imparare ad osservare minutamente tutti i particolari, sia della natura, sia dell’architettura, delle persone del passato e del presente”5. L’elementouomo (elemento in quanto componente del processo di progettazione e 8. Veduta della passerella che congiunge l’ingresso carrabile con il patio. In fondo si intravvede la rampa che conduce all’abitazione 242 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI 9. Veduta interna della parete in cui è inserita la bussola vetrata dell’opera di architettura vera e propria) diviene l’ineliminabile soggetto-oggetto dello spazio, fruitore e generatore autentico. L’esiguo spazio della bussola accoglie e raccoglie entro i suoi margini, esperiti fisicamente al tatto, anche se smaterializzati dalla trasparenza del vetro. Analogamente a quanto accade negli ingressi degli igloo, dove l’abitante, strisciando sul pavimento e sulle pareti del corridoio di ghiaccio, strettissimo per proteggere dal freddo e dai venti polari, accede a un ambiente interno dove ‘tutto è a misura d’uomo’, anche nella piccola ‘stanza trasparente’ della bussola, l’esperienza dell’accedere è emozionante. Anche dal punto di vista della percezione simbolica: essa accoglie una fase riflessiva, catartica e preparatoria all’ingresso nella ‘stanza del lavoro e dell’arte’. Interessante, a questo proposito, è la lettura di un passo di André Gide, che ci aiuta a spostare il tema della ‘misura’ su un piano allegorico. Gide traspone la biblica ‘porta stretta’ della retta via, nell’immagine onirica della ‘porta stretta’ descritta dal protagonista della sua opera: “E io vedevo quella porta stretta dalla quale bisognava sforzarsi di entrare. Immerso nel mio sogno, me la raffiguravo come una specie di fessura in cui mi introducevo con sforzo, con un dolore straordinario al quale tuttavia si univa come un presentimento della fisicità celeste. E quella porta si identificava con la porta della camera di Alissa: per entrarvi mi facevo piccolo e mi liberavo dagli ultimi residui che c’erano in me di egoismo”6. La soglia descritta è umana, psicologica, anche fisica o sessuale. In essa vi riconosciamo almeno due significati importanti che ci aiutano a comprendere la scala umana della soglia-spazio di Savioli. In Gide, il ‘farsi piccolo’ dell’uomo che si adatta alle dimensioni di un var- III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI co costruito nella mente, sembra raccontare il senso di intimità e di accoglienza della bussola del Galluzzo; e il ‘liberarsi’ descrive gli effetti di un processo di catarsi e di iniziazione, ricorrente nei simbolismi del passaggio. Nell’ingresso al Galluzzo entra una persona per volta. Può girare su se stessa. Può guardare fuori e guardare dentro. Essere vista da fuori e da dentro. Può aspettare e può penetrare nel centro dello spazio. Un gesto per volta. Una sola direzione. Un solo verso. E pochi bagagli appresso. Inevitabilmente non in compagnia. Ebbene, cosa vuole dirci questa architettura? Perché è qui? Così? Certamente rappresenta, da un punto di vista tecnico, la soluzione più efficiente per eliminare scomode infiltrazioni d’aria all’apertura della porta e per assicurare un isolamento quasi totale dal freddo, con la camera di vetro a doppia porta, una soluzione molto diffusa negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Ma è la lettura dei caratteri espressivi e poetici, a dirci che la bussola di Savioli è compiutamente il luogo in cui l’uomo si prepara all’incontro con la grande arte, con l’operare e con l’opera. Infatti, lì dentro l’uomo viene valorizzato, quasi un oggetto prezioso egli stesso, mostrato all’ospite o al lavoro, che lo attendono all’interno, e al paesaggio, che lo allieta e lo accompagna dall’esterno. E’ una soglia intima, in cui non solo fuggevolmente transitare, ma è anche piacevole ‘stare’, per un breve istante ‘abitare’, nell’accezione heideggeriana. Una specie di piccola soglia-casa, qualcosa in più di una soglia-stanza. La primissima interpretazione della bussola come ‘piccola stanza di cristallo’ acquista così il significato di luogo in cui è ammesso e accolto ‘con cura’ lo ‘stare’, anche breve, dell’uomo; di luogo significativo, quindi. 243 Note: 1. Da un’intervista di Massimo Beccattini a Leonardo Savioli, in: Rosalia Manno Tolu, Lara-Vinca Masini, Alessandro Poli (a cura di), Leonardo Savioli: il segno generatore di forma-spazio, Edmond, Perugia, 1995. 2. Paolo Galli, ‘Appunti sul professor Savioli’, in: Rosalia Manno Tolu, Lara-Vinca Masini, Alessandro Poli (a cura di), Leonardo Savioli..., op. cit., 1995. 3. Gianni Ottolini, Forma e significato in architettura, Laterza, Roma-Bari, 1966, p. 6. 4. V. nota 1. 5. Flora Wiechmann Savioli, ‘Dagli appunti di Leonardo Savioli’, in: Rosalia Manno Tolu, Lara-Vinca Masini, Alessandro Poli (a cura di), Leonardo Savioli..., op. cit., 1995. 6. André Gide, La porta stretta, Einaudi, Torino, 1981. Riferimenti bibliografici: 1. Rosalia Manno Tolu, Lara-Vinca Masini, Alessandro Poli, Leonardo Savioli: il segno generatore di forma-spazio, Edimond, Perugia, 1995. 2. ‘Scomposizione del paesaggio’, in: Ville e giardini, 69, 1973, pp. 25-28. 3. ‘Finestre come quadri’, in: Ville e giardini, 93, 1975, pp. 31-33. 4. AAVV, Leonardo Savioli grafico e architetto, Catalogo della mostra, Firenze, 1982, pp. 22-23, 76-77. 5. Giulio Carlo Argan e altri, Leonardo Savioli, Uniedit, Firenze. 6. Fabrizio Brunetti, Leonardo Savioli architetto, Dedalo, Bari, 1982. 7. Leonardo Savioli, Ed. Centro Proposte, 1966. Fonti delle illustrazioni: 1. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 2. Guy Cogeval Claire Frèches-Thory, Il tempo dei Nabis, Artificio Edizioni, Firenze, 1998. 3. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 4. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 5. Rosalia Manno Tolu, Lara-Vinca Masini, Alessandro Poli, Leonardo Savioli: il segno generatore di forma-spazio, Edimond, Perugia, 1995. 6. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 7. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 8. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 9. Archivio fotografico di Barbara Bogoni. 244 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 9 BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI Raccolta dei disegni 245 10 PETER ZUMTHOR, APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT SOGN BENEDEGT, (SVIZZERA), 1988 1. Veduta esterna dell’appendice d’ingresso III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT 249 Continuità e contrasto: la mediazione della soglia-ponte L’ingresso della Cappella Sogn Benedegt è uno spazio brevissimo e minuto, una sorta di appendice generata da una ‘sezione’ del percorso di montagna che dal villaggio conduce all’edificio, un punto di raccolta e di confluenza del movimento di avvicinamento, fluido e continuo. Beato Angelico traduce sulla soglia dell’Annunciazione del 1435 questa stessa continuità: i due diversi mondi che mette in scena, il Paradiso Terrestre, con le sue storie e i suoi ambienti, e l’hic et nunc del mondo reale, dove la Madonna interrompe la sua lettura per accogliere il messaggio dell’angelo, sono legati l’uno all’altro dal fascio di luce che proviene dall’angolo superiore sinistro del dipinto e che descrive simbolicamente l’onnipresenza di Dio. L’Angelico costruisce un ‘ponte’ tra il passato e il presente, tra l’Antico e il Nuovo Testamento, tra la ‘Cacciata’ e la ‘Venuta’, tra l’esterno e l’interno e lo sguardo transita continuamente sul raggio di luce, dal volto della Madonna al punto di massima intensità luminosa. Anche Zumthor mette in scena un ‘segmento di spazio che connette natura e artificio, fuori e dentro la cappella, attraverso un piccolissimo ambiente, il vestibolo d’ingresso. “Il ponte conferisce a un ultimo senso, sublime, superiore a ogni sensibilità, un’apparizione unica, non mediata da alcuna riflessione astratta, che assume in sé il significato dello scopo pratico del ponte e lo porta a forma visibile, così come l’opera d’arte fa con il suo oggetto”. Georg Simmel, Brücke und Tür, 1909 La cappella si articola in un volume unico, con una originale forma a lemniscata1. Sorge su una vasta superficie a prato, proprio su un’impennata del terreno alle spalle del villaggio Sogn Benedegt, da cui si isola, per forma e localizzazione. Vi si accede risalendo un vecchio sentiero in curva, da cui si apre mano a mano la vista sull’edificio, il quale in una visione dal basso appare come un’alta torre cilindrica, ma avvicinandosi si riduce alle proporzioni di un edificio a un solo piano e in prossimità dell’accesso ‘svela’ la sua soglia, una porta alta e stretta, cui si accede direttamente dal sentiero sterrato tramite cinque gradini di cemento. La chiesa di Sogn Benedegt, così come tutti i luoghi di culto, adotta, in quanto luogo sacro, una forma, una dimensione e un ruolo ‘speciali’, che la distinguono dagli altri edifici secolari, pubblici o privati. La sua identità è sottolineata anche dalla particolare ubicazione in un sito privilegiato e dominante, come accade spesso per i luoghi carichi di valenze simboliche e divinatorie. Spazio d’ingresso e corpo principale hanno forme diverse, pur essendo generati da uno stesso movimento fluido: il primo, di dimensioni contenutissime, ospita l’uomo da solo, nell’intimo gesto di avvicinarsi a Dio; l’aula della cappella, invece, più ampia e ariosa, accoglie l’assemblea in una luce diffusa, in netto contrasto con la forte penombra del piccolo atrio. L’ingresso ha una forma molto semplice. E’ costituito da una specie di cuneo di legno inserito in una fenditura aperta nella parete curva. Esso si innesta nel percorso, lo devia e lo fa confluire verso l’interno inducendo un movimento quasi spontaneo, inevitabile. 2. Beato Angelico, Annunciazione, 1430 250 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT 3. Veduta esterna della cappella con l’ingresso in primo piano 4. Veduta della cappella dal basso, con la parete curva rivestita da un manto di scandole in legno e le finestre a nastro nel coronamento superiore Nella sua semplicità esso descrive il passaggio come un evento naturale, un fatto necessario, anche se scandito dal ‘rito dell’apertura del varco’ che arresta momentaneamente il transito. E lo spazio è reso con umiltà, senza presunzione di autonomia o esaltazioni enfatiche. E spontaneo è il gesto della materia che si ‘apre’ ad accogliere il movimento dell’uomo, reso naturale, semplice e istintivo dall’uso di materiali elementari, di geometrie pure, quasi matematiche, di elementi naturali come la luce. Lo spazio dell’ingresso sembra essere generato da una incisione e da un risvolto del manto di scandole in legno che riveste l’edificio piuttosto che da un accostamento e incastro di un volume indipendente. L’omogeneità del materiale utilizzato, il legno, costante costruttiva e formale dell’intera opera conferisce continuità al movimento e unità all’intero manufatto. Inoltre, la presenza dominante del legno in quanto materiale umile e diffuso nelle costruzioni tradizionali, testimonia la semplicità della fede rurale e il contributo della comunità alla costruzione dell’edificio. Nella sequenza d’entrata non è prevista la sosta. C’è spazio solo per appoggiare un piede, per far leva e aprire la pesante porta in legno che si deve spingere con tutto il peso del corpo. Questa particolare scansione del gesto dell’entrare determinata dalla pesantezza della porta d’ingresso può essere letta come una delle fasi del processo di avvicinamento al luogo sacro, quella del sacrificio che anticipa la gioia dell’essere accolti, come una specie di interpretazione moderna del dogma cattolico dell’espiazione. Tale rito, che ha conferito grande valore architettonico e simbolico al tema della soglia in ambito religioso, III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT 5. Veduta esterna del cuneo dell’appendice che si inserisce nel manto di scandole di rivestimento si ritrova frequentemente nell’immagine della ‘Porta dei Morti’ diffusa nelle culture popolari dell’Italia centrale, che, come la Porta Santa2 che viene aperta solo in occasione dei Giubilei, è murata e viene abbattuta solo per far passare i feretri. Nella cultura cattolica ‘aprire la porta’, così come ‘varcare la soglia’, ha un preciso significato liturgico, di avvicinamento al sacro e di passaggio all’aldilà, e il transito spirituale è scandito da precisi gesti e riti: l’attesa fiduciosa del Paradiso; l’apertura sofferta e difficoltosa della porta; il superamento del limite; e, infine, l’ingresso solenne e festoso nella comunità. Questo tema lo troviamo spesso riproposto sulle soglie delle chiese cattoliche, particolarmente diffuso, per esempio, presso i portali delle basiliche romaniche e gotiche (v. 2 Protiro e portale della Basilica di San Zeno). La narratività di queste soglie, la decorazione sui battenti, sugli stipiti e sugli architravi, oltre a incarnare il significato cattolico del trapasso, induce e promuove la sosta davanti alla porta d’ingresso, per leggere i fatti, meditare sui significati, riflettere sulle scelte. Essa rappresenta (ha rappresentato in passato più che oggi) un ineliminabile veicolo di cultura e informazione popolare. La soglia è quindi non solo passaggio, ma anche luogo di concentrazione e formazione personale, una sorta di grande libro aperto, da cui trarre insegnamenti biblici. Al contrario di quella delle chiese del passato, nella porta di Zumthor la decorazione non è né narrativa né simbolica, anzi direi che non esiste proprio (c’è solo un rivestimento in legno a lamelle verticali e una maniglia metallica), ma la carica simbolica di questa porta sta 6. Veduta laterale 251 252 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT 7. Veduta interna dall’altare verso lo spazio di ingresso, segnalato solo dalla presenza dell’acquasantiera 8. Veduta interna dello spazio assembleare comunque nel suo essere una porta ‘pesante’ che richiede sforzo, impegno e concentrazione. Alla naturalità del movimento dal sentiero alla cappella, del superamento di una breve sequenza di quattro gradini, dell’approdo al pianerottolo, si oppone la gravità di una porta semplice e pesante in doghe di legno che celebra il rito dell’accedere. L’ingresso di Zumthor costringe l’uomo in un piccolissimo adito, lo intrappola, lo avvolge e lo sigilla in una scatola, uno scrigno di legno. Per pochi istanti, il tempo necessario per avvertire la trasformazione di stato e di luogo. All’apertura della porta però non si è ancora dentro la cappella, ma in uno spazio di filtro, isolato dall’aula principale da una sequenza di pilastri in legno che si distribuiscono lungo tutta la parete interna, chiudono la forma e separano visivamente i due spazi. Una volta entrati si avverte istantaneamente l’effetto di transizione generato dallo scarto luministico tra il piccolo vestibolo d’ingresso, più raccolto, con pavimento e soffitto ribassati, e lo spazio assembleare, inondato di luce diffusa ed eterea e caratterizzato da un contrasto improvviso dei valori dimensionali e geometrici. I due spazi sono fortemente connessi nella composizione planimetrica e nell’immagine complessiva esterna, ma nettamente separati all’interno, dove la forma dell’aula, chiudendosi su se stessa, sembra escludere ogni possibilità di penetrazione. La cortina ininterrotta di pilastri rastremati contribuisce a sottolineare questa autonomia; e l’opposizione tra la conti- III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT 9. Veduta interna dello spazio di ingresso nuità materica e le differenze nel grado di illuminazione, nelle dimensioni, nella configurazione planimetrica e volumetrica, etc., produce effetti di tensione e di sorpresa. A sancire definitivamente il compiersi del gesto è la presenza del gradino che assorbe il dislivello tra i due spazi e dell’unica attrezzatura fissa presente presso il luogo del passaggio, l’acquasantiera, collocata proprio sul limite tra lo spazio-soglia e l’aula assembleare. Il ‘farsi il segno della croce’ avviene però già all’interno della cappella, quindi il vestibolo d’ingresso è altro rispetto alla cappella vera e propria, è fuori dal ‘recinto sacro’. Il movimento d’entrata, mediato dalle presenze familiari e rassicuranti del legno, della luce e del paesaggio, è semplice, reale; non è quello celebrativo e magniloquente delle cattedrali, ma quello umile, spogliato dei potenti caratteri simbolici o esoterici, e ridotto al puro ‘stare’ dell’uomo ‘davanti’ allo spazio. Si potrebbe istituire una analogia indiretta tra questo gesto e quello dell’accedere alle case popolari del Nord-Europa, realizzate con tronchi di legno grezzo, dove lo spazio dell’ingresso è ridotto a una sorta di piccolo pianerottolo in pietra o in legno, cui si accede tramite pochi gradini, oppure a un tronco d’albero semplicemente appoggiato sul pavimento, che rappresenta la soglia dell’abitazione. Anche Zumthor lavora con pochi elementi semplici: quattro gradini in cemento, una pedana, una soglia in pietra, una pesante porta in le- 10. Stav e loft, Telemark, Norvegia 253 254 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT 11, 12. Disegni di progetto. Sezione longitudinale e pianta III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT 13. Disegni di progetto. Pianta e sezione dell’appendice d’ingresso gno. Questi, combinati con lo scarto dimensionale e luministico, traducono il significato del ‘varcare la soglia’, inteso in senso fisico e religioso. L’esperienza dell’ingresso si esaurisce qui, brevissima ma intensa, arricchita di significati da un uso semplice, quasi mite, della materia (luce, ombra, legno, paesaggio naturale) e dello spazio. Nella configurazione generale della cappella, come un ‘sacro vassoio’ che, “privo di riferimenti al terreno naturale, senza tracce visibili di fissaggio ai montanti verticali, sembra levitare nello spazio”4, la soglia di Zumthor rappresenta una specie di pontile che ‘attracca’ stabilmente alla terraferma la ‘zattera’ in legno del pavimento della cappella. Nella radicale opposizione tra la ‘pesantezza’ della realtà fisica e il leggero librare del mondo spirituale, bisogna riconoscere all’ingresso di Zumthor non solo la funzione strumentale di consentire l’accesso, ma anche il compito di mettere in relazione tra loro le due realtà. Questa soglia è quindi un ponte. Il tema del ponte, riferimento costante nell’interpretazione dei luoghi del passaggio, è oggetto di un famoso saggio di Georg Simmel, in cui ne vengono chiariti i significati pratici e simbolici. Leggiamo direttamente: “[…] Noi sentiamo come collegato, soltanto ciò che abbiamo in precedenza e in qualche modo isolato. Le cose devono essere prima divise l’una dall’altra, per essere poi unite. Dal punto di vista pratico come da quello logico, sarebbe senza senso legare ciò che non era diviso, ancor più ciò che in qualche senso rimane ancora diviso. 255 14. Disegni di progetto. Sezione trasversale sulla scaletta e vista della porta d’ingresso 256 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT 15. Veduta esterna notturna Note: 1. La lemniscata è una curva algebrica di quarto ordine che descrive una figura piana a forma di ‘8’. La cappella occupa la parte frontale di questa figura, il cui vertice costituisce il punto di attacco di uno spazio idealmente posto dietro l’edificio. 2. La Porta Santa è una piccola porta collocata alla destra di quella principale delle basiliche patriarcali romane (San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo Fuori le Mura), murata e aperta solo ogni venticinque anni in occasione dell’Anno Santo Giubilare. 