Angelo Orcalli FENOMENOLOGIA DELLA MUSICA

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Angelo Orcalli
FENOMENOLOGIA
DELLA MUSICA SPERIMENTALE
Nel corso degli ultimi quarant' anni l'immagine fisica del mondo sonoro è mutata in
modo sostanziale. Dalla teoria helmholtziana si è passati, con il supporto di tecnologie
sempre più sofisticate, ad analizzare in modo così accurato i fenomeni sonori da
evidenziarne anche i caratteri morfologici più instabili e fluttuanti. Ne è emersa una nozione
di suono estremamente complessa, attenta a sottolineare il ruolo determinante delle fasi
transitorie nel riconoscimento timbrico. Improponibile una separazione netta fra suono e
rumore che appaiono, ora anche in sede teorica, inscindibilmente legati in ragione delle
complesse variazioni dinamiche delle parziali accompagnate da fluttuazioni frequenziali
presenti anche nei suoni orchestrali più netti. Con la progressiva esplorazione scientifica di
nuove regioni del frastagliato confine suono-rumore è cresciuto anche l'interesse dei
compositori e degli esecutori per forme acustiche la cui instabilità ed incertezza un tempo
attentamente evitate vengono ora ricercate per il loro valore timbrico. Praticando le fasi
meno stazionarie degli eventi sonori, si sono aperte così nuove possibilità espressive che
hanno modificato e specializzato la prassi esecutiva (si pensi alla ricerca sui suoni
multifonici negli strumenti a fiato). Questi mutamenti sostanziali nelle basi dell'acustica
sono stati possibili solo quando il suono è diventato scientificamente osservabile. Attraverso
le tecniche di registrazione il tempo è stato vinto; spazializzato, trasformato in centimetri di
nastro o in una sequenza numerica, lo si può facilmente accelerare, rallentare, invertire, fino
a cogliere il fenomeno nell'istante su cui si desidera operare l'analisi delle sue componenti.
L'azione sul tempo ha conseguentemente aperto la strada alla riproducibilità tecnica e alla
sintesi elettronica. Le conseguenze in campo musicale sono note: la materia fino ad ora
semplice terminus a quo è divenuta parte integrante, terminus ad quem, del processo
compositivo. Così, anche in musica, si è realizzato l'antico sogno degli alchimisti di fermare
il tempo per separare gli arcana e ricomporli poi secondo natura.
Se oggi la musica può pensare la materia sonora come un unico campo, percorribile
con continuità dalla sinusoide pura alla distribuzione totalmente aleatoria delle frequenze
propria del rumore bianco, il merito non va attribuito solo all'acustica. Operando in due
riprese, prima in Ionisation con l'impiego delle percussioni a suono indeterminato poi
direttamente con l'intervento del rumore registrato in Déserts, ad allargare il campo ha
contribuito non poco anche Edgard Varèse. E' innegabile infatti che dopo il naufragio delle
tecniche neoseriali per l'impatto subito con il problema timbrico, le esperienze musicali più
interessanti di quest' ultimo dopoguerra siano state, pur in diversa misura, comunque
influenzate dal campo di indagine da lui iniziato. Inseguendo la neutralizzazione del tempo,
la sua ricerca timbrica lo aveva portato a pensare la forma in termini spaziali, come un
processo di estensione di unità elementari che formano la base della struttura interna. Il
modello, come egli stesso afferma, gli è suggerito dalla materia inorganica allo stato
cristallino. Il processo compositivo deve realizzare forme stabili, regolari come i cristalli
che rappresentano le possibili disposizioni periodiche nello spazio. Ma se le analogie
impiegate dai compositori vanno intese quale indizio del quadro culturale a cui fanno
riferimento, allora è possibile affermare che quelle di Varèse sono l'espressione di un
sistema sostanzialmente esaurito, così come lo sono in pittura le ricerche sull' ipercubo
quadridimensionale e le sue proiezioni tridimensionali sviluppate negli anni '20
negli
ambienti di De Stijl. Il solido dai bordi perfetti, chiaro e distinto cristallo, incarna l'ideale del
sistema classico da cui, come dice Michel Serres, è escluso il fluttuante ed il composito.
