La nuova disciplina dell`azione di classe

CIRCOLARE N. 38 DEL 22 SETTEMBRE 2009
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Comunicazione Assonime
ATTIVITA’ D’IMPRESA E CONCORRENZA
La nuova disciplina dell’azione di classe
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La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
ABSTRACT
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La circolare illustra la disciplina dell’azione di classe contenuta nel codice del consumo,
quale risulta dopo le modifiche introdotte dalla legge 23 luglio 2009, n. 99. Le azioni di
classe potranno essere promosse a partire dal 1° gennaio 2010, per gli illeciti compiuti
dopo il 15 agosto 2009. La circolare fornisce una serie di spunti interpretativi riguardo
alla portata e alle caratteristiche del nuovo strumento processuale.
PROVVEDIMENTI COMMENTATI
Articolo 140 bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, come sostituito
dall’articolo 49 della legge 23 luglio 2009, n. 99
***
2
La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
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INDICE
Introduzione
p. 4
1. Le azioni collettive inibitorie
p. 7
2. La collocazione dell’azione di classe nel codice del consumo
p. 9
3. Soggetti legittimati ad agire
p.10
4. Il convenuto
p.11
5. Ambito di applicazione
p.13
5.1 I diritti individuali omogenei
p.13
5.2 Il fondamento delle pretese individuali
p.14
6. Il giudice competente e il suo ruolo
p.18
7. Il filtro dell’azione
p.20
8. L’ordinanza che ammette l’azione
p.24
9. Il sistema di opt-in
p.26
10. La sentenza di condanna
p.29
11. Unicità dell’azione di classe
p.31
3
La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
Introduzione
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Vari paesi in Europa hanno introdotto negli ultimi anni forme di azione collettiva
risarcitoria1. Anche l’Italia, con la legge finanziaria per il 2008, si è dotata di una
disciplina in materia, che è stata inserita nell’articolo 140 bis del codice del consumo2.
Sullo sfondo, vi è un dibattito sull’opportunità di un intervento legislativo comunitario
sull’azione collettiva per il risarcimento del danno. Le iniziative della Commissione
europea seguono due diversi filoni. Anzitutto, vi sono le proposte di una normativa
comunitaria sulle azioni di risarcimento dei danni derivanti dalla violazione delle
disposizioni antitrust contenute nel Trattato CE, che includono l’obbligo per gli Stati
membri di adottare uno o più modelli di azione collettiva3. In secondo luogo, vi sono le
riflessioni ancora embrionali sull’opportunità di un intervento comunitario volto ad
assicurare la tutela collettiva dei consumatori, contenute in un Libro verde pubblicato
nel novembre 20084.
La disciplina dell’azione collettiva risarcitoria introdotta con la legge finanziaria per il
20085 aveva un’articolazione complessa e alcuni profili poco chiari che suscitavano
dubbi sulla sua idoneità ad assicurare l’efficace funzionamento del nuovo istituto.
Nell’attesa di elaborare le correzioni e i chiarimenti necessari, il legislatore ha rinviato
più volte la data di operatività delle disposizioni 6. E’ stato quindi avviato un processo di
revisione normativa che ha portato con la legge 23 luglio 2009, n. 99, a una
formulazione nuova, e nel complesso meglio strutturata, dell’articolo 140 bis del codice
del consumo7.
1
Tra gli altri, il Regno Unito, la Francia, la Spagna, il Portogallo, la Svezia, la Finlandia, la Germania, i
Paesi Bassi, la Danimarca e la Norvegia.
2
Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
3
Commissione europea, Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle
norme antitrust comunitarie, 2 aprile 2008, COM(2008) 165 def.
4
Commissione europea, Libro Verde sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori, COM(2008) 794 def.
5
Cfr. l’articolo 2, commi 445-449, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
6
L’efficacia della disciplina, inizialmente fissata al 30 giugno 2008, è stata differita mediante il decreto
legge 25 giugno 2008, n. 112, e il decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207. Da ultimo, l’articolo 23, comma
16, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102,
ha disposto che la disciplina dell’azione di classe diverrà efficace a partire dal 1° gennaio 2010.
7
Articolo 49 della legge 23 luglio 2009, n. 99, Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle
imprese, nonché in materia di energia.
4
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Sul piano sistematico, la nuova disciplina presenta un’importante cambiamento di
impostazione rispetto al testo originario, in quanto chiarisce che l’azione è volta a
tutelare non un interesse collettivo, come situazione soggettiva riferibile
congiuntamente a un insieme di persone, ma i diritti individuali omogenei di cui sono
singolarmente titolari i consumatori colpiti da uno stesso illecito8. Risulta così più
evidente che la normativa in questione si pone in continuità con la configurazione
tradizionale dell’azione risarcitoria nel nostro ordinamento. La stessa denominazione
dell’istituto è stata modificata e corrisponde alla nuova fisionomia: non si tratta più di
una “azione collettiva risarcitoria”, ma propriamente di un’“azione di classe”.
L’applicazione della disciplina è sottoposta a un duplice vincolo temporale: si potranno
promuovere azioni di classe a partire dal 1° gennaio 2010 e solo per illeciti compiuti
dopo il 15 agosto 20099.
Questa circolare, dopo un breve richiamo alle azioni collettive inibitorie già esistenti da
tempo nel nostro ordinamento, analizza le caratteristiche principali della nuova
disciplina dell’azione di classe. A questo fine, essa si sofferma sui seguenti profili: la
collocazione dell’istituto nel codice del consumo; la legittimazione ad agire del singolo
consumatore danneggiato; il novero dei soggetti contro i quali può essere proposta
l’azione; l’ambito oggettivo di applicazione; il ruolo del giudice, compreso il compito di
valutare l’ammissibilità dell’azione (c.d. filtro); il sistema di opt-in per il coinvolgimento
dei singoli consumatori; il contenuto della sentenza e le fasi successive alla sua
adozione; l’unicità dell’azione di classe.
Come è stato ampiamente sottolineato nel dibattito che in Italia ha preceduto
l’introduzione della disciplina, la possibilità di aggregazione e trattazione congiunta
della pluralità di cause risarcitorie originate da uno stesso evento dannoso risponde
principalmente a due esigenze: agevolare la tutela dei diritti nei casi in cui i singoli
danneggiati, in ragione dell’importo ridotto della pretesa (small claim), non avrebbero
incentivo a intraprendere l’azione in giudizio in via individuale perché i costi
supererebbero i benefici attesi; favorire l’efficiente amministrazione della giustizia e
l’economia processuale, razionalizzando il contenzioso seriale.
8
Cfr. comma 1 dell’articolo 140 bis.
9
Sui vari differimenti di efficacia della disciplina disposti in via d’urgenza dal legislatore cfr. la nota 3 di
questa circolare; la previsione per cui l’articolo 140 bis si applica ai soli illeciti compiuti successivamente
alla data di entrata in vigore della legge n. 99/2009 è contenuta nell’articolo 49, comma 2, di tale legge.
5
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Le esigenze di tutela degli small claims sono state oggetto negli ultimi anni anche di
altri provvedimenti normativi, che appare utile menzionare. Nel 2007 è stato istituito a
livello comunitario un procedimento giudiziale uniforme, applicabile in tutti gli Stati
membri, volto a risolvere in modo semplice e rapido le controversie transfrontaliere di
modesta entità10. E’ inoltre proseguito nel nostro ordinamento l’impegno a rafforzare e
agevolare i meccanismi di composizione stragiudiziale delle controversie. In
particolare, per quanto riguarda i servizi di investimento sono state definite le regole
per le procedure di conciliazione e arbitrato presso la Consob per la risoluzione di
controversie tra intermediari finanziari e risparmiatori o investitori circa l’adempimento
degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza nei rapporti contrattuali con la
clientela11. Anche in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari è stato introdotto
un nuovo sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela12.
10
Regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 che istituisce
un procedimento europeo per le controversie di modesta entità. Il nuovo procedimento europeo si applica
alle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale di valore non superiore a 2000 euro e
costituisce per le parti un’alternativa ai procedimenti previsti nei singoli Stati membri. Le principali
caratteristiche del nuovo procedimento sono: l’utilizzo di moduli standard di facile compilazione sia per la
domanda dell’attore che per la replica del convenuto; lo svolgimento in forma essenzialmente scritta (di
regola, le parti non compaiono davanti al giudice e questi esamina la controversia attraverso gli atti e i
documenti che gli sono sottoposti; l’udienza è prevista come momento di contraddittorio solo eventuale); la
brevità dei termini che scandiscono la sequenza procedurale (l’organo giurisdizionale è chiamato a
pronunciare la sentenza entro trenta giorni dal momento in cui riceve la replica del convenuto alla
domanda dell’attore); la non obbligatorietà dell’assistenza di un avvocato. La sentenza emessa in uno
Stato membro nell’ambito del procedimento europeo è riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri
senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo
riconoscimento. Il regolamento comunitario è analizzato nella circolare Assonime n. 1/2009.