3. Marco Biraghi, Porta multifrons, Selle- […] Il costruire strade è un’impresa specificamente umana. Anche la bestia supera di continuo, e spesso nel modo più abile ed arduo, una distanza, ma inizio e fine rimangono separati. Ciò non dà il meraviglioso effetto della strada: far coagulare il movimento verso una creazione solida, che deriva dal movimento e nella quale il movimento finisce. Nella costruzione del ponte quest’opera raggiunge il suo punto più alto. Qui sembra opporsi alla volontà di unione dell’uomo non solo la passiva separatezza dello spazio, ma un’attiva specifica configurazione. Superando questo ostacolo il ponte simboleggia l’espandersi della sfera della nostra volontà sopra lo spazio”5. In quanto ponte la soglia di Zumthor, svolge l’importante funzione di convogliare il flusso e di favorire il movimento, perché poco si presta ad ospitare lo ‘stare’ dell’uomo, non incitato a sostare all’esterno di fronte alla porta d’ingresso, sul pianerottolo troppo piccolo, o III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT a soffermarsi sullo spazio di accoglienza all’interno perché l’ambiente è angusto, in ombra, non attrezzato6. Ma allora, se per ipotesi sosteniamo che il luogo, per sussistere, deve ammettere uno stare, ci chiediamo: è davvero un luogo, questo ingresso? E’ la soglia che stiamo cercando? Zumthor progetta questo come una struttura indipendente, separato, gli dà autnomia e riconoscibilità. L’uomo che vi transita avverte il passaggio di stato grazie alla presenza di forti contrasti. Il gesto dell’accedere è scandito con precisione. Ognuno dei piccoli spazi allestiti (la scala, la porta, il vestibolo) è connesso con un gesto preciso (avvicinarsi, aprire, essere accolti) e da una ben definita scansione temporale. Ebbene, per quanto brevissime, in queste frazioni di tempo riconosciamo uno stare dell’uomo, di cui Zumthor ha definito, nel progetto, gli intervalli e i modi dello svolgimento. Per esempio, la collocazione della porta, tutta spostata verso l’esterno della breve ‘appendice di ingresso’, definisce le modalità di compimento dei due momenti dell’attesa e dell’accoglienza. Il primo, quasi istantaneo, fugace (“Non si sosta davanti a questa porta!”, sembra dire quest’architettura); il secondo, breve ma intenso, in cui si assapora la forte cesura tra l’essere fuori, nel buio, e l’essere dentro, ammessi nell’aula e immersi nella luce. Il gesto si consuma in brevi istanti, scanditi dalla sequenza: inerpicarsi sulla collina, scorgere il varco, salire i pochi gradini, aprire con forza, richiudere, incedere nell’ombra, accedere alla luce. Lo stare dell’uomo c’è, nella pausa tra il gesto di chiusura della porta e la lenta ripresa delle capacità percettive, nella penombra, e il seguente movimento dell’incedere. Brevemente, quindi, ma l’uomo ‘sta’ e arricchisce questo spazio in termini di luogo. 257 rio, Palermo, 1992, p. 140. 4. Christoph Mayr Fingerle, Neues Bauen in den Alpen / Architettura contemporanea alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992, Raetia, Bolzano, 1992. 5. Georg Simmel, ‘Brücke und Tür’, 1909, trad. it. in: M. Cacciari, L. Perucchi (a cura di), Saggi di estetica, Padova, 1970. 6. Sul tema del ponte si veda anche l’ingresso alla Fondazione Querini-Stampalia, a Venezia, di Carlo Scarpa. Riferimenti bibliografici: 1. Christoph Mayr Fingerle, Neues Bauen in den Alpen / Architettura contemporanea alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992, Raetia, Bolzano, 1992. 2. Schweizer Architektur führer 19201990, 1, Verk Verlag, Zurich, 1992. 3. D. Sconbächler, Caplutta Sogn Benedegt. Gedanken und Bilder zur Architektur und Symbolik, Sumvitg, Cussegl da fundazium Caplutta Sogn Benedegt, 1992. 4. Architese 20, 6, 1990, pp. 29-33. 5. Domus, 710, 1989, pp.44-51. 6. Werk, Bauen+Wohnen, 76/43, 4, 1989, pp. 24-31. 7. Peter Zumthor, Helen Binet, Peter Zumthor: opere architettoniche 19791997, Lars Müller, Baden, 1998. 8. Danuser, Partituren und Bilder: architectonische Arbeiten aus dem Atelier Peter Zumthor 1885-1988, Architekturgalerie, Luzern, 1989. Fonti delle illustrazioni: 1. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen in den Alpen / Architettura contemporanea alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992, Raetia, Bolzano, 1992. 2. I maestri del colore: Beato Angelico, Fabbri, Milano, 1977. 3. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit., 1992. 4. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit., 1992. 5. Domus, 710, 1989. 6. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit., 1992. 7. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit., 1992. 8. Domus, 710, 1989. 9. Domus, 710, 1989. 10. Domus, 710, 1989. 11. C. Norberg-Schulz, Il mondo dell’architettura, Electa, Milano, 1986. 12. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit., 1992. 13. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit., 1992. 14. Domus, 710, 1989. 15. C. Mayr Fingerle, Neues Bauen ..., op. cit., 1992. 258 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 10 APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT Raccolta dei disegni 259 11 ETTORE SOTTSASS, PORTICO DI CASA BISHOFBERGER (SVIZZERA), 1991-96 1. Veduta esterna del portico d’ingresso III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER 263 Forme totemiche e scarti cromatici Il portico d’ingresso di Casa Bischofberger è un piccolo volume di forma geometrica astratta annesso all’edificio princiale, una sorta di figura totemica di valore espressivo sottolineato anche dall’uso incisivo del colore e dagli effetti di contrasto che questo produce. L’utilizzo di elementi geometrici ‘puri’ e di cromatismi violenti ricorre anche in molte delle opere di De Chirico, di cui l’‘Offerta al sole’ del 1968 può essere brevemente analizzata per cogliere delle analogie significative con l’opera di Sottsass. Anche qui è ritratta una soglia, l’accesso a un ipotetico interno segnato dal cambiamento del materiale di rivestimento della pavimentazione, che sancisce l’avvenuto ingresso nell’ambiente chiuso. Dalla porta spalancata si muove il ‘segno’ di un percorso tracciato dall’uomo che lascia la propria dimora, vive, cresce e, come nel mito dell’eterno ritorno, compie il tragitto a ritroso, per tornare e morire ‘presso la soglia di casa’. Giallo, rosso, nero e bianco sono le dominanti cromatiche che ‘isolano’ gli oggetti e danno una identità ai singoli eventi; e l’utilizzo di forme semplici, anche in questo caso quasi totemiche e astratte (il sole, la luna, il varco, l’altare) potenzia l’autonomia degli oggetti e degli ambienti. Anche nei molti disegni di Sottasass si ritrova proprio quest’uso ‘allegro’ dei colori, proposti prevalentemente come colori saturi, omogenei, puri. Un atteggiamento analogo a questo lo ritroviamo in molti progetti di Aldo Rossi, dove le singole componenti (architravi, stipiti, cornicioni, davanzali) sono messe in risalto da un uso semplice dei parametri figurativi e cromatici. “Nel regno dei simboli i colori più significativi sono il bianco e il nero. Essi rappresentano l’alfa e l’omega, il buono e il cattivo, il giorno e la notte, il bene e il male, la vita e la morte. Il nero, di cui si ha paura è anche una tremenda sorgente di forza, unisce al male il mistero e la potenza”. A. Guller, P.L. Rupi, In nome del colore. Uso e abuso del colore in Architettura, 1989 Le figure di Sottsass sono totemiche perché sono elementi tridimensionali puri e perché rivelano una fortissima identità formale e anche simbolica. I dipinti ‘liberi’ sottssiani si traducono sempre in architetture ‘libere’ astratte, dove l’artificialità degli spazi abitati istituisce apparenti contrasti con l’indeterminatezza e la spontaneità della vegetazione, apparenti poiché lo stesso Sottsass sostiene in molte occasioni di ricercare nel progetto l’istituzione di stretti legami tra l’architettura e l’ambiente. Queste relazioni sono però non banalmente di mimesi o di integrazione, ma di confronto e di dialogo continui. Si oltrepassa il cancello che immette nella proprietà e, da un ampio cortile, si raggiunge l’edificio, che è interamente rivestito di lastre di ardesia nera. Vi si accede tramite un piccolo portico in pietra d’Istria bianca collocato su un podio cui si arriva superando quattro gradini. Lo spazio è angusto e spoglio: un citofono e una porta in legno dipinta di giallo. Il gesto dell’accedere è ridotto all’essenziale, ma non si conclude all’apertura della porta gialla: oltre si trova un altro piccolo adito, una 2. Giorgio De Chirico, Offerta al sole, 1968 264 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER 3. Geometrie pure, composizioni volumetriche e libero uso del colore nei disegni di architettura di Sottsass sorta di bussola interna rivestita in piastrelle quadrate di ceramica color mastice, di dimensioni 5x5 centimetri, con uno zerbino di forma semiellittica in fibre vegetali ritagliato nel pavimento. Qui si apre, in asse con la prima, una seconda porta che conduce all’ambiente di accoglienza vero e proprio, dove si trova un ascensore, un bagno e lo spazio di distribuzione agli altri locali. Ritengo che questa soglia sia interessante per almeno tre motivi. Il primo riguarda la configurazione spaziale e la composizione volumetrica; il secondo lo speciale uso del colore; il terzo si riferisce alla successione dei gesti previsti dalla sequenza degli spazi e delle attrezzature d’entrata. Definirei la forma semplice e il trattamento geometrico del volume del portico una sorta di totemismo dell’architettura, elaborato per lanciare pochi, brevi ma intensi messaggi. Primo fra tutti la stretta relazione dell’edificio son il terreno, sancita dalla gravità del volume compatto e irregolare del portico d’ingresso. Ne risulta un corpo molto statico, con un asse di simmetria, pesante sulla terra, ben ancorato al suolo e figurativamente indipendente III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER 265 4. Disegno ad acquarello di Casa Bishofberger dall’edificio cui è appoggiato e a cui dà accesso. In questo volume pieno è scavato uno spazio voltato a botte, protetto per l’attesa davanti alla soglia. Una seconda osservazione riguarda l’utilizzo delle tinte forti, dei colori puri, quasi shoccanti, che producono un assalto improvviso delle emozioni e la sorpresa inaspettata prodotta dalla semplicità del progetto. Il colore dal canto suo, unitamente agli aspetti geometrici, dimensionali, decorativi, etc. (v. Internità della soglia: il passaggio come luogo), contribuisce a svolgere un ruolo segnaletico non di poco conto. Sottsass attribuisce grande importanza a questo aspetto, e lo dimostrano gli studi condotti sull’architettura spontanea popolare in cui l’uso del colore rappresenta il mezzo semplice e ‘libero’ (inteso in senso politico, in questo caso) per dare gioia agli spazi del vivere. I costanti riferimenti progettuali per esempio alle ‘soglie colorate’ delle case sudamericane, con decorazioni astratte e accesi cromatismi, si leggono chiaramente nella poetica di Sottsass. Nel portico di accesso a casa Bishofberger il forte effetto di contrasto cromatico prodotto dall’accostamento dei due materiali lapidei di colori diversi, addirittura opposti, il bianco e il nero, produce una forte discontinuità cromatica, rappresentazione, a sua volta, di un’altra discontinuità, quella spaziale e ambientale che distingue e separa i due mondi dell’interno e dell’esterno. Quasi la definizione e la sottolineatura, tramite il colore, di un luogo significativo. In Sottsass, sotteso all’uso del colore, della geometria e della composizione c’è quindi un attento simbolismo, dichiarato dallo stesso autore: “Non mi interessa la misura”, dice, “mi interessa cosa succede con quella misura, se uso quella misura”2. 5. Riferimenti alle soglie delle case popolari sudamericane 266 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER 6. Veduta esterna della porta gialla dell’annesso dei garages 7. Pianta del piano terra Sono perciò gli effetti prodotti o indotti dal progetto ad essere importanti e, forse, non è rilevante lo spazio in quanto spazio, ma lo spazio in quanto luogo, portatore di valori umani e ambientali, se così vogliamo definirlo. Lo spazio costruito per l’uomo, che non solo agisce, ma soprattutto “pensa, sente, curiosa”3. 8. Ettore Sottsass ‘sulla soglia’ di casa Nanon Un’ultima osservazione riguarda la considerazione di questa soglia in qualità di luogo significativo, che risulta verificata in quanto in essa si legge il progetto consapevole dei ‘modi’ dell’accoglienza e del movimento, insieme a quello degli spazi che li accolgono. La sequenza d’ingresso definisce infatti una precisa successione di azioni che il progettista ha rilevato grazie a una lettura attenta e curiosa del comportamento umano. Come i volumi, le forme e i colori, anche il gesto dell’entrare è stato scomposto analiticamente: le fasi sono state messe in sequenza e gli spazi composti secondo le regole dell’aggregazione e dell’accostamento (non della fusione, frammistione o intrusione) di elementi tra loro indipendenti e ben distinti l’uno dall’altro. Nello spazio ancora esterno al podio si riconoscono il basamento e la breve rampa di scale, lo spazio del movimento e dell’ascesa. Arrivati qui si è accolti in un ambiente intermedio interposto tra l’esterno e l’interno. Ci si trova di fronte una prima porta gialla. Si sta, per pochi istanti, e si avverte la protezione della copertura, si suona il campanello e si attende una risposta. Si entra in un piccolo adito, una zona di filtro, ormai un interno, ci si pulisce le scarpe, si lasciano gli indumenti pesanti. Ma non si è ancora III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER 9. Veduta esterna del portico d’ingresso e dell’annesso dei garages 267 10. Veduta esterna del fronte d’accesso accolti nel cuore della casa fino a quando non si oltrepassa un secondo varco, che immette nell’ingresso vero e proprio, dove il cambiamento di pavimentazione (listelli di legno di faggio) segnala l’atmosfera domestica e privata dell’interno definitivamente raggiunto. La successione delle azioni che abbiamo descritto delinea una interessante sequenza d’entrata: podio-gradini esterni, portico, bussolafiltro interna, ingresso. Il significato di questa soglia in termini di luogo risiede, quindi, proprio nel forte legame tra gli elementi dello spazio costruito e i momenti dell’atto del passaggio, e quindi tra l’architettura e l’umanità. Del resto questo legame si riconosce in tutta l’opera di Sottsass. Egli afferma, infatti: “Io penso sempre che ci sia una differenza fra la parola ‘spazialità’ e la parola ‘spazio’. Per me lo spazio è un luogo, non è un’entità geometrica, non è misurabile con il metro. E che cosa vuol dire che è un luogo? Vuole dire appunto che è uno spazio architettonico; non disegno soltanto una misura, disegno soprattutto uno stato psichico, uno stato culturale, dove arrivano echi, vibrazioni da tutte le parti. Uno spazio di mattoni è diverso da uno spazio di cemento, uno spazio di cristallo è diverso da uno spazio di intonaco. Per cui lo spazio nello stesso momento in cui si definisce architettonicamente, diviene un luogo. Infatti si discute su come fare il pavimento, si discute su che colore dare alle pareti, si discute su quanto devono essere grandi le finestre e così via, lo spazio architettonico non è spazialità, è natura, in un certo senso. Non so come dire, è metafora esistenziale”4. Cosa significa, quindi, che la soglia di Sottsass è un luogo, se non proprio (e solo! non in senso riduttivo, però) che con una semplice pennellata di colore, un volume netto, pulito, che sembrerebbe tracciato senza alzare mai la matita dal foglio, e una logica analisi del gesto, egli ha saputo fare di uno spazio così piccolo, un reale luogo di vita? Note: 1. Gianni Pettena, Sottsass. L’arte del progetto, M&M, 1999, p. 31. 2. V. nota 1, p. 21. 3. V. nota 1, p. 17. Riferimenti bibliografici: 1. Giovanni D’Ambrosio, Ettore Sottsass jr. Nomade Shiva Pop, Testo 1 Immagine, Torino, 1997. 2. Gianni Pettena, Sottsass. L’arte del progetto, M&M, 1999. 3. Barbara Radice, Ettore Sottsass, Electa, Milano, 1993. 4. Milco Carboni (a cura di), Sottsass Associati: 1980-1999 frammenti, Rizzoli, Milano, 1999. 5. Gilles de Bure, Ettore Sottsass jr., Rivage, Paris, 1987. 6. Jean Burney, Ettore Sottsass, Trefail, London, 1991. 7. Renny Sparke, Ettore Sottsass jr., The design Council, London, 1982. 8. Hans Hoger, Ettore Sottsass jr.: designer, artist, architect, Wasmuth, Tubingen, Berlin, 1993. 9. Lotus, 107, Electa, Milano, 2000. Fonti delle illustrazioni: 1. Giovanni D’Ambrosio, Ettore Sottsass jr. Nomade Shiva Pop, Testo 1 Immagine, Torino, 1997. 2. Jole de Sanna, De Chirico, Rizzoli, New York, 1998. 3. Barbara Radice, Ettore Sottsass, Electa, Milano, 1993. 4. Lotus, 107, Electa, Milano, 2000, p. 75. 5. G. Pettena (a cura di), Sottsass. L’arte del progetto, M&M, 1999, p. 88. 6. Lotus, 107, Electa, Milano, 2000, p. 75. 7. Giovanni D’Ambrosio, Ettore Sottsass, op. cit., 1997. 8. Abitare, 387, 1999, p. 155. 9. Lotus, 107, Electa, Milano, 2000, p. 75. 10.Lotus, 107, Electa, Milano, 2000, p. 75. 268 III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER III Verifiche sul ‘luogo’ della soglia / 11 PORTICO DI CASA BISHOFBERGER Raccolta dei disegni 269 Parte quarta Internità della soglia, oggi IL FUTURO DELLA SOGLIA “I bei giorni delle porte sono ormai lontani. [...] Le porte appartengono al passato. [...] Come possono esservi le porte, quando la ‘casa’ non c’è più?”. Robert Musil, Porte e portoni, 1970 Fonti delle illustrazioni: (nella pagina precedente) 1. René Magritte, La risposta imprevista, 1933 (tratto da: Marco Biraghi, Porta multifrons, Sellerio, Palermo, 1992, p. 239). IV Internità della soglia, oggi / NUOVA SENSIBILITA’. La dinamica della vita contemporanea 275 Nuova sensibilità e modelli di fruizione dello spazio: la dinamica della vita contemporanea. Riflessioni sulle soglie informatiche Le soglie informatiche sono, conseguentemente alla nascita e divulgazione del computer, la grande invenzione del nostro secolo, istituite per ‘autoproteggere’ il flusso informativo e comunicativo che, per sua natura, tende a essere invasivo rispetto agli altri mondi del reale. Ma cos’è in realtà una soglia informatica? Come si riconosce? Come avviene il passaggio? Come si entra in una rete? “Quello che conta per l’individuo è il processo, l’azione, il movimento. Attraversare la metropoli senza alcuna ossessione di interpretare il mondo, di conoscere il fondamento e l’origine delle cose, di definire e sistematizzare la molteplicità e il fluire della vita. L’individuo è un evento di superficie, appartiene alla superficie del mondo. E’ uno spirito libero...”. Nel mondo informatico la comunicazione tra universi diversissimi è istantanea. Gli spazi interattivi possono essere molto lontani tra loro oppure tanto vicini da intersecarsi. Sono spazi virtuali o cibernetici entro cui le informazioni corrono rapidamente attraverso i canali telematici che stanno soppiantando ad altissima velocità e con un ritmo inarrestabile, il tradizionale spazio delle relazioni umane. Questi ambienti hanno via via sostituito i tradizionali luoghi in cui si svolgono le relazioni umane affidando alla macchina il compito di interfacciarsi nelle relazioni tra individui. Nella societ contemporanea alla macchina è stato attribuito un grandissimo valore ed è divenuta un supporto praticamente ineliminabile nella gestione delle relazioni economiche, politiche, sociali e personali: si compra e si vende tramite Internet, non ci si incontra al bar ma si chatta col computer, telefoni, videotelefoni, cellulari di ultima generazione sembrano ‘manipolare’ lo spazio, attribuendogli nuovi significati. Massimo Ilardi, L’individuo in rivolta. Una riflessione sulla miseria della cittadinanza, 1995 Ci si sposta con maggior frequenza da un luogo all’altro, e lo si fa subito, di corsa, in velocità, con i computers, che hanno generato assetti comportamentali e modelli di gestione di tempo e spazio mai sperimentati prima d’ora. Le ‘nuove soglie’, portali informatici, frasi in codice, password di accesso a luoghi in cui la fisicità e la corporeità non sono più ammesse, hanno sostituito le tradizionali porte. L’uomo, standosene comodamente seduto in poltrona, può raggiungere qualunque punto del pianeta e avere libero accesso a ogni spazio interno pubblico o privato, ad ogni ora del giorno e della notte, da solo o in compagnia,... solo digitando un codice, una parola chiave, una sequenza di numeri e lettere che fa scattare il meccanismo di apertura (una serratura, in definitiva!). Ma a quali interni danno accesso queste porte? Non allo spazio tradizionalmente inteso, con arredi e attrezzature costruiti sull’ergonomia e i bisogni umani, ma alla sua simulazione, ad ambienti virtuali la cui ‘realtà’ si fonda sull’esigenza dell’uomo moderno di esplorare mondi diversi e di fare continue esperienze ‘al limite’. La velocità con cui si consumano e si susseguono le esperienze inducono alla costante ricerca e creazione di nuovi ambienti, anche immaginari. Già nei primi decenni del secolo scorso il Movimento Moderno aveva promosso l’idea di un’architettura in cui fosse “sostanzialmente modificato il senso tradizionale del ‘dentro’. Continuità spazia- 276 IV Internità della soglia, oggi / NUOVA SENSIBILITA’. La dinamica della vita contemporanea le, scomposizione della parete, scollatura delle giunture, grandi aggetti, sfalsamenti dei livelli, membrane trasparenti avevano messo in crisi il dentro come rifugio e il fuori come rischio o terreno di lotta. Ma, c’è da domandarsi, questa rivoluzione corrisponde veramente allo stato evolutivo dell’uomo di oggi, alla sua reale condizione psicologica?”1. Dal Movimento Moderno ad oggi molte cose sono cambiate, le modalità di espressione dei gesti e i caratteri formali e simbolici degli spazi si sono evoluti. Biblioteche virtuali (elenchi di titoli, autori e collocazioni) si sono affiancate, e in certi casi hanno sostituito, biblioteche e archivi reali, gli scaffali di libri e di ‘carte’; lo shopping virtuale si fa in compagnia di un mouse e con carta di credito alla mano, niente più spiccioli, borse e pacchetti, né il contatto diretto con la merce e il venditore. Arriva tutto a casa. Preconfezionato. 