Oggi si parla invece di dimensioni frattali, di flussi, di processi non lineari, di curve del tutto
irregolari continue senza derivata, patologie degli enti matematici. Le stesse basi della
cristallografia sembrano essere poste a dura prova. Se in acustica ora anche i suoni
orchestrali molto regolari sono considerati quasi periodici, in cristallografia ci si imbatte nei
quasicristalli dopo che un gruppo di fisici D. Schechtman, I. Blech, D. Gratias e J.W. Cahn
ha potuto osservare un materiale omogeneo (solido metallico, una lega Al e Mn) dotato di
un ordine orientazionale a lungo raggio e di forma icosaedrale ritenuta incompatibile con un
reticolo a simmetria traslazionale (periodicità).
Con l' irruzione del rumore nella musica Varèse ha impresso un'accelerazione dagli
effetti dirompenti
sul linguaggio musicale; complici le insufficienze teoriche del
neoserialismo si è venuta a determinare una frantumazione del linguaggio ed una
conseguente proliferazione delle tecniche compositive forse mai raggiunta e sicuramente
ben lontana da una possibile riunificazione teorica.
D'altra parte con l'ampliamento dei mezzi di analisi acustica si è
creata una
situazione analoga a quella della fisica del microcosmo per l'impossibilità di avere
un'immagine unitaria dei fenomeni sonori. Alla visione continua ed ondulatoria del suono se
ne viene contrapponendo, con sempre maggior successo, una atomistica, granulare parimenti
efficace sul piano della sintesi e capace di rappresentare anche stati caotici della materia
sonora. Iannis Xenakis per primo ha avuto l'intuizione di riprendere in musica l'antica idea
di un universo atomistico. La prima parte di questo studio è interamente dedicata alla sua
produzione musicale e teorica dagli esordi negli anni '50 fino agli inizi degli anni '70. In
questo periodo ha approntato le sue tecniche compositive più altamente formalizzate in
senso matematico; un bagaglio di cui continuerà a servirsi anche quando, in fasi successive,
deciderà di comporre in modo più "libero", attenuando la tensione di una ricerca teorica ed
estetica che lo aveva distinto ed isolato dagli altri compositori. Le ragioni di un certo
allentamento della formalizzazione matematica vanno cercate proprio nell' inpasse teoretica
in cui il compositore è caduto dopo aver perseguito con raro coraggio la via della totale
riduzione delle forme compositive al pensiero logico. Convinto che il linguaggio della
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musica occidentale fosse giunto già agli inizi degli anni '50 ad una fase critica determinata
dall'abbandono dell'antica alleanza tra musica e matematica, ha intrapreso la ricerca di leggi
astratte e generali in grado di riconquistare un nuovo ordine formale nei territori più vicini al
rumore aperti dall'esperienza varesiana. Secondo Xenakis il progressivo distacco dalle basi
logiche del pensiero razionale ha reso la musica incapace di governare il materiale e gli
eventi sonori che essa stessa genera. Per chiarire tali aspetti, all'inizio di questo lavoro, si
esamineranno i termini della critica al neoserialismo, che costituisce uno dei punti di forza
del suo esordio. Precorrendo la crisi dei metodi di composizione per serie pluriparametriche,
fin dal 1956 ha iniziato ad organizzare sequenze di suoni che simulano con mezzi orchestrali
l' aleatorietà del rumore inteso come risultato di una successione di eventi sonori fortemente
scorrelati i cui parametri soggiacciono alla distribuzione stocastica dei loro valori. Con
Xenakis finisce l'epoca dell'ordine cristallino costruito su precise tensioni intervallari e si
apre lo studio in musica degli insiemi disordinati, degli ammassi frequenziali fluttuanti,
delle nubi di atomi sonori e analogamente anche nel campo della sintesi elettronica agli
spettri acustici armonici egli contrappone le forme d'onda generate dall'andamento
brawniano dell'ampiezza.