11
Tali procedure erano state previste dalla legge 28 dicembre 2005, n. 262 per la tutela del risparmio. Il
decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179 ha istituito presso la Consob una Camera di conciliazione e
arbitrato con il compito di amministrare le procedure di conciliazione e arbitrato e ha fissato le regole per lo
svolgimento di tali procedure. Il regolamento Consob adottato con la delibera n. 16763 del 29 dicembre
2008 in attuazione di specifiche previsioni del decreto legislativo n. 179/2007, ha definito l’organizzazione
e il funzionamento della Camera di conciliazione e arbitrato, ha stabilito i requisiti e le modalità di nomina
dei conciliatori e degli arbitri e ha disciplinato lo svolgimento dei procedimenti di conciliazione e arbitrato.
Sul tema, cfr. circolare Assonime n. 8/2009.
12
La disciplina è contenuta nella delibera del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio n. 275
del 29 luglio 2008, adottata ai sensi dell’128-bis del testo unico bancario, introdotto dalla legge n.
262/2005 e nelle disposizioni della Banca d’Italia del 18 giugno 2009. Possono essere oggetto della
soluzione stragiudiziale le contestazioni relative a operazioni e servizi bancari e finanziari (esclusi i servizi
e le attività di investimento, nonché il collocamento di prodotti finanziari), purché la somma in
contestazione tra le parti non superi 100.000 euro.
6
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Infine, va ricordato che la legge 4 marzo 2009, n. 15, sull’ottimizzazione della
produttività del lavoro pubblico e l’efficienza e trasparenza delle pubbliche
amministrazioni, ha delegato il Governo a prevedere una forma di azione collettiva nei
confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici per i casi in cui
una pluralità di utenti o consumatori sia stata lesa dalla violazione di standard
qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle carte dei servizi, dall’omesso
esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o
dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali. L’azione dovrà essere
proposta davanti al giudice amministrativo. A differenza di quella regolata dall’articolo
140 bis del codice del consumo, questa azione collettiva non ha contenuto risarcitorio:
in caso di accoglimento dell’istanza il giudice ordinerà all’amministrazione o al
concessionario di rimediare alle violazioni riscontrate e, nei casi di perdurante
inadempimento, potrà disporre la nomina di un commissario. Nei confronti dei
concessionari di servizi pubblici, l’azione non potrà essere proposta o proseguita nel
caso in cui un’autorità indipendente o comunque un organismo con funzioni di vigilanza
e controllo nel relativo settore abbia avviato sul medesimo oggetto il procedimento di
propria competenza.
1. Le azioni collettive inibitorie
Prima dell’introduzione dell’azione di classe, il nostro ordinamento già prevedeva forme
di azione collettiva di tipo inibitorio. Obiettivo dell’azione collettiva inibitoria è l’adozione
di un provvedimento giudiziale che vieti a un soggetto di porre in essere o di reiterare
una condotta lesiva dell’interesse di una determinata collettività. Mediante tali azioni
non è possibile far valere pretese risarcitorie: i soggetti colpiti dalla condotta che
intendono essere risarciti devono agire in giudizio in via individuale.
Nel codice del consumo esistono due disposizioni in tema di azioni collettive inibitorie
per la tutela degli interessi dei consumatori. In entrambi i casi la legittimazione ad agire
spetta a enti che l’ordinamento identifica come idonei a rappresentare l’interesse
collettivo oggetto di tutela.
L’articolo 37 riguarda l’azione collettiva volta a inibire a un professionista o a
un’associazione di professionisti l’uso di clausole generali di contratto abusive nei
7
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confronti dei consumatori13. La legittimazione ad agire spetta alle associazioni dei
consumatori rappresentative a livello nazionale iscritte in un apposito elenco presso il
Ministero dello Sviluppo economico14, alle associazioni rappresentative dei
professionisti e alle Camere di commercio.
L’articolo 140 disciplina un’azione collettiva inibitoria di portata più generale, che le
associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale iscritte nell’elenco
presso il Ministero dello Sviluppo economico possono esercitare a fronte di atti e
comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori 15. In particolare, le associazioni
possono chiedere al giudice competente di inibire gli atti e i comportamenti denunciati,
di adottare le misure idonee a correggere o a eliminare gli effetti dannosi delle
violazioni, di ordinare la pubblicazione dei provvedimenti su uno o più quotidiani16.
Prima del ricorso al giudice le associazioni devono inviare al presunto responsabile un
atto di diffida dalla continuazione della condotta lesiva. E’ previsto uno spazio per una
procedura di conciliazione stragiudiziale della controversia, che può essere attivata
dalle associazioni o dal soggetto a cui è imputata la condotta; se la conciliazione
riesce, il verbale di conciliazione, omologato dal giudice, costituisce titolo esecutivo.
Dal 2007 il Testo unico della finanza prevede che le associazioni dei consumatori
rappresentative a livello nazionale possono esercitare l’inibitoria collettiva di cui
all’articolo 140 del codice del consumo anche per la tutela degli interessi collettivi degli
investitori connessi alla prestazione di servizi e attività di investimento e di servizi
accessori e di gestione collettiva del risparmio17.
13
E’ assimilata all’utilizzo delle condizioni generali di contratto la raccomandazione del loro utilizzo.
14
Cfr. l’articolo 137 del codice del consumo. Per l’elenco delle associazioni rappresentative, si rinvia al sito
www.sviluppoeconomico.gov.it.
15
Nel caso di atti o comportamenti posti in essere sul territorio italiano che ledono i consumatori di un altro
Stato dell’Unione europea, l’azione collettiva inibitoria può essere esercitata dagli organismi pubblici
indipendenti e dalle organizzazioni riconosciuti in tale Stato e inseriti in un elenco pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (articolo 139, comma 2, del codice del consumo).
16
Alcune pronunce giurisprudenziali hanno interpretato in modo estensivo l’obiettivo della correzione e
dell’eliminazione degli effetti dannosi spingendosi a chiedere misure di ripristino nei confronti dei singoli
danneggiati. Tribunale di Roma, 30 aprile 2008; cfr. anche Tribunale di Milano, 15 settembre 2004;
Tribunale di Palermo 29 maggio 2006; Tribunale di Palermo, 26 ottobre 2007.
17
Cfr. l’articolo 32 bis del Testo Unico della Finanza, inserito dal decreto legislativo 17 settembre 2007, n.
164.
8
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2. La collocazione dell’azione di classe nel codice del consumo
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In via generale, per azione di classe si intende un istituto di natura processuale che
consente a più soggetti danneggiati dalla stessa condotta illecita di far valere le
rispettive richieste di risarcimento o restituzione mediante un’unica azione in giudizio
nei confronti del convenuto comune.
La legge finanziaria per il 2008 qualifica l’azione collettiva risarcitoria, che ora ha
assunto la fisionomia di azione di classe, come “nuovo strumento generale di tutela nel
quadro delle misure nazionali volte alla disciplina dei diritti dei consumatori e degli
utenti, conformemente ai principi stabiliti dalla normativa comunitaria volti ad innalzare i
livelli di tutela”18. Come anticipato, in coerenza con questa impostazione la disciplina è
stata inserita nel codice del consumo.
Questo inquadramento ha alcune conseguenze di rilievo per l’applicazione dello
strumento. Le disposizioni sull’azione di classe devono infatti essere lette tenendo
conto del sistema in cui si collocano e del significato che il legislatore ha assegnato, in
questo contesto normativo, ai vari termini quale risulta dalle definizioni generali
contenute nella prima parte del codice del consumo.
Un primo elemento sul quale occorre porre l’attenzione è che l’azione di classe è
concepita quale strumento processuale non di portata generale, ma a beneficio di una
specifica categoria di soggetti, i consumatori o utenti, da intendersi come persone
fisiche che agiscono “per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale,
artigianale o professionale eventualmente svolta”19. Elemento centrale di questa
nozione di consumatore, che deriva dal diritto comunitario20, è lo scopo perseguito dalla
persona fisica nel suo agire: deve trattarsi di uno scopo non legato all’esercizio
dell’attività professionale e, quindi, consistente essenzialmente nell’appagamento di
esigenze della vita privata dell’individuo. L’azione di classe presuppone, quindi, che
una condotta abbia leso una pluralità di individui mentre operavano nella veste di
consumatori, orientati a soddisfare bisogni personali. L’azione di classe è invece
preclusa alle persone giuridiche e a tutti i soggetti che hanno subito un danno in
18
Cfr. l’articolo 2, comma 445, della legge n. 244/2007.
19
Cfr. l’articolo 3, lettera a, del codice del consumo.
20
Cfr. in tal senso già la direttiva 85/577/CEE del Consiglio del 20 dicembre 1985 per la tutela dei
consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali.
9
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relazione alla fruizione di beni o servizi riconducibili allo svolgimento della propria
attività imprenditoriale o professionale.
Un secondo elemento da considerare è che le norme contenute nel codice del
consumo sono quelle concernenti i processi di acquisto e consumo 21. L’espressione
richiama l’insieme delle attività e delle operazioni che sono connesse all’atto di
consumo inteso come atto di apprensione, fruizione e godimento di un bene o di un
servizio. L’inerenza a processi di acquisto e consumo è evidentemente una
caratteristica riferibile anche alle disposizioni che vengono man mano integrate nel
codice e offre una chiave interpretativa importante per delimitare l’ambito oggettivo di
applicazione dell’azione di classe. Quest’ultima, infatti, non è utilizzabile per il
risarcimento dei danni che si verificano al di fuori di processi di acquisto e consumo, ad
esempio nel caso di danni ambientali sofferti dagli abitanti di una determinata zona
geografica, di danni subiti dai dipendenti di un’impresa nell’ambito del rapporto di
lavoro, di danni relativi a discriminazioni razziali, sessuali o religiose.