1. Fabio Novembre, Porta del Bar Lodi, Milano, 1998 Ma allora, oggi ha ancora senso parlare di soglia nei termini di cui abbiamo trattato finora? E’ giusto porsi ancora il problema o possiamo farne a meno? Il varco nel muro non si può omettere nè si può negarne l’importanza per l’uomo, che deve poter passare liberamente da un dentro a un fuori. Questo significa che anche il mondo informatico, astratto per definizione, per quanto diffuso nella società contemporanea deve obbligatoriamente confrontarsi con i bisogni assolutamente reali del vivere e dell’abitare dell’essere umano. Se ne conclude che ancora oggi il tema del ‘passaggio’ rappresenta un problema da risolvere, ed è quindi lecito porsi delle domande sulla soglia. Si tratta solo di trovare nuovi valori da attribuire alle soglie contemporanee, i cui caratteri sono molto diversi da quelli del passato. Note: 1. Paolo Coppola Pignatelli, I luoghi dell’abitare. Note di progettazione, Officina, Roma, 1977, p. 126. Fonti delle illustrazioni: 1. Domus, 809, 1998. Una riflessione su questo aspetto ci fa comprendere i motivi dell’esistenza delle ‘porte a chiavi magnetiche’ delle banche, delle autostrade o delle camere d’albergo, che più che regolare la dimensione, controllano la qualità e l’identità del flusso in movimento; o delle ‘porte automatiche’, che aprono e chiudono grazie a speciali sensori che monitorano lo spazio e avvertono i movimenti presso l’ingresso. Queste porte rappresentano una specie di compromesso ancora sperimentale tra l’innovazione tecnologica e il mondo reale. Attualmente sono molto più utilizzate negli ingressi dei grandi spazi pubblici, piuttosto che nelle abitazioni private, perché qui l’uomo sembra più disponibile ad accogliere le novità e le sperimentazioni, anche nell’ambito dell’architettura. Nei grandi grandi magazzini, per esempio, sono molto diffuse le porte automatiche che ‘assolvono’ i clienti dalla fatica di aprire da sé il varco; nei pubs e nelle discoteche ricorrono le ‘porte manifesto’,il cui senso si scorge nel ruolo segnaletico e simbolico più che in quello protettivo dello spazio interno, etc. IV Internità della soglia, oggi / IL FUTURO DELLA SOGLIA. Senso e non-senso della soglia 277 Senso e non-senso della soglia Nella configurazione che abbiamo brevemente delineato della realtà contemporanea, ci chiediamo: quali valori potremmo attribuire alla soglia, oggi? Quali caratteri fisici avranno o potrebbero avere questi spazi? Nel corso del lavoro abbiamo rilevato che la soglia si percepisce in ambiti e a livelli diversi: essa definisce l’ingresso sia nello spazio urbano (ingressi di città, piazze, etc.) sia nell’edificio (relazioni tra la città e l’edificio, tra l’edificio e l’alloggio, tra l’alloggio e gli altri alloggi, tra l’alloggio e i locali interni, etc.). I nuovi modelli di fruizione dello spazio sono ben esemplificati nel caso degli edifici multiappartamenti, dove si è in presenza di un sistema integrato di soglie (cancelli, porte, spazi-filtro, percorsi, etc.) che regola l’afflusso di persone in ingresso e uscita, tutela la privacy degli abitanti e genera il senso di protezione. In questi edifici lo spazio di soglia dell’alloggio è, a tutti gli effetti, il pianerottolo, cui si accede attraverso la sequenza parcheggio sotterraneo-ascensore, oppure oltrepassando cortili o giardini. Raramente il pianerottolo instaura qualche relazione con l’esterno, spesso nemmeno una vista o un punto di aerazione naturale: l’illuminazione è artificiale, innescata dall’uomo tramite un pulsante luminoso che aziona un interruttore a tempo (spesso confuso con il campanello del vicino!); l’aerazione è forzata o condizionata, etc. Si arriva a questo livello di soglia passando attraverso diversi spazi o ambiti interposti tra l’abitazione e la strada, o tra il quartiere e la città, che hanno prodotto tra loro una profonda frattura. Lo spazio interstiziale che ne risulta è un luogo anonimao, di proprietà ‘di nessuno’, tale da non saper dire se appartenga alla città o all’alloggio. Questo spostamento della soglia in un esterno-sempre-piùesterno, allontanata dallo spazio semiprivato dell’edificio e dal cortile e da quello privato dell’alloggio, ha generato negli abitanti una sorta di abbandono del senso di responsabilità sulla sua gestione. Questo ha comportato la trasformazione di molti spazi dell’ingresso, in luoghi oscuri e anonimi, spesso abbandonati a se stessi o al ‘controllo di altri’. Da qui nasce l’esigenza di ‘difendere’ l’entrata con sorveglianti, agenti, telecamere a circuito chiuso e sistemi d’allarme. Anche all’interno dell’abitazione lo spazio di soglia si è notevolmente trasformato: da una iniziale tendenza a collocarvi, in prossimità dell’ingresso, un vestibolo o un atrio ben delimitati che impedissero la penetrazione visiva negli spazi più privati, si è orientati oggi a ‘inglobare’ lo spazio di filtro nella generica zona giorno, sintesi di molti spazi (ingresso, soggiorno, pranzo, cucina, ma anche, biblioteca, sala lettura, studio, etc.) e funzioni (entrare, accogliere, essere accolti, salutare, riporre indumenti, penetrare nell’alloggio, intrattenersi, guaradare la TV, etc., fino a: riordinare stoviglie, lavare i piatti e, saltuariamente, stirare). “Per anni ero stata lontana da casa e ora davanti alla porta non osavo entrare, per paura che un volto che non avevo mai visto prima fissasse stoltamente il mio e mi chiedesse cosa volevo. ‘Solo una vita che ho lasciato. Forse ne è rimasta una così?’ Mi appoggiai sul timore. Induguiai col prima. L’attimo si gonfiò come un oceano e si franse contro il mio orecchio. Risi una risata spezzata che potessi temere una porta io che conoscevo la costernazione e mai prima ero trasalita. Avvicinai al chiavistello la mano, con cura tremante per paura che la porta tremenda si spalancasse e mi lasciasse in mezzo al pavimento. Poi tirai via le dita cautamente come fossero vetro, mi tappai le orecchie, e come una ladra ansimando fuggii da casa” Emily Dickinson 278 IV Internità della soglia, oggi / IL FUTURO DELLA SOGLIA. Senso e non-senso della soglia Il tentativo è quello di sopprimere i corridoi che, pare, ‘non servono a nulla’ e di destinare tutta la superficie a disposizione per attività primarie, senza considerare che lo spazio della connessione tra ambienti diversi ha rappresentato fin dall’antichità un luogo importante. Ancora oggi esso può generare interessanti stimoli dal punto di vista dell’attrezzabilità e dell’articolazione spaziale, che lo possono qualificare come luogo abitabile, distinto e riconoscibile, e non una superficie per il transito veloce. C’è da aggiungere che, poiché l’accesso e il movimento ‘attraverso’ spazio sono un bisogno umano irrinunciabile, la ricerca di soluzioni innovative e funzionali per le moderne necessità è inevitabile. Del resto già molti progettisti stanno denunciando con forza l’assenza di filtri negli spazi contemporanei. Ritengo quindi che la realizzazione di uno spazio di transizione tra l’esterno e l’interno rappresenti un elemento qualificante del progetto per il controllo microclimatico delle correnti d’aria indesiderate, dell’illuminazione naturale, etc. Si registra comunque una maggiore attenzione alle questioni tecnologiche e formali e una produzione di sistemi di chiusura per così dire ‘originali’, piuttosto diffusa (abbiamo già citato le porte tagliafreddo a getti d’aria calda, le porte ad apertura e chiusura automatica, le bussole a porte girevoli ad azionamento elettrico innescato tramite sensori, porte a fasci di luce, etc.). Tutte varianti contemporanee a un tema antico. IV Internità della soglia, oggi / IL FUTURO DELLA SOGLIA. Vogliamo ancora ‘luoghi’ per passare? 279 Vogliamo ancora ‘luoghi’ per passare? Quali luoghi? Gli antichi custodi delle soglie hanno abbandonato, oggi, i nostri luoghi di passaggio? Eppure oggi, forse, più che in passato abbiamo bisogno di proteggere e difendere i nostri varchi. Della soglia non possiamo fare a meno (dobbiamo pur passare!) ma queste soglie sono ancora per noi luoghi significativi? I moderni Port Autority, i punti di snodo dei parcheggi, le stazioni ferroviarie e i terminals degli autobus, gli aeroporti, le stazioni delle metropolitane e i caselli autostradali sono le nuove porte urbane collettive, ma sono anche spazi in cui il passaggio veloce quasi impedisce la stanzialità e il senso di luogo. In essi si trovano spesso cinema, ristoranti, palestre e cappelle, il cui scopo prioritario è quello di ‘catturare’ il passeggero in corsa. L’entrata agli spazi privati contemporanei invece è stata ridotta a un dispositivo tecnico di regolazione e protezione, più che un luogo con caratteri simbolici. Anche il gesto del passare è stato spogliato dei caratteri di varietà e articolazione di cui ha goduto in passato: difficilmente ci si intrattiene sulla soglia di casa, poco protetta e poco intima, o quasi mai come un tempo vi si svolgono, oltre a quelle legate al passaggio, altre attività, il lavoro, il gioco, il riposo, l’intratt. Dice Norberg-Schulz: “Gli insediamenti contemporanei non presentano più né mura di cinta né porte cittadine e solo raramente appaiono nel paesaggio in qualità di ‘figure’. I loro contorni non sono più accentuati da forme simboliche come quelle delle torri e delle cupole... [...] La perdita dell’insediamento tradizionale è quindi la perdita del luogo”1. E’ lecito estendere questo concetto al tema della soglia? Al ruolo che essa riveste per l’uomo? Cioè: oggi, come progettisti e fruitori nella contemporaneità, vogliamo ancora soglie significative, ‘luoghi’ di passaggio? O è forse sufficiente (a questo proposito gli esempi storici e contemporanei non mancano) predisporre dei dispositivi che non prevedono nè promuovono la stanzialità? E infine: il riconoscimento da parte dell’uomo dello spazio di soglia in quanto portatore di significati non è più un valore da perseguire? Norberg-Schulz ribadisce che solo negli spazi strutturati in modo complesso e sfaccettato l’uomo può riconoscersi, in quegli spazi, cioè, che rappresentano un’alternativa alla totale mobilità e al vuoto, sono ricchi di portato esperienziale”2. Solo a queste condizioni gli spazi si connotano in quanto luoghi, e gli ‘spazi di soglia’ in quanto ‘luoghi del passaggio’. Virtualità e automatismi che hanno messo in crisi la tradizione costruttiva e tecnica della soglia devono ora fornire soluzioni non nostalgiche, efficaci e innovative al tema del passaggio. Poiché l’uomo contemporaneo chiede praticità d’uso e istantaneità di interazioni, gli spazi di passaggio dovranno essere ridotti, semplificati, essenziali. “Nessun dio sosta presso le porte automatiche!” Marco Biraghi, Porta multifrons, 1992 280 IV Internità della soglia, oggi / IL FUTURO DELLA SOGLIA. Vogliamo ancora luoghi per passare? 1. SITE, Cutler Ridge Showroom, Miami, Florida (USA), 1979 Note: 1. Christian Norberg-Schulz, L’abitare, Electa, Milano, p. 50. 2. Si veda: Christian Norberg-Schulz, Il mondo dell’architettura, Electa, Milano, 1988, p. 38. Fonti delle illustrazioni: 1. C. Toraldo di Francia (a cura di), SITE. Architetture 1971-1988, Officina, Roma, 1989. La porta automatica incarna questo proposito: l’uomo non deve tendere il braccio per bussare o per aprire perché la porta fa tutto da sé, incorpora sensori fotoelettrici che rilevano presenze e movimenti e dischiudono il varco. Queste porte individuano un nuovo ruolo della soglia, un anonimo invito ad entrare, un atteggiamento di totale apertura, una manifestazione di fiducia nelle buone intenzioni del prossimo, o più semplicemente un automatismo al servizio della comodità. In molti casi la tradizionale porta nemmeno esiste più, trasformata in una astratta linea di confine (di luce o d’aria) di cui si avverte flebilmente l’esistenza solo nel momento in cui si varca, per il cambiamento di stato microclimatico (temperatura, ventilazione, illuminazione, etc.). Questi sono ancora ‘luoghi’ del passaggio? 283 Per concludere Il problema della soglia esiste come problema progettuale e architettonico e ha implicazioni con la disciplina degli Interni. Gli esempi analizzati mettono in luce che c’è modo e modo di affrontare e risolvere il problema. Concludiamo che ogni modo è ugualmente valido se soddisfa i requisiti prestazionali, costruttivi, formali e simbolici che la soglia richiede; ed è anche significativo, nelle considerazioni fatte finora, se oltre a ciò esprime il carattere di luogo. Lo abbiamo verificato su alcuni esempi storici e contemporanei. Ma oggi, noi, in quanto progettisti di spazi interni, in che termini ci poniamo il problema e quali soluzioni proponiamo come mediazione tra la nuova sensibilità, i nuovi bisogni e i nuovi linguaggi? Ritengo che per la disciplina di Interni rimanga una questione aperta, questa, della ricerca di un punto di intersezione tra il bisogno fisico ineliminabile e ‘reale’ di una spazialità che ‘contenga’ l’uomo e le tendenze contemporanee alla virtualità, all’astrazione, alla praticità d’uso e all’istantaneità d’interazione tra individui. E’ un problema complesso tradurre in password informatiche e portali multimediali i luoghi in cui l’uomo può muoversi fisicamente e a cui può affidare i propri valori. Ci si chiede se è poi possibile. Una risposta è stata data con la simulazione di ambienti virtuali che ricreano spazi e arredi in cui l’uomo può entrare e che può utilizzare tramite speciali apparecchiature (casco, guanti, etc.) collegate a dei sensori e a un terminale. Queste immagini di spazi (perché gli spazi, qui, sono immagini) provengono da una origine numerica, dalla simulazione matematica di un modello, ma vanno ormai acquistando lo statuto di cose vere e proprie. Nella realtà multimediale, impostata quasi totalmente sull’aspetto comunicativo, alla soglia vengono affidati nuovi contenuti. Essa rimane ancora uno spazio di passaggio, ma inteso come luogo di accesso a pseudoambienti, pseudorealtà o pseudoesperienze. Si corre il rischio di produrre un ‘finto realismo’ e di generare dei ‘quasi-oggetti’ dotati di nuova materialità. Resta solo da verificare se e come questi contenuti hanno ancora a che fare con la spazialità, dalla quale, peraltro, non possiamo prescindere, tant’è che questa stessa ricerca ha posto tra le premesse l’assioma dell’esistenza e della necessità del varco per la vita fisica e culturale dell’uomo. Nel corso del lavoro sono state fatte alcune considerazioni e tratte delle conclusioni sommarie sugli orientamenti compositivi e formali che potremmo utilizzare in qualità di progettisti dello spazio interno nella costruzione della soglia contemporanea. Senza troppe pretese, li riassumo brevemente nelle note che seguono: a) Autonomia spaziale. Ritengo importante che il progetto dia una forte identità di forma e di spazio al luogo dell’ingresso, isolandolo rispetto 284 agli altri ambienti della casa o ai percorsi di distribuzione, in modo da evitare da una parte scomode frammistioni d’uso tra chi entra, esce, è accolto sulla soglia e chi se ne sta seduto in poltrona o a tavola, con conseguenti forti limitazioni della privacy, e dall’altra incontrollabili spifferi d’aria fredda d’inverno e folate d’aria calda d’estate negli spazi interni riscaldati o rinfrescati forzatamente. Questa scelta garantisce una buona qualità sul piano funzionale e tecnologico, ma anche sul piano figurativo, poiché affida a un ambiente circoscritto, una bussola, una stanza o un portico il compito preciso dell’accoglienza. b) Evidenziazione formale. Il progetto dovrebbe rendere riconoscibile, facilmente individuabile e raggiungibile il punto di passaggio allo spazio interno. c) L’attrezzatura. Se la soglia non è una semplice linea, ma uno spazio, il progetto dovrebbe prevedere l’inserimento di arredi, di attrezzature e di dispositivi che supportano in vario modo il gesto del passare, in modo da favorirne la fruizione non solo come luogo di transito ma anche come spazio per coltivare piante, per leggere, per intrattenersi o per conservare oggetti e indumenti. In questo modo si evita di ‘isolare’ lo spazio d’ingresso e si contribuisce invece ad arricchirne i significati. d) La stanzialità e il carattere di luogo. Il progetto di una soglia che accoglie fisicamente l’uomo e ne promuove lo stare è progetto non solo di uno spazio ma anche di un luogo cui l’uomo può attribuire un valore legato al proprio vissuto con il passare del tempo. La strada da seguire non è quella della rivisitazione nostalgica di vecchi modelli, ma la progettazione di luoghi per nuove sensibilità e nuovi bisogni. In conclusione, un buon progetto dello spazio del passaggio deve essere una sintesi di diversi aspetti: in quanto varco nella parete, la soglia deve consentire e promuovere il gesto; in quanto sottolineatura espressiva della forma (attraverso la decorazione, il colore, il simbolismo, etc.) deve conferire al gesto senso e significato; in quanto spazio che accoglie, contiene e protegge l’atto umano deve acquistare la valenza di luogo. Appendice Il libro delle soglie Schede 286 Il libro delle soglie / SCHEDA 1 1 PORTA D’INGRESSO DELLA CASA DEL CAPO BAMILEKE (CAMERUN) Il libro delle soglie / SCHEDA 1 287 Questa soglia è un luogo che concentra in sé immagini articolate, figure e decorazioni, e sottende funzioni, riti sacri, valori e tradizioni sociali e culturali del popolo. La capanna del capo si trova al centro del villaggio, in una posizione privilegiata, alla fine del percorso d’ingresso nel villaggio. E’ una costruzione circolare in bambù e fibre vegetali, di dimensioni almeno doppie rispetto a quello delle altre abitazioni e distinta da queste per l’apparato decorativo di alto pregio che le orna. Si tratta di una decorazione scultorea a intaglio molto minuta, articolata in statue e statuette che riproducono figure umane, astratte o allegoriche di diversa forma e dimensione. La porta d’ingresso è sollevata da terra di circa 50 centimetri, per proteggere l’interno dalle incursioni degli animali selvatici, ed è usata spesso come seduta durante le riunioni del Consiglio Il varco ha in genere dimensioni molto modeste. Il tipo, le dimensioni ela qualità dell’ornamentazione variano da caso a caso, in relazione a molti fattori, come la tradizione artistica e artigianale della tribù, le capacità di governo del capo, il suo successo pubblico e il suo favore politico, etc.). Molte statue raggiungono dimensioni umane, a rappresentazione di una famiglia numerosa, di una grande forza fisica o, più frequentemente, di un forte consenso popolare. Riferimenti bibliografici: 1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980. 288 Il libro delle soglie / SCHEDA 2 2 NICOLÒ PROTIRO E PORTALE DELLA BASILICA DI SAN ZENO VERONA (ITALIA), 1123 Il libro delle soglie / SCHEDA 2 289 Il portale della basilica di San Zeno è una ‘porta che racconta una storia’. Il protiro sottolinea il varco e poggia su un basamento cui si accede tramite cinque gradini. Due leoni stilofori sono posizionati ai lati dello spazio sopraelevato e reggono la copertura. Le parti laterali della facciata, il protiro, la lunetta, la porta stessa sono tutti istoriati con decorazioni scultoree e formelle bronzee, a testimonianza del valore narrativo che un tempo, più che oggi, veniva affidato a questo spazio. Qui si trova una sequenza di tre portecon funzioni e significati diversi. La più importante sul piano artistico e simbolico è quella intermedia, a doppio battente, su cui sono montate le formelle bronze, opera di Guglielmo, con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento. La sequenza d’ingresso è molto breve, ma la forza attrattiva generata dalla decorazione induce a una prolungata sosta davanti questa soglia. La porta di San Zeno ‘parla’, quindi, non di sé, della sua solidità o preziosità, forma o dimensione, ma del ruolo che essa ha svolto, per la divulgazione della fede, da più di mille anni, fino ad oggi. Riferimenti bibliografici: 1. G.L. Mellini, I maestri dei bronzi di San Zeno, Banca Popolare di Verona, Verona, 1992. 