IL B A R B IER E D I SIV IG LIA

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Melodramma buffo in due atti
Musica: Gioacchino Rossini
Libretto: Cesare Sterbini
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Argentina, 20 febbraio 1816
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento, disponibili presso la Biblioteca del
Cral o reperibili presso il sistema bibliotecario regionale:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
• Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera,
2011, pagg. 394-397 nuovo acquisto
• Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini,
Il Mulino, 2007 nuovo acquisto
• Giorgio Pestelli, Gli immortali, 2004, pag. 4
• Damien Colas, Rossini. L’opera e la maschera, 1999
• Damien Colas, Rossini. L’opera e la maschera,
1999, pagg. 60-63
• Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico universale
della musica e dei musicisti, Le biografie, vol. VI,
1988, pagg. 446-465
• Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica,
1991, pagg. 190-192
• Silvia Giacomoni, Fischi, urla e dopo tre giorni il trionfo,
in: Giorgio Dell’Arti (a cura di) Il Romanzo della musica L’opera – Rossini, Verdi, Wagner,
Supplemento al n. 130 de “la Repubblica” del 03.06.1987
• Arnaldo Fraccaroli, Rossini, 1941, pagg. 124-137
• Riccardo Bacchelli, Rossini, 1941, pagg. 93-155
• René Leibowitz, L’opera romantica in Italia - Gioacchino Rossini e
L’opera buffa nel XIX secolo – Rossini e Donizetti in Storia
dell’opera, 1966, pagg. 119-124 e pagg. 155-162
• Arnaldo Fraccaroli, Rossini, 1941
• Riccardo Bacchelli, Rossini, 1941
• Giuseppe Radiciotti, Gioacchino Rossini, 1927
• Stendhal, Vita di Rossini, Mariolina Bongiovanni Bertini (a cura di),
Bruno Cagli (introduzione di), 1992
http://sbam.erasmo.it
http://bct.comperio.it
SULLA FONTE DEL LIBRETTO:
Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais, Le Barbier de
Séville in Théâtre de Beaumarchais
Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais, traduzione di
Felice Filippini, Il barbiere di Siviglia, 2002
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NUOVI ACQUISTI
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera
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Con la selezione di un’ottantina di autori, illustri o meno, questa guida offre uno
stuzzicante florilegio di titoli del teatro d’opera.
Ne sono stati scelti circa 160 e per ciascuno di essi l’obiettivo è stato quello di
esplorare le fonti e le trame di ogni opera, stabilirne il background storico e
il grado di “contemporaneità” nonché esaminare aspetti collaterali, che vanno
da un’ampia rassegna delle voci critiche agli aneddoti, talora divertenti,
in grado di alleggerire il percorso e stimolare la curiosità del lettore.
Ogni scheda è altresì corredata da consigli discografici.
Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini
Rossini fu un grande musicista, che a vent'anni era già ricercato e famoso. Il "cigno di
Pesaro" ha continuato ad attirare l'interesse dei lettori di pari passo con la grande
popolarità a teatro delle sue opere, dal "Barbiere di Siviglia" alla "Cenerentola, al "Guglielmo
Tell". Negli ultimi anni la Fondazione Rossini e il "Rossini Opera Festival" pesarese hanno
inaugurato una nuova stagione di attenzione e di studio su Rossini, di cui la biografia di
Emiliani raccoglie i frutti. Seguendo con minuzia le vicende rossiniane, Emiliani compone un
quadro vivace e affollato, pieno di dettagli sconosciuti, in cui tratteggia la vita del
compositore nel più largo contesto storico e culturale che si trovò ad attraversare.
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IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Illustri predecessori
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Prima di Rossini già Paisiello aveva musicato la vicenda della pièce di Beaumarchais,
rappresentandola per la prima volta a Pietroburgo nel 1782.
L’opera di Paisiello “ebbe grande popolarità nei teatri europei dell’epoca e, per l’equilibrio
che riuscì a raggiungere attraverso l’eleganza della partitura e la dolcezza della melodia,
fu la causa, forse, dell’insuccesso iniziale della versione di Rossini del 1816.