Il suo universo sonoro è pervaso di aleatorietà. Negli stati più altamente probabili di
equilibrio, al massimo dell'entropia, dove il tempo perde direzionalità e le traiettorie delle
particelle diventano un groviglio indefinibile per l'enorme massa di informazioni necessaria,
Xenakis trova realizzate le condizioni che gli consentono di applicare le leggi stocastiche
della termodinamica. Attraverso queste la matematica interviene nella musica e si rinsalda
la vecchia alleanza. Esaminando le composizioni di Xenakis si troverà addirittura il
disordine microscopico della materia gassosa prendere la grandezza della nostra scala,
diventare percettibile. Inutile dire che a fronte di tale complessità frattalica diventano
improponibili non solo i mezzi tradizionali di analisi ma è altresì impossibile trovare una
misura della regolarità e tanto meno del valore estetico nel senso di George D. Birckoff: la
complessità, tendendo all'infinito, annichilisce il rapporto con l'ordine. Si creano le premesse
invece per stabilire un ordine che non si regga sul principio gestaltico di organizzazione
percettiva secondo le configurazioni più stabili ma, formale ed astratto, venga trovato per
via deduttiva, sottoponendo i termini della ricerca alla charificazione logica. Dopo
l'esperienza stocastica Xenakis ripenserà ai solidi regolari, allo scheletro dei cristalli per
escogitare un formalismo matematico -di cui si parlerà ampiamente nel VI° capitolo della
prima parte- del tutto indipendente dalla materia che organizza. La scissione tra Erfindung
(invenzione) e Entdeckung (scoperta) andrà ben oltre le preoccupazioni di Karlheinz
Stockhausen perchè, come si vedrà, sarà totale. Preso il sentiero indicato dal postulato
eleatico, alla ricerca delle leggi oggettive e universali del nostro operare nella musica,
Xenakis si allontana definitivamente dall'esperienza varesiana per approdare alle categorie
hors-temps dell'algebra gruppale e della teoria dei vagli. Ma la filosofia eleatica a cui egli si
ispira proclama la contraddizione fra il divenire del mondo sensibile e le esigenze logiche
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del pensiero. Se l'approdo al campo "pitagorico-parmenideo" sembra in musica una scelta
ontologica carica di difficoltà, la ricerca assiomatica diviene un'arma sì tagliente ma anche
suicida nel momento in cui proprio la cultura scientifica moderna riesamina le basi della
logica che l'ha sostenuta e la matematica stessa- dopo i teoremi di Kurt Goedel- sembra
procedere in modo pragmatico "sperimentale", non curante della coerenza dei propri
fondamenti. Negli scritti, a partire dal testo della sua dissertazione dottorale (Sorbona 1976),
Xenakis sembra esserne sempre più consapevole. L'ostacolo viene aggirato circoscrivendo
l'attività matematica ai procedimenti computabili dopo averle sottratto la facoltà intuitiva: la
"rivelazione" di cui parla appunto da qualche tempo. Nella nuova sistemazione del suo
pensiero l'arte partecipa allora alle modalità deduttiva e sperimentale riunite dall'impiego
dell'elaboratore elettronico, ma si distingue per la rivelazione. Numerose obiezioni si
possono rivolgere a tale semplificazione del pensiero matematico; chiaro anche il recupero
sul piano estetico di un fattore irrazionale che ispira la composizione sostenuta invece, nella
elaborazione formale, da una riduzione pragmatica della ricerca. Per non perderci -come
direbbe Stravinskij- in un abisso di libertà, la forma deve svilupparsi su componenti non
intuitive, su soluzioni collaudate, procedure, formule, meccanismi che costituiscono non uno
stile ma l'insieme di tecniche compositive inventate e elaborate in questi anni da Xenakis.