2. G. Lorenzoni, G. Valenzano, Il Duomo di Modena e la Basilica di San Zeno, Banca Popolare di Verona Banco di San Gimignano e Prospero, Verona, 2000. 290 Il libro delle soglie / SCHEDA 3 3 CHARLES RENNIE MACKINTOH CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MACKINTOSH HOUSE GLASGOW, SCOZIA (GRAN BRETAGNA), C. 1900 Il libro delle soglie / SCHEDA 3 291 Questo spazio d’ingresso è costituito da un corridoio attrezzato, la cui spazialità accoglie una sequenza di precisi e minuti gesti che rendono articolato il luogo e più complessi i momenti dell’accedere e dell’accogliere. Il suo valore consiste nella presenza dell’attrezzatura nello spazio cui si accede superata la porta esterna, spazio che in questo progetto svolge prioritariamente una funzione di accoglienza più che di distribuzione. All’esterno: un campanello, uno spioncino e un piccolo luogo di attesa. All’interno: un attaccapanni con portaombrelli, una panca, un altro portaombrelli, uno specchio. La porta d’ingresso è in legno, a un solo battente, inserita in un portale in pietra a pilastri e architrave. Sull’anta è ritagliata una piccola apertura con un portellino che si apre verso l’interno, collocato sotto quattro vetrini colorati di un azzurro intenso. Nella parte interna si trovano una serratura metallica, e una piccola maniglia. Il corridoio è un ambiente unitario, ben connotato in quanto luogo di ingresso, dove è piacevole soffermarsi a scambiare due parole e i saluti di benvenuto o di commiato. Riferimenti bibliografici: 1. T. Howarth, ‘The House of Charles Rennie Mackintosh’, in: Journal of the Royal Institute of British Architects, LIII, 1946. 2. N. Pevsner, Pionieri del Movimento Moderno, Milano, 1945. 3. J. Steele, Charles Rennie Mackintosh. Syntesis in form, Academy Editions, Londra, 1994. 292 Il libro delle soglie / SCHEDA 4 4 ADOLF LOOS VESTIBOLO D’INGRESSO DI VILLA KARMA TOUR DE PELIZ, MONTREUX (SVIZZERA), 1904-06 Il libro delle soglie / SCHEDA 4 293 Questa stanza d’ingresso è un piccolo ‘sacello’, uno scrigno prezioso, simbolo di modelli d’uso dello spazio molto ricercati e di comportamenti raffinati. Questo spazio, ricco, vivace di colori, prezioso nei materiali e nelle finiture, trasforma il gesto dell’accoglienza in una cerimonia formale, in cui non è tanto importante l’attrezzatura, quanto piuttosto la rappresentatività. I marmi policromi e le componenti metalliche finemente lavorate, il rigore e il lusso delle geometrie e delle decorazioni caratterizzano lo spazio del vestibolo. Superato il massiccio portale in bronzo, su cui sono sono incisi i simboli dello Yin e dello Yang, l’ospite entra in un atrio ovale a doppia altezza, con pareti rivestite in marmo giallo e rosso, e con una volta a cupola ricoperta di mosaici dorati. La pavimentazione a piastrelle bianche e nere segna il centro della sala, sottolineato anche da un fascio di luce proveniente dall’alto. “Al tacito invito a percorrere il vestibolo da Porta a Porta (la seconda porta, che si apre in opposizione a quella che collega con l’esterno, rappresenta il completamento logico del meccanismo d’ingresso) seguendo un semicerchio anziché una linea retta, decisamente non si può resistere. Nel vestibolo l’idea di rotazione si presenta strettamente a quella del ritorno. In ciò condivide la sorte della porta girevole.(Marco Biraghi) Riferimenti bibliografici: 1. B. Gravagnuolo, Adolf Loos, Rizzoli, New York, 1988. 2. G. Denti, S. Perione, Adolf Loos. Opera completa, Officina, Roma, 1997. 3. K. Lustenberger (a cura di), Adolf Loos, Zanichelli, Bologna, 1998. 5. V. Behalova, ‘Die Villa Karma von Adolf Loos’, in: Alte un moderne Kunst, 113, 1970. 294 Il libro delle soglie / SCHEDA 5 5 PIERRE CHAREAU E BERNARD BIJVOËT PORTICO E CORRIDOIO D’INGRESSO DELLA MAISON DE VERRE RUE SAINT GUILLARME 31, PARIGI (FRANCIA), 1928-31 Il libro delle soglie / SCHEDA 5 295 Questa soglia è il luogo della variabilità luminosa, della alterazione percettiva e della trasformazione spaziale. Uno spazio (portico-porta-corridoio) completamente vetrato, la cui trasparenza spinge l’occhio in profondità, fin nel cuore della casa. L’aspetto più interessante di questo spazio d’ingresso riguarda la sua trasformabilità in relazione alla variazione atmosferica e percettiva prodotta dal mutare delle condizioni di illuminazione naturale e artificiale, diurna e notturna. Durante il giorno la luce solare che entra a fatica nel cortile e all’interno dell’edificio produce un’ombra profonda nello spazio d’ingresso e contribuisce a produrre l’immagine di un antro oscuro, di uno spazio misterioso di cui non si è ancora in grado di distinguere i caratteri, Di notte, invece, l’edificio si ‘anima’. Le sue pareti rivelano i movimenti, gli arredi, la vita dell’interno. La luce che proviene dal soggiorno, dalla cucina, dalle sale di attesa per le visite mediche rende manifesta la complessità del progetto d’interni, silenziosamente celata durante il giorno. Riferimenti bibliografici: 1. Yukio Futagawa (a cura di), La Maison de Verre, A.D.A. EDITA, Tokyo, 1988. 2. Brian Brace Taylor, Pierre Chareau. Designer and architect, Benedikt Taschen, Colonia, 1982. 3. Kenneth Frampton, ‘Maison de Verre’ in: Perspecta (The Yale Architectural Journal), 12, 1969, pp. 77-126. 296 Il libro delle soglie / SCHEDA 6 6 ALVAR AALTO PENSILINA D’INGRESSO DI VILLA MAIREA NOORMARKKU (FINLANDIA), 1938-39 Il libro delle soglie / SCHEDA 6 297 La pensilina all’ingresso di villa Mairea è la traduzione, nel linguaggio dell’architettura, del ruolo protettivo e accogliente della natura. Nella soglia di Aalto la natura è solo ciò che è, nella sua semplicità, gli alberi, i fiori, i colori e le textures. Il legno conserva le sue specificità, il colore, la venatura, che la lavorazione non altera. La pietra, i cespugli, tutto è, con un gesto semplice e spontaneo, ‘raccolto’ nel bosco e allestito in questo luogo che ne è parte integrante, per sottolineare la presenza di uno spirito panico proprio nel punto di massima fragilità della casa. La pensilina copre una piccola superficie, leggermente sopraelevata dal piano strada, pavimentata ad opus incertum. Sulla pietra poggiano anche i fasci di pilastri in legno che sorreggono la pensilina, tenuti insieme da un legaccio di iuta. La tettoia ha uno spessore di circa 35 cm e si scompone in due lastre indipendenti: la prima completamente indipendente rispetto all’edificio, sorretta solo dai fasci di pilastri e più bassa; la seconda, più alta, in aggetto dalla facciata d’ingresso, ha un unico punto d’appoggio in un pilastro d’angolo che, forando la prima pensilina, prosegue il suo corso fino a raggiungere il secondo livello. Riferimenti bibliografici: 1. Peter Reed (a cura di), Alvar Aalto 1898-1976, Electa, Milano, 1998. 2. Karl Fleig (a cura di), Alvar Aalto, Zanichelli, Bologna, 1978. 3. Richard Weston, Villa Mairea: Alvar Aalto, Phaidon Press, London, 1992. 4. Richard Weston, Alvar Aalto, Phaidon Press, London, 1995. 298 Il libro delle soglie / SCHEDA 7 7 LE CORBUSIER CANCELLO DELLA CASA DEL DOTTOR CURRUTCHET LA PLATA (ARGENTINA), 1949 Il libro delle soglie / SCHEDA 7 299 Questa struttura d’ingresso rappresenta un esempio di soglia-oltre-la-soglia, in cui il vero accesso all’abitazione è spostato tutto verso l’esterno e la tradizionale separazione tra il dentro e il fuori viene tradotta nell’opposizione tra un esterno pubblico ed un ‘privato ancora esterno’. Il cancello rappresenta la vera soglia dell’edificio. Consiste in un’anta in ferro, liscia, con una maniglia molto semplice, che chiude un varco incorniciato da una struttura in cemento armato leggermente strombata, che definisce una specie di ‘imbuto’ e poggiata su un podio, anch’esso in cemento armato, luogo di attesa, protetto e attrezzato con campanello e citofono. Il punto dell’ingresso diviene il luogo significativo dell’accedere, solo grazie alla presenza di pochi elementi importanti: la piastra, il portale strombato, la porta in ferro. Nel piccolo spazio del cancello l’uomo è accolto brevemente, ma la sua configurazione evidenzia un particolare modo di varcare una particolare soglia che sta a cavallo tra il privato della funzione residenziale e il pubblico di quella ambulatoriale. Riferimenti bibliografici: 1. Willy Boesiger, Le Corbusier, Zanichelli, Bologna, 1991, pp. 92-93. 2. F. Chaoay, Le Corbusier, Il Saggiatore, Milano, 1960. 300 Il libro delle soglie / SCHEDA 8 8 CARLO SCARPA PERCORSO DI ACCESSO DEL MUSEO DI CASTELVECCHIO VERONA (ITALIA), 1957-73) Il libro delle soglie / SCHEDA 8 301 Il percorso di Castelvecchio è una sequenza articolata di segni, di frammenti e di spazi; una successione di passaggi e pause, che invitano ora al movimento ora alla sosta, alla ricerca e alla meditazione. Dal ponte levatoio del castello si accede al cortile interno in ghiaia, quindi a un sentiero lastricato in pietra, leggermente inclinato, che conduce alla porta d’ingresso. Sul sentiero si snodano in sequenza: un biario di siepi, un muretto, una meridiana, un’aiuola, due vasche d’acqua con fontana, siepi e arbusti, un sarcofago, il sacello, un’altra meridiana sulla parete di fondo. L’approdo allo spazio interno avviene attraverso una porta a vetri tagliata in due da un muro che, passando trasversalmente nel varco, penetra nell’interno, dà continuità al passaggio e separa i due gesti dell’entrare e dell’uscire. Il trattamento della superficie del muro, con colori diversi, sottolinea il doppio senso e significato dei movimenti di ingresso e uscita dall’edificio: dal lato dell’entrata è di colore grigio, da quello dell’uscita è di colore nero Germania. Il percorso, interpretato come una successione di passaggi e pause che invitano ora al movimento ora alla sosta, è un luogo del passaggio ritmato da dinamici momenti di ricerca, da attese e silenzi dedicati alla meditazione. Riferimenti bibliografici: 1. Richard Murphy, Carlo Scarpa e Castelvecchio, (ed. ital. a cura di Alba di Lieto e Arrigo Rudi), Arsenale Editrice, Venezia, 1991. 302 Il libro delle soglie / SCHEDA 9 9 LEONARDO SAVIOLI BUSSOLA D’INGRESSO DELLO STUDIO SAVIOLI GALLUZZO, FIRENZE (ITALIA), 1966 Il libro delle soglie / SCHEDA 9 303 La bussola di Savioli è una piccola stanza di cristallo che consente il passaggio fisico nello spazio interno e, su un piano simbolico, la preparazione all’incontro intimo dell’uomo con l’operare artistico. Si tratta di un volume di vetro trasparente e metallo; le connessioni sono realizzate per accostamento delle lastre di vetro, che sono agganciate tra loro grazie a semplici piastre metalliche ad ‘L’. E’ sostenuta lateralmente dai muri perimetrali e superiormente da una specie di ‘coperchio’ metallico, collegato al soffitto con una sorta di trave metallica con profilo a doppia ‘U’. Le pareti della bussola sono vetrate sulle facce frontali, con doppia porta in vetro, esterna e interna, mentre quelle laterali hanno una lastra metallica verniciata di nero fino a un metro di altezza, poi vetrate. Il pavimento è leggermente rialzato rispetto al piano esterno, su un basamento alto circa cinque centimetri, rivestito in pietra del Cardoso nera, tagliata in figure geometriche triangolari. n questa minuscola stanza l’uomo è accolto e avvolto. L’esperienza dell’accedervi è emozionante, anche dal punto di vista della percezione simbolica, poiché lo spazio accoglie un momento riflessio, catartico e preparatorio all’ingresso nella ‘stanza del lavoro e dell’arte’. Riferimenti bibliografici: 1. R. Manno Tolu, L.-V. Masini, A. Poli (a cura di), Leonardo Savioli: il segno generatore di forma-spazio, Edmond Edizioni, Perugia, 1995. 304 Il libro delle soglie / SCHEDA 10 10 PETER ZUMTHOR APPENDICE D’INGRESSO DELLA CAPPELLA SOGN BENEDEGT SOGN BENEDEGT (SVIZZERA), 1988 Il libro delle soglie / SCHEDA 10 305 Questa soglia è uno spazio brevissimo e minuto, una sorta di ‘appendice’generata da una sezione del percorso di montagna che dal villaggio conduce all’edificio, un punto di raccolta e di confluenza del movimento di avvicinamento, fluido e continuo . E’ costituita da una sorta di cuneo in legno incastrato in una fenditura aperta nella parete curva. Vi si accede direttamente dal sentiero sterrato, salendo qualche gradino. Non c’è spazio per la sosta, solo per appoggiare il piede, per far forza e aprire la pesante porta in legno che il visitatore, in una posizione piuttosto scomoda, dovrà spingere con tutto il peso del corpo. Zumthor costringe il visitatore in un piccolissimo adito, lo intrappola, lo avvolge e lo sigilla in una scatola di legno, per pochi istanti, il tempo necessario per avvertire la trasformazione di stato e di luogo. Il legno, con la sequenza delle scandole esterne, dei listelli interni di rivestimento e dei pilastri strutturali, ancora con forza il luogo alla realtà e promuove un gesto che non è quello celebrativo delle cattedrali, ma quello semplice, spoglio dei caratteri simbolici e ridotto al puro ‘stare’ dell’uomo ‘davanti’ allo spazio, delle piccole pievi di montagna. Riferimenti bibliografici: 1. Christoph Mayr Fingerle (a cura di), Neues Bauen in den Alpen. Architettura contemporanea alpina, Edition Raetia, Bolzano, 1992. 306 Il libro delle soglie / SCHEDA 11 11 ETTORE SOTTSASS PORTICO DI CASA BISCHOFBERGER SVIZZERA, 1991-96 Il libro delle soglie / SCHEDA 11 307 Il portico di Sottsass è un piccolo volume annesso all’abitazione, di forma geometrica astratta, una sorta di figura totemica il cui valore espressivo è sottolineato anche dall’uso incisivo del colore e dagli effetti di contrasto che esso produce. Il portico è rivestito in pietra d’Istria bianca e collocato su un podio raggiungibile tramite quattro gradini. Lo spazio è angusto e spoglio: un citofono e una porta. Il contrasto cormatico prodotto dalla vicinanza dei materiali di rivestimento (pietra bianca e nera), genera una forte discontinuità, rappresentazione di un’altra discontinuità quella spaziale e ambientale tra l’interno e l’esterno. Oltre il portico si trova un altro adito di dimensioni contenute, una specie di bussola interna completamente rivestita in piastrelle di ceramica color mastice, di dimensioni 5x5 centimetri, con uno zerbino di forma semiellittica in materiale vegetale ritagliato nel pavimento. Riferimenti bibliografici: 1. Giovanni D’Ambrosio, Ettore Sottsass Jr. Nomade Shiva Pop, Universale di Architettura, 26, 1997. 2. Gianni Pettena, Sottsass. L’arte del progetto, M&M, 1999. 3. H. Hoger, Ettore Sottsass jr., Wasmuth, Berlino, 1993. 308 Il libro delle soglie / SCHEDA 12 12 PORTA D’ABITAZIONE CON DECORAZIONE PITTORICA AD ARABESCHI WALATA (MAURITANIA) Il libro delle soglie / SCHEDA 12 309 La geometria di questa soglia è molto elementare, definita dallo scavo di un foro ad altezza uomo nella parete perimetrale. Il varco viene chiuso con semplici porte in legno a due battenti. L’aspetto interessante risiede senza dubbio nella ricchezza e qualità dell’apparato decorativo della facciata che ingloba il varco, ne sottolinea il valore e, come vuole la tradizione mauritana, ingentilisce l’austerità dell’aspetto dell’architettura domestica. La decorazione non si limita agli arabeschi dipinti, ma coinvolge anche la materia e la forma della parete, scavando nicchie nello spessore e modellando cornici scultoree in rilievo. L’iconografia deriva da una reinterpretazione della matrice naturalistica in chiave geometrico-astratta. Una nota di rilievo va segnalata nel modo diretto in cui la decorazione si relaziona con il terreno (non esiste uno zoccolo, nè un risvolto a sancire la chiusura della cornice che, invece, termina direttamente sul piano della strada). L’uso del monocromatismo e del contrasto cromatico produce un grande impatto visivo e una forte concentrazione nel luogo della soglia, che è sede esclusiva del gesto dell’entrare e dell’uscire (sulla soglia, infatti, non si svolgono altre attività ‘stanziali’, a causa delle condizioni climatiche estreme). Riferimenti bibliografici: 1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980. 2. Bernard Rudofsky, Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Bari, 1979. 310 Il libro delle soglie / SCHEDA 13 13 FACCIATA ATTREZZATA D’INGRESSO DELLA GINNA DEL CAPOFAMIGLIA DOGON (MALI) Il libro delle soglie / SCHEDA 13 Il rappresentante più anziano della famiglia dogon non risiede in un luogo comune, ma nella cosiddetta ‘casa della famiglia’ (ginna, da giu na, casa grande), che si differenzia dalle abitazioni comuni per le più ampie dimensioni, l’altezza e, soprattutto, per il trattamento della facciata della stanza del capo famiglia, che corrisponde alla parete esterna del vestibolo. L’intera costruzione è realizzata in terra cruda, su una struttura in esili tronchi di legno. La facciata si articola simmetricamente intorno a un asse centrale, su cui si apre la porta d’ingresso e, nel piano superiore, la porta del granaio princi- pale, che è un luogo consacrato in cui sono conservati gli altari degli antenati. Questo rappresenta un elemento fondamentale della cultura dei dogon. Per tradizione la porta del granaio è lavorata a bassorilievo, con le rappresentazioni degli avi (sulla serratura) e delle generazioni che, in tempi sucessivi, hanno fondato il popolo dogon. Sulla porta d’ingresso si trova un altare consacrato alla famiglia, contornato da due nicchie e decorato con figure simili alle immagini totemiche degli antenati contenute nel granaio. Una serie di montanti verticali e di traverse dividono la superficie della 311 facciata in nicchie e scomparti, rettangolari nel piano inferiore, più piccoli e quadrati al piano superiore. Queste nicchie si chiamano ‘nidi della golondrina’, e vengono considerati come le abitazioni degli antenati. In esse vengono depositate le offerte e il loro numero è sempre un multiplo di otto, corrispondente agli otto antenati del popolo dogon. Le nicchie costituiscono il motivo più originale dell’architettura della facciata delle ginna, e vengono trattate in modo molto particolare, molto diverso rispetto a quello con cui vengono realizzate le ordinarie abitazioni dogon. Le partiture verticali sono realizzate con pilastri, nel numero convenzionale di dieci, come le dita delle mani. Le porte in legno, a due battenti, sono provviste di serrature di due tipi. Il primo (duro kunu) si usa prevalentemente per chiudere la porta principale della casa che dà accesso alla grande stanza centrale. La serratura è nascosta, all’interno, e per aprirla si introduce la chiave inserendo il braccio in una fessura aperta appositamente nella parete, sulla sinistra della porta.Il secondo tipo (ta kogûru) si impiega soprattutto nelle porte dei granai. La serratura rappresenta l’elemento più importante del varco del passaggio e il punto di massima concentrazione dell’apparato decorativo, con rappresentazioni di animali e di antenati mitici. Riferimenti bibliografici: 1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980. 2. N’Diaye, ‘Contribution à l’étude de l’architecture du pays dogon’, in: Objets et Mondes, XII, 3, 1972, pp. 269-286. 3. Griaule, Dio d’acqua, Milano, 1978, pp. 114-115. 312 Il libro delle soglie / SCHEDA 14 14 PORTALI DECORATI DELLE CASE DI KANO (NIGERIA) Il libro delle soglie / SCHEDA 14 313 Nella cultura popolare e nelle tradizioni nigeriane, la facciata d’ingresso delle abitazioni è il luogo della rappresentazione dello status sociale degli abitanti. Le ricche e particolarissime decorazioni che si riconoscono intorno al varco di passaggio sono di derivazione islamica, ma sono state per così dire rielaborate e ‘geometrizzate’ dalla cultura africana. La porta dell’abitazione, realizzata in terra cruda, come l’intero edificio, si differenzia visibilmente da questo per la sua forma (assomiglia a una torre d’angolo) e per la sua decorazione monumentale. Questi due aspetti ‘isolano’ il punto di soglia e ne sottolineano l’importanza. L’omogeneità del materiale utilizzato che dà continuità non solo alla facciata dell’edificio ma anche all’intero villaggio, non limita, però, la capacità del portale di ‘autodenunciarsi’ all’esterno. La decorazione scultore in risalto e a bassorilievo è lo strumento che produce gli effetti di concentrazione e di valorizzazione. Il semplice varco rettangolare d’ingresso è infatti incorniciato da ornamentazioni geometriche o floreali, che culminano, nella parte finale della torre, con delle ‘orecchie d’asino’, sorta di merli di coronamento. Riferimenti bibliografici: 1. Enrico Guidoni, Architettura primitiva, Electa, Milano, 1980. 