Mentre è pacifico che l’articolo 140 bis si applichi agli utenti di servizi finanziari, è
controverso se il rapporto tra le società emittenti e gli acquirenti di strumenti finanziari
rientri nell’ambito di applicazione della disciplina. Peraltro, va osservato che in queste
ipotesi non appare corretto configurare la sussistenza di una situazione di consumo di
un bene o di utenza di un servizio.
3. Soggetti legittimati ad agire
L’azione di classe può essere proposta da “ciascun componente della classe”, ossia
da ciascuno dei consumatori o utenti i cui “diritti individuali omogenei” sono violati dalla
condotta22.
Il singolo può agire direttamente oppure per il tramite di associazioni cui dà mandato o
comitati a cui partecipa23. Associazioni e comitati non possono avviare un’azione di
classe di propria iniziativa, ma solo su incarico da parte di almeno uno dei componenti
21
Ai sensi dell’articolo 1 del codice del consumo, il codice “armonizza e riordina le normative concernenti i
processi di acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli
utenti”.
22
Cfr. il comma 1 dell’articolo 140 bis.
23
Ibidem.
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della classe, secondo lo schema classico della rappresentanza volontaria nel
processo.
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Per questo profilo, la nuova formulazione dell’articolo 140 bis è radicalmente diversa
da quella originaria, che attribuiva la legittimazione a esercitare l’azione alle
associazioni di consumatori e utenti iscritte nell’apposito elenco presso il Ministero
dello Sviluppo economico24, nonché ad altre associazioni e comitati purché
“adeguatamente rappresentativi dei diritti collettivi fatti valere”, mentre escludeva
l’iniziativa del singolo danneggiato.
La modifica appare coerente con l’impostazione dell’azione di classe quale strumento
che tutela i diritti individuali omogenei dei consumatori danneggiati e non un interesse
riferibile in senso lato a una categoria di consumatori. Obiettivo dell’azione non è il
mero accertamento della responsabilità del convenuto, ma anche la condanna al
risarcimento dei danni e alle restituzioni dovute ai singoli consumatori25.
Sul piano pratico, è comunque probabile che le istanze individuali saranno perlopiù
veicolate attraverso associazioni di consumatori o comitati costituiti per l’occasione,
salva l’ipotesi che l’azione di classe venga organizzata da studi legali.
Dal punto di vista procedurale, la domanda si propone con atto di citazione26; la
notificazione della domanda interrompe la prescrizione e sospende il decorso del
nuovo periodo di prescrizione fino al passaggio in giudicato della sentenza che
definisce il giudizio27.
4. Il convenuto
Dall’analisi della normativa si deduce che il soggetto passivo dell’azione è l’impresa
che l’attore ritiene essere responsabile della condotta lesiva. In particolare, contengono
una menzione dell’impresa quale convenuto in giudizio sia la disposizione che
individua il foro competente, sia la norma che sancisce l’unicità dell’azione di classe28.
24
Cfr. la precedente nota 11.
25
Comma 1, ultimo periodo, dell’articolo 140 bis.
26
Cfr. il comma 5 dell’articolo 140 bis.
27
Cfr. il comma 3, ultimo periodo, dell’articolo 140 bis.
11
La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
Il riferimento all’impresa non è abituale all’interno del codice del consumo, che
solitamente utilizza, in contrapposizione a quella di consumatore, la nozione di
“professionista”, inteso come persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della
propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale 29. Sorge quindi
la questione di quale significato attribuire in questo contesto alla nozione di impresa.
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Se si segue un’interpretazione letterale basata sulle nozioni del codice civile30, non
rientrano tra i possibili convenuti i soggetti che svolgono attività di lavoro autonomo o
esercitano professioni intellettuali. Possono invece essere chiamati in giudizio quegli
enti pubblici che svolgono attività d’impresa.
E’ da chiedersi però se sia giustificato, e compatibile con il principio di eguaglianza di
cui all’articolo 3 della Costituzione, limitare la portata della tutela collettiva risarcitoria
dei consumatori, dal lato del convenuto, al solo sottoinsieme di professionisti che sono
qualificabili come impresa ai sensi del codice civile. Per evitare questo risultato,
occorrerebbe attribuire alla nozione di impresa all’interno dell’articolo 140 bis lo stesso
significato della nozione di professionista di cui al codice del consumo. Nel corpo del
codice del consumo vi è già almeno un esempio dell’utilizzo del termine impresa in
relazione all’attività di tutti i professionisti. L’articolo 27, comma 12, in materia di
pratiche commerciali scorrette prevede infatti che l’Autorità garante della concorrenza e
del mercato possa disporre in caso di inottemperanza da parte del professionista ai
propri provvedimenti “la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non
superiore a trenta giorni”.
A un esito analogo si potrebbe giungere leggendo la nozione di impresa utilizzata
nell’articolo 140 bis alla luce del diritto della concorrenza, comunitario e nazionale:
seguendo questa impostazione, la nozione di impresa viene a coincidere con quella di
28
Cfr. il comma 4 (“…al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in cui ha sede
l’impresa”) e il comma 14 ( “…per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa”) dell’articolo 140
bis.
29
Articolo 3, lettera c, del codice del consumo. Al soggetto che svolge attività imprenditoriale,
commerciale, artigianale o professionale è equiparato l’intermediario.
30
Il codice civile fa riferimento alla nozione di imprenditore, inteso come
colui che esercita
professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o
servizi (articolo 2082). Se l’imprenditore è il titolare dell’attività, l’impresa consiste nell’attività economica
esercitata dall’imprenditore. In base ai predetti requisiti è da escludere che rientrino nella nozione di
imprenditore del codice civile il soggetto che esercita attività di lavoro autonomo e colui che esercita
professioni intellettuali.
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professionista offerta dal codice del consumo in quanto ruota attorno allo svolgimento
di fatto di una attività economica, indipendentemente dalla natura del soggetto.
Resta da osservare che, qualunque sia la nozione di impresa adottata tra quelle qui
indicate, le associazioni di imprese che non svolgono direttamente attività economica
sul mercato non rientrano tra i soggetti che possono essere chiamati in giudizio ai
sensi dell’articolo 140 bis31.
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5. Ambito di applicazione
5.1 I diritti individuali omogenei
L’azione di classe è prevista a tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori
e utenti colpiti da uno stesso illecito. L’articolo 140 bis, comma 1, primo periodo recita
infatti che “I diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2
sono tutelabili anche attraverso l’azione di classe, secondo le previsioni del presente
articolo”. Si tratta del tratto distintivo dell’istituto nella sua nuova conformazione:
oggetto del giudizio sono le singole pretese risarcitorie o restitutorie di cui più soggetti
sono individualmente titolari e non una situazione di interesse riferibile a una
collettività. Il requisito dell’omogeneità rimanda all’esigenza, oltre che di un fondamento
comune, di una sostanziale assimilabilità delle varie pretese relative alla reintegrazione
del diritto leso, sul piano della natura e degli elementi caratterizzanti: i consumatori che
possono beneficiare dell’azione di classe sono quelli colpiti in modo omogeneo dalla
condotta di uno stesso soggetto.
Al concetto di omogeneità si affianca, nel testo dell’articolo 140 bis, quello di identità
delle situazioni e dei diritti individuali tutelabili. Ai sensi del comma 2, l’azione
tutela “i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei
confronti di una stessa impresa in situazione identica”, “i diritti identici spettanti ai
consumatori finali di un determinato prodotto”, “i diritti identici al ristoro del pregiudizio
derivante… da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali”.
31
In senso conforme, Marco Rossetti, L’azione risarcitoria collettiva, Ipsoa –BancaDati “La responsabilità
civile”.
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La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
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L’identità dei diritti individuali è soggetta al vaglio del giudice che, qualora non la ravvisi
nel caso di specie, dichiara l’azione di classe inammissibile32.
Un vaglio della omogeneità delle pretese ai fini dell’ammissibilità dell’azione di classe è
previsto in numerosi ordinamenti, tra cui quello statunitense. L’idea sottostante è quella
dell’azione di classe quale strumento per la razionalizzazione del contenzioso seriale:
quando le pretese individuali presentano un tale grado di omogeneità da consentire di
parlare di “identità”, il processo collettivo può concentrarsi sulle questioni comuni e
rispondere in modo efficiente alla domanda di giustizia della classe. Se, invece, le
situazioni coinvolte sono significativamente diverse sul piano giuridico o fattuale,
occorrono accertamenti e valutazioni specifici per ciascuna di esse e l’aggregazione
delle domande non produce apprezzabili vantaggi rispetto alla proposizione di una
pluralità di autonome cause individuali.
Cosa debba poi intendersi, nei casi concreti, per identità ai sensi dell’articolo 140 bis
sarà progressivamente chiarito dall’applicazione giurisprudenziale.