All'esame di molte di esse ho dedicato il III° ed il V° capitolo della prima parte.
Nel concepire la musica come la natura con le sue leggi in rapporto al pensiero,
Xenakis ha prodotto un sistema compositivo che si fonda su strutture fuori tempo, ossia
sulla possibilità che la memoria dia la facoltà al pensiero razionale di isolare oggetti logici
dal flusso temporale irreversibile in cui sono immersi i fenomeni. Riconquistare il tempo
fenomenologicamente vissuto, sottrarlo alla scansione cronometrica della durata fisica
costituisce invece il punto da cui muove la ricerca musicale di Gérard Grisey. La seconda
sezione del lavoro affronta le tematiche da lui sviluppate la cui origine si fa risalire al ruolo
storicamente accertabile della rivoluzione dei suoni complessi e quindi indirettamente a
Varèse attraverso Stockhausen e György Ligeti, anche se nel suo modo di ascoltare il suono
è intuibile l'influenza della spiritualità di Olivier Messiaen, suo maestro. Appartenendo ad
una generazione che non ha vissuto direttamente le lacerazioni della crisi neoseriale, Grisey
ha potuto trarre serenamente vantaggio dai risultati di una fase già avanzata degli studi di
acustica e dall'avvenuta integrazione tra strumenti tradizionali e mezzi elettronici.
Legato al gruppo dell'Itinéraire, ha contribuito ad orientarne l'estetica focalizzando
la sua ricerca sul tempo musicale. Per averlo inteso come dimensione lineare ed omogenea,
l'esperienza neoseriale ne ha dovuto poi smantellare progressivamente la fissità
cronometrica. Si è trattato di un'utopia razionalistica, per Grisey "la revolution doit s'arreter
a la perfection du bonheur". Il tempo è durata soggettiva dunque, bergsonianamente,
molteplicità non numerica o forse meglio a curvatura variabile in ragione della massa sonora
che la occupa. Ma soprattutto è luogo del virtuale non astratto, e più precisamente dove le
virtualità della materia sonora si attualizzano perchè
trovano le condizioni della loro
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percettibilità. Superata la concezione del suono come somma di parametri indipendenti, i
nuovi paradigmi antimeccanicistici, sulla cui definizione si soffermerà a lungo il II°capitolo
della seconda parte, definiscono gli eventi sonori per individuazione delle zone formantiche
studiando il grado di inarmonicità dello spettro acustico, esplorando l'evoluzione
dell'inviluppo dimamico e la rugosità dei battimenti, controllando l'insorgenza dei suoni di
combinazione, eccetera. Timbro, ritmo e frequenza sono così correlati da creare una rete di
interconnessioni tra i parametri tradizionali di grande ricchezza; di qui le ragioni del
fallimento della combinatoria bouleziana ed il compito di saper attualizzare queste
potenzialità senza che la percezione ne sia sommersa. Il compositore deve allora costruire la
forma secondo il divenire dei suoni, assecondarne le derive, orientarne il flusso, velandone
la complessità non attraverso tagli dettati dalla scelta di griglie preordinanti, ma con
continuità, per biforcazioni, per differenze, talvolta per creodi, comunque non per gerarchia
o cancellazione dell'altro percorso.