314 Il libro delle soglie / SCHEDA 15 15 GALLERIA D’ACCESSO DELLE CASE IPOGEE DI MATMATA (TUNISIA) Il libro delle soglie / SCHEDA 15 315 L’ingresso al tunnel è un semplice buco scavato nel terreno, tanto che il paesaggio che si percepisce è molto simile a quello di un terreno scavato dalle talpe. Vi ci si cala e lo si percorre per circa una decina di metri. La discesa nella terra, caratterizzata da un forte scarto termo-igrometrico e luministico è un’esperienza avvolgente, generata anche dalle dimensioni esigue dell’ambiente, che pare adattarsi come un guanto al corpo umano. Alla fine del percorso, che si sviluppa con tratti in discesa e serie di gradini, si trova una piccola porta in legno che immette selettivamente all’interno del patio. Matmata è una cittadina tunisina le cui origini risalgono probabilemente intorno al VI secolo a.C. Le sue abitazioni trogloditiche ipogee sono realizzate con strumenti e tecnologie molto semplici, attraverso uno scavo nel terreno profondo circa sette-otto metri, l’apertura di un patio interno e la costruzione di una serie di celle (le stanze dell’abitazione) distribuite tutt’intorno al patio e affacciate su di esso, da cui prendono luce e aria. L’accesso al cortile avviene attraverso una galleria che parte a circa una decina di metri dall’abitazione, aperta nel fianco di una collina. La galleria, come tutto l’edificio sono in terra cruda e non rinforzati, quindi ad ogni stagione delle piogge vengono allagati, distrutti e ricostruiti. Il significato di questa soglia risiede nella carica emozionale che trasmette il percorso in galleria, la discesa e l’approdo nel patio illuminato. Riferimenti bibliografici: 1. Gianni Ottolini (a cura di), Civiltà dell’abitare, Galleria del Design e dell’arredamento, Cantù, 1997. 2. Matmata. Orientamenti progettuali per una città segreta, Tesi di laurea di Francesca De Tomasi, rel. prof. Marina Molon, Politecnico di Milano Facoltà di Architettura, a.a. 1994-95. 316 Il libro delle soglie / SCHEDA 16 16 PORTALI AD ANELLI DELLA CATTEDRALE DI LAON (FRANCIA), 1190-1200 Il libro delle soglie / SCHEDA 16 317 che inquadrano il portale e producono un restringimento dello spazio che accoglie l’uomo e lo accompagna nel gesto di penetrare nello spazio interno. Ciascuno dei tre intradossi della Cattedrale di Laon è popolato di figure di santi, di vescovi e di animali, e di rappresentazioni floreali e vegetali scolpite nella pietra. Le porte che vi si aprono hann,o ante in legno, lineari, senza particolari trattamenti decorativi. Un altro aspetto è interessante, nella lettura di questi spazi, cioè le relazioni che vengono istituite tra i portali ad anelli esterni e l’interno dell’edificio. In alcuni esempi non esiste una corrispondenza tra il numero delle porte, o dei portali, e quello delle navate; in altri esempi non ci sono analogie dimensionali tra le strutture esetrne e le partiture spaziali interne, come in questo caso, in cui i due portali laterali immettono in spazi che non sono le navate, ma piccoli aditi quadrati coperti con una volta a crociera, indipendenti da queste. L’intradosso dei portali ad anelli delle cattedrali gotiche è uno spazio protetto (tre o cinque ambienti separati uno dall’altro) su cui si aprono le porte che immettono nell’interno. Questo elemento svolge ruoli diversi: segnala il punto di penetrazione (svolge quindi un ruolo comunicativo del valore e della dimensione dell’edificio); consente e protegge il transito dei fedeli sulla soglia (svolge quindi un ruolo strumentale); racconta, attra- verso le sue decorazioni scultoree e pittoriche, di eventi storici e biblici (svolge quindi un ruolo didattico); esprime un alto valore estetico-formale in quanto prodotto di capacità artistiche universalmente riconosciute (svolge quindi un ruolo rappresentativo e culturale). I portali ad anelli, nello specifico, uniscono a ciascuno di questi aspetti il carattere dinamico, definito dalle sequenze di costoloni, statue e cornici Riferimenti bibliografici: 1. Andrew Martindale, Arte gotica, Rusconi, Milano, 1990. 2. Il gotico. Architettura, Scultura, Pittura, Könemann, Colonia, 1998. 318 Il libro delle soglie / SCHEDA 17 17 LEON BATTISTA ALBERTI PORTICO D’INGRESSO DELLA BASILICA DI SANT’ANDREA MANTOVA (ITALIA), 1470 Il libro delle soglie / SCHEDA 17 319 presenza di una porta più piccola ridimensiona il varco e ne ridefinisce il ruolo di luogo di passaggio e ripristina la scala umana. Le porte di accesso alla chiesa sono tre: in genere si usano solo quelle laterali, più piccole, mentre la centrale viene aperta solo per le grandi cerimonie. L’intradosso del Sant’Andrea non è solo un luogo di attesa e d’incontro per i fedeli, ma anche, data la sua sopraelevazione su un podio, una specie di piccola balconata e punto di osservazione sulla piazza. La sua complessità è ulteriormente accresciuta dalla presenza di aperture laterali che consentono di percorrere longitudinalmente il portico. Questo spazio, così, viene ad essere contemporaneamente luogo di sosta e di passaggio in due diverse direzioni. Il grande arco classico centrale del fronte principale, fiancheggiato da aperture più piccole, richiama la scansione delle cappelle maggiori e minori sui fianchi della navata e collega organicamente l’esterno con l’interno tramite un profondo intradosso (la forma e la dimensione citano e preparano l’ingresso nella navata con volta a botte dell’interno). In questo esempio la dimensione monumentale del varco, che affaccia su una piazza molto esigua, genera uno sconvolgente ‘effetto sorpresa’ e produce un senso di disorientamento, facendo deviare l’attenzione dal problema funzionale dell’accedere a quello formale e percettivo dell’improvviso scarto dimensionale. Nella profondità dell’intradosso la Riferimenti bibliografici: 1. F. Borsi, Leon Battista Alberti. L’opera completa, Electa, Milano, 1989. 2. Joseph Rykwert, Anne Engel (a cura di), Leon Battista Alberti, Olivetti Electa, Milano, 1994. 320 Il libro delle soglie / SCHEDA 18 18 MICHELANGELO BUONARROTI VESTIBOLO DELLA BIBLIOTECA LAURENZIANA FIRENZE (ITALIA), 1519-59 Il libro delle soglie / SCHEDA 18 321 Questa soglia è costituita da una stanza quadrata quasi completamente occupata da una scalinata monumentale in marmo, che conduce alla porta vetrata d’ingresso alla sala di lettura, inserita in un grande portale sovrastato da un timpano classico. La scala, divisa in tre rampe di cui la centrale, più ampia, prosegue fino al piano d’imposta del pavimento della biblioteca, mentre le due laterali si fermano a un pianerottolo intermedio. Inoltre la centrale ha una forma più sinuosa, e sembra citare una cascata di marmo che invade tutto lo spazio del vestibolo. Il carattere più intressante di questa soglia risiede nel suo appartenere contemporaneamete a un interno e a un esterno. Essa ripropone, infatti, nel trattamento delle pareti come facciate urbane e della porta d’ingresso alla sala di lettura come portale monumentale, simbolico e rappresentativo. D’altra parte è però difficile stabilire definitivamente se questo spazio sia un dentro o un fuori e questa incertezza provoca lo stupore che ci assale all’ingresso in questo luogo. Riferimenti bibliografici: 1. Paolo Portoghesi, Bruno Zevi, Michelangelo Architetto, Einaudi, Torino, 1964. 2. Giulio Carlo Argan, Michelangelo Architetto, Electa, Milano, 1990. 3. B. Zevi, C. Benincasa, Venti monumenti italiani, Seat, Torino, 1984. 4. B.M. Apolloni, Opere architettoniche di Michelangelo a Firenze, Libreria dello Stato, Roma, 1934. 322 Il libro delle soglie / SCHEDA 19 19 BALDASSARRE PERUZZI PORTICO D’ACCESSO DEL PALAZZO MASSIMO ALLE COLONNE ROMA (ITALIA), 1532 Il libro delle soglie / SCHEDA 19 323 luogo del passaggio e la sua soluzione dipende da molti fattori, tra cui la foma e la composizione (la configurazione dello spazio ne può promuovere, per esempio, un particolare uso da parte di un’utenza individuale o collettiva, etc.), la localizzazione (l’interposizione dello spazio tra i due ambienti della strada e della casa, per esempio, può indurre a un suo utilizzo per attività commerciali, culturali o rappresentative, come nell’antica Roma, etc.). Il tema dello spazio-filtro interposto tra l’interno e l’esterno (non ancora un ‘dentro’ chiuso tra pareti ma delimitato da confini permeabili; non del tutto un ‘fuori’ perché coperto e circoscritto), è ricorrente nella storia dell’architettura fin dall’antichità (si pensi alle fauces della casa romana di cui Pompei ci dà ancora testimonianza, per esempio). La soglia di Palazzo Massimo è di esplicita ispirazione classica. L’edificio affaccia direttamente sulla strada pubblica e il suo punto d’accesso è fortemente connotato da un’ombra profonda e da una sequenza di colonne coronate da capitelli ionici. Lo spazio si sviluppa longitudinal- mente lungo il tracciato curvo della strada e si conclude ai lati con due nicchie semicircolari. Nella parte centrale, in corrispondenza del varco d’ingresso segnalato da una maggiore distanza tra le due colonne in facciata, si immette un ampio corridoio che conduce a un cortile interno e alla scala principale. Questo luogo è particolarmente interessante per il tipo di relazioni che la sua localizzazione e la sua forma innescano tra lo spazio pubblico e lo spazio privato e per il suo appartenere contemporaneamente all’uno e all’altro. Questo aspetto è, infatti, uno dei temi architettonici (e dei problemi, in fin dei conti) più complessi applicati al Riferimenti bibliografici: 1. Renato De Fusco, Mille anni di architettura in Europa, pp. 266-267. 324 Il libro delle soglie / SCHEDA 20 20 MICHELE SANMICHELI PORTA PALIO VERONA (ITALIA), 1549 Il libro delle soglie / SCHEDA 20 325 Queste differenze trovano una spiegazione nella diversa funzione di ciascuna delle due facce e nel diverso modo d’uso previsto per questi spazi da parte dei gabellieri o dei passanti, a piedi, a cavallo o su carri. Davanti al fronte rivolto verso la campagna esisteva un tempo una grande area libera per la sosta e all’ingresso si accedeva con riserve, pochi per volta, passando al vaglio dei doganieri attraverso quella centrale, più ampia, delle tre porte aperte su questo lato. La faccia rivolta verso la città offriva la possibilità di ripararsi, di sostare o di accatastare materiali sotto un profondo portico con cinque grandi campate ad arco, coperto con volte a crociera. In questa soglia urbana i due fronti, quello rivolto verso la città e quello rivolto verso la campagna presentano delle caratteristiche molto diverse. Nel primo caso: raffinatezza dei paramenti marmore, stile ionico classico e decorazioni pregiate; nel secondo: trattamento grossolano dei materiali e della composizione generale, uso del bugnato. In questa scelta c’era la volontà di trasmettere una precisa informazione sull’oggetto, sul suo ruolo e sui suoi significati rispetto alla città: chi si muoveva dalla campagna verso il centro si trovava davanti a una porta ‘nobile’ ed elegante, di disegno rigoroso ed equili- brato; chi, al contrario, arrivava ai margini urbani e si dirigeva verso la periferia, doveva oltrepassare un pesante portale in stile dorico di grande effetto plastico, reso misterioso dalle ombre prodotte dal portico e dalla scabrosità della pietra grezza. Questa porta vuole esprimere la doppia immagine della vita, quella cittadina, raffinata e colta, e quella agreste, semplice e rozza. Dal punto di vista compositivo si rilevano alcuni caratteri interessanti, per esempio: i due lati sono diversi tra loro per il numero e il tipo di aperture, per la loro dimensione, per la loro disposizione e per i diversi spazi cui danno accesso. Riferimenti bibliografici: 1. Eric Langenkioeld, Michele Sanmicheli: the architect of Verona: his life and works, Almquist & Wikells Boktryckeri, Uppsala, 1938. 2. Lionello Puppi, Michele Sanmicheli architetto. Opera completa, Laliban, Roma, 1986. 3. Lionello Puppi, Michele Sanmicheli architetto di Verona, Marsilio, Venezia, 1971. 326 Il libro delle soglie / SCHEDA 21 21 KARL FRIEDRICH SCHINKEL ALTES MUSEUM - EDIFICIO D’INGRESSO DELL’ISOLA DEI MUSEI BERLINO (GERMANIA), 1822-28 Il libro delle soglie / SCHEDA 21 327 In questo esempio la soglia non è rappresentata da una linea, né da una porta o da una superficie a pavimento, ma da un vero e proprio edificio, il cui spazio tridimensionale rappresenta il punto di accesso, di raccolta e di distribuzione dei visitatori al vasto e complesso sistema museale. Proprio per la sua configurazione a padiglioni indipendenti, l’Isola dei Musei di Berlino ha affidato a un intero edificio il ruolo di accesso. L’Altes Museum di Schinkel quindi, oltre a svolgere una funzione espositiva nelle sue sale perimetrali (è prima di tutto un museo), offre ai gruoppi in visita una prima maestosa accoglienza nella grande sala circolare coperta da una cupola a cassettoni. L’impianto centrale, la presenza del colonnato e della statuaria a tutto tondo lungo il perimetro della sala, il paramento marmoreo degli iterni, la raffinatezza delle finiture e la luce zenitale proveniente dall’oculo della cupola producono un forte coinvolgimento emotivo e affidano a questo spazio un carattere più di stanzialità che di semplice transito verso altri luoghi. Riferimenti bibliografici: 1. G.F. Waagen, ‘Karl Friedrich Schinkel als Mensch und als Künstler’, da: ‘Berliner Kalender’, 1844, pp. 305428, in: 1781-1841. Schinkel l’architetto del principe, Electa, Milano. 2. B. Bergdoll, Karl Friedrich Schinkel. An Architecture for Prussia, Rizzoli International, New York, 1994. 328 Il libro delle soglie / SCHEDA 22 22 ANTONI GAUDI’ TORRE-PORTICO D’INGRESSO DI CASA ‘EL CAPRICHO’ BARCELLONA (SPAGNA), 1883-85 Il libro delle soglie / SCHEDA 22 329 Avvicinandosi all’ingresso ci si imbatte subito nella prima stravaganza: la porta d’entrata è quasi nascosta da quattro colonne massicce che, terminanti in capitelli a filigrana, fanno da sostegno ad archi plastici dall’aspetto piuttosto goffo. Tre scale uguali, a cinque gradini ciascuna, una frontale e due laterali, conducono al centro del piccolo portico su cui si apre la porta d’ingresso. Oltre questa porta si trova un piccolo vestibolo, uno spazio-filtro tra l’interno e l’esterno che immette, tramite un’altra porta, in una nicchia di dimensioni molto contenute, una strozzatura del percorso, che rende manifesto anche a livello fisico, il definitivo ingresso nello spazio interno. Questo ingresso è particolarmente emblematico dei caratteri di autonomia e di monumentalità della soglia. Costituito da un piccolo portico con quattro pesanti colonne che poggiano su un podio, cui si accede tramite tre brevi rampe di scale, è uno spazio autonomo rispetto all’edificio cui dà accesso, pur essendone addossato e comunque fortemente interrelato sul piano espressivo, materico e decorativo. Il trattamento del volume e delle superfici è tipicamete manierista: le colonne sono tozze e pesanti, i capitelli floreali hanno una profusione e una decorazione quasi barocca, i materiali sono lavorati come creta, la torre sovrasta pesantemente il portico, somiglia molto a un minareto orientale. Riferimenti bibliografici: 1. Rainer Zerbst, Antoni Gaudì, Taschen, Colonia, 1985, pp. 48-57. 2. Lara-Vinca Masini, Antoni Gaudì, Sadea Sansoni, Firenze, 1969. 330 Il libro delle soglie / SCHEDA 23 23 FRANK LLOYD WRIGHT LOGGIA D’INGRESSO DELLO STUDIO WRIGHT OAK PARK, CHICAGO, ILLINOIS (USA), 1897 Il libro delle soglie / SCHEDA 23 331 La loggia è un piccolo spazio porticato molto riccamente decorato, cui si accede oltrepassando una sequenza di filtri, eventi e spazi con funzioni catartiche. Vi si giunge direttamente dalla strada, da un ampio marciapiede alberato tramite quattro gradini. La decorazione scultorea (sui capitelli e ai lati del cornicione) rappresenta l’aspetto più interessante di questo luogo: è simbolica e riproduce figure del mondo vegetale e animale. La scultura ad altorilievo di uno dei pilastri raffigura una pianta della stessa casa di Wright a Oak Park, sormontata da un libro aperto e fiancheggiata da due animali, probabilmente due cicogne. Questa soglia è significativa anche dal punto di vista spaziale in quanto si articola in una sequenza di ambienti e di elementi molto particolari che ne fanno una struttura piuttosto complessa: il percorso di avvicinamento, che si svolge via via con gradini, fioriere, statue, etc.; il portico con i quattro pilastri istoriati; le due porte d’ingresso che si aprono lateralmente; la vetrata ripartita in tre campate da altri quattro pilasti più interni che dà luce al vestibolo d’ingresso, uno spazio di attesa e di accoglienza, attrezzato con delle sedute e un grande tavolo da disegno collocato proprio sotto la finestra. Riferimenti bibliografici: 1. William Allin Storrer, The Frank Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago and London, 1993, pp. 4-7. 2. Robert McCarter, Frank Lloyd Wright, Phaidon, Londra, 1997, pp. 62-71. 3. E. Hannington, H. Blessing, Frank Lloyd Wright Home and Studio, Oak Park, Edition Axel Menges, Stuttgart, 1996. 332 Il libro delle soglie / SCHEDA 24 24 CHARLES RENNIE MACKINTOSH SCALINATA E DOPPIA PORTA D’INGRESSO DELLA SCHOOL OF MODERN ART GLASGOW, SCOZIA (GRAN BRETAGNA), 1898-1909 Il libro delle soglie / SCHEDA 24 333 Nella scalinata di Mackintosh lo spazio di soglia si sviluppa in profondità, estendendosi dalla strada fino alla porta d’entrata, e oltre, fin nella bussola interna con due porte a doppi battenti basculanti. La scala è interamente rivestita di lastre in pietra, di grandi dimensioni e ripropone la misteriosa e affascinante atmosfera degli ingressi degli antichi castelli medievali. Il limite più esterno è segnato da una lanterna posta come chiave di volta al culmine di un arco metallico che definisce una sorta di grande portale d’ingresso. Questo segno si interpone direttamente tra l’esterno (pubblico) del marciapiede e della strada e lo spazio della scalinata che, delimitata dall’arco metallico e da spessi muri laterali con andamento sinuoso è di per sè uno spazio chiuso, privo di pareti e soffitto, e già fortemente connotato come interno. La sua forma è ‘morbida’ e accogliente, invita alla salita e indirizza il movimento verso il fulcro della porta, la cui configurazione consente il transito veloce e contemporaneo nelle due direzioni di entrata e di uscita. Il brevissimo spazio quadrato che segue è delimitato da una seconda porta, decorata con linee sinuose e sobrie come la porta più esterna. Riferimenti bibliografici: 1. Mackintosh Masterwork: The School of Modern Art, Richard Drew Publishing, Glasgow, 1989. 2. James Macanley (a cura di), Glasgow School of Modern Art di Charles Rennie Mackintosh, Phaidon, 1993. 3. ‘Glasgow School of Art, in: The Architect’s Journal, 24, giugno 1989, pp. 40-52. 