Paisiello ebbe però il grosso svantaggio di dover lavorare su un libretto che, pur attenendosi
apparentemente alla versione originale, aveva perso quell’arguzia e quella spontaneità
tipica della commedia di Beaumarchais, per cui l’opera, dopo l’iniziale successo, venne
pressoché dimenticata”. (1)
Sempre al teatro di Beaumarchais aveva già attinto anche Mozart per le sue Nozze
di Figaro con libretto di Lorenzo Da Ponte, opera rappresentata per la prima volta
a Vienna il 1° maggio 1786.
Rossini fa visita a Beethoven
“[Beethoven] abitava in una povera poverissima casa, un appartamentino sotto il tetto.
All’entrarvi si provava una sensazione di sgomento. (…)
Ah, Rossini! – disse: e la voce era dolce e alquanto velata. - Siete voi l’autore del
Barbiere di Siviglia? Vi faccio i miei rallegramenti: è una eccellente opera buffa,
che ho letto con gran piacere. Continuerà a venire rappresentata fino a che esisterà
un’opera italiana. Non cercate di fare niente di diverso dall’opera buffa.
Tentar di riuscire in un altro genere sarebbe per voi un forzare la vostra natura.
- Maestro – interruppe [l’abate] Carpani [che accompagnava Rossini nella visita] (…) – il nostro
Rossini ha già composto gran numero d’opere serie: Tancredi, Otello, Mosé. Ve le ho mandate
poco tempo fa, con la preghiera di esaminarle.
- Infatti le ho scorse – rispose Beethoven – ma credetemi, l’opera seria non è fatta per gli
Italiani…” (2)
______
(1) Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, Arnoldo Mondadori Editore, 1991
(2) Arnaldo Fraccaroli, Rossini, Mondatori, 1941
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SPIGOLATURE
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IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Il fiasco della prima del Barbiere rossiniano
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O meglio: di Almaviva, o sia l’inutile precauzione, come venne chiamata l’opera, nell’intento di
evitare il risentimento degli accaniti sostenitori di Paisiello e del «suo» Barbiere. Questo
escamotage “però suscitò sorrisi e sarcasmi. Era davvero una «inutile precauzione», specie
se unita a quell’Avvertimento che incautamente il giovane compositore pesarese volle
anteporre al libretto per «convincere il pubblico de’ sentimenti di rispetto e venerazione che
animano l’autore della musica del presente dramma verso il tanto celebre Paisiello».” (1)
Excusatio non petita …
Quando l’opera andò in scena il 20 febbraio 1816 al Teatro Argentina di Roma,
“fu uno dei fiaschi più clamorosi e meno spiegabili della pur tempestosa storia del
melodramma, serio o buffo che fosse. Su di esso sarebbero fioriti i più svariati aneddoti,
spesso falsi, inventati dopo, come l’abito spagnolesco color cioccolata del maestro
Rossini, che avrebbe suscitato ilarità, come il gatto nero in scena o la caduta di faccia
del basso che interpretava don Basilio rimasto col naso sanguinante.
Il tutto condito dalle dicerie su un cantante considerato menagramo.” (1)
In realtà, quali le possibili cause di tanta avversione? I malumori erano tanti:
quello dei fans di Paisiello, quello dei partigiani del librettista Jacopo Ferretti,
al quale era stato in un primo tempo commissionato il libretto e a cui era stato preferito poi
Cesare Sterbini, quello del partito del Teatro Valle che si opponeva a quello del Teatro
Argentina…
“Come se non bastasse l’autore aveva permesso al tenore spagnolo Garcìa, un vero divo,
di cantare delle melodie spagnole accompagnandosi lui stesso con la chitarra,
dove oggi abbiamo la cavatina «Se il mio nome saper voi bramate» che il conte
d’Almaviva deve cantare sotto le finestre. Dopo il fiasco Rossini si decise e scrisse lui anche
quell’aria.” (2)
“Ma qualcos’altro ci doveva essere. Il dubbio malizioso che affiorava era questo: (…)
provocare alla «prima» un gran fiasco, di cui tutti parlassero, poteva voler dire
la sicurezza di rovesciare l’assurda contestazione mutandola in trionfo. Come puntualmente
avvenne.” (1)
_______
(1) Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini, Il Mulino, 2007
(2) Ritmo, ritmo entra in scena Rossini, in: Il Romanzo della musica – L’opera – Rossini, Verdi,
Wagner, Supplemento al n. 130 de “la Repubblica” del 3.6.1987)
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SPIGOLATURE
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IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Rossini abbandona la scena
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“Se un cumulo di circostanze (i bassi intrighi, le offese al suo amor proprio di compositore,
i danni recati ai suoi interessi dalla rivoluzione di luglio [1830], il cambiato gusto
del pubblico, la nuova maniera di comporre del Meyerbeer, ecc.) concorse a
generare nell’animo di lui il disgusto per il mondo teatrale, una sola causa
lo determinò a perseverare per tutto il resto della vita nel proposito di non scrivere
più per le scene: il desiderio di riposo, suscitato in lui, non tanto dalla naturale indolenza,
quanto dalle condizione della sua salute.