Il dominio è quello della vita, il suono non è object ma être vivant, così la forma
musicale deriva dalla "storia dei suoni che la compongono". Se il tempo contratto della
percezione sottrae virtualità comprimendole nell'oggetto sonoro, la dilatazione del tempo e
l'ingrandimento smisurato rallentando l'azione restituiscono una complessità che le scelte
compositive devono orientare. Una tale idea presuppone in sede teorica l'ipotesi dell'assoluta
continuità della materia il cui diverso manifestarsi, condensata in oggetti nettamente distinti
dall'articolazione del linguaggio o dilatata per dare luogo a flussi continui, non è che un
differente grado di contrazione della durata. Attraverso l'espansione temporale Grisey crea il
silenzio ritmico dove l'ascolto del mondo microsonico si avvantaggia del principio di
indeterminazione, nell'ipnosi del tempo psicotropico si dovrebbe allora mostrare la rete
cosmica, l'oggetto diviene processo, il locale globale, gli accordi fascie timbriche cosicchè
diventano apprezzabili le più piccole alterazioni del contenuto spettrale ottenute per
simulazione orchestrale delle tecniche di sintesi elettronica (additiva, sottrattiva,
modulazione ad anello o di frequenza). Riappropriandosi del tempo Grisey vuole sottrarre la
materia al dominio tecnologico, restituirle l'aura, riaprendo le possibilità del comporre. Nei
capitoli III° e V° della seconda parte si prenderanno in considerazione gli sviluppi estetici e i
mutamenti nella scrittura determinati dalla visualizzazione sonografica da cui Grisey prende
spunto, rifiutandone però la valenza puramente oggettiva indipendente dai modi della
percezione. Punti di riferimento di molte delle sue opere, i sonogrammi di suoni orchestrali
(per esempio di trombone o contrabbasso) vengono impiegati come fotogrammi sviluppati
ed ingranditi dalle sezioni orchestrali. La partitura diviene, per analogia con l'immagine
sonografica, la proiezione bidimensionale dello spazio acustico di rappresentazione del
suono, mentre le righe spettrali eseguite dai singoli strumenti (sintesi strumentale)
realizzano enormi fasce timbriche. Il procedimento è iperbolico: dato uno spettro acustico,
un timbro, lo si vuole riprodurre con una serie di sovrapposizioni timbriche (strumenti
tradizionali); ogni spettro è composto da spettri, ogni timbro da timbri. Se un tecnico della
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teoria dei segnali chiedesse qual è il risultato dell' antitrasformata di Fourier di questi giochi
di riflessione multipla, di autosomiglianze, si potrebbe rispondere per analogia: le forme
temporali ottenute per processi.
Pensando in termini di tempo e non di spazio Grisey liquefa i cristalli varesiani nella fluidità
di immagini che sconfinano le une nelle altre. Giocando sull'ambiguità accordo-timbro non
procede per colori netti ma per variazioni di luminosità di uno spettro, oscurando la luce che
emana la sua distensione con una progressiva compressione verso il grave delle parziali;
Grisey costruisce i suoi punti di riferimento attorno la teoria armonica di cui si farà cenno
nell'appendice III°- aggiornata ai corsi del Prof. E. Leipp e agli studi IRCAM sui suoni
multifonici. Secondo una concezione del suono che sta agli antipodi con quella inventata da
Xenakis l' inarmonicità, l'oscurità, il rumore sono il risultato di un abbassamento della
fondamentale fino a farla mancare dagli eventi udibili come frequenze. Ma non aveva intuito
soluzioni simili anche Debussy (Pelléas, atto I° scena prima seconda misura dopo [13])?
Non si articola per strutturazione timbrica secondo intervalli armonici l'orchestrazione
luminosa di Ravel nel Bolero? Si è tentati di parlare di uno sviluppo francese della
Klangfarbenmelodie, ma al principio estetico della riduzione dei mezzi, alla concentrazione
espressiva corrisponde nella musica spettrale di Grisey l'amplificazione e moltiplicazione
smisurata delle risonanze acustiche e l'iterazione delle textures. La soggettività interviene
come memoria-durata secondo un orientamento estetico bergsoniano. L'arte supera la natura
fisica senza lasciare erompere l'intuizione inconscia ma attualizzando ciò che si presenta
inudibile perchè colto nel tempo contratto del gesto strumentale, della percezione attiva,
categoriale. Il rallentamento del tempo consente di risalire il cono bergsoniano della
memoria neutralizzando le funzioni cognitive. E anche in esiti più recenti (per es. Le temps
et l'ecume) la ricerca di una pluralità di manifestazioni della durata mostra uno sviluppo di
pensiero dalle sorprendenti intersezioni con i temi di Matière et mémoire.