5.2 Il fondamento delle pretese individuali
L’azione di classe si applica a un insieme molto esteso di illeciti plurioffensivi, di natura
sia contrattuale che extracontrattuale, individuati nel secondo comma dell’articolo 140
bis.
La responsabilità contrattuale
Una prima categoria di diritti che possono essere tutelati mediante l’azione di classe è
quella dei “diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei
confronti di una stessa impresa in situazione identica” 33; sono espressamente inclusi in
questo insieme i diritti relativi a contratti basati su condizioni generali di contratto o
conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari34. Non rilevano la forma né il
modo in cui il contratto è stato stipulato: l’azione di classe è applicabile a contratti
stipulati verbalmente, per iscritto o mediante comportamenti concludenti (ad esempio,
nel caso dell’acquisto della merce esposta in un supermercato o erogata da macchine
automatiche), ai contratti a distanza, agli acquisti on-line.
32
Cfr. il comma 6 dell’articolo 140 bis e il successivo paragrafo 7 di questa circolare.
33
Comma 2, lettera a, dell’articolo 140 bis.
34
La norma fa riferimento ai contratti stipulati ai sensi dell’ articolo 1341 (Condizioni generali di contratto) e
dell’articolo 1342 (Contratto concluso mediante moduli o formulari) del codice civile.
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La nuova disciplina dell’azione di classe
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Le fattispecie contrattuali che ricadono nella portata dell’azione sono più numerose di
quelle previste dal testo originario dell’articolo 140 bis. Quest’ultimo, infatti, si riferiva
esclusivamente ai rapporti giuridici relativi a contratti conclusi mediante la
sottoscrizione di moduli o formulari.
L’esercizio dell’azione presuppone che i consumatori si trovino in situazione identica
nei confronti dell’impresa con la quale hanno instaurato il rapporto contrattuale: è
ragionevole associare il concetto di identità, in questo contesto, almeno all’esistenza di
contratti dello stesso tipo e alla violazione degli stessi obblighi contrattuali da parte
dell’impresa.
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La responsabilità del produttore
Il secondo insieme di diritti tutelabili con l’azione di classe riguarda i “diritti identici
spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo
produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale” 35. Questa
formulazione comporta una riduzione dell’ambito di applicazione dell’azione di classe
rispetto alla precedente versione dell’articolo 140 bis, che si riferiva genericamente agli
“atti illeciti extracontrattuali” e copriva pertanto qualunque ipotesi di responsabilità
extracontrattuale connessa a rapporti di consumo.
La previsione è incentrata sulla nozione di prodotto: è la relazione col prodotto a
identificare il responsabile (relativo produttore) e la vittima (consumatore finale) degli
illeciti extracontrattuali che possono essere oggetto dell’azione di classe.
Nel codice del consumo per prodotto si intende in generale: “qualsiasi prodotto
destinato al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi, o
suscettibile, in condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dal
consumatore, anche se non a lui destinato, fornito o reso disponibile a titolo oneroso o
gratuito nell'ambito di un’attività commerciale, indipendentemente dal fatto che sia
nuovo, usato o rimesso a nuovo”36. La definizione non include i servizi, limitandosi a far
riferimento ai prodotti che possono essere messi a disposizione dei consumatori nel
quadro di una prestazione di servizi (ad esempio, gli alimenti somministrati agli
avventori in un ristorante). L’esclusione dei servizi si spiega per il fatto che si tratta di
una definizione tratta da un contesto normativo specifico: essa era originariamente
35
Comma 2, lettera b, dell’articolo 140 bis.
36
Articolo 3, lettera e, del codice del consumo.
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La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
contenuta nella disciplina sulla sicurezza dei prodotti che, conformemente alla direttiva
comunitaria a monte37, non si applica ai servizi.
Peraltro, l’ipotesi di responsabilità del produttore presenta evidenti connessioni con la
disciplina sulla tutela del consumatore in caso di prodotto difettoso, anch’essa
contenuta nel codice del consumo. Nell’ambito di tale disciplina, per prodotto si intende
il bene mobile38.
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Va anche rilevato che la previsione in esame, a differenza delle altre disposizioni
dell’articolo 140 bis, non fa riferimento a “consumatori e utenti”, ma solo ai
“consumatori finali”.
Quindi, a meno di forzare il dato letterale dell’articolo 140 bis con un’interpretazione
estensiva, sembra da escludere che gli utenti di un servizio possano avvalersi
dell’azione di classe nelle ipotesi di illecito extracontrattuale commesso dal relativo
fornitore, ferma restando la possibilità di esercitare l’azione di classe nelle ipotesi di
responsabilità contrattuale del prestatore di servizi39.
Per i beni vi è stata l’esigenza di prevedere l’esperibilità dell’azione di classe anche
nelle ipotesi di responsabilità extracontrattuale perché, a differenza di quanto avviene
per i servizi, spesso non c’è un rapporto contrattuale diretto tra produttore e
consumatore. Quando il consumatore acquista il bene da un distributore, infatti,
tipicamente il rapporto contrattuale è con quest’ultimo.
Per l’applicazione dell’azione di classe l’illecito deve riguardare la relazione tra
consumatore finale e produttore di un determinato prodotto. L’azione di classe non
può, quindi, essere utilizzata nelle ipotesi in cui il danno ai consumatori sia imputabile a
soggetti diversi dal produttore (si consideri, ad esempio, il caso in cui un terzo abbia
adulterato un prodotto alimentare in vendita in un supermercato).
37
Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 dicembre 2001. Il considerando 1
della direttiva chiarisce che l’ambito di applicazione non include i servizi e che “la Commissione intende
individuare le necessità, le possibilità e le priorità dell'azione comunitaria in materia di sicurezza dei servizi
e di responsabilità dei prestatori di servizi, allo scopo di presentare proposte adeguate”.
38
Articolo 115 del codice del consumo. Nella nozione di prodotto è espressamente compresa l’elettricità.
39
Per i servizi finanziari, sulla distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nel caso di
violazione degli obblighi di informazione e trasparenza da parte dell’intermediario, cfr. Corte di
Cassazione, sezioni unite, 19 dicembre 2007, n. 26765.
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La tutela collettiva risarcitoria è svincolata dall’esistenza di un rapporto contrattuale
diretto tra produttore e consumatore: ciò che rileva è la relazione di consumo, ossia la
materiale utilizzazione del bene da parte di un individuo per scopi estranei all’attività
imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. L’azione di classe può quindi
essere esperita da chi dimostri di avere consumato il prodotto, anche se diverso da chi
l’ha acquistato. Viceversa i soggetti, quali ad esempio i parenti delle vittime, che
ritengono di avere subito un pregiudizio ma non hanno materialmente consumato il
prodotto, devono ricorrere alle tradizionali azioni individuali a tutela dei propri diritti.
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Pratiche commerciali scorrette e comportamenti anticoncorrenziali
La terza categoria di diritti tutelabili mediante l’azione di classe è quella dei “diritti
identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche
commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali”40.
Mentre le pratiche commerciali scorrette sono definite e disciplinate all’interno del
codice del consumo41, per l’individuazione dei comportamenti anticoncorrenziali
suscettibili di arrecare un pregiudizio ai consumatori ai sensi dell’articolo 140 bis il
riferimento naturale è alle disposizioni nazionali e comunitarie che vietano le intese
restrittive della concorrenza e l’abuso di posizione dominante, ossia agli articoli 81 e 82
del Trattato CE e agli articoli 2 e 3 della legge n. 287/1990 42. Le violazioni antitrust che
più si prestano a successive class actions sono quelle che comportano direttamente un
aumento di prezzo per i consumatori, in particolare i cartelli43.
40
41
Comma 2, lettera c, dell’articolo 140 bis.
Cfr. gli articoli da 18 a 27 quater del codice del consumo e, in particolare, la definizione di pratica
commerciale contenuta nell’articolo 18, lettera d, e quella di pratica commerciale scorretta di cui al comma
2 dell’articolo 20. Sulla disciplina sostanziale in tema di pratiche commerciali scorrette si rinvia alla
circolare Assonime n. 80 del 2007.
42
Resta aperta la questione se vi siano ipotesi di concorrenza sleale pregiudizievoli per i consumatori non
coperte dalla disciplina delle pratiche commerciali scorrette che possono dare avvio a un’azione di classe
in quanto costituiscono comportamenti anticoncorrenziali. Va ricordato che per questi profili l’ambito di
applicazione della disciplina delle pratiche commerciali scorrette è molto ampio. Infatti, l’articolo 21,
comma 2, lettera a, del codice del consumo include tra le pratiche commerciali potenzialmente ingannevoli
e quindi scorrette “una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione
con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la
pubblicità comparativa illecita”.
43
Sul tema, cfr. Note e studi Assonime n. 6/2009, La class action da danno antitrust: prime considerazioni.
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L’accostamento in un’unica previsione delle due tipologie di illeciti (pratiche
commerciali scorrette e comportamenti anticoncorrenziali) si spiega in ragione del fatto
che per entrambe il nostro ordinamento prevede, accanto agli ordinari mezzi di tutela
giurisdizionale, un sistema amministrativo di repressione affidato ad una medesima
autorità, ossia l’Autorità garante della concorrenza e del mercato44.