334 Il libro delle soglie / SCHEDA 25 25 PETER BEHRENS PORTA D’INGRESSO DI CASA BEHRENS DARMSTADT (AUSTRIA), 1900-01 Il libro delle soglie / SCHEDA 25 “(L’ingresso), data la sua funzione di apertura nella parete, che permette la penetrazione della casa, è trattato come un recesso e affiancato da un fascio di fusti zig-zagati che si ritraggono verso la porta. La concavità così formatasi trova il suo contrappunto più alto in un bay window convesso, ove pannelli di vetri sono intercalati a frammenti di simili fusti verdi. Un dettaglio significativo è l’uso di mattoni rossi ad ambo i lati dell’entrata, che esercita un effetto di pacificazione e stasi del movimento concavo-convesso. La composizione si basa quindi sugli stessi elementi di articolazione di tutto l’esterno, ma la funzione del penetrare è espressa dal fatto che qui si presentano frammentati. Possiamo aggiungere che nei pilastri che fiancheggiano il cancello è già introdotto il tema fondamentale dell’esterno: una massa solida di mattoni rossi interpenetrata da vibranti verticali verdi e incoronata da un terminale movimentato. […] Si accede alla porta d’ingresso per mezzo di una piattaforma ottagonale interposta tra il cancello e la casa. Definita da mura perimetrali basse, che continuano poi lungo le scale, che su ambo i lati conducono al giardino, la piattaforma si presenta come uno spazio sia isolato, che connesso. Dal punto di vista fenomenologico essa può dirsi un ‘ponte’, che definisce il rapporto tra l’ambiente circostante e la casa. [...] La porta d’ingresso è già di per se stessa un’introduzione all’interno. L’ornamento in alluminio bronzeo, su fondo scuro, visualizza e condensa il carattere vitale dei gusti laterali zigzagati. Questo orna- 335 mento rimonta e si espande in direzione della sua origine: uno stilizzato motivo solare in vetro traslucente, che contiene un ovale di cristallo luminoso. La composizione colpisce ed esalta come una nota tonale che può essere giustamente espressa dal termine tedesco feierlich. Piuttosto che in un castelletto si ha l’impressione di entrare in un ‘santuario’. Una porta rappresenta sempre l’incontro di interno ed esterno; in questo caso i raggi solari dorati dell’ornamento si accomunano ad un tipo più astratto di geometria che sembra originare dall’interno. L’essenza della porta come la soglia ove ha luogo un’importante trasformazione è così espressa. (Data la sua costruzione metallica, la porta si è fortunatamente salvata dalla distruzione della guerra, ma il prospicente ‘sole di cristallo’ è andato in frantumi, ed è oggi sostituito da un ovale semplice con suddivisioni che non accordano con la figurazione originale)”. (C. Norberg-Schulz). Riferimenti bibliografici: 1. Christian Norberg-Schulz, Casa Behrens. Darmstadt, Officina, Roma, 1980. 2. AAVV, Fascicolo monografico di Casabella, dedicato a Peter Behrens, n. 240, 1960. 3. Adriano Cornoldi, L’architettura della casa, Officina, Roma, 1998, pp. 160-161. 4. Christian Norberg-Schulz, Il mondo dell’architettura, Electa, Milano, 1986, pp. 125-140. 336 Il libro delle soglie / SCHEDA 26 26 JOSEPH MARIA OLBRICH PORTALE D’INGRESSO DELLA ERNST LUDWIG HAUS DARMSTADT (AUSTRIA), 1901 Il libro delle soglie / SCHEDA 26 337 Questo ingresso monumentale, decorato e fiancheggiato da due statue gigantesche scolpite da Habich, segnala il punto di penetrazione in uno degli edifici residenziali della Colonia di Darmstadt. La facciata in una alta e spoglia facciata traforata da finestre orizzontali, che nascondeva la vetrata esposta a nord del retro, con un ingresso circolare decorato. Il portale ad omega, come un occhio gigantesco, cattura lo sguardo del visitatore, lo attrae guidandolo lungo il percorso esterno, attraverso la sequenza di gradini della scala monumentale fino al portico e lo fa arrestare di fronte alla porta d’ingresso, in ammirazione estatica, in attesa. La forma della cornice, sottolineata da un ispessimento all’esterno, sembra chiudere un ipotetico cerchio, il cui fuoco sta proprio al centro del varco. La sua decorazione rappresenta l’apetto determinante non solo dell’ingresso, ma anche dell’intera facciata: oro, cerchi, triangoli, colori tenuemente armonizzati. La decorazione geometrica e floreale di questa soglia, con i suoi due granitici guardiani è portatrice di precisi contenuti simbolici. “Ha il compito di tenere lontani i visitatori, di evitare ogni contatto con essi, e di sottrarre la porta a qualsiasi profanazione. [...] Essa suggerisce una distanza ‘ottimale’ dalla quale osservare l’opera. [...] In questo modo la grande porta, per mezzo della cornice e dei suoi ornamenti, allontana più di quanto non metta in contatto, separa più di quanto non colleghi’ (Marco Biraghi). Riferimenti bibliografici: 1. B. Krimmel, P. Haiko, J. M. Olbrich. Architettura, Jaca Book, Milano, 1988. 338 Il libro delle soglie / SCHEDA 27 27 FRANL LLOYD WRIGHT DOPPIA BUSSOLA CIRCOLARE DEL ROOKERY BUILDING CHICAGO (ILLINOIS, USA), 1905 Il libro delle soglie / SCHEDA 27 339 ne del valore di internità. Va aggiunto che anche per questo, come del resto per tutti gli elementi dell’interno, Wright ha dato prova della su a grande attenzione per il dettaglio e la qualità delle finiture (si vedano, per esempio, il trattamento raffinato del telaio in legno verniciato, le maniglie, i corrimani e le serrature in ottone, etc.). Superato lo spazio-filtro della bussola, il percorso di accesso procede attraverso un ampio corridoio ribassato su cui si aprono gli ascensori, fino ad arrivare al cuore dell’edificio, allo straordinario atrio quadrato, a doppia altezza e illuminato dall’alto, da cui parte la monumentale scala in ferro di Wright. L’ingresso al Rookery Building è una struttura scatolare in legno, con tre porte a vetri su telaio in legno, con due battenti basculanti ciascuna. La bussola è interamente contenuta nello spessore del grande portale ad arco che immette nell’edificio. La geo- metria, i materiali usati e le dimensioni rendono questo spazio autonomo rispetto al varco . All’interno di questo brevissimo segmento di spazio, con soffitto ribassato, molto intimo e contenuto, è forte il senso di raccoglimento e la percezio- Riferimenti bibliografici: 1. John Zukowsky, Chicago Architecture 1872-1922, Prestel, Munich, London, New York, 2000, pp. 160-165. 2. William Allin Storrer, The Frank Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago and London, 1993, p. 112. 340 Il libro delle soglie / SCHEDA 28 28 ADOLF LOOS INTERSTIZIO D’INGRESSO DELL’AMERICAN BAR VIENNA (AUSTRIA), 1908 Il libro delle soglie / SCHEDA 28 341 Questo brevissimo segmento di spazio è intressante per diversi motivi. In primo luogo va rilevata l’originalità dell’aspetto esterno, con la facciata rivestita con lastre di marmo venato, il prisma triangolare che sovrasta la porta d’ingresso con la bandiera degli americana e il nome del negozio a tinte vivacissime. Uno dei caratteri più significativi di questa soglia è però la sua configurazione spaziale e le sue dimensioni molto esigue che definiscono un modo di percepire e di usare questo spazio molto particolare. Il fronte esterno è tripartito da quattro lesene rivestite in marmo interposte tra tre vetrate identiche nella forma ma diverse nella funzione: quella di destra è una vetrina espositiva apribile dall’esterno ma non accessibile; la centrale rappresenta il punto di passaggio vero e proprio; la vetrata di destra individua un piccolissimo luogo che accoglie una o due persone al massimo intorno a un tavolino. Vi si accede con difficoltà bypassando le porte aperte nelle diverse direzioni, che rendono macchinoso l’uso di questi spazi minuscoli. Il modello di fruizione dello spazio d’ingresso fin qui descritto è coerente con quello dello stesso bar, volutamente angusto, intimo ed elitario. Riferimenti bibliografici: 1. Kurt Lustenberger, Adolf Loos, Artemis, Zurigo, 1994, p. 64. 2. B. Rukschcio, R. Schachel, Adolf Loos, Pierre Mardaga èditeur, Vienna, 1987, p. 459. 342 Il libro delle soglie / SCHEDA 29 29 GUNNAR ASPLUND PERCORSO D’INGRESSO DELLA CAPPELLA NEL BOSCO STOCCOLMA (SVEZIA) 1918-20 Il libro delle soglie / SCHEDA 29 343 Gli studi di Asplund per il varco d’ingresso, il percorso e il portico della cappella, rivelano una grande sensibilità per il tema della soglia, che in questo progetto viene esplorata e proposta in termini di luogo. L’ingresso si risolve in un tragitto che prepara, emoziona e, alla fine, accoglie e protegge sotto il profondo portico colonnato. La fitta boscaglia in cui è inserita la costruzione trasmette l’idea di uno spazio interno denso di elementi e avvolgente, e la strada in esso ritagliata, i cui margini sono segnati dalla presenza dei pini e dal percorso in terra battuta, somiglia molto a un corridoio di distribuzione. Il forte carattere di luogo percepibile in questo progetto è generato dalla presenza della natura, la vegetazione ad alto fusto che popolano il bosco, del vento che produce rumori e fruscii tra gli alberi, dell’acqua che si muove in piccoli corsi e del sole che illuminando dall’alto la radura prospiciente l’edificio, crea un ambiente riconoscibile e fortemente connotato, una sorta di sala d’attesa o un luogo di pre-parazione all’ingresso. Riferimenti bibliografici: 1. C.Caldenby, O. Hultin , Asplund, Ginko Press, Hamburg, 1985, p. 66-71 344 Il libro delle soglie / SCHEDA 30 30 GUNNAR ASPLUND SCALINATE E PORTALE D’INGRESSO DELLA BIBLIOTECA DI STOCCOLMA SVEZIA, 1920-28 Il libro delle soglie / SCHEDA 30 345 Un aspetto intressante dell’ingresso alla Biblioteca di Stoccolma è il suo ruolo comunicativo e rappresentativo della funzione pubblica dello spazio in cui immette. Le dimensioni della scala e del portale esterno sono monumentali, come monumentale, massiccia e rigorosa è l’immagine generale dell’edificio. La scalinata esterna in pietra conduce a un grandioso portale con una cornice in marmo alta circa dieci metri. Una grande lastra di vetro con un telaio a riquadri chiude il varco. Superata la porta a vetri ritagliata nel centro in questa vetrata ci si trova in un vano quadrato piccolo ma molto complesso dal punto di vista dell’organizzazione dl movimento, in quanto costituisce il punto di confluenza di quattro diversi percorsi. Quello che dall’esterno porta all’interno dell’edificio con una scalinata monumentale, superato un secondo portale più piccolo al di là del vano quadrato, prosegue fin nel cuore della sala di lettura con una scala più stretta chiusa tra due pareti; i due laterali con scale larghe poco più di un metro seguono l’andamento curvo del muro della sala di lettura a pianta centrale. I rivestimenti in marmo, le soluzioni di dettaglio e le finiture sono di alta qualità. Riferimenti bibliografici: 1. C. Caldenby, O. Hultin, Asplund, Gingko Press, Amburgo, 1997. 346 Il libro delle soglie / SCHEDA 31 31 FRANK LLOYD WRIGHT PERCORSO D’ACCESSO DI CASA STORER LOS ANGELES, CALIFORNIA (USA), 1923 Il libro delle soglie / SCHEDA 31 La vera soglia di Casa Ennis è rappresentata dal percorso d’ingresso che dal limite di proprietà giunge fino alla porta d’entrata dell’abitazione, articolandosi in una sequenza di dislivelli, siepi, vasche d’acqua, aiuole e fioriere, sedute, terrazze, alberi d’alto fusto, ciottoli, etc. La porta d’ingresso non costituisce il limite fra l’esterno e l’interno ma, per la sua configurazione e la sua posizione, è integrata nel percorso come ciascuno degli elementi naturali che ne fanno parte, tanto da risultare quasi assente la porta nel senso tradizionale del termine. Sull’intera composizione domina la presenza costante della pietra, la cui decorazione ‘racconta’ di presenze umane e tradizioni costruttive del passato. Il percorso è quindi una specie di foresta pietrificata, costituita da siepi geometriche potate a spigolo vivo, pietre lavorate, lisciate, decorate, tappeti d’erba e passatoie marmoree, vasche d’acqua e ruscelli artificiali convogliati in brevi condotti e in fontane di storica memoria. Un tentativo ben riuscito di sposare artificio e natura, ma con delicatezza, senza forzature, come un gesto spontaneo e naturale. “Evidentemente è difficile immaginare una casa senza porta. Ne ho vista una, un giorno, parecchi anni fa, a Lansing, Michigan, Stati Uniti d’America. Era stata costruita da Frank Lloyd Wright: si cominciava col seguire un sen- 347 tiero leggermente sinuoso, sulla sinistra del quale si innalzava, con forte progressione, e perfino con una noncuranza estrema, un leggero declivio che, dapprima obliquo, si avvicinava poco per volta alla verticale. A poco a poco, come per caso, senza rendersene conto, senza che a un istante preciso si fosse in grado di affermare di aver percepito qualcosa che assomigliasse a una transizione, a una rottura, a un passaggio o a una soluzione di continuità, il sentiero diventava pietroso, ovvero: dapprima non c’era altro che erba, poi iniziavano a esserci delle pietre in mezzo all’erba, c’erano un po’ più di pietre e diventava come un vialetto lastricato ed erboso, mentre sulla sinistra, la pendenza del terreno cominciava a somigliare, molto vagamente, a un muretto, poi a un muro in opus incertum. Poi appariva una specie di tetto graticciato praticamente indissociabile dalla vegetazione che l’invadeva. Ma di fatto, era già troppo tardi per sapere se si era fuori o dentro: in fondo al sentiero, le lastre combaciavano e ci si trovava in ciò che si è soliti chiamare un’entrata, la quale si apriva direttamente su una stanza piuttosto gigantesca, uno dei prolungamenti della quale sfociava su una terrazza oltre tutto ravvivata da una grande piscina”. (george Perec) Riferimenti bibliografici: 1. Frank Lloyd Wright, Taschen, Colonia, 1994. 2. William Allin Storrer, The Frank Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago and London, 1993, p. 220. 3. Robert McCarter, Frank Lloyd Wright, Phaidon, Londra, 1997, pp. 167-173. 348 Il libro delle soglie / SCHEDA 32 32 LE CORBUSIER PORTICO D’INGRESSO DELLA CITÉ DE REFUGE PARIGI (FRANCIA), 1929 Il libro delle soglie / SCHEDA 32 349 La pensilina di Le Corbusier è una struttura molto semplice, costituita da una piastra rettangolare di circa 40 centimetri di spessore, sorretta da 4 pilastri molto snelli, in metallo, inclinati e abbinati a due a due. I punti di congiunzione tra la tettoia e i pilastri sono risolti in semplice adiacenza dei due sistemi, fissati tra loro con viti e bulloni. Le caratteristiche formali di questa soglia (essenzialità di linee, volumi e superfici; uso vivace del colore; etc.) le conferiscono un esplicito ruolo comunicativo; invece la sua posizione e la sua articolazione assicurato una totale protezione dalle intemperie lungo il percorso che dall’esterno conduce all’interno dell’edificio. Riferimenti bibliografici: 1. Willy Boesiger (a cura di), Le Corbusier, Zanichelli, Bologna, 1991, pp. 48-49. 350 Il libro delle soglie / SCHEDA 33 33 RUDOLPH SCHWARZ PORTE D’INGRESSO DELLA CHIESA PARROCCHIALE DEL CORPUS DOMINI AQUISGRANA (GERMANIA), 1929-30 Il libro delle soglie / SCHEDA 33 351 quasi cinque volte più alta, più luminosa e aerea, e genera uno spazio di profonda concentrazione e raccoglimento. In questo ambiente si trova anche il fonte battesimale, isolato dall’aula della chiesa da una lastra di vetro a specchio. Gli ingressi hanno una localizzazione dettata dalle diverse necessità: connettere in modo diretto le funzioni (l’accesso sulla parete laterale sinistra consente un collegamento immediato con la canonica); risolvere la cerniera tra interno ed esterno (si vedano le porte della parete laterale destra, che immettono nella navata ribassata e nell’atrio vetrato); sottolineare il valore simbolico del movimento verso il punto ieratico dell’altare (il portale della facciata principale sottolinea la direzione longitudinale). Alla chiesa si accede tramite quattro porte diverse per forma, dimensione e ubicazione. Ogni ingresso svolge un ruolo ben determinato, promuove un particolare modo di accedere e soprattutto esprime un preciso significato dinamico. La porta più importante sul piano funzionale non corrisponde a quella più importante sul piano formale, infatti è il piccolo atrio in angolo a svolgere la funzione di accoglienza dell’assemblea piuttosto che il portale, che viene usato solo in occasione delle processioni. Uno scarto dimensionale e luministico separa l’atrio dalla navata laterale, ribassata rispetto a quella centrale, Riferimenti bibliografici: 1. Rudolph Schwarz, Costruire la chiesa. Il senso liturgico nell’architettura sacra, a cura di Roberto Masiero e Franco de Faveri, Morcelliana, Brescia, 1999. 2. Roberto Masiero, ‘Rudolph Schwarz: l’altra modernità’, in: Casabella, 640/641, dicembre 1996-gennaio 1997, pp. 28-33. 3. Chiara Baglione, ‘Il mondo sulla soglia, in: Casabella, 640-641, dicembre 1996-gennaio 1997, pp. 34-55. 4. Wolfgang Penth, ‘La luce nell’oscurità’, in: Casabella, 640/641, dicembre 1996-gennaio 1997, pp. 56-59. 352 Il libro delle soglie / SCHEDA 34 34 ALVAR AALTO PENSILINA D’INGRESSO DEL SANATORIO DI PAIMIO PAIMIO (FINLANDIA), 1929-33 Il libro delle soglie / SCHEDA 34 353 La zona d’ingresso al Sanatorio di Aalto è sottolineata da una pensilina di forma organica (di cui abbiamo visto una soluzione analoga nell’ingresso di Villa Mairea) molto aggettante, che produce un’ombra profonda nel punto del contatto e dello scambio tra l’esterno e l’interno. Essa copre non solo le scale che collegano il pavimento esterno a quello interno leggermente sopraelevato, ma anche lo spazio in cui si fermano le automobili per far scendere i pazienti. E’ realizzata in calcestruzzo alleggerito e rinforzato nei punti di attacco alla facciata, per lo sforzo a cui è sottoposta a causa della configurazione in forte aggetto e del peso proprio. Riferimenti bibliografici: 1. Peter Reed, Alvar Aalto, Electa, Milano, 1998, pp. 166-173. 2. Goran Schildt (a cura di), The architectural drawings of Alvar Aalto: 1917-1939, Garland, New York, 1994, vol IV. 354 Il libro delle soglie / SCHEDA 35 35 GIUSEPPE TERRAGNI PORTE AUTOMATICHE DELLA CASA DEL FASCIO COMO (ITALIA), 1932-36 Il libro delle soglie / SCHEDA 35 355 La soglia della Casa del Fascio (una sequenza di porte vetrate automatiche che producono una totale continuità visiva tra l’interno e l’esterno, attraverso lo spazio dell’ingresso) è uno spazio fluido, aperto e ‘disponibile’ ad essere fruito ‘da tutti’. Nell’interno c’è un grande atrio, accessibile direttamente passando da queste porte, originariamente organizzato intorno a una corte aperta. Successivamente il cortile divenne una sala centrale per riunioni, illuminata dall’alto attraverso una copertura in vetro-cemento. L’intenzionalità politica della costruzione è espressa in termini letterali dalla serie di porte in vetro della facciata d’ingresso, la cui apertura simultanea di queste porte, grazie ad un meccanismo elettrico, avrebbe unito l’agorà interna del cortile con la piazza, consentendo in tal modo il flusso ininterrotto delle adunate di massa dalla strada all’interno dell’edificio. “Oggi le porte che si chiudono automaticamente sono un bene comune. Ma le porte che si aprono automaticamente potrebbero avere ben presto una analoga diffusione. Non è necessario che ciò avvenga per le porte esterne, ma se le porte interne si apriranno da sole, ciò darà l’impressione di una amichevole accoglienza da parte del padrone di casa, senza che questi abbia bisogno di muovere un dito. Il meccanismo è semplice: basta premere col piede su di una lastra mobile; l’invenzione e il brevetto sono già stati perfezionati, il meccanismo è già in funzione in alcuni locali berlinesi. Ma si può andare anche più in là; si possono inserire nelle porte dei cristalli rotanti, e accendere dei riflettori: ne risulterà un’accoglienza più gradevole di quella che è in grado di assicurare un annoiato servitore in livrea”. (Paul Sceerbart) Riferimenti bibliografici: 1. Ada Francesca Marcianò, Giuseppe Terragni. Opera completa 1925-1943, Officina, Roma, 1987, pp. 83-102. 356 Il libro delle soglie / SCHEDA 36 36 FRANCO ALBINI PORTA D’INGRESSO DELL’ISTITUTO DI BELLEZZA ‘ELIZABETH ARDEN’ VIA MONTENAPOLEONE, MILANO (ITALIA), 1939 Il libro delle soglie / SCHEDA 36 357 La sistemazione ha avuto luogo nel pian terreno di una vecchia casa di Milano, la cui facciata neoclassica è stata rispettata interamente: l’arco centrale è stato continuato all’interno dell’atrio con una volta a botte, è stato chiuso nella parte superiore con un cristallo e nella parte inferiore con una parete di ebano nella quale è stata tagliata la porta. Il marmo di ornavasso grigio dei gradini continua nel pavimento dell’atrio a grandi lastre. Alla sala si accede attraverso una porta a due battenti di securit. Le pareti sono di cementite battuta grigio pallido. Riferimenti bibliografici: 1. Antonio Piva, Vittorio Prina, Franco Albini 1905-1977, Electa, Milano, 1998, pp. 126-127 2. Domus, 144, dicembre 1939. 3. Stile, maggio-giugno 1941 4. Quaderni di Domus, 2, Editoriale Domus, Milano, 1945. 5. Quaderni di Domus, 6, Editoriale Domus, Milano, 1948. 358 Il libro delle soglie / SCHEDA 37 37 FRANK LLOYD WRIGHT PORTALE E TUNNEL D’INGRESSO DEL NEGOZIO MORRIS SAN FRANCISCO, (CALIFORNIA, USA), 1948-50 Il libro delle soglie / SCHEDA 37 359 Il Negozio Morris è una ristrutturazione di uno spazio preesistente, ma al posto della solita vetrina, Wright ha introdotto una parete cieca in laterizio, con un’unica apertura ad arco di mattoni e vetro. Il suo disegno è geometrico, quasi rigido, all’esterno, ma all’interno il varco si trasforma in un tunnel e convoglia il visitatore verso uno spazio avvolgente, con una rampa a spirale che collega il piano terra con il primo piano. Il breve percorso d’ingresso rappresenta un elemento di sutura e di connessione diretta tra l’interno e l’esterno. La porta di Wright è quindi contemporaneamente espressione di un dentro e di un fuori che si negano a vicenda, attraverso l’uso di linguaggi molto diversi: nelle viste dall’atrio verso l’esterno l’ingresso appare aereo, trasparente, coinvolgente, e dalla strada verso l’interno del negozio, invece, l’immagine è quella di un varco di geometria rigorosa e astratta, severo, in alcuni casi misterioso. Riferimenti bibliografici: 1. Frank Lloyd Wright, Taschen, Colonia, 1994. 