Contenendo in sè il concetto di processo e quello di cosa, la metafora varesiana dei
cristalli esprimeva un delicato punto di equilibrio raggiunto dal pensiero compositivo del
nostro tempo. Per restare nell'analogia si potrebbe dire che, osservata la materia al
microscopio elettronico, dei cristalli si è persa la struttura che li fa essere oggetti definiti e
stabili; ci si è trovati allora a seguire due percorsi, creodi della storia più recente della
musica occidentale. Ma a ben guardare si tratta di una biforcazione antica: il pensiero
eleatico con la sua unica fisica possibile quella democritea, dall'altra parte un humus
eracliteo in cui viene messa in rilievo la processualità ed acquistano più valore degli objets
le relazioni tra di essi, per cui è impossibile separare oggettivo e soggettivo, osservatore da
osservato. La prima via oggi in musica sembra accettare le sorti pragmatiche del pensiero
scientifico, lasciando filtrare elementi di irrazionalismo. La seconda pare sorretta da una
rinascita bergsoniana della cultura di lingua francese (Gilles Deleuze, Michel Serres, Ilya
Prigogine) dettata da una fase di revisione critica allo strutturalismo e per questo disposta
a sconfinare anche nello spiritualismo ottocentesco. Ma si potrebbe parlare anche di René
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Thom o Conrad H. Waddington secondo il quale è merito di Alfred N. Whitehead, filosofo e
scienziato, non casualmente accostato da
Hugue Dufour a Varèse, l'aver riaperto
problematiche che la fisica newtoniana aveva sepolto. Rinvio, costretto, a chimici,
matematici, fisici, biologi e filosofi per spiegare concetti estetici presenti nella musica del
nostro tempo, segno delle carenze del pensiero musicologico in questo campo. Ma questo in
fondo è l'aspetto meno importante. Ciò che più preoccupa invece è l'affievolirsi della
tensione culturale che ha potuto alimentare le tendenze che si stanno esaminando e non solo
queste. Contrastata da pochissimi si assiste ad una fase di grave appiattimento della
produzione musicale, conseguenza a mio avviso anche di un dilettantismo che si scoraggia
rapidamente e non approfondisce con adeguata preparazione la complessità offerta
dall'indagine del microcosmo sonoro. In questo campo la ricerca resta invece più attiva ed il
buon livello della produzione scientifica nel settore lo dimostra ma diviene indubbiamente
sempre più difficile da dominare per la polverizzazione delle conoscenze che ne consegue. A
dispetto di una crescita dei mezzi tecnologici, il divario teorico tra musicisti e tecnici rischia
di diventare incolmabile e soprattutto di non essere dai primi riconosciuto tale. E certamente
non aiuta la massiccia omologazione del pubblico sempre meno disposto a capire e sempre
più favorevole ad applaudire tutto ciò che viene adeguatamente pompato dagli organizzatori
"culturali", sia esso la musica o lo spettacolo offerto dalla guerra elettronica (fascismo
culturale come diceva Walter Benjamin). Un circolo dal quale si esce solo a prezzo
dell'isolamento; altrimenti ci si deve ovviamente adeguare alle esigenze di mercato,
semplificare, tornare a ciò che si comunica facilmente.
La ricerca poliritmica iniziata da Grisey non presenta ancora un orientamento
definito per poterne valutare gli sviluppi, nè posso prevedere le scelte future di Xenakis
preoccupato di respingere l'accusa di essere il profeta dell'insensibilità rivoltagli da Milan
Kundera anni orsono. Con questo lavoro ho voluto parlare della presenza nella musica
contemporanea di linee di forza divergenti segno, almeno in un recente passato, di coraggio
e vitalità creativa.
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