Si tratta di due ambiti nei quali è ragionevole ritenere che le azioni di classe saranno
prevalentemente avviate dopo l’adozione di un provvedimento con cui l’Autorità
garante abbia accertato, per quanto di sua competenza, la violazione delle disposizioni
rilevanti (c.d. azioni di classe follow-on). La valutazione dell’Autorità, infatti, anche se
certamente non vincolante per il giudice, esercita di norma un’influenza significativa
nella formazione del suo convincimento quanto all’esistenza dell’infrazione. Secondo
un recente orientamento della Corte di Cassazione, la decisione dell’Autorità garante
costituisce “prova privilegiata” dell’esistenza della violazione antitrust 45. Questa
circostanza, alleggerendo l’onere probatorio in capo all’attore, rende attraenti le azioni
follow-on per il soggetto che intende promuovere un’azione di classe.
Comunque, l’accertamento della violazione, per il quale il giudice tiene conto del
provvedimento dell’Autorità di concorrenza, è solo il primo passo nell’ambito di
un’azione volta al risarcimento del danno. Occorre successivamente accertare
l’esistenza del danno e del nesso di causalità, nonché valutare eventuali profili
soggettivi che possono rilevare ai fini del giudizio46.
6. Il giudice competente e il suo ruolo nel processo
In base all’articolo 140 bis, il foro competente per le azioni di classe è il tribunale
ordinario del capoluogo della regione ove ha sede l’impresa convenuta, che tratta la
causa in composizione collegiale47. Questa identificazione di un unico foro competente
facilita il coordinamento delle eventuali azioni di classe promosse in parallelo.
44
Le violazioni degli articoli 81 e 82 del Trattato possono essere oggetto di accertamento e sanzione
anche da parte della Commissione europea.
45
Corte di Cassazione, sezione I civ., 13 febbraio 2009, n. 3640. Quando l’illecito antitrust è stato
accertato dalla Commissione europea, l’articolo 16 del regolamento (CE) n. 1/2003 preclude ai giudici
nazionali di adottare decisioni in contrasto con quella della Commissione.
46
Su questi profili, v. più diffusamente Note e studi Assonime n. 6/2009, cit.
47
Cfr. il comma 4 dell’articolo 140 bis.
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Inoltre, la disciplina dispone alcuni accorpamenti di competenza per regioni contigue,
con la conseguenza che vi sono solo undici tribunali chiamati a giudicare le cause
collettive48.
La scelta di limitare il numero dei tribunali competenti trova giustificazione nel fatto che
i processi relativi ad azioni di classe possono essere molto complessi. Per renderne più
efficiente la gestione il legislatore ha attribuito al giudice ampi margini di flessibilità nel
case management, inusuali nella tradizione italiana. In particolare, spetta al giudice:
determinare il corso della procedura in modo che sia assicurata l’equa, efficace e
sollecita gestione del processo, nel rispetto del contraddittorio; prescrivere le misure
idonee a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o
argomenti; regolare l’istruzione probatoria nel modo che ritiene più opportuno e
disciplinare ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al
contraddittorio49. In questo contesto, la maturazione da parte del giudice di
un’adeguata esperienza nella gestione delle cause collettive, resa possibile dalla
concentrazione di queste ultime in un numero limitato di sedi, può risultare utile per
svolgere bene il compito.
Una questione che merita attenzione è il quadro delle competenze giurisdizionali per
l’applicazione del diritto antitrust nelle controversie tra privati, che era già
frammentario prima dell’introduzione dell’azione di classe e adesso risulta
ulteriormente complicato. Le azioni di nullità e le azioni di risarcimento del danno
diverse dalle azioni di classe, nonché i ricorsi intesi a ottenere provvedimenti d’urgenza
in relazione alla violazione delle disposizioni della legge antitrust nazionale n.
287/1990, devono essere promosse davanti alle corti d’appello competenti per
territorio50. La competenza ad applicare gli articoli 81 e 82 del Trattato CE nelle azioni
diverse da quelle di classe spetta, a seconda del valore della controversia, ai tribunali
ordinari di tutte le sedi territoriali e ai giudici di pace. Infine, per “illeciti afferenti
all’esercizio dei diritti di proprietà industriale” l’applicazione delle disposizioni antitrust
nazionali e comunitarie è attribuita in primo grado alle dodici sezioni dei tribunali
specializzate in materia di proprietà industriale51.
48
Per la Valle d’Aosta è competente il tribunale di Torino; per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia
Giulia è competente il tribunale di Venezia; per le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo e il Molise è competente il
tribunale di Roma; per la Basilicata e la Calabria è competente il tribunale di Napoli.
49
Comma 11 dell’articolo 140 bis.
50
Articolo 33, comma 2, della legge n. 287/1990.
51
Cfr. articolo 134 del codice della proprietà industriale (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30), come
sostituito dall’articolo 19 della legge 23 luglio 2009, n. 99. Le sezioni specializzate sono state istituite dal
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E’ evidente l’esigenza di razionalizzare questo quadro disordinato, che non risponde ad
alcuna logica e crea incertezze e difficoltà pratiche. Anche per il diritto antitrust una
specializzazione dei giudici civili competenti ad applicare la disciplina è fondamentale,
per almeno due ragioni: l’incidenza della normativa a tutela della concorrenza sul
funzionamento del mercato richiede la comprensione dei processi economici da parte
del giudice; inoltre, è indispensabile la familiarità con la giurisprudenza comunitaria in
materia di diritto della concorrenza. Anche in questo settore, quindi, è opportuno
riservare la competenza a un numero limitato di tribunali. L’opzione preferibile per il
riordino delle competenze e più facilmente coordinabile con la disciplina dell’articolo
140 bis sembra consistere nell’attribuire alle sezioni specializzate in materia di
proprietà industriale, già competenti per parte della materia e già abituate a occuparsi
di questioni di diritto comunitario, l’intera competenza per l’applicazione delle
disposizioni antitrust nazionali e comunitarie, sia nelle cause individuali che in quelle
collettive.
7. Il filtro dell’azione
L’azione di classe è sottoposta a un giudizio preliminare di ammissibilità. All’esito della
prima udienza, infatti “il tribunale decide con ordinanza sull’ammissibilità della
domanda”52. Nella nuova formulazione dell’articolo 140 bis i criteri di valutazione
dell’ammissibilità risultano più chiari rispetto alla precedente versione e più rispondenti
alla scelta di fondo compiuta dal legislatore di riservare l’azione di classe alle situazioni
caratterizzate da una sostanziale omogeneità delle pretese individuali.
Le ipotesi di inammissibilità sono quattro.
La prima è la manifesta infondatezza della domanda. Da questa previsione si evince
che il giudice compie un esame sommario sul merito della controversia, in esito al
quale respinge l’azione di classe quando è in grado di escludere al di là di ogni
decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, presso i tribunali e le corti d'appello di Bari, Bologna, Catania,
Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia. Le sedi coincidono con quelle
dei tribunali competenti per l’azione di classe ad eccezione di Catania e Trieste. A Cagliari, viceversa, non
esiste attualmente una sezione specializzata ma il tribunale ha la competenza per le azioni di classe ai
sensi dell’articolo 140 bis.
52
Comma 6 dell’articolo 140 bis.
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La nuova disciplina dell’azione di classe
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ragionevole dubbio che la richiesta avanzata dall’attore possa essere accolta, sul piano
del fatto o del diritto.
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La seconda ipotesi è la sussistenza di un conflitto di interessi. In linea di principio
possono essere ricondotti a questa ipotesi i casi di conflitto tra l’interesse della classe e
quello specifico di alcuni suoi membri. In pratica, però, non è chiaro a quali situazioni si
riferisca questa previsione tenuto conto del fatto che la capacità del proponente di
curare adeguatamente l’interesse della classe costituisce un autonomo criterio di
valutazione dell’ammissibilità dell’azione.
La terza ipotesi è quella in cui il giudice non ravvisa l’identità dei diritti individuali
tutelabili con l’azione di classe. Come già anticipato, la previsione si collega all’essenza
dell’azione di classe quale strumento di razionalizzazione del contenzioso seriale e
implica che la tutela collettiva è preclusa nei casi che richiedono un’indagine
individualizzata delle varie situazioni soggettive coinvolte53.
L’ultima ipotesi di inammissibilità dell’azione ricorre quando il proponente non appare in
grado di curare adeguatamente l’interesse della classe. Questa ipotesi assume un
particolare rilievo per il fatto che l’ordinamento non consente più di una azione di
classe contro la stessa impresa in relazione a un dato illecito: è quindi fondamentale, in
una prospettiva di sistema, che l’azione venga condotta in modo efficace. Il compito di
individuare i requisiti in base ai quali valutare l’idoneità del proponente è rimesso alla
giurisprudenza; non è da escludere che assumano rilievo anche le capacità
organizzative e la disponibilità di risorse adeguate a portare avanti la causa collettiva.