2. Frank Lloyd Wright. Per la causa dell’architettura, Gangemi, Roma, 1989. 3. William Allin Storrer, The Frank Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago and London, 1993, p. 323. 360 Il libro delle soglie / SCHEDA 38 38 LUDWIG MIES VAN DER ROHE BASAMENTO E GRADINI DI CASA FARSWHORT PLANO (ILLINOIS, USA), 1945-51 Il libro delle soglie / SCHEDA 38 361 E’ difficile dire quale sia in realtà il segno di soglia in Casa Farswhort, quello che delimita il confine tra l’edificio e la natura. La negazione delle differenze tra esterno e interno promossa dal Movimento Moderno e l’idea di istituire tra loro una continuità visiva e spaziale ha prodotto molti ambienti privi delle nette, tradizionali pareti verticali in muratura, sostituite da pareti vetrate completamente trasparenti. Qui le linee di margine sono talmente sottili e il varco nella parete al tal punto ‘bidimensionale’ (privo cioè della spazialità concessa alla soglia dallo spessore del muro tradizionale) da non essere quasi percepibile. Ma la differenziazione tra spazio abitato e natura non può essere abilita. Mies però qui, come in molte altre sue architetture, la reinterpreta e la affida altri elementi: in Casa Farnswhort, per esempio, al podio e alle sequenze di gradini e di ‘vassoi’ esterni che costituiscono i momenti di un percorso di progressivo avvicinamento e penetrazione nello spazio ‘chiuso’. Questi sono gli spazi di passaggio miesiani. Riferimenti bibliografici: 1. Werner Blaser (a cura di), Mies van der Rohe. Farnsworth House, Birkhäuser, Basilea, 1999. 2. Gianni Ottolini, Vera de Prizio, La casa attrezata, Liguori, Napoli, 1993, pp. 174-176. 362 Il libro delle soglie / SCHEDA 39 39 LE CORBUSIER PORTALE MERIDIONALE DELLA CHAPELLE DE NOTRE-DAME-DU-HAUT ROCHAMP (SVIZZERA), 1950-55 Il libro delle soglie / SCHEDA 39 363 vanno a battere le parti terminali del battente, con forma ad ogiva. Sulla struttura reticolare del portone sono stati fissati una maniglia in bronzo e sedici pannelli in lamiera d’acciaio larghi 135 cm e alti dai 67 ai 69 cm (le misure alle quali si riferiva Le Corbusier erano in realtà 139x70 cm, direttamente derivate dal Modulor), fissati alla struttura mediante viti in ottone da 6 mm e rondelle in piombo, e dipinti personalmente da Le Corbusier (disegni originali datati 4 maggio 1955). Questa porta è girevole in modo imperfetto, nel senso che riducendosi a un solo battente ruotante su un perno centrale, è capace al massimo di coprire l’ampiezza di un angolo retto, producendo una doppia apertura che consente l’entrata e l’uscita contemporanee. Apertura e chiusura non procedono ininterrottamente l’una dall’altra per trasformarsi perennemente l’una nell’altra ma scandiscono spazi e momenti diversi. Per questo motivo la pporta di Le Corbusier non è girevole in senso assoluto. Il portone meridionale della Cappella, in acciaio, è una grande porta girevole, dipita da Le Corbusier ispirandosi al ‘retablo’ di Boulbon. Ha una forma pseudo quadrata, pesa circa 2,3 tonnellate, ed è costituito internamente da una struttura metallica reticolare. La struttura è simmetrica e nel suo asse centrale verticale è collocato un pivot che permette l’apertura, per rotazione, verso l’interno della cappella. Gli stipiti sono costituiti da due montanti contro cui Riferimenti bibliografici: 1. Charles Jencks, Le Corbusier and the Continual Revolution in Architecture, The Monacelli Press, New York, 2000, pp. 262-265. 2. Giuseppe Rocchi Coopmans de Yoldi (a cura di), Le Corbusier, Terragni, Michelucci, Alinea, Firenze, 2000, pp. 85-132. 364 Il libro delle soglie / SCHEDA 40 40 ASNAGO EVENDER CANCELLO D’INGRESSO DEL CONDOMINIO XXI APRILE MILANO (ITALIA), 1953 Il libro delle soglie / SCHEDA 40 365 Il punto di accesso pedonale alla proprietà privata è segnato da un cancello ricavato in uno dei due muretti posti ai lati di un ampio varco destinato al passaggio delle automobili. Nel muretto di destra è inserita una porta sussidiaria, utilizzata solo quando il cancello è chiuso, protetta da una pensilina in cristallo temperato, montata su una struttura metallica con quattro pilastri molto esili. Due di questi si agganciano direttamente alla lastra, gli altri due vanno a sorreggere una mensola metallica, cui si aggancia la lastra stessa. Nel complesso, la posizione della porta d’ingresso, la struttura di copertura e la sisposizione degli elementi di sostegno definiscono un disegno non simmetrico, originale e dinamico rispetto al rigore della facciata del condominio, quindi questa soglia svolge un significativo ruolo di identificazione del passaggio. Riferimenti bibliografici: 1. E. Paoli, Quaderni Vitrum n.6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav, p. 16 366 Il libro delle soglie / SCHEDA 41 41 LUIGI CACCIA DOMINIONI BUSSOLA D’INGRESSO DELLA BANCA POPOLARE DI COMMERCIO E INDUSTRIA VIA MOSCOVA, MILANO (ITALIA), 1956 Il libro delle soglie / SCHEDA 41 367 I battenti di cristallo a filo libero sono retti da cardini metallici a pavimento e immorsati al sopraluce tramite piastrine metalliche ad ‘L’ nella parte alta. Questa soglia è destinata ad accogliere non l’individuo singolo ma un flusso di persone in un andirivieni continuo. E’ proprio questo aspetto a determinare lo specialissimo trattamento dello spazio, nelle dimensioni, nelle finiture e nella composizione formale in genere. Il significato espressivo del progetto di Caccia Dominioni risiede nel tentativo di rendere di facile controllo il flusso e piacevole l’atto dell’entrare (come in un gioco, in una stanza degli specchi), reso attraverso l’articolazione spaziale e l’accostamento di colori e materiali diversi. Le pareti laterali sono in lamiera smaltata blu cobalto, il pavimento è di granito, lo zerbino circolare è di fibre naturali di cocco. Questoo spazio d’ingresso è costituito da un sistema di porte a vetri disposte lungo due direttrici oblique, a costituire una doppia bussola con pianta a forma di due triangoli che si incontrano al vertice. Interamente realizzata in cristallo, a parte l’esile pilastro centrale metallico, a pianta esagonale, che regge la struttura, si compone di quattro lastre di cristallo temperato che si diramano dal pilastro centrale e defi- niscono quattro ambienti indipendenti. Sotto i quattro volumi dei sopraluce si trovano altre quattordici lastre più piccole, tre esterne, e quattro interne per ciascuno dei quattro ambienti triangolari. Di queste, otto sono apribili con oscillazione sfalsata, quattro sono fissate al pilastro centrale, altre due sono fisse, addossate alle pareti laterali, e formano un angolo ottuso verso la strada. Riferimenti bibliografici: 1. E. Paoli, Quaderni vitrum n.6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav, p. 79. 2. Maria Antonietta Crippa, Luigi Caccia Dominioni: flussi spazi e architettura, Universale di Architettura, Torino, 1996. 368 Il libro delle soglie / SCHEDA 42 42 CARLO DE CARLI SAGRATO SOPRAELEVATO DELLA CHIESA DI SANT’IDELFONSO MILANO (ITALIA), 1956 Il libro delle soglie / SCHEDA 42 369 Il sagrato di forma trapezioidale di Sant’Idelfonso, sopraelevato di circa un metro e mezzo dal piano stradale, isola il punto d’ingresso e gli conferisce una certa intimità rispetto allo spazio pubblico indifferenziato. L’intimità non gli deriva dalla presenza di margini fisici costruiti (pareti e copertura) ma dalla sopraelevazione, che elimina ogni possibile interazione o, peggio, frammistione, con movimenti e attività incompatibili. Questo spazio è quindi ancora un esterno ma chiaramente circoscritto e identificato come luogo per sostare prima e dopo le funzioni religiose, in grado di affidare una precisa identità e riconoscibilità al punto di passaggio. L’accesso al podio, però, non sancisce la definitiva penetrazione nello spazio interno della chiesa, ma prepara l’evento e traduce, amplificandolo a una scala urbana (monumetale, nella sua semplicità), il gesto naturale ma liturgicamente significativo dell’ingresso nello spazio sacro. Riferimenti bibliografici: 1. Carlo De Carli, Architettura Spazio Primario, Hoepli, Milano, 1982. 370 Il libro delle soglie / SCHEDA 43 43 CARLO SCARPA PORTA DI SERVIZIO DEL NEGOZIO OLIVETTI VENEZIA (ITALIA), 1957-58 Il libro delle soglie / SCHEDA 43 371 Questa porta consiste in una grande lastra di pietra che si apre ruotando intorno a un perno. E’ ritagliata su una facciata costituita da lastre di pietra lavorata con tecniche diverse, accostate e sovrapposte, in modo da definire campi di vari colori e rugosità. I materiali utilizzati sono i marmi locali, vicentini e veronesi, color crema, bianco e rosa. La decorazione si basa sia sulla varietà delle textures sia sulla lavorazione a bassorilievo e ad altorilievo delle cornici e dei disegni geometrici ornamentali. Questa ‘pesante’ soglia svolge prima di tutto una funzione decorativa. Secondaria è la funzione strumentale di consentire il passaggio e di controllarne il flusso. Quasi assente è la funzione segnaletica, mimetizzata com’è nella composizione generale della facciata. Un aspetto da sottolineare è la modalità di apertura a rotazione intorno a un asse non centrale, che conferisce alla porta forte asimmetria e quindi grande dinamicità. Riferimenti bibliografici: 1. Ada Francesca Marcianò (a cura di), Carlo Scarpa, Zanichelli, Bologna, pp. 112-117. 2. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994. 3. Gigi Scarpa, ‘Un negozio in piazza San Marco a Venezia’, in: L’architettura, Cronache e storia, 43, maggio 1959. 4. B. Albertini, S. Bagnoli (a cura di), Scarpa: l’architettura nel dettaglio, Jaca Book, Milano, 1988. 5. AAVV, Carlo Scarpa Architect. Intervening withhistory, Canadian Centre for Architecture, The Monacelli Press, 1999. 372 Il libro delle soglie / SCHEDA 44 44 BBPR PENSILINA ABITATA E BUSSOLA D’INGRESSO DELLA TORRE VELASCA MILANO (ITALIA), 1958 Il libro delle soglie / SCHEDA 44 373 passaggio allo spazio pubblico (accoglie più persone per volta); sia per il valore che assume in relazione alle diverse condizioni di illuminazione naturale o artificiale che ne trasformano l’immagine e il senso nelle diverse ore del giorno. Per esempio, i lampadari a più punti luce progettati per l’atrio producono una illuminazione diffusa molto intensa che raggiunge tutto lo spazio vetrato di accoglienza al piano terra, compresa la bussola. Ne risulta un effetto ‘notturno’ molto affascinante: la bussola sembra una teca illuminata dall’interno che si stacca dall’edificio e che, ‘svuotando’ il piano terra, fa levitare la torre. L’effetto diurno è molto diverso: l’illuminazione naturale è lieve e attenuata, e a fatica raggiunge il punto di accesso, che rimane sempre in forte penombra. Questo ingresso è costituito da diversi elementi: uno spazio di accoglienza esterno, protetto da una pensilina e attrezzato con negozi aperti al pubblico; una pensilina ‘abitata’ molto aggettante, appoggiata ai negozi sottostanti; e da una bussola vetrata, l’elemento forse più interessante di tutto il sistema d’ingresso. La bussola è una struttura tridimensionale a lastre di vetro trasparente e con telaio in ferro verniciato. E’ un punto importante nella composizione generale dell’edificio, sia per la sua localizzazione, per la configurazione planimetrica, per la dimensione e per la spazialità interna; sia per la funzione prioritaria di consentire il Riferimenti bibliografici: 1. ‘La Torre Velasca a Milano’, in: Casabella, 232, ottobre 1959. 2. Serena Maffioletti (a cura di), BBPR, Zanichelli, Bologna, 1994, pp. 136141. 3. Leonardo Fiori, Massimo Prizzon (a cura di), La Torre Velasca, Abitare Segesta, Milano, 1982. 4. Giuseppe Samonà, ‘La Torre Velasca a Milano’, in: L’architettura cronache e storia, 40, febbraio 1959, pp. 659-674. 374 Il libro delle soglie / SCHEDA 45 45 LUDWIG MIES VAN DER ROHE, PHILIPH JOHNSON BUSSOLE A BATTENTI GIREVOLI DEL SEAGRAM BUILDING NEW YORK6 (USA), 1958 Il libro delle soglie / SCHEDA 45 375 Il piano terra del Seagram, completamente ‘aperto’ dal punto di vista della percezione visiva, liberato dal vincolo delle murature opache che compromettono la continuità tra interno ed esterno, e delimitato invece da diaframmi vetrati trasparenti, è accessibile tramite tre bussole circolari vetrate con battenti girevoli su un asse centrale. La totale trasparenza della facciata e dei varchi di ingresso rende quasi impercettibile la dimensione, la forma e l’esistenza stessa del varco, che è solo lievemente segnato da esili serramenti in bronzo. Manca qualsiasi elemento, linea o superficie, che dia una precisa identità allo spazio del passaggio vero e proprio: il pavimento esterno continua indifferentemente anche all’interno dell’edificio e il limite della soglia si riduce al concetto puramente astratto di ‘punto’ di soglia, il punto in cui è fissato il pilastrino intorno a cui ruotano i battenti. Riferimenti bibliografici: 1. Franz Schulze, Mies van der Rohe, Jaca Book, Milano, 1989, pp. 274275. 2. Phyllis Lambert, Mies in America, New York, 2001. 3. E. Paoli, Quaderni vitrum n.6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav, p. 104. 376 Il libro delle soglie / SCHEDA 46 46 GIO’ PONTI PENSILINE-BUSSOLE D’INGRESSO DEL GRATTACIELO PIRELLI MILANO (ITALIA), 1960 Il libro delle soglie / SCHEDA 46 377 L’ingresso consiste in due pensiline aggettanti in acciaio, che proteggono dalle intemperie nel tratto dall’auto all’atrio e che, prolungandosi all’interno della parete vetrata della facciata principale, formano la copertura di due bussole di accesso, alte tre metri e completamente trasparenti. Le pensiline hanno una struttura in acciaio rivestita di alluminio anodizzato e sono leggermente rialzate verso la parte più esterna per convogliare il movimento verso l’interno dell’edificio; le bussole sono realizzate in cristallo temperato, ad eccezione della copertura, metallica come la pensilina esterna. Nella parte interna, alla fine della breve galleria protetta dalla pensilina, le due porte che si susseguono nella bussola, danno accesso a un grande vestibolo. I battenti sono in cristallo temperato a filo libero, e si muovono su cerniere metalliche. Riferimenti bibliografici: 1. E. Paoli, Quaderni vitrum n. 6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav, pp. 42-43. 2. G. Ardini, C. Serratto, Giò Ponti. Venti cristalli di architettura, Il Cardo, Venezia, 1994, pp. 141-159. 3. AAVV, ‘Il centro Pirelli’, in: Edilizia moderna, 71. 378 Il libro delle soglie / SCHEDA 47 47 ENRICO CASTIGLIONI BUSSOLA D’INGRESSO DELL’ORATORIO S. LUIGI BUSTO ARSIZIO, MILANO (ITALIA), 1962 Il libro delle soglie / SCHEDA 47 379 La parete dell’atrio rivolta verso il cortile riservato ai giochi dei ragazzi, è costituita da una grande vetrata in cui è inserita una bussola a pianta quadrata, ruotata in modo tale che il diaframma in vetro la taglia a metà in corrispondenza degli angoli. In questo modo la bussola si presenta con la particolare configurazione triangolare sia verso il vestibolo, sia verso il cortile. I battenti e le lastre fisse, ancorate con piccole piastre a pavimento e con una cornice metallica ad ‘L’ nella parte superiore, sono di vetro acidato, mentre il cielino è di cristallo temperato trasparente. Le parti metalliche sono di ottone spazzolato. Come risulta dalla pianta, la bussola si apre in tre punti: uno dalla parte del cortile e due verso l’atrio in modo da poter indirizzare i visitatori direttamente verso lo spazio di accoglienza e di distribuzione agli altri ambienti dell’oratorio. Riferimenti bibliografici: 1. E. Paoli, Quaderni Vitrum n. 6, Gli “ingressi”, a cura del Cisav, p. 94. 380 Il libro delle soglie / SCHEDA 48 48 ROBERT VENTURI, JOHN RAUCH PORTA D’INGRESSO DI CASA VANNA VENTURI, CHESTNUT HILL, PHILADELPHIA (PENNSYLVANIA, USA), 1959-64 Il libro delle soglie / SCHEDA 48 381 prosegue oltre i limiti della porta stessa, a sua volta sormontato da una linea arcuata che spezza la rigida geometria rettangolare. Nella parte superiore, inoltre si presenta una profonda frattura che separa i due lati della facciata provocando una forte tensione nel punto del passaggio. Nello sfondo del portico d’ingresso c’è una finestra, la cui posizione spostata rispetto all’asse di simmetria sottolinea la non-assialità del percorso d’ingresso. Lo spazio dell’ingresso è qui sintesi di movimenti incrociati e di elementi dinamici in forte tensione, tuttavia esso viene usato anche come luogo di sosta, come sottolineano le foto ormai famose di Vanna Venturi seduta sulla soglia della propria casa. Il prospetto principale dell’edificio è concepito come uno schermo bidimensionale che appartiene sia allo spazio esterno che a quello interno. A definire questo varco concorrono diversi aspetti: in primo luogo la figura. Il disegno è insieme simmetrico e asimmetrico: la simmetria si coglie nella collocazione del varco all’interno del fronte principale; l’asimmetria, in- vece, nello sviluppo spaziale che prevede un accesso attraverso una porta laterale posta sotto il breve intradosso del portale e una configurazione del vano ‘ad imbuto’, più ampio e aperto verso la porta d’ingresso. Si tratta di una semplicissima apertura rettangolare (quasi quadrata) ritagliata nella superficie di facciata e sottolineata da un architrave lineare che Riferimenti bibliografici: 1. C. Vaccaro, F. Schwartz, Venturi Scott Brown e Associati, Zanichelli, Bologna, 1991, pp. 25-27. 2. Adriano Cornoldi, L’architettura della casa, Officina, Roma, pp. 242243. 3. Robert Venturi, Complessità e contraddizione nell’architettura, Dedalo, Bari, 1980. 382 Il libro delle soglie / SCHEDA 49 49 CARLO SCARPA PERCORSO D’ACCESSO DELLA FONDAZIONE QUERINI-STAMPALIA VENEZIA (ITALIA), 1964 Il libro delle soglie / SCHEDA 49 383 L’acqua raggiunge le sale in modo naturale, come il visitatore accede a questi luoghi con spontaneità e fluidità. Gli spazi d’ingresso della Fondazione Querini-Stampalia sono costituiti da un sistema di elementi e ambienti piuttosto complesso e articolato: l’accesso non avviene dall’originario portale del palazzo storico, ma da una porticina secondaria laterale cui si arriva superando un breve pontile; all’interno si sviluppa una sequenza di ambienti disposti su livelli diversi connessi tra loro da piastre, gradini, vasche in pietra; da qui parte un corridoio che si articola in una serie di nicchie e altri piccoli spazi; etc. La varietà e l’articolazione che caratterizzano il percorso non producono, però un senso di disorientamento o di caos compositivo. Questo perché i diversi ‘eventi’ sono tenuti insieme dalla presenza costante e unificante dell’acqua che, nell’accompagnare l’incedere del visitatore dal pontile alle sale espositive, convogliata in canalette artificiali fino a confluire in una grande vasca di pietra, congiunge definitivamente, senza fratture e discontinuità, l’interno con l’esterno. Riferimenti bibliografici: 1. Richard Murphy, Querini Stampalia Foundation. Carlo Scarpa, Phaidon, London, 1993. 2. Marta Mazza (a cura di), Carlo Scarpa alla Querini Stampalia, Il Cardo, 1996. 3. Ada Francesca Marcianò (a cura di), Carlo Scarpa, Zanichelli, Bologna, pp. 112-117. 4. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994. 5. B. Albertini, S. Bagnoli (a cura di), Scarpa: l’architettura nel dettaglio, Jaca Book, Milano, 1988. 6. AAVV, Carlo Scarpa Architect. Intervening withhistory, Canadian Centre for Architecture, The Monacelli Press, 1999. 7. Carlo Scarpa, A+U Publishing, Tokyo, 1985. 8. Maria Antonietta Crippa, Carlo Scarpa: il pensiero, il disegno, i progetti, Jaca Book, Milano, 1984. 9. Sergio Los, Carlo Scarpa: an architectural guide, Arsenale, Venezia, 1995. 