(…) Le trentaquattro opere, tumultuariamente composte in Italia durante i tredici anni,
in cui la necessità batteva alla sua porta, e la vita disordinata avevano indebolita la sua
costituzione e soprattutto i suoi nervi.
I sei mesi di lavoro, che gli costò la composizione del Tell, furono sei mesi d’insonnie,
causate da sovreccitazione nervosa.
Ormai egli non avrebbe potuto sobbarcarsi ad un lavoro lungo ed intenso senza grave
scapito della sua salute.” (1)
Secondo Heinrich Heine questa determinazione di Rossini è anche prova del suo essere stato
un genio.
“«Un artista» – scrive - «che ha solamente del talento, conserva fino all’ultimo
l’impulso d’impiegare questa sua dote: l’ambizione lo stimola, egli sente che si viene
perfezionando sempre più, ed è spinto a raggiungere l’apogeo.
Il genio invece, che ha già prodotta la sua massima creazione, se ne tiene pago,
disprezza il mondo con le sue piccole ambizioni e va a Strafford sull’Avone, come Guglielmo
Shakespeare, o passeggia sorridente e mordace sul Boulevard des Italiens come Gioacchino
Rossini».” (1)
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(1) Giuseppe Radiciotti, Gioacchino Rossini, A.F. Formaggini, 1927
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4/4
Rossini gourmet
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
“Di ricette autenticamente rossiniane non rimangono se non poche tracce:
un’insalata, delle uova strapazzate guarnite con fettine di fegato d’oca e tartufi,
qualche dolce.
Numerose invece le ricette ispirate al compositore, il cui nome veniva utilizzato
per render celebre in un istante la pietanza.
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Quello che Rossini conosceva molto bene era invece l’arte dell’accostamento tra vino e cibi,
come ci testimoniano numerosi menù manoscritti, solitamente il numero di portate si aggirava
intorno a dieci (compresi dolci e frutta) e la carte dei vini (non meno di sei qualità diverse per
pasto, tra cui l’onnipresente Schampagne) era sempre ricca e di ottima qualità.” (1)
“A proposito di vino Radiciotti riporta uno spiritoso episodio legato al barone Rothschild;
questi nel 1864 inviò al compositore dell’uva delle sue serre, e come risposta
Rossini disse: «Grazie! La vostra uva è eccellente, ma non mi piace il vino in pillole.»
Colpito dallo spiritoso biglietto il barone spedì al «Maestro un barilotto del suo migliore
Château-Lafitte»”. (1)
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(1) Damien Colas, Rossini. L’opera e la maschera, Electa/Gallimard, 1999
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TRAMA
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Atto primo
Quadro primo. Siviglia. Una piazza all’alba.
Il conte d’Almaviva è innamorato di Rosina, pupilla di don Bartolo.
Con il servo Fiorello e suonatori fa una serenata alla ragazza (Ecco ridente in cielo), ma senza esito.
Da una via giunge un’allegra canzone ed ecco apparire Figaro, il barbiere e factotum della città,
allegro e soddisfatto; vecchia conoscenza del conte e ben introdotto nella casa di don Bartolo, egli
promette al giovane il suo aiuto. Don Bartolo esce di casa e i due riescono a intendere che colui ha
intenzione di sposare la sua pupilla al più presto. Seguendo i consigli di Figaro, il conte intona un’altra
serenata spacciandosi per un qualsiasi Lindoro, perché non vuole conquistare la ragazza con l’aiuto del
blasone. Essa ora risponde. Il conte è felice: si introdurrà in casa di don Bartolo, fingendosi un militare
un po’ ubriaco, con un falso “biglietto d’alloggio”.