Le principali funzioni del filtro, ispirato alla certification propria di altri ordinamenti, sono
quelle di limitare l’applicazione dell’azione di classe alle ipotesi in cui essa costituisce
uno strumento efficiente per la trattazione della pluralità di cause individuali e di
arrestare le iniziative pretestuose. Per comprendere l’importanza di quest’ultimo profilo,
occorre ricordare che l’avvio di una class action comporta generalmente un grave
danno di immagine per l’impresa coinvolta, che non sempre viene annullato al termine
del processo da un esito favorevole all’impresa stessa. Questa circostanza, unita ad
una pur minima probabilità di dovere pagare, in caso di esito negativo per il convenuto,
somme estremamente elevate, può indurre un management avverso al rischio ad
accettare una transazione anche a fronte di richieste di risarcimento di dubbia
fondatezza, mancanti dei presupposti giuridici per il risarcimento del danno. Proprio in
ragione di queste caratteristiche strutturali le azioni di classe, se non accompagnate da
53
Cfr. il precedente paragrafo 5.1 di questa circolare.
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opportuni accorgimenti istituzionali, possono condurre a un contesto che alimenta
azioni pretestuose o temerarie. La letteratura statunitense parla, in proposito, di ricatto
legalizzato (blackmail settlements, legalized blackmail, judicial blackmail). Sapere,
quindi, che in fase di filtro il giudice dichiarerà l’azione di classe inammissibile laddove
questa sia manifestamente infondata fornisce un argine all’impresa che non voglia
cedere a richieste di transazione accompagnate dalla minaccia di azioni di classe
quando tali richieste non sono giuridicamente fondate.
Il tribunale si pronuncia con ordinanza sull’ammissibilità della domanda all’esito della
prima udienza. A differenza della precedente, la nuova versione dell’articolo 140 bis
non prevede esplicitamente che il giudice senta le parti e possa assumere sommarie
informazioni ai fini della pronuncia sull’ammissibilità. Non è chiaro quali siano le
conseguenze di questa scelta. Da un lato essa sembra rafforzare l’onere dell’attore di
presentare una domanda completa e circostanziata. D’altra parte però la valutazione
sull’ammissibilità dell’azione presuppone che il giudice disponga di un quadro
informativo sufficientemente ampio e non appare ragionevole escludere che egli possa
sentire le parti o acquisire sommarie informazioni utili per la valutazione.
Una novità dell’attuale disciplina è la previsione che consente al pubblico ministero di
intervenire nel giudizio di ammissibilità 54; a tal fine è richiesto che l’atto di citazione
venga notificato anche all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale adito. Questa
facoltà di intervento appare connessa all’impatto dell’azione di classe sull’interesse
pubblico, inteso soprattutto quale interesse all’efficiente funzionamento del sistema
giudiziario55.
Il giudice può sospendere il giudizio sull’ammissibilità quando sui fatti che rilevano
per la decisione è in corso un’istruttoria davanti a un’autorità indipendente oppure un
giudizio davanti al giudice amministrativo56.
L’istituzione di una forma di raccordo tra l’attività delle autorità indipendenti e la causa
collettiva risponde a due esigenze. La prima è prevenire contrasti di valutazione tra i
due organi decidenti; la seconda è consentire al giudice di avvalersi dei risultati
dell’attività istruttoria delle autorità, che dispongono di poteri e strumenti più idonei
all’accertamento di alcune violazioni. Dato che l’azione di classe riguarda
54
Cfr. il comma 5 dell’articolo 140 bis.
55
Cfr. l’articolo 70 , comma 3, del codice di procedura civile, a norma del quale il pubblico ministero può
intervenire in ogni causa in cui ravvisa un pubblico interesse.
56
Comma 6, primo periodo, dell’articolo 140 bis.
22
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espressamente le pratiche commerciali scorrette e i comportamenti anticoncorrenziali,
un’ovvia ipotesi di sospensione è quella in cui è in corso un’istruttoria davanti
all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. In materia antitrust, va ricordato
che la normativa comunitaria, con disposizione che prevale sulle regole di procedura
degli Stati membri, attribuisce ai giudici nazionali il potere di valutare se sospendere o
meno il procedimento quando la Commissione europea ha avviato un proprio
procedimento sullo stesso caso, al fine di evitare decisioni in contrasto con quella
contemplata dalla Commissione57. Un’analoga possibilità di sospensione da parte del
giudice non è prevista qualora sia in corso un procedimento davanti all’Autorità
garante; la disciplina dell’azione di classe, per questo profilo, comporta un parziale
allineamento alle previsioni vigenti a livello comunitario, sia pure limitatamente alla fase
di valutazione dell’ammissibilità della domanda.
L’articolo 140 bis non indica specifici criteri per la determinazione della durata della
sospensione e lascia quindi aperta la questione di come applicare, in questa ipotesi, i
principi generali della procedura civile.
La sospensione del giudizio costituisce comunque per il giudice una facoltà, non un
obbligo. Il giudice può, inoltre, seguire la diversa strada di chiedere la collaborazione
informativa delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 213 del codice di
procedura civile. Per le ipotesi di applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato CE, si
deve fare riferimento alla specifica disciplina comunitaria sulla cooperazione
informativa tra giudici, Commissione europea e autorità di concorrenza degli Stati
membri58.
La precedente disciplina dell’azione collettiva risarcitoria consentiva al giudice di
differire la pronuncia sull’ammissibilità della domanda solo nel caso di procedimenti
davanti alle autorità indipendenti e non nelle ipotesi di ricorso al giudice amministrativo
contro le decisioni di tali autorità, con un’asimmetria apparentemente senza
giustificazioni. La legge n. 99/2009 elimina il problema prevedendo che il giudice possa
sospendere il giudizio sull’ammissibilità dell’azione di classe anche quando è in corso
un giudizio davanti al giudice amministrativo.
57
Articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, che codifica l’orientamento
espresso dalla Corte di giustizia nella sentenza 28 febbraio 1991, causa C/234/89, Delimitis, punti 47 e 52.
58
Articolo 15 del regolamento (CE) n. 1/2003. Sul tema, cfr. la circolare Assonime n. 47/2003, paragrafo
17.
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La formulazione della nuova disposizione è molto ampia. Essa consente in linea di
principio di sospendere il giudizio non solo nelle ipotesi di ricorso avverso le decisioni
delle autorità indipendenti, ma più in generale quando pende davanti al giudice
amministrativo un giudizio che, in concreto, riguardi “fatti rilevanti ai fini del decidere”
su un’azione di classe ai sensi dell’articolo 140 bis.
Contro l’ordinanza che conclude il giudizio di ammissibilità, può essere presentato
reclamo davanti alla corte d’appello; il termine per il reclamo ha carattere perentorio
ed è di trenta giorni a partire dalla comunicazione dell’ordinanza o, se anteriore, dalla
sua notificazione59. Il reclamo proposto contro l’ordinanza che ammette l’azione di
classe non sospende il procedimento davanti al tribunale: la trattazione della causa
collettiva segue quindi il suo corso normale, salvo l’eventuale accoglimento del reclamo
da parte della corte d’appello. Quest’ultima si pronuncia con ordinanza in camera di
consiglio, non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso.
Una disposizione importante per prevenire iniziative pretestuose è quella relativa alle
conseguenze della dichiarazione di inammissibilità. E’ previsto infatti che il giudice, con
l’ordinanza di inammissibilità regoli le spese “anche ai sensi dell’articolo 96 del codice
di procedura civile”60: pertanto, se ricorrono i presupposti della lite temeraria, il
promotore può essere condannato sia alle spese che al risarcimento dei danni sofferti
dalla controparte. Inoltre, il promotore soccombente è tenuto a provvedere alla
pubblicità dell’ordinanza, nelle forme ritenute più opportune dal giudice, e a sopportare
i relativi costi61.
8. L’ordinanza che ammette l’azione
L’ordinanza con cui viene ammessa l’azione di classe ha un contenuto ampio, che
attiene ad aspetti sia sostanziali che procedurali della causa collettiva62.
Anzitutto essa fissa termini e modalità della pubblicità che deve essere data all’azione
affinché tutti i consumatori interessati ne abbiano notizia e possano aderire
tempestivamente. E’ rimesso al giudice indicare quale sia la pubblicità più opportuna;
59
Cfr. il comma 7 dell’articolo 140 bis.
60
Comma 8 dell’articolo 140 bis.
61
Ibidem.
62
Cfr. il comma 9 dell’articolo 140 bis.
24
La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
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al riguardo, sembrano assumere rilievo soprattutto la platea degli appartenenti alla
classe e la dimensione geografica dell’illecito contestato ed è probabile un ruolo
importante di internet quale mezzo di diffusione. L’esecuzione della pubblicità è
qualificata come condizione di procedibilità della domanda. Se ne deduce che l’onere
della pubblicità grava sul promotore dell’azione. E’ da ritenere che il difetto di tale
condizione, oltre a poter essere eccepito dall’impresa convenuta, possa essere rilevato
d’ufficio dal giudice. Va sottolineato che per l’azione di classe è prevista anche una
divulgazione tramite canali istituzionali: infatti, una copia dell’ordinanza che ammette
l’azione è trasmessa, a cura della cancelleria, al Ministero dello Sviluppo economico
che ne cura ulteriori forme di pubblicità, anche mediante la pubblicazione sul proprio
sito internet.