384 Il libro delle soglie / SCHEDA 50 50 CARLO DE CARLI SCALINATE, ATRII E PORTICI DI ACCESSO DELLA CHIESA DI SAN GEROLAMO EMILIANI CIMIANO, MILANO (ITALIA), 1964 Il libro delle soglie / SCHEDA 50 385 Il complesso sistema di accesso alla Chiesa di San Girolamo Emiliani attraverso scale, portici e atrii differenziati offre l’occasione per riflettere brevemente sul significato dell’accedere allo spazio sacro che De Carli ha interpretato qui come percorso, come successione di situazioni, strutture e ambienti diversi. Il punto di contatto fra l’interno e l’esterno ospita, in questo progetto, momenti significativi sul piano liturgico: le tappe dell’avvicinamento, dell’ascesa, dell’attesa, della sosta e dell’ingresso. Le scalinate accolgono il movimento dei fedeli che si recano alla chiesa da luoghi diversi, generano una sorta di distanziamento dalla strada (la quotidianità, la materialità, le ‘cose terrene’ nell’interpretazione religiosa) e immettono, attraverso un percorso indiretto, laterale, prima in portici, poi in piccoli atrii che sanciscono il definitivo ingresso nello spazio interno della chiesa. Riferimenti bibliografici: 1. Carlo De Carli, Architettura Spazio Primario, Hoepli, Milano, 1982. 386 Il libro delle soglie / SCHEDA 51 51 CARLO SCARPA CANCELLO DEL CIMITERO BRION SAN VITO D’ALTIVOLE, TREVISO (ITALIA), 1969-78 Il libro delle soglie / SCHEDA 51 387 E’ alto 163 centimetri, come il muro di cinta nel quale è ritagliato, ed è realizzato con gli stessi materiali. Questo dà totale contuinuità al perimetro esterno. La presenza del varco è denunciata solo da pochi dispositivi (il carrello delle ruote e la maniglia) e da alcuni elementi decorativi (l’apertura a forma di croce nella parte superiore dell’anta, il listello metallico orizzontale annegato nel calcestruzzo e la cornice di finitura). La struttura rievoca, con la sua gravità, i portali in pietra delle piramidi e dei templi degli antichi Egizi. Il cancello dell’ingresso dei funerali della Tomba Brion è una grande porta scorrevole costituita da un pannello di cemento gettato in cassero, con una lastra di vetro incastrata internamente. Questa massa apparentemente irremovibile, in realtà scorre facilmente su ruote con cuscinetti a sfera in bronzo montate all’estremità di un carrello, lungo una rotaia annegata nel cemento della pavimentazione. L’apertura del cancello non è mai completa, in quanto prevede che rimanga sempre in vista un maniglione in tondo pieno di acciaio di 40 millimetri di sezione. Riferimenti bibliografici: 1. Peter Noever (a cura di), The other city. Carlo Scarpa: the architect’s working method as shown by the Brion Cemetery in San Vito d’Altivole, Ernst & Sohn, Berlino, 1989. 2. AAVV, Carlo Scarpa Architect. Intervening withhistory, Canadian Centre for Architecture, The Monacelli Press, 1999. 3. Peter Buchanan, ‘Brion Cemetery’, in: The architectural Review, II, 1985. 4. Carlo Scarpa, A+U Publishing, Tokyo, 1985. 5. Maria Antonietta Crippa, Carlo Scarpa: il pensiero, il disegno, i progetti, Jaca Book, Milano, 1984. 6. Pierluigi Nicolin, ‘Carlo Scarpa: cimitero-tomba Brion a San Vito di Altivole’ in: Lotus, 38, 1983. 7. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia, 1994. 8. Ada Francesca Marcianò (a cura di), Carlo Scarpa, Zanichelli, Bologna, pp. 112-117. 388 Il libro delle soglie / SCHEDA 52 52 IEOH-MING PEI PYRAMIDE D’INGRESSO DEL MUSEO DEL LUOVRE PARIGI (FRANCIA), 1984-89 Il libro delle soglie / SCHEDA 52 389 La costruzione piramidale, posta proprio al centro della grande piazza del Louvre, è in realtà solo la copertura degli spazi sotterranei di distribuzione del museo, ma per le sue dimensioni, la geometria e l’uso di materiali tecnologici (vetro e acciaio) in forte contrasto con quelli degli edifici storici prospicienti, costituisce un forte segnale di identificazione dell’ingresso e di polarizzazione dell’attenzione. In una della facce della piramide sono collocati i dispositivi di accesso, un complesso sistema di porte e di scale mobili che conducono all’atrio sotterraneo. Riferimenti bibliografici: 1. Leonardo Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Laterza, RomaBari, 2001, p. 1013. 2. Atlante di architettura contemporanea, Könemann, Colonia, 2000, pp. 294-295. 390 Il libro delle soglie / SCHEDA 53 53 ALDO ROSSI PERCORSO E PORTALI D’INGRESSO DELLA BIENNALE VENEZIA (ITALIA), 1985 Il libro delle soglie / SCHEDA 53 391 Rossi allestisce la Biennale del 1985 e progetta un originale viale che connette l’ingresso col padiglione italiano e gli altri padiglioni stranieri. Il percorso di accesso è segnato dalla sequenza di tre grandi portali che introducono a un quarto portale più grande collocato sotto la cupola d’ingresso. Su ciascun arco è posta una scritta a grandi caratteri maiuscoli, realizzata in lamiera rossa: ‘Biennale’, ‘Venezia’, ‘Architettura’. I primi tre portali, quelli del giardino, sono tappezzati di manifesti policromi, come mosaici veneziani o strade urbane; il quarto è dipinto bianco, con un consistente zoccolo in alluminio e su di esso troneggia la scritta ‘Italia’, illuminata dalla luce della cupola. La costruzione provvisoria e il valore attribuito alla tipografia di queste ‘porte urbane’, le avvicina a un tipo di manifesto pubblicitario tridimensionale in cartapesta più che a una solida struttura difensiva o celebrativa, come vuole la tradizione delle porte urbane. Riferimenti bibliografici: 1. Gianni Braghieri (a cura di), Aldo Rossi, Zanichelli, Bologna, 1981. 2. Alberto Ferlenga, Aldo Rossi 1959-87, Electa, Milano, 1987, pp. 264-265. 392 Il libro delle soglie / SCHEDA 54 54 IMRE MAKOVECZ PORTALE DELLA CHIESA LUTERANA DEL PARCO OULU SIOFOK (UNGHERIA), 1986-87 Il libro delle soglie / SCHEDA 54 393 Ricco di invenzione fantasiosa, rievocatrice di figure primordiali e fiabesche, il portale della Chiesa Luterana nel Parco Oulu, in Ungheria dà una particolare interpretazione al gesto dell’entrare, tradotto in forme e significati mitici. Come per la celebrazione dei riti di iniziazione primitivi, secondo cui i neofiti venivano ‘ingoiati’ dalle fauci del dio, per essere digeriti e poi sputati fuori, le soglie degli edifici sacri venivano decorate con figure zoomorfe o antropomorfe e realizzate con le fattezze di un enorme mostro con le fauci spalancate, anche nella porta di Makovecz l’intento simbolico e la valenza comunicativa prevalgono su ogni altro aspetto. La citazione delle forme animalesche mette in scena l’antica relazione tra le ‘parti dell’architettura’ e le ‘parti del volto’. Quindi questa soglia, appentemente semplice portale ad arco a sesto acuto con porta sagomata, in legno e a doppio battente, è in realtà sintesi di una ben più complessa articolazione di elementi, cornici, aperture e decorazioni di memoria gotica, e di contenuto allegorico. Ne esce un monumentale simbolo del passaggio, in cui la comunità si identifica fortemente. Riferimenti bibliografici: 1. Adriano Cornoldi, L’architettura dell’edificio sacro, Officina, Roma, pp. 260-261. 2. H. Dvorszky (a cura di), Architettura organica ungherese, La Biennale, Venezia, 1991. 394 Il libro delle soglie / SCHEDA 55 55 PETER ZUMTHOR PORTA D’INGRESSO DELLO STUDIO ZUMTHOR HALDENSTEIN (SVIZZERA), 1988-89 Il libro delle soglie / SCHEDA 55 395 matico quanto risolto con semplicità: al fine di rendere riconoscibile e abitabile (anche minimamente) questo punto, il progettista ha delimitato lo spazio con una semplicissima tenda che scorre su un binario semicircolare in tondino di metallo, posto a un’altezza di circa tre metri dal pavimento. Questa porta esemplifica perfettamente un esempio di soglia lineare, nella quale l’uonico elemento che accenna alla spazialità è una cornice metallica esterna di spessore tale da consentire di accogliere brevemente il corpo umano. Tutta protesa verso l’esterno, sollevata di circa venti centimetri da terra, questa soglia produce un dislivello che isola figurativamente il dispositivo d’ingresso dalla parete esterna rivestita in lamelle di legno. La porta mette in comunicazione direttamente l’esterno con lo stretto corridoio interno che corre trasversalmente rispetto alla direzione d’ingresso. Il punto di itersezione tra il dispositivo di introduzione e il percorso di distribuzione è tanto nevralgico e proble- Riferimenti bibliografici: 1. Mayr Fingerle, Christoph Ed., Neues Bauen in den Alpen / Architettura contemporanea alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992, Raetia, Bolzano, 1992. 2. Schweizer Architektur führer 19201990, 1, Verk Verlag, Zurich, 1992. 3. E. Hubelin, P. Fumagalli, ‘Eigenes Atelier in Haldenstein 1986’, in: Werk, Bauen+Wohnen, 74/41, 10, 1987, pp. 34-39. 4. Architese 20, 6, 1990, pp. 29-33. 5. P. Zumthor, ‘Ateliergebäude in Haldenstein, in: Detail, Serie 28, 5, 1988, pp. 493-498. 6. Werk, Bauen+Wohnen, 76/43, 4, 1989, pp. 24-31. 7. Peter Zumthor, Helen Binet, Peter Zumthor: opere architettoniche 1979-1997, Lars Müller, Baden, 1998. 8. Danuser, Partituren und Bilder: architectonische Arbeiten aus dem Atelier Peter Zumthor 1885-1988, Architekturgalerie, Luzern, 1989. 396 Il libro delle soglie / SCHEDA 56 56 UMBERTO RIVA CORRIDOIO D’INGRESSO DI CASA INSINGA MILANO (ITALIA), 1988-89 Il libro delle soglie / SCHEDA 56 397 d’ingresso e la sua sottolineatura con un segno marcato nel pavimento e un cambiamento di direzione nella pavimentazione, lo rende un luogo di margine. Questa soglia potrebbe apparire semplicemente come una linea astratta, un gesto formale in cui non si può riconoscere alcuna spazialità. Infatti il semplice segno sul pavimento, pur rappresentando una demarcazione molto forte del limite, non accoglie il corpo e lo svolgersi del gesto umano. La percezione del superamento del margine si limita quindi a un’esperienza sensoriale e non esperienziale. Nel corridoio di ingresso di Casa Insinga si legge un esempio di spostamento del limite oltre il varco nel muro. L’intento è quello di rendere indipendente il corridoio, cui viene affidata la precisa connotazione di luogo di filtro e di transizione. Dice Riva in un’intervista: “Il corridoio è per me una zona di decompres- sione tra uno spazio e l’altro, la spina dorsale sulla quale si innestano gli spazi serviti. Lo considero sempre un luogo. […] Mi interessava pensare al corridoio come a una strada, a un lungo percorso”. In generale il corridoio non si può definire come soglia, ma in questo progetto la sua posizione presso la porta Riferimenti bibliografici: 1. Marco Romanelli, ‘Umberto Riva, Casa Insinga’, in: Domus, 708, 1989. 2. Lotus, 63, 1989. 3. Zodiac, 20, 1989. 4. Umberto Riva, Album dei disegni, Quaderni di Lotus, 10, Electa, Milano, 1989. 398 Il libro delle soglie / SCHEDA 57 57 ALVARO SIZA VIEIRA ATRIO ESTERNO DEL CENTRO GALEGO DI ARTE CONTEMPORANEA SANTIAGO DE COMPOSTELA (SPAGNA), 1988-93 Il libro delle soglie / SCHEDA 57 399 Lo spazio d’ingresso al museo di Santiago consiste in un patio esterno sopraelevato rispetto alla strada e raggiungibile tramite una lunga rampa e una scala e da un atrio interno molto vasto. La transizione tra dentro e fuori avviene tramite un’ampia porta vetrata a tre ante. Oltrepassata la soglia, segnata all’interno da un tappeto in fibre naturali di forma irregolare, inserito nel marmo della pavimentazione, lo spazio di accoglienza ospita semplici attrezzature, come un attaccapanni, un portaombrelli e una lunga panca di marmo addossata alla parete frontale. Riferimenti bibliografici: 1. Kenneth Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano, 1999, pp. 338-351. 2.Atlante di architettura contemporanea, Könemann, Colonia, 2000, pp. 310-311. 3. P. Testa, Alvaro Siza, Birkäuser Verlag, Basel, Boston, Berlin, 1996, pp. 163-169. 400 Il libro delle soglie / SCHEDA 58 58 ALVARO SIZA VIEIRA PORTALE PRINCIPALE DELLA CHIESA DI SANTA MARIA MARCO DE CANAVEZES (PORTOGALLO), 1990-96 Il libro delle soglie / SCHEDA 58 401 Questa soglia esplora il tema ddella ‘Grande Porta’ che accoglie la collettività religiosa e ne valorizza il significato simbolico del gesto del ‘passare attraverso’ e dell’accedere. E’ alta circa dieci metri, a due battenti, ciascuno di circa un metro e mezzo di larghezza, ripartiti in 38 riquadri. Nella sua assoluta essenzialità geometrica questo varco costituisce un elemento segnaletico di forte impatto. Riferimenti bibliografici: 1. Kenneth Frampton, Alvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano, 1999, pp. 379-393. 2. Atlante di architettura contemporanea, Könemann, Colonia, 2000, pp. 386-387. 402 Il libro delle soglie / SCHEDA 59 59 FRANK O. GEHRY PONTE, SCALINATA E VESTIBOLO DEL GUGGENHEIM MUSEUM BILBAO (SPAGNA), 1991-97 Il libro delle soglie / SCHEDA 59 403 L’ingresso al Guggeheim di Bilbao è costituito da una sequenza di elementi che dapprima segnalano la direzione (ponte), quindi preparano all’ingresso (patio e scalinata) e infine immettono definitivamente nello spazio interno (porta a vetri). Il punto di accesso non è dichiarato esplicitamete, si scorge in una specie di interstizio molto simile alla fenditura tra due pareti rocciose. E’ quindi il gioco dinamico dei volumi, il loro sovrapporsi, intersecarsi e lambirsi che produce il fortissimo impatto dell’edificio e, conseguentemente, il grande coinvolgimento emotivo, la sorpresa, il mistero, nel progressivo movimento di avvicinamento. Riferimenti bibliografici: 1. Abitare, 171, marzo 1998. 404 Il libro delle soglie / SCHEDA 60 60 AICHINGER + PARTNER BAUKUNST PORTA D’INGRESSO ALLO SHOP-KONZEPT MONACO DI BAVIERA (GERMANIA), 1995 Il libro delle soglie / SCHEDA 60 405 L’aspetto significativo di questo ingresso a un negozio sta nella sua trasformabilità nelle due configurazioni di apertura e di chiusura. Realizzato in profilati e lamiere metalliche consiste in una sorta di cancello esterno a due battenti decorato con la grafica del negozio, e in una struttura scatolare a soffitto ribassato, inserita in un varco più ampio. Nello spessore del volume, due gradini coprono il dislivello tra il piano stradale e la quota del pavimento del negozio. Una lastra in vetro completamente trasparente posta sul filo interno del portale d’ingresso costituisce l’ultimo filtro all’entrata Riferimenti bibliografici: 1. Detail, 6, 1995, pp. 1046-1047. 406 Il libro delle soglie / SCHEDA 61 61 CARLOS PUENTE PORTA DI ACCESSO DELLA CAPPELLA DEL CIMITERO IN CAMARMA DE ESTERNELAS MADRID (SPAGNA), 1995-97 Il libro delle soglie / SCHEDA 61 407 Questa soglia è un simbolo di semplicità e di concentrazione. Semplici sono il materiale utilizzato e il suo trattamento (una doppia tavola di legno grezzo con cardini in ferro), e semplici sono il disegno, la forma e le relazioni che essa istituisce con la facciata principale e l’edificio in generale. La concentrazione simbolica si legge invece nella decorazione astratta e naturalistica insieme (si veda il disegno della croce stilizzata e degli arbusti che da essa sembrano prendere vita). La presenza e il ruolo della porta sono valorizzati anche dalla presenza di una pensilina (se così può essere definita), che non ha la pretesa di svolgere alcun ruolo protettivo, ma, solo con un segno, è in grado di rievocare la memoria di un antico timpano. Riferimenti bibliografici: 1. ‘Arquitectura espanola’, El Croquis, 90, 1997-98, pp. 234-237. 408 Il libro delle soglie / SCHEDA 62 62 ETTORE SOTTSASS JR. SEQUENZA DI SPAZI D’INGRESSO DI CASA VAN IMPE ST. LIEVENS, HOUTIEN (BELGIO), 1996-98 Il libro delle soglie / SCHEDA 62 409 La soglia di casa Van Impe è apparentemente ridotta a una semplice porticina ‘ritagliata’ nella facciata esterna dell’edificio, ma in realtà il suo sviluppo interno rivela un’articolazione spaziale ben più complessa. Si tratta di una sequenza di spazi che dal parcheggio, tramite un percorso segnato da un cambio di materiali di pavimentazione, giunge ad un patio coperto in cui si trova una aiuola con piante ornamentali e una porta che immette in uno spazio di dimensioni molto ridotte (circa due metri quadrati) che porta agli ambienti privati. Questa successione spaziale rappresenta in termini fisici il passaggio del pubblico al privato toccando tutte le diverse tappe intermedie, come un percorso preparatorio decadono via via tutte le bariere che si interpongono tra il visitatore e l’interno. Riferimenti bibliografici: 1. Ettore Sottsass jr., Universale di Architettura - Testo e immagine, Milano, 1997, pp. 84-85. 410 Il libro delle soglie / SCHEDA 63 63 ALBERTO CAMPO BAEZA PORTA DEI FIORI SAN DONA’ DI PIAVE, VENEZIA (ITALIA), 1997 Il libro delle soglie / SCHEDA 63 411 tro della città, sulle rive del fiume Miljaka. Elevarono al cubo diecimila fiori bianchissimi: aromatiche magnolie, rose fragranti, camelie splendide e semplici margherite. E fu il prodigio: nell’elevarsi al cubo, diecimila fiori divennero matematicamente un milione di milioni. Un milione di milioni di fiori che, con la loro forma e il loro profumo inondarono sarajevo; i bosniaci, i serbi, e i croati, da allora, vivono per sempre felici e nella pace”. (Alberto Campo Baeza, da El Pais, Madrid, 11 settembre 1993) Si tratta di una struttura commemorativa per la porta d’ingresso al parco dell’azienda DimensioneFuoco Vetroveneto. L’idea di base, molto semplice, consiste nella realizzazione di un cubo, che, attraversato diagonalmente, indichi il punto di accesso e la direzione del movimento. Due muri bianchi di 6x6 metri ciascuno si innalzano a formare un angolo retto, in modo tale che il visitatore che vi si trova di fronte possa percepirli come un cubo perfetto. In corrispondenza dell’angolo è ricavato un varco di 2x2 metri, attraversabile come una porta. All’interno sono piantati rampicanti con fiori bianchi, gelsomini e glicini, che sono destinati a ricoprire interamente questa soglia. Questa porta ‘monumento di se stessa’, privata del ruolo strumentale di elemento d’ingresso, è significativa solo per i contenuti simbolici, politici e culturali che sottende, al di là della possibilità di essere utilizzata in quanto ‘port’, essa lancia un messaggio ben preciso sul valore storico e al significato umano del passaggio. “Nessuno seppe mai da dove vennero tanti fiori così splendidi e così profumati. Però con loro arrivò la pace a Sarajevo. L’architetto ideò un’architettura cubica: un cubo. Gli albanesi costruirono le poderose fabbriche di pietra nel cen- Riferimenti bibliografici: 1. Alberto Campo Baeza. Progetti e costruzioni, Electa, Milano, 1999, pp. 144-145. 412 Il libro delle soglie / SCHEDA 64 64 AARHUS ARKITEKTI SCALE E PENSILINE D’INGRESSO DI UN EDIFICIO AD APPARTAMENTI BRABRAND (DANIMARCA), 1997 Il libro delle soglie / SCHEDA 64 413 In questo progetto la soglia sottolinea formalmente il punto di accesso non all’interno dell’edificio, ma al sistema di distribuzione esterno a ballatoio. Consiste in una struttura molto semplice: una scala lineare in cemento divisa in due rampe da un pianerottolo intermedio. Il passaggio è protetto da una copertura in ondulina metallica sorretta da otto pilastri in profilato metallico a sezione circolare. Su un lato della scala, in corrispondenza del pianerottolo, si trova un telaio di irrigidimento e di controventatura. Questa soluzione è interessante più che per le soluzioni tecniche che introduce per il tipo di connessione che realizza (non diretta tra un esterno pubblico e un interno privato), ma tra spazi liberamente accessibili, anche attrezzati per la sosta (ci sono sedute, alberi, etc.). Scala e pensilina svolgono efficacemente il ruolo segnaletico senza apporre vincoli e controlli sul flusso in ingresso e in uscita, e per questo suo mancare dei ruoli protettivo e selettivo, potremmo definire questa una soglia ‘imperfetta’. Riferimenti bibliografici: 1. Detail, 4, 1997, pp. 540-543. 414 Il libro delle soglie / SCHEDA 65 65 TAGASAKI YAMAGUCHI PORTA D’INGRESSO DELLA IHAI HALL JYOTO (GIAPPONE), 2000 Il libro delle soglie / SCHEDA 65 415 Sintomaticamente questa soglia è stata posta alla fine del lavoro con lo scopo di sollevare una questione circa il ruolo dello spazio del passaggio. Nella Ihai Hall non si entra. La porta di ingresso fa passare solo lo sguardo, e il ‘vassoio’ che di primo acchito potrebbe essere letto come un invito all’ingresso (sollevato da terra, come se librasse leggero nell’aria) è solo una terrazza da cui si può vedere l’interno, ma attraverso cui non vi si può accedere. La porta è un’immagine, un desiderio e una tentazione del passaggio. Nient’altro. Assenza ed essenzialità sul piano formale ( non ci sono sottolineature enfatiche né decorazioni). Essenzialità sul piano dei contenuti (pochi elementi e materiali usati con semplicità). Assenza sul piano funzionale (questa porta non porta!). Eppure in questo progetto la percezione della soglia è forte. Una soglia esiste. Ma non è un passaggio. Riferimenti bibliografici: 1. Lotus, 107, Electa, Milano, pp. 106108.