Quadro secondo. Camera nella casa di don Bartolo.
Rosina freme dal desiderio di far recapitare un biglietto a Lindoro (Una voce poco fa) e chiede a sua
volta l’aiuto di Figaro. Ma il loro dialogo è interrotto dal rientro del tutore. Ecco apparire, ipocrita e
ossequiente, don Basilio, maestro di musica della ragazza; costui annuncia l’arrivo a Siviglia del conte
d’Almaviva (del quale si sa che ha occhieggiato Rosina, ma che ella non conosce) e consiglia di eliminare il
possibile rivale con la calunnia così che questi sia costretto ad abbandonare la città. I due vecchi escono
e Rosina consegna a Figaro un biglietto per Lindoro. Bartolo, al rientro, sospetta qualcosa e sgrida la
pupilla. Giunge infine il conte travestito da soldato di cavalleria e fingendosi ubriaco: si rivela però alla
fanciulla e inganna il tutore. Quando questi riesce a farsi consegnare dalla ragazza una lettera che il
giovane le ha dato, si trova in mano la lista del bucato abilmente sostituita dalla svelta Rosina. Egli
sfoga la sua ira su Lindoro, tanto che accorrono, alle sue grida, un ufficiale con gendarmi. Inutilmente
Figaro cerca di rabbonire il vecchio. Infine il conte, messo agli arresti, mostra una certa carta all’ufficiale
che si mette sull’attenti e lo lascia libero. Tutti sono sbalorditi.
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TRAMA
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Atto secondo
Quadro primo. Studio in casa di don Bartolo.
Questi ha dei forti sospetti sul falso militare. Ed ecco di nuovo il conte, questa volta travestito da
maestro di musica; egli si spaccia per don Alonzo, allievo di don Basilio, sostituto dell’insegnante
ammalato. Don Bartolo diffida. Il conte allora, per vincerne i sospetti, gli consegna il biglietto ricevuto
da Rosina, fingendolo diretto al conte d’Almaviva e consiglia al vecchio di deludere la ragazza
dichiarando che il conte lo dette a qualche sua amante per farsi gioco di lei. Don Bartolo si convince e
chiama Rosina: mentre il tutore sonnecchia i due innamorati fingono di far lezione di musica. Figaro,
sopraggiunto al momento giusto, sottopone Bartolo alla rasatura della barba e riesce a sottrargli la
chiave del balcone di Rosina donde i due amanti dovranno fuggire la notte. Giunge all’improvviso don
Basilio; è sul punto di scoprire la verità, ma viene convinto di fingersi malato, soprattutto mediante una
borsa di denaro che si ritrova in mano, e se ne va. Infine don Bartolo si accorge del’inganno: tutti
fuggono e lui stesso fa la guardia all’entrata. Berta, la domestica, commenta le sciocchezze che stanno
avvenendo.
Quadro secondo.
Il vecchio manda don Basilio a cercare un notaio per sanzionare le sue nozze con Rosina: poi mostra alla
ragazza il biglietto avuto da Lindoro e convince la pupilla che in realtà il giovane non l’ama, ed è un
mezzano che vuole farle sposare il conte d’Almaviva. La ragazza cade nel tranello e, delusa, confessa i
piani di fuga per la notte. Don Bartolo va a chiamare le guardie. Mentre infuria un temporale, dalla
finestra si introducono Figaro e Lindoro, quest’ultimo riesce a spiegare a Rosina di essere in realtà il
conte d’Almaviva e ne riconquista l’affetto. I due innamorati stanno per fuggire, ma la scala, pronta per
la fuga, è stata tolta. Entra don Basilio con il notaio, a cui Figaro, che non si è perso d’animo, presenta i
due giovani come gli sposi da unire. Don Basilio si fa ancora una volta convincere; il dono di un anello e la
minaccia di una pistola sono buoni argomenti. Quando irrompe don Bartolo con le guardie il gioco è ormai
fatto; il conte rivela la propria identità; il vecchio si dispera, ma si rassegna, perché gli viene lasciata in
regalo la dote di Rosina. L’opera si chiude fra l’allegria generale.
______
da: Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, Arnoldo Mondadori Editore, 1991
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