In secondo luogo, mediante l’ordinanza il tribunale “definisce i caratteri dei diritti
individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che
chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall’azione”. In
altri termini, il giudice procede all’individuazione della classe e dei requisiti di
appartenenza, che sono elementi cruciali della causa collettiva: in base ai criteri stabiliti
nell’ordinanza sono vagliate le richieste di adesione all’azione presentate dai singoli
consumatori e può prendere corpo l’insieme dei soggetti nei cui confronti il giudizio è
destinato a produrre effetto.
In terzo luogo, l’ordinanza definisce il termine per l’adesione all’azione da parte dei
singoli interessati63.
Infine, l’ordinanza è espressione dell’ampio potere di gestione organizzativa del
processo collettivo che la nuova disciplina affida al giudice. Essa, infatti, detta le
disposizioni sul successivo corso della procedura, mediante le quali il giudice deve
assicurare “nel rispetto del contraddittorio, l’equa, efficace e sollecita gestione del
processo” 64.
Devono rivestire la forma dell’ordinanza anche altre determinazioni che il giudice è
chiamato ad assumere nel corso del processo collettivo. Più specificamente, è con
ordinanza che il tribunale prescrive le “misure atte a evitare indebite ripetizioni o
complicazioni nella presentazione di prove o argomenti”, onera le parti della pubblicità
(degli atti processuali) ritenuta necessaria per la tutela di coloro che hanno aderito
all’azione, regola l’istruzione probatoria nel modo che ritiene più opportuno e disciplina
63
Si veda il paragrafo successivo di questa circolare.
64
Comma 11 dell’articolo 140 bis.
25
La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio 65.
L’ordinanza che contiene queste determinazioni può essere quella con cui viene
ammessa l’azione di classe oppure un’altra successiva, che può essere modificata o
revocata in ogni tempo. Va ricordato che, in base alle regole generali del codice di
procedura civile, l’ordinanza è un atto succintamente motivato66.
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9. Il sistema di opt-in
Il meccanismo per il coinvolgimento dei singoli consumatori nell’azione di classe è uno
dei profili cruciali della disciplina. In Italia, come in altri ordinamenti europei tra cui
Francia, Regno Unito, Svezia, Finlandia e Germania, la soluzione prescelta è quella di
richiedere un’esplicita manifestazione di consenso dell’individuo a essere incluso
nell’azione (cosiddetto sistema di opt-in) e di prevedere, conseguentemente, che la
sentenza sia efficace solo nei confronti di quanti abbiano aderito all’azione.
Nel dibattito che ha accompagnato l’introduzione della class action era stato
argomentato che un regime fondato sul diverso meccanismo dell’opt-out, in base al
quale il giudizio collettivo produce effetti nei confronti di tutti i membri della classe che
non si sono espressamente dissociati, avrebbe sollevato dubbi di legittimità
costituzionale67. Un tale sistema, infatti, qualora sia stata avviata un’azione di classe,
subordina il mantenimento del diritto all’azione individuale per il risarcimento del danno
a un obbligo di facere consistente nell’esercitare l’opt-out. Analoghi dubbi di
compatibilità dell’opt-out con il dettato costituzionale sono stati sollevati anche in altri
Stati membri, tra cui la Germania e la Svezia: pur se l’azione è accompagnata da
forme di pubblicità, viene sostenuto, non si può dare per scontato che tutti gli individui
interessati siano raggiunti dall’informativa e siano consapevoli che in caso di inerzia
perdono il diritto ad agire individualmente in giudizio a tutela dei propri diritti. Va
comunque osservato che, secondo alcune visioni, un sistema di opt-out non è di per sé
incompatibile con le garanzie di due process di cui all’articolo 6 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo (Cedu) né con il diritto di agire in giudizio di cui all’articolo
24 della Costituzione italiana. Le tesi a sostegno della compatibilità costituzionale
65
Cfr. il comma 11 dell’articolo 140 bis.
66
Cfr. articolo 134 del codice di procedura civile.
67
Cfr. in particolare Pietro Rescigno, Sulla compatibilità tra il modello della class action ed i principi
fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, in “Giurisprudenza italiana”, 2000, 2224.
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dell’opt-out ritengono sufficiente che gli individui siano adeguatamente informati circa
l’avvio dell’azione. Inoltre può essere argomentato che nei casi di small claims in cui
l’ammontare in gioco per il singolo individuo è molto piccolo la tutela individuale dei
diritti in giudizio è un’ipotesi astratta che non si traduce in realtà. Pertanto, un
meccanismo di opt-out, limitatamente a queste ipotesi, non comporterebbe la perdita di
un diritto concretamente rilevante68.
La soluzione dell’opt-in adottata dal legislatore italiano, comunque, è più in linea con la
tradizione e sicuramente compatibile con l’articolo 24 della Costituzione. I consumatori
e utenti che intendono avvalersi della tutela prevista dall’articolo 140 bis del codice del
consumo, pertanto, devono aderire all’azione di classe69. Per l’esercizio di questa
facoltà non occorre il ministero di difensore. L’adesione avviene depositando presso la
cancelleria del tribunale un atto in cui, oltre a eleggere domicilio, il singolo consumatore
o utente indica gli elementi costitutivi del diritto fatto valere e la relativa
documentazione probatoria. Queste indicazioni valgono a personalizzare la domanda
di giustizia che il proponente dell’azione ha formulato in rappresentanza della classe.
Il deposito in cancelleria può essere effettuato direttamente dall’interessato oppure
tramite l’attore, entro un termine perentorio che il giudice fissa nell’ordinanza con cui
ammette l’azione di classe. Questo termine non può essere superiore a centoventi
giorni dalla scadenza di quello stabilito nella stessa ordinanza per l’esecuzione della
pubblicità dell’azione70. Se ad esempio il termine assegnato per la pubblicità è di
sessanta giorni (dalla comunicazione/notificazione dell’ordinanza), quello per il
deposito delle adesioni potrà essere al massimo di centottanta giorni. Ciò non significa
che il deposito delle adesioni debba avvenire necessariamente a partire dall’avvenuta
esecuzione della pubblicità: l’articolo 140 bis, infatti, prescrive che le adesioni siano
depositate entro un dato termine, ma non esclude che gli interessati procedano al
deposito fin dall’avvio dell’azione. Vi è anzi un argomento letterale che conferma la
possibile contemporaneità tra presentazione della domanda e deposito delle adesioni.
Si tratta della previsione che fa decorrere l’effetto interruttivo della prescrizione dalla
notificazione della domanda giudiziale e “per coloro che hanno aderito
successivamente” dal deposito dell’atto di adesione 71. In una prospettiva sistematica,
68
Cfr. in particolare Andrea Giussani, Azioni collettive risarcitorie nel processo civile, Bologna, Il Mulino,
2008, 47-49. Sul tema dell’opt-out e dell’opt-in si vedano anche i contributi pubblicati in Raffaele Lener e
Marco Rescigno (a cura di), Class, Action! (?), in “Analisi giuridica dell’economia”, n. 1/2008.
69
Cfr. il comma 3 dell’articolo 140 bis.
70
Cfr. il comma 9, lettera b, dell’articolo 140 bis.
71
Cfr. il comma 3, ultimo periodo, dell’articolo 140 bis.
27
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inoltre, il numero delle adesioni che risultano depositate alla data della prima udienza
può costituire un elemento utile ai fini del giudizio sull’ammissibilità dell’azione, pur non
assumendo autonomo rilievo per la decisione.
Va osservato che la versione originaria dell’articolo 140 bis consentiva ai consumatori
di aderire all’azione, sia nel primo che nel secondo grado del giudizio, fino all’udienza
di precisazione delle conclusioni. Da questa ampiezza del termine per le adesioni
derivava l’impossibilità di stabilire con certezza durante il processo i confini della classe
e per l’impresa convenuta l’impossibilità di stimare preventivamente l’entità delle
somme da corrispondere nel caso di soccombenza. Il problema risultava acuito dal
fatto che non era previsto espressamente il deposito in cancelleria degli atti di
adesione, per cui non era chiaro quando e in che modo le situazioni individuali
entrassero nel processo. Per entrambi i profili la disciplina appare ora nettamente
migliorata.
Dall’adesione all’azione
conseguenze rilevanti.
di
classe
scaturiscono
per
il
singolo
consumatore
Anzitutto, l’adesione comporta rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria
individuale fondata sullo stesso titolo72, ossia derivante da quella specifica fattispecie di
illecito che, nell’azione collettiva, viene indicata come costitutiva del diritto al
risarcimento per una pluralità di consumatori.
In secondo luogo, l’adesione – o, più esattamente, il deposito dell’atto in cancelleria –
determina l’interruzione della prescrizione; il nuovo periodo di prescrizione comincerà a
decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio73.
Infine, il consumatore aderente resta assoggettato in modo pieno e definitivo alla
sentenza che definisce il processo collettivo, tanto nel caso di accoglimento quanto nel
caso di rigetto della domanda 74. Resta invece, ovviamente, salva l’azione individuale
dei soggetti che non aderiscono all’azione collettiva. La presenza di una previsione
esplicita sugli effetti del giudicato per gli aderenti è particolarmente importante: in
mancanza di regole al riguardo, sarebbe stato possibile sostenere che i singoli aderenti
hanno la facoltà di giovarsi della sentenza favorevole senza essere vincolati da quella
sfavorevole, con evidente asimmetria a scapito dell’impresa convenuta.
72
Cfr. il comma 3 dell’articolo 140 bis.
73
Ciò sulla base degli articoli 2943 e 2945 del codice civile che sono espressamente richiamati dal comma
3 dell’articolo 140 bis del codice del consumo.
74
Cfr. il comma 14, primo periodo, dell’articolo 140 bis.
28
La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
La posizione dell’aderente non è, comunque, ineluttabilmente legata alle scelte di chi
ha proposto l’azione di classe e alle sorti del processo. Infatti, nel caso di rinuncia
all’azione o di transazione tra il promotore e l’impresa convenuta, i diritti degli aderenti
restano impregiudicati a meno che essi non abbiano espressamente consentito alla
rinuncia o alla transazione75. Analogamente, i diritti degli aderenti restano salvi nei casi
di estinzione del giudizio o di chiusura anticipata del processo 76. In queste ipotesi, si
ripristina in capo ai singoli la facoltà di agire in via individuale per far valere le proprie
pretese risarcitorie.
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Va sottolineato che l’adesione costituisce l’unica modalità per la partecipazione dei
singoli all’azione di classe: in base alla nuova versione dell’articolo 140 bis è infatti
escluso l’intervento volontario di terzi nel processo77.
10. La sentenza di condanna
Nella versione originaria dell’articolo 140 bis la procedura di risarcimento dei
consumatori era articolata in due fasi: la fase giudiziale era destinata a chiudersi con
una sentenza di accertamento della responsabilità dell’impresa; la determinazione
delle somme da corrispondere ai singoli aderenti era demandata a una successiva, per
molti versi poco chiara, fase di conciliazione. In caso di fallimento della conciliazione,
ciascun consumatore avrebbe dovuto rivolgersi autonomamente al giudice per veder
liquidata la propria pretesa.
In base alla formulazione attuale, invece, la procedura si risolve in un’unica fase. Se
accoglie la domanda, infatti, il giudice emette una sentenza di condanna con cui
“liquida, ai sensi dell’articolo 1226 del codice civile, le somme definitive dovute a coloro
che hanno aderito all’azione” oppure “stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la
liquidazione di dette somme”78.
75
E’ ragionevole ritenere che il consenso alla transazione possa essere espresso dagli aderenti all’azione
non solo in via preventiva, ma anche mediante successiva ratifica. Cfr. Remo Caponi, La riforma della
class action. Il nuovo testo dell’art. 140 bis cod.cons. nell’emendamento governativo, in www.judicium.it.
76
Cfr. il comma 15 dell’articolo 140 bis.
77
Comma 10 dell’articolo 140 bis. Nella disciplina originaria, invece, era sempre ammesso l’intervento nel
processo di singoli consumatori o utenti “per proporre domande aventi il medesimo oggetto”.
78
Cfr. il comma 12 dell’articolo 140 bis.
29
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Il testo della norma e il complesso della normativa indica che si tratta di una vera e
propria sentenza di condanna: il giudice non si limita all’accertamento dei diritti
individuali ma dispone che l’impresa soccombente esegua una prestazione, ossia il
pagamento di una somma, nei confronti di ciascun consumatore aderente.
La liquidazione diretta delle somme viene prospettata come la soluzione preferibile e
normalmente possibile sulla base delle risultanze di causa, in linea con la
configurazione dell’azione di classe quale strumento che accerta in concreto e in ogni
elemento i diritti dei singoli consumatori aderenti. Peraltro, quando il danno non può
essere provato nel suo preciso ammontare il giudice è chiamato a effettuare la
liquidazione in base a una valutazione equitativa, ai sensi dell’articolo 1226 del codice
civile. L’indicazione di un criterio di calcolo dovrebbe essere riservata ai casi in cui la
fissazione degli importi richiede valutazioni specifiche per ciascun aderente che
sarebbe inefficiente demandare al giudice del processo collettivo.
Nel caso di azioni di classe proposte con successo nei confronti di gestori di servizi
pubblici o di pubblica utilità il giudice “tiene conto di quanto riconosciuto in favore degli
utenti e dei consumatori danneggiati nelle relative carte dei servizi eventualmente
emanate”: nella determinazione delle somme o dei criteri di liquidazione assumono
così rilievo, anche se ovviamente non vincolano il giudice, le regole sul ristoro degli
utenti che i gestori sono impegnati a rispettare in base alle rispettive carte dei servizi.
In deroga al regime generale di cui al codice di procedura civile, per il quale la
sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva, la sentenza resa al termine del
giudizio collettivo diviene esecutiva dopo centottanta giorni dalla pubblicazione. I
pagamenti effettuati durante tale periodo sono esenti da ogni diritto e incremento,
anche per gli accessori di legge maturati dopo la pubblicazione della sentenza. Queste
previsioni sembrano volte a incentivare l’impresa soccombente a dare spontanea
esecuzione alla sentenza di condanna.
Se impugna la sentenza, l’impresa può comunque chiedere alla corte d’appello di
sospenderne l’esecutività. Nel decidere sull’istanza di sospensione la corte d’appello
terrà conto anche dell’entità complessiva della somma che l’impresa è tenuta a pagare,
del numero dei creditori e delle difficoltà di un’eventuale ripetizione degli importi
nell’ipotesi in cui l’impugnazione fosse accolta. Può risultare, infatti, molto complicato
per l’impresa che abbia pagato una moltitudine di consumatori sulla base della
sentenza di primo grado ottenere poi la restituzione delle somme se il giudice d’appello
decide la causa diversamente. Quando sospende l’esecutività della sentenza di primo
30
La nuova disciplina dell’azione di classe
Circolare N. 38/ 2009
grado, la corte d’appello può peraltro disporre che, fino al passaggio in giudicato della
sentenza stessa, la somma complessiva dovuta dall’impresa venga depositata e resti
vincolata nelle forme ritenute più opportune.
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11. Unicità dell’azione di classe
Una delle questioni aperte sulla base della precedente disciplina era se fossero
proponibili più azioni collettive risarcitorie contro una stessa impresa in relazione a una
stessa fattispecie. Pur in mancanza di una previsione esplicita, era stata sostenuta in
dottrina la tesi dell’unicità dell’azione collettiva, basata su alcuni argomenti di ordine
letterale e soprattutto su una lettura sistematica dell’articolo 140 bis79.
La nuova formulazione chiarisce definitivamente che l’azione di classe è uno strumento
unico che l’ordinamento mette a disposizione degli interessati per far valere
congiuntamente in giudizio le proprie pretese risarcitorie: una volta scaduto il termine
che il giudice ha assegnato per le adesioni, non saranno più proponibili ulteriori
azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa80.
Nel caso di più azioni di classe proposte in pendenza di tale termine, per assicurarne la
trattazione unitaria trovano applicazione i meccanismi processuali ordinari di
aggregazione delle cause: se le varie azioni di classe risultano proposte davanti allo
stesso tribunale, esse sono riunite d’ufficio; se invece sono state proposte davanti a
tribunali diversi, quello successivamente adito ordina la cancellazione della causa dal
ruolo e assegna alle parti un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la
riassunzione davanti al giudice adito per primo.
La caratteristica dell’unicità dell’azione di classe nella disciplina italiana è importante
perché consente di sfruttare appieno le potenziali efficienze connesse alla trattazione
in un’unica azione del contenzioso seriale. Sarebbe quindi negativo che essa venisse
preclusa da un futuro intervento normativo comunitario in materia. La preoccupazione
sorge perché il Libro bianco della Commissione europea sul risarcimento del danno
antitrust prefigura l’obbligo per gli Stati membri di dotarsi di due tipologie di azione “di
classe”: le azioni rappresentative, intentate da soggetti qualificati a nome di
79
Cfr. in particolare Claudio Consolo, Marco Bona e Paolo Buzzelli, Obiettivo class action: l’azione
collettiva risarcitoria, Ipsoa, 2008, 207 ss.
80
Cfr. il comma 14, terzo periodo, dell’articolo 140 bis.
31
Circolare N. 38/ 2009
danneggiati identificati o identificabili e rispetto alle quali dovrà presumibilmente essere
riconosciuta ai singoli la possibilità di non essere inclusi nella classe, e le azioni
collettive nelle quali i singoli danneggiati decidono espressamente di aggregare in una
sola azione le proprie richieste individuali di risarcimento con modalità opt-in81. Questa
impostazione appare difficilmente conciliabile con il nostro modello che prevede
un’unica azione collettiva basata sull’opt-in. Sembra quindi auspicabile che l’eventuale
intervento normativo comunitario si limiti a richiedere agli Stati membri di dotarsi di
sistemi di tutela risarcitoria che soddisfino alcuni principi comuni volti ad assicurare
un’efficace tutela degli individui danneggiati da illeciti plurioffensivi, evitando di
spingersi a definire nel dettaglio i modelli da adottare. Dopo una prima fase di
applicazione delle norme comunitarie, vi sarebbe comunque l’occasione per una
eventuale revisione della disciplina alla luce delle best practices negli Stati membri e
per l’adozione di misure più prescrittive nei confronti degli ordinamenti nazionali.
Il Direttore Generale
Micossi
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Comunicazione Assonime
La nuova disciplina dell’azione di classe
81
Commissione europea, Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle
norme antitrust comunitarie, 2 aprile 